1 Il parere penale - Dike Giuridica Editrice

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1 Il parere penale - Dike Giuridica Editrice
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Il parere penale
1.1 Notazioni di metodo. La “check list” del parere penale
Ai fini della redazione del parere penale, dovranno essere messi in pratica tutti
i consigli visti nel primo capitolo.
Durante la fase d’ideazione e di brainstorming, il punto di partenza dovrà
essere sempre quello della qualificazione dei fatti in chiave penale. Andranno
ricercate, cioè, le fattispecie penali alle quali, in via astratta, i fatti narrati nella
traccia possono essere ricondotti. Bisognerà procedere ad una sorta d’immedesimazione nella figura del Pubblico Ministero e, dunque, procedere a formulare verosimili ipotesi accusatorie, rispetto alle quali dovranno essere messe
a fuoco idonee strategie difensive ponendo una o più questioni giuridiche.
Alle volte, il lavoro iniziale è semplificato perché la qualificazione dei fatti è
stata già operata dalla traccia.
Nella ricerca delle strategie difensive dovrà essere focalizzata l’attenzione
soprattutto sulle fattispecie di reato affini a quelle inizialmente ipotizzate, onde
poter cogliere gli elementi strutturali che differenziano i diversi reati.
Quando apparentemente più fattispecie penali sembrano convergere sullo
stesso fatto, sarà sempre opportuno chiedersi se si verte in ipotesi di concorso
apparente di norme (il cui conflitto va risolto facendo ricorso ai criteri di specialità, assorbimento e sussidiarietà) ovvero di concorso formale di rati (con
la conseguente applicazione della disciplina di cui all’art. 81 c.p.).
Di fondamentale importanza si rivela spesso l’indagine del bene giuridico
e dell’interesse tutelato dalle norme in esame, ricordando che uno dei principi
fondamentali del diritto penale è quello di c.d. frammentarietà, in forza del
quale assume rilievo non solo l’offesa o la messa in pericolo del bene giuridico,
ma anche la modalità di aggressione dello stesso, potendo al riguardo mutare
il giudizio di disvalore dell’ordinamento.
Una volta individuata una o più norme penali sulle quali riflettere in relazione
al fatto concreto, andranno scandagliate le seguenti tematiche, che costituiscono una vera e propria check list, avendo sempre in mente che scopo dell’ide-
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azione del parere è quello di individuare il maggior numero di questioni giudice
potenzialmente controverse sulle quali costruire la difesa del proprio assistito:
1) il soggetto attivo del reato (con le connesse problematiche derivanti dalla
natura del reato come proprio o comune, dall’eventuale qualificazione soggettiva richiesta dalla norma, dalla configurabilità di un’ipotesi di concorso necessario ecc.)
2) il soggetto passivo del reato (avendo cura di individuare il titolare dell’interesse o bene protetto dalla norma, la natura monoffensiva del reato, plurioffensiva o eventualmente plurioffensiva ecc);
3) l’elemento oggettivo del reato, soffermando l’attenzione sugli eventuali
presupposti della condotta, sul fatto tipico (verificando se si tratta di reato
commissivo, omissivo – proprio o improprio –, di pura condotta o di evento,
istantaneo o permanente ecc., avendo comunque cura di dare il giusto rilievo
alle diverse condotte eventualmente previste da una medesima disposizione),
sul nesso di causalità e sull’evento del reato (verificando se ricorra in concreto un’ipotesi di reato consumato o tentato);
4) le eventuali condizioni obbiettive di punibilità (la cui disciplina generale è
prevista dall’art. 44 c.p.);
5) l’elemento soggettivo (e dunque tutte le problematiche relative al dolo
nelle varie forme – diretto, intenzionale, specifico, eventuale, alternativo – alla
colpa, avendo cura di ricercare sempre la norma a contenuto precauzionale
che impone la regola di diligenza, perizia o prudenza, generica o specifica, ed
alla preterintenzione);
6) le cause di non punibilità, scriminanti e cause di giustificazioni (verificando se la fattispecie in esame prevede scriminanti speciali ovvero se ricorre
qualcuna delle scriminanti previste in via generale dagli artt. 50 e segg. c.p.);
7) il momento consumativo del reato (utile per la distinzione tra delitto consumato e tentato e per eventuali deduzioni in ordine alla prescrizione del reato);
8) le eventuali condizioni di procedibilità (e dunque querela, istanza, richiesta);
9) l’eventuale applicazione del concorso di persone nel reato (con le relative
tematiche previste dall’art. 116 c.p. nel caso di reato diverso da quello voluto da
alcuno dei concorrenti, dall’art. 117 c.p. in tema di mutamento del titolo di reato,
di circostanze aggravanti ed attenuanti e del regime di applicabilità, ecc.);
10) l’eventuale disciplina del delitto tentato (e dunque l’applicazione della disciplina di cui all’art. 56 c.p.);
11) l’eventuale disciplina del reato continuato (prevista dall’art. 81, secondo
comma, c.p.);
12) l’eventuale applicazione delle circostanze del reato (attenuanti o aggravanti, generiche o specifiche);
13) eventuali profili del fatto che consento di contestare l’imputabilità dell’assistito (con applicazione della disciplina di cui all’art. 85 c.p.);
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14) l’eventuale applicazione della disciplina del caso fortuito o della forza maggiore (ex art. 45 c.p.);
15) la sussistenza di cause di esclusione della suitas (rilevanti ex art. 46 c.p.);
16) la rilevanza dell’eventuale errore o dell’induzione in errore dell’agente (e
dunque l’applicazione della disciplina rispettivamente degli artt. 47 e 48 c.p.);
17) la ricorrenza di ipotesi di reato aberrante (nelle varie forme di aberratio ictus,
aberratio delicti ed aberratio causae e della disciplina degli artt. 82 e 83 c.p.);
18) la ricorrenza di ipotesi di responsabilità per evento diverso da quello voluto (e dunque ipotesi di delitti aggravati dall’evento o di morte quale conseguenza
non voluta di altro delitto rilevante ex art. 586 c.p.);
19) la rilevanza della recidiva (con le diverse problematiche applicative ex artt.
99 e segg. c.p.);
20) la sussistenza di eventuali cause di estinzione del reato (morte del reo,
amnistia, remissione di querela, prescrizione, oblazione ecc. previste dagli artt.
150 e segg. c.p.);
21) la rilevanza di eventuali cause di estinzione della pena e in particolare
dell’indulto;
22) le eventuali problematiche connesse alla determinazione della pena (principale ed eventualmente accessoria, sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi
ex artt. 53 e segg. L. 689/1981);
23) l’eventuale applicabilità di istituti processuali (sempre che la traccia offra
indicazioni in tal senso).
Rispetto a ciascuna delle su indicate tematiche generali, da rapportare alle
specifiche ipotesi di reato oggetto di indagine ed al fatto concreto narrato nella
traccia, il candidato dovrà domandarsi se è possibile costruire una questione potenzialmente controversa suscettibile di soluzioni favorevoli alla difesa. Sarà così
possibile restringere in breve tempo il campo di indagine e giungere più rapidamente alla definitiva progettazione dell’elaborato e alla stesura della scaletta.
Nei prossimi paragrafi verranno proposti ed analizzati tre pareri che si caratterizzano per il diverso grado di difficoltà per il candidato.
Il primo parere è infatti incentrato pressoché esclusivamente sull’interpretazione di una norma di parte speciale (detenzione di materiale pornografico),
la cui concreta applicazione discende direttamente da un principio generale
(inquadramento dei reati c.d. “a fattispecie plurima”).
Il secondo parere involge invece un attento apprezzamento delle circostanze di fatto, al fine di indagare la sussistenza dell’elemento soggettivo (colpa) e
del nesso di causalità, incentrandosi dunque su istituti di parte generale.
Il terzo parere presenta maggiori aspetti di complessità, in quanto impone al
candidato di cogliere gli elementi differenziali tra diverse fattispecie penali (una
delle quali non ha alcuna immediata menzione nella traccia), nel contempo
verificando l’applicabilità di istituti di parte generale (concorso di persone nel
reato).
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parte terza. pareri e atti di diritto penale
1.2 La detenzione di materiale pornografico ed i reati c.d. a fattispecie
plurima
1.2.1 Traccia
A seguito di indagini avviate dai Carabinieri di Roma, viene accertato che Tizio
aveva acquistato dalla società Alfa, con pagamento mediante carta di credito,
l’accesso ad un sito internet, gestito dalla stessa Alfa, contenente materiale
pedopornografico, del quale aveva eseguito il “download” nel proprio computer onde poterlo visionare in qualunque momento ed indipendentemente dalla
connessione ad internet.
Al termine delle indagini, il Pubblico Ministero fa notificare a Tizio l’avviso di
conclusione delle indagini previsto dall’art. 415 bis c.p.p., nel quale assume la
violazione, da parte dell’indagato, del combinato disposto degli artt. 81, primo
comma, e 600 quater c.p., perché, con la medesima azione consistente nel
“download” del materiale contenuto sul sito internet gestito dalla società Alfa,
si era procacciato ed aveva detenuto presso di sé del materiale pornografico
realizzato utilizzando minori degli anni diciotto.
Tizio si reca da un legale al quale narra la vicenda chiedendo un parere sulle
proprie responsabilità e sulle possibilità difensive.
Il candidato, assunte le vesti del legale, rediga il parere richiesto in forma
motivata.
1.2.2 Svolgimento
La vicenda narrata da Tizio involge una più generale riflessione sui reati c.d. “a
fattispecie plurima”.
Secondo l’ipotesi accusatoria del Pubblico Ministero, infatti, la condotta posta in
essere dall’indagato avrebbe integrato la violazione di più precetti previsti dall’art.
600 quater c.p.p., evidentemente interpretata come norma “a fattispecie plurima”.
Tizio, mediante il download del materiale pedopornografico disponibile sul
sito gestito dalla società Alfa, per un verso si sarebbe procurato files a contenuto pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto e, per altro
verso, ne avrebbe così ottenuto la detenzione. Di qui la contestazione della
duplice violazione dell’art. 600 quater c.p. in concorso formale omogeneo ex
art. 81, primo comma, c.p., sul rilievo che Tizio, mediante una sola azione,
avrebbe commesso più violazioni della medesima disposizione di legge penale
innanzi citata.
In assenza di specifiche indicazioni fornite dall’indagato, la ricostruzione dei
fatti operata dal Pubblico Ministero non appare confutabile sotto l’aspetto storico. Può pertanto verificarsi, esclusivamente sotto l’aspetto ermeneutico, la
fondatezza della tesi del PM secondo cui, nel caso di specie, ricorre un’ipotesi
di concorso formale di reati.
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Più in particolare, andrà verificato se l’unica azione posta in essere da Tizio
(consistita, come si è visto, nell’aver scaricato files da un sito internet), possa
allo stesso tempo integrare i due distinti reati ipotizzati dalla pubblica accusa,
previsti dalla medesima norma.
In via meramente astratta, nulla osta acché con una sola azione vengano
violati più precetti penali previsti da una medesima norma penale; ma è ben
evidente che ciò appare possibile solo ove la norma, nella sua parte precettiva,
preveda diverse ed eterogenee ipotesi di reato.
Con riferimento all’unica azione di Tizio, il quale si è procurato l’accesso ad un
sito internet contenente materiale pedopornografico, poi scaricato sul proprio personal computer, il Pubblico Ministero, invero, ha ritenuto di poter distinguere due
condotte penalmente rilevanti, autonome tra loro, sì da giustificarne la contestazione in via concorsuale. Ha inoltre ritenuto che tali condotte siano in astratto previste
dall’art. 600 quater c.p. ed ha dunque interpretato il delitto di “detenzione di materiale pornografico” (così la rubrica della norma) come delitto “a fattispecie plurima”.
La tesi del Pubblico Ministero non appare tuttavia condivisibile. Sembra infatti contestabile l’assunto secondo cui l’art. 600 quater c.p. preveda un’ipotesi
di delitto a “fattispecie plurima”; di talché è erronea l’applicazione della disciplina del concorso formale, con le ovvie conseguenze in punto di trattamento
sanzionatorio e, in particolare, di aumento della pena base.
Al riguardo, sembra che l’analisi non possa non prendere le mosse dal dato
testuale dell’art. 600 quater c.p., a mente del quale “Chiunque, al di fuori delle
ipotesi previste nell’articolo 600 ter c.p., consapevolmente si procura o detiene
materiale pornografico realizzato mediante minori degli anni diciotto, è punito
con la reclusione fino a tre anni e con la multa non inferiore ad Euro 1.549. La
pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale detenuto
sia di ingente quantità”.
Come è facile evincere dal dato letterale della norma, il legislatore ha ivi
stigmatizzato due condotte, e cioè il “procurarsi” ed il “detenere” materiale pedopornografico, con ciò fornendo un primo argomento, sia pur meramente testuale, a favore delle tesi prospettata dal PM.
Il dato testuale, tuttavia, non è di per se stesso decisivo. Per poter affermare
che la norma preveda un’ipotesi di delitto a fattispecie plurima, infatti, non è sufficiente che contempli più condotte, poste in ipotesi sullo stesso piano, assumendo prevalente rilievo la natura intrinseca delle condotte stesse e dunque la ratio
della norma, in quanto espressiva della volontà punitiva dell’ordinamento.
In tale prospettiva, come pur affermato dalla giurisprudenza, le diverse condotte previste da una stessa disposizione possono integrare una pluralità di
fattispecie penalmente rilevanti solo ove le stesse siano ontologicamente differenti, nel senso che rappresentino situazioni strutturalmente, fenomenicamente
e cronologicamente distinte, anche in relazione al disvalore giuridico espresso
(cfr. Cass. SS.UU. 22902/2001).
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Laddove, invece, le condotte enunciate da una norma siano connotate da
intrinseca unitarietà, sotto il profilo dell’azione ovvero dell’offesa ai beni giuridici, esse andranno interpretate quali diverse modalità di perpetrazione del
medesimo illecito.
Tale conclusione trova fondamento nel principio del c.d. ne bis in idem sostanziale, immanente all’ordinamento penale, secondo cui un soggetto non può essere punito più volte per uno stesso fatto idoneo ad esprimere l’intero disvalore della
condotta; principio che verrebbe ad essere violato laddove si ritenessero essere
distinte ed autonome condotte prive delle indicate caratteristiche.
Per completezza, va precisato che la grande eterogeneità degli illeciti penali
realizzabili attraverso plurime condotte ha reso, e tuttora rende, estremamente
difficile la sistematizzazione dogmatica di tale fattispecie, onde è apparso alquanto difficile elaborare un criterio universale di individuazione dei reati a fattispecie
plurima. Anche per questo, si è ritenuto, e si ritiene, che tale operazione ermeneutica vada effettuata in concreto, procedendo all’analisi di ogni singola.
In tale prospettiva, sono state individuate numerose ipotesi di reati a fattispecie plurima, e così, ad esempio, quello previsto dall’art. 12 d.l. 143/1991,
convertito in l. 197/1991 (oggi art. 55 d. lg. 231/2007, realizzabile mediante l’indebito acquisto e l’indebito uso di carte di credito o simili strumenti di pagamento); quello di cui all’art. 73 d.p.r. 309/1990 (realizzabile mediante ciascuna delle
numerose condotte di produzione e traffico di stupefacenti, analiticamente enumerate nell’incipit della disposizione); quello di cui all’art. 600 c.p. (perpetrabile
sia esercitando su di una persona i poteri equivalenti a quelli del proprietario,
sia mantenendo taluno in stato di soggezione continuativa e costringendolo
al prestazioni lavorative e/o sessuali); o ancora quello di cui all’art. 455 c.p.
(configurabile attraverso l’introduzione nel territorio dello Stato o l’acquisto di
monete contraffatte).
In tutte le suddette ipotesi, appare inconfutabile l’osservazione secondo cui
le distinte condotte contemplate dalla norma, seppure offendono il medesimo
bene giuridico, sono comunque indicative di un diverso disvalore sociale, idoneo ad ulteriormente incidere e ad incrementare l’offesa o la messa in pericolo
del bene protetto; l’offesa arrecata dalla condotta iniziale, infatti, si acuisce
con l’eventuale diversa condotta prevista dalla stessa norma e posta in essere dopo o unitamente a quella iniziale. Si pensi al caso della produzione e
del successivo traffico di sostanze psicotrope, ovvero dell’acquisizione e del
successivo uso indebito di carte di credito, ipotesi in cui è evidente l’ulteriore
compromissione del bene giuridico protetto in conseguenza della diversa ed
ulteriore condotta posta in essere.
Alla luce di quanto sin qui esposto, pare evidente che non possa esservi
reato a fattispecie plurima se non nei caso in cui la norma preveda condotte
reciprocamente autonome, vuoi per le modalità temporali e/o materiali di commissione, vuoi per le offese arrecate ai beni giuridici tutelati.
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Venendo al caso di specie ed al fine di confutare l’impianto accusatorio del
Pubblico Ministero, dovrà allora verificarsi se, in applicazione dei principi su richiamati, possa escludersi che l’art. 600 quater c.p., nonostante l’espressa previsione di condotte distinte, integri un’ipotesi di reato a “fattispecie plurima”.
Come si è già evidenziato, in tale prospettiva assumono rilievo, per un verso
l’identità e/o l’unità cronologica del “procurarsi” e del “detenere” materiale pedopornografico e, per altro verso, l’offesa al bene giuridico protetto che le due
indicate condotte sono idonee ad arrecare.
Partendo da questo ultimo aspetto, va rilevato che il bene giuridico tutelato
dalla disposizione in commento risiede, come per le altre norme introdotte nel
codice dalla legge 269/1998 e novellate dalla legge 38/2006, nel libero sviluppo
psicofisico del minore, il quale viene alterato e messo a repentaglio dalla mercificazione del suo corpo (cfr. Cass. 33470/2006).
Se così è -e non pare esservi ragione per dubitarne-, deve allora convenirsi
che la lesione dell’integrità psicologica del minore si verifica nel momento in cui
il materiale pornografico che lo ritrae venga formato e, ancora, che la condotta
di chi si procuri tali documenti esaurisca il proprio contributo a tale mercificazione uno actu: quando il soggetto venga in possesso e fruisca del materiale de
quo, cioè, fornisce il suo apporto allo spregevole fenomeno della pedopornografia, poiché ne acquista i prodotti e ne finanzia il circuito di produzione.
Può allora sicuramente ritenersi che le due azioni menzionate dall’art. 600
quater c.p. producono la medesima offesa al medesimo bene protetto dalla
norma, dovendo escludersi che la detenzione che faccia seguito all’essersi
procurato il materiale a contenuto pornografico determini un aggravamento
della lesione già in atto.
Tale conclusione porta, di per se sola, ad escludere che il reato previsto
dall’art. 600 quater c.p. possa ritenersi essere delitto a “fattispecie plurima”,
di talché sicuramente erronea è la qualificazione dei fatti operata dal Pubblico
Ministero, in particolare per quel che riguarda la contestazione del concorso
formale omogeneo.
A conclusioni opposte non pare doversi pervenire obiettando, sulla scia anche di quanto ritenuto dalla Cassazione con la sentenza n. 41067/2007, che il
delitto ex art. 600 quater c.p. può comunque essere integrato ponendo in essere, in modo alternativo, le condotte del procurarsi o del detenere materiale a
contenuto pornografico minorile. Tesi che, dando rilievo al fatto tipico del reato,
evidentemente tende a valorizzare la non identità e non necessaria unitarietà
delle condotte previste dalla norma e, dunque, la possibilità di ritenere il reato
a fattispecie “plurima”.
Al di là del fatto che tale interpretazione non consente di superare le obiezioni già viste in ordine al bene giuridico (ed alla sua lesione), non può sfuggire
all’interprete che la decisione della Suprema Corte è stata resa tenendo conto
del testo dell’art. 600 quater c.p. in vigore anteriormente all’intervento riforma-
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tore del 2006. Con l’art. 3 della legge 6 febbraio 2006, n. 38, il legislatore ha
modificato la norma in esame sostituendo alla precedente formulazione “si
procura o dispone di” quella attuale, secondo cui commette il reato chi “si
procura o detiene”.
Non può allora non rilevarsi che proprio la novella del 2006 lascia desumere l’intento del Legislatore di mutare e restringere la portata della fattispecie penale, mercè l’introduzione di una condotta (il detenere) logicamente e
giuridicamente più circoscritta di quella ampia e sfumata precedentemente
prevista dalla norma (il disporre), come tale priva di autonoma rilevanza rispetto all’ulteriore condotta (il procurarsi) rimasta nella fattispecie.
Tale conclusione trova peraltro conferma sul piano anche solamente logico, posto che il procacciamento è l’indispensabile antecedente della detenzione, poiché può detenere qualcosa solo chi tale cosa si è procurato.
Può allora concludersi anche attraverso l’esame del fatto tipico che le
due condotte previste dall’art. 600 quater c.p. sono solo apparentemente
alternative, costituendo in realtà due modalità di esecuzione della stessa
azione, vista da due distinti punti di osservazione: l’uno dinamico, quale
punto di partenza (il procurarsi), l’altro statico, quale punto di arrivo (il detenere ciò che si è procurato). D’altronde, è intuitivo che il procacciamento
di per sé, scisso dalla detenzione a scopo di fruizione, non ha alcuna utilità
per l’agente; così come la detenzione presuppone sempre il procacciamento.
Tale unità non poteva invece essere colta nella precedente formulazione
della norma, atteso che avere la disponibilità di una cosa non presuppone
necessariamente essersi procurati detta cosa; si può infatti avere nel proprio
“raggio d’azione” -e cioè avere a disposizione- anche un qualcosa che non si
ha materialmente presso di sé -ovvero: che non si detiene-; né il procacciamento, che è finalizzato unicamente a consentire all’agente di acquisire un
qualcosa “nelle proprie mani”, significa necessariamente avere nella propria
disponibilità.
Le argomentazioni innanzi svolte consentono allora di escludere che l’art.
600 quater c.p. prevede un’ipotesi di reato a “fattispecie plurima”, conclusione
questa avallata anche dalla più recente giurisprudenza (Cass. 43189/2008),
che ha stigmatizzato come le apparenti diverse condotte previste dalla norma non sono, in realtà, efficacemente distinguibili sotto il profilo logico e
cronologico.
Alla luce di quanto sin qui esposto, può concludersi che la tesi prospettata
dal Pubblico Ministero nell’avviso di conclusione delle indagini notificato ai
sensi dell’art. 415 bis c.p.p. appare agevolmente contrastabile nella parte
in cui si è ritenuto che la condotta posta in essere da Tizio integri un’ipotesi
di concorso formale omogeneo anziché una singola violazione della norma
contestata. Ne consegue che non potrà trovare applicazione la disciplina
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sanzionatoria prevista dall’art. 81, primo comma, c.p. e dunque l’aumento di
pena prevista per il reato base.
Le tesi difensive innanzi svolte potranno dunque costituire oggetto di una
memoria difensiva da utilmente produrre al Pubblico Ministero nei termini
previsti dall’art. 415 bis c.p.p.
1.2.3 Elementi di fatto più rilevanti
L’esame della traccia impone di soffermarsi sia sull’aspetto sostanziale (ineliminabile in ogni parere), sia su quello processuale (meramente eventuale).
Sotto il profilo sostanziale, si possono agevolmente individuare i seguenti elementi di fatto:
- la figura dell’indagato, (Tizio);
- il fatto di presunta rilevanza penale a costui contestato (il download sul proprio computer di alcuni files da un sito internet dopo aver acquistato l’accesso) e che il Pubblico Ministero ha ritenuto di poter distinguere in due distinte
condotte: l’essersi procurato e l’avere detenuto;
- la natura dei files “scaricati” (i quali hanno contenuto pedopornografico);
- lo scopo avuto di mira dall’agente (la fruizione anche successivamente in
futuro).
Tali elementi sono già stati ricostruiti dalla polizia giudiziaria.
Ed invero: (...) viene accertato che Tizio, eseguendo alcune transazioni
mediante carta di credito con la società Alfa, si era procurato l’accesso ad
un sito internet, gestito dalla stessa Alfa, contenente del materiale pedopornografico, di cui aveva eseguito il “download” nel proprio computer, onde
poterne usufruire di nuovo in seguito.
È poi possibile rinvenire nella traccia anche la qualificazione giuridica di
tali avvenimenti storici fornita dagli Organi inquirenti, che li hanno ritenuti
penalmente rilevanti: (…) il Pubblico Ministero (…) assume la violazione,
da parte dell’indagato, del combinato disposto degli artt. 81 e 600 quater
c.p., perché costui, con la medesima azione consistente nel “download” del
materiale contenuto sul sito internet gestito dalla società Alfa, si era procacciato, ed aveva detenuto presso di sé, del materiale pornografico realizzato
utilizzando minori degli anni diciotto.
Sotto il profilo procedimentale/processuale, si può risalire alla precisa fase in cui le indagini attualmente versano, e cioè la conclusione delle
stesse. Prima di formulare la probabile richiesta di rinvio a giudizio di cui
all’art. 416 c.p.p., il Pubblico Ministero ha richiesto la notifica dell’avviso di
conclusione delle indagini a Tizio, con ciò consentendo a costui di esercitare
le facoltà attribuitegli dalla legge processuale: Al termine delle indagini, il
Pubblico Ministero fa notificare a Tizio l’avviso di conclusione previsto
dall’art. 415 bis c.p.p. (…)
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1.2.4 Norme e principi applicabili
Come visto, la traccia offre al candidato la qualificazione giuridica dei fatti operata dal Pubblico Ministero, sicché l’attenzione andrà immediatamente rivolta
alle disposizioni citate dalla traccia, non senza trascurare eventuali ulteriori e
diverse norme, che potranno essere citate nel corpo del parere perché attinenti
a fattispecie strutturalmente analoghe.
Ci si soffermerà allora certamente sui seguenti articoli:
Art. 81 c.p. (Concorso formale. Reato continuato)
“È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata fino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di
legge.
Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un
medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni
della stessa o di diverse disposizioni di legge.
Nei casi preveduti da quest’articolo, la pena non può essere superiore a
quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti.
Fermi restando i limiti indicati al terzo comma, se i reati in concorso formale
o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia
stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, l’aumento
della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della
pena stabilita per il reato più grave”
Art. 600 quater c.p. (Detenzione di materiale pedopornografico)
Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 600 ter, consapevolmente
si procura o detiene materiale pedopornografico realizzato utilizzando minori
degli anni diciotto, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa non
inferiore a euro 1.549.
La pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale
detenuto sia di ingente quantità.
Art. 415 bis c.p.p. (Avviso all’indagato della conclusione delle indagini
preliminari).
1. Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2dell’articolo 405,
anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare alla persona sottoposta
alle indagini ed al difensore avviso della conclusione delle indagini preliminari.
2. L’avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del
fatto, con l’avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate
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è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l’indagato ed il
suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia.
3. L’avviso contiene altresì l’avvertimento che l’indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero
il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni
ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Se l’indagato chiede di
essere sottoposto ad interrogatorio il pubblico ministero deve procedervi.
4. Quando il pubblico ministero, a seguito delle richieste dell’indagato, dispone nuove indagini, queste devono essere compiute entro trenta giorni dalla
presentazione della richiesta. Il termine può essere prorogato dal giudice per
le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, per una sola volta e
per non più di sessanta giorni.
5. Le dichiarazioni rilasciate dall’indagato, l’interrogatorio del medesimo ed i
nuovi atti di indagine del pubblico ministero, previsti dai commi 3 e 4, sono utilizzabili se compiuti entro il termine stabilito dal comma 4, ancorché sia decorso
il termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice per l’esercizio dell’azione
penale o per la richiesta di archiviazione.
1.2.5 Questioni giuridiche poste dalla traccia
Non rinvenendosi nella traccia elementi di fatto utili per contestare la ricostruzione storica operata dalla polizia giudiziaria e non apparendo utilmente contestabile la qualificazione dei fatti nell’alveo dell’art. 600 quater c.p., la strategia
difensiva che la traccia richiede di approntare dovrà basarsi su considerazioni
diversamente orientate.
In particolare, si può focalizzare l’attenzione sulla condivisibilità o meno
dell’assunto giuridico -contenuto nell’avviso ex art. 415 bis c.p.p.- riguardante
il concorso formale di reati.
Ci si può infatti chiedere se, effettivamente, le due condotte contestate a
Tizio siano o meno idonee a concorrere fra di loro quali autonome estrinsecazioni del reato di detenzione di materiale pedopornografico, oppure, invece,
costituiscano un “tutt’uno”, giuridicamente inscindibile.
Tale seconda ipotesi escluderebbe il contestato concorso, e garantirebbe
all’indagato, in caso di esito sfavorevole della vicenda procedimentale/processuale, un più mite trattamento sanzionatorio, escludendo il meccanismo di aumento della pena di cui all’art. 81 c.p.
Pertanto, il parere andrà incentrato pressoché esclusivamente sulla seguente questione giuridica controversa: “Ricorre o meno, nel caso di specie,
l’ipotizzato concorso formale omogeneo?”.
Al fine di dare risposta a tale domanda, andrà dunque necessariamente
analizzato il reato contestato dal Pubblico Ministero onde porre una diversa
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parte terza. pareri e atti di diritto penale
questione giuridica (“annidata”) così sintetizzabile: “Il reato di cui all’art. 600
quater c.p., come novellato dalla legge n. 38/2006, può ritenersi un illecito “a
fattispecie plurima”, ovvero suscettibile di essere posto in essere mediante
ciascuna delle differenti condotte indicate nel dato testuale? Oppure si deve
ritenere che le condotte indicate in termini di “procurarsi” e “detenere” costituiscano un’univoca ed omogenea modalità di aggressione del bene protetto
dalla norma?”.
Come si evince dall’analisi sistematica delle norme e dei principi sopra riportati, confortata dall’interpretazione datane anche dalla giurisprudenza di legittimità, appare più corretto propendere per la seconda tesi, atteso che le due
azioni contemplate dalla norma si mostrano quale descrizione di due momenti
successivi della stessa condotta, costituita dall’entrare in possesso del materiale pedopornografico allo scopo di usufruirne.
Lo strumento più idoneo per tradurre tale deduzione in un’efficace strategia
difensiva, data l’attuale fase procedimentale, sarà la memoria dell’indagato ex
art. 415 bis, comma 3, c.p.p.
1.2.6 Giurisprudenza
Anche attraverso l’uso dei codici annotati, può porsi l’attenzione sulle seguenti
massime, utili per strutturare il generale impianto del parere.
Conforme alla tesi da sostenere:
Le condotte contemplate dall’art. 600 quater c.p.c., nella formulazione vigente
a seguito delle modifiche introdotte dalla l. 6 febbraio 2006, n. 38 (e cioè: “si
procura o detiene”) non integrano due diverse ipotesi di reato, ma rappresentano distinte modalità di perpetrazione del medesimo illecito, rimanendo pertanto
escluso tra le stesse il concorso formale.
Cass. pen. Sez. III, (ud. 9 ottobre 2008) 19 novembre 2008, n. 43189.
Contraria (apparentemente):
Nel reato di detenzione di materiale pornografico l’elemento oggettivo consiste
nelle condotte, tra loro alternative, del procurarsi, che implica qualsiasi modalità di procacciamento, compresa la telematica, e del disporre, che implica un
concetto più ampio della detenzione, mentre l’elemento soggettivo, costituito
dal dolo diretto, consiste nella volontà di procurarsi o detenere materiale pornografico proveniente dallo sfruttamento di minori (Fattispecie relativa al reato di
cui all’art. 600 quater c.p. prima delle modifiche operate dalla l. 38 del 2006).
Cass. pen., 20 settembre 2007, n. 41067.
Attesa la natura della questione giuridica controversa da affrontare, incentrata
sui reati a c.d. fattispecie plurima, sicuramente di interesse è la giurisprudenza
che si è occupata di tali tipi di reato.