as a PDF

Transcript

as a PDF
pag. 175
Vita dell’Associazione a cura di MASSIMILIANO T OSATO
pag. 197
Recensioni a cura di ANNA BALDAZZI
pag. 201
Segnalazioni bibliografiche a cura di ANNA BALDAZZI
pag. 225
Abstract
pag. 231
Collaboratori
pag. 237
Numero 2-3/2002
Trimestrale
Anno 20
aprile-settembre
ISSN: 1121-0095
Nei prossimi numeri:
• PAUL OTLET
Il trattamento della letteratura scientifica, a cura di ANNA BALDAZZI;
traduzione di MARIA PIA CAROSELLA
• MARIA PIA CAROSELLA
Omaggio dell’AIDA a Jean Meyriat
• PAOLA BERBEGLIA
La documentazione nei progetti europei: studio del caso
• CHIARA BIASIN
La lezione accademica: dal documentare al comunicare
• ANTONELLA SCHENA
Documentare la condizione dell'infanzia e dell'adolescenza
• CARLA BASILI
Diffusione dell’informazione scientifica: un sistema in evoluzione
• CARLA BASILI
Cultura dell’informazione in Europa
AIDAinformazioni, Rivista di Scienze dell’informazione, è il periodico
ufficiale dell’Associazione Italiana per la Documentazione Avanzata (AIDA).
Pubblica articoli di carattere professionale sul mondo dell’informazione
e delle tecnologie ed aggiorna sulla vita dell’Associazione.
Associazione Italiana
Documentazione Avanzata
Anno 20 – Numero 2-3/2002
Associazione Italiana Documentazione Avanzata
Via Cesare de Lollis, 12
I-00185 Roma
[email protected]
http://www.aidaweb.it
Associazione Italiana
Documentazione Avanzata
AIDAinformazioni
Notizie a cura di MARIA PIA CAROSELLA
Adriana Valente
Documentazione, comunicazione e scienza
pag. 5
La biblioteca digitale per la matematica:
una sfida finalmente possibile?
Lucilla Vespucci
Digital Mathematical Library
pag. 13
John Ewing
Twenty centuries of mathematics:
Digitizing and disseminating the past mathematical literature
pag. 15
Saverio Sodi
Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate
pag. 27
Dossier
Information management e ricerca scientifica:
coordinate per documentare l’aerospazio
a cura di F ERRUCCIO DIOZZI e ROSA SANNINO
pag. 39
Schegge a cura di DOMENICO BOGLIOLO
pag. 99
Opinioni
• BOB M CKEE, The new information professional:
plus ça change, plus c’est la même chose
• MARIA PIA CAROSELLA, Livelli di conoscenza:
alberi genealogici, numeri di Erdös e gradi di separazione
pag. 115
pag. 125
In-formazione – Competenze e professioni emergenti
• LUCIA N ARDI, La certificazione in àmbito archivistico:
prime esperienze dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana
pag. 131
• ROBERTA RONDINI, Il Settore bibliotecario del Ministero dell’Interno
pag. 135
• ROBERTO T URCHETTI, I documenti digitali e la Patente europea del computer:
note in margine all’alfabetizzazione informatica in Italia e alle relative iniziative
comunitarie
pag. 139
Manifestazionidopo
• DANIELA CANALI, Riflessioni sulla Digital Preservation
• MASSIMILIANO T OSATO, Towards Information Society for All – (TISA 2),
Berlino, 8-9 marzo 2002
• FLORA BALINO, Verso l’internazionalizzazione della formazione
in biblioteconomia e scienze dell’informazione, Parma, 18 marzo 2002
• DOMENICO BOGLIOLO, Ascoltare da vicino il mondo che cambia: imprese,
istituzioni e settore non profit di fronte all’opportunità offerta dall’immigrazione
qualificata. Gruppo CERFE, Firenze, 30-31 maggio 2002
• MARIA PIA CAROSELLA, Presentazione del volume Archivio
della Società Birra Peroni. Inventario, Roma, 5 giugno 2002
• DOMENICO BOGLIOLO, L’informazione giuridica nella formazione del giurista.
Tavola rotonda in onore di Vittorio Frosini. ITTIG-CNR, Roma,
19 giugno 2002
pag. 145
pag. 151
pag. 159
pag. 163
pag. 167
pag. 171
segue in quarta di copertina...
Associazione Italiana
per la Documentazione Avanzata
Presidente
Lucia Maffei
Vice presidente
Carla Basili
Segretario tesoriere
Domenico Bogliolo
Consiglio direttivo
Anna Baldazzi, Carla Basili, Maria Castriotta,
Ferruccio Diozzi, Lucia Maffei, Massimiliano Tosato,
Pier Giorgio Vezzoli
AIDAinformazioni
ISSN 1121-0095
Trimestrale
Anno 20, numero 2-3, aprile-settembre 2002
Edizione elettronica
http://www.aidainformazioni.it
Direttore responsabile
Mario De Gregorio
Responsabile dell'edizione elettronica
Domenico Bogliolo
Redazione
Anna Baldazzi (referee), Carla Basili (referee), Maria
Pia Carosella, Augusta Franco, Gabriele Gatti,
Augusta Maria Paci, Massimiliano Tosato, Lucilla
Vespucci
Segreteria di redazione
Lisa Reggiani [[email protected]]
AIDAlampi
Supplemento elettronico
http://www.aidainformazioni.it/lampi
Caporedattore responsabile
Gabriele Gatti
Redazione
Laura Bianciardi, Domenico Bogliolo, Elisabetta Di
Benedetto, Francesca Cagnani, Maria Pia Carosella,
Giovanni Marangi, Giulio Marconi, Sonia Minetto,
Vittorio Ponzani
Finito di stampare nel mese di novembre 2002
Autorizzazione del Tribunale di Roma
n. 408/86 del 2/9/86
Iscrizione al Registro Nazionale della Stampa
n. 4656 del 16/6/94
Realizzato da
Digital Division
Via Benedetto da Maiano, 3
50014 Fiesole (FI)
Tel.: +39 055 50 18 1
www.casalini.it
AIDAinformazioni
Rivista di Scienze dell’informazione
Anno 20, numero 2-3
aprile–settembre 2002
I consensi accordati alla nuova veste grafica e alla mutata struttura
editoriale della rivista incoraggiano la Redazione a proseguire lungo la strada
del rinnovamento, intrapresa con la collaborazione fattiva del Consiglio
Direttivo di AIDA e dell’editore, nella consapevolezza di offrire ai soci un
prodotto di grande qualità e autorevolezza, in grado di inserirsi a pieno titolo
fra i periodici nazionali ed internazionali di Scienze dell’informazione. Non a
caso proprio l’accentuazione del carattere di apertura della rivista a contributi
che testimoniano l’interazione e il confronto con altri àmbiti territoriali e
disciplinari nel campo della documentazione caratterizza in qualche modo
questo autunnale numero doppio, che presenta fra l’altro un “Dossier” (altra
significativa novità apportata all’impianto di “AIDAinformazioni”, che vedrà
a breve anche la realizzazione di numeri monografici su temi specifici e di
grande interesse), contenente gli atti di un importante convegno anglo-italiano
sulla documentazione nel settore aerospaziale. Ma, com’è in fondo nella sua
tradizione ventennale, la rivista di AIDA non rinuncia ad approfondire e a
riflettere sulle basi stesse della scienza della documentazione. Lo fa anche in
questo numero, ricco ancora una volta di rubriche e segnalazioni aggiornate,
con una suggestiva “apertura” dedicata al mutamento intervenuto da qualche
decennio nel concepire il ruolo “sociale” della documentazione e della
comunicazione scientifica come supporti necessari all’attività di ricerca. Un
tema – com’è facile comprendere – di grandi prospettive e implicazioni e
certamente di sicuro interesse non solo per quanti operano nel campo specifico
della documentazione. Rinnovare la rivista dell’AIDA senza stravolgerne la
vicenda storica insomma: su questo terreno la Redazione e l’Associazione
hanno risposto con professionalità ed entusiasmo. I risultati sono, ancora una
volta, sotto gli occhi dei soci e dei lettori.
Il Direttore
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
3
Documentazione, comunicazione e scienza
ADRIANA VALENTE
L’evoluzione della documentazione e comunicazione scientifica esplicita alcuni tratti
fondamentali dell’interazione tra scienza e società. Il percorso lineare che vedeva in
sequenza ricerca di base, innovazione tecnologica, sviluppo economico, ancora ritenuto
valido fino alla seconda metà del ’900, è stato da più parti messo in discussione e con
esso è stato travolto il rapporto di causa-effetto tra scienza e tecnologia. Se un tempo
quindi documentazione e comunicazione scientifica, nel supporto all’attività di ricerca,
potevano vantare un ruolo indiscutibile di sostegno allo sviluppo dei popoli, oggi questa
centralità va ricercata e verificata sia in prospettiva storica che nel farsi delle teorie e
pratiche documentarie e comunicative. Molteplici sono le dimensioni della scienza, che
perde la sua caratteristica di universalità non solo in una prospettiva temporale, ma
anche spaziale; parimenti, esempi della poliedricità di documentazione e comunicazione
scientifica sono rinvenibili sia nell’evoluzione storica – con l’alternanza dei due opposti
indirizzi: trasmissione di informazione vs accesso alle conoscenze – che nelle teorie e
pratiche dirette a cogliere e a supportare, di volta in volta, il continuum del lavoro
scientifico, l’interazione con le ICT, le relazioni tra scienza e società.
Parole chiave: Documentazione scientifica – Comunicazione scientifica – Scienza
– Società
Nel rapporto sulla scienza presentato da Vannevar Bush a Roosvelt e considerato
uno dei primi documenti programmatici di politica della ricerca (Bucchi, 2002), veniva
esplicitato il percorso, chiaro, lineare, ineccepibile, che dalla ricerca di base, scienza
in divenire, portava all’innovazione tecnologica e, infine, allo sviluppo economico.
Documentazione e comunicazione scientifica hanno sempre svolto un ruolo chiave
nell’evoluzione della scienza: dunque, in definitiva, nello sviluppo dei popoli1.
Qualcosa nella chiarezza di questo percorso è venuta meno. Il rapporto tra scienza e
innovazione tecnologica non è necessariamente quello di causa-effetto; sia l’“enunciato
scientifico” che il “fatto tecnologico” necessitano di un insieme di “alleati” sociali per
potersi affermare; alcuni autori (Faulkner, 1994) negano addirittura che possa avere
senso al giorno d’oggi una distinzione tra scienza e tecnologia: Latour ha sostituito al
binomio scienza e tecnica il concetto unitario di tecnoscienza.
La scienza sempre meno è considerata nelle sue componenti unitarie; già Fleck,
nel 1935, aveva constatato l’appartenenza di ogni scienziato a più collettivi di
pensiero, e cioè stili di pensiero, relativi alla specializzazione scientifica, alla religione,
alla politica, al contesto sociale e culturale (Fleck, 1983). Le regole individuate da
Merton sulla natura, il ruolo, il metodo di lavoro di scienziate e scienziati, sintetizzate
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
5
Adriana Valente
Documentazione, comunicazione e scienza
in CUDOS - Communal, Universal, Disinterested, Original, Skeptical - (Merton,
1973), sono state poste in discussione su più fronti. Ziman ha opposto a queste il
modello PLACE - Proprietary, Local, Authoritarian, Commissioned, Expert - (Ziman,
1990), con buona pace dell’universalità della conoscenza scientifica e della pretesa
appartenenza dei risultati della ricerca a tutti i membri della comunità scientifica.
Se la scienza non è una struttura monolitica, allora quale tipo di sostegno è
stato fornito dal complesso sistema di teorie e metodi della documentazione e
comunicazione scientifica alla scienza, alla scienza ufficiale, alla scienza-e-tecnologia,
alla scienza-e-società?
Dalla fine degli anni Quaranta, nella letteratura inglese ed americana i termini
documentazione ed informazione vengono considerati sinonimi di informazione
scientifica; tale uguaglianza sostanziale di significato è stata ribadita in Principî di
Informatica, un testo che ha fatto storia nel settore della documentazione (Michajlov,
Cernyj, Giljarevskij, 1973), realizzato nei primi anni Sessanta nell’àmbito del
VINITI, (Vsesojuznyj Institut Naucnoj i Techniceskoj Informacii, Istituto
Sovietico per l’Informazione Tecnica e Scientifica). L’informazione scientifica è
vista, dunque, come informazione semantica acquisita nel processo di conoscenza,
ma anche come documentazione e come informatica: l’avere identificato una parte
con il tutto testimonia la grande tensione che dal dopoguerra in poi si è concentrata
sulle potenzialità dello sviluppo scientifico e le sue sempre più rapide applicazioni
tecnologiche. Tale approccio, per più di venti anni, ha parzialmente controbilanciato
la crisi in atto della scienza come conoscenza vera; l’attività dello scienziato, risorsa
primaria ancora da salvaguardare, richiedeva ulteriori sforzi per migliorare l’efficienza
del processo di produzione-trasmissione dell’informazione.
Al concetto di trasmissione dell’informazione si è affiancato quello di accesso, che
tende ad identificare spazi di ampia partecipazione attiva alla fruizione e produzione
scientifica; l’attenzione si sposta dal circùito di produzione e trasferimento
dell’informazione entro una comunità scientifica ai meccanismi comunicativi
interspecialistici ed a quelli rivolti all’esterno della comunità scientifica.
I diversi ruoli assunti dalla documentazione e comunicazione scientifica,
includendo il binomio accesso/trasmissione dell’informazione, così come l’uso della
documentazione e comunicazione scientifica in tempo di guerra, mostrano come,
esplicitate o meno, questioni teoriche antiche, quali il ruolo dello scienziato, le sue
relazioni col resto della società, i rapporti fra scienza e verità e tra concezione assoluta
e relativa della conoscenza scientifica abbiano esercitato un ruolo determinante
nell’evoluzione documentaria di più di un secolo. E, reciprocamente, come questa
sia stata usata per finalità politiche e di politica scientifica.
L’“intelligenza collettiva” di Lévy, il “pensare insieme” di De Kerckhove sono
6
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Documentazione, comunicazione e scienza
Adriana Valente
stati coniati in concomitanza con lo sviluppo della società dell’informazione;
cento anni prima, uno dei fondatori della disciplina della documentazione, Paul
Otlet, già parlava di “pensée universelle” e di “humanité pensante”; e, tuttavia, le
osservazioni di Otlet, e dei primi teorici della documentazione in Europa, più che su
un nuovo modello dettato dall’innovazione tecnologica, si fondavano sul fermento
culturale del periodo, sulle idee di internazionalismo e socialismo. L’informazione
e la documentazione scientifica, al pari del diritto, erano considerati strumenti di
comunicazione tra i popoli e di perseguimento della pace. Si trattava certamente di
una grande utopia, ma, se consideriamo l’accostamento operato dal poeta francese
Alphonse de Lamartine tra utopia e realtà prematura, non ci appare più così lontana;
il binomio trasmissione/accesso resta in piedi nel secolo scorso, e la tensione tra i due
aspetti è variamente risolta nell’evoluzione di metodi e pratiche documentarie.
Nell’attività di spionaggio della II guerra mondiale sono state ampiamente
utilizzate sia le metodologie documentarie, in primo luogo l’abstracting, sia le
tecnologie dell’informazione, a quei tempi principalmente il microfilm, sia, in
alcuni casi, gli stessi documentalisti nel ruolo di spie; al fianco delle iniziative
belliche, le politiche di esclusione e di aggressione anche scientifica hanno giocato
un ruolo considerevole tanto nell’avvio quanto nello svolgimento del conflitto. La
tensione fra trasmissione dell’informazione ed accesso alle conoscenze si è posta
anche con riferimento alla gestione archivistica. I luoghi della conservazione
archivistica venivano considerati, ancora fino al secolo scorso, luoghi impenetrabili
ed inestricabili in cui la garanzia dell’oggettività e della conservazione della
memoria storica si pagava con l’alto prezzo della complessità che decretava, di fatto,
l’inaccessibilità. Se l’apertura al grande pubblico, verificatasi negli ultimi decenni, è
anche debitrice all’innovazione tecnologica, soprattutto nel settore delle tecnologie
dell’informazione e comunicazione, i temi della fruizione e dell’accesso in ambiente
digitale hanno richiesto interventi di tipo metodologico che valorizzassero la
cooperazione e la normalizzazione.
Dunque, la continua dialettica culturale, che si pone tra le diverse componenti
della scienza, della cultura e dell’informazione scientifica, si manifesta efficacemente
in una prospettiva storica; tuttavia, elementi significativi non si colgono solo
al variare della dimensione temporale. All’interno di specifiche tematiche della
documentazione e comunicazione scientifica si individuano le diverse tendenze, gli
usi, le tecnologie che contribuiscono a determinare e a modificare l’assetto di teorie
e pratiche.
Sul fronte strettamente comunicativo, si è posta la questione (Lévy, 1996;
Floridi, 1996) se le tecnologie dell’informazione e comunicazione (ICT) fossero in
grado di realizzare nuove modalità di comunicazione delle conoscenze. Tuttavia, se
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
7
Adriana Valente
Documentazione, comunicazione e scienza
solo le conoscenze codificate e testualizzate possono essere trasmesse efficacemente
via ICT, non si realizzerebbe nulla più che un ampliamento e “velocizzazione” di
trasmissione della cultura scientifica dominante. Qualora, invece, conoscenze di tipo
tacito, e dunque contestuali, fossero rappresentabili via rete, si potrebbe pensare
alla possibilità di favorire una più ampia partecipazione alla costruzione di cultura
scientifica nello spazio telematico.
Tornando agli aspetti strettamente documentali, sebbene la documentazione
scientifica svolga un ruolo essenziale nell’esplicitazione delle conoscenze, la
ricorsività tra le due modalità della conoscenza - quella esplicita, focale, e quella
tacita, sussidiaria - fa sì che le forme esplicitate concorrano nuovamente alla
generazione di conoscenza tacita; per quanto noi definiamo con sempre maggiore
precisione il sistema di concetti e conoscenze scientifiche, per quanto «lo rendiamo
più efficiente e ne stabiliamo le connessioni interne in modo sempre più rigoroso»
(Capra, 1989, p. 38), permane una componente intuitiva della scienza da spiegare e
da comunicare.
Le pubblicazioni scientifiche mostrano solo una parte del lavoro di ricerca,
corrispondente alla “scienza rappresentata”, occultandone alcuni aspetti pure
fondamentali, le innumerevoli attività più o meno finalizzate alla scoperta, riuscite
o non riuscite, inclusi «i dubbi, le incertezze, l’eccitazione mentale degli autori»
(Flichy, 1996) che hanno a che fare con la “scienza in azione” (Garfinkel, Lynch,
Livingston, 1981), diversa dall’immagine che appare dopo la scoperta. Già nel 1949
Merton aveva còlto la distanza che sussiste tra la versione finita del lavoro scientifico
ed il corso dell’indagine seguito dai ricercatori: «chiunque abbia fatto della ricerca
sa che questi lindi modelli normativi non riproducono l’andamento effettivo della
ricerca, non comprendono quegli adattamenti opportunistici e poco sistematici che
lo scienziato compie nel corso del suo lavoro. È tipico che il saggio o la monografia
scientifica si presentino con un aspetto immacolato che lascia intravvedere
poco o nulla delle intuizioni, delle false partenze, degli errori, delle conclusioni
approssimative e dei felici accidenti che ingombrano il lavoro di ricerca» (Merton,
1983). Nell’introdurre l’edizione italiana di On the shoulders of Giants di Merton,
Eco ribadisce che «grande lezione pedagogica e scientifica è anche il racconto di una
ricerca mentre si fa passo per passo, tra sinuosità e deviazioni, punti morti e assaggi
di strade possibili. Che, poi, a pensarci bene, è quanto mette in scena Platone nei
suoi dialoghi socratici» (Umberto Eco, 1991). La moderna etnometodologia si è
posta, come obiettivo di indagine, la considerazione del lavoro scientifico in se stesso,
riunendo materiali di osservazione che consentissero di analizzare i momenti salienti
del lavoro scientifico.
Se da un lato l’etnometodologia cerca di cogliere questi elementi non esplicitati
del lavoro scientifico, anche l’evoluzione documentaria di questi anni offre un
8
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Documentazione, comunicazione e scienza
Adriana Valente
contributo in tale direzione: le nuove metodologie e tecnologie di lavoro cooperativo,
unite alle nuove modalità di fruizione, collegamento e peer review degli articoli
scientifici negli archivi elettronici, contribuiscono ad accedere al continuum e al non
formalizzato del lavoro scientifico.
Le nuove proposte e sperimentazioni di applicazione della peer review su rete e
di realizzazione di open archives costituiscono ulteriori spinte all’avvio di un’analisi
critica su sistemi documentari che pure hanno contribuito alla definizione dell’attuale
assetto della gerarchica scientifica.
Gli indici di citazione costituiscono un esempio delle influenze dell’introduzione
delle nuove tecnologie e metodologie di gestione documentaria sul sistema di
produzione ed organizzazione delle conoscenze scientifiche. Questi nascono
come indici multidisciplinari, atti a cogliere le molteplici relazioni tra documenti
citanti e documenti citati e, su tale base, ad individuare relazioni tra diversi àmbiti
disciplinari: «a multi disciplinary, cover-to-cover index to eliminate the uncertainties
of the selective discipline-oriented services» (Garfield, 2001).
La concezione e la realizzazione degli indici di citazione dell’ISI ha costituito un
momento significativo nell’elaborazione della teoria e della prassi documentaria del
secolo scorso. Le riflessioni di Garfield sui problemi della comunicazione scientifica
sono partite dalle elaborazioni dei grandi teorici del suo tempo, ed hanno portato alla
predisposizione di uno strumento documentario che ha profondamente innovato la
tradizionale organizzazione delle informazioni e ricerca per soggetto.
Tuttavia, l’evoluzione di tali indici ha seguito un’ottica di trasmissione
dell’informazione più che di accesso alle conoscenze, privilegiando l’ottimizzazione
della trasmissione di informazione entro l’àmbito della scienza ufficiale, facendo
perno sul concetto di core journal in un’accezione che dalla centralità è passata ad
indicare la qualità.
Caratteristiche diverse, quali la formula accentrata del progetto e la mancata
apertura a nuove realtà scientifiche e a nuovi strumenti documentari di tipo
partecipativo, ne costituiscono tuttavia il limite. Con l’aumentare delle modalità di
uso degli indici di citazione si evidenziano i limiti di un unico strumento mediante il
quale si spera di trovare, oltre a riferimenti a letteratura scientifica, giustificazione e
rassicurazione nella valutazione scientifica di singoli, gruppi, nazioni.
Da quanto visto sugli indici di citazione, non è facile contrastare le affermazioni
di Latour, secondo il quale ogni controversia scientifica può essere letta in chiave di
rapporti di forza o, per dirla con Flichy, «si riconosce la validità di un enunciato solo
in quanto mancano le forze per opporvisi».
Conflitto e negoziazione sono due elementi centrali anche nella comunicazione
interspecialistica e nella comunicazione scienza-società. In questo caso, le controversie
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
9
Adriana Valente
Documentazione, comunicazione e scienza
vengono spostate verso l’esterno, nella relazione tra scienziati e fruitori. È dopo gli
anni Settanta che cominciano ad essere considerate le interazioni dell’informazione
e documentazione scientifica col resto della società: prima in termini di impatto,
poi in termini di accesso e partecipazione; recentemente, il public understanding of
science è stato considerato oggetto di riflessione entro la teoria dell’informazione
scientifica e non soltanto mass-mediatica. Diverse possono essere le finalità del public
understanding of science: informazione giornalistica, educazione, consapevolezza;
diverse le motivazioni: promuovere il consenso intorno ad un indirizzo politico o
scientifico, incoraggiare la costruzione di significati, la partecipazione democratica,
la cultura.
Per tutte le tipologie di public understanding of science, di public participation
o di divulgazione scientifica si pongono alcuni quesiti comuni: la considerazione
del pubblico, la correlazione tra understanding e consenso. Anche in questo tipo di
comunicazione, le grandi questioni etiche, filosofiche, ambientali, fondamentali nella
costruzione di significati sia per gli scienziati che per i laici, non dovrebbero essere
marginalizzate in favore di tecnicismi, pena l’allontanamento del cittadino da un
mondo scientifico falsamente rappresentato come arido e normativo. Pietro Greco
ha espresso un monito verso l’approccio pragmatista alla scienza ed alla tecnologia,
per cui si richiede di rispettare i simboli della scienza, ma non di comprenderla:
«nella ‘incomprensione’ della scienza e della tecnica c’è il germe della ribellione verso
la scienza e la tecnica» (Greco, 2000). Anche in questo caso si ripropone il binomio
trasmissione dell’informazione/accesso alle conoscenze.
Note
1
10
I temi qui trattati sono stati più ampiamente analizzati e raccolti nel volume Trasmissione d’élite o
accesso alle conoscenze? Percorsi e contesti della documentazione e comunicazione scientifica, a cura di
Adriana Valente, in corso di stampa presso Angeli, secondo le seguenti linee direttive:
Prima parte: evoluzione storica della documentazione e comunicazione scientifica con riferimento ai
binomi distribuzione/accesso, guerra/pace, informazione/documento
1. Trasmissione ed accesso alle pubblicazioni scientifiche: evoluzione storica di teorie e pratiche di
Adriana Valente
2. Documentazione e comunicazione scientifica tra guerra e pace nel corso del ’900 di Adriana
Valente
3. Accesso e fruizione del patrimonio archivistico: principî, metodi e standard per una moderna
teoria della descrizione di Maria Guercio
Seconda parte: indici di citazione ed impact factor: questioni di documentazione scientifica,
organizzazione delle conoscenze e valutazione
4. Gli indici di citazione nel circùito di organizzazione, selezione e comunicazione di conoscenza
scientifica di Adriana Valente
5. La biblioteca ideale nel 2045: Garfield e l’impresa della comunicazione scientifica di Anna
Baldazzi
6. Alcune riflessioni su bibliometria e analisi delle citazioni di Rosa Di Cesare
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Documentazione, comunicazione e scienza
Adriana Valente
Terza parte: comunicazione scientifica e società della conoscenza
7. Riflessioni sull’“agire comunicativo” di Habermas e la comunicazione scientifica di Adriana
Valente
8. Comunicazione di conoscenza esplicita e tacita nel contesto scientifico di Adriana Valente,
Daniela Luzi
9. Metodologie di analisi degli strumenti comunicativi di Daniela Luzi
10. Comunicazione scientifica e società: considerazioni in merito al public understanding of science
di Sveva Avveduto, Daniela Luzi, Adriana Valente
Riferimenti bibliografici
Bucchi Massimiano, Scienza e società. Bologna : Il Mulino, 2002, p. 196
Capra Fritjof, Il tao della fisica. Milano : Adelphi edizioni, 1989
De Rita Giuseppe, Né resistenza né resa, attesa. “Teléma”, (2000), n. 20 <http://
www.fub.it/telema/TELEMA20/Telema20.html> (2002-06-26)
Eco Umberto, Dicebat Bernardus Carnotensis…, Introduzione all’edizione italiana,
in Merton Robert K., Sulle spalle dei giganti. Bologna : Il Mulino, 1991, p. 6
Faulkner W., Conceptualizing knowledge used in innovation. A second look at the
science-technology distinction and industrial innovation. “Science, Technology and
Human Values”, 19 (1994), p. 425-458
Fleck Ludwik, Genesi e sviluppo di un fatto scientifico. Bologna : Il Mulino, 1983, p. 256.
Flichy Patrice, L’innovazione tecnologica. Milano : Feltrinelli, 1996, p. 255
Floridi Luciano, The internet: which future for organised knowledge, Frankenstein or
Pygmalion? Part 1. “The Electronic Library”, (1996), n. 1, p. 43-52
Garfield Eugene, From Sputnik to the world wide web - a retrospective view of citation
indexing, in ALA Annual Meeting, San Francisco, June 18, 2001
Greco Pietro, Il modello mediterraneo. “Boiler”, 17 (novembre 2000)
<http://www.enel.it/it/enel/magazine/boiler/boiler17/htlm/articoli/Greco.asp>
(2002-07-10)
Latour Bruno, La scienza in azione. Torino : La Comunità, 1998
Lévy Pierre, L’intelligenza collettiva. Milano : Feltrinelli (Interzone), 1996
Merton Robert K., Teoria e struttura sociale. Bologna : Il Mulino, 1983, p. 14
Merton Robert K., The sociology of science. Theoretical and empirical investigation.
Chicago : University of Chicago Press, 1973
Michajlov A.I. - Cernyj R.S. - Giljarevskij R.S., Principi di informatica. Roma :
Editori Riuniti, 1973
Ziman John, Research as career, in The Research System in Transition, Susan Cozzens,
Peter Healey, Arie Rip, Joun Ziman editors. Amsterdam : Kluwer Academic
Publishers, 1990, p. 345-359.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
11
La biblioteca digitale per la matematica:
una sfida finalmente possibile?
Digital Mathematical Library
LUCILLA VESPUCCI
Tra le scienze la matematica si caratterizza per la sua interconnessione e dipendenza
dalla propria letteratura storica, ma presenta – contemporaneamente – gli aspetti tipici
delle scienze pure ed applicate: una costante e negli ultimi anni vertiginosa crescita della
produzione editoriale e la necessità – per i propri ricercatori – di avere a disposizione
informazioni su documenti pubblicati recentemente o in via di pubblicazione.
Per i matematici è quindi vitale avere a disposizione una Biblioteca che testimonî il
cammino della propria scienza attraverso i secoli e, nel medesimo tempo, riviste, testi
monografici, preprint, ecc. in corso di pubblicazione. Le nuove tecnologie possono
rendere concreto il sogno di una grande Biblioteca esaustiva per la disciplina, una
Biblioteca, ovviamente, in formato digitale.
In questi ultimi anni ci sono state alcune interessanti realizzazioni per il recupero
e la digitalizzazione della letteratura storica matematica, tra le quali si ricorda “The
Jahrbuch Project Electronic Research Archive for Mathematics”, nato nel 2000 in
àmbito europeo.
Lo Jahrbuch über die Fortschritte der Mathematik, bibliografia matematica
internazionale, fu realizzato nel 1868 dai matematici Carl Ohrtmann and Felix
Müller con l’obiettivo «To provide a tool for those, who are not able to follow
all publications on the comprehensive field of mathematics, and to gain a general
overview about the development of the science. On the other hand: It should help
the active scientist to find out known facts». Lo JFM fu pubblicato in 68 fascicoli dal
1868 al 1942 e contiene le segnalazioni di oltre 200.000 pubblicazioni matematiche
relative a quel periodo temporale. È evidente l’importanza per la comunità
matematica internazionale di avere non soltanto a disposizione – in modalità web – le
segnalazioni bibliografiche, ma anche di visualizzare, a testo pieno, le corrispondenti
pubblicazioni.
Contemporaneamente alla digitalizzazione dei 68 fascicoli dello Jahrbuch über die
Fortschritte der Mathematik è stato creato un archivio digitale, con ricerca ipertestuale,
delle pubblicazioni giudicate più rilevanti (circa il 20% del totale recensito). La
ricerca può essere effettuata collegandosi alla banca dati matematica Zentralblatt
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
13
Lucilla Vespucci
Digital Mathematical Library
MATH1. Il progetto coinvolge alcune tra le più importanti biblioteche ed istituzioni
matematiche: la Technische Universität (Berlin), la Niedersächsische Staats- und
Universitätsbibliothek (Göttingen), la Bibliothèque Nationale de France, l’editore
Springer, l’European Mathematical Society ed ancora – in àmbito extra-europeo
– la Library at Cornell University (USA). Tempo previsto per la realizzazione del
progetto: sei anni (2006).
Nel corso del convegno internazionale Digital Mathematical Library, tenutosi
a gennaio 2002 a San Diego (USA), sono state poste le fondamenta del progetto
Digital Mathematical Library, il cui fine è «mettere a disposizione su supporti
digitali accessibili in modo unificato e facilitato per l’utenza la totalità dei documenti
matematici». È prevista un’attività di 10 anni. Il progetto, finanziato anche dalla
Comunità Europea, vede coinvolti sia l’American Mathematical Society che
l’European Mathematical Society, le maggiori case editrici del settore, le Biblioteche
delle Università, le Associazioni nazionali ed internazionali. L’Unione Matematica
Italiana ha dichiarato la propria adesione.
Da gennaio ad oggi si sono svolti due ulteriori incontri internazionali (Bruxelles
ed Oslo), durante i quali sono state delineate le fasi di realizzazione del progetto ed i
problemi più urgenti da risolvere.
Nella prima fase (due anni) verranno individuate le realizzazioni nazionali di
digitalizzazione per evitare – come è avvenuto nel passato – inutili duplicazioni e
per stabilire gli standard tecnici per la digitalizzazione, archiviazione e recupero. La
seconda fase prevede la digitalizzazione di circa 50 milioni di pagine (ovvero 200
Gigabyte). La terza fase riguarderà il mantenimento e l’aggiornamento dei dati.
Si tratta di un progetto senz’altro ambizioso e sono evidenti i problemi non
banali che dovranno essere affrontati, dallo standard tecnico alle normative nazionali
sul copyright, dal coordinamento delle istituzioni coinvolte ai finanziamenti. Temi
che sono affrontati nelle lucide riflessioni di John Ewing – Executive Director
dell’American Mathematical Society – che riportiamo qui di séguito.
Si ringrazia vivamente il Dr. Ewing per averci accordato il permesso di
pubblicazione.
Note
1
14
Sono due le grandi bibliografie internazionali per matematica: Zentralblatt MATH (1931- ), edita
da Springer, e Mathematical Reviews (1940- ), edita dall’American Mathematical Society.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Twenty centuries of mathematics:
Digitizing and disseminating the past mathematical literature1
JOHN EWING2
«If you have built castles in the air, your work need not be lost; that is where they should be.
Now put the foundations under them».
- Henry David Thoreau, Walden, Chap.18
Il progetto Digital Mathematical Library nasce con l’obiettivo di rendere disponibili,
in modalità digitale, la totalità dei documenti matematici. Il progetto, finanziato
anche dalla Comunità Europea, vede coinvolti sia l’American Mathematical Society
che l’European Mathematical Society, le maggiori case editrici del settore, le Biblioteche
delle Università, le Associazioni nazionali ed internazionali. Si tratta di un progetto
ambizioso e che presenta molteplici problemi: dallo standard tecnico alle normative
nazionali sul copyright, dal coordinamento delle istituzioni coinvolte ai finanziamenti.
Temi che sono affrontati nelle lucide riflessioni di John Ewing – Executive Director
dell’American Mathematical Society – che riportiamo qui di séguito.
Parole chiave: Matematica – Biblioteca digitale
Mathematics has always relied on its scholarly literature. From the time of
Euclid’s Elements3 (about 300 BC), mathematics thrived because key literature was
passed from generation to generation. In modern times, the process accelerated,
changing the way mathematicians carry out research. Because it is impossible
to study and digest all relevant literature in a broad area, mathematicians find
themselves navigating the literature--moving from one paper or book to another,
perusing results and proofs, and relying on references in order to link to the next
item. The linking process has become more important as the literature has grown,
and it is one of the reasons electronic publication has great potential benefit for
mathematical research.
Reliance on past literature is common to all disciplines, but time scales differ.
In some areas of science, literature more than a few years old has value mainly
for historical reference. For mathematicians, work from ten, twenty, or even one
hundred years ago is relevant and useful in research. Like all scientists, working
mathematicians will use and reference more recent work the most, but having the
ability to access the older literature is of essential value to research mathematicians.
Even when only a small fraction of the references come from literature in the distant
past, those references may be the key to successful research.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
15
John Ewing
Twenty centuries of mathematics
As the scholarly community moves forward into the digital age, more and more
of the current (and recent) literature will be available in electronic form online. The
more that is available, the more the community will derive value from the ability to
navigate easily from item to item4. But for mathematics, navigation will have limited
value as long as the bulk of the past literature is accessible only in paper form. In
mathematics, making the past 20 centuries of scholarly literature available online can
have a profound effect on research, both now and in the future.
This concept paper outlines a possible mechanism for making much of the past
mathematical literature available online for everyone. Such a large project has a
number of potential difficulties. But in many respects it is a tractable project with a
well-defined goal and clear benefits to the research community. On the one hand, it
is the sort of effort that might be undertaken in any discipline. On the other hand,
mathematics is an ideal discipline in which to test such a project, both because it is
relatively modest in size and because the need for digitizing the past literature is so
clearly understood. The international mathematical community understands that
need, which makes this suited for international cooperation as well.
For mathematics, this is a project that ties the past to the future in a way that is
consistent with the present transition in scholarly publishing. All mathematicians
will benefit.
Overview
There are three goals for this project: (i) digitize a preponderance of scholarly
mathematical literature that is not already in digital form, (ii) set technical standards
for making digital mathematical literature accessible online, (iii) negotiate a protocol
for making future digital mathematical literature available in the future. While many
people will view the first goal as the essence of the project, achieving the other two
goals is essential to make the project worthwhile.
The entire mathematical literature consists of approximately 50 million pages
contained in books, journals, and various other publications5. There are many ways
to digitize the past literature (that is, literature that is not already in digital form),
but the only cost effective way6 is to combine scanning with partial optical character
recognition, creating a combination of scanned page image and associated text file
(for searching). There is more to the process, of course. Relevant bibliographic data
about each item must be captured (usually by keyboarding); items have to be studied
and categorized to understand the various parts (articles, chapters, etc.); proofreading
of critical data has to be carried out. Estimates for the cost of carrying out these steps
16
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Twenty centuries of mathematics
John Ewing
in a large scale operation vary, but a rough approximation is $2 per page7, making
the total cost to digitize 50 million pages about $100 million.
At the moment, many projects are underway to digitize past scholarly literature.
One of the first of these is JSTOR8, which provides complete runs of a collection of
journals (including about two dozen in the mathematical sciences) to institutions as
a package. Several other groups are formulating projects to scan entire collections of
journals9. Individuals are encouraged to scan and to make available their own papers
and books10. All this coincides with the explosion of recent mathematical literature that
has gone online in a great variety of digital forms (and which will become past literature
in the near future). Many different groups, with many different formats, with many
different interfaces. Almost all have the same goal--to make the mathematical literature
accessible to mathematicians--but without coordination and standards the effort will
founder. Creating a basic set of standards for digital mathematical literature is essential
in order to keep all these efforts from merely producing a Tower of Babel11.
The call for standards in electronic publishing is not new, and there have been
many attempts to set standards for large communities of scholars12. An attempt to
negotiate standards in this project must necessarily take into account the work that
has gone before, which has not always led to wide adoption. In this case, however,
it is much more likely that adoption will spread throughout the community. The
standards are aimed at a single discipline, and the project will focus attention on the
need for standards.
Creating a collection of past literature requires that one update the collection in
the future. Because this means dealing with individual publishers and organizations
who disseminate the literature initially, and because the mathematical literature is
especially diffuse, it is essential to outline a protocol for updating the collection
over time. This will likely be different for books than for journals, and it may be
only an ideal rather than an enforceable protocol13. It is essential to attempt such
negotiation, however.
One important aspect of the digitizing project is missing from this description-distribution of the material after the project is completed. Its absence is deliberate, and
in fact, it is a key ingredient for the success of the project. While it is possible in principle
to create complicated distribution arrangements that involve collecting fees, distributing
these to publishers or authors will almost surely burden the project with huge overhead
costs. Negotiating these arrangements and maintaining them will consume much
energy, which otherwise could be directed at carrying out the project itself.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
17
John Ewing
Twenty centuries of mathematics
Rather than complicated distribution arrangements negotiated by the project,
the free market can provide ample distribution. The underlying philosophy of this
project is to make the raw material available to the entire community, and then to
encourage organizations (publishers, scientific societies, libraries, and other groups)
to create a variety of mechanisms to access the material along with auxiliary indexing
and organization. The raw material (bibliographic data, scanned images, associated
text files, and other digital material) will be largely unstructured. Providing useful
access to that material will require considerable effort, and neither grants nor a
single organization can sustain that effort over long periods of time. But many
organizations can sustain the effort indefinitely. Some will find ways to distribute the
material as a service to the community; others will find ways to add value by indexing
or adding other features, and they may charge for the service. All providers will
promote their services, making access for the community easier and better suited to
individual needs. The market approach guarantees that the material will be available
in many ways, in many places, for many years. It also provides a robust mechanism
for archiving, similar to the mechanism that has worked well in the past.
Organization and timing
Administration of such a project requires more than volunteers and committees-it requires a small staff with central control of the many groups working on the
project, perhaps distributed throughout the world. That staff may be under the
administrative control of one or more existing organizations (to minimize overhead),
but it needs to be dedicated solely to carrying out the project. While details are hard
to specify in advance, there needs to be a director, administrative assistants, technical
advisors, and legal consultants (see below)14.
The job of the central staff is to administer and coordinate digitizing projects
(either its own or those carried out by other groups), to oversee the work of various
advisory committees, and to negotiate about permission to digitize and disseminate
the final work. Carrying out this work will require a director with full responsibility
for all aspects of the project, advised by committees but with considerable authority
to act and to make independent decisions.
During the first phase of the project (likely 1-2 years), three committees will need
to be established--content, technical, and advisory. The first will have responsibility
to decide which material is to be included in the project. Its work will be ongoing
throughout the duration of the project. The second will make decisions about
technical standards both for the bulk of the project’s work and for the community at
18
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Twenty centuries of mathematics
John Ewing
large. Its work will be ongoing as well and will be closely connected with archiving,
mentioned below. The third (smaller) committee should represent the mathematics
community, providing overall advice on major decisions for the project. For example,
this committee will have responsibility for establishing protocols for adding material
to the collection in the future.
Work on digitizing older literature will continue for approximately 8 years
following the initial 2-year period. During this time, material from the project will
be made available to the various organizations disseminating it to the community,
with the understanding that it will be added to their collections as soon as possible.
Because several different groups may be involved in both funding and carrying out
the work, quality control on the additional material will be coordinated by a central
body under the authority of the central staff. When digital material is available
from more than one source, the advisory committee will make decisions based on
recommendations of the staff, as well as other considerations.
As the main phase of the project continues, agreements about future additions
to the project will be negotiated. Protocols for adding material will be adopted. A
process for specifying and modifying standards will be put in place. The aim is to
establish a system for ongoing oversight of the project by one or more organizations,
with independent financial support for that oversight.
The overall goal of this project is to create a collection of material that represents
“past” mathematical literature along with a mechanism for sustaining that collection
and keeping it current. At the end of the ten-year period, this should be a system that
is sustained by many organizations around the world, each with individual interests
but with a common interest to foster mathematical research. Adding material to the
collection will become a normal part of the publication process, made cost effective
by standardization. Administering the collection will be small scale, and (one hopes)
taken on by a small group of organizations15.
Major problems
There are four major problems in carrying out such a project and sustaining it once
it is complete. Solving these will not be easy, but finding solutions will be essential to
success. These four problems ought to be the central focus of initial planning.
(1) Content. People involved in indexing mathematical literature (like the staff at
Mathematical Reviews or Zentralblatt) recognize the difficulty in selecting what should
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
19
John Ewing
Twenty centuries of mathematics
be included in such a collection. At Mathematical Reviews, approximately 110,000
items are considered for inclusion each year; only about 75,000 are actually added to
the database. Deciding which to include is agonizingly difficult. The mathematical
literature is far more diffuse than most people realize16. Not only are there hundreds
of current journals, but many journals publish mathematics mixed with economics,
psychology, physics, etc.. Deciding to include only full runs of journals means either
that a large amount of the mathematical literature will be missed or that a large
amount of the added material is not mathematics (in any sense). Deciding to include
selections of articles from journals adds enormous editorial costs to the project.
The situation for books is even more complicated. Should one include textbooks?
What level is appropriate? What about books that are at the boundary of mathematics
and another area? Again, making individual decisions is costly.
And for both kinds of material, making decisions is a highly charged, often
political process (as any reviewing and indexing journal can attest.) What languages
should be included? What if an item is known to have major errors? How are
multiple editions handled? Are unpublished works included (and what is meant
by “published work”)? Deciding the content is far more complicated than asking a
committee to decide which journals or publishers should be included--it is a process
that requires careful thought in advance, and careful administration later in order to
avoid massive additional costs.
(2) Copyright. This is often misunderstood and underestimated by people thinking about
such projects. When undertaking to digitize runs of journals from specific publishers,
obtaining permission to digitize the work merely requires obtaining a handful of signed
agreements from publishers (who are known in advance). In seeking to digitize an entire
field, dealing with copyright issues requires understanding complicated legal issues, often
with international copyright law, which is notoriously complex. It means dealing with
hundreds of publishers, many of whom are not easily identifiable or who are no longer
in business. It means dealing with thousands of authors or their heirs for the rights to
reproduce books, which in many instances include material (for example, photos) with
uncertain copyright status. This adds an enormous administrative cost to the project.
All this has been made far more difficult by recent changes in U.S. and
international law. The magnitude of the problem is described in an article by Clifford
Lynch17. In the chapter “Converting older books to digital form”, he writes:
«The legalities of such conversions are a much more serious barrier, and one about
which the public remains unaware. Roughly speaking, at least in the United States, any
20
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Twenty centuries of mathematics
John Ewing
book published before the early 1920s is in the public domain (the details of precisely what
is in the public domain are very complicated, and aren’t crucial here). If you can find a
copy, you can scan it, or, if you are willing to pay the labor costs, you can even re-keyboard
it with added structural markup into a more sophisticated digital representation. Whether
you obtain a new copyright for your converted digital version of the work seems to be
legally murky18, and seems to depend significantly on how much value you add in doing the
conversion. This is important because it has implications for the availability of investment
capital to convert public domain materials, and for how these materials need to be protected
as they are made available, if they need to generate a revenue stream».
For more recent material, Lynch goes on to say in that same article:
«The cost of clearing rights for these works is likely to be hundreds of times greater
than the costs of actually digitizing the works».
We can learn a great deal by examining projects that are already in place. JSTOR,
for example, has a far easier task of dealing with legal issues because they negotiate
with known publishers about complete runs of (usually) several journals at a time.
Nonetheless, they expend a large amount of administrative time dealing with legal
issues, and employ their own legal staff.
One possible response to the copyright problem is to decide only to include
literature that is clearly in the public domain, or for which permission is easily
obtained. A rough estimate indicates that more than 90% of the 50 million pages
of mathematics remains under copyright. It is likely that half of this requires search
and negotiation concerning copyright. Solving the copyright problem by ignoring it
therefore requires a major compromise in the original goal of the project--to make a
preponderance of the mathematical literature accessible.
(3) Initial Format. Of course, setting standards for content that is already in digital
form is a well known (if not well understood) problem. This will require hard work
and substantial negotiation. But even the apparently simple problem of deciding the
format of scanned material is extremely difficult. Not long ago, many people would
have suggested using some form of compressed TIFF files encapsulated in Adobe
PDF format. But, although PDF is widely supported at the moment, support for
certain operating systems (Unix) has become problematic. More importantly, there
are new, extremely effective formats for scanned images that reduce the size of files
by a factor of 3-8 (or more). The most notable of these is DjVu19, a format developed
at AT&T Labs (using wavelets for superior compression and a progressive algorithm
for decompressing images, presenting an immediate image that gradually improves).
Products implementing DjVu are now owned and sold by LizardTech. Like PDF, DjVu
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
21
John Ewing
Twenty centuries of mathematics
requires special software to view the images within browsers. But the technology is
open source and the advantages over more traditional technology are considerable.
Selecting the right initial format--possibly a proprietary format--in an
environment that is constantly changing, for a project that lasts over 10 years, is a
nearly impossible task. This is closely connected with the next problem, archiving,
but it is not the same. (The right initial format for presentation may not be the right
format for archiving.)
(4) Archiving. This is not so much a problem for the project as it is for those
sustaining the collection after the project is complete. Once again, it is a problem that
is often misunderstood by people, including experts (precisely because there are no
real experts in an area like digital archiving, where no one has much experience)20.
Until recently, there wasn’t as much need to consciously archive scholarly journals
or books--archiving was (almost) automatic because many copies were distributed to
institutions at various locations. One counted on the laws of probability to ensure
that at least one copy would be extant years in the future. That one copy could be
used to reproduce more copies at a time many years after initial publication.
Two things have changed with electronic publication. First, the copies may not be
widely distributed, but rather often reside at one or two sites in electronic form. This
is the problem of “robustness”, and it’s the issue most people think of when discussing
archiving. Second, even if a copy of a file is extant many years in the future, it may
not be possible to produce copies of the “work”, that is, fully functional copies that
are identical to those in existence years before. This is because electronic journals and
books often consist of files embedded in a larger system that makes use of programs,
auxiliary files, and even hardware to render the work. In short, the context in which
the work is embedded is often essential to making a faithful copy, and archiving
requires being able to reproduce that context. This is often referred to as the problem
of “format”, but the language makes it sound pedestrian, as if it were merely a
problem of presentation. It is, in fact, the central problem of archiving.
There are several simple schemes for ensuring robustness, including the simple
device of replication to create multiple copies (just like paper). Because electronic
media may degrade more rapidly than paper, however, there has to be an added
step of routine replication to produce fresh copies21. Fortunately, making electronic
copies is far easier than making paper copies, which compensates partially for the
extra step. Routine replication also addresses the problem of changing media, since a
copy can move to whatever medium is currently in use.
22
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Twenty centuries of mathematics
John Ewing
One might hope that the format issue can be solved in a similar way--regularly
change formats as new come along. There are two reasons this doesn’t work. First,
“changing formats” is not equivalent to making a copy. While making copies is routine
and easily done for large volumes of material, changing formats requires special
intervention, at least for a fraction of the material. The difficulties depend on the
old format (something we know in advance) as well as the new (something unknown
when we create the archive). Even if only a small fraction of the material needs special
intervention by technical personnel, this can be enormously costly for a large collection.
Those who deal with small personal collections often ignore this point.
There is a second, more subtle reason that changing formats is not a solution to
the format problem. The format problem is more than merely preserving the format
of a work; it is deciding what information about the environment in which a work
is presented should be saved initially and then deciding at each subsequent stage of
archiving what information is passed along. It is virtually impossible to save every
piece of information about the environment. (For example, we likely rely on the ISO
standards for recognizing characters and assume conventions about line feeds and
returns22.) Archiving requires decisions about which information will be necessary in
the future, and those decisions must be made in the absence of detailed knowledge.
Indeed, at the moment, and for some years to come, those decisions must be made
without experience as well. There are many, many examples of incorrect decisions
made in the past 20 years, resulting in lost work; there is no reason to believe we can
avoid incorrect decisions in the future.
To sustain this project, one has to find a way to pay for the potentially large costs
to update the format in the future, as well as to make reasonable decisions about
what information to pass forward. Maintaining collections at many sites, each with
either professional or financial interest in the material, ensures that a large group
will want to share those large costs. It will be in everyone’s interest to make certain
that reliable decisions are made when formats change. Nonetheless, these are issues
that extend over long periods of time (often exceeding the careers of individuals
involved), and there must be a mechanism to guarantee that archiving issues are dealt
with on a continuing basis.
Competition and cooperation
The great advantage of the approach described above is that it effectively
balances competition and cooperation. The balance is essential for a project that is
international in scope and that spans a decade or more. And the balance is crucial to
ensure the effort is sustained once the initial project is complete.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
23
John Ewing
Twenty centuries of mathematics
Rather than a few centralized institutions for dissemination of the material, the
proposal calls for competition among many organizations to provide access in ways that
address a variety of needs. Libraries, societies, universities, commercial publishers can
all compete to add value for the community. This is healthy competition that provides
incentives for many people to carry out the work and to sustain it in the future.
On the other hand, there are key areas in which cooperation is essential. Without
uniform standards, access to large collections of digital material will be difficult or
impossible. Without such standards, the kind of healthy competition above becomes
impossible. And without standards, archiving the literature becomes enormously
costly, possibly exceeding the resources of even a large group of interested parties.
Cooperation in all phases of this project can be made even more tangible by
inviting representatives from many segments of the international mathematical
community to serve on the various advisory committees. In addition, many
countries have funds available for digitizing collections of scholarly literature. It is
possible (and desirable) to divide the job of digitizing the older literature into several
large collections, each of which can be done by a separate organization or country.
This kind of cooperation, however, requires oversight from a central body, and it will
be necessary to coordinate all work using a single body as indicated above.
Initial planning
This document is intended to describe a concept, providing only an outline of
the scope of the project, a possible underlying philosophy, and the major issues one
must resolve for successful completion. To carry out such a massive project, a small
group of interested people (including potential international partners) must engage
in far more detailed planning. That planning might be accomplished through a
planning grant, administered by a single organization but involving representatives
from institutions, libraries, scholarly societies, and publishers.
This project will revolutionize the way in which mathematicians conduct
research--it is hard to imagine any single change that will have a greater influence. It
remains a dream, of course, but an ideal dream on which to build foundations.
Note
1
2
24
Il presente articolo è stato pubblicato sul numero di agosto 2002 della rivista “Notices of the
American Mathematical Society”.
The opinions expressed in this paper are the author’s, and do not necessarily represent opinions of
the American Mathematical Society
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Twenty centuries of mathematics
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
John Ewing
«The Elements form, next to the Bible, probably the most reproduced and studied book in the
history of the Western World. More than a thousand editions have appeared since the invention of
printing, and before that time manuscript copies dominated much of the teaching of geometry».
[Struik, Dirk J., A Concise History of Mathematics. New York : Dover, 1987 (4th ed.), p. 49.]
Linking was a persistent theme at the Second UCSU-UNESCO International Conference on
Electronic Publishing in Science, which took place in February 2001. The Proceedings can be
found at <http://associnst.ox.ac.uk/~icsuinfo/>.
This estimate has been made by Keith Dennis, based on past bibliographic studies. The phrase
“mathematical literature” is not defined precisely here, which is the first difficulty mentioned below.
The term “cost effective” is relative, of course, but the alternative of keyboarding material would
likely increase costs by a factor of 5, taking into account the basic bibliographic work that would
still be necessary.
Other estimates have been made that are far lower. See [Odlyzko, Andrew, The economics of
electronic journals. “First Monday” 2 (8), August 1997, <http://firstmonday.org/>, and “Journal of
Electronic Publishing” 4 (1), September 1998, <http://www.press.umich.edu/jep/>].
<http://www.jstor.org/about/>
The latest is the Electronic Mathematics Archiving Network Initiative (EMANI) involving a
consortium of libraries and the publisher Springer-Verlag. A number of other efforts are underway
in Europe, all with suitable acronyms such as BNF, DIEPER, and NUMDAM. Individual
publishers (for example, Elsevier) are already committed to creating their own collections of past
literature in digital form.
A recent call to authors, endorsed by the Executive Committee of the International
Mathematical Union urges all mathematicians to create their own “collected works”; see <http:
//www.mathunion.org>.
Genesis 11:1-9.
For one of the best known, see <http://www.openarchives.org>.
Currently, a window of 5 years has been proposed for journal articles; that is, publishers release their
material to such projects after 5 years. For books, the time limit is much more difficult, and many
publishers view books that are even 20 or more years old as valuable intellectual property.
Budget estimates are difficult to make at this level of detail, but a rough estimate is that total
administrative cost will be approximately 20% of the total project cost.
Such administration can be patterned on the administrative efforts of other standards setting
groups, such as the World Wide Web consortium (<http://www.w3c.org>). These function by
soliciting modest donations from supporting organizations along with volunteer help.
Mathematical Reviews corresponds with thousands of sources for the material it reviews, and lists
nearly 600 journals that are covered from cover to cover.
Lynch, Clifford, The Battle to Define the Future of the Book in the Digital World, <http://
firstmonday.org/issues/issue6_6/lynch/index.html>
For example The Bridgeman Art Library v Corel Corporation (97 Civ.6232 (LAK) New York
Southern District Court), case, which found that there was no new copyright in images of out-ofcopyright artworks.
Extensive information can be found at <http://www.djvuzone.org/>.
See, for example, <http://www.oclc.org/oclc/new/n226/ea.htm> .
Recent studies suggest that magnetic media have a lifetime of 10-30 years. Optical media appear to
have lifetimes of 100 years or more, but studies are inconclusive.
<http://www.iso.ch/iso/en/ISOOnline.frontpage>.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
25
Alexandrie:
una piattaforma flessibile per conoscenze integrate
SAVERIO SODI
La storia dell’automazione delle biblioteche, a partire dalla Library of Congress,
dimostra una chiara propensione per l’information retrieval più che per la conservazione
tout court. L’ultima generazione di software interpreta due fondamentali esigenze del
trattamento documentario: archiviare i dati secondo modalità standard perché essi siano
compatibili, reperibili e comunicabili; integrare i dati di qualsiasi supporto informativo.
Alexandrie, un software made in Francia e diffuso in Italia dalla Ifnet, lavora secondo
i criteri della standardizzazione, della flessibilità e integrazione dei supporti. Una
struttura per campi e un sistema “a tendine” crea archivi navigabili sincronicamente.
Caratteristiche di rilievo sono: la costruzione del tesauro e la generazione diretta di CDRom. Particolarmente adeguato per archivi di media grandezza.
Parole chiave: Information retrieval – Software – Automazione degli archivi
– Alexandrie
L’era di transizione
L’identità dei servizi di documentazione lungo il corso del ’900 e in particolare
nel secondo dopoguerra si è concentrata sull’affermazione delle finalità informative
degli stessi centri/servizi, funzionali a sostenere, con una cifra di valore da aggiungere
al capitale di conoscenze già in loro possesso, enti di ricerca e aziende produttive.
La funzione di transfer più che quella di store investe le preoccupazioni dei sistemi
informativi e il trattamento linguistico dei contenuti diviene una delle competenze
specifiche del professionista dell’informazione, consapevole che l’information retrieval
è fortemente complementare all’information transfer. D’altra parte, il moltiplicarsi
dell’editoria scientifica e la conseguente esplosione dell’informazione proprio
negli anni ’60 spinge le nuove TIC a cercare soluzioni generalizzabili, flessibili e
condivisibili.
L’introduzione del formato MARC, Machine Readable Cataloging, sperimentato
su un calcolatore IBM 1401 con 4 unità di registrazione e una stampante 1403,
non si presenta come uno strumento limitatamente bibliotecario. Ideato da esperti
di settori specialistici del sapere estranei al mondo della biblioteca tradizionale
interessati invece, per motivi di studio, al finanziamento delle biblioteche di ricerca,
al trattamento dell’informazione e alla traduzione automatica, esso introduce
un sistema innovativo e non rigido, che costringe a ripensare i principî storici
della catalogazione. L’automazione della Library of Congress in formato MARC,
proprio negli anni ’60, ha consentito di esplorare un orizzonte d’attesa pressoché
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
27
Saverio Sodi
Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate
onnicomprensivo dei problemi connessi alle macchine, ai linguaggi e ai dati da
trattare. E la storia dei vari MARC, che accompagna gli ultimi decenni del XX
secolo, è un po’ la storia di una filosofia di ampliamento informativo dei sistemi di
catalogazione in genere. La disponibilità in rete di cataloghi e sistemi di cataloghi
ha ravvicinato inoltre i confini tra cataloghi bibliotecari e cataloghi specialistici o
di supporti diversi, avviando un’era di piattaforme di archiviazione e informazione,
unificabili e spesso integrate.
Dalla pubblicazione della seconda edizione del Kimber (Libraries automation,
1974) e della raccolta antologica di De Gennaro sul potere economico delle biblioteche
nell’era dell’informazione (Libraries, technology and the information marketplace, 1987),
o ancora dalle riflessioni epistemologiche della Svenonius (The conceptual foundations of
descriptive cataloging, 1989) relativamente alle implicazioni dell’automazione sulle chiavi
di accesso all’informazione bibliografica sembra ormai passato un tempo realmente
maggiore rispetto ai decenni appena trascorsi. L’era di transizione è compiuta; il mercato
dell’informazione è una realtà in crescita, le direttive funzionali del resource sharing
e del building catalogs for the future (Tyckoson, 1991) si sono agglutinate nell’unico
obiettivo dell’enhancing access to information. Il Kimber problematizzava la prospettiva
dell’automazione bibliografica sottolineando la creatività dello spirito umano che ricerca
in continuazione soluzioni per migliorare la trasmissione di sé alle generazioni future:
«Come eredi di diversi millenni di civiltà e, più particolarmente, di tre o quattro secoli
di rapidissimo ed intensissimo sviluppo del sapere, noi oggi ci troviamo di fronte ad una
complessa rete di conoscenze in costante evoluzione e viviamo in un mondo in cui la
scoperta e l’applicazione di nuove tecniche hanno assunto un’importanza essenziale non
soltanto per consentirci di non regredire […] ma per farci progredire verso una civiltà
sempre più elevata e sviluppata, seguendo una curva esponenziale di accrescimento
scientifico-tecnico-industriale» (p. 1). Oggi, il nesso tra l’automazione delle conoscenze
registrate e la loro comunicazione è un elemento culturale generalmente acquisito sia
dai bibliotecari che dagli operatori dell’informazione e degli archivi; e si fa saldo il
legame tra library automation – dove library sta per collezione organizzata di documenti
– e information retrieval, operazioni che soggiacciono ormai ad una finalità primaria
convergente sull’obbiettivo del comunicare conoscenze, saperi, informazioni.
La gestione dei servizi bibliografici, di conservazione dei documenti o di
disseminazione delle informazioni, è stata infatti indirizzata a rendere trasparente
il contenuto degli archivi o delle basi di dati, e quindi a comunicare sempre più
amichevolmente le conoscenze.
Dall’utente competente si è inesorabilmente passati all’utente che naviga a suo
piacimento.
E dunque, se la gestione documentaria negli anni ’70-’80 era riservata a pochi
specialisti, che operavano con mezzi limitati ed erano costretti ad avvalersi di tecniche
28
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate
Saverio Sodi
tradizionali per soddisfare le esigenze imposte dal loro lavoro; oggi è maturata una
nuova consapevolezza dell’importanza che una corretta gestione e disponibilità
dell’informazione - di ogni tipo di informazione - va sempre più acquisendo
all’interno di ogni organizzazione, unitamente alla reperibilità di tecnologie
innovative utili per il trattamento delle informazioni. Proprio tale consapevolezza
fa sì che un numero sempre crescente di imprese, studi, organizzazioni senta il
bisogno di affrontare la problematica della gestione dei propri documenti attraverso
strumenti e modalità che consentano di assolvere al meglio questo cómpito, sia per
quanto riguarda la raccolta e l’archiviazione delle informazioni via via prodotte
nel proprio contesto lavorativo, che per quanto riguarda la consultazione, messa a
disposizione e divulgazione delle stesse.
Il prodotto, la sua architettura, le sue caratteristiche
Il software Alexandrie (<http://www.gbconcept.com>) si inquadra pienamente
in tale àmbito, poiché le linee di progettazione che sono state seguite, le tecnologie
con cui le stesse sono state realizzate, la gamma di funzionalità di cui esso dispone
ne fanno un prodotto particolarmente adatto a soddisfare le esigenze più attuali di
quest’area funzionale; d’altro canto, le centinaia di installazioni effettuate ad oggi
nel mondo, nelle più varie situazioni applicative, ne sono la testimonianza concreta.
Numerosi sono infatti gli esempi illustri.
Alexandrie è una soluzione informatica che si fa carico dell’insieme delle istanze
legate alla gestione e diffusione dei documenti, brevemente accennate in precedenza.
Essendo costituito da una struttura ad architettura modulare, sia per ciò che concerne
le postazioni di lavoro (è disponibile in versione stand alone, come pure client/server
in ambiente Windows o Mac) che per quanto attiene alle funzionalità attivabili, il
software si adegua perfettamente ai bisogni del cliente; il quale può così costruirsi
una soluzione personalizzata, esattamente commisurata a questi.
È inoltre un software totalmente evolutivo: l’utilizzatore può quindi acquistare in
ogni momento un nuovo modulo, proprio quando ne rileva la necessità. È costituito
da una versione di base (gestione documentaria) e da un insieme di moduli opzionali,
quali la gestione dei prestiti, dei periodici e degli acquisti, più tutta una serie di
moduli aggiuntivi capaci di rispondere pressoché a tutte le esigenze che possono
presentarsi, comprese le più sofisticate. Tutti i moduli sono parametrizzabili; ciò
accresce ancor più le sue possibilità di personalizzazione, sicché esso è in grado di
conformarsi alle richieste di ciascun cliente: queste possono andare dalla semplice
aggiunta di valori nelle tabelle alla completa personalizzazione dei campi della griglia
di inserimento, fino alla traduzione delle stringhe.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
29
Saverio Sodi
Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate
L’identificazione di una configurazione idonea a gestire nel modo più efficace
le esigenze di uno specifico contesto necessita anzitutto di un’analisi accurata, vòlta
a riconoscere e a definire in maniera sufficientemente precisa i propri bisogni, ivi
compresa la relativa pianificazione; lo scopo è evidentemente quello di determinare
quali moduli aggiuntivi sia opportuno affiancare al nucleo di base.
L’estrema flessibilità che caratterizza Alexandrie, nella definizione della
configurazione specifica per ciascuna soluzione, permette poi di adattare nel tempo
tale configurazione alle reali necessità dell’utilizzatore e all’evoluzione delle stesse.
Alexandrie utilizza 4D per la gestione dei propri dati: si tratta di un gestore di
database relazionale che consente l’archiviazione ed il reperimento di dati di tipo
multimediale; di conseguenza, il software permette di gestire nella stessa base di
dati differenti tipi di documento. Una volta specificati i campi per ciascun tipo, la
maschera di inserimento è generata automaticamente: all’utilizzatore si risparmia
così il fastidioso cómpito di creare le maschere di inserimento per ciascun tipo di
documento, e insieme la griglia di inserimento viene ad essere costituita da tutti i
campi pertinenti, e solo da essi. L’alimentazione di base può essere effettuata sia per
inserimento diretto, sia attraverso l’integrazione di dati esistenti. Gli strumenti di
import ed export di Alexandrie evitano agli utenti di essere pesantemente condizionati
dalla scelta del software. Gli scambi di informazioni con l’esterno sono totalmente
aperti e l’utente può importare ed esportare documenti provenienti da fonti comunque
diverse da Alexandrie, dal momento che è garantita la compatibilità Z39.50.
Uno strumento di GED (Gestione Elettronica Documenti) è proposto in standard.
Le sue funzioni offrono all’utente la possibilità di archiviare documenti legati a
notizie, permettendo di gestire direttamente lo scanner e di costituire una banca
di immagini. I file di tipo immagine possono essere archiviati automaticamente in
dimensioni differenti: immagini a dimensione ridotta, a bassa e ad alta risoluzione.
Il modulo di indicizzazione in testo integrale, grazie alla partnership con la società
Verity, dà modo all’utente di interrogare in modo diretto e completo il contenuto
dei documenti primari.
L’indicizzazione e la ricerca full text sono totalmente integrate in Alexandrie:
difatti, non appena un documento legato ad una notizia viene archiviato, la sua
indicizzazione è immediatamente eseguita; questo abbinamento delle due modalità
di indicizzazione (modalità strutturata e testo integrale) potenzia notevolmente
l’efficacia delle ricerche, in quanto equivale ad aumentarne la pertinenza e l’esaustività.
Altro elemento che concorre ad accrescere l’efficacia delle ricerche è il possibile
utilizzo del tesauro multilingue, attraverso il quale si può ottenere una indicizzazione
precisa di qualsiasi informazione. Tramite il tesauro, infatti, i descrittori (generici o
30
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate
Saverio Sodi
specifici) sono legati tra loro da relazioni (gerarchie tra un descrittore e i suoi termini
specifici, equivalenza tra un descrittore e i suoi sinonimi, associazione tra due termini
vicini, ma appartenenti a dominî differenti) che permettono di scegliere il termine
più adeguato per indicizzare un documento o formulare una ricerca.
Livelli d’utenza
Il software tiene conto del diverso livello degli utenti possibili, proponendo
ad esempio molteplici funzioni di ricerca documentaria (tutte multicriterio con
operatori booleani): OPAC per l’utente occasionale, Livello 1 per principianti, Livello
2 avanzato e Livello 3 esperto, insieme con la possibilità di registrare le strategie di
ricerca. A questa potenza di ricerca fa riscontro una grande flessibilità per quanto si
riferisce alla stampa, dai cataloghi in edizione automatica fino all’esportazione dei
dati in formato testo.
Sempre in relazione all’utente e alla politica di regolamentazione e salvaguardia
degli accessi consentiti e delle funzionalità abilitate di cui l’utilizzatore stesso intende
avvalersi, Alexandrie propone altresì una regolamentazione degli accessi ai documenti
e alle funzioni. Tra le opzioni di personalizzazione, permette una diffusione selettiva
dell’informazione (DSI) secondo il profilo e gli interessi di ciascun utente.
Ancora per quanto concerne le funzionalità di diretto interesse degli utenti, il
software possiede poi tutte le funzioni (DSI, GED, E-mail) necessarie per la gestione
e la diffusione della rassegna stampa, per la quale può inoltre beneficiare, grazie alla
partnership con Adobe, della tecnologia Acrobat.
Web
Alexandrie Web costituisce un server pronto all’uso, attivo fin dal lancio di
Alexandrie, ed è dotato di una interfaccia interamente personalizzabile. Le sue
numerose opzioni (ricerche semplificate od elaborate, portale, rassegna stampa
dinamica, costituzione di gallerie di immagini, visite guidate, inserimento e modifica)
ne fanno uno degli strumenti più versatili della sua generazione.
Il server Web distingue due specie di domande: quelle che concernono pagine di
informazione (dette “fisse”) e quelle che corrispondono a richieste sulla base di dati
(dette “dinamiche”); di conseguenza, si può concepire l’insieme delle pagine che
costituiscono il sito globale dell’impresa o dell’organizzazione, ed affidarne la messa
in linea ad Alexandrie Web.
La consultazione del fondo documentario si compie vuoi attraverso l’inserimento
di criteri di ricerca, vuoi grazie ad una visita guidata secondo differenti punti
d’accesso (tesauro, tipo di documento, autore, editore), vuoi ancora attraverso
un portale documentario che offre un certo numero di funzioni legate al profilo
dell’utente connesso; è inoltre possibile proseguire l’esplorazione attraverso numerosi
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
31
Saverio Sodi
Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate
collegamenti ipertestuali. Tutti gli indici, compreso il tesauro, sono accessibili in
ricerca ed una serie di automatismi di rinvio ai valori facilita la formulazione delle
richieste. Attraverso la semplice alimentazione dei campi definibili nella base
si ottiene agevolmente l’aggiornamento automatico del contenuto della scheda
nell’interfaccia Web.
Alexandrie Web è altresì dotato di una serie di moduli complementari, i quali
permettono un’ottimizzazione delle funzionalità che, tramite server, vengono
messe a disposizione degli utenti connessi via rete intranet od internet. Così, un
modulo consente di stabilire un accesso illimitato specificando il numero di richieste
simultanee necessarie; un secondo introduce la nozione di dossier nella selezione
proposta agli utenti; un terzo rende possibile effettuare la catalogazione via Web,
dando modo all’utente di alimentare la base a partire da un browser. Altri moduli
ancora permettono di gestire l’amministrazione del profilo degli utenti e le attività di
consultazione ed interazione connesse con la funzionalità GED, nonché di attivare
le modalità di prenotazione, sempre tramite rete.
Alexandrie Web, infine, è dotato di funzioni statistiche in quanto strumento di
analisi delle consultazioni effettuate nel sito.
CD – Rom
Le ulteriori funzionalità di cui Alexandrie dispone riguardano in particolare il
modulo di sincronizzazione, che automatizza lo scambio tra le basi documentarie
ed assume una rilevante importanza nel caso in cui si operi in un contesto
interbibliotecario (o comunque in realtà operative che richiedono la contemporanea
gestione di più basi di dati), ed il generatore di CD-Rom.
Lo scambio di dati fra basi documentarie viene assicurato grazie all’intermediazione
di un amministratore incaricato di regolare le modalità della sincronizzazione: una
volta definite queste regole, l’aggiornamento viene realizzato automaticamente in
séguito all’invio di un file indirizzato a ciascun sito.
Per quanto invece si riferisce al generatore di CD-Rom, c’è da tener presente che
questo offre un accesso permanente a tutti i documenti disponibili; di più, consente
di scaricarli in maniera selettiva previa definizione degli opportuni criteri sul CD in
fase di costruzione. Conseguentemente, tramite la semplice lettura effettuabile da un
qualunque PC Windows o Mac, si ha la possibilità di consultare in maniera agevole
e guidata il contenuto di informazioni che si è provveduto a salvare su CD.
Navigando in rete, sceglieremo alcune esemplificazioni.
32
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Saverio Sodi
33
Saverio Sodi
34
Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Saverio Sodi
35
Saverio Sodi
36
Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Saverio Sodi
37
Saverio Sodi
38
Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Dossier
a cura di FERRUCCIO DIOZZI e ROSA SANNINO
Information management e ricerca scientifica:
coordinate per documentare l’aerospazio
Information management nel settore aerospaziale
Atti del seminario svoltosi al CIRA - Centro Italiano Ricerche Aerospaziali
Capua, 22 marzo 2002
Indice
Presentazione ............................................................................................................................................ 43
Sergio Vetrella, Presidente CIRA e ASI
Tradizioni consolidate e nuovi trend ........................................................................................... 45
Ferruccio Diozzi, Responsabile Centro Documentazione CIRA
Il ruolo del Centro Documentazione del CIRA .................................................................... 48
Ferruccio Diozzi, Rosa Sannino, Centro Documentazione CIRA
AIM-Eu: a study of aerospace information management in Europe
John Harrington, Emma Turner, Cranfield University
......................... 63
EINS-GEM e il servizio I2 plus –
La ricerca su banche dati professionali e siti web ................................................................. 69
Paola Manni, Gabriella Scipione, CINECA
Contenuti informativi: stato dell’arte delle tecnologie spaziali in Italia ................... 74
Simone Mingiacchi, Roberto Stalio, ASI
MAI MetaOPAC Azalai Italiano e MetaOPAC specializzati .......................................... 79
Paola Rossi, CILEA
Tavola rotonda ......................................................................................................................................... 83
Chair:
Rodolfo Monti, Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Interventi:
Ferruccio Diozzi, CIRA
John Harrington, Cranfield University
Roy Kitley, British Library
Paul Needham, Cranfield University
Mauro Russo, Alenia Aeronautica SpA
Roberto Stalio, ASI
Ennio Michele Tarantola, Università degli Studi “Roma Tre”
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
41
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
Presentazione
SERGIO VETRELLA
L’informazione è una risorsa strategica in tutte le attività di una moderna società
complessa: c’è bisogno di informazione per condurre attività produttive in senso lato,
industriali e di servizi; c’è bisogno di informazione nella formazione, di ogni ordine e
grado, nella ricerca e nello sviluppo; le informazioni devono essere gestite e diffuse da
una Pubblica Amministrazione che voglia essere realmente al servizio del cittadino;
occorrono informazioni nelle attività, in continuo sviluppo, del “Terzo Settore”.
Un esempio particolarmente importante di gestione delle informazioni di varia
natura è riscontrabile all’interno del settore aerospaziale nel quale, da decenni, sono attivi
servizi avanzati per la ricerca, la condivisione e la diffusione delle risorse informative.
Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e l’affermarsi di nuovi e più
efficaci modelli organizzativi dei servizi di informazione hanno visto il settore
aerospaziale all’avanguardia e, comunque, sempre tra i contesti più fermamente
determinati nel generare soluzioni adeguate alle esigenze di carattere scientifico,
tecnico e produttivo.
Sono nati così le prime grandi banche dati bibliografiche (basti pensare a quella
della NASA), servizi di disseminazione selettiva dell’informazione, accessi facilitati
ad archivi informativi di diverso genere. In questi ultimi anni, inoltre, si stanno
sviluppando metodologie e soluzioni per la realizzazione di digital library, in cui
contenuti informativi di differente tipologia (testi, dati tecnici e dati scientifici, modelli
di simulazione, documenti multimediali) diventano accessibili in maniera facilitata agli
utenti, privilegiando, significativamente, l’accesso rispetto al possesso dei documenti.
In una simile ottica il CIRA [Centro Italiano Ricerche Aerospaziali] - in cui è
attivo da anni un servizio di documentazione orientato prevalentemente, ma non
esclusivamente, alla ricerca nel settore - ospita molto volentieri questo seminario; in tale
spazio, infatti, prestigiose organizzazioni, come Cranfield University e British Library,
su mandato dell’ESA [Agenzia Spaziale Europea], presentano agli utenti italiani un
piano complessivo di riorganizzazione del management dell’informazione nel settore.
In ciò il CIRA segue la propria vocazione di centro di ricerca aerospaziale di
rilievo nazionale, agevolando ed anzi promuovendo l’incontro tra i gestori di grandi
“sorgenti” di informazione ed il pubblico specializzato italiano, di provenienza
accademica e di provenienza industriale.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
43
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
È una prima iniziativa che verrà accompagnata da altre in preparazione, come
il prototipo di metaopac di cataloghi di biblioteche specializzate che il Centro
Documentazione del CIRA sta proponendo ad un certo numero di biblioteche del
settore.
Pensiamo in tal modo di riuscire a far sì che non soltanto il CIRA e l’ASI [Agenzia
Spaziale Italiana], ma pure, più in generale, l’intera Comunità Aerospaziale Italiana
possano avvalersi sempre meglio e in maggior misura di servizi per la gestione
dell’informazione state of the art.
44
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
Tradizioni consolidate e nuovi trend
FERRUCCIO DIOZZI
Questo breve intervento introduce ai lavori del seminario Information management
nel settore aerospaziale sottolineando i punti di forza e di debolezza di tale settore, in
presenza dei cambiamenti determinati dalle tecnologie dell’informazione negli ultimi anni.
Vengono descritti gli approcci che guidano molti specialisti del settore e i primi risultati che
si possono attendere da un lavoro qual è quello svolto nell’àmbito dell’AIM-EU Study.
Parole chiave: Information management – Aerospazio – Accesso – Affidabilità
– Qualità
Il lavoro che il seminario Information management nel settore aerospaziale si propone
di svolgere si inserisce in una tradizione consolidata di gestione dell’informazione e
della documentazione, qual è quella presente da sempre nel settore aerospaziale, una
tradizione che sente oggi il bisogno di aggiornare molti dei propri approcci.
La necessità di rivedere i modelli di organizzazione che supportano fonti
d’informazione importantissime per gli utenti, come la banca dati NASA [National
Aeronautics and Space Administration] e tutti i servizi connessi, ha fatto sì che l’ESA,
l’Agenzia Spaziale Europea, richiedesse alle organizzazioni con cui era stata definita
una forma di collaborazione, vale a dire Cranfield University e British Library,
un’accurata indagine sugli “information needs”.
Ciò in funzione di un più efficace funzionamento del sistema di management
dell’informazione nel settore aerospaziale europeo, in cui - è importante ricordarlo il CINECA [Consorzio Interuniversitario per il Calcolo Automatico dell’Italia Nord
Orientale] di Bologna è diventato il centro di riferimento tecnologico.
Occorreva valutare il grado di soddisfazione degli utenti europei e verificare le
soluzioni che gli stessi utenti avevano individuato in casa propria, ridefinire i bisogni
d’informazione, vecchi e nuovi, e infine stabilire, tra questi, una lista di priorità.
Bisognava altresì evitare la creazione di ulteriori gap tra Europa e Stati Uniti.
Molti anni fa, l’ESA, proponendo un servizio di host computer che forniva ai
ricercatori del settore aerospaziale, e non solo a loro, l’accesso a centinaia tra le più
importanti banche dati professionali, aveva giocato un ruolo decisivo nel successo
dell’informazione in linea in Europa, aprendo nuove opportunità ad utenti e a
specialisti dell’informazione.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
45
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Il tumultuoso sviluppo delle tecnologie dell’informazione, già dall’inizio degli
anni Novanta, ha toccato direttamente anche l’aerospazio e i meccanismi di
diffusione dell’informazione in linea, sia con la “concorrenza” esercitata da Internet
e dal Web che con le nuove idee, velocemente sviluppatesi, di “informazione in rete”
prima, di “spazio digitale” poi.
Perciò Cranfield University, cui l’ESA ha affidato il design di un nuovo
management dell’informazione nel contesto europeo, sta svolgendo, in associazione
con la British Library, uno studio di rilevazione e di analisi dei bisogni degli utenti
europei (lo AIM-EU Study, appunto).
Un nucleo fondamentale di questo studio, visto il suo taglio immediatamente
applicativo, è la conoscenza diretta degli utenti attraverso interviste strutturate e veri
e propri brain storming, come quello svoltosi durante il seminario del CIRA.
L’output atteso è quindi la conoscenza della situazione delle utenze con particolare
riferimento ad alcune problematiche che proviamo ad elencare:
• la capacità che i sistemi di gestione dell’informazione, di qualsiasi natura
essi siano, dimostrano, sia dal punto di vista organizzativo che da quello
tecnologico, nel fornire risposte agli utenti nel minor tempo possibile;
• la garanzia che l’informazione fornita sia sempre la più aggiornata;
• la garanzia che questa stessa informazione sia affidabile e certificata;
• la valutazione, attraverso adeguati strumenti, di determinate fonti e tipologie
d’informazione, in modo tale che agli utenti possano essere rese disponibili
fonti in precedenza sottovalutate o, se del caso, possano essere eliminati servizi
poco utilizzati.
Analisi e rilevazione di questo tipo si incontrano naturalmente con problematiche
più generali, che oggi interessano tutti i sistemi di gestione dell’informazione, quale
che sia la tipologia dell’informazione trattata, e tutti i soggetti coinvolti, vale a
dire utenti, clienti ed intermediari (bibliotecari, documentalisti, altri specialisti
dell’informazione).
Nell’intero seminario, in tutti gli interventi, un forte interesse è rivolto
all’adeguatezza dei contenuti e al ruolo degli intermediari: ciò sia sul piano più
concreto e applicativo delle soluzioni proposte, sia in un’ottica più ampia, che si
allarga cioè a visioni generali dello sviluppo della società dell’informazione.
Se le energie impegnate dai partecipanti andranno a buon fine (tra queste, va
segnalato il ruolo che il CIRA intende assumere nei confronti della Comunità
46
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
Aerospaziale Italiana come punto di riferimento nazionale per la gestione e la
diffusione dell’informazione), nel medio periodo il settore aerospaziale, nella sua
componente europea, avrà un sistema informativo molto efficace; e ancora una volta
risulterà confermata la tradizione, dal momento che da queste esperienze verranno
risposte determinanti ad esigenze informative sempre più complesse.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
47
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Il ruolo del Centro Documentazione del CIRA
FERRUCCIO DIOZZI – ROSA SANNINO
L’intervento descrive la fisionomia e le attività del Centro Documentazione del CIRA.
Si esaminano anzitutto gli aspetti di gestione dell’informazione in senso lato che il Centro
Documentazione svolge sia per il CIRA che, più in generale, per tutta la Comunità
Aerospaziale Italiana. Vengono spiegate poi le caratteristiche principali dell’unità e dei
servizi attivi, dal punto di vista organizzativo, biblioteconomico e tecnologico. Quindi
s’illustrano le competenze professionali presenti. Sono, infine, tracciate le future linee di
sviluppo del servizio.
Parole chiave: Informazione – Documentazione – Information management
– Servizi – Aerospazio
Premessa
Il CIRA, Centro Italiano Ricerche Aerospaziali, è il centro nazionale di ricerca
operante nel settore aerospaziale.
L’idea di costituire una specifica struttura di ricerca e sviluppo operante
nell’àmbito del settore aerospaziale risale a molto tempo fa: solo negli anni Ottanta
però, il 9 luglio 1984, venne costituita la società consortile per azioni CIRA, in cui
erano rappresentate tutte le principali aziende aerospaziali italiane e, attraverso il
Consorzio ASI di Caserta, la Regione Campania.
Gli scopi del CIRA erano i seguenti:
• realizzare le infrastrutture indispensabili per attività di sperimentazione;
• avviare attività di ricerca applicata;
• effettuare attività di formazione;
• promuovere attività di trasferimento tecnologico e di diffusione delle
informazioni.
Dopo un avvio non privo di difficoltà il CIRA è oggi una società a maggioranza
pubblica. Lo Stato, attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) ed il Consiglio
Nazionale delle Ricerche (CNR), detiene infatti la maggioranza del capitale sociale,
mentre continuano a partecipare alla società la Regione Campania e le principali
Aziende Aerospaziali Italiane.
Lo Stato ha affidato al CIRA il cómpito di definire e di realizzare il Programma
Nazionale di Ricerche Aerospaziali (PRORA), che è stato elaborato in coerenza con
48
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
il Piano Nazionale di Ricerca (PNR), con il Piano Spaziale Nazionale (PSN) e con
le esigenze espresse dal mondo dell’industria e della ricerca, tenendo conto delle
prospettive dei settori aeronautico e spaziale nel contesto internazionale.
Il PRO.R.A. prevede:
• lo svolgimento di attività di ricerca, di sperimentazione, di produzione e di
scambio di informazioni, di formazione del personale nei settori aeronautico
e spaziale, da realizzarsi anche attraverso la partecipazione a programmi di
ricerca europei ed internazionali;
• la realizzazione e la gestione di opere ed impianti funzionali a tali attività.
Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) esercita un
controllo sulle attività del CIRA attraverso una Commissione di Monitoraggio del
PRORA, cui è affidato altresì il cómpito di formulare osservazioni e proposte per gli
aggiornamenti del programma.
Coerentemente con la missione che gli è stata affidata, il CIRA si è dato gli
obiettivi di:
• diventare un centro d’eccellenza nelle discipline aeronautiche e spaziali con
capacità sia teoriche che sperimentali;
• promuovere la formazione e la conoscenza nel settore aerospaziale;
• acquisire e trasferire know-how per il miglioramento della competitività delle
imprese esistenti e per la nascita di nuove.
Funzionali a tali obiettivi sono le seguenti azioni:
• sviluppare progetti di ricerca a medio-lungo termine in sinergia con la
comunità scientifica ed imprenditoriale;
• partecipare ai progetti di ricerca in collaborazione con le principali istituzioni
di ricerca internazionali;
• sviluppare capacità di modellistica, simulazione e sperimentazione sia al
suolo che in volo, attraverso l’acquisizione e lo sviluppo di dimostratori
tecnologici;
• attivare collaborazioni con gli altri centri di ricerca nazionali ed internazionali
al fine di favorire sinergie e complementarità con mezzi di prova o laboratori
già esistenti e strategici;
• utilizzare le proprie competenze, i laboratori di terra e quelli volanti, per
offrire alla comunità aerospaziale internazionale capacità di sperimentazione,
certificazione e ricerca;
• impiegare esperti nazionali ed internazionali.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
49
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Il Centro Documentazione del CIRA
Questa descrizione del CIRA, breve e inevitabilmente schematica, è funzionale ad
inquadrare un servizio qual è il Centro Documentazione.
Il servizio si inserisce nel contesto della cosiddetta “società dell’informazione”,
in cui aziende hi tech e business community hanno sempre più bisogno di servizi
d’informazione, i quali, coniugando sviluppo tecnologico e metodologie di gestione
innovative, riescano a raggiungere la massima efficacia.
Il CIRA, come centro di ricerca di interesse nazionale, sin dall’inizio delle sue
attività ha operato una scelta strategica: quella di dotarsi di un servizio interno
specializzato, in grado di gestire, nel senso più largo del termine, informazione e
documentazione.
Tale ruolo è stato caratterizzato da due elementi di grande rilevanza:
• supportare tutta la Comunità Aerospaziale Italiana, effettuando specifiche
attività nel campo dell’information management;
• rappresentare la stessa in àmbito europeo ed internazionale, divenendo il focal
point italiano per la gestione dell’informazione nel settore.
Negli anni passati sono state realizzate diverse esperienze in tal senso, che hanno
dato luogo a significative forme di partnership.
Il nuovo assetto istituzionale del CIRA rafforza questa prospettiva, anche in
direzione di accordi di collaborazione con agenzie ed enti pubblici di ricerca,
università ed imprese del settore.
Le caratteristiche del servizio
Il Centro Documentazione è un’unità di staff che, rispondendo direttamente
all’Alta Direzione, svolge la seguente missione:
• garantire la ricerca, il recupero, la diffusione delle risorse informative e
documentarie di molteplice natura, necessarie a tutti i settori ed a tutte le
attività della Società;
• garantire la definizione e l’aggiornamento di metodologie specifiche state of
the art nella gestione dell’informazione.
I cómpiti del servizio possono essere così dettagliatamente descritti:
• assicurare un servizio di Reference (consulenza informativa), svolto attraverso
il reperimento, la gestione, il trattamento e la diffusione dell’informazione di
varia tipologia (bibliografica, documentaria, etc.);
• gestire gli archivi aziendali e la documentazione interna attraverso procedure
50
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
e strumenti tecnologici specifici (document management, etc.);
• assicurare la coerenza di dati, documenti ed informazioni attraverso la
definizione di processi strutturati, l’emissione di procedure che regolino la
gestione della documentazione;
• svolgere un ruolo di provider di servizi informativi (ricerche d’informazione
specializzata, complemento ad attività di trasferimento tecnologico, etc.) per
utenti esterni appartenenti alla Comunità Aerospaziale;
• curare le relazioni con analoghe strutture, con realtà universitarie e di ricerca,
nonché con associazioni professionali specifiche per la condivisione e lo
sviluppo di metodologie di gestione dell’informazione e documentazione;
• assicurare la formazione e l’aggiornamento del personale specialistico operante
nel servizio e la user education degli utenti;
• assicurare la formulazione del budget-piano del Servizio.
Nel corso di un impegno ormai più che decennale, sono stati realizzati e sviluppati
un certo numero di servizi che vengono esaminati qui di séguito.
Servizi di Reference
Il servizio di Reference è il punto di riferimento per i bisogni d’informazione
dell’utenza interna e ha svolto attività per utenti o clienti esterni.
L’obiettivo del servizio è, innanzitutto, quello di garantire rapidità ed accuratezza
nella ricerca dell’informazione, attraverso una mediazione dello specialista
particolarmente incisiva.
Comprende una biblioteca tecnico-scientifica dotata di una collezione di
monografie, di periodici e di letteratura grigia. La biblioteca, gestita dal sw ALEPH
330, è consultabile al sito CIRA (<www.cira.it>, sezione Centro Documentazione).
La consultazione di banche dati professionali consente il reperimento di
informazioni e di documenti di diverso tipo. Sono attive connessioni con i maggiori
host computer internazionali, in particolare con EINS e con DIALOG/Datastar.
Sulla base dei bisogni informativi degli utenti il servizio produce, inoltre, analisi e
trattamento dell’informazione reperita, preparando, in alcuni casi, specifici rapporti,
dossier e profili specializzati.
Attività per utenti esterni
Il Centro Documentazione offre ad utenti esterni una pluralità di servizi: ricerca e
reperimento di dati e documenti; preparazione di studi, dossier e profili specializzati;
realizzazione di sistemi di gestione della documentazione.
Oltre a ciò, sono state significative - e lo sono tuttora - le attività di formazione,
di docenza e di consulenza nelle tematiche dell’Information Science, che il servizio o i
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
51
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
singoli specialisti sono stati chiamati ad erogare in questi anni.
Ai clienti, a volte anche non appartenenti al settore aerospaziale, sono stati offerti
molteplici servizi:
• ricerche bibliografiche;
• ricerca e recupero di documenti originali;
• ricerca di specifiche serie di dati;
• consulenza su forme di organizzazione dei servizi di documentazione;
• redazione di dossier informativi o di studi di mercato.
Sistema di Gestione della Documentazione (SGD)
Il sistema assicura la gestione elettronica della documentazione interna e ha
affiancato l’archivio tradizionale (Central File).
Di séguito, si propone una breve descrizione delle logiche e delle tecnologie che
lo supportano.
Obiettivi
I principali obiettivi dell’SGD possono essere così sintetizzati:
• organizzazione, archiviazione e gestione della documentazione in forma
automatizzata tramite un dbms;
• ricerca sui metadati e sul corpo completo dei documenti;
• accesso ai documenti da parte degli utenti CIRA, segmentati in profili
differenziati;
• sicurezza nell’accesso ai documenti.
Caratteristiche generali
Il sistema consente la gestione della documentazione scientifica, tecnica e
gestionale emessa dal CIRA e dai suoi fornitori e viene integrato o specializzato, in
specifici progetti, con modalità particolari, a cura dei gruppi di progetto di concerto
con il Centro Documentazione.
Funzionalità
Le funzionalità di base del sistema sono:
• Indicizzazione con la creazione di indici anagrafici: associazione ai documenti
in archiviazione dei metadati corrispondenti
• Indicizzazione full text
• Archiviazione: registrazione in archivio dei documenti e dei metadati. I
documenti sono raggruppati in entità logiche, o folder; ogni folder può
suddividersi in sotto-folder
• Visualizzazione e stampa dei documenti
52
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
• Ricerca sul testo dei documenti
• Gestione degli accessi: garantisce l’accessibilità ai documenti e relativi dati,
attraverso la definizione di utenti e/o gruppi di lavoro e la gestione dei diversi
tipi di privilegi
• Modifica Documenti: la modalità permette, a fronte dell’operazione di
ricerca e visualizzazione, ed in possesso del relativo privilegio, di accedere
all’interfaccia di modifica degli attributi di un documento del sistema
• Cancellazione Documenti: la modalità permette, a fronte dell’operazione di
ricerca e visualizzazione, ed in possesso del relativo privilegio, di effettuare la
cancellazione fisica di un documento dal sistema.
Architettura del Sistema
È stato realizzato un sistema Intranet basato sul prodotto NovaManage
caratterizzato da un’architettura Client/Server e Web, aperta ed indipendente dalla
piattaforma HW/SW.
NovaManage è un tool di document management che consente di organizzare i
diversi tipi di documenti (tecnici, scientifici, amministrativi) in archivi consultabili
e aggiornabili; di collegare i documenti a procedure che ne regolano il ciclo di vita
(workflow); di ricercare i documenti in diverse modalità.
Oracle è il database del prodotto per la memorizzazione dei dati caratteristici
dei documenti (chiavi ed attributi). I documenti in archivio sono associati ad indici
anagrafici che sono compilati in fase di registrazione.
Per effettuare ricerche per argomenti di varia tipologia, NovaManage utilizza
l’ambiente di full text retrieval ‘Search ’97 Information Server’ di Verity.
Webtacle offre l’accesso al Sistema attraverso browser come Microsoft Internet
Explorer o Netscape; supporta le funzioni di controllo accesso, password e privilegi
attraverso le configurazioni presenti sul Sistema NovaManage; permette di ricercare
documenti tramite maschere in formato HTML e di visualizzare i file relativi.
Classi d’utenza
Le Classi d’utenza previste dal Sistema sono elencate in tabella:
Classi d’utenza
Novadba
Docadmin
Descrizione
Amministratore del Sistema NovaManage. Ha il cómpito
di definire gli utenti e gruppi d’utenti, definire i privilegi
d’accesso sui folder del Sistema, caricare ed aggiornare le
tabelle di servizio.
Amministratore del WebServer
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
53
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Admin
Utente privilegiato
Utente Cira
Amministratore del browser Search ’97. Ha il cómpito di
definire e configurare i task d’indicizzazione dei documenti.
Utente abilitato all’inserimento, cancellazione dei documenti
e alla modifica dei metadati (su cui ha diritto d’accesso) dal
Sistema
Utente che può assegnare l’identificativo al documento,
ricercare e visualizzare e stampare documenti in archivio o
ricercare e visualizzare dati di documenti assegnati.
Stazioni di lavoro
Stazioni di acquisizione
Le stazioni di lavoro di acquisizione via Intranet accedono a Novamanage e con
script htmli di Webtacle inseriscono dati (documenti) e metadati (chiavi ed attributi
significativi dei documenti).
Stazioni di assegnazione, ricerca e visualizzazione
Le stazioni di lavoro di ricerca e visualizzazione possono utilizzare i browser più
comunemente usati, accedendo all’homepage dell’SGD attraverso firma di user e
password.
La ricerca dei documenti può essere fatta o sugli indici anagrafici associati ai
documenti mediante filtri (identificativo, autore, data, etc.) o sull’intero testo dei
documenti attraverso specifiche parole o frasi inserite nella maschera di ricerca.
I risultati delle ricerche sono visualizzati in liste che raggruppano i documenti in
ordine di rilevanza. La visualizzazione avviene selezionando nella lista il documento
desiderato.
Manutenzione evolutiva e prevedibili sviluppi
Naturalmente viene svolta un’attività di manutenzione che comprende:
• implementazione di nuove funzionalità;
• eliminazione di funzionalità già implementate e resesi obsolete;
• personalizzazioni ulteriori in funzione delle necessità organizzative, di progetti
e di funzioni.
Tutto ciò tenendo presente la natura fortemente dinamica del ciclo di vita della
documentazione in ambienti quali il CIRA.
Una prevedibile evoluzione del sistema va individuata in una relazione sempre
più stretta tra la gestione della documentazione e i flussi di attività
Sono possibili, inoltre, sviluppi in campo più specificamente scientifico, quali
la progettazione e la realizzazione di database della documentazione scientifica
consultabili anche dagli utenti esterni.
54
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
Controllo della configurazione
È l’attività che assicura la coerenza di dati, documenti e informazioni attraverso
processi strutturati e l’emissione di procedure che regolino la gestione della
documentazione aziendale e lo svolgimento di precisi audit.
Le risorse professionali
Per poter assicurare adeguate performance dei servizi, il Centro Documentazione
ha sempre tenuto costantemente presente la crescita delle professionalità interne.
Allo stato sono attive le figure professionali nel séguito descritte.
Coordinatore del servizio
È il responsabile del servizio che assicura le seguenti attività:
1. coordinamento delle attività, progettazione e sviluppo di nuovi servizi,
gestione delle risorse (umane, finanziarie, tecnologiche);
2. predisposizione di piani di attività del settore, anche sviluppando progetti a
termine;
3. interfacciamento con l’Alta Direzione nella proposizione di politiche
specifiche per la gestione dell’informazione e della documentazione;
4. preparazione dei dati di budget, controllo delle attività, analisi degli
scostamenti, predisposizione di elementi correttivi;
5. conoscenza dello stato dell’arte delle discipline di riferimento del settore;
6. conoscenza dei bisogni d’informazione della comunità aerospaziale e di altri
àmbiti high tech;
7. pianificazione di adeguati interventi formativi dei collaboratori al fine del
mantenimento delle capacità tecniche;
8. partecipazione, in posizione rilevante, ad àmbiti tecnico-scientifici propri del
settore.
Come appare evidente in un’unità di piccole dimensioni, per quel che riguarda il
numero degli specialisti coinvolti, è cómpito del responsabile assicurare una costante
ed armonica presenza di capacità gestionali in senso lato, tali da garantire all’Alta
Direzione che il servizio svolga le sue attività con la migliore efficienza/efficacia
possibile; dal punto di vista dello specialismo, deve essere altresì garantita una
continua ed aggiornata capacità di conoscenza e di ampia familiarità con approcci,
metodologie e tecnologie avanzati, nonché un’ottima conoscenza del mercato
dell’informazione.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
55
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Documentalista senior
È il responsabile delle attività di reference che assicura:
1. gestione della risorsa informazione supportata dalla conoscenza delle
metodologie di lavoro e delle esperienze più avanzate;
2. analisi periodica delle attività del Centro, allo scopo di conoscere sempre
meglio le esigenze degli utenti di varia tipologia, in ogni settore di attività
(ricerca, staff );
3. reperimento dell’informazione, svolto attraverso le diverse fonti di
informazione (tecnico-scientifiche, economiche, normative), ed in particolare
mediante:
• banche dati professionali
• banche dati di pubblico dominio e siti Internet
• banche dati su altri supporti (CD-Rom, DVD);
4. acquisizione dei documenti, vale a dire scelta dei fornitori più efficaci, con
valutazione dei costi e della qualità del servizio;
5. gestione della biblioteca con la cura delle personalizzazioni del sw Aleph 330
ed il trattamento catalografico dei documenti;
6. analisi e diffusione dell’informazione, e cioè preparazione di profili
d’informazione personalizzati per utenti assai diversificati;
7. user education; ciò implica la promozione della conoscenza degli strumenti
di servizio, resi disponibili dal Centro Documentazione, come pure la
segnalazione agli utenti di fonti e di servizi su cui possano procedere
direttamente;
8. attività di vendita di servizi d’informazione (profili d’informazione, attività di
formazione nell’àmbito documentalistico) ad aziende aerospaziali, ad aziende
di altri settori, ad enti pubblici e privati;
9. progettazione e realizzazione di nuovi strumenti, metodologici e tecnologici,
vòlti al miglioramento dei servizi del Centro Documentazione.
In questo caso la figura professionale presente deve misurarsi, giorno per giorno,
con un’utenza estremamente sofisticata, esigente e differenziata.
Ricercatori, tecnologi ed altre professionalità ricorrono alle attività di Reference per
essere supportati nella maniera più efficace. È frequente il caso in cui, in particolare
nelle attività di ricerca, si punta a definire lo stato dell’arte di una disciplina, di un
metodo, di una tecnologia.
Il documentalista/specialista dell’informazione deve saper dominare la
complessità degli information need, attribuendo le risposte più pertinenti, indicando
fonti e metodi alternativi realizzati dal proprio servizio.
Un ruolo cruciale viene assunto, in questo caso, dalle capacità di comunicazione
56
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
con il proprio pubblico, le quali si esprimono compiutamente in tutte le attività di
user education.
Queste ultime, se adeguatamente condotte, non solo coinvolgono gli utenti
nella problematica della ricerca dell’informazione, ma consentono allo specialista di
risparmiare il proprio tempo in modo che questi possa dedicarsi alla risoluzione dei
casi più complessi ed articolati.
System Administrator Senior
È il responsabile delle attività di document management che assicura:
1. sviluppo delle tecnologie e cura dei sistemi per la gestione dell’informazione;
2. raccolta ed analisi dei requisiti utente per la definizione e le ulteriori
personalizzazioni del sistema di gestione della documentazione;
3. cura del controllo logico e fisico dei dati dello stesso sistema;
4. user education nei confronti dell’utenza;
5. interfacciamento tecnico e gestionale con i fornitori delle tecnologie e/o con
specialisti di sviluppo sw interni, per le personalizzazioni proprie del sistema;
6. monitoraggio dell’avanzamento delle tecnologie e dell’offerta di mercato
nell’àmbito dei sistemi di document management;
7. progettazione e realizzazione di nuovi servizi finalizzati alla diffusione ed alla
valorizzazione dell’informazione.
La figura del System Administrator Senior racchiude in sé molteplici aspetti:
da un lato, è un conoscitore ed un utilizzatore di tecnologie che può intervenire,
in prima persona, per garantire un corretto ed efficace funzionamento del Sistema;
dall’altro, è un uomo di organizzazione, e come tale deve conoscere perfettamente la
visione che il Centro ha della gestione della documentazione tecnico-scientifica.
Specialista della diffusione dell’informazione
Una risorsa, che in precedenza aveva svolto una funzione di semplice supporto
alle attività di Reference e di gestione della documentazione, sta conoscendo una
significativa evoluzione professionale: si sta, cioè, gradualmente configurando un
profilo autonomo, dotato di un proprio incisivo ruolo nelle attività - di cui si dirà più
avanti - di diffusione dell’informazione, sia attraverso l’utilizzo di tecnologie avanzate
sia grazie a raccordi logici e procedurali con le altre realtà CIRA.
Ulteriori linee di sviluppo
Prima di descrivere le ulteriori direttrici di sviluppo delle attività del Centro
Documentazione, sono opportune alcune considerazioni generali, legate al nuovo slancio
che da qualche anno caratterizza la vita del CIRA e che permette di ragionare, anche nelle
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
57
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
attività di gestione dell’informazione e della documentazione, in termini di:
• realizzazioni funzionali ai bisogni di tutta la comunità aerospaziale italiana;
• maggiore valorizzazione delle attività attraverso strumenti informativi mirati;
• necessità crescente di affrontare, in un’unità organizzativa di dimensioni
limitate, il moltiplicarsi degli impegni attraverso metodologie e pratiche di
user education.
Diffusione dell’informazione
Lo scopo è quello di diffondere, attraverso mezzi adeguati, attività e risultati di
attività CIRA.
Tale necessità è nata nel momento in cui l’Alta Direzione ha sentito il bisogno
di affiancare, ad un’intensa opera di promozione dell’immagine del CIRA, che in
passato era stata nettamente sottovalutata, la diffusione interna dell’informazione.
Com’è noto, il CIRA è una realtà complessa in cui, accanto agli scientist, operano
professionalità assai diversificate; le stesse linee disciplinari ed i laboratori, attraverso cui
il Centro è attualmente attivo, hanno la crescente necessità di colloquiare e di conoscersi
reciprocamente; last but not least, il CIRA si estende su di un’area di 160 ettari e
numerosi laboratori e impianti di ricerca sono notevolmente distanti l’uno dall’altro.
Per tutte queste ragioni, si è ritenuto di dover implementare un sistema di bulletin board
che, efficacemente gestito da una “cabina di regia”, assolvesse i seguenti cómpiti:
• fornire informazioni al personale CIRA ed ai sempre più numerosi ospiti esterni
sulle attività del Centro, sul settore aerospaziale, italiano ed internazionale;
• fornire informazioni sulle attività CIRA, sul settore aerospaziale, italiano ed
internazionale, ad ospiti di varia tipologia (partner scientifici, partner tecnici,
università, scuole, etc.).
È stato dunque sviluppato un sistema di diffusione dell’informazione attraverso
monitor al plasma, con una soluzione software che è ora in fase di installazione e di
primo avviamento.
Il successo dell’iniziativa potrà consentire di espandere modularmente il sistema
stesso, nel sito CIRA ed in tutta una serie di siti della Comunità Aerospaziale Italiana,
per creare una sorta di “canale interno” per il settore.
MetaOpac di biblioteche nel settore aerospaziale
In collaborazione con MAI-CILEA, è stato realizzato il primo MetaOPAC
italiano specializzato del settore aerospaziale.
L’applicazione, consultabile dalla pagina <http://azalai.cilea.it/metaopac/
aerospaziale.htm>, è un prototipo che dà la possibilità di interrogare, in modalità
OPAC, le seguenti sei biblioteche:
58
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
•
•
•
•
•
Centro Italiano Ricerche Aerospaziali (CIRA)
Politecnico di Milano. Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale
Università di Roma “La Sapienza”. Facoltà di Ingegneria Aerospaziale
Politecnico di Torino. Dipartimento di Ingegneria Aeronautica e Spaziale
Università di Bologna. Corso di studi in Ingegneria Aerospaziale della sede di
Forlì
• Università “Roma Tre”. Coordinamento delle Biblioteche di Area ScientificoTecnologica
Al progetto hanno aderito altre sei biblioteche che saranno operative nei prossimi mesi:
• Seconda Università di Napoli. Dipartimento di Ingegneria aerospaziale di
Aversa
• Università degli Studi di Pisa. Dipartimento di Ingegneria aerospaziale
• Università di Palermo. Dipartimento di Meccanica aeronautica
• Università di Napoli “Federico II”. Dipartimento di Scienza e Ingegneria
dello Spazio “L.G. Napolitano”
• Università di Napoli “Federico II”. Dipartimento di Energetica e
Termofluidodinamica
• Università di Napoli “Federico II”. Dipartimento di Progettazione
Aeronautica
La release definitiva è prevista per l’ottobre prossimo. Il MetaOPAC è
naturalmente un sistema aperto e sarà presumibilmente incrementato il numero di
biblioteche aderenti nel prossimo futuro.
A tal fine, compatibilmente con le esigenze del servizio interno, lo specialista
dell’informazione del Centro Documentazione entrerà a far parte della Redazione
degli OPAC italiani.
User education
Come è stato già accennato in precedenza, il moltiplicarsi delle attività e delle
richieste d’informazione rende fondamentale, per un servizio di documentazione,
saper orientare gli utenti. Occorre trasferire loro una serie di strumenti e di
metodologie che li rendano autonomi su determinate ricerche d’informazione.
Anche al CIRA tale esigenza è stata fortemente avvertita, in special modo su
alcuni versanti:
• utilizzo di tutte le feature offerte dai sistemi di gestione adottati (biblioteca,
documentazione interna);
• analisi e selezione dell’offerta d’informazione con specifico riferimento a
quella disponibile in rete;
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
59
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
• capacità di valutazione del grado di affidabilità delle informazioni reperite;
• particolare attenzione, in tutti gli ulteriori sviluppi, da parte degli strumenti
per la gestione dell’informazione, sugli aspetti che accrescano l’autonomia
dell’utente.
Attività editoriali
Le attività editoriali hanno sempre rivestito un ruolo primario nella vita delle
organizzazioni tecnico-scientifiche, come elemento fondamentale delle politiche di
valorizzazione e di diffusione delle informazioni sul lavoro svolto.
Spesso la responsabilità di tali attività ricade o è comunque vicina ai servizi di
documentazione.
Il caso del CIRA presenta una sua particolarità: qui il responsabile del Centro
Documentazione è il rappresentante CIRA nell’editorial board della rivista “Aerospace
Science and Technology”.
La rivista, nata nel 1997 grazie ad un accordo tra ONERA e DLR dalla fusione
de “La Recherche Aerospatiale” e dello “Zeitschrift für Flugwissenschaften und
Weltraumforschung”, è diventata de facto la rivista scientifica dei centri di ricerca
aeronautici europei.
La funzione del responsabile del Centro Documentazione è quella di realizzare
un’incisiva presenza CIRA nella rivista. Ciò a partire dalla conoscenza e dal controllo
diretto che egli ha, in termini di archiviazione, della produzione scientifica del Centro,
proprio in quanto responsabile del sistema di gestione della documentazione.
Prospettive dell’information management
Sulla base delle attività consolidate e dei risultati ottenuti, il Centro
Documentazione del CIRA sta preparandosi ad affrontare impegni sempre più
complessi e articolati.
Il dato comune con quanto è stato realizzato nel più recente passato è quello di
misurarsi con le necessità che il settore aerospaziale, ricco di opportunità ma pure
tutt’altro che facile e lineare, dimostra di avere nella richiesta d’informazione e nelle
conseguenti attività di information management.
È prevedibile che le attività del Centro Documentazione si sviluppino secondo
due direttrici principali.
Bisogni informativi degli utenti: gli utenti di elezione del servizio appartengono ed
apparterranno, prevalentemente ma non esclusivamente, alla comunità aerospaziale
italiana. Per costoro occorre sviluppare un’analisi dei bisogni inespressi e avanzare
proposte e soluzioni.
60
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
Gestione dell’informazione: saranno affrontate problematiche riguardanti:
• accesso
• diffusione
• scambio
• valorizzazione delle informazioni.
Bisogni informativi degli utenti
Già in passato ci si è sempre preoccupati che le attività svolte dal Centro
Documentazione per la Comunità Aerospaziale Italiana fossero fondate su un
monitoraggio costante degli utenti, reali e potenziali. Quest’attività sarà confermata
ed ampliata in futuro.
Il Centro Documentazione punterà ad identificare al meglio le tipologie
informative (tecnico-scientifica, di mercato, normativa, etc.) ed il grado d’interesse
per ciascuna classe di utenti.
Tale impegno, funzionale al miglioramento dei servizi resi dal Centro
Documentazione, contribuirà prevedibilmente a migliorare l’interscambio tra settori
diversi della Comunità, in particolare tra le università da un lato e le imprese dall’altro.
Gestione dell’informazione
La gestione dell’informazione nel settore presenta una molteplicità di aspetti. Si
proporranno quindi, in conclusione, alcuni esempi.
Banche dati professionali
L’aggiornamento costante dei contenuti offerti da questi strumenti è essenziale. Vi
sono questioni tuttora aperte tra NASA, British Library ed altri partner internazionali,
che impediscono l’aggiornamento del file NASA, ormai fermo al 1999.
È inoltre indispensabile garantire l’efficacia delle interfacce web ed un elevato
livello nei servizi tipo ordering on line.
Risorse informative di rete
Un uso “non ingenuo” delle risorse informative di rete deve prevedere forme
strutturate di utilizzo di tali risorse, come, ad esempio, quella realizzata con la
costruzione da parte del CIRA del MetaOpac Aerospaziale o con la partecipazione al
Catalogo ACNP (Catalogo Italiano dei Periodici).
Tecnologie e tool
Lo sviluppo delle tecnologie ha fatto moltiplicare i tool di gestione
dell’informazione e della documentazione.
Tra questi, occorre puntare l’attenzione su quelli che permettono l’accesso alle
informazioni nella maniera più efficace o, su altri versanti, a quelli che consentono
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
61
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
allo specialista dell’informazione di gestire o di partecipare alla gestione di altre
attività (valorizzazione delle informazioni, education, entertainment, etc.)
Conclusioni
Sebbene siano state condotte molteplici azioni per il miglioramento della gestione
dell’informazione, molto resta ancora da fare.
Bisogna stabilire collegamenti tra settori diversi della Comunità Aerospaziale
- quali imprese, enti di ricerca ed università, enti di certificazione - ed agevolare la
diffusione delle informazioni prodotte da organizzazioni di varia natura (di ricerca
ed industriali).
Un target di medio periodo può essere considerato quello della creazione di uno
“Spazio digitale” per la Comunità Aerospaziale Italiana ed Europea, sviluppando
programmi di accesso alle risorse informative.
A questo proposito è utile confrontare quanto si sta realizzando negli USA con il
Programma Digital Libraries Initiative III, cui partecipano grandi enti ed agenzie di
ricerca, quali National Science Foundation, NASA, Library of Congress.
Appunto di tali questioni si comincerà a discutere nel prossimo mese di settembre
in ESA, in un open forum, collegato all’European Conference on Digital Libraries di
Roma, dedicato alle tematiche proprie delle applicazioni digitali per la Comunità
Aerospaziale.
62
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
AIM-Eu: a study of aerospace information management in Europe
JOHN HARRINGTON - EMMA TURNER
Un team di specialisti dell’informazione che lavorano all’Information and Library
Service dell’Università di Cranfield sta conducendo uno studio sull’information
management nel settore aerospaziale su incarico dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA)
e della British Library. Quest’intervento riporta una sintesi dello studio, dei suoi scopi ed
obiettivi e descrive le metodologie impiegate. Il sito <http://www.cranfield.ac.uk/aimeu>, aggiornato regolarmente, riporta ulteriori informazioni.
Parole chiave: AIM-EU study – Information management – Aerospazio
Context of AIM-Eu [Aerospace Information Management Europe]
This study is intended to assist ESA in formulating its future information
management policy. In order to understand why this was deemed necessary, it is
necessary to briefly review the history of ESA’s involvement in information exchange
since the early 60s. In 1964, at the request of its Member States, ELDO, (the
European Launcher Development Organisation), the forerunner of (ESA), signed
an Exchange of Information agreement with NASA which permitted ELDO to
make the NASA database available online. ELDO set up the Space Documentation
System, (SDS), one of the first European online services, specifically to ensure that
aerospace scientific and technical literature (STI) was available to the aerospace
industries within the Member States. As ELDO became ESA, the SDS service was
renamed ESA IRS (Information Retrieval Service).
In 1972 the NASA database was made available online to customers in Europe.
Access was limited to those organisations willing to input their material to NASA for
inclusion in the database. NASA was not interested in getting royalties or making a
commercial profit from the NASA database. Rather, NASA wanted to ensure that
it built the world’s most comprehensive database in space and aeronautical science.
The database was underpinned by a series of bi- and tri-partite agreements which
allowed aerospace organisations to deal directly with NASA or through ESA, who
processed the material for NASA. Only material which was normally less than two
years old and fell within NASA’s subject scope was included. This process ensured
that the NASA database became the definitive source for unlimited distribution
aerospace STI literature.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
63
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
The database continued in this form until the mid 80s when financial constraints
forced NASA to review its Scientific and Technical Information Program.
Consequently the NASA database was redefined to reflect and match more closely
the needs and interests of NASA’s current programmes. This led to an effective
narrowing of the scope of the database. Consequently much of the material being
supplied by Europe was no longer included in the database.
Over the next few years the scope and content of the database continued to shift
according to NASA’s priorities. This caused concern within Europe and a consequent
request for ESA to establish a European Aerospace Database (EAD) which would
more effectively reflect the needs of the European aerospace industry. This was
hosted on the ESA-IRS service which also provided access to a wide range of related
science, technology and business database.
However, in 1992 cutbacks in the ESA budget led to a decision to close down
ESA-IRS. Access to many of the databases which had been available from ESA-IRS
was preserved by the creation of the European Information Network Service (EINS),
led by the British Library, Cobidoc and CINECA. Although EINS was successfully
established by 1996, ESA, as part of the process of closing down IRS, inadvertently
cancelled the exchange of information agreement with NASA which had guaranteed
Europe continued access to the NASA database.
The version of the NASA database presently available through EINS has not in
fact been updated since 1999. Moreover, 180,000 records which largely describe
European-produced reports had to be removed from the database at the request of
NASA. This affected reports produced by third party organisations which since the
cancellation of the exchange agreement NASA no longer felt that it had the right
to provide access to. This has effectively denied the European aerospace industry an
important “shop window” for its expertise and competencies and ironically, European
organisations can no longer access their own research through this database.
A fresh look at information sharing and exchange
At first sight it might have appeared to be a relatively straightforward task for
ESA to address these concerns by reinstating the cancelled agreement with NASA.
However, the Agency is unable to make policy decisions of this nature without being
requested to by its Member States.
64
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
It could also be argued that the method of exchange enshrined by the agreement
was long overdue for a thorough review for a number of reasons:
• Some organisations may have continued to exchange documents without a
clear understanding of the rationale or context for this activity.
• The physical exchange of documents had become expensive and inefficient,
involving distribution costs for the information provider, and processing and
storage costs which the Agency could not easily justify.
• The emergence of new Web technologies has transformed information access
and retrieval to such an extent that it is imperative that new models for
sharing and exchange should be investigated.
It was against this background that in March 2000 the Agency produced a
request for quotation for a study that would provide a comprehensive review of
the way that aerospace STI is managed, used and disseminated in the European
aerospace industry. The AIM-Eu study was developed in response.
Aims and objectives of AIM-Eu
The specific objectives of AIM-Eu are:
• To consider and properly understand the information needs and information
seeking behaviour of aerospace STI users in Europe.
• To assess ways of promoting and facilitating information sharing and exchange
amongst STI producers and consumers.
• To investigate strategies for increasing the visibility and user awareness of
aerospace STI resources.
• To consider ways of enhancing access to aerospace STI resources through a
distributed system (which does not require the provision of financial support
from ESA).
• To investigate and make recommendations concerning the appropriate
management and regulation of a distributed system for shared access to
aerospace STI.
• To examine the future role and contribution of organisations and other bodies
currently involved in the provision of access to aerospace STI and, in particular,
to assess the potential for using ESA’s existing National Aerospace Centres
(NACs) as the focal point of a distributed system for aerospace STI exchange.
• To examine the importance of the NASA STI database to the European
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
65
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
aerospace community, both as an information retrieval source and as a
mechanism for the dissemination and promotion of European aerospace
community technical competencies and expertise.
• To investigate and make recommendations regarding the future regulation of
information exchange between ESA member states and other organisations
within Europe, the United States and elsewhere.
Key elements of the study
Study of information usage
The purpose of this part of the study will be to investigate the information needs
and information seeking behaviour of aerospace STI users. A parallel activity will be
to identify barriers to information flow and to examine current information policy
and practices operated by organisations within the European aerospace community.
A series of extensive literature searches has been undertaken, as has initial work
on the identification of contacts willing to offer help with the study. The design of
the questionnaires and interview schedule, which will be primary means of data
collection for this part of the study have been finalised.
Three variations of the basic questionnaire have been produced in order to study
the responses of three different user groups - engineers in academia and industry/
government, as well as information intermediaries. These have been sent to a wide
range of European aerospace organisations.
The interview schedule will be used to collect the views of key individuals who
are managers and/or budget holders employed within aerospace companies. This is
intended to provide a comparison with the views expressed in the user survey. It will
provide a snapshot of information management practices and systems operated by a
number of major players. It is hoped that this will provide evidence of developments,
as well as possible barriers to information access and information flow.
Technical feasibility
The focus of this part of the study will be to assess the technical options and feasibility
of developing a distributed approach to the provision of access to aerospace STI.
The literature review has identified a number of recent studies of STI usage which
seem to suggest that despite changes in the information landscape, particularly with
the emergence of the Internet, engineers are reluctant to change their traditional
66
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
information seeking habits. One very preliminary suggestion is that this might be an
indication that current and previous generations of electronic information services
have failed to fully reflect the needs of engineers. This part of the study will provide
an opportunity to assess the potential of newly emerging technologies for enhancing
information awareness, access, and utilisation.
The work conducted so far has been concerned with scoping the topic in order
to identify current thinking and practice. The conclusions from the initial scoping
exercise suggest that the project team will need to consider what options exist for
searching and retrieving information from distributed information sources. One
area that has been identified for further investigation is the Open Archives Initiative
(OAI). We will therefore present an assessment of the options for cross searching and
interoperability, including OAI and other protocols.
Our initial analysis suggests that metadata harvesting is the most promising
solution. Using this approach, engineers search records that are held on a local
server which is updated off-line. There is no requirement for a physical exchange of
documents, which stay with the originator who decides who can access their data.
All the originator needs to do is make another layer of metadata available which
describes the document or other electronic information content that they wish to
disclose. Assuming that documents are now created electronically, and that metadata
is created as part of that process, the originators have to make little or no changes to
their existing work flows and procedures. OAI therefore provides a relatively simple
and low cost means of building “virtual collections” through information sharing
and exchange of metadata. Full text access can be provided if the originator wishes
through the means of a hyperlink.
Future sustainability
A third part of the study is to investigate and make recommendations as to
how relationships with the new distributed exchange/access system could be
administered and regulated. Such a system would have to be mutually beneficial for
all participating organisations within ESA member states and potentially between
those states and other external organisations.
This part of the study will need to address possibly the most challenging issues
including:
• Can collaboration co-exist with competition?
• What are the business arguments that would encourage greater disclosure of
information?
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
67
Dossier
•
•
•
•
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
How would membership of such a scheme be defined and regulated?
How would it be financed?
How can such a scheme be sustained?
How would a European partnership interact with US and overseas players?
In order to address some of these issues, four seminars were held in March and April
2002 to invite discussion and comment about aerospace STI management in Europe
from those working in the industry, academia and government. They were held at
INTA in Spain, NLR in the Netherlands, CIRA in Italy and CNES in France.
The seminars provided an opportunity for a two-way exchange of information.
Members of the AIM-Eu team gave a series of brief presentations on the background
to the study, including the history of the ESA/NASA information exchange
agreement, the aims, objectives, activities and methodologies employed in the
research, and an overview of possible technical solutions. These were followed by
open discussions covering a number of topics including the information needs/
seeking behaviours of aerospace engineers and scientists, attitudes to information
sharing, and the management of information sharing and exchange in Europe.
A number of common themes emerged from these discussions including the
importance of the Internet as an information resource, the need to provide direct
access to the full text of documents, the challenge of defining what constitutes
aerospace information (or information of relevance and interest to aerospace
engineers/scientists), and a whole range of issues relating to whether collaboration
can co-exist with competition within the aerospace community.
Find out more
A project web site which provides a mechanism for disseminating information
about the study has been established at <http://www.cranfield.ac.uk/aim-eu>. It
includes information about the project, news, contact information, and links to
related Internet sources. It also facilitates communication with the project partners,
as well as interaction with the aerospace community. A membership area has been
established for the publication of work in progress. It is also being used as another
way of disseminating the questionnaire.
The final report is due to be delivered to ESA by the end of July 2002. It is hoped
to mark the end of the study with a final seminar which will be used to disseminate
the results of the study and to highlight any recommendations for further work.
68
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
EINS-GEM e il servizio I2 plus
La ricerca su banche dati professionali e siti web
PAOLA MANNI - GABRIELLA SCIPIONE
L’intervento descrive la fisionomia e le funzioni del servizio EINS-GEM che,
nell’àmbito di EINS, European Information Network Services, si propone di fornire
un servizio avanzato di accesso all’informazione in linea. Particolare attenzione
nell’intervento è posta sul ruolo del CINECA che, come centro tecnologico di EINS,
a partire dalla tecnologia DIOGENE, ha sviluppato il servizio I2 e ha ora realizzato
un’applicazione più avanzata, I 2 plus, che consentirà la ricerca contemporanea sulle
banche dati disponibili in EINS-GEM e su una collezione di siti web. Tale applicazione è
oggi rivolta al settore aerospaziale, ma sarà estesa, in un prossimo futuro, ad altri settori.
Parole chiave: EINS – CINECA – I2 – I2 plus – Banche dati – Siti web – Ricerca
contemporanea
EINS – European Information Network Services – è l’organizzazione nata
all’inizio del 1998 per la fornitura di un servizio di accesso a banche dati fino a quel
momento distribuito da ESA-IRS, l’Agenzia Spaziale Europea.
Tale organizzazione, che si è recentemente strutturata in un Gruppo Europeo di
Interesse Economico (GEIE), vede come partner la British Library, con funzioni
di coordinamento, oltre che di centro nazionale per i Paesi di lingua inglese;
COBIDOC, quale centro amministrativo del consorzio e centro nazionale olandese;
CINECA [Consorzio Interuniversitario per il Calcolo Automatico dell’Italia Nord
Orientale], con la triplice funzione di centro nazionale italiano, centro tecnologico e
host di alcune delle banche dati disponibili tramite il servizio.
Scopo di EINS è quello di fornire un servizio avanzato ed allargato di accesso
all’informazione online, reperibile sia in Europa che negli Stati Uniti, nell’àmbito
di discipline scientifiche, tecniche, economiche, offrendone una continua, totale
disponibilità; tale servizio è denominato EINS-GEM ed è raggiungibile all’indirizzo:
<http://www.einsgem.org>.
Il consorzio EINS ha come partner servizi online europei esistenti, quali DIMDI
e FIZ-Karlsruhe, che mettono a disposizione le loro banche dati, e una rete di
centri nazionali, che sulla base di accordi contrattuali formano una rete di supporto
all’utenza di tale servizio.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
69
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Il contratto fra i partner, assieme ai contratti sottoscritti con i produttori delle
banche dati, solleva l’utente dal dover firmare un contratto per ogni host di suo
interesse; egli gode inoltre della facilitazione di un unico referente amministrativo, e
quindi di ricevere un’unica fattura per tutti i servizi online interrogati.
Il CINECA, nella sua funzione di centro tecnologico di EINS, ha sviluppato
un sistema completamente nuovo per la gestione dei servizi, denominato Dante,
che gestisce appunto l’interconnessione di vari servizi online europei: ciò permette
all’utente l’accesso, con un’unica interfaccia, un unico contratto, e soprattutto con
un unico linguaggio di interrogazione, a fonti informative residenti su host diversi, in
modo totalmente trasparente, e gli dà modo di navigare fra queste senza fatica.
Il sistema DANTE, su cui il servizio si basa, permette infatti ricerche complesse
ed esaustive grazie all’impiego di un sofisticato e nel contempo semplice linguaggio
di interrogazione, il tradizionale linguaggio Quest, che si unisce efficacemente alle
potenzialità di Internet, tramite la modalità denominata Command Search. È disponibile
anche l’accesso semplificato grazie ad una Easy Interface, il cui utilizzo non richiede la
conoscenza, da parte dell’utente, né del linguaggio d’interrogazione né della struttura
dell’informazione. È altresì operativo l’accesso più tradizionale via Telnet e X-25, mentre
è in corso di realizzazione una interfaccia Advanced per utenti più esperti del sistema.
I servizi addizionali
Oltre al tradizionale accesso alle banche dati, interrogabili con diverse modalità
che rispondono ai bisogni di utenti più o meno esperti, sono inoltre disponibili
alcuni servizi addizionali, che forniscono l’accesso, facilitato per gli utenti EINS,
a numerosi altri servizi online, quali EINSBiosci e Lexis/Nexis, o a strumenti di
reperimento dell’informazione su Internet, quali I2 (I square), l’osservatorio sul
mercato internazionale dell’informazione.
I2 (I square)
I2 si basa sulla tecnologia DIOGENE, totalmente sviluppata al CINECA, e, nella sua
versione disponibile attualmente sul sito di EINS-GEM, è lo strumento che permette di
monitorare l’informazione sul mercato dell’informazione disponibile su web.
DIOGENE si compone di due moduli, uno per il recupero dei dati ed uno per
la loro analisi. È prevista la possibilità di aggiungere un terzo modulo per l’eventuale
trattamento di meta-dati.
Un robot ha il cómpito di cercare l’informazione all’interno di una collezione di
siti selezionati e di scaricare le pagine pertinenti. Tale informazione viene raccolta
70
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
in una banca dati, che è quindi continuamente ampliata dai nuovi dati aggiunti,
all’interno della quale le query vengono effettuate da un potente motore di ricerca.
Sulle pagine reperite dal robot vengono effettuati una serie di controlli al fine di scaricare
le pagine più aggiornate dei siti, sostituendole a quelle già esistenti nella collezione.
Il contenuto dei dati reperiti sui siti viene indicizzato ed è su questi indici che
la ricerca viene effettuata; ciò consente perciò di formulare domande precise, pur
interrogando dei documenti full-text, e di ottenere risposte rapide.
fig.1 – Il motore di ricerca I2
I2 è un’applicazione della tecnologia DIOGENE mirata al mercato
dell’informazione, già disponibile con accesso libero sulla home page del servizio
EINS-GEM (<http://www.einsgem.net>).
I2 plus
- Perché I2 plus
Sulla base della logica e dell’implementazione del servizio I2 è ora in fase di
sviluppo un’applicazione più avanzata, che permette la ricerca contemporanea sulle
banche dati disponibili in EINS-GEM e su una collezione di siti web.
Riteniamo infatti che il passo da compiere in questo momento, per rispondere ai
bisogni dei nostri utenti, sia quello di integrare – nel modo più trasparente possibile
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
71
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
– fonti informative eterogenee per provenienza e per struttura dei dati.
Negli ultimi anni Internet ha catturato l’attenzione di chi ha necessità di reperire
informazione; tuttavia, mentre è noto che le banche dati rimangono le fonti di
informazione per eccellenza grazie alla loro esaustività, al loro regolare aggiornamento
e alla struttura dei dati in esse contenuti, è anche vero che alcuni siti web contengono
informazioni di grande interesse per chi opera in un certo settore disciplinare.
I2 plus nasce con l’intento di eliminare il gap fra le diverse fonti d’informazione;
l’integrazione dei due strumenti o, meglio, delle due fonti, che diventano ricercabili
con un unico strumento, è sicuramente la risposta per le varie esigenze informative.
Poiché è noto che cercare informazione su Internet può essere poco efficace a causa
della sua vastità e della genericità dei dati in essa presenti, ci preme sottolineare che
i siti web integrati al servizio banche dati, e quindi ricercabili contemporaneamente
grazie ad I2 plus, fanno parte di una collezione, cioè vengono selezionati ed aggiunti
su segnalazione dei nostri partner o su richiesta degli utenti.
Questa restrizione consente di ottenere anche dal web risultati di alta qualità,
evitando risposte sovrabbondanti.
- Come agisce I2 plus
I2 plus, come s’è accennato in precedenza, è un servizio completamente integrato
nel sistema EINS e di conseguenza ne sfrutta tutte le potenzialità.
Tutti gli utenti registrati ai servizi EINS-GEM a breve avranno a disposizione
questo strumento, incluso nel servizio.
La query formulata dall’utente sulle banche dati EINS-GEM viene tradotta,
automaticamente ed in parallelo, in un linguaggio comprensibile al database
di I2 plus; egli riceve quindi i risultati della banca dati interrogata ed ottiene
simultaneamente i risultati dai siti Web facenti parte della collezione, e può decidere
di visualizzare gli uni e/o gli altri a sua discrezione.
72
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
fig.2 – Risultati dalle banche dati e da I2 plus
Occorre tuttavia rimarcare adeguatamente la natura tanto diversa dell’informazione
presente rispettivamente sulle banche dati e su web: nel primo caso si parla infatti
di informazione strutturata, in cui la ricerca può essere effettuata su campi precisi e
secondo regole definite, nel secondo di informazione non strutturata.
Attualmente il motore di ricerca I2 plus traduce la query fatta su un campo in una
query sull’intero testo del documento disponibile su web. In futuro, con l’utilizzo
sempre più massiccio del linguaggio XML, è prevedibile che le fonti informative
raggiungeranno una sempre maggiore somiglianza nella loro struttura.
Il prototipo di I2 plus attualmente realizzato riguarda il settore dell’aerospazio,
ma in un prossimo futuro lo stesso servizio verrà esteso ad altri àmbiti.
I siti raccolti nella collezione sono i più rilevanti del settore disciplinare cui fa
riferimento, ed altri siti possono essere aggiunti anche su richiesta dell’utente, il quale
può inoltre definire una propria collezione, personalizzata sulle proprie esigenze.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
73
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Contenuti informativi: stato dell’arte delle tecnologie spaziali in Italia
SIMONE MINGIACCHI - ROBERTO STALIO
L’intervento si propone di descrivere le attività che l’Agenzia Spaziale Italiana sta conducendo
per costruire la più aggiornata mappa d’informazioni sulle potenzialità tecnologiche del nostro
Paese nel settore Spazio. Tali informazioni sono fattori chiave per la revisione della struttura
dell’Agenzia e dei suoi orientamenti, per la determinazione del posizionamento nazionale, per
la definizione degli spazi di sviluppo per il breve-medio termine.
Parole chiave: Spazio - Tecnologie di base
L’attuale stadio di sviluppo dell’Agenzia Spaziale Italiana richiede una conoscenza
più dettagliata del quadro delle potenzialità tecnologiche del nostro Paese. Questo
perché tale informazione è un fattore chiave per la revisione della struttura e degli
orientamenti, tanto per la determinazione del posizionamento nazionale, quanto per
la definizione degli spazi di sviluppo per il breve-medio termine.
Una simile analisi rende evidentemente più semplice la comprensione
delle possibilità e degli interessi di alleanze strategiche ed in generale, offrendo
l’opportunità di un’integrazione sinergica delle risorse attualmente disponibili,
aumenta la competitività del sistema Paese.
L’Unità Programmi Scientifici sta sviluppando, a tal fine, uno studio delle
tecnologie spaziali di base, con l’idea di fotografare lo stato attuale e di comprendere,
dalle estrapolazioni, le potenzialità per il futuro.
La prima fase di questo studio è consistita nella creazione di un questionario,
la cui struttura è stata definita concordemente con i responsabili in Agenzia
Spaziale Europea (ESA) del progetto MISTER (dott. Boerci) e del Dossier 0 (dott.
Guglielmi). Tale sforzo di coordinazione è stato profuso nell’ottica di costituire una
base di dati condivisibile per la cooperazione nell’analisi dello sviluppo europeo in
senso globale.
Il questionario, destinato alle industrie e a tutti gli enti di ricerca, ha richiesto
informazioni di tipo anagrafico sulla struttura e sul principal investigator (o persona
responsabile nella struttura di riferimento), allo scopo di poter aggiornare, in futuro,
i dati a disposizione. È stato inoltre richiesto di classificare la tecnologia in fase di
sviluppo secondo diversi criteri: tipo di tecnologia, tipo di prodotti e tipo di missioni
spaziali in cui essa è applicabile, stadio di sviluppo (dal concept study al flight proven),
data di disponibilità.
Alcuni di questi parametri sono già stati analizzati come dati agglomerati e ne
riportiamo qui qualche significativa rappresentazione grafica. L’uso di diagrammi
74
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
a torta è connesso all’ipotesi che il campione analizzato (208 tecnologie) sia
omogeneo e rappresentativo della realtà nazionale; si può azzardare quindi una
prima estrapolazione dei dati, supponendo invariata la distribuzione percentuale
delle risposte fornite.
Il primo parametro esaminato è stato la tipologia di affiliazione degli sviluppatori
(Fig. 1). Si nota una netta prevalenza della componente universitaria, seguita dal
CNR [Consiglio Nazionale delle Ricerche] e dalle industrie. Il gruppo “others”
comprende prevalentemente consorzi di ricerca a partecipazione mista universitàindustria; mentre l’esigua componente dell’INFM [Istituto Nazionale di Fisica della
Materia] è collegata alla duplice identità della maggior parte degli affiliati, che sono
spesso anche gruppi universitari di ricerca. L’INFN [Istituto Nazionale di Fisica
Nucleare] merita un’indagine separata, in quanto soltanto un suo sottogruppo si
occupa di problematiche spaziali e con lo scopo di produrre tecnologia mirata a
soddisfare le necessità interne.
Fig. 1 Distribuzione della tipologia di affiliazione
L’analisi successiva rileva lo stadio di sviluppo delle tecnologie e il periodo
di disponibilità delle stesse: si nota, confrontando le Figg. 2 e 3, una prevalenza
di tecnologie nella fase iniziale dello sviluppo, che tuttavia saranno disponibili
in massima parte a breve termine. Questo si può spiegare in due modi: con un
misunderstanding sui contenuti (poco probabile) o con la prevalenza di una tipologia
di sviluppo delle tecnologie che privilegia i progetti a breve termine, anche nei casi
più innovativi.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
75
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Fig. 2 Stadio di sviluppo delle tecnologie
(dal “Technology concept” in senso orario fino al “flight proven”)
Fig. 3 Distribuzione dei periodi di completamento dello sviluppo delle tecnologie
76
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
Si propone pure la distribuzione (per numero di progetti) dei finanziatori di
alcune delle tecnologie menzionate (Fig. 4). Per “other Italian” e “other European”
bisogna intendere principalmente i ministeri nel primo caso e la comunità europea
nel secondo.
Fig. 4 Distribuzione del numero di progetti di ricerca finanziati in Italia da ogni ente
La classificazione più interessante è però presentata in Fig. 5: in essa si può
osservare la distribuzione dei progetti per tipo di tecnologia di appartenenza e per tipo
di prodotti in cui è applicabile (era possibile più di una scelta). Si rileva che prevalgono
le tecnologie per l’optoelettronica con applicazioni nel segmento spaziale, seguite da
quelle per lo studio delle scienze della vita e per lo studio di nuovi materiali.
Fig. 5 Distribuzione del numero di tecnologie in fase di sviluppo secondo le classi di
prodotto cui sono applicabili
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
77
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
L’analisi dell’ulteriore dimensione, che è la tipologia di missioni cui la tecnologia
è applicabile (basso costo, fast-track, LEO, HEO, GEO, interplenerarie), non
è attualmente disponibile. Essa permetterà comunque di conoscere il quadro
tecnologie-prodotti in fase di sviluppo, secondo il tipo di missione cui si è interessati.
Questo può essere uno strumento particolarmente potente in caso di progettazione
di nuove missioni.
La fase successiva di tale studio prevede un esame dei singoli dati e
l’inquadramento del sistema in un contesto globale, sia attraverso un’estrapolazione
per la comprensione della realtà italiana, sia come confronto con quella europea.
Oltre a ciò, inizierà a breve un’indagine di tipo microeconomico sull’impatto di
queste tecnologie sul mercato, sia come nicchia spaziale, sia come ricadute su larga
scala; a questo si accompagnerà un approccio macroeconomico per comprendere gli
effetti sul sistema Paese della tipologia di distribuzione osservata.
L’ultima tappa dello sviluppo prevede il consolidamento della base di dati
mediante un nuovo questionario, basato sul precedente, ma con delle richieste
più puntuali, secondo le necessità di informazioni emerse nella prima parte della
ricerca.
La raccolta di questi dati – la cui scala sarà probabilmente molto più ampia di
quella attuale – porterà infine alla produzione di un documento sullo stato dello
sviluppo delle tecnologie spaziali di base in Italia. La data prevista per la versione
definitiva di tale documento è il dicembre 2002.
78
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
MAI MetaOPAC Azalai Italiano e MetaOPAC specializzati
PAOLA ROSSI
L’intervento descrive la natura e gli obiettivi del progetto MAI, MetaOPAC Azalai
Italiano. MAI nasce dalla collaborazione tra l’AIB, Associazione Italiana Biblioteche,
ed il CILEA, Consorzio Interuniversitario per l’Elaborazione Automatica. Il principale
tra i suoi obiettivi è di collaborare alla realizzazione di cataloghi bibliografici collettivi
specializzati. Vengono illustrate le caratteristiche tecniche e funzionali del servizio ed
alcune realizzazioni più significative.
Parole chiave: OPAC – MetaOPAC – Metaricerca – MAI
Il progetto MAI MetaOPAC Azalai Italiano prevede tra i suoi obiettivi di
fornire collaborazione per la realizzazione di cataloghi bibliografici collettivi virtuali
specializzati. Questi progetti prevedono un accordo collaborativo tra l’ente promotore
del progetto nel settore specializzato e MAI (AIB e CILEA), che concordano i
rispettivi ruoli nel progetto, mentre la titolarità del progetto specializzato è dell’ente
promotore. Diamo qualche cenno informativo al riguardo e sulle realizzazioni già
disponibili.
MAI nasce come progetto di collaborazione tra AIB [Associazione Italiana
Biblioteche] (<http://www.aib.it>) e CILEA [Consorzio Interuniversitario per
l’Elaborazione Automatica] (<http://www.cilea.it>), ed è in linea dal maggio 1999
(<http://www.aib.it/aib/lis/opac1.htm>). Per le sue caratteristiche MAI favorisce la
creazione di MetaOPAC specializzati in Italia.
MAI fornisce il censimento degli OPAC (Online Public Access Catalog) italiani
- in ciò ereditando la funzione svolta dal progetto “Repertorio degli OPAC Italiani”
sorto in precedenza - e le metaricerche bibliografiche per interrogarli amichevolmente,
realizzando il “catalogo bibliografico virtuale delle biblioteche italiane”.
Il sistema, ad accesso libero, fornisce strumenti di ricerca articolati, che si
rivolgono sia ai bibliotecari e, più in generale, agli specialisti dell’informazione che
ai navigatori della rete. Il sistema si appoggia ad una banca dati in cui sono descritti
tutti gli OPAC italiani.
La redazione MAI è il gruppo di lavoro che gestisce MAI, raggiungibile all’indirizzo
<[email protected]>, gruppo misto di specialisti AIB volontari e CILEA. I partecipanti
collaborano in modo organizzato per svolgere le attività riguardanti: la progettazione
e l’evoluzione del progetto; la raccolta di informazioni e l’aggiornamento della banca
dati degli OPAC; la definizione di strumenti specialistici per la gestione del progetto;
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
79
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
le corrispondenze informative con gli specialisti esterni che operano nel settore degli
OPAC, come i responsabili dei sistemi bibliotecari e i realizzatori di applicazioni
software; altre attività.
Per le metaricerche MAI utilizza Azalai, il software realizzato da CILEA e
residente su server CILEA.
Nel sistema MetaOPAC specializzato le interrogazioni sono mirate rispetto alle
interrogazioni disponibili attraverso il sistema nazionale, in quanto sono rivolte ad
una selezione predefinita di biblioteche specialistiche: queste possono utilizzare lo
strumento come supporto ai propri servizi di prestito interbibliotecario. È possibile
realizzare MetaOPAC specializzati che comprendono sistemi OPAC connessi a MAI,
cioè alla metaricerca italiana generale.
La metaricerca di MAI, funzionalità principale di tale sistema, è uno strumento
finalizzato alla ricerca bibliografica e ad ottenere il recupero di documenti bibliografici,
soprattutto dei documenti di difficile reperimento, come sono per lo più quelli che
possono suscitare l’interesse degli specialisti. Tecnicamente la metaricerca è una
interfaccia amichevole per l’interrogazione bibliografica simultanea. MAI raggiunge ad
oggi 146 OPAC, corrispondenti a circa un terzo degli OPAC italiani, ma è in crescita,
in base alle caratteristiche di MAI come progetto in ampliamento e aggiornamento
continuo (v. <http://www.aib.it/aib/opac/connect.htm#software> per alcuni degli
aggiornamenti tecnici). Nella complessa e varia realtà italiana dei sistemi OPAC, la
metaricerca MAI interroga selezionando gli OPAC d’interesse, siano essi di biblioteca
singola come pure collettivi, e può sottoselezionare i sistemi collettivi sulla biblioteca.
In tal modo MAI si propone come strumento tecnico adatto per la realizzazione di
sistemi MetaOPAC limitati ad insiemi predefiniti di biblioteche italiane.
MAI è un’applicazione di Azalai, realizzato da CILEA e residente su server CILEA.
Azalai utilizza il protocollo HTTP verso i sistemi OPAC. È costituito a grandi
linee da due componenti, una specializzata nell’àmbito OPAC e l’altra di tipo general
purpose. La componente specializzata costruisce URL-OPAC ed è flessibile rispetto
alle chiavi bibliografiche disponibili negli OPAC selezionati, come pure sulle chiavi
effettivamente utilizzate nella query bibliografica voluta dall’utente. La seconda
componente consta invece di un motore di rete che attiva le URL prodotte, e, in modo
sincronizzato, rende all’utente l’insieme di tutte le risposte non appena queste sono
disponibili. Le URL costituiscono l’“informazione di rete” necessaria per disporre
dell’informazione bibliografica voluta presso uno specifico OPAC, e dipendono
dal software dell’applicazione OPAC, dalle caratteristiche (configurazioni, ecc.) dei
sistemi OPAC specifici e dal tipo di information retrieval implementato da MAI.
80
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
Descriviamo brevemente quest’ultimo nel séguito, poiché il modello di
information retrieval proposto da MAI concorre a definire MAI - e tutte le sue
specializzazioni - come metasistema di recupero e lo caratterizza peculiarmente.
Per attivare il sistema, l’utente utilizza il form di ricerca, in cui individua le
metachiavi bibliografiche, cioè gli accessi possibili al catalogo virtuale. Le metachiavi
sono implementate attraverso l’uso delle chiavi bibliografiche “reali”, cioè le
chiavi rese disponibili dai sistemi OPAC, e le principali sono titolo e autore. Altre
metachiavi sono: soggetto, data di pubblicazione, editore, collana, CDD, numeri
standard, tutti i campi, e sono chiavi bibliografiche fornite in generale solo da alcuni
sistemi OPAC. In corso di studio vi è l’ampliamento del modello per prevedere
ulteriori metachiavi di tipo specialistico, cioè relative ai settori d’applicazione dei
MetaOPAC specializzati.
MAI prevede i casi in cui l’interrogazione sia applicabile ad un indice dichiarando,
nel proprio modello di recupero attraverso una mappa di corrispondenza campiindici, quali chiavi di ricerca siano incluse in ognuna delle nove metachiavi. Inoltre,
le interrogazioni effettuate sugli OPAC si applicano solo a chiavi primarie (il
metasistema non interroga chiavi di raffinamento o filtri), secondo la modalità di
ricerca dei termini esatti (cioè senza attivare il troncamento sulla parola, né verificare
prossimità ovvero ordine delle parole immesse in ricerca dall’utente) per evitare
recuperi imperfetti, e incrociando le chiavi di ricerca con l’operatore AND.
La risposta del MetaOPAC è caratterizzata dall’elenco delle risposte dei vari
OPAC, presentate all’utente appena sono ricevute dalla rete. Ogni risposta è data
nel suo contenuto - cioè la lista dei documenti - e con la possibilità di navigare
sui link presenti nella risposta e forniti dall’applicazione OPAC. Il metasistema,
imperniato sull’utilizzo del protocollo HTTP, permette il passaggio alla fruizione
delle funzionalità di navigazione dei sistemi OPAC previste in locale e ad accesso
libero in rete.
Sono disponibili due realizzazioni di MetaOPAC specializzati: MAIA
[MetaOPAC Azalai Italiano per l’Architettura] e, di recentissima pubblicazione,
MAL [MetaOPAC Azalai Lombardia], interrogazione simultanea dei principali
cataloghi collettivi delle biblioteche pubbliche lombarde.
MAIA (<http://www.cnba.it/maia_intro.php>) è un progetto del CNBA,
Coordinamento Nazionale delle Biblioteche di Architettura. Realizzato attraverso la
collaborazione tra CNBA e MAI (AIB e CILEA), MAIA è disponibile dal giugno 2001,
alla conclusione delle attività iniziali per l’allestimento del prototipo. Nell’accordo
di collaborazione di progetto sono stati concordati i ruoli rispettivamente svolti: in
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
81
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
base a questi, CNBA è titolare del progetto, gestore della homepage di progetto e
dell’elenco delle risorse OPAC interrogate, e partecipa anche alla Redazione OPAC
italiani di MAI relativamente al censimento dei sistemi OPAC italiani d’architettura;
a CILEA e ad AIB compete il supporto tecnico per la realizzazione della homepage e
l’addestramento delle persone CNBA dedicate al progetto. CNBA accetta nelle sue
linee generali d’applicazione lo strumento implementativo.
MAIA interroga oggi 57 sistemi, che in gran parte riguardano cataloghi delle
biblioteche di istituti universitari del settore, di facoltà e di dipartimenti nelle
università e nei politecnici italiani. Le biblioteche sono state individuate dagli
specialisti CNBA partecipanti al progetto.
MAL (<http://www.biblioteche.regione.lombardia.it/regsrc/metaopac.htm>) è
un progetto della Regione Lombardia. Interroga oggi 8 sistemi, per la maggior parte
sistemi collettivi di biblioteche pubbliche lombarde distribuiti a livello provinciale,
cui si aggiungono il sistema del Polo regionale lombardo SBN e la biblioteca civica
“Bonetta” di Pavia. I sistemi sono stati individuati dal settore “Culture, Identità e
Autonomie della Lombardia: Beni librari, Biblioteche e Sistemi documentari” della
Regione Lombardia.
82
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
Tavola rotonda
Information management nel settore aerospaziale
CHAIR: RODOLFO MONTI
Durante la tavola rotonda sono intervenuti: Ferruccio Diozzi, CIRA; John
Harrington, Cranfield University; Roy Kitley, British Library; Rodolfo Monti,
Università degli Studi di Napoli “Federico II”; Paul Needham, Cranfield University;
Mauro Russo, Alenia Aeronautica SpA; Roberto Stalio, ASI; Ennio Tarantola,
Università degli Studi “Roma Tre”.
L’obiettivo della tavola rotonda è quello di discutere e di confrontare punti di vista
diversi sulla gestione dell’informazione nel settore aerospaziale. I punti di vista espressi
provengono dal settore accademico e da quello industriale e sono rappresentativi sia degli
utenti che degli specialisti. Lo studio AIM-EU, condotto da Cranfield University, e le altre
esperienze, presentate nella sessione mattutina del seminario, sono discussi e confrontati con
gli attuali bisogni informativi. Vengono, infine, presentati ulteriori orientamenti e proposte,
finalizzati alla maggiore efficacia del management dell’informazione nel settore.
Parole chiave: Management dell’informazione – Aerospazio – AIM-EU study
– Fonti d’informazione – Intermediazione/disintermediazione – Letteratura grigia
Rodolfo Monti: do il benvenuto ai partecipanti: sono Rodolfo Monti dell’Università
di Napoli “Federico II” e cercherò di fornire qualche input, credo di una certa
importanza, alla discussione. Parlerò, prevalentemente, dal punto di vista proprio
delle università e delle istituzioni di ricerca.
Io penso che la capacità di effettuare un’analisi della letteratura e della
documentazione disponibile allo stato attuale delle ricerche sia un elemento
essenziale nelle attività, appunto, di ricerca. Che cosa desiderano i ricercatori
che operano in istituzioni quali il CIRA o il MARS, il Centro di Ricerche per la
Microgravità, da me diretto? Da anni, in ambienti come i nostri, si fanno ricerche in
banche dati: attraverso parole chiave si identificano record d’interesse, si leggono gli
abstract presenti ed, eventualmente, si acquistano i documenti relativi. Non sempre
però il full text corrisponde in pieno alle nostre aspettative. Oggi però vi sono un gran
numero e una gran varietà di soluzioni differenti, di strumenti e di servizi: conoscerli
tutti a fondo, per l’utente e per lo specialista, significa raggiungere un’accuratezza
sempre maggiore nelle ricerche d’informazione.
Un altro tema fondamentale, nella presentazione degli amici di Cranfield, è
stato quello della letteratura grigia. La letteratura grigia ha un’importanza decisiva
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
83
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
per chi svolge attività di ricerca. Tradizionalmente è il canale attraverso il quale le
informazioni elaborate da un ricercatore vengono diffuse con maggiore rapidità.
Tutti coloro che operano nell’àmbito della ricerca, quando vogliono approfondire
un argomento, si indirizzano alle migliori riviste scientifiche del proprio settore. Riviste
che, tuttavia, osservano i propri tempi di pubblicazione. Al contrario, la letteratura
grigia può essere disponibile in tempi assai ridotti. Prima di proseguire, io vorrei però
dagli amici di Cranfield una definizione dell’espressione “letteratura grigia”.
La mia generazione ha lavorato con colleghi dell’AGARD [Advisory Group for
Aerospace Research & Development], dell’ONERA [Office National d’Etudes et
de Recherche Aerospatiales], della NASA, dei Royal Aircraft Establishments. Nel
corso di tanti anni sono stati prodotti documenti ancora oggi di enorme valore.
Oggi molti tra questi documenti sono introvabili. È questo per me un tratto tipico
dei documenti appartenenti alla letteratura grigia, che presenta, in maniera assai
accentuata, la caratteristica della dispersività e, a volte, della non certificazione.
Credo che l’obiettivo di nuovi e più efficaci sistemi di information retrieval debba
essere anche quello di superare tali problemi.
Mi fermo qui, per il momento: se nessuno vuole intervenire, vorrei chiedere a
John Harrington di farlo. Ecco invece una richiesta di intervento.
Roberto Stalio: sono Roberto Stalio dell’ASI, Agenzia Spaziale Italiana; il mio interesse
principale è rivolto alla situazione italiana. Quanto sono complete le banche dati che
avete presentato? Non ho sentito nulla riguardo alla partecipazione di altre agenzie come
il CNES, il DLR, la NASDA. Che cosa prevedete circa il trattamento di documenti
che provengono da studi eseguiti all’interno di accordi parzialmente o totalmente
“non-disclosure”? È possibile avere maggiori informazioni su questo punto?
John Harrington: credo di poter unicamente fornire delle risposte parziali a quanto
è stato chiesto. Lo studio che stiamo conducendo è ancora in una fase preliminare,
tanto che i diversi servizi presentati questa mattina sono soltanto delle anticipazioni
relative al modo in cui potrebbero funzionare i sistemi. Gli strumenti presentati sono
dei potenziali dimostratori.
Resta aperta la questione fondamentale che è quella del coinvolgimento delle
organizzazioni che producono informazione. Siamo quindi molto interessati ad
accogliere e a far nostra la vostra opinione su come convincere le organizzazioni a
partecipare al progetto.
C’è poi il problema della copertura degli strumenti che vogliamo gestire e questo
ci pone l’interrogativo circa il grado di collaborazione che può esistere in un settore
fortemente competitivo come quello aerospaziale.
Siamo convinti che molte organizzazioni, per non perdere competitività
84
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
commerciale, sceglieranno di non partecipare o saranno comunque preoccupate
dalla partecipazione a servizi che permettono la condivisione di documenti e di
informazioni. Queste organizzazioni potrebbero guardare a modelli differenti.
Piuttosto che partecipare ad un sistema aperto a tutta la Comunità Aerospaziale, un
gran numero potrebbe preferire infatti una sorta di “club degli utenti”, in modo tale
da scegliere, di volta in volta, che cosa rendere disponibile e che cosa no. Inoltre, in
un simile modello, potrebbero essere definiti profili differenziati di “associati”.
In generale, in un sistema di management dell’informazione orientato
all’aerospazio, bisognerà pensare a diversi gradi di accesso ai documenti ristretti.
Cranfield vuole essere certa di garantire tutte le esigenze e di convincere diversi
tipi di organizzazione ad aderire al sistema, proponendo un adeguato modello di
funzionamento.
Sono perciò estremamente interessato a vedere quanti, tra i partecipanti a questa
tavola rotonda, possono pensare «la mia organizzazione non è preparata a tutto
questo» oppure «la mia organizzazione è preparata e dunque pronta ad aderire, ma
solo a certe condizioni».
Rodolfo Monti: grazie Mr. Harrington. Altre domande?
Roberto Stalio: il punto è: se le organizzazioni non supportano il progetto, allora voi,
molto probabilmente, potreste rendere disponibili banche dati con contenuti che
andranno inevitabilmente incontro ad una rapida obsolescenza.
Rodolfo Monti: il problema dell’obsolescenza delle informazioni è certamente
importante, ma c’è un altro nodo cruciale. La mia esperienza m’induce a citare i
diversi punti di accesso alla documentazione del settore: la NASA, naturalmente,
come pure lo IAF [International Astronautical Federation] e l’AIAA [American
Institute for Aerospace and Astronautics], che è molto efficiente nei confronti degli
utenti.
Sapete come AIAA fornisca ai partecipanti alle conferenze ed ai seminari i lavori
presentati su supporto digitale. Se si stipulassero accordi commerciali con questa
e con altre associazioni, quei contenuti potrebbero usufruire di una diffusione
maggiore, sia attraverso il Web che attraverso altri canali.
Attualmente queste organizzazioni hanno politiche e modalità diverse di
diffusione dell’informazione: una semplificazione ed un’omogeneizzazione di tali
politiche incontrerebbe senz’altro il gradimento degli utenti. Su queste tematiche c’è
qualcun altro che voglia intervenire? In caso contrario, ritornerei a Mr. Harrington.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
85
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
John Harrington: lei ha menzionato alcuni degli information provider “chiave” del
settore aerospaziale, quali AIAA e NASA, e le diverse policy di accesso all’informazione.
A tale proposito, vorrei sottolineare un elemento: la nostra preoccupazione non
riguarda la quantità d’informazione disponibile. C’è una grande quantità di
informazione reperibile tramite Internet o attraverso altri media.
Rendere l’informazione disponibile, perciò, dovrebbe essere più semplice; eppure,
a causa del maggior volume d’informazione e dei fattori di dispersione, può accadere
che sia più difficile ritrovare l’informazione. È un paradosso che osserviamo con
sempre maggiore frequenza.
Naturalmente, c’è anche un altro problema: quello della qualità dell’informazione.
È difficile distinguere tra ciò che è di qualità e ciò che non lo è. Come ho avuto
occasione di dire questa mattina, a Cranfield c’è un primo, preoccupante segnale
del fatto che i nostri studenti ed il nostro personale tendano a prendere la strada
di minore resistenza. Spesso si cerca l’informazione più semplice da ritrovare,
per non sostenere sforzi maggiori (cosa che implica maggiori risorse) per cercare
l’informazione più affidabile.
In tal senso, vorrei sottolineare l’importanza dell’uso di un portale come il nostro
AERADE, una risorsa che intende integrare diverse fonti d’informazione. Un portale
che renda disponibile l’informazione pubblicata, quella diffusa da organizzazioni
come l’AIAA e, ritornando al punto di partenza del prof. Monti, che dia accesso a
diversi tipi di letteratura grigia.
Dato che in ogni caso non possiamo fornire tutta l’informazione disponibile, un
approccio come quello del nostro portale, dal momento che integra, tra gli altri, strumenti
quali le banche dati professionali, può riuscire estremamente utile. Ricordo che attraverso
EINS sono disponibili tutte le banche dati AIAA e la banca dati della NASA. Resta
ovviamente da sciogliere il nodo rappresentato da chi vuole partecipare all’alimentazione
di questi tipi di servizi d’informazione e chi non ritiene opportuno farlo.
Ma affrontiamo un problema alla volta: ritengo che una delle aree di maggiore
criticità sia quello della letteratura grigia e, anche in considerazione dell’interesse
dimostrato dai presenti sul tema, vorrei chiedere al mio collega, P. Needham, di
definirla.
Rodolfo Monti: Mr. Needham, può proporci una definizione di letteratura grigia?
Paul Needham: la letteratura grigia è un insieme molto articolato: si va dai report
tecnici veri e propri ai documenti che accompagnano prodotti commerciali dei tipi
più vari. Come sapete, perché un report, anche formalmente pubblicato, si possa
considerare letteratura grigia, occorre che non venga distribuito attraverso normali
canali commerciali. È questa, probabilmente, la definizione chiave. La letteratura grigia
86
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
è dunque materiale prodotto da governi, università, industrie non reperibile attraverso
i canali editoriali convenzionali. Penso che sia questa la definizione più efficace.
Rodolfo Monti: tale definizione chiama in causa il tempo come parametro decisivo:
la letteratura grigia può cambiare e diventare “bianca” o “nera”, pubblicata insomma,
a seconda del valore del report.
Per l’utente dei servizi di informazione ottimizzare la scelta non è semplice:
bisognerebbe avere sotto controllo tutta la documentazione di un certo settore,
pubblicata e non pubblicata, e poi selezionare il meglio. Giudicare non è una cosa
probabilmente così facile.
Sull’affidabilità e sulla qualità dell’informazione abbiamo qualche opinione dal
mondo delle imprese? Ci piacerebbe sapere che cosa desiderano in materia.
Mauro Russo: buongiorno, mi chiamo Mauro Russo, faccio parte di Alenia
Aeronautica e lavoro alla gestione dati di prodotto.
Mi sento un po’ spaesato in questo contesto, perché il mio àmbito di lavoro, dove
pure vengono portate avanti attività di ricerca, richiede principalmente informazioni
strettamente legate alle attività produttive.
Una prima considerazione: tutte le industrie italiane, non soltanto quelle
aerospaziali, devono acquisire informazioni da sistemi che spesso si sovrappongono
e che non sempre assicurano la completa soddisfazione dell’utente che opera nel
settore industriale.
La seconda considerazione, di carattere più direttamente economico, è quella per
cui i costi sostenuti dalle imprese sono veramente esorbitanti.
Sono convinto che, se i fornitori d’informazione riuscissero a sviluppare alcune
sinergie, il risultato potrebbe portare a miglioramenti notevoli nei servizi erogati e si
potrebbe produrre nel contempo un abbattimento dei costi.
Un esempio può aiutarmi a chiarire questo concetto: in Italia l’UNI, l’Ente
Italiano di Unificazione e Certificazione, fornisce tutto il materiale su supporto
cartaceo tranne che per le sezioni Qualità ed Edile. Da qualche anno, queste sezioni
vengono rese disponibili su CD-Rom frozen, “congelate”, e quindi non suscettibili di
aggiornamento se non all’arrivo della nuova versione.
Ciò significa che le informazioni acquisite spesso abbinano due difetti: all’alto
costo si aggiunge il problema di non essere aggiornate con la necessaria velocità.
Notate che si tratta di informazioni fortemente dinamiche, che hanno significato e
valore solo se costantemente aggiornate.
Tutte le industrie manifatturiere, non soltanto quelle aerospaziali, affrontano
processi di certificazione in modo tale da poter superare i test di legge, le specifiche
di processo, le specifiche degli utenti e dei clienti.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
87
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Se i processi di certificazione non sono sostenuti da informazione, che sia
aggiornata ed in tempo reale, si determinano gravi problemi di funzionalità.
In base a queste considerazioni, la domanda che vorrei porre ai nostri ospiti inglesi è la
seguente: come può un’organizzazione, che si propone di gestire l’informazione nel settore
aerospaziale europeo, venire incontro alle specifiche esigenze del settore industriale?
Rodolfo Monti: grazie, ing. Russo. Probabilmente una “raccolta di requisiti-utente”
è uno dei task più importanti per gli amici di Cranfield. Faccio questa affermazione,
tenendo conto della complessità e dell’eterogeneità dei requisiti degli utenti nel
settore aerospaziale.
Mr. Harrington, può dirci qualcosa in proposito?
John Harrington: sì, certo. Nella mia presentazione di questa mattina ho evidenziato
come uno degli obiettivi del progetto AIM-EU sia quello di identificare le fonti
d’informazione e l’importanza che possono avere per i diversi tipi di utenti. Per inciso,
vorrei invitare tutti voi a fornirci un feedback sulle specifiche fonti d’informazione
che possono risultare d’interesse.
In un àmbito industriale qual è quello di Alenia, osserviamo che la ricerca ed
il management dell’informazione sono fortemente orientati a soddisfare i requisiti
posti dai diversi tipi di standard tecnici. Noi desideriamo conoscere ancor meglio
e comprendere gli approcci peculiari delle realtà industriali italiane: penso che, in
passato, alcune delle fonti d’informazione rese disponibili non siano state utilizzate
tanto quanto ci aspettavamo. Ora la domanda da porsi è perché questo sia avvenuto.
Abbiamo forse garantito l’accesso a fonti d’informazione non pertinenti? In tal caso,
se noi e gli utenti italiani abbiamo qualcosa da raccomandare all’ESA, questa è
un’occasione da non perdere.
Occorre infatti essere certi che il focus sia posto su tipi d’informazione realmente
desiderati. Ciò significa non solo conoscere quale tipologia d’informazione venga
richiesta, ma capire le motivazioni degli utenti (la necessità di conoscere ed
utilizzare gli standard tecnici è una di queste). Solo dopo aver compiuto questi passi
preliminari, potremo pensare coerentemente alle più efficaci modalità di accesso
all’informazione.
Ritengo che l’ultima cosa da fare sia quella di compiere uno sforzo enorme per
mettere su servizi che dànno accesso a fonti d’informazione scarsamente utilizzate.
Ecco perché è importante che gli utenti ci orientino con chiarezza.
Paul Needham: mi rivolgo in particolare all’ing. Russo. Lei parla di problematiche
che mi sono ben note: l’“informazione per tempo” e il supporto alle metodologie di
problem solving sono tutti elementi su cui è incentrato il lavoro di Cranfield. Tenga
88
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
presente che il servizio informativo della Cranfield University non è concentrato
sull’aerospazio in particolare, ma copre diversi filoni tecnologici ed ingegneristici.
Non a caso, nella presentazione di stamane, ho citato i servizi di “Alerting” per gli
utenti. In generale, tutto il nostro lavoro, sia quello ordinario sia quello svolto per lo
AIM-EU study, è centrato sull’idea che ingegneri e tecnologi lavorino per risolvere
problemi specifici ed abbiano bisogno di informazione aggiornata in maniera
molto rapida. Ciò forse non riesce ancora ad emergere in tutta la sua evidenza nelle
presentazioni del lavoro condotto nell’àmbito dell’AIM-EU study; spero, però, che
l’ulteriore sviluppo del progetto colmi questa lacuna.
Roy Kitley: vorrei solo chiarire un punto con l’ing. Russo. Lei ha menzionato l’UNI
e le normative tecniche emesse da questo ente: potrebbe dirci in quale formato sono
disponibili attualmente questi standard?
Mauro Russo: nel mio intervento precedente ho citato l’esempio dell’ente italiano di
normazione, l’UNI, ma esiste una pluralità di enti normativi tecnici internazionali:
a partire da quelli di àmbito militare, che producono le MIL [Military Standards],
per venire alle DIN [Deutsches Institut für Normung], le ASTM [American Society
for Testing and Materials], le JAR [Joint Aviation Requirements], le SAE [Society
for Automotive Engineers], l’ACM [Association for Computing Machinery], le FAR
[Federal Aviation Regulations].
Tutte queste norme, fatta eccezione per FAR e JAR, interessano gli ambienti
industriali più diversi. Ciò significa che una serie di problemi sono comuni a molti
comparti industriali. Provo ad elencarli:
• il problema della disponibilità delle norme;
• quello del loro aggiornamento;
• quello della limitazione dei costi.
Ferruccio Diozzi: l’ing. Russo ha sottolineato un problema veramente importante
per il settore industriale. Con John Harrington e con gli altri colleghi di Cranfield e
della British Library, già questa mattina, abbiamo cominciato a parlare dei bisogni
di informazione degli utenti appartenenti al settore delle imprese private come uno
dei topic specifici di un lavoro di ridefinizione del management dell’informazione nel
settore aerospaziale.
La massa e la complessità delle informazioni riguardanti i processi di certificazione
ed, in generale, la normativa tecnica sono estremamente rilevanti.
In una fase tipica di transizione qual è quella che noi viviamo (intendo transizione
da supporti puramente fisici a supporti elettronici con spostamento del focus dal
possesso all’accesso di informazione), la complessità ed, in ultima analisi, le difficoltà
degli utenti possono aumentare ed anzi moltiplicarsi.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
89
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
I costi sono assai elevati, difficili da sostenere per singole compagnie e per singole
organizzazioni, sia a livello nazionale che internazionale.
È probabile che, a fronte di un’utenza potenzialmente anche molto ampia, l’offerta
degli enti di normazione tecnica e certificazione non sia ancora del tutto adeguata.
Forse persino Cranfield, British Library e CINECA, organizzazioni che
gestiscono l’informazione nel settore aerospaziale, potrebbero utilizzare queste
prime osservazioni come elementi per elaborare una nuova strategia dell’offerta
d’informazione adeguata alle esigenze. Forse ciò potrebbe colmare un gap, nei
confronti di ampie fasce di utenti e di potenziali clienti.
Se poi si guarda a problemi più specificamente connessi alla gestione ed al
recupero dell’informazione nel settore della ricerca, che è il mio campo di attività più
diretto, intendo la tipica informazione tecnico-scientifica di cui parlava prima il prof.
Monti, se ne aggiungono altri di non lieve peso.
Quando John Harrington, parlando della ricerca senza intermediari, rileva una
spiccata tendenza alla scarsa accuratezza anche in istituti prestigiosi come Cranfield,
comprendiamo che il valore aggiunto offerto o meno dal bibliotecario, dallo
specialista dell’informazione, non è più uno slogan, ma una necessità autentica,
sia in contesti “avanzati” sia in contesti, come quello italiano, che troppe volte si
considerano “arretrati”.
Ricordo un articolo di venti anni fa, Do we really need libraries?, acuto e
provocatorio, e mi viene da pensare che le conclusioni tratte dall’autore siano ancora
valide. Ciò in presenza di uno scenario ulteriormente cambiato, diversificato e reso
più complesso dalla forza delle tecnologie, come pure da approcci, organizzativi e
cognitivi, assolutamente assenti dal panorama sino a pochi anni fa.
Il pensiero, com’è ovvio, corre a tutti i paradigmi, i modelli, i termini, con cui
tentiamo oggi di comprendere fenomeni complessi riguardanti le biblioteche e i
servizi che gestiscono l’informazione.
Io penso che noi abbiamo bisogno di queste strutture, biblioteche “ibride”,
“digitali”, e di altri servizi che oggi non riusciamo neanche ad individuare da un
punto di vista terminologico, ma che, forse, sono dietro l’angolo, in esperienze
ancora non codificate o poco conosciute.
Abbiamo bisogno delle biblioteche, e non voglio soltanto parlare “pro domo mea”,
a favore, cioè, della carriera mia e dei miei colleghi. Ribadisco invece questo concetto
con assoluta convinzione, perché ritengo che alle attività di ricerca dell’informazione
possa venire “valore aggiunto” unicamente da chi è professionalmente deputato
a farlo: dal bibliotecario, dal documentalista, dallo specialista dell’informazione.
Tale valore aggiunto scaturisce appunto dalle soluzioni innovative nella gestione
dell’informazione che solo gli specialisti dell’informazione possono offrire ad utenze
sempre più segmentate e complesse.
90
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
Gli approcci e le soluzioni illustrati nel seminario e i casi via via esaminati in
questa tavola rotonda, quantunque estremamente diversificati, hanno in comune
alcune esigenze di base.
Tra le altre, c’è quella che nasce dalla necessità di condividere risorse e di non
essere sommersi dalla sovrabbondanza d’informazione: cosa che coinvolge in egual
misura, mi pare, chi come l’ing. Mauro Russo, in un contesto industriale, deve fare
i conti con la normativa tecnica e la sua rapida obsolescenza e chi, in contesti di
ricerca - siano essi università o centri come il CIRA - si accorge che è indispensabile
migliorare le performance per fare in modo che né gli specialisti né gli utenti, laddove
questi possano operare in autonomia, ne siano sommersi.
Il ribadire la validità e la necessità degli approcci degli specialisti fa sì che
naturalmente si sviluppino altri circoli virtuosi: con corretti approcci, derivati da
un’efficace user education, gli utenti potranno andare avanti, almeno per un certo
tratto di strada, da soli.
È un aspetto molto importante, soprattutto per i nostri ambienti di lavoro,
nei quali, per definizione, le risorse disponibili per realizzare concretamente questi
obiettivi non sono illimitate. La user education, insegnando ai nostri utenti a valersi in
maniera autonoma delle fonti di informazione, può contribuire a contenere i costi.
Proprio sotto questo rispetto, devo fare i miei complimenti al tipo di attività
che i colleghi inglesi stanno portando avanti nel loro contesto e faccio particolare
riferimento al portale che ci è stato proposto, questa mattina, da P. Needham. Una
soluzione attraverso cui è possibile accedere, contemporaneamente, ad informazioni
e documenti estremamente diversi tra loro che, solo sino a dieci anni fa, non si
pensava affatto di riuscire ad integrare.
Oggi occorre non soltanto integrare l’accesso a queste informazioni, ma anche
mettere in parallelo tre differenti attività:
• ricerca dell’informazione
• education
• gestione dei flussi di lavoro.
Secondo me, soprattutto nel settore aerospaziale, oggi si sente fortissimo il
bisogno di un discorso integrato, ed è non meno urgente decidere come sia possibile
svolgerlo, in forza delle tecnologie e degli approcci che si vanno sperimentando.
Rilevo infine la necessità che organizzazioni quali il CIRA, che anche nel
settore dell’information management vogliono assumere un ruolo davvero proactive,
stimolino e promuovano questa tendenza nel contesto italiano.
Rodolfo Monti: grazie, dr. Diozzi. C’è qualcuno che voglia intervenire?
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
91
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Mauro Russo: volevo soltanto aggiungere una cosa importante: nell’acquisire quel tipo
di documentazione di cui parlavo prima, tutte le aziende in Italia e nel mondo impiegano
enormi risorse, anche perché obbligate a contattare fornitori diversi che naturalmente
praticano politiche diverse. Se un’unica organizzazione riuscisse a rendere disponibile,
a livello commerciale, tale tipo di documentazione, se ci fosse non dico un’unica
interfaccia, ma almeno un’offerta non meno ampia gestita però da un unico soggetto,
una simile iniziativa non potrebbe che incontrare il pieno favore del cliente industriale.
John Harrington: dalle parole dell’ing. Russo sorgono due domande: la prima è
quella legata al soggetto, all’organizzazione che potrà in futuro agire da provider,
coprendo un’area d’informazione e documentazione assai ampia. Quale tipo di
organizzazione può coordinare questa attività? Potrà essere l’ESA a farlo o un altro
tipo di organizzazione?
L’altra questione riguarda le tipologie di informazione su cui concentrarsi:
standard tecnici, letteratura grigia che non passa attraverso i canali convenzionali?
Qual è la priorità su cui è concentrata l’industria aerospaziale italiana?
Mauro Russo: cerco di rispondere io e dico entrambe le cose: avere il controllo degli
standard significa riuscire a far vivere le nostre attività già esistenti; avere accesso ad
un certo tipo di documentazione tecnico-scientifica, insieme con la sua disponibilità,
significa favorire la nascita di nuove attività e di nuovi business.
Rodolfo Monti: Molte grazie. Passo ora ad un altro tema ed intendo riferirmi
alle prospettive. Qual è lo scenario delle biblioteche e dei servizi d’informazione
prefigurato nel vostro studio? Cosa sarà una biblioteca nel 2010? Equivarrà ad un
portale, ad una rete, o, estremizzo, non ve ne sarà più bisogno?
Ho assistito alla transizione dalle biblioteche tradizionali, che sviluppavano le
proprie collezioni di documenti cartacei, all’avvento di altri supporti: dapprima le
microfiche, poi le collezioni d’informazione in formato elettronico, le banche dati,
in linea e su CD-Rom.
Nella vostra visione che cosa diventeranno le biblioteche? Grandi sistemi di
“storage” dell’informazione od altro? Personalmente ritengo che la figura del
bibliotecario sarà sempre presente. È la figura professionale di colui che gestisce
l’informazione, realizzando una serie di attività di trattamento dell’informazione in un
modo o in un altro, anche se non si può non tener conto della diversità dei supporti.
Per questo vi chiedo: qual è la vostra opinione sulla trasformazione di biblioteche
e servizi nei prossimi dieci anni?
John Harrington: nel rispondere a questa domanda partirò da alcuni elementi certi,
stabiliti dalle nostre ricerche sull’utenza inglese.
92
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
In generale, concordo con quanto ha detto il dr. Diozzi e ho una visione piuttosto
ottimistica riguardo alla “sopravvivenza” delle biblioteche e all’importanza degli
intermediari dell’informazione. Devo però tener conto di come in realtà coesistano
tendenze opposte. Le ricerche condotte nell’àmbito dell’AIM-EU study mostrano
che, quando ingegneri e ricercatori cercano informazione, la prima cosa che
fanno è guardare all’informazione più immediatamente reperibile, senza rivolgersi
all’intermediario. Se non riescono ad ottenere una risposta, sono soliti chiedere ai
colleghi, più o meno vicini. E, comunque, a chi abbia già affrontato il problema.
Ciò mi fa sorgere delle preoccupazioni per noi bibliotecari e specialisti
dell’informazione: bisogna rendersi conto che, in parecchi casi, i canali su cui siamo
abituati a lavorare - collezioni, banche dati, etc. - non sono utilizzati al meglio. Gli
specialisti, in particolare, sono visti come una sorta di “ultima spiaggia”.
Tuttavia, pur di fronte a certe tendenze, il mio ottimismo sul destino della
professione è sostenuto da molteplici fattori. Questa mattina, parlando del mio
ruolo abituale che è appunto quello di lavorare in un servizio di informazione, ho
avuto modo di ricordare che mettere insieme fonti d’informazione diverse è stato da
sempre uno dei ruoli di biblioteche e di bibliotecari. Certo, è innegabile il problema
prodotto dall’avvento di Internet: ognuno ha visto se stesso come un esperto
ricercatore d’informazioni.
Ciò che tentiamo di fare nel nostro lavoro di tutti i giorni è mostrare come
bibliotecari ed intermediari abbiano ancora un ruolo importante da giocare e questo
è anche uno degli obiettivi del nostro servizio AERADE: usare tutti i nostri skill
tradizionali per essere in grado di definire e comprendere i bisogni di utenti e clienti.
Sfruttare i nostri skill per identificare fonti d’informazione e per renderle disponibili.
Certamente non dobbiamo commettere l’errore di pensare alle biblioteche
unicamente come a dei luoghi fisici, per quanto automatizzati e dotati di servizi
efficienti. Dobbiamo sforzarci di pensare in termini di collezione virtuale. Questo ci
permette di immaginare biblioteche senza orari di apertura, non limitate dal tempo
o dallo spazio.
A volte, non occorre recarsi fisicamente in biblioteca, quando si dispone della
possibilità di accedere alle informazioni e di organizzare le conoscenze attraverso
portali come AERADE; che è, appunto, un portale specializzato, in cui l’utente può
avvalersi di varie fonti d’informazione residenti su diversi sistemi. Questo è il modo in
cui biblioteche e bibliotecari, nella pratica, svolgono un ruolo decisivo nella gestione
dell’informazione. Tra l’altro, strumenti come AERADE dànno modo di conoscere
ancor meglio la situazione delle utenze: dalla valutazione degli utenti che abbiamo
condotto, risulta che si sono giudicati in gran numero ricercatori d’informazione
“esperti”. Questa auto-classificazione è stata contraddetta però da due elementi:
• nel rispondere a domande differenti gli utenti hanno rivelato di non distinguere
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
93
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
tra diversi tipi di fonti. A questo proposito, esiste un fenomeno, conosciuto
a Cranfield come il “Google phenomenon” e noto probabilmente anche a
voi. Google è, come sapete, un motore di ricerca potente ed evidentemente
molti utenti pensano che le informazioni da loro cercate possano essere
efficacemente trovate attraverso Google. Avere accesso a risorse di qualità
costa e la gente si limita per lo più ad usare Google;
• se noi guardiamo ai log di ricerca ed al tipo di termini che la gente sta
utilizzando, è chiaro che AERADE non viene sfruttato al massimo delle sue
potenzialità.
Questo spinge noi specialisti dell’informazione a lavorare su svariati fronti:
• migliorare le capacità degli utenti nell’uso di alcuni strumenti di ricerca;
• fare in modo che gli utenti, sia che lavorino in diverse ore della giornata in
biblioteca, sia che lavorino in remoto, usufruiscano di adeguato supporto;
• andare incontro ai bisogni degli utenti.
È quindi giusto non pensare alle biblioteche come a dei semplici luoghi fisici. Lo
sono, ma sono anche molto di più.
Rodolfo Monti: molte grazie, Mr. Harrington, per il suo intervento. Altri
contributi?
Ennio Tarantola: mi chiamo Ennio Tarantola e dirigo la Biblioteca dell’Area
Scientifico - Tecnologica dell’Università di Roma Tre. L’ultimo intervento è stato
di estremo interesse: è focalizzato soprattutto sul futuro delle biblioteche e ne viene
fuori, mi pare, una netta distinzione tra biblioteca tradizionale, “fisica”, e biblioteca
virtuale. Questa contrapposizione, se non risolta, può essere fonte di equivoci e
danni per l’intero sistema di gestione dell’informazione.
La necessità di reperire l’informazione presuppone una struttura - organizzativa,
procedurale, tecnologica - alle spalle. Questa struttura non può basarsi su sistemi
improvvisati: alcuni servizi potrebbero non essere in grado di rispondere alle necessità
degli utenti di accedere alle informazioni.
Credo che l’unica soluzione sia quella di integrare diverse funzioni, tradizionali
e moderne, in una struttura in cui vengono recepite le necessità informative
tipiche della società complessa. Proseguire nella contrapposizione potrebbe essere
estremamente dannoso: le biblioteche debbono essere potenziate. Tutto quello che
riguarda l’informazione va portato all’interno della biblioteca non in quanto struttura
meramente conservativa, ma in quanto struttura dinamica, capace di prevedere altresì
nuove figure professionali che siano in grado di erogare nuovi servizi.
94
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
Io credo che l’esigenza di avere accesso all’informazione sia largamente diffusa; è
diffusa però anche l’esigenza di risparmiare sull’acquisizione di documenti e dati. Le
biblioteche, in particolare le biblioteche universitarie, possiedono già gli strumenti
per intervenire su questi processi, ma spesso accade che tali strutture non godano di
sufficiente credibilità e siano lasciate da parte.
Ciò è profondamente errato: occorre andare verso sistemi integrati di gestione
dell’informazione in cui le biblioteche, con il loro patrimonio di approcci e di
metodologie, siano uno degli elementi fondamentali. Ciò vale in special modo, lo
ribadisco, per ambienti universitari e di ricerca.
Rodolfo Monti: credo che vada probabilmente operata una distinzione tra molti
contenuti informativi delle scienze umane e quelli dei settori scientifico e tecnologico.
Nel primo caso il trasferimento in supporti digitali o l’accesso digitale ai contenuti
sono, ancora oggi, meno richiesti.
Sulla questione della “sopravvivenza” dei bibliotecari ho espresso, poco fa, l’idea
di come la mediazione sia pur sempre necessaria. Non posso però fare a meno di
osservare che la possibilità di ricevere al proprio tavolo di lavoro informazioni
aggiornate, affidabili, dai costi contenuti è oggi una realtà.
Penso che qui si scontrino due tendenze: da un lato, il desiderio di poter lavorare
in autonomia e, dall’altro, il bisogno e la voglia, che tutti noi proviamo, di godere,
anche fisicamente, di uno stacco dal nostro lavoro, sia per riposarci mentalmente, sia
per ampliare i nostri orizzonti e riflettere con maggiore efficacia su quanto stiamo
già elaborando.
La prima tendenza, soprattutto nel nostro ambiente, è molto forte. Eppure,
abolendo completamente la dimensione fisica dei servizi di biblioteca, si rischia
di perdere qualcosa. Allora mi viene da chiedermi: come si può riequilibrare
quest’orientamento?
Ennio Tarantola: una brevissima replica; a me sembra che così il prof. Monti
alimenti la contrapposizione: tra biblioteche ed utenti, tra biblioteche ed altri servizi
informativi.
Ribadisco la mia convinzione: le biblioteche del futuro potranno rendere
disponibili tutte le informazioni in modo che da qualunque punto del mondo,
indipendentemente dallo spazio e dal tempo, si possa accedere alle risorse informative
individuate e si possano ottenere in tempo reale i documenti relativi.
Tutto ciò contattando il bibliotecario, che non è un ostacolo tra l’utente e
l’informazione, bensì l’agente principale di un processo di diffusione dell’informazione
più rapido, più efficace, più affidabile del passato.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
95
Dossier
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
John Harrington: personalmente continuo a ragionare in termini di servizi di
informazione: il problema che stiamo affrontando in questa sede è quello delle
biblioteche e dei servizi d’informazione che non riescono ad avere sufficiente influenza
all’interno delle organizzazioni di appartenenza. Abbiamo bisogno del conforto del
management, di quanti effettivamente prendono le decisioni, per convincere proprio
quelle organizzazioni a sviluppare attività o a partecipare ad accordi di collaborazione.
Dobbiamo naturalmente essere in grado di comprendere i bisogni informativi
presenti. Non possiamo decidere da soli, ma spero che, alla fine di giornate come
questa, si chiudano i lavori con un consenso ben maggiore nei confronti delle proposte
operative degli specialisti e con la convinzione, da parte di tutti, specialisti ed utenti,
che la condivisione di risorse informative e i diversi accordi di collaborazione possibili
siano la via migliore per andare avanti. Per questo è molto importante identificare i
“decisori”: vale a dire le figure professionali che ricoprono ruoli organizzativi strategici
nelle organizzazioni, quelle appunto che dobbiamo convincere. Per quanto possa
attribuire importanza agli specialisti ed ai bibliotecari, non penso che le decisioni
finali, in termini di accordi di collaborazione, vengano prese soltanto da costoro.
Rodolfo Monti: grazie Mr Harrington. C’è ancora qualcuno che voglia intervenire?
Siamo quasi alla fine della tavola rotonda, ma le questioni aperte restano parecchie.
Per un momento, vorrei evitare ulteriori sforzi nell’immaginare il futuro dei servizi.
Preferirei, invece, che ci concentrassimo sulla raccolta dei “requisiti utente”.
Roberto Stalio: ribadirei, quasi in conclusione, il problema della qualità
dell’informazione, che resta comunque centrale in ogni settore e assume particolare
rilievo in quello della ricerca aerospaziale.
Roy Kitley: vorrei rinnovare i ringraziamenti di J. Harrington a voi tutti per essere
stati presenti e per aver partecipato in maniera così attenta ai lavori di questo
seminario: direi che è andato tutto molto bene e vorrei di nuovo ringraziare il prof.
Monti per aver presieduto la sessione pomeridiana.
Va infine sottolineato un punto: l’intera iniziativa AIM-EU non è un’iniziativa
della British Library o dell’Università di Cranfield, ma dell’ESA stessa. L’Agenzia,
che per lungo tempo ha avuto la responsabilità della diffusione dell’informazione,
si rende conto della necessità di disseminare nel settore aerospaziale informazione di
buona qualità. Per questo l’ESA è molto riluttante a proporre fonti d’informazione
non affidabili. Se alla fine di questo progetto le cose avranno funzionato, saremo in
grado di raccomandare all’Agenzia il modo più efficace per realizzare l’incontro tra la
domanda d’informazione e le fonti migliori. Ancora grazie a tutti voi.
96
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio
Dossier
John Harrington: vorrei pregarvi di compilare i nostri questionari e/o di passarli ai
vostri colleghi. Se ci sono ulteriori domande non esitate a contattare il team AIM-EU
study.
Rodolfo Monti: con l’invito di Mr. Harrington e ringraziando tutti i partecipanti,
chiudiamo questa tavola rotonda.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
97
Schegge
a cura di DOMENICO BOGLIOLO
Schegge
KM-Appunti. 5: KM e “nuova” logica
Paolo Bisogno ha lasciato innumerevoli tracce delle quali sarà il caso, prima o
poi, di fare un inventario completo. Non tanto per la definizione dell’eredità del
suo pensiero, che non ne ha necessità1, quanto per riscoprire innumerevoli percorsi
di ricerca che egli ha, direttamente o indirettamente, promosso o ispirato e che
continuano a dare i loro frutti. Ne estraiamo uno, esito di un impegno di lavoro
decennale del suo ISRDS [Istituto di Studi sulla Ricerca e la Documentazione
Scientifica]2, che ci tocca particolarmente da vicino, tanto dal punto di vista del “fare”,
che pare più caratteristico dell’ingegnere (e che sottostà al termine management),
quanto da quello del “conoscere”, il quale pare più pertinente al ricercatore scientifico,
anche se oggi l’espressione knowledge management (che nelle aule universitarie,
uscendo dalle tradizionali facoltà di economia, può diventare facilmente “ingegneria
della conoscenza”) sa rappresentare una nuova, direi felice e consolidata sinergia fra
il governo delle organizzazioni (con gli inerenti strumenti tecnologici) e le scienze
umane: possiamo allora parlare genericamente di “scienza dell’organizzazione della
conoscenza” se decidiamo di vedere, sempre e comunque, anche componenti pratiche,
gestionali o direzionali, incluse idealmente nel concetto di conoscenza, la quale non si
darebbe, allora, se non nella forma di conoscenza organizzativa3.
Ora, se gli epistemologi – per dirla con Davenport e Prusak4 – concentrano le
loro analisi teoriche sulla comprensione del significato della conoscenza, è pur vero
– aggiungono – che la gestione della conoscenza all’interno delle organizzazioni ha,
più che altro, necessità di definizioni operative; è però altrettanto vero – aggiungiamo
– che queste abbisognano di quelle, non solo per “funzionare” correttamente, ma
anche per chiarire all’operatore della conoscenza l’àmbito entro il quale queste stesse
definizioni operative acquistano senso e valore.
Proveremo inizialmente a ritagliare qui, poco più che indicativamente, dal
complesso delle citate ricerche ispirate da Paolo Bisogno, un profilo unitario,
insieme epistemologico e operativo, della modellizzazione e della categorizzazione
della conoscenza, che possa esserci di aiuto per chiarirci quali siano i nuovi confini
conoscitivi che il KM sottende pur nelle prassi quotidiane5.
Per restare nell’àmbito aziendalistico, il primo dato dal quale ci è comodo partire
è la crisi tendenziale, che è dei nostri tempi, del modello cosiddetto “tayloristico”
dell’organizzazione (non solo aziendale), e il fatto che con il suo progressivo uscire
di scena se ne stia anche andando (o cominci a mostrare la corda anche se, si deve
riconoscere, il “vecchio” modello resiste assai bene…) una parallela concezione del
mondo fondata su modelli di conoscenza configurata come un sistema chiuso, nel
quale le interazioni del soggetto percipiente con la realtà cosiddetta esterna sono
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
101
Schegge
salde, sono note, certe, e perfettamente conoscibili. L’informazione-conoscenza,
univoca per definizione, cala dall’alto, nella struttura gerarchica top-down “a fittone”,
mantenendosi sempre coerente con se stessa fino all’ultima ruota del carro. È una
concezione che, dal punto di vista gestionale, consente di instaurare e mantenere
più o meno immutato nel tempo il medesimo rapporto fornitore-cliente (o, se si
preferisce, governo-sudditi o clero-fedeli o anche autore-lettore o docente-discente,
bibliotecario-utente, e simili) e nel quale un lungo ciclo di vita dei prodotti e dei
servizi consente pianificazioni del mondo anche per tempi considerevolmente lunghi.
È la concezione dell’interazione fornitore-cliente chiamata della mass production
contro l’attuale concezione, indotta dalla globalizzazione, della mass customisation.
Non si tratta, a ben vedere, che di una traduzione operativa dell’antico sistema
logico deduttivo che Frege6 ha contribuito a formalizzare, e che serve per creare
ordine tra i dati della conoscenza che altrimenti, e di per sé, apparirebbero essere solo
un coacervo di “cose” sparse e disomogenee. Qui la conoscenza è organizzata in modo
assiomatico per cui, individuate alcune proposizioni fondamentali, tutte le altre ne
derivano logicamente e, tolte quelle, l’intero edificio crolla. Questo sistema, che ha
fornito per qualche millennio il modello corrente della conoscenza, possiede tuttavia
alcune caratteristiche che agli occhi contemporanei appaiono come difetti: non sa
rappresentare adeguatamente le conoscenze in evoluzione7 né quelle incoerenti (che
anzi distruggono il sistema) né, tanto meno, sa dar conto delle interazioni dinamiche
tra sistemi diversi e nemmeno può venir esteso per stadi o moduli successivi. È
anche, un po’, il sistema dell’intelligenza artificiale “vecchia maniera”, tipico di una
fase ispirata più alla cibernetica classica che alle scienze dell’informazione8, e che
sa quindi, a onta dei meccanismi di retroazione, gestire solo conoscenze statiche
(relative a uno stato di cose fissato con regole immodificabili) e concentrate (ciascuna
relativa a un unico sistema di cose e a un unico sistema di regole).
Sistema – e mondo – chiuso, dunque, contro sistema – e mondo – aperto. Abbiamo
elaborato nella tabella che segue una sintesi delle principali contrapposizioni.
Sistema chiuso
Deduzione assiomatica
Riduzione del numero dei dati
L’incoerenza distrugge il sistema
Linguaggio e principî prefissati
Ipotesi non modificabili
La soluzione del problema è un processo finito
Si gioca a regole fisse
Logica matematica9
Logica dell’oggetto
Teorema di completezza di David Hilbert10
102
Sistema aperto
Induzione analitica
Accettazione di dati incoerenti
L’incoerenza arricchisce il sistema
Di prefissato c’è solo il problema
Ipotesi modificabili
Il processo di soluzione è potenzialmente infinito
Si gioca per cambiare le regole
Logica computazionale9
Logica della navigazione
Teorema di incompletezza di Kurt Gödel10
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Schegge
Macchina di Turing11
Meccanica dei solidi
Struttura a fittoni
Non scambia informazioni con l’esterno
Conoscenze statiche
Conoscenze concentrate
Non modellizzazione del passaggio del tempo
Sistema monologico
Interpreta il pensiero
Hard computing
Mass production
Ecc.
La “nuova macchina”
Meccanica dei fluidi
Struttura a rizomi
Scambia informazioni con l’esterno
Conoscenze dinamiche
Conoscenze distribuite
Modellizzazione del passaggio del tempo
Sistema dialogico
Interpreta la storia
Soft computing
Mass customisation
Ecc.
A differenza dei sistemi chiusi, infatti, i sistemi aperti (l’analogia più evidente è
con gli esseri viventi) non si basano su assiomi ma su ipotesi analitiche che possono
cambiare con lo sviluppo del sistema stesso. Per l’organizzazione il capovolgimento è
rivoluzionario: le regole stesse non sono definite ma, in più, possono (anzi, devono)
cambiare nel corso del gioco, per cui è opportuno che tutti i limiti siano trasgrediti, se
non altro perché, per definizione, assolutamente parziali e bisognosi del confronto e
della negoziazione con altri limiti e con altri sistemi. E, ciò che più conta per il nostro
argomento, è il fatto che nei sistemi aperti non si assume che tutta la conoscenza sia
concentrata in un unico sistema, ma si ammette che essa possa essere distribuita tra
più sistemi (gerarchia “a rizomi”) e quindi che la comunicazione, la cooperazione e
l’interazione tra sistemi svolgano un ruolo essenziale.
Questa visione del mondo complica certamente le cose per un amministratore
“tradizionale” della conoscenza, ma appare più verosimile: senza rievocare per
questo il dottor Faustroll, si direbbe trattarsi di una specie di sistema patafisico,
alla ricerca del particolare, del governo delle eccezioni, le cui soluzioni non sono,
però, immaginarie, ma solo del tutto governabili, perché non siamo nel regno della
metafisica ma in quello della pragmatica.
Ad ampliare il campo delle analogie esplicative ci aiutano due veloci scorribande
nella linguistica e nella neurobiologia.
Anche la morfogenesi linguistica sta infatti superando la meccanicità del modello
cibernetico della lingua, intesa come “scambio di segnali”, mezzo rappresentativo
simbolico – e largamente oggettivo – di comunicazione, frutto di un coordinamento
convenzionale fra segno e significato, a vantaggio di un suo fondamento prelinguistico, psicologico, risultato di un evento fisico, concreto, percettivo, un
“linguaggio dei sensi” modificabile nel tempo già prima della distinzione soggettiva
fra il percipiente e l’oggetto percepito e quindi prima di qualunque distinzione tra
linguaggio, pensiero e realtà. Il pensiero si articolerebbe, insomma, in un contenuto
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
103
Schegge
mentale libero, non determinato, figurale, che solo successivamente l’ideologia (o le
false coscienze) della rappresentazione tradurrebbe in forme oggettivate. È dunque
di questo “caos” intenzionale che dobbiamo tener conto prima di affermare nuove
categorie per una più o meno certa interpretazione del mondo e, di conseguenza, per
un ridisegno efficace dell’organizzazione.
Le impostazioni anti-oggettivistiche della neurobiologia cognitiva sono, dal canto
loro, altrettanto radicali12, criticando la concezione tradizionale del sistema “chiuso”
per la quale è l’azione che dipende da rappresentazioni interne, e non viceversa
(com’è invece per la concezione del sistema “aperto”) o il fatto che le rappresentazioni
mentali rispecchino “stati di cose” oggettivi del cosiddetto “mondo esterno” o ancora
che le rappresentazioni siano codificate in formati linguistici statici interconnessi
mediante precise regole di composizione logica o, infine, che il “linguaggio del
pensiero” venga elaborato dai soli organi centrali in séguito a informazioni raccolte
indipendentemente dai singoli organi sensoriali.
Nei sistemi chiusi, insomma, bisogni ed emozioni potevano sì accompagnare
o alterare le rappresentazioni e il ragionamento, ma essi non figuravano tra i
loro elementi costitutivi13, mentre nel modello del sistema aperto viene superata
la separazione fra l’individuo e l’ambiente, fra la mente e il corpo, al di là di un
sistema informativo gerarchico, condiviso e lineare, per un sistema policentrico,
interconnesso, cooperativo, per il quale la realtà non è vista come un fatto, ma come
un processo in continua trasformazione e dove dell’attività razionale sono evidenziate
soprattutto le componenti pre-logiche. Per applicare i fondamenti di queste differenti
concezioni del mondo nella nostra organizzazione “cognitiva” e che, quindi,
“apprende”, c’è allora bisogno di disegnare un nuovo modello dei flussi informativi,
insieme con i meccanismi di presa delle decisioni, che faccia salva la crescente valenza
economica della nozione di conoscenza, insieme con una descrizione più efficace dei
processi di comunicazione aziendali.
Ma come funziona il sistema aperto comunicante? Deriviamo da Piero Pagliani
(Categorie…, 2000) una rappresentazione grafica che abbiamo già usato altrove.
EMITTENTE
MESSAGGIO
RICETTORE
EMITTENTE
MESSAGGIO
RICETTORE
Processo poietico o di costruzione
Problemi di determinazione
104
Processo estetico o di ricostruzione.
Problemi di scelta
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Schegge
Il primo schema presenta la situazione “classica” che abbiamo qui già descritto a
proposito del sistema-Taylor, e che ci sembra non necessiti di ulteriori chiarimenti, a
parte il notare che si tratta anche del medesimo modello della cosiddetta “macchina
di Turing” che sta a fondamento di tutta la scienza del calcolatore, con la sua
architettura “pulita” di ingresso-elaborazione-uscita e nella quale si presuppone che
l’elaborazione riceva input completi rispetto al problema e prosegua imperturbabile
fino alla (eventuale) soluzione esatta.
Ma chi ci salva se quei dati di input e le risorse di calcolo e le stesse interazioni
con l’ambiente sono incompleti, inesatti, contraddittorî, sono oggetto di selvagge
negoziazioni, cambiano nel tempo e, magari, adottiamo la neurobiologia cognitiva
e la linguistica figurale? Quali soluzioni trovare? Insistere a voler adattare la rigidità
dell’organizzazione cercando di “proceduralizzare”, per quanto possibile, almeno
qualche prassi informale e quindi sfuggente (con il rischio di pervenire a una
pericolosa atrofia dell’organizzazione) o gettare, disperando, la spugna e lasciar fare il
fattibile e lasciar gestire il gestibile (con il rischio dell’anomia organizzativa)? La terza
soluzione (il secondo schema di cui sopra) consiste nel puntare decisamente sul ruolo
centrale da far assumere al processo di interpretazione del messaggio, visto come un
processo aperto, basato sui concetti di:
• approssimazione invece di certezza,
• distribuzione invece di monolitismo,
• negoziazione invece di chiusura del sistema,
• cooperazione invece di linearità procedurale,
• rete invece di serialità.
È così che funzionerebbero i sotto-sistemi (tutti cognitivi) che costituiscono
un sistema biologico (e la metafora biologica è all’origine, per esempio, della stessa
sistemica “inventata” da Bertalanffy14).
Volendo salire qualche gradino nelle teorie cognitiviste alla ricerca di altri puntelli,
soccorrono, tra le altre possibili, le elaborazioni di Peirce15 e di Varela16 riguardo,
rispettivamente, alla “teoria dell’interpretante” e al concetto di “conoscenza come
enazione” (enacting: attivazione). L’uomo, sostiene Pierce, non sta in un rapporto
frontale con il mondo, come un soggetto spirituale di fronte a un oggetto materiale,
ma ogni rapporto fra l’uomo e il mondo – e con se stesso e con gli altri uomini – è
sempre frutto di un’interpretazione dei segni costitutivi del mondo: si formulano
allora ipotesi plausibili, probabilistiche, valide in àmbiti ristretti, ci si confronta con
la comunità dei percipienti, si elaborano e si modificano interpretazioni vagliando gli
antecedenti e i conseguenti di un complesso di segni finché si trova l’interpretazione
temporaneamente e funzionalmente più valida, e il processo ricomincia. Varela e
la Scuola di Santiago, dal canto loro, sottolineano come l’atto del percepire non
consista in una reazione passiva all’insorgere di stimoli esterni o in una registrazione
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
105
Schegge
dell’informazione ambientale esistente al fine di ricostruire realisticamente una parte
del mondo fisico: il percepire è invece un’attività vitale (enacting) del soggetto che
attribuisce, grazie alla situazione sensoriale e motoria del suo sistema nervoso, valori
di realtà che hanno importanza, soprattutto, per il proprio vissuto, per la propria
coscienza. Ciò darebbe inizialmente alla realtà virtuale il medesimo grado di realtà
(non: di verità) di quella materiale. Nell’approccio enattivo – afferma Varela – la
realtà non è un dato: essa dipende dal percipiente, non perché la si costruisca per
capriccio, ma perché ciò che conta come mondo rilevante è inseparabile da ciò che è
struttura del percipiente17.
Se l’interpretazione dipende da un interpretante – nota Pagliani – allora il
significato stesso del messaggio risulterà essere costituito da una rete di interpretanti,
o meglio dall’interazione di più reti di interpretanti che possono anche essere in
disaccordo o, comunque, non in sintonia: è il caso ben noto del conflitto dei ricettori
e/o il conflitto emittente-ricettore. È come se alla domanda – aggiungiamo – «che
cos’è la realtà?» rispondessimo a pieno diritto: «se ne discute!».
È questa la “nuova” logica dell’organizzazione, richiesta dalla corretta
applicazione di strategie di KM. Insomma, ancora una volta è il “buon governo”
dell’immanente, del metamorfico, del fantasmatico e dell’irriducibile, di ciò che il
KM chiama “conoscenze tacite o implicite” a determinare il successo o il fallimento
dei metaprocessi gestionali18, al punto da pretendere autentiche e spesso dolorose (e
costose e niente affatto sicure) rivoluzioni organizzative. È l’evoluzione della logica,
ci si chiede a questo punto, a indurre mutamenti nell’organizzazione della realtà,
o sono le esigenze organizzative aziendali a favorire l’insorgere di nuove frontiere
computazionali? Semiologicamente, non è necessario rispondere…
Ma c’è di più. La logica della Rete (Internet, per intenderci, che è, in definitiva, la
“nuova macchina” che prende il posto di quella di Turing) esige livelli d’integrazione
del lavoro collaborativo che presuppongono strutture d’informatica distribuita tali
da “costringere” la stessa “monolitica” intelligenza artificiale a rifondarsi su una
strategia di “unione disgiunta di sistemi” come, per esempio, una rete di “agenti
intelligenti” cooperanti – anche caoticamente o, almeno, in ordine sparso – tra di
loro. Vi abbiamo accennato nella nostra seconda scheggia.
È l’organizzazione stessa a diventare, a questo punto, uno spazio ipermediale
navigabile, sia pur in modo intelligente, in modo guidato19. Lo stesso Nonaka
teorizzava l’organizzazione ipertestuale come risposta ottimale per un KM
produttivo. Una “società della mente”, insomma, nella quale non sono più,
allora, i frammenti d’informazione a essere risolutori, ma lo è il sistema stesso di
navigazione. Il “navigare” diviene preminente sul guadagnare un porto (è, tra l’altro,
la rovinosa interpretazione romantica dell’Odissea). Non gli oggetti percepiti, ma
l’atto del percepire, non le interpretazioni del mondo, ma il processo interpretativo.
106
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Schegge
Nelle epoche soggettive, diceva Goethe spiegando l’epistemologia, non interessa il
panorama che sta al di là della finestra, ma l’attenzione è posta sul telaio stesso della
finestra che incornicia il panorama… Chi è famigliare con il pensiero indù sa che
cosa significhi dire che la nuova logica, della navigazione invece che dell’oggetto, è
la logica dei nostri e prossimi tempi: la logica della “femmina”, che tende a vivificare
qualsiasi sistema, la logica del Kali Yuga…
Note
Le URL segnalate sono state controllate il 31 luglio 2002
1
2
Per questo, si veda La conoscenza scientifica: un sistema in evoluzione del 3 ottobre 2001, giornata di
studio del CNR in commemorazione di Paolo Bisogno <www.isrds.rm.cnr.it/seminari/P.Bisogno>,
recensita anche su “AIDAinformazioni”, 2001, n. 4, p. 8-12. Gli atti del convegno sono stati
parzialmente pubblicati nel 2002 dal CNR-ISRDS nella serie “Note di studio sulla ricerca;
32”, che contiene anche il citato resoconto di Alessandra Convertini e Maria Pia Carosella per
“AIDAinformazioni”.
Il progetto che dà la cadenza alle varie iniziative appare delineato da Bisogno fin da principio:
• Linguaggi documentari e basi dati. Atti del convegno, Roma, 3-4 dicembre 1990, a cura di Giliola
Negrini e Tamara Farnesi. Roma : CNR-ISRDS, 1990, 536 p., 24 cm, ISSN 0390-5500
(Note di studio sulla ricerca; 24). Il convegno, quasi introduttivo al filone, si proponeva di
approfondire sia «la tematica di linguaggi per la catalogazione ed il reperimento» sia «i sistemi
di metodologia e di rilevamento concettuale e le strategie di recupero dell’informazione».
(Negrini, p. 13).
• Modelli e metodi di organizzazione della conoscenza. Lavori della tavola rotonda organizzata
dall’Istituto di studi sulla ricerca e documentazione scientifica, Roma, 2 febbraio 1994, in
“L’Indicizzazione”, n. 14-15, anno VIII, n. 1-2 (numero unico 1993, ma stampato nel
novembre 1994), ISSN 0394-0810. La tavola rotonda aveva approfondito «in una prima
parte, l’ordinamento del sapere da un punto di vista teoretico […] ed in una seconda parte
metodologie applicative dedotte da esperienze di lavoro in campi diversi». (Negrini, p. 10).
• Categorie, oggetti e strutture della conoscenza = Categories, objects and structures of knowledge.
Atti del seminario organizzato dall’Istituto di studi sulla ricerca e documentazione scientifica,
Roma, 1-2 dicembre 1994, a cura di Giliola Negrini. Roma : CNR-ISRDS, 1995, 210 p., 30
cm, ISSN 0085-2309 (Note di bibliografia e di documentazione scientifica; LX). Il seminario
aveva dato rilievo alle «due opposte prospettive che emergono dalla riflessione filosofica: quella
della fondazione ontologica induttiva della conoscenza, che caratterizza l’ontologia come teoria
degli oggetti […] e quella della sintesi funzionale che riduce l’oggetto a risultato degli schemi
cognitivi». (Bisogno, p. 3).
• Modelli e modellizzazione = Models and modeling. Atti del seminario organizzato dall’Istituto
di studi sulla ricerca e documentazione scientifica, Roma, 17 maggio 1996, a cura di Giliola
Negrini. Roma : CNR-ISRDS, 1997, 132 p., 30 cm, ISSN 0085-2309 (Note di bibliografia
e di documentazione scientifica; LXIV). Il seminario aveva inteso «presentare modelli e
metodologie di modellizzazione concettuale». (Bisogno, p. 3).
• Infine, Categorie e modelli di conoscenza, a cura di Giliola Negrini. Milano : Franco Angeli, 2000,
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
107
Schegge
3
4
5
108
220 p., 23 cm, ISBN 88-464-2424-7 (913; Istituto di studi sulla ricerca e documentazione
scientifica CNR; 20), che l’intero filone – per ora – conclude e sistematizza.
In prospettiva: da un problema concreto alla ricerca delle regole di soluzione; da uno “stato
dell’arte” su creazione, elaborazione e uso di strumenti lessicali per l’information retrieval, passando
poi attraverso tentativi ed esempi più generali di categorizzazione (via via, dell’oggetto della
conoscenza, dell’atto stesso del conoscere e delle strutture della conoscenza) per giungere, da
ultimo, alla modellizzazione come strumento dinamico e “aperto” d’interpretazione e, soprattutto,
d’uso della realtà concettuale. Una sintesi ulteriore è inducibile dallo stesso titolo del volume del
2000, che raccoglie, con revisioni e aggiunte, gli scritti più indicativi di questo filone di ricerca.
La decisione non può essere presa senza conflitti perché attiva concezioni del mondo di diversa
ispirazione e dipendenti da un punto di vista posto molto in alto sull’orizzonte, come: oggettività
della conoscenza, indipendenza dell’oggetto osservato dal soggetto osservante, neutralità della
scienza, possibilità di posizioni “impolitiche” (alla Thomas Mann…) eccetera, da una parte, contro
il loro contrario, dall’altra.
Pagina 6 dell’edizione italiana di Thomas H. Davenport e Laurence Prusak, Working knowledge.
How organizations manage what they know. Boston : Harvard Business Scholl Press, 1998, «trad.
it.» di Giacomo Negro: Il sapere al lavoro. Come le aziende possono generare, codificare e trasferire
conoscenza. Milano : Etas, 2000.
È ovvio che le opere segnalate nella nota 2 non ricoprano esattamente il ristretto campo della nostra
ricerca; in esse il tema dell’organizzazione delle conoscenze vi è affrontato in un’ampia pluralità di
punti di vista e in un quadro problematico complesso, per il quale sono possibili differenti chiavi di
lettura: per esempio, la proposta di un modello originale (come il “Sistematificatore” della Dahlberg
dell’ISKO – International Society for Knowledge Organization – per l’ordinamento dei concetti in un
determinato campo di conoscenza, ripreso e innovato da Negrini e collaboratori) è ancorata su un campo
interdisciplinare composto da riflessioni logiche, linguistiche, filosofiche, psicologiche, epistemologiche
e ontologiche. In particolare, anche se non li citeremo tutti direttamente, faremo qui soprattutto ricorso,
ritagliando convenientemente il nostro profilo, al complesso dei seguenti contributi:
• Liliana Albertazzi – Roberto Poli, Modellizzazione e organizzazione della conoscenza, in
“L’Indicizzazione” (1994), p. 31-35, cit., e Liliana Albertazzi, Il campo figurale della lingua:
esprimere, indicare, rappresentare, in Categorie, oggetti… (1995), cit., p. 9-42, riproposto con
modifiche in Categorie e modelli… (2000), cit., p. 55-90.
• Carola Catenacci, Categorie cognitive e dimensione neurobiologica della conoscenza, in
“L’Indicizzazione” (1994), cit., p. 45-51 e id., I processi di categorizzazione nelle indagini
neurobiologiche e psicologiche: la svolta “emotiva”, in Categorie e modelli… (2000), cit., p. 121-133.
• Carlo Cellucci, Modelli e metodi di organizzazione della conoscenza, in “L’Indicizzazione”
(1994), cit., p. 61-64 e id., La modellizzazione della conoscenza: sistemi chiusi e sistemi aperti, in
Modelli… (1997), cit., p. 53-71.
• Aldo Gangemi, Categorie di categorie, in “L’Indicizzazione” (1994), cit., p. 37-43; id.,
Ricategorizzare la memoria. Le categorie tra semiotica e ontologia, in Categorie, oggetti… (1995),
cit., p. 81-119 e id., Categorizzazioni: un’indagine tra semiotica, ontologia e informatica, in
Categorie e modelli… (2000), cit., p. 91-119.
• Piero Pagliani, Conoscenza e gestione della conoscenza, in Categorie e modelli… (2000), cit., p.
153-170.
• Roberto Poli, Aspetti di descrizione e modellizzazione della conoscenza, in Categorie, oggetti…
(1995), cit., p. 43-80; id., Procedure di modellizzazione. Alcune note sulla differenza fra astrazione
e idealizzazione, in Modelli… (1997), cit., p. 107-124 e id., Spazi di rappresentazione, in
Categorie e modelli… (2000), cit., p. 19-54.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Schegge
6
7
8
9
Gottlob Frege era ben cosciente delle staticità inerenti ai sistemi chiusi, che non sanno interpretare
lo sviluppo storico e sono quindi in conflitto con l’effettivo sviluppo della conoscenza, ma non
era questo il cómpito che affidava alla logica matematica. Riteneva, invece, che lo sviluppo delle
conoscenze in un dato dominio non potesse esimersi dal fissare, in primo luogo, le verità certe da
far valere come punti di partenza e, in secondo, stabilire regole certe di deduzione, in modo da poter
formare catene inferenziali tra verità, tanto più lunghe quanto più la conoscenza progrediva. Questo
momento di rigidità era dunque ineliminabile: quando il sistema vigente si mostrava insufficiente,
non restava che demolirlo a vantaggio di un nuovo sistema chiuso. Per un orientamento su Frege:
<www.netmeta.com/archivio/schede/frege.htm>.
Il modello di rappresentazione del movimento che sa fornire è illusorio e di tipo cinematografico,
come la sequenza dei singoli fotogrammi che si succedono nel film che scorre nella macchina da
proiezione.
In questa direzione va la definizione originaria di informatica (la parola, che fonde information con
automatique, è di origine francese – primato che ne è l’orgoglio – coniata nel 1962 da Philippe
Dreyfus, ingegnere della Bull, in una seduta dell’Association Française de Calcul et Traitment
de l’Information, e successivamente documentata in una lettera pubblicata in “Informatique et
gestion”, 100, ottobre, 1978, ISSN 0020-062X) poi adottata dall’Académie Française che nel
1966 la presentava come «scienza del trattamento razionale, prevalentemente mediante macchine
automatiche, dell’informazione considerata come il supporto delle conoscenze umane e delle
comunicazioni nei dominî tecnici, economici e sociali» (questo in <www.linux-france.org/prj/
jargonf/I/informatique.html> e altrove ma vent’anni dopo, nella nona edizione in linea del
dizionario <www.academie-francaise.fr/dictionnaire>, la definizione è mutata in: «scienza del
trattamento razionale e automatico dell’informazione»; sarebbe interessante verificare, tra un
po’, come cambieranno le definizioni operative dell’informatica in séguito alla nuova edizione…)
[sottolineature e traduzioni nostre].
Per una sintetica chiarificazione generale sul tema dei rapporti cibernetica-informatica, pur se
sviluppata a partire da esigenze specifiche – nel caso, giuridiche (ma qualunque applicazione
cosciente fa obbligatoriamente ridiscutere le premesse) – e per un commento all’edizione 1966
del dizionario dell’Académie, può risultare utile la recensione di Costantino Ciampi alla seconda
edizione (1973) di Cibernetica diritto e società di Vittorio Frosini (prima ed., Milano : Edizioni di
Comunità, 1968), originariamente pubblicata sul “Bollettino bibliografico d’informatica generale e
applicata al diritto”, anno II, n. 3-4, luglio-dicembre, 1973, p. 127-132 e recentemente riproposta
nel numero speciale, dedicato a Vittorio Frosini, di “Informatica e diritto”, XXVII annata, seconda
serie, vol. X (2001), n. 2, p. 11-21. La parte che può riguardarci è contenuta nel terzo paragrafo
della recensione, nelle p. 13-19 della ristampa.
Semplificando: se la logica è teoria dell’inferenza (le condizioni di correttezza formale di un
ragionamento), la logica classica s’impegna a classificare proposizioni elementari raggruppandole
in alcune, non esaustive, categorie fondamentali e si caratterizza, quindi, come una logica del
contenuto espresso in linguaggio naturale; la logica matematica (o formale o simbolica o – con
un termine unico – logistica) si preoccupa di definire i fondamenti della matematica costruendo
un linguaggio ideale e astratto dai significati, ponendosi così in grado di potenziare l’operabilità
algebrica del lato deduttivo della logica classica.
Differente è la prospettiva della logica computazionale la quale, utilizzando direttamente la logica
stessa come linguaggio di programmazione, vi introduce un orientamento ai sistemi informativi,
con le connesse esigenze operative delle “prese di decisione”; essa consente così all’intelligenza
artificiale – in una sua formalizzazione sempre più spinta come teoria dei sistemi aperti comunicanti
– di limitarsi a definire l’oggetto di una decisione da prendere, senza dover preventivamente stabilire
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
109
Schegge
10
11
12
110
come questo risultato debba essere calcolato. La qualifica “computazionale”, sia detto per inciso,
viene oggi attribuita a nuove e diverse discipline, dalla psicologia alla filosofia alla linguistica,
per l’elaborazione automatica di cómpiti intelligenti, cioè per riprodurre in una macchina il
comportamento umano.
Già che ci siamo, e trascurando altre logiche: utili contributi alla scienza dell’organizzazione nel
senso indicato dal KM – come, in generale, al complesso delle scienze umanistiche – vengono
dalle applicazioni della logica fuzzy, o logica degli insiemi confusi, sfumati, incerti, per i quali non
è tassativa l’appartenenza di un elemento a un determinato insieme, ma ogni elemento possiede
un “valore di appartenenza”, che varia da 0 a 1, per cui gli insiemi “classici”, di Eulero-Venn
per intenderci, diventano un caso particolare degli insiemi fuzzy. Per questa logica non sono
quindi validi i principî di non contraddizione e del terzo escluso, caratteristici di tutta la logica
bivalente, da Aristotele in poi. Su web: Introduzione alla logica fuzzy di Antonella Faggiani, 1997
<brezza.iuav.it/~faggiani>, che cita a contrario la ripulsa di William Kahan (Università di California
a Berkeley): «La teoria fuzzy è errata; errata e perniciosa. Abbiamo bisogno di più pensiero logico,
non di meno. Il pericolo della logica fuzzy è che incoraggi quel genere di pensiero impreciso che ci
ha creato tanti problemi. La logica fuzzy è la cocaina della scienza».
David Hilbert vedeva la matematica come un puro gioco formale, giocato, diceva, su un foglio
di carta con segni di per sé privi di significato: indifferentemente piani e punti oppure tavolini e
boccali di birra…; l’importante era assumere: a) che qualche cosa fosse fondamentale, postulati o
assiomi accettati i quali, e fissate le regole di trasformazione, i teoremi sarebbero stati deducibili
in modo legittimo e corretto; b) che le relazioni tra i nostri piani e punti fossero le medesime
intercorrenti fra tavolini e boccali di birra. Era quindi sufficiente che non vi fosse contraddittorietà
interna perché valesse il principio di completezza sintattica (ogni formula del sistema è dimostrabile
o refutabile). Contro questo formalismo Kurt Gödel dimostrò che all’interno di ogni sistema
esistono proposizioni che esso non riesce a “decidere”, non riesce cioè a darne una dimostrazione
né di verità né del loro contario; in particolare, non era decidibile proprio la proposizione relativa
alla non-contraddittorietà del sistema, portando così al fallimento il programma di formalizzazione
di Hilbert. Per soddisfare alle condizioni imposte dal teorema di incompletezza di Gödel sembra
indispensabile, nota Cellucci, sostituire la nozione di sistema chiuso con quella di sistema aperto.
Per un orientamento su Gödel: <www.netmeta.com/archivio/schede/godel.htm> oppure, per un
orientamento su Bertrand Russel e sul complesso di questi problemi: <www.netmeta.com/archivio/
schede/russell.htm>
Su Alan Mathison Turing ci limitiamo a proporre la ricca Alan Turing Home Page di Andrew
Hodges <www.turing.org.uk/turing> e, in italiano, l’intervista del 1998 a Maria Luisa Dalla
Chiara pubblicata dalla RAI per MediaMente su <www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/
d/dallachi.htm> dal titolo Dalla macchina ideale di Turing ai computer reali. Di Turing in libreria:
Intelligenza meccanica, a cura di Gabriele Lolli. Torino : Bollati Boringhieri, 1994.
Neurobiologi come il “neo-darwiniano” Gerald M Edelman e l’“anti-cartesiano” Antonio R.
Damasio intervengono, globalmente, per negare che:
• le rappresentazioni mentali rispecchino stati oggettivi del mondo esterno;
• le rappresentazioni mentali siano strutture simboliche statiche formalizzate in un atto
linguistico (il “linguaggio del pensiero”) governato da precise regole di composizione logica;
• esista una fondamentale separazione fra gli agenti cognitivi e gli ambienti loro circostanti,
nonché fra gli “organi” della cognizione (come il cervello) e il resto del corpo;
• l’emozione condizionerebbe negativamente il ragionamento decisionale.
Su Edelman (Nobel 1972 per la Medicina e laurea ad honorem in Scienze biologiche a Bologna nel
1998) sono disponibili in rete, tra l’altro, una rassegna stampa curata da SWIF, Sito web italiano per
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Schegge
13
14
15
16
17
la Filosofia, dal 1997 in poi <www.swif.uniba.it/lei/rassegna/edelman.htm> e un’intervista del 2000 di
MediaMente-RAI dal titolo Il cervello non è la mente <www.mediamente.rai.it/biblioteca/biblio.asp?id=
459&tab=int>; di Edelman in libreria: Sulla materia della mente. Milano : Adelphi, 1993 e, con Giulio
Tononi, Un universo di coscienza. Come la materia diventa immaginazione. Torino : Einaudi, 2000.
Analogamente, del cileno Damasio (che lavora con la moglie Hanna all’Università dello Iowa),
sono disponibili in rete, tra l’altro, la rassegna stampa SWIF dal 1999 su <www.swif.uniba.it/
lei/rassegna/damasio.htm> e una scheda di Elisa Castagno su The Feeling of What Happens in
<www.sicap.it/merciai/psicosomatica/students/damasio-s1.htm>; di Damasio in libreria: L’errore di
Cartesio. Milano : Adelphi, 1999 ed Emozione e coscienza. Milano : Adelphi, 2000.
Sui tentativi delle scienze cognitive di unificare res cogitans con res extensa e così consentire al
cocchio platonico di essere un’auto-mobile: Bruno Niceforo, La carrozza senza auriga. Le scienze
cognitive di fronte alla coscienza. Napoli : CUEN, 2001
Abbiamo già analizzato una situazione simile contestando la “vecchia” concezione dell’informazione
“cenerentola aziendale”, vista solo come sottoprodotto della produzione di beni e servizi, invece
di elemento costitutivo dell’intera organizzazione: Rebecca O. Barclay – Philip C. Murray, It’s
all in your head. The new common sense for 21st century business productivity. “KM Metazine”,
Issue 1, <www.ktic.com/topic6/KMHEAD.HTM>, citato nella nota 2 del nostro KM,
Knowledge Management – 1/3. “AIDAinformazioni”, 1998, n. 2, anche disponibile online su
<www.aidainformazioni.it/pub/km1.html>.
Karl Ludwig von Bertalanffy elaborò la sua teoria generale dei sistemi negli anni ’30, ma soltanto
negli anni ’50 essa pervenne all’attenzione degli studiosi di scienze umane, come tentativo di
superamento del rigido modello meccanicistico di causa-effetto tipico delle scienze naturali. In
italiano: Teoria generale dei sistemi: fondamenti, sviluppo, applicazioni, trad. di Enrico Bellone.
Milano : Mondadori, 1983. Su web, una pagina praticamente ufficiale: <bertalanffy.iguw.tuwien.a
c.at/sites/indexexinl.html>
Di Charles Santiago Sanders Peirce in italiano: Scritti di filosofia. Bologna : Cappelli, 1978 poi
Milano : Fabbri, 1997; Scritti di logica. Firenze : La Nuova Italia, 1981; Le leggi dell’ipotesi. Milano
: Bompiani, 1984. Dal mare del web semiologico proponiamo solo l’articolo di Fernanda Spina
Charles Sanders Peirce: semiotica e conoscenza, pubblicato su <www.filosofia.unina.it/tortora/sdf/
Quattordicesimo/XIV.9.html> e l’intervista con Carlo Sini a cura della RAI per l’Enciclopedia delle
scienze filosofiche, 1992 <www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=522>.
Il cileno Francisco J. Varela, allievo del compatriota “socio-biologo” Humberto R. Maturana
<www.inteco.cl/biology>, si è occupato (fino alla morte nel 2001, a 54 anni) di un continuum
che va dall’immunologia alle neuroscienze, alle scienze cognitive, all’intelligenza artificiale,
all’epistemologia (si direbbe che l’approdo all’epistemologia sia ormai di gran moda). Su web è
fondamentale la sua home page <web.ccr.jussieu.fr/varela> mentre, in italiano, segnaliamo l’articolo
di Giovanna Pagano, Il marchio enattivo della Realtà Virtuale. Applicazione della teoria enattiva
della cognizione nella spiegazione della conoscenza umana dei mondi virtuali <www.noemalab.com/
sections/ideas/ideas_articles/pagano.html>, il cui webmaster ha dimenticato di apporre le
note al testo, e l’intervista a cura della RAI per l’Enciclopedia delle scienze filosofiche, 2001
<www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=452> che riporta una bibliografia imprecisa che così
integriamo: Autopoiesi e cognizione: la realizzazione del vivente (con Maturana). Venezia : Marsilio,
1985; L’albero della conoscenza (con Maturana). Milano : Garzanti, 1987; Scienza e tecnologia della
cognizione. Firenze : Hopeful Monster, 1987; La via di mezzo della conoscenza: le scienze cognitive
alla prova dell’esperienza. Milano : 1993; Un know-how per l’etica. Roma-Bari : Laterza, 1992.
Varela, Un know-how per l’etica, cit., p. 16; più in generale: Varela, Il reincanto del concreto, in Il
corpo tecnologico. Bologna : Baskerville, 1994, p. 143-159.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
111
Schegge
18
19
Tanto la cosa è importante per le organizzazioni che la gestione della diversità (etnica, linguistica,
religiosa, sessuale, culturale, eccetera) è diventata un capitolo non secondario dell’economia
aziendale. Vi accenniamo in un’altra parte [Manifestazionidopo] di questo medesimo fascicolo.
Si apre qui, a ben vedere, una dialettica potenzialmente drammatica fra le esigenze “libertarie”
della navigazione e quelle “repressive” – o comunque organizzative e dirette a uno scopo – del
controllo. Anche nelle applicazioni del KM più “da sistema aperto” (come indicate da Nonaka e
Takeuchi in The Knowledge-Creating Company. Oxford : Oxford University Press, 1995 («trad. it.»
The knowledge creating company. Creare le dinamiche dell’innovazione. Milano : Guerini e Associati,
1997, ISBN 88-7802-816-9), il K manager interviene attivamente (e, soprattutto, saggiamente) in
ogni fase dei processi di socializzazione, esteriorizzazione, combinazione, per garantire l’aderenza
della creatività, propria della conoscenza tacita, ai fini dell’organizzazione senza però diminuirne
la portata creativa e, quindi, potenzialmente distruttiva, secondo il principio che l’ordine non può
nascere che dal caos…
----Le schegge precedenti, disponibili sul sito <www.aidainformazioni.it/pub>, sono state pubblicate sui
seguenti fascicoli di “AIDAinformazioni”:
KM-appunti. 1: Knowledge vs Information – 2000, n. 1
KM-appunti. 2: Ontologie – 2000, n. 2
KM-appunti. 3: DBMS vs KBMS – 2000, n. 3/4
KM-appunti. 4: Anti-terrorism KM task force – 2001, n. 4
112
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Opinioni
Opinioni
The new information professional:
plus ça change, plus c’est la même chose
BOB MCKEE
Nota introduttiva
L’intervento che proponiamo è stato presentato al convegno Towards an Information
Society for All: a European Perspective (The British Council – Bologna, 9-10 marzo 2001).
Sebbene la sua pubblicazione sia stata ritardata per ragioni tecniche, lo proponiamo
comunque, poiché riteniamo che sia ancora fortemente attuale.
È dell’aprile di quest’anno, infatti, un’importante novità nel panorama professionale
del Regno Unito: la creazione del CILIP [Chartered Institute of Library and Information
Professionals], che segue l’unificazione dell’IIS [Institute of Information Scientists] con la LA
[Library Association].
La definizione dell’identità professionale dello specialista dell’informazione ha dunque
compiuto un altro, decisivo passo: il suo profilo va ritagliandosi uno spazio preciso, per
integrarsi sempre più saldamente ed autorevolmente nel tessuto della società britannica.
E proprio al corporate plan del CILIP (<www.cilip.org.uk>) sta collaborando attivamente,
in prima persona, l’autore dell’articolo, Bob McKee.
Nel contributo, che preferiamo pubblicare in lingua originale, il Chief Executive
della Library Association ci offre una riflessione stimolante sulla “evoluzione” del nostro
mestiere. Egli inoltre l’arricchisce di interessanti considerazioni relative allo sviluppo e alle
radicali trasformazioni che le associazioni professionali degli specialisti dell’informazione
e dei bibliotecari hanno conosciuto nel Regno Unito. La linea di sviluppo del percorso
illustrato – maturato in un contesto particolare com’è quello anglosassone, ben diverso dalla
situazione italiana (e non è certo questa una novità) – dimostra come il nostro mestiere sia
profondamente segnato dai cambiamenti imposti dalla tecnologia – come, del resto, è sempre
stato per i documentalisti in particolare – e dalle dinamiche organizzative e sociali in genere.
L’avvento di Internet ha evidenziato drammaticamente, agli occhi di tutti, le molte
incongruenze e l’innegabile obsolescenza di talune attività, proprie delle professioni
dell’informazione.
La strada intrapresa dai nostri colleghi d’oltremanica, pur non prefigurando
necessariamente percorsi analoghi in contesti differenti, che hanno caratteristiche e “storie
professionali” affatto dissimili, pone a tutti noi l’esigenza di riposizionare il nostro lavoro
quotidiano, al di là degli angusti limiti fisici e geografici in cui troppo spesso è stato relegato.
Limiti che per lo più non hanno motivo di essere, dal momento che attengono ad una
collocazione socioculturale ormai datata, e dunque controproducente, facilmente superabile
nella realtà concreta dell’esperienza professionale.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
115
Opinioni
L’evoluzione delle organizzazioni nell’ultimo decennio ha profondamente influito sull’intero
mondo del lavoro e delle professioni, anche su quelle di tipo intellettuale (che non sono, cioè,
direttamente coinvolte nel ciclo produttivo), con mutamenti di varia entità e natura.
Talune professioni sono scomparse, altre si sono sostanzialmente modificate fino a divenire
irriconoscibili, altre ancora – tra queste la nostra – hanno semplicemente cambiato pelle.
In Italia, ma soprattutto all’estero, si parla sempre meno di documentalisti e di bibliotecari
e sempre più di specialisti dell’informazione: il termine unico rivela l’inarrestabile sovrapporsi
dei ruoli e delle funzioni, come pure il progressivo confluire delle competenze e delle abilità
in un solo “saper fare”, ampio eppure riconoscibilissimo. Pur con accezioni e valenze diverse
da caso a caso, l’accento è posto sulla materia, vale a dire l’informazione, e molto meno sul
luogo o sull’àmbito in cui la professione è svolta.
Ecco quindi che luoghi tradizionali com’è appunto una biblioteca, quantunque conservino
la stessa denominazione, assumono un ruolo o svolgono cómpiti affatto impensabili fino a
qualche anno fa (valgano per tutti i casi di Helsinki e di Oeiras, illustrati più avanti, all’interno
della rubrica Manifestazionidopo, nella mia relazione su TISA2); e i professionisti che vi si
impegnano provengono da “mestieri” diversi, che tuttavia hanno sempre come riferimento
comune l’informazione e le sue modalità di fruizione.
L’accesso generalizzato alle tecnologie dell’informazione (banche dati on-line, siti internet),
unitamente alla maggiore alfabetizzazione informatica, ha aperto a tutti – almeno all’interno
dei Paesi sviluppati – l’opportunità di usufruire, in maniera diretta e disintermediata, di fonti
che sino ad un decennio fa erano appunto accessibili e utilizzabili con estrema difficoltà.
Le tecnologie dell’informazione hanno inoltre dato vita a nuovi mestieri che, benché nati su
presupposti diversi e a partire da àmbiti formativi esclusivamente tecnologici, sono molto più
vicini al mestiere del documentalista di quanto possa sembrare ad un primo sguardo: si pensi
soltanto a tutte le professioni legate al web. Chi non trova una qualche affinità con il web editor
o con il web surfer, per citarne due fra le più note? Chi di noi non si occupa ormai, anche solo
parzialmente, del proprio sito?
Il ragionamento dell’autore, lucido eppure appassionato, ha il pregio di rompere i confini
abituali della nostra professione, per riproporla in un’ottica nuova: non sarà più un unico iter
obbligato, magari accademico, a stabilire chi debba essere lo “specialista dell’informazione”.
Al contrario, l’insieme composito degli skill necessari ai mestieri dell’informazione
proverrà in misura crescente da percorsi diversificati. Essi, pur serbando un solido e coerente
impianto formativo e quindi un’indiscutibile validità, prefigurano già una ricca trasversalità
curricolare. Sicché le professioni dell’informazione rimarranno certamente riconoscibili – e,
si spera, opportunamente certificate –, ma non potranno più essere rigidamente vincolate da
codificazioni chiuse e aprioristiche.
Altrimenti, come si spiegherebbe il moltiplicarsi delle attività formative, legate appunto
alla comunicazione, all’informazione e alla stessa formazione? E, corrispondentemente,
l’aumentato interesse, nei riguardi di queste, da parte di strati sempre più vasti della società?
116
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Opinioni
Un altro fattore è stato ed è tuttora determinante nello sviluppo della nostra professione:
l’accesso diffuso alle informazioni e, parallelamente, la crescita democratica dell’Occidente
richiede, da parte nostra, una maggiore sensibilità verso un’utenza sempre più esigente e
insieme desiderosa di emancipazione.
Dobbiamo pertanto facilitare in ogni modo l’accesso diretto alle singole informazioni,
proporle in un linguaggio chiaro e attuale, adatto al nostro interlocutore; di più, dobbiamo
aiutarlo a muoversi autonomamente e consapevolmente nel caos dell’eccesso informativo: in
una parola, ripensare coraggiosamente il nostro lavoro, a misura degli utenti con cui abbiamo
quotidianamente a che fare.
Massimiliano Tosato
My task is to reflect on the concept of “the new information professional”. What are
the competencies needed by our new information professional in our new information
society? How are they different from the traditional competencies of librarians?
In considering these questions I want to look at what is new – what is changing in our
profession. But I also want to look at what does not change – at what the information
professional of the future will have in common with the librarian of the past.
All of us here share an aspiration, an ideal: concerning freedom of access to
information.
A world where physical barriers to access are removed; where legislative barriers
to access are resolved; where linguistic barriers to access are overcome; and where the
technological barriers – the “digital divides” – become non-existent.
But in this world – if we can one day achieve it – information will still need
mediation; an intermediary who can convert the chaos of unstructured information
into orderly, organised and usable knowledge. The new information professional
will do what our profession has always done – add value by giving people access to
knowledge.
So our purpose, our role in society, does not change. But the activities we undertake
in order to deliver that purpose – they have changed radically in recent years.
Every few weeks I receive on my desk a number of letters to sign. They are letters
addressed to new members of our profession, to welcome them into our professional
community and to confirm that they have been registered by The Library Association
as being fully qualified professional practitioners. As I sign the letters, I think of the
future careers of these new professionals, careers which will extend over the next 25
years. And then I think back over my own career which began 25 years in the past.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
117
Opinioni
Will there be any similarity between what I was doing 25 years ago and what
these new professionals will be doing in 25 years time?
In one way there will be similarity. Back in the 1970s, a library was essentially a
room containing books and other printed materials, with places for people to read
and write and study and meet. In the 2020s and 2030s the library as a room or a
building will still exist – because the library as a place; the library as a focal point of
its community; the library as a social space and a social institution; will always exist.
Just as books will always exist.
But also in the 2020s and the 2030s many libraries will not exist in the way that we
know them today. Already there is the “hybrid” library – based partly on documents
and partly on digital resources. And there is talk of the “virtual” library – the library
that exists not in reality but in virtual reality: not in physical space but in cyberspace.
Of course the virtual library already exists and is becoming relatively commonplace
in business environments and in academic environments. Many of our professional
colleagues no longer work in a library. They work with information, with knowledge
– within an organisation, within a community; but not within a library as we would
traditionally understand that word.
So, much has changed and much will change in that 50 year span from the first
years of my career to the last years of the careers of today’s new professionals.
But, at the same time, some things will not change – because those things form
the unchanging core, the steadfast heart, of our profession and our professionalism.
Our purpose does not change – we give people access to knowledge whether
in documents or in digital form; whether this is the intellectual knowledge of
scholarship; or the knowledge that comes from the imagination, from poetry
or music; or the knowledge which forms the intellectual capital, the corporate
intelligence, of an organisation.
And our principles, our values, our ethics also do not change. Freedom of access to
information means freedom of thought and freedom of expression; it means equality
of opportunity in a society which is inclusive – which does not exclude or marginalise
certain groups. It means mutuality – a community of people coming together for a
common cause; mutual endeavour for mutual benefit. We stand as a profession for
equality, inclusivity, mutuality; and also for freedom and individuality.
This is an international conference and from an international perspective there
is a great deal to be done across the world to promote these principles, these values,
these ethics.
Any profession – if it is genuinely to call itself a profession – must have a
mission in society and a set of values and ethics. We have these things and they
118
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Opinioni
remain unchanging. Indeed, as the world changes around us, it becomes ever more
important to hold fast to our basic purpose and to the fundamental values which
underpin our profession.
I talk of our profession because we do have one single profession whether we
describe ourselves as librarians, or information scientists, or knowledge managers.
I have a theory about librarians and information professionals. We are good at
organising knowledge. So therefore we are good at categorising and classifying – at
partitioning knowledge into separate subdivisions.
But sometimes in describing our own profession we are too good at this. We
divide ourselves, we separate ourselves. Public library, school library, university
library, industrial library, national library; librarian, documentalist, information
scientist, knowledge manager.
These distinctions can be useful (as all good systems of classification are useful).
They describe the different organisational environments in which we work. They
describe the different activities which we undertake. But they are all different facets
of the same single profession.
It is a mistake to focus in our descriptions on the differences between us. That is
why I say we give people access to knowledge – because that purpose expresses what
we have in common, what binds us together as one profession.
With this in mind, let me say something now about our profession in the UK
– because it illustrates my two themes: that we are one profession; and that, while
some things change, some things do not change.
The Library Association in the UK was formed in 1877. Next year will be the
125th anniversary of our library association. But also next year, after 125 years, our
library association will cease to exist in its present form. It will be transformed into a
new organisation. A profession which in the UK has become partitioned will become
unified.
You will know the story of information science. How in the first half of the
twentieth century, a new set of competencies began to emerge as scientists working
in industry and commerce found that information in their fields of activity was
expanding rapidly – and they had to learn how to manage that information
effectively in order to keep up to date with their scientific knowledge. They became
skilled at the science of information, of documentation. And they felt that this was
somehow different from the traditional skills of the librarian.
And so in the UK in 1958 a separate organisation was formed, separate from
our library association. This was the Institute of Information Scientists, formed to
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
119
Opinioni
promote and develop the skills and practice of information science as something
distinct from, separate from, librarianship.
The two organisations at that time seemed to serve two different constituencies
of interest; two separate areas of professional activity.
But what has happened since those days? There has been an increasingly rapid
convergence between the activities of librarianship and the activities of information
science; a convergence caused largely by technology.
Industry and commerce have invested in computer-based information services
because this can give a competitive advantage, particularly given the globalisation of
much commercial activity.
The education and health sectors in the UK have also invested in an electronic
information infrastructure for reasons of scholarship and reasons of management.
And now we have programmes of investment in school and public libraries – to give
everyone access to networked information and networked learning opportunities.
And what this means is that the skills of information science applied to the
digital environment – the skills of indexing, abstracting, thesaurus construction,
information retrieval – are becoming central to the work of librarians. Colleagues
working in libraries and colleagues working with information are using the same
skills and addressing the same issues.
The librarian and the information scientist, once separate, are now coming
together. And this is reflected in the coming together of our Library Association and
our Institute of Information Scientists.
Any profession, as well as a mission in society, as well as a set of ethics and values,
needs a body of knowledge – a coherent academic discipline capable of study and
research and teaching. In the UK a number of universities provide courses of study
designed to encompass the body of knowledge which forms the academic basis of
our profession. These courses are accredited by our library association and also by the
Institute of Information Scientists – and since 1999 that process of accreditation has
been carried out as a joint activity, with both organisations working together using
one common body of knowledge. So the accreditation of professional courses in the
UK recognises that librarianship and information science now form together one
coherent academic discipline, one single professional domain.
And next year, our library association and our Institute of Information Scientists
will merge into one unified organisation for our profession. A new organisation with
a new identity and a new name: perhaps we shall call it the Chartered Institute of
Library and Information Professionals.
So we have our new information profession – expressed not as an aspiration
120
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Opinioni
but as a clearly defined entity. With a purpose, with principles, and with a clearly
described body of knowledge to underpin professional practice.
This coming together of librarianship and information science and knowledge
management into a single coherent profession, a single coherent conceptual
framework, should not surprise us. Because there is no real difference between
the conceptual model of a traditional library service and the conceptual model of
a digital knowledge environment. In each case there are the sources of knowledge;
the systems by which that knowledge is stored and retrieved and disseminated; and
the social dynamics of people, organisations, communities. Models of the future
knowledge environment and models of the traditional library environment always
have these three broad aspects – of sources, systems and society.
With this in mind, our new information professional becomes perhaps more
flexible and adaptable than our traditional librarian has been in the past. Our new
information professional, for example, may progress along a career path which cuts
across traditionally separate parts of our profession – so that a school librarian may
become in their next job an information manager in industry because both jobs
require the same competencies and the same approach: only the organisational
environment is different. And our new information professional becomes perhaps
more adept than our traditional librarian at working in partnership with colleagues
from other professions – educators, health professionals, lawyers, media professionals,
technologists. The clear distinctions that used to exist between different professional
domains are beginning to break down.
Perhaps in this we start to see the crucial distinction between the information
professional of the future and the librarian of the past.
Working in a library with other librarians it is easy to become insular and
inward looking. Working with information in a broader organisational context with
colleagues from different professional backgrounds – it becomes necessary to look
outward not inward, to build relationships and partnerships, to integrate rather than
remaining separate.
So the information professional of the future – while clearly evolved from the
librarian of the past – will be in some ways a different being, having adapted to
different circumstances.
The new information professionals will understand and engage with the
organisation for which they work; will be integrated into that organisation and its
strategic objectives; will build partnerships and will work well in multidisciplinary
teams; will facilitate the development of information literacy throughout that
organisation; will think strategically about the development of information services;
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
121
Opinioni
will take risks in order to move forward; will enjoy the process of change.
At a conceptual level the new information professional and the traditional
librarian are very similar – they understand the sources of knowledge, the systems of
storage and retrieval, and the social contexts of the organisation and the community
in which they work. But at an attitudinal level the new information professional and
the traditional librarian are different.
There are new skills and competencies – because of the focus on information and
on technology. But there are also new approaches, new attitudes, new behaviours. At
the heart of the new information profession is a fundamental cultural change:
• from a focus on operational matters to a focus on strategic thinking
• from a focus on what divides us to a focus on what brings us together
• from an inward focus on internal preoccupations to an outward focus on key
issues of public policy and social concern and organisational strategy
• from a focus on bureaucracy and administration to a focus on activity,
leadership, partnership
• from a focus on how things are done now to a focus on how things might be
done in future
• from a focus which is defensive to a focus which is developmental
And so – to conclude. We are faced in our profession with a time of great change,
great challenge but also great opportunity. Technology is reshaping radically the
traditional processes by which knowledge is created, packaged, supplied and used.
Technology means the globalisation of the information business which is why the
issue of the “digital divide” is so important. Technology underpins the aspirations of
our society for equality and inclusivity through access to knowledge and access to
opportunities for learning.
The new information professional understands this – understands that the
information profession has a central role in the creation of our information society
– a society based on knowledge and learning. But that new information professional,
while embracing the opportunities of our future, needs also to understand and
acknowledge the enduring heritage of our past.
What our profession does – in terms of our activities, our skills, the tools and
technologies we use; these things change over time. But why our profession exists and
how our profession goes about its work; these things do not change. Our purpose is
always to give people access to knowledge; our principles are always those of inclusivity,
equality, mutuality, individuality and freedom; and our professional practice is always
that of the skilled intermediary between knowledge and the users of knowledge.
122
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Opinioni
The more things change (in terms of what we do) the more things need to stay the
same (in terms of the enduring mission and values and practice of our profession).
The information professional of the future may well work in a way that is very
different from the librarian of the past. But both will share the same purpose, the
same principles, the same professional inheritance.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
123
Opinioni
Livelli di conoscenza: alberi genealogici,
numeri di Erdös e gradi di separazione
MARIA PIA CAROSELLA
Talvolta viviamo avvenimenti, impegnativi o meno, che tendiamo a collegare e ad
esplorare più a fondo: la visione televisiva occasionale e la lettura di un quotidiano
gentilmente propostaci quasi contemporaneamente ci hanno indotto a riflettere
in un modo forse semplicistico su livelli e àmbiti di conoscenza in senso lato ed
eventuali implicazioni.
In un episodio della serie televisiva francese in onda su France 2 “L’Instit”
(abbreviazione di “instituteur”, maestro di scuola), questi chiede agli alunni di
fare un tema su di un nonno o parente anziano. Per varie ragioni uno dei bambini
afferma che non vale la pena di approfondire la conoscenza o di documentarsi su chi
ci ha preceduto. L’“instit” tenta allora di convincerlo del contrario tramite un albero
genealogico “anonimo”, a riprova dei legami di conoscenza e di affetto che ci uniscono
al passato. Ci riesce così bene che quel bambino – reso finalmente consapevole della
continuità tra passato, presente e… futuro – disegnerà un suo albero genealogico
del tutto particolare, in cui saranno rappresentati gli avi conosciuti, ma anche suoi
eventuali ipotetici discendenti: in pratica un autentico albero verde con rami e radici
simili, tale da potersi al limite guardare capovolto, in un senso o nell’altro, in una
sorta di avveniristica catena genealogico-documentaria.
Il secondo punto di partenza di questa riflessione è un articolo, tra il serio e lo
scherzoso nella forma, che Luciano Coen e Achille Varzi hanno pubblicato ne “La
Stampa” del 9 maggio scorso e il cui contenuto è stato una totale rivelazione per noi
non matematici, nella nostra completa ignoranza di Erdös e dei suoi numeri, nonché
del principio dei 6 gradi di separazione: cioè di una convenzione tra studiosi e di
un’ipotesi in via di conferma.
Secondo una ricerca in rete, Paul Erdös, nato a Budapest nel 1913 e morto a
Varsavia nel 1996, è considerato uno dei grandi matematici del XX secolo. Di origine
ebraica, non ha vissuto a lungo nel suo Paese ed è passato dall’una all’altra di molte
università in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in Israele. Un collega matematico
disse che «i suoi occhi indicavano che stava sempre pensando alla matematica».
Fu piuttosto «un risolutore di problemi, che voleva risolvere in modo elegante ed
elementare, e non un costruttore di teorie». I suoi studi, in particolare quello relativo
al Teorema dei numeri primi (Prime Number Theorem) gli valsero premi importanti,
tra cui nel 1951 uno dell’American Mathematical Society.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
125
Opinioni
Ha firmato più di 1.500 articoli, molto spesso come co-autore, «convinto della
bontà del lavoro collaborativo in matematica». Più di 500 sono gli studiosi che
hanno pubblicato ricerche assieme a lui: ad essi si è convenuto di assegnare il numero
1, mentre il numero 0 è prerogativa di Erdös, da cui parte e su cui si incentra tutto
il sistema.
In questo mondo di numeri, a chi ha scritto un articolo con uno dei 500
privilegiati co-autori di Erdös, ma non direttamente con lui, viene assegnato il
numero 2 e così via. Einstein poteva vantarsi del numero 2 e Fermi… soltanto del
3. Con il passare del tempo il numero ovviamente va crescendo e «al di fuori della
ristretta cerchia dei matematici può essere alto».
Prevenendo una domanda del lettore, i divulgatori scientifici de “La Stampa”
informano che l’idea di questa numerazione «è un modo di trasmettere la
conoscenza». Con le debite differenze, come dietro ad un velo, ci appare alla
mente una certa analogia con il principio cui si rifà il “Science citation index”,
repertorio corrente complesso variamente utilizzabile, che indaga sulla ripartizione
delle citazioni riferite ad un dato autore nella produzione scientifica e tecnica, e ciò
«nell’àmbito di una nuova disciplina, la ‘scientometria’, che si dedica alla misurazione
e gestione dell’attività scientifica, a partire dallo studio delle pubblicazioni e delle
citazioni che esse contengono (essenzialmente articoli e brevetti)»1.
A questo punto dell’articolo italiano da cui siamo partiti, viene introdotto
all’attenzione un altro tipo di numerazione, anch’essa in qualche modo correlata alla
conoscenza reciproca. Si tratta del principio dei sei gradi di separazione tra persone:
più basso è il “grado” e più esse sono vicine. Il computo questa volta inizia da 1 e, a
quanto è dato supporre, non oltrepasserebbe il 6: si confronti la spiritosa affermazione
di Coen e Varzi, «dalla signora in rosso al Papa in tre passaggi», dove la signora in
questione è un pedone occasionale. Costei sta attraversando la strada davanti a loro
in quel momento e apparentemente non ha nulla a che fare con il pontefice; ma si
può supporre che la signora conosca il proprio parroco, questi il proprio vescovo,
e quest’ultimo il Papa (ecco i tre gradi). Il numero 6 non è tassativo, ma all’epoca
attuale «è comunque probabile che si tratti di un numero sorprendentemente
piccolo». Un progetto di verifica empirica per il nostro tempo sarebbe stato avviato
presso un’università statunitense. Concludendo: «È un po’ come dire che siamo tutti
collegati l’uno con l’altro direttamente o indirettamente… il fatto che si sia tutti
collegati per conoscenza l’uno dell’altro, direttamente o indirettamente, è un fatto
interessante», secondo il pensiero dei giornalisti de “La Stampa”.
Quale lezione i professionisti dell’informazione – e non solo – potrebbero trarre
da quanto finora esposto?
126
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Opinioni
L’albero e le notazioni genealogiche basate sulle realtà ivi contenute rappresentano,
in sintesi assoluta, una sicura fonte di informazioni, in ogni caso sulla vita di tutte le
famiglie (un loro abstract?). Chi considererà un albero di un’area familiare “normale”
si limiterà per lo più alla identificazione di radici e ramificazioni; se invece si tratta
di “alberi” di casati più rinomati, a livello dinastico o simile, le stesse informazioni
riportate dall’albero potrebbero arricchirsi di un notevole valore aggiunto per un
eventuale studioso; ad esempio, la segnalazione di un certo matrimonio o la presenza
di un figlio illegittimo chiarirebbero la ragione di un particolare evento storico oppure
di costume. L’attento risalire alle origini (tramite il famoso albero o meno) può dunque
significare l’incontro con talune fonti di informazione o “documenti” incentrati non
soltanto nell’àmbito affettivo, la cui conoscenza darà frutti se del caso.
E per rivolgere anche oggi un minimo di attenzione ad Internet, ci ha colpito
scoprire (cfr. “Managing Information”, giugno 2002, p. 32-35) quante ricerche
sulla propria famiglia corrano sulla rete, nonché l’esistenza di numerosi siti web
“personali” sul tema. Nel caso specifico, si tratta dell’eventuale genealogia di
Americani discendenti da immigrati irlandesi. Mary Casteleyn, autrice dell’articolo
da cui attingiamo queste notizie e membro eminente dell’Irish Genealogical Research
Society, mette tuttavia in guardia circa la veridicità di alcune affermazioni esistenti
in rete sulla discendenza da persone o da famiglie, che non abbiano l’appoggio di
documenti originali antichi. E ne fornisce alcuni esempi strabilianti.
Generalizzando all’intera rete, ci sostiene anche l’opinione di Sabino Acquaviva
(“Oggi”, 13 marzo 2002, p. 11) espressa nell’articolo intitolato Internet è una miniera
d’oro… e di grandi bidoni: «Purtroppo Internet è la fonte di una serie infinita di
falsità… Forse da queste deformazioni della verità e della realtà possiamo difenderci
abbastanza facilmente: per esempio, prestando attenzione alle informazioni solo se
conosciamo la fonte, chiaramente indicata, e ci fidiamo della sua credibilità e del suo
senso di responsabilità».
Gli altri due “fatti” riferiti e maggiormente legati ai numeri si rifanno ad un
certo tipo di ricerca, che si estende da un àmbito quasi esclusivamente matematico,
o comunque scientifico, ad uno che si potrebbe anche denominare, per iperbole,
universale.
Nel caso dei numeri di Erdös, si ricorda che “La Stampa” lo identifica come un
«modo di trasmettere la conoscenza» tramite una sorta di sistema che identifica e
ravvicina il pensiero di studiosi di materie quanto meno affini.
L’ipotesi dei gradi di separazione è senz’altro suggestiva; quanto però questi contatti
per lo più estremamente superficiali e occasionali sono davvero “conoscenza”? Come
ogni tentativo di speculazione tuttavia è “interessante”, perché spinge non soltanto a
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
127
Opinioni
riflettere e a trovare soluzioni a problemi, ma soprattutto a renderci conto che, bene
o male, siamo tutti collegati in questo mondo, che sembra sempre più piccolo e in
cui la conoscenza (qualunque essa sia), come pure la sua gestione, è un elemento
fondamentale di vita.
Note
1
128
Claire Guinchat – Yolande Skouri et al., Guide pratique des techniques documentaires. Vol. I :
Traitement et gestion des documents. Nouvelle éd. revue et mise à jour. Vanves : Edicef, 1996, p. 19.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
In-formazione
Competenze e professioni emergenti
In-formazione
La certificazione in àmbito archivistico: prime esperienze
dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana
LUCIA NARDI
L’Associazione Nazionale Archivistica Italiana (50 anni di attività, oltre 1.000
associati in tutta Italia) ha tra gli scopi statutari quello di tutelare e promuovere la
professione archivistica. Proprio per questo, soprattutto negli ultimi anni, ha svolto
una serie di interventi finalizzati a diffondere la conoscenza della professione, con la
volontà di arrivare ad un suo pieno riconoscimento.
La politica che l’ANAI [Associazione Nazionale Archivistica Italiana] ha
perseguito fin dalla sua fondazione ha conosciuto un’ulteriore accelerazione a partire
dagli anni Novanta, quando il numero degli addetti “esterni” – professionisti,
società, cooperative – ha raggiunto livelli significativi. Ora più di prima, infatti, il
mondo della libera professione necessita di un sistema di regole certificatorie che
possa rappresentare, tra l’altro, un punto di riferimento per i committenti.
Da alcuni anni, infatti, il mercato del lavoro archivistico ha attratto soggetti che,
per formazione ed esperienza, non possono dare alcun tipo di garanzia sulla qualità
e scientificità della prestazione fornita. Questi interventi producono effetti negativi
sull’immagine della professione e tendono a ridimensionare, talvolta in maniera
anche consistente, un sistema tariffario che si presenta fortemente deregolamentato.
Alla luce di queste considerazioni l’Associazione ha deciso di avviare un percorso,
di studio in un primo momento e poi di applicazione, che dovrà giungere nel corso
del prossimo anno a fornire indicazioni puntuali sul percorso formativo, lavorativo
e sull’insieme di competenze che l’archivista dovrà possedere per svolgere in modo
corretto questa professione.
La scelta dell’ANAI, di muoversi in questa direzione, è nata anche dalla
consapevolezza che, dopo il disegno di legge Fassino presentato alla fine della
scorsa legislatura e mai discusso, il Governo non ha mostrato alcun interesse verso
la regolamentazione delle professioni intellettuali, che pure riuniscono un numero
consistente di addetti.
Il “Gruppo di lavoro sulla certificazione” è stato costituito a Bologna l’11 ottobre
dello scorso anno, in occasione di un incontro nazionale tra liberi professionisti
operanti nel settore archivistico; finalità dell’incontro era programmare un percorso
utile a promuovere il riconoscimento della professione e definire un sistema, interno
all’Associazione, atto ad individuare in maniera certa i “professionisti” forniti dei
requisiti necessari all’esercizio scientificamente corretto della professione.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
131
In-formazione
La consapevolezza della mancanza di interesse da parte del Governo su questi
temi ha dunque spinto i liberi professionisti a dar vita a due Gruppi di lavoro: uno
sulla certificazione – con l’obiettivo di mettere a punto un sistema per individuare i
requisiti necessari al corretto esercizio della professione, l’altro sulle tariffe – finalizzato
a censire su base regionale il sistema tariffario, per poi progettarne e proporne uno
unico, condivisibile a livello nazionale.
I due Gruppi di lavoro, costituiti ognuno da circa 15 componenti, hanno
immediatamente avviato la propria attività.
In particolare, quello sulla certificazione ha deciso di dedicare la prima parte del
proprio lavoro ad una ricognizione dei sistemi di certificazione del lavoro archivistico
in uso all’estero. Le ricerche, condotte tramite Internet, hanno individuato alcuni
interessanti esperimenti (in particolare, quelli americano, francese e spagnolo), che
sono stati studiati in maniera analitica, schedati e pubblicati sul sito dell’Associazione
(<www.anai.org>), al link “Gruppi di lavoro – Certificazione archivistica”.
Contemporaneamente, altri elementi del Gruppo prendevano in esame i
diversi disegni di legge attualmente esistenti sul tema della regolamentazione delle
professioni intellettuali; anche questa documentazione è stata schedata in maniera
analitica e messa a disposizione sul sito.
Il monitoraggio dell’attività normativa serve all’Associazione, oltre che per avere
una conoscenza diretta e immediata della situazione, anche per capire il momento
e gli eventuali referenti per avviare interventi ad hoc. Proprio alla fine della scorsa
legislatura, infatti, quando il disegno di legge Fassino sembrava poter avere un esito,
l’Associazione ebbe modo di discutere con il Ministro Giovanna Melandri della
possibilità che le professioni esercitate sui beni culturali – in quanto beni tutelati
dalla Costituzione – avessero un riconoscimento particolare. In quell’occasione
il Ministro (ma anche la senatrice Maria Grazia Siliquini, oggi sottosegretario al
Ministero dell’Istruzione, da sempre persona impegnata a seguire la questione del
riconoscimento delle professioni) aveva espresso un parere di massima favorevole.
Da un lato, dunque, il censimento delle più significative esperienze internazionali;
dall’altro il monitoraggio dell’attività legislativa nazionale.
Conclusa questa prima fase di ricognizione, dalla quale è emerso un sostanziale
allineamento dei partecipanti ai lavori con le scelte fatte dall’Associazione francese
dei documentalisti e professionisti dell’informazione, il Gruppo di lavoro si è
nuovamente riunito a Bologna per discutere delle attività future. In quell’occasione
è stato riconfermato il sottogruppo sulla normativa e sono stati creati due nuovi
sottogruppi: uno con il cómpito di studiare l’offerta formativa a livello nazionale (sia
universitaria che privata) attraverso un’attività di censimento che non entri però nel
merito della qualità dell’offerta, ma dia conto solamente dei contenuti archivistici;
132
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
In-formazione
il secondo (che lavora in stretto contatto con il Gruppo di lavoro sulle tariffe) con la
finalità di costruire una griglia con le tipologie degli interventi archivistici.
L’archivista “certificato” dovrà infatti dimostrare che, oltre ad aver seguito
un percorso formativo completo, ha acquisito esperienza di tipo specialistico.
L’individuazione dei diversi lavori che possono essere effettuati in archivio (dal
censimento alla schedatura, dalla progettazione di un titolario alla redazione di
un massimario, dall’ordinamento alla creazione di un sistema di gestione di flussi
documentari) dovrà quindi servire a ricostruire il complesso di competenze proprie
del bagaglio dell’archivista professionista.
Per il mese di settembre è previsto un altro incontro, che permetterà ai
partecipanti al Gruppo di lavoro di mettere a disposizione i materiali raccolti ed
elaborati: le informazioni acquisite e registrate disegneranno così un panorama
piuttosto dettagliato della professione archivistica.
Tale incontro rappresenterà un primo punto di arrivo, a partire dal quale sarà
poi possibile avviare il lavoro di individuazione delle competenze specifiche richieste
al professionista degli archivi. La delicatezza e l’importanza di questo passaggio
richiederà certamente anche la programmazione di incontri con esponenti autorevoli
del mondo archivistico nazionale.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
133
In-formazione
Il Settore bibliotecario del Ministero dell’Interno
ROBERTA RONDINI
Il primo Contratto collettivo integrativo, di durata quadriennale 1998 – 2001,
sottoscritto il 28 giugno 2000 presso il Ministero dell’Interno tra le Organizzazioni
sindacali di categoria e i rappresentanti dell’Amministrazione, ha previsto, tra
l’altro, dopo molti anni di attesa, l’istituzione, in analogia con il resto del comparto
Ministeri, dei profili relativi alla VIII e IX qualifica funzionale, prima mancanti, e la
riqualificazione di una percentuale elevata del personale dell’Amministrazione civile,
nel quadro di un nuovo ordinamento professionale.
La firma del contratto integrativo è stata preceduta da un provvedimento con il
quale è stata rideterminata la dotazione organica del personale “contrattualizzato”
(D.M. 27 marzo 2000) e seguita da un nuovo accordo con le Organizzazioni sindacali
(12 ottobre 2000), con il quale sono state fissate le modalità e i contingenti destinati
alla riqualificazione per i passaggi dei dipendenti da una posizione economica all’altra
e da un profilo professionale ad un altro.
Con la formalizzazione di nuovi profili professionali e dei relativi contenuti, è
stato pertanto avviato un impegnativo processo di formazione/aggiornamento che
ha riguardato migliaia di dipendenti, appartenenti a differenti qualifiche funzionali,
per il quale sono state elaborate e realizzate procedure di riqualificazione, svoltesi
nell’arco di diversi mesi.
Tale processo, piuttosto complesso, non si è ancora concluso in quanto successivi
accordi, che si sperano imminenti e rapidi, dovranno quantificare e “monetizzare”, in
termini di effettività delle istituende mansioni, i nuovi profili professionali all’interno
delle piante organiche sia degli Uffici Territoriali di Governo (un tempo, Prefetture),
sia del Ministero e degli uffici della Capitale.
In tale quadro di riferimento generale, trova spazio, secondo la nuova strutturazione
dei profili professionali, l’organizzazione di un neonato Settore bibliotecario.
Infatti, benché previsti dal precedente ordinamento, le figure professionali di
Direttore di biblioteca, Bibliotecario, Collaboratore di biblioteca non sono mai state
concretamente inserite nelle strutture di servizio, ad eccezione di un concorso
pubblico che, a metà degli anni Ottanta, aprì le porte dell’Amministrazione
dell’Interno a tre funzionari di biblioteca. Tali bibliotecari, del resto, alla stregua del
resto del personale non prefettizio, in tutti questi anni sono rimasti presso le due
biblioteche dell’Amministrazione in attesa di un coerente sviluppo di carriera.
Tale novità strutturale, se, come nelle previsioni, sarà attuata secondo un piano
organico e coerente, potrà aprire, in effetti, nuovi spazi e discrete opportunità, e non
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
135
In-formazione
solo per quanto riguarda la crescita professionale di risorse umane preziose e competenti
ma ancora non appieno avvalorate all’interno di questa struttura dello Stato.
Il Ministero dell’Interno ha, infatti, l’indifferibile necessità di utilizzare meglio
e di valorizzare convenientemente il notevole patrimonio librario e documentario
in suo possesso e, soprattutto, l’urgenza di una efficace elaborazione e divulgazione
di una parte fondamentale della sua attività, spesso ignorata persino all’interno
dell’Amministrazione. Il riferimento è, naturalmente, alla diffusione della notevole
attività di documentazione e della letteratura grigia che tutti i Dipartimenti nei quali
è articolato il Ministero producono annualmente.
Il Settore bibliotecario prevede un’articolazione interna con quattro profili
professionali di diversa competenza e responsabilità. Alle figure apicali del Direttore
di biblioteca e del Bibliotecario si affiancano quella del Collaboratore di biblioteca,
già presente nel vecchio ordinamento del personale, e quella, di nuova istituzione,
relativa all’Assistente di biblioteca.
A quest’ultimo profilo accederà una selezione ristretta di personale proveniente
da livelli amministrativi, pronta ad uno scatto di carriera per anzianità di servizio,
che è stato formato ad una alfabetizzazione bibliotecaria tramite un tirocinio di due
settimane presso la Biblioteca Centrale di Palazzo Viminale.
Per quanto riguarda il Collaboratore di biblioteca, il processo di riqualificazione, in
questa prima fase, ha previsto l’accesso al profilo per dieci dipendenti – in possesso sia
dell’anzianità di servizio richiesta in un’area generale di riferimento, sia di un titolo di
studi specifico, la laurea in lettere, in filosofia o in storia – che hanno superato a pieni
voti un test di cultura generale, amministrativo-giuridica e biblioteconomica.
Tra i due livelli superiori va fatta una distinzione. Per il profilo di Direttore
di biblioteca l’Amministrazione ha previsto, per questa prima fase, tre posti a
livello nazionale. Il personale in possesso dei requisiti ha frequentato un corso
di formazione specifico della durata di due settimane presso la Scuola Superiore
dell’Amministrazione dell’Interno e un tirocinio teorico-pratico della durata di
quattro settimane presso la Biblioteca Centrale.
Analogamente, i cinque aspiranti bibliotecari hanno frequentato un corso di
formazione più ristretto, della durata di una settimana, e un tirocinio teorico-pratico
di tre settimane presso la stessa biblioteca. Per alcuni dei candidati, idonei a ricoprire
gli otto posti vacanti, si è trattato di una vantaggiosa opportunità per avvicinarsi
ad una professione nuova, foriera di sviluppi all’interno dell’Amministrazione di
riferimento, mentre la circostanza ha consentito agli altri di usufruire di una buona
occasione di aggiornamento e di formazione in servizio.
Il corso di formazione presso la Scuola è stato organizzato con lezioni di docenti
esterni, provenienti da strutture pubbliche operanti nel settore, come la Biblioteca
del C.N.R., depositaria dell’Unione Europea, e dalla Scuola speciale per archivisti e
136
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
In-formazione
bibliotecari dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, da informatici e da
esperti dell’area della comunicazione.
Si è trattato, in effetti, di un ciclo di lezioni sottodimensionato rispetto alle reali
necessità dei corsisti ma che ha, comunque, consentito di prendere visione e di
approfondire, almeno in parte, gli argomenti più rilevanti. Alcuni di questi aspetti si
sono poi potuti approfondire durante il tirocinio che si è svolto successivamente, alla
fine del corso di formazione.
Il tirocinio, realizzato a costo zero, si è svolto durante l’orario di lavoro; si è
concluso con la stesura, da parte dei candidati, di una relazione sull’attività svolta
che sarà oggetto di valutazione da parte di un’apposita Commissione deputata ad
esprimere un giudizio di idoneità finale. Gli argomenti delle relazioni sono stati scelti
dai candidati, sia prendendo spunto dalle tematiche trattate durante la frequenza del
corso teorico o durante il periodo di applicazione pratica, sia facendo riferimento ad
un caso pratico approfondito durante il percorso formativo.
Durante il tirocinio, i dipendenti, per la durata di tre/quattro settimane, sono stati
quotidianamente in biblioteca ed hanno avuto modo di approfondire le tematiche
relative ad aree maggiormente operative, quali la consultazione, il prestito e il
ricevimento degli utenti presso i cataloghi, ad aree di carattere strettamente tecnicoprofessionale (per es. l’accesso alle banche dati giuridiche, trattandosi di Ministero
dell’Interno), ad àmbiti, infine, che potremmo definire di ampio respiro culturale.
Non va, infatti, dimenticato che la Biblioteca Centrale del Viminale ha alle spalle
una storia di tutto rispetto. Fu istituita nel 1859 a Torino sui fondi librari di Casa
Savoia e del Consiglio del Commercio e fu successivamente accresciuta e sviluppata
da notevoli raccolte di legislazione degli Stati italiani pre-unitari ed europei.
Nonostante alcune perdite successive alla seconda guerra mondiale, la Biblioteca
raccoglie, tra gli oltre 100.000 volumi, opere cospicue, quali gli atti del Parlamento
Subalpino e opere rare (un esempio tra tutti è dato da un esemplare dell’Encyclopédie
di Diderot nell’edizione italiana del 1771).
Inutile dire che, al di là dell’impostazione bibliotecaria data al corso e della
definizione tradizionale dei profili professionali, sia per i contenuti che per la
tipologia dei documenti di tutta l’area di interesse, nonché per l’elaborazione
terminologica dei livelli di indicizzazione, le figure professionali previste dovranno
invece al momento dell’impatto operativo addentrarsi in un terreno formativo di
“transizione”, che di certo si muoverà in un saper fare più complesso, selettivo, di
spoglio e di profondità.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
137
In-formazione
I documenti digitali e la Patente europea del computer:
note in margine all’alfabetizzazione informatica in Italia e alle
relative iniziative comunitarie
ROBERTO TURCHETTI
Da quanto emerso dal Rapporto ISTAT 2001 sulla situazione italiana si è avuta,
rispetto agli anni precedenti, una confortante crescita nell’uso del personal computer
e del Web. Grazie alla diffusa informatizzazione di imprese pubbliche e private,
oltre all’introduzione dell’insegnamento dell’informatica negli istituti scolastici,
circa un quarto della popolazione italiana, pari a 13 milioni di persone, sa utilizzare
un personal computer, e, tra queste, circa il 50% ne apprezza la connessione in rete
Internet per gli scopi più diversi, compreso il semplice invio e la ricezione della posta
elettronica. «Il computer è ormai un bene essenziale» – stigmatizza infatti il Rapporto;
e ancora: «È degna di nota… la crescita della spesa per l’acquisto di personal computer
e di attrezzature informatiche. Essa è più marcata tra le famiglie disagiate (+70%) che
tra quelle benestanti (+50%)… Per quanto riguarda l’uso delle nuove tecnologie…
il numero degli utenti del pc a casa, rispetto a cinque anni fa, è praticamente
raddoppiato, con una crescita particolarmente elevata tra le donne… ne viene
fatto un uso molto intenso (per oltre la metà dei casi è quotidiano) analogamente
a quanto accade per Internet». Tuttavia, avverte il Rapporto, «nell’uso delle nuove
tecnologie continuano ad aumentare le differenze territoriali e per il titolo di studio
permangono quelle generazionali» (p. XXIII)1. In precedenti rapporti era emerso
infatti che in Italia, nel 1996, soltanto 720.000 utenti navigavano abitualmente in
Internet, limitati soprattutto dal costo del canone di abbonamento richiesto dai vari
provider del servizio, mentre, soltanto tre anni dopo, nel 1999, alla sopraggiunta
gratuità del servizio, il popolo dei “navigatori” era lievitato a 4.500.000 unità.
Si sono potuti osservare quindi notevoli progressi in tale settore, ma, tuttora,
siamo ancora lontani dalla sufficienza nella pagella europea. Infatti, da una recente
ricerca della Commissione Europea avente per oggetto l’analisi del rapporto tra
scuola, computer ed Internet in Europa, è risultato che la percentuale media degli
istituti scolastici che sono attrezzati per il collegamento online è pari a circa il 90%,
con un elaboratore ogni 24 studenti. In Italia la percentuale scende all’85%, con
un elaboratore ogni 47 studenti. Potrebbe sembrare un buon risultato, ma peggio
dell’Italia fanno soltanto Portogallo e Grecia con poco più del 50% degli istituti
collegati ed un elaboratore elettronico ogni 55 allievi. Non molto differenti da questi
sono poi gli esiti ottenuti dall’analisi del mondo del lavoro e dall’utilizzo della rete
Internet per l’e-commerce e per la ricerca di informazioni. Se rapportati alla media
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
139
In-formazione
europea, gli Italiani sono ancora al di sotto degli standard, non solo rispetto ai più
virtuosi Svedesi e Finlandesi, ma anche rispetto a Tedeschi, Francesi ed Inglesi2.
Un tale risultato viene confermato, se si analizzano le vendite in Europa di
software di word processor o di foglio elettronico: in Italia questi strumenti sono poco
utilizzati sia in àmbito lavorativo che di studio o ricerca. Il dislivello che si è venuto
a creare con gli altri Paesi membri dell’Unione Europea assume oggi proporzioni
particolarmente gravi: se da un lato, infatti, l’Unione offre tutte le potenzialità di
un’economia sempre più globale – rafforzata, ed è proprio notizia dei nostri giorni,
dalla raggiunta parità Euro-Dollaro –, dall’altro delinea un mercato del lavoro in cui
l’improvvisazione e l’approssimazione in àmbito informatico non possono più trovare
spazio; le sollecitazioni in tal senso dei partner europei, con più ampie competenze
e specializzazioni nella tecnologia dell’informazione, dovrebbero indurci a sanare lo
squilibrio e, dunque, a colmare rapidamente le nostre conclamate lacune.
Per sostenere il confronto diventa cioè necessario, da parte italiana, poter
dimostrare “in tempi brevi” la capacità di utilizzare adeguatamente supporti e
strumenti informatici o telematici. In estrema sintesi, quello che si chiede al nostro
mercato del lavoro è di formare professionalità capaci di misurarsi con successo
con popolazioni che sono già meglio istruite a “guidare” il computer; ciò perché
possiamo dar prova delle nostre capacità operative, non appena questo saper operare
ci viene richiesto.
In tale situazione assumono un ruolo fondamentale figure professionali come
quelle degli operatori e degli esperti gestori ed utilizzatori di informazioni digitali.
Questi ultimi sono, per definizione, chiamati ad utilizzare gli strumenti informatici,
oltre ai supporti ed ai prodotti connessi: banche dati, basi di dati, archivi elettronici,
fonti ormai primarie, o di partenza di quell’informazione che serve alla competizione
di mercato. Occorre altresì aggiungere che il rapido adeguamento normativo
(firma digitale, archiviazione elettronica, protocollo informatico) ha moltiplicato la
tipologia dei supporti da gestire, perché ci si deve misurare non solo con i prodotti
dell’editoria elettronica online e offline (Web, CD-Rom, ecc.), ma anche con tutti
i possibili formati del documento (atti amministrativi informatici, documenti
elettronici, e-book o libri elettronici, biblioteche ibride, parzialmente o interamente
digitali). E dunque, per quanti si affacciano per la prima volta sul mercato del
lavoro, acquisire conoscenze e competenze di base attraverso strumenti formativi
standardizzati diventa inevitabile, proprio per non essere battuti dalla vasta ed
agguerrita concorrenza comunitaria.
Alla luce di queste nuove esigenze emerse nella società dell’informazione sono
stati varati diversi provvedimenti in sede di Parlamento Europeo. Il più evidente è
stato quello di definire i requisiti minimi da ottenere per proporsi sul mercato del
140
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
In-formazione
lavoro, quelli cioè necessari al conseguimento della Patente Europea [di Guida] del
Computer, ECDL [European Computer Driving Licence].
L’iniziativa è stata promossa dal CEPIS [Council of European Professional
Informatics Societies], cui fanno capo le associazioni di informatica di 17 Paesi
europei. Per la gestione dell’iniziativa ECDL è stata progettata una struttura funzionale
a due livelli, uno europeo ed uno nazionale. A livello europeo, è stata creata la ECDL
Foundation, con sede a Dublino, che ha il cómpito del coordinamento generale del
programma, di esame e di certificazione; e deve vigilare sull’omogeneità delle diverse
fasi operative nei singoli Paesi. A livello nazionale, la gestione è demandata alle locali
Associazioni di Informatica, membri del Cepis, quali l’AICA [Associazione Italiana
per l’Informatica ed il Calcolo Automatico] per l’Italia.
Tra pochi anni infatti – ma già, seppure parzialmente, fin da ora – aziende
e pubbliche amministrazioni esigeranno che la maggior parte del personale sia
competente nell’uso di software, di word processor, oltre che nell’uso dei software
di base necessari per gestire le operazioni quotidiane di un qualsiasi ufficio, reparto
o magazzino, dalla lettera di routine alla progettazione informatica più complessa.
I concetti di documento e di trattamento dell’informazione sono diventati di fatto
pervasivi in ogni àmbito lavorativo.
L’iter per il conseguimento della “patente” non prevede necessariamente la
frequenza di uno specifico corso, bensì il superamento di sette esami, sostenuti in un
arco temporale massimo di tre anni, registrati su una skill card riconosciuta in tutti i
Paesi membri dell’Unione ed acquistabile presso qualsiasi test center3 accreditato. Tali
esami certificano che un computer non rappresenta più per il titolare della card un
ostacolo, bensì un utile strumento di lavoro finalizzato a favorire un netto aumento
della produttività personale. Nell’ordine, il primo dei sette esami da superare ha
per oggetto l’alfabetizzazione informatica, il secondo la gestione dei documenti, il
terzo l’elaborazione dei testi, il quarto i fogli elettronici, il quinto l’archiviazione
dei dati, il sesto le presentazioni e l’ultimo le reti informatiche. Tutto ciò a costi
generalmente contenuti; i corsi stessi, inoltre, mettono a disposizione materiale
elettronico e cartaceo scelto fra un’ampia offerta editoriale – un vero boom di
manuali –, che accompagna validamente l’intero iter formativo dello studente con
esercizi e problematiche direttamente ricavati dalle effettive prove d’esame.
Tra le pubblicazioni di buon livello qualitativo, vanno senz’altro segnalate
quelle prodotte dalla casa editrice Apogeo (<www.apogeonline.com). Questa ha
fatto dell’informatica una bandiera culturale, all’insegna della comunicazione
per il terzo millennio e di supporto alla new economy, in quanto «lo sviluppo
tecnologico applicato alla cultura, all’economia, alla comunicazione e al mercato
in generale sta trasformando radicalmente il modo di vivere degli abitanti dei Paesi
industrializzati».
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
141
In-formazione
Apogeo ha definito la Patente europea «un programma di certificazione delle
competenze di base nell’uso delle tecnologie informatiche, un programma articolato
in sette moduli», e ha quindi predisposto una vera e propria Guida alla Patente Europea
del Computer, in cui ciascun modulo è riservato ad un argomento del programma
ECDL. La Guida è poi completata da un ottavo libro dedicato interamente ad
esercizi analoghi a quelli da svolgere durante le prove d’esame. Il principale pregio
di tali libri è l’essenzialità della trattazione: chi non ha mai utilizzato un software
di word processor o di presentazione vi trova i primi rudimenti sulle principali
funzionalità. Il tutto in poche parole ed accompagnato da un ricco apparato di
immagini esplicative direttamente tratte dalla finestra di lavoro di un ipotetico
utente. Gli argomenti sviluppati rispondono alle richieste del “syllabus” ECDL, il
programma di studi concordato a livello internazionale dall’ECDL Foundation che
l’iscritto alla Patente riceve assieme alla skill card. La struttura di ciascun volume
in capitoli è funzionale alla modularità degli argomenti; alcune icone semantiche
distinguono nei paragrafi testi/note e testi di attenzione. La Guida è finalizzata infatti
solo al conseguimento della certificazione e dunque delle competenze alfabetiche, e
volutamente ignora alcune funzionalità avanzate dei software trattati che, pur non
essendo propedeutiche all’esame ECDL, avrebbero potuto tuttavia costituire uno
stimolo per approfondimenti futuri.
Una volta ottenuto il diploma ECDL, costruire un piccolo database, ricercare
e consultare con velocità documenti in una biblioteca Web, inviare una e-mail o
digitare un documento dall’aspetto professionale non sarà più un cómpito di ancora
relativamente pochi, bensì prassi comune ed ampiamente collaudata.
La politica di promozione dell’ECDL è il giusto complemento perché il computer
sia ormai effettivamente un bene essenziale.
Note
1
2
3
142
Istituto Nazionale di Statistica, Rapporto annuale: la situazione del Paese nel 2001. Roma : Istituto
Poligrafico e Zecca dello Stato, 2002
Enrico Netti, Dieci anni tutti digitali. Rapporto EITO 2002. “@lfa – Il Sole – 24 Ore”, 1º marzo
2002, p. 2-3.
Saverio Rubini – Manuela De Marchi, Guida alla patente europea del computer: ECDL European
Computer Driving Licence. Milano : Apogeo, 2002, V. 7
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Manifestazionidopo
Manifestazionidopo
Riflessioni sulla Digital Preservation
DANIELA CANALI
Le presenti riflessioni scaturiscono dalla partecipazione al seminario Preserving the
Record of Science, svoltosi nel febbraio scorso a Parigi presso la sede dell’UNESCO,
organizzato da ICSTI [International Council for Scientific and Technical
Information]1, CODATA [Committee on Data for Science and Technology]2 e
ICSU [International Council for Science]3, che ha radunato oltre 80 partecipanti
da differenti organizzazioni e Paesi, in rappresentanza di interessi diversi nel campo
della scienza.
Nel gennaio del 2000 l’ICSTI aveva già organizzato un seminario sullo stesso
tema, spinto dalla crescente produzione elettronica di pubblicazioni scientifiche,
paventando il rischio di mancata archiviazione delle informazioni.
Tema ricorrente del meeting è stato il necessario incoraggiamento diretto agli
scienziati a comprendere l’importanza dell’archiviazione dei propri contributi e
a rendersi conto dell’effettivo valore della raccolta che tale procedura consente di
creare. C’è stata una notevole discussione anche sui vari ruoli richiesti dall’attività di
preservation e su quali persone e istituzioni debbano farsi carico di tale responsabilità.
Opinioni differenti sono poi emerse circa la selezione dei dati da conservare: la
distinzione tra memoria e conservazione, applicate ai risultati di attività scientifiche,
necessita di ulteriore chiarimento, mentre è apparso chiaro da tempo che
l’archiviazione digitale è un’attività costosa e che gli enti finanziatori hanno diritto di
chiedere giustificazione dei costi.
1. Metadata
Il tema dei metadati, i dati estratti dai documenti per consentirne l’identificazione
e l’accesso4, è ritornato più volte al centro dei dibattiti, in relazione a varie questioni:
in molti dei progetti di digital archiving in corso il Dublin Core, il set di metadati
concordato dalla comunità bibliografica tradizionale, è usato come standard ad hoc,
mentre molte organizzazioni lo accettano solo come fondamento, considerando
validi altri schemi possibili.
Partecipava ai lavori un working group sui preservation metadata5, costituito
dai rappresentanti di organizzazioni con responsabilità di archiving che da tempo
discutono i problemi legati all’uso dei metadata per le loro necessità. In particolare,
la comunità rappresentata da CODATA ha espresso la sensazione che molte
iniziative sui metadata siano più orientate al testo che ai dati, come vengono intesi
nella loro comunità. Di conseguenza, si è giunti all’accordo che un gruppo misto di
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
145
Manifestazionidopo
rappresentanti ICSTI e CODATA, col supporto del proposto CODATA Task Group
su preservation e archiving di dati scientifici e tecnici nei Paesi in via di sviluppo,
controllerà le attività del Working Group sui preservation metadata con uno sguardo
all’identificazione di problemi comuni ed in particolare alle esigenze emergenti da
dibattere nell’àmbito del Working Group o, se necessario, più ampiamente.
Infatti la prossima conferenza CODATA che si terrà a Montreal affronterà il tema della
digital preservation e sarà un’occasione per analizzare altri aspetti di questo argomento.
Il cambiamento radicale verso documenti digitali originali e la stessa
disseminazione digitale dei risultati delle attività scientifiche fa sì che la distinzione
storica tra testo e dati stia scomparendo. Materiali “born digital” sono bit e byte e
possono essere trattati esattamente allo stesso modo, a prescindere dal significato che
veicolano.
La discussione sui metadati in generale deve ampliarsi fino a tener conto delle
necessità di archiving: ciò si può applicare in particolare alle discussioni relative
all’Open Archives Initiative.
In tale contesto diventa di primaria importanza definire le modalità di creazione
e di mantenimento di identificatori interoperabili permanenti e la loro relazione con
l’accesso agli archivi. Il lavoro del gruppo Digital Object Identifier (DOI) è da tener
presente in ogni pianificazione futura.
2. Modelli economici
Dalle discussioni sono emersi diversi problemi relativi alla struttura economica
delle attività di digital preservation, dal momento che per le iniziative attualmente in
corso non c’è un valido modello economico o di business, questione che ha invece un
peso tale da determinare la continuità o meno dell’archivio.
I progetti, specialmente quelli che mirano a creare archivi di significativa entità,
dovrebbero essere avviati solo a fronte di una rigorosa giustificazione economica del
loro valore, anche per assicurarne la continuità.
Il progetto europeo di digital preservation recentemente finanziato, ERPANET –
European Consortium for Digital Preservation, apporta un nuovo input: il progetto
intende monitorare casi studio di azioni di preservation focalizzati sull’estrazione
della conoscenza del valore a favore di altri progetti6, attività che fornisce notevole
introspezione anche nell’area economica.
In un contesto più ampio l’esperienza nello sviluppo di nuove azioni in àmbito
digitale, come lo sviluppo di PubliMed, fornisce puntatori e coniuga il punto di vista
di studiosi, editori e biblioteche, di tutti coloro, cioè, che hanno interesse negli aspetti
economici dell’iniziativa, come pure nel valore generale e nelle esigenze dell’archiving.
STM, l’associazione che rappresenta editori scientifici, tecnici e medici, e ALPSP,
l’associazione di Learned & Professional Society Publishers, sono impegnate ad esaminare
146
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Manifestazionidopo
in dettaglio gli aspetti economici della digital preservation: dovrebbero cominciare
tentando di raccogliere dai loro associati dati sulle future azioni e i diversi punti di vista
circa gli elementi necessari a sviluppare validi modelli di business, come pure i risultati
delle attività già intraprese. Nel selezionare i casi studio il progetto ERPANET tiene ben
presenti i problemi economici ed è aperto ai suggerimenti.
3. Migrazione tecnologica
Chi si occupa di archiviazione digitale deve fare i conti con la necessità di
assicurare l’accesso futuro all’archivio al di là dei cambiamenti tecnologici che si
vengono a verificare.
Esiste già materiale a tutti gli effetti perduto in quanto inaccessibile, dal
momento che non sono più disponibili dispositivi per leggerlo. La situazione è
probabilmente destinata a peggiorare con la velocità dei cambiamenti tecnologici:
per permettere la migrazione tecnologica diverse iniziative devono essere intraprese,
ma ci sono questioni aperte sulla loro validità e sulla gamma di opzioni da prendere
in considerazione (per esempio, l’emulazione).
Le organizzazioni con interessi nel campo più ampio dell’ICT (Information
and Communication Technologies) devono essere coinvolte nell’affrontare tale
questione, per identificare aspetti di comune interesse: a questo proposito, è stata
citata una nuova legislazione che richieda ai costruttori di apparecchiature nel settore
dell’ITC di tener traccia delle loro posizioni a scopi di riciclaggio; la gestione del
bene digitale è di fatto un’attività in via di sviluppo e le tecnologie di storage per gli
oggetti digitali un campo in rapida espansione.
Sebbene non si sia giunti ad alcun accordo, è chiaro che le organizzazioni con
specifiche funzioni nel campo dell’archiving, quali biblioteche nazionali e centri
produttori di dati scientifici, hanno la responsabilità di mantenere memoria in tale
area, essendo direttamente interessate. Anche la possibilità di sviluppare “test beds”
per le valutazioni è considerata una priorità importante.
4. Relazioni con la comunità archivistica
Gli archivisti professionisti si sono già confrontati con molti dei problemi ben
noti a coloro che sono coinvolti nella digital preservation; in particolare, azioni
relative alla selezione e alla valutazione di materiali destinati all’archiviazione,
problemi di privacy e di confidenzialità (di primaria importanza nelle scienze sociali)
e la migrazione tecnologica.
I rappresentanti della comunità archivistica presenti al meeting hanno deciso di
trasmettere all’ICSTI, per una più ampia circolazione, i risultati di varie discussioni,
liste e gruppi di lavoro rilevanti per gli interessi della digital preservation. L’ICA,
International Council of Archivists, ha già gruppi di lavoro e altri organismi
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
147
Manifestazionidopo
impegnati nella preservation di record di scienza e tecnologia, che operano a stretto
contatto con la comunità di storici della scienza.
Organizzazioni scientifiche autonome sono state incoraggiate ad identificare
rappresentanti che possano partecipare e collaborare agli sviluppi in questo settore.
5. Standard
Anche il tema degli standard è emerso ripetutamente. Azioni formali, quali
la posizione dell’ISO sull’Open Archival Information System (OAIS) Reference
Model, vanno affrontate a breve, come pure l’attività nella comunità OAI relativa
al metadata harvesting. Attualmente c’è viva discussione intorno al tema degli
standard ad-hoc e agli accordi sulla possibilità di seguire schemi particolari. Sebbene
sia chiaro che diverse comunità stanno lavorando alla definizione di standard in
funzione di problemi specifici, viene considerato improbabile e persino inutile
forzare un coordinamento e un’adesione su larga scala ad un insieme comune di
norme. Comunque, i flussi informativi sulle attività dei vari gruppi di lavoro e di
altri organismi che si occupano di standard, o attività affini, sono di fondamentale
importanza e maggiori sforzi per migliorare la circolazione dell’informazione sono
sicuramente apprezzabili. Lo scambio tra coloro che sono storicamente interessati
ai dati scientifici, gli archivisti e la comunità del testo va senz’altro incoraggiato. I
partecipanti al meeting si sono impegnati ad assicurare che la loro comunità venga
messa al corrente di tali problemi, come punto di partenza, in alcuni casi, per il
miglioramento dei flussi di informazione. Le attuali azioni di disseminazione della
conoscenza, come la Digital Preservation Coalition, supportata da JISC in Gran
Bretagna, e la notevole attività di supporto a livello di Unione Europea, andrebbero
estese ad altre comunità e ad altri Paesi.
6. Paesi in via di sviluppo
Il problema della digital preservation non è ovviamente limitato alle nazioni
sviluppate. I Paesi in via di sviluppo, in particolare Asia del Sud e Sud-Est e America
Latina, sono produttori significativi di informazione scientifica. La loro esigenza di
preservare in formato digitale il materiale prodotto è la medesima dei Paesi sviluppati.
Il Task Group di CODATA terrà un workshop in Sud Africa nel maggio 2002, al
quale parteciperanno i Paesi del Southern African Development Council. Il gruppo
CODATA intende ripetere tali iniziative anche in altre regioni in via di sviluppo. Al
meeting del Governing Body nel novembre 2001 l’UNESCO ha aggiunto alle azioni
previste sulla preservazione del patrimonio culturale un’azione per includere la digital
preservation.
Anna Maria Cetto, rappresentante di Latindex, iniziativa che raggruppa editori
scientifici e biblioteche in America Latina, presente al seminario, si è impegnata
148
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Manifestazionidopo
ad identificare organizzazioni e persone, in Paesi e regioni in via di sviluppo, che
abbiano interesse nella digital preservation, per metterli al corrente dei risultati del
seminario ed incoraggiarli a partecipare ad azioni rilevanti per le loro necessità.
7. Training
Il training su aspetti specifici delle procedure per la digital preservation, come pure
l’educazione al valore della creazione di archivi, sono stati argomenti di discussione
nel meeting. Un’azione specifica di training è stata inclusa nei programmi UNESCO
per i Paesi e le regioni in via di sviluppo. L’esperienza raggiunta da parte di alcuni
editori nelle iniziative in corso di digital preservation potrebbe essere condivisa
con coloro che non hanno ancora affrontato il problema. Inoltre, i casi studio del
progetto ERPANET dovrebbero costituire prove valutabili in questo àmbito.
Considerazioni conclusive
A livello generale la preservazione di informazione scientifica digitale originale è
riconosciuta come un’attività significativamente in espansione: rispetto alla situazione
al tempo del precedente meeting ICSTI nel 2000, sono state intraprese parecchie
iniziative e ben maggiore è il coinvolgimento di un alto numero di organizzazioni.
I diversi settori delle scienze stanno ora utilizzando un mezzo comune, il
contenuto digitale, per la produzione e la disseminazione dei loro risultati, il che
significa che i problemi affrontati nella preservazione dei risultati sono comuni: in
questo senso emergono i vantaggi nella condivisione dell’esperienza e nello sviluppo
di approcci comuni. Una notevole mole di lavoro è ancora da fare nel portare alcune
realtà al livello di progresso attuale e va attentamente considerata l’opportunità di
ampliare le conoscenze sulla digital preservation imparando da aree esterne a quella
formale della ricerca scientifica e tecnologica, come la comunità archivistica, le
comunità archeologiche e di scienze sociali e le società di ICT.
Il seminario ha rappresentato un valido punto di incontro per una pluralità di
interessi e una buona occasione per creare comunicazione e per valutare l’opportunità
di azioni comuni. Altri meeting verranno organizzati nei mesi venturi per ampliare il
flusso di informazione e l’ICSTI, con CODATA e ICSU, continuerà a monitorare
gli sviluppi nell’interesse della scienza e degli studiosi.
Note
1
ICSTI costituisce un forum unico per l’interazione tra le organizzazioni che creano, disseminano ed
usano informazioni tecnico-scientifiche. La sua missione è relativa alle discipline scientifiche e tecniche
a livello internazionale, per offrire alle organizzazioni che ne fanno parte una comunità globale.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
149
Manifestazionidopo
2
3
4
5
6
150
CODATA, il Committee on Data for Science and Technology, è un comitato scientifico
interdisciplinare dell’International Council for Science (ICSU): ha l’obiettivo di migliorare la
qualità e l’accessibilità dei dati, oltre che dei metodi con cui essi vengono acquisiti, gestiti, analizzati
e valutati con particolare attenzione ai Paesi in via di sviluppo. Cerca inoltre di agevolare la
cooperazione internazionale tra coloro che raccolgono, organizzano e usano i dati e di promuovere
una crescente consapevolezza nella comunità tecnica e scientifica dell’importanza di tali attività,
accanto alla considerazione dei problemi legati all’accesso e alla proprietà intellettuale.
Il Council mira a rompere le barriere della specializzazione avviando e coordinando un maggior
numero di programmi di interdisciplinarità internazionale e creando istituzioni interdisciplinari
che assicurino attività e programmi di ricerca di interesse per i diversi membri. Un certo numero di
organizzazioni operanti all’interno dell’ICSU affronta inoltre problemi comuni a tutti gli studiosi,
quali la capacità di costruire nella scienza, l’ambiente e lo sviluppo e la libertà scientifica. Il Council
opera come focus per lo scambio di idee e informazioni e per lo sviluppo di standard.
Il termine “metadata” è utilizzato in una grande varietà di contesti, dall’uso nelle funzioni di
controllo delle operazioni dei DBMS a quello per la descrizione di dataset scientifici e di supporto
alla condivisione dei dati tra gli studiosi, fino ai metadata usati nelle digital library per supportare
l’accesso dell’utenza all’informazione.
Impiegato nel contesto delle biblioteche, tradizionali o digitali, il concetto di metadata si riferisce
di solito all’informazione che fornisce una caratterizzazione (di solito breve) del singolo information
object nelle collezioni di una biblioteca; è memorizzata principalmente come contenuto dei
cataloghi di biblioteca nelle biblioteche tradizionali; è usata principalmente per assistere gli utenti
nell’accesso all’information object di interesse.
Diverse istituzioni hanno sviluppato “element sets” di preservation metadata, dettagliando le
informazioni specifiche che dovrebbero essere incluse nei metadata di un oggetto archiviato. In
particolare, la pubblicazione dell’OCLC Working Group on Preservation metadata (31 gennaio
2001) analizza in modo comparativo quattro approcci d’uso, autonomamente sviluppati: CURL
Exemplars in Digital Archives project (CEDARS), la National Library of Australia, la Networked
European Deposit Library (NEDLIB) e l’Harvard University’s Digital Repository Services
(quest’ultimo è l’unico che non si ispira al modello OAIS).
<http://www. erpanet.org/>. ERPANET è un consorzio europeo estensibile, nato con lo scopo
di rendere disponibili informazioni ed esperienze e di migliorare le capacità nel campo della
conservazione del patrimonio digitale culturale e scientifico. Il consorzio riunisce istituti della
conservazione e della memoria (musei, biblioteche e archivi), industria di tecnologia informatica
e telematica, centri di ricerca, organizzazioni governative (incluse quelle locali), industrie
dell’intrattenimento ed il mondo della produzione.
ERPANET fornisce dunque una stanza di compensazione virtuale che offre informazioni e
conoscenze sullo stato dell’arte e sugli sviluppi delle attività di conservazione digitale.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Manifestazionidopo
Towards Information Society for All 2 – (TISA2)
Berlino, 8-9 marzo 2002
MASSIMILIANO TOSATO
L’ 8 e il 9 marzo 2002 si è svolto a Berlino il convegno internazionale Towards
Information Society for All 2 – (TISA2) “New PathWays To Knowledge”, organizzato
dal British Council.
Il TISA2 prosegue il percorso iniziato con successo nel marzo 2001 a Bologna.
Nel convegno bolognese1 professionisti e rappresentanti di differenti realtà politicoamministrative si erano incontrati per valutare l’evoluzione della emergente Società
dell’informazione in Europa. Particolare attenzione era stata rivolta alle priorità e ai processi
necessari per la creazione di una società in cui ciascuno avesse davvero l’opportunità di
beneficiare delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Questo secondo appuntamento2 ha mantenuto e addirittura superato le
aspettative suscitate dal primo.
Il livello di partecipazione e la qualità degli interventi hanno infatti confermato il
crescente interesse verso un evento che ha ormai assunto un valore e una dimensione
veramente europei, nella più larga accezione del termine.
La presenza di esponenti dei Paesi dell’Est – in prima fila Russia e Romania
– testimonia l’interesse suscitato dalle tematiche proposte nel TISA1 e dimostra
l’importanza sociale, economica e professionale delle problematiche che, ad ogni
livello, ruotano attorno alla Società dell’informazione.
Il TISA2 ha posto l’accento sulle attività e i fattori di sviluppo indispensabili per
consentire progressi comuni a tutti coloro che sono coinvolti, a qualsiasi titolo, nello
sviluppo della Società dell’informazione.
Fattori e attività che abbracciano:
- la natura e l’importanza delle politiche rispetto alla Società dell’informazione
a livello regionale e nazionale;
- gli aspetti tecnici e infrastrutturali relativi alla creazione di network e percorsi
di accesso fisici disponibili per tutti, come ad esempio i “Centri ICT”
(Information e Communication Technology) realizzati in spazi pubblici;
- la valenza determinante del contenuto elettronico;
- la cooperazione e il partenariato.
Gli interventi presentati alla conferenza hanno favorito il coinvolgimento e la
partecipazione dei gestori di servizi e dei politici provenienti da tutta Europa, il cui
impegno è senz’altro decisivo per il successo delle iniziative.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
151
Manifestazionidopo
Uno dei temi maggiormente dibattuti è stata la necessità di creare àmbiti in cui la
formazione assuma un ruolo significativo nell’arco di tutta la vita, da realizzarsi per
mezzo di sistemi di informazione e comunicazione in sintonia con lo sviluppo di una
Società dell’informazione realmente aperta a tutti.
I lavori si sono succeduti attraverso sessioni e forum; ciascuno di essi è stato
preceduto da interventi che, piuttosto che limitarsi ad introdurre i temi del
forum stesso, hanno assolto un’utile funzione di stimolo e talvolta di dichiarata
provocazione.
E pure i dibattiti svoltisi al termine di ogni sessione sono risultati altamente significativi;
talvolta hanno persino superato in qualità il livello degli interventi presentati.
Tra i contributi introduttivi, seguiti al benvenuto rivolto ai partecipanti, va
segnalato lo studio della società di consulenza Booz/Alle/Hamilton sull’evoluzione e
il riorientamento delle strutture economiche nazionali in rapporto con una Società
dell’informazione globalizzata.
Prima dell’inizio vero e proprio dei lavori, il futurologo Chriss Yapp ha
provocatoriamente aperto il TISA2 con un intervento assai suggestivo; difatti ha
efficacemente tratteggiato uno scenario tecnologico futuribile pieno di sorprendenti
novità, ma pure gravato da questioni intricate: ha sollevato così interrogativi inquietanti
sulle implicazioni generali delle scelte strategiche e tecnologiche imposte dalla società
dominata dall’informazione, il cui trionfo è imminente. Società in cui sarà indispensabile
coniugare economia della conoscenza e accesso universale alle risorse informative.
Yapp ha concluso affermando che in una simile prospettiva, benché ancora
“nebulosa”, si viene tuttavia profilando la possibilità di un nuovo Rinascimento; e
nella futura Società dell’informazione un ruolo determinante sarà certamente svolto
dagli information scientist.
Chriss Batt ha aperto ufficialmente la conferenza, ricordando il nucleo centrale
del TISA1: l’obiettivo di costruire una Società dell’informazione in cui l’informazione
sia davvero per tutti, soprattutto per i non specialisti e per le fasce professionali che
non partecipano alla gestione, ma che pure sono largamente coinvolti nella fruizione
delle informazioni.
Il suo intervento si è concluso con l’illustrazione del percorso concettuale dal
TISA1 al TISA2, scandito in quattro fasi:
età dell’indipendenza – ciò che facciamo è unico
TISA1
età dell’esplorazione – non siamo soli
età dei concordati – mettersi d’accordo per lavorare insieme
152
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Manifestazionidopo
TISA2
età dell’integrazione – uno per tutti e tutti per uno
In sintesi, le tappe appena elencate si possono riassumere nel principio che «una
e-society deve essere anche e soprattutto e-democracy».
Al termine del primo forum (con una inversione di programma), Angelo Airoldi
– unico relatore italiano, intervenuto in veste di consulente per la C.E. – ha parlato
di “Società della conoscenza onnicomprensiva”, dando particolare risalto alla
diversità di approccio esistente tra USA ed Europa: l’approccio statunitense basato
sull’organizzazione, quello europeo fortemente orientato all’uomo.
Il dibattito della mattinata ha sottolineato l’esigenza di operare per la costruzione
di una società comunicativa in alternativa alla società della comunicazione. Ponendo
meno enfasi sulle tecnologie e dando più spazio alla conoscenza, avremo meno
scenari e meno ipotesi in cambio di nuovi percorsi e di confronti/scontri di idee.
Tra gli interventi “tecnici” della prima giornata ricordiamo quello di Maija
Berndtson, direttrice della biblioteca comunale di Helsinki, che ha presentato
un’interessante iniziativa finalizzata a coinvolgere il maggior numero possibile di
cittadini. A tale scopo, sono state realizzate 300 iperpostazioni informatizzate (1 ogni
1800 abitanti), diffuse su tutto il territorio e strutturate a mo’ di “stazione di servizio”
(gas station). Il modello della gas station è stato scelto per la forte riconoscibilità di tali
luoghi da parte di tutta l’utenza. Con il brillante risultato che oggi il 50% dei circa
500.000 abitanti è iscritto ai servizi bibliotecari.
La realizzazione di questo progetto, che è il frutto di una massiccia e capillare
azione informativa e formativa, ha altresì consentito di ottenere un importante
feedback, grazie ad un’efficientissima interazione con l’utenza (<www.lib.hel.fi>).
Un’altra peculiarità del TISA2 (che dà la misura dell’accresciuto interesse) è stata la
partecipazione di realtà spesso assenti da tali eventi, le quali hanno invece contribuito
a dilatare enormemente lo scenario degli interpreti della prossima e-society.
Erano infatti presenti esponenti del mondo politico, di quello economico/
finanziario (World bank), della produzione (oltre, naturalmente, agli attesi produttori
di ITC), e ancora rappresentanti delle forze sociali, come il sindacato.
Al deputato rumeno Varujan Pambuccian si deve senz’altro l’intervento più
provocatorio e più stimolante, intitolato “Perché dobbiamo costruire una società
dell’informazione?”: vi ha incisivamente delineato le forti divergenze tra il pensare e
l’agire delle nazioni evolute rispetto a quelle meno evolute, a livello europeo e no; e ciò
attraverso una rivisitazione critica di molti settori della nascente e-society, dall’e-learning
all’e-commerce, dal B2B (Business to Consumer) al B2G (Business to Government).
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
153
Manifestazionidopo
Fra i tanti interventi che meriterebbero di essere menzionati, bisogna ricordare
quello di Ana Runkel, direttrice della biblioteca comunale di Oeiras (cittadina alle
porte di Lisbona), “Share knowledge, support learning – targeted and responding to
need”. La relatrice ha descritto, con un forte coinvolgimento emotivo (ricorrendo
anche alla proiezione di filmati con canti e brani recitati dagli utenti), un eccezionale
esperimento di integrazione tra scuola, servizi bibliotecari e servizi sociali. Questo ha
consentito di rivitalizzare una struttura e un’attività che stava morendo (la biblioteca),
trasformandola in una protagonista della rinascita della stessa Oeiras.
In conclusione, un’annotazione tutta particolare: al TISA2 gli interventi femminili
sono stati – diversamente da tanti altri convegni, ma pure rispetto al TISA1 – tra i
più ricchi e interessanti. Si è ribaltata così un’abitudine consolidata, che vede spesso
le donne essere la maggioranza dei partecipanti, ma la minoranza (seppur qualificata)
tra i relatori.
Per una serie di fortuite coincidenze, questo aspetto è stato esaltato in una sessione
tutta femminile (non espressamente prevista), coordinata con grande entusiasmo da
Maija Berndtson. Tra i vari interventi di questa sessione, è d’obbligo ricordare quelli
di Tatiana Ershova, della Biblioteca nazionale della Russia, di Sonja Griegoschewski,
del Goethe Institut di Berlino, ma soprattutto quello appassionato e grintoso della
sindacalista tedesca Annette Muehlberg.
Forse già questo è un segno, chiaro e positivo, di una prossima e più umana e-society.
Al termine delle due intense giornate di lavoro i partecipanti, in considerazione
dei fattori chiave della emergente Società dell’informazione in Europa, si sono
accordati su una dichiarazione congiunta, denominata “Berlin Declaration”3.
Essa contiene una serie di “principî” e di “raccomandazioni” legate all’impatto
che l’accesso universale all’informazione, da parte di tutti i cittadini europei e no,
avrà sull’intero pianeta.
Le note biografiche e gli abstract (disponibili) sono consultabili all’indirizzo:
<http://www.britishcouncil.de/tisa2/biog.htm>
Note
1
2
3
154
Vedi “AIDAinformazioni”, 2001, n. 2.
Nel primo allegato, si troverà l’abstract in inglese e il programma sintetico delle sessioni e degli
interventi.
Si veda, nel secondo allegato, il testo della “Berlin Declaration”.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Manifestazionidopo
Allegato 1
Abstract
Towards an Information Society for All
Berlin 2002 – The British Council Germany
The aims of the conference
“Towards an Information Society for All 2” builds on the successful conference held in 2001 in
Bologna, where practitioners and policymakers from around Europe met to consider the present state
of development of the emerging Information Society across Europe. That conference produced a
significant consensus in the processes and priorities for the creation of a society where everyone has the
opportunity to benefit from the new information and communications technologies.
TISA2 takes as its point of departure that to achieve joint progress everyone involved in the
Information Society must focus on a range of factors and activities that while implemented in different
ways will be underpin all developments. Such factors include the nature and importance of national
and regional Information Society policies, technical and infrastructure issues relating to the creation of
physical networks and access routes that are available to all (for example ICT centres in public spaces),
the high importance of electronic content and of co-operation and partnership.
All of these topics will be dealt with in TISA2, not simply by didactic presentation, but through
presentations mixed with forum sessions and discussion. Just as the future Information Society must
create a learning environment that is relevant to everyone throughout their lives, so the conference will
encourage involvement and participation.
It will be relevant to service managers and policy makers throughout Europe.
Conference Programme (concise)
Friday, March 8th 2002
Keynote I: Chris Yapp, Futorologist and Author, United Kingdom
“Keeping pace with a supersonic aircraft – the development of IT and its impact on society”
Forum I: “Designing the Future”
Chair: Chris Batt (Director of Learning and Information Society Team, re:source, United Kingdom)
• “Summary of context and outcome of TISA1: Towards Information Concordats” by Chris Batt
• “Benchmark Initiatives outside Europe & the Information HaveNots” Graham Coult (Editor:
Managing Information and Visiting Lecturer, Information Policy, University of North London,
UK)
• “The government’s four year action plan for an information society in France” Bernard Platel
(Ministère de l’Education Nationale, France – Speech given by Jacques Vauthier)
Best Practice A: “E-Learning”
Chair: Chris Yapp
Presentations on New Learning Opportunities
• “Lokando – teaching in a knowledge-based society” Boris Goldberg (Lokando Software,
Germany)
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
155
Manifestazionidopo
•
•
“The Open University’s new learning opportunities” Professor Ray Ison (Open University
– Systems Discipline Centre for Complexity and change, United Kingdom)
“E-learning to blended learning” Professeur Jacques Vauthier (Agence EduFrance, France)
Best Practice B: “Public Access to New Technologies”
Chair: Chris Batt
Presentations on provision of New Technologies like Broadband Politics, E-Access
• “Implications for public access to New Technologies in a highly connected society” Maija
Berndtson (Helsinki City Library, Finland)
• “Aspects of the introduction of New Technologies in Romania” Varujan Pambuccian
(Parliamentary ICT Commission, Romania)
• “Meeting ever-changing expectations: Applying New Technologies in a public library” Frank
Daniel (City Library Cologne, Germany)
Saturday, March 9th 2002
Keynote speaker: Rosalie Zobel, DG Information Society, Brussels:
“Developing the Information society in Europe: everybody prepared for a quantum leap?”
Forum II: “Co-operation and Partnerships”
Chair: Jacques Vauthier
• “A new chapter in the book of Information Society initiatives” Bettina Hohn (Foundation
Digital Opportunities, Germany)
• “re:source and European cooperation” David Dawson (re:source United Kingdom)
• “The World Bank’s Global Distance Learning Network” Mark Nelson (Senior Operations
Officer, World Bank Institute, France)
• “The British Council’s Global Knowledge & Learning Centre Project” Judy Ugonna (Deputy
Director Information Services Management, British Council, United Kingdom)
Forum III: “Value and Impact”
Chair: Maija Berndtson
• “More relevance, not just more information: PRIOR and the Russia Development Gateway”
Tatiana Ershova (Institute for the Information Society, Russia)
• “New technologies? New contents!” Sonja Griegoschewski (Internet Management Department,
Goethe-Institut Inter Nationes, Germany)
• “Share knowledge, support learning – targeted and responding to need” Ana Runkel (Chief
Librarian Oeiras Public Library, Portugal)
Best Practice C: “Public and Private”
Presentations on Business Models for the Future
Chair: Mark Nelson
• “New Frontiers for the Information Society: The Ambient Intelligence Perspective” Angelo
Airaghi (Finmeccanica, Italy)
• “Digital Inclusion and the Broadband Rollout” Bob Craig (Director Scottish Centre for
Information and Library Services, Scotland)
156
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Manifestazionidopo
•
“Workers On-line! Digital challenges for the ‹Social Contract›” Annette Muehlberg (Ver.di
trade union, Germany)
Panel Discussion: “Outlook”
Chair: Chris Batt
Selected speakers discuss implications of findings from Forums and Best Practice sessions with
regard to the future of the Information Society.
Establishment of a “Berlin Declaration”
Allegato 2
Berlin Declaration
Acknowledging the sovereign responsibility of governments to set policies and priorities and the
role of the European Union in the development in pan-Europe policy, we call on all stakeholders and
policy makers to reflect on and implement the following principles and actions in the progress towards
the Information Society:
PRINCIPLES
• The successful Information Society will enhance democracy and citizenship, support economic
and social development, encourage lifelong learning and enhance rather than inhibit cultural
and linguistic diversity
• To be successful this will demand that all citizens have equal access to the benefits of that
Information Society – inclusive, not exclusive
• Therefore all Governments should have policies and programmes that give momentum to
progress without inhibiting economic development, ensuring universal access to technological
resources
• Inequalities of access must not be a barrier to those who are unable to provide those resources
for themselves
• Barrier-free skills training should be available to everyone so that all are able to use the
technological resources effectively
• Access to lifelong learning must be the right of every citizen
• Information literacy is an essential component of lifelong learning
• Networking must enable open participation for everyone and is an essential foundation to
partnership and co-operation of individuals, communities and organisations.
ACTIONS
National and federal governments should
• Prepare national information policies for the co-ordination and development of all relevant
resources stressing the importance of open and accessible systems that encourage democratic
influence
• Create suitable network infrastructure to support the development of the national information
policy in the Information Society, clarifying the future role of broadband services within that
infrastructure
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
157
Manifestazionidopo
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
158
This network infrastructure should draw together all information-creating agencies especially
the traditional memory institutions (museums, archives and libraries) to encourage information
sharing and the creation of joint resources
Develop funding programmes to support those institutions to create new resources and provide
effective access to them
Support the delivery of ICT skills to all citizens, ensuring that nobody is excluded through lack
of money or opportunity
Write information literacy into learning strategies at every level of learning development
Work jointly with the EU, other governments and other organisations to ensure that common
standards and policies enable the exchange and sharing of content
Take positive action to promote to everyone the value of digital networks to their lives
Support the training and development of the human resource base that is necessary to develop
a viable market for services or products within the Information Society
Recognise the growing impact of complex information systems on society and raise awareness
of the importance to authenticity, reliability and quality in content and services
Take measures to protect information infrastructures and content from threats
Take a broad view of the impact of the evolving Information Society by involving experts from
fields such as sociology and the behavioural sciences.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Manifestazionidopo
Verso l’internazionalizzazione della formazione in
biblioteconomia e scienze dell’informazione,
Parma, 18 marzo 2002
FLORA BALINO
Il 18 marzo scorso si è svolto a Parma, presso l’Aula Magna dell’Università, Verso
l’internazionalizzazione della formazione in biblioteconomia e scienze dell’informazione,
seminario internazionale dedicato alla discussione sulla cooperazione internazionale
nella formazione universitaria e nella formazione continua dei professionisti
dell’informazione.
L’iniziativa è stata promossa dall’Istituto di Biblioteconomia e Paleografia
dell’Università di Parma in collaborazione con la School of Information Studies
della University of Northumbria (Newcastle upon Tyne), nell’àmbito del Master
internazionale a distanza in biblioteconomia e scienze dell’informazione, organizzato
congiuntamente dai due Atenei a partire dall’anno accademico 2000-2001.
Alla presenza di docenti, ricercatori, responsabili di biblioteche e di centri di
documentazione, partecipanti al Master e studenti universitari, si sono alternati
relatori di livello internazionale.
Il programma della giornata si è sviluppato su quattro temi:
- Developing an international competency for new professionality of librarians and
information scientists.
- Barriers to international cooperation.
- Expanding IT in curriculum design and delivery.
- The international courses for librarians and information scientists in Italian
university library schools: trends and issues of internationalisation.
Pat Dixon, docente alla University of Northumbria e course leader del Master
internazionale a distanza in biblioteconomia e scienze dell’informazione, ha
illustrato, nel corso del suo intervento, le linee guida da seguire nella formazione dei
bibliotecari e degli esperti di informazione.
Nella learning society imparare è un’attività sociale. L’apprendimento deve avere
caratteristiche specifiche e definite: deve essere “continuo” (si parla, infatti, di
lifelong learning), “internazionale” (attraverso progetti quali Erasmus, l’international
recruitment e il distance learning) e “guidato”.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
159
Manifestazionidopo
Il curriculum adatto alla digital age va pensato dai professionisti dell’informazione.
Gli “information specialists”, o professionisti dell’informazione, debbono garantire,
nel proprio interesse e a vantaggio del pubblico, il rispetto del seguente “schema
logico”: dai dati all’informazione, dall’informazione alla conoscenza, dalla conoscenza
al potere. Questi professionisti, lavorando in team con altri professionisti (tecnici,
informatici, etc.), debbono fornire un ottimo servizio, tenendo sempre presente
il bisogno, da parte di chi usufruisce della biblioteca, di elaborare e utilizzare le
informazioni.
Un punto essenziale, sottolineato dalla relatrice, è quello della centralità
dell’utenza all’interno dell’universo biblioteca. Il motto dell’utente è I want, I get.
Il professionista dell’informazione, nel suo learning support role, deve dunque, grazie
anche alle nuove tecnologie, creare nuove opportunità: accesso veloce, insegnamento
dell’uso delle risorse, assistenza, organizzazione delle informazioni e integrazione tra
information e workspace.
L’intervento della dottoressa Spinazzola, della ICAB Sovrintendenza Emilia
Romagna, ha presentato ai partecipanti del seminario i contenuti del Programma
ASCESI e del Programma ABSIDE.
La formazione del bibliotecario non è resa obbligatoria da nessuna legge, ma
è di fondamentale ed indiscutibile importanza, soprattutto oggi che, come ha
osservato la relatrice, il settore della cultura e dell’editoria deve adattarsi alla Società
dell’informazione.
La preparazione specifica dei bibliotecari e dei formatori può oggi essere
supportata e garantita da nuove modalità di apprendimento, quali il distance learning
e le web conference.
La conoscenza, come chiaramente illustrato dalla relatrice, può e deve avere, in
sintesi, un forte impatto sociale, un ruolo decisivo nel contrastare lo svantaggio,
nell’operare contro la discriminazione e l’emarginazione nella nostra società.
Nel suo intervento, Niels Ole Pors, della Library School di Copenaghen,
ha presentato, con grande concretezza, temi e problematiche legati alle attività
internazionali che si svolgono, nella scuola danese, da più di 10 anni.
La cooperazione tra enti di differenti Paesi appare innegabilmente molto
positiva sia per le possibilità di crescita professionale dello staff interno sia per le
nuove opportunità offerte agli studenti. Gli ostacoli, però, non sono pochi: oltre ai
soliti problemi finanziari, vanno sottolineate le diversità linguistiche e, soprattutto,
culturali. Il contatto con una congerie di realtà particolari così varia, se da una parte
è certamente sinonimo di ricchezza e di crescita intellettuale, nel contempo implica
molti ostacoli da superare, come le difficoltà di riconoscimento dei titoli acquisiti,
160
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Manifestazionidopo
le discrepanze nella valutazione dei progetti e lo svolgimento di corsi in una lingua
diversa da quella dei discenti.
Franz Berger, della Libera Università di Bolzano, ha trattato lo stesso tema con
pari disincanto ma, forse, con maggior fiducia nel futuro. Secondo il relatore, infatti,
un’attività di formazione è qualitativamente buona solo nel caso in cui si integrino
esperienze eterogenee. Gli ostacoli possono essere superati proponendo un’offerta
differenziata. Dall’analisi delle esigenze del territorio e del mercato possono nascere
progetti di formazione che portino al doppio diploma, soddisfacendo, così, le
esigenze di tutti i partecipanti.
La collaborazione con Università straniere, inoltre, promuoverebbe l’immagine
internazionale degli Atenei italiani, all’interno dei quali i corsi di biblioteconomia
rivestono spesso un ruolo poco importante.
A conclusione della mattinata Lucia Maffei, di AIDA, ha illustrato il mondo e il
ruolo dei documentalisti, rilevando come non esista una netta linea di separazione tra
le professioni dell’informazione. Il professionista dell’informazione svolge un’attività
trasversale, incentrata sull’individuazione, l’acquisizione e l’indicizzazione della
conoscenza. Il rischio nell’attuale iter di formazione ed addestramento professionale,
ha precisato, è di concentrare l’attenzione solo sui contenuti dei corsi e di attribuire
invece scarso valore alle metodologie della didattica e dell’apprendimento.
Uno studio europeo relativo alla capacità di lettura su diversi supporti ha illustrato
come, su un campione di 250.000 studenti, circa 1/4 non è in grado di comprendere
un testo. Per questa ragione, e anche per l’attuale tendenza a produrre, ormai, più
servizi che beni, l’information professional è oggi una figura molto richiesta: egli deve
solo imparare a farsi conoscere!
Nel pomeriggio i lavori sono ripresi con la relazione di Alberto Petrucciani,
docente di biblioteconomia all’Università di Pisa. Il professore ha posto l’accento
sulla questione dell’esiguo numero di iscrizioni al corso di laurea in Beni librari.
Evidentemente la professione di bibliotecario appare davvero poco attraente agli
occhi dei più. La “colpa” di questa mancanza di passione è da ricercarsi, secondo il
relatore, all’interno delle biblioteche stesse.
Questa figura professionale deve imparare a farsi promotrice di se stessa, del
proprio lavoro e delle proprie sedi. Oggi si può parlare, per quanto riguarda la
sua formazione, di “mercati emergenti”. Ciò che si deve fare è cercare gli sbocchi
lavorativi giusti, definiti dal relatore «consistenti, preferibili e dominabili». L’identità
professionale dei bibliotecari è a tutt’oggi debole anche perché essi la ridefiniscono
continuamente, nel tentativo di adattarla alla situazione e all’esigenza del momento.
Grazie ad una buona formazione, invece, tale identità potrebbe definirsi in modo
preciso, ed essere anzi la molla per il rilancio di tale professione.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
161
Manifestazionidopo
Vera Marzi, collaboratrice del Master europeo per i bibliotecari scolastici, ha
parlato dell’importanza di rendere ogni persona capace di effettuare delle ricerche
efficaci. L’utente non sa accedere alle informazioni e, dunque, è difficile che riesca
ad interagire con l’esperto che potrebbe aiutarlo. Insegnare gli information skill è,
dunque, cómpito fondamentale della scuola, della biblioteca e di qualunque altro
centro di didattica e di conoscenza.
L’intervento di Anna Maria Tammaro, dell’Università di Parma, ha concluso i
lavori. La relatrice ha parlato dell’esperienza del Master internazionale a distanza in
biblioteconomia e scienze dell’informazione, che ella ha fortemente voluto proprio
per fare un primo passo concreto verso l’internazionalizzazione della formazione dei
bibliotecari. Con l’ausilio dei risultati di un’analisi statistica da lei stessa condotta, la
Tammaro ha illustrato i problemi e le conquiste di quest’esperienza.
Il corso di studi è risultato piuttosto impegnativo sia in termini di gestione
amministrativa sia per l’accordo su un sistema unico di qualità della formazione
erogata dalle due Università. Per gli studenti italiani le difficoltà incontrate hanno
riguardato soprattutto la capacità di gestire il proprio tempo e l’adozione della
lingua inglese. L’efficiente organizzazione del proprio tempo è, d’altronde, una
dote imprescindibile per svolgere la professione di librarian e di teacher-librarian,
ma anche, più semplicemente, per vivere bene la realtà quotidiana. Il problema
della distanza docenti-studenti nella modalità di fruizione telematica è stato
invece brillantemente superato dall’applicazione dei metodi del distance learning.
Ed è proprio questa la principale innovazione del Master: nuove metodologie di
insegnamento finalizzate a facilitare l’apprendimento dello studente, rendendolo più
attivo, responsabile e creativo.
La conquista del riconoscimento del titolo da parte di entrambi i Paesi coinvolti e
la soddisfazione degli allievi e dei docenti sono, infine, la reale dimostrazione di come
si possa, anzi si debba operare verso la cooperazione internazionale nella formazione
universitaria e nella formazione continua dei professionisti dell’informazione.
162
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Manifestazionidopo
Ascoltare da vicino il mondo che cambia:
imprese, istituzioni e settore non profit di fronte all’opportunità
offerta dall’immigrazione qualificata.
Gruppo CERFE, Firenze, 30-31 maggio 2002
DOMENICO BOGLIOLO
Lingua, razza (non in senso oggettivo, finalmente e grazie a dio, ma in quello
soggettivo della percezione che ne ha eventualmente l’interessato), etnia, genere,
età, orientamento sessuale, religione, posizione gerarchica, status socio-economico,
educazione ricevuta, valori stabili, status familiare, abilità fisica e mentale sono
le componenti, in ordine vagamente decrescente d’importanza, della nozione di
“diversità”, che possiamo banalizzare come: «tutti i modi nei quali si differenziano
gli individui» e, da un punto di vista euristico, come: «la cattura delle differenze in
caratteristiche osservabili e non direttamente osservabili». Il problema rientra negli
àmbiti delle scienze dell’informazione e, a un livello superiore, in quelli delle scienze
della comunicazione, ma non solo: nell’età della globalizzazione, la gestione della
diversità gioca infatti anche un ruolo non indifferente nella bottom line (l’ultima riga,
nella quale si calcola il pareggio finale) dei bilanci, soprattutto per le dinamiche di
gruppo che può innescare.
In sintesi, la sociologia della diversità individua, fondamentalmente, tre teorie:
categorizzazione (che crea contrapposizioni tra gruppi “interni” od omogenei, e
gruppi “esterni” o eterogenei e che induce alla formazione di strereotipi e pregiudizi),
similarità-attrazione (che stimola l’interazione con coloro che condividono esperienze
e valori simili, incrementa la comunicazione, l’integrazione sociale e il senso di
affiliazione) e informazionale (che incrementa la domanda di conoscenza, stimola
l’auto-analisi del gruppo e un miglior uso dell’informazione). Un buon direttore del
personale deve ovviamente tendere a dare un peso almeno -1 alla categorizzazione,
0 alla similarità-attrazione e 1 alla teoria informazionale. Oltre a ciò, la longevità
del gruppo, la complessità dei cómpiti, l’inter-dipendenza dei gruppi e la cultura
d’impresa costituiscono, tutti, fattori di moderazione nelle relazioni fra la diversità e
le prestazioni (performance).
Non si tratta qui, certamente, di un interesse diretto dell’organizzazione alla
felicità dei suoi dipendenti, ma la coscienza che una carente o assente buona gestione
della diversità può generare conflitti improduttivi, quando non marcatamente
negativi, nelle prestazioni dei gruppi (dall’assenteismo all’eccesso di turnover alla
scarsa produttività), il che non è, questo sì, affatto indifferente per il controllo dei
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
163
Manifestazionidopo
costi interni. Nel caso contrario, una corretta gestione della diversità genera capacità
superiori di creatività e d’innovazione e, quindi, sviluppo di nuovi prodotti e servizi
che portano a benèfici vantaggi competitivi e, in definitiva, a un buon sviluppo
generale dell’organizzazione. Non basta: è dimostrata la crescita dei costi interni
proprio a causa di situazioni troppo omogenee tra i dipendenti, che impongono
sforzi eccessivi quando l’organizzazione, spinta da pressioni societarie, legali o di
mercato, decide di operare cambiamenti anche poco profondi.
È già piuttosto ricco l’elenco delle organizzazioni che, per rafforzare la cultura
d’impresa, ottimizzare le prassi organizzative, le rotazioni interne, gli standard di
qualità globale e i modelli di selezione della leadership, hanno istituito un ufficio
per la gestione della diversità. In Italia, tra gli altri: ISTUD, Benetton, Hewlett
Packard, Nokia, Sony, per non dire della Western Union Italia (Angelo Costa spa)
nella quale il 35% dei dipendenti (anche direttori di sede) è qualificabile come ciò
che viene comunemente definito “extracomunitario” (ed è ovvio che l’espressione
non valga per Svedesi, Svizzeri, Americani…). Nel mondo primeggia l’Australia che,
con gli Aborigeni in prima fila (cultura assolutamente alternativa e dunque quasi
non integrabile), possiede forse il tasso più ampio e variegato di diversità e quindi
d’impegno per una sua gestione produttiva1.
Oltre a queste opportunità gestionali, ci sono due altri buoni motivi, uno
storico o sociologico e uno di etica sociale, per dare più spazio alla diversità nelle
organizzazioni. L’UNESCO, approvando la “Dichiarazione sulla diversità culturale”2,
ha recentemente posto l’obiettivo del superamento della diversità (che non mette in
discussione il rapporto di forze contrapposte fra maggioranza e minoranza culturali)
per il conseguimento di un pluralismo culturale che consenta «un’interazione
armoniosa e un voler vivere insieme di persone e gruppi con identità culturali
molteplici, variate e dinamiche» e vòlto all’affermazione del diritto fondamentale
del mantenimento della propria identità3. In Italia, tra le altre iniziative consolidate
di pluralismo culturale: progetto LeO del Friuli-Venezia Giulia, Tavolo unico della
Toscana, progetto Epikouros del COSPE, Servizio informativo per l’utenza straniera
del Comune di Roma, Centro per servizi agli immigrati del Comune di Perugia,
Ufficio immigrati del Comune di Firenze, progetto Intercultura dell’IRRSAE
Toscana.
Sul piano etico, poi, la cosiddetta corporate citizenship percepisce le organizzazioni
come entità anche sociali, dotate di un’etica che le spinge ad assumersi responsabilità
dirette nei confronti delle collettività, soprattutto a sostegno dei soggetti più deboli
e più esposti al rischio dell’esclusione sociale4.
Queste le premesse di ciò che si è discusso a Firenze in un convegno organizzato
dal Laboratorio di scienze della cittadinanza del CERFE5, promotori anche la
Regione Toscana, il Fondo sociale europeo e il Ministero del lavoro e delle politiche
164
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Manifestazionidopo
sociali, per tentare di passare dalla teoria alla prassi della ricerca-intervento, o
ricerca-azione, con un ulteriore duplice obiettivo: verificare sul campo l’integrabilità
nelle nostre organizzazioni di elementi direzionali altamente professionalizzati
appartenenti a culture “diverse” (nel caso, prevalentemente dell’Africa sub-sahariana)
e, insieme, istituire una serie sperimentata di apparati formativi6 e informativi7 per
facilitare, sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta, questi stessi processi
d’integrazione.
Oltre a una sessione inaugurale, il convegno si è articolato in tre sedute di lavoro:
“Esigenze di una nuova conoscenza organizzativa. Informazione, interpretazione e
visione della realtà: il contributo degli immigrati qualificati”, “Quali spazi per gli
immigrati qualificati in Italia? Le risposte della corporate citizenship, del pluralismo
culturale e della gestione della diversità” e “L’integrazione professionale di alto profilo
degli immigrati. Per una sintesi fra nuova conoscenza organizzativa e responsabilità
sociale: il progetto pilota della Regione Toscana”, per un totale di 40 interventi, ma il
sito <http://www.gruppocerfe.org/convegni/2002/rait/rait_main.htm> ne contiene
per ora (16 luglio) solo la quarta parte, che può tuttavia, oltre a una utile traccia di
proposte per la discussione, dare una visione soddisfacente dell’avvenimento.
Al di là del tema specifico, che esige (se non altro, per la forza cogente del segno
“più” accanto ai risultati numerici dei bilanci) prese di coscienza culturali insieme
con l’adozione di idonee strategie organizzative, l’esito che ci è parso interessare
direttamente le discipline e le prassi connesse con l’informazione e la documentazione
è quello della centralità del concetto di “risorsa” quando esso è attribuito alle fonti
umane dell’informazione; cioè, in ultima analisi, alla stessa conoscenza, che va ad
acquisire connotazioni più prettamente antropologiche. Non si tratta, infatti, solo
della raccolta e dello sfruttamento ottimale di singoli “saperi” tecnici attraverso la
loro condivisione entro un’organizzazione, né del loro interlivellamento in reale
patrimonio collettivo della stessa organizzazione fino a diventare una nuova forma
di personalità, specifica e differenziante per ciascuna impresa. Si tratta di mantenere
l’unitarietà, etica ed estetica insieme, dell’individuo e della persona, essa sola, sì, vera
“fonte” di ogni informazione e di ogni conoscenza, la cui frammentazione in “dati”
o in “documenti” utili non è che la manifestazione visibile di elementi immateriali
fondanti qualsiasi realtà: tralasciare o fingere di dimenticare questo aspetto pone
immediatamente qualsiasi gestione della conoscenza al di fuori dell’umanesimo.
La conoscenza, come ha affermato recentemente Laurence Prusak in un incontro
diretto, non è “gestibile”: è una sorta di miracolo energetico che, semplicemente,
“accade”, e che si appoggia e si fonda sul mantenimento di quell’unità antropologica
e, soprattutto, “a ogni costo” (espressione che va presa, specialmente nel nostro caso,
anche nel suo senso economico).
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
165
Manifestazionidopo
Note
1
2
3
4
5
6
7
166
L’Australian Centre for International Business <www.ecom.unimelb.edu.au> ha stilato un elenco
dei siti web di organizzazioni che presentano sistematicamente informazioni sulla diversità: 13
australiane, 6 britanniche, 28 statunitensi, 5 canadesi.
Conferenza generale, novembre 2001:
<www.unesco.it/strumenti/documenti/ testi/dich_diversita.doc>
Per un dibattito abbastanza recente sul tema: Giuseppe Sartori, Pluralismo, multiculturalismo e
estranei. Saggio sulla società multietnica. Rizzoli, 2000, che distingue – in modo che mi sembra
non del tutto risolto e, in ogni caso, sempre negativamente – fra pluralismo e multiculturalismo; il
primo tenderebbe cioè alla dissoluzione della cultura minoritaria in quella dominante e il secondo
esalterebbe le reciproche contrapposizioni, diciamo così, fondamentalistiche.
Anche qui c’è un documento ufficiale del 2001, il Green paper della Commissione dell’UE
Promoting a European framework for Corporate Social Responsibility:
<europa.eu.int/comm/employment_social/news/2001/oct/socpolag/csr_communication.pdf >.
<www.gruppocerfe.org>
Come, per esempio, il Corso per l’integrazione professionale in posizioni apicali di immigrati/e
altamente qualificati/e finanziato al CERFE dalla Regione Toscana, che si rivolge a immigrati subsahariani laureati o pluri-laureati, fra i 25 e i 40 anni, regolarmente residenti in Toscana, e che
prevede più di 400 ore di formazione di didattica variamente residenziale e a distanza, integrata
da visite di studio e interventi ad hoc, più 4 mesi di inserimento lavorativo in imprese pubbliche,
private e non-profit. Da rimarcare l’articolazione, che ci sembra esemplare, delle strategie formative
(“empowerment” sulla cultura italiana e sull’identità africana, “conoscenza” per superare il gap
fra conoscenze/capacità possedute e quelle necessarie per l’inserimento lavorativo qualificato,
“coscientizzazione” dello specifico valore aggiunto posseduto) e delle materie e dei temi trattati
(cicli di progetto, capitale sociale, knowledge management, comunicazione, internship, competitività,
integrabilità, gestione del “ritorno”, processi di globalizzazione), nonché delle forme di assistenza
(tutta completa, la famosa triade mentoring, tutoring, monitoring).
Come, per esempio, in formato tradizionale “Omega, mensile sulle migrazioni e la globalizzazione”
e, in formato elettronico, <www.africansocieties.org> “monthly e-magazine on the invisible Africa”
in versione trilingue (inglese, francese, italiano) con intenzione di sfruttare le interattività consentite
dal mezzo come forum e conferenze elettroniche a tema. (Da raccomandare agli organizzatori è la
registrazione delle riviste elettroniche presso l’autorità ISSN).
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Manifestazionidopo
Presentazione del volume
Archivio della Società Birra Peroni. Inventario,
Roma, 5 giugno 2002
MARIA PIA CAROSELLA
Anche negli archivi sono nascosti da tempi talvolta assai lontani tesori incredibili
che sta a noi scoprire; una constatazione piuttosto ovvia, imputabile forse ad una certa
concomitanza della partecipazione a due manifestazioni romane ben diverse tra di
loro: l’esposizione “Diamanti: arte, storia, scienza”, dove – come da denominazione
– è mostrato tutto quanto di bello e di duro può riguardare questo prezioso minerale
nascosto nelle viscere della terra, e la presentazione del volume Archivio della Società
Birra Peroni. Inventario (a cura di Daniela Brignone, pubblicato nel 2001 dalla
Direzione generale per gli archivi del Ministero per i beni e le attività culturali, p.
411, ill. – “Strumenti”, CXLVII).
La presentazione ha avuto luogo il 5 giugno presso il Rettorato dell’Università di
Roma Tre, sede appropriata, poiché, come dichiarato dal rettore Guido Fabiani, il
suo CROMA – Centro di ateneo per lo studio di Roma – ha tra i propri ruoli quello
di individuare, anche attraverso i loro archivi, la presenza di industrie che hanno
fatto la storia della città e della regione, nonché di curare il ripristino di strutture
industriali dirute e di ricuperarle alla cultura.
La sistemazione dell’archivio Peroni, la stampa del volume e relativa presentazione
sono dunque dovute ad una felice collaborazione, ognuno per la sua parte, di
Archivi di Stato, Università, Società Birra Peroni. I “presentatori” (le cui parole
sono qui riportate in modo unitario) erano del resto alcuni rappresentanti di questa
“triplice”.
Il volume segna la conclusione di una fase importante, iniziata nel 1996 con la
decisione della Società Peroni, fondata nel 1846 da Francesco Peroni, di festeggiare
il suo 150º anniversario con la scelta culturale di mettere il proprio archivio a
disposizione del pubblico. Dalla fine degli anni ’90 Daniela Brignone si è quindi
impegnata nell’ordinamento dei documenti di tale archivio, che ha il grande pregio
di essere privo di lacune nel tempo, fino alla stampa del suo Inventario. Ha anche
avuto l’accortezza di predisporre l’archivio, lasciando aperte le serie per nuovi
inserimenti del futuro, per il quale è pure prevista una trasformazione del cartaceo in
elettronico. La sensibilità della Società Peroni verso il suo patrimonio documentario
si dimostra altresì nella possibilità offerta per la visita di questo archivio storico,
nonché del museo storico.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
167
Manifestazionidopo
Non siamo archivisti, ma, sfogliando il volume presentato, possiamo di certo
constatare la realtà dell’unanime entusiasta consenso espresso in merito – oltre che dai
rappresentanti della Peroni (Giorgio Zazi) – da alcuni tra i più alti dirigenti del mondo
degli archivi italiani (Salvatore Italia, direttore generale degli archivi; Lucia Principe,
soprintendente degli archivi del Lazio; Antonio Dentoni-Letta, direttore della
divisione studi e pubblicazioni della direzione generale archivi) da un lato, e dall’altro
lato da docenti universitari di discipline storiche o architettoniche, comunque legati a
Roma (Antonio Parisella, Carlo M. Travaglino, Alberto M. Racheli).
Il corpo del volume si compone di:
• una Introduzione, in cui sono incluse una “Nota storico-archivistica” e una
“Nota tecnica”;
• l’Inventario vero e proprio (p. 37-198), che si riferisce agli stabilimenti Peroni
di Roma e di altre città (Bari, Napoli, Padova), nonché ad Archivi aggregati e
di società comunque collegate con la Peroni; in questa parte è incluso anche
«materiale a stampa, 1872-1998, che si trova al di fuori dei fascicoli, ma che
rientra a pieno titolo nella documentazione d’archivio»;
• il Fondo fotografico (p. 201-392), importante da un punto di vista più
documentario, ordinato in: 1. Tecnico/unità produttive, 2. Commerciale/
relazioni esterne, 3. Personale/vita interna, 4. Famiglia Peroni; alcune foto
sono anche riprodotte a fine volume;
• un accurato Indice di nomi e di località (p. 395-411).
Entro queste grandi ripartizioni troviamo, oltre a quanto già indicato, materiali di
vario tipo (ad esempio, manifesti, oggetti di uso quotidiano come bottiglie, ecc.), che
documentano non soltanto l’attività quotidiana dell’impresa (dalle immagini degli
impianti ai trofei sportivi), ma anche le sue innovazioni tecnologiche (nuovi sistemi
produttivi, nuovi macchinari); i suoi corsi di formazione per il personale, ecc.. Tutti
“diamanti” nascosti nell’archivio.
Come ogni fonte di informazione complessa dal contenuto molto diversificato,
l’archivio Peroni – e quindi l’inventario a stampa – può essere letto in modo dissimile,
a seconda degli intenti di chi lo consulta, dunque del suo utente: in prima istanza a
fini conoscitivi, ma può inoltre essere utilizzato a scopi più operativi. Lo provano,
come ci ha rivelato A. M. Racheli, gli adeguati restauri dei nostri tempi, in gran parte
permessi proprio dalla consultazione delle piante originali degli stabilimenti Peroni.
Se ne deduce quanto opportunamente l’Inventario a stampa sia stato inserito nella
collezione “Strumenti” degli Archivi di Stato.
Allargando e approfondendo ora la visione strettamente archivistica sul patrimonio
culturale Peroni e guidati dalle parole dei presentatori universitari del volume, che
hanno accostato eventi romani di varie epoche con documenti dell’archivio, ci
168
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Manifestazionidopo
rendiamo conto che la storia della Peroni è una parte della storia contemporanea
di Roma e in particolare dell’industria romana. Si veda, fra i tanti esempi, come
la birra sia stata legata alla vita sociale degli anni ’60 o quanto il ghiaccio prodotto
dalla Peroni fosse indispensabile all’esistenza quotidiana della città; oppure come la
Peroni abbia dato accesso all’acqua delle proprie cannelle alla popolazione che ne era
priva durante la seconda guerra mondiale; o ancora si riscontri la rispondenza fra i
differenti piani regolatori della città e gli aggiustamenti dei complessi Peroni, nonché
i relativi oculati recuperi architettonici culturali; e da ultimo si controlli la prova
visiva del felice connubio cinema-birra Peroni negli anni passati.
L’inventario dell’archivio storico Peroni traccia dunque un percorso attraverso
problemi differenziati, spesso connessi con Roma ma non solo. Pertanto, prima
analizzando e poi ricomponendo conoscenze diverse sparse in altri archivi storici
aziendali, si potrebbe pervenire ad una percezione maggiore della storia economica,
sociale e culturale non soltanto di una città, ma, estendendo l’azione, anche di una
regione e dell’Italia intera. E di fatto grandi aziende industriali del Paese possiedono
notevoli archivi storici: esse potrebbero ispirarsi all’esemplare esperienza-pilota della
Peroni. Per parte loro, all’inizio degli anni ’70 gli Archivi di Stato hanno cominciato
a considerare l’importanza di tali archivi a fini scientifici. Ne hanno così avviato
censimenti regionali (interessandosi pure a quelli di altri tipi di imprese, come le
banche o gli ospedali). I censimenti esistenti sono quelli di Lazio, Lombardia, Toscana.
Per continuare nell’impresa, gli Archivi si sono inoltre resi conto dell’utilità di una
formazione con formule univoche destinata a giovani futuri archivisti aziendali.
Concludendo, una manifestazione che ha debitamente dato atto del lavoro sul
campo degli operatori archivisti, dell’esemplare atteggiamento della Società Birra
Peroni verso Roma e la cultura in genere («l’impresa diventa così operatore culturale»,
ha detto Daniela Brignone), dello spirito di iniziativa degli Archivi di Stato a favore
della completa fruizione dei beni archivistici e documentari in possesso delle aziende
italiane.
L’unica delusione potrebbe averla subita chi si fosse recato a Roma Tre con la
visione di fiumi di… birra cui attingere: l’atmosfera era amichevole e serena ma non
certo da Oktoberfest bavarese!
Quanto a noi, in questa sede, desideriamo sottolineare che alcuni dei principali
concetti emersi nel corso della presentazione sono validi in qualsiasi “mestiere”
dell’informazione, e cioè per lo meno: buona organizzazione del lavoro, spirito di
collaborazione, norme uniformi per tutti, cura degli interessi dell’utente, accorta
utilizzazione delle fonti di informazione.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
169
Manifestazionidopo
L’informatica giuridica nella formazione del giurista.
Tavola rotonda in onore di Vittorio Frosini.
ITTIG-CNR, Roma, 19 giugno 2002
DOMENICO BOGLIOLO
“Informazione” sostituisce da ora “documentazione” nella ragione sociale
dell’Istituto di documentazione giuridica del CNR, diventato Istituto di teorie e
tecniche dell’informazione giuridica1. Ricorrere, nella nominazione, alla coppia
“teorie e tecniche” serve anche, si sa, a promuovere le pratiche e gli studi universitari,
e non ci si può vedere che bene… mentre c’è da riflettere sulla sostituzione dei
termini, perché ci pare che il processo in atto di virtualizzazione del mondo sembri
esigere il passaggio in secondo piano degli aspetti più aleatori, e più difficili da
quantificare, della comunicazione, e anzi proponga la riduzione di una nell’altra,
come se lo scopo non fosse il comunicare, ma solo l’informare. La banalità
dell’informazione – specialmente se “automatica” e sostitutiva della problematicità
della documentazione – banalizzerebbe, così, anche la comunicazione retrostante.
Ne è prova l’eccessiva quantità di informazioni inutili (e anche false) che i padroni
dei media ci offrono (perché se il rapporto è di mezzo a fine, padroneggiando
l’informazione si governa la comunicazione). “Documentazione” pone l’enfasi sulle
difficoltà della comunicazione, per l’ottimizzazione della quale servono tecniche che
analizzino attentamente sorgente, codice, messaggio, canale e ricevente, e non solo
nel loro àmbito lineare, trasmissivo, ma anche nel loro ambiente sociale e culturale
e spirituale, sia con l’intento scientifico dell’osservatore del fenomeno (del genere
dell’ex ISRDS, per intenderci) sia con quello economico del produttore (l’aggiunta
orientata di valore da parte del professionista). La semplificazione indotta dagli
informativisti sembra ricalcare quella, attuale nel mondo aziendale, di chi propina
sistemi per il knowledge management quasi, come insisto a ripetere, “chiavi-in-mano”,
con l’implicita mistificazione che la tecnologia “costringerebbe” gli esseri umani e
le loro organizzazioni a rettamente comunicare, a rettamente creare conoscenza, a
rettamente scambiarsi emozioni capaci di cambiare il mondo. Mentre “informazione”
produrrebbe immediatamente – come tutte le estetiche – più denaro (nel caso:
cattedre, corsi, contratti, eccetera), “documentazione” sarebbe inizialmente – come
tutte le etiche – in perdita, ma con la qualità di un investimento produttivo nel lungo
periodo. Contro: la documentazione sarebbe un sottoinsieme dell’informazione, a
sua volta sottoinsieme della comunicazione. Da qui il nuovo nome; perché, allora,
non: “comunicazione giuridica”? – ma scomparirebbe allora la magia del termine
“informazione”, ovviamente automatica; eccetera.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
171
Manifestazionidopo
È evidente che il tema meriterebbe un’analisi più accurata e approfondita di quel
che possiamo produrre noi e ora. Nel frattempo, non resta che attendere di vedere,
per esempio, se e come il nuovo sito web dell’ITTIG modificherà gli scopi del
“vecchio” sito web dell’IDG <www.idg.fi.cnr.it>, che per ora (15 luglio) recita:
«L’Istituto per la Documentazione Giuridica del C.N.R. svolge attività di studio e ricerca e realizza
applicazioni nel campo dell’informatica giuridica e del diritto dell’informatica. La sua produzione
scientifica si colloca cioè su quel crinale interdisciplinare, di rilevanza strategica in ambito
nazionale ed internazionale, in cui scienza e pratica del Diritto si incontrano con le Tecnologie
dell’Informazione e con le scienze del Linguaggio e della Documentazione, dando così luogo ad un
settore culturale fra i più innovativi e di maggiore prestigio. In particolare l’Istituto studia e applica
le tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei settori della documentazione del diritto
e del linguaggio giuridico, della tecnica legislativa e della decisione giuridica, e della formazione dei
giuristi […]».
Nell’occasione della tavola rotonda svoltasi nei locali romani del CNR sono
accadute, quel pomeriggio, diverse cose.
1. Si è presentato, e ci si è riflettuto, i Lineamenti di informatica giuridica, primo
volume2 prodotto dall’Istituto con ambizione di manuale generale a uso didattico
e, insieme, di manifesto programmatico della disciplina. Sintetizzo dalla prefazione
di Nicola Palazzolo (direttore dell’Istituto): al di là delle tematiche specifiche dei
singoli capitoli, è la stessa struttura dell’opera che riflette il carattere insieme unitario
e articolato di questa disciplina, l’informatica giuridica, che ha ormai conquistato
un ruolo indispensabile per la formazione del giurista, e che corrisponde a una
rivoluzione di fondo del modo tradizionale di operare del giudice, dell’avvocato,
del notaio e dell’amministratore pubblico; una rivoluzione che non attiene più solo
all’ottenimento rapido ed efficace dell’informazione giuridica, ma che riguarda gli
stessi meccanismi di produzione degli atti giuridici.
È stata annunciata come prossima la pubblicazione del completamento dottrinale
dei Lineamenti, dedicato al diritto dell’informatica.
2. Si è illustrata l’opera e la figura di Vittorio Frosini, filosofo del diritto e
informatico, al quale “Informatica e diritto”3 ha dedicato un numero speciale che
contiene, oltre a un cenno biografico e una sua bibliografia 1996-2001 sul tema
– «tendenzialmente completa», curata dal figlio –, la ripresentazione di tutti i suoi
scritti apparsi sulla Rivista, alcuni ormai introvabili e tutti con l’indicazione del
luogo e del tempo della prima pubblicazione. Notevole per interesse, mi sembra, la
riproposizione della recensione che Costantino Ciampi scrisse su Cibernetica diritto
e società 4 di Frosini, e che tra l’altro l’allora giovane cattedratico ebbe, dice, l’ardire,
seppur trepidante, di inviare all’anziano cattedratico che, ricorda, rispose invece
sùbito con un biglietto manoscritto contenente apprezzamenti e incoraggiamenti.
Essa risulta, a detta di Ciampi, «in alcuni passaggi marcatamente critica», soprattutto
172
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Manifestazionidopo
perché accusava l’opera di carente aggiornamento nel suo trascorrere da una visione
culturale “cibernetica” a una “informatica”, con tutto quel che ne discende.
Da parte mia estraggo a corredo, dall’ultimo articolo di Frosini pubblicato (2/
2000): Il giurista nella società dell’informazione, un passo dal paragrafo La persona
giuridica come persona informatica. Parlando del diritto all’identità personale come
di un nuovo diritto della personalità (associato, dalla 675/1996, ai diritti di libertà,
dignità personale e riservatezza), Frosini rileva:
«Nel quadro della società italiana dell’informazione, assumeva così un preciso contorno una nuova
figura giuridica, che si può definire come quella dell’identità informatica: essa è distinta dall’identità
fisica, poiché si tratta di un’identità virtuale cioè costituita dai dati riferiti a una persona, che
acquistano il loro significato solo quando abbia luogo il relativo procedimento elettronico. L’identità
virtuale corrisponde dunque a quella reale come l’immagine in uno specchio corrisponde alla figura
umana: la sua esistenza è quella dello specchio, ottenuta dalla luce e dalla superficie riflettente».
È su questo riflesso, aggiungo, che giocheremo, dunque, i diritti della persona, da
fisica a giuridica a virtuale…
3. Si sono discusse le condizioni e gli ipotetici sviluppi dei mutui rapporti fra
informatica e diritto.
Tra i diversi interventi, Floretta Rolleri5, della direzione generale informatica del
Ministero, ha enunciato la comparsa di nuovi strumenti, dal ricorso al web per una
migliore conoscenza giuridica – per esempio attraverso la creazione di un apposito
portale – all’apertura al pubblico dei servizi del Centro elettronico della Cassazione,
dalla realtà del processo telematico (è all’esame del Ministero il regolamento del
sistema informatico civile che ingloba l’avvocato nel processo) alla giurimetrica per la
parità di trattamento. Ancora: oggi non è più necessaria la compilazione degli abstract
delle decisioni dei giudici, perché la tecnologia consente – è il progetto Polis – la
diffusione del full text delle sentenze, indicizzate in XML. Se c’è qualcosa che ancora
manca, si tratta della maggior diffusione di una mentalità di informatica giuridica:
solo recentemente questa disciplina è diventata materia d’esame. In ogni caso, lo
scopo, pur nel momento difficile che la Magistratura sta attraversando, è sempre il
medesimo: perseguire la trasparenza attraverso la conoscibilità dei provvedimenti.
Renato Borruso ha delineato l’area dottrinale della disciplina: se oggetto del
diritto dell’informatica (in sé, già molto allettante dal punto di vista professionale) è
l’informatica (che è causa della norma), oggetto dell’informatica giuridica è il diritto
(come si tratta nei Lineamenti); caso diverso è quello rappresentato da un’ipotetica
informatica del diritto, che le comprenderebbe entrambe, come studio (vedi già le
applicazioni della «leggimatica» per la redazione degli emendamenti parlamentari) dei
rapporti tra algoritmo (regole univoche per la soluzione di un problema) e legge, con
la proposizione del quesito fondamentale: è possibile scrivere leggi con un tale rigore
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
173
Manifestazionidopo
algoritmico da evitare l’interpretazione, secondo il motto in claris non fit interpretatio?
che genera, a sua volta, le seguenti domande a cascata: le leggi sono algoritmiche? è
opportuno che lo diventino? se sì, quali ne sono gli ostacoli? si possono riscrivere le
leggi eliminando le ambiguità? si può sostituire l’informatica (per esempio, mediante
opportuni sistemi esperti) al posto del giudice? quali conseguenze porta la presa di
coscienza che le leggi non sono algoritmiche ma abbisognano d’interpretazione? È
infine lo stesso Borruso a tracciare un’ipotesi di soluzione, prevedendo (vaticinando?)
la dissoluzione del diritto dell’informatica a vantaggio dell’informatica giuridica o, se
si vuole, dell’informatica del diritto, a causa dell’espansione dell’informatica in tutte
le discipline.
Altri relatori hanno esaminato lo stato, per alcuni aspetti conservatore, per altri
aspetti dinamico, della disciplina nelle aule universitarie, la sua assenza/presenza nei
curricula e nelle classi di laurea, le interdipendenze fra un insegnamento giuridico
(variamente teorico e applicativo) e uno tecnico, da scienza dei calcolatori, nonché i
nuovi modi e possibilità e contraddizioni della formazione a distanza.
Note
1
2
3
4
5
174
ITTIG accorpa, secondo un processo di razionalizzazione corrente nel CNR, l’IDG di Firenze con
il Centro per gli studi sul diritto romano e i sistemi giuridici di Roma.
Lineamenti di informatica giuridica: teoria, metodi, applicazioni, a cura di Roberta Nannucci. Napoli
: Edizioni scientifiche italiane, 2002, p. xx, 603. Collana IDG, Serie “Studi e documenti”, 3.
Vittorio Frosini giurista-informatico. Una raccolta di scritti (1973-2000). “Informatica e diritto.
Rivista internazionale dell’Istituto per la documentazione giuridica del Consiglio Nazionale delle
Ricerche diretta da Costantino Ciampi”. Napoli : Edizioni Scientifiche Italiane, XXVII annata,
seconda serie, v. X (2001), n. 2 [manca ISSN].
Vittorio Frosini, Cibernetica diritto e società, 2. ed. ampliata. Milano : Edizioni di Comunità, 1973,
p. 184. [1. ed., 1968]. La recensione di Ciampi uscì sul “Bollettino bibliografico d’informatica
generale e applicata al diritto”, anno II, n. 3-4, luglio-dicembre 1973, p. 127-132.
Che abbiamo seguito con interesse nel 1996 in occasione del quinto convegno nazionale di
AIDA Documentazione: professione trasversale, quando a Fermo coordinò nella sezione Giustizia
gli interventi di Enrico Melis, Alessandro Iacoboni e Bruno Capurso <http://www.aidaweb.it/
5convegno96/>.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Notizie
a cura di MARIA PIA CAROSELLA
Notizie
Informazione giuridica in Europa: dalla neurosi all’estasi
Nei quindici Paesi della Comunità Europea dobbiamo tener conto della
sua legislazione; questa pertanto non può essere ignorata dai bibliotecari e dai
documentalisti specializzati in scienze giuridiche, economiche, finanziarie, ecc..
Molti servizi on line sono stati opportunamente costituiti nel tempo perché
l’informazione giuridica europea divenisse sempre più accessibile; è quanto viene
illustrato in sintesi in un articolo di Ciarán Ward pubblicato in “Managing Information”,
gennaio-febbraio 2002, p. 10 sgg.. Ha un titolo alquanto allusivo ed entusiastico: From
n€urosis to €cstasy: the e-volution of European legal information (l’allusione è accentuata
nell’inglese dal simbolo che sostituisce la e nelle prime due parole, come pure dalla e che
nel terzo termine potrebbe indicare l’abbreviazione di “elettronico”).
Tra le varie informazioni evidenziamo soltanto le seguenti.
«La fonte di tutta la conoscenza concernente la legislazione e il diritto in Europa»
è l’“Official Journal of the European Communities” nelle serie C (Communications),
L (Legislation), S (Supplement); le prime due nelle versioni a stampa e on line, la S
soltanto on line.
Naturalmente, esistono anche una serie di pubblicazioni comunitarie a stampa
dedicate alla legislazione europea, sia nel suo insieme sia riguardo agli aspetti giuridici
dei diversi settori del mercato e della vita di cui la Comunità Europea si occupa. Così
come non mancano molti siti web.
Dal giugno 2001, tuttavia, il portale EUR-Lex (<europa.eu.int/eur.lex>) viene
a costituire un unico punto di accesso per la consultazione on line dell’intero corpo
legislativo europeo, mentre la documentazione relativa è reperibile in vari formati:
PDF, TIFF e HTML.
Tra gli aiuti di carattere generale citati nell’articolo di cui sopra, ricco di notizie:
• il portale <www.europe2020.org/en/index.htm>, che è dedicato a informazioni
ed a considerazioni sull’Europa del XXI secolo; ha le versioni inglese e francese;
• l’European Information Association (<www.eia.org.uk>), organizzazione
internazionale di professionisti dell’informazione, che ha lo scopo di
sviluppare e migliorare l’accesso all’informazione europea;
• i vari gruppi di discussione on line, come Eurotalk, servizio di informazioni per
i professionisti che cercano i dati presenti presso il JISC, il Joint Information
Systems Committee britannico, comunità molto importante dell’on line.
E per terminare con una nota di attualità spicciola, sul sito <europa.eu.int/euro/
htm/entry.htm>, guida in 11 lingue d’introduzione all’euro e alle sue implicazioni
per i cittadini della Comunità Europea, tra gli altri «fascinating data» si scopre che «il
plurale di euro in Svezia è eurorna ed in Italia euri»!
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
177
Notizie
“Knowledge trinity”: considerazioni terminologiche legali
Un accostamento di due termini che ci ha stupito, in parte perché nel nostro
Paese siamo soliti attribuire ad uno dei due una valenza per lo più religiosa, ma forse
di più per una nostra personale carenza di informazione, dato che l’autore del testo
cui ci riferiamo sembra ritenere l’espressione come nota: «Si possono differenziare
varie categorie di conoscenza in ciò che oramai si è fatto conoscere come ‘trinità della
conoscenza’». E prosegue: «Nel contesto di un’organizzazione giuridica la conoscenza
‘esplicita’ generalmente si riferisce alle fonti esterne, come la legislazione, gli accordi
scritti e i precedenti. La conoscenza ‘tacita’ è l’informazione che i giuristi hanno
accumulato individualmente grazie alla formazione e all’esperienza, mentre la ‘nuova’
conoscenza si riferisce alle aree di perizia ancora da acquisire, quali le competenze in
information technology e in information retrieval».
Va sottolineato che la frase riportata è dovuta ad un professionista [Ciarán
Ward, At a loss for words… . “Managing Information”, 9 (2002), n. 2, p. 14;
e-mail: <[email protected]>] che fa parte del «legal information team» di una
società britannica; e soprattutto che egli tiene una rubrica regolare su “Managing
Information” dal titolo rivelatore «Where legals dare – Dove osano gli uomini di
legge» e con umorismo, aggiungiamo noi.
«Nella qualità di fornitore di informazione giuridica … avvocati e uomini di legge
gli hanno spesso chiesto la precisa definizione legale delle parole». Con il sussidio
del Chambers Dictionary (Edinburgh, 1993), questa volta egli considera sotto tale
aspetto termini (e loro derivati) per noi ricorrenti, come i seguenti:
• per information, ricorda pure che dal punto di vista legale è «an accusation
made before a magistrate or court»; a proposito delle parole derivate il nostro
autore mette in guardia sull’ambiguità esistente tra «information professional»
e «informer» (l’informatore della polizia!);
• il senso del termine knowledge nel contesto legale è interpretato come
«cognisance», termine che a sua volta viene definito come «knowledge or
notice, judicial or private». Il termine knowledge viene sempre più spesso
collegato con “management”, ma anche con “sharing”, “mapping”, “culture”,
“economy”, ecc..
E poiché stiamo parlando di informazione giuridica, segnaliamo l’esistenza
dell’opera Moys classification and thesaurus for legal material; informazione, questa,
cui non siamo in grado di aggiungere altro perché purtroppo è stata recuperata dal
necrologio di Betty Moys, sua “creatrice”, nonché autrice dell’“Occasional Paper” n.
2 della Society of Indexers, intitolato Indexing legal materials.
178
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Notizie
British Library: nuove strategie per il futuro
A nostro parere, la British Library ha dimostrato un approccio globale
consapevole nell’affrontare le sue New strategic directions, pubblicate nel giugno
2001. A loro riguardo ha infatti avviato, tramite Netpoll, un’indagine consultativa
pubblica, richiedendo aiuto ad utenti reali e potenziali per forgiare il proprio futuro:
“Help shape our future”.
Per trasparenza diffonde ora il “Report on the responses to the new strategic
directions survey”, che naturalmente contiene anche prese di posizione: lo si può
leggere nel numero di marzo 2002 di “Managing Information” (p. 8-11).
Riferiamo in breve soprattutto quanto di specifico interessa in questa sede. Al 3
agosto 2001, data di scadenza dell’indagine, erano state ricevute più di 5.000 risposte,
di cui 400 circa da enti. Hanno risposto persone di tutti i settori professionali e di
tutte le età con percentuali maggiori tra i 21 e i 34 anni, «ciò che potrebbe essere
un risultato della promozione dell’indagine sul web». Alla consultazione, diretta ai
Britannici, hanno comunque risposto molte persone oversea, che usano ad esempio il
sito web o i servizi di fornitura del documento della British Library.
La 1a Sezione dell’indagine si riferiva alle collezioni della Biblioteca. Confermato
dal 93% delle risposte che la British Library deve mantenere il ruolo di conservare
tutto ciò che viene pubblicato nel Paese, l’85% appoggia l’incremento di collezioni
di media elettronici. Le collezioni debbono inoltre essere sempre più accessibili; a ciò
la Biblioteca è convinta di poter fattivamente aderire a diversi livelli: sia continuando
la sua politica nei riguardi del materiale tradizionale sia incrementando, appunto, i
programmi di digitazione.
E si passa così alla 2a Sezione dell’indagine, diretta soprattutto a «chi aveva un
interesse professionale più specifico» (circa 2.500 risposte). Si nota tra l’altro un 75%
di opinioni favorevoli «for archiving important UK web sites», con particolare enfasi
da parte dei settori professionali per i quali il materiale significante già si trova on line.
In ogni caso, il 74% dei professionisti di scienze biblioteconomiche e informative
«considerano il materiale su web di importanza a lungo termine».
La questione del «remote document supply» è stata presa in considerazione da
circa 2.800 risposte provenienti dai più vari settori professionali. L’85% di costoro
ha comunque sottolineato l’importanza del Document Supply Centre della British
Library, per il quale la Direzione sta prendendo ulteriori provvedimenti in linea con
i bisogni in evoluzione degli utenti.
Soprattutto da parte dei settori professionali che ne fanno maggior uso si desidera
che la British Library continui a fornire copia di brevetti, mentre il 78% di costoro
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
179
Notizie
desidera che essa mantenga un completo archivio di brevetti digitalizzato piuttosto
che su carta: la British Library sta prendendo contatto con l’UK Patent Office in
merito.
Il 67% delle 5.000 risposte ricevute concorda sulle proposte di strategie future
della British Library, evidentemente con un certo numero di distinguo. Le proposte
che hanno ottenuto il maggior supporto, su cui la British Library intende focalizzarsi
con iniziative a vari livelli, sono:
1. incremento dei cataloghi, in vista di un miglior accesso alle collezioni;
2. incremento della digitalizzazione del materiale significativo, sempre in vista di
un miglior accesso;
3. miglioramento di attività e di attitudini del primo punto di contatto tra la
British Library e chi desidera utilizzarla, «lettori, visitatori, utenti del web,
utenti di servizi di fornitura di documenti e di altri servizi»;
4. modernizzazione dei servizi per un migliore sfruttamento delle risorse;
5. creazione di un sistema tecnico integrato, che possa dare accesso a materiali sia
a stampa che digitali;
6. sviluppo delle politiche di gestione delle collezioni.
Come si è accennato, nel Report sono stati riportati i commenti di critica positiva,
alcuni dei quali sono stati ripresi nella sua Conclusione, in cui la British Library si
dichiara tra l’altro consapevole di avere «una serie di responsabilità complesse verso
gli svariati gruppi di utenti, le quali … sono destinate a crescere nell’era digitale».
Riafferma però che comunque «non intende diminuire le sue forze tradizionali né
compromettere il suo ruolo cruciale a supporto delle comunità economiche e di
ricerca».
L’utente e le fonti di informazione qualificata
Uno studio sul comportamento dei ricercatori nell’acquisire l’informazione
loro necessaria è stato avviato nel 2001 dal britannico Ingenta (e-mail:
<institute@ingenta>). Si può ora acquistare il report risultante di 160 pagine:
Assumptions versus reality: user behaviour in sourcing scholarly information. Il ricavato
della vendita (ad un costo alquanto elevato, a nostro parere) è ulteriormente «investito
nel programma di ricerca» futura.
Un’indagine analoga era stata svolta nel 1996. Articolata in tre studi qualitativi e
quantitativi, oltre all’Ingenta, questa ha visto il coinvolgimento della British Library
e dell’Electronic Publishing Service (EPS).
180
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Notizie
Nel primo studio la British Library ha paragonato i dati relativi all’abbonamento
fatto a 28 periodici pubblicati da svariati editori con le richieste di copia di articoli
pervenute al servizio di document delivery della stessa British Library, nonché a quello
nazionale canadese: ne è risultato che il 15% delle richieste proviene da enti abbonati
ai detti periodici («Pensiero deprimente per le biblioteche, ma buono per gli editori»,
commenta “Managing Information”, aprile 2002, p. 40-41, da cui è stata desunta la
notizia).
Il secondo studio, condotto a cura dell’Ingenta sulle «vie di accesso e di fornitura
di articoli di ricerca», ha dimostrato che, a fronte della cifra di circa 100 milioni
di titoli coinvolti presentata a metà degli anni Novanta, la stima attuale la triplica,
oltrepassando i 300 milioni; il che equivarrebbe ad un giro di affari di un bilione di
dollari.
La terza indagine qualitativa dell’EPS sui ricercatori ha messo in evidenza le
differenze significative esistenti nelle loro fonti di articoli, a seconda del supporto
a stampa o elettronico. La biblioteca è stata considerata la fonte principale per gli
stampati, ma soltanto un quinto dei ricercatori l’ha vista come fonte di materiale
elettronico.
Altre considerazioni interessanti, desumibili da questa parte del report:
• i ricercatori non sono restii a pagare di persona per consultare gli articoli di
loro interesse;
• in una settimana essi richiedono e leggono da uno a tre articoli pubblicati in
periodici a stampa, più altri documenti provenienti da fonti diverse non a
stampa;
• per gli utenti, pertanto, sia i bibliotecari che gli editori sono utili;
• nel Regno Unito, i periodici ad alto livello scientifico sono assai letti e
considerati molto utili per il lavoro degli scienziati, sia per quanto attiene
all’insegnamento che per quanto concerne la ricerca.
Tenendo presente il diffondersi e l’affermarsi del concetto di “consorzio”, Ingenta
si propone per il 2002, come base di un suo programma di ricerca, l’approfondimento
di questo tema, anche in relazione ai costi collegati al duo periodico / on line.
Questionario sui professionisti dell’informazione spagnoli
Nel n. 3, 2001 di “AIDAinformazioni” si è data ampia notizia di un questionario
che la SEDIC [Sociedad Española de Documentación e Información Cientifica]
aveva diffuso tra i propri soci.
Ora, allegato a “CLIP – Boletìn de la Sedic”, n. 38, primavera 2002, un “Dossier”
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
181
Notizie
di 4 pagine dà conto di alcune delle risposte pervenute, e cioè di quelle relative al
secondo dei quattro capitoli in cui era suddiviso il questionario, quello concernente
l’“occupazione” (“empleo”) in informazione e documentazione dei soci Sedic. Gli
altri capitoli sono:
1. Formazione;
2. Sviluppo professionale;
3. Dati personali.
In sé e per sé forse non è proprio la parte che ci potrebbe maggiormente
interessare; ci viene comunque comunicato che due altri “dossier” completeranno
quello che abbiamo sotto gli occhi, mentre tutta l’informazione apparirà sul web
della Sedic: <http://www.sedic.es>.
In breve il 90% dei soci che hanno risposto (29% rispetto ai questionari inviati)
lavora in I&D, il 56% in un centro di documentazione, il 38% in biblioteca, il 6%
in archivio.
Il 51% dei soci appartiene al settore privato, il 49% al pubblico; tra le
amministrazioni pubbliche, il 25,2% sono “autonome”, il 23,8% università e così
via; tra le imprese private coinvolte, dal 23,1% di quelle di consulenza si passa
direttamene al 9,9% di quelle che si occupano di formazione, al 9,3% delle case
editrici/librerie, ecc..
Riguardo al “posto” occupato dai soci Sedic nel loro ente, il 24,1% hanno quello
di “documentalista”, il 20,7% di responsabile di un centro, il 16% di responsabile di
biblioteca, ecc..
Tra i fattori che li hanno portati ad occupare il posto attuale, il 18,9% va
all’esperienza, il 18% alla competenza nelle tecniche, il 10% alle attitudini ecc..
Il numero di “empleados” nelle unità di informazione degli enti è così ripartito:
42,9% da 1 a 3; 27,9% da 3 a 10; 21,3% > 15, ecc..
Esistono inoltre i dati sulle relazioni contrattuali, sulla durata del contratto dei
documentalisti (72,8% riguarda un contratto di più di due anni), sull’entità del
salario.
Il romanesco, la rete e la Pentecoste
Dopo tanto romanesco parlato sullo schermo cinematografico, ora lo troviamo
su Internet, al sito <www.turbozaura.it>; le frasi nostrane sono inoltre accompagnate
da una traduzione inglese, «versione da esportazione grazie all’inesauribile fantasia
dei giovani romani (i più attivi quelli delle periferie)», di cui sono proposti alcuni
182
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Notizie
gustosi assaggi. La notizia, infatti, è riferita da “Il Messaggero”, ben in vista nella sua
“Cronaca di Roma” e proprio nel giorno della Pentecoste (19-05-2002), in cui le
lingue di fuoco dello Spirito Santo discesero sugli Apostoli (Atti, 1, 1-11).
Siamo stati colpiti dalla strana coincidenza, di certo involontaria: uno dei “doni”
conseguenti all’evento – oltre ai più essenziali di ordine spirituale –, ma d’innegabile
utilità pratica per loro, fu che gli Apostoli «incominciarono a parlare lingue diverse»,
tanto che tra la gente radunata e proveniente dalle nazioni più varie e lontane
«ciascuno li sentiva parlare nella propria lingua».
L’osservazione vagamente scherzosa non suoni irriverente; infatti è chiaro
che tutto si oppone all’accostamento: contenuto, contesto, epoca, ecc.. Come
ad esempio mettere a confronto parole di elevazione spirituale con alcune delle
espressioni riportate in questo «dizionario della metropoli periferica… che tra le
proposte dei numerosi navigatori include anche una “coattmail”», nonché frasi
come «“you are extending yourself ”, o “but of what”, traduzioni letterali di ormai
tipiche espressioni metropolitane quali “te stai a allargà” e “ma de che”» (e qui forse
ci vorrebbe una piccola lingua di fuoco per illuminare non Romani e non anglofoni
– ed anche alcuni Romani ed anglofoni – per arrivare al senso originale di queste due
ultime frasi).
Software di gestione integrata degli archivi e software
documentari
Sono state recentemente pubblicate due indagini svolte nel 2001 in Francia
presso i fornitori di software. La prima, svolta dal Bureau van Dijk (<françoise.
[email protected]>), si intitola “Logiciel de gestion intégrée d’archives: étude
multiclients”; la seconda, condotta da TOSCA Consultants per l’ADBS [Association
des professionnels de l’information et de la documentation] (<[email protected]>), è
“Les logiciels documentaires: description de dix systèmes de gestion du marché”.
Un articolo di “Documentaliste” (n. 5/6, 2001, p. 302-303) le illustra, presentando
«brevemente le principali tendenze attuali dell’offerta, così come risultano dai due
studi, nonché le conseguenze sulle pratiche professionali che derivano dall’utilizzo di
questi software nei servizi di archivio e nei centri di documentazione ai quali sono
destinati».
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
183
Notizie
La conoscenza scientifica: un sistema in evoluzione
Chi a suo tempo ha letto sul n. 4, 2001 di “AIDAinformazioni” il resoconto della
Giornata di studio in onore di Paolo Bisogno intitolata La conoscenza scientifica:
un sistema in evoluzione e desideri leggerne su carta alcune presentazioni, potrà
consultare il n. 32 delle “Note di studio sulla ricerca”, 2002, dell’ISRDS-CNR
(fermo restando che sono anche reperibili all’indirizzo <http://www.isrds.rm.cnr.it/
seminari/P.Bisogno/>).
I testi presenti nel fascicolo sono:
• Presentazione (A. M. Scarda)
p. 7
• Introduzione (L. Bianco)
p. 9
• La conoscenza scientifica nell’opera di Paolo Bisogno (A. Palazzo) p. 12
• Scienza delle previsioni e nuove tecnologie (U. Colombo)
p. 21
• L’informazione sulla scienza e la tecnologia (A. M. Scarda)
p. 28
• La conoscenza scientifica: un sistema in evoluzione (B. Silvestrini) p. 37
• Ricordo di un amico (L. Caglioti)
p. 50
• Intervento dei fratelli (R. e V. Bisogno)
p. 52
• Resoconto dei lavori (A. Convertini e M. P. Carosella)
p. 55
Maria Pia Carosella
***
184
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Notizie
Il processo di certificazione professionale in I&D in Spagna: un
bilancio del Servicio de certificación della SEDIC
L’ultimo numero del Bollettino della SEDIC (CLIP 38, primavera 2002, p. 7
<www.sedic.es/certificacion_clip38.pdf>) dà notizie sull’attività di certificazione
messa in moto dall’omologa spagnola di AIDA ed espone e commenta i risultati
conseguiti durante il primo anno di funzionamento del Servizio di certificazione.
La SEDIC [Sociedad Española de Documentación e Información Cientifica]
ha ottenuto l’accreditamento, in qualità di organismo di certificazione di persone,
dall’ENAC (Entidad nacional de acreditación <www.enac.es>) nel 2001 e ad oggi il
Registro de certificación de profesionales conta 25 specialisti in I&D certificati, di cui
15 in qualità di Técnico, 4 di Técnico superior e 6 come Experto.
Il Servicio de certificación de Profesionales en I&D è costituito da soci che
volontariamente prestano la loro collaborazione, tenacemente persuasi che la stessa
attività di certificazione, svolta dall’Associazione nei confronti dei singoli, comporti
vantaggi per l’Associazione stessa in termini di qualità e che il riconoscimento delle
competenze professionali, costruite con perseveranza durante una vita lavorativa
contrassegnata da titoli accademici, dalla formazione continua, dall’esperienza
professionale e dallo sforzo per la definizione di parametri di qualità nell’àmbito di
ogni settore professionale, sia espressione di una società sana ed evoluta.
La procedura di certificazione della SEDIC è coerente con lo standard europeo
EN 45013 (1989) General criteria for certification bodies operating certification of
personnel.
La SEDIC ha istituito un Servizio di Certificazione (Servicio de certificación de
Profesionales en I&D), il cui organo di governo è la Commissione di certificazione
costituita da un presidente e da un numero massimo di 20 componenti, che
rappresentano i vari interessi coinvolti nel processo di certificazione professionale:
specialisti del campo, rappresentanti del settore pubblico e di enti privati,
rappresentanti dell’industria dell’informazione, docenti e formatori in I&D ed una
rappresentanza degli utenti. Il Reglamento general de certificación prevede inoltre la
partecipazione di rappresentanti di associazioni professionali straniere.
La Commissione nomina il Giurì di valutazione i cui componenti si sottopongono
ad un corso di abilitazione per operare come tali.
Anche i componenti della Commissione ed i giurati svolgono l’attività di
valutatori a titolo gratuito.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
185
Notizie
La Comisión de certificación, rinnovata nel luglio del 2001, è formata attualmente da
16 membri, essendo stata integrata rispetto alla prima composizione con l’inclusione
di professionisti di chiara fama. Pertanto, oggi rappresenta le componenti interessate
dal processo di certificazione (i tre livelli riconosciuti: Operatori, Professionisti
ed Esperti), ma ha pure una connotazione geografica, dal momento che vi sono
rappresentate otto delle regioni autonome spagnole.
Progressivamente entrano a far parte della commissione anche i professionisti
certificati (oggi tre del livello di Esperto).
Il Regolamento SEDIC (scaricabile dalla pagina <www.sedic.es/framcer.html>)
prevede tre categorie di professionisti certificati: Técnico, Técnico superior ed Experto
en información y documentación.
Diversamente, il regolamento dell’ADBS <www.adbs.fr/site/carrieres/certifier/
regles01.php> prevede quattro livelli: D, C, B, A, in linea con quanto definito
dall’Euroguida (Livelli 1, 2, 3, 4).
Un bilancio, però, è fatto soprattutto di numeri. Nel 2001 la Commissione ha
certificato cinque persone: tre nella categoria di Tecnico, uno in quella di Tecnicosuperiore e uno in quello di Esperto.
Come la stessa Commissione ammette, non sembra quantitativamente un gran
risultato, ma è pur vero che il processo è appena agli inizi e che, in questa fase, è
soprattutto una conquista culturale; gli autori infatti rilevano che il consenso verso
il processo di certificazione si va diffondendo sia all’interno del settore dell’I&D che
in àmbito accademico.
In Spagna, nel campo della certificazione, l’azione della SEDIC è stata
pionieristica costituendo così un punto di riferimento a livello nazionale. Il sistema
viene studiato da professionisti di altri settori e promosso dalla stessa SEDIC pure
all’esterno dell’I&D.
Va ricordato che il servizio di certificazione è unico per gli specialisti dei tre settori
dell’I&D – archivisti, bibliotecari e documentalisti – e che la composizione delle
giurie varia, oltre che per il livello cui si aspira, anche secondo la specializzazione del
candidato.
Potrebbe essere proprio questa la forza del successo conseguito dalla SEDIC,
sulla scia dell’ADBS: nell’aver raggiunto, cioè, l’obiettivo dell’avvio del servizio di
certificazione?
Augusta Franco
***
186
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Notizie
Il CLEF [Cross-Language Evaluation Forum], l’iniziativa
europea per la valutazione dei sistemi di information retrieval
nei contesti multilingui: una messa a punto
La rivista della DGI [Deutsche Gesellschaft für Informationswissenschaft
und Informationspraxis], “Information Wissenschaft & Praxis – Competence in
Content”, sul numero di marzo di quest’anno (2002, n. 2, p. 82-89) ha pubblicato
uno studio particolareggiato delle iniziative in corso in questo campo.
Gli autori (Michael Kluck, Thomas Mandl e Christa Womser-Hacker) ne
offrono la rassegna completa, collegando l’ambizioso progetto europeo con analoghe
esperienze condotte in Nordamerica e in Giappone. E corredano l’articolo di una ricca
ed agile bibliografia (p. 89), in larghissima parte in lingua inglese e dunque rivolta ad
un pubblico internazionale, che informa puntualmente sullo stato dell’arte.
Con l’avvento di Internet, l’IR ha acquistato una straordinaria importanza: grandi
quantità di conoscenze, immagazzinate e accessibili online, sono divenute in ampia
misura liberamente fruibili da parte degli utenti tramite i motori di ricerca.
Parallelamente, è cresciuta ovunque nel mondo l’esigenza di valutare, secondo
criteri standard, i sistemi, appunto, di IR.
Ai problemi generali che tradizionalmente lo accompagnano si aggiungono,
nell’IR multilingue, quelli difficili e spinosi della traduzione e della presentazione
integrata dei risultati, a partire da grandi quantità di documenti.
Il Crosslingual IR (CLIR), dal canto suo, tenta di fornire, sulla base della richiesta
formulata in una lingua, documenti in altre lingue e va in cerca di documenti
rilevanti in un corpus multilingue.
Iniziative internazionali finalizzate alla valutazione
Dato che inizialmente i ricercatori utilizzavano raccolte di testi assai diversificate,
gli esiti della ricerca risultavano scarsamente confrontabili.
Negli ultimi anni, però, sono state messe a disposizione collezioni allestite
secondo standard comuni ed è così migliorata la confrontabilità fra i sistemi.
Proprio lo sviluppo dei metodi di retrieval e di un’adeguata infrastruttura per
la valutazione di questi stessi metodi di ricerca, impiegati per il superamento delle
barriere linguistiche, è lo scopo del CLEF.
Nato tre anni fa, si basa su un’esperienza pilota statunitense, il TREC [Text
Retrieval Conference].
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
187
Notizie
In Giappone, contemporaneamente al CLEF, è sorto l’NTCIR [NII-NACSIS
Test Collection for IR Systems], per la ricerca multilingue nell’àmbito delle lingue
asiatiche.
Il TREC [Text Retrieval Conference]
Negli USA dal 1989 il NIST [National Institute of Standards and Technology]
porta avanti un progetto per la valutazione dei sistemi di IR. Mette pertanto a
disposizione un’enorme massa di dati, i topic e l’infrastruttura per la valutazione.
A motivo dell’ampio consenso riscosso dall’iniziativa, numerosissimi sono i
gruppi di ricerca, attivi nel settore industriale e in quello scientifico, che con i
loro sistemi partecipano annualmente al TREC. I risultati del TREC 2001 sono
disponibili online (<http://www.clef-campaign.org>).
Sul piano operativo, il TREC è suddiviso in vari gruppi di lavoro (tracks),
ciascuno impegnato ad indagare e, se possibile, a risolvere un singolo aspetto della
complessa problematica.
Quest’anno s’è aggiunto il Video retrieval track e il Web track – che fornisce
l’istantanea aggiornata di un segmento di Internet – ha preso il posto dell’Ad-hocretrieval track.
Se la sua versione ridotta consta di 1,7 milioni di siti (10 Gigabyte), quella ampia
ne abbraccia ben 18,5 milioni (100 Gigabyte).
Nel 1994 il TREC ha avviato il Cross-language track, comprendente dapprima solo
documenti in inglese e in spagnolo; successivamente si sono aggiunti il cinese e, dal
1997, le lingue europee e l’arabo. L’esperimento, senza molta fortuna negli Stati Uniti,
è proseguito in Europa, al punto che il CLEF se ne può considerare il legittimo erede.
Il CLEF [Cross-Language Evaluation Forum]
Il CLEF mette a frutto, come s’è detto, l’esperienza maturata dal TREC nel Crosslanguage track riservato alle lingue europee.
Dotato di una struttura articolata – IEI-CNR (Pisa, Italia), cui è affidato il
coordinamento, Eurospider (Zurigo, Svizzera), ELRA (Parigi, Francia), IZ (Bonn,
Germania), UNED (Madrid, Spagna), NIST (Gaithersburg, USA) –, si vale del
lavoro di gruppi provenienti da vari Paesi europei (vale a dire dalle corrispondenti
aree linguistiche) e collabora attivamente con il NIST.
I topic per la formulazione delle domande dei test sono predisposti su tre livelli
descritti in modo dettagliato. Accanto ad un titolo (title), costituito di poche parole, vi è
una breve descrizione (description) ed una cosiddetta “descrizione lunga” (narrative).
I partecipanti optano per una sola delle tre formulazioni o per una loro
combinazione (per esempio, title e description ovvero tutti e tre gli elementi
insieme).
188
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Notizie
Il CLEF promuove la ricerca e lo sviluppo dell’IR crosslingual e multilingual
attraverso la messa a punto di un’infrastruttura che sia a disposizione per:
• i test cui sottoporre i sistemi di IR;
• la valutazione dei sistemi di IR applicati alle lingue europee;
• la produzione di testsuite di dati che possano essere ancora utilizzati dagli
sviluppatori di sistemi per il benchmarking.
Contestualmente, dovrebbe perciò sorgere un forum di discussione per scambiare
esperienze ed idee e per favorire la comunicazione fra scienza ed economia nel campo
del CLIR. E dovrebbe inoltre essere agevolato il trasferimento di tecnologie fra gli
istituti di ricerca e gli utenti commerciali.
AMARYLLIS
L’organizzazione del progetto AMARYLLIS, relativo alla lingua francese, è
affidata all’INIST-CNRS; si adegua, dal punto di vista metodologico, ai principî
del TREC. Dopo due fasi dedicate esclusivamente al francese (1996-97 e 1998-99),
attualmente partecipa al CLEF.
Metodica di valutazione
La sperimentazione si fonda, per le diverse lingue, su raccolte parziali di articoli
di giornale e di comunicati di agenzie di stampa.
Sono a disposizione le seguenti.
Giornali e comunicati di agenzie di stampa:
• inglese – 113.005 documenti, 425 MB;
• tedesco – 225.371 documenti, 527 MB;
• francese – 87.191 documenti, 243 MB;
• italiano – 108.578 documenti, 278 MB;
• spagnolo – 215.738 documenti, 509 MB.
Dati scientifici e di àmbito specialistico:
• scienze (tutti i settori): AMARYLLIS (francese) – 150.000 documenti, 20 MB;
• scienze sociali: GIRT [German Indexing and Retrieval Database] (tedesco)
– 76.128 documenti, 150 MB.
Dati supplementari per test bilingui (giornali e comunicati di agenzie di stampa):
• olandese – 190.604 documenti, 540 MB.
Le raccolte sono obbligatoriamente complete per il 1994 e abbracciano in parte
anche il 1995.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
189
Notizie
I singoli documenti sono provvisti dei tag SGML.
È imminente l’integrazione di un corpus finlandese e di uno svedese.
Nel lungo periodo, inoltre, è molto atteso l’allargamento alle lingue dell’Europa
orientale.
La creazione dei soggetti
I soggetti sono creati dai diversi gruppi linguistici del CLEF (tedesco, inglese,
spagnolo, francese, italiano): debbono ovviamente corrispondere al contenuto dei
documenti, sulla base dei giornali e dei comunicati delle agenzie di stampa per gli
anni 1994-95.
I gruppi linguistici derivano mappe (le “estraggono”, vale a dire le rintracciano
retrospettivamente sulla scorta di annuari ed enciclopedie) relative a questo periodo.
Successivamente, testano i concetti espressi dai soggetti sugli insiemi di dati nelle
rispettive lingue.
Il sistema ZPRISE – con cui si effettuano i test preliminari – conduce una ricerca
probabilistica e contiene un feedback di rilevanza, il quale permette di contrassegnare
i documenti rilevanti e di fornire al sistema tale informazione aggiuntiva; valuta poi
le probabilità sulla base dell’ultimo feedback e rintraccia automaticamente i concetti
supplementari, che vengono quindi incorporati nella domanda.
La decisione definitiva circa la scelta dei soggetti e il numero delle mappe è il
frutto di una discussione collettiva. Questa ha lo scopo di chiarire ai partecipanti
l’effettivo valore delle mappe e delle traduzioni nelle rispettive lingue.
È indispensabile, perciò, sottoporre ad un controllo finale le traduzioni nelle 5
lingue ufficiali, per garantirne l’efficacia e l’esattezza.
L’intero processo si compie in modo cooperativo.
Per le mappe dei problemi scientifici e di àmbito specialistico sono già sviluppati,
nel quadro del GIRT (<http://www.iei.pi.cnr.it/DELOS/CLEF/clefoo.html>) e
dell’AMARYLLIS, 25 soggetti specifici per disciplina, in tedesco e in francese; esiste di essi
una traduzione inglese (e nel GIRT anche una russa), per permettere i test del CLIR.
Sono altresì pronte, presentate ufficialmente dai corrispondenti gruppi linguistici,
le mappe dei soggetti in inglese, tedesco, francese, italiano, spagnolo, olandese e russo
(GIRT). E, per l’IR monolingue e bilingue, traduzioni non ufficiali di tutte le mappe
sono già state predisposte dai partecipanti per il finlandese, il greco, lo svedese, il
russo, il cinese, il tailandese e il giapponese.
Check dei topic
Per escludere ogni specie di errori, il topic-set definitivo è sottoposto ad una verifica
cruciale, affidata ad un gruppo indipendente di traduttori specialisti, plurilingui e
dotati di competenze interculturali.
190
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Notizie
Percentualmente, il numero più elevato di errori è costituito dalle deviazioni dal
testo di partenza e dagli errori stilistici e grammaticali; il più basso dagli errori di
ortografia e di interpunzione.
Le lingue
Per “lingua principale” all’interno del CLEF s’intende una lingua in cui siano presenti
e disponibili una o più raccolte di documenti e tutti i soggetti e le relative mappe.
Al momento, sono le seguenti: tedesco (DE), inglese (EN), spagnolo (ES),
francese (FR), italiano (IT).
Sono appunto le lingue principali a ricoprire il ruolo decisivo nell’IR multilingue:
fra queste, infatti, gli sviluppatori dei sistemi scelgono quale debba costituire il punto
di partenza per le loro ricerche.
Nel 2001 si sono aggiunti: finlandese (FI), olandese (NL), russo (RU), svedese
(SV), tailandese (TH), giapponese (JP), cinese (ZH).
Questioni aperte
L’obiettivo primario del CLEF è, come s’è detto, lo sviluppo dell’IR multilingue
(multilingual task): vale a dire la ricerca nei documenti di tutte le lingue principali – in
una di esse è formulata la query – e l’output di un elenco integrato di tutti i risultati,
provenienti da tutte le raccolte dei documenti (cioè da tutte le lingue principali).
Si pensa di poter utilizzare, a breve, altre lingue (finlandese, russo, svedese) come
lingue di partenza, mentre le lingue di destinazione rimarrebbero quelle principali.
L’IR bilingue (bilingual task) cerca, in una qualsiasi lingua di partenza (che non
sia uguale a quella di destinazione), documenti in olandese e in inglese.
Al contrario, quello monolingue (monolingual task) punta a rintracciare
documenti all’interno delle rispettive raccolte, in tedesco, inglese, francese, olandese,
italiano e spagnolo. Il monolingual task offre l’opportunità di allargare il progetto
a nuove lingue, che in questo modo saranno progressivamente integrate nella
sperimentazione dell’IR multilingue.
Per quel che riguarda il campo scientifico in senso lato e specifici settori (scientific
and domain-specific task), si cercano documenti scientifici (e, più precisamente,
relativi alle scienze sociali) in particolari collezioni di documenti, vale a dire il GIRT
e l’AMARYLLIS.
I documenti delle loro banche dati contengono altresì parole d’ordine assegnate
di volta in volta, a posteriori e in modo ragionato, a un tesauro scientifico (e, più
esattamente, di scienze sociali), tesauro disponibile pure in una traduzione inglese e,
limitatamente al GIRT, in una russa.
Specifiche mappe dei soggetti sono pronte in inglese, tedesco, francese e russo
(GIRT).
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
191
Notizie
L’AMARYLLIS e il GIRT, dunque, forniscono una piattaforma ideale per testare
la trasferibilità dei sistemi di IR su testi di particolari àmbiti scientifici.
Ancora del tutto sperimentale è invece la ricerca nel campo del CLIR interattivo
(interactive task): questo track mira a studiarne la valutazione e a sviluppare misure e
criteri confrontabili, con cui possano essere comparati studi successivi.
Assai promettente appare infine la possibilità di formulare e di variare la
domanda calibrandola via via, valutando rapidamente i documenti trovati. In tal
caso, le domande sono rielaborate dalle persone che partecipano al test e non poste
automaticamente dal sistema o dagli esperti.
Revisione delle mappe dei soggetti ad opera dei partecipanti al progetto
I sistemi di retrieval cercano le mappe dei soggetti in una lingua e restituiscono
documenti in tutte le lingue di destinazione.
Per le ricerche in raccolte di documenti (nell’IR multilingue: tedesco, inglese,
spagnolo, francese, italiano) impiegano strategie specifiche per sistema, con
l’obiettivo di superare le difficoltà inerenti alla traduzione e alla trasformazione delle
domande in lingue differenti.
Alla fine dei processi di estrazione delle risposte, dovrebbe risultare, in relazione alle
mappe dei soggetti, una serie comune e ordinata dei primi 60 documenti rilevanti.
Accanto alla problematica della traduzione, la sfida fondamentale è rappresentata
dal processo d’integrazione dei risultati, sulla base di insiemi di documenti diversi.
Il metodo di valutazione si fonda sul metodo Pooling del TREC: al termine dei
processi, si raccoglie un numero elevato di documenti in serie di risultati ripartiti
secondo le lingue per mappe di soggetti.
La valutazione della rilevanza
Questi elenchi di risultati sono poi valutati dai membri della giuria del rispettivo
gruppo linguistico, i quali si servono di un apposito software di valutazione,
ASSESS, sviluppato dal NIST. Le regole generali di valutazione, cui si attengono,
sono confrontabili con quelle del TREC.
Le discussioni dei gruppi linguistici relative ai soggetti costituiscono le linee
guida per i loro giudizi che si appoggiano principalmente sulle descrizioni lunghe
(narrative).
Pur manifestando spesso il desiderio di una scala graduata di rilevanza, i membri
della giuria si attengono al pur difficile giudizio binario. Così si regola infatti il
CLEF, al pari del TREC, per privilegiare una migliore utilizzabilità.
In séguito ad un definitivo riordinamento dei risultati complessivi per sistema
e per soggetto, sono prodotte curve di richiamo-precisione, in corrispondenza di
ciascun sistema e del confronto fra i sistemi.
192
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Notizie
I trend nel retrieval multilingue
Com’è noto, la problematica cruciale del retrieval multilingue è il trattamento
dell’eterogeneità.
I procedimenti fondamentali si possono suddividere in tre gruppi:
• traduzione delle query;
• traduzione di tutti i documenti;
• metodi associativi senza traduzione esplicita.
I sistemi, inoltre, si distinguono in base al modo di elaborazione linguistica:
• riduzione alle forme originarie (stemming);
• scioglimento dei composti (decomposition);
• parole o n-grammi come fondamento.
Il nucleo delle ricerche multilingui è costituito dal trasferimento delle query o delle
rappresentazioni dei documenti dalla lingua di partenza a quella di destinazione.
La traduzione di tutti i documenti, che in passato rappresentava il maggior
ostacolo a motivo degli alti costi, oggi si realizza facilmente grazie ai moderni
computer. Numerosi sono i mezzi impiegati a tale scopo, dai più diffusi in commercio
a quelli liberamente accessibili in Internet.
Per garantire al sistema più punti di appoggio per la rilevanza, nella lingua di
destinazione le domande sono spesso ampliate; e si associano pure termini aggiuntivi,
semanticamente affini.
Questi sono definiti sulla base di dizionari e di tesauri ovvero delle occorrenze
statistiche in un corpus.
Un’altra possibilità è offerta dai procedimenti sfumati, associativi, che rinunciano
a rapporti sicuri, così come sono conosciuti dai dizionari.
Tali sistemi apprendono, mediante metodi automatici, le relazioni tra le parole
nelle diverse lingue. Pertanto hanno bisogno di un doppio corpus, cioè di documenti
identici in entrambe le lingue per la quantità di training.
Divengono quindi decisive le associazioni di concetti semanticamente simili.
Nasce così un tesauro delle somiglianze tra due lingue, che si fonda su giacimenti
comuni.
I sistemi presentati al CLEF mostrano i seguenti trend.
1. I sistemi associativi e basati sul corpus crescono d’importanza, sia per la
traduzione che per la disambiguazione.
2. Non sono state studiate a sufficienza le conseguenze delle operazioni di base,
quali la riduzione alle forme originarie e la scomposizione dei composti;
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
193
Notizie
in tedesco e in olandese, come pure in finlandese e in svedese, la scelta
dell’algoritmo ha condizionato fortemente i risultati.
Quanto allo scioglimento dei composti, i risultati sono assai divergenti: grazie
a questo, alcuni gruppi hanno ottenuto considerevoli miglioramenti, altri
invece non ne hanno ricavato alcun profitto.
3. Un certo successo riscuotono le tecniche fondate sugli n-grammi, che non
si valgono di alcun modello linguistico – lo sviluppatore delle quali non
possiede, anzi, alcuna conoscenza linguistica. Ciò riesce tanto più significativo,
se paragonato ai sistemi maggiormente sofisticati, con elementi, cioè, più
perfezionati dal punto di vista linguistico.
Nel Workshop 2001 del CLEF a Darmstadt è apparso chiaro che i partecipanti
sostituiscono largamente i componenti l’uno con l’altro, cosicché i sistemi sono
parzialmente costituiti da moduli eterogenei.
Al contrario, nel campo della semantica s’è fatto ben poco. Nessun gruppo,
infatti, ha provato ad analizzare l’attribuzione di valori negativi ai soggetti.
Per la prima volta, s’è anche proposto d’introdurre nel CLEF la problematica
relativa alle lingue parlate; ciò dovrebbe suscitare l’interesse dei ricercatori nel settore
dell’identificazione linguistica.
Conclusioni
Il progetto riesce assai utile per il collaudo dei sistemi su dati reali, ben oltre
l’information retrieval:
• l’àmbito multilingue può rivelarsi decisivo per i ricercatori impegnati nei
settori della linguistica computazionale e della traduzione automatica;
• per il successo dei sistemi di retrieval, la morfologia resta un elemento cardine,
ma pure competenze relative alla sintassi e alla semantica offrono prospettive
interessanti;
• la sperimentazione condotta all’interno del track interattivo è un’opportunità da
non sottovalutare per quanti si occupano dell’interazione uomo-macchina.
Il Workshop 2002, infine, si svolgerà a Roma (19-20 settembre 2002) e terrà
immediatamente dietro alla sesta edizione della European Conference on Digital
Libraries (ECDL 2002). Per il programma, assai ricco e articolato, si veda: <http:
//clef.iei.pi.cnr.it:2002/2002work.html>.
194
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Notizie
IT e federalismo scolastico: una speranza per l’occupazione?
L’inserto @lfa de “Il Sole – 24 Ore” del 28 giugno 2002 (p. 1 e 4) dà ampio risalto
al gigantesco progetto messo a punto dal Ministero dell’Istruzione «per portare la
tecnologia dell’informazione nelle scuole italiane». Si tratta, infatti, de «la più grande
iniziativa del genere realizzata in Europa».
Com’è noto, già da qualche anno nel nostro Paese il buco di professionalità nel
campo dell’IT s’è fatto piuttosto consistente: circa 32.000 unità, denunciano gli
operatori del settore.
Un simile skill gap, tuttavia, non costituisce l’ennesima dimostrazione del ritardo,
tutto italiano, nella modernizzazione della società, ma s’inserisce in una problematica
ben più ampia, che investe l’intero continente europeo: il gigante, con le sue croniche
lentezze e le sue rigidità strutturali, stenta a mettersi in moto.
Ed evidentemente fatica a tradursi in fatti l’impegno formale che i capi di Stato
hanno assunto fin dal marzo 2000 a Lisbona: quello, cioè, di fare dell’economia
europea, nel giro di un decennio, “un’economia basata sulla conoscenza”, sfruttando
convenientemente l’e-learning.
Sembra perciò andare nella giusta direzione il progetto italiano, fortemente voluto
dal Ministro dell’Istruzione, che punta ad armonizzare tre importanti obiettivi.
1. Formazione professionale e, più in generale, scolastica secondo i profili professionali
effettivamente necessari al mercato del lavoro
La società chiede da tempo maggiori competenze in IT: la definitiva
introduzione di tali discipline nei normali curricula dell’istruzione superiore
e la “pari dignità” riconosciuta alla formazione professionale rappresentano
una prima, concreta risposta, contribuendo ad agevolare il collegamento tra il
mondo della scuola e quello del lavoro.
Inoltre, il passaggio dell’istruzione professionale alle dirette dipendenze delle
Regioni pare offrire nuove opportunità: cresce l’integrazione degli istituti nel
tessuto socio-economico del territorio e, di conseguenza, si fa più stretta la
loro collaborazione con le imprese; ciò assicura non soltanto finanziamenti
privati alla scuola, ma pure scambi continui scuola-azienda e, infine, incisive
politiche regionali di sviluppo e di sostegno integrato.
2. Modernizzazione dell’intero sistema scolastico nazionale
Secondo l’autore dell’articolo, Lelio Cusimano, il progetto ministeriale di
e-learning «permetterà di attribuire la Patente europea del computer a 160mila
docenti italiani e creare inoltre 13mila esperti nella didattica della It e 4.500
responsabili delle infrastrutture tecnologiche della scuola».
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
195
Notizie
È previsto altresì un corso di formazione a distanza per i 60mila addetti delle
segreterie scolastiche, per passare finalmente alla «gestione informatica degli
atti amministrativi».
3. Beneficî per lo sviluppo economico, scientifico e tecnologico del Paese e vantaggi
occupazionali
L’iniziativa («cablare le scuole in banda larga, diffondere i pc, collegarli alla
rete web, formare insegnanti e studenti… ») ha ed avrà un forte impatto
sull’intero comparto IT: notevoli le risorse impiegate e, per le aziende del
settore – soprattutto per quelle a più alta specializzazione nel campo della
formazione a distanza in Internet –, si aprono interessanti prospettive; anche
la crescente diffusione della banda larga lascia ben sperare.
Il giornalista, con un occhio di riguardo alla “sua” Sicilia, fa ripetutamente
notare come questa sia una vera chance per il nostro Sud; ed esprime nel contempo
la preoccupazione che non solo il digital divide – che notoriamente affligge la quasi
totalità dell’area –, ma pure «la carenza di strutture imprenditoriali» possa costituire
un ostacolo insormontabile, in grado di trasformare un’opportunità favorevole
nell’ennesima occasione perduta.
Lisa Reggiani
196
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Vita dell’Associazione
a cura di MASSIMILIANO TOSATO
Vita dell’Associazione
AIDAformazione
Il programma organizzativo dell’AIDA per l’anno 2002 prevedeva la realizzazione
di iniziative nell’àmbito della formazione professionale per gli specialisti
dell’informazione.
Un primo passo in tal senso è stato compiuto con il corso HTML e siti web per il
trasferimento della conoscenza, tenuto a Roma presso il CASPUR [Consorzio per le
Applicazioni di Supercalcolo per Università e Ricerca] nei giorni 17, 18 e 19 giugno,
da Ezio Tarantino, bibliotecario dell’Università di Roma “La Sapienza”.
Lo scopo del corso è stato quello di fornire ad esperti della documentazione, con
poche cognizioni informatiche e senza una particolare esperienza nella realizzazione
di siti web, la conoscenza ed anzi la padronanza dei principali strumenti di authoring
del web, dal codice HTML all’uso di semplici programmi di grafica.
Si è però voluto soprattutto sviluppare nei partecipanti al corso l’attitudine
all’autoapprendimento e alla presa di coscienza di che cosa significhi comunicare
attraverso il web, e quali responsabilità comporti nei confronti dell’utente finale.
È stato in special modo approfondito il concetto di “usabilità” o accessibilità,
non tanto come insieme di norme da apprendere e utilizzare, ma come abitudine a
ragionare su cosa sia un sito web di carattere informativo, quali siano le informazioni
indispensabili, come organizzarle, quali errori evitare, quali siano, infine, le più
importanti indicazioni proposte dagli organismi ufficiali e dalla letteratura.
Nelle prime due giornate si sono studiati in dettaglio tutti i tag (istruzioni) del
linguaggio HTML, con esercitazioni pratiche. Particolare attenzione è stata rivolta
alle più recenti specifiche del linguaggio, come ad esempio i fogli di stile, anche con
l’ausilio di software specifici (Microsoft Front Page, Netscape e 1st Page per l’editing;
TopStyle Lite per i fogli di stile esterni).
Nella terza giornata sono state affrontate da un punto di vista teorico le
problematiche relative alla costruzione di siti web a carattere informativo,
focalizzando l’attenzione specialmente sui problemi dell’usabilità. Oltre a fornire
gli strumenti di conoscenza fondamentali (letteratura, linee guida, ecc.) e una
serie di suggerimenti pratici, si è cercato di introdurre una metodologia rigorosa,
basata sull’osservazione empirica e sull’acquisizione di un’abitudine all’esame critico
dell’esistente, in funzione del successivo momento progettuale.
Anche in questo caso, dunque, l’obiettivo ultimo non è stato soltanto quello
di fornire utili nozioni, ma stimoli al ragionamento vigile e consapevole, perché si
radichi un modo di pensare la professione fondato sulla curiosità di conoscere.
L’ultima parte del corso è stata dedicata ai comandi fondamentali per la
realizzazione di semplici immagini da utilizzare nei siti web.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
199
Vita dell’Associazione
L’accoglienza positiva e le richieste giunte (una seconda sessione del corso è
prevista per il mese di settembre) fanno ben sperare per il futuro e ci incoraggiano
a continuare. La riuscita, non solo tecnica, del corso è senza dubbio un elemento
determinante per la prosecuzione delle attività formative AIDA.
Oltre a quelle dei soci, l’AIDA continua a ricevere, infatti, specifiche richieste
di attività formative anche da parte di altri professionisti – già in attività o che
lo saranno in futuro –, richieste che cercheremo di soddisfare nella maniera più
puntuale e nel più breve tempo possibile.
Conformemente a queste richieste e sulla base di un sondaggio/questionario
che sarà proposto in autunno ai soci AIDA e agli iscritti ad “AIDAlampi”, sarà
predisposto il programma di formazione per il 2003.
200
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Recensioni
a cura di ANNA BALDAZZI
Recensioni
Associazione italiana biblioteche, Conservare il Novecento: la stampa periodica. II
Convegno nazionale. Ferrara, Salone internazionale dell’arte del restauro e della
conservazione dei beni culturali e ambientali. Ferrara, 29-30 marzo 2001. Atti a
cura di Maurizio Messina e Giuliana Zagra. Roma, 2002, 174 p.
Organizzata dall’AIB [Associazione Italiana Biblioteche] in collaborazione con
l’Istituto centrale per la patologia del libro e la Soprintendenza per i beni librari e
documentari della Regione Emilia-Romagna, la seconda edizione di Conservare il
Novecento ha focalizzato la sua attenzione su un aspetto specifico del patrimonio
documentario del secolo XX: la stampa periodica. Dopo aver provveduto al suo
esordio, nel corso del 2000, ad una ricognizione generalizzata delle problematiche
e delle molte sfaccettature legate alla valorizzazione e alla conservazione della
documentazione novecentesca, ponendo in primo piano il valore degli archivi
culturali, veri e propri giacimenti della memoria, questo convegno ferrarese della fine
di marzo 2001 ha tentato di dare corpo agli intenti dell’anno precedente discutendo i
risvolti concreti della gestione e conservazione di una forma bibliografica particolare
e decisiva nell’àmbito della cultura del Novecento. Va a merito degli organizzatori
aver preso in considerazione l’intera gamma di significati del seriale novecentesco: la
funzione di “palestra” di scrittura per molti autori, quello di testimonianza del ruolo
progressivamente assunto dall’informazione nella società del secolo XX, il cómpito
di fonte primaria e irrinunciabile per la conoscenza dei processi storici maturati. Una
molteplicità di funzioni che – è stato sottolineato a varie riprese – se da una parte
ha indotto ad una moltiplicazione esponenziale del prodotto seriale, d’altro canto
pone adesso un forte rischio di dispersione, dovuto in gran parte alla precarietà e
all’effimero tipologico e fisico dei materiali appartenenti ad un secolo in cui – come
ha chiarito Mario Infelise in un intervento Sulla conservazione dei periodici – «la
stampa periodica ha di gran lunga superato l’editoria libraria» (p. 57).
Tre le sessioni del convegno. La prima, coordinata da Luigi Crocetti, ha mirato,
a mo’ di introduzione generale, al tema dell’importanza culturale dei periodici del
Novecento. Franco Della Peruta, in questo contesto, ha proposto opportunamente
un excursus sulla storia della stampa italiana secondo una periodizzazione divenuta
ormai in qualche modo classica, che tiene conto dell’inglobamento del triennio
giacobino come spartiacque fra periodici d’ancient régime e produzione più moderna
e di diversa caratterizzazione morfologica e testuale (cfr. ad es. l’Introduzione di A.
Postigliola a Periodici italiani d’antico regime. Roma, 1986, p. 5-10, ma la stessa
periodizzazione è offerta da V. Castronovo e N. Tranfaglia nel fondamentale La
stampa italiana dal Cinquecento all’Ottocento. Bari : Laterza, 1976. Da segnalare,
per una periodizzazione diversa, R. Lefevre, Per un censimento dei periodici italiani
anteriori al 1948. “Accademie e biblioteche d’Italia”, 46 (1978), p. 435-454).
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
203
Recensioni
Un sintetico sguardo d’insieme, quello di Della Peruta, che ha rinviato proprio
all’esperienza rivoluzionaria francese al di qua delle Alpi i primi sviluppi di un
giornalismo italiano moderno, nell’àmbito di una nozione di libertà di stampa fino
a quel momento sconosciuta nella penisola. Un processo che avrebbe subìto una
brusca battuta di arresto con la dominazione napoleonica e un ritorno alla censura,
sostanzialmente predominante, nonostante qualche fermento nel biennio 184849, fino agli anni dell’Unità nazionale, in cui si assisterà a quella stabilizzazione
normativa che, incrociata anche ad uno sviluppo delle tecniche di stampa, favorirà il
dispiegarsi consistente sia qualitativo che quantitativo della pubblicistica periodica,
destinata ad impattare àmbiti culturali e di interesse diversissimi. Un trend interrotto
traumaticamente nel corso del Ventennio fascista e ripartito poi definitivamente con
la Liberazione e la nuova Carta costituzionale.
Nello stesso àmbito Corrado Donati (I periodici letterari del Novecento: una
proposta per lo studio e la conservazione) ha evidenziato una caratteristica peculiare
attinente ai seriali del secolo XX, in grado di distinguere nettamente la loro funzione
da quella dei periodici letterari succedutisi dal Settecento in avanti, vale a dire che
«le riviste novecentesche nascono dal tentativo, che attraversa tutto il secolo fino
almeno alla fine degli anni Settanta, di recuperare per gli intellettuali un ruolo, una
funzione di promotori di idee e di progetti anche sul piano sociale e culturale, oltre
che strettamente letterario» (p. 46). Una conferma insomma, anche su questo piano,
della dissoluzione del canone letterario e del confrontarsi serrato degli intellettuali
del Novecento con il proprio ruolo civile e politico (cfr. in merito di recente M.
Belpoliti, Comincia con Dante e fermati a Gadda. “ttl, tutto libritempolibero”, XXVI,
n. 1318, 6 luglio 2002, p. 1), e quindi che «nelle riviste del Novecento è conservata
la memoria storica fondamentale di ciò che è stata la nostra vita culturale nel corso di
un secolo, delle aspirazioni e degli errori, ma anche degli slanci ideali e utopistici che,
nella dialettica tra cultura e società, hanno segnato il cammino della nostra civiltà»
(ibidem).
Alla fine di questa sezione Mario Infelise è entrato nel merito di un tema che
in séguito ha costituito l’oggetto di un’altra serie di interventi specifici in una
successiva giornata del convegno: la conservazione dei periodici. Infelise, studioso di
editoria, ha messo in luce il rapporto stretto fra diffusione, tirature e conservazione
dei periodici, nel senso che le possibilità di dispersione di questo particolare tipo
di pubblicistica risultano direttamente proporzionali alla sua tiratura. Le maggiori
difficoltà insomma ineriscono al materiale più popolare, che spesso è rimasto
estraneo ad una considerazione di studio proprio per la sua scarsa reperibilità. Le
stesse biblioteche – ha sottolineato Infelise – su questa lunghezza d’onda si sono
spesso limitate a conservare e ad avere cura precipuamente di materiali relativi ad
una cultura “alta”. Una realtà perversa, che rischia anche di lasciare una memoria
204
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Recensioni
distorta dell’intero secolo: le riviste popolari infatti costituiscono «uno strumento
fondamentale della nostra cultura di massa e sarà indispensabile per definire quello
che noi siamo e ciò che pensiamo. Sarà difficile ripensare alla nostra storia sociale
senza fonti di questo genere» (p. 58).
La seconda sezione del convegno è stata dedicata all’ambizioso progetto di
costituzione di un’emeroteca nazionale italiana. Introducendo i lavori, Fiorella
Romano, della Direzione generale per i beni librari e gli istituti culturali, ha posto
il problema del trattamento delle collezioni cartacee e della loro riproduzione
attraverso procedure ad alto grado di sicurezza, in grado di sottrarre definitivamente
il materiale alla consultazione fisica diretta, ma anche di attivare una condivisione
di risorse capace di evitare inutili e dannose sovrapposizioni. La strada indicata
dal competente ufficio del Ministero per i beni e le attività culturali – ha ricordato
la Romano – è quella di procedere, sulla base di un’estesa cooperazione, ad una
digitalizzazione successiva ad operazioni di microfilmatura dei materiali, sulla scorta,
ad esempio, dell’esperienza messa in campo in Olanda con il progetto Metamorfoze.
Un obiettivo dichiarato anche nella III Conferenza nazionale delle biblioteche,
svoltasi a Padova nel febbraio 2001, incentrata specificamente sul tema della
“Biblioteca digitale”, e che dovrebbe condurre in futuro ad un’emeroteca nazionale
intesa non come «una collezione sterminata di giornali ubicata in un unico luogo
fisico, ma una totalità di collezioni emerografiche variamente diffuse e articolate
sul territorio e collegate in rete così da costituire un’unità virtuale» (p. 65). Un
concetto ribadito da Carlo Federici, dell’Istituto centrale per la patologia del libro,
che ha insistito sulla necessità di «progettare un’emeroteca nazionale (EN) che non
si identifichi univocamente con il luogo di raccolta degli originali che pervengono
alle diverse amministrazioni (statale, provinciale, comunale) come copia d’obbligo,
ma […] una sorta di EN diffusa sul territorio, la quale sia in grado di garantire la
tutela fisica del materiale organizzando, al tempo stesso, la disseminazione delle
informazioni relative ai giornali» (p. 71-72).
Si sono succeduti nell’àmbito di questo tema alcuni case study. Antonio Giardullo
ha ricordato (I periodici della Nazionale di Firenze) i vari progetti di riproduzione in
microforme sviluppatisi da tempo a livello europeo (ad es. EROMM= The European
Register of Microform Masters), quelli più recenti relativi ad un passaggio alla
digitalizzazione attraverso un primo passaggio in microfilm (ad es. DIEPER=Digitised
European Periodicals; ILEJ=Internet Library of Early Journal; JSTOR=Journal
Storage) e il ritardo con cui in Italia si è giunti ad alcune sperimentazioni, anche se
non specifiche per i giornali (SDIEF, Galileo, ARSBNI). Ritardo messo in evidenza
da tempo: basti pensare al convegno organizzato dalla Braidense nel 1983 dal titolo
I periodici nelle biblioteche: un patrimonio da salvare. Ma va a merito del convegno in
questo contesto anche l’aver messo in campo e ipotizzato una serie di progetti in atto,
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
205
Recensioni
che, oltre a puntare sulla conoscenza e la valorizzazione di organismi appositamente
sorti, si caratterizzano per l’incontro fra metodiche rigorose di trattamento degli
originali e la necessità di integrare le procedure tradizionali e scientificamente
fondate con prassi virtuali in grado di ridare completezza a collezioni per vari
motivi non integre. Rientra in questo quadro complessivo, fra l’altro, l’illustrazione
dell’attività del CIRPeM (Centro Internazionale di Ricerca sui Periodici Musicali)
nell’intervento di Marco Capra I periodici musicali del Novecento, quella del progetto
CIRCE (Catalogo Informatico delle Riviste Culturali Europee) dell’Università di
Trento in quello di Corrado Donati, quella di EVA (Emeroteca Virtuale Aperta) della
Biblioteca nazionale Braidense.
Paola Puglisi (Per un archivio nazionale della stampa periodica: i giornali nella
Biblioteca nazionale centrale di Roma) ha ricordato il trattamento dei periodici e
le procedure messe in atto e progettate dall’istituzione, detentrice, insieme alla
Nazionale fiorentina, della maggiore collezione di giornali sul territorio nazionale.
Un rilievo particolare, anche sulla scorta delle contigue esperienze francesi ed inglesi,
è stato dato dalla relatrice al problema delle cronache locali, oggetto di microfilmatura
da parte dell’istituto, ma con alle spalle una tormentata serie di aggiustamenti del
progetto iniziale.
Rosaria Campioni, della Regione Emilia-Romagna, in un intervento molto
puntuale (Un’eredità novecentesca ingombrante), ha fatto il punto su un quarto di
secolo di interventi catalografici sui periodici delle biblioteche pubbliche, traendone
un bilancio abbastanza positivo. Ben diversa – ha sottolineato la Campioni
– la situazione sul versante della conservazione e della disponibilità delle raccolte,
dove molte problematiche sollevate da tempo non hanno ancora trovato risposte
soddisfacenti. Un contesto in cui «i periodici, senza i quali sarebbe oltremodo difficile
interpretare il Novecento, rischiano di diventare ospiti sgraditi – forse proprio per la
loro invadente presenza – persino negli istituti deputati alla conservazione» (p. 104).
Sul progetto di “emeroteca nazionale” proposto in sede di convegno, la relatrice ha
invitato per una sua corretta e completa attuazione a non limitarsi al solo àmbito
delle biblioteche statali o a quelle titolari del diritto di stampa, ma ad allargare lo
sguardo comprendendo anche tutta una serie di istituti pubblici e privati detentori
di collezioni spesso poco conosciute.
Proseguendo nella rassegna di esperienze locali, Ornella Foglieni ha esposto (I
progetti della Regione Lombardia) le possibilità offerte nel settore del trattamento dei
periodici dal lombardo SIBL (Sistema Informativo Beni Librari), mentre Mariagrazia
Ghiazza (Progetti e problemi per la conservazione dei periodici del Piemonte) ha messo
in luce una situazione ancora interlocutoria e per certi versi problematica.
L’ultima sessione del convegno, dedicata a I periodici tra consultazione e
conservazione, è stata aperta dalla relazione di Carlo Revelli, di “Biblioteche oggi”,
206
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Recensioni
che ha messo a confronto le esigenze, spesso contrastanti, degli utenti e delle
strutture bibliotecarie riguardo alla conservazione dei giornali, affrontando nello
specifico alcuni problemi di scottante attualità come quelli legati allo scarto di
alcuni materiali, alla rilegatura, alla consultazione diretta e alla frequente e inveterata
riluttanza da parte dei fruitori a servirsi della riproduzione in microfilm come
sostitutiva della consultazione dell’originale. Nel merito è entrata anche Franca
Alloatti, della Biblioteca nazionale Braidense, che ha elencato una serie di norme
indispensabili per la gestione da parte delle biblioteche di un materiale che presenta
«problematiche peculiari dal punto di vista della conservazione e della consultazione»
(p. 128). Tra queste la scelta della legatura solo in presenza di corretti principî di
conservazione, la limitazione della consultazione diretta degli originali (e, dopo
la riproduzione, la sottrazione definitiva alla fruizione), la corretta conservazione
del materiale cartaceo, la necessità di microfilm e della loro duplicazione in tre
copie. Proprio questa tipologia di intervento di riproduzione, variamente evocata
nel corso del convegno, ha trovato un posto specifico nella relazione di Gloria
Cirocchi, della Biblioteca della Camera dei Deputati: Conservazione: c’è ancora
un posto per il microfilm? La relatrice si è chiesta «che ruolo possa ancora svolgere
il microfilm in un’epoca che sembra orientarsi univocamente verso il digitale» (p.
142), dove la possibilità di disporre di un accesso immediato e distribuito costituisce
certamente un discrimine di grande rilevanza rispetto alla tecnica tradizionale delle
microforme. «Tuttavia – ha notato la relatrice – i temi della obsolescenza tecnologica
e la mancanza di esperienze consolidate nel settore della conservazione di patrimoni
digitali introducono elementi di dubbio che hanno spinto, negli ultimi anni, molte
istituzioni e uffici centrali a considerare con cautela l’avvio di progetti orientati alla
conservazione basati unicamente sulla tecnologia digitale» (p. 145-146). Dopo
l’illustrazione del cosiddetto “sistema ibrido”, vale a dire della creazione di un master
su microfilm per la conservazione, affiancato da immagini digitali per l’accesso
all’informazione, la relatrice ha compiuto un’ampia ed esaustiva ricognizione delle
esperienze in atto negli altri Paesi, concludendo che «la tecnica della microfilmatura
è tuttora vincente nel settore della conservazione della stampa periodica» e che «al
di là dell’indiscusso appeal della riproduzione digitale, […] prima di affidare alla
riproduzione digitale il ruolo di copia di sicurezza il cammino è ancora assai lungo,
e si fonda sull’elaborazione di modelli condivisi di archiviazione e sull’impiego di
metadati rispondenti a criteri di standardizzazione e interoperabilità» (p. 153).
Sugli stessi temi ha concluso la sessione Marco Santoro (Conservare/digitalizzare:
l’esperienza dei periodici), che ha ripercorso le problematiche afferenti alla digital
preservation. «I motivi della debolezza della digitalizzazione per scopi di conservazione
sono molteplici – ha spiegato Santoro – e attengono da un lato agli aspetti di
autenticità e autorevolezza del surrogato digitale rispetto al suo originale analogico,
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
207
Recensioni
dall’altro a problemi di natura squisitamente percettiva, derivanti dalla perdita della
componente materiale del documento – e di conseguenza di ciò che viene chiamato
il paratesto – che spesso può avere un’importanza pari, se non superiore, alla
parte semantica replicata nell’esemplare digitalizzato» (p. 163). Di fronte a queste
considerazioni e alla realtà di una frequente inaccessibilità dei periodici elettronici,
il relatore ha comunque esplorato a fondo una serie di strategie di conservazione del
digitale, alcune ormai classiche come la migrazione e l’emulazione, ma ha illustrato
soprattutto le soluzioni che sembrano provenire da LOCKSS (Lots of Copies Keep
Stuff Safe), progetto pilota sviluppato dall’Università di Stanford con l’obiettivo di
preservare l’accesso a riviste scientifiche pubblicate sul Web attraverso l’uso della
cache, cioè della memoria di transito per i documenti di rete.
Mario De Gregorio
208
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Recensioni
Piero De Risi, Dizionario della Qualità: 900 termini ed espressioni del linguaggio
della Qualità. Milano : Il Sole 24 Ore, 2001, p. 613
Le modifiche strutturali provocate nelle imprese dalla combinazione convergente
di new economy, digital communication e spesso formazione a distanza, trend
ormai generalizzati del cambiamento impulsivo degli ultimi anni, hanno sospinto
freneticamente l’esigenza di garanzie di qualità da parte delle stesse aziende al fine di
competere nello spazio globalizzato dell’e-business con un certo vantaggio strategico
nei confronti dei clienti e garantire loro strumenti di evidenza oggettiva della qualità
raggiunta dalle attività e prodotti commercializzati (quality assurance). La collana
Techno: dizionari del Sole 24 Ore ha interpretato i bisogni di questa nuova e crescente
area di interesse, immettendo nel mercato editoriale una serie di volumi finalizzati
alla conoscenza di terminologie e concetti specifici del settore business e finanza,
rivolgendosi a tecnici e professionisti, consulenti e responsabili del marketing e della
qualità. In particolare, il Dizionario della Qualità affronta i principî e le tecniche
del total quality management, collocandosi come strumento interdisciplinare di aree
tematiche e di settori disciplinari che sempre più vanno riconfigurandosi all’interno
di una macroarea di saperi e professioni in evoluzione: qualità, management,
marketing, produzione, statistica, progettazione, statistica applicata, certificazione,
organizzazione, normative ecc. amplificano infatti il profilo del documentalista e lo
sospingono verso un re-engineering statutario del suo ruolo, socialmente più integrato
nelle sfere produttive e comunicative, addirittura più coerente con i presupposti della
sua funzione d’origine, sganciato dal collezionismo biblioteconomico tradizionale,
ma anche meno prono al dominio esclusivo dell’informatica. Il dizionario
sistematizza «un linguaggio comune [= univoco] e una terminologia specifica per
una cultura della qualità» che fa riferimento alle famiglie normative ISO 9000 e ISO
14000 e propone un approccio scientifico alla materia rispetto ad un linguaggio di
uso comune e massmediale.
900 lemmi sono accompagnati a volte dalla traduzione se questa è di riferimento
generalizzato, più spesso si presentano nell’espressione originale inglese perché
acquisita dal linguaggio professionale; in casi particolari, la formulazione si è
attenuta a quanto prescritto dalle stesse norme ISO, International Organization for
Standardization, e dall’UNI, Ente Nazionale Italiano di Unificazione. La struttura
organizzativa del dizionario è tuttavia alfabetica tout court; ciascuna voce monografica
all’interno della sua estensione rimanda infatti ad altri accessi terminologici che, se
da una parte permettono una facile consultazione, dall’altra, non essendoci tra le
componenti del testo un apparato sindetico gerarchico o tematico, limitano la
visibilità della comprensione e dell’ampiezza conoscitiva della macroarea stessa
che, data l’importanza strategica della qualità per le imprese produttrici di beni e
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
209
Recensioni
servizi e per il Sistema Paese, meriterebbe di essere immediatamente percepibile.
L’impegno dell’opera è stato assunto da QUALITAL QUALità ITALia [<http:
//www.consorzioqualital.it>], Consorzio Universitario in Ingegneria della Qualità
fondato nel 1989 per iniziativa dell’Università di Pisa, e diretto da Piero De Risi,
direttore del Consorzio e docente di Ingegneria – Tecnologie per la qualità, nonché
membro esperto dell’European Foundation for Quality Management. E, dunque, il
dizionario sistematizza una riflessione sedimentata, un’attività di ricerca e formazione
consolidata e comparata sul piano europeo e internazionale, assemblando esperienze
editoriali che il Consorzio ha realizzato in questi anni e diffuso attraverso etichette di
prestigio quali “Il Sole – 24 Ore”, “Nuovo Studio Tecna”, la rivista “De Qualitate”,
la società DINTEC, Diffusione Informazioni Normativa Tecnica. Quest’ultima, in
particolare, ha curato per il Consorzio due edizioni (1995 e 1997) di Normazione,
certificazione, Qualità – Glossario, che possono considerarsi a livello filologico il
materiale di base del dizionario.
Al di là degli interessi culturali generali che naturalmente ci coinvolgono
come Associazione professionale in ciascun nuovo fenomeno che modifica assetti
produttivi e professionali tradizionali e magari crea spazi applicativi coerenti con
la documentazione avanzata, la certificazione di qualità ci chiama direttamente in
causa poiché nel processo di attuazione delle politiche e strategie ad essa legate la
documentazione del sistema di gestione per la qualità – una delle voci fondamentali
del dizionario – svolge un ruolo di azione centrale e pertanto richiede professionisti
– possiamo dunque chiamarli ancora documentalisti? – con competenze specifiche
a diversi livelli. La documentazione del sistema di gestione per la qualità è definita
nel dizionario come uno strumento oggettivo e condiviso di elementi standard,
ossia documenti di registrazione che formalizzano proprio il sistema di gestione
dell’organizzazione che intraprende l’iter di certificazione. A sua volta, il documento
è definito dalla norma UNI En Iso 9000: 2000 secondo un’enunciazione classica:
«per documento si intende l’insieme di informazioni con il loro mezzo di supporto,
il quale può essere carta, nastro magnetico, disco elettronico o ottico, fotografia,
campione di riferimento o una loro combinazione». La documentazione del sistema
di gestione si presenta con diversi livelli di elaborazione, concettuale ed operativa,
secondo una gerarchia d’importanza che esplicita di fatto la responsabilità d’azione.
Il Manuale della qualità, le Procedure, Procedure di dettaglio e Istruzioni costituiscono
l’insieme della documentazione descrittiva; la modulistica di registrazione raccoglie
la documentazione certificativa. Il manuale esprime la filosofia dell’azienda, «è il
documento che descrive il sistema di gestione per la qualità di un’organizzazione»
e dunque deve contenere tutte le informazioni necessarie a rendere visibile sia
all’interno dell’azienda, al personale, che all’esterno, ai clienti e fornitori, gli indirizzi
di politica della qualità, le disposizioni adottate per l’attuazione della qualità, la
210
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Recensioni
struttura organizzativa messa a disposizione, i criteri scelti per la realizzazione delle
attività. Il manuale contiene le tabelle di rispondenza che consentono di rapportare
i suoi contenuti alle norme di riferimento; la sua impostazione e redazione deve
attenersi infatti alla norma ISO 10013. Poiché il manuale descrive una specifica realtà
aziendale, esso costituisce per quella azienda lo strumento di base della sua quality
assurance. Al manuale si affianca il Piano della qualità, «un documento che, per uno
specifico progetto, prodotto, processo o contratto, specifica quali procedure, e risorse
associate, devono essere utilizzate e da chi e quando»; esso è di fatto il manuale di
commessa o manuale di progetto, in quanto indica le specifiche tecniche del singolo
bene / servizio o prodotto e gli adattamenti agli obiettivi di qualità rispetto alle
finalità generali; indica pure la responsabilità nominale delle varie fasi, le revisioni, i
metodi e le procedure da applicare. Il manuale di progetto potrebbe paradossalmente
definirsi un paradigma descrittivo di varie fasi che concorrono alla realizzazione del
prodotto di qualità, una sorta di ISBN applicato all’azione d’azienda che consente
di riconoscere il campo dell’indicazione d’autorità, l’oggetto, l’edizione ecc. Nel
manuale di progetto deve essere definita la terminologia utilizzata, affinché sia univoca
la comunicazione tra azienda e cliente tanto da costituire un’interfaccia condivisa.
La Procedura può essere scritta e deve riferirsi alle fonti che la ispirano, norme,
prescrizioni tecniche, normative di legge ecc. Le Istruzioni affiancano le Procedure
e descrivono in forma concisa le disposizioni sulle modalità di svolgimento. La
Documentazione certificativa è l’insieme delle registrazioni che comprovano la qualità
raggiunta; «una registrazione è un documento che riporta i risultati ottenuti o
fornisce evidenza delle attività svolte; le registrazioni della qualità sono fondamentali
anche ai fini della quality assurance e per la predisposizione di azioni preventive e di
azioni correttive» tese a garantire anche il controllo della permanenza della qualità.
Dalla complessità appena accennata e a fronte di dati sorprendenti circa il crescente
numero di aziende certificate ISO 9000 – oltre 1000 l’anno – la documentazione
d’azienda sembra aver trovato uno spazio strutturale strategico, competitivo nei
confronti di altri ruoli professionali aziendali, assolutamente di rilievo rispetto alla
funzione meramente gestionale; essa si definisce infatti come formalizzazione del
Sistema Qualità e quindi come opportunità di crescita strutturale per l’azienda stessa,
abbandonando il suo ruolo di semplice pragmatica sovrastruttura da archivio.
Recentemente – cfr. Libri e biblioteche: pagine scelte e presentate da Luciano Canfora.
Palermo : Sellerio, 2002 (La memoria ; 536) – è stata riproposta la distinzione di Eco
tra «libri da consultare e libri da leggere»: il Dizionario della Qualità ci sembra però
un libro da “leggere a tavolino”.
Anna Baldazzi
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
211
Recensioni
Maria Guercio, Archivistica informatica: i documenti in ambiente digitale. Roma :
Carocci, 2002 (Beni culturali ; 25)
L’interesse dei documentalisti per l’archivistica nasce dalla convergenza di interesse
delle scienze documentarie per tutti i supporti che comunicano informazione e
che possono essere gestiti in archivio. Se in linea di principio l’Archivistica (e la
Biblioteconomia e la Bibliografia, eccetera) è sempre appartenuta a questo dominio,
l’approdo al supporto e alle modalità dei flussi informativi in formato elettronico
ci avvicina ancor più questa disciplina, particolarmente quando specialisti
dell’informazione-documentazione sono impegnati, su diversi fronti, a disegnare e
a gestire sistemi informativi e cognitivi complessi realizzati su Rete in organizzazioni
pubbliche e private.
Nel quadro della letteratura professionale italiana l’opera che presentiamo affronta
per la prima volta in maniera organica i temi della gestione della documentazione
elettronica e della progettazione dei sistemi informativi ed informatici con
l’esperienza e l’autorevolezza di Mariella Guercio, che vanta una lunga carriera
come archivista di Stato, un’intensa attività di formazione e che dal 1998 è docente
presso l’Ateneo di Urbino di Archivistica, di gestione informatica degli archivi e di
teoria e tecnica dell’ordinamento e della descrizione archivistica ed ha partecipato e
partecipa a commissioni e gruppi di lavoro nazionali ed internazionali (accenniamo
solo all’attività di consulenza per l’AIPA [Autorità per l’Informatica nella Pubblica
Amministrazione] e di collaborazione con la Scuola superiore per la pubblica
amministrazione e al coordinamento del gruppo di riferimento italiano per il
Progetto InterPARES).
È un processo iniziato da tempo, ma in accelerazione nell’ultimo quinquennio,
quello dell’innovazione della Pubblica Amministrazione italiana secondo le parole
d’ordine del miglioramento di efficienza, efficacia e trasparenza; del mutamento
radicale della prospettiva verso l’obiettivo del servizio; dell’evoluzione delle tecnologie
informatiche e della comunicazione: questo il contesto del recente, crescente interesse per
l’archivistica e, più esattamente, per l’aspetto della gestione degli archivi in formazione,
concetto e pratica nient’affatto estranei alla tradizione archivistica italiana, ma obliato
progressivamente durante il XX secolo e riportato prepotentemente alla ribalta, invece,
dall’aumento esponenziale della produzione documentaria della seconda metà del
secolo scorso e dai notevoli cambiamenti delle dinamiche organizzative nonché delle
esigenze gestionali, in particolare, degli enti pubblici.
Il fatto più sorprendente è che, per quanto riguarda il nostro Paese, l’impulso
all’innovazione promani dall’ordinamento giuridico: nel breve arco di un
212
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Recensioni
quinquennio una serie di atti legislativi e regolamentari, anche piuttosto dettagliati
sotto il profilo tecnico, hanno inteso innovare la Pubblica Amministrazione partendo
dall’organizzazione del prodotto stesso dell’attività amministrativa, i documenticarte ed i complessi organici di questi, gli archivi e, ancor prima, la trasmissione dei
documenti stessi tra le amministrazioni, con tutto il portato degli sconvolgimenti
procedurali e giuridici in atto.
Inconsueta ma, a considerare bene, non così straordinaria nella storia degli
archivi italiani, la presenza vigile ed autorevole dei vertici dell’amministrazione: poco
dopo l’Unità d’Italia venne promossa, tramite il competente Ministero, un’intensa
attività regolamentare, corposa già alla fine del XIX secolo (precedentemente, in età
napoleonica, in alcuni Stati italiani erano state date disposizioni in materia di archivi
e a Bonaparte risale l’applicazione del titolario alle carte correnti).
L’occasione della rinascita dell’archivistica è anche la riscoperta del primato
italiano negli studi di archivistica e diplomatica: numerosi studiosi italiani, infatti,
collaborano a progetti internazionali o li dirigono.
Il ciclone della tecnologia informatica ha travolto molto prima le biblioteche,
che dagli anni ’60 cominciano a far i conti con gli elaboratori, utilizzati nella
produzione dei surrogati dei documenti-libri nella catalogazione, e che influenzano
decisamente l’organizzazione del lavoro e, poi, l’organizzazione e la funzionalità dei
servizi. L’archivistica, invece, si trova oggi a far i conti con il passaggio dagli atomi
ai bit dei medesimi oggetti della propria attività (i documenti-carte e gli insiemi di
questi), cosa che la biblioteconomia comincia ora a vivere con l’e-book, dopo un
quarantennio di convivenza con i computer. A tutto ciò si aggiunge la rivoluzione
delle tecnologie di network e la realtà di Internet.
L’autrice definisce il suo libro un manuale, ad uso didattico, ma utile ad un
«gruppo diversificato di specialisti e operatori (archivisti professionisti, informatici
e analisti di sistemi informativi, studiosi di informatica giuridica ecc.)». L’intento,
infatti, è di presentare lo stato dell’arte di una disciplina dalle solidissime basi
nell’atto di una profonda evoluzione, dando però indicazioni «concrete, pratiche,
ragionevoli, scalabili di cui avvertono l’urgenza sia i produttori che i conservatori
di documenti», con la consapevolezza di trattare una materia non ancora formata e
soggetta a rapidissimi mutamenti e, per di più, vivendo un’epoca di transizione.
La complessità dell’argomento e la destinazione dell’opera anche a non-archivisti
si riflette nel complesso apparato di note, bibliografiche ed esplicative, quasi un
manuale parallelo, alle quali si aggiunge una serie di sette ab-legati, appendici di
approfondimento collocate nel sito dell’editore, destinate ad accogliere i successivi
aggiornamenti. Va detto, però, che l’accesso alle appendici è subordinato alla
registrazione presso il sito dell’editore in qualità di utente e alla comunicazione dei
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
213
Recensioni
dati personali (essendo prevista, oltretutto, la sola tipologia di studente).
Proprio la complessità dei temi trattati fa sì che si avverta profondamente la
mancanza di un indice analitico del testo, unica nota negativa che siamo costretti a
rilevare.
Oltre alle parti che trattano dei concetti e degli strumenti basilari dell’archivistica,
rivisitati in ambiente elettronico, e oltre ai paragrafi dedicati alla trattazione degli
standard descrittivi, è da segnalare la presentazione degli studi e dei programmi
europei finalizzati alla definizione dei requisiti funzionali dei sistemi documentari
automatizzati.
Un intero capitolo tratta della questione cruciale della conservazione dei
documenti e degli archivi elettronici, presentando i progetti internazionali o di
rilevanza internazionale e, in particolare, il progetto InterPARES. L’elettronica e
le tecnologie ottiche, infatti, se hanno migliorato le condizioni di produzione dei
documenti, risolto i problemi della rapidità della trasmissione di questi, reso più
economica ed efficiente la loro condivisione, incrementato e resa più flessibile
l’accessibilità delle informazioni, e se hanno drasticamente ridotto gli spazi necessari
alla loro collocazione, pongono, però, gli enormi problemi della instabilità dei
supporti e della rapida obsolescenza delle tecnologie di intelligibilità.
Dalla constatazione, poi, della scarsa conoscenza dei nuovi “supporti” (in
relazione alla memorizzazione elettronica, invero, tale concetto non è pienamente
valido) si avverte la necessità di fondare una, per così dire, diplomatica informatica e
per affrontarla il bagaglio culturale delle discipline archivistico-diplomatiche appare
insostituibile.
A sottolineare maggiormente la critica differenza tra i mezzi scrittorî finora
sperimentati e il mezzo scrittorio elettronico osiamo coniare i termini di
archiveconomia e diplomatica dell’invisibile, sintetizzando le problematiche che
attengono alla natura del documento informatico e che la Guercio affronta nella
prima parte dell’opera trattando degli aspetti della conservazione dei documenti
elettronici.
Molti dei concetti tradizionali vengono infatti scardinati dalla tecnologia
elettronica, e soprattutto quello di “supporto”: l’indiscutibile fisicità del documento
elettronico non implica necessariamente l’identificazione con “un” supporto, essendo
il documento – ogniqualvolta venga rimaterializzato – la risultante di istruzioni e dati
residenti in luoghi diversi e non essendo oltretutto la scrittura elettronica percepibile
per l’occhio umano. Da ciò derivano intanto modalità nuove nella gestione dei
documenti e, conseguentemente, una maggiore complessità della gestione degli
archivi ibridi.
A coloro che sono impegnati nella progettazione di sistemi documentari, a coloro
214
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Recensioni
che hanno la responsabilità dell’informatizzazione delle procedure del protocollo,
sono da segnalare, inoltre, i commenti al Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 28 dicembre
2000, n. 445, pubblicato nel “G.U.R.I. – Supplemento ordinario” – Ser. gen. n.
42 del 20 febbraio 2001), nonché le riflessioni sulla firma digitale e sull’analisi e la
progettazione di sistemi documentari automatizzati a cura di Giovanni Michetti.
Senza dubbio, nel panorama della letteratura professionale dell’archivistica
italiana, quest’opera va ad occupare uno spazio ancora vuoto e, sebbene sia facile
prevedere una crescita considerevole della bibliografia su tali temi, non fosse altro che
per la fluidità della materia e per la continua e repentina innovazione tecnologica che
di conseguenza va ad investire il suo assetto statutario, questo manuale rappresenterà
un reference obbligato per le nostre discipline.
Augusta Franco
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
215
Recensioni
Fabio Metitieri – Riccardo Ridi, Biblioteche in Rete: istruzioni per l’uso. Roma,
Bari : Laterza, 2002, p. X-275 (Manuali Laterza ; 164)
Chi a suo tempo abbia curato un manuale del settore delle Scienze dell’informazione
(anche se ora non più tecnologicamente aggiornato) e voglia esprimere la propria
opinione su questo volume, già prima di prenderlo in mano si troverebbe a fare due
constatazioni d’ordine generale. All’inizio il concepimento di un “manuale” è faticoso:
scelta degli argomenti da inserire – sono spesso in eccesso –, equilibrio fra le parti e
così via; successivamente lo sono altrettanto i problemi di aggiornamento delle nuove
edizioni: fra gli altri, controlli accurati dell’esistente, aggiunta di temi nuovi (per
non parlare di talune divergenze con gli editori che, ad esempio, si ostinano a voler
chiamare “nuova” edizione quella che in realtà è soltanto una ristampa).
Veniamo però a questa «versione aggiornata del celebre Ricerche bibliografiche in
Internet», preannunciata per la nostra associazione da “AIDAlampi” del maggio 2002,
che continua informandoci che «il manuale, pubblicato nel 1998 dalla casa editrice
Apogeo, ebbe un notevole e meritato successo. La nuova edizione è pubblicata da
Laterza con un titolo diverso». E noi non possiamo che concordare pienamente.
Il volume, dopo l’Introduzione, si compone di tre parti, a loro volta suddivise in
articolati capitoli:
I. Concetti e strumenti: 1. Le ricerche bibliografiche, 2. Information retrieval:
strumenti e strategie, 3. Opac e biblioteca virtuale;
II. Biblioteche e Opac in Italia e nel mondo: 4. Biblioteche e Opac nel mondo,
5. Biblioteche e Opac in Italia, 6. Biblioteche e Opac europei, 7. Le biblioteche e gli
Opac statunitensi, 8. Opac specializzati, archivi e musei;
III. Oltre i cataloghi; testi e banche dati: 9. Oltre i cataloghi: i testi, 10. Banche
dati: archivi e host computer in Internet, 11. Metarisorse generali e informazioni per
bibliotecari.
Nell’ampia e aggiornata Bibliografia (p. 247-270) gli autori italiani sono
felicemente ben presenti e – secondo le parole degli Autori – «si è accentuato
l’aspetto divulgativo dell’elenco» (p. IX); le p. 239-245 sono dedicate ad una lista dei
“Principali acronimi utilizzati”.
Delle novità della presente edizione rispetto alla precedente si parla subito nella
Introduzione perché «sono cambiate molte cose, troppe per lasciare in circolazione
un manuale che ormai aveva numerose imprecisioni». Le «molte cose» indicate
brevemente dagli Autori sono importanti e hanno richiesto l’aggiunta e la riscrittura di
più di 130 pagine. È indispensabile impegnarsi negli aggiustamenti delle imprecisioni
di ciò che si considera prioritario, ma – per ritornare al discorso iniziale sulla difficoltà
insita nella stesura degli aggiornamenti – bisognerebbe anche tener conto di “cose”
più piccole, soprattutto nel caso di un manuale di “istruzioni per l’uso”.
216
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Recensioni
L’esempio che segue si appoggia su una conoscenza diretta dell’argomento ed
il presentarlo non inficia assolutamente la considerazione per questa pubblicazione
utile e… desiderabile (se non esistesse già!)
Prendiamo dunque il capoverso “Il Catalogo italiano dei periodici (Acnp)” alle p.
97-99 del capitolo “Biblioteche e Opac in Italia”. Tralasciamo il probabile refuso per
cui la sigla del CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche appare come “Ccn”, nonché
il fatto che le figure 10 e 11 (rispettivamente «il form di ricerca del Catalogo italiano
dei periodici» e «la parte iniziale del risultato di una ricerca sul Catalogo italiano dei
periodici») non corrispondano più al presente, poiché il format è stato cambiato, ma
nell’aprile 2002, e quindi non pubblicabile in questo volume. Va invece notato che
la versione su CD-Rom dell’Acnp, datata nel volume al 1990, è del 1997 (mentre è
esatto che la versione cartacea risale al 1990). E ancor più bisogna segnalare che non
corrisponde alla realtà che qualsiasi «utente può comunque accedere alla ricerca nel
Repertorio Issn da un apposito link», poiché soltanto gli addetti al lavoro nel settore
– e non tutti gli utenti – possono farlo.
Pertanto, a nostro avviso, in pubblicazioni di questo tipo le informazioni di
carattere applicativo e pratico andrebbero riscontrate quasi più di quelle teoriche.
In appoggio a questa affermazione, mi sia permesso risalire a più di una trentina
di anni fa. Esisteva allora, presso il CNR, il Centro nazionale di documentazione
scientifico-tecnica cui ci si poteva rivolgere per la fornitura di fotocopie di articoli, di
elenchi bibliografici, di traduzioni (naturalmente tutto si svolgeva nel modo manuale
più tradizionale). A quel tempo era in auge una guida curata da Umberto Eco su
Come preparare una tesi di laurea, in cui veniva tra l’altro suggerito di rivolgersi per
aiuto al Centro di cui sopra. Nel 1966 quest’ultimo – e relativi servizi – fu soppresso,
ma ancora a lungo pervennero al suo indirizzo richieste di studenti, poiché non si
riusciva a far aggiornare la parte della guida che lo concerneva. Non alimentiamo
dunque con informazioni divenute inesatte vane speranze.
Concludendo, in questo mondo di persone incerte e che “non sanno” ben
vengano manuali del tipo Laterza, che spingono ad approfondire la conoscenza di un
settore in perenne evoluzione, mantenendo aggiornati se stessi e gli altri.
Maria Pia Carosella
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
217
Recensioni
“Storia e futuro. Rivista di storia e storiografia”, n. 1, aprile 2002
(<www.storiaefuturo.com>)
Nasce una nuova rivista italiana di storia on-line. Ed è certamente una notizia
positiva, destinata com’è a vivacizzare ulteriormente un panorama che, comunque,
si presenta da qualche anno a questa parte, da quando cioè anche nel nostro Paese gli
stessi restii studiosi di discipline umanistiche si sono dovuti interrogare sulla possibilità
che l’information technology possa rappresentare per la ricerca e la didattica uno
strumento sicuramente utile o addirittura per certi versi irrinunciabile, abbastanza in
movimento. Questo pure in assenza di quel dibattito che invece si è sviluppato negli
Stati Uniti e in Gran Bretagna e che si è limitato, nel contesto della storiografia italiana
accademica, a proporre grosso modo una generica divisione fra accaniti sostenitori
(non molti) e altrettanto implacabili scettici (la gran parte), senza per questo investire
l’insieme della professione storica ai suoi massimi livelli istituzionali. Tant’è che, a
dispetto delle prove sempre più consistenti delle potenzialità offerte dall’IT, il ricorso
alle potenzialità della rete in tale specifico settore in questo momento sembra ancora
ben lontano in Italia da livelli accettabili. Vanno ricordati in questo senso, tanto per
limitarsi a citare alcuni esempi noti al grande pubblico, le esperienze di alcuni e-journal
come “Cromohs, cyber review of modern history” (<www.cromohs.unifi.it>), rivista
elettronica di storiografia moderna e biblioteca elettronica di fonti di storiografia
storica e filosofia della storia in età moderna, “Storia in network” (<www.storiain.net>),
fondata nel 1996, la prima rivista di storia italiana nata e pensata per la rete, “Storia
in rete” (<www.storiainrete.com>), “Storie contemporanee. Didattica in cantiere”
(<www.novecento.org/novecento.htm>), rivista di didattica della storia curata da una
specifica commissione dell’INSMLI (Istituto Nazionale per la Storia del Movimento
di Liberazione in Italia); e le versioni on-line di riviste storiche tradizionali come “Studi
storici”, trimestrale dell’Istituto Gramsci, (<www.mediatel.it/liberliber/biblioteca/
testiinhtml/riviste/studis>), “Passato e presente” (<www.storia.unifi.it/_paspres>),
“Novecento” (<www.comune.modena.it/associazioni/istorico/page/editoria/home_
novecento.htm>), “I viaggi di Erodoto” (<www.viaggidierodoto.com>).
In realtà poi va detto che alla categoria della “storia” può essere ricondotta
una grande varietà di prodotti elettronici multimediali, molto diversi fra loro e
lontani di fatto da quello che in àmbito professionale e accademico si qualifica
tradizionalmente come “storia” o “storiografia”. Questa molteplicità e multiformità
dei prodotti e il loro stesso livello finiscono spesso per condizionare l’approccio al web
in questo campo. Pongono cioè il problema di una equiparazione degli strumenti e
dei prodotti storiografici destinati alla rete con quelli tradizionali. Il che vuol dire
anche interrogarsi se la validità dei primi non risieda solo e soltanto nel poter essere
ricondotti a standard omogeneizzabili invece di configurare concretamente nuove
218
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Recensioni
forme di produzione e di comunicazione dell’informazione storica, nei suoi aspetti
documentari, didattici e narrativi.
L’idea di “Storia e futuro. Rivista di storia e storiografia”, il nuovo prodotto nato
dalla collaborazione di conosciuti docenti ed esperti del settore come Maurizio Degli
Innocenti, Franco Della Peruta e Angelo Varni, è quella – come viene esplicitato
in apertura del primo numero – di porsi a metà fra l’elaborazione storiografica
tradizionale ed una nuova morfologia di intervento nel contesto della ricerca storica
che tenga nel dovuto conto il prendere piede di nuovi media, avviando «una rivista
storica tendenzialmente pensata per le specifiche esigenze del web, ma che si richiami
agli obiettivi di sempre della metodologia della ricerca storica».
Siamo lontani quindi da una volontà di sovvertimento radicale degli obiettivi
e delle metodologie che hanno caratterizzato finora la disciplina – processo che
rischierebbe di far perdere di vista aspetti decisivi dell’euristica stessa delle scienze
storiche e che continua a contraddistinguere di fatto anche tutta una serie di
prodotti esistenti in rete, non solo italiani. «Le procedure disciplinari consuete»
– questa è l’irrinunciabile premessa del nuovo periodico on-line –, non possono
essere disconosciute, ma serve piuttosto «avvalorarle e verificarle lungo un processo
cognitivo in costante evoluzione, aperto, largamente partecipato e fondato sul
principio della rete».
Dell’impresa convince proprio questo volontario e ragionevole permanere,
ampiamente garantito dalla serietà e dall’esperienza dei collaboratori, nell’àmbito
della impostazione scientifica tradizionale, con la volontà comunque di misurarsi
criticamente con i nuovi strumenti di diffusione del sapere e con un approccio
orientato fortemente anche all’attualità e alle molte e diversificate implicazioni della
didattica della storia. La sfida, che auspichiamo vincente, del gruppo di “Storia e
futuro” consiste alla fine insomma proprio nella capacità di sottrarsi, tentando di
costruire un ponte fra passato storico e prospettive di futuro, ad una semplicistica
operazione di “innovazione per l’innovazione”, per restare nell’alveo di un approccio
tradizionale, seriamente scientifico alla conoscenza storica, ma coniugato sul piano
di una accessibilità diversa e certo più attagliata alle esigenze di un target composito
e di una didattica diffusa della storia. «Non quindi – come viene chiarito nella
Presentazione – una semplice trascrittura informatica di una rivista cartacea; ma
un prodotto capace di adeguare all’innovazione tecnica le modalità scientifiche e le
forme espressive della disciplina storiografica. Con l’obiettivo, certo ambizioso, di
individuare stili e contenuti in grado di parlare ai giovani, di aprire con essi un dialogo
sul passato, così da non trovarli impreparati di fronte all’attualità, per la cui analisi
devono ricorrere all’affannosa e concitata formazione fornita dalla superficialità di
qualche programma televisivo o alla buona volontà di qualche giornalista in vena di
documentarsi. Se lo spazio della rete – è stato tante volte detto – è indicato per dar
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
219
Recensioni
vita a nuove comunità virtuali, ci proponiamo con “Storia e Futuro” di costruire una
comunità fatta da quanti colgono nei processi della storia non una fredda successione
di date e di eventi, bensì quel cammino nel tempo denso di speranze e di tragedie, di
ideali e di miserie, di eroismi e di disillusioni, che ci ha portato nel presente e senza
il quale risulta assai difficile inoltrarci nel domani».
È ben presente ai redattori, come si vede, quali siano i mutamenti indotti dal ricorso
alla rete nell’àmbito della ricerca storica. Un tema denso, su cui non sono mancati
negli ultimi anni tentativi di bilancio basati su diverse metodologie d’indagine. Vanno
ricordati a questo proposito almeno il rapporto del 1997 di Pavliscak, Ross e Henry, IT
in Humanities Scholarship: Achievements, Prospects and Challenges (American Council of
the Learned Societies, “Occasional Paper”, n. 37, 1997), il primo numero del “Journal
of the Association for History and Computing” (<http://ssd1.cas.pacificu.edu/history/
jahc/jahcindex.htm>), l’indagine promossa dall’American Historical Association e
pubblicata su “Perspectives” nel febbraio 1998 (<http://chnm.gmu.edu/aha/persp>), il
volume Writing, Teaching and Researching History in the Electronic Age, a cura di Dennis
A. Trinkle (New York : M. E. Sharpe,1998). Specificamente per l’Italia vanno almeno
ricordate le due raccolte di atti congressuali Storia e Multimedia (1994), a cura di F.
Bocchi e P. Denley (Atti del VII Congresso Internazionale dell’Association for History and
Computing. Bologna, 1994) e Storia e computer. Alla ricerca del passato con l’informatica
(1996), a cura di S. Soldani e L. Tomassini (Milano : B. Mondadori, 1996). Contributi
che non hanno certo esaurito la discussione anche nel nostro Paese (cfr. di recente ad
esempio la rassegna di Michelangelo Vasta, Storia di Internet. Internet per la storia. La
rete e le risorse per lo storico economico. “Archivi e imprese”, n. 17, gennaio/giugno 1998,
p. 109-146).
La grafica della nuova rivista on-line si configura come non proprio essenziale ma
certamente efficace e studiata per un impatto non invasivo. L’impaginazione si affida
giustamente ed utilmente ad una rubricazione molto scandita. I link presenti nella
home page rispecchiano sostanzialmente i caratteri fondanti del periodico: Percorsi
(problemi di storia e ricerca storiografica. – In questo numero un editoriale di Carlo
Spagnolo su Il passato della ricerca e il futuro degli istituti storici tedeschi), Didattica
(problemi connessi alla didattica della storia. – Nel numero di apertura, di Umberto
Baldocchi e Stefano Bucciarelli, il resoconto di Teaching Europe. Firenze, 15-16
giugno 2001 e un’interessante intervista/confronto di Angelo Varni sull’Insegnamento
della storia contemporanea nella scuola italiana con De Bernardi, Sabbatucci, Della
Peruta), Scaffale (recensioni, ma con un taglio volutamente orientato al commento),
Laboratorio (ricerche in corso, puntualizzazioni su percorsi di ricerca), Agenda
(convegni ed eventi in Italia e all’estero).
Mario De Gregorio
220
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Recensioni
Università degli Studi di Udine. Dipartimento di storia e tutela dei beni culturali
– Associazione italiana biblioteche. Sezione Friuli Venezia Giulia, Virginia Carini
Dainotti e la politica bibliotecaria del secondo dopoguerra. Atti del convegno
Udine, 8-9 novembre 1999, a cura di Angela Nuovo. Roma : Associazione italiana
biblioteche, 2002, 210 p.
L’idea di un convegno su Virginia Carini Dainotti implica necessariamente la
volontà di fare il punto su quello che Attilio Mauro Caproni in Premessa definisce
«quel vasto dibattito che da decenni impegna la cosiddetta biblioteconomia italiana,
focalizzato […] sulle trasformazioni che l’istituto bibliotecario ha vissuto nel nostro
paese nella seconda parte del Novecento». In un contesto di carattere così generale e
per certi versi tormentato – questa la lezione che in qualche modo emerge dal volume
– appare però riduttivo identificare la Carini Dainotti, una delle figure certamente
più rappresentative della configurazione bibliotecaria italiana lungo l’arco di quasi
un cinquantennio, con quella che è sicuramente la sua opera più fortunata, vale a
dire i due volumi de La biblioteca pubblica istituto della democrazia (Milano : Fabbri,
1964) e con il tentativo, spesso semplicisticamente interpretato, di trapiantare
tout court nel nostro Paese la public library di modello anglosassone nata nel corso
del secolo XIX. Come emerge da questi atti del meritorio convegno udinese del
novembre 1999 curati da Angela Nuovo, l’apporto della Carini Dainotti ad una
nuova idea di biblioteca pubblica in Italia infatti va oltre una semplice “scoperta
dell’America” da parte dei bibliotecari italiani (cfr. in merito soprattutto il contributo
di Giovanni Solimine I bibliotecari italiani alla scoperta dell’America), presentandosi
ben più variegato e complesso, identificabile per comodità di sintesi in tre aspetti
fondamentali: il superamento della biblioteca popolare, il concetto di sistema
bibliotecario, il rapporto tra amministrazione centrale dello Stato e autonomie
locali in tema di biblioteche e di pubblica lettura. «Su tutti e tre questi temi – scrive
Paolo Traniello nell’intervento introduttivo (L’apporto di Virginia Carini Dainotti
all’introduzione dell’idea di biblioteca pubblica in Italia) – la Carini si è mossa tenendo
presenti i presupposti teorici derivati dalla public library, ma li ha evidentemente
interpretati e applicati alla situazione italiana avvalendosi della sua propria cultura
storica, politica e amministrativa. Ne è derivata una proposta alquanto complessa
che ha avuto una notevole rilevanza negli anni Cinquanta e Sessanta nel fondare una
sorta di via italiana alla biblioteca pubblica».
Uno dei temi del volume sembra condensarsi proprio nell’interrogativo su quanta
parte di suggestioni derivanti dall’ideologia della public library e quanta da una visione
strettamente politico-amministrativa ci sia stata nel lungo impegno e nella passione
bibliotecaria della Carini Dainotti in un lungo arco di attività nel settore delle
biblioteche italiane segnato di fatto – sembra qui di rileggere le pagine della Barone e
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
221
Recensioni
di Petrucci di Primo: non leggere e del Lazzari di Libri e popolo – dall’endemica assenza
di una politica bibliotecaria coordinata e finalizzata obiettivamente all’istruzione
diffusa degli Italiani. Su questa strada, intrecciando l’intensa vicenda biografica della
bibliotecaria prima e ispettrice poi con la sua appassionata attività professionale,
l’articolazione dei saggi nel volume, scrivendo un capitolo importante della storia
più recente della biblioteca in Italia – condensato nel bell’intervento di Giorgio
Montecchi Dalla biblioteca popolare alla biblioteca pubblica: aspetti istituzionali (1945
e dintorni) –, ripercorre tutta una serie di collaborazioni, sollecitazioni e interventi
sia orali che a stampa della Carini, tesi ad introdurre nel panorama culturale italiano
un nuovo concetto di biblioteca e a tentare di contrastare con forza quelle che si
configuravano come vere e proprie scelte politiche di retroguardia, come quella,
storica e più volte ricordata nelle pagine di questi atti congressuali, portata avanti
a metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, orientata ad istituire sul territorio
nazionale una disordinata miriade di nuclei librari minimi di supporto alle scuole
destinate all’educazione delle classi subalterne.
Scelte pragmatiche e di grande impegno, quelle della Carini Dainotti, perseguite
in tutte le sedi istituzionali e professionali, collocate nel pieno di un’ottica integrata
alla realtà politica e sociale italiana del secondo dopoguerra e informate di fatto a
quella nozione propriamente etica della biblioteca pubblica che tende ad emergere
con forza, ad esempio, da quel suo contributo agli Studi di biblioteconomia e storia del
libro in onore di Francesco Barberi (Roma : Associazione Italiana Biblioteche, 1976) dal
titolo significativo di Appunti sull’ideologia della biblioteca pubblica e sulla deontologia
del bibliotecario-animatore di cultura, rimasto giustamente famoso per la sua tensione
morale e per l’esplicitazione di punti fondamentali del suo pensiero e del suo modo di
intendere la professione: il diritto di accesso all’informazione garantito dalla biblioteca
pubblica, il ruolo del bibliotecario non come educatore tout court ma efficace impulso
alla ricerca e al confronto, la necessità di una formazione professionale del bibliotecario
secondo standard riconosciuti, l’esigenza di un articolato codice deontologico.
Proposta quest’ultima giunta a realizzazione soltanto nel corso del 1994.
Fra affermazione culturale di diversa funzione e ruolo della biblioteca pubblica sul
territorio e consapevolezza di un canone sempre immanente di correttezza politicoamministrativa, la visione della Carini Dainotti, tesa oltretutto ad impedire la endemica
dispersione italiana delle mai abbondanti risorse destinate al settore, si concretizzerà
in séguito in quell’idea lungimirante di “sistema bibliotecario”, perseguito, prima
dell’avvento delle Regioni a statuto ordinario, con le prime e pionieristiche reti
bibliotecarie, decisive per l’avvio di una coscienza di cooperazione nel sistema della
pubblica lettura nazionale. Una sperimentazione la cui importanza sarà riconosciuta
nel convegno romano dell’ottobre 1970 su Lettura pubblica e organizzazione del
sistema bibliotecario (atti, con lo stesso titolo: Roma : Palombi, 1974).
222
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Recensioni
Ma un bilancio complessivo della lunga e serrata azione della Carini Dainotti
è affidato in qualche modo alle pagine di Mauro Guerrini Tractant fabrilia fabri:
Virginia Carini Dainotti, una bibliotecaria tra impegno e delusione, dove tende ad
emergere, di fronte all’impegno continuo e pressante della bibliotecaria nel corso di
molti anni, anche quella «consapevolezza dell’impotenza» determinata di fatto da
una classe politica mai sensibile davvero alla funzione e al ruolo delle biblioteche.
«Carini Dainotti – conclude Guerrini – ha indubbiamente compiuto una lucida
analisi della realtà bibliotecaria italiana del secondo dopoguerra, ha lottato per la
creazione di un servizio bibliotecario moderno e ha proposto con fierezza un ideale di
bibliotecario competente, sul modello anglosassone e nordeuropeo, nel cui contesto
avrebbe certamente ben figurato; ma per invertire la politica dell’inerzia e della
sporadicità ed elevare l’Italia allo standard europeo e statunitense occorreva ben altro
dalla rivendicazione dell’orgoglio professionale».
Concludono il volume una biografia della Carini Dainotti, una esaustiva
bibliografia dei suoi scritti e un’intervista alla stessa, curata da Mauro Flati, del
novembre 2000, che si configura come un’ultima testimonianza di vita e di impegno
professionale.
Mario De Gregorio
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
223
Segnalazioni bibliografiche
a cura di ANNA BALDAZZI
Segnalazioni bibliografiche
Il professionista
Cox, Andrei – Sandford, Paul, Internet librarian international [18-20 March,
Olimpia]. “Managing Information”, V. 9 (2002), n. 5, p. 36. [Il Rapporto può
essere richiesto a <[email protected]>]
Fédération des einsegnantes documentalistes de l’Education nationale, Pour une
profession en devenir : de l’analyse à l’action. Paris : FADBEN, 2001, 40 p.
Ferchaud, Bernardette, Penser l’Infopolis pour organiser, ensemble, la société de
l’information. “Documentaliste – Sciences de l’information”, V. 39 (2002), n.
1-2, p. 48-55
Kerslake, E., Women and librarianship : a review article. “Journal of Librarianship and
Information Science”, V. 34 (2002), n. 1, p. 5
Meyriat, Jean, De la science de l’information aux métiers de l’information : sélection de
textes. In:
Couzinet, Viviane, Jean Meyriat, théoricien et praticien de l’information-documentation,
p. 47-428
Il dibattito teorico
Almirante, Gian Paolo, Dove va lo storage. “Office automation”, A. 22 (2002), n. 1,
p. 32-47
Bawden, David, Progress in documentation information and digital literacies : a review
of concepts. “Journal of Documentation”, V. 57 (2001), n. 2
Castells, Manuel, The information age : economy, society and culture. V. I : The rise
of information society. Oxford : Blackwell, 1996 («trad. it.» V. I La nascita della
società in rete. Milano : Egea, 2002)
Craven, Timothy, Description meta tags in public home and linked pages. “Libres:
Library and Information Science Research”, V. 11 (2001), n. 2, <http://
libres.curtin.edu.au/LIBRE11N2/craven.htm>
Demichelis, David – Ferrari, Angelo – Masto, Raffaele – Scalettari, Luciano (a cura
di), con la collaborazione del Premio Ilaria Alpi, L’informazione deviata: gli
inganni dei mass media nell’epoca della globalizzazione. Milano : Zelig, 2002
Gestion des documents et gestion des connaissances. “Document numerique”, V. 3
(1999), n. 3-4 <www.hermes-science.com> [numero monografico]
Janes, Joseph, Digital reference : reference librarians’ experiences and attitudes. “Journal
of the American Society for Information Science and Technology”, V. 53 (2002),
n. 7, p. 549-566
Keller, Alice, Future development of electronic journals : a Delphi survey. “The Electronic
Library”, V. 19 (2001), p. 303-396
Maniez, Jacques, Actualité des langages documentaires. Paris : ADBS, 2002, 396 p.
Marcum, James W., Beyond visual culture : the challenge of visual ecology. “Portal:
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
227
Segnalazioni bibliografiche
Libraries and the Academy”, V. 2 (2002), April,
<http://muse.jhu.edu/journals/portal_libraries_and_the_academy/toc/pla2.2html>
Pedley, Paul, Archiving the web. “Managing Information”, V. 9 (2002), n. 5, p. 14-15
Principes éthiques adoptés par les membres de l’ECIA. “Cahiers de la documentation”,
V. 55 (2001), n. 1, p. 3-4
Spink, Amanda – Wilson, T. D. – Ford, Nigel – Foster, Allen – Ellis, David,
Information seeking and mediated searching. “Journal of the American Society for
Information Science and Technology”, V. 53 (2002), n. 9, p. 695-735
Virilio, Paul, La bombe informatique. Paris : Editions Galilée, 1998 – «trad. ingl.» The
Information Bomb. London : Verso, 2000, 160 p. «trad. it.» La bomba informatica.
Milano : Raffaello Cortina Editore, 2000, 150 p. (Scienza e idee ; 58)
Viry, Claude – Hoebbel, Niels – Schoonbroodt, Liliane – Goffin, Jacques et al.,
Dossier : les bibliothèques scolaires en Europe et dans le monde. “Inter-CDI”, V. 28
(2000), n. 166
Warusfel, Bertrand, La propriété intellectuelle et l’Internet. Paris : Flammarion, 2001,
127 p. (Dominos ; 225)
Weston, Paul Gabriel, Il catalogo elettronico: dalla biblioteca cartacea alla biblioteca
digitale. Roma : Carocci, 2002
Gli àmbiti di lavoro
Bell, Steven J., New information marketplace competitors : issue and strategies for
academic libraries. “Portal: Libraries and the Academy”, V. 2 (2002), April, <http:
//muse.jhu.edu/journals/portal_libraries_and_the_academy/toc/pla2.2html>
Casteleyn, Mary, eLibraries. Genealogy : an information free-for-all. “Managing
Information”, V. 9 (2002), n. 5, p. 33-35; n. 6, p. 41-50
Dale, A., Dispatches : letters from the Corporanian war zone. “Journal of Information
Science”, V. 28 (2002), n. 2, p. 167-170; n. 3, p. 253-256
Ekmekçioglu, F Çuna – Brown, Sharron, Linking online learning environments with digital
libraries : institutional issues in the UK. “Libri”, V. 51 (2001), n. 4, p. 195-208
Guercio, Maria, Archivistica informatica. Roma : Carocci, 2002
Michel, Jean, Le knowledge management, entre effet de mode et (ré)invention de la
roue…. “Documentaliste – Sciences de l’information”, 38 (2001), n. 3-4, p.
176-186
Van der Molen, Henk J. (ed.), Virtual university? Educational environments of the
future. Proceedings from a symposium held at the Wenner-Gren Centre, Stockholm,
October 1999. London : Portland Press Ltd, 2001 <http://vu.portlandpress.com./
default.htm>
Mouillet, Evelyne, Guide d’accès à l’information en médicine et sciences de la santé.
Paris : ADBS Editions, 2001, 199 p.
228
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Segnalazioni bibliografiche
Parent, Richard, L’ingénierie documentaire pour une organisation moderne. “Archives
nationales du Québec”, V. 32 (2000-2001), n. 3-4, p. 3-9
Pellat, Christine, Un exemple de réorganisation d’un service de documentation par
l’analyse du temps de travail. “Documentaliste – Sciences de l’information”, 38
(2001), n. 2, p. 92-99
Samier, Henry (dir.), L’université virtuelle. “Les cahiers du numerique”, V. 1 (2000),
n. 2, 218 p. [numero speciale]; poi: Paris : Hermès sciences publications, 2000
Stiller, Henri, La fonction Information-Documentation dans les grandes entreprises :
une enquête, “Documentaliste – Sciences de l’information”, 38 (2001), n. 3-4,
p. 222-225
Gli strumenti
Balle, Francis – Cohen-Tanugi, Laurent (dir.), Dictionnaire du web. Paris : Dalloz,
2001, VIII-322 p.
Chidovski, Timothy, Open mind word expert : creating large data collections with web
users’ help, “D-Lib Magazine”, V. 8 (2002), n. 6, <http://www.dlib.org/dlib/
june02/06inbrief.html>
Despres-Lonnet, Marie, Thésaurus iconographique et modèles culturels. “Document
numerique”, V. 4 (2001), n. 1-2, p. 153-165
Eynde, Sofie Van Den, Archieveren van e-mail : Controlerechten van de records
manager. “Bibliotheek & Archiefgids”, V. 77 (2001), n. 5, p. 15-19
Foenix-Riou, Béatrice, Guide de recherche sur Internet : outils et méthodes. Paris :
ADBS Editions; Nathan Université, 2002, 127 p.
Jéhanno, Emmanuelle, Enquête sur la filière du livre numerique. Paris : Editions
00h00, 2000, 119 p. [<www.00h00.com>]
Jorna, Kerstin – Davies, Sylvie, Multilingual thesauri for the modern world – No ideal
solution? “Journal of Documentation”, V. 57 (2001), n. 2
Lefèvre, Philippe, Les portail d’accès à l’information. “Documentaliste – Sciences de
l’information”, 38 (2001), n. 3-4, p. 188-196
Lever, Franco – Rivoltella, Pier Cesare – Zanacchi, Adriano, La comunicazione: il
dizionario di scienze e tecniche. Roma : Rai-Eri; Elledici; PAS, 2002
Mathenia, Brenda G., Maps and mapping resources : a guide to select resources on the
web. “College & Research Libraries News”, 2001, October, p. 910-912; 924925
Maynard, Sally – McKnight, Cliff, Electronic books for children in UK public libraries.
“The Electronic Library”, V. 19 (2001), p. 405-423
Reitz, Joan M., ODLIS : Online Dictionary of Library and Information Science. <http:
//vax.wcsu.edu/library/abt_odlis.html>
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
229
Segnalazioni bibliografiche
La storia e i suoi personaggi
Couzinet, Viviane, Jean Meyriat, théoricien et praticien de l’information-documentation :
textes réunis à l’occasion de son quatre-vingtième anniversaire. Paris : ADBS Editions,
2001
Hildenbrand, Suzanne, Library feminism and library women’s history : activism and
scholarship, equity and culture. “Libraries & Culture”, V. 35 (2000), n. 1, p. 5165
Reichel, Mary, September 11th and academic libraries, “C&RL College & Research
Libraries”, V. 63 (2002), n. 1 <http://www.ala.org/acrl(crjan02.html>
Robine, Nicole, Hommage à Robert Escarpit, universitaire, écrivain, journaliste, 19182000. Bordeaux : Presses Universitaire, 2001, 47 p. Avec une bibliographie des
oeuvres.
Strickland, Lee S., Information and the war against terrorism. “Bulletin of the
American Society for Information Science and Technology”, V. 28 (2002), n.
2, p. 1-8
Wiegand, Wayne A., American library history literature, 1947-1997 : theoretical
perspectives? “Libraries & Culture”, V. 35 (2000), n. 1, p. 4-50
Documentazione istituzionale
Conseil de l’Europe, Accès public et liberté d’expression dans les réseaux d’information.
Bruxelles, 2002, 51 p. (Nouvelles technologies de l’information)
Da non dimenticare
Atherton, Pauline – Greer, R., Professional aspects of information science and technology.
“ARIST” [Annual Review of Information Science and Technology], V. 3 (1968),
p. 329-356
[Ciampi, Carlo Azeglio], <www.interlex.it/testi/ciampi.htm> [Il messaggio del Capo
dello Stato alle Camere 29-07-02]
Kingma, Bruce, Information economy. “ARIST”, V. 38 (2004) [Preview]
Ministro per l’innovazione e le tecnologie, Linee guida del Governo per lo sviluppo
della Società dell’Informazione nella legislatura. Roma, giugno 2002
Thompson, F. B., The organization is the information. “ADI Proceedings”, 1967, p.
305-308
230
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Abstract
Abstract
ADRIANA VALENTE
Documentation, communication and science
The development of scientific documentation and communication highlights
some aspects of the interaction between science and society. Up to the second half
of the last century, there has been a general agreement with the linear progress from
basic research to technological innovation to economic development; afterwards, this
progress has been questioned, together with the cause-effect relationship between
science and technology. In supporting research activity, scientific documentation
and communication could boast their role in social and economic development;
nowadays, this role must be evaluated in a historical perspective and verified in the
actual proposal and experimentation of theories and practices. Science is no more
considered universal, also under a spatial point of view; scientific documentation and
communication show a polyhedric aspect both in the historical development – where
information transmission strategies coexist together with those of access to knowledge
– and in theories and practices aimed to support the continuum of scientific work,
the interaction with ICT, the relationships between science and society.
JOHN EWING
Twenty centuries of mathematics: Digitizing and disseminating the past
mathematical literature
Mathematicians have talked quietly for some time about the need to digitize the
past mathematical literature. During 2001, the conversations became more intense
as several new digitizing projects were announced. Should we coordinate those
projects? Could we integrate the recent literature that is already in digital form? How
could we digitize far greater amounts of older material? The goal was to create a
virtual library containing much of the past literature – a library that could eventually
grow into a “World Mathematics Library”.
In a conversation in mid-2001, Philippe Tondeur (the Director of the Division
of Mathematical Sciences at NSF) outlined his vision for such a library. While I was
sympathetic, I pointed out that one needed a plan, or at least an outline, and that
even with a plan there were many obstacles. Philippe persuaded me to write this
“concept paper” based on our conversation, and consequently turned my pessimism
into a proposal.
Since that time, a group headed by Cornell University was awarded a planning
grant to consider the next steps in carrying out a massive digitizing project.
Mathematicians and agencies from other countries have expressed interest in an
international effort. And the impossible sums of money needed for funding seem
almost possible (even if most of the other obstacles remain).
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
233
Abstract
SAVERIO SODI
Alexandrie: a flexible platform for integrated knowledge
The history of libraries’ automation, beginning from the Library of Congress,
shows a strong trend to Information Retrieval more than conservation. The last
generation of software covers two main requirements of the document management:
the standardized recording of data, so that they can be made compatible, retrieved
and spreaded; the integration of data coming from different supports. Alexandrie,
a software made in France and distributed in Italy by Ifnet, complies with
standardization criteria, flexibility and integration of the supports. A field structure
and a window system create archives that can be navigated at the same time. Main
characteristics are: the thesaurus construction and the direct production of cd-rom.
The sw is particularly suitable for medium size archives.
Dossier
FERRUCCIO DIOZZI
State ot the art and new trends
This brief speech introduces the seminar Information management nel settore
aerospaziale, outlining the strength and the weakness of the sector in a changing
environment. New approaches of the information specialists and expected outputs
of the AIM-EU Study are described.
FERRUCCIO DIOZZI – ROSA SANNINO
Role of the CIRA Documentation Centre
This speech describes the policy and the activities of the CIRA Documentation
Centre. The information management that Documentation Centre carries out
both for CIRA and for the Italian Aerospace Community are examined. Main
characteristics of the department, organizational and technological approaches and
professional competences are described. Finally, the future developments of the
service are described too.
JOHN HARRINGTON – EMMA TURNER
AIM-Eu: a study of aerospace information management in Europe
A team of information specialists based at Cranfield University Information and
234
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Abstract
Library Service is currently undertaking a study of information management in the
European aerospace sector on behalf of the British Library and the European Space
Agency (ESA). This article provides a brief overview of the context of the study, its
aims and objectives and describes the methodology employed. Please visit our web site
at <http://www.cranfield.ac.uk/aim-eu> for further information and regular updates.
PAOLA MANNI – GABRIELLA SCIPIONE
EINS-GEM and the I2 plus service
This speech describes the nature and the functionalities of EINS-GEM, a service
of EINS, European Information Network Services, that provides access to online
information. The role of CINECA as technological centre of EINS is described as
well as the main tools and services developed as I2 and I2 plus. In particular, I2 plus,
oriented to the aerospace sector, allows contemporary access and research on several
EINS-GEM databases and several web sites.
SIMONE MINGIACCHI – ROBERTO STALIO
Information contents: state of the art of the Italian spatial technologies
This speech describes ASI (Agenzia Spaziale Italiana) activities being carried on in
order to realize an updated chart of basic technologies in the Space sector. This kind
of information is critical in the new ASI policy, in the placing of Italy in the space
sector, in the definition of the mid-term developments.
PAOLA ROSSI
MAI AZALAI, an Italian MetaOpac and other specialized MetaOpac
This speech describes the goals of the MAI project (MetaOPAC Azalai Italiano).
MAI derives from the collaboration of AIB, Associazione Italiana Biblioteche, and
CILEA, Consorzio Interuniversitario per l’Elaborazione Automatica. The main
goal of MAI is the realization of virtual bibliographic specialized catalogues. In this
speech MAI technical and functional caracteristics and some of the most important
realizations are described.
CHAIR: RODOLFO MONTI
Round table discussants: Ferruccio Diozzi, CIRA; John Harrington, Cranfield University; Roy
Kitley, British Library; Rodolfo Monti, Università degli Studi di Napoli “Federico II”; Paul Needham,
Cranfield University; Mauro Russo, Alenia Aeronautica SpA; Roberto Stalio, ASI; Ennio Tarantola,
Università degli Studi “Roma Tre”.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
235
Abstract
Round table: Information management in the aerospace sector
The aim of the round table is to discuss different approaches in the information
management in the aerospace field. These approaches come from both academic and
industrial sector; approaches of information specialists and of the users are discussed
too. The debate matches the user needs with the proposals of Cranfield (AIM–EU
Study) and the other experiences introduced in the morning session of the Seminar.
Finally other proposals, oriented to the effectiveness of information management,
are presented.
236
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Hanno collaborato a questo numero:
ANNA BALDAZZI, FOR.COM [Consorzio interuniversitario per la formazione nella
comunicazione], Roma, <[email protected]>
FLORA BALINO, Università di Genova, Genova
DOMENICO BOGLIOLO, Università degli Studi “La Sapienza”, Roma,
<[email protected]>
DANIELA CANALI, ISPRI – CNR [Istituto di Studi Socio-Economici sull’Innovazione
e le Politiche della Ricerca – Consiglio Nazionale delle Ricerche], Roma,
<[email protected]>
MARIA PIA CAROSELLA, AIDA [Associazione Italiana per la Documentazione
Avanzata], Roma
MARIO DE GREGORIO, Biblioteca Comunale degli Intronati, Siena,
<[email protected]>
FERRUCCIO DIOZZI, CIRA [Centro Italiano Ricerche Aerospaziali], Capua,
<[email protected]>
JOHN EWING, AMS [American Mathematical Society], Providence (Rhode Island),
<[email protected]>
AUGUSTA FRANCO, Università degli Studi della Basilicata, Potenza,
<[email protected]>
JOHN HARRINGTON, Cranfield University, Cranfield (England),
<[email protected]>
PAOLA MANNI, CINECA [Consorzio Interuniversitario per il Calcolo
Automatico dell’Italia Nord Orientale], Casalecchio di Reno (Bologna),
<[email protected]>
BOB MCKEE, The British Library Association, London (England),
<[email protected]>
SIMONE MINGIACCHI, ASI [Agenzia Spaziale Italiana], Roma,
<[email protected]>
RODOLFO MONTI, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Napoli,
<[email protected]>
LUCIA NARDI, ANAI [Associazione Nazionale Archivistica Italiana], Roma,
<[email protected]>
ROBERTA RONDINI, Ministero dell’Interno, Roma, <[email protected]>
PAOLA ROSSI, CILEA [Consorzio Interuniversitario per l’Elaborazione Automatica],
Segrate (Milano), <[email protected]>
ROSA SANNINO, CIRA [Centro Italiano Ricerche Aerospaziali], Capua,
<[email protected]>
GABRIELLA SCIPIONE, CINECA [Consorzio Interuniversitario per il Calcolo
Automatico dell’Italia Nord Orientale], Casalecchio di Reno (Bologna),
<[email protected]>
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
237
Collaboratori
SAVERIO SODI, Ifnet, Firenze, <[email protected]>
ROBERTO STALIO, ASI [Agenzia Spaziale Italiana], Roma, <[email protected]>
MASSIMILIANO TOSATO, AIDA [Associazione Italiana per la Documentazione
Avanzata], Bologna, <[email protected]>
ROBERTO TURCHETTI, FOR.COM [Consorzio interuniversitario per la formazione
nella comunicazione], Roma, <[email protected]>
EMMA TURNER, Cranfield University, Cranfield (England), <[email protected]>
ADRIANA VALENTE, ISPRI – CNR [Istituto di Studi Socio-Economici sull’Innovazione
e le Politiche della Ricerca – Consiglio Nazionale delle Ricerche], Roma,
<[email protected]>
LUCILLA VESPUCCI, Biblioteca del Dipartimento di Matematica “Guido Castelnuovo”
– Università degli Studi “La Sapienza”, Roma, <[email protected]>
SERGIO VETRELLA, CIRA [Centro Italiano Ricerche Aerospaziali], Capua, e ASI
[Agenzia Spaziale Italiana], Roma, <[email protected]>
238
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
Norme per i collaboratori
• La collaborazione ad AIDAinformazioni è libera e gratuita. I contributi sono
sottoposti per la pubblicazione al vaglio della redazione che si riserva di chiedere agli autori modifiche e adeguamenti. Il contributo, una volta approvato,
dovrà essere inviato in floppy disk in formato RTF, oppure spedito come file
RTF allegato ad un messaggio di posta elettronica all’indirizzo:
<[email protected]>
• L’autore fornirà insieme al contributo due abstract (lunghezza massima dieci
righe ciascuno), in lingua inglese e italiana, oltre ad un elenco di parole chiave
in italiano.
• I diritti d’autore appartengono ad AIDA, che si riserva di diffondere il contenuto della rivista anche in formato elettronico e in rete.
• Le note al testo vanno inserite in fondo al contributo e numerate progressivamente.
• La forma delle citazioni bibliografiche prevede per le opere a stampa le seguenti forme:
Laura Leonardi, La dimensione sociale della globalizzazione. Roma : Carocci, 2001
Paolo Bisogno, L’informazione e i processi di comunicazione scientifica, in Documentazione e utenti: cultura del servizio, marketing, multimedialità. Atti del Convegno Nazionale Aida. Roma 10-12
febbraio 1993, a cura di M. P. Carosella e P. Fratarcangeli. Padova : Mediagraf, 1994, p. 9-14
Gabriele Gatti, Portali di piombo. “AIDAinformazioni”, 19 (2001), n. 1, p. 9-16
Le opere collettanee o comunque dovute a più di tre autori devono essere
fatte al titolo; saranno modificate redazionalmente le citazioni che riportano
l’espressione «AA.VV.»
La citazione da fonti elettroniche, oltre agli altri dati bibliografici, deve includere l’URL nella forma: <http://www.aidaweb.it>, cui va aggiunta la data
dell’ultima consultazione in Internet, nella forma anno-mese-giorno (per es.
«consultato in data 2002-01-31»).
• Eventuali immagini vanno inviate in un file separato, possibilmente in formato JPG; il testo deve contenere la segnalazione relativa al punto preciso nel
quale inserire l’immagine.
La segreteria di redazione provvederà, a richiesta e solo nei casi in cui l’articolo
le sia pervenuto nei tempi prescritti, ad inviare all’autore, esclusivamente via
e-mail, l’ultima bozza; se entro 48 ore l’autore non restituisce il messaggio di
posta elettronica con le eventuali variazioni, la bozza s’intende confermata.
AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002
239
pag. 175
Vita dell’Associazione a cura di MASSIMILIANO T OSATO
pag. 197
Recensioni a cura di ANNA BALDAZZI
pag. 201
Segnalazioni bibliografiche a cura di ANNA BALDAZZI
pag. 225
Abstract
pag. 231
Collaboratori
pag. 237
Numero 2-3/2002
Trimestrale
Anno 20
aprile-settembre
ISSN: 1121-0095
Nei prossimi numeri:
• PAUL OTLET
Il trattamento della letteratura scientifica, a cura di ANNA BALDAZZI;
traduzione di MARIA PIA CAROSELLA
• MARIA PIA CAROSELLA
Omaggio dell’AIDA a Jean Meyriat
• PAOLA BERBEGLIA
La documentazione nei progetti europei: studio del caso
• CHIARA BIASIN
La lezione accademica: dal documentare al comunicare
• ANTONELLA SCHENA
Documentare la condizione dell'infanzia e dell'adolescenza
• CARLA BASILI
Diffusione dell’informazione scientifica: un sistema in evoluzione
• CARLA BASILI
Cultura dell’informazione in Europa
AIDAinformazioni, Rivista di Scienze dell’informazione, è il periodico
ufficiale dell’Associazione Italiana per la Documentazione Avanzata (AIDA).
Pubblica articoli di carattere professionale sul mondo dell’informazione
e delle tecnologie ed aggiorna sulla vita dell’Associazione.
Associazione Italiana
Documentazione Avanzata
Anno 20 – Numero 2-3/2002
Associazione Italiana Documentazione Avanzata
Via Cesare de Lollis, 12
I-00185 Roma
[email protected]
http://www.aidaweb.it
Associazione Italiana
Documentazione Avanzata
AIDAinformazioni
Notizie a cura di MARIA PIA CAROSELLA
Adriana Valente
Documentazione, comunicazione e scienza
pag. 5
La biblioteca digitale per la matematica:
una sfida finalmente possibile?
Lucilla Vespucci
Digital Mathematical Library
pag. 13
John Ewing
Twenty centuries of mathematics:
Digitizing and disseminating the past mathematical literature
pag. 15
Saverio Sodi
Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate
pag. 27
Dossier
Information management e ricerca scientifica:
coordinate per documentare l’aerospazio
a cura di F ERRUCCIO DIOZZI e ROSA SANNINO
pag. 39
Schegge a cura di DOMENICO BOGLIOLO
pag. 99
Opinioni
• BOB M CKEE, The new information professional:
plus ça change, plus c’est la même chose
• MARIA PIA CAROSELLA, Livelli di conoscenza:
alberi genealogici, numeri di Erdös e gradi di separazione
pag. 115
pag. 125
In-formazione – Competenze e professioni emergenti
• LUCIA N ARDI, La certificazione in àmbito archivistico:
prime esperienze dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana
pag. 131
• ROBERTA RONDINI, Il Settore bibliotecario del Ministero dell’Interno
pag. 135
• ROBERTO T URCHETTI, I documenti digitali e la Patente europea del computer:
note in margine all’alfabetizzazione informatica in Italia e alle relative iniziative
comunitarie
pag. 139
Manifestazionidopo
• DANIELA CANALI, Riflessioni sulla Digital Preservation
• MASSIMILIANO T OSATO, Towards Information Society for All – (TISA 2),
Berlino, 8-9 marzo 2002
• FLORA BALINO, Verso l’internazionalizzazione della formazione
in biblioteconomia e scienze dell’informazione, Parma, 18 marzo 2002
• DOMENICO BOGLIOLO, Ascoltare da vicino il mondo che cambia: imprese,
istituzioni e settore non profit di fronte all’opportunità offerta dall’immigrazione
qualificata. Gruppo CERFE, Firenze, 30-31 maggio 2002
• MARIA PIA CAROSELLA, Presentazione del volume Archivio
della Società Birra Peroni. Inventario, Roma, 5 giugno 2002
• DOMENICO BOGLIOLO, L’informazione giuridica nella formazione del giurista.
Tavola rotonda in onore di Vittorio Frosini. ITTIG-CNR, Roma,
19 giugno 2002
pag. 145
pag. 151
pag. 159
pag. 163
pag. 167
pag. 171
segue in quarta di copertina...