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pag. 175 Vita dell’Associazione a cura di MASSIMILIANO T OSATO pag. 197 Recensioni a cura di ANNA BALDAZZI pag. 201 Segnalazioni bibliografiche a cura di ANNA BALDAZZI pag. 225 Abstract pag. 231 Collaboratori pag. 237 Numero 2-3/2002 Trimestrale Anno 20 aprile-settembre ISSN: 1121-0095 Nei prossimi numeri: • PAUL OTLET Il trattamento della letteratura scientifica, a cura di ANNA BALDAZZI; traduzione di MARIA PIA CAROSELLA • MARIA PIA CAROSELLA Omaggio dell’AIDA a Jean Meyriat • PAOLA BERBEGLIA La documentazione nei progetti europei: studio del caso • CHIARA BIASIN La lezione accademica: dal documentare al comunicare • ANTONELLA SCHENA Documentare la condizione dell'infanzia e dell'adolescenza • CARLA BASILI Diffusione dell’informazione scientifica: un sistema in evoluzione • CARLA BASILI Cultura dell’informazione in Europa AIDAinformazioni, Rivista di Scienze dell’informazione, è il periodico ufficiale dell’Associazione Italiana per la Documentazione Avanzata (AIDA). Pubblica articoli di carattere professionale sul mondo dell’informazione e delle tecnologie ed aggiorna sulla vita dell’Associazione. Associazione Italiana Documentazione Avanzata Anno 20 – Numero 2-3/2002 Associazione Italiana Documentazione Avanzata Via Cesare de Lollis, 12 I-00185 Roma [email protected] http://www.aidaweb.it Associazione Italiana Documentazione Avanzata AIDAinformazioni Notizie a cura di MARIA PIA CAROSELLA Adriana Valente Documentazione, comunicazione e scienza pag. 5 La biblioteca digitale per la matematica: una sfida finalmente possibile? Lucilla Vespucci Digital Mathematical Library pag. 13 John Ewing Twenty centuries of mathematics: Digitizing and disseminating the past mathematical literature pag. 15 Saverio Sodi Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate pag. 27 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio a cura di F ERRUCCIO DIOZZI e ROSA SANNINO pag. 39 Schegge a cura di DOMENICO BOGLIOLO pag. 99 Opinioni • BOB M CKEE, The new information professional: plus ça change, plus c’est la même chose • MARIA PIA CAROSELLA, Livelli di conoscenza: alberi genealogici, numeri di Erdös e gradi di separazione pag. 115 pag. 125 In-formazione – Competenze e professioni emergenti • LUCIA N ARDI, La certificazione in àmbito archivistico: prime esperienze dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana pag. 131 • ROBERTA RONDINI, Il Settore bibliotecario del Ministero dell’Interno pag. 135 • ROBERTO T URCHETTI, I documenti digitali e la Patente europea del computer: note in margine all’alfabetizzazione informatica in Italia e alle relative iniziative comunitarie pag. 139 Manifestazionidopo • DANIELA CANALI, Riflessioni sulla Digital Preservation • MASSIMILIANO T OSATO, Towards Information Society for All – (TISA 2), Berlino, 8-9 marzo 2002 • FLORA BALINO, Verso l’internazionalizzazione della formazione in biblioteconomia e scienze dell’informazione, Parma, 18 marzo 2002 • DOMENICO BOGLIOLO, Ascoltare da vicino il mondo che cambia: imprese, istituzioni e settore non profit di fronte all’opportunità offerta dall’immigrazione qualificata. Gruppo CERFE, Firenze, 30-31 maggio 2002 • MARIA PIA CAROSELLA, Presentazione del volume Archivio della Società Birra Peroni. Inventario, Roma, 5 giugno 2002 • DOMENICO BOGLIOLO, L’informazione giuridica nella formazione del giurista. Tavola rotonda in onore di Vittorio Frosini. ITTIG-CNR, Roma, 19 giugno 2002 pag. 145 pag. 151 pag. 159 pag. 163 pag. 167 pag. 171 segue in quarta di copertina... Associazione Italiana per la Documentazione Avanzata Presidente Lucia Maffei Vice presidente Carla Basili Segretario tesoriere Domenico Bogliolo Consiglio direttivo Anna Baldazzi, Carla Basili, Maria Castriotta, Ferruccio Diozzi, Lucia Maffei, Massimiliano Tosato, Pier Giorgio Vezzoli AIDAinformazioni ISSN 1121-0095 Trimestrale Anno 20, numero 2-3, aprile-settembre 2002 Edizione elettronica http://www.aidainformazioni.it Direttore responsabile Mario De Gregorio Responsabile dell'edizione elettronica Domenico Bogliolo Redazione Anna Baldazzi (referee), Carla Basili (referee), Maria Pia Carosella, Augusta Franco, Gabriele Gatti, Augusta Maria Paci, Massimiliano Tosato, Lucilla Vespucci Segreteria di redazione Lisa Reggiani [[email protected]] AIDAlampi Supplemento elettronico http://www.aidainformazioni.it/lampi Caporedattore responsabile Gabriele Gatti Redazione Laura Bianciardi, Domenico Bogliolo, Elisabetta Di Benedetto, Francesca Cagnani, Maria Pia Carosella, Giovanni Marangi, Giulio Marconi, Sonia Minetto, Vittorio Ponzani Finito di stampare nel mese di novembre 2002 Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 408/86 del 2/9/86 Iscrizione al Registro Nazionale della Stampa n. 4656 del 16/6/94 Realizzato da Digital Division Via Benedetto da Maiano, 3 50014 Fiesole (FI) Tel.: +39 055 50 18 1 www.casalini.it AIDAinformazioni Rivista di Scienze dell’informazione Anno 20, numero 2-3 aprile–settembre 2002 I consensi accordati alla nuova veste grafica e alla mutata struttura editoriale della rivista incoraggiano la Redazione a proseguire lungo la strada del rinnovamento, intrapresa con la collaborazione fattiva del Consiglio Direttivo di AIDA e dell’editore, nella consapevolezza di offrire ai soci un prodotto di grande qualità e autorevolezza, in grado di inserirsi a pieno titolo fra i periodici nazionali ed internazionali di Scienze dell’informazione. Non a caso proprio l’accentuazione del carattere di apertura della rivista a contributi che testimoniano l’interazione e il confronto con altri àmbiti territoriali e disciplinari nel campo della documentazione caratterizza in qualche modo questo autunnale numero doppio, che presenta fra l’altro un “Dossier” (altra significativa novità apportata all’impianto di “AIDAinformazioni”, che vedrà a breve anche la realizzazione di numeri monografici su temi specifici e di grande interesse), contenente gli atti di un importante convegno anglo-italiano sulla documentazione nel settore aerospaziale. Ma, com’è in fondo nella sua tradizione ventennale, la rivista di AIDA non rinuncia ad approfondire e a riflettere sulle basi stesse della scienza della documentazione. Lo fa anche in questo numero, ricco ancora una volta di rubriche e segnalazioni aggiornate, con una suggestiva “apertura” dedicata al mutamento intervenuto da qualche decennio nel concepire il ruolo “sociale” della documentazione e della comunicazione scientifica come supporti necessari all’attività di ricerca. Un tema – com’è facile comprendere – di grandi prospettive e implicazioni e certamente di sicuro interesse non solo per quanti operano nel campo specifico della documentazione. Rinnovare la rivista dell’AIDA senza stravolgerne la vicenda storica insomma: su questo terreno la Redazione e l’Associazione hanno risposto con professionalità ed entusiasmo. I risultati sono, ancora una volta, sotto gli occhi dei soci e dei lettori. Il Direttore AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 3 Documentazione, comunicazione e scienza ADRIANA VALENTE L’evoluzione della documentazione e comunicazione scientifica esplicita alcuni tratti fondamentali dell’interazione tra scienza e società. Il percorso lineare che vedeva in sequenza ricerca di base, innovazione tecnologica, sviluppo economico, ancora ritenuto valido fino alla seconda metà del ’900, è stato da più parti messo in discussione e con esso è stato travolto il rapporto di causa-effetto tra scienza e tecnologia. Se un tempo quindi documentazione e comunicazione scientifica, nel supporto all’attività di ricerca, potevano vantare un ruolo indiscutibile di sostegno allo sviluppo dei popoli, oggi questa centralità va ricercata e verificata sia in prospettiva storica che nel farsi delle teorie e pratiche documentarie e comunicative. Molteplici sono le dimensioni della scienza, che perde la sua caratteristica di universalità non solo in una prospettiva temporale, ma anche spaziale; parimenti, esempi della poliedricità di documentazione e comunicazione scientifica sono rinvenibili sia nell’evoluzione storica – con l’alternanza dei due opposti indirizzi: trasmissione di informazione vs accesso alle conoscenze – che nelle teorie e pratiche dirette a cogliere e a supportare, di volta in volta, il continuum del lavoro scientifico, l’interazione con le ICT, le relazioni tra scienza e società. Parole chiave: Documentazione scientifica – Comunicazione scientifica – Scienza – Società Nel rapporto sulla scienza presentato da Vannevar Bush a Roosvelt e considerato uno dei primi documenti programmatici di politica della ricerca (Bucchi, 2002), veniva esplicitato il percorso, chiaro, lineare, ineccepibile, che dalla ricerca di base, scienza in divenire, portava all’innovazione tecnologica e, infine, allo sviluppo economico. Documentazione e comunicazione scientifica hanno sempre svolto un ruolo chiave nell’evoluzione della scienza: dunque, in definitiva, nello sviluppo dei popoli1. Qualcosa nella chiarezza di questo percorso è venuta meno. Il rapporto tra scienza e innovazione tecnologica non è necessariamente quello di causa-effetto; sia l’“enunciato scientifico” che il “fatto tecnologico” necessitano di un insieme di “alleati” sociali per potersi affermare; alcuni autori (Faulkner, 1994) negano addirittura che possa avere senso al giorno d’oggi una distinzione tra scienza e tecnologia: Latour ha sostituito al binomio scienza e tecnica il concetto unitario di tecnoscienza. La scienza sempre meno è considerata nelle sue componenti unitarie; già Fleck, nel 1935, aveva constatato l’appartenenza di ogni scienziato a più collettivi di pensiero, e cioè stili di pensiero, relativi alla specializzazione scientifica, alla religione, alla politica, al contesto sociale e culturale (Fleck, 1983). Le regole individuate da Merton sulla natura, il ruolo, il metodo di lavoro di scienziate e scienziati, sintetizzate AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 5 Adriana Valente Documentazione, comunicazione e scienza in CUDOS - Communal, Universal, Disinterested, Original, Skeptical - (Merton, 1973), sono state poste in discussione su più fronti. Ziman ha opposto a queste il modello PLACE - Proprietary, Local, Authoritarian, Commissioned, Expert - (Ziman, 1990), con buona pace dell’universalità della conoscenza scientifica e della pretesa appartenenza dei risultati della ricerca a tutti i membri della comunità scientifica. Se la scienza non è una struttura monolitica, allora quale tipo di sostegno è stato fornito dal complesso sistema di teorie e metodi della documentazione e comunicazione scientifica alla scienza, alla scienza ufficiale, alla scienza-e-tecnologia, alla scienza-e-società? Dalla fine degli anni Quaranta, nella letteratura inglese ed americana i termini documentazione ed informazione vengono considerati sinonimi di informazione scientifica; tale uguaglianza sostanziale di significato è stata ribadita in Principî di Informatica, un testo che ha fatto storia nel settore della documentazione (Michajlov, Cernyj, Giljarevskij, 1973), realizzato nei primi anni Sessanta nell’àmbito del VINITI, (Vsesojuznyj Institut Naucnoj i Techniceskoj Informacii, Istituto Sovietico per l’Informazione Tecnica e Scientifica). L’informazione scientifica è vista, dunque, come informazione semantica acquisita nel processo di conoscenza, ma anche come documentazione e come informatica: l’avere identificato una parte con il tutto testimonia la grande tensione che dal dopoguerra in poi si è concentrata sulle potenzialità dello sviluppo scientifico e le sue sempre più rapide applicazioni tecnologiche. Tale approccio, per più di venti anni, ha parzialmente controbilanciato la crisi in atto della scienza come conoscenza vera; l’attività dello scienziato, risorsa primaria ancora da salvaguardare, richiedeva ulteriori sforzi per migliorare l’efficienza del processo di produzione-trasmissione dell’informazione. Al concetto di trasmissione dell’informazione si è affiancato quello di accesso, che tende ad identificare spazi di ampia partecipazione attiva alla fruizione e produzione scientifica; l’attenzione si sposta dal circùito di produzione e trasferimento dell’informazione entro una comunità scientifica ai meccanismi comunicativi interspecialistici ed a quelli rivolti all’esterno della comunità scientifica. I diversi ruoli assunti dalla documentazione e comunicazione scientifica, includendo il binomio accesso/trasmissione dell’informazione, così come l’uso della documentazione e comunicazione scientifica in tempo di guerra, mostrano come, esplicitate o meno, questioni teoriche antiche, quali il ruolo dello scienziato, le sue relazioni col resto della società, i rapporti fra scienza e verità e tra concezione assoluta e relativa della conoscenza scientifica abbiano esercitato un ruolo determinante nell’evoluzione documentaria di più di un secolo. E, reciprocamente, come questa sia stata usata per finalità politiche e di politica scientifica. L’“intelligenza collettiva” di Lévy, il “pensare insieme” di De Kerckhove sono 6 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Documentazione, comunicazione e scienza Adriana Valente stati coniati in concomitanza con lo sviluppo della società dell’informazione; cento anni prima, uno dei fondatori della disciplina della documentazione, Paul Otlet, già parlava di “pensée universelle” e di “humanité pensante”; e, tuttavia, le osservazioni di Otlet, e dei primi teorici della documentazione in Europa, più che su un nuovo modello dettato dall’innovazione tecnologica, si fondavano sul fermento culturale del periodo, sulle idee di internazionalismo e socialismo. L’informazione e la documentazione scientifica, al pari del diritto, erano considerati strumenti di comunicazione tra i popoli e di perseguimento della pace. Si trattava certamente di una grande utopia, ma, se consideriamo l’accostamento operato dal poeta francese Alphonse de Lamartine tra utopia e realtà prematura, non ci appare più così lontana; il binomio trasmissione/accesso resta in piedi nel secolo scorso, e la tensione tra i due aspetti è variamente risolta nell’evoluzione di metodi e pratiche documentarie. Nell’attività di spionaggio della II guerra mondiale sono state ampiamente utilizzate sia le metodologie documentarie, in primo luogo l’abstracting, sia le tecnologie dell’informazione, a quei tempi principalmente il microfilm, sia, in alcuni casi, gli stessi documentalisti nel ruolo di spie; al fianco delle iniziative belliche, le politiche di esclusione e di aggressione anche scientifica hanno giocato un ruolo considerevole tanto nell’avvio quanto nello svolgimento del conflitto. La tensione fra trasmissione dell’informazione ed accesso alle conoscenze si è posta anche con riferimento alla gestione archivistica. I luoghi della conservazione archivistica venivano considerati, ancora fino al secolo scorso, luoghi impenetrabili ed inestricabili in cui la garanzia dell’oggettività e della conservazione della memoria storica si pagava con l’alto prezzo della complessità che decretava, di fatto, l’inaccessibilità. Se l’apertura al grande pubblico, verificatasi negli ultimi decenni, è anche debitrice all’innovazione tecnologica, soprattutto nel settore delle tecnologie dell’informazione e comunicazione, i temi della fruizione e dell’accesso in ambiente digitale hanno richiesto interventi di tipo metodologico che valorizzassero la cooperazione e la normalizzazione. Dunque, la continua dialettica culturale, che si pone tra le diverse componenti della scienza, della cultura e dell’informazione scientifica, si manifesta efficacemente in una prospettiva storica; tuttavia, elementi significativi non si colgono solo al variare della dimensione temporale. All’interno di specifiche tematiche della documentazione e comunicazione scientifica si individuano le diverse tendenze, gli usi, le tecnologie che contribuiscono a determinare e a modificare l’assetto di teorie e pratiche. Sul fronte strettamente comunicativo, si è posta la questione (Lévy, 1996; Floridi, 1996) se le tecnologie dell’informazione e comunicazione (ICT) fossero in grado di realizzare nuove modalità di comunicazione delle conoscenze. Tuttavia, se AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 7 Adriana Valente Documentazione, comunicazione e scienza solo le conoscenze codificate e testualizzate possono essere trasmesse efficacemente via ICT, non si realizzerebbe nulla più che un ampliamento e “velocizzazione” di trasmissione della cultura scientifica dominante. Qualora, invece, conoscenze di tipo tacito, e dunque contestuali, fossero rappresentabili via rete, si potrebbe pensare alla possibilità di favorire una più ampia partecipazione alla costruzione di cultura scientifica nello spazio telematico. Tornando agli aspetti strettamente documentali, sebbene la documentazione scientifica svolga un ruolo essenziale nell’esplicitazione delle conoscenze, la ricorsività tra le due modalità della conoscenza - quella esplicita, focale, e quella tacita, sussidiaria - fa sì che le forme esplicitate concorrano nuovamente alla generazione di conoscenza tacita; per quanto noi definiamo con sempre maggiore precisione il sistema di concetti e conoscenze scientifiche, per quanto «lo rendiamo più efficiente e ne stabiliamo le connessioni interne in modo sempre più rigoroso» (Capra, 1989, p. 38), permane una componente intuitiva della scienza da spiegare e da comunicare. Le pubblicazioni scientifiche mostrano solo una parte del lavoro di ricerca, corrispondente alla “scienza rappresentata”, occultandone alcuni aspetti pure fondamentali, le innumerevoli attività più o meno finalizzate alla scoperta, riuscite o non riuscite, inclusi «i dubbi, le incertezze, l’eccitazione mentale degli autori» (Flichy, 1996) che hanno a che fare con la “scienza in azione” (Garfinkel, Lynch, Livingston, 1981), diversa dall’immagine che appare dopo la scoperta. Già nel 1949 Merton aveva còlto la distanza che sussiste tra la versione finita del lavoro scientifico ed il corso dell’indagine seguito dai ricercatori: «chiunque abbia fatto della ricerca sa che questi lindi modelli normativi non riproducono l’andamento effettivo della ricerca, non comprendono quegli adattamenti opportunistici e poco sistematici che lo scienziato compie nel corso del suo lavoro. È tipico che il saggio o la monografia scientifica si presentino con un aspetto immacolato che lascia intravvedere poco o nulla delle intuizioni, delle false partenze, degli errori, delle conclusioni approssimative e dei felici accidenti che ingombrano il lavoro di ricerca» (Merton, 1983). Nell’introdurre l’edizione italiana di On the shoulders of Giants di Merton, Eco ribadisce che «grande lezione pedagogica e scientifica è anche il racconto di una ricerca mentre si fa passo per passo, tra sinuosità e deviazioni, punti morti e assaggi di strade possibili. Che, poi, a pensarci bene, è quanto mette in scena Platone nei suoi dialoghi socratici» (Umberto Eco, 1991). La moderna etnometodologia si è posta, come obiettivo di indagine, la considerazione del lavoro scientifico in se stesso, riunendo materiali di osservazione che consentissero di analizzare i momenti salienti del lavoro scientifico. Se da un lato l’etnometodologia cerca di cogliere questi elementi non esplicitati del lavoro scientifico, anche l’evoluzione documentaria di questi anni offre un 8 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Documentazione, comunicazione e scienza Adriana Valente contributo in tale direzione: le nuove metodologie e tecnologie di lavoro cooperativo, unite alle nuove modalità di fruizione, collegamento e peer review degli articoli scientifici negli archivi elettronici, contribuiscono ad accedere al continuum e al non formalizzato del lavoro scientifico. Le nuove proposte e sperimentazioni di applicazione della peer review su rete e di realizzazione di open archives costituiscono ulteriori spinte all’avvio di un’analisi critica su sistemi documentari che pure hanno contribuito alla definizione dell’attuale assetto della gerarchica scientifica. Gli indici di citazione costituiscono un esempio delle influenze dell’introduzione delle nuove tecnologie e metodologie di gestione documentaria sul sistema di produzione ed organizzazione delle conoscenze scientifiche. Questi nascono come indici multidisciplinari, atti a cogliere le molteplici relazioni tra documenti citanti e documenti citati e, su tale base, ad individuare relazioni tra diversi àmbiti disciplinari: «a multi disciplinary, cover-to-cover index to eliminate the uncertainties of the selective discipline-oriented services» (Garfield, 2001). La concezione e la realizzazione degli indici di citazione dell’ISI ha costituito un momento significativo nell’elaborazione della teoria e della prassi documentaria del secolo scorso. Le riflessioni di Garfield sui problemi della comunicazione scientifica sono partite dalle elaborazioni dei grandi teorici del suo tempo, ed hanno portato alla predisposizione di uno strumento documentario che ha profondamente innovato la tradizionale organizzazione delle informazioni e ricerca per soggetto. Tuttavia, l’evoluzione di tali indici ha seguito un’ottica di trasmissione dell’informazione più che di accesso alle conoscenze, privilegiando l’ottimizzazione della trasmissione di informazione entro l’àmbito della scienza ufficiale, facendo perno sul concetto di core journal in un’accezione che dalla centralità è passata ad indicare la qualità. Caratteristiche diverse, quali la formula accentrata del progetto e la mancata apertura a nuove realtà scientifiche e a nuovi strumenti documentari di tipo partecipativo, ne costituiscono tuttavia il limite. Con l’aumentare delle modalità di uso degli indici di citazione si evidenziano i limiti di un unico strumento mediante il quale si spera di trovare, oltre a riferimenti a letteratura scientifica, giustificazione e rassicurazione nella valutazione scientifica di singoli, gruppi, nazioni. Da quanto visto sugli indici di citazione, non è facile contrastare le affermazioni di Latour, secondo il quale ogni controversia scientifica può essere letta in chiave di rapporti di forza o, per dirla con Flichy, «si riconosce la validità di un enunciato solo in quanto mancano le forze per opporvisi». Conflitto e negoziazione sono due elementi centrali anche nella comunicazione interspecialistica e nella comunicazione scienza-società. In questo caso, le controversie AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 9 Adriana Valente Documentazione, comunicazione e scienza vengono spostate verso l’esterno, nella relazione tra scienziati e fruitori. È dopo gli anni Settanta che cominciano ad essere considerate le interazioni dell’informazione e documentazione scientifica col resto della società: prima in termini di impatto, poi in termini di accesso e partecipazione; recentemente, il public understanding of science è stato considerato oggetto di riflessione entro la teoria dell’informazione scientifica e non soltanto mass-mediatica. Diverse possono essere le finalità del public understanding of science: informazione giornalistica, educazione, consapevolezza; diverse le motivazioni: promuovere il consenso intorno ad un indirizzo politico o scientifico, incoraggiare la costruzione di significati, la partecipazione democratica, la cultura. Per tutte le tipologie di public understanding of science, di public participation o di divulgazione scientifica si pongono alcuni quesiti comuni: la considerazione del pubblico, la correlazione tra understanding e consenso. Anche in questo tipo di comunicazione, le grandi questioni etiche, filosofiche, ambientali, fondamentali nella costruzione di significati sia per gli scienziati che per i laici, non dovrebbero essere marginalizzate in favore di tecnicismi, pena l’allontanamento del cittadino da un mondo scientifico falsamente rappresentato come arido e normativo. Pietro Greco ha espresso un monito verso l’approccio pragmatista alla scienza ed alla tecnologia, per cui si richiede di rispettare i simboli della scienza, ma non di comprenderla: «nella ‘incomprensione’ della scienza e della tecnica c’è il germe della ribellione verso la scienza e la tecnica» (Greco, 2000). Anche in questo caso si ripropone il binomio trasmissione dell’informazione/accesso alle conoscenze. Note 1 10 I temi qui trattati sono stati più ampiamente analizzati e raccolti nel volume Trasmissione d’élite o accesso alle conoscenze? Percorsi e contesti della documentazione e comunicazione scientifica, a cura di Adriana Valente, in corso di stampa presso Angeli, secondo le seguenti linee direttive: Prima parte: evoluzione storica della documentazione e comunicazione scientifica con riferimento ai binomi distribuzione/accesso, guerra/pace, informazione/documento 1. Trasmissione ed accesso alle pubblicazioni scientifiche: evoluzione storica di teorie e pratiche di Adriana Valente 2. Documentazione e comunicazione scientifica tra guerra e pace nel corso del ’900 di Adriana Valente 3. Accesso e fruizione del patrimonio archivistico: principî, metodi e standard per una moderna teoria della descrizione di Maria Guercio Seconda parte: indici di citazione ed impact factor: questioni di documentazione scientifica, organizzazione delle conoscenze e valutazione 4. Gli indici di citazione nel circùito di organizzazione, selezione e comunicazione di conoscenza scientifica di Adriana Valente 5. La biblioteca ideale nel 2045: Garfield e l’impresa della comunicazione scientifica di Anna Baldazzi 6. Alcune riflessioni su bibliometria e analisi delle citazioni di Rosa Di Cesare AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Documentazione, comunicazione e scienza Adriana Valente Terza parte: comunicazione scientifica e società della conoscenza 7. Riflessioni sull’“agire comunicativo” di Habermas e la comunicazione scientifica di Adriana Valente 8. Comunicazione di conoscenza esplicita e tacita nel contesto scientifico di Adriana Valente, Daniela Luzi 9. Metodologie di analisi degli strumenti comunicativi di Daniela Luzi 10. Comunicazione scientifica e società: considerazioni in merito al public understanding of science di Sveva Avveduto, Daniela Luzi, Adriana Valente Riferimenti bibliografici Bucchi Massimiano, Scienza e società. Bologna : Il Mulino, 2002, p. 196 Capra Fritjof, Il tao della fisica. Milano : Adelphi edizioni, 1989 De Rita Giuseppe, Né resistenza né resa, attesa. “Teléma”, (2000), n. 20 <http:// www.fub.it/telema/TELEMA20/Telema20.html> (2002-06-26) Eco Umberto, Dicebat Bernardus Carnotensis…, Introduzione all’edizione italiana, in Merton Robert K., Sulle spalle dei giganti. Bologna : Il Mulino, 1991, p. 6 Faulkner W., Conceptualizing knowledge used in innovation. A second look at the science-technology distinction and industrial innovation. “Science, Technology and Human Values”, 19 (1994), p. 425-458 Fleck Ludwik, Genesi e sviluppo di un fatto scientifico. Bologna : Il Mulino, 1983, p. 256. Flichy Patrice, L’innovazione tecnologica. Milano : Feltrinelli, 1996, p. 255 Floridi Luciano, The internet: which future for organised knowledge, Frankenstein or Pygmalion? Part 1. “The Electronic Library”, (1996), n. 1, p. 43-52 Garfield Eugene, From Sputnik to the world wide web - a retrospective view of citation indexing, in ALA Annual Meeting, San Francisco, June 18, 2001 Greco Pietro, Il modello mediterraneo. “Boiler”, 17 (novembre 2000) <http://www.enel.it/it/enel/magazine/boiler/boiler17/htlm/articoli/Greco.asp> (2002-07-10) Latour Bruno, La scienza in azione. Torino : La Comunità, 1998 Lévy Pierre, L’intelligenza collettiva. Milano : Feltrinelli (Interzone), 1996 Merton Robert K., Teoria e struttura sociale. Bologna : Il Mulino, 1983, p. 14 Merton Robert K., The sociology of science. Theoretical and empirical investigation. Chicago : University of Chicago Press, 1973 Michajlov A.I. - Cernyj R.S. - Giljarevskij R.S., Principi di informatica. Roma : Editori Riuniti, 1973 Ziman John, Research as career, in The Research System in Transition, Susan Cozzens, Peter Healey, Arie Rip, Joun Ziman editors. Amsterdam : Kluwer Academic Publishers, 1990, p. 345-359. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 11 La biblioteca digitale per la matematica: una sfida finalmente possibile? Digital Mathematical Library LUCILLA VESPUCCI Tra le scienze la matematica si caratterizza per la sua interconnessione e dipendenza dalla propria letteratura storica, ma presenta – contemporaneamente – gli aspetti tipici delle scienze pure ed applicate: una costante e negli ultimi anni vertiginosa crescita della produzione editoriale e la necessità – per i propri ricercatori – di avere a disposizione informazioni su documenti pubblicati recentemente o in via di pubblicazione. Per i matematici è quindi vitale avere a disposizione una Biblioteca che testimonî il cammino della propria scienza attraverso i secoli e, nel medesimo tempo, riviste, testi monografici, preprint, ecc. in corso di pubblicazione. Le nuove tecnologie possono rendere concreto il sogno di una grande Biblioteca esaustiva per la disciplina, una Biblioteca, ovviamente, in formato digitale. In questi ultimi anni ci sono state alcune interessanti realizzazioni per il recupero e la digitalizzazione della letteratura storica matematica, tra le quali si ricorda “The Jahrbuch Project Electronic Research Archive for Mathematics”, nato nel 2000 in àmbito europeo. Lo Jahrbuch über die Fortschritte der Mathematik, bibliografia matematica internazionale, fu realizzato nel 1868 dai matematici Carl Ohrtmann and Felix Müller con l’obiettivo «To provide a tool for those, who are not able to follow all publications on the comprehensive field of mathematics, and to gain a general overview about the development of the science. On the other hand: It should help the active scientist to find out known facts». Lo JFM fu pubblicato in 68 fascicoli dal 1868 al 1942 e contiene le segnalazioni di oltre 200.000 pubblicazioni matematiche relative a quel periodo temporale. È evidente l’importanza per la comunità matematica internazionale di avere non soltanto a disposizione – in modalità web – le segnalazioni bibliografiche, ma anche di visualizzare, a testo pieno, le corrispondenti pubblicazioni. Contemporaneamente alla digitalizzazione dei 68 fascicoli dello Jahrbuch über die Fortschritte der Mathematik è stato creato un archivio digitale, con ricerca ipertestuale, delle pubblicazioni giudicate più rilevanti (circa il 20% del totale recensito). La ricerca può essere effettuata collegandosi alla banca dati matematica Zentralblatt AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 13 Lucilla Vespucci Digital Mathematical Library MATH1. Il progetto coinvolge alcune tra le più importanti biblioteche ed istituzioni matematiche: la Technische Universität (Berlin), la Niedersächsische Staats- und Universitätsbibliothek (Göttingen), la Bibliothèque Nationale de France, l’editore Springer, l’European Mathematical Society ed ancora – in àmbito extra-europeo – la Library at Cornell University (USA). Tempo previsto per la realizzazione del progetto: sei anni (2006). Nel corso del convegno internazionale Digital Mathematical Library, tenutosi a gennaio 2002 a San Diego (USA), sono state poste le fondamenta del progetto Digital Mathematical Library, il cui fine è «mettere a disposizione su supporti digitali accessibili in modo unificato e facilitato per l’utenza la totalità dei documenti matematici». È prevista un’attività di 10 anni. Il progetto, finanziato anche dalla Comunità Europea, vede coinvolti sia l’American Mathematical Society che l’European Mathematical Society, le maggiori case editrici del settore, le Biblioteche delle Università, le Associazioni nazionali ed internazionali. L’Unione Matematica Italiana ha dichiarato la propria adesione. Da gennaio ad oggi si sono svolti due ulteriori incontri internazionali (Bruxelles ed Oslo), durante i quali sono state delineate le fasi di realizzazione del progetto ed i problemi più urgenti da risolvere. Nella prima fase (due anni) verranno individuate le realizzazioni nazionali di digitalizzazione per evitare – come è avvenuto nel passato – inutili duplicazioni e per stabilire gli standard tecnici per la digitalizzazione, archiviazione e recupero. La seconda fase prevede la digitalizzazione di circa 50 milioni di pagine (ovvero 200 Gigabyte). La terza fase riguarderà il mantenimento e l’aggiornamento dei dati. Si tratta di un progetto senz’altro ambizioso e sono evidenti i problemi non banali che dovranno essere affrontati, dallo standard tecnico alle normative nazionali sul copyright, dal coordinamento delle istituzioni coinvolte ai finanziamenti. Temi che sono affrontati nelle lucide riflessioni di John Ewing – Executive Director dell’American Mathematical Society – che riportiamo qui di séguito. Si ringrazia vivamente il Dr. Ewing per averci accordato il permesso di pubblicazione. Note 1 14 Sono due le grandi bibliografie internazionali per matematica: Zentralblatt MATH (1931- ), edita da Springer, e Mathematical Reviews (1940- ), edita dall’American Mathematical Society. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Twenty centuries of mathematics: Digitizing and disseminating the past mathematical literature1 JOHN EWING2 «If you have built castles in the air, your work need not be lost; that is where they should be. Now put the foundations under them». - Henry David Thoreau, Walden, Chap.18 Il progetto Digital Mathematical Library nasce con l’obiettivo di rendere disponibili, in modalità digitale, la totalità dei documenti matematici. Il progetto, finanziato anche dalla Comunità Europea, vede coinvolti sia l’American Mathematical Society che l’European Mathematical Society, le maggiori case editrici del settore, le Biblioteche delle Università, le Associazioni nazionali ed internazionali. Si tratta di un progetto ambizioso e che presenta molteplici problemi: dallo standard tecnico alle normative nazionali sul copyright, dal coordinamento delle istituzioni coinvolte ai finanziamenti. Temi che sono affrontati nelle lucide riflessioni di John Ewing – Executive Director dell’American Mathematical Society – che riportiamo qui di séguito. Parole chiave: Matematica – Biblioteca digitale Mathematics has always relied on its scholarly literature. From the time of Euclid’s Elements3 (about 300 BC), mathematics thrived because key literature was passed from generation to generation. In modern times, the process accelerated, changing the way mathematicians carry out research. Because it is impossible to study and digest all relevant literature in a broad area, mathematicians find themselves navigating the literature--moving from one paper or book to another, perusing results and proofs, and relying on references in order to link to the next item. The linking process has become more important as the literature has grown, and it is one of the reasons electronic publication has great potential benefit for mathematical research. Reliance on past literature is common to all disciplines, but time scales differ. In some areas of science, literature more than a few years old has value mainly for historical reference. For mathematicians, work from ten, twenty, or even one hundred years ago is relevant and useful in research. Like all scientists, working mathematicians will use and reference more recent work the most, but having the ability to access the older literature is of essential value to research mathematicians. Even when only a small fraction of the references come from literature in the distant past, those references may be the key to successful research. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 15 John Ewing Twenty centuries of mathematics As the scholarly community moves forward into the digital age, more and more of the current (and recent) literature will be available in electronic form online. The more that is available, the more the community will derive value from the ability to navigate easily from item to item4. But for mathematics, navigation will have limited value as long as the bulk of the past literature is accessible only in paper form. In mathematics, making the past 20 centuries of scholarly literature available online can have a profound effect on research, both now and in the future. This concept paper outlines a possible mechanism for making much of the past mathematical literature available online for everyone. Such a large project has a number of potential difficulties. But in many respects it is a tractable project with a well-defined goal and clear benefits to the research community. On the one hand, it is the sort of effort that might be undertaken in any discipline. On the other hand, mathematics is an ideal discipline in which to test such a project, both because it is relatively modest in size and because the need for digitizing the past literature is so clearly understood. The international mathematical community understands that need, which makes this suited for international cooperation as well. For mathematics, this is a project that ties the past to the future in a way that is consistent with the present transition in scholarly publishing. All mathematicians will benefit. Overview There are three goals for this project: (i) digitize a preponderance of scholarly mathematical literature that is not already in digital form, (ii) set technical standards for making digital mathematical literature accessible online, (iii) negotiate a protocol for making future digital mathematical literature available in the future. While many people will view the first goal as the essence of the project, achieving the other two goals is essential to make the project worthwhile. The entire mathematical literature consists of approximately 50 million pages contained in books, journals, and various other publications5. There are many ways to digitize the past literature (that is, literature that is not already in digital form), but the only cost effective way6 is to combine scanning with partial optical character recognition, creating a combination of scanned page image and associated text file (for searching). There is more to the process, of course. Relevant bibliographic data about each item must be captured (usually by keyboarding); items have to be studied and categorized to understand the various parts (articles, chapters, etc.); proofreading of critical data has to be carried out. Estimates for the cost of carrying out these steps 16 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Twenty centuries of mathematics John Ewing in a large scale operation vary, but a rough approximation is $2 per page7, making the total cost to digitize 50 million pages about $100 million. At the moment, many projects are underway to digitize past scholarly literature. One of the first of these is JSTOR8, which provides complete runs of a collection of journals (including about two dozen in the mathematical sciences) to institutions as a package. Several other groups are formulating projects to scan entire collections of journals9. Individuals are encouraged to scan and to make available their own papers and books10. All this coincides with the explosion of recent mathematical literature that has gone online in a great variety of digital forms (and which will become past literature in the near future). Many different groups, with many different formats, with many different interfaces. Almost all have the same goal--to make the mathematical literature accessible to mathematicians--but without coordination and standards the effort will founder. Creating a basic set of standards for digital mathematical literature is essential in order to keep all these efforts from merely producing a Tower of Babel11. The call for standards in electronic publishing is not new, and there have been many attempts to set standards for large communities of scholars12. An attempt to negotiate standards in this project must necessarily take into account the work that has gone before, which has not always led to wide adoption. In this case, however, it is much more likely that adoption will spread throughout the community. The standards are aimed at a single discipline, and the project will focus attention on the need for standards. Creating a collection of past literature requires that one update the collection in the future. Because this means dealing with individual publishers and organizations who disseminate the literature initially, and because the mathematical literature is especially diffuse, it is essential to outline a protocol for updating the collection over time. This will likely be different for books than for journals, and it may be only an ideal rather than an enforceable protocol13. It is essential to attempt such negotiation, however. One important aspect of the digitizing project is missing from this description-distribution of the material after the project is completed. Its absence is deliberate, and in fact, it is a key ingredient for the success of the project. While it is possible in principle to create complicated distribution arrangements that involve collecting fees, distributing these to publishers or authors will almost surely burden the project with huge overhead costs. Negotiating these arrangements and maintaining them will consume much energy, which otherwise could be directed at carrying out the project itself. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 17 John Ewing Twenty centuries of mathematics Rather than complicated distribution arrangements negotiated by the project, the free market can provide ample distribution. The underlying philosophy of this project is to make the raw material available to the entire community, and then to encourage organizations (publishers, scientific societies, libraries, and other groups) to create a variety of mechanisms to access the material along with auxiliary indexing and organization. The raw material (bibliographic data, scanned images, associated text files, and other digital material) will be largely unstructured. Providing useful access to that material will require considerable effort, and neither grants nor a single organization can sustain that effort over long periods of time. But many organizations can sustain the effort indefinitely. Some will find ways to distribute the material as a service to the community; others will find ways to add value by indexing or adding other features, and they may charge for the service. All providers will promote their services, making access for the community easier and better suited to individual needs. The market approach guarantees that the material will be available in many ways, in many places, for many years. It also provides a robust mechanism for archiving, similar to the mechanism that has worked well in the past. Organization and timing Administration of such a project requires more than volunteers and committees-it requires a small staff with central control of the many groups working on the project, perhaps distributed throughout the world. That staff may be under the administrative control of one or more existing organizations (to minimize overhead), but it needs to be dedicated solely to carrying out the project. While details are hard to specify in advance, there needs to be a director, administrative assistants, technical advisors, and legal consultants (see below)14. The job of the central staff is to administer and coordinate digitizing projects (either its own or those carried out by other groups), to oversee the work of various advisory committees, and to negotiate about permission to digitize and disseminate the final work. Carrying out this work will require a director with full responsibility for all aspects of the project, advised by committees but with considerable authority to act and to make independent decisions. During the first phase of the project (likely 1-2 years), three committees will need to be established--content, technical, and advisory. The first will have responsibility to decide which material is to be included in the project. Its work will be ongoing throughout the duration of the project. The second will make decisions about technical standards both for the bulk of the project’s work and for the community at 18 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Twenty centuries of mathematics John Ewing large. Its work will be ongoing as well and will be closely connected with archiving, mentioned below. The third (smaller) committee should represent the mathematics community, providing overall advice on major decisions for the project. For example, this committee will have responsibility for establishing protocols for adding material to the collection in the future. Work on digitizing older literature will continue for approximately 8 years following the initial 2-year period. During this time, material from the project will be made available to the various organizations disseminating it to the community, with the understanding that it will be added to their collections as soon as possible. Because several different groups may be involved in both funding and carrying out the work, quality control on the additional material will be coordinated by a central body under the authority of the central staff. When digital material is available from more than one source, the advisory committee will make decisions based on recommendations of the staff, as well as other considerations. As the main phase of the project continues, agreements about future additions to the project will be negotiated. Protocols for adding material will be adopted. A process for specifying and modifying standards will be put in place. The aim is to establish a system for ongoing oversight of the project by one or more organizations, with independent financial support for that oversight. The overall goal of this project is to create a collection of material that represents “past” mathematical literature along with a mechanism for sustaining that collection and keeping it current. At the end of the ten-year period, this should be a system that is sustained by many organizations around the world, each with individual interests but with a common interest to foster mathematical research. Adding material to the collection will become a normal part of the publication process, made cost effective by standardization. Administering the collection will be small scale, and (one hopes) taken on by a small group of organizations15. Major problems There are four major problems in carrying out such a project and sustaining it once it is complete. Solving these will not be easy, but finding solutions will be essential to success. These four problems ought to be the central focus of initial planning. (1) Content. People involved in indexing mathematical literature (like the staff at Mathematical Reviews or Zentralblatt) recognize the difficulty in selecting what should AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 19 John Ewing Twenty centuries of mathematics be included in such a collection. At Mathematical Reviews, approximately 110,000 items are considered for inclusion each year; only about 75,000 are actually added to the database. Deciding which to include is agonizingly difficult. The mathematical literature is far more diffuse than most people realize16. Not only are there hundreds of current journals, but many journals publish mathematics mixed with economics, psychology, physics, etc.. Deciding to include only full runs of journals means either that a large amount of the mathematical literature will be missed or that a large amount of the added material is not mathematics (in any sense). Deciding to include selections of articles from journals adds enormous editorial costs to the project. The situation for books is even more complicated. Should one include textbooks? What level is appropriate? What about books that are at the boundary of mathematics and another area? Again, making individual decisions is costly. And for both kinds of material, making decisions is a highly charged, often political process (as any reviewing and indexing journal can attest.) What languages should be included? What if an item is known to have major errors? How are multiple editions handled? Are unpublished works included (and what is meant by “published work”)? Deciding the content is far more complicated than asking a committee to decide which journals or publishers should be included--it is a process that requires careful thought in advance, and careful administration later in order to avoid massive additional costs. (2) Copyright. This is often misunderstood and underestimated by people thinking about such projects. When undertaking to digitize runs of journals from specific publishers, obtaining permission to digitize the work merely requires obtaining a handful of signed agreements from publishers (who are known in advance). In seeking to digitize an entire field, dealing with copyright issues requires understanding complicated legal issues, often with international copyright law, which is notoriously complex. It means dealing with hundreds of publishers, many of whom are not easily identifiable or who are no longer in business. It means dealing with thousands of authors or their heirs for the rights to reproduce books, which in many instances include material (for example, photos) with uncertain copyright status. This adds an enormous administrative cost to the project. All this has been made far more difficult by recent changes in U.S. and international law. The magnitude of the problem is described in an article by Clifford Lynch17. In the chapter “Converting older books to digital form”, he writes: «The legalities of such conversions are a much more serious barrier, and one about which the public remains unaware. Roughly speaking, at least in the United States, any 20 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Twenty centuries of mathematics John Ewing book published before the early 1920s is in the public domain (the details of precisely what is in the public domain are very complicated, and aren’t crucial here). If you can find a copy, you can scan it, or, if you are willing to pay the labor costs, you can even re-keyboard it with added structural markup into a more sophisticated digital representation. Whether you obtain a new copyright for your converted digital version of the work seems to be legally murky18, and seems to depend significantly on how much value you add in doing the conversion. This is important because it has implications for the availability of investment capital to convert public domain materials, and for how these materials need to be protected as they are made available, if they need to generate a revenue stream». For more recent material, Lynch goes on to say in that same article: «The cost of clearing rights for these works is likely to be hundreds of times greater than the costs of actually digitizing the works». We can learn a great deal by examining projects that are already in place. JSTOR, for example, has a far easier task of dealing with legal issues because they negotiate with known publishers about complete runs of (usually) several journals at a time. Nonetheless, they expend a large amount of administrative time dealing with legal issues, and employ their own legal staff. One possible response to the copyright problem is to decide only to include literature that is clearly in the public domain, or for which permission is easily obtained. A rough estimate indicates that more than 90% of the 50 million pages of mathematics remains under copyright. It is likely that half of this requires search and negotiation concerning copyright. Solving the copyright problem by ignoring it therefore requires a major compromise in the original goal of the project--to make a preponderance of the mathematical literature accessible. (3) Initial Format. Of course, setting standards for content that is already in digital form is a well known (if not well understood) problem. This will require hard work and substantial negotiation. But even the apparently simple problem of deciding the format of scanned material is extremely difficult. Not long ago, many people would have suggested using some form of compressed TIFF files encapsulated in Adobe PDF format. But, although PDF is widely supported at the moment, support for certain operating systems (Unix) has become problematic. More importantly, there are new, extremely effective formats for scanned images that reduce the size of files by a factor of 3-8 (or more). The most notable of these is DjVu19, a format developed at AT&T Labs (using wavelets for superior compression and a progressive algorithm for decompressing images, presenting an immediate image that gradually improves). Products implementing DjVu are now owned and sold by LizardTech. Like PDF, DjVu AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 21 John Ewing Twenty centuries of mathematics requires special software to view the images within browsers. But the technology is open source and the advantages over more traditional technology are considerable. Selecting the right initial format--possibly a proprietary format--in an environment that is constantly changing, for a project that lasts over 10 years, is a nearly impossible task. This is closely connected with the next problem, archiving, but it is not the same. (The right initial format for presentation may not be the right format for archiving.) (4) Archiving. This is not so much a problem for the project as it is for those sustaining the collection after the project is complete. Once again, it is a problem that is often misunderstood by people, including experts (precisely because there are no real experts in an area like digital archiving, where no one has much experience)20. Until recently, there wasn’t as much need to consciously archive scholarly journals or books--archiving was (almost) automatic because many copies were distributed to institutions at various locations. One counted on the laws of probability to ensure that at least one copy would be extant years in the future. That one copy could be used to reproduce more copies at a time many years after initial publication. Two things have changed with electronic publication. First, the copies may not be widely distributed, but rather often reside at one or two sites in electronic form. This is the problem of “robustness”, and it’s the issue most people think of when discussing archiving. Second, even if a copy of a file is extant many years in the future, it may not be possible to produce copies of the “work”, that is, fully functional copies that are identical to those in existence years before. This is because electronic journals and books often consist of files embedded in a larger system that makes use of programs, auxiliary files, and even hardware to render the work. In short, the context in which the work is embedded is often essential to making a faithful copy, and archiving requires being able to reproduce that context. This is often referred to as the problem of “format”, but the language makes it sound pedestrian, as if it were merely a problem of presentation. It is, in fact, the central problem of archiving. There are several simple schemes for ensuring robustness, including the simple device of replication to create multiple copies (just like paper). Because electronic media may degrade more rapidly than paper, however, there has to be an added step of routine replication to produce fresh copies21. Fortunately, making electronic copies is far easier than making paper copies, which compensates partially for the extra step. Routine replication also addresses the problem of changing media, since a copy can move to whatever medium is currently in use. 22 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Twenty centuries of mathematics John Ewing One might hope that the format issue can be solved in a similar way--regularly change formats as new come along. There are two reasons this doesn’t work. First, “changing formats” is not equivalent to making a copy. While making copies is routine and easily done for large volumes of material, changing formats requires special intervention, at least for a fraction of the material. The difficulties depend on the old format (something we know in advance) as well as the new (something unknown when we create the archive). Even if only a small fraction of the material needs special intervention by technical personnel, this can be enormously costly for a large collection. Those who deal with small personal collections often ignore this point. There is a second, more subtle reason that changing formats is not a solution to the format problem. The format problem is more than merely preserving the format of a work; it is deciding what information about the environment in which a work is presented should be saved initially and then deciding at each subsequent stage of archiving what information is passed along. It is virtually impossible to save every piece of information about the environment. (For example, we likely rely on the ISO standards for recognizing characters and assume conventions about line feeds and returns22.) Archiving requires decisions about which information will be necessary in the future, and those decisions must be made in the absence of detailed knowledge. Indeed, at the moment, and for some years to come, those decisions must be made without experience as well. There are many, many examples of incorrect decisions made in the past 20 years, resulting in lost work; there is no reason to believe we can avoid incorrect decisions in the future. To sustain this project, one has to find a way to pay for the potentially large costs to update the format in the future, as well as to make reasonable decisions about what information to pass forward. Maintaining collections at many sites, each with either professional or financial interest in the material, ensures that a large group will want to share those large costs. It will be in everyone’s interest to make certain that reliable decisions are made when formats change. Nonetheless, these are issues that extend over long periods of time (often exceeding the careers of individuals involved), and there must be a mechanism to guarantee that archiving issues are dealt with on a continuing basis. Competition and cooperation The great advantage of the approach described above is that it effectively balances competition and cooperation. The balance is essential for a project that is international in scope and that spans a decade or more. And the balance is crucial to ensure the effort is sustained once the initial project is complete. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 23 John Ewing Twenty centuries of mathematics Rather than a few centralized institutions for dissemination of the material, the proposal calls for competition among many organizations to provide access in ways that address a variety of needs. Libraries, societies, universities, commercial publishers can all compete to add value for the community. This is healthy competition that provides incentives for many people to carry out the work and to sustain it in the future. On the other hand, there are key areas in which cooperation is essential. Without uniform standards, access to large collections of digital material will be difficult or impossible. Without such standards, the kind of healthy competition above becomes impossible. And without standards, archiving the literature becomes enormously costly, possibly exceeding the resources of even a large group of interested parties. Cooperation in all phases of this project can be made even more tangible by inviting representatives from many segments of the international mathematical community to serve on the various advisory committees. In addition, many countries have funds available for digitizing collections of scholarly literature. It is possible (and desirable) to divide the job of digitizing the older literature into several large collections, each of which can be done by a separate organization or country. This kind of cooperation, however, requires oversight from a central body, and it will be necessary to coordinate all work using a single body as indicated above. Initial planning This document is intended to describe a concept, providing only an outline of the scope of the project, a possible underlying philosophy, and the major issues one must resolve for successful completion. To carry out such a massive project, a small group of interested people (including potential international partners) must engage in far more detailed planning. That planning might be accomplished through a planning grant, administered by a single organization but involving representatives from institutions, libraries, scholarly societies, and publishers. This project will revolutionize the way in which mathematicians conduct research--it is hard to imagine any single change that will have a greater influence. It remains a dream, of course, but an ideal dream on which to build foundations. Note 1 2 24 Il presente articolo è stato pubblicato sul numero di agosto 2002 della rivista “Notices of the American Mathematical Society”. The opinions expressed in this paper are the author’s, and do not necessarily represent opinions of the American Mathematical Society AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Twenty centuries of mathematics 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 John Ewing «The Elements form, next to the Bible, probably the most reproduced and studied book in the history of the Western World. More than a thousand editions have appeared since the invention of printing, and before that time manuscript copies dominated much of the teaching of geometry». [Struik, Dirk J., A Concise History of Mathematics. New York : Dover, 1987 (4th ed.), p. 49.] Linking was a persistent theme at the Second UCSU-UNESCO International Conference on Electronic Publishing in Science, which took place in February 2001. The Proceedings can be found at <http://associnst.ox.ac.uk/~icsuinfo/>. This estimate has been made by Keith Dennis, based on past bibliographic studies. The phrase “mathematical literature” is not defined precisely here, which is the first difficulty mentioned below. The term “cost effective” is relative, of course, but the alternative of keyboarding material would likely increase costs by a factor of 5, taking into account the basic bibliographic work that would still be necessary. Other estimates have been made that are far lower. See [Odlyzko, Andrew, The economics of electronic journals. “First Monday” 2 (8), August 1997, <http://firstmonday.org/>, and “Journal of Electronic Publishing” 4 (1), September 1998, <http://www.press.umich.edu/jep/>]. <http://www.jstor.org/about/> The latest is the Electronic Mathematics Archiving Network Initiative (EMANI) involving a consortium of libraries and the publisher Springer-Verlag. A number of other efforts are underway in Europe, all with suitable acronyms such as BNF, DIEPER, and NUMDAM. Individual publishers (for example, Elsevier) are already committed to creating their own collections of past literature in digital form. A recent call to authors, endorsed by the Executive Committee of the International Mathematical Union urges all mathematicians to create their own “collected works”; see <http: //www.mathunion.org>. Genesis 11:1-9. For one of the best known, see <http://www.openarchives.org>. Currently, a window of 5 years has been proposed for journal articles; that is, publishers release their material to such projects after 5 years. For books, the time limit is much more difficult, and many publishers view books that are even 20 or more years old as valuable intellectual property. Budget estimates are difficult to make at this level of detail, but a rough estimate is that total administrative cost will be approximately 20% of the total project cost. Such administration can be patterned on the administrative efforts of other standards setting groups, such as the World Wide Web consortium (<http://www.w3c.org>). These function by soliciting modest donations from supporting organizations along with volunteer help. Mathematical Reviews corresponds with thousands of sources for the material it reviews, and lists nearly 600 journals that are covered from cover to cover. Lynch, Clifford, The Battle to Define the Future of the Book in the Digital World, <http:// firstmonday.org/issues/issue6_6/lynch/index.html> For example The Bridgeman Art Library v Corel Corporation (97 Civ.6232 (LAK) New York Southern District Court), case, which found that there was no new copyright in images of out-ofcopyright artworks. Extensive information can be found at <http://www.djvuzone.org/>. See, for example, <http://www.oclc.org/oclc/new/n226/ea.htm> . Recent studies suggest that magnetic media have a lifetime of 10-30 years. Optical media appear to have lifetimes of 100 years or more, but studies are inconclusive. <http://www.iso.ch/iso/en/ISOOnline.frontpage>. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 25 Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate SAVERIO SODI La storia dell’automazione delle biblioteche, a partire dalla Library of Congress, dimostra una chiara propensione per l’information retrieval più che per la conservazione tout court. L’ultima generazione di software interpreta due fondamentali esigenze del trattamento documentario: archiviare i dati secondo modalità standard perché essi siano compatibili, reperibili e comunicabili; integrare i dati di qualsiasi supporto informativo. Alexandrie, un software made in Francia e diffuso in Italia dalla Ifnet, lavora secondo i criteri della standardizzazione, della flessibilità e integrazione dei supporti. Una struttura per campi e un sistema “a tendine” crea archivi navigabili sincronicamente. Caratteristiche di rilievo sono: la costruzione del tesauro e la generazione diretta di CDRom. Particolarmente adeguato per archivi di media grandezza. Parole chiave: Information retrieval – Software – Automazione degli archivi – Alexandrie L’era di transizione L’identità dei servizi di documentazione lungo il corso del ’900 e in particolare nel secondo dopoguerra si è concentrata sull’affermazione delle finalità informative degli stessi centri/servizi, funzionali a sostenere, con una cifra di valore da aggiungere al capitale di conoscenze già in loro possesso, enti di ricerca e aziende produttive. La funzione di transfer più che quella di store investe le preoccupazioni dei sistemi informativi e il trattamento linguistico dei contenuti diviene una delle competenze specifiche del professionista dell’informazione, consapevole che l’information retrieval è fortemente complementare all’information transfer. D’altra parte, il moltiplicarsi dell’editoria scientifica e la conseguente esplosione dell’informazione proprio negli anni ’60 spinge le nuove TIC a cercare soluzioni generalizzabili, flessibili e condivisibili. L’introduzione del formato MARC, Machine Readable Cataloging, sperimentato su un calcolatore IBM 1401 con 4 unità di registrazione e una stampante 1403, non si presenta come uno strumento limitatamente bibliotecario. Ideato da esperti di settori specialistici del sapere estranei al mondo della biblioteca tradizionale interessati invece, per motivi di studio, al finanziamento delle biblioteche di ricerca, al trattamento dell’informazione e alla traduzione automatica, esso introduce un sistema innovativo e non rigido, che costringe a ripensare i principî storici della catalogazione. L’automazione della Library of Congress in formato MARC, proprio negli anni ’60, ha consentito di esplorare un orizzonte d’attesa pressoché AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 27 Saverio Sodi Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate onnicomprensivo dei problemi connessi alle macchine, ai linguaggi e ai dati da trattare. E la storia dei vari MARC, che accompagna gli ultimi decenni del XX secolo, è un po’ la storia di una filosofia di ampliamento informativo dei sistemi di catalogazione in genere. La disponibilità in rete di cataloghi e sistemi di cataloghi ha ravvicinato inoltre i confini tra cataloghi bibliotecari e cataloghi specialistici o di supporti diversi, avviando un’era di piattaforme di archiviazione e informazione, unificabili e spesso integrate. Dalla pubblicazione della seconda edizione del Kimber (Libraries automation, 1974) e della raccolta antologica di De Gennaro sul potere economico delle biblioteche nell’era dell’informazione (Libraries, technology and the information marketplace, 1987), o ancora dalle riflessioni epistemologiche della Svenonius (The conceptual foundations of descriptive cataloging, 1989) relativamente alle implicazioni dell’automazione sulle chiavi di accesso all’informazione bibliografica sembra ormai passato un tempo realmente maggiore rispetto ai decenni appena trascorsi. L’era di transizione è compiuta; il mercato dell’informazione è una realtà in crescita, le direttive funzionali del resource sharing e del building catalogs for the future (Tyckoson, 1991) si sono agglutinate nell’unico obiettivo dell’enhancing access to information. Il Kimber problematizzava la prospettiva dell’automazione bibliografica sottolineando la creatività dello spirito umano che ricerca in continuazione soluzioni per migliorare la trasmissione di sé alle generazioni future: «Come eredi di diversi millenni di civiltà e, più particolarmente, di tre o quattro secoli di rapidissimo ed intensissimo sviluppo del sapere, noi oggi ci troviamo di fronte ad una complessa rete di conoscenze in costante evoluzione e viviamo in un mondo in cui la scoperta e l’applicazione di nuove tecniche hanno assunto un’importanza essenziale non soltanto per consentirci di non regredire […] ma per farci progredire verso una civiltà sempre più elevata e sviluppata, seguendo una curva esponenziale di accrescimento scientifico-tecnico-industriale» (p. 1). Oggi, il nesso tra l’automazione delle conoscenze registrate e la loro comunicazione è un elemento culturale generalmente acquisito sia dai bibliotecari che dagli operatori dell’informazione e degli archivi; e si fa saldo il legame tra library automation – dove library sta per collezione organizzata di documenti – e information retrieval, operazioni che soggiacciono ormai ad una finalità primaria convergente sull’obbiettivo del comunicare conoscenze, saperi, informazioni. La gestione dei servizi bibliografici, di conservazione dei documenti o di disseminazione delle informazioni, è stata infatti indirizzata a rendere trasparente il contenuto degli archivi o delle basi di dati, e quindi a comunicare sempre più amichevolmente le conoscenze. Dall’utente competente si è inesorabilmente passati all’utente che naviga a suo piacimento. E dunque, se la gestione documentaria negli anni ’70-’80 era riservata a pochi specialisti, che operavano con mezzi limitati ed erano costretti ad avvalersi di tecniche 28 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate Saverio Sodi tradizionali per soddisfare le esigenze imposte dal loro lavoro; oggi è maturata una nuova consapevolezza dell’importanza che una corretta gestione e disponibilità dell’informazione - di ogni tipo di informazione - va sempre più acquisendo all’interno di ogni organizzazione, unitamente alla reperibilità di tecnologie innovative utili per il trattamento delle informazioni. Proprio tale consapevolezza fa sì che un numero sempre crescente di imprese, studi, organizzazioni senta il bisogno di affrontare la problematica della gestione dei propri documenti attraverso strumenti e modalità che consentano di assolvere al meglio questo cómpito, sia per quanto riguarda la raccolta e l’archiviazione delle informazioni via via prodotte nel proprio contesto lavorativo, che per quanto riguarda la consultazione, messa a disposizione e divulgazione delle stesse. Il prodotto, la sua architettura, le sue caratteristiche Il software Alexandrie (<http://www.gbconcept.com>) si inquadra pienamente in tale àmbito, poiché le linee di progettazione che sono state seguite, le tecnologie con cui le stesse sono state realizzate, la gamma di funzionalità di cui esso dispone ne fanno un prodotto particolarmente adatto a soddisfare le esigenze più attuali di quest’area funzionale; d’altro canto, le centinaia di installazioni effettuate ad oggi nel mondo, nelle più varie situazioni applicative, ne sono la testimonianza concreta. Numerosi sono infatti gli esempi illustri. Alexandrie è una soluzione informatica che si fa carico dell’insieme delle istanze legate alla gestione e diffusione dei documenti, brevemente accennate in precedenza. Essendo costituito da una struttura ad architettura modulare, sia per ciò che concerne le postazioni di lavoro (è disponibile in versione stand alone, come pure client/server in ambiente Windows o Mac) che per quanto attiene alle funzionalità attivabili, il software si adegua perfettamente ai bisogni del cliente; il quale può così costruirsi una soluzione personalizzata, esattamente commisurata a questi. È inoltre un software totalmente evolutivo: l’utilizzatore può quindi acquistare in ogni momento un nuovo modulo, proprio quando ne rileva la necessità. È costituito da una versione di base (gestione documentaria) e da un insieme di moduli opzionali, quali la gestione dei prestiti, dei periodici e degli acquisti, più tutta una serie di moduli aggiuntivi capaci di rispondere pressoché a tutte le esigenze che possono presentarsi, comprese le più sofisticate. Tutti i moduli sono parametrizzabili; ciò accresce ancor più le sue possibilità di personalizzazione, sicché esso è in grado di conformarsi alle richieste di ciascun cliente: queste possono andare dalla semplice aggiunta di valori nelle tabelle alla completa personalizzazione dei campi della griglia di inserimento, fino alla traduzione delle stringhe. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 29 Saverio Sodi Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate L’identificazione di una configurazione idonea a gestire nel modo più efficace le esigenze di uno specifico contesto necessita anzitutto di un’analisi accurata, vòlta a riconoscere e a definire in maniera sufficientemente precisa i propri bisogni, ivi compresa la relativa pianificazione; lo scopo è evidentemente quello di determinare quali moduli aggiuntivi sia opportuno affiancare al nucleo di base. L’estrema flessibilità che caratterizza Alexandrie, nella definizione della configurazione specifica per ciascuna soluzione, permette poi di adattare nel tempo tale configurazione alle reali necessità dell’utilizzatore e all’evoluzione delle stesse. Alexandrie utilizza 4D per la gestione dei propri dati: si tratta di un gestore di database relazionale che consente l’archiviazione ed il reperimento di dati di tipo multimediale; di conseguenza, il software permette di gestire nella stessa base di dati differenti tipi di documento. Una volta specificati i campi per ciascun tipo, la maschera di inserimento è generata automaticamente: all’utilizzatore si risparmia così il fastidioso cómpito di creare le maschere di inserimento per ciascun tipo di documento, e insieme la griglia di inserimento viene ad essere costituita da tutti i campi pertinenti, e solo da essi. L’alimentazione di base può essere effettuata sia per inserimento diretto, sia attraverso l’integrazione di dati esistenti. Gli strumenti di import ed export di Alexandrie evitano agli utenti di essere pesantemente condizionati dalla scelta del software. Gli scambi di informazioni con l’esterno sono totalmente aperti e l’utente può importare ed esportare documenti provenienti da fonti comunque diverse da Alexandrie, dal momento che è garantita la compatibilità Z39.50. Uno strumento di GED (Gestione Elettronica Documenti) è proposto in standard. Le sue funzioni offrono all’utente la possibilità di archiviare documenti legati a notizie, permettendo di gestire direttamente lo scanner e di costituire una banca di immagini. I file di tipo immagine possono essere archiviati automaticamente in dimensioni differenti: immagini a dimensione ridotta, a bassa e ad alta risoluzione. Il modulo di indicizzazione in testo integrale, grazie alla partnership con la società Verity, dà modo all’utente di interrogare in modo diretto e completo il contenuto dei documenti primari. L’indicizzazione e la ricerca full text sono totalmente integrate in Alexandrie: difatti, non appena un documento legato ad una notizia viene archiviato, la sua indicizzazione è immediatamente eseguita; questo abbinamento delle due modalità di indicizzazione (modalità strutturata e testo integrale) potenzia notevolmente l’efficacia delle ricerche, in quanto equivale ad aumentarne la pertinenza e l’esaustività. Altro elemento che concorre ad accrescere l’efficacia delle ricerche è il possibile utilizzo del tesauro multilingue, attraverso il quale si può ottenere una indicizzazione precisa di qualsiasi informazione. Tramite il tesauro, infatti, i descrittori (generici o 30 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate Saverio Sodi specifici) sono legati tra loro da relazioni (gerarchie tra un descrittore e i suoi termini specifici, equivalenza tra un descrittore e i suoi sinonimi, associazione tra due termini vicini, ma appartenenti a dominî differenti) che permettono di scegliere il termine più adeguato per indicizzare un documento o formulare una ricerca. Livelli d’utenza Il software tiene conto del diverso livello degli utenti possibili, proponendo ad esempio molteplici funzioni di ricerca documentaria (tutte multicriterio con operatori booleani): OPAC per l’utente occasionale, Livello 1 per principianti, Livello 2 avanzato e Livello 3 esperto, insieme con la possibilità di registrare le strategie di ricerca. A questa potenza di ricerca fa riscontro una grande flessibilità per quanto si riferisce alla stampa, dai cataloghi in edizione automatica fino all’esportazione dei dati in formato testo. Sempre in relazione all’utente e alla politica di regolamentazione e salvaguardia degli accessi consentiti e delle funzionalità abilitate di cui l’utilizzatore stesso intende avvalersi, Alexandrie propone altresì una regolamentazione degli accessi ai documenti e alle funzioni. Tra le opzioni di personalizzazione, permette una diffusione selettiva dell’informazione (DSI) secondo il profilo e gli interessi di ciascun utente. Ancora per quanto concerne le funzionalità di diretto interesse degli utenti, il software possiede poi tutte le funzioni (DSI, GED, E-mail) necessarie per la gestione e la diffusione della rassegna stampa, per la quale può inoltre beneficiare, grazie alla partnership con Adobe, della tecnologia Acrobat. Web Alexandrie Web costituisce un server pronto all’uso, attivo fin dal lancio di Alexandrie, ed è dotato di una interfaccia interamente personalizzabile. Le sue numerose opzioni (ricerche semplificate od elaborate, portale, rassegna stampa dinamica, costituzione di gallerie di immagini, visite guidate, inserimento e modifica) ne fanno uno degli strumenti più versatili della sua generazione. Il server Web distingue due specie di domande: quelle che concernono pagine di informazione (dette “fisse”) e quelle che corrispondono a richieste sulla base di dati (dette “dinamiche”); di conseguenza, si può concepire l’insieme delle pagine che costituiscono il sito globale dell’impresa o dell’organizzazione, ed affidarne la messa in linea ad Alexandrie Web. La consultazione del fondo documentario si compie vuoi attraverso l’inserimento di criteri di ricerca, vuoi grazie ad una visita guidata secondo differenti punti d’accesso (tesauro, tipo di documento, autore, editore), vuoi ancora attraverso un portale documentario che offre un certo numero di funzioni legate al profilo dell’utente connesso; è inoltre possibile proseguire l’esplorazione attraverso numerosi AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 31 Saverio Sodi Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate collegamenti ipertestuali. Tutti gli indici, compreso il tesauro, sono accessibili in ricerca ed una serie di automatismi di rinvio ai valori facilita la formulazione delle richieste. Attraverso la semplice alimentazione dei campi definibili nella base si ottiene agevolmente l’aggiornamento automatico del contenuto della scheda nell’interfaccia Web. Alexandrie Web è altresì dotato di una serie di moduli complementari, i quali permettono un’ottimizzazione delle funzionalità che, tramite server, vengono messe a disposizione degli utenti connessi via rete intranet od internet. Così, un modulo consente di stabilire un accesso illimitato specificando il numero di richieste simultanee necessarie; un secondo introduce la nozione di dossier nella selezione proposta agli utenti; un terzo rende possibile effettuare la catalogazione via Web, dando modo all’utente di alimentare la base a partire da un browser. Altri moduli ancora permettono di gestire l’amministrazione del profilo degli utenti e le attività di consultazione ed interazione connesse con la funzionalità GED, nonché di attivare le modalità di prenotazione, sempre tramite rete. Alexandrie Web, infine, è dotato di funzioni statistiche in quanto strumento di analisi delle consultazioni effettuate nel sito. CD – Rom Le ulteriori funzionalità di cui Alexandrie dispone riguardano in particolare il modulo di sincronizzazione, che automatizza lo scambio tra le basi documentarie ed assume una rilevante importanza nel caso in cui si operi in un contesto interbibliotecario (o comunque in realtà operative che richiedono la contemporanea gestione di più basi di dati), ed il generatore di CD-Rom. Lo scambio di dati fra basi documentarie viene assicurato grazie all’intermediazione di un amministratore incaricato di regolare le modalità della sincronizzazione: una volta definite queste regole, l’aggiornamento viene realizzato automaticamente in séguito all’invio di un file indirizzato a ciascun sito. Per quanto invece si riferisce al generatore di CD-Rom, c’è da tener presente che questo offre un accesso permanente a tutti i documenti disponibili; di più, consente di scaricarli in maniera selettiva previa definizione degli opportuni criteri sul CD in fase di costruzione. Conseguentemente, tramite la semplice lettura effettuabile da un qualunque PC Windows o Mac, si ha la possibilità di consultare in maniera agevole e guidata il contenuto di informazioni che si è provveduto a salvare su CD. Navigando in rete, sceglieremo alcune esemplificazioni. 32 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Saverio Sodi 33 Saverio Sodi 34 Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Saverio Sodi 35 Saverio Sodi 36 Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Saverio Sodi 37 Saverio Sodi 38 Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Dossier a cura di FERRUCCIO DIOZZI e ROSA SANNINO Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Information management nel settore aerospaziale Atti del seminario svoltosi al CIRA - Centro Italiano Ricerche Aerospaziali Capua, 22 marzo 2002 Indice Presentazione ............................................................................................................................................ 43 Sergio Vetrella, Presidente CIRA e ASI Tradizioni consolidate e nuovi trend ........................................................................................... 45 Ferruccio Diozzi, Responsabile Centro Documentazione CIRA Il ruolo del Centro Documentazione del CIRA .................................................................... 48 Ferruccio Diozzi, Rosa Sannino, Centro Documentazione CIRA AIM-Eu: a study of aerospace information management in Europe John Harrington, Emma Turner, Cranfield University ......................... 63 EINS-GEM e il servizio I2 plus – La ricerca su banche dati professionali e siti web ................................................................. 69 Paola Manni, Gabriella Scipione, CINECA Contenuti informativi: stato dell’arte delle tecnologie spaziali in Italia ................... 74 Simone Mingiacchi, Roberto Stalio, ASI MAI MetaOPAC Azalai Italiano e MetaOPAC specializzati .......................................... 79 Paola Rossi, CILEA Tavola rotonda ......................................................................................................................................... 83 Chair: Rodolfo Monti, Università degli Studi di Napoli “Federico II” Interventi: Ferruccio Diozzi, CIRA John Harrington, Cranfield University Roy Kitley, British Library Paul Needham, Cranfield University Mauro Russo, Alenia Aeronautica SpA Roberto Stalio, ASI Ennio Michele Tarantola, Università degli Studi “Roma Tre” AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 41 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier Presentazione SERGIO VETRELLA L’informazione è una risorsa strategica in tutte le attività di una moderna società complessa: c’è bisogno di informazione per condurre attività produttive in senso lato, industriali e di servizi; c’è bisogno di informazione nella formazione, di ogni ordine e grado, nella ricerca e nello sviluppo; le informazioni devono essere gestite e diffuse da una Pubblica Amministrazione che voglia essere realmente al servizio del cittadino; occorrono informazioni nelle attività, in continuo sviluppo, del “Terzo Settore”. Un esempio particolarmente importante di gestione delle informazioni di varia natura è riscontrabile all’interno del settore aerospaziale nel quale, da decenni, sono attivi servizi avanzati per la ricerca, la condivisione e la diffusione delle risorse informative. Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e l’affermarsi di nuovi e più efficaci modelli organizzativi dei servizi di informazione hanno visto il settore aerospaziale all’avanguardia e, comunque, sempre tra i contesti più fermamente determinati nel generare soluzioni adeguate alle esigenze di carattere scientifico, tecnico e produttivo. Sono nati così le prime grandi banche dati bibliografiche (basti pensare a quella della NASA), servizi di disseminazione selettiva dell’informazione, accessi facilitati ad archivi informativi di diverso genere. In questi ultimi anni, inoltre, si stanno sviluppando metodologie e soluzioni per la realizzazione di digital library, in cui contenuti informativi di differente tipologia (testi, dati tecnici e dati scientifici, modelli di simulazione, documenti multimediali) diventano accessibili in maniera facilitata agli utenti, privilegiando, significativamente, l’accesso rispetto al possesso dei documenti. In una simile ottica il CIRA [Centro Italiano Ricerche Aerospaziali] - in cui è attivo da anni un servizio di documentazione orientato prevalentemente, ma non esclusivamente, alla ricerca nel settore - ospita molto volentieri questo seminario; in tale spazio, infatti, prestigiose organizzazioni, come Cranfield University e British Library, su mandato dell’ESA [Agenzia Spaziale Europea], presentano agli utenti italiani un piano complessivo di riorganizzazione del management dell’informazione nel settore. In ciò il CIRA segue la propria vocazione di centro di ricerca aerospaziale di rilievo nazionale, agevolando ed anzi promuovendo l’incontro tra i gestori di grandi “sorgenti” di informazione ed il pubblico specializzato italiano, di provenienza accademica e di provenienza industriale. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 43 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio È una prima iniziativa che verrà accompagnata da altre in preparazione, come il prototipo di metaopac di cataloghi di biblioteche specializzate che il Centro Documentazione del CIRA sta proponendo ad un certo numero di biblioteche del settore. Pensiamo in tal modo di riuscire a far sì che non soltanto il CIRA e l’ASI [Agenzia Spaziale Italiana], ma pure, più in generale, l’intera Comunità Aerospaziale Italiana possano avvalersi sempre meglio e in maggior misura di servizi per la gestione dell’informazione state of the art. 44 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier Tradizioni consolidate e nuovi trend FERRUCCIO DIOZZI Questo breve intervento introduce ai lavori del seminario Information management nel settore aerospaziale sottolineando i punti di forza e di debolezza di tale settore, in presenza dei cambiamenti determinati dalle tecnologie dell’informazione negli ultimi anni. Vengono descritti gli approcci che guidano molti specialisti del settore e i primi risultati che si possono attendere da un lavoro qual è quello svolto nell’àmbito dell’AIM-EU Study. Parole chiave: Information management – Aerospazio – Accesso – Affidabilità – Qualità Il lavoro che il seminario Information management nel settore aerospaziale si propone di svolgere si inserisce in una tradizione consolidata di gestione dell’informazione e della documentazione, qual è quella presente da sempre nel settore aerospaziale, una tradizione che sente oggi il bisogno di aggiornare molti dei propri approcci. La necessità di rivedere i modelli di organizzazione che supportano fonti d’informazione importantissime per gli utenti, come la banca dati NASA [National Aeronautics and Space Administration] e tutti i servizi connessi, ha fatto sì che l’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, richiedesse alle organizzazioni con cui era stata definita una forma di collaborazione, vale a dire Cranfield University e British Library, un’accurata indagine sugli “information needs”. Ciò in funzione di un più efficace funzionamento del sistema di management dell’informazione nel settore aerospaziale europeo, in cui - è importante ricordarlo il CINECA [Consorzio Interuniversitario per il Calcolo Automatico dell’Italia Nord Orientale] di Bologna è diventato il centro di riferimento tecnologico. Occorreva valutare il grado di soddisfazione degli utenti europei e verificare le soluzioni che gli stessi utenti avevano individuato in casa propria, ridefinire i bisogni d’informazione, vecchi e nuovi, e infine stabilire, tra questi, una lista di priorità. Bisognava altresì evitare la creazione di ulteriori gap tra Europa e Stati Uniti. Molti anni fa, l’ESA, proponendo un servizio di host computer che forniva ai ricercatori del settore aerospaziale, e non solo a loro, l’accesso a centinaia tra le più importanti banche dati professionali, aveva giocato un ruolo decisivo nel successo dell’informazione in linea in Europa, aprendo nuove opportunità ad utenti e a specialisti dell’informazione. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 45 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Il tumultuoso sviluppo delle tecnologie dell’informazione, già dall’inizio degli anni Novanta, ha toccato direttamente anche l’aerospazio e i meccanismi di diffusione dell’informazione in linea, sia con la “concorrenza” esercitata da Internet e dal Web che con le nuove idee, velocemente sviluppatesi, di “informazione in rete” prima, di “spazio digitale” poi. Perciò Cranfield University, cui l’ESA ha affidato il design di un nuovo management dell’informazione nel contesto europeo, sta svolgendo, in associazione con la British Library, uno studio di rilevazione e di analisi dei bisogni degli utenti europei (lo AIM-EU Study, appunto). Un nucleo fondamentale di questo studio, visto il suo taglio immediatamente applicativo, è la conoscenza diretta degli utenti attraverso interviste strutturate e veri e propri brain storming, come quello svoltosi durante il seminario del CIRA. L’output atteso è quindi la conoscenza della situazione delle utenze con particolare riferimento ad alcune problematiche che proviamo ad elencare: • la capacità che i sistemi di gestione dell’informazione, di qualsiasi natura essi siano, dimostrano, sia dal punto di vista organizzativo che da quello tecnologico, nel fornire risposte agli utenti nel minor tempo possibile; • la garanzia che l’informazione fornita sia sempre la più aggiornata; • la garanzia che questa stessa informazione sia affidabile e certificata; • la valutazione, attraverso adeguati strumenti, di determinate fonti e tipologie d’informazione, in modo tale che agli utenti possano essere rese disponibili fonti in precedenza sottovalutate o, se del caso, possano essere eliminati servizi poco utilizzati. Analisi e rilevazione di questo tipo si incontrano naturalmente con problematiche più generali, che oggi interessano tutti i sistemi di gestione dell’informazione, quale che sia la tipologia dell’informazione trattata, e tutti i soggetti coinvolti, vale a dire utenti, clienti ed intermediari (bibliotecari, documentalisti, altri specialisti dell’informazione). Nell’intero seminario, in tutti gli interventi, un forte interesse è rivolto all’adeguatezza dei contenuti e al ruolo degli intermediari: ciò sia sul piano più concreto e applicativo delle soluzioni proposte, sia in un’ottica più ampia, che si allarga cioè a visioni generali dello sviluppo della società dell’informazione. Se le energie impegnate dai partecipanti andranno a buon fine (tra queste, va segnalato il ruolo che il CIRA intende assumere nei confronti della Comunità 46 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier Aerospaziale Italiana come punto di riferimento nazionale per la gestione e la diffusione dell’informazione), nel medio periodo il settore aerospaziale, nella sua componente europea, avrà un sistema informativo molto efficace; e ancora una volta risulterà confermata la tradizione, dal momento che da queste esperienze verranno risposte determinanti ad esigenze informative sempre più complesse. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 47 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Il ruolo del Centro Documentazione del CIRA FERRUCCIO DIOZZI – ROSA SANNINO L’intervento descrive la fisionomia e le attività del Centro Documentazione del CIRA. Si esaminano anzitutto gli aspetti di gestione dell’informazione in senso lato che il Centro Documentazione svolge sia per il CIRA che, più in generale, per tutta la Comunità Aerospaziale Italiana. Vengono spiegate poi le caratteristiche principali dell’unità e dei servizi attivi, dal punto di vista organizzativo, biblioteconomico e tecnologico. Quindi s’illustrano le competenze professionali presenti. Sono, infine, tracciate le future linee di sviluppo del servizio. Parole chiave: Informazione – Documentazione – Information management – Servizi – Aerospazio Premessa Il CIRA, Centro Italiano Ricerche Aerospaziali, è il centro nazionale di ricerca operante nel settore aerospaziale. L’idea di costituire una specifica struttura di ricerca e sviluppo operante nell’àmbito del settore aerospaziale risale a molto tempo fa: solo negli anni Ottanta però, il 9 luglio 1984, venne costituita la società consortile per azioni CIRA, in cui erano rappresentate tutte le principali aziende aerospaziali italiane e, attraverso il Consorzio ASI di Caserta, la Regione Campania. Gli scopi del CIRA erano i seguenti: • realizzare le infrastrutture indispensabili per attività di sperimentazione; • avviare attività di ricerca applicata; • effettuare attività di formazione; • promuovere attività di trasferimento tecnologico e di diffusione delle informazioni. Dopo un avvio non privo di difficoltà il CIRA è oggi una società a maggioranza pubblica. Lo Stato, attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) ed il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), detiene infatti la maggioranza del capitale sociale, mentre continuano a partecipare alla società la Regione Campania e le principali Aziende Aerospaziali Italiane. Lo Stato ha affidato al CIRA il cómpito di definire e di realizzare il Programma Nazionale di Ricerche Aerospaziali (PRORA), che è stato elaborato in coerenza con 48 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier il Piano Nazionale di Ricerca (PNR), con il Piano Spaziale Nazionale (PSN) e con le esigenze espresse dal mondo dell’industria e della ricerca, tenendo conto delle prospettive dei settori aeronautico e spaziale nel contesto internazionale. Il PRO.R.A. prevede: • lo svolgimento di attività di ricerca, di sperimentazione, di produzione e di scambio di informazioni, di formazione del personale nei settori aeronautico e spaziale, da realizzarsi anche attraverso la partecipazione a programmi di ricerca europei ed internazionali; • la realizzazione e la gestione di opere ed impianti funzionali a tali attività. Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) esercita un controllo sulle attività del CIRA attraverso una Commissione di Monitoraggio del PRORA, cui è affidato altresì il cómpito di formulare osservazioni e proposte per gli aggiornamenti del programma. Coerentemente con la missione che gli è stata affidata, il CIRA si è dato gli obiettivi di: • diventare un centro d’eccellenza nelle discipline aeronautiche e spaziali con capacità sia teoriche che sperimentali; • promuovere la formazione e la conoscenza nel settore aerospaziale; • acquisire e trasferire know-how per il miglioramento della competitività delle imprese esistenti e per la nascita di nuove. Funzionali a tali obiettivi sono le seguenti azioni: • sviluppare progetti di ricerca a medio-lungo termine in sinergia con la comunità scientifica ed imprenditoriale; • partecipare ai progetti di ricerca in collaborazione con le principali istituzioni di ricerca internazionali; • sviluppare capacità di modellistica, simulazione e sperimentazione sia al suolo che in volo, attraverso l’acquisizione e lo sviluppo di dimostratori tecnologici; • attivare collaborazioni con gli altri centri di ricerca nazionali ed internazionali al fine di favorire sinergie e complementarità con mezzi di prova o laboratori già esistenti e strategici; • utilizzare le proprie competenze, i laboratori di terra e quelli volanti, per offrire alla comunità aerospaziale internazionale capacità di sperimentazione, certificazione e ricerca; • impiegare esperti nazionali ed internazionali. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 49 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Il Centro Documentazione del CIRA Questa descrizione del CIRA, breve e inevitabilmente schematica, è funzionale ad inquadrare un servizio qual è il Centro Documentazione. Il servizio si inserisce nel contesto della cosiddetta “società dell’informazione”, in cui aziende hi tech e business community hanno sempre più bisogno di servizi d’informazione, i quali, coniugando sviluppo tecnologico e metodologie di gestione innovative, riescano a raggiungere la massima efficacia. Il CIRA, come centro di ricerca di interesse nazionale, sin dall’inizio delle sue attività ha operato una scelta strategica: quella di dotarsi di un servizio interno specializzato, in grado di gestire, nel senso più largo del termine, informazione e documentazione. Tale ruolo è stato caratterizzato da due elementi di grande rilevanza: • supportare tutta la Comunità Aerospaziale Italiana, effettuando specifiche attività nel campo dell’information management; • rappresentare la stessa in àmbito europeo ed internazionale, divenendo il focal point italiano per la gestione dell’informazione nel settore. Negli anni passati sono state realizzate diverse esperienze in tal senso, che hanno dato luogo a significative forme di partnership. Il nuovo assetto istituzionale del CIRA rafforza questa prospettiva, anche in direzione di accordi di collaborazione con agenzie ed enti pubblici di ricerca, università ed imprese del settore. Le caratteristiche del servizio Il Centro Documentazione è un’unità di staff che, rispondendo direttamente all’Alta Direzione, svolge la seguente missione: • garantire la ricerca, il recupero, la diffusione delle risorse informative e documentarie di molteplice natura, necessarie a tutti i settori ed a tutte le attività della Società; • garantire la definizione e l’aggiornamento di metodologie specifiche state of the art nella gestione dell’informazione. I cómpiti del servizio possono essere così dettagliatamente descritti: • assicurare un servizio di Reference (consulenza informativa), svolto attraverso il reperimento, la gestione, il trattamento e la diffusione dell’informazione di varia tipologia (bibliografica, documentaria, etc.); • gestire gli archivi aziendali e la documentazione interna attraverso procedure 50 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier e strumenti tecnologici specifici (document management, etc.); • assicurare la coerenza di dati, documenti ed informazioni attraverso la definizione di processi strutturati, l’emissione di procedure che regolino la gestione della documentazione; • svolgere un ruolo di provider di servizi informativi (ricerche d’informazione specializzata, complemento ad attività di trasferimento tecnologico, etc.) per utenti esterni appartenenti alla Comunità Aerospaziale; • curare le relazioni con analoghe strutture, con realtà universitarie e di ricerca, nonché con associazioni professionali specifiche per la condivisione e lo sviluppo di metodologie di gestione dell’informazione e documentazione; • assicurare la formazione e l’aggiornamento del personale specialistico operante nel servizio e la user education degli utenti; • assicurare la formulazione del budget-piano del Servizio. Nel corso di un impegno ormai più che decennale, sono stati realizzati e sviluppati un certo numero di servizi che vengono esaminati qui di séguito. Servizi di Reference Il servizio di Reference è il punto di riferimento per i bisogni d’informazione dell’utenza interna e ha svolto attività per utenti o clienti esterni. L’obiettivo del servizio è, innanzitutto, quello di garantire rapidità ed accuratezza nella ricerca dell’informazione, attraverso una mediazione dello specialista particolarmente incisiva. Comprende una biblioteca tecnico-scientifica dotata di una collezione di monografie, di periodici e di letteratura grigia. La biblioteca, gestita dal sw ALEPH 330, è consultabile al sito CIRA (<www.cira.it>, sezione Centro Documentazione). La consultazione di banche dati professionali consente il reperimento di informazioni e di documenti di diverso tipo. Sono attive connessioni con i maggiori host computer internazionali, in particolare con EINS e con DIALOG/Datastar. Sulla base dei bisogni informativi degli utenti il servizio produce, inoltre, analisi e trattamento dell’informazione reperita, preparando, in alcuni casi, specifici rapporti, dossier e profili specializzati. Attività per utenti esterni Il Centro Documentazione offre ad utenti esterni una pluralità di servizi: ricerca e reperimento di dati e documenti; preparazione di studi, dossier e profili specializzati; realizzazione di sistemi di gestione della documentazione. Oltre a ciò, sono state significative - e lo sono tuttora - le attività di formazione, di docenza e di consulenza nelle tematiche dell’Information Science, che il servizio o i AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 51 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio singoli specialisti sono stati chiamati ad erogare in questi anni. Ai clienti, a volte anche non appartenenti al settore aerospaziale, sono stati offerti molteplici servizi: • ricerche bibliografiche; • ricerca e recupero di documenti originali; • ricerca di specifiche serie di dati; • consulenza su forme di organizzazione dei servizi di documentazione; • redazione di dossier informativi o di studi di mercato. Sistema di Gestione della Documentazione (SGD) Il sistema assicura la gestione elettronica della documentazione interna e ha affiancato l’archivio tradizionale (Central File). Di séguito, si propone una breve descrizione delle logiche e delle tecnologie che lo supportano. Obiettivi I principali obiettivi dell’SGD possono essere così sintetizzati: • organizzazione, archiviazione e gestione della documentazione in forma automatizzata tramite un dbms; • ricerca sui metadati e sul corpo completo dei documenti; • accesso ai documenti da parte degli utenti CIRA, segmentati in profili differenziati; • sicurezza nell’accesso ai documenti. Caratteristiche generali Il sistema consente la gestione della documentazione scientifica, tecnica e gestionale emessa dal CIRA e dai suoi fornitori e viene integrato o specializzato, in specifici progetti, con modalità particolari, a cura dei gruppi di progetto di concerto con il Centro Documentazione. Funzionalità Le funzionalità di base del sistema sono: • Indicizzazione con la creazione di indici anagrafici: associazione ai documenti in archiviazione dei metadati corrispondenti • Indicizzazione full text • Archiviazione: registrazione in archivio dei documenti e dei metadati. I documenti sono raggruppati in entità logiche, o folder; ogni folder può suddividersi in sotto-folder • Visualizzazione e stampa dei documenti 52 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier • Ricerca sul testo dei documenti • Gestione degli accessi: garantisce l’accessibilità ai documenti e relativi dati, attraverso la definizione di utenti e/o gruppi di lavoro e la gestione dei diversi tipi di privilegi • Modifica Documenti: la modalità permette, a fronte dell’operazione di ricerca e visualizzazione, ed in possesso del relativo privilegio, di accedere all’interfaccia di modifica degli attributi di un documento del sistema • Cancellazione Documenti: la modalità permette, a fronte dell’operazione di ricerca e visualizzazione, ed in possesso del relativo privilegio, di effettuare la cancellazione fisica di un documento dal sistema. Architettura del Sistema È stato realizzato un sistema Intranet basato sul prodotto NovaManage caratterizzato da un’architettura Client/Server e Web, aperta ed indipendente dalla piattaforma HW/SW. NovaManage è un tool di document management che consente di organizzare i diversi tipi di documenti (tecnici, scientifici, amministrativi) in archivi consultabili e aggiornabili; di collegare i documenti a procedure che ne regolano il ciclo di vita (workflow); di ricercare i documenti in diverse modalità. Oracle è il database del prodotto per la memorizzazione dei dati caratteristici dei documenti (chiavi ed attributi). I documenti in archivio sono associati ad indici anagrafici che sono compilati in fase di registrazione. Per effettuare ricerche per argomenti di varia tipologia, NovaManage utilizza l’ambiente di full text retrieval ‘Search ’97 Information Server’ di Verity. Webtacle offre l’accesso al Sistema attraverso browser come Microsoft Internet Explorer o Netscape; supporta le funzioni di controllo accesso, password e privilegi attraverso le configurazioni presenti sul Sistema NovaManage; permette di ricercare documenti tramite maschere in formato HTML e di visualizzare i file relativi. Classi d’utenza Le Classi d’utenza previste dal Sistema sono elencate in tabella: Classi d’utenza Novadba Docadmin Descrizione Amministratore del Sistema NovaManage. Ha il cómpito di definire gli utenti e gruppi d’utenti, definire i privilegi d’accesso sui folder del Sistema, caricare ed aggiornare le tabelle di servizio. Amministratore del WebServer AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 53 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Admin Utente privilegiato Utente Cira Amministratore del browser Search ’97. Ha il cómpito di definire e configurare i task d’indicizzazione dei documenti. Utente abilitato all’inserimento, cancellazione dei documenti e alla modifica dei metadati (su cui ha diritto d’accesso) dal Sistema Utente che può assegnare l’identificativo al documento, ricercare e visualizzare e stampare documenti in archivio o ricercare e visualizzare dati di documenti assegnati. Stazioni di lavoro Stazioni di acquisizione Le stazioni di lavoro di acquisizione via Intranet accedono a Novamanage e con script htmli di Webtacle inseriscono dati (documenti) e metadati (chiavi ed attributi significativi dei documenti). Stazioni di assegnazione, ricerca e visualizzazione Le stazioni di lavoro di ricerca e visualizzazione possono utilizzare i browser più comunemente usati, accedendo all’homepage dell’SGD attraverso firma di user e password. La ricerca dei documenti può essere fatta o sugli indici anagrafici associati ai documenti mediante filtri (identificativo, autore, data, etc.) o sull’intero testo dei documenti attraverso specifiche parole o frasi inserite nella maschera di ricerca. I risultati delle ricerche sono visualizzati in liste che raggruppano i documenti in ordine di rilevanza. La visualizzazione avviene selezionando nella lista il documento desiderato. Manutenzione evolutiva e prevedibili sviluppi Naturalmente viene svolta un’attività di manutenzione che comprende: • implementazione di nuove funzionalità; • eliminazione di funzionalità già implementate e resesi obsolete; • personalizzazioni ulteriori in funzione delle necessità organizzative, di progetti e di funzioni. Tutto ciò tenendo presente la natura fortemente dinamica del ciclo di vita della documentazione in ambienti quali il CIRA. Una prevedibile evoluzione del sistema va individuata in una relazione sempre più stretta tra la gestione della documentazione e i flussi di attività Sono possibili, inoltre, sviluppi in campo più specificamente scientifico, quali la progettazione e la realizzazione di database della documentazione scientifica consultabili anche dagli utenti esterni. 54 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier Controllo della configurazione È l’attività che assicura la coerenza di dati, documenti e informazioni attraverso processi strutturati e l’emissione di procedure che regolino la gestione della documentazione aziendale e lo svolgimento di precisi audit. Le risorse professionali Per poter assicurare adeguate performance dei servizi, il Centro Documentazione ha sempre tenuto costantemente presente la crescita delle professionalità interne. Allo stato sono attive le figure professionali nel séguito descritte. Coordinatore del servizio È il responsabile del servizio che assicura le seguenti attività: 1. coordinamento delle attività, progettazione e sviluppo di nuovi servizi, gestione delle risorse (umane, finanziarie, tecnologiche); 2. predisposizione di piani di attività del settore, anche sviluppando progetti a termine; 3. interfacciamento con l’Alta Direzione nella proposizione di politiche specifiche per la gestione dell’informazione e della documentazione; 4. preparazione dei dati di budget, controllo delle attività, analisi degli scostamenti, predisposizione di elementi correttivi; 5. conoscenza dello stato dell’arte delle discipline di riferimento del settore; 6. conoscenza dei bisogni d’informazione della comunità aerospaziale e di altri àmbiti high tech; 7. pianificazione di adeguati interventi formativi dei collaboratori al fine del mantenimento delle capacità tecniche; 8. partecipazione, in posizione rilevante, ad àmbiti tecnico-scientifici propri del settore. Come appare evidente in un’unità di piccole dimensioni, per quel che riguarda il numero degli specialisti coinvolti, è cómpito del responsabile assicurare una costante ed armonica presenza di capacità gestionali in senso lato, tali da garantire all’Alta Direzione che il servizio svolga le sue attività con la migliore efficienza/efficacia possibile; dal punto di vista dello specialismo, deve essere altresì garantita una continua ed aggiornata capacità di conoscenza e di ampia familiarità con approcci, metodologie e tecnologie avanzati, nonché un’ottima conoscenza del mercato dell’informazione. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 55 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Documentalista senior È il responsabile delle attività di reference che assicura: 1. gestione della risorsa informazione supportata dalla conoscenza delle metodologie di lavoro e delle esperienze più avanzate; 2. analisi periodica delle attività del Centro, allo scopo di conoscere sempre meglio le esigenze degli utenti di varia tipologia, in ogni settore di attività (ricerca, staff ); 3. reperimento dell’informazione, svolto attraverso le diverse fonti di informazione (tecnico-scientifiche, economiche, normative), ed in particolare mediante: • banche dati professionali • banche dati di pubblico dominio e siti Internet • banche dati su altri supporti (CD-Rom, DVD); 4. acquisizione dei documenti, vale a dire scelta dei fornitori più efficaci, con valutazione dei costi e della qualità del servizio; 5. gestione della biblioteca con la cura delle personalizzazioni del sw Aleph 330 ed il trattamento catalografico dei documenti; 6. analisi e diffusione dell’informazione, e cioè preparazione di profili d’informazione personalizzati per utenti assai diversificati; 7. user education; ciò implica la promozione della conoscenza degli strumenti di servizio, resi disponibili dal Centro Documentazione, come pure la segnalazione agli utenti di fonti e di servizi su cui possano procedere direttamente; 8. attività di vendita di servizi d’informazione (profili d’informazione, attività di formazione nell’àmbito documentalistico) ad aziende aerospaziali, ad aziende di altri settori, ad enti pubblici e privati; 9. progettazione e realizzazione di nuovi strumenti, metodologici e tecnologici, vòlti al miglioramento dei servizi del Centro Documentazione. In questo caso la figura professionale presente deve misurarsi, giorno per giorno, con un’utenza estremamente sofisticata, esigente e differenziata. Ricercatori, tecnologi ed altre professionalità ricorrono alle attività di Reference per essere supportati nella maniera più efficace. È frequente il caso in cui, in particolare nelle attività di ricerca, si punta a definire lo stato dell’arte di una disciplina, di un metodo, di una tecnologia. Il documentalista/specialista dell’informazione deve saper dominare la complessità degli information need, attribuendo le risposte più pertinenti, indicando fonti e metodi alternativi realizzati dal proprio servizio. Un ruolo cruciale viene assunto, in questo caso, dalle capacità di comunicazione 56 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier con il proprio pubblico, le quali si esprimono compiutamente in tutte le attività di user education. Queste ultime, se adeguatamente condotte, non solo coinvolgono gli utenti nella problematica della ricerca dell’informazione, ma consentono allo specialista di risparmiare il proprio tempo in modo che questi possa dedicarsi alla risoluzione dei casi più complessi ed articolati. System Administrator Senior È il responsabile delle attività di document management che assicura: 1. sviluppo delle tecnologie e cura dei sistemi per la gestione dell’informazione; 2. raccolta ed analisi dei requisiti utente per la definizione e le ulteriori personalizzazioni del sistema di gestione della documentazione; 3. cura del controllo logico e fisico dei dati dello stesso sistema; 4. user education nei confronti dell’utenza; 5. interfacciamento tecnico e gestionale con i fornitori delle tecnologie e/o con specialisti di sviluppo sw interni, per le personalizzazioni proprie del sistema; 6. monitoraggio dell’avanzamento delle tecnologie e dell’offerta di mercato nell’àmbito dei sistemi di document management; 7. progettazione e realizzazione di nuovi servizi finalizzati alla diffusione ed alla valorizzazione dell’informazione. La figura del System Administrator Senior racchiude in sé molteplici aspetti: da un lato, è un conoscitore ed un utilizzatore di tecnologie che può intervenire, in prima persona, per garantire un corretto ed efficace funzionamento del Sistema; dall’altro, è un uomo di organizzazione, e come tale deve conoscere perfettamente la visione che il Centro ha della gestione della documentazione tecnico-scientifica. Specialista della diffusione dell’informazione Una risorsa, che in precedenza aveva svolto una funzione di semplice supporto alle attività di Reference e di gestione della documentazione, sta conoscendo una significativa evoluzione professionale: si sta, cioè, gradualmente configurando un profilo autonomo, dotato di un proprio incisivo ruolo nelle attività - di cui si dirà più avanti - di diffusione dell’informazione, sia attraverso l’utilizzo di tecnologie avanzate sia grazie a raccordi logici e procedurali con le altre realtà CIRA. Ulteriori linee di sviluppo Prima di descrivere le ulteriori direttrici di sviluppo delle attività del Centro Documentazione, sono opportune alcune considerazioni generali, legate al nuovo slancio che da qualche anno caratterizza la vita del CIRA e che permette di ragionare, anche nelle AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 57 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio attività di gestione dell’informazione e della documentazione, in termini di: • realizzazioni funzionali ai bisogni di tutta la comunità aerospaziale italiana; • maggiore valorizzazione delle attività attraverso strumenti informativi mirati; • necessità crescente di affrontare, in un’unità organizzativa di dimensioni limitate, il moltiplicarsi degli impegni attraverso metodologie e pratiche di user education. Diffusione dell’informazione Lo scopo è quello di diffondere, attraverso mezzi adeguati, attività e risultati di attività CIRA. Tale necessità è nata nel momento in cui l’Alta Direzione ha sentito il bisogno di affiancare, ad un’intensa opera di promozione dell’immagine del CIRA, che in passato era stata nettamente sottovalutata, la diffusione interna dell’informazione. Com’è noto, il CIRA è una realtà complessa in cui, accanto agli scientist, operano professionalità assai diversificate; le stesse linee disciplinari ed i laboratori, attraverso cui il Centro è attualmente attivo, hanno la crescente necessità di colloquiare e di conoscersi reciprocamente; last but not least, il CIRA si estende su di un’area di 160 ettari e numerosi laboratori e impianti di ricerca sono notevolmente distanti l’uno dall’altro. Per tutte queste ragioni, si è ritenuto di dover implementare un sistema di bulletin board che, efficacemente gestito da una “cabina di regia”, assolvesse i seguenti cómpiti: • fornire informazioni al personale CIRA ed ai sempre più numerosi ospiti esterni sulle attività del Centro, sul settore aerospaziale, italiano ed internazionale; • fornire informazioni sulle attività CIRA, sul settore aerospaziale, italiano ed internazionale, ad ospiti di varia tipologia (partner scientifici, partner tecnici, università, scuole, etc.). È stato dunque sviluppato un sistema di diffusione dell’informazione attraverso monitor al plasma, con una soluzione software che è ora in fase di installazione e di primo avviamento. Il successo dell’iniziativa potrà consentire di espandere modularmente il sistema stesso, nel sito CIRA ed in tutta una serie di siti della Comunità Aerospaziale Italiana, per creare una sorta di “canale interno” per il settore. MetaOpac di biblioteche nel settore aerospaziale In collaborazione con MAI-CILEA, è stato realizzato il primo MetaOPAC italiano specializzato del settore aerospaziale. L’applicazione, consultabile dalla pagina <http://azalai.cilea.it/metaopac/ aerospaziale.htm>, è un prototipo che dà la possibilità di interrogare, in modalità OPAC, le seguenti sei biblioteche: 58 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier • • • • • Centro Italiano Ricerche Aerospaziali (CIRA) Politecnico di Milano. Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Università di Roma “La Sapienza”. Facoltà di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Torino. Dipartimento di Ingegneria Aeronautica e Spaziale Università di Bologna. Corso di studi in Ingegneria Aerospaziale della sede di Forlì • Università “Roma Tre”. Coordinamento delle Biblioteche di Area ScientificoTecnologica Al progetto hanno aderito altre sei biblioteche che saranno operative nei prossimi mesi: • Seconda Università di Napoli. Dipartimento di Ingegneria aerospaziale di Aversa • Università degli Studi di Pisa. Dipartimento di Ingegneria aerospaziale • Università di Palermo. Dipartimento di Meccanica aeronautica • Università di Napoli “Federico II”. Dipartimento di Scienza e Ingegneria dello Spazio “L.G. Napolitano” • Università di Napoli “Federico II”. Dipartimento di Energetica e Termofluidodinamica • Università di Napoli “Federico II”. Dipartimento di Progettazione Aeronautica La release definitiva è prevista per l’ottobre prossimo. Il MetaOPAC è naturalmente un sistema aperto e sarà presumibilmente incrementato il numero di biblioteche aderenti nel prossimo futuro. A tal fine, compatibilmente con le esigenze del servizio interno, lo specialista dell’informazione del Centro Documentazione entrerà a far parte della Redazione degli OPAC italiani. User education Come è stato già accennato in precedenza, il moltiplicarsi delle attività e delle richieste d’informazione rende fondamentale, per un servizio di documentazione, saper orientare gli utenti. Occorre trasferire loro una serie di strumenti e di metodologie che li rendano autonomi su determinate ricerche d’informazione. Anche al CIRA tale esigenza è stata fortemente avvertita, in special modo su alcuni versanti: • utilizzo di tutte le feature offerte dai sistemi di gestione adottati (biblioteca, documentazione interna); • analisi e selezione dell’offerta d’informazione con specifico riferimento a quella disponibile in rete; AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 59 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio • capacità di valutazione del grado di affidabilità delle informazioni reperite; • particolare attenzione, in tutti gli ulteriori sviluppi, da parte degli strumenti per la gestione dell’informazione, sugli aspetti che accrescano l’autonomia dell’utente. Attività editoriali Le attività editoriali hanno sempre rivestito un ruolo primario nella vita delle organizzazioni tecnico-scientifiche, come elemento fondamentale delle politiche di valorizzazione e di diffusione delle informazioni sul lavoro svolto. Spesso la responsabilità di tali attività ricade o è comunque vicina ai servizi di documentazione. Il caso del CIRA presenta una sua particolarità: qui il responsabile del Centro Documentazione è il rappresentante CIRA nell’editorial board della rivista “Aerospace Science and Technology”. La rivista, nata nel 1997 grazie ad un accordo tra ONERA e DLR dalla fusione de “La Recherche Aerospatiale” e dello “Zeitschrift für Flugwissenschaften und Weltraumforschung”, è diventata de facto la rivista scientifica dei centri di ricerca aeronautici europei. La funzione del responsabile del Centro Documentazione è quella di realizzare un’incisiva presenza CIRA nella rivista. Ciò a partire dalla conoscenza e dal controllo diretto che egli ha, in termini di archiviazione, della produzione scientifica del Centro, proprio in quanto responsabile del sistema di gestione della documentazione. Prospettive dell’information management Sulla base delle attività consolidate e dei risultati ottenuti, il Centro Documentazione del CIRA sta preparandosi ad affrontare impegni sempre più complessi e articolati. Il dato comune con quanto è stato realizzato nel più recente passato è quello di misurarsi con le necessità che il settore aerospaziale, ricco di opportunità ma pure tutt’altro che facile e lineare, dimostra di avere nella richiesta d’informazione e nelle conseguenti attività di information management. È prevedibile che le attività del Centro Documentazione si sviluppino secondo due direttrici principali. Bisogni informativi degli utenti: gli utenti di elezione del servizio appartengono ed apparterranno, prevalentemente ma non esclusivamente, alla comunità aerospaziale italiana. Per costoro occorre sviluppare un’analisi dei bisogni inespressi e avanzare proposte e soluzioni. 60 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier Gestione dell’informazione: saranno affrontate problematiche riguardanti: • accesso • diffusione • scambio • valorizzazione delle informazioni. Bisogni informativi degli utenti Già in passato ci si è sempre preoccupati che le attività svolte dal Centro Documentazione per la Comunità Aerospaziale Italiana fossero fondate su un monitoraggio costante degli utenti, reali e potenziali. Quest’attività sarà confermata ed ampliata in futuro. Il Centro Documentazione punterà ad identificare al meglio le tipologie informative (tecnico-scientifica, di mercato, normativa, etc.) ed il grado d’interesse per ciascuna classe di utenti. Tale impegno, funzionale al miglioramento dei servizi resi dal Centro Documentazione, contribuirà prevedibilmente a migliorare l’interscambio tra settori diversi della Comunità, in particolare tra le università da un lato e le imprese dall’altro. Gestione dell’informazione La gestione dell’informazione nel settore presenta una molteplicità di aspetti. Si proporranno quindi, in conclusione, alcuni esempi. Banche dati professionali L’aggiornamento costante dei contenuti offerti da questi strumenti è essenziale. Vi sono questioni tuttora aperte tra NASA, British Library ed altri partner internazionali, che impediscono l’aggiornamento del file NASA, ormai fermo al 1999. È inoltre indispensabile garantire l’efficacia delle interfacce web ed un elevato livello nei servizi tipo ordering on line. Risorse informative di rete Un uso “non ingenuo” delle risorse informative di rete deve prevedere forme strutturate di utilizzo di tali risorse, come, ad esempio, quella realizzata con la costruzione da parte del CIRA del MetaOpac Aerospaziale o con la partecipazione al Catalogo ACNP (Catalogo Italiano dei Periodici). Tecnologie e tool Lo sviluppo delle tecnologie ha fatto moltiplicare i tool di gestione dell’informazione e della documentazione. Tra questi, occorre puntare l’attenzione su quelli che permettono l’accesso alle informazioni nella maniera più efficace o, su altri versanti, a quelli che consentono AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 61 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio allo specialista dell’informazione di gestire o di partecipare alla gestione di altre attività (valorizzazione delle informazioni, education, entertainment, etc.) Conclusioni Sebbene siano state condotte molteplici azioni per il miglioramento della gestione dell’informazione, molto resta ancora da fare. Bisogna stabilire collegamenti tra settori diversi della Comunità Aerospaziale - quali imprese, enti di ricerca ed università, enti di certificazione - ed agevolare la diffusione delle informazioni prodotte da organizzazioni di varia natura (di ricerca ed industriali). Un target di medio periodo può essere considerato quello della creazione di uno “Spazio digitale” per la Comunità Aerospaziale Italiana ed Europea, sviluppando programmi di accesso alle risorse informative. A questo proposito è utile confrontare quanto si sta realizzando negli USA con il Programma Digital Libraries Initiative III, cui partecipano grandi enti ed agenzie di ricerca, quali National Science Foundation, NASA, Library of Congress. Appunto di tali questioni si comincerà a discutere nel prossimo mese di settembre in ESA, in un open forum, collegato all’European Conference on Digital Libraries di Roma, dedicato alle tematiche proprie delle applicazioni digitali per la Comunità Aerospaziale. 62 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier AIM-Eu: a study of aerospace information management in Europe JOHN HARRINGTON - EMMA TURNER Un team di specialisti dell’informazione che lavorano all’Information and Library Service dell’Università di Cranfield sta conducendo uno studio sull’information management nel settore aerospaziale su incarico dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e della British Library. Quest’intervento riporta una sintesi dello studio, dei suoi scopi ed obiettivi e descrive le metodologie impiegate. Il sito <http://www.cranfield.ac.uk/aimeu>, aggiornato regolarmente, riporta ulteriori informazioni. Parole chiave: AIM-EU study – Information management – Aerospazio Context of AIM-Eu [Aerospace Information Management Europe] This study is intended to assist ESA in formulating its future information management policy. In order to understand why this was deemed necessary, it is necessary to briefly review the history of ESA’s involvement in information exchange since the early 60s. In 1964, at the request of its Member States, ELDO, (the European Launcher Development Organisation), the forerunner of (ESA), signed an Exchange of Information agreement with NASA which permitted ELDO to make the NASA database available online. ELDO set up the Space Documentation System, (SDS), one of the first European online services, specifically to ensure that aerospace scientific and technical literature (STI) was available to the aerospace industries within the Member States. As ELDO became ESA, the SDS service was renamed ESA IRS (Information Retrieval Service). In 1972 the NASA database was made available online to customers in Europe. Access was limited to those organisations willing to input their material to NASA for inclusion in the database. NASA was not interested in getting royalties or making a commercial profit from the NASA database. Rather, NASA wanted to ensure that it built the world’s most comprehensive database in space and aeronautical science. The database was underpinned by a series of bi- and tri-partite agreements which allowed aerospace organisations to deal directly with NASA or through ESA, who processed the material for NASA. Only material which was normally less than two years old and fell within NASA’s subject scope was included. This process ensured that the NASA database became the definitive source for unlimited distribution aerospace STI literature. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 63 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio The database continued in this form until the mid 80s when financial constraints forced NASA to review its Scientific and Technical Information Program. Consequently the NASA database was redefined to reflect and match more closely the needs and interests of NASA’s current programmes. This led to an effective narrowing of the scope of the database. Consequently much of the material being supplied by Europe was no longer included in the database. Over the next few years the scope and content of the database continued to shift according to NASA’s priorities. This caused concern within Europe and a consequent request for ESA to establish a European Aerospace Database (EAD) which would more effectively reflect the needs of the European aerospace industry. This was hosted on the ESA-IRS service which also provided access to a wide range of related science, technology and business database. However, in 1992 cutbacks in the ESA budget led to a decision to close down ESA-IRS. Access to many of the databases which had been available from ESA-IRS was preserved by the creation of the European Information Network Service (EINS), led by the British Library, Cobidoc and CINECA. Although EINS was successfully established by 1996, ESA, as part of the process of closing down IRS, inadvertently cancelled the exchange of information agreement with NASA which had guaranteed Europe continued access to the NASA database. The version of the NASA database presently available through EINS has not in fact been updated since 1999. Moreover, 180,000 records which largely describe European-produced reports had to be removed from the database at the request of NASA. This affected reports produced by third party organisations which since the cancellation of the exchange agreement NASA no longer felt that it had the right to provide access to. This has effectively denied the European aerospace industry an important “shop window” for its expertise and competencies and ironically, European organisations can no longer access their own research through this database. A fresh look at information sharing and exchange At first sight it might have appeared to be a relatively straightforward task for ESA to address these concerns by reinstating the cancelled agreement with NASA. However, the Agency is unable to make policy decisions of this nature without being requested to by its Member States. 64 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier It could also be argued that the method of exchange enshrined by the agreement was long overdue for a thorough review for a number of reasons: • Some organisations may have continued to exchange documents without a clear understanding of the rationale or context for this activity. • The physical exchange of documents had become expensive and inefficient, involving distribution costs for the information provider, and processing and storage costs which the Agency could not easily justify. • The emergence of new Web technologies has transformed information access and retrieval to such an extent that it is imperative that new models for sharing and exchange should be investigated. It was against this background that in March 2000 the Agency produced a request for quotation for a study that would provide a comprehensive review of the way that aerospace STI is managed, used and disseminated in the European aerospace industry. The AIM-Eu study was developed in response. Aims and objectives of AIM-Eu The specific objectives of AIM-Eu are: • To consider and properly understand the information needs and information seeking behaviour of aerospace STI users in Europe. • To assess ways of promoting and facilitating information sharing and exchange amongst STI producers and consumers. • To investigate strategies for increasing the visibility and user awareness of aerospace STI resources. • To consider ways of enhancing access to aerospace STI resources through a distributed system (which does not require the provision of financial support from ESA). • To investigate and make recommendations concerning the appropriate management and regulation of a distributed system for shared access to aerospace STI. • To examine the future role and contribution of organisations and other bodies currently involved in the provision of access to aerospace STI and, in particular, to assess the potential for using ESA’s existing National Aerospace Centres (NACs) as the focal point of a distributed system for aerospace STI exchange. • To examine the importance of the NASA STI database to the European AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 65 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio aerospace community, both as an information retrieval source and as a mechanism for the dissemination and promotion of European aerospace community technical competencies and expertise. • To investigate and make recommendations regarding the future regulation of information exchange between ESA member states and other organisations within Europe, the United States and elsewhere. Key elements of the study Study of information usage The purpose of this part of the study will be to investigate the information needs and information seeking behaviour of aerospace STI users. A parallel activity will be to identify barriers to information flow and to examine current information policy and practices operated by organisations within the European aerospace community. A series of extensive literature searches has been undertaken, as has initial work on the identification of contacts willing to offer help with the study. The design of the questionnaires and interview schedule, which will be primary means of data collection for this part of the study have been finalised. Three variations of the basic questionnaire have been produced in order to study the responses of three different user groups - engineers in academia and industry/ government, as well as information intermediaries. These have been sent to a wide range of European aerospace organisations. The interview schedule will be used to collect the views of key individuals who are managers and/or budget holders employed within aerospace companies. This is intended to provide a comparison with the views expressed in the user survey. It will provide a snapshot of information management practices and systems operated by a number of major players. It is hoped that this will provide evidence of developments, as well as possible barriers to information access and information flow. Technical feasibility The focus of this part of the study will be to assess the technical options and feasibility of developing a distributed approach to the provision of access to aerospace STI. The literature review has identified a number of recent studies of STI usage which seem to suggest that despite changes in the information landscape, particularly with the emergence of the Internet, engineers are reluctant to change their traditional 66 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier information seeking habits. One very preliminary suggestion is that this might be an indication that current and previous generations of electronic information services have failed to fully reflect the needs of engineers. This part of the study will provide an opportunity to assess the potential of newly emerging technologies for enhancing information awareness, access, and utilisation. The work conducted so far has been concerned with scoping the topic in order to identify current thinking and practice. The conclusions from the initial scoping exercise suggest that the project team will need to consider what options exist for searching and retrieving information from distributed information sources. One area that has been identified for further investigation is the Open Archives Initiative (OAI). We will therefore present an assessment of the options for cross searching and interoperability, including OAI and other protocols. Our initial analysis suggests that metadata harvesting is the most promising solution. Using this approach, engineers search records that are held on a local server which is updated off-line. There is no requirement for a physical exchange of documents, which stay with the originator who decides who can access their data. All the originator needs to do is make another layer of metadata available which describes the document or other electronic information content that they wish to disclose. Assuming that documents are now created electronically, and that metadata is created as part of that process, the originators have to make little or no changes to their existing work flows and procedures. OAI therefore provides a relatively simple and low cost means of building “virtual collections” through information sharing and exchange of metadata. Full text access can be provided if the originator wishes through the means of a hyperlink. Future sustainability A third part of the study is to investigate and make recommendations as to how relationships with the new distributed exchange/access system could be administered and regulated. Such a system would have to be mutually beneficial for all participating organisations within ESA member states and potentially between those states and other external organisations. This part of the study will need to address possibly the most challenging issues including: • Can collaboration co-exist with competition? • What are the business arguments that would encourage greater disclosure of information? AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 67 Dossier • • • • Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio How would membership of such a scheme be defined and regulated? How would it be financed? How can such a scheme be sustained? How would a European partnership interact with US and overseas players? In order to address some of these issues, four seminars were held in March and April 2002 to invite discussion and comment about aerospace STI management in Europe from those working in the industry, academia and government. They were held at INTA in Spain, NLR in the Netherlands, CIRA in Italy and CNES in France. The seminars provided an opportunity for a two-way exchange of information. Members of the AIM-Eu team gave a series of brief presentations on the background to the study, including the history of the ESA/NASA information exchange agreement, the aims, objectives, activities and methodologies employed in the research, and an overview of possible technical solutions. These were followed by open discussions covering a number of topics including the information needs/ seeking behaviours of aerospace engineers and scientists, attitudes to information sharing, and the management of information sharing and exchange in Europe. A number of common themes emerged from these discussions including the importance of the Internet as an information resource, the need to provide direct access to the full text of documents, the challenge of defining what constitutes aerospace information (or information of relevance and interest to aerospace engineers/scientists), and a whole range of issues relating to whether collaboration can co-exist with competition within the aerospace community. Find out more A project web site which provides a mechanism for disseminating information about the study has been established at <http://www.cranfield.ac.uk/aim-eu>. It includes information about the project, news, contact information, and links to related Internet sources. It also facilitates communication with the project partners, as well as interaction with the aerospace community. A membership area has been established for the publication of work in progress. It is also being used as another way of disseminating the questionnaire. The final report is due to be delivered to ESA by the end of July 2002. It is hoped to mark the end of the study with a final seminar which will be used to disseminate the results of the study and to highlight any recommendations for further work. 68 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier EINS-GEM e il servizio I2 plus La ricerca su banche dati professionali e siti web PAOLA MANNI - GABRIELLA SCIPIONE L’intervento descrive la fisionomia e le funzioni del servizio EINS-GEM che, nell’àmbito di EINS, European Information Network Services, si propone di fornire un servizio avanzato di accesso all’informazione in linea. Particolare attenzione nell’intervento è posta sul ruolo del CINECA che, come centro tecnologico di EINS, a partire dalla tecnologia DIOGENE, ha sviluppato il servizio I2 e ha ora realizzato un’applicazione più avanzata, I 2 plus, che consentirà la ricerca contemporanea sulle banche dati disponibili in EINS-GEM e su una collezione di siti web. Tale applicazione è oggi rivolta al settore aerospaziale, ma sarà estesa, in un prossimo futuro, ad altri settori. Parole chiave: EINS – CINECA – I2 – I2 plus – Banche dati – Siti web – Ricerca contemporanea EINS – European Information Network Services – è l’organizzazione nata all’inizio del 1998 per la fornitura di un servizio di accesso a banche dati fino a quel momento distribuito da ESA-IRS, l’Agenzia Spaziale Europea. Tale organizzazione, che si è recentemente strutturata in un Gruppo Europeo di Interesse Economico (GEIE), vede come partner la British Library, con funzioni di coordinamento, oltre che di centro nazionale per i Paesi di lingua inglese; COBIDOC, quale centro amministrativo del consorzio e centro nazionale olandese; CINECA [Consorzio Interuniversitario per il Calcolo Automatico dell’Italia Nord Orientale], con la triplice funzione di centro nazionale italiano, centro tecnologico e host di alcune delle banche dati disponibili tramite il servizio. Scopo di EINS è quello di fornire un servizio avanzato ed allargato di accesso all’informazione online, reperibile sia in Europa che negli Stati Uniti, nell’àmbito di discipline scientifiche, tecniche, economiche, offrendone una continua, totale disponibilità; tale servizio è denominato EINS-GEM ed è raggiungibile all’indirizzo: <http://www.einsgem.org>. Il consorzio EINS ha come partner servizi online europei esistenti, quali DIMDI e FIZ-Karlsruhe, che mettono a disposizione le loro banche dati, e una rete di centri nazionali, che sulla base di accordi contrattuali formano una rete di supporto all’utenza di tale servizio. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 69 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Il contratto fra i partner, assieme ai contratti sottoscritti con i produttori delle banche dati, solleva l’utente dal dover firmare un contratto per ogni host di suo interesse; egli gode inoltre della facilitazione di un unico referente amministrativo, e quindi di ricevere un’unica fattura per tutti i servizi online interrogati. Il CINECA, nella sua funzione di centro tecnologico di EINS, ha sviluppato un sistema completamente nuovo per la gestione dei servizi, denominato Dante, che gestisce appunto l’interconnessione di vari servizi online europei: ciò permette all’utente l’accesso, con un’unica interfaccia, un unico contratto, e soprattutto con un unico linguaggio di interrogazione, a fonti informative residenti su host diversi, in modo totalmente trasparente, e gli dà modo di navigare fra queste senza fatica. Il sistema DANTE, su cui il servizio si basa, permette infatti ricerche complesse ed esaustive grazie all’impiego di un sofisticato e nel contempo semplice linguaggio di interrogazione, il tradizionale linguaggio Quest, che si unisce efficacemente alle potenzialità di Internet, tramite la modalità denominata Command Search. È disponibile anche l’accesso semplificato grazie ad una Easy Interface, il cui utilizzo non richiede la conoscenza, da parte dell’utente, né del linguaggio d’interrogazione né della struttura dell’informazione. È altresì operativo l’accesso più tradizionale via Telnet e X-25, mentre è in corso di realizzazione una interfaccia Advanced per utenti più esperti del sistema. I servizi addizionali Oltre al tradizionale accesso alle banche dati, interrogabili con diverse modalità che rispondono ai bisogni di utenti più o meno esperti, sono inoltre disponibili alcuni servizi addizionali, che forniscono l’accesso, facilitato per gli utenti EINS, a numerosi altri servizi online, quali EINSBiosci e Lexis/Nexis, o a strumenti di reperimento dell’informazione su Internet, quali I2 (I square), l’osservatorio sul mercato internazionale dell’informazione. I2 (I square) I2 si basa sulla tecnologia DIOGENE, totalmente sviluppata al CINECA, e, nella sua versione disponibile attualmente sul sito di EINS-GEM, è lo strumento che permette di monitorare l’informazione sul mercato dell’informazione disponibile su web. DIOGENE si compone di due moduli, uno per il recupero dei dati ed uno per la loro analisi. È prevista la possibilità di aggiungere un terzo modulo per l’eventuale trattamento di meta-dati. Un robot ha il cómpito di cercare l’informazione all’interno di una collezione di siti selezionati e di scaricare le pagine pertinenti. Tale informazione viene raccolta 70 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier in una banca dati, che è quindi continuamente ampliata dai nuovi dati aggiunti, all’interno della quale le query vengono effettuate da un potente motore di ricerca. Sulle pagine reperite dal robot vengono effettuati una serie di controlli al fine di scaricare le pagine più aggiornate dei siti, sostituendole a quelle già esistenti nella collezione. Il contenuto dei dati reperiti sui siti viene indicizzato ed è su questi indici che la ricerca viene effettuata; ciò consente perciò di formulare domande precise, pur interrogando dei documenti full-text, e di ottenere risposte rapide. fig.1 – Il motore di ricerca I2 I2 è un’applicazione della tecnologia DIOGENE mirata al mercato dell’informazione, già disponibile con accesso libero sulla home page del servizio EINS-GEM (<http://www.einsgem.net>). I2 plus - Perché I2 plus Sulla base della logica e dell’implementazione del servizio I2 è ora in fase di sviluppo un’applicazione più avanzata, che permette la ricerca contemporanea sulle banche dati disponibili in EINS-GEM e su una collezione di siti web. Riteniamo infatti che il passo da compiere in questo momento, per rispondere ai bisogni dei nostri utenti, sia quello di integrare – nel modo più trasparente possibile AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 71 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio – fonti informative eterogenee per provenienza e per struttura dei dati. Negli ultimi anni Internet ha catturato l’attenzione di chi ha necessità di reperire informazione; tuttavia, mentre è noto che le banche dati rimangono le fonti di informazione per eccellenza grazie alla loro esaustività, al loro regolare aggiornamento e alla struttura dei dati in esse contenuti, è anche vero che alcuni siti web contengono informazioni di grande interesse per chi opera in un certo settore disciplinare. I2 plus nasce con l’intento di eliminare il gap fra le diverse fonti d’informazione; l’integrazione dei due strumenti o, meglio, delle due fonti, che diventano ricercabili con un unico strumento, è sicuramente la risposta per le varie esigenze informative. Poiché è noto che cercare informazione su Internet può essere poco efficace a causa della sua vastità e della genericità dei dati in essa presenti, ci preme sottolineare che i siti web integrati al servizio banche dati, e quindi ricercabili contemporaneamente grazie ad I2 plus, fanno parte di una collezione, cioè vengono selezionati ed aggiunti su segnalazione dei nostri partner o su richiesta degli utenti. Questa restrizione consente di ottenere anche dal web risultati di alta qualità, evitando risposte sovrabbondanti. - Come agisce I2 plus I2 plus, come s’è accennato in precedenza, è un servizio completamente integrato nel sistema EINS e di conseguenza ne sfrutta tutte le potenzialità. Tutti gli utenti registrati ai servizi EINS-GEM a breve avranno a disposizione questo strumento, incluso nel servizio. La query formulata dall’utente sulle banche dati EINS-GEM viene tradotta, automaticamente ed in parallelo, in un linguaggio comprensibile al database di I2 plus; egli riceve quindi i risultati della banca dati interrogata ed ottiene simultaneamente i risultati dai siti Web facenti parte della collezione, e può decidere di visualizzare gli uni e/o gli altri a sua discrezione. 72 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier fig.2 – Risultati dalle banche dati e da I2 plus Occorre tuttavia rimarcare adeguatamente la natura tanto diversa dell’informazione presente rispettivamente sulle banche dati e su web: nel primo caso si parla infatti di informazione strutturata, in cui la ricerca può essere effettuata su campi precisi e secondo regole definite, nel secondo di informazione non strutturata. Attualmente il motore di ricerca I2 plus traduce la query fatta su un campo in una query sull’intero testo del documento disponibile su web. In futuro, con l’utilizzo sempre più massiccio del linguaggio XML, è prevedibile che le fonti informative raggiungeranno una sempre maggiore somiglianza nella loro struttura. Il prototipo di I2 plus attualmente realizzato riguarda il settore dell’aerospazio, ma in un prossimo futuro lo stesso servizio verrà esteso ad altri àmbiti. I siti raccolti nella collezione sono i più rilevanti del settore disciplinare cui fa riferimento, ed altri siti possono essere aggiunti anche su richiesta dell’utente, il quale può inoltre definire una propria collezione, personalizzata sulle proprie esigenze. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 73 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Contenuti informativi: stato dell’arte delle tecnologie spaziali in Italia SIMONE MINGIACCHI - ROBERTO STALIO L’intervento si propone di descrivere le attività che l’Agenzia Spaziale Italiana sta conducendo per costruire la più aggiornata mappa d’informazioni sulle potenzialità tecnologiche del nostro Paese nel settore Spazio. Tali informazioni sono fattori chiave per la revisione della struttura dell’Agenzia e dei suoi orientamenti, per la determinazione del posizionamento nazionale, per la definizione degli spazi di sviluppo per il breve-medio termine. Parole chiave: Spazio - Tecnologie di base L’attuale stadio di sviluppo dell’Agenzia Spaziale Italiana richiede una conoscenza più dettagliata del quadro delle potenzialità tecnologiche del nostro Paese. Questo perché tale informazione è un fattore chiave per la revisione della struttura e degli orientamenti, tanto per la determinazione del posizionamento nazionale, quanto per la definizione degli spazi di sviluppo per il breve-medio termine. Una simile analisi rende evidentemente più semplice la comprensione delle possibilità e degli interessi di alleanze strategiche ed in generale, offrendo l’opportunità di un’integrazione sinergica delle risorse attualmente disponibili, aumenta la competitività del sistema Paese. L’Unità Programmi Scientifici sta sviluppando, a tal fine, uno studio delle tecnologie spaziali di base, con l’idea di fotografare lo stato attuale e di comprendere, dalle estrapolazioni, le potenzialità per il futuro. La prima fase di questo studio è consistita nella creazione di un questionario, la cui struttura è stata definita concordemente con i responsabili in Agenzia Spaziale Europea (ESA) del progetto MISTER (dott. Boerci) e del Dossier 0 (dott. Guglielmi). Tale sforzo di coordinazione è stato profuso nell’ottica di costituire una base di dati condivisibile per la cooperazione nell’analisi dello sviluppo europeo in senso globale. Il questionario, destinato alle industrie e a tutti gli enti di ricerca, ha richiesto informazioni di tipo anagrafico sulla struttura e sul principal investigator (o persona responsabile nella struttura di riferimento), allo scopo di poter aggiornare, in futuro, i dati a disposizione. È stato inoltre richiesto di classificare la tecnologia in fase di sviluppo secondo diversi criteri: tipo di tecnologia, tipo di prodotti e tipo di missioni spaziali in cui essa è applicabile, stadio di sviluppo (dal concept study al flight proven), data di disponibilità. Alcuni di questi parametri sono già stati analizzati come dati agglomerati e ne riportiamo qui qualche significativa rappresentazione grafica. L’uso di diagrammi 74 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier a torta è connesso all’ipotesi che il campione analizzato (208 tecnologie) sia omogeneo e rappresentativo della realtà nazionale; si può azzardare quindi una prima estrapolazione dei dati, supponendo invariata la distribuzione percentuale delle risposte fornite. Il primo parametro esaminato è stato la tipologia di affiliazione degli sviluppatori (Fig. 1). Si nota una netta prevalenza della componente universitaria, seguita dal CNR [Consiglio Nazionale delle Ricerche] e dalle industrie. Il gruppo “others” comprende prevalentemente consorzi di ricerca a partecipazione mista universitàindustria; mentre l’esigua componente dell’INFM [Istituto Nazionale di Fisica della Materia] è collegata alla duplice identità della maggior parte degli affiliati, che sono spesso anche gruppi universitari di ricerca. L’INFN [Istituto Nazionale di Fisica Nucleare] merita un’indagine separata, in quanto soltanto un suo sottogruppo si occupa di problematiche spaziali e con lo scopo di produrre tecnologia mirata a soddisfare le necessità interne. Fig. 1 Distribuzione della tipologia di affiliazione L’analisi successiva rileva lo stadio di sviluppo delle tecnologie e il periodo di disponibilità delle stesse: si nota, confrontando le Figg. 2 e 3, una prevalenza di tecnologie nella fase iniziale dello sviluppo, che tuttavia saranno disponibili in massima parte a breve termine. Questo si può spiegare in due modi: con un misunderstanding sui contenuti (poco probabile) o con la prevalenza di una tipologia di sviluppo delle tecnologie che privilegia i progetti a breve termine, anche nei casi più innovativi. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 75 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Fig. 2 Stadio di sviluppo delle tecnologie (dal “Technology concept” in senso orario fino al “flight proven”) Fig. 3 Distribuzione dei periodi di completamento dello sviluppo delle tecnologie 76 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier Si propone pure la distribuzione (per numero di progetti) dei finanziatori di alcune delle tecnologie menzionate (Fig. 4). Per “other Italian” e “other European” bisogna intendere principalmente i ministeri nel primo caso e la comunità europea nel secondo. Fig. 4 Distribuzione del numero di progetti di ricerca finanziati in Italia da ogni ente La classificazione più interessante è però presentata in Fig. 5: in essa si può osservare la distribuzione dei progetti per tipo di tecnologia di appartenenza e per tipo di prodotti in cui è applicabile (era possibile più di una scelta). Si rileva che prevalgono le tecnologie per l’optoelettronica con applicazioni nel segmento spaziale, seguite da quelle per lo studio delle scienze della vita e per lo studio di nuovi materiali. Fig. 5 Distribuzione del numero di tecnologie in fase di sviluppo secondo le classi di prodotto cui sono applicabili AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 77 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio L’analisi dell’ulteriore dimensione, che è la tipologia di missioni cui la tecnologia è applicabile (basso costo, fast-track, LEO, HEO, GEO, interplenerarie), non è attualmente disponibile. Essa permetterà comunque di conoscere il quadro tecnologie-prodotti in fase di sviluppo, secondo il tipo di missione cui si è interessati. Questo può essere uno strumento particolarmente potente in caso di progettazione di nuove missioni. La fase successiva di tale studio prevede un esame dei singoli dati e l’inquadramento del sistema in un contesto globale, sia attraverso un’estrapolazione per la comprensione della realtà italiana, sia come confronto con quella europea. Oltre a ciò, inizierà a breve un’indagine di tipo microeconomico sull’impatto di queste tecnologie sul mercato, sia come nicchia spaziale, sia come ricadute su larga scala; a questo si accompagnerà un approccio macroeconomico per comprendere gli effetti sul sistema Paese della tipologia di distribuzione osservata. L’ultima tappa dello sviluppo prevede il consolidamento della base di dati mediante un nuovo questionario, basato sul precedente, ma con delle richieste più puntuali, secondo le necessità di informazioni emerse nella prima parte della ricerca. La raccolta di questi dati – la cui scala sarà probabilmente molto più ampia di quella attuale – porterà infine alla produzione di un documento sullo stato dello sviluppo delle tecnologie spaziali di base in Italia. La data prevista per la versione definitiva di tale documento è il dicembre 2002. 78 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier MAI MetaOPAC Azalai Italiano e MetaOPAC specializzati PAOLA ROSSI L’intervento descrive la natura e gli obiettivi del progetto MAI, MetaOPAC Azalai Italiano. MAI nasce dalla collaborazione tra l’AIB, Associazione Italiana Biblioteche, ed il CILEA, Consorzio Interuniversitario per l’Elaborazione Automatica. Il principale tra i suoi obiettivi è di collaborare alla realizzazione di cataloghi bibliografici collettivi specializzati. Vengono illustrate le caratteristiche tecniche e funzionali del servizio ed alcune realizzazioni più significative. Parole chiave: OPAC – MetaOPAC – Metaricerca – MAI Il progetto MAI MetaOPAC Azalai Italiano prevede tra i suoi obiettivi di fornire collaborazione per la realizzazione di cataloghi bibliografici collettivi virtuali specializzati. Questi progetti prevedono un accordo collaborativo tra l’ente promotore del progetto nel settore specializzato e MAI (AIB e CILEA), che concordano i rispettivi ruoli nel progetto, mentre la titolarità del progetto specializzato è dell’ente promotore. Diamo qualche cenno informativo al riguardo e sulle realizzazioni già disponibili. MAI nasce come progetto di collaborazione tra AIB [Associazione Italiana Biblioteche] (<http://www.aib.it>) e CILEA [Consorzio Interuniversitario per l’Elaborazione Automatica] (<http://www.cilea.it>), ed è in linea dal maggio 1999 (<http://www.aib.it/aib/lis/opac1.htm>). Per le sue caratteristiche MAI favorisce la creazione di MetaOPAC specializzati in Italia. MAI fornisce il censimento degli OPAC (Online Public Access Catalog) italiani - in ciò ereditando la funzione svolta dal progetto “Repertorio degli OPAC Italiani” sorto in precedenza - e le metaricerche bibliografiche per interrogarli amichevolmente, realizzando il “catalogo bibliografico virtuale delle biblioteche italiane”. Il sistema, ad accesso libero, fornisce strumenti di ricerca articolati, che si rivolgono sia ai bibliotecari e, più in generale, agli specialisti dell’informazione che ai navigatori della rete. Il sistema si appoggia ad una banca dati in cui sono descritti tutti gli OPAC italiani. La redazione MAI è il gruppo di lavoro che gestisce MAI, raggiungibile all’indirizzo <[email protected]>, gruppo misto di specialisti AIB volontari e CILEA. I partecipanti collaborano in modo organizzato per svolgere le attività riguardanti: la progettazione e l’evoluzione del progetto; la raccolta di informazioni e l’aggiornamento della banca dati degli OPAC; la definizione di strumenti specialistici per la gestione del progetto; AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 79 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio le corrispondenze informative con gli specialisti esterni che operano nel settore degli OPAC, come i responsabili dei sistemi bibliotecari e i realizzatori di applicazioni software; altre attività. Per le metaricerche MAI utilizza Azalai, il software realizzato da CILEA e residente su server CILEA. Nel sistema MetaOPAC specializzato le interrogazioni sono mirate rispetto alle interrogazioni disponibili attraverso il sistema nazionale, in quanto sono rivolte ad una selezione predefinita di biblioteche specialistiche: queste possono utilizzare lo strumento come supporto ai propri servizi di prestito interbibliotecario. È possibile realizzare MetaOPAC specializzati che comprendono sistemi OPAC connessi a MAI, cioè alla metaricerca italiana generale. La metaricerca di MAI, funzionalità principale di tale sistema, è uno strumento finalizzato alla ricerca bibliografica e ad ottenere il recupero di documenti bibliografici, soprattutto dei documenti di difficile reperimento, come sono per lo più quelli che possono suscitare l’interesse degli specialisti. Tecnicamente la metaricerca è una interfaccia amichevole per l’interrogazione bibliografica simultanea. MAI raggiunge ad oggi 146 OPAC, corrispondenti a circa un terzo degli OPAC italiani, ma è in crescita, in base alle caratteristiche di MAI come progetto in ampliamento e aggiornamento continuo (v. <http://www.aib.it/aib/opac/connect.htm#software> per alcuni degli aggiornamenti tecnici). Nella complessa e varia realtà italiana dei sistemi OPAC, la metaricerca MAI interroga selezionando gli OPAC d’interesse, siano essi di biblioteca singola come pure collettivi, e può sottoselezionare i sistemi collettivi sulla biblioteca. In tal modo MAI si propone come strumento tecnico adatto per la realizzazione di sistemi MetaOPAC limitati ad insiemi predefiniti di biblioteche italiane. MAI è un’applicazione di Azalai, realizzato da CILEA e residente su server CILEA. Azalai utilizza il protocollo HTTP verso i sistemi OPAC. È costituito a grandi linee da due componenti, una specializzata nell’àmbito OPAC e l’altra di tipo general purpose. La componente specializzata costruisce URL-OPAC ed è flessibile rispetto alle chiavi bibliografiche disponibili negli OPAC selezionati, come pure sulle chiavi effettivamente utilizzate nella query bibliografica voluta dall’utente. La seconda componente consta invece di un motore di rete che attiva le URL prodotte, e, in modo sincronizzato, rende all’utente l’insieme di tutte le risposte non appena queste sono disponibili. Le URL costituiscono l’“informazione di rete” necessaria per disporre dell’informazione bibliografica voluta presso uno specifico OPAC, e dipendono dal software dell’applicazione OPAC, dalle caratteristiche (configurazioni, ecc.) dei sistemi OPAC specifici e dal tipo di information retrieval implementato da MAI. 80 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier Descriviamo brevemente quest’ultimo nel séguito, poiché il modello di information retrieval proposto da MAI concorre a definire MAI - e tutte le sue specializzazioni - come metasistema di recupero e lo caratterizza peculiarmente. Per attivare il sistema, l’utente utilizza il form di ricerca, in cui individua le metachiavi bibliografiche, cioè gli accessi possibili al catalogo virtuale. Le metachiavi sono implementate attraverso l’uso delle chiavi bibliografiche “reali”, cioè le chiavi rese disponibili dai sistemi OPAC, e le principali sono titolo e autore. Altre metachiavi sono: soggetto, data di pubblicazione, editore, collana, CDD, numeri standard, tutti i campi, e sono chiavi bibliografiche fornite in generale solo da alcuni sistemi OPAC. In corso di studio vi è l’ampliamento del modello per prevedere ulteriori metachiavi di tipo specialistico, cioè relative ai settori d’applicazione dei MetaOPAC specializzati. MAI prevede i casi in cui l’interrogazione sia applicabile ad un indice dichiarando, nel proprio modello di recupero attraverso una mappa di corrispondenza campiindici, quali chiavi di ricerca siano incluse in ognuna delle nove metachiavi. Inoltre, le interrogazioni effettuate sugli OPAC si applicano solo a chiavi primarie (il metasistema non interroga chiavi di raffinamento o filtri), secondo la modalità di ricerca dei termini esatti (cioè senza attivare il troncamento sulla parola, né verificare prossimità ovvero ordine delle parole immesse in ricerca dall’utente) per evitare recuperi imperfetti, e incrociando le chiavi di ricerca con l’operatore AND. La risposta del MetaOPAC è caratterizzata dall’elenco delle risposte dei vari OPAC, presentate all’utente appena sono ricevute dalla rete. Ogni risposta è data nel suo contenuto - cioè la lista dei documenti - e con la possibilità di navigare sui link presenti nella risposta e forniti dall’applicazione OPAC. Il metasistema, imperniato sull’utilizzo del protocollo HTTP, permette il passaggio alla fruizione delle funzionalità di navigazione dei sistemi OPAC previste in locale e ad accesso libero in rete. Sono disponibili due realizzazioni di MetaOPAC specializzati: MAIA [MetaOPAC Azalai Italiano per l’Architettura] e, di recentissima pubblicazione, MAL [MetaOPAC Azalai Lombardia], interrogazione simultanea dei principali cataloghi collettivi delle biblioteche pubbliche lombarde. MAIA (<http://www.cnba.it/maia_intro.php>) è un progetto del CNBA, Coordinamento Nazionale delle Biblioteche di Architettura. Realizzato attraverso la collaborazione tra CNBA e MAI (AIB e CILEA), MAIA è disponibile dal giugno 2001, alla conclusione delle attività iniziali per l’allestimento del prototipo. Nell’accordo di collaborazione di progetto sono stati concordati i ruoli rispettivamente svolti: in AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 81 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio base a questi, CNBA è titolare del progetto, gestore della homepage di progetto e dell’elenco delle risorse OPAC interrogate, e partecipa anche alla Redazione OPAC italiani di MAI relativamente al censimento dei sistemi OPAC italiani d’architettura; a CILEA e ad AIB compete il supporto tecnico per la realizzazione della homepage e l’addestramento delle persone CNBA dedicate al progetto. CNBA accetta nelle sue linee generali d’applicazione lo strumento implementativo. MAIA interroga oggi 57 sistemi, che in gran parte riguardano cataloghi delle biblioteche di istituti universitari del settore, di facoltà e di dipartimenti nelle università e nei politecnici italiani. Le biblioteche sono state individuate dagli specialisti CNBA partecipanti al progetto. MAL (<http://www.biblioteche.regione.lombardia.it/regsrc/metaopac.htm>) è un progetto della Regione Lombardia. Interroga oggi 8 sistemi, per la maggior parte sistemi collettivi di biblioteche pubbliche lombarde distribuiti a livello provinciale, cui si aggiungono il sistema del Polo regionale lombardo SBN e la biblioteca civica “Bonetta” di Pavia. I sistemi sono stati individuati dal settore “Culture, Identità e Autonomie della Lombardia: Beni librari, Biblioteche e Sistemi documentari” della Regione Lombardia. 82 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier Tavola rotonda Information management nel settore aerospaziale CHAIR: RODOLFO MONTI Durante la tavola rotonda sono intervenuti: Ferruccio Diozzi, CIRA; John Harrington, Cranfield University; Roy Kitley, British Library; Rodolfo Monti, Università degli Studi di Napoli “Federico II”; Paul Needham, Cranfield University; Mauro Russo, Alenia Aeronautica SpA; Roberto Stalio, ASI; Ennio Tarantola, Università degli Studi “Roma Tre”. L’obiettivo della tavola rotonda è quello di discutere e di confrontare punti di vista diversi sulla gestione dell’informazione nel settore aerospaziale. I punti di vista espressi provengono dal settore accademico e da quello industriale e sono rappresentativi sia degli utenti che degli specialisti. Lo studio AIM-EU, condotto da Cranfield University, e le altre esperienze, presentate nella sessione mattutina del seminario, sono discussi e confrontati con gli attuali bisogni informativi. Vengono, infine, presentati ulteriori orientamenti e proposte, finalizzati alla maggiore efficacia del management dell’informazione nel settore. Parole chiave: Management dell’informazione – Aerospazio – AIM-EU study – Fonti d’informazione – Intermediazione/disintermediazione – Letteratura grigia Rodolfo Monti: do il benvenuto ai partecipanti: sono Rodolfo Monti dell’Università di Napoli “Federico II” e cercherò di fornire qualche input, credo di una certa importanza, alla discussione. Parlerò, prevalentemente, dal punto di vista proprio delle università e delle istituzioni di ricerca. Io penso che la capacità di effettuare un’analisi della letteratura e della documentazione disponibile allo stato attuale delle ricerche sia un elemento essenziale nelle attività, appunto, di ricerca. Che cosa desiderano i ricercatori che operano in istituzioni quali il CIRA o il MARS, il Centro di Ricerche per la Microgravità, da me diretto? Da anni, in ambienti come i nostri, si fanno ricerche in banche dati: attraverso parole chiave si identificano record d’interesse, si leggono gli abstract presenti ed, eventualmente, si acquistano i documenti relativi. Non sempre però il full text corrisponde in pieno alle nostre aspettative. Oggi però vi sono un gran numero e una gran varietà di soluzioni differenti, di strumenti e di servizi: conoscerli tutti a fondo, per l’utente e per lo specialista, significa raggiungere un’accuratezza sempre maggiore nelle ricerche d’informazione. Un altro tema fondamentale, nella presentazione degli amici di Cranfield, è stato quello della letteratura grigia. La letteratura grigia ha un’importanza decisiva AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 83 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio per chi svolge attività di ricerca. Tradizionalmente è il canale attraverso il quale le informazioni elaborate da un ricercatore vengono diffuse con maggiore rapidità. Tutti coloro che operano nell’àmbito della ricerca, quando vogliono approfondire un argomento, si indirizzano alle migliori riviste scientifiche del proprio settore. Riviste che, tuttavia, osservano i propri tempi di pubblicazione. Al contrario, la letteratura grigia può essere disponibile in tempi assai ridotti. Prima di proseguire, io vorrei però dagli amici di Cranfield una definizione dell’espressione “letteratura grigia”. La mia generazione ha lavorato con colleghi dell’AGARD [Advisory Group for Aerospace Research & Development], dell’ONERA [Office National d’Etudes et de Recherche Aerospatiales], della NASA, dei Royal Aircraft Establishments. Nel corso di tanti anni sono stati prodotti documenti ancora oggi di enorme valore. Oggi molti tra questi documenti sono introvabili. È questo per me un tratto tipico dei documenti appartenenti alla letteratura grigia, che presenta, in maniera assai accentuata, la caratteristica della dispersività e, a volte, della non certificazione. Credo che l’obiettivo di nuovi e più efficaci sistemi di information retrieval debba essere anche quello di superare tali problemi. Mi fermo qui, per il momento: se nessuno vuole intervenire, vorrei chiedere a John Harrington di farlo. Ecco invece una richiesta di intervento. Roberto Stalio: sono Roberto Stalio dell’ASI, Agenzia Spaziale Italiana; il mio interesse principale è rivolto alla situazione italiana. Quanto sono complete le banche dati che avete presentato? Non ho sentito nulla riguardo alla partecipazione di altre agenzie come il CNES, il DLR, la NASDA. Che cosa prevedete circa il trattamento di documenti che provengono da studi eseguiti all’interno di accordi parzialmente o totalmente “non-disclosure”? È possibile avere maggiori informazioni su questo punto? John Harrington: credo di poter unicamente fornire delle risposte parziali a quanto è stato chiesto. Lo studio che stiamo conducendo è ancora in una fase preliminare, tanto che i diversi servizi presentati questa mattina sono soltanto delle anticipazioni relative al modo in cui potrebbero funzionare i sistemi. Gli strumenti presentati sono dei potenziali dimostratori. Resta aperta la questione fondamentale che è quella del coinvolgimento delle organizzazioni che producono informazione. Siamo quindi molto interessati ad accogliere e a far nostra la vostra opinione su come convincere le organizzazioni a partecipare al progetto. C’è poi il problema della copertura degli strumenti che vogliamo gestire e questo ci pone l’interrogativo circa il grado di collaborazione che può esistere in un settore fortemente competitivo come quello aerospaziale. Siamo convinti che molte organizzazioni, per non perdere competitività 84 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier commerciale, sceglieranno di non partecipare o saranno comunque preoccupate dalla partecipazione a servizi che permettono la condivisione di documenti e di informazioni. Queste organizzazioni potrebbero guardare a modelli differenti. Piuttosto che partecipare ad un sistema aperto a tutta la Comunità Aerospaziale, un gran numero potrebbe preferire infatti una sorta di “club degli utenti”, in modo tale da scegliere, di volta in volta, che cosa rendere disponibile e che cosa no. Inoltre, in un simile modello, potrebbero essere definiti profili differenziati di “associati”. In generale, in un sistema di management dell’informazione orientato all’aerospazio, bisognerà pensare a diversi gradi di accesso ai documenti ristretti. Cranfield vuole essere certa di garantire tutte le esigenze e di convincere diversi tipi di organizzazione ad aderire al sistema, proponendo un adeguato modello di funzionamento. Sono perciò estremamente interessato a vedere quanti, tra i partecipanti a questa tavola rotonda, possono pensare «la mia organizzazione non è preparata a tutto questo» oppure «la mia organizzazione è preparata e dunque pronta ad aderire, ma solo a certe condizioni». Rodolfo Monti: grazie Mr. Harrington. Altre domande? Roberto Stalio: il punto è: se le organizzazioni non supportano il progetto, allora voi, molto probabilmente, potreste rendere disponibili banche dati con contenuti che andranno inevitabilmente incontro ad una rapida obsolescenza. Rodolfo Monti: il problema dell’obsolescenza delle informazioni è certamente importante, ma c’è un altro nodo cruciale. La mia esperienza m’induce a citare i diversi punti di accesso alla documentazione del settore: la NASA, naturalmente, come pure lo IAF [International Astronautical Federation] e l’AIAA [American Institute for Aerospace and Astronautics], che è molto efficiente nei confronti degli utenti. Sapete come AIAA fornisca ai partecipanti alle conferenze ed ai seminari i lavori presentati su supporto digitale. Se si stipulassero accordi commerciali con questa e con altre associazioni, quei contenuti potrebbero usufruire di una diffusione maggiore, sia attraverso il Web che attraverso altri canali. Attualmente queste organizzazioni hanno politiche e modalità diverse di diffusione dell’informazione: una semplificazione ed un’omogeneizzazione di tali politiche incontrerebbe senz’altro il gradimento degli utenti. Su queste tematiche c’è qualcun altro che voglia intervenire? In caso contrario, ritornerei a Mr. Harrington. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 85 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio John Harrington: lei ha menzionato alcuni degli information provider “chiave” del settore aerospaziale, quali AIAA e NASA, e le diverse policy di accesso all’informazione. A tale proposito, vorrei sottolineare un elemento: la nostra preoccupazione non riguarda la quantità d’informazione disponibile. C’è una grande quantità di informazione reperibile tramite Internet o attraverso altri media. Rendere l’informazione disponibile, perciò, dovrebbe essere più semplice; eppure, a causa del maggior volume d’informazione e dei fattori di dispersione, può accadere che sia più difficile ritrovare l’informazione. È un paradosso che osserviamo con sempre maggiore frequenza. Naturalmente, c’è anche un altro problema: quello della qualità dell’informazione. È difficile distinguere tra ciò che è di qualità e ciò che non lo è. Come ho avuto occasione di dire questa mattina, a Cranfield c’è un primo, preoccupante segnale del fatto che i nostri studenti ed il nostro personale tendano a prendere la strada di minore resistenza. Spesso si cerca l’informazione più semplice da ritrovare, per non sostenere sforzi maggiori (cosa che implica maggiori risorse) per cercare l’informazione più affidabile. In tal senso, vorrei sottolineare l’importanza dell’uso di un portale come il nostro AERADE, una risorsa che intende integrare diverse fonti d’informazione. Un portale che renda disponibile l’informazione pubblicata, quella diffusa da organizzazioni come l’AIAA e, ritornando al punto di partenza del prof. Monti, che dia accesso a diversi tipi di letteratura grigia. Dato che in ogni caso non possiamo fornire tutta l’informazione disponibile, un approccio come quello del nostro portale, dal momento che integra, tra gli altri, strumenti quali le banche dati professionali, può riuscire estremamente utile. Ricordo che attraverso EINS sono disponibili tutte le banche dati AIAA e la banca dati della NASA. Resta ovviamente da sciogliere il nodo rappresentato da chi vuole partecipare all’alimentazione di questi tipi di servizi d’informazione e chi non ritiene opportuno farlo. Ma affrontiamo un problema alla volta: ritengo che una delle aree di maggiore criticità sia quello della letteratura grigia e, anche in considerazione dell’interesse dimostrato dai presenti sul tema, vorrei chiedere al mio collega, P. Needham, di definirla. Rodolfo Monti: Mr. Needham, può proporci una definizione di letteratura grigia? Paul Needham: la letteratura grigia è un insieme molto articolato: si va dai report tecnici veri e propri ai documenti che accompagnano prodotti commerciali dei tipi più vari. Come sapete, perché un report, anche formalmente pubblicato, si possa considerare letteratura grigia, occorre che non venga distribuito attraverso normali canali commerciali. È questa, probabilmente, la definizione chiave. La letteratura grigia 86 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier è dunque materiale prodotto da governi, università, industrie non reperibile attraverso i canali editoriali convenzionali. Penso che sia questa la definizione più efficace. Rodolfo Monti: tale definizione chiama in causa il tempo come parametro decisivo: la letteratura grigia può cambiare e diventare “bianca” o “nera”, pubblicata insomma, a seconda del valore del report. Per l’utente dei servizi di informazione ottimizzare la scelta non è semplice: bisognerebbe avere sotto controllo tutta la documentazione di un certo settore, pubblicata e non pubblicata, e poi selezionare il meglio. Giudicare non è una cosa probabilmente così facile. Sull’affidabilità e sulla qualità dell’informazione abbiamo qualche opinione dal mondo delle imprese? Ci piacerebbe sapere che cosa desiderano in materia. Mauro Russo: buongiorno, mi chiamo Mauro Russo, faccio parte di Alenia Aeronautica e lavoro alla gestione dati di prodotto. Mi sento un po’ spaesato in questo contesto, perché il mio àmbito di lavoro, dove pure vengono portate avanti attività di ricerca, richiede principalmente informazioni strettamente legate alle attività produttive. Una prima considerazione: tutte le industrie italiane, non soltanto quelle aerospaziali, devono acquisire informazioni da sistemi che spesso si sovrappongono e che non sempre assicurano la completa soddisfazione dell’utente che opera nel settore industriale. La seconda considerazione, di carattere più direttamente economico, è quella per cui i costi sostenuti dalle imprese sono veramente esorbitanti. Sono convinto che, se i fornitori d’informazione riuscissero a sviluppare alcune sinergie, il risultato potrebbe portare a miglioramenti notevoli nei servizi erogati e si potrebbe produrre nel contempo un abbattimento dei costi. Un esempio può aiutarmi a chiarire questo concetto: in Italia l’UNI, l’Ente Italiano di Unificazione e Certificazione, fornisce tutto il materiale su supporto cartaceo tranne che per le sezioni Qualità ed Edile. Da qualche anno, queste sezioni vengono rese disponibili su CD-Rom frozen, “congelate”, e quindi non suscettibili di aggiornamento se non all’arrivo della nuova versione. Ciò significa che le informazioni acquisite spesso abbinano due difetti: all’alto costo si aggiunge il problema di non essere aggiornate con la necessaria velocità. Notate che si tratta di informazioni fortemente dinamiche, che hanno significato e valore solo se costantemente aggiornate. Tutte le industrie manifatturiere, non soltanto quelle aerospaziali, affrontano processi di certificazione in modo tale da poter superare i test di legge, le specifiche di processo, le specifiche degli utenti e dei clienti. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 87 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Se i processi di certificazione non sono sostenuti da informazione, che sia aggiornata ed in tempo reale, si determinano gravi problemi di funzionalità. In base a queste considerazioni, la domanda che vorrei porre ai nostri ospiti inglesi è la seguente: come può un’organizzazione, che si propone di gestire l’informazione nel settore aerospaziale europeo, venire incontro alle specifiche esigenze del settore industriale? Rodolfo Monti: grazie, ing. Russo. Probabilmente una “raccolta di requisiti-utente” è uno dei task più importanti per gli amici di Cranfield. Faccio questa affermazione, tenendo conto della complessità e dell’eterogeneità dei requisiti degli utenti nel settore aerospaziale. Mr. Harrington, può dirci qualcosa in proposito? John Harrington: sì, certo. Nella mia presentazione di questa mattina ho evidenziato come uno degli obiettivi del progetto AIM-EU sia quello di identificare le fonti d’informazione e l’importanza che possono avere per i diversi tipi di utenti. Per inciso, vorrei invitare tutti voi a fornirci un feedback sulle specifiche fonti d’informazione che possono risultare d’interesse. In un àmbito industriale qual è quello di Alenia, osserviamo che la ricerca ed il management dell’informazione sono fortemente orientati a soddisfare i requisiti posti dai diversi tipi di standard tecnici. Noi desideriamo conoscere ancor meglio e comprendere gli approcci peculiari delle realtà industriali italiane: penso che, in passato, alcune delle fonti d’informazione rese disponibili non siano state utilizzate tanto quanto ci aspettavamo. Ora la domanda da porsi è perché questo sia avvenuto. Abbiamo forse garantito l’accesso a fonti d’informazione non pertinenti? In tal caso, se noi e gli utenti italiani abbiamo qualcosa da raccomandare all’ESA, questa è un’occasione da non perdere. Occorre infatti essere certi che il focus sia posto su tipi d’informazione realmente desiderati. Ciò significa non solo conoscere quale tipologia d’informazione venga richiesta, ma capire le motivazioni degli utenti (la necessità di conoscere ed utilizzare gli standard tecnici è una di queste). Solo dopo aver compiuto questi passi preliminari, potremo pensare coerentemente alle più efficaci modalità di accesso all’informazione. Ritengo che l’ultima cosa da fare sia quella di compiere uno sforzo enorme per mettere su servizi che dànno accesso a fonti d’informazione scarsamente utilizzate. Ecco perché è importante che gli utenti ci orientino con chiarezza. Paul Needham: mi rivolgo in particolare all’ing. Russo. Lei parla di problematiche che mi sono ben note: l’“informazione per tempo” e il supporto alle metodologie di problem solving sono tutti elementi su cui è incentrato il lavoro di Cranfield. Tenga 88 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier presente che il servizio informativo della Cranfield University non è concentrato sull’aerospazio in particolare, ma copre diversi filoni tecnologici ed ingegneristici. Non a caso, nella presentazione di stamane, ho citato i servizi di “Alerting” per gli utenti. In generale, tutto il nostro lavoro, sia quello ordinario sia quello svolto per lo AIM-EU study, è centrato sull’idea che ingegneri e tecnologi lavorino per risolvere problemi specifici ed abbiano bisogno di informazione aggiornata in maniera molto rapida. Ciò forse non riesce ancora ad emergere in tutta la sua evidenza nelle presentazioni del lavoro condotto nell’àmbito dell’AIM-EU study; spero, però, che l’ulteriore sviluppo del progetto colmi questa lacuna. Roy Kitley: vorrei solo chiarire un punto con l’ing. Russo. Lei ha menzionato l’UNI e le normative tecniche emesse da questo ente: potrebbe dirci in quale formato sono disponibili attualmente questi standard? Mauro Russo: nel mio intervento precedente ho citato l’esempio dell’ente italiano di normazione, l’UNI, ma esiste una pluralità di enti normativi tecnici internazionali: a partire da quelli di àmbito militare, che producono le MIL [Military Standards], per venire alle DIN [Deutsches Institut für Normung], le ASTM [American Society for Testing and Materials], le JAR [Joint Aviation Requirements], le SAE [Society for Automotive Engineers], l’ACM [Association for Computing Machinery], le FAR [Federal Aviation Regulations]. Tutte queste norme, fatta eccezione per FAR e JAR, interessano gli ambienti industriali più diversi. Ciò significa che una serie di problemi sono comuni a molti comparti industriali. Provo ad elencarli: • il problema della disponibilità delle norme; • quello del loro aggiornamento; • quello della limitazione dei costi. Ferruccio Diozzi: l’ing. Russo ha sottolineato un problema veramente importante per il settore industriale. Con John Harrington e con gli altri colleghi di Cranfield e della British Library, già questa mattina, abbiamo cominciato a parlare dei bisogni di informazione degli utenti appartenenti al settore delle imprese private come uno dei topic specifici di un lavoro di ridefinizione del management dell’informazione nel settore aerospaziale. La massa e la complessità delle informazioni riguardanti i processi di certificazione ed, in generale, la normativa tecnica sono estremamente rilevanti. In una fase tipica di transizione qual è quella che noi viviamo (intendo transizione da supporti puramente fisici a supporti elettronici con spostamento del focus dal possesso all’accesso di informazione), la complessità ed, in ultima analisi, le difficoltà degli utenti possono aumentare ed anzi moltiplicarsi. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 89 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio I costi sono assai elevati, difficili da sostenere per singole compagnie e per singole organizzazioni, sia a livello nazionale che internazionale. È probabile che, a fronte di un’utenza potenzialmente anche molto ampia, l’offerta degli enti di normazione tecnica e certificazione non sia ancora del tutto adeguata. Forse persino Cranfield, British Library e CINECA, organizzazioni che gestiscono l’informazione nel settore aerospaziale, potrebbero utilizzare queste prime osservazioni come elementi per elaborare una nuova strategia dell’offerta d’informazione adeguata alle esigenze. Forse ciò potrebbe colmare un gap, nei confronti di ampie fasce di utenti e di potenziali clienti. Se poi si guarda a problemi più specificamente connessi alla gestione ed al recupero dell’informazione nel settore della ricerca, che è il mio campo di attività più diretto, intendo la tipica informazione tecnico-scientifica di cui parlava prima il prof. Monti, se ne aggiungono altri di non lieve peso. Quando John Harrington, parlando della ricerca senza intermediari, rileva una spiccata tendenza alla scarsa accuratezza anche in istituti prestigiosi come Cranfield, comprendiamo che il valore aggiunto offerto o meno dal bibliotecario, dallo specialista dell’informazione, non è più uno slogan, ma una necessità autentica, sia in contesti “avanzati” sia in contesti, come quello italiano, che troppe volte si considerano “arretrati”. Ricordo un articolo di venti anni fa, Do we really need libraries?, acuto e provocatorio, e mi viene da pensare che le conclusioni tratte dall’autore siano ancora valide. Ciò in presenza di uno scenario ulteriormente cambiato, diversificato e reso più complesso dalla forza delle tecnologie, come pure da approcci, organizzativi e cognitivi, assolutamente assenti dal panorama sino a pochi anni fa. Il pensiero, com’è ovvio, corre a tutti i paradigmi, i modelli, i termini, con cui tentiamo oggi di comprendere fenomeni complessi riguardanti le biblioteche e i servizi che gestiscono l’informazione. Io penso che noi abbiamo bisogno di queste strutture, biblioteche “ibride”, “digitali”, e di altri servizi che oggi non riusciamo neanche ad individuare da un punto di vista terminologico, ma che, forse, sono dietro l’angolo, in esperienze ancora non codificate o poco conosciute. Abbiamo bisogno delle biblioteche, e non voglio soltanto parlare “pro domo mea”, a favore, cioè, della carriera mia e dei miei colleghi. Ribadisco invece questo concetto con assoluta convinzione, perché ritengo che alle attività di ricerca dell’informazione possa venire “valore aggiunto” unicamente da chi è professionalmente deputato a farlo: dal bibliotecario, dal documentalista, dallo specialista dell’informazione. Tale valore aggiunto scaturisce appunto dalle soluzioni innovative nella gestione dell’informazione che solo gli specialisti dell’informazione possono offrire ad utenze sempre più segmentate e complesse. 90 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier Gli approcci e le soluzioni illustrati nel seminario e i casi via via esaminati in questa tavola rotonda, quantunque estremamente diversificati, hanno in comune alcune esigenze di base. Tra le altre, c’è quella che nasce dalla necessità di condividere risorse e di non essere sommersi dalla sovrabbondanza d’informazione: cosa che coinvolge in egual misura, mi pare, chi come l’ing. Mauro Russo, in un contesto industriale, deve fare i conti con la normativa tecnica e la sua rapida obsolescenza e chi, in contesti di ricerca - siano essi università o centri come il CIRA - si accorge che è indispensabile migliorare le performance per fare in modo che né gli specialisti né gli utenti, laddove questi possano operare in autonomia, ne siano sommersi. Il ribadire la validità e la necessità degli approcci degli specialisti fa sì che naturalmente si sviluppino altri circoli virtuosi: con corretti approcci, derivati da un’efficace user education, gli utenti potranno andare avanti, almeno per un certo tratto di strada, da soli. È un aspetto molto importante, soprattutto per i nostri ambienti di lavoro, nei quali, per definizione, le risorse disponibili per realizzare concretamente questi obiettivi non sono illimitate. La user education, insegnando ai nostri utenti a valersi in maniera autonoma delle fonti di informazione, può contribuire a contenere i costi. Proprio sotto questo rispetto, devo fare i miei complimenti al tipo di attività che i colleghi inglesi stanno portando avanti nel loro contesto e faccio particolare riferimento al portale che ci è stato proposto, questa mattina, da P. Needham. Una soluzione attraverso cui è possibile accedere, contemporaneamente, ad informazioni e documenti estremamente diversi tra loro che, solo sino a dieci anni fa, non si pensava affatto di riuscire ad integrare. Oggi occorre non soltanto integrare l’accesso a queste informazioni, ma anche mettere in parallelo tre differenti attività: • ricerca dell’informazione • education • gestione dei flussi di lavoro. Secondo me, soprattutto nel settore aerospaziale, oggi si sente fortissimo il bisogno di un discorso integrato, ed è non meno urgente decidere come sia possibile svolgerlo, in forza delle tecnologie e degli approcci che si vanno sperimentando. Rilevo infine la necessità che organizzazioni quali il CIRA, che anche nel settore dell’information management vogliono assumere un ruolo davvero proactive, stimolino e promuovano questa tendenza nel contesto italiano. Rodolfo Monti: grazie, dr. Diozzi. C’è qualcuno che voglia intervenire? AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 91 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Mauro Russo: volevo soltanto aggiungere una cosa importante: nell’acquisire quel tipo di documentazione di cui parlavo prima, tutte le aziende in Italia e nel mondo impiegano enormi risorse, anche perché obbligate a contattare fornitori diversi che naturalmente praticano politiche diverse. Se un’unica organizzazione riuscisse a rendere disponibile, a livello commerciale, tale tipo di documentazione, se ci fosse non dico un’unica interfaccia, ma almeno un’offerta non meno ampia gestita però da un unico soggetto, una simile iniziativa non potrebbe che incontrare il pieno favore del cliente industriale. John Harrington: dalle parole dell’ing. Russo sorgono due domande: la prima è quella legata al soggetto, all’organizzazione che potrà in futuro agire da provider, coprendo un’area d’informazione e documentazione assai ampia. Quale tipo di organizzazione può coordinare questa attività? Potrà essere l’ESA a farlo o un altro tipo di organizzazione? L’altra questione riguarda le tipologie di informazione su cui concentrarsi: standard tecnici, letteratura grigia che non passa attraverso i canali convenzionali? Qual è la priorità su cui è concentrata l’industria aerospaziale italiana? Mauro Russo: cerco di rispondere io e dico entrambe le cose: avere il controllo degli standard significa riuscire a far vivere le nostre attività già esistenti; avere accesso ad un certo tipo di documentazione tecnico-scientifica, insieme con la sua disponibilità, significa favorire la nascita di nuove attività e di nuovi business. Rodolfo Monti: Molte grazie. Passo ora ad un altro tema ed intendo riferirmi alle prospettive. Qual è lo scenario delle biblioteche e dei servizi d’informazione prefigurato nel vostro studio? Cosa sarà una biblioteca nel 2010? Equivarrà ad un portale, ad una rete, o, estremizzo, non ve ne sarà più bisogno? Ho assistito alla transizione dalle biblioteche tradizionali, che sviluppavano le proprie collezioni di documenti cartacei, all’avvento di altri supporti: dapprima le microfiche, poi le collezioni d’informazione in formato elettronico, le banche dati, in linea e su CD-Rom. Nella vostra visione che cosa diventeranno le biblioteche? Grandi sistemi di “storage” dell’informazione od altro? Personalmente ritengo che la figura del bibliotecario sarà sempre presente. È la figura professionale di colui che gestisce l’informazione, realizzando una serie di attività di trattamento dell’informazione in un modo o in un altro, anche se non si può non tener conto della diversità dei supporti. Per questo vi chiedo: qual è la vostra opinione sulla trasformazione di biblioteche e servizi nei prossimi dieci anni? John Harrington: nel rispondere a questa domanda partirò da alcuni elementi certi, stabiliti dalle nostre ricerche sull’utenza inglese. 92 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier In generale, concordo con quanto ha detto il dr. Diozzi e ho una visione piuttosto ottimistica riguardo alla “sopravvivenza” delle biblioteche e all’importanza degli intermediari dell’informazione. Devo però tener conto di come in realtà coesistano tendenze opposte. Le ricerche condotte nell’àmbito dell’AIM-EU study mostrano che, quando ingegneri e ricercatori cercano informazione, la prima cosa che fanno è guardare all’informazione più immediatamente reperibile, senza rivolgersi all’intermediario. Se non riescono ad ottenere una risposta, sono soliti chiedere ai colleghi, più o meno vicini. E, comunque, a chi abbia già affrontato il problema. Ciò mi fa sorgere delle preoccupazioni per noi bibliotecari e specialisti dell’informazione: bisogna rendersi conto che, in parecchi casi, i canali su cui siamo abituati a lavorare - collezioni, banche dati, etc. - non sono utilizzati al meglio. Gli specialisti, in particolare, sono visti come una sorta di “ultima spiaggia”. Tuttavia, pur di fronte a certe tendenze, il mio ottimismo sul destino della professione è sostenuto da molteplici fattori. Questa mattina, parlando del mio ruolo abituale che è appunto quello di lavorare in un servizio di informazione, ho avuto modo di ricordare che mettere insieme fonti d’informazione diverse è stato da sempre uno dei ruoli di biblioteche e di bibliotecari. Certo, è innegabile il problema prodotto dall’avvento di Internet: ognuno ha visto se stesso come un esperto ricercatore d’informazioni. Ciò che tentiamo di fare nel nostro lavoro di tutti i giorni è mostrare come bibliotecari ed intermediari abbiano ancora un ruolo importante da giocare e questo è anche uno degli obiettivi del nostro servizio AERADE: usare tutti i nostri skill tradizionali per essere in grado di definire e comprendere i bisogni di utenti e clienti. Sfruttare i nostri skill per identificare fonti d’informazione e per renderle disponibili. Certamente non dobbiamo commettere l’errore di pensare alle biblioteche unicamente come a dei luoghi fisici, per quanto automatizzati e dotati di servizi efficienti. Dobbiamo sforzarci di pensare in termini di collezione virtuale. Questo ci permette di immaginare biblioteche senza orari di apertura, non limitate dal tempo o dallo spazio. A volte, non occorre recarsi fisicamente in biblioteca, quando si dispone della possibilità di accedere alle informazioni e di organizzare le conoscenze attraverso portali come AERADE; che è, appunto, un portale specializzato, in cui l’utente può avvalersi di varie fonti d’informazione residenti su diversi sistemi. Questo è il modo in cui biblioteche e bibliotecari, nella pratica, svolgono un ruolo decisivo nella gestione dell’informazione. Tra l’altro, strumenti come AERADE dànno modo di conoscere ancor meglio la situazione delle utenze: dalla valutazione degli utenti che abbiamo condotto, risulta che si sono giudicati in gran numero ricercatori d’informazione “esperti”. Questa auto-classificazione è stata contraddetta però da due elementi: • nel rispondere a domande differenti gli utenti hanno rivelato di non distinguere AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 93 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio tra diversi tipi di fonti. A questo proposito, esiste un fenomeno, conosciuto a Cranfield come il “Google phenomenon” e noto probabilmente anche a voi. Google è, come sapete, un motore di ricerca potente ed evidentemente molti utenti pensano che le informazioni da loro cercate possano essere efficacemente trovate attraverso Google. Avere accesso a risorse di qualità costa e la gente si limita per lo più ad usare Google; • se noi guardiamo ai log di ricerca ed al tipo di termini che la gente sta utilizzando, è chiaro che AERADE non viene sfruttato al massimo delle sue potenzialità. Questo spinge noi specialisti dell’informazione a lavorare su svariati fronti: • migliorare le capacità degli utenti nell’uso di alcuni strumenti di ricerca; • fare in modo che gli utenti, sia che lavorino in diverse ore della giornata in biblioteca, sia che lavorino in remoto, usufruiscano di adeguato supporto; • andare incontro ai bisogni degli utenti. È quindi giusto non pensare alle biblioteche come a dei semplici luoghi fisici. Lo sono, ma sono anche molto di più. Rodolfo Monti: molte grazie, Mr. Harrington, per il suo intervento. Altri contributi? Ennio Tarantola: mi chiamo Ennio Tarantola e dirigo la Biblioteca dell’Area Scientifico - Tecnologica dell’Università di Roma Tre. L’ultimo intervento è stato di estremo interesse: è focalizzato soprattutto sul futuro delle biblioteche e ne viene fuori, mi pare, una netta distinzione tra biblioteca tradizionale, “fisica”, e biblioteca virtuale. Questa contrapposizione, se non risolta, può essere fonte di equivoci e danni per l’intero sistema di gestione dell’informazione. La necessità di reperire l’informazione presuppone una struttura - organizzativa, procedurale, tecnologica - alle spalle. Questa struttura non può basarsi su sistemi improvvisati: alcuni servizi potrebbero non essere in grado di rispondere alle necessità degli utenti di accedere alle informazioni. Credo che l’unica soluzione sia quella di integrare diverse funzioni, tradizionali e moderne, in una struttura in cui vengono recepite le necessità informative tipiche della società complessa. Proseguire nella contrapposizione potrebbe essere estremamente dannoso: le biblioteche debbono essere potenziate. Tutto quello che riguarda l’informazione va portato all’interno della biblioteca non in quanto struttura meramente conservativa, ma in quanto struttura dinamica, capace di prevedere altresì nuove figure professionali che siano in grado di erogare nuovi servizi. 94 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier Io credo che l’esigenza di avere accesso all’informazione sia largamente diffusa; è diffusa però anche l’esigenza di risparmiare sull’acquisizione di documenti e dati. Le biblioteche, in particolare le biblioteche universitarie, possiedono già gli strumenti per intervenire su questi processi, ma spesso accade che tali strutture non godano di sufficiente credibilità e siano lasciate da parte. Ciò è profondamente errato: occorre andare verso sistemi integrati di gestione dell’informazione in cui le biblioteche, con il loro patrimonio di approcci e di metodologie, siano uno degli elementi fondamentali. Ciò vale in special modo, lo ribadisco, per ambienti universitari e di ricerca. Rodolfo Monti: credo che vada probabilmente operata una distinzione tra molti contenuti informativi delle scienze umane e quelli dei settori scientifico e tecnologico. Nel primo caso il trasferimento in supporti digitali o l’accesso digitale ai contenuti sono, ancora oggi, meno richiesti. Sulla questione della “sopravvivenza” dei bibliotecari ho espresso, poco fa, l’idea di come la mediazione sia pur sempre necessaria. Non posso però fare a meno di osservare che la possibilità di ricevere al proprio tavolo di lavoro informazioni aggiornate, affidabili, dai costi contenuti è oggi una realtà. Penso che qui si scontrino due tendenze: da un lato, il desiderio di poter lavorare in autonomia e, dall’altro, il bisogno e la voglia, che tutti noi proviamo, di godere, anche fisicamente, di uno stacco dal nostro lavoro, sia per riposarci mentalmente, sia per ampliare i nostri orizzonti e riflettere con maggiore efficacia su quanto stiamo già elaborando. La prima tendenza, soprattutto nel nostro ambiente, è molto forte. Eppure, abolendo completamente la dimensione fisica dei servizi di biblioteca, si rischia di perdere qualcosa. Allora mi viene da chiedermi: come si può riequilibrare quest’orientamento? Ennio Tarantola: una brevissima replica; a me sembra che così il prof. Monti alimenti la contrapposizione: tra biblioteche ed utenti, tra biblioteche ed altri servizi informativi. Ribadisco la mia convinzione: le biblioteche del futuro potranno rendere disponibili tutte le informazioni in modo che da qualunque punto del mondo, indipendentemente dallo spazio e dal tempo, si possa accedere alle risorse informative individuate e si possano ottenere in tempo reale i documenti relativi. Tutto ciò contattando il bibliotecario, che non è un ostacolo tra l’utente e l’informazione, bensì l’agente principale di un processo di diffusione dell’informazione più rapido, più efficace, più affidabile del passato. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 95 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio John Harrington: personalmente continuo a ragionare in termini di servizi di informazione: il problema che stiamo affrontando in questa sede è quello delle biblioteche e dei servizi d’informazione che non riescono ad avere sufficiente influenza all’interno delle organizzazioni di appartenenza. Abbiamo bisogno del conforto del management, di quanti effettivamente prendono le decisioni, per convincere proprio quelle organizzazioni a sviluppare attività o a partecipare ad accordi di collaborazione. Dobbiamo naturalmente essere in grado di comprendere i bisogni informativi presenti. Non possiamo decidere da soli, ma spero che, alla fine di giornate come questa, si chiudano i lavori con un consenso ben maggiore nei confronti delle proposte operative degli specialisti e con la convinzione, da parte di tutti, specialisti ed utenti, che la condivisione di risorse informative e i diversi accordi di collaborazione possibili siano la via migliore per andare avanti. Per questo è molto importante identificare i “decisori”: vale a dire le figure professionali che ricoprono ruoli organizzativi strategici nelle organizzazioni, quelle appunto che dobbiamo convincere. Per quanto possa attribuire importanza agli specialisti ed ai bibliotecari, non penso che le decisioni finali, in termini di accordi di collaborazione, vengano prese soltanto da costoro. Rodolfo Monti: grazie Mr Harrington. C’è ancora qualcuno che voglia intervenire? Siamo quasi alla fine della tavola rotonda, ma le questioni aperte restano parecchie. Per un momento, vorrei evitare ulteriori sforzi nell’immaginare il futuro dei servizi. Preferirei, invece, che ci concentrassimo sulla raccolta dei “requisiti utente”. Roberto Stalio: ribadirei, quasi in conclusione, il problema della qualità dell’informazione, che resta comunque centrale in ogni settore e assume particolare rilievo in quello della ricerca aerospaziale. Roy Kitley: vorrei rinnovare i ringraziamenti di J. Harrington a voi tutti per essere stati presenti e per aver partecipato in maniera così attenta ai lavori di questo seminario: direi che è andato tutto molto bene e vorrei di nuovo ringraziare il prof. Monti per aver presieduto la sessione pomeridiana. Va infine sottolineato un punto: l’intera iniziativa AIM-EU non è un’iniziativa della British Library o dell’Università di Cranfield, ma dell’ESA stessa. L’Agenzia, che per lungo tempo ha avuto la responsabilità della diffusione dell’informazione, si rende conto della necessità di disseminare nel settore aerospaziale informazione di buona qualità. Per questo l’ESA è molto riluttante a proporre fonti d’informazione non affidabili. Se alla fine di questo progetto le cose avranno funzionato, saremo in grado di raccomandare all’Agenzia il modo più efficace per realizzare l’incontro tra la domanda d’informazione e le fonti migliori. Ancora grazie a tutti voi. 96 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio Dossier John Harrington: vorrei pregarvi di compilare i nostri questionari e/o di passarli ai vostri colleghi. Se ci sono ulteriori domande non esitate a contattare il team AIM-EU study. Rodolfo Monti: con l’invito di Mr. Harrington e ringraziando tutti i partecipanti, chiudiamo questa tavola rotonda. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 97 Schegge a cura di DOMENICO BOGLIOLO Schegge KM-Appunti. 5: KM e “nuova” logica Paolo Bisogno ha lasciato innumerevoli tracce delle quali sarà il caso, prima o poi, di fare un inventario completo. Non tanto per la definizione dell’eredità del suo pensiero, che non ne ha necessità1, quanto per riscoprire innumerevoli percorsi di ricerca che egli ha, direttamente o indirettamente, promosso o ispirato e che continuano a dare i loro frutti. Ne estraiamo uno, esito di un impegno di lavoro decennale del suo ISRDS [Istituto di Studi sulla Ricerca e la Documentazione Scientifica]2, che ci tocca particolarmente da vicino, tanto dal punto di vista del “fare”, che pare più caratteristico dell’ingegnere (e che sottostà al termine management), quanto da quello del “conoscere”, il quale pare più pertinente al ricercatore scientifico, anche se oggi l’espressione knowledge management (che nelle aule universitarie, uscendo dalle tradizionali facoltà di economia, può diventare facilmente “ingegneria della conoscenza”) sa rappresentare una nuova, direi felice e consolidata sinergia fra il governo delle organizzazioni (con gli inerenti strumenti tecnologici) e le scienze umane: possiamo allora parlare genericamente di “scienza dell’organizzazione della conoscenza” se decidiamo di vedere, sempre e comunque, anche componenti pratiche, gestionali o direzionali, incluse idealmente nel concetto di conoscenza, la quale non si darebbe, allora, se non nella forma di conoscenza organizzativa3. Ora, se gli epistemologi – per dirla con Davenport e Prusak4 – concentrano le loro analisi teoriche sulla comprensione del significato della conoscenza, è pur vero – aggiungono – che la gestione della conoscenza all’interno delle organizzazioni ha, più che altro, necessità di definizioni operative; è però altrettanto vero – aggiungiamo – che queste abbisognano di quelle, non solo per “funzionare” correttamente, ma anche per chiarire all’operatore della conoscenza l’àmbito entro il quale queste stesse definizioni operative acquistano senso e valore. Proveremo inizialmente a ritagliare qui, poco più che indicativamente, dal complesso delle citate ricerche ispirate da Paolo Bisogno, un profilo unitario, insieme epistemologico e operativo, della modellizzazione e della categorizzazione della conoscenza, che possa esserci di aiuto per chiarirci quali siano i nuovi confini conoscitivi che il KM sottende pur nelle prassi quotidiane5. Per restare nell’àmbito aziendalistico, il primo dato dal quale ci è comodo partire è la crisi tendenziale, che è dei nostri tempi, del modello cosiddetto “tayloristico” dell’organizzazione (non solo aziendale), e il fatto che con il suo progressivo uscire di scena se ne stia anche andando (o cominci a mostrare la corda anche se, si deve riconoscere, il “vecchio” modello resiste assai bene…) una parallela concezione del mondo fondata su modelli di conoscenza configurata come un sistema chiuso, nel quale le interazioni del soggetto percipiente con la realtà cosiddetta esterna sono AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 101 Schegge salde, sono note, certe, e perfettamente conoscibili. L’informazione-conoscenza, univoca per definizione, cala dall’alto, nella struttura gerarchica top-down “a fittone”, mantenendosi sempre coerente con se stessa fino all’ultima ruota del carro. È una concezione che, dal punto di vista gestionale, consente di instaurare e mantenere più o meno immutato nel tempo il medesimo rapporto fornitore-cliente (o, se si preferisce, governo-sudditi o clero-fedeli o anche autore-lettore o docente-discente, bibliotecario-utente, e simili) e nel quale un lungo ciclo di vita dei prodotti e dei servizi consente pianificazioni del mondo anche per tempi considerevolmente lunghi. È la concezione dell’interazione fornitore-cliente chiamata della mass production contro l’attuale concezione, indotta dalla globalizzazione, della mass customisation. Non si tratta, a ben vedere, che di una traduzione operativa dell’antico sistema logico deduttivo che Frege6 ha contribuito a formalizzare, e che serve per creare ordine tra i dati della conoscenza che altrimenti, e di per sé, apparirebbero essere solo un coacervo di “cose” sparse e disomogenee. Qui la conoscenza è organizzata in modo assiomatico per cui, individuate alcune proposizioni fondamentali, tutte le altre ne derivano logicamente e, tolte quelle, l’intero edificio crolla. Questo sistema, che ha fornito per qualche millennio il modello corrente della conoscenza, possiede tuttavia alcune caratteristiche che agli occhi contemporanei appaiono come difetti: non sa rappresentare adeguatamente le conoscenze in evoluzione7 né quelle incoerenti (che anzi distruggono il sistema) né, tanto meno, sa dar conto delle interazioni dinamiche tra sistemi diversi e nemmeno può venir esteso per stadi o moduli successivi. È anche, un po’, il sistema dell’intelligenza artificiale “vecchia maniera”, tipico di una fase ispirata più alla cibernetica classica che alle scienze dell’informazione8, e che sa quindi, a onta dei meccanismi di retroazione, gestire solo conoscenze statiche (relative a uno stato di cose fissato con regole immodificabili) e concentrate (ciascuna relativa a un unico sistema di cose e a un unico sistema di regole). Sistema – e mondo – chiuso, dunque, contro sistema – e mondo – aperto. Abbiamo elaborato nella tabella che segue una sintesi delle principali contrapposizioni. Sistema chiuso Deduzione assiomatica Riduzione del numero dei dati L’incoerenza distrugge il sistema Linguaggio e principî prefissati Ipotesi non modificabili La soluzione del problema è un processo finito Si gioca a regole fisse Logica matematica9 Logica dell’oggetto Teorema di completezza di David Hilbert10 102 Sistema aperto Induzione analitica Accettazione di dati incoerenti L’incoerenza arricchisce il sistema Di prefissato c’è solo il problema Ipotesi modificabili Il processo di soluzione è potenzialmente infinito Si gioca per cambiare le regole Logica computazionale9 Logica della navigazione Teorema di incompletezza di Kurt Gödel10 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Schegge Macchina di Turing11 Meccanica dei solidi Struttura a fittoni Non scambia informazioni con l’esterno Conoscenze statiche Conoscenze concentrate Non modellizzazione del passaggio del tempo Sistema monologico Interpreta il pensiero Hard computing Mass production Ecc. La “nuova macchina” Meccanica dei fluidi Struttura a rizomi Scambia informazioni con l’esterno Conoscenze dinamiche Conoscenze distribuite Modellizzazione del passaggio del tempo Sistema dialogico Interpreta la storia Soft computing Mass customisation Ecc. A differenza dei sistemi chiusi, infatti, i sistemi aperti (l’analogia più evidente è con gli esseri viventi) non si basano su assiomi ma su ipotesi analitiche che possono cambiare con lo sviluppo del sistema stesso. Per l’organizzazione il capovolgimento è rivoluzionario: le regole stesse non sono definite ma, in più, possono (anzi, devono) cambiare nel corso del gioco, per cui è opportuno che tutti i limiti siano trasgrediti, se non altro perché, per definizione, assolutamente parziali e bisognosi del confronto e della negoziazione con altri limiti e con altri sistemi. E, ciò che più conta per il nostro argomento, è il fatto che nei sistemi aperti non si assume che tutta la conoscenza sia concentrata in un unico sistema, ma si ammette che essa possa essere distribuita tra più sistemi (gerarchia “a rizomi”) e quindi che la comunicazione, la cooperazione e l’interazione tra sistemi svolgano un ruolo essenziale. Questa visione del mondo complica certamente le cose per un amministratore “tradizionale” della conoscenza, ma appare più verosimile: senza rievocare per questo il dottor Faustroll, si direbbe trattarsi di una specie di sistema patafisico, alla ricerca del particolare, del governo delle eccezioni, le cui soluzioni non sono, però, immaginarie, ma solo del tutto governabili, perché non siamo nel regno della metafisica ma in quello della pragmatica. Ad ampliare il campo delle analogie esplicative ci aiutano due veloci scorribande nella linguistica e nella neurobiologia. Anche la morfogenesi linguistica sta infatti superando la meccanicità del modello cibernetico della lingua, intesa come “scambio di segnali”, mezzo rappresentativo simbolico – e largamente oggettivo – di comunicazione, frutto di un coordinamento convenzionale fra segno e significato, a vantaggio di un suo fondamento prelinguistico, psicologico, risultato di un evento fisico, concreto, percettivo, un “linguaggio dei sensi” modificabile nel tempo già prima della distinzione soggettiva fra il percipiente e l’oggetto percepito e quindi prima di qualunque distinzione tra linguaggio, pensiero e realtà. Il pensiero si articolerebbe, insomma, in un contenuto AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 103 Schegge mentale libero, non determinato, figurale, che solo successivamente l’ideologia (o le false coscienze) della rappresentazione tradurrebbe in forme oggettivate. È dunque di questo “caos” intenzionale che dobbiamo tener conto prima di affermare nuove categorie per una più o meno certa interpretazione del mondo e, di conseguenza, per un ridisegno efficace dell’organizzazione. Le impostazioni anti-oggettivistiche della neurobiologia cognitiva sono, dal canto loro, altrettanto radicali12, criticando la concezione tradizionale del sistema “chiuso” per la quale è l’azione che dipende da rappresentazioni interne, e non viceversa (com’è invece per la concezione del sistema “aperto”) o il fatto che le rappresentazioni mentali rispecchino “stati di cose” oggettivi del cosiddetto “mondo esterno” o ancora che le rappresentazioni siano codificate in formati linguistici statici interconnessi mediante precise regole di composizione logica o, infine, che il “linguaggio del pensiero” venga elaborato dai soli organi centrali in séguito a informazioni raccolte indipendentemente dai singoli organi sensoriali. Nei sistemi chiusi, insomma, bisogni ed emozioni potevano sì accompagnare o alterare le rappresentazioni e il ragionamento, ma essi non figuravano tra i loro elementi costitutivi13, mentre nel modello del sistema aperto viene superata la separazione fra l’individuo e l’ambiente, fra la mente e il corpo, al di là di un sistema informativo gerarchico, condiviso e lineare, per un sistema policentrico, interconnesso, cooperativo, per il quale la realtà non è vista come un fatto, ma come un processo in continua trasformazione e dove dell’attività razionale sono evidenziate soprattutto le componenti pre-logiche. Per applicare i fondamenti di queste differenti concezioni del mondo nella nostra organizzazione “cognitiva” e che, quindi, “apprende”, c’è allora bisogno di disegnare un nuovo modello dei flussi informativi, insieme con i meccanismi di presa delle decisioni, che faccia salva la crescente valenza economica della nozione di conoscenza, insieme con una descrizione più efficace dei processi di comunicazione aziendali. Ma come funziona il sistema aperto comunicante? Deriviamo da Piero Pagliani (Categorie…, 2000) una rappresentazione grafica che abbiamo già usato altrove. EMITTENTE MESSAGGIO RICETTORE EMITTENTE MESSAGGIO RICETTORE Processo poietico o di costruzione Problemi di determinazione 104 Processo estetico o di ricostruzione. Problemi di scelta AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Schegge Il primo schema presenta la situazione “classica” che abbiamo qui già descritto a proposito del sistema-Taylor, e che ci sembra non necessiti di ulteriori chiarimenti, a parte il notare che si tratta anche del medesimo modello della cosiddetta “macchina di Turing” che sta a fondamento di tutta la scienza del calcolatore, con la sua architettura “pulita” di ingresso-elaborazione-uscita e nella quale si presuppone che l’elaborazione riceva input completi rispetto al problema e prosegua imperturbabile fino alla (eventuale) soluzione esatta. Ma chi ci salva se quei dati di input e le risorse di calcolo e le stesse interazioni con l’ambiente sono incompleti, inesatti, contraddittorî, sono oggetto di selvagge negoziazioni, cambiano nel tempo e, magari, adottiamo la neurobiologia cognitiva e la linguistica figurale? Quali soluzioni trovare? Insistere a voler adattare la rigidità dell’organizzazione cercando di “proceduralizzare”, per quanto possibile, almeno qualche prassi informale e quindi sfuggente (con il rischio di pervenire a una pericolosa atrofia dell’organizzazione) o gettare, disperando, la spugna e lasciar fare il fattibile e lasciar gestire il gestibile (con il rischio dell’anomia organizzativa)? La terza soluzione (il secondo schema di cui sopra) consiste nel puntare decisamente sul ruolo centrale da far assumere al processo di interpretazione del messaggio, visto come un processo aperto, basato sui concetti di: • approssimazione invece di certezza, • distribuzione invece di monolitismo, • negoziazione invece di chiusura del sistema, • cooperazione invece di linearità procedurale, • rete invece di serialità. È così che funzionerebbero i sotto-sistemi (tutti cognitivi) che costituiscono un sistema biologico (e la metafora biologica è all’origine, per esempio, della stessa sistemica “inventata” da Bertalanffy14). Volendo salire qualche gradino nelle teorie cognitiviste alla ricerca di altri puntelli, soccorrono, tra le altre possibili, le elaborazioni di Peirce15 e di Varela16 riguardo, rispettivamente, alla “teoria dell’interpretante” e al concetto di “conoscenza come enazione” (enacting: attivazione). L’uomo, sostiene Pierce, non sta in un rapporto frontale con il mondo, come un soggetto spirituale di fronte a un oggetto materiale, ma ogni rapporto fra l’uomo e il mondo – e con se stesso e con gli altri uomini – è sempre frutto di un’interpretazione dei segni costitutivi del mondo: si formulano allora ipotesi plausibili, probabilistiche, valide in àmbiti ristretti, ci si confronta con la comunità dei percipienti, si elaborano e si modificano interpretazioni vagliando gli antecedenti e i conseguenti di un complesso di segni finché si trova l’interpretazione temporaneamente e funzionalmente più valida, e il processo ricomincia. Varela e la Scuola di Santiago, dal canto loro, sottolineano come l’atto del percepire non consista in una reazione passiva all’insorgere di stimoli esterni o in una registrazione AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 105 Schegge dell’informazione ambientale esistente al fine di ricostruire realisticamente una parte del mondo fisico: il percepire è invece un’attività vitale (enacting) del soggetto che attribuisce, grazie alla situazione sensoriale e motoria del suo sistema nervoso, valori di realtà che hanno importanza, soprattutto, per il proprio vissuto, per la propria coscienza. Ciò darebbe inizialmente alla realtà virtuale il medesimo grado di realtà (non: di verità) di quella materiale. Nell’approccio enattivo – afferma Varela – la realtà non è un dato: essa dipende dal percipiente, non perché la si costruisca per capriccio, ma perché ciò che conta come mondo rilevante è inseparabile da ciò che è struttura del percipiente17. Se l’interpretazione dipende da un interpretante – nota Pagliani – allora il significato stesso del messaggio risulterà essere costituito da una rete di interpretanti, o meglio dall’interazione di più reti di interpretanti che possono anche essere in disaccordo o, comunque, non in sintonia: è il caso ben noto del conflitto dei ricettori e/o il conflitto emittente-ricettore. È come se alla domanda – aggiungiamo – «che cos’è la realtà?» rispondessimo a pieno diritto: «se ne discute!». È questa la “nuova” logica dell’organizzazione, richiesta dalla corretta applicazione di strategie di KM. Insomma, ancora una volta è il “buon governo” dell’immanente, del metamorfico, del fantasmatico e dell’irriducibile, di ciò che il KM chiama “conoscenze tacite o implicite” a determinare il successo o il fallimento dei metaprocessi gestionali18, al punto da pretendere autentiche e spesso dolorose (e costose e niente affatto sicure) rivoluzioni organizzative. È l’evoluzione della logica, ci si chiede a questo punto, a indurre mutamenti nell’organizzazione della realtà, o sono le esigenze organizzative aziendali a favorire l’insorgere di nuove frontiere computazionali? Semiologicamente, non è necessario rispondere… Ma c’è di più. La logica della Rete (Internet, per intenderci, che è, in definitiva, la “nuova macchina” che prende il posto di quella di Turing) esige livelli d’integrazione del lavoro collaborativo che presuppongono strutture d’informatica distribuita tali da “costringere” la stessa “monolitica” intelligenza artificiale a rifondarsi su una strategia di “unione disgiunta di sistemi” come, per esempio, una rete di “agenti intelligenti” cooperanti – anche caoticamente o, almeno, in ordine sparso – tra di loro. Vi abbiamo accennato nella nostra seconda scheggia. È l’organizzazione stessa a diventare, a questo punto, uno spazio ipermediale navigabile, sia pur in modo intelligente, in modo guidato19. Lo stesso Nonaka teorizzava l’organizzazione ipertestuale come risposta ottimale per un KM produttivo. Una “società della mente”, insomma, nella quale non sono più, allora, i frammenti d’informazione a essere risolutori, ma lo è il sistema stesso di navigazione. Il “navigare” diviene preminente sul guadagnare un porto (è, tra l’altro, la rovinosa interpretazione romantica dell’Odissea). Non gli oggetti percepiti, ma l’atto del percepire, non le interpretazioni del mondo, ma il processo interpretativo. 106 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Schegge Nelle epoche soggettive, diceva Goethe spiegando l’epistemologia, non interessa il panorama che sta al di là della finestra, ma l’attenzione è posta sul telaio stesso della finestra che incornicia il panorama… Chi è famigliare con il pensiero indù sa che cosa significhi dire che la nuova logica, della navigazione invece che dell’oggetto, è la logica dei nostri e prossimi tempi: la logica della “femmina”, che tende a vivificare qualsiasi sistema, la logica del Kali Yuga… Note Le URL segnalate sono state controllate il 31 luglio 2002 1 2 Per questo, si veda La conoscenza scientifica: un sistema in evoluzione del 3 ottobre 2001, giornata di studio del CNR in commemorazione di Paolo Bisogno <www.isrds.rm.cnr.it/seminari/P.Bisogno>, recensita anche su “AIDAinformazioni”, 2001, n. 4, p. 8-12. Gli atti del convegno sono stati parzialmente pubblicati nel 2002 dal CNR-ISRDS nella serie “Note di studio sulla ricerca; 32”, che contiene anche il citato resoconto di Alessandra Convertini e Maria Pia Carosella per “AIDAinformazioni”. Il progetto che dà la cadenza alle varie iniziative appare delineato da Bisogno fin da principio: • Linguaggi documentari e basi dati. Atti del convegno, Roma, 3-4 dicembre 1990, a cura di Giliola Negrini e Tamara Farnesi. Roma : CNR-ISRDS, 1990, 536 p., 24 cm, ISSN 0390-5500 (Note di studio sulla ricerca; 24). Il convegno, quasi introduttivo al filone, si proponeva di approfondire sia «la tematica di linguaggi per la catalogazione ed il reperimento» sia «i sistemi di metodologia e di rilevamento concettuale e le strategie di recupero dell’informazione». (Negrini, p. 13). • Modelli e metodi di organizzazione della conoscenza. Lavori della tavola rotonda organizzata dall’Istituto di studi sulla ricerca e documentazione scientifica, Roma, 2 febbraio 1994, in “L’Indicizzazione”, n. 14-15, anno VIII, n. 1-2 (numero unico 1993, ma stampato nel novembre 1994), ISSN 0394-0810. La tavola rotonda aveva approfondito «in una prima parte, l’ordinamento del sapere da un punto di vista teoretico […] ed in una seconda parte metodologie applicative dedotte da esperienze di lavoro in campi diversi». (Negrini, p. 10). • Categorie, oggetti e strutture della conoscenza = Categories, objects and structures of knowledge. Atti del seminario organizzato dall’Istituto di studi sulla ricerca e documentazione scientifica, Roma, 1-2 dicembre 1994, a cura di Giliola Negrini. Roma : CNR-ISRDS, 1995, 210 p., 30 cm, ISSN 0085-2309 (Note di bibliografia e di documentazione scientifica; LX). Il seminario aveva dato rilievo alle «due opposte prospettive che emergono dalla riflessione filosofica: quella della fondazione ontologica induttiva della conoscenza, che caratterizza l’ontologia come teoria degli oggetti […] e quella della sintesi funzionale che riduce l’oggetto a risultato degli schemi cognitivi». (Bisogno, p. 3). • Modelli e modellizzazione = Models and modeling. Atti del seminario organizzato dall’Istituto di studi sulla ricerca e documentazione scientifica, Roma, 17 maggio 1996, a cura di Giliola Negrini. Roma : CNR-ISRDS, 1997, 132 p., 30 cm, ISSN 0085-2309 (Note di bibliografia e di documentazione scientifica; LXIV). Il seminario aveva inteso «presentare modelli e metodologie di modellizzazione concettuale». (Bisogno, p. 3). • Infine, Categorie e modelli di conoscenza, a cura di Giliola Negrini. Milano : Franco Angeli, 2000, AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 107 Schegge 3 4 5 108 220 p., 23 cm, ISBN 88-464-2424-7 (913; Istituto di studi sulla ricerca e documentazione scientifica CNR; 20), che l’intero filone – per ora – conclude e sistematizza. In prospettiva: da un problema concreto alla ricerca delle regole di soluzione; da uno “stato dell’arte” su creazione, elaborazione e uso di strumenti lessicali per l’information retrieval, passando poi attraverso tentativi ed esempi più generali di categorizzazione (via via, dell’oggetto della conoscenza, dell’atto stesso del conoscere e delle strutture della conoscenza) per giungere, da ultimo, alla modellizzazione come strumento dinamico e “aperto” d’interpretazione e, soprattutto, d’uso della realtà concettuale. Una sintesi ulteriore è inducibile dallo stesso titolo del volume del 2000, che raccoglie, con revisioni e aggiunte, gli scritti più indicativi di questo filone di ricerca. La decisione non può essere presa senza conflitti perché attiva concezioni del mondo di diversa ispirazione e dipendenti da un punto di vista posto molto in alto sull’orizzonte, come: oggettività della conoscenza, indipendenza dell’oggetto osservato dal soggetto osservante, neutralità della scienza, possibilità di posizioni “impolitiche” (alla Thomas Mann…) eccetera, da una parte, contro il loro contrario, dall’altra. Pagina 6 dell’edizione italiana di Thomas H. Davenport e Laurence Prusak, Working knowledge. How organizations manage what they know. Boston : Harvard Business Scholl Press, 1998, «trad. it.» di Giacomo Negro: Il sapere al lavoro. Come le aziende possono generare, codificare e trasferire conoscenza. Milano : Etas, 2000. È ovvio che le opere segnalate nella nota 2 non ricoprano esattamente il ristretto campo della nostra ricerca; in esse il tema dell’organizzazione delle conoscenze vi è affrontato in un’ampia pluralità di punti di vista e in un quadro problematico complesso, per il quale sono possibili differenti chiavi di lettura: per esempio, la proposta di un modello originale (come il “Sistematificatore” della Dahlberg dell’ISKO – International Society for Knowledge Organization – per l’ordinamento dei concetti in un determinato campo di conoscenza, ripreso e innovato da Negrini e collaboratori) è ancorata su un campo interdisciplinare composto da riflessioni logiche, linguistiche, filosofiche, psicologiche, epistemologiche e ontologiche. In particolare, anche se non li citeremo tutti direttamente, faremo qui soprattutto ricorso, ritagliando convenientemente il nostro profilo, al complesso dei seguenti contributi: • Liliana Albertazzi – Roberto Poli, Modellizzazione e organizzazione della conoscenza, in “L’Indicizzazione” (1994), p. 31-35, cit., e Liliana Albertazzi, Il campo figurale della lingua: esprimere, indicare, rappresentare, in Categorie, oggetti… (1995), cit., p. 9-42, riproposto con modifiche in Categorie e modelli… (2000), cit., p. 55-90. • Carola Catenacci, Categorie cognitive e dimensione neurobiologica della conoscenza, in “L’Indicizzazione” (1994), cit., p. 45-51 e id., I processi di categorizzazione nelle indagini neurobiologiche e psicologiche: la svolta “emotiva”, in Categorie e modelli… (2000), cit., p. 121-133. • Carlo Cellucci, Modelli e metodi di organizzazione della conoscenza, in “L’Indicizzazione” (1994), cit., p. 61-64 e id., La modellizzazione della conoscenza: sistemi chiusi e sistemi aperti, in Modelli… (1997), cit., p. 53-71. • Aldo Gangemi, Categorie di categorie, in “L’Indicizzazione” (1994), cit., p. 37-43; id., Ricategorizzare la memoria. Le categorie tra semiotica e ontologia, in Categorie, oggetti… (1995), cit., p. 81-119 e id., Categorizzazioni: un’indagine tra semiotica, ontologia e informatica, in Categorie e modelli… (2000), cit., p. 91-119. • Piero Pagliani, Conoscenza e gestione della conoscenza, in Categorie e modelli… (2000), cit., p. 153-170. • Roberto Poli, Aspetti di descrizione e modellizzazione della conoscenza, in Categorie, oggetti… (1995), cit., p. 43-80; id., Procedure di modellizzazione. Alcune note sulla differenza fra astrazione e idealizzazione, in Modelli… (1997), cit., p. 107-124 e id., Spazi di rappresentazione, in Categorie e modelli… (2000), cit., p. 19-54. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Schegge 6 7 8 9 Gottlob Frege era ben cosciente delle staticità inerenti ai sistemi chiusi, che non sanno interpretare lo sviluppo storico e sono quindi in conflitto con l’effettivo sviluppo della conoscenza, ma non era questo il cómpito che affidava alla logica matematica. Riteneva, invece, che lo sviluppo delle conoscenze in un dato dominio non potesse esimersi dal fissare, in primo luogo, le verità certe da far valere come punti di partenza e, in secondo, stabilire regole certe di deduzione, in modo da poter formare catene inferenziali tra verità, tanto più lunghe quanto più la conoscenza progrediva. Questo momento di rigidità era dunque ineliminabile: quando il sistema vigente si mostrava insufficiente, non restava che demolirlo a vantaggio di un nuovo sistema chiuso. Per un orientamento su Frege: <www.netmeta.com/archivio/schede/frege.htm>. Il modello di rappresentazione del movimento che sa fornire è illusorio e di tipo cinematografico, come la sequenza dei singoli fotogrammi che si succedono nel film che scorre nella macchina da proiezione. In questa direzione va la definizione originaria di informatica (la parola, che fonde information con automatique, è di origine francese – primato che ne è l’orgoglio – coniata nel 1962 da Philippe Dreyfus, ingegnere della Bull, in una seduta dell’Association Française de Calcul et Traitment de l’Information, e successivamente documentata in una lettera pubblicata in “Informatique et gestion”, 100, ottobre, 1978, ISSN 0020-062X) poi adottata dall’Académie Française che nel 1966 la presentava come «scienza del trattamento razionale, prevalentemente mediante macchine automatiche, dell’informazione considerata come il supporto delle conoscenze umane e delle comunicazioni nei dominî tecnici, economici e sociali» (questo in <www.linux-france.org/prj/ jargonf/I/informatique.html> e altrove ma vent’anni dopo, nella nona edizione in linea del dizionario <www.academie-francaise.fr/dictionnaire>, la definizione è mutata in: «scienza del trattamento razionale e automatico dell’informazione»; sarebbe interessante verificare, tra un po’, come cambieranno le definizioni operative dell’informatica in séguito alla nuova edizione…) [sottolineature e traduzioni nostre]. Per una sintetica chiarificazione generale sul tema dei rapporti cibernetica-informatica, pur se sviluppata a partire da esigenze specifiche – nel caso, giuridiche (ma qualunque applicazione cosciente fa obbligatoriamente ridiscutere le premesse) – e per un commento all’edizione 1966 del dizionario dell’Académie, può risultare utile la recensione di Costantino Ciampi alla seconda edizione (1973) di Cibernetica diritto e società di Vittorio Frosini (prima ed., Milano : Edizioni di Comunità, 1968), originariamente pubblicata sul “Bollettino bibliografico d’informatica generale e applicata al diritto”, anno II, n. 3-4, luglio-dicembre, 1973, p. 127-132 e recentemente riproposta nel numero speciale, dedicato a Vittorio Frosini, di “Informatica e diritto”, XXVII annata, seconda serie, vol. X (2001), n. 2, p. 11-21. La parte che può riguardarci è contenuta nel terzo paragrafo della recensione, nelle p. 13-19 della ristampa. Semplificando: se la logica è teoria dell’inferenza (le condizioni di correttezza formale di un ragionamento), la logica classica s’impegna a classificare proposizioni elementari raggruppandole in alcune, non esaustive, categorie fondamentali e si caratterizza, quindi, come una logica del contenuto espresso in linguaggio naturale; la logica matematica (o formale o simbolica o – con un termine unico – logistica) si preoccupa di definire i fondamenti della matematica costruendo un linguaggio ideale e astratto dai significati, ponendosi così in grado di potenziare l’operabilità algebrica del lato deduttivo della logica classica. Differente è la prospettiva della logica computazionale la quale, utilizzando direttamente la logica stessa come linguaggio di programmazione, vi introduce un orientamento ai sistemi informativi, con le connesse esigenze operative delle “prese di decisione”; essa consente così all’intelligenza artificiale – in una sua formalizzazione sempre più spinta come teoria dei sistemi aperti comunicanti – di limitarsi a definire l’oggetto di una decisione da prendere, senza dover preventivamente stabilire AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 109 Schegge 10 11 12 110 come questo risultato debba essere calcolato. La qualifica “computazionale”, sia detto per inciso, viene oggi attribuita a nuove e diverse discipline, dalla psicologia alla filosofia alla linguistica, per l’elaborazione automatica di cómpiti intelligenti, cioè per riprodurre in una macchina il comportamento umano. Già che ci siamo, e trascurando altre logiche: utili contributi alla scienza dell’organizzazione nel senso indicato dal KM – come, in generale, al complesso delle scienze umanistiche – vengono dalle applicazioni della logica fuzzy, o logica degli insiemi confusi, sfumati, incerti, per i quali non è tassativa l’appartenenza di un elemento a un determinato insieme, ma ogni elemento possiede un “valore di appartenenza”, che varia da 0 a 1, per cui gli insiemi “classici”, di Eulero-Venn per intenderci, diventano un caso particolare degli insiemi fuzzy. Per questa logica non sono quindi validi i principî di non contraddizione e del terzo escluso, caratteristici di tutta la logica bivalente, da Aristotele in poi. Su web: Introduzione alla logica fuzzy di Antonella Faggiani, 1997 <brezza.iuav.it/~faggiani>, che cita a contrario la ripulsa di William Kahan (Università di California a Berkeley): «La teoria fuzzy è errata; errata e perniciosa. Abbiamo bisogno di più pensiero logico, non di meno. Il pericolo della logica fuzzy è che incoraggi quel genere di pensiero impreciso che ci ha creato tanti problemi. La logica fuzzy è la cocaina della scienza». David Hilbert vedeva la matematica come un puro gioco formale, giocato, diceva, su un foglio di carta con segni di per sé privi di significato: indifferentemente piani e punti oppure tavolini e boccali di birra…; l’importante era assumere: a) che qualche cosa fosse fondamentale, postulati o assiomi accettati i quali, e fissate le regole di trasformazione, i teoremi sarebbero stati deducibili in modo legittimo e corretto; b) che le relazioni tra i nostri piani e punti fossero le medesime intercorrenti fra tavolini e boccali di birra. Era quindi sufficiente che non vi fosse contraddittorietà interna perché valesse il principio di completezza sintattica (ogni formula del sistema è dimostrabile o refutabile). Contro questo formalismo Kurt Gödel dimostrò che all’interno di ogni sistema esistono proposizioni che esso non riesce a “decidere”, non riesce cioè a darne una dimostrazione né di verità né del loro contario; in particolare, non era decidibile proprio la proposizione relativa alla non-contraddittorietà del sistema, portando così al fallimento il programma di formalizzazione di Hilbert. Per soddisfare alle condizioni imposte dal teorema di incompletezza di Gödel sembra indispensabile, nota Cellucci, sostituire la nozione di sistema chiuso con quella di sistema aperto. Per un orientamento su Gödel: <www.netmeta.com/archivio/schede/godel.htm> oppure, per un orientamento su Bertrand Russel e sul complesso di questi problemi: <www.netmeta.com/archivio/ schede/russell.htm> Su Alan Mathison Turing ci limitiamo a proporre la ricca Alan Turing Home Page di Andrew Hodges <www.turing.org.uk/turing> e, in italiano, l’intervista del 1998 a Maria Luisa Dalla Chiara pubblicata dalla RAI per MediaMente su <www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/ d/dallachi.htm> dal titolo Dalla macchina ideale di Turing ai computer reali. Di Turing in libreria: Intelligenza meccanica, a cura di Gabriele Lolli. Torino : Bollati Boringhieri, 1994. Neurobiologi come il “neo-darwiniano” Gerald M Edelman e l’“anti-cartesiano” Antonio R. Damasio intervengono, globalmente, per negare che: • le rappresentazioni mentali rispecchino stati oggettivi del mondo esterno; • le rappresentazioni mentali siano strutture simboliche statiche formalizzate in un atto linguistico (il “linguaggio del pensiero”) governato da precise regole di composizione logica; • esista una fondamentale separazione fra gli agenti cognitivi e gli ambienti loro circostanti, nonché fra gli “organi” della cognizione (come il cervello) e il resto del corpo; • l’emozione condizionerebbe negativamente il ragionamento decisionale. Su Edelman (Nobel 1972 per la Medicina e laurea ad honorem in Scienze biologiche a Bologna nel 1998) sono disponibili in rete, tra l’altro, una rassegna stampa curata da SWIF, Sito web italiano per AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Schegge 13 14 15 16 17 la Filosofia, dal 1997 in poi <www.swif.uniba.it/lei/rassegna/edelman.htm> e un’intervista del 2000 di MediaMente-RAI dal titolo Il cervello non è la mente <www.mediamente.rai.it/biblioteca/biblio.asp?id= 459&tab=int>; di Edelman in libreria: Sulla materia della mente. Milano : Adelphi, 1993 e, con Giulio Tononi, Un universo di coscienza. Come la materia diventa immaginazione. Torino : Einaudi, 2000. Analogamente, del cileno Damasio (che lavora con la moglie Hanna all’Università dello Iowa), sono disponibili in rete, tra l’altro, la rassegna stampa SWIF dal 1999 su <www.swif.uniba.it/ lei/rassegna/damasio.htm> e una scheda di Elisa Castagno su The Feeling of What Happens in <www.sicap.it/merciai/psicosomatica/students/damasio-s1.htm>; di Damasio in libreria: L’errore di Cartesio. Milano : Adelphi, 1999 ed Emozione e coscienza. Milano : Adelphi, 2000. Sui tentativi delle scienze cognitive di unificare res cogitans con res extensa e così consentire al cocchio platonico di essere un’auto-mobile: Bruno Niceforo, La carrozza senza auriga. Le scienze cognitive di fronte alla coscienza. Napoli : CUEN, 2001 Abbiamo già analizzato una situazione simile contestando la “vecchia” concezione dell’informazione “cenerentola aziendale”, vista solo come sottoprodotto della produzione di beni e servizi, invece di elemento costitutivo dell’intera organizzazione: Rebecca O. Barclay – Philip C. Murray, It’s all in your head. The new common sense for 21st century business productivity. “KM Metazine”, Issue 1, <www.ktic.com/topic6/KMHEAD.HTM>, citato nella nota 2 del nostro KM, Knowledge Management – 1/3. “AIDAinformazioni”, 1998, n. 2, anche disponibile online su <www.aidainformazioni.it/pub/km1.html>. Karl Ludwig von Bertalanffy elaborò la sua teoria generale dei sistemi negli anni ’30, ma soltanto negli anni ’50 essa pervenne all’attenzione degli studiosi di scienze umane, come tentativo di superamento del rigido modello meccanicistico di causa-effetto tipico delle scienze naturali. In italiano: Teoria generale dei sistemi: fondamenti, sviluppo, applicazioni, trad. di Enrico Bellone. Milano : Mondadori, 1983. Su web, una pagina praticamente ufficiale: <bertalanffy.iguw.tuwien.a c.at/sites/indexexinl.html> Di Charles Santiago Sanders Peirce in italiano: Scritti di filosofia. Bologna : Cappelli, 1978 poi Milano : Fabbri, 1997; Scritti di logica. Firenze : La Nuova Italia, 1981; Le leggi dell’ipotesi. Milano : Bompiani, 1984. Dal mare del web semiologico proponiamo solo l’articolo di Fernanda Spina Charles Sanders Peirce: semiotica e conoscenza, pubblicato su <www.filosofia.unina.it/tortora/sdf/ Quattordicesimo/XIV.9.html> e l’intervista con Carlo Sini a cura della RAI per l’Enciclopedia delle scienze filosofiche, 1992 <www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=522>. Il cileno Francisco J. Varela, allievo del compatriota “socio-biologo” Humberto R. Maturana <www.inteco.cl/biology>, si è occupato (fino alla morte nel 2001, a 54 anni) di un continuum che va dall’immunologia alle neuroscienze, alle scienze cognitive, all’intelligenza artificiale, all’epistemologia (si direbbe che l’approdo all’epistemologia sia ormai di gran moda). Su web è fondamentale la sua home page <web.ccr.jussieu.fr/varela> mentre, in italiano, segnaliamo l’articolo di Giovanna Pagano, Il marchio enattivo della Realtà Virtuale. Applicazione della teoria enattiva della cognizione nella spiegazione della conoscenza umana dei mondi virtuali <www.noemalab.com/ sections/ideas/ideas_articles/pagano.html>, il cui webmaster ha dimenticato di apporre le note al testo, e l’intervista a cura della RAI per l’Enciclopedia delle scienze filosofiche, 2001 <www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=452> che riporta una bibliografia imprecisa che così integriamo: Autopoiesi e cognizione: la realizzazione del vivente (con Maturana). Venezia : Marsilio, 1985; L’albero della conoscenza (con Maturana). Milano : Garzanti, 1987; Scienza e tecnologia della cognizione. Firenze : Hopeful Monster, 1987; La via di mezzo della conoscenza: le scienze cognitive alla prova dell’esperienza. Milano : 1993; Un know-how per l’etica. Roma-Bari : Laterza, 1992. Varela, Un know-how per l’etica, cit., p. 16; più in generale: Varela, Il reincanto del concreto, in Il corpo tecnologico. Bologna : Baskerville, 1994, p. 143-159. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 111 Schegge 18 19 Tanto la cosa è importante per le organizzazioni che la gestione della diversità (etnica, linguistica, religiosa, sessuale, culturale, eccetera) è diventata un capitolo non secondario dell’economia aziendale. Vi accenniamo in un’altra parte [Manifestazionidopo] di questo medesimo fascicolo. Si apre qui, a ben vedere, una dialettica potenzialmente drammatica fra le esigenze “libertarie” della navigazione e quelle “repressive” – o comunque organizzative e dirette a uno scopo – del controllo. Anche nelle applicazioni del KM più “da sistema aperto” (come indicate da Nonaka e Takeuchi in The Knowledge-Creating Company. Oxford : Oxford University Press, 1995 («trad. it.» The knowledge creating company. Creare le dinamiche dell’innovazione. Milano : Guerini e Associati, 1997, ISBN 88-7802-816-9), il K manager interviene attivamente (e, soprattutto, saggiamente) in ogni fase dei processi di socializzazione, esteriorizzazione, combinazione, per garantire l’aderenza della creatività, propria della conoscenza tacita, ai fini dell’organizzazione senza però diminuirne la portata creativa e, quindi, potenzialmente distruttiva, secondo il principio che l’ordine non può nascere che dal caos… ----Le schegge precedenti, disponibili sul sito <www.aidainformazioni.it/pub>, sono state pubblicate sui seguenti fascicoli di “AIDAinformazioni”: KM-appunti. 1: Knowledge vs Information – 2000, n. 1 KM-appunti. 2: Ontologie – 2000, n. 2 KM-appunti. 3: DBMS vs KBMS – 2000, n. 3/4 KM-appunti. 4: Anti-terrorism KM task force – 2001, n. 4 112 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Opinioni Opinioni The new information professional: plus ça change, plus c’est la même chose BOB MCKEE Nota introduttiva L’intervento che proponiamo è stato presentato al convegno Towards an Information Society for All: a European Perspective (The British Council – Bologna, 9-10 marzo 2001). Sebbene la sua pubblicazione sia stata ritardata per ragioni tecniche, lo proponiamo comunque, poiché riteniamo che sia ancora fortemente attuale. È dell’aprile di quest’anno, infatti, un’importante novità nel panorama professionale del Regno Unito: la creazione del CILIP [Chartered Institute of Library and Information Professionals], che segue l’unificazione dell’IIS [Institute of Information Scientists] con la LA [Library Association]. La definizione dell’identità professionale dello specialista dell’informazione ha dunque compiuto un altro, decisivo passo: il suo profilo va ritagliandosi uno spazio preciso, per integrarsi sempre più saldamente ed autorevolmente nel tessuto della società britannica. E proprio al corporate plan del CILIP (<www.cilip.org.uk>) sta collaborando attivamente, in prima persona, l’autore dell’articolo, Bob McKee. Nel contributo, che preferiamo pubblicare in lingua originale, il Chief Executive della Library Association ci offre una riflessione stimolante sulla “evoluzione” del nostro mestiere. Egli inoltre l’arricchisce di interessanti considerazioni relative allo sviluppo e alle radicali trasformazioni che le associazioni professionali degli specialisti dell’informazione e dei bibliotecari hanno conosciuto nel Regno Unito. La linea di sviluppo del percorso illustrato – maturato in un contesto particolare com’è quello anglosassone, ben diverso dalla situazione italiana (e non è certo questa una novità) – dimostra come il nostro mestiere sia profondamente segnato dai cambiamenti imposti dalla tecnologia – come, del resto, è sempre stato per i documentalisti in particolare – e dalle dinamiche organizzative e sociali in genere. L’avvento di Internet ha evidenziato drammaticamente, agli occhi di tutti, le molte incongruenze e l’innegabile obsolescenza di talune attività, proprie delle professioni dell’informazione. La strada intrapresa dai nostri colleghi d’oltremanica, pur non prefigurando necessariamente percorsi analoghi in contesti differenti, che hanno caratteristiche e “storie professionali” affatto dissimili, pone a tutti noi l’esigenza di riposizionare il nostro lavoro quotidiano, al di là degli angusti limiti fisici e geografici in cui troppo spesso è stato relegato. Limiti che per lo più non hanno motivo di essere, dal momento che attengono ad una collocazione socioculturale ormai datata, e dunque controproducente, facilmente superabile nella realtà concreta dell’esperienza professionale. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 115 Opinioni L’evoluzione delle organizzazioni nell’ultimo decennio ha profondamente influito sull’intero mondo del lavoro e delle professioni, anche su quelle di tipo intellettuale (che non sono, cioè, direttamente coinvolte nel ciclo produttivo), con mutamenti di varia entità e natura. Talune professioni sono scomparse, altre si sono sostanzialmente modificate fino a divenire irriconoscibili, altre ancora – tra queste la nostra – hanno semplicemente cambiato pelle. In Italia, ma soprattutto all’estero, si parla sempre meno di documentalisti e di bibliotecari e sempre più di specialisti dell’informazione: il termine unico rivela l’inarrestabile sovrapporsi dei ruoli e delle funzioni, come pure il progressivo confluire delle competenze e delle abilità in un solo “saper fare”, ampio eppure riconoscibilissimo. Pur con accezioni e valenze diverse da caso a caso, l’accento è posto sulla materia, vale a dire l’informazione, e molto meno sul luogo o sull’àmbito in cui la professione è svolta. Ecco quindi che luoghi tradizionali com’è appunto una biblioteca, quantunque conservino la stessa denominazione, assumono un ruolo o svolgono cómpiti affatto impensabili fino a qualche anno fa (valgano per tutti i casi di Helsinki e di Oeiras, illustrati più avanti, all’interno della rubrica Manifestazionidopo, nella mia relazione su TISA2); e i professionisti che vi si impegnano provengono da “mestieri” diversi, che tuttavia hanno sempre come riferimento comune l’informazione e le sue modalità di fruizione. L’accesso generalizzato alle tecnologie dell’informazione (banche dati on-line, siti internet), unitamente alla maggiore alfabetizzazione informatica, ha aperto a tutti – almeno all’interno dei Paesi sviluppati – l’opportunità di usufruire, in maniera diretta e disintermediata, di fonti che sino ad un decennio fa erano appunto accessibili e utilizzabili con estrema difficoltà. Le tecnologie dell’informazione hanno inoltre dato vita a nuovi mestieri che, benché nati su presupposti diversi e a partire da àmbiti formativi esclusivamente tecnologici, sono molto più vicini al mestiere del documentalista di quanto possa sembrare ad un primo sguardo: si pensi soltanto a tutte le professioni legate al web. Chi non trova una qualche affinità con il web editor o con il web surfer, per citarne due fra le più note? Chi di noi non si occupa ormai, anche solo parzialmente, del proprio sito? Il ragionamento dell’autore, lucido eppure appassionato, ha il pregio di rompere i confini abituali della nostra professione, per riproporla in un’ottica nuova: non sarà più un unico iter obbligato, magari accademico, a stabilire chi debba essere lo “specialista dell’informazione”. Al contrario, l’insieme composito degli skill necessari ai mestieri dell’informazione proverrà in misura crescente da percorsi diversificati. Essi, pur serbando un solido e coerente impianto formativo e quindi un’indiscutibile validità, prefigurano già una ricca trasversalità curricolare. Sicché le professioni dell’informazione rimarranno certamente riconoscibili – e, si spera, opportunamente certificate –, ma non potranno più essere rigidamente vincolate da codificazioni chiuse e aprioristiche. Altrimenti, come si spiegherebbe il moltiplicarsi delle attività formative, legate appunto alla comunicazione, all’informazione e alla stessa formazione? E, corrispondentemente, l’aumentato interesse, nei riguardi di queste, da parte di strati sempre più vasti della società? 116 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Opinioni Un altro fattore è stato ed è tuttora determinante nello sviluppo della nostra professione: l’accesso diffuso alle informazioni e, parallelamente, la crescita democratica dell’Occidente richiede, da parte nostra, una maggiore sensibilità verso un’utenza sempre più esigente e insieme desiderosa di emancipazione. Dobbiamo pertanto facilitare in ogni modo l’accesso diretto alle singole informazioni, proporle in un linguaggio chiaro e attuale, adatto al nostro interlocutore; di più, dobbiamo aiutarlo a muoversi autonomamente e consapevolmente nel caos dell’eccesso informativo: in una parola, ripensare coraggiosamente il nostro lavoro, a misura degli utenti con cui abbiamo quotidianamente a che fare. Massimiliano Tosato My task is to reflect on the concept of “the new information professional”. What are the competencies needed by our new information professional in our new information society? How are they different from the traditional competencies of librarians? In considering these questions I want to look at what is new – what is changing in our profession. But I also want to look at what does not change – at what the information professional of the future will have in common with the librarian of the past. All of us here share an aspiration, an ideal: concerning freedom of access to information. A world where physical barriers to access are removed; where legislative barriers to access are resolved; where linguistic barriers to access are overcome; and where the technological barriers – the “digital divides” – become non-existent. But in this world – if we can one day achieve it – information will still need mediation; an intermediary who can convert the chaos of unstructured information into orderly, organised and usable knowledge. The new information professional will do what our profession has always done – add value by giving people access to knowledge. So our purpose, our role in society, does not change. But the activities we undertake in order to deliver that purpose – they have changed radically in recent years. Every few weeks I receive on my desk a number of letters to sign. They are letters addressed to new members of our profession, to welcome them into our professional community and to confirm that they have been registered by The Library Association as being fully qualified professional practitioners. As I sign the letters, I think of the future careers of these new professionals, careers which will extend over the next 25 years. And then I think back over my own career which began 25 years in the past. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 117 Opinioni Will there be any similarity between what I was doing 25 years ago and what these new professionals will be doing in 25 years time? In one way there will be similarity. Back in the 1970s, a library was essentially a room containing books and other printed materials, with places for people to read and write and study and meet. In the 2020s and 2030s the library as a room or a building will still exist – because the library as a place; the library as a focal point of its community; the library as a social space and a social institution; will always exist. Just as books will always exist. But also in the 2020s and the 2030s many libraries will not exist in the way that we know them today. Already there is the “hybrid” library – based partly on documents and partly on digital resources. And there is talk of the “virtual” library – the library that exists not in reality but in virtual reality: not in physical space but in cyberspace. Of course the virtual library already exists and is becoming relatively commonplace in business environments and in academic environments. Many of our professional colleagues no longer work in a library. They work with information, with knowledge – within an organisation, within a community; but not within a library as we would traditionally understand that word. So, much has changed and much will change in that 50 year span from the first years of my career to the last years of the careers of today’s new professionals. But, at the same time, some things will not change – because those things form the unchanging core, the steadfast heart, of our profession and our professionalism. Our purpose does not change – we give people access to knowledge whether in documents or in digital form; whether this is the intellectual knowledge of scholarship; or the knowledge that comes from the imagination, from poetry or music; or the knowledge which forms the intellectual capital, the corporate intelligence, of an organisation. And our principles, our values, our ethics also do not change. Freedom of access to information means freedom of thought and freedom of expression; it means equality of opportunity in a society which is inclusive – which does not exclude or marginalise certain groups. It means mutuality – a community of people coming together for a common cause; mutual endeavour for mutual benefit. We stand as a profession for equality, inclusivity, mutuality; and also for freedom and individuality. This is an international conference and from an international perspective there is a great deal to be done across the world to promote these principles, these values, these ethics. Any profession – if it is genuinely to call itself a profession – must have a mission in society and a set of values and ethics. We have these things and they 118 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Opinioni remain unchanging. Indeed, as the world changes around us, it becomes ever more important to hold fast to our basic purpose and to the fundamental values which underpin our profession. I talk of our profession because we do have one single profession whether we describe ourselves as librarians, or information scientists, or knowledge managers. I have a theory about librarians and information professionals. We are good at organising knowledge. So therefore we are good at categorising and classifying – at partitioning knowledge into separate subdivisions. But sometimes in describing our own profession we are too good at this. We divide ourselves, we separate ourselves. Public library, school library, university library, industrial library, national library; librarian, documentalist, information scientist, knowledge manager. These distinctions can be useful (as all good systems of classification are useful). They describe the different organisational environments in which we work. They describe the different activities which we undertake. But they are all different facets of the same single profession. It is a mistake to focus in our descriptions on the differences between us. That is why I say we give people access to knowledge – because that purpose expresses what we have in common, what binds us together as one profession. With this in mind, let me say something now about our profession in the UK – because it illustrates my two themes: that we are one profession; and that, while some things change, some things do not change. The Library Association in the UK was formed in 1877. Next year will be the 125th anniversary of our library association. But also next year, after 125 years, our library association will cease to exist in its present form. It will be transformed into a new organisation. A profession which in the UK has become partitioned will become unified. You will know the story of information science. How in the first half of the twentieth century, a new set of competencies began to emerge as scientists working in industry and commerce found that information in their fields of activity was expanding rapidly – and they had to learn how to manage that information effectively in order to keep up to date with their scientific knowledge. They became skilled at the science of information, of documentation. And they felt that this was somehow different from the traditional skills of the librarian. And so in the UK in 1958 a separate organisation was formed, separate from our library association. This was the Institute of Information Scientists, formed to AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 119 Opinioni promote and develop the skills and practice of information science as something distinct from, separate from, librarianship. The two organisations at that time seemed to serve two different constituencies of interest; two separate areas of professional activity. But what has happened since those days? There has been an increasingly rapid convergence between the activities of librarianship and the activities of information science; a convergence caused largely by technology. Industry and commerce have invested in computer-based information services because this can give a competitive advantage, particularly given the globalisation of much commercial activity. The education and health sectors in the UK have also invested in an electronic information infrastructure for reasons of scholarship and reasons of management. And now we have programmes of investment in school and public libraries – to give everyone access to networked information and networked learning opportunities. And what this means is that the skills of information science applied to the digital environment – the skills of indexing, abstracting, thesaurus construction, information retrieval – are becoming central to the work of librarians. Colleagues working in libraries and colleagues working with information are using the same skills and addressing the same issues. The librarian and the information scientist, once separate, are now coming together. And this is reflected in the coming together of our Library Association and our Institute of Information Scientists. Any profession, as well as a mission in society, as well as a set of ethics and values, needs a body of knowledge – a coherent academic discipline capable of study and research and teaching. In the UK a number of universities provide courses of study designed to encompass the body of knowledge which forms the academic basis of our profession. These courses are accredited by our library association and also by the Institute of Information Scientists – and since 1999 that process of accreditation has been carried out as a joint activity, with both organisations working together using one common body of knowledge. So the accreditation of professional courses in the UK recognises that librarianship and information science now form together one coherent academic discipline, one single professional domain. And next year, our library association and our Institute of Information Scientists will merge into one unified organisation for our profession. A new organisation with a new identity and a new name: perhaps we shall call it the Chartered Institute of Library and Information Professionals. So we have our new information profession – expressed not as an aspiration 120 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Opinioni but as a clearly defined entity. With a purpose, with principles, and with a clearly described body of knowledge to underpin professional practice. This coming together of librarianship and information science and knowledge management into a single coherent profession, a single coherent conceptual framework, should not surprise us. Because there is no real difference between the conceptual model of a traditional library service and the conceptual model of a digital knowledge environment. In each case there are the sources of knowledge; the systems by which that knowledge is stored and retrieved and disseminated; and the social dynamics of people, organisations, communities. Models of the future knowledge environment and models of the traditional library environment always have these three broad aspects – of sources, systems and society. With this in mind, our new information professional becomes perhaps more flexible and adaptable than our traditional librarian has been in the past. Our new information professional, for example, may progress along a career path which cuts across traditionally separate parts of our profession – so that a school librarian may become in their next job an information manager in industry because both jobs require the same competencies and the same approach: only the organisational environment is different. And our new information professional becomes perhaps more adept than our traditional librarian at working in partnership with colleagues from other professions – educators, health professionals, lawyers, media professionals, technologists. The clear distinctions that used to exist between different professional domains are beginning to break down. Perhaps in this we start to see the crucial distinction between the information professional of the future and the librarian of the past. Working in a library with other librarians it is easy to become insular and inward looking. Working with information in a broader organisational context with colleagues from different professional backgrounds – it becomes necessary to look outward not inward, to build relationships and partnerships, to integrate rather than remaining separate. So the information professional of the future – while clearly evolved from the librarian of the past – will be in some ways a different being, having adapted to different circumstances. The new information professionals will understand and engage with the organisation for which they work; will be integrated into that organisation and its strategic objectives; will build partnerships and will work well in multidisciplinary teams; will facilitate the development of information literacy throughout that organisation; will think strategically about the development of information services; AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 121 Opinioni will take risks in order to move forward; will enjoy the process of change. At a conceptual level the new information professional and the traditional librarian are very similar – they understand the sources of knowledge, the systems of storage and retrieval, and the social contexts of the organisation and the community in which they work. But at an attitudinal level the new information professional and the traditional librarian are different. There are new skills and competencies – because of the focus on information and on technology. But there are also new approaches, new attitudes, new behaviours. At the heart of the new information profession is a fundamental cultural change: • from a focus on operational matters to a focus on strategic thinking • from a focus on what divides us to a focus on what brings us together • from an inward focus on internal preoccupations to an outward focus on key issues of public policy and social concern and organisational strategy • from a focus on bureaucracy and administration to a focus on activity, leadership, partnership • from a focus on how things are done now to a focus on how things might be done in future • from a focus which is defensive to a focus which is developmental And so – to conclude. We are faced in our profession with a time of great change, great challenge but also great opportunity. Technology is reshaping radically the traditional processes by which knowledge is created, packaged, supplied and used. Technology means the globalisation of the information business which is why the issue of the “digital divide” is so important. Technology underpins the aspirations of our society for equality and inclusivity through access to knowledge and access to opportunities for learning. The new information professional understands this – understands that the information profession has a central role in the creation of our information society – a society based on knowledge and learning. But that new information professional, while embracing the opportunities of our future, needs also to understand and acknowledge the enduring heritage of our past. What our profession does – in terms of our activities, our skills, the tools and technologies we use; these things change over time. But why our profession exists and how our profession goes about its work; these things do not change. Our purpose is always to give people access to knowledge; our principles are always those of inclusivity, equality, mutuality, individuality and freedom; and our professional practice is always that of the skilled intermediary between knowledge and the users of knowledge. 122 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Opinioni The more things change (in terms of what we do) the more things need to stay the same (in terms of the enduring mission and values and practice of our profession). The information professional of the future may well work in a way that is very different from the librarian of the past. But both will share the same purpose, the same principles, the same professional inheritance. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 123 Opinioni Livelli di conoscenza: alberi genealogici, numeri di Erdös e gradi di separazione MARIA PIA CAROSELLA Talvolta viviamo avvenimenti, impegnativi o meno, che tendiamo a collegare e ad esplorare più a fondo: la visione televisiva occasionale e la lettura di un quotidiano gentilmente propostaci quasi contemporaneamente ci hanno indotto a riflettere in un modo forse semplicistico su livelli e àmbiti di conoscenza in senso lato ed eventuali implicazioni. In un episodio della serie televisiva francese in onda su France 2 “L’Instit” (abbreviazione di “instituteur”, maestro di scuola), questi chiede agli alunni di fare un tema su di un nonno o parente anziano. Per varie ragioni uno dei bambini afferma che non vale la pena di approfondire la conoscenza o di documentarsi su chi ci ha preceduto. L’“instit” tenta allora di convincerlo del contrario tramite un albero genealogico “anonimo”, a riprova dei legami di conoscenza e di affetto che ci uniscono al passato. Ci riesce così bene che quel bambino – reso finalmente consapevole della continuità tra passato, presente e… futuro – disegnerà un suo albero genealogico del tutto particolare, in cui saranno rappresentati gli avi conosciuti, ma anche suoi eventuali ipotetici discendenti: in pratica un autentico albero verde con rami e radici simili, tale da potersi al limite guardare capovolto, in un senso o nell’altro, in una sorta di avveniristica catena genealogico-documentaria. Il secondo punto di partenza di questa riflessione è un articolo, tra il serio e lo scherzoso nella forma, che Luciano Coen e Achille Varzi hanno pubblicato ne “La Stampa” del 9 maggio scorso e il cui contenuto è stato una totale rivelazione per noi non matematici, nella nostra completa ignoranza di Erdös e dei suoi numeri, nonché del principio dei 6 gradi di separazione: cioè di una convenzione tra studiosi e di un’ipotesi in via di conferma. Secondo una ricerca in rete, Paul Erdös, nato a Budapest nel 1913 e morto a Varsavia nel 1996, è considerato uno dei grandi matematici del XX secolo. Di origine ebraica, non ha vissuto a lungo nel suo Paese ed è passato dall’una all’altra di molte università in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in Israele. Un collega matematico disse che «i suoi occhi indicavano che stava sempre pensando alla matematica». Fu piuttosto «un risolutore di problemi, che voleva risolvere in modo elegante ed elementare, e non un costruttore di teorie». I suoi studi, in particolare quello relativo al Teorema dei numeri primi (Prime Number Theorem) gli valsero premi importanti, tra cui nel 1951 uno dell’American Mathematical Society. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 125 Opinioni Ha firmato più di 1.500 articoli, molto spesso come co-autore, «convinto della bontà del lavoro collaborativo in matematica». Più di 500 sono gli studiosi che hanno pubblicato ricerche assieme a lui: ad essi si è convenuto di assegnare il numero 1, mentre il numero 0 è prerogativa di Erdös, da cui parte e su cui si incentra tutto il sistema. In questo mondo di numeri, a chi ha scritto un articolo con uno dei 500 privilegiati co-autori di Erdös, ma non direttamente con lui, viene assegnato il numero 2 e così via. Einstein poteva vantarsi del numero 2 e Fermi… soltanto del 3. Con il passare del tempo il numero ovviamente va crescendo e «al di fuori della ristretta cerchia dei matematici può essere alto». Prevenendo una domanda del lettore, i divulgatori scientifici de “La Stampa” informano che l’idea di questa numerazione «è un modo di trasmettere la conoscenza». Con le debite differenze, come dietro ad un velo, ci appare alla mente una certa analogia con il principio cui si rifà il “Science citation index”, repertorio corrente complesso variamente utilizzabile, che indaga sulla ripartizione delle citazioni riferite ad un dato autore nella produzione scientifica e tecnica, e ciò «nell’àmbito di una nuova disciplina, la ‘scientometria’, che si dedica alla misurazione e gestione dell’attività scientifica, a partire dallo studio delle pubblicazioni e delle citazioni che esse contengono (essenzialmente articoli e brevetti)»1. A questo punto dell’articolo italiano da cui siamo partiti, viene introdotto all’attenzione un altro tipo di numerazione, anch’essa in qualche modo correlata alla conoscenza reciproca. Si tratta del principio dei sei gradi di separazione tra persone: più basso è il “grado” e più esse sono vicine. Il computo questa volta inizia da 1 e, a quanto è dato supporre, non oltrepasserebbe il 6: si confronti la spiritosa affermazione di Coen e Varzi, «dalla signora in rosso al Papa in tre passaggi», dove la signora in questione è un pedone occasionale. Costei sta attraversando la strada davanti a loro in quel momento e apparentemente non ha nulla a che fare con il pontefice; ma si può supporre che la signora conosca il proprio parroco, questi il proprio vescovo, e quest’ultimo il Papa (ecco i tre gradi). Il numero 6 non è tassativo, ma all’epoca attuale «è comunque probabile che si tratti di un numero sorprendentemente piccolo». Un progetto di verifica empirica per il nostro tempo sarebbe stato avviato presso un’università statunitense. Concludendo: «È un po’ come dire che siamo tutti collegati l’uno con l’altro direttamente o indirettamente… il fatto che si sia tutti collegati per conoscenza l’uno dell’altro, direttamente o indirettamente, è un fatto interessante», secondo il pensiero dei giornalisti de “La Stampa”. Quale lezione i professionisti dell’informazione – e non solo – potrebbero trarre da quanto finora esposto? 126 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Opinioni L’albero e le notazioni genealogiche basate sulle realtà ivi contenute rappresentano, in sintesi assoluta, una sicura fonte di informazioni, in ogni caso sulla vita di tutte le famiglie (un loro abstract?). Chi considererà un albero di un’area familiare “normale” si limiterà per lo più alla identificazione di radici e ramificazioni; se invece si tratta di “alberi” di casati più rinomati, a livello dinastico o simile, le stesse informazioni riportate dall’albero potrebbero arricchirsi di un notevole valore aggiunto per un eventuale studioso; ad esempio, la segnalazione di un certo matrimonio o la presenza di un figlio illegittimo chiarirebbero la ragione di un particolare evento storico oppure di costume. L’attento risalire alle origini (tramite il famoso albero o meno) può dunque significare l’incontro con talune fonti di informazione o “documenti” incentrati non soltanto nell’àmbito affettivo, la cui conoscenza darà frutti se del caso. E per rivolgere anche oggi un minimo di attenzione ad Internet, ci ha colpito scoprire (cfr. “Managing Information”, giugno 2002, p. 32-35) quante ricerche sulla propria famiglia corrano sulla rete, nonché l’esistenza di numerosi siti web “personali” sul tema. Nel caso specifico, si tratta dell’eventuale genealogia di Americani discendenti da immigrati irlandesi. Mary Casteleyn, autrice dell’articolo da cui attingiamo queste notizie e membro eminente dell’Irish Genealogical Research Society, mette tuttavia in guardia circa la veridicità di alcune affermazioni esistenti in rete sulla discendenza da persone o da famiglie, che non abbiano l’appoggio di documenti originali antichi. E ne fornisce alcuni esempi strabilianti. Generalizzando all’intera rete, ci sostiene anche l’opinione di Sabino Acquaviva (“Oggi”, 13 marzo 2002, p. 11) espressa nell’articolo intitolato Internet è una miniera d’oro… e di grandi bidoni: «Purtroppo Internet è la fonte di una serie infinita di falsità… Forse da queste deformazioni della verità e della realtà possiamo difenderci abbastanza facilmente: per esempio, prestando attenzione alle informazioni solo se conosciamo la fonte, chiaramente indicata, e ci fidiamo della sua credibilità e del suo senso di responsabilità». Gli altri due “fatti” riferiti e maggiormente legati ai numeri si rifanno ad un certo tipo di ricerca, che si estende da un àmbito quasi esclusivamente matematico, o comunque scientifico, ad uno che si potrebbe anche denominare, per iperbole, universale. Nel caso dei numeri di Erdös, si ricorda che “La Stampa” lo identifica come un «modo di trasmettere la conoscenza» tramite una sorta di sistema che identifica e ravvicina il pensiero di studiosi di materie quanto meno affini. L’ipotesi dei gradi di separazione è senz’altro suggestiva; quanto però questi contatti per lo più estremamente superficiali e occasionali sono davvero “conoscenza”? Come ogni tentativo di speculazione tuttavia è “interessante”, perché spinge non soltanto a AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 127 Opinioni riflettere e a trovare soluzioni a problemi, ma soprattutto a renderci conto che, bene o male, siamo tutti collegati in questo mondo, che sembra sempre più piccolo e in cui la conoscenza (qualunque essa sia), come pure la sua gestione, è un elemento fondamentale di vita. Note 1 128 Claire Guinchat – Yolande Skouri et al., Guide pratique des techniques documentaires. Vol. I : Traitement et gestion des documents. Nouvelle éd. revue et mise à jour. Vanves : Edicef, 1996, p. 19. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 In-formazione Competenze e professioni emergenti In-formazione La certificazione in àmbito archivistico: prime esperienze dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana LUCIA NARDI L’Associazione Nazionale Archivistica Italiana (50 anni di attività, oltre 1.000 associati in tutta Italia) ha tra gli scopi statutari quello di tutelare e promuovere la professione archivistica. Proprio per questo, soprattutto negli ultimi anni, ha svolto una serie di interventi finalizzati a diffondere la conoscenza della professione, con la volontà di arrivare ad un suo pieno riconoscimento. La politica che l’ANAI [Associazione Nazionale Archivistica Italiana] ha perseguito fin dalla sua fondazione ha conosciuto un’ulteriore accelerazione a partire dagli anni Novanta, quando il numero degli addetti “esterni” – professionisti, società, cooperative – ha raggiunto livelli significativi. Ora più di prima, infatti, il mondo della libera professione necessita di un sistema di regole certificatorie che possa rappresentare, tra l’altro, un punto di riferimento per i committenti. Da alcuni anni, infatti, il mercato del lavoro archivistico ha attratto soggetti che, per formazione ed esperienza, non possono dare alcun tipo di garanzia sulla qualità e scientificità della prestazione fornita. Questi interventi producono effetti negativi sull’immagine della professione e tendono a ridimensionare, talvolta in maniera anche consistente, un sistema tariffario che si presenta fortemente deregolamentato. Alla luce di queste considerazioni l’Associazione ha deciso di avviare un percorso, di studio in un primo momento e poi di applicazione, che dovrà giungere nel corso del prossimo anno a fornire indicazioni puntuali sul percorso formativo, lavorativo e sull’insieme di competenze che l’archivista dovrà possedere per svolgere in modo corretto questa professione. La scelta dell’ANAI, di muoversi in questa direzione, è nata anche dalla consapevolezza che, dopo il disegno di legge Fassino presentato alla fine della scorsa legislatura e mai discusso, il Governo non ha mostrato alcun interesse verso la regolamentazione delle professioni intellettuali, che pure riuniscono un numero consistente di addetti. Il “Gruppo di lavoro sulla certificazione” è stato costituito a Bologna l’11 ottobre dello scorso anno, in occasione di un incontro nazionale tra liberi professionisti operanti nel settore archivistico; finalità dell’incontro era programmare un percorso utile a promuovere il riconoscimento della professione e definire un sistema, interno all’Associazione, atto ad individuare in maniera certa i “professionisti” forniti dei requisiti necessari all’esercizio scientificamente corretto della professione. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 131 In-formazione La consapevolezza della mancanza di interesse da parte del Governo su questi temi ha dunque spinto i liberi professionisti a dar vita a due Gruppi di lavoro: uno sulla certificazione – con l’obiettivo di mettere a punto un sistema per individuare i requisiti necessari al corretto esercizio della professione, l’altro sulle tariffe – finalizzato a censire su base regionale il sistema tariffario, per poi progettarne e proporne uno unico, condivisibile a livello nazionale. I due Gruppi di lavoro, costituiti ognuno da circa 15 componenti, hanno immediatamente avviato la propria attività. In particolare, quello sulla certificazione ha deciso di dedicare la prima parte del proprio lavoro ad una ricognizione dei sistemi di certificazione del lavoro archivistico in uso all’estero. Le ricerche, condotte tramite Internet, hanno individuato alcuni interessanti esperimenti (in particolare, quelli americano, francese e spagnolo), che sono stati studiati in maniera analitica, schedati e pubblicati sul sito dell’Associazione (<www.anai.org>), al link “Gruppi di lavoro – Certificazione archivistica”. Contemporaneamente, altri elementi del Gruppo prendevano in esame i diversi disegni di legge attualmente esistenti sul tema della regolamentazione delle professioni intellettuali; anche questa documentazione è stata schedata in maniera analitica e messa a disposizione sul sito. Il monitoraggio dell’attività normativa serve all’Associazione, oltre che per avere una conoscenza diretta e immediata della situazione, anche per capire il momento e gli eventuali referenti per avviare interventi ad hoc. Proprio alla fine della scorsa legislatura, infatti, quando il disegno di legge Fassino sembrava poter avere un esito, l’Associazione ebbe modo di discutere con il Ministro Giovanna Melandri della possibilità che le professioni esercitate sui beni culturali – in quanto beni tutelati dalla Costituzione – avessero un riconoscimento particolare. In quell’occasione il Ministro (ma anche la senatrice Maria Grazia Siliquini, oggi sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, da sempre persona impegnata a seguire la questione del riconoscimento delle professioni) aveva espresso un parere di massima favorevole. Da un lato, dunque, il censimento delle più significative esperienze internazionali; dall’altro il monitoraggio dell’attività legislativa nazionale. Conclusa questa prima fase di ricognizione, dalla quale è emerso un sostanziale allineamento dei partecipanti ai lavori con le scelte fatte dall’Associazione francese dei documentalisti e professionisti dell’informazione, il Gruppo di lavoro si è nuovamente riunito a Bologna per discutere delle attività future. In quell’occasione è stato riconfermato il sottogruppo sulla normativa e sono stati creati due nuovi sottogruppi: uno con il cómpito di studiare l’offerta formativa a livello nazionale (sia universitaria che privata) attraverso un’attività di censimento che non entri però nel merito della qualità dell’offerta, ma dia conto solamente dei contenuti archivistici; 132 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 In-formazione il secondo (che lavora in stretto contatto con il Gruppo di lavoro sulle tariffe) con la finalità di costruire una griglia con le tipologie degli interventi archivistici. L’archivista “certificato” dovrà infatti dimostrare che, oltre ad aver seguito un percorso formativo completo, ha acquisito esperienza di tipo specialistico. L’individuazione dei diversi lavori che possono essere effettuati in archivio (dal censimento alla schedatura, dalla progettazione di un titolario alla redazione di un massimario, dall’ordinamento alla creazione di un sistema di gestione di flussi documentari) dovrà quindi servire a ricostruire il complesso di competenze proprie del bagaglio dell’archivista professionista. Per il mese di settembre è previsto un altro incontro, che permetterà ai partecipanti al Gruppo di lavoro di mettere a disposizione i materiali raccolti ed elaborati: le informazioni acquisite e registrate disegneranno così un panorama piuttosto dettagliato della professione archivistica. Tale incontro rappresenterà un primo punto di arrivo, a partire dal quale sarà poi possibile avviare il lavoro di individuazione delle competenze specifiche richieste al professionista degli archivi. La delicatezza e l’importanza di questo passaggio richiederà certamente anche la programmazione di incontri con esponenti autorevoli del mondo archivistico nazionale. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 133 In-formazione Il Settore bibliotecario del Ministero dell’Interno ROBERTA RONDINI Il primo Contratto collettivo integrativo, di durata quadriennale 1998 – 2001, sottoscritto il 28 giugno 2000 presso il Ministero dell’Interno tra le Organizzazioni sindacali di categoria e i rappresentanti dell’Amministrazione, ha previsto, tra l’altro, dopo molti anni di attesa, l’istituzione, in analogia con il resto del comparto Ministeri, dei profili relativi alla VIII e IX qualifica funzionale, prima mancanti, e la riqualificazione di una percentuale elevata del personale dell’Amministrazione civile, nel quadro di un nuovo ordinamento professionale. La firma del contratto integrativo è stata preceduta da un provvedimento con il quale è stata rideterminata la dotazione organica del personale “contrattualizzato” (D.M. 27 marzo 2000) e seguita da un nuovo accordo con le Organizzazioni sindacali (12 ottobre 2000), con il quale sono state fissate le modalità e i contingenti destinati alla riqualificazione per i passaggi dei dipendenti da una posizione economica all’altra e da un profilo professionale ad un altro. Con la formalizzazione di nuovi profili professionali e dei relativi contenuti, è stato pertanto avviato un impegnativo processo di formazione/aggiornamento che ha riguardato migliaia di dipendenti, appartenenti a differenti qualifiche funzionali, per il quale sono state elaborate e realizzate procedure di riqualificazione, svoltesi nell’arco di diversi mesi. Tale processo, piuttosto complesso, non si è ancora concluso in quanto successivi accordi, che si sperano imminenti e rapidi, dovranno quantificare e “monetizzare”, in termini di effettività delle istituende mansioni, i nuovi profili professionali all’interno delle piante organiche sia degli Uffici Territoriali di Governo (un tempo, Prefetture), sia del Ministero e degli uffici della Capitale. In tale quadro di riferimento generale, trova spazio, secondo la nuova strutturazione dei profili professionali, l’organizzazione di un neonato Settore bibliotecario. Infatti, benché previsti dal precedente ordinamento, le figure professionali di Direttore di biblioteca, Bibliotecario, Collaboratore di biblioteca non sono mai state concretamente inserite nelle strutture di servizio, ad eccezione di un concorso pubblico che, a metà degli anni Ottanta, aprì le porte dell’Amministrazione dell’Interno a tre funzionari di biblioteca. Tali bibliotecari, del resto, alla stregua del resto del personale non prefettizio, in tutti questi anni sono rimasti presso le due biblioteche dell’Amministrazione in attesa di un coerente sviluppo di carriera. Tale novità strutturale, se, come nelle previsioni, sarà attuata secondo un piano organico e coerente, potrà aprire, in effetti, nuovi spazi e discrete opportunità, e non AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 135 In-formazione solo per quanto riguarda la crescita professionale di risorse umane preziose e competenti ma ancora non appieno avvalorate all’interno di questa struttura dello Stato. Il Ministero dell’Interno ha, infatti, l’indifferibile necessità di utilizzare meglio e di valorizzare convenientemente il notevole patrimonio librario e documentario in suo possesso e, soprattutto, l’urgenza di una efficace elaborazione e divulgazione di una parte fondamentale della sua attività, spesso ignorata persino all’interno dell’Amministrazione. Il riferimento è, naturalmente, alla diffusione della notevole attività di documentazione e della letteratura grigia che tutti i Dipartimenti nei quali è articolato il Ministero producono annualmente. Il Settore bibliotecario prevede un’articolazione interna con quattro profili professionali di diversa competenza e responsabilità. Alle figure apicali del Direttore di biblioteca e del Bibliotecario si affiancano quella del Collaboratore di biblioteca, già presente nel vecchio ordinamento del personale, e quella, di nuova istituzione, relativa all’Assistente di biblioteca. A quest’ultimo profilo accederà una selezione ristretta di personale proveniente da livelli amministrativi, pronta ad uno scatto di carriera per anzianità di servizio, che è stato formato ad una alfabetizzazione bibliotecaria tramite un tirocinio di due settimane presso la Biblioteca Centrale di Palazzo Viminale. Per quanto riguarda il Collaboratore di biblioteca, il processo di riqualificazione, in questa prima fase, ha previsto l’accesso al profilo per dieci dipendenti – in possesso sia dell’anzianità di servizio richiesta in un’area generale di riferimento, sia di un titolo di studi specifico, la laurea in lettere, in filosofia o in storia – che hanno superato a pieni voti un test di cultura generale, amministrativo-giuridica e biblioteconomica. Tra i due livelli superiori va fatta una distinzione. Per il profilo di Direttore di biblioteca l’Amministrazione ha previsto, per questa prima fase, tre posti a livello nazionale. Il personale in possesso dei requisiti ha frequentato un corso di formazione specifico della durata di due settimane presso la Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno e un tirocinio teorico-pratico della durata di quattro settimane presso la Biblioteca Centrale. Analogamente, i cinque aspiranti bibliotecari hanno frequentato un corso di formazione più ristretto, della durata di una settimana, e un tirocinio teorico-pratico di tre settimane presso la stessa biblioteca. Per alcuni dei candidati, idonei a ricoprire gli otto posti vacanti, si è trattato di una vantaggiosa opportunità per avvicinarsi ad una professione nuova, foriera di sviluppi all’interno dell’Amministrazione di riferimento, mentre la circostanza ha consentito agli altri di usufruire di una buona occasione di aggiornamento e di formazione in servizio. Il corso di formazione presso la Scuola è stato organizzato con lezioni di docenti esterni, provenienti da strutture pubbliche operanti nel settore, come la Biblioteca del C.N.R., depositaria dell’Unione Europea, e dalla Scuola speciale per archivisti e 136 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 In-formazione bibliotecari dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, da informatici e da esperti dell’area della comunicazione. Si è trattato, in effetti, di un ciclo di lezioni sottodimensionato rispetto alle reali necessità dei corsisti ma che ha, comunque, consentito di prendere visione e di approfondire, almeno in parte, gli argomenti più rilevanti. Alcuni di questi aspetti si sono poi potuti approfondire durante il tirocinio che si è svolto successivamente, alla fine del corso di formazione. Il tirocinio, realizzato a costo zero, si è svolto durante l’orario di lavoro; si è concluso con la stesura, da parte dei candidati, di una relazione sull’attività svolta che sarà oggetto di valutazione da parte di un’apposita Commissione deputata ad esprimere un giudizio di idoneità finale. Gli argomenti delle relazioni sono stati scelti dai candidati, sia prendendo spunto dalle tematiche trattate durante la frequenza del corso teorico o durante il periodo di applicazione pratica, sia facendo riferimento ad un caso pratico approfondito durante il percorso formativo. Durante il tirocinio, i dipendenti, per la durata di tre/quattro settimane, sono stati quotidianamente in biblioteca ed hanno avuto modo di approfondire le tematiche relative ad aree maggiormente operative, quali la consultazione, il prestito e il ricevimento degli utenti presso i cataloghi, ad aree di carattere strettamente tecnicoprofessionale (per es. l’accesso alle banche dati giuridiche, trattandosi di Ministero dell’Interno), ad àmbiti, infine, che potremmo definire di ampio respiro culturale. Non va, infatti, dimenticato che la Biblioteca Centrale del Viminale ha alle spalle una storia di tutto rispetto. Fu istituita nel 1859 a Torino sui fondi librari di Casa Savoia e del Consiglio del Commercio e fu successivamente accresciuta e sviluppata da notevoli raccolte di legislazione degli Stati italiani pre-unitari ed europei. Nonostante alcune perdite successive alla seconda guerra mondiale, la Biblioteca raccoglie, tra gli oltre 100.000 volumi, opere cospicue, quali gli atti del Parlamento Subalpino e opere rare (un esempio tra tutti è dato da un esemplare dell’Encyclopédie di Diderot nell’edizione italiana del 1771). Inutile dire che, al di là dell’impostazione bibliotecaria data al corso e della definizione tradizionale dei profili professionali, sia per i contenuti che per la tipologia dei documenti di tutta l’area di interesse, nonché per l’elaborazione terminologica dei livelli di indicizzazione, le figure professionali previste dovranno invece al momento dell’impatto operativo addentrarsi in un terreno formativo di “transizione”, che di certo si muoverà in un saper fare più complesso, selettivo, di spoglio e di profondità. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 137 In-formazione I documenti digitali e la Patente europea del computer: note in margine all’alfabetizzazione informatica in Italia e alle relative iniziative comunitarie ROBERTO TURCHETTI Da quanto emerso dal Rapporto ISTAT 2001 sulla situazione italiana si è avuta, rispetto agli anni precedenti, una confortante crescita nell’uso del personal computer e del Web. Grazie alla diffusa informatizzazione di imprese pubbliche e private, oltre all’introduzione dell’insegnamento dell’informatica negli istituti scolastici, circa un quarto della popolazione italiana, pari a 13 milioni di persone, sa utilizzare un personal computer, e, tra queste, circa il 50% ne apprezza la connessione in rete Internet per gli scopi più diversi, compreso il semplice invio e la ricezione della posta elettronica. «Il computer è ormai un bene essenziale» – stigmatizza infatti il Rapporto; e ancora: «È degna di nota… la crescita della spesa per l’acquisto di personal computer e di attrezzature informatiche. Essa è più marcata tra le famiglie disagiate (+70%) che tra quelle benestanti (+50%)… Per quanto riguarda l’uso delle nuove tecnologie… il numero degli utenti del pc a casa, rispetto a cinque anni fa, è praticamente raddoppiato, con una crescita particolarmente elevata tra le donne… ne viene fatto un uso molto intenso (per oltre la metà dei casi è quotidiano) analogamente a quanto accade per Internet». Tuttavia, avverte il Rapporto, «nell’uso delle nuove tecnologie continuano ad aumentare le differenze territoriali e per il titolo di studio permangono quelle generazionali» (p. XXIII)1. In precedenti rapporti era emerso infatti che in Italia, nel 1996, soltanto 720.000 utenti navigavano abitualmente in Internet, limitati soprattutto dal costo del canone di abbonamento richiesto dai vari provider del servizio, mentre, soltanto tre anni dopo, nel 1999, alla sopraggiunta gratuità del servizio, il popolo dei “navigatori” era lievitato a 4.500.000 unità. Si sono potuti osservare quindi notevoli progressi in tale settore, ma, tuttora, siamo ancora lontani dalla sufficienza nella pagella europea. Infatti, da una recente ricerca della Commissione Europea avente per oggetto l’analisi del rapporto tra scuola, computer ed Internet in Europa, è risultato che la percentuale media degli istituti scolastici che sono attrezzati per il collegamento online è pari a circa il 90%, con un elaboratore ogni 24 studenti. In Italia la percentuale scende all’85%, con un elaboratore ogni 47 studenti. Potrebbe sembrare un buon risultato, ma peggio dell’Italia fanno soltanto Portogallo e Grecia con poco più del 50% degli istituti collegati ed un elaboratore elettronico ogni 55 allievi. Non molto differenti da questi sono poi gli esiti ottenuti dall’analisi del mondo del lavoro e dall’utilizzo della rete Internet per l’e-commerce e per la ricerca di informazioni. Se rapportati alla media AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 139 In-formazione europea, gli Italiani sono ancora al di sotto degli standard, non solo rispetto ai più virtuosi Svedesi e Finlandesi, ma anche rispetto a Tedeschi, Francesi ed Inglesi2. Un tale risultato viene confermato, se si analizzano le vendite in Europa di software di word processor o di foglio elettronico: in Italia questi strumenti sono poco utilizzati sia in àmbito lavorativo che di studio o ricerca. Il dislivello che si è venuto a creare con gli altri Paesi membri dell’Unione Europea assume oggi proporzioni particolarmente gravi: se da un lato, infatti, l’Unione offre tutte le potenzialità di un’economia sempre più globale – rafforzata, ed è proprio notizia dei nostri giorni, dalla raggiunta parità Euro-Dollaro –, dall’altro delinea un mercato del lavoro in cui l’improvvisazione e l’approssimazione in àmbito informatico non possono più trovare spazio; le sollecitazioni in tal senso dei partner europei, con più ampie competenze e specializzazioni nella tecnologia dell’informazione, dovrebbero indurci a sanare lo squilibrio e, dunque, a colmare rapidamente le nostre conclamate lacune. Per sostenere il confronto diventa cioè necessario, da parte italiana, poter dimostrare “in tempi brevi” la capacità di utilizzare adeguatamente supporti e strumenti informatici o telematici. In estrema sintesi, quello che si chiede al nostro mercato del lavoro è di formare professionalità capaci di misurarsi con successo con popolazioni che sono già meglio istruite a “guidare” il computer; ciò perché possiamo dar prova delle nostre capacità operative, non appena questo saper operare ci viene richiesto. In tale situazione assumono un ruolo fondamentale figure professionali come quelle degli operatori e degli esperti gestori ed utilizzatori di informazioni digitali. Questi ultimi sono, per definizione, chiamati ad utilizzare gli strumenti informatici, oltre ai supporti ed ai prodotti connessi: banche dati, basi di dati, archivi elettronici, fonti ormai primarie, o di partenza di quell’informazione che serve alla competizione di mercato. Occorre altresì aggiungere che il rapido adeguamento normativo (firma digitale, archiviazione elettronica, protocollo informatico) ha moltiplicato la tipologia dei supporti da gestire, perché ci si deve misurare non solo con i prodotti dell’editoria elettronica online e offline (Web, CD-Rom, ecc.), ma anche con tutti i possibili formati del documento (atti amministrativi informatici, documenti elettronici, e-book o libri elettronici, biblioteche ibride, parzialmente o interamente digitali). E dunque, per quanti si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro, acquisire conoscenze e competenze di base attraverso strumenti formativi standardizzati diventa inevitabile, proprio per non essere battuti dalla vasta ed agguerrita concorrenza comunitaria. Alla luce di queste nuove esigenze emerse nella società dell’informazione sono stati varati diversi provvedimenti in sede di Parlamento Europeo. Il più evidente è stato quello di definire i requisiti minimi da ottenere per proporsi sul mercato del 140 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 In-formazione lavoro, quelli cioè necessari al conseguimento della Patente Europea [di Guida] del Computer, ECDL [European Computer Driving Licence]. L’iniziativa è stata promossa dal CEPIS [Council of European Professional Informatics Societies], cui fanno capo le associazioni di informatica di 17 Paesi europei. Per la gestione dell’iniziativa ECDL è stata progettata una struttura funzionale a due livelli, uno europeo ed uno nazionale. A livello europeo, è stata creata la ECDL Foundation, con sede a Dublino, che ha il cómpito del coordinamento generale del programma, di esame e di certificazione; e deve vigilare sull’omogeneità delle diverse fasi operative nei singoli Paesi. A livello nazionale, la gestione è demandata alle locali Associazioni di Informatica, membri del Cepis, quali l’AICA [Associazione Italiana per l’Informatica ed il Calcolo Automatico] per l’Italia. Tra pochi anni infatti – ma già, seppure parzialmente, fin da ora – aziende e pubbliche amministrazioni esigeranno che la maggior parte del personale sia competente nell’uso di software, di word processor, oltre che nell’uso dei software di base necessari per gestire le operazioni quotidiane di un qualsiasi ufficio, reparto o magazzino, dalla lettera di routine alla progettazione informatica più complessa. I concetti di documento e di trattamento dell’informazione sono diventati di fatto pervasivi in ogni àmbito lavorativo. L’iter per il conseguimento della “patente” non prevede necessariamente la frequenza di uno specifico corso, bensì il superamento di sette esami, sostenuti in un arco temporale massimo di tre anni, registrati su una skill card riconosciuta in tutti i Paesi membri dell’Unione ed acquistabile presso qualsiasi test center3 accreditato. Tali esami certificano che un computer non rappresenta più per il titolare della card un ostacolo, bensì un utile strumento di lavoro finalizzato a favorire un netto aumento della produttività personale. Nell’ordine, il primo dei sette esami da superare ha per oggetto l’alfabetizzazione informatica, il secondo la gestione dei documenti, il terzo l’elaborazione dei testi, il quarto i fogli elettronici, il quinto l’archiviazione dei dati, il sesto le presentazioni e l’ultimo le reti informatiche. Tutto ciò a costi generalmente contenuti; i corsi stessi, inoltre, mettono a disposizione materiale elettronico e cartaceo scelto fra un’ampia offerta editoriale – un vero boom di manuali –, che accompagna validamente l’intero iter formativo dello studente con esercizi e problematiche direttamente ricavati dalle effettive prove d’esame. Tra le pubblicazioni di buon livello qualitativo, vanno senz’altro segnalate quelle prodotte dalla casa editrice Apogeo (<www.apogeonline.com). Questa ha fatto dell’informatica una bandiera culturale, all’insegna della comunicazione per il terzo millennio e di supporto alla new economy, in quanto «lo sviluppo tecnologico applicato alla cultura, all’economia, alla comunicazione e al mercato in generale sta trasformando radicalmente il modo di vivere degli abitanti dei Paesi industrializzati». AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 141 In-formazione Apogeo ha definito la Patente europea «un programma di certificazione delle competenze di base nell’uso delle tecnologie informatiche, un programma articolato in sette moduli», e ha quindi predisposto una vera e propria Guida alla Patente Europea del Computer, in cui ciascun modulo è riservato ad un argomento del programma ECDL. La Guida è poi completata da un ottavo libro dedicato interamente ad esercizi analoghi a quelli da svolgere durante le prove d’esame. Il principale pregio di tali libri è l’essenzialità della trattazione: chi non ha mai utilizzato un software di word processor o di presentazione vi trova i primi rudimenti sulle principali funzionalità. Il tutto in poche parole ed accompagnato da un ricco apparato di immagini esplicative direttamente tratte dalla finestra di lavoro di un ipotetico utente. Gli argomenti sviluppati rispondono alle richieste del “syllabus” ECDL, il programma di studi concordato a livello internazionale dall’ECDL Foundation che l’iscritto alla Patente riceve assieme alla skill card. La struttura di ciascun volume in capitoli è funzionale alla modularità degli argomenti; alcune icone semantiche distinguono nei paragrafi testi/note e testi di attenzione. La Guida è finalizzata infatti solo al conseguimento della certificazione e dunque delle competenze alfabetiche, e volutamente ignora alcune funzionalità avanzate dei software trattati che, pur non essendo propedeutiche all’esame ECDL, avrebbero potuto tuttavia costituire uno stimolo per approfondimenti futuri. Una volta ottenuto il diploma ECDL, costruire un piccolo database, ricercare e consultare con velocità documenti in una biblioteca Web, inviare una e-mail o digitare un documento dall’aspetto professionale non sarà più un cómpito di ancora relativamente pochi, bensì prassi comune ed ampiamente collaudata. La politica di promozione dell’ECDL è il giusto complemento perché il computer sia ormai effettivamente un bene essenziale. Note 1 2 3 142 Istituto Nazionale di Statistica, Rapporto annuale: la situazione del Paese nel 2001. Roma : Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 2002 Enrico Netti, Dieci anni tutti digitali. Rapporto EITO 2002. “@lfa – Il Sole – 24 Ore”, 1º marzo 2002, p. 2-3. Saverio Rubini – Manuela De Marchi, Guida alla patente europea del computer: ECDL European Computer Driving Licence. Milano : Apogeo, 2002, V. 7 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Manifestazionidopo Manifestazionidopo Riflessioni sulla Digital Preservation DANIELA CANALI Le presenti riflessioni scaturiscono dalla partecipazione al seminario Preserving the Record of Science, svoltosi nel febbraio scorso a Parigi presso la sede dell’UNESCO, organizzato da ICSTI [International Council for Scientific and Technical Information]1, CODATA [Committee on Data for Science and Technology]2 e ICSU [International Council for Science]3, che ha radunato oltre 80 partecipanti da differenti organizzazioni e Paesi, in rappresentanza di interessi diversi nel campo della scienza. Nel gennaio del 2000 l’ICSTI aveva già organizzato un seminario sullo stesso tema, spinto dalla crescente produzione elettronica di pubblicazioni scientifiche, paventando il rischio di mancata archiviazione delle informazioni. Tema ricorrente del meeting è stato il necessario incoraggiamento diretto agli scienziati a comprendere l’importanza dell’archiviazione dei propri contributi e a rendersi conto dell’effettivo valore della raccolta che tale procedura consente di creare. C’è stata una notevole discussione anche sui vari ruoli richiesti dall’attività di preservation e su quali persone e istituzioni debbano farsi carico di tale responsabilità. Opinioni differenti sono poi emerse circa la selezione dei dati da conservare: la distinzione tra memoria e conservazione, applicate ai risultati di attività scientifiche, necessita di ulteriore chiarimento, mentre è apparso chiaro da tempo che l’archiviazione digitale è un’attività costosa e che gli enti finanziatori hanno diritto di chiedere giustificazione dei costi. 1. Metadata Il tema dei metadati, i dati estratti dai documenti per consentirne l’identificazione e l’accesso4, è ritornato più volte al centro dei dibattiti, in relazione a varie questioni: in molti dei progetti di digital archiving in corso il Dublin Core, il set di metadati concordato dalla comunità bibliografica tradizionale, è usato come standard ad hoc, mentre molte organizzazioni lo accettano solo come fondamento, considerando validi altri schemi possibili. Partecipava ai lavori un working group sui preservation metadata5, costituito dai rappresentanti di organizzazioni con responsabilità di archiving che da tempo discutono i problemi legati all’uso dei metadata per le loro necessità. In particolare, la comunità rappresentata da CODATA ha espresso la sensazione che molte iniziative sui metadata siano più orientate al testo che ai dati, come vengono intesi nella loro comunità. Di conseguenza, si è giunti all’accordo che un gruppo misto di AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 145 Manifestazionidopo rappresentanti ICSTI e CODATA, col supporto del proposto CODATA Task Group su preservation e archiving di dati scientifici e tecnici nei Paesi in via di sviluppo, controllerà le attività del Working Group sui preservation metadata con uno sguardo all’identificazione di problemi comuni ed in particolare alle esigenze emergenti da dibattere nell’àmbito del Working Group o, se necessario, più ampiamente. Infatti la prossima conferenza CODATA che si terrà a Montreal affronterà il tema della digital preservation e sarà un’occasione per analizzare altri aspetti di questo argomento. Il cambiamento radicale verso documenti digitali originali e la stessa disseminazione digitale dei risultati delle attività scientifiche fa sì che la distinzione storica tra testo e dati stia scomparendo. Materiali “born digital” sono bit e byte e possono essere trattati esattamente allo stesso modo, a prescindere dal significato che veicolano. La discussione sui metadati in generale deve ampliarsi fino a tener conto delle necessità di archiving: ciò si può applicare in particolare alle discussioni relative all’Open Archives Initiative. In tale contesto diventa di primaria importanza definire le modalità di creazione e di mantenimento di identificatori interoperabili permanenti e la loro relazione con l’accesso agli archivi. Il lavoro del gruppo Digital Object Identifier (DOI) è da tener presente in ogni pianificazione futura. 2. Modelli economici Dalle discussioni sono emersi diversi problemi relativi alla struttura economica delle attività di digital preservation, dal momento che per le iniziative attualmente in corso non c’è un valido modello economico o di business, questione che ha invece un peso tale da determinare la continuità o meno dell’archivio. I progetti, specialmente quelli che mirano a creare archivi di significativa entità, dovrebbero essere avviati solo a fronte di una rigorosa giustificazione economica del loro valore, anche per assicurarne la continuità. Il progetto europeo di digital preservation recentemente finanziato, ERPANET – European Consortium for Digital Preservation, apporta un nuovo input: il progetto intende monitorare casi studio di azioni di preservation focalizzati sull’estrazione della conoscenza del valore a favore di altri progetti6, attività che fornisce notevole introspezione anche nell’area economica. In un contesto più ampio l’esperienza nello sviluppo di nuove azioni in àmbito digitale, come lo sviluppo di PubliMed, fornisce puntatori e coniuga il punto di vista di studiosi, editori e biblioteche, di tutti coloro, cioè, che hanno interesse negli aspetti economici dell’iniziativa, come pure nel valore generale e nelle esigenze dell’archiving. STM, l’associazione che rappresenta editori scientifici, tecnici e medici, e ALPSP, l’associazione di Learned & Professional Society Publishers, sono impegnate ad esaminare 146 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Manifestazionidopo in dettaglio gli aspetti economici della digital preservation: dovrebbero cominciare tentando di raccogliere dai loro associati dati sulle future azioni e i diversi punti di vista circa gli elementi necessari a sviluppare validi modelli di business, come pure i risultati delle attività già intraprese. Nel selezionare i casi studio il progetto ERPANET tiene ben presenti i problemi economici ed è aperto ai suggerimenti. 3. Migrazione tecnologica Chi si occupa di archiviazione digitale deve fare i conti con la necessità di assicurare l’accesso futuro all’archivio al di là dei cambiamenti tecnologici che si vengono a verificare. Esiste già materiale a tutti gli effetti perduto in quanto inaccessibile, dal momento che non sono più disponibili dispositivi per leggerlo. La situazione è probabilmente destinata a peggiorare con la velocità dei cambiamenti tecnologici: per permettere la migrazione tecnologica diverse iniziative devono essere intraprese, ma ci sono questioni aperte sulla loro validità e sulla gamma di opzioni da prendere in considerazione (per esempio, l’emulazione). Le organizzazioni con interessi nel campo più ampio dell’ICT (Information and Communication Technologies) devono essere coinvolte nell’affrontare tale questione, per identificare aspetti di comune interesse: a questo proposito, è stata citata una nuova legislazione che richieda ai costruttori di apparecchiature nel settore dell’ITC di tener traccia delle loro posizioni a scopi di riciclaggio; la gestione del bene digitale è di fatto un’attività in via di sviluppo e le tecnologie di storage per gli oggetti digitali un campo in rapida espansione. Sebbene non si sia giunti ad alcun accordo, è chiaro che le organizzazioni con specifiche funzioni nel campo dell’archiving, quali biblioteche nazionali e centri produttori di dati scientifici, hanno la responsabilità di mantenere memoria in tale area, essendo direttamente interessate. Anche la possibilità di sviluppare “test beds” per le valutazioni è considerata una priorità importante. 4. Relazioni con la comunità archivistica Gli archivisti professionisti si sono già confrontati con molti dei problemi ben noti a coloro che sono coinvolti nella digital preservation; in particolare, azioni relative alla selezione e alla valutazione di materiali destinati all’archiviazione, problemi di privacy e di confidenzialità (di primaria importanza nelle scienze sociali) e la migrazione tecnologica. I rappresentanti della comunità archivistica presenti al meeting hanno deciso di trasmettere all’ICSTI, per una più ampia circolazione, i risultati di varie discussioni, liste e gruppi di lavoro rilevanti per gli interessi della digital preservation. L’ICA, International Council of Archivists, ha già gruppi di lavoro e altri organismi AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 147 Manifestazionidopo impegnati nella preservation di record di scienza e tecnologia, che operano a stretto contatto con la comunità di storici della scienza. Organizzazioni scientifiche autonome sono state incoraggiate ad identificare rappresentanti che possano partecipare e collaborare agli sviluppi in questo settore. 5. Standard Anche il tema degli standard è emerso ripetutamente. Azioni formali, quali la posizione dell’ISO sull’Open Archival Information System (OAIS) Reference Model, vanno affrontate a breve, come pure l’attività nella comunità OAI relativa al metadata harvesting. Attualmente c’è viva discussione intorno al tema degli standard ad-hoc e agli accordi sulla possibilità di seguire schemi particolari. Sebbene sia chiaro che diverse comunità stanno lavorando alla definizione di standard in funzione di problemi specifici, viene considerato improbabile e persino inutile forzare un coordinamento e un’adesione su larga scala ad un insieme comune di norme. Comunque, i flussi informativi sulle attività dei vari gruppi di lavoro e di altri organismi che si occupano di standard, o attività affini, sono di fondamentale importanza e maggiori sforzi per migliorare la circolazione dell’informazione sono sicuramente apprezzabili. Lo scambio tra coloro che sono storicamente interessati ai dati scientifici, gli archivisti e la comunità del testo va senz’altro incoraggiato. I partecipanti al meeting si sono impegnati ad assicurare che la loro comunità venga messa al corrente di tali problemi, come punto di partenza, in alcuni casi, per il miglioramento dei flussi di informazione. Le attuali azioni di disseminazione della conoscenza, come la Digital Preservation Coalition, supportata da JISC in Gran Bretagna, e la notevole attività di supporto a livello di Unione Europea, andrebbero estese ad altre comunità e ad altri Paesi. 6. Paesi in via di sviluppo Il problema della digital preservation non è ovviamente limitato alle nazioni sviluppate. I Paesi in via di sviluppo, in particolare Asia del Sud e Sud-Est e America Latina, sono produttori significativi di informazione scientifica. La loro esigenza di preservare in formato digitale il materiale prodotto è la medesima dei Paesi sviluppati. Il Task Group di CODATA terrà un workshop in Sud Africa nel maggio 2002, al quale parteciperanno i Paesi del Southern African Development Council. Il gruppo CODATA intende ripetere tali iniziative anche in altre regioni in via di sviluppo. Al meeting del Governing Body nel novembre 2001 l’UNESCO ha aggiunto alle azioni previste sulla preservazione del patrimonio culturale un’azione per includere la digital preservation. Anna Maria Cetto, rappresentante di Latindex, iniziativa che raggruppa editori scientifici e biblioteche in America Latina, presente al seminario, si è impegnata 148 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Manifestazionidopo ad identificare organizzazioni e persone, in Paesi e regioni in via di sviluppo, che abbiano interesse nella digital preservation, per metterli al corrente dei risultati del seminario ed incoraggiarli a partecipare ad azioni rilevanti per le loro necessità. 7. Training Il training su aspetti specifici delle procedure per la digital preservation, come pure l’educazione al valore della creazione di archivi, sono stati argomenti di discussione nel meeting. Un’azione specifica di training è stata inclusa nei programmi UNESCO per i Paesi e le regioni in via di sviluppo. L’esperienza raggiunta da parte di alcuni editori nelle iniziative in corso di digital preservation potrebbe essere condivisa con coloro che non hanno ancora affrontato il problema. Inoltre, i casi studio del progetto ERPANET dovrebbero costituire prove valutabili in questo àmbito. Considerazioni conclusive A livello generale la preservazione di informazione scientifica digitale originale è riconosciuta come un’attività significativamente in espansione: rispetto alla situazione al tempo del precedente meeting ICSTI nel 2000, sono state intraprese parecchie iniziative e ben maggiore è il coinvolgimento di un alto numero di organizzazioni. I diversi settori delle scienze stanno ora utilizzando un mezzo comune, il contenuto digitale, per la produzione e la disseminazione dei loro risultati, il che significa che i problemi affrontati nella preservazione dei risultati sono comuni: in questo senso emergono i vantaggi nella condivisione dell’esperienza e nello sviluppo di approcci comuni. Una notevole mole di lavoro è ancora da fare nel portare alcune realtà al livello di progresso attuale e va attentamente considerata l’opportunità di ampliare le conoscenze sulla digital preservation imparando da aree esterne a quella formale della ricerca scientifica e tecnologica, come la comunità archivistica, le comunità archeologiche e di scienze sociali e le società di ICT. Il seminario ha rappresentato un valido punto di incontro per una pluralità di interessi e una buona occasione per creare comunicazione e per valutare l’opportunità di azioni comuni. Altri meeting verranno organizzati nei mesi venturi per ampliare il flusso di informazione e l’ICSTI, con CODATA e ICSU, continuerà a monitorare gli sviluppi nell’interesse della scienza e degli studiosi. Note 1 ICSTI costituisce un forum unico per l’interazione tra le organizzazioni che creano, disseminano ed usano informazioni tecnico-scientifiche. La sua missione è relativa alle discipline scientifiche e tecniche a livello internazionale, per offrire alle organizzazioni che ne fanno parte una comunità globale. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 149 Manifestazionidopo 2 3 4 5 6 150 CODATA, il Committee on Data for Science and Technology, è un comitato scientifico interdisciplinare dell’International Council for Science (ICSU): ha l’obiettivo di migliorare la qualità e l’accessibilità dei dati, oltre che dei metodi con cui essi vengono acquisiti, gestiti, analizzati e valutati con particolare attenzione ai Paesi in via di sviluppo. Cerca inoltre di agevolare la cooperazione internazionale tra coloro che raccolgono, organizzano e usano i dati e di promuovere una crescente consapevolezza nella comunità tecnica e scientifica dell’importanza di tali attività, accanto alla considerazione dei problemi legati all’accesso e alla proprietà intellettuale. Il Council mira a rompere le barriere della specializzazione avviando e coordinando un maggior numero di programmi di interdisciplinarità internazionale e creando istituzioni interdisciplinari che assicurino attività e programmi di ricerca di interesse per i diversi membri. Un certo numero di organizzazioni operanti all’interno dell’ICSU affronta inoltre problemi comuni a tutti gli studiosi, quali la capacità di costruire nella scienza, l’ambiente e lo sviluppo e la libertà scientifica. Il Council opera come focus per lo scambio di idee e informazioni e per lo sviluppo di standard. Il termine “metadata” è utilizzato in una grande varietà di contesti, dall’uso nelle funzioni di controllo delle operazioni dei DBMS a quello per la descrizione di dataset scientifici e di supporto alla condivisione dei dati tra gli studiosi, fino ai metadata usati nelle digital library per supportare l’accesso dell’utenza all’informazione. Impiegato nel contesto delle biblioteche, tradizionali o digitali, il concetto di metadata si riferisce di solito all’informazione che fornisce una caratterizzazione (di solito breve) del singolo information object nelle collezioni di una biblioteca; è memorizzata principalmente come contenuto dei cataloghi di biblioteca nelle biblioteche tradizionali; è usata principalmente per assistere gli utenti nell’accesso all’information object di interesse. Diverse istituzioni hanno sviluppato “element sets” di preservation metadata, dettagliando le informazioni specifiche che dovrebbero essere incluse nei metadata di un oggetto archiviato. In particolare, la pubblicazione dell’OCLC Working Group on Preservation metadata (31 gennaio 2001) analizza in modo comparativo quattro approcci d’uso, autonomamente sviluppati: CURL Exemplars in Digital Archives project (CEDARS), la National Library of Australia, la Networked European Deposit Library (NEDLIB) e l’Harvard University’s Digital Repository Services (quest’ultimo è l’unico che non si ispira al modello OAIS). <http://www. erpanet.org/>. ERPANET è un consorzio europeo estensibile, nato con lo scopo di rendere disponibili informazioni ed esperienze e di migliorare le capacità nel campo della conservazione del patrimonio digitale culturale e scientifico. Il consorzio riunisce istituti della conservazione e della memoria (musei, biblioteche e archivi), industria di tecnologia informatica e telematica, centri di ricerca, organizzazioni governative (incluse quelle locali), industrie dell’intrattenimento ed il mondo della produzione. ERPANET fornisce dunque una stanza di compensazione virtuale che offre informazioni e conoscenze sullo stato dell’arte e sugli sviluppi delle attività di conservazione digitale. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Manifestazionidopo Towards Information Society for All 2 – (TISA2) Berlino, 8-9 marzo 2002 MASSIMILIANO TOSATO L’ 8 e il 9 marzo 2002 si è svolto a Berlino il convegno internazionale Towards Information Society for All 2 – (TISA2) “New PathWays To Knowledge”, organizzato dal British Council. Il TISA2 prosegue il percorso iniziato con successo nel marzo 2001 a Bologna. Nel convegno bolognese1 professionisti e rappresentanti di differenti realtà politicoamministrative si erano incontrati per valutare l’evoluzione della emergente Società dell’informazione in Europa. Particolare attenzione era stata rivolta alle priorità e ai processi necessari per la creazione di una società in cui ciascuno avesse davvero l’opportunità di beneficiare delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Questo secondo appuntamento2 ha mantenuto e addirittura superato le aspettative suscitate dal primo. Il livello di partecipazione e la qualità degli interventi hanno infatti confermato il crescente interesse verso un evento che ha ormai assunto un valore e una dimensione veramente europei, nella più larga accezione del termine. La presenza di esponenti dei Paesi dell’Est – in prima fila Russia e Romania – testimonia l’interesse suscitato dalle tematiche proposte nel TISA1 e dimostra l’importanza sociale, economica e professionale delle problematiche che, ad ogni livello, ruotano attorno alla Società dell’informazione. Il TISA2 ha posto l’accento sulle attività e i fattori di sviluppo indispensabili per consentire progressi comuni a tutti coloro che sono coinvolti, a qualsiasi titolo, nello sviluppo della Società dell’informazione. Fattori e attività che abbracciano: - la natura e l’importanza delle politiche rispetto alla Società dell’informazione a livello regionale e nazionale; - gli aspetti tecnici e infrastrutturali relativi alla creazione di network e percorsi di accesso fisici disponibili per tutti, come ad esempio i “Centri ICT” (Information e Communication Technology) realizzati in spazi pubblici; - la valenza determinante del contenuto elettronico; - la cooperazione e il partenariato. Gli interventi presentati alla conferenza hanno favorito il coinvolgimento e la partecipazione dei gestori di servizi e dei politici provenienti da tutta Europa, il cui impegno è senz’altro decisivo per il successo delle iniziative. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 151 Manifestazionidopo Uno dei temi maggiormente dibattuti è stata la necessità di creare àmbiti in cui la formazione assuma un ruolo significativo nell’arco di tutta la vita, da realizzarsi per mezzo di sistemi di informazione e comunicazione in sintonia con lo sviluppo di una Società dell’informazione realmente aperta a tutti. I lavori si sono succeduti attraverso sessioni e forum; ciascuno di essi è stato preceduto da interventi che, piuttosto che limitarsi ad introdurre i temi del forum stesso, hanno assolto un’utile funzione di stimolo e talvolta di dichiarata provocazione. E pure i dibattiti svoltisi al termine di ogni sessione sono risultati altamente significativi; talvolta hanno persino superato in qualità il livello degli interventi presentati. Tra i contributi introduttivi, seguiti al benvenuto rivolto ai partecipanti, va segnalato lo studio della società di consulenza Booz/Alle/Hamilton sull’evoluzione e il riorientamento delle strutture economiche nazionali in rapporto con una Società dell’informazione globalizzata. Prima dell’inizio vero e proprio dei lavori, il futurologo Chriss Yapp ha provocatoriamente aperto il TISA2 con un intervento assai suggestivo; difatti ha efficacemente tratteggiato uno scenario tecnologico futuribile pieno di sorprendenti novità, ma pure gravato da questioni intricate: ha sollevato così interrogativi inquietanti sulle implicazioni generali delle scelte strategiche e tecnologiche imposte dalla società dominata dall’informazione, il cui trionfo è imminente. Società in cui sarà indispensabile coniugare economia della conoscenza e accesso universale alle risorse informative. Yapp ha concluso affermando che in una simile prospettiva, benché ancora “nebulosa”, si viene tuttavia profilando la possibilità di un nuovo Rinascimento; e nella futura Società dell’informazione un ruolo determinante sarà certamente svolto dagli information scientist. Chriss Batt ha aperto ufficialmente la conferenza, ricordando il nucleo centrale del TISA1: l’obiettivo di costruire una Società dell’informazione in cui l’informazione sia davvero per tutti, soprattutto per i non specialisti e per le fasce professionali che non partecipano alla gestione, ma che pure sono largamente coinvolti nella fruizione delle informazioni. Il suo intervento si è concluso con l’illustrazione del percorso concettuale dal TISA1 al TISA2, scandito in quattro fasi: età dell’indipendenza – ciò che facciamo è unico TISA1 età dell’esplorazione – non siamo soli età dei concordati – mettersi d’accordo per lavorare insieme 152 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Manifestazionidopo TISA2 età dell’integrazione – uno per tutti e tutti per uno In sintesi, le tappe appena elencate si possono riassumere nel principio che «una e-society deve essere anche e soprattutto e-democracy». Al termine del primo forum (con una inversione di programma), Angelo Airoldi – unico relatore italiano, intervenuto in veste di consulente per la C.E. – ha parlato di “Società della conoscenza onnicomprensiva”, dando particolare risalto alla diversità di approccio esistente tra USA ed Europa: l’approccio statunitense basato sull’organizzazione, quello europeo fortemente orientato all’uomo. Il dibattito della mattinata ha sottolineato l’esigenza di operare per la costruzione di una società comunicativa in alternativa alla società della comunicazione. Ponendo meno enfasi sulle tecnologie e dando più spazio alla conoscenza, avremo meno scenari e meno ipotesi in cambio di nuovi percorsi e di confronti/scontri di idee. Tra gli interventi “tecnici” della prima giornata ricordiamo quello di Maija Berndtson, direttrice della biblioteca comunale di Helsinki, che ha presentato un’interessante iniziativa finalizzata a coinvolgere il maggior numero possibile di cittadini. A tale scopo, sono state realizzate 300 iperpostazioni informatizzate (1 ogni 1800 abitanti), diffuse su tutto il territorio e strutturate a mo’ di “stazione di servizio” (gas station). Il modello della gas station è stato scelto per la forte riconoscibilità di tali luoghi da parte di tutta l’utenza. Con il brillante risultato che oggi il 50% dei circa 500.000 abitanti è iscritto ai servizi bibliotecari. La realizzazione di questo progetto, che è il frutto di una massiccia e capillare azione informativa e formativa, ha altresì consentito di ottenere un importante feedback, grazie ad un’efficientissima interazione con l’utenza (<www.lib.hel.fi>). Un’altra peculiarità del TISA2 (che dà la misura dell’accresciuto interesse) è stata la partecipazione di realtà spesso assenti da tali eventi, le quali hanno invece contribuito a dilatare enormemente lo scenario degli interpreti della prossima e-society. Erano infatti presenti esponenti del mondo politico, di quello economico/ finanziario (World bank), della produzione (oltre, naturalmente, agli attesi produttori di ITC), e ancora rappresentanti delle forze sociali, come il sindacato. Al deputato rumeno Varujan Pambuccian si deve senz’altro l’intervento più provocatorio e più stimolante, intitolato “Perché dobbiamo costruire una società dell’informazione?”: vi ha incisivamente delineato le forti divergenze tra il pensare e l’agire delle nazioni evolute rispetto a quelle meno evolute, a livello europeo e no; e ciò attraverso una rivisitazione critica di molti settori della nascente e-society, dall’e-learning all’e-commerce, dal B2B (Business to Consumer) al B2G (Business to Government). AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 153 Manifestazionidopo Fra i tanti interventi che meriterebbero di essere menzionati, bisogna ricordare quello di Ana Runkel, direttrice della biblioteca comunale di Oeiras (cittadina alle porte di Lisbona), “Share knowledge, support learning – targeted and responding to need”. La relatrice ha descritto, con un forte coinvolgimento emotivo (ricorrendo anche alla proiezione di filmati con canti e brani recitati dagli utenti), un eccezionale esperimento di integrazione tra scuola, servizi bibliotecari e servizi sociali. Questo ha consentito di rivitalizzare una struttura e un’attività che stava morendo (la biblioteca), trasformandola in una protagonista della rinascita della stessa Oeiras. In conclusione, un’annotazione tutta particolare: al TISA2 gli interventi femminili sono stati – diversamente da tanti altri convegni, ma pure rispetto al TISA1 – tra i più ricchi e interessanti. Si è ribaltata così un’abitudine consolidata, che vede spesso le donne essere la maggioranza dei partecipanti, ma la minoranza (seppur qualificata) tra i relatori. Per una serie di fortuite coincidenze, questo aspetto è stato esaltato in una sessione tutta femminile (non espressamente prevista), coordinata con grande entusiasmo da Maija Berndtson. Tra i vari interventi di questa sessione, è d’obbligo ricordare quelli di Tatiana Ershova, della Biblioteca nazionale della Russia, di Sonja Griegoschewski, del Goethe Institut di Berlino, ma soprattutto quello appassionato e grintoso della sindacalista tedesca Annette Muehlberg. Forse già questo è un segno, chiaro e positivo, di una prossima e più umana e-society. Al termine delle due intense giornate di lavoro i partecipanti, in considerazione dei fattori chiave della emergente Società dell’informazione in Europa, si sono accordati su una dichiarazione congiunta, denominata “Berlin Declaration”3. Essa contiene una serie di “principî” e di “raccomandazioni” legate all’impatto che l’accesso universale all’informazione, da parte di tutti i cittadini europei e no, avrà sull’intero pianeta. Le note biografiche e gli abstract (disponibili) sono consultabili all’indirizzo: <http://www.britishcouncil.de/tisa2/biog.htm> Note 1 2 3 154 Vedi “AIDAinformazioni”, 2001, n. 2. Nel primo allegato, si troverà l’abstract in inglese e il programma sintetico delle sessioni e degli interventi. Si veda, nel secondo allegato, il testo della “Berlin Declaration”. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Manifestazionidopo Allegato 1 Abstract Towards an Information Society for All Berlin 2002 – The British Council Germany The aims of the conference “Towards an Information Society for All 2” builds on the successful conference held in 2001 in Bologna, where practitioners and policymakers from around Europe met to consider the present state of development of the emerging Information Society across Europe. That conference produced a significant consensus in the processes and priorities for the creation of a society where everyone has the opportunity to benefit from the new information and communications technologies. TISA2 takes as its point of departure that to achieve joint progress everyone involved in the Information Society must focus on a range of factors and activities that while implemented in different ways will be underpin all developments. Such factors include the nature and importance of national and regional Information Society policies, technical and infrastructure issues relating to the creation of physical networks and access routes that are available to all (for example ICT centres in public spaces), the high importance of electronic content and of co-operation and partnership. All of these topics will be dealt with in TISA2, not simply by didactic presentation, but through presentations mixed with forum sessions and discussion. Just as the future Information Society must create a learning environment that is relevant to everyone throughout their lives, so the conference will encourage involvement and participation. It will be relevant to service managers and policy makers throughout Europe. Conference Programme (concise) Friday, March 8th 2002 Keynote I: Chris Yapp, Futorologist and Author, United Kingdom “Keeping pace with a supersonic aircraft – the development of IT and its impact on society” Forum I: “Designing the Future” Chair: Chris Batt (Director of Learning and Information Society Team, re:source, United Kingdom) • “Summary of context and outcome of TISA1: Towards Information Concordats” by Chris Batt • “Benchmark Initiatives outside Europe & the Information HaveNots” Graham Coult (Editor: Managing Information and Visiting Lecturer, Information Policy, University of North London, UK) • “The government’s four year action plan for an information society in France” Bernard Platel (Ministère de l’Education Nationale, France – Speech given by Jacques Vauthier) Best Practice A: “E-Learning” Chair: Chris Yapp Presentations on New Learning Opportunities • “Lokando – teaching in a knowledge-based society” Boris Goldberg (Lokando Software, Germany) AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 155 Manifestazionidopo • • “The Open University’s new learning opportunities” Professor Ray Ison (Open University – Systems Discipline Centre for Complexity and change, United Kingdom) “E-learning to blended learning” Professeur Jacques Vauthier (Agence EduFrance, France) Best Practice B: “Public Access to New Technologies” Chair: Chris Batt Presentations on provision of New Technologies like Broadband Politics, E-Access • “Implications for public access to New Technologies in a highly connected society” Maija Berndtson (Helsinki City Library, Finland) • “Aspects of the introduction of New Technologies in Romania” Varujan Pambuccian (Parliamentary ICT Commission, Romania) • “Meeting ever-changing expectations: Applying New Technologies in a public library” Frank Daniel (City Library Cologne, Germany) Saturday, March 9th 2002 Keynote speaker: Rosalie Zobel, DG Information Society, Brussels: “Developing the Information society in Europe: everybody prepared for a quantum leap?” Forum II: “Co-operation and Partnerships” Chair: Jacques Vauthier • “A new chapter in the book of Information Society initiatives” Bettina Hohn (Foundation Digital Opportunities, Germany) • “re:source and European cooperation” David Dawson (re:source United Kingdom) • “The World Bank’s Global Distance Learning Network” Mark Nelson (Senior Operations Officer, World Bank Institute, France) • “The British Council’s Global Knowledge & Learning Centre Project” Judy Ugonna (Deputy Director Information Services Management, British Council, United Kingdom) Forum III: “Value and Impact” Chair: Maija Berndtson • “More relevance, not just more information: PRIOR and the Russia Development Gateway” Tatiana Ershova (Institute for the Information Society, Russia) • “New technologies? New contents!” Sonja Griegoschewski (Internet Management Department, Goethe-Institut Inter Nationes, Germany) • “Share knowledge, support learning – targeted and responding to need” Ana Runkel (Chief Librarian Oeiras Public Library, Portugal) Best Practice C: “Public and Private” Presentations on Business Models for the Future Chair: Mark Nelson • “New Frontiers for the Information Society: The Ambient Intelligence Perspective” Angelo Airaghi (Finmeccanica, Italy) • “Digital Inclusion and the Broadband Rollout” Bob Craig (Director Scottish Centre for Information and Library Services, Scotland) 156 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Manifestazionidopo • “Workers On-line! Digital challenges for the ‹Social Contract›” Annette Muehlberg (Ver.di trade union, Germany) Panel Discussion: “Outlook” Chair: Chris Batt Selected speakers discuss implications of findings from Forums and Best Practice sessions with regard to the future of the Information Society. Establishment of a “Berlin Declaration” Allegato 2 Berlin Declaration Acknowledging the sovereign responsibility of governments to set policies and priorities and the role of the European Union in the development in pan-Europe policy, we call on all stakeholders and policy makers to reflect on and implement the following principles and actions in the progress towards the Information Society: PRINCIPLES • The successful Information Society will enhance democracy and citizenship, support economic and social development, encourage lifelong learning and enhance rather than inhibit cultural and linguistic diversity • To be successful this will demand that all citizens have equal access to the benefits of that Information Society – inclusive, not exclusive • Therefore all Governments should have policies and programmes that give momentum to progress without inhibiting economic development, ensuring universal access to technological resources • Inequalities of access must not be a barrier to those who are unable to provide those resources for themselves • Barrier-free skills training should be available to everyone so that all are able to use the technological resources effectively • Access to lifelong learning must be the right of every citizen • Information literacy is an essential component of lifelong learning • Networking must enable open participation for everyone and is an essential foundation to partnership and co-operation of individuals, communities and organisations. ACTIONS National and federal governments should • Prepare national information policies for the co-ordination and development of all relevant resources stressing the importance of open and accessible systems that encourage democratic influence • Create suitable network infrastructure to support the development of the national information policy in the Information Society, clarifying the future role of broadband services within that infrastructure AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 157 Manifestazionidopo • • • • • • • • • • 158 This network infrastructure should draw together all information-creating agencies especially the traditional memory institutions (museums, archives and libraries) to encourage information sharing and the creation of joint resources Develop funding programmes to support those institutions to create new resources and provide effective access to them Support the delivery of ICT skills to all citizens, ensuring that nobody is excluded through lack of money or opportunity Write information literacy into learning strategies at every level of learning development Work jointly with the EU, other governments and other organisations to ensure that common standards and policies enable the exchange and sharing of content Take positive action to promote to everyone the value of digital networks to their lives Support the training and development of the human resource base that is necessary to develop a viable market for services or products within the Information Society Recognise the growing impact of complex information systems on society and raise awareness of the importance to authenticity, reliability and quality in content and services Take measures to protect information infrastructures and content from threats Take a broad view of the impact of the evolving Information Society by involving experts from fields such as sociology and the behavioural sciences. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Manifestazionidopo Verso l’internazionalizzazione della formazione in biblioteconomia e scienze dell’informazione, Parma, 18 marzo 2002 FLORA BALINO Il 18 marzo scorso si è svolto a Parma, presso l’Aula Magna dell’Università, Verso l’internazionalizzazione della formazione in biblioteconomia e scienze dell’informazione, seminario internazionale dedicato alla discussione sulla cooperazione internazionale nella formazione universitaria e nella formazione continua dei professionisti dell’informazione. L’iniziativa è stata promossa dall’Istituto di Biblioteconomia e Paleografia dell’Università di Parma in collaborazione con la School of Information Studies della University of Northumbria (Newcastle upon Tyne), nell’àmbito del Master internazionale a distanza in biblioteconomia e scienze dell’informazione, organizzato congiuntamente dai due Atenei a partire dall’anno accademico 2000-2001. Alla presenza di docenti, ricercatori, responsabili di biblioteche e di centri di documentazione, partecipanti al Master e studenti universitari, si sono alternati relatori di livello internazionale. Il programma della giornata si è sviluppato su quattro temi: - Developing an international competency for new professionality of librarians and information scientists. - Barriers to international cooperation. - Expanding IT in curriculum design and delivery. - The international courses for librarians and information scientists in Italian university library schools: trends and issues of internationalisation. Pat Dixon, docente alla University of Northumbria e course leader del Master internazionale a distanza in biblioteconomia e scienze dell’informazione, ha illustrato, nel corso del suo intervento, le linee guida da seguire nella formazione dei bibliotecari e degli esperti di informazione. Nella learning society imparare è un’attività sociale. L’apprendimento deve avere caratteristiche specifiche e definite: deve essere “continuo” (si parla, infatti, di lifelong learning), “internazionale” (attraverso progetti quali Erasmus, l’international recruitment e il distance learning) e “guidato”. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 159 Manifestazionidopo Il curriculum adatto alla digital age va pensato dai professionisti dell’informazione. Gli “information specialists”, o professionisti dell’informazione, debbono garantire, nel proprio interesse e a vantaggio del pubblico, il rispetto del seguente “schema logico”: dai dati all’informazione, dall’informazione alla conoscenza, dalla conoscenza al potere. Questi professionisti, lavorando in team con altri professionisti (tecnici, informatici, etc.), debbono fornire un ottimo servizio, tenendo sempre presente il bisogno, da parte di chi usufruisce della biblioteca, di elaborare e utilizzare le informazioni. Un punto essenziale, sottolineato dalla relatrice, è quello della centralità dell’utenza all’interno dell’universo biblioteca. Il motto dell’utente è I want, I get. Il professionista dell’informazione, nel suo learning support role, deve dunque, grazie anche alle nuove tecnologie, creare nuove opportunità: accesso veloce, insegnamento dell’uso delle risorse, assistenza, organizzazione delle informazioni e integrazione tra information e workspace. L’intervento della dottoressa Spinazzola, della ICAB Sovrintendenza Emilia Romagna, ha presentato ai partecipanti del seminario i contenuti del Programma ASCESI e del Programma ABSIDE. La formazione del bibliotecario non è resa obbligatoria da nessuna legge, ma è di fondamentale ed indiscutibile importanza, soprattutto oggi che, come ha osservato la relatrice, il settore della cultura e dell’editoria deve adattarsi alla Società dell’informazione. La preparazione specifica dei bibliotecari e dei formatori può oggi essere supportata e garantita da nuove modalità di apprendimento, quali il distance learning e le web conference. La conoscenza, come chiaramente illustrato dalla relatrice, può e deve avere, in sintesi, un forte impatto sociale, un ruolo decisivo nel contrastare lo svantaggio, nell’operare contro la discriminazione e l’emarginazione nella nostra società. Nel suo intervento, Niels Ole Pors, della Library School di Copenaghen, ha presentato, con grande concretezza, temi e problematiche legati alle attività internazionali che si svolgono, nella scuola danese, da più di 10 anni. La cooperazione tra enti di differenti Paesi appare innegabilmente molto positiva sia per le possibilità di crescita professionale dello staff interno sia per le nuove opportunità offerte agli studenti. Gli ostacoli, però, non sono pochi: oltre ai soliti problemi finanziari, vanno sottolineate le diversità linguistiche e, soprattutto, culturali. Il contatto con una congerie di realtà particolari così varia, se da una parte è certamente sinonimo di ricchezza e di crescita intellettuale, nel contempo implica molti ostacoli da superare, come le difficoltà di riconoscimento dei titoli acquisiti, 160 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Manifestazionidopo le discrepanze nella valutazione dei progetti e lo svolgimento di corsi in una lingua diversa da quella dei discenti. Franz Berger, della Libera Università di Bolzano, ha trattato lo stesso tema con pari disincanto ma, forse, con maggior fiducia nel futuro. Secondo il relatore, infatti, un’attività di formazione è qualitativamente buona solo nel caso in cui si integrino esperienze eterogenee. Gli ostacoli possono essere superati proponendo un’offerta differenziata. Dall’analisi delle esigenze del territorio e del mercato possono nascere progetti di formazione che portino al doppio diploma, soddisfacendo, così, le esigenze di tutti i partecipanti. La collaborazione con Università straniere, inoltre, promuoverebbe l’immagine internazionale degli Atenei italiani, all’interno dei quali i corsi di biblioteconomia rivestono spesso un ruolo poco importante. A conclusione della mattinata Lucia Maffei, di AIDA, ha illustrato il mondo e il ruolo dei documentalisti, rilevando come non esista una netta linea di separazione tra le professioni dell’informazione. Il professionista dell’informazione svolge un’attività trasversale, incentrata sull’individuazione, l’acquisizione e l’indicizzazione della conoscenza. Il rischio nell’attuale iter di formazione ed addestramento professionale, ha precisato, è di concentrare l’attenzione solo sui contenuti dei corsi e di attribuire invece scarso valore alle metodologie della didattica e dell’apprendimento. Uno studio europeo relativo alla capacità di lettura su diversi supporti ha illustrato come, su un campione di 250.000 studenti, circa 1/4 non è in grado di comprendere un testo. Per questa ragione, e anche per l’attuale tendenza a produrre, ormai, più servizi che beni, l’information professional è oggi una figura molto richiesta: egli deve solo imparare a farsi conoscere! Nel pomeriggio i lavori sono ripresi con la relazione di Alberto Petrucciani, docente di biblioteconomia all’Università di Pisa. Il professore ha posto l’accento sulla questione dell’esiguo numero di iscrizioni al corso di laurea in Beni librari. Evidentemente la professione di bibliotecario appare davvero poco attraente agli occhi dei più. La “colpa” di questa mancanza di passione è da ricercarsi, secondo il relatore, all’interno delle biblioteche stesse. Questa figura professionale deve imparare a farsi promotrice di se stessa, del proprio lavoro e delle proprie sedi. Oggi si può parlare, per quanto riguarda la sua formazione, di “mercati emergenti”. Ciò che si deve fare è cercare gli sbocchi lavorativi giusti, definiti dal relatore «consistenti, preferibili e dominabili». L’identità professionale dei bibliotecari è a tutt’oggi debole anche perché essi la ridefiniscono continuamente, nel tentativo di adattarla alla situazione e all’esigenza del momento. Grazie ad una buona formazione, invece, tale identità potrebbe definirsi in modo preciso, ed essere anzi la molla per il rilancio di tale professione. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 161 Manifestazionidopo Vera Marzi, collaboratrice del Master europeo per i bibliotecari scolastici, ha parlato dell’importanza di rendere ogni persona capace di effettuare delle ricerche efficaci. L’utente non sa accedere alle informazioni e, dunque, è difficile che riesca ad interagire con l’esperto che potrebbe aiutarlo. Insegnare gli information skill è, dunque, cómpito fondamentale della scuola, della biblioteca e di qualunque altro centro di didattica e di conoscenza. L’intervento di Anna Maria Tammaro, dell’Università di Parma, ha concluso i lavori. La relatrice ha parlato dell’esperienza del Master internazionale a distanza in biblioteconomia e scienze dell’informazione, che ella ha fortemente voluto proprio per fare un primo passo concreto verso l’internazionalizzazione della formazione dei bibliotecari. Con l’ausilio dei risultati di un’analisi statistica da lei stessa condotta, la Tammaro ha illustrato i problemi e le conquiste di quest’esperienza. Il corso di studi è risultato piuttosto impegnativo sia in termini di gestione amministrativa sia per l’accordo su un sistema unico di qualità della formazione erogata dalle due Università. Per gli studenti italiani le difficoltà incontrate hanno riguardato soprattutto la capacità di gestire il proprio tempo e l’adozione della lingua inglese. L’efficiente organizzazione del proprio tempo è, d’altronde, una dote imprescindibile per svolgere la professione di librarian e di teacher-librarian, ma anche, più semplicemente, per vivere bene la realtà quotidiana. Il problema della distanza docenti-studenti nella modalità di fruizione telematica è stato invece brillantemente superato dall’applicazione dei metodi del distance learning. Ed è proprio questa la principale innovazione del Master: nuove metodologie di insegnamento finalizzate a facilitare l’apprendimento dello studente, rendendolo più attivo, responsabile e creativo. La conquista del riconoscimento del titolo da parte di entrambi i Paesi coinvolti e la soddisfazione degli allievi e dei docenti sono, infine, la reale dimostrazione di come si possa, anzi si debba operare verso la cooperazione internazionale nella formazione universitaria e nella formazione continua dei professionisti dell’informazione. 162 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Manifestazionidopo Ascoltare da vicino il mondo che cambia: imprese, istituzioni e settore non profit di fronte all’opportunità offerta dall’immigrazione qualificata. Gruppo CERFE, Firenze, 30-31 maggio 2002 DOMENICO BOGLIOLO Lingua, razza (non in senso oggettivo, finalmente e grazie a dio, ma in quello soggettivo della percezione che ne ha eventualmente l’interessato), etnia, genere, età, orientamento sessuale, religione, posizione gerarchica, status socio-economico, educazione ricevuta, valori stabili, status familiare, abilità fisica e mentale sono le componenti, in ordine vagamente decrescente d’importanza, della nozione di “diversità”, che possiamo banalizzare come: «tutti i modi nei quali si differenziano gli individui» e, da un punto di vista euristico, come: «la cattura delle differenze in caratteristiche osservabili e non direttamente osservabili». Il problema rientra negli àmbiti delle scienze dell’informazione e, a un livello superiore, in quelli delle scienze della comunicazione, ma non solo: nell’età della globalizzazione, la gestione della diversità gioca infatti anche un ruolo non indifferente nella bottom line (l’ultima riga, nella quale si calcola il pareggio finale) dei bilanci, soprattutto per le dinamiche di gruppo che può innescare. In sintesi, la sociologia della diversità individua, fondamentalmente, tre teorie: categorizzazione (che crea contrapposizioni tra gruppi “interni” od omogenei, e gruppi “esterni” o eterogenei e che induce alla formazione di strereotipi e pregiudizi), similarità-attrazione (che stimola l’interazione con coloro che condividono esperienze e valori simili, incrementa la comunicazione, l’integrazione sociale e il senso di affiliazione) e informazionale (che incrementa la domanda di conoscenza, stimola l’auto-analisi del gruppo e un miglior uso dell’informazione). Un buon direttore del personale deve ovviamente tendere a dare un peso almeno -1 alla categorizzazione, 0 alla similarità-attrazione e 1 alla teoria informazionale. Oltre a ciò, la longevità del gruppo, la complessità dei cómpiti, l’inter-dipendenza dei gruppi e la cultura d’impresa costituiscono, tutti, fattori di moderazione nelle relazioni fra la diversità e le prestazioni (performance). Non si tratta qui, certamente, di un interesse diretto dell’organizzazione alla felicità dei suoi dipendenti, ma la coscienza che una carente o assente buona gestione della diversità può generare conflitti improduttivi, quando non marcatamente negativi, nelle prestazioni dei gruppi (dall’assenteismo all’eccesso di turnover alla scarsa produttività), il che non è, questo sì, affatto indifferente per il controllo dei AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 163 Manifestazionidopo costi interni. Nel caso contrario, una corretta gestione della diversità genera capacità superiori di creatività e d’innovazione e, quindi, sviluppo di nuovi prodotti e servizi che portano a benèfici vantaggi competitivi e, in definitiva, a un buon sviluppo generale dell’organizzazione. Non basta: è dimostrata la crescita dei costi interni proprio a causa di situazioni troppo omogenee tra i dipendenti, che impongono sforzi eccessivi quando l’organizzazione, spinta da pressioni societarie, legali o di mercato, decide di operare cambiamenti anche poco profondi. È già piuttosto ricco l’elenco delle organizzazioni che, per rafforzare la cultura d’impresa, ottimizzare le prassi organizzative, le rotazioni interne, gli standard di qualità globale e i modelli di selezione della leadership, hanno istituito un ufficio per la gestione della diversità. In Italia, tra gli altri: ISTUD, Benetton, Hewlett Packard, Nokia, Sony, per non dire della Western Union Italia (Angelo Costa spa) nella quale il 35% dei dipendenti (anche direttori di sede) è qualificabile come ciò che viene comunemente definito “extracomunitario” (ed è ovvio che l’espressione non valga per Svedesi, Svizzeri, Americani…). Nel mondo primeggia l’Australia che, con gli Aborigeni in prima fila (cultura assolutamente alternativa e dunque quasi non integrabile), possiede forse il tasso più ampio e variegato di diversità e quindi d’impegno per una sua gestione produttiva1. Oltre a queste opportunità gestionali, ci sono due altri buoni motivi, uno storico o sociologico e uno di etica sociale, per dare più spazio alla diversità nelle organizzazioni. L’UNESCO, approvando la “Dichiarazione sulla diversità culturale”2, ha recentemente posto l’obiettivo del superamento della diversità (che non mette in discussione il rapporto di forze contrapposte fra maggioranza e minoranza culturali) per il conseguimento di un pluralismo culturale che consenta «un’interazione armoniosa e un voler vivere insieme di persone e gruppi con identità culturali molteplici, variate e dinamiche» e vòlto all’affermazione del diritto fondamentale del mantenimento della propria identità3. In Italia, tra le altre iniziative consolidate di pluralismo culturale: progetto LeO del Friuli-Venezia Giulia, Tavolo unico della Toscana, progetto Epikouros del COSPE, Servizio informativo per l’utenza straniera del Comune di Roma, Centro per servizi agli immigrati del Comune di Perugia, Ufficio immigrati del Comune di Firenze, progetto Intercultura dell’IRRSAE Toscana. Sul piano etico, poi, la cosiddetta corporate citizenship percepisce le organizzazioni come entità anche sociali, dotate di un’etica che le spinge ad assumersi responsabilità dirette nei confronti delle collettività, soprattutto a sostegno dei soggetti più deboli e più esposti al rischio dell’esclusione sociale4. Queste le premesse di ciò che si è discusso a Firenze in un convegno organizzato dal Laboratorio di scienze della cittadinanza del CERFE5, promotori anche la Regione Toscana, il Fondo sociale europeo e il Ministero del lavoro e delle politiche 164 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Manifestazionidopo sociali, per tentare di passare dalla teoria alla prassi della ricerca-intervento, o ricerca-azione, con un ulteriore duplice obiettivo: verificare sul campo l’integrabilità nelle nostre organizzazioni di elementi direzionali altamente professionalizzati appartenenti a culture “diverse” (nel caso, prevalentemente dell’Africa sub-sahariana) e, insieme, istituire una serie sperimentata di apparati formativi6 e informativi7 per facilitare, sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta, questi stessi processi d’integrazione. Oltre a una sessione inaugurale, il convegno si è articolato in tre sedute di lavoro: “Esigenze di una nuova conoscenza organizzativa. Informazione, interpretazione e visione della realtà: il contributo degli immigrati qualificati”, “Quali spazi per gli immigrati qualificati in Italia? Le risposte della corporate citizenship, del pluralismo culturale e della gestione della diversità” e “L’integrazione professionale di alto profilo degli immigrati. Per una sintesi fra nuova conoscenza organizzativa e responsabilità sociale: il progetto pilota della Regione Toscana”, per un totale di 40 interventi, ma il sito <http://www.gruppocerfe.org/convegni/2002/rait/rait_main.htm> ne contiene per ora (16 luglio) solo la quarta parte, che può tuttavia, oltre a una utile traccia di proposte per la discussione, dare una visione soddisfacente dell’avvenimento. Al di là del tema specifico, che esige (se non altro, per la forza cogente del segno “più” accanto ai risultati numerici dei bilanci) prese di coscienza culturali insieme con l’adozione di idonee strategie organizzative, l’esito che ci è parso interessare direttamente le discipline e le prassi connesse con l’informazione e la documentazione è quello della centralità del concetto di “risorsa” quando esso è attribuito alle fonti umane dell’informazione; cioè, in ultima analisi, alla stessa conoscenza, che va ad acquisire connotazioni più prettamente antropologiche. Non si tratta, infatti, solo della raccolta e dello sfruttamento ottimale di singoli “saperi” tecnici attraverso la loro condivisione entro un’organizzazione, né del loro interlivellamento in reale patrimonio collettivo della stessa organizzazione fino a diventare una nuova forma di personalità, specifica e differenziante per ciascuna impresa. Si tratta di mantenere l’unitarietà, etica ed estetica insieme, dell’individuo e della persona, essa sola, sì, vera “fonte” di ogni informazione e di ogni conoscenza, la cui frammentazione in “dati” o in “documenti” utili non è che la manifestazione visibile di elementi immateriali fondanti qualsiasi realtà: tralasciare o fingere di dimenticare questo aspetto pone immediatamente qualsiasi gestione della conoscenza al di fuori dell’umanesimo. La conoscenza, come ha affermato recentemente Laurence Prusak in un incontro diretto, non è “gestibile”: è una sorta di miracolo energetico che, semplicemente, “accade”, e che si appoggia e si fonda sul mantenimento di quell’unità antropologica e, soprattutto, “a ogni costo” (espressione che va presa, specialmente nel nostro caso, anche nel suo senso economico). AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 165 Manifestazionidopo Note 1 2 3 4 5 6 7 166 L’Australian Centre for International Business <www.ecom.unimelb.edu.au> ha stilato un elenco dei siti web di organizzazioni che presentano sistematicamente informazioni sulla diversità: 13 australiane, 6 britanniche, 28 statunitensi, 5 canadesi. Conferenza generale, novembre 2001: <www.unesco.it/strumenti/documenti/ testi/dich_diversita.doc> Per un dibattito abbastanza recente sul tema: Giuseppe Sartori, Pluralismo, multiculturalismo e estranei. Saggio sulla società multietnica. Rizzoli, 2000, che distingue – in modo che mi sembra non del tutto risolto e, in ogni caso, sempre negativamente – fra pluralismo e multiculturalismo; il primo tenderebbe cioè alla dissoluzione della cultura minoritaria in quella dominante e il secondo esalterebbe le reciproche contrapposizioni, diciamo così, fondamentalistiche. Anche qui c’è un documento ufficiale del 2001, il Green paper della Commissione dell’UE Promoting a European framework for Corporate Social Responsibility: <europa.eu.int/comm/employment_social/news/2001/oct/socpolag/csr_communication.pdf >. <www.gruppocerfe.org> Come, per esempio, il Corso per l’integrazione professionale in posizioni apicali di immigrati/e altamente qualificati/e finanziato al CERFE dalla Regione Toscana, che si rivolge a immigrati subsahariani laureati o pluri-laureati, fra i 25 e i 40 anni, regolarmente residenti in Toscana, e che prevede più di 400 ore di formazione di didattica variamente residenziale e a distanza, integrata da visite di studio e interventi ad hoc, più 4 mesi di inserimento lavorativo in imprese pubbliche, private e non-profit. Da rimarcare l’articolazione, che ci sembra esemplare, delle strategie formative (“empowerment” sulla cultura italiana e sull’identità africana, “conoscenza” per superare il gap fra conoscenze/capacità possedute e quelle necessarie per l’inserimento lavorativo qualificato, “coscientizzazione” dello specifico valore aggiunto posseduto) e delle materie e dei temi trattati (cicli di progetto, capitale sociale, knowledge management, comunicazione, internship, competitività, integrabilità, gestione del “ritorno”, processi di globalizzazione), nonché delle forme di assistenza (tutta completa, la famosa triade mentoring, tutoring, monitoring). Come, per esempio, in formato tradizionale “Omega, mensile sulle migrazioni e la globalizzazione” e, in formato elettronico, <www.africansocieties.org> “monthly e-magazine on the invisible Africa” in versione trilingue (inglese, francese, italiano) con intenzione di sfruttare le interattività consentite dal mezzo come forum e conferenze elettroniche a tema. (Da raccomandare agli organizzatori è la registrazione delle riviste elettroniche presso l’autorità ISSN). AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Manifestazionidopo Presentazione del volume Archivio della Società Birra Peroni. Inventario, Roma, 5 giugno 2002 MARIA PIA CAROSELLA Anche negli archivi sono nascosti da tempi talvolta assai lontani tesori incredibili che sta a noi scoprire; una constatazione piuttosto ovvia, imputabile forse ad una certa concomitanza della partecipazione a due manifestazioni romane ben diverse tra di loro: l’esposizione “Diamanti: arte, storia, scienza”, dove – come da denominazione – è mostrato tutto quanto di bello e di duro può riguardare questo prezioso minerale nascosto nelle viscere della terra, e la presentazione del volume Archivio della Società Birra Peroni. Inventario (a cura di Daniela Brignone, pubblicato nel 2001 dalla Direzione generale per gli archivi del Ministero per i beni e le attività culturali, p. 411, ill. – “Strumenti”, CXLVII). La presentazione ha avuto luogo il 5 giugno presso il Rettorato dell’Università di Roma Tre, sede appropriata, poiché, come dichiarato dal rettore Guido Fabiani, il suo CROMA – Centro di ateneo per lo studio di Roma – ha tra i propri ruoli quello di individuare, anche attraverso i loro archivi, la presenza di industrie che hanno fatto la storia della città e della regione, nonché di curare il ripristino di strutture industriali dirute e di ricuperarle alla cultura. La sistemazione dell’archivio Peroni, la stampa del volume e relativa presentazione sono dunque dovute ad una felice collaborazione, ognuno per la sua parte, di Archivi di Stato, Università, Società Birra Peroni. I “presentatori” (le cui parole sono qui riportate in modo unitario) erano del resto alcuni rappresentanti di questa “triplice”. Il volume segna la conclusione di una fase importante, iniziata nel 1996 con la decisione della Società Peroni, fondata nel 1846 da Francesco Peroni, di festeggiare il suo 150º anniversario con la scelta culturale di mettere il proprio archivio a disposizione del pubblico. Dalla fine degli anni ’90 Daniela Brignone si è quindi impegnata nell’ordinamento dei documenti di tale archivio, che ha il grande pregio di essere privo di lacune nel tempo, fino alla stampa del suo Inventario. Ha anche avuto l’accortezza di predisporre l’archivio, lasciando aperte le serie per nuovi inserimenti del futuro, per il quale è pure prevista una trasformazione del cartaceo in elettronico. La sensibilità della Società Peroni verso il suo patrimonio documentario si dimostra altresì nella possibilità offerta per la visita di questo archivio storico, nonché del museo storico. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 167 Manifestazionidopo Non siamo archivisti, ma, sfogliando il volume presentato, possiamo di certo constatare la realtà dell’unanime entusiasta consenso espresso in merito – oltre che dai rappresentanti della Peroni (Giorgio Zazi) – da alcuni tra i più alti dirigenti del mondo degli archivi italiani (Salvatore Italia, direttore generale degli archivi; Lucia Principe, soprintendente degli archivi del Lazio; Antonio Dentoni-Letta, direttore della divisione studi e pubblicazioni della direzione generale archivi) da un lato, e dall’altro lato da docenti universitari di discipline storiche o architettoniche, comunque legati a Roma (Antonio Parisella, Carlo M. Travaglino, Alberto M. Racheli). Il corpo del volume si compone di: • una Introduzione, in cui sono incluse una “Nota storico-archivistica” e una “Nota tecnica”; • l’Inventario vero e proprio (p. 37-198), che si riferisce agli stabilimenti Peroni di Roma e di altre città (Bari, Napoli, Padova), nonché ad Archivi aggregati e di società comunque collegate con la Peroni; in questa parte è incluso anche «materiale a stampa, 1872-1998, che si trova al di fuori dei fascicoli, ma che rientra a pieno titolo nella documentazione d’archivio»; • il Fondo fotografico (p. 201-392), importante da un punto di vista più documentario, ordinato in: 1. Tecnico/unità produttive, 2. Commerciale/ relazioni esterne, 3. Personale/vita interna, 4. Famiglia Peroni; alcune foto sono anche riprodotte a fine volume; • un accurato Indice di nomi e di località (p. 395-411). Entro queste grandi ripartizioni troviamo, oltre a quanto già indicato, materiali di vario tipo (ad esempio, manifesti, oggetti di uso quotidiano come bottiglie, ecc.), che documentano non soltanto l’attività quotidiana dell’impresa (dalle immagini degli impianti ai trofei sportivi), ma anche le sue innovazioni tecnologiche (nuovi sistemi produttivi, nuovi macchinari); i suoi corsi di formazione per il personale, ecc.. Tutti “diamanti” nascosti nell’archivio. Come ogni fonte di informazione complessa dal contenuto molto diversificato, l’archivio Peroni – e quindi l’inventario a stampa – può essere letto in modo dissimile, a seconda degli intenti di chi lo consulta, dunque del suo utente: in prima istanza a fini conoscitivi, ma può inoltre essere utilizzato a scopi più operativi. Lo provano, come ci ha rivelato A. M. Racheli, gli adeguati restauri dei nostri tempi, in gran parte permessi proprio dalla consultazione delle piante originali degli stabilimenti Peroni. Se ne deduce quanto opportunamente l’Inventario a stampa sia stato inserito nella collezione “Strumenti” degli Archivi di Stato. Allargando e approfondendo ora la visione strettamente archivistica sul patrimonio culturale Peroni e guidati dalle parole dei presentatori universitari del volume, che hanno accostato eventi romani di varie epoche con documenti dell’archivio, ci 168 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Manifestazionidopo rendiamo conto che la storia della Peroni è una parte della storia contemporanea di Roma e in particolare dell’industria romana. Si veda, fra i tanti esempi, come la birra sia stata legata alla vita sociale degli anni ’60 o quanto il ghiaccio prodotto dalla Peroni fosse indispensabile all’esistenza quotidiana della città; oppure come la Peroni abbia dato accesso all’acqua delle proprie cannelle alla popolazione che ne era priva durante la seconda guerra mondiale; o ancora si riscontri la rispondenza fra i differenti piani regolatori della città e gli aggiustamenti dei complessi Peroni, nonché i relativi oculati recuperi architettonici culturali; e da ultimo si controlli la prova visiva del felice connubio cinema-birra Peroni negli anni passati. L’inventario dell’archivio storico Peroni traccia dunque un percorso attraverso problemi differenziati, spesso connessi con Roma ma non solo. Pertanto, prima analizzando e poi ricomponendo conoscenze diverse sparse in altri archivi storici aziendali, si potrebbe pervenire ad una percezione maggiore della storia economica, sociale e culturale non soltanto di una città, ma, estendendo l’azione, anche di una regione e dell’Italia intera. E di fatto grandi aziende industriali del Paese possiedono notevoli archivi storici: esse potrebbero ispirarsi all’esemplare esperienza-pilota della Peroni. Per parte loro, all’inizio degli anni ’70 gli Archivi di Stato hanno cominciato a considerare l’importanza di tali archivi a fini scientifici. Ne hanno così avviato censimenti regionali (interessandosi pure a quelli di altri tipi di imprese, come le banche o gli ospedali). I censimenti esistenti sono quelli di Lazio, Lombardia, Toscana. Per continuare nell’impresa, gli Archivi si sono inoltre resi conto dell’utilità di una formazione con formule univoche destinata a giovani futuri archivisti aziendali. Concludendo, una manifestazione che ha debitamente dato atto del lavoro sul campo degli operatori archivisti, dell’esemplare atteggiamento della Società Birra Peroni verso Roma e la cultura in genere («l’impresa diventa così operatore culturale», ha detto Daniela Brignone), dello spirito di iniziativa degli Archivi di Stato a favore della completa fruizione dei beni archivistici e documentari in possesso delle aziende italiane. L’unica delusione potrebbe averla subita chi si fosse recato a Roma Tre con la visione di fiumi di… birra cui attingere: l’atmosfera era amichevole e serena ma non certo da Oktoberfest bavarese! Quanto a noi, in questa sede, desideriamo sottolineare che alcuni dei principali concetti emersi nel corso della presentazione sono validi in qualsiasi “mestiere” dell’informazione, e cioè per lo meno: buona organizzazione del lavoro, spirito di collaborazione, norme uniformi per tutti, cura degli interessi dell’utente, accorta utilizzazione delle fonti di informazione. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 169 Manifestazionidopo L’informatica giuridica nella formazione del giurista. Tavola rotonda in onore di Vittorio Frosini. ITTIG-CNR, Roma, 19 giugno 2002 DOMENICO BOGLIOLO “Informazione” sostituisce da ora “documentazione” nella ragione sociale dell’Istituto di documentazione giuridica del CNR, diventato Istituto di teorie e tecniche dell’informazione giuridica1. Ricorrere, nella nominazione, alla coppia “teorie e tecniche” serve anche, si sa, a promuovere le pratiche e gli studi universitari, e non ci si può vedere che bene… mentre c’è da riflettere sulla sostituzione dei termini, perché ci pare che il processo in atto di virtualizzazione del mondo sembri esigere il passaggio in secondo piano degli aspetti più aleatori, e più difficili da quantificare, della comunicazione, e anzi proponga la riduzione di una nell’altra, come se lo scopo non fosse il comunicare, ma solo l’informare. La banalità dell’informazione – specialmente se “automatica” e sostitutiva della problematicità della documentazione – banalizzerebbe, così, anche la comunicazione retrostante. Ne è prova l’eccessiva quantità di informazioni inutili (e anche false) che i padroni dei media ci offrono (perché se il rapporto è di mezzo a fine, padroneggiando l’informazione si governa la comunicazione). “Documentazione” pone l’enfasi sulle difficoltà della comunicazione, per l’ottimizzazione della quale servono tecniche che analizzino attentamente sorgente, codice, messaggio, canale e ricevente, e non solo nel loro àmbito lineare, trasmissivo, ma anche nel loro ambiente sociale e culturale e spirituale, sia con l’intento scientifico dell’osservatore del fenomeno (del genere dell’ex ISRDS, per intenderci) sia con quello economico del produttore (l’aggiunta orientata di valore da parte del professionista). La semplificazione indotta dagli informativisti sembra ricalcare quella, attuale nel mondo aziendale, di chi propina sistemi per il knowledge management quasi, come insisto a ripetere, “chiavi-in-mano”, con l’implicita mistificazione che la tecnologia “costringerebbe” gli esseri umani e le loro organizzazioni a rettamente comunicare, a rettamente creare conoscenza, a rettamente scambiarsi emozioni capaci di cambiare il mondo. Mentre “informazione” produrrebbe immediatamente – come tutte le estetiche – più denaro (nel caso: cattedre, corsi, contratti, eccetera), “documentazione” sarebbe inizialmente – come tutte le etiche – in perdita, ma con la qualità di un investimento produttivo nel lungo periodo. Contro: la documentazione sarebbe un sottoinsieme dell’informazione, a sua volta sottoinsieme della comunicazione. Da qui il nuovo nome; perché, allora, non: “comunicazione giuridica”? – ma scomparirebbe allora la magia del termine “informazione”, ovviamente automatica; eccetera. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 171 Manifestazionidopo È evidente che il tema meriterebbe un’analisi più accurata e approfondita di quel che possiamo produrre noi e ora. Nel frattempo, non resta che attendere di vedere, per esempio, se e come il nuovo sito web dell’ITTIG modificherà gli scopi del “vecchio” sito web dell’IDG <www.idg.fi.cnr.it>, che per ora (15 luglio) recita: «L’Istituto per la Documentazione Giuridica del C.N.R. svolge attività di studio e ricerca e realizza applicazioni nel campo dell’informatica giuridica e del diritto dell’informatica. La sua produzione scientifica si colloca cioè su quel crinale interdisciplinare, di rilevanza strategica in ambito nazionale ed internazionale, in cui scienza e pratica del Diritto si incontrano con le Tecnologie dell’Informazione e con le scienze del Linguaggio e della Documentazione, dando così luogo ad un settore culturale fra i più innovativi e di maggiore prestigio. In particolare l’Istituto studia e applica le tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei settori della documentazione del diritto e del linguaggio giuridico, della tecnica legislativa e della decisione giuridica, e della formazione dei giuristi […]». Nell’occasione della tavola rotonda svoltasi nei locali romani del CNR sono accadute, quel pomeriggio, diverse cose. 1. Si è presentato, e ci si è riflettuto, i Lineamenti di informatica giuridica, primo volume2 prodotto dall’Istituto con ambizione di manuale generale a uso didattico e, insieme, di manifesto programmatico della disciplina. Sintetizzo dalla prefazione di Nicola Palazzolo (direttore dell’Istituto): al di là delle tematiche specifiche dei singoli capitoli, è la stessa struttura dell’opera che riflette il carattere insieme unitario e articolato di questa disciplina, l’informatica giuridica, che ha ormai conquistato un ruolo indispensabile per la formazione del giurista, e che corrisponde a una rivoluzione di fondo del modo tradizionale di operare del giudice, dell’avvocato, del notaio e dell’amministratore pubblico; una rivoluzione che non attiene più solo all’ottenimento rapido ed efficace dell’informazione giuridica, ma che riguarda gli stessi meccanismi di produzione degli atti giuridici. È stata annunciata come prossima la pubblicazione del completamento dottrinale dei Lineamenti, dedicato al diritto dell’informatica. 2. Si è illustrata l’opera e la figura di Vittorio Frosini, filosofo del diritto e informatico, al quale “Informatica e diritto”3 ha dedicato un numero speciale che contiene, oltre a un cenno biografico e una sua bibliografia 1996-2001 sul tema – «tendenzialmente completa», curata dal figlio –, la ripresentazione di tutti i suoi scritti apparsi sulla Rivista, alcuni ormai introvabili e tutti con l’indicazione del luogo e del tempo della prima pubblicazione. Notevole per interesse, mi sembra, la riproposizione della recensione che Costantino Ciampi scrisse su Cibernetica diritto e società 4 di Frosini, e che tra l’altro l’allora giovane cattedratico ebbe, dice, l’ardire, seppur trepidante, di inviare all’anziano cattedratico che, ricorda, rispose invece sùbito con un biglietto manoscritto contenente apprezzamenti e incoraggiamenti. Essa risulta, a detta di Ciampi, «in alcuni passaggi marcatamente critica», soprattutto 172 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Manifestazionidopo perché accusava l’opera di carente aggiornamento nel suo trascorrere da una visione culturale “cibernetica” a una “informatica”, con tutto quel che ne discende. Da parte mia estraggo a corredo, dall’ultimo articolo di Frosini pubblicato (2/ 2000): Il giurista nella società dell’informazione, un passo dal paragrafo La persona giuridica come persona informatica. Parlando del diritto all’identità personale come di un nuovo diritto della personalità (associato, dalla 675/1996, ai diritti di libertà, dignità personale e riservatezza), Frosini rileva: «Nel quadro della società italiana dell’informazione, assumeva così un preciso contorno una nuova figura giuridica, che si può definire come quella dell’identità informatica: essa è distinta dall’identità fisica, poiché si tratta di un’identità virtuale cioè costituita dai dati riferiti a una persona, che acquistano il loro significato solo quando abbia luogo il relativo procedimento elettronico. L’identità virtuale corrisponde dunque a quella reale come l’immagine in uno specchio corrisponde alla figura umana: la sua esistenza è quella dello specchio, ottenuta dalla luce e dalla superficie riflettente». È su questo riflesso, aggiungo, che giocheremo, dunque, i diritti della persona, da fisica a giuridica a virtuale… 3. Si sono discusse le condizioni e gli ipotetici sviluppi dei mutui rapporti fra informatica e diritto. Tra i diversi interventi, Floretta Rolleri5, della direzione generale informatica del Ministero, ha enunciato la comparsa di nuovi strumenti, dal ricorso al web per una migliore conoscenza giuridica – per esempio attraverso la creazione di un apposito portale – all’apertura al pubblico dei servizi del Centro elettronico della Cassazione, dalla realtà del processo telematico (è all’esame del Ministero il regolamento del sistema informatico civile che ingloba l’avvocato nel processo) alla giurimetrica per la parità di trattamento. Ancora: oggi non è più necessaria la compilazione degli abstract delle decisioni dei giudici, perché la tecnologia consente – è il progetto Polis – la diffusione del full text delle sentenze, indicizzate in XML. Se c’è qualcosa che ancora manca, si tratta della maggior diffusione di una mentalità di informatica giuridica: solo recentemente questa disciplina è diventata materia d’esame. In ogni caso, lo scopo, pur nel momento difficile che la Magistratura sta attraversando, è sempre il medesimo: perseguire la trasparenza attraverso la conoscibilità dei provvedimenti. Renato Borruso ha delineato l’area dottrinale della disciplina: se oggetto del diritto dell’informatica (in sé, già molto allettante dal punto di vista professionale) è l’informatica (che è causa della norma), oggetto dell’informatica giuridica è il diritto (come si tratta nei Lineamenti); caso diverso è quello rappresentato da un’ipotetica informatica del diritto, che le comprenderebbe entrambe, come studio (vedi già le applicazioni della «leggimatica» per la redazione degli emendamenti parlamentari) dei rapporti tra algoritmo (regole univoche per la soluzione di un problema) e legge, con la proposizione del quesito fondamentale: è possibile scrivere leggi con un tale rigore AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 173 Manifestazionidopo algoritmico da evitare l’interpretazione, secondo il motto in claris non fit interpretatio? che genera, a sua volta, le seguenti domande a cascata: le leggi sono algoritmiche? è opportuno che lo diventino? se sì, quali ne sono gli ostacoli? si possono riscrivere le leggi eliminando le ambiguità? si può sostituire l’informatica (per esempio, mediante opportuni sistemi esperti) al posto del giudice? quali conseguenze porta la presa di coscienza che le leggi non sono algoritmiche ma abbisognano d’interpretazione? È infine lo stesso Borruso a tracciare un’ipotesi di soluzione, prevedendo (vaticinando?) la dissoluzione del diritto dell’informatica a vantaggio dell’informatica giuridica o, se si vuole, dell’informatica del diritto, a causa dell’espansione dell’informatica in tutte le discipline. Altri relatori hanno esaminato lo stato, per alcuni aspetti conservatore, per altri aspetti dinamico, della disciplina nelle aule universitarie, la sua assenza/presenza nei curricula e nelle classi di laurea, le interdipendenze fra un insegnamento giuridico (variamente teorico e applicativo) e uno tecnico, da scienza dei calcolatori, nonché i nuovi modi e possibilità e contraddizioni della formazione a distanza. Note 1 2 3 4 5 174 ITTIG accorpa, secondo un processo di razionalizzazione corrente nel CNR, l’IDG di Firenze con il Centro per gli studi sul diritto romano e i sistemi giuridici di Roma. Lineamenti di informatica giuridica: teoria, metodi, applicazioni, a cura di Roberta Nannucci. Napoli : Edizioni scientifiche italiane, 2002, p. xx, 603. Collana IDG, Serie “Studi e documenti”, 3. Vittorio Frosini giurista-informatico. Una raccolta di scritti (1973-2000). “Informatica e diritto. Rivista internazionale dell’Istituto per la documentazione giuridica del Consiglio Nazionale delle Ricerche diretta da Costantino Ciampi”. Napoli : Edizioni Scientifiche Italiane, XXVII annata, seconda serie, v. X (2001), n. 2 [manca ISSN]. Vittorio Frosini, Cibernetica diritto e società, 2. ed. ampliata. Milano : Edizioni di Comunità, 1973, p. 184. [1. ed., 1968]. La recensione di Ciampi uscì sul “Bollettino bibliografico d’informatica generale e applicata al diritto”, anno II, n. 3-4, luglio-dicembre 1973, p. 127-132. Che abbiamo seguito con interesse nel 1996 in occasione del quinto convegno nazionale di AIDA Documentazione: professione trasversale, quando a Fermo coordinò nella sezione Giustizia gli interventi di Enrico Melis, Alessandro Iacoboni e Bruno Capurso <http://www.aidaweb.it/ 5convegno96/>. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Notizie a cura di MARIA PIA CAROSELLA Notizie Informazione giuridica in Europa: dalla neurosi all’estasi Nei quindici Paesi della Comunità Europea dobbiamo tener conto della sua legislazione; questa pertanto non può essere ignorata dai bibliotecari e dai documentalisti specializzati in scienze giuridiche, economiche, finanziarie, ecc.. Molti servizi on line sono stati opportunamente costituiti nel tempo perché l’informazione giuridica europea divenisse sempre più accessibile; è quanto viene illustrato in sintesi in un articolo di Ciarán Ward pubblicato in “Managing Information”, gennaio-febbraio 2002, p. 10 sgg.. Ha un titolo alquanto allusivo ed entusiastico: From n€urosis to €cstasy: the e-volution of European legal information (l’allusione è accentuata nell’inglese dal simbolo che sostituisce la e nelle prime due parole, come pure dalla e che nel terzo termine potrebbe indicare l’abbreviazione di “elettronico”). Tra le varie informazioni evidenziamo soltanto le seguenti. «La fonte di tutta la conoscenza concernente la legislazione e il diritto in Europa» è l’“Official Journal of the European Communities” nelle serie C (Communications), L (Legislation), S (Supplement); le prime due nelle versioni a stampa e on line, la S soltanto on line. Naturalmente, esistono anche una serie di pubblicazioni comunitarie a stampa dedicate alla legislazione europea, sia nel suo insieme sia riguardo agli aspetti giuridici dei diversi settori del mercato e della vita di cui la Comunità Europea si occupa. Così come non mancano molti siti web. Dal giugno 2001, tuttavia, il portale EUR-Lex (<europa.eu.int/eur.lex>) viene a costituire un unico punto di accesso per la consultazione on line dell’intero corpo legislativo europeo, mentre la documentazione relativa è reperibile in vari formati: PDF, TIFF e HTML. Tra gli aiuti di carattere generale citati nell’articolo di cui sopra, ricco di notizie: • il portale <www.europe2020.org/en/index.htm>, che è dedicato a informazioni ed a considerazioni sull’Europa del XXI secolo; ha le versioni inglese e francese; • l’European Information Association (<www.eia.org.uk>), organizzazione internazionale di professionisti dell’informazione, che ha lo scopo di sviluppare e migliorare l’accesso all’informazione europea; • i vari gruppi di discussione on line, come Eurotalk, servizio di informazioni per i professionisti che cercano i dati presenti presso il JISC, il Joint Information Systems Committee britannico, comunità molto importante dell’on line. E per terminare con una nota di attualità spicciola, sul sito <europa.eu.int/euro/ htm/entry.htm>, guida in 11 lingue d’introduzione all’euro e alle sue implicazioni per i cittadini della Comunità Europea, tra gli altri «fascinating data» si scopre che «il plurale di euro in Svezia è eurorna ed in Italia euri»! AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 177 Notizie “Knowledge trinity”: considerazioni terminologiche legali Un accostamento di due termini che ci ha stupito, in parte perché nel nostro Paese siamo soliti attribuire ad uno dei due una valenza per lo più religiosa, ma forse di più per una nostra personale carenza di informazione, dato che l’autore del testo cui ci riferiamo sembra ritenere l’espressione come nota: «Si possono differenziare varie categorie di conoscenza in ciò che oramai si è fatto conoscere come ‘trinità della conoscenza’». E prosegue: «Nel contesto di un’organizzazione giuridica la conoscenza ‘esplicita’ generalmente si riferisce alle fonti esterne, come la legislazione, gli accordi scritti e i precedenti. La conoscenza ‘tacita’ è l’informazione che i giuristi hanno accumulato individualmente grazie alla formazione e all’esperienza, mentre la ‘nuova’ conoscenza si riferisce alle aree di perizia ancora da acquisire, quali le competenze in information technology e in information retrieval». Va sottolineato che la frase riportata è dovuta ad un professionista [Ciarán Ward, At a loss for words… . “Managing Information”, 9 (2002), n. 2, p. 14; e-mail: <[email protected]>] che fa parte del «legal information team» di una società britannica; e soprattutto che egli tiene una rubrica regolare su “Managing Information” dal titolo rivelatore «Where legals dare – Dove osano gli uomini di legge» e con umorismo, aggiungiamo noi. «Nella qualità di fornitore di informazione giuridica … avvocati e uomini di legge gli hanno spesso chiesto la precisa definizione legale delle parole». Con il sussidio del Chambers Dictionary (Edinburgh, 1993), questa volta egli considera sotto tale aspetto termini (e loro derivati) per noi ricorrenti, come i seguenti: • per information, ricorda pure che dal punto di vista legale è «an accusation made before a magistrate or court»; a proposito delle parole derivate il nostro autore mette in guardia sull’ambiguità esistente tra «information professional» e «informer» (l’informatore della polizia!); • il senso del termine knowledge nel contesto legale è interpretato come «cognisance», termine che a sua volta viene definito come «knowledge or notice, judicial or private». Il termine knowledge viene sempre più spesso collegato con “management”, ma anche con “sharing”, “mapping”, “culture”, “economy”, ecc.. E poiché stiamo parlando di informazione giuridica, segnaliamo l’esistenza dell’opera Moys classification and thesaurus for legal material; informazione, questa, cui non siamo in grado di aggiungere altro perché purtroppo è stata recuperata dal necrologio di Betty Moys, sua “creatrice”, nonché autrice dell’“Occasional Paper” n. 2 della Society of Indexers, intitolato Indexing legal materials. 178 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Notizie British Library: nuove strategie per il futuro A nostro parere, la British Library ha dimostrato un approccio globale consapevole nell’affrontare le sue New strategic directions, pubblicate nel giugno 2001. A loro riguardo ha infatti avviato, tramite Netpoll, un’indagine consultativa pubblica, richiedendo aiuto ad utenti reali e potenziali per forgiare il proprio futuro: “Help shape our future”. Per trasparenza diffonde ora il “Report on the responses to the new strategic directions survey”, che naturalmente contiene anche prese di posizione: lo si può leggere nel numero di marzo 2002 di “Managing Information” (p. 8-11). Riferiamo in breve soprattutto quanto di specifico interessa in questa sede. Al 3 agosto 2001, data di scadenza dell’indagine, erano state ricevute più di 5.000 risposte, di cui 400 circa da enti. Hanno risposto persone di tutti i settori professionali e di tutte le età con percentuali maggiori tra i 21 e i 34 anni, «ciò che potrebbe essere un risultato della promozione dell’indagine sul web». Alla consultazione, diretta ai Britannici, hanno comunque risposto molte persone oversea, che usano ad esempio il sito web o i servizi di fornitura del documento della British Library. La 1a Sezione dell’indagine si riferiva alle collezioni della Biblioteca. Confermato dal 93% delle risposte che la British Library deve mantenere il ruolo di conservare tutto ciò che viene pubblicato nel Paese, l’85% appoggia l’incremento di collezioni di media elettronici. Le collezioni debbono inoltre essere sempre più accessibili; a ciò la Biblioteca è convinta di poter fattivamente aderire a diversi livelli: sia continuando la sua politica nei riguardi del materiale tradizionale sia incrementando, appunto, i programmi di digitazione. E si passa così alla 2a Sezione dell’indagine, diretta soprattutto a «chi aveva un interesse professionale più specifico» (circa 2.500 risposte). Si nota tra l’altro un 75% di opinioni favorevoli «for archiving important UK web sites», con particolare enfasi da parte dei settori professionali per i quali il materiale significante già si trova on line. In ogni caso, il 74% dei professionisti di scienze biblioteconomiche e informative «considerano il materiale su web di importanza a lungo termine». La questione del «remote document supply» è stata presa in considerazione da circa 2.800 risposte provenienti dai più vari settori professionali. L’85% di costoro ha comunque sottolineato l’importanza del Document Supply Centre della British Library, per il quale la Direzione sta prendendo ulteriori provvedimenti in linea con i bisogni in evoluzione degli utenti. Soprattutto da parte dei settori professionali che ne fanno maggior uso si desidera che la British Library continui a fornire copia di brevetti, mentre il 78% di costoro AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 179 Notizie desidera che essa mantenga un completo archivio di brevetti digitalizzato piuttosto che su carta: la British Library sta prendendo contatto con l’UK Patent Office in merito. Il 67% delle 5.000 risposte ricevute concorda sulle proposte di strategie future della British Library, evidentemente con un certo numero di distinguo. Le proposte che hanno ottenuto il maggior supporto, su cui la British Library intende focalizzarsi con iniziative a vari livelli, sono: 1. incremento dei cataloghi, in vista di un miglior accesso alle collezioni; 2. incremento della digitalizzazione del materiale significativo, sempre in vista di un miglior accesso; 3. miglioramento di attività e di attitudini del primo punto di contatto tra la British Library e chi desidera utilizzarla, «lettori, visitatori, utenti del web, utenti di servizi di fornitura di documenti e di altri servizi»; 4. modernizzazione dei servizi per un migliore sfruttamento delle risorse; 5. creazione di un sistema tecnico integrato, che possa dare accesso a materiali sia a stampa che digitali; 6. sviluppo delle politiche di gestione delle collezioni. Come si è accennato, nel Report sono stati riportati i commenti di critica positiva, alcuni dei quali sono stati ripresi nella sua Conclusione, in cui la British Library si dichiara tra l’altro consapevole di avere «una serie di responsabilità complesse verso gli svariati gruppi di utenti, le quali … sono destinate a crescere nell’era digitale». Riafferma però che comunque «non intende diminuire le sue forze tradizionali né compromettere il suo ruolo cruciale a supporto delle comunità economiche e di ricerca». L’utente e le fonti di informazione qualificata Uno studio sul comportamento dei ricercatori nell’acquisire l’informazione loro necessaria è stato avviato nel 2001 dal britannico Ingenta (e-mail: <institute@ingenta>). Si può ora acquistare il report risultante di 160 pagine: Assumptions versus reality: user behaviour in sourcing scholarly information. Il ricavato della vendita (ad un costo alquanto elevato, a nostro parere) è ulteriormente «investito nel programma di ricerca» futura. Un’indagine analoga era stata svolta nel 1996. Articolata in tre studi qualitativi e quantitativi, oltre all’Ingenta, questa ha visto il coinvolgimento della British Library e dell’Electronic Publishing Service (EPS). 180 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Notizie Nel primo studio la British Library ha paragonato i dati relativi all’abbonamento fatto a 28 periodici pubblicati da svariati editori con le richieste di copia di articoli pervenute al servizio di document delivery della stessa British Library, nonché a quello nazionale canadese: ne è risultato che il 15% delle richieste proviene da enti abbonati ai detti periodici («Pensiero deprimente per le biblioteche, ma buono per gli editori», commenta “Managing Information”, aprile 2002, p. 40-41, da cui è stata desunta la notizia). Il secondo studio, condotto a cura dell’Ingenta sulle «vie di accesso e di fornitura di articoli di ricerca», ha dimostrato che, a fronte della cifra di circa 100 milioni di titoli coinvolti presentata a metà degli anni Novanta, la stima attuale la triplica, oltrepassando i 300 milioni; il che equivarrebbe ad un giro di affari di un bilione di dollari. La terza indagine qualitativa dell’EPS sui ricercatori ha messo in evidenza le differenze significative esistenti nelle loro fonti di articoli, a seconda del supporto a stampa o elettronico. La biblioteca è stata considerata la fonte principale per gli stampati, ma soltanto un quinto dei ricercatori l’ha vista come fonte di materiale elettronico. Altre considerazioni interessanti, desumibili da questa parte del report: • i ricercatori non sono restii a pagare di persona per consultare gli articoli di loro interesse; • in una settimana essi richiedono e leggono da uno a tre articoli pubblicati in periodici a stampa, più altri documenti provenienti da fonti diverse non a stampa; • per gli utenti, pertanto, sia i bibliotecari che gli editori sono utili; • nel Regno Unito, i periodici ad alto livello scientifico sono assai letti e considerati molto utili per il lavoro degli scienziati, sia per quanto attiene all’insegnamento che per quanto concerne la ricerca. Tenendo presente il diffondersi e l’affermarsi del concetto di “consorzio”, Ingenta si propone per il 2002, come base di un suo programma di ricerca, l’approfondimento di questo tema, anche in relazione ai costi collegati al duo periodico / on line. Questionario sui professionisti dell’informazione spagnoli Nel n. 3, 2001 di “AIDAinformazioni” si è data ampia notizia di un questionario che la SEDIC [Sociedad Española de Documentación e Información Cientifica] aveva diffuso tra i propri soci. Ora, allegato a “CLIP – Boletìn de la Sedic”, n. 38, primavera 2002, un “Dossier” AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 181 Notizie di 4 pagine dà conto di alcune delle risposte pervenute, e cioè di quelle relative al secondo dei quattro capitoli in cui era suddiviso il questionario, quello concernente l’“occupazione” (“empleo”) in informazione e documentazione dei soci Sedic. Gli altri capitoli sono: 1. Formazione; 2. Sviluppo professionale; 3. Dati personali. In sé e per sé forse non è proprio la parte che ci potrebbe maggiormente interessare; ci viene comunque comunicato che due altri “dossier” completeranno quello che abbiamo sotto gli occhi, mentre tutta l’informazione apparirà sul web della Sedic: <http://www.sedic.es>. In breve il 90% dei soci che hanno risposto (29% rispetto ai questionari inviati) lavora in I&D, il 56% in un centro di documentazione, il 38% in biblioteca, il 6% in archivio. Il 51% dei soci appartiene al settore privato, il 49% al pubblico; tra le amministrazioni pubbliche, il 25,2% sono “autonome”, il 23,8% università e così via; tra le imprese private coinvolte, dal 23,1% di quelle di consulenza si passa direttamene al 9,9% di quelle che si occupano di formazione, al 9,3% delle case editrici/librerie, ecc.. Riguardo al “posto” occupato dai soci Sedic nel loro ente, il 24,1% hanno quello di “documentalista”, il 20,7% di responsabile di un centro, il 16% di responsabile di biblioteca, ecc.. Tra i fattori che li hanno portati ad occupare il posto attuale, il 18,9% va all’esperienza, il 18% alla competenza nelle tecniche, il 10% alle attitudini ecc.. Il numero di “empleados” nelle unità di informazione degli enti è così ripartito: 42,9% da 1 a 3; 27,9% da 3 a 10; 21,3% > 15, ecc.. Esistono inoltre i dati sulle relazioni contrattuali, sulla durata del contratto dei documentalisti (72,8% riguarda un contratto di più di due anni), sull’entità del salario. Il romanesco, la rete e la Pentecoste Dopo tanto romanesco parlato sullo schermo cinematografico, ora lo troviamo su Internet, al sito <www.turbozaura.it>; le frasi nostrane sono inoltre accompagnate da una traduzione inglese, «versione da esportazione grazie all’inesauribile fantasia dei giovani romani (i più attivi quelli delle periferie)», di cui sono proposti alcuni 182 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Notizie gustosi assaggi. La notizia, infatti, è riferita da “Il Messaggero”, ben in vista nella sua “Cronaca di Roma” e proprio nel giorno della Pentecoste (19-05-2002), in cui le lingue di fuoco dello Spirito Santo discesero sugli Apostoli (Atti, 1, 1-11). Siamo stati colpiti dalla strana coincidenza, di certo involontaria: uno dei “doni” conseguenti all’evento – oltre ai più essenziali di ordine spirituale –, ma d’innegabile utilità pratica per loro, fu che gli Apostoli «incominciarono a parlare lingue diverse», tanto che tra la gente radunata e proveniente dalle nazioni più varie e lontane «ciascuno li sentiva parlare nella propria lingua». L’osservazione vagamente scherzosa non suoni irriverente; infatti è chiaro che tutto si oppone all’accostamento: contenuto, contesto, epoca, ecc.. Come ad esempio mettere a confronto parole di elevazione spirituale con alcune delle espressioni riportate in questo «dizionario della metropoli periferica… che tra le proposte dei numerosi navigatori include anche una “coattmail”», nonché frasi come «“you are extending yourself ”, o “but of what”, traduzioni letterali di ormai tipiche espressioni metropolitane quali “te stai a allargà” e “ma de che”» (e qui forse ci vorrebbe una piccola lingua di fuoco per illuminare non Romani e non anglofoni – ed anche alcuni Romani ed anglofoni – per arrivare al senso originale di queste due ultime frasi). Software di gestione integrata degli archivi e software documentari Sono state recentemente pubblicate due indagini svolte nel 2001 in Francia presso i fornitori di software. La prima, svolta dal Bureau van Dijk (<françoise. [email protected]>), si intitola “Logiciel de gestion intégrée d’archives: étude multiclients”; la seconda, condotta da TOSCA Consultants per l’ADBS [Association des professionnels de l’information et de la documentation] (<[email protected]>), è “Les logiciels documentaires: description de dix systèmes de gestion du marché”. Un articolo di “Documentaliste” (n. 5/6, 2001, p. 302-303) le illustra, presentando «brevemente le principali tendenze attuali dell’offerta, così come risultano dai due studi, nonché le conseguenze sulle pratiche professionali che derivano dall’utilizzo di questi software nei servizi di archivio e nei centri di documentazione ai quali sono destinati». AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 183 Notizie La conoscenza scientifica: un sistema in evoluzione Chi a suo tempo ha letto sul n. 4, 2001 di “AIDAinformazioni” il resoconto della Giornata di studio in onore di Paolo Bisogno intitolata La conoscenza scientifica: un sistema in evoluzione e desideri leggerne su carta alcune presentazioni, potrà consultare il n. 32 delle “Note di studio sulla ricerca”, 2002, dell’ISRDS-CNR (fermo restando che sono anche reperibili all’indirizzo <http://www.isrds.rm.cnr.it/ seminari/P.Bisogno/>). I testi presenti nel fascicolo sono: • Presentazione (A. M. Scarda) p. 7 • Introduzione (L. Bianco) p. 9 • La conoscenza scientifica nell’opera di Paolo Bisogno (A. Palazzo) p. 12 • Scienza delle previsioni e nuove tecnologie (U. Colombo) p. 21 • L’informazione sulla scienza e la tecnologia (A. M. Scarda) p. 28 • La conoscenza scientifica: un sistema in evoluzione (B. Silvestrini) p. 37 • Ricordo di un amico (L. Caglioti) p. 50 • Intervento dei fratelli (R. e V. Bisogno) p. 52 • Resoconto dei lavori (A. Convertini e M. P. Carosella) p. 55 Maria Pia Carosella *** 184 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Notizie Il processo di certificazione professionale in I&D in Spagna: un bilancio del Servicio de certificación della SEDIC L’ultimo numero del Bollettino della SEDIC (CLIP 38, primavera 2002, p. 7 <www.sedic.es/certificacion_clip38.pdf>) dà notizie sull’attività di certificazione messa in moto dall’omologa spagnola di AIDA ed espone e commenta i risultati conseguiti durante il primo anno di funzionamento del Servizio di certificazione. La SEDIC [Sociedad Española de Documentación e Información Cientifica] ha ottenuto l’accreditamento, in qualità di organismo di certificazione di persone, dall’ENAC (Entidad nacional de acreditación <www.enac.es>) nel 2001 e ad oggi il Registro de certificación de profesionales conta 25 specialisti in I&D certificati, di cui 15 in qualità di Técnico, 4 di Técnico superior e 6 come Experto. Il Servicio de certificación de Profesionales en I&D è costituito da soci che volontariamente prestano la loro collaborazione, tenacemente persuasi che la stessa attività di certificazione, svolta dall’Associazione nei confronti dei singoli, comporti vantaggi per l’Associazione stessa in termini di qualità e che il riconoscimento delle competenze professionali, costruite con perseveranza durante una vita lavorativa contrassegnata da titoli accademici, dalla formazione continua, dall’esperienza professionale e dallo sforzo per la definizione di parametri di qualità nell’àmbito di ogni settore professionale, sia espressione di una società sana ed evoluta. La procedura di certificazione della SEDIC è coerente con lo standard europeo EN 45013 (1989) General criteria for certification bodies operating certification of personnel. La SEDIC ha istituito un Servizio di Certificazione (Servicio de certificación de Profesionales en I&D), il cui organo di governo è la Commissione di certificazione costituita da un presidente e da un numero massimo di 20 componenti, che rappresentano i vari interessi coinvolti nel processo di certificazione professionale: specialisti del campo, rappresentanti del settore pubblico e di enti privati, rappresentanti dell’industria dell’informazione, docenti e formatori in I&D ed una rappresentanza degli utenti. Il Reglamento general de certificación prevede inoltre la partecipazione di rappresentanti di associazioni professionali straniere. La Commissione nomina il Giurì di valutazione i cui componenti si sottopongono ad un corso di abilitazione per operare come tali. Anche i componenti della Commissione ed i giurati svolgono l’attività di valutatori a titolo gratuito. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 185 Notizie La Comisión de certificación, rinnovata nel luglio del 2001, è formata attualmente da 16 membri, essendo stata integrata rispetto alla prima composizione con l’inclusione di professionisti di chiara fama. Pertanto, oggi rappresenta le componenti interessate dal processo di certificazione (i tre livelli riconosciuti: Operatori, Professionisti ed Esperti), ma ha pure una connotazione geografica, dal momento che vi sono rappresentate otto delle regioni autonome spagnole. Progressivamente entrano a far parte della commissione anche i professionisti certificati (oggi tre del livello di Esperto). Il Regolamento SEDIC (scaricabile dalla pagina <www.sedic.es/framcer.html>) prevede tre categorie di professionisti certificati: Técnico, Técnico superior ed Experto en información y documentación. Diversamente, il regolamento dell’ADBS <www.adbs.fr/site/carrieres/certifier/ regles01.php> prevede quattro livelli: D, C, B, A, in linea con quanto definito dall’Euroguida (Livelli 1, 2, 3, 4). Un bilancio, però, è fatto soprattutto di numeri. Nel 2001 la Commissione ha certificato cinque persone: tre nella categoria di Tecnico, uno in quella di Tecnicosuperiore e uno in quello di Esperto. Come la stessa Commissione ammette, non sembra quantitativamente un gran risultato, ma è pur vero che il processo è appena agli inizi e che, in questa fase, è soprattutto una conquista culturale; gli autori infatti rilevano che il consenso verso il processo di certificazione si va diffondendo sia all’interno del settore dell’I&D che in àmbito accademico. In Spagna, nel campo della certificazione, l’azione della SEDIC è stata pionieristica costituendo così un punto di riferimento a livello nazionale. Il sistema viene studiato da professionisti di altri settori e promosso dalla stessa SEDIC pure all’esterno dell’I&D. Va ricordato che il servizio di certificazione è unico per gli specialisti dei tre settori dell’I&D – archivisti, bibliotecari e documentalisti – e che la composizione delle giurie varia, oltre che per il livello cui si aspira, anche secondo la specializzazione del candidato. Potrebbe essere proprio questa la forza del successo conseguito dalla SEDIC, sulla scia dell’ADBS: nell’aver raggiunto, cioè, l’obiettivo dell’avvio del servizio di certificazione? Augusta Franco *** 186 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Notizie Il CLEF [Cross-Language Evaluation Forum], l’iniziativa europea per la valutazione dei sistemi di information retrieval nei contesti multilingui: una messa a punto La rivista della DGI [Deutsche Gesellschaft für Informationswissenschaft und Informationspraxis], “Information Wissenschaft & Praxis – Competence in Content”, sul numero di marzo di quest’anno (2002, n. 2, p. 82-89) ha pubblicato uno studio particolareggiato delle iniziative in corso in questo campo. Gli autori (Michael Kluck, Thomas Mandl e Christa Womser-Hacker) ne offrono la rassegna completa, collegando l’ambizioso progetto europeo con analoghe esperienze condotte in Nordamerica e in Giappone. E corredano l’articolo di una ricca ed agile bibliografia (p. 89), in larghissima parte in lingua inglese e dunque rivolta ad un pubblico internazionale, che informa puntualmente sullo stato dell’arte. Con l’avvento di Internet, l’IR ha acquistato una straordinaria importanza: grandi quantità di conoscenze, immagazzinate e accessibili online, sono divenute in ampia misura liberamente fruibili da parte degli utenti tramite i motori di ricerca. Parallelamente, è cresciuta ovunque nel mondo l’esigenza di valutare, secondo criteri standard, i sistemi, appunto, di IR. Ai problemi generali che tradizionalmente lo accompagnano si aggiungono, nell’IR multilingue, quelli difficili e spinosi della traduzione e della presentazione integrata dei risultati, a partire da grandi quantità di documenti. Il Crosslingual IR (CLIR), dal canto suo, tenta di fornire, sulla base della richiesta formulata in una lingua, documenti in altre lingue e va in cerca di documenti rilevanti in un corpus multilingue. Iniziative internazionali finalizzate alla valutazione Dato che inizialmente i ricercatori utilizzavano raccolte di testi assai diversificate, gli esiti della ricerca risultavano scarsamente confrontabili. Negli ultimi anni, però, sono state messe a disposizione collezioni allestite secondo standard comuni ed è così migliorata la confrontabilità fra i sistemi. Proprio lo sviluppo dei metodi di retrieval e di un’adeguata infrastruttura per la valutazione di questi stessi metodi di ricerca, impiegati per il superamento delle barriere linguistiche, è lo scopo del CLEF. Nato tre anni fa, si basa su un’esperienza pilota statunitense, il TREC [Text Retrieval Conference]. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 187 Notizie In Giappone, contemporaneamente al CLEF, è sorto l’NTCIR [NII-NACSIS Test Collection for IR Systems], per la ricerca multilingue nell’àmbito delle lingue asiatiche. Il TREC [Text Retrieval Conference] Negli USA dal 1989 il NIST [National Institute of Standards and Technology] porta avanti un progetto per la valutazione dei sistemi di IR. Mette pertanto a disposizione un’enorme massa di dati, i topic e l’infrastruttura per la valutazione. A motivo dell’ampio consenso riscosso dall’iniziativa, numerosissimi sono i gruppi di ricerca, attivi nel settore industriale e in quello scientifico, che con i loro sistemi partecipano annualmente al TREC. I risultati del TREC 2001 sono disponibili online (<http://www.clef-campaign.org>). Sul piano operativo, il TREC è suddiviso in vari gruppi di lavoro (tracks), ciascuno impegnato ad indagare e, se possibile, a risolvere un singolo aspetto della complessa problematica. Quest’anno s’è aggiunto il Video retrieval track e il Web track – che fornisce l’istantanea aggiornata di un segmento di Internet – ha preso il posto dell’Ad-hocretrieval track. Se la sua versione ridotta consta di 1,7 milioni di siti (10 Gigabyte), quella ampia ne abbraccia ben 18,5 milioni (100 Gigabyte). Nel 1994 il TREC ha avviato il Cross-language track, comprendente dapprima solo documenti in inglese e in spagnolo; successivamente si sono aggiunti il cinese e, dal 1997, le lingue europee e l’arabo. L’esperimento, senza molta fortuna negli Stati Uniti, è proseguito in Europa, al punto che il CLEF se ne può considerare il legittimo erede. Il CLEF [Cross-Language Evaluation Forum] Il CLEF mette a frutto, come s’è detto, l’esperienza maturata dal TREC nel Crosslanguage track riservato alle lingue europee. Dotato di una struttura articolata – IEI-CNR (Pisa, Italia), cui è affidato il coordinamento, Eurospider (Zurigo, Svizzera), ELRA (Parigi, Francia), IZ (Bonn, Germania), UNED (Madrid, Spagna), NIST (Gaithersburg, USA) –, si vale del lavoro di gruppi provenienti da vari Paesi europei (vale a dire dalle corrispondenti aree linguistiche) e collabora attivamente con il NIST. I topic per la formulazione delle domande dei test sono predisposti su tre livelli descritti in modo dettagliato. Accanto ad un titolo (title), costituito di poche parole, vi è una breve descrizione (description) ed una cosiddetta “descrizione lunga” (narrative). I partecipanti optano per una sola delle tre formulazioni o per una loro combinazione (per esempio, title e description ovvero tutti e tre gli elementi insieme). 188 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Notizie Il CLEF promuove la ricerca e lo sviluppo dell’IR crosslingual e multilingual attraverso la messa a punto di un’infrastruttura che sia a disposizione per: • i test cui sottoporre i sistemi di IR; • la valutazione dei sistemi di IR applicati alle lingue europee; • la produzione di testsuite di dati che possano essere ancora utilizzati dagli sviluppatori di sistemi per il benchmarking. Contestualmente, dovrebbe perciò sorgere un forum di discussione per scambiare esperienze ed idee e per favorire la comunicazione fra scienza ed economia nel campo del CLIR. E dovrebbe inoltre essere agevolato il trasferimento di tecnologie fra gli istituti di ricerca e gli utenti commerciali. AMARYLLIS L’organizzazione del progetto AMARYLLIS, relativo alla lingua francese, è affidata all’INIST-CNRS; si adegua, dal punto di vista metodologico, ai principî del TREC. Dopo due fasi dedicate esclusivamente al francese (1996-97 e 1998-99), attualmente partecipa al CLEF. Metodica di valutazione La sperimentazione si fonda, per le diverse lingue, su raccolte parziali di articoli di giornale e di comunicati di agenzie di stampa. Sono a disposizione le seguenti. Giornali e comunicati di agenzie di stampa: • inglese – 113.005 documenti, 425 MB; • tedesco – 225.371 documenti, 527 MB; • francese – 87.191 documenti, 243 MB; • italiano – 108.578 documenti, 278 MB; • spagnolo – 215.738 documenti, 509 MB. Dati scientifici e di àmbito specialistico: • scienze (tutti i settori): AMARYLLIS (francese) – 150.000 documenti, 20 MB; • scienze sociali: GIRT [German Indexing and Retrieval Database] (tedesco) – 76.128 documenti, 150 MB. Dati supplementari per test bilingui (giornali e comunicati di agenzie di stampa): • olandese – 190.604 documenti, 540 MB. Le raccolte sono obbligatoriamente complete per il 1994 e abbracciano in parte anche il 1995. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 189 Notizie I singoli documenti sono provvisti dei tag SGML. È imminente l’integrazione di un corpus finlandese e di uno svedese. Nel lungo periodo, inoltre, è molto atteso l’allargamento alle lingue dell’Europa orientale. La creazione dei soggetti I soggetti sono creati dai diversi gruppi linguistici del CLEF (tedesco, inglese, spagnolo, francese, italiano): debbono ovviamente corrispondere al contenuto dei documenti, sulla base dei giornali e dei comunicati delle agenzie di stampa per gli anni 1994-95. I gruppi linguistici derivano mappe (le “estraggono”, vale a dire le rintracciano retrospettivamente sulla scorta di annuari ed enciclopedie) relative a questo periodo. Successivamente, testano i concetti espressi dai soggetti sugli insiemi di dati nelle rispettive lingue. Il sistema ZPRISE – con cui si effettuano i test preliminari – conduce una ricerca probabilistica e contiene un feedback di rilevanza, il quale permette di contrassegnare i documenti rilevanti e di fornire al sistema tale informazione aggiuntiva; valuta poi le probabilità sulla base dell’ultimo feedback e rintraccia automaticamente i concetti supplementari, che vengono quindi incorporati nella domanda. La decisione definitiva circa la scelta dei soggetti e il numero delle mappe è il frutto di una discussione collettiva. Questa ha lo scopo di chiarire ai partecipanti l’effettivo valore delle mappe e delle traduzioni nelle rispettive lingue. È indispensabile, perciò, sottoporre ad un controllo finale le traduzioni nelle 5 lingue ufficiali, per garantirne l’efficacia e l’esattezza. L’intero processo si compie in modo cooperativo. Per le mappe dei problemi scientifici e di àmbito specialistico sono già sviluppati, nel quadro del GIRT (<http://www.iei.pi.cnr.it/DELOS/CLEF/clefoo.html>) e dell’AMARYLLIS, 25 soggetti specifici per disciplina, in tedesco e in francese; esiste di essi una traduzione inglese (e nel GIRT anche una russa), per permettere i test del CLIR. Sono altresì pronte, presentate ufficialmente dai corrispondenti gruppi linguistici, le mappe dei soggetti in inglese, tedesco, francese, italiano, spagnolo, olandese e russo (GIRT). E, per l’IR monolingue e bilingue, traduzioni non ufficiali di tutte le mappe sono già state predisposte dai partecipanti per il finlandese, il greco, lo svedese, il russo, il cinese, il tailandese e il giapponese. Check dei topic Per escludere ogni specie di errori, il topic-set definitivo è sottoposto ad una verifica cruciale, affidata ad un gruppo indipendente di traduttori specialisti, plurilingui e dotati di competenze interculturali. 190 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Notizie Percentualmente, il numero più elevato di errori è costituito dalle deviazioni dal testo di partenza e dagli errori stilistici e grammaticali; il più basso dagli errori di ortografia e di interpunzione. Le lingue Per “lingua principale” all’interno del CLEF s’intende una lingua in cui siano presenti e disponibili una o più raccolte di documenti e tutti i soggetti e le relative mappe. Al momento, sono le seguenti: tedesco (DE), inglese (EN), spagnolo (ES), francese (FR), italiano (IT). Sono appunto le lingue principali a ricoprire il ruolo decisivo nell’IR multilingue: fra queste, infatti, gli sviluppatori dei sistemi scelgono quale debba costituire il punto di partenza per le loro ricerche. Nel 2001 si sono aggiunti: finlandese (FI), olandese (NL), russo (RU), svedese (SV), tailandese (TH), giapponese (JP), cinese (ZH). Questioni aperte L’obiettivo primario del CLEF è, come s’è detto, lo sviluppo dell’IR multilingue (multilingual task): vale a dire la ricerca nei documenti di tutte le lingue principali – in una di esse è formulata la query – e l’output di un elenco integrato di tutti i risultati, provenienti da tutte le raccolte dei documenti (cioè da tutte le lingue principali). Si pensa di poter utilizzare, a breve, altre lingue (finlandese, russo, svedese) come lingue di partenza, mentre le lingue di destinazione rimarrebbero quelle principali. L’IR bilingue (bilingual task) cerca, in una qualsiasi lingua di partenza (che non sia uguale a quella di destinazione), documenti in olandese e in inglese. Al contrario, quello monolingue (monolingual task) punta a rintracciare documenti all’interno delle rispettive raccolte, in tedesco, inglese, francese, olandese, italiano e spagnolo. Il monolingual task offre l’opportunità di allargare il progetto a nuove lingue, che in questo modo saranno progressivamente integrate nella sperimentazione dell’IR multilingue. Per quel che riguarda il campo scientifico in senso lato e specifici settori (scientific and domain-specific task), si cercano documenti scientifici (e, più precisamente, relativi alle scienze sociali) in particolari collezioni di documenti, vale a dire il GIRT e l’AMARYLLIS. I documenti delle loro banche dati contengono altresì parole d’ordine assegnate di volta in volta, a posteriori e in modo ragionato, a un tesauro scientifico (e, più esattamente, di scienze sociali), tesauro disponibile pure in una traduzione inglese e, limitatamente al GIRT, in una russa. Specifiche mappe dei soggetti sono pronte in inglese, tedesco, francese e russo (GIRT). AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 191 Notizie L’AMARYLLIS e il GIRT, dunque, forniscono una piattaforma ideale per testare la trasferibilità dei sistemi di IR su testi di particolari àmbiti scientifici. Ancora del tutto sperimentale è invece la ricerca nel campo del CLIR interattivo (interactive task): questo track mira a studiarne la valutazione e a sviluppare misure e criteri confrontabili, con cui possano essere comparati studi successivi. Assai promettente appare infine la possibilità di formulare e di variare la domanda calibrandola via via, valutando rapidamente i documenti trovati. In tal caso, le domande sono rielaborate dalle persone che partecipano al test e non poste automaticamente dal sistema o dagli esperti. Revisione delle mappe dei soggetti ad opera dei partecipanti al progetto I sistemi di retrieval cercano le mappe dei soggetti in una lingua e restituiscono documenti in tutte le lingue di destinazione. Per le ricerche in raccolte di documenti (nell’IR multilingue: tedesco, inglese, spagnolo, francese, italiano) impiegano strategie specifiche per sistema, con l’obiettivo di superare le difficoltà inerenti alla traduzione e alla trasformazione delle domande in lingue differenti. Alla fine dei processi di estrazione delle risposte, dovrebbe risultare, in relazione alle mappe dei soggetti, una serie comune e ordinata dei primi 60 documenti rilevanti. Accanto alla problematica della traduzione, la sfida fondamentale è rappresentata dal processo d’integrazione dei risultati, sulla base di insiemi di documenti diversi. Il metodo di valutazione si fonda sul metodo Pooling del TREC: al termine dei processi, si raccoglie un numero elevato di documenti in serie di risultati ripartiti secondo le lingue per mappe di soggetti. La valutazione della rilevanza Questi elenchi di risultati sono poi valutati dai membri della giuria del rispettivo gruppo linguistico, i quali si servono di un apposito software di valutazione, ASSESS, sviluppato dal NIST. Le regole generali di valutazione, cui si attengono, sono confrontabili con quelle del TREC. Le discussioni dei gruppi linguistici relative ai soggetti costituiscono le linee guida per i loro giudizi che si appoggiano principalmente sulle descrizioni lunghe (narrative). Pur manifestando spesso il desiderio di una scala graduata di rilevanza, i membri della giuria si attengono al pur difficile giudizio binario. Così si regola infatti il CLEF, al pari del TREC, per privilegiare una migliore utilizzabilità. In séguito ad un definitivo riordinamento dei risultati complessivi per sistema e per soggetto, sono prodotte curve di richiamo-precisione, in corrispondenza di ciascun sistema e del confronto fra i sistemi. 192 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Notizie I trend nel retrieval multilingue Com’è noto, la problematica cruciale del retrieval multilingue è il trattamento dell’eterogeneità. I procedimenti fondamentali si possono suddividere in tre gruppi: • traduzione delle query; • traduzione di tutti i documenti; • metodi associativi senza traduzione esplicita. I sistemi, inoltre, si distinguono in base al modo di elaborazione linguistica: • riduzione alle forme originarie (stemming); • scioglimento dei composti (decomposition); • parole o n-grammi come fondamento. Il nucleo delle ricerche multilingui è costituito dal trasferimento delle query o delle rappresentazioni dei documenti dalla lingua di partenza a quella di destinazione. La traduzione di tutti i documenti, che in passato rappresentava il maggior ostacolo a motivo degli alti costi, oggi si realizza facilmente grazie ai moderni computer. Numerosi sono i mezzi impiegati a tale scopo, dai più diffusi in commercio a quelli liberamente accessibili in Internet. Per garantire al sistema più punti di appoggio per la rilevanza, nella lingua di destinazione le domande sono spesso ampliate; e si associano pure termini aggiuntivi, semanticamente affini. Questi sono definiti sulla base di dizionari e di tesauri ovvero delle occorrenze statistiche in un corpus. Un’altra possibilità è offerta dai procedimenti sfumati, associativi, che rinunciano a rapporti sicuri, così come sono conosciuti dai dizionari. Tali sistemi apprendono, mediante metodi automatici, le relazioni tra le parole nelle diverse lingue. Pertanto hanno bisogno di un doppio corpus, cioè di documenti identici in entrambe le lingue per la quantità di training. Divengono quindi decisive le associazioni di concetti semanticamente simili. Nasce così un tesauro delle somiglianze tra due lingue, che si fonda su giacimenti comuni. I sistemi presentati al CLEF mostrano i seguenti trend. 1. I sistemi associativi e basati sul corpus crescono d’importanza, sia per la traduzione che per la disambiguazione. 2. Non sono state studiate a sufficienza le conseguenze delle operazioni di base, quali la riduzione alle forme originarie e la scomposizione dei composti; AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 193 Notizie in tedesco e in olandese, come pure in finlandese e in svedese, la scelta dell’algoritmo ha condizionato fortemente i risultati. Quanto allo scioglimento dei composti, i risultati sono assai divergenti: grazie a questo, alcuni gruppi hanno ottenuto considerevoli miglioramenti, altri invece non ne hanno ricavato alcun profitto. 3. Un certo successo riscuotono le tecniche fondate sugli n-grammi, che non si valgono di alcun modello linguistico – lo sviluppatore delle quali non possiede, anzi, alcuna conoscenza linguistica. Ciò riesce tanto più significativo, se paragonato ai sistemi maggiormente sofisticati, con elementi, cioè, più perfezionati dal punto di vista linguistico. Nel Workshop 2001 del CLEF a Darmstadt è apparso chiaro che i partecipanti sostituiscono largamente i componenti l’uno con l’altro, cosicché i sistemi sono parzialmente costituiti da moduli eterogenei. Al contrario, nel campo della semantica s’è fatto ben poco. Nessun gruppo, infatti, ha provato ad analizzare l’attribuzione di valori negativi ai soggetti. Per la prima volta, s’è anche proposto d’introdurre nel CLEF la problematica relativa alle lingue parlate; ciò dovrebbe suscitare l’interesse dei ricercatori nel settore dell’identificazione linguistica. Conclusioni Il progetto riesce assai utile per il collaudo dei sistemi su dati reali, ben oltre l’information retrieval: • l’àmbito multilingue può rivelarsi decisivo per i ricercatori impegnati nei settori della linguistica computazionale e della traduzione automatica; • per il successo dei sistemi di retrieval, la morfologia resta un elemento cardine, ma pure competenze relative alla sintassi e alla semantica offrono prospettive interessanti; • la sperimentazione condotta all’interno del track interattivo è un’opportunità da non sottovalutare per quanti si occupano dell’interazione uomo-macchina. Il Workshop 2002, infine, si svolgerà a Roma (19-20 settembre 2002) e terrà immediatamente dietro alla sesta edizione della European Conference on Digital Libraries (ECDL 2002). Per il programma, assai ricco e articolato, si veda: <http: //clef.iei.pi.cnr.it:2002/2002work.html>. 194 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Notizie IT e federalismo scolastico: una speranza per l’occupazione? L’inserto @lfa de “Il Sole – 24 Ore” del 28 giugno 2002 (p. 1 e 4) dà ampio risalto al gigantesco progetto messo a punto dal Ministero dell’Istruzione «per portare la tecnologia dell’informazione nelle scuole italiane». Si tratta, infatti, de «la più grande iniziativa del genere realizzata in Europa». Com’è noto, già da qualche anno nel nostro Paese il buco di professionalità nel campo dell’IT s’è fatto piuttosto consistente: circa 32.000 unità, denunciano gli operatori del settore. Un simile skill gap, tuttavia, non costituisce l’ennesima dimostrazione del ritardo, tutto italiano, nella modernizzazione della società, ma s’inserisce in una problematica ben più ampia, che investe l’intero continente europeo: il gigante, con le sue croniche lentezze e le sue rigidità strutturali, stenta a mettersi in moto. Ed evidentemente fatica a tradursi in fatti l’impegno formale che i capi di Stato hanno assunto fin dal marzo 2000 a Lisbona: quello, cioè, di fare dell’economia europea, nel giro di un decennio, “un’economia basata sulla conoscenza”, sfruttando convenientemente l’e-learning. Sembra perciò andare nella giusta direzione il progetto italiano, fortemente voluto dal Ministro dell’Istruzione, che punta ad armonizzare tre importanti obiettivi. 1. Formazione professionale e, più in generale, scolastica secondo i profili professionali effettivamente necessari al mercato del lavoro La società chiede da tempo maggiori competenze in IT: la definitiva introduzione di tali discipline nei normali curricula dell’istruzione superiore e la “pari dignità” riconosciuta alla formazione professionale rappresentano una prima, concreta risposta, contribuendo ad agevolare il collegamento tra il mondo della scuola e quello del lavoro. Inoltre, il passaggio dell’istruzione professionale alle dirette dipendenze delle Regioni pare offrire nuove opportunità: cresce l’integrazione degli istituti nel tessuto socio-economico del territorio e, di conseguenza, si fa più stretta la loro collaborazione con le imprese; ciò assicura non soltanto finanziamenti privati alla scuola, ma pure scambi continui scuola-azienda e, infine, incisive politiche regionali di sviluppo e di sostegno integrato. 2. Modernizzazione dell’intero sistema scolastico nazionale Secondo l’autore dell’articolo, Lelio Cusimano, il progetto ministeriale di e-learning «permetterà di attribuire la Patente europea del computer a 160mila docenti italiani e creare inoltre 13mila esperti nella didattica della It e 4.500 responsabili delle infrastrutture tecnologiche della scuola». AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 195 Notizie È previsto altresì un corso di formazione a distanza per i 60mila addetti delle segreterie scolastiche, per passare finalmente alla «gestione informatica degli atti amministrativi». 3. Beneficî per lo sviluppo economico, scientifico e tecnologico del Paese e vantaggi occupazionali L’iniziativa («cablare le scuole in banda larga, diffondere i pc, collegarli alla rete web, formare insegnanti e studenti… ») ha ed avrà un forte impatto sull’intero comparto IT: notevoli le risorse impiegate e, per le aziende del settore – soprattutto per quelle a più alta specializzazione nel campo della formazione a distanza in Internet –, si aprono interessanti prospettive; anche la crescente diffusione della banda larga lascia ben sperare. Il giornalista, con un occhio di riguardo alla “sua” Sicilia, fa ripetutamente notare come questa sia una vera chance per il nostro Sud; ed esprime nel contempo la preoccupazione che non solo il digital divide – che notoriamente affligge la quasi totalità dell’area –, ma pure «la carenza di strutture imprenditoriali» possa costituire un ostacolo insormontabile, in grado di trasformare un’opportunità favorevole nell’ennesima occasione perduta. Lisa Reggiani 196 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Vita dell’Associazione a cura di MASSIMILIANO TOSATO Vita dell’Associazione AIDAformazione Il programma organizzativo dell’AIDA per l’anno 2002 prevedeva la realizzazione di iniziative nell’àmbito della formazione professionale per gli specialisti dell’informazione. Un primo passo in tal senso è stato compiuto con il corso HTML e siti web per il trasferimento della conoscenza, tenuto a Roma presso il CASPUR [Consorzio per le Applicazioni di Supercalcolo per Università e Ricerca] nei giorni 17, 18 e 19 giugno, da Ezio Tarantino, bibliotecario dell’Università di Roma “La Sapienza”. Lo scopo del corso è stato quello di fornire ad esperti della documentazione, con poche cognizioni informatiche e senza una particolare esperienza nella realizzazione di siti web, la conoscenza ed anzi la padronanza dei principali strumenti di authoring del web, dal codice HTML all’uso di semplici programmi di grafica. Si è però voluto soprattutto sviluppare nei partecipanti al corso l’attitudine all’autoapprendimento e alla presa di coscienza di che cosa significhi comunicare attraverso il web, e quali responsabilità comporti nei confronti dell’utente finale. È stato in special modo approfondito il concetto di “usabilità” o accessibilità, non tanto come insieme di norme da apprendere e utilizzare, ma come abitudine a ragionare su cosa sia un sito web di carattere informativo, quali siano le informazioni indispensabili, come organizzarle, quali errori evitare, quali siano, infine, le più importanti indicazioni proposte dagli organismi ufficiali e dalla letteratura. Nelle prime due giornate si sono studiati in dettaglio tutti i tag (istruzioni) del linguaggio HTML, con esercitazioni pratiche. Particolare attenzione è stata rivolta alle più recenti specifiche del linguaggio, come ad esempio i fogli di stile, anche con l’ausilio di software specifici (Microsoft Front Page, Netscape e 1st Page per l’editing; TopStyle Lite per i fogli di stile esterni). Nella terza giornata sono state affrontate da un punto di vista teorico le problematiche relative alla costruzione di siti web a carattere informativo, focalizzando l’attenzione specialmente sui problemi dell’usabilità. Oltre a fornire gli strumenti di conoscenza fondamentali (letteratura, linee guida, ecc.) e una serie di suggerimenti pratici, si è cercato di introdurre una metodologia rigorosa, basata sull’osservazione empirica e sull’acquisizione di un’abitudine all’esame critico dell’esistente, in funzione del successivo momento progettuale. Anche in questo caso, dunque, l’obiettivo ultimo non è stato soltanto quello di fornire utili nozioni, ma stimoli al ragionamento vigile e consapevole, perché si radichi un modo di pensare la professione fondato sulla curiosità di conoscere. L’ultima parte del corso è stata dedicata ai comandi fondamentali per la realizzazione di semplici immagini da utilizzare nei siti web. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 199 Vita dell’Associazione L’accoglienza positiva e le richieste giunte (una seconda sessione del corso è prevista per il mese di settembre) fanno ben sperare per il futuro e ci incoraggiano a continuare. La riuscita, non solo tecnica, del corso è senza dubbio un elemento determinante per la prosecuzione delle attività formative AIDA. Oltre a quelle dei soci, l’AIDA continua a ricevere, infatti, specifiche richieste di attività formative anche da parte di altri professionisti – già in attività o che lo saranno in futuro –, richieste che cercheremo di soddisfare nella maniera più puntuale e nel più breve tempo possibile. Conformemente a queste richieste e sulla base di un sondaggio/questionario che sarà proposto in autunno ai soci AIDA e agli iscritti ad “AIDAlampi”, sarà predisposto il programma di formazione per il 2003. 200 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Recensioni a cura di ANNA BALDAZZI Recensioni Associazione italiana biblioteche, Conservare il Novecento: la stampa periodica. II Convegno nazionale. Ferrara, Salone internazionale dell’arte del restauro e della conservazione dei beni culturali e ambientali. Ferrara, 29-30 marzo 2001. Atti a cura di Maurizio Messina e Giuliana Zagra. Roma, 2002, 174 p. Organizzata dall’AIB [Associazione Italiana Biblioteche] in collaborazione con l’Istituto centrale per la patologia del libro e la Soprintendenza per i beni librari e documentari della Regione Emilia-Romagna, la seconda edizione di Conservare il Novecento ha focalizzato la sua attenzione su un aspetto specifico del patrimonio documentario del secolo XX: la stampa periodica. Dopo aver provveduto al suo esordio, nel corso del 2000, ad una ricognizione generalizzata delle problematiche e delle molte sfaccettature legate alla valorizzazione e alla conservazione della documentazione novecentesca, ponendo in primo piano il valore degli archivi culturali, veri e propri giacimenti della memoria, questo convegno ferrarese della fine di marzo 2001 ha tentato di dare corpo agli intenti dell’anno precedente discutendo i risvolti concreti della gestione e conservazione di una forma bibliografica particolare e decisiva nell’àmbito della cultura del Novecento. Va a merito degli organizzatori aver preso in considerazione l’intera gamma di significati del seriale novecentesco: la funzione di “palestra” di scrittura per molti autori, quello di testimonianza del ruolo progressivamente assunto dall’informazione nella società del secolo XX, il cómpito di fonte primaria e irrinunciabile per la conoscenza dei processi storici maturati. Una molteplicità di funzioni che – è stato sottolineato a varie riprese – se da una parte ha indotto ad una moltiplicazione esponenziale del prodotto seriale, d’altro canto pone adesso un forte rischio di dispersione, dovuto in gran parte alla precarietà e all’effimero tipologico e fisico dei materiali appartenenti ad un secolo in cui – come ha chiarito Mario Infelise in un intervento Sulla conservazione dei periodici – «la stampa periodica ha di gran lunga superato l’editoria libraria» (p. 57). Tre le sessioni del convegno. La prima, coordinata da Luigi Crocetti, ha mirato, a mo’ di introduzione generale, al tema dell’importanza culturale dei periodici del Novecento. Franco Della Peruta, in questo contesto, ha proposto opportunamente un excursus sulla storia della stampa italiana secondo una periodizzazione divenuta ormai in qualche modo classica, che tiene conto dell’inglobamento del triennio giacobino come spartiacque fra periodici d’ancient régime e produzione più moderna e di diversa caratterizzazione morfologica e testuale (cfr. ad es. l’Introduzione di A. Postigliola a Periodici italiani d’antico regime. Roma, 1986, p. 5-10, ma la stessa periodizzazione è offerta da V. Castronovo e N. Tranfaglia nel fondamentale La stampa italiana dal Cinquecento all’Ottocento. Bari : Laterza, 1976. Da segnalare, per una periodizzazione diversa, R. Lefevre, Per un censimento dei periodici italiani anteriori al 1948. “Accademie e biblioteche d’Italia”, 46 (1978), p. 435-454). AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 203 Recensioni Un sintetico sguardo d’insieme, quello di Della Peruta, che ha rinviato proprio all’esperienza rivoluzionaria francese al di qua delle Alpi i primi sviluppi di un giornalismo italiano moderno, nell’àmbito di una nozione di libertà di stampa fino a quel momento sconosciuta nella penisola. Un processo che avrebbe subìto una brusca battuta di arresto con la dominazione napoleonica e un ritorno alla censura, sostanzialmente predominante, nonostante qualche fermento nel biennio 184849, fino agli anni dell’Unità nazionale, in cui si assisterà a quella stabilizzazione normativa che, incrociata anche ad uno sviluppo delle tecniche di stampa, favorirà il dispiegarsi consistente sia qualitativo che quantitativo della pubblicistica periodica, destinata ad impattare àmbiti culturali e di interesse diversissimi. Un trend interrotto traumaticamente nel corso del Ventennio fascista e ripartito poi definitivamente con la Liberazione e la nuova Carta costituzionale. Nello stesso àmbito Corrado Donati (I periodici letterari del Novecento: una proposta per lo studio e la conservazione) ha evidenziato una caratteristica peculiare attinente ai seriali del secolo XX, in grado di distinguere nettamente la loro funzione da quella dei periodici letterari succedutisi dal Settecento in avanti, vale a dire che «le riviste novecentesche nascono dal tentativo, che attraversa tutto il secolo fino almeno alla fine degli anni Settanta, di recuperare per gli intellettuali un ruolo, una funzione di promotori di idee e di progetti anche sul piano sociale e culturale, oltre che strettamente letterario» (p. 46). Una conferma insomma, anche su questo piano, della dissoluzione del canone letterario e del confrontarsi serrato degli intellettuali del Novecento con il proprio ruolo civile e politico (cfr. in merito di recente M. Belpoliti, Comincia con Dante e fermati a Gadda. “ttl, tutto libritempolibero”, XXVI, n. 1318, 6 luglio 2002, p. 1), e quindi che «nelle riviste del Novecento è conservata la memoria storica fondamentale di ciò che è stata la nostra vita culturale nel corso di un secolo, delle aspirazioni e degli errori, ma anche degli slanci ideali e utopistici che, nella dialettica tra cultura e società, hanno segnato il cammino della nostra civiltà» (ibidem). Alla fine di questa sezione Mario Infelise è entrato nel merito di un tema che in séguito ha costituito l’oggetto di un’altra serie di interventi specifici in una successiva giornata del convegno: la conservazione dei periodici. Infelise, studioso di editoria, ha messo in luce il rapporto stretto fra diffusione, tirature e conservazione dei periodici, nel senso che le possibilità di dispersione di questo particolare tipo di pubblicistica risultano direttamente proporzionali alla sua tiratura. Le maggiori difficoltà insomma ineriscono al materiale più popolare, che spesso è rimasto estraneo ad una considerazione di studio proprio per la sua scarsa reperibilità. Le stesse biblioteche – ha sottolineato Infelise – su questa lunghezza d’onda si sono spesso limitate a conservare e ad avere cura precipuamente di materiali relativi ad una cultura “alta”. Una realtà perversa, che rischia anche di lasciare una memoria 204 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Recensioni distorta dell’intero secolo: le riviste popolari infatti costituiscono «uno strumento fondamentale della nostra cultura di massa e sarà indispensabile per definire quello che noi siamo e ciò che pensiamo. Sarà difficile ripensare alla nostra storia sociale senza fonti di questo genere» (p. 58). La seconda sezione del convegno è stata dedicata all’ambizioso progetto di costituzione di un’emeroteca nazionale italiana. Introducendo i lavori, Fiorella Romano, della Direzione generale per i beni librari e gli istituti culturali, ha posto il problema del trattamento delle collezioni cartacee e della loro riproduzione attraverso procedure ad alto grado di sicurezza, in grado di sottrarre definitivamente il materiale alla consultazione fisica diretta, ma anche di attivare una condivisione di risorse capace di evitare inutili e dannose sovrapposizioni. La strada indicata dal competente ufficio del Ministero per i beni e le attività culturali – ha ricordato la Romano – è quella di procedere, sulla base di un’estesa cooperazione, ad una digitalizzazione successiva ad operazioni di microfilmatura dei materiali, sulla scorta, ad esempio, dell’esperienza messa in campo in Olanda con il progetto Metamorfoze. Un obiettivo dichiarato anche nella III Conferenza nazionale delle biblioteche, svoltasi a Padova nel febbraio 2001, incentrata specificamente sul tema della “Biblioteca digitale”, e che dovrebbe condurre in futuro ad un’emeroteca nazionale intesa non come «una collezione sterminata di giornali ubicata in un unico luogo fisico, ma una totalità di collezioni emerografiche variamente diffuse e articolate sul territorio e collegate in rete così da costituire un’unità virtuale» (p. 65). Un concetto ribadito da Carlo Federici, dell’Istituto centrale per la patologia del libro, che ha insistito sulla necessità di «progettare un’emeroteca nazionale (EN) che non si identifichi univocamente con il luogo di raccolta degli originali che pervengono alle diverse amministrazioni (statale, provinciale, comunale) come copia d’obbligo, ma […] una sorta di EN diffusa sul territorio, la quale sia in grado di garantire la tutela fisica del materiale organizzando, al tempo stesso, la disseminazione delle informazioni relative ai giornali» (p. 71-72). Si sono succeduti nell’àmbito di questo tema alcuni case study. Antonio Giardullo ha ricordato (I periodici della Nazionale di Firenze) i vari progetti di riproduzione in microforme sviluppatisi da tempo a livello europeo (ad es. EROMM= The European Register of Microform Masters), quelli più recenti relativi ad un passaggio alla digitalizzazione attraverso un primo passaggio in microfilm (ad es. DIEPER=Digitised European Periodicals; ILEJ=Internet Library of Early Journal; JSTOR=Journal Storage) e il ritardo con cui in Italia si è giunti ad alcune sperimentazioni, anche se non specifiche per i giornali (SDIEF, Galileo, ARSBNI). Ritardo messo in evidenza da tempo: basti pensare al convegno organizzato dalla Braidense nel 1983 dal titolo I periodici nelle biblioteche: un patrimonio da salvare. Ma va a merito del convegno in questo contesto anche l’aver messo in campo e ipotizzato una serie di progetti in atto, AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 205 Recensioni che, oltre a puntare sulla conoscenza e la valorizzazione di organismi appositamente sorti, si caratterizzano per l’incontro fra metodiche rigorose di trattamento degli originali e la necessità di integrare le procedure tradizionali e scientificamente fondate con prassi virtuali in grado di ridare completezza a collezioni per vari motivi non integre. Rientra in questo quadro complessivo, fra l’altro, l’illustrazione dell’attività del CIRPeM (Centro Internazionale di Ricerca sui Periodici Musicali) nell’intervento di Marco Capra I periodici musicali del Novecento, quella del progetto CIRCE (Catalogo Informatico delle Riviste Culturali Europee) dell’Università di Trento in quello di Corrado Donati, quella di EVA (Emeroteca Virtuale Aperta) della Biblioteca nazionale Braidense. Paola Puglisi (Per un archivio nazionale della stampa periodica: i giornali nella Biblioteca nazionale centrale di Roma) ha ricordato il trattamento dei periodici e le procedure messe in atto e progettate dall’istituzione, detentrice, insieme alla Nazionale fiorentina, della maggiore collezione di giornali sul territorio nazionale. Un rilievo particolare, anche sulla scorta delle contigue esperienze francesi ed inglesi, è stato dato dalla relatrice al problema delle cronache locali, oggetto di microfilmatura da parte dell’istituto, ma con alle spalle una tormentata serie di aggiustamenti del progetto iniziale. Rosaria Campioni, della Regione Emilia-Romagna, in un intervento molto puntuale (Un’eredità novecentesca ingombrante), ha fatto il punto su un quarto di secolo di interventi catalografici sui periodici delle biblioteche pubbliche, traendone un bilancio abbastanza positivo. Ben diversa – ha sottolineato la Campioni – la situazione sul versante della conservazione e della disponibilità delle raccolte, dove molte problematiche sollevate da tempo non hanno ancora trovato risposte soddisfacenti. Un contesto in cui «i periodici, senza i quali sarebbe oltremodo difficile interpretare il Novecento, rischiano di diventare ospiti sgraditi – forse proprio per la loro invadente presenza – persino negli istituti deputati alla conservazione» (p. 104). Sul progetto di “emeroteca nazionale” proposto in sede di convegno, la relatrice ha invitato per una sua corretta e completa attuazione a non limitarsi al solo àmbito delle biblioteche statali o a quelle titolari del diritto di stampa, ma ad allargare lo sguardo comprendendo anche tutta una serie di istituti pubblici e privati detentori di collezioni spesso poco conosciute. Proseguendo nella rassegna di esperienze locali, Ornella Foglieni ha esposto (I progetti della Regione Lombardia) le possibilità offerte nel settore del trattamento dei periodici dal lombardo SIBL (Sistema Informativo Beni Librari), mentre Mariagrazia Ghiazza (Progetti e problemi per la conservazione dei periodici del Piemonte) ha messo in luce una situazione ancora interlocutoria e per certi versi problematica. L’ultima sessione del convegno, dedicata a I periodici tra consultazione e conservazione, è stata aperta dalla relazione di Carlo Revelli, di “Biblioteche oggi”, 206 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Recensioni che ha messo a confronto le esigenze, spesso contrastanti, degli utenti e delle strutture bibliotecarie riguardo alla conservazione dei giornali, affrontando nello specifico alcuni problemi di scottante attualità come quelli legati allo scarto di alcuni materiali, alla rilegatura, alla consultazione diretta e alla frequente e inveterata riluttanza da parte dei fruitori a servirsi della riproduzione in microfilm come sostitutiva della consultazione dell’originale. Nel merito è entrata anche Franca Alloatti, della Biblioteca nazionale Braidense, che ha elencato una serie di norme indispensabili per la gestione da parte delle biblioteche di un materiale che presenta «problematiche peculiari dal punto di vista della conservazione e della consultazione» (p. 128). Tra queste la scelta della legatura solo in presenza di corretti principî di conservazione, la limitazione della consultazione diretta degli originali (e, dopo la riproduzione, la sottrazione definitiva alla fruizione), la corretta conservazione del materiale cartaceo, la necessità di microfilm e della loro duplicazione in tre copie. Proprio questa tipologia di intervento di riproduzione, variamente evocata nel corso del convegno, ha trovato un posto specifico nella relazione di Gloria Cirocchi, della Biblioteca della Camera dei Deputati: Conservazione: c’è ancora un posto per il microfilm? La relatrice si è chiesta «che ruolo possa ancora svolgere il microfilm in un’epoca che sembra orientarsi univocamente verso il digitale» (p. 142), dove la possibilità di disporre di un accesso immediato e distribuito costituisce certamente un discrimine di grande rilevanza rispetto alla tecnica tradizionale delle microforme. «Tuttavia – ha notato la relatrice – i temi della obsolescenza tecnologica e la mancanza di esperienze consolidate nel settore della conservazione di patrimoni digitali introducono elementi di dubbio che hanno spinto, negli ultimi anni, molte istituzioni e uffici centrali a considerare con cautela l’avvio di progetti orientati alla conservazione basati unicamente sulla tecnologia digitale» (p. 145-146). Dopo l’illustrazione del cosiddetto “sistema ibrido”, vale a dire della creazione di un master su microfilm per la conservazione, affiancato da immagini digitali per l’accesso all’informazione, la relatrice ha compiuto un’ampia ed esaustiva ricognizione delle esperienze in atto negli altri Paesi, concludendo che «la tecnica della microfilmatura è tuttora vincente nel settore della conservazione della stampa periodica» e che «al di là dell’indiscusso appeal della riproduzione digitale, […] prima di affidare alla riproduzione digitale il ruolo di copia di sicurezza il cammino è ancora assai lungo, e si fonda sull’elaborazione di modelli condivisi di archiviazione e sull’impiego di metadati rispondenti a criteri di standardizzazione e interoperabilità» (p. 153). Sugli stessi temi ha concluso la sessione Marco Santoro (Conservare/digitalizzare: l’esperienza dei periodici), che ha ripercorso le problematiche afferenti alla digital preservation. «I motivi della debolezza della digitalizzazione per scopi di conservazione sono molteplici – ha spiegato Santoro – e attengono da un lato agli aspetti di autenticità e autorevolezza del surrogato digitale rispetto al suo originale analogico, AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 207 Recensioni dall’altro a problemi di natura squisitamente percettiva, derivanti dalla perdita della componente materiale del documento – e di conseguenza di ciò che viene chiamato il paratesto – che spesso può avere un’importanza pari, se non superiore, alla parte semantica replicata nell’esemplare digitalizzato» (p. 163). Di fronte a queste considerazioni e alla realtà di una frequente inaccessibilità dei periodici elettronici, il relatore ha comunque esplorato a fondo una serie di strategie di conservazione del digitale, alcune ormai classiche come la migrazione e l’emulazione, ma ha illustrato soprattutto le soluzioni che sembrano provenire da LOCKSS (Lots of Copies Keep Stuff Safe), progetto pilota sviluppato dall’Università di Stanford con l’obiettivo di preservare l’accesso a riviste scientifiche pubblicate sul Web attraverso l’uso della cache, cioè della memoria di transito per i documenti di rete. Mario De Gregorio 208 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Recensioni Piero De Risi, Dizionario della Qualità: 900 termini ed espressioni del linguaggio della Qualità. Milano : Il Sole 24 Ore, 2001, p. 613 Le modifiche strutturali provocate nelle imprese dalla combinazione convergente di new economy, digital communication e spesso formazione a distanza, trend ormai generalizzati del cambiamento impulsivo degli ultimi anni, hanno sospinto freneticamente l’esigenza di garanzie di qualità da parte delle stesse aziende al fine di competere nello spazio globalizzato dell’e-business con un certo vantaggio strategico nei confronti dei clienti e garantire loro strumenti di evidenza oggettiva della qualità raggiunta dalle attività e prodotti commercializzati (quality assurance). La collana Techno: dizionari del Sole 24 Ore ha interpretato i bisogni di questa nuova e crescente area di interesse, immettendo nel mercato editoriale una serie di volumi finalizzati alla conoscenza di terminologie e concetti specifici del settore business e finanza, rivolgendosi a tecnici e professionisti, consulenti e responsabili del marketing e della qualità. In particolare, il Dizionario della Qualità affronta i principî e le tecniche del total quality management, collocandosi come strumento interdisciplinare di aree tematiche e di settori disciplinari che sempre più vanno riconfigurandosi all’interno di una macroarea di saperi e professioni in evoluzione: qualità, management, marketing, produzione, statistica, progettazione, statistica applicata, certificazione, organizzazione, normative ecc. amplificano infatti il profilo del documentalista e lo sospingono verso un re-engineering statutario del suo ruolo, socialmente più integrato nelle sfere produttive e comunicative, addirittura più coerente con i presupposti della sua funzione d’origine, sganciato dal collezionismo biblioteconomico tradizionale, ma anche meno prono al dominio esclusivo dell’informatica. Il dizionario sistematizza «un linguaggio comune [= univoco] e una terminologia specifica per una cultura della qualità» che fa riferimento alle famiglie normative ISO 9000 e ISO 14000 e propone un approccio scientifico alla materia rispetto ad un linguaggio di uso comune e massmediale. 900 lemmi sono accompagnati a volte dalla traduzione se questa è di riferimento generalizzato, più spesso si presentano nell’espressione originale inglese perché acquisita dal linguaggio professionale; in casi particolari, la formulazione si è attenuta a quanto prescritto dalle stesse norme ISO, International Organization for Standardization, e dall’UNI, Ente Nazionale Italiano di Unificazione. La struttura organizzativa del dizionario è tuttavia alfabetica tout court; ciascuna voce monografica all’interno della sua estensione rimanda infatti ad altri accessi terminologici che, se da una parte permettono una facile consultazione, dall’altra, non essendoci tra le componenti del testo un apparato sindetico gerarchico o tematico, limitano la visibilità della comprensione e dell’ampiezza conoscitiva della macroarea stessa che, data l’importanza strategica della qualità per le imprese produttrici di beni e AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 209 Recensioni servizi e per il Sistema Paese, meriterebbe di essere immediatamente percepibile. L’impegno dell’opera è stato assunto da QUALITAL QUALità ITALia [<http: //www.consorzioqualital.it>], Consorzio Universitario in Ingegneria della Qualità fondato nel 1989 per iniziativa dell’Università di Pisa, e diretto da Piero De Risi, direttore del Consorzio e docente di Ingegneria – Tecnologie per la qualità, nonché membro esperto dell’European Foundation for Quality Management. E, dunque, il dizionario sistematizza una riflessione sedimentata, un’attività di ricerca e formazione consolidata e comparata sul piano europeo e internazionale, assemblando esperienze editoriali che il Consorzio ha realizzato in questi anni e diffuso attraverso etichette di prestigio quali “Il Sole – 24 Ore”, “Nuovo Studio Tecna”, la rivista “De Qualitate”, la società DINTEC, Diffusione Informazioni Normativa Tecnica. Quest’ultima, in particolare, ha curato per il Consorzio due edizioni (1995 e 1997) di Normazione, certificazione, Qualità – Glossario, che possono considerarsi a livello filologico il materiale di base del dizionario. Al di là degli interessi culturali generali che naturalmente ci coinvolgono come Associazione professionale in ciascun nuovo fenomeno che modifica assetti produttivi e professionali tradizionali e magari crea spazi applicativi coerenti con la documentazione avanzata, la certificazione di qualità ci chiama direttamente in causa poiché nel processo di attuazione delle politiche e strategie ad essa legate la documentazione del sistema di gestione per la qualità – una delle voci fondamentali del dizionario – svolge un ruolo di azione centrale e pertanto richiede professionisti – possiamo dunque chiamarli ancora documentalisti? – con competenze specifiche a diversi livelli. La documentazione del sistema di gestione per la qualità è definita nel dizionario come uno strumento oggettivo e condiviso di elementi standard, ossia documenti di registrazione che formalizzano proprio il sistema di gestione dell’organizzazione che intraprende l’iter di certificazione. A sua volta, il documento è definito dalla norma UNI En Iso 9000: 2000 secondo un’enunciazione classica: «per documento si intende l’insieme di informazioni con il loro mezzo di supporto, il quale può essere carta, nastro magnetico, disco elettronico o ottico, fotografia, campione di riferimento o una loro combinazione». La documentazione del sistema di gestione si presenta con diversi livelli di elaborazione, concettuale ed operativa, secondo una gerarchia d’importanza che esplicita di fatto la responsabilità d’azione. Il Manuale della qualità, le Procedure, Procedure di dettaglio e Istruzioni costituiscono l’insieme della documentazione descrittiva; la modulistica di registrazione raccoglie la documentazione certificativa. Il manuale esprime la filosofia dell’azienda, «è il documento che descrive il sistema di gestione per la qualità di un’organizzazione» e dunque deve contenere tutte le informazioni necessarie a rendere visibile sia all’interno dell’azienda, al personale, che all’esterno, ai clienti e fornitori, gli indirizzi di politica della qualità, le disposizioni adottate per l’attuazione della qualità, la 210 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Recensioni struttura organizzativa messa a disposizione, i criteri scelti per la realizzazione delle attività. Il manuale contiene le tabelle di rispondenza che consentono di rapportare i suoi contenuti alle norme di riferimento; la sua impostazione e redazione deve attenersi infatti alla norma ISO 10013. Poiché il manuale descrive una specifica realtà aziendale, esso costituisce per quella azienda lo strumento di base della sua quality assurance. Al manuale si affianca il Piano della qualità, «un documento che, per uno specifico progetto, prodotto, processo o contratto, specifica quali procedure, e risorse associate, devono essere utilizzate e da chi e quando»; esso è di fatto il manuale di commessa o manuale di progetto, in quanto indica le specifiche tecniche del singolo bene / servizio o prodotto e gli adattamenti agli obiettivi di qualità rispetto alle finalità generali; indica pure la responsabilità nominale delle varie fasi, le revisioni, i metodi e le procedure da applicare. Il manuale di progetto potrebbe paradossalmente definirsi un paradigma descrittivo di varie fasi che concorrono alla realizzazione del prodotto di qualità, una sorta di ISBN applicato all’azione d’azienda che consente di riconoscere il campo dell’indicazione d’autorità, l’oggetto, l’edizione ecc. Nel manuale di progetto deve essere definita la terminologia utilizzata, affinché sia univoca la comunicazione tra azienda e cliente tanto da costituire un’interfaccia condivisa. La Procedura può essere scritta e deve riferirsi alle fonti che la ispirano, norme, prescrizioni tecniche, normative di legge ecc. Le Istruzioni affiancano le Procedure e descrivono in forma concisa le disposizioni sulle modalità di svolgimento. La Documentazione certificativa è l’insieme delle registrazioni che comprovano la qualità raggiunta; «una registrazione è un documento che riporta i risultati ottenuti o fornisce evidenza delle attività svolte; le registrazioni della qualità sono fondamentali anche ai fini della quality assurance e per la predisposizione di azioni preventive e di azioni correttive» tese a garantire anche il controllo della permanenza della qualità. Dalla complessità appena accennata e a fronte di dati sorprendenti circa il crescente numero di aziende certificate ISO 9000 – oltre 1000 l’anno – la documentazione d’azienda sembra aver trovato uno spazio strutturale strategico, competitivo nei confronti di altri ruoli professionali aziendali, assolutamente di rilievo rispetto alla funzione meramente gestionale; essa si definisce infatti come formalizzazione del Sistema Qualità e quindi come opportunità di crescita strutturale per l’azienda stessa, abbandonando il suo ruolo di semplice pragmatica sovrastruttura da archivio. Recentemente – cfr. Libri e biblioteche: pagine scelte e presentate da Luciano Canfora. Palermo : Sellerio, 2002 (La memoria ; 536) – è stata riproposta la distinzione di Eco tra «libri da consultare e libri da leggere»: il Dizionario della Qualità ci sembra però un libro da “leggere a tavolino”. Anna Baldazzi AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 211 Recensioni Maria Guercio, Archivistica informatica: i documenti in ambiente digitale. Roma : Carocci, 2002 (Beni culturali ; 25) L’interesse dei documentalisti per l’archivistica nasce dalla convergenza di interesse delle scienze documentarie per tutti i supporti che comunicano informazione e che possono essere gestiti in archivio. Se in linea di principio l’Archivistica (e la Biblioteconomia e la Bibliografia, eccetera) è sempre appartenuta a questo dominio, l’approdo al supporto e alle modalità dei flussi informativi in formato elettronico ci avvicina ancor più questa disciplina, particolarmente quando specialisti dell’informazione-documentazione sono impegnati, su diversi fronti, a disegnare e a gestire sistemi informativi e cognitivi complessi realizzati su Rete in organizzazioni pubbliche e private. Nel quadro della letteratura professionale italiana l’opera che presentiamo affronta per la prima volta in maniera organica i temi della gestione della documentazione elettronica e della progettazione dei sistemi informativi ed informatici con l’esperienza e l’autorevolezza di Mariella Guercio, che vanta una lunga carriera come archivista di Stato, un’intensa attività di formazione e che dal 1998 è docente presso l’Ateneo di Urbino di Archivistica, di gestione informatica degli archivi e di teoria e tecnica dell’ordinamento e della descrizione archivistica ed ha partecipato e partecipa a commissioni e gruppi di lavoro nazionali ed internazionali (accenniamo solo all’attività di consulenza per l’AIPA [Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione] e di collaborazione con la Scuola superiore per la pubblica amministrazione e al coordinamento del gruppo di riferimento italiano per il Progetto InterPARES). È un processo iniziato da tempo, ma in accelerazione nell’ultimo quinquennio, quello dell’innovazione della Pubblica Amministrazione italiana secondo le parole d’ordine del miglioramento di efficienza, efficacia e trasparenza; del mutamento radicale della prospettiva verso l’obiettivo del servizio; dell’evoluzione delle tecnologie informatiche e della comunicazione: questo il contesto del recente, crescente interesse per l’archivistica e, più esattamente, per l’aspetto della gestione degli archivi in formazione, concetto e pratica nient’affatto estranei alla tradizione archivistica italiana, ma obliato progressivamente durante il XX secolo e riportato prepotentemente alla ribalta, invece, dall’aumento esponenziale della produzione documentaria della seconda metà del secolo scorso e dai notevoli cambiamenti delle dinamiche organizzative nonché delle esigenze gestionali, in particolare, degli enti pubblici. Il fatto più sorprendente è che, per quanto riguarda il nostro Paese, l’impulso all’innovazione promani dall’ordinamento giuridico: nel breve arco di un 212 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Recensioni quinquennio una serie di atti legislativi e regolamentari, anche piuttosto dettagliati sotto il profilo tecnico, hanno inteso innovare la Pubblica Amministrazione partendo dall’organizzazione del prodotto stesso dell’attività amministrativa, i documenticarte ed i complessi organici di questi, gli archivi e, ancor prima, la trasmissione dei documenti stessi tra le amministrazioni, con tutto il portato degli sconvolgimenti procedurali e giuridici in atto. Inconsueta ma, a considerare bene, non così straordinaria nella storia degli archivi italiani, la presenza vigile ed autorevole dei vertici dell’amministrazione: poco dopo l’Unità d’Italia venne promossa, tramite il competente Ministero, un’intensa attività regolamentare, corposa già alla fine del XIX secolo (precedentemente, in età napoleonica, in alcuni Stati italiani erano state date disposizioni in materia di archivi e a Bonaparte risale l’applicazione del titolario alle carte correnti). L’occasione della rinascita dell’archivistica è anche la riscoperta del primato italiano negli studi di archivistica e diplomatica: numerosi studiosi italiani, infatti, collaborano a progetti internazionali o li dirigono. Il ciclone della tecnologia informatica ha travolto molto prima le biblioteche, che dagli anni ’60 cominciano a far i conti con gli elaboratori, utilizzati nella produzione dei surrogati dei documenti-libri nella catalogazione, e che influenzano decisamente l’organizzazione del lavoro e, poi, l’organizzazione e la funzionalità dei servizi. L’archivistica, invece, si trova oggi a far i conti con il passaggio dagli atomi ai bit dei medesimi oggetti della propria attività (i documenti-carte e gli insiemi di questi), cosa che la biblioteconomia comincia ora a vivere con l’e-book, dopo un quarantennio di convivenza con i computer. A tutto ciò si aggiunge la rivoluzione delle tecnologie di network e la realtà di Internet. L’autrice definisce il suo libro un manuale, ad uso didattico, ma utile ad un «gruppo diversificato di specialisti e operatori (archivisti professionisti, informatici e analisti di sistemi informativi, studiosi di informatica giuridica ecc.)». L’intento, infatti, è di presentare lo stato dell’arte di una disciplina dalle solidissime basi nell’atto di una profonda evoluzione, dando però indicazioni «concrete, pratiche, ragionevoli, scalabili di cui avvertono l’urgenza sia i produttori che i conservatori di documenti», con la consapevolezza di trattare una materia non ancora formata e soggetta a rapidissimi mutamenti e, per di più, vivendo un’epoca di transizione. La complessità dell’argomento e la destinazione dell’opera anche a non-archivisti si riflette nel complesso apparato di note, bibliografiche ed esplicative, quasi un manuale parallelo, alle quali si aggiunge una serie di sette ab-legati, appendici di approfondimento collocate nel sito dell’editore, destinate ad accogliere i successivi aggiornamenti. Va detto, però, che l’accesso alle appendici è subordinato alla registrazione presso il sito dell’editore in qualità di utente e alla comunicazione dei AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 213 Recensioni dati personali (essendo prevista, oltretutto, la sola tipologia di studente). Proprio la complessità dei temi trattati fa sì che si avverta profondamente la mancanza di un indice analitico del testo, unica nota negativa che siamo costretti a rilevare. Oltre alle parti che trattano dei concetti e degli strumenti basilari dell’archivistica, rivisitati in ambiente elettronico, e oltre ai paragrafi dedicati alla trattazione degli standard descrittivi, è da segnalare la presentazione degli studi e dei programmi europei finalizzati alla definizione dei requisiti funzionali dei sistemi documentari automatizzati. Un intero capitolo tratta della questione cruciale della conservazione dei documenti e degli archivi elettronici, presentando i progetti internazionali o di rilevanza internazionale e, in particolare, il progetto InterPARES. L’elettronica e le tecnologie ottiche, infatti, se hanno migliorato le condizioni di produzione dei documenti, risolto i problemi della rapidità della trasmissione di questi, reso più economica ed efficiente la loro condivisione, incrementato e resa più flessibile l’accessibilità delle informazioni, e se hanno drasticamente ridotto gli spazi necessari alla loro collocazione, pongono, però, gli enormi problemi della instabilità dei supporti e della rapida obsolescenza delle tecnologie di intelligibilità. Dalla constatazione, poi, della scarsa conoscenza dei nuovi “supporti” (in relazione alla memorizzazione elettronica, invero, tale concetto non è pienamente valido) si avverte la necessità di fondare una, per così dire, diplomatica informatica e per affrontarla il bagaglio culturale delle discipline archivistico-diplomatiche appare insostituibile. A sottolineare maggiormente la critica differenza tra i mezzi scrittorî finora sperimentati e il mezzo scrittorio elettronico osiamo coniare i termini di archiveconomia e diplomatica dell’invisibile, sintetizzando le problematiche che attengono alla natura del documento informatico e che la Guercio affronta nella prima parte dell’opera trattando degli aspetti della conservazione dei documenti elettronici. Molti dei concetti tradizionali vengono infatti scardinati dalla tecnologia elettronica, e soprattutto quello di “supporto”: l’indiscutibile fisicità del documento elettronico non implica necessariamente l’identificazione con “un” supporto, essendo il documento – ogniqualvolta venga rimaterializzato – la risultante di istruzioni e dati residenti in luoghi diversi e non essendo oltretutto la scrittura elettronica percepibile per l’occhio umano. Da ciò derivano intanto modalità nuove nella gestione dei documenti e, conseguentemente, una maggiore complessità della gestione degli archivi ibridi. A coloro che sono impegnati nella progettazione di sistemi documentari, a coloro 214 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Recensioni che hanno la responsabilità dell’informatizzazione delle procedure del protocollo, sono da segnalare, inoltre, i commenti al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, pubblicato nel “G.U.R.I. – Supplemento ordinario” – Ser. gen. n. 42 del 20 febbraio 2001), nonché le riflessioni sulla firma digitale e sull’analisi e la progettazione di sistemi documentari automatizzati a cura di Giovanni Michetti. Senza dubbio, nel panorama della letteratura professionale dell’archivistica italiana, quest’opera va ad occupare uno spazio ancora vuoto e, sebbene sia facile prevedere una crescita considerevole della bibliografia su tali temi, non fosse altro che per la fluidità della materia e per la continua e repentina innovazione tecnologica che di conseguenza va ad investire il suo assetto statutario, questo manuale rappresenterà un reference obbligato per le nostre discipline. Augusta Franco AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 215 Recensioni Fabio Metitieri – Riccardo Ridi, Biblioteche in Rete: istruzioni per l’uso. Roma, Bari : Laterza, 2002, p. X-275 (Manuali Laterza ; 164) Chi a suo tempo abbia curato un manuale del settore delle Scienze dell’informazione (anche se ora non più tecnologicamente aggiornato) e voglia esprimere la propria opinione su questo volume, già prima di prenderlo in mano si troverebbe a fare due constatazioni d’ordine generale. All’inizio il concepimento di un “manuale” è faticoso: scelta degli argomenti da inserire – sono spesso in eccesso –, equilibrio fra le parti e così via; successivamente lo sono altrettanto i problemi di aggiornamento delle nuove edizioni: fra gli altri, controlli accurati dell’esistente, aggiunta di temi nuovi (per non parlare di talune divergenze con gli editori che, ad esempio, si ostinano a voler chiamare “nuova” edizione quella che in realtà è soltanto una ristampa). Veniamo però a questa «versione aggiornata del celebre Ricerche bibliografiche in Internet», preannunciata per la nostra associazione da “AIDAlampi” del maggio 2002, che continua informandoci che «il manuale, pubblicato nel 1998 dalla casa editrice Apogeo, ebbe un notevole e meritato successo. La nuova edizione è pubblicata da Laterza con un titolo diverso». E noi non possiamo che concordare pienamente. Il volume, dopo l’Introduzione, si compone di tre parti, a loro volta suddivise in articolati capitoli: I. Concetti e strumenti: 1. Le ricerche bibliografiche, 2. Information retrieval: strumenti e strategie, 3. Opac e biblioteca virtuale; II. Biblioteche e Opac in Italia e nel mondo: 4. Biblioteche e Opac nel mondo, 5. Biblioteche e Opac in Italia, 6. Biblioteche e Opac europei, 7. Le biblioteche e gli Opac statunitensi, 8. Opac specializzati, archivi e musei; III. Oltre i cataloghi; testi e banche dati: 9. Oltre i cataloghi: i testi, 10. Banche dati: archivi e host computer in Internet, 11. Metarisorse generali e informazioni per bibliotecari. Nell’ampia e aggiornata Bibliografia (p. 247-270) gli autori italiani sono felicemente ben presenti e – secondo le parole degli Autori – «si è accentuato l’aspetto divulgativo dell’elenco» (p. IX); le p. 239-245 sono dedicate ad una lista dei “Principali acronimi utilizzati”. Delle novità della presente edizione rispetto alla precedente si parla subito nella Introduzione perché «sono cambiate molte cose, troppe per lasciare in circolazione un manuale che ormai aveva numerose imprecisioni». Le «molte cose» indicate brevemente dagli Autori sono importanti e hanno richiesto l’aggiunta e la riscrittura di più di 130 pagine. È indispensabile impegnarsi negli aggiustamenti delle imprecisioni di ciò che si considera prioritario, ma – per ritornare al discorso iniziale sulla difficoltà insita nella stesura degli aggiornamenti – bisognerebbe anche tener conto di “cose” più piccole, soprattutto nel caso di un manuale di “istruzioni per l’uso”. 216 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Recensioni L’esempio che segue si appoggia su una conoscenza diretta dell’argomento ed il presentarlo non inficia assolutamente la considerazione per questa pubblicazione utile e… desiderabile (se non esistesse già!) Prendiamo dunque il capoverso “Il Catalogo italiano dei periodici (Acnp)” alle p. 97-99 del capitolo “Biblioteche e Opac in Italia”. Tralasciamo il probabile refuso per cui la sigla del CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche appare come “Ccn”, nonché il fatto che le figure 10 e 11 (rispettivamente «il form di ricerca del Catalogo italiano dei periodici» e «la parte iniziale del risultato di una ricerca sul Catalogo italiano dei periodici») non corrispondano più al presente, poiché il format è stato cambiato, ma nell’aprile 2002, e quindi non pubblicabile in questo volume. Va invece notato che la versione su CD-Rom dell’Acnp, datata nel volume al 1990, è del 1997 (mentre è esatto che la versione cartacea risale al 1990). E ancor più bisogna segnalare che non corrisponde alla realtà che qualsiasi «utente può comunque accedere alla ricerca nel Repertorio Issn da un apposito link», poiché soltanto gli addetti al lavoro nel settore – e non tutti gli utenti – possono farlo. Pertanto, a nostro avviso, in pubblicazioni di questo tipo le informazioni di carattere applicativo e pratico andrebbero riscontrate quasi più di quelle teoriche. In appoggio a questa affermazione, mi sia permesso risalire a più di una trentina di anni fa. Esisteva allora, presso il CNR, il Centro nazionale di documentazione scientifico-tecnica cui ci si poteva rivolgere per la fornitura di fotocopie di articoli, di elenchi bibliografici, di traduzioni (naturalmente tutto si svolgeva nel modo manuale più tradizionale). A quel tempo era in auge una guida curata da Umberto Eco su Come preparare una tesi di laurea, in cui veniva tra l’altro suggerito di rivolgersi per aiuto al Centro di cui sopra. Nel 1966 quest’ultimo – e relativi servizi – fu soppresso, ma ancora a lungo pervennero al suo indirizzo richieste di studenti, poiché non si riusciva a far aggiornare la parte della guida che lo concerneva. Non alimentiamo dunque con informazioni divenute inesatte vane speranze. Concludendo, in questo mondo di persone incerte e che “non sanno” ben vengano manuali del tipo Laterza, che spingono ad approfondire la conoscenza di un settore in perenne evoluzione, mantenendo aggiornati se stessi e gli altri. Maria Pia Carosella AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 217 Recensioni “Storia e futuro. Rivista di storia e storiografia”, n. 1, aprile 2002 (<www.storiaefuturo.com>) Nasce una nuova rivista italiana di storia on-line. Ed è certamente una notizia positiva, destinata com’è a vivacizzare ulteriormente un panorama che, comunque, si presenta da qualche anno a questa parte, da quando cioè anche nel nostro Paese gli stessi restii studiosi di discipline umanistiche si sono dovuti interrogare sulla possibilità che l’information technology possa rappresentare per la ricerca e la didattica uno strumento sicuramente utile o addirittura per certi versi irrinunciabile, abbastanza in movimento. Questo pure in assenza di quel dibattito che invece si è sviluppato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna e che si è limitato, nel contesto della storiografia italiana accademica, a proporre grosso modo una generica divisione fra accaniti sostenitori (non molti) e altrettanto implacabili scettici (la gran parte), senza per questo investire l’insieme della professione storica ai suoi massimi livelli istituzionali. Tant’è che, a dispetto delle prove sempre più consistenti delle potenzialità offerte dall’IT, il ricorso alle potenzialità della rete in tale specifico settore in questo momento sembra ancora ben lontano in Italia da livelli accettabili. Vanno ricordati in questo senso, tanto per limitarsi a citare alcuni esempi noti al grande pubblico, le esperienze di alcuni e-journal come “Cromohs, cyber review of modern history” (<www.cromohs.unifi.it>), rivista elettronica di storiografia moderna e biblioteca elettronica di fonti di storiografia storica e filosofia della storia in età moderna, “Storia in network” (<www.storiain.net>), fondata nel 1996, la prima rivista di storia italiana nata e pensata per la rete, “Storia in rete” (<www.storiainrete.com>), “Storie contemporanee. Didattica in cantiere” (<www.novecento.org/novecento.htm>), rivista di didattica della storia curata da una specifica commissione dell’INSMLI (Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia); e le versioni on-line di riviste storiche tradizionali come “Studi storici”, trimestrale dell’Istituto Gramsci, (<www.mediatel.it/liberliber/biblioteca/ testiinhtml/riviste/studis>), “Passato e presente” (<www.storia.unifi.it/_paspres>), “Novecento” (<www.comune.modena.it/associazioni/istorico/page/editoria/home_ novecento.htm>), “I viaggi di Erodoto” (<www.viaggidierodoto.com>). In realtà poi va detto che alla categoria della “storia” può essere ricondotta una grande varietà di prodotti elettronici multimediali, molto diversi fra loro e lontani di fatto da quello che in àmbito professionale e accademico si qualifica tradizionalmente come “storia” o “storiografia”. Questa molteplicità e multiformità dei prodotti e il loro stesso livello finiscono spesso per condizionare l’approccio al web in questo campo. Pongono cioè il problema di una equiparazione degli strumenti e dei prodotti storiografici destinati alla rete con quelli tradizionali. Il che vuol dire anche interrogarsi se la validità dei primi non risieda solo e soltanto nel poter essere ricondotti a standard omogeneizzabili invece di configurare concretamente nuove 218 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Recensioni forme di produzione e di comunicazione dell’informazione storica, nei suoi aspetti documentari, didattici e narrativi. L’idea di “Storia e futuro. Rivista di storia e storiografia”, il nuovo prodotto nato dalla collaborazione di conosciuti docenti ed esperti del settore come Maurizio Degli Innocenti, Franco Della Peruta e Angelo Varni, è quella – come viene esplicitato in apertura del primo numero – di porsi a metà fra l’elaborazione storiografica tradizionale ed una nuova morfologia di intervento nel contesto della ricerca storica che tenga nel dovuto conto il prendere piede di nuovi media, avviando «una rivista storica tendenzialmente pensata per le specifiche esigenze del web, ma che si richiami agli obiettivi di sempre della metodologia della ricerca storica». Siamo lontani quindi da una volontà di sovvertimento radicale degli obiettivi e delle metodologie che hanno caratterizzato finora la disciplina – processo che rischierebbe di far perdere di vista aspetti decisivi dell’euristica stessa delle scienze storiche e che continua a contraddistinguere di fatto anche tutta una serie di prodotti esistenti in rete, non solo italiani. «Le procedure disciplinari consuete» – questa è l’irrinunciabile premessa del nuovo periodico on-line –, non possono essere disconosciute, ma serve piuttosto «avvalorarle e verificarle lungo un processo cognitivo in costante evoluzione, aperto, largamente partecipato e fondato sul principio della rete». Dell’impresa convince proprio questo volontario e ragionevole permanere, ampiamente garantito dalla serietà e dall’esperienza dei collaboratori, nell’àmbito della impostazione scientifica tradizionale, con la volontà comunque di misurarsi criticamente con i nuovi strumenti di diffusione del sapere e con un approccio orientato fortemente anche all’attualità e alle molte e diversificate implicazioni della didattica della storia. La sfida, che auspichiamo vincente, del gruppo di “Storia e futuro” consiste alla fine insomma proprio nella capacità di sottrarsi, tentando di costruire un ponte fra passato storico e prospettive di futuro, ad una semplicistica operazione di “innovazione per l’innovazione”, per restare nell’alveo di un approccio tradizionale, seriamente scientifico alla conoscenza storica, ma coniugato sul piano di una accessibilità diversa e certo più attagliata alle esigenze di un target composito e di una didattica diffusa della storia. «Non quindi – come viene chiarito nella Presentazione – una semplice trascrittura informatica di una rivista cartacea; ma un prodotto capace di adeguare all’innovazione tecnica le modalità scientifiche e le forme espressive della disciplina storiografica. Con l’obiettivo, certo ambizioso, di individuare stili e contenuti in grado di parlare ai giovani, di aprire con essi un dialogo sul passato, così da non trovarli impreparati di fronte all’attualità, per la cui analisi devono ricorrere all’affannosa e concitata formazione fornita dalla superficialità di qualche programma televisivo o alla buona volontà di qualche giornalista in vena di documentarsi. Se lo spazio della rete – è stato tante volte detto – è indicato per dar AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 219 Recensioni vita a nuove comunità virtuali, ci proponiamo con “Storia e Futuro” di costruire una comunità fatta da quanti colgono nei processi della storia non una fredda successione di date e di eventi, bensì quel cammino nel tempo denso di speranze e di tragedie, di ideali e di miserie, di eroismi e di disillusioni, che ci ha portato nel presente e senza il quale risulta assai difficile inoltrarci nel domani». È ben presente ai redattori, come si vede, quali siano i mutamenti indotti dal ricorso alla rete nell’àmbito della ricerca storica. Un tema denso, su cui non sono mancati negli ultimi anni tentativi di bilancio basati su diverse metodologie d’indagine. Vanno ricordati a questo proposito almeno il rapporto del 1997 di Pavliscak, Ross e Henry, IT in Humanities Scholarship: Achievements, Prospects and Challenges (American Council of the Learned Societies, “Occasional Paper”, n. 37, 1997), il primo numero del “Journal of the Association for History and Computing” (<http://ssd1.cas.pacificu.edu/history/ jahc/jahcindex.htm>), l’indagine promossa dall’American Historical Association e pubblicata su “Perspectives” nel febbraio 1998 (<http://chnm.gmu.edu/aha/persp>), il volume Writing, Teaching and Researching History in the Electronic Age, a cura di Dennis A. Trinkle (New York : M. E. Sharpe,1998). Specificamente per l’Italia vanno almeno ricordate le due raccolte di atti congressuali Storia e Multimedia (1994), a cura di F. Bocchi e P. Denley (Atti del VII Congresso Internazionale dell’Association for History and Computing. Bologna, 1994) e Storia e computer. Alla ricerca del passato con l’informatica (1996), a cura di S. Soldani e L. Tomassini (Milano : B. Mondadori, 1996). Contributi che non hanno certo esaurito la discussione anche nel nostro Paese (cfr. di recente ad esempio la rassegna di Michelangelo Vasta, Storia di Internet. Internet per la storia. La rete e le risorse per lo storico economico. “Archivi e imprese”, n. 17, gennaio/giugno 1998, p. 109-146). La grafica della nuova rivista on-line si configura come non proprio essenziale ma certamente efficace e studiata per un impatto non invasivo. L’impaginazione si affida giustamente ed utilmente ad una rubricazione molto scandita. I link presenti nella home page rispecchiano sostanzialmente i caratteri fondanti del periodico: Percorsi (problemi di storia e ricerca storiografica. – In questo numero un editoriale di Carlo Spagnolo su Il passato della ricerca e il futuro degli istituti storici tedeschi), Didattica (problemi connessi alla didattica della storia. – Nel numero di apertura, di Umberto Baldocchi e Stefano Bucciarelli, il resoconto di Teaching Europe. Firenze, 15-16 giugno 2001 e un’interessante intervista/confronto di Angelo Varni sull’Insegnamento della storia contemporanea nella scuola italiana con De Bernardi, Sabbatucci, Della Peruta), Scaffale (recensioni, ma con un taglio volutamente orientato al commento), Laboratorio (ricerche in corso, puntualizzazioni su percorsi di ricerca), Agenda (convegni ed eventi in Italia e all’estero). Mario De Gregorio 220 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Recensioni Università degli Studi di Udine. Dipartimento di storia e tutela dei beni culturali – Associazione italiana biblioteche. Sezione Friuli Venezia Giulia, Virginia Carini Dainotti e la politica bibliotecaria del secondo dopoguerra. Atti del convegno Udine, 8-9 novembre 1999, a cura di Angela Nuovo. Roma : Associazione italiana biblioteche, 2002, 210 p. L’idea di un convegno su Virginia Carini Dainotti implica necessariamente la volontà di fare il punto su quello che Attilio Mauro Caproni in Premessa definisce «quel vasto dibattito che da decenni impegna la cosiddetta biblioteconomia italiana, focalizzato […] sulle trasformazioni che l’istituto bibliotecario ha vissuto nel nostro paese nella seconda parte del Novecento». In un contesto di carattere così generale e per certi versi tormentato – questa la lezione che in qualche modo emerge dal volume – appare però riduttivo identificare la Carini Dainotti, una delle figure certamente più rappresentative della configurazione bibliotecaria italiana lungo l’arco di quasi un cinquantennio, con quella che è sicuramente la sua opera più fortunata, vale a dire i due volumi de La biblioteca pubblica istituto della democrazia (Milano : Fabbri, 1964) e con il tentativo, spesso semplicisticamente interpretato, di trapiantare tout court nel nostro Paese la public library di modello anglosassone nata nel corso del secolo XIX. Come emerge da questi atti del meritorio convegno udinese del novembre 1999 curati da Angela Nuovo, l’apporto della Carini Dainotti ad una nuova idea di biblioteca pubblica in Italia infatti va oltre una semplice “scoperta dell’America” da parte dei bibliotecari italiani (cfr. in merito soprattutto il contributo di Giovanni Solimine I bibliotecari italiani alla scoperta dell’America), presentandosi ben più variegato e complesso, identificabile per comodità di sintesi in tre aspetti fondamentali: il superamento della biblioteca popolare, il concetto di sistema bibliotecario, il rapporto tra amministrazione centrale dello Stato e autonomie locali in tema di biblioteche e di pubblica lettura. «Su tutti e tre questi temi – scrive Paolo Traniello nell’intervento introduttivo (L’apporto di Virginia Carini Dainotti all’introduzione dell’idea di biblioteca pubblica in Italia) – la Carini si è mossa tenendo presenti i presupposti teorici derivati dalla public library, ma li ha evidentemente interpretati e applicati alla situazione italiana avvalendosi della sua propria cultura storica, politica e amministrativa. Ne è derivata una proposta alquanto complessa che ha avuto una notevole rilevanza negli anni Cinquanta e Sessanta nel fondare una sorta di via italiana alla biblioteca pubblica». Uno dei temi del volume sembra condensarsi proprio nell’interrogativo su quanta parte di suggestioni derivanti dall’ideologia della public library e quanta da una visione strettamente politico-amministrativa ci sia stata nel lungo impegno e nella passione bibliotecaria della Carini Dainotti in un lungo arco di attività nel settore delle biblioteche italiane segnato di fatto – sembra qui di rileggere le pagine della Barone e AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 221 Recensioni di Petrucci di Primo: non leggere e del Lazzari di Libri e popolo – dall’endemica assenza di una politica bibliotecaria coordinata e finalizzata obiettivamente all’istruzione diffusa degli Italiani. Su questa strada, intrecciando l’intensa vicenda biografica della bibliotecaria prima e ispettrice poi con la sua appassionata attività professionale, l’articolazione dei saggi nel volume, scrivendo un capitolo importante della storia più recente della biblioteca in Italia – condensato nel bell’intervento di Giorgio Montecchi Dalla biblioteca popolare alla biblioteca pubblica: aspetti istituzionali (1945 e dintorni) –, ripercorre tutta una serie di collaborazioni, sollecitazioni e interventi sia orali che a stampa della Carini, tesi ad introdurre nel panorama culturale italiano un nuovo concetto di biblioteca e a tentare di contrastare con forza quelle che si configuravano come vere e proprie scelte politiche di retroguardia, come quella, storica e più volte ricordata nelle pagine di questi atti congressuali, portata avanti a metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, orientata ad istituire sul territorio nazionale una disordinata miriade di nuclei librari minimi di supporto alle scuole destinate all’educazione delle classi subalterne. Scelte pragmatiche e di grande impegno, quelle della Carini Dainotti, perseguite in tutte le sedi istituzionali e professionali, collocate nel pieno di un’ottica integrata alla realtà politica e sociale italiana del secondo dopoguerra e informate di fatto a quella nozione propriamente etica della biblioteca pubblica che tende ad emergere con forza, ad esempio, da quel suo contributo agli Studi di biblioteconomia e storia del libro in onore di Francesco Barberi (Roma : Associazione Italiana Biblioteche, 1976) dal titolo significativo di Appunti sull’ideologia della biblioteca pubblica e sulla deontologia del bibliotecario-animatore di cultura, rimasto giustamente famoso per la sua tensione morale e per l’esplicitazione di punti fondamentali del suo pensiero e del suo modo di intendere la professione: il diritto di accesso all’informazione garantito dalla biblioteca pubblica, il ruolo del bibliotecario non come educatore tout court ma efficace impulso alla ricerca e al confronto, la necessità di una formazione professionale del bibliotecario secondo standard riconosciuti, l’esigenza di un articolato codice deontologico. Proposta quest’ultima giunta a realizzazione soltanto nel corso del 1994. Fra affermazione culturale di diversa funzione e ruolo della biblioteca pubblica sul territorio e consapevolezza di un canone sempre immanente di correttezza politicoamministrativa, la visione della Carini Dainotti, tesa oltretutto ad impedire la endemica dispersione italiana delle mai abbondanti risorse destinate al settore, si concretizzerà in séguito in quell’idea lungimirante di “sistema bibliotecario”, perseguito, prima dell’avvento delle Regioni a statuto ordinario, con le prime e pionieristiche reti bibliotecarie, decisive per l’avvio di una coscienza di cooperazione nel sistema della pubblica lettura nazionale. Una sperimentazione la cui importanza sarà riconosciuta nel convegno romano dell’ottobre 1970 su Lettura pubblica e organizzazione del sistema bibliotecario (atti, con lo stesso titolo: Roma : Palombi, 1974). 222 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Recensioni Ma un bilancio complessivo della lunga e serrata azione della Carini Dainotti è affidato in qualche modo alle pagine di Mauro Guerrini Tractant fabrilia fabri: Virginia Carini Dainotti, una bibliotecaria tra impegno e delusione, dove tende ad emergere, di fronte all’impegno continuo e pressante della bibliotecaria nel corso di molti anni, anche quella «consapevolezza dell’impotenza» determinata di fatto da una classe politica mai sensibile davvero alla funzione e al ruolo delle biblioteche. «Carini Dainotti – conclude Guerrini – ha indubbiamente compiuto una lucida analisi della realtà bibliotecaria italiana del secondo dopoguerra, ha lottato per la creazione di un servizio bibliotecario moderno e ha proposto con fierezza un ideale di bibliotecario competente, sul modello anglosassone e nordeuropeo, nel cui contesto avrebbe certamente ben figurato; ma per invertire la politica dell’inerzia e della sporadicità ed elevare l’Italia allo standard europeo e statunitense occorreva ben altro dalla rivendicazione dell’orgoglio professionale». Concludono il volume una biografia della Carini Dainotti, una esaustiva bibliografia dei suoi scritti e un’intervista alla stessa, curata da Mauro Flati, del novembre 2000, che si configura come un’ultima testimonianza di vita e di impegno professionale. Mario De Gregorio AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 223 Segnalazioni bibliografiche a cura di ANNA BALDAZZI Segnalazioni bibliografiche Il professionista Cox, Andrei – Sandford, Paul, Internet librarian international [18-20 March, Olimpia]. “Managing Information”, V. 9 (2002), n. 5, p. 36. [Il Rapporto può essere richiesto a <[email protected]>] Fédération des einsegnantes documentalistes de l’Education nationale, Pour une profession en devenir : de l’analyse à l’action. Paris : FADBEN, 2001, 40 p. 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Paris : ADBS Editions, 2001 Hildenbrand, Suzanne, Library feminism and library women’s history : activism and scholarship, equity and culture. “Libraries & Culture”, V. 35 (2000), n. 1, p. 5165 Reichel, Mary, September 11th and academic libraries, “C&RL College & Research Libraries”, V. 63 (2002), n. 1 <http://www.ala.org/acrl(crjan02.html> Robine, Nicole, Hommage à Robert Escarpit, universitaire, écrivain, journaliste, 19182000. Bordeaux : Presses Universitaire, 2001, 47 p. Avec une bibliographie des oeuvres. Strickland, Lee S., Information and the war against terrorism. “Bulletin of the American Society for Information Science and Technology”, V. 28 (2002), n. 2, p. 1-8 Wiegand, Wayne A., American library history literature, 1947-1997 : theoretical perspectives? “Libraries & Culture”, V. 35 (2000), n. 1, p. 4-50 Documentazione istituzionale Conseil de l’Europe, Accès public et liberté d’expression dans les réseaux d’information. Bruxelles, 2002, 51 p. (Nouvelles technologies de l’information) Da non dimenticare Atherton, Pauline – Greer, R., Professional aspects of information science and technology. “ARIST” [Annual Review of Information Science and Technology], V. 3 (1968), p. 329-356 [Ciampi, Carlo Azeglio], <www.interlex.it/testi/ciampi.htm> [Il messaggio del Capo dello Stato alle Camere 29-07-02] Kingma, Bruce, Information economy. “ARIST”, V. 38 (2004) [Preview] Ministro per l’innovazione e le tecnologie, Linee guida del Governo per lo sviluppo della Società dell’Informazione nella legislatura. Roma, giugno 2002 Thompson, F. B., The organization is the information. “ADI Proceedings”, 1967, p. 305-308 230 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Abstract Abstract ADRIANA VALENTE Documentation, communication and science The development of scientific documentation and communication highlights some aspects of the interaction between science and society. Up to the second half of the last century, there has been a general agreement with the linear progress from basic research to technological innovation to economic development; afterwards, this progress has been questioned, together with the cause-effect relationship between science and technology. In supporting research activity, scientific documentation and communication could boast their role in social and economic development; nowadays, this role must be evaluated in a historical perspective and verified in the actual proposal and experimentation of theories and practices. Science is no more considered universal, also under a spatial point of view; scientific documentation and communication show a polyhedric aspect both in the historical development – where information transmission strategies coexist together with those of access to knowledge – and in theories and practices aimed to support the continuum of scientific work, the interaction with ICT, the relationships between science and society. JOHN EWING Twenty centuries of mathematics: Digitizing and disseminating the past mathematical literature Mathematicians have talked quietly for some time about the need to digitize the past mathematical literature. During 2001, the conversations became more intense as several new digitizing projects were announced. Should we coordinate those projects? Could we integrate the recent literature that is already in digital form? How could we digitize far greater amounts of older material? The goal was to create a virtual library containing much of the past literature – a library that could eventually grow into a “World Mathematics Library”. In a conversation in mid-2001, Philippe Tondeur (the Director of the Division of Mathematical Sciences at NSF) outlined his vision for such a library. While I was sympathetic, I pointed out that one needed a plan, or at least an outline, and that even with a plan there were many obstacles. Philippe persuaded me to write this “concept paper” based on our conversation, and consequently turned my pessimism into a proposal. Since that time, a group headed by Cornell University was awarded a planning grant to consider the next steps in carrying out a massive digitizing project. Mathematicians and agencies from other countries have expressed interest in an international effort. And the impossible sums of money needed for funding seem almost possible (even if most of the other obstacles remain). AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 233 Abstract SAVERIO SODI Alexandrie: a flexible platform for integrated knowledge The history of libraries’ automation, beginning from the Library of Congress, shows a strong trend to Information Retrieval more than conservation. The last generation of software covers two main requirements of the document management: the standardized recording of data, so that they can be made compatible, retrieved and spreaded; the integration of data coming from different supports. Alexandrie, a software made in France and distributed in Italy by Ifnet, complies with standardization criteria, flexibility and integration of the supports. A field structure and a window system create archives that can be navigated at the same time. Main characteristics are: the thesaurus construction and the direct production of cd-rom. The sw is particularly suitable for medium size archives. Dossier FERRUCCIO DIOZZI State ot the art and new trends This brief speech introduces the seminar Information management nel settore aerospaziale, outlining the strength and the weakness of the sector in a changing environment. New approaches of the information specialists and expected outputs of the AIM-EU Study are described. FERRUCCIO DIOZZI – ROSA SANNINO Role of the CIRA Documentation Centre This speech describes the policy and the activities of the CIRA Documentation Centre. The information management that Documentation Centre carries out both for CIRA and for the Italian Aerospace Community are examined. Main characteristics of the department, organizational and technological approaches and professional competences are described. Finally, the future developments of the service are described too. JOHN HARRINGTON – EMMA TURNER AIM-Eu: a study of aerospace information management in Europe A team of information specialists based at Cranfield University Information and 234 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Abstract Library Service is currently undertaking a study of information management in the European aerospace sector on behalf of the British Library and the European Space Agency (ESA). This article provides a brief overview of the context of the study, its aims and objectives and describes the methodology employed. Please visit our web site at <http://www.cranfield.ac.uk/aim-eu> for further information and regular updates. PAOLA MANNI – GABRIELLA SCIPIONE EINS-GEM and the I2 plus service This speech describes the nature and the functionalities of EINS-GEM, a service of EINS, European Information Network Services, that provides access to online information. The role of CINECA as technological centre of EINS is described as well as the main tools and services developed as I2 and I2 plus. In particular, I2 plus, oriented to the aerospace sector, allows contemporary access and research on several EINS-GEM databases and several web sites. SIMONE MINGIACCHI – ROBERTO STALIO Information contents: state of the art of the Italian spatial technologies This speech describes ASI (Agenzia Spaziale Italiana) activities being carried on in order to realize an updated chart of basic technologies in the Space sector. This kind of information is critical in the new ASI policy, in the placing of Italy in the space sector, in the definition of the mid-term developments. PAOLA ROSSI MAI AZALAI, an Italian MetaOpac and other specialized MetaOpac This speech describes the goals of the MAI project (MetaOPAC Azalai Italiano). MAI derives from the collaboration of AIB, Associazione Italiana Biblioteche, and CILEA, Consorzio Interuniversitario per l’Elaborazione Automatica. The main goal of MAI is the realization of virtual bibliographic specialized catalogues. In this speech MAI technical and functional caracteristics and some of the most important realizations are described. CHAIR: RODOLFO MONTI Round table discussants: Ferruccio Diozzi, CIRA; John Harrington, Cranfield University; Roy Kitley, British Library; Rodolfo Monti, Università degli Studi di Napoli “Federico II”; Paul Needham, Cranfield University; Mauro Russo, Alenia Aeronautica SpA; Roberto Stalio, ASI; Ennio Tarantola, Università degli Studi “Roma Tre”. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 235 Abstract Round table: Information management in the aerospace sector The aim of the round table is to discuss different approaches in the information management in the aerospace field. These approaches come from both academic and industrial sector; approaches of information specialists and of the users are discussed too. The debate matches the user needs with the proposals of Cranfield (AIM–EU Study) and the other experiences introduced in the morning session of the Seminar. Finally other proposals, oriented to the effectiveness of information management, are presented. 236 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Hanno collaborato a questo numero: ANNA BALDAZZI, FOR.COM [Consorzio interuniversitario per la formazione nella comunicazione], Roma, <[email protected]> FLORA BALINO, Università di Genova, Genova DOMENICO BOGLIOLO, Università degli Studi “La Sapienza”, Roma, <[email protected]> DANIELA CANALI, ISPRI – CNR [Istituto di Studi Socio-Economici sull’Innovazione e le Politiche della Ricerca – Consiglio Nazionale delle Ricerche], Roma, <[email protected]> MARIA PIA CAROSELLA, AIDA [Associazione Italiana per la Documentazione Avanzata], Roma MARIO DE GREGORIO, Biblioteca Comunale degli Intronati, Siena, <[email protected]> FERRUCCIO DIOZZI, CIRA [Centro Italiano Ricerche Aerospaziali], Capua, <[email protected]> JOHN EWING, AMS [American Mathematical Society], Providence (Rhode Island), <[email protected]> AUGUSTA FRANCO, Università degli Studi della Basilicata, Potenza, <[email protected]> JOHN HARRINGTON, Cranfield University, Cranfield (England), <[email protected]> PAOLA MANNI, CINECA [Consorzio Interuniversitario per il Calcolo Automatico dell’Italia Nord Orientale], Casalecchio di Reno (Bologna), <[email protected]> BOB MCKEE, The British Library Association, London (England), <[email protected]> SIMONE MINGIACCHI, ASI [Agenzia Spaziale Italiana], Roma, <[email protected]> RODOLFO MONTI, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Napoli, <[email protected]> LUCIA NARDI, ANAI [Associazione Nazionale Archivistica Italiana], Roma, <[email protected]> ROBERTA RONDINI, Ministero dell’Interno, Roma, <[email protected]> PAOLA ROSSI, CILEA [Consorzio Interuniversitario per l’Elaborazione Automatica], Segrate (Milano), <[email protected]> ROSA SANNINO, CIRA [Centro Italiano Ricerche Aerospaziali], Capua, <[email protected]> GABRIELLA SCIPIONE, CINECA [Consorzio Interuniversitario per il Calcolo Automatico dell’Italia Nord Orientale], Casalecchio di Reno (Bologna), <[email protected]> AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 237 Collaboratori SAVERIO SODI, Ifnet, Firenze, <[email protected]> ROBERTO STALIO, ASI [Agenzia Spaziale Italiana], Roma, <[email protected]> MASSIMILIANO TOSATO, AIDA [Associazione Italiana per la Documentazione Avanzata], Bologna, <[email protected]> ROBERTO TURCHETTI, FOR.COM [Consorzio interuniversitario per la formazione nella comunicazione], Roma, <[email protected]> EMMA TURNER, Cranfield University, Cranfield (England), <[email protected]> ADRIANA VALENTE, ISPRI – CNR [Istituto di Studi Socio-Economici sull’Innovazione e le Politiche della Ricerca – Consiglio Nazionale delle Ricerche], Roma, <[email protected]> LUCILLA VESPUCCI, Biblioteca del Dipartimento di Matematica “Guido Castelnuovo” – Università degli Studi “La Sapienza”, Roma, <[email protected]> SERGIO VETRELLA, CIRA [Centro Italiano Ricerche Aerospaziali], Capua, e ASI [Agenzia Spaziale Italiana], Roma, <[email protected]> 238 AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 Norme per i collaboratori • La collaborazione ad AIDAinformazioni è libera e gratuita. I contributi sono sottoposti per la pubblicazione al vaglio della redazione che si riserva di chiedere agli autori modifiche e adeguamenti. Il contributo, una volta approvato, dovrà essere inviato in floppy disk in formato RTF, oppure spedito come file RTF allegato ad un messaggio di posta elettronica all’indirizzo: <[email protected]> • L’autore fornirà insieme al contributo due abstract (lunghezza massima dieci righe ciascuno), in lingua inglese e italiana, oltre ad un elenco di parole chiave in italiano. • I diritti d’autore appartengono ad AIDA, che si riserva di diffondere il contenuto della rivista anche in formato elettronico e in rete. • Le note al testo vanno inserite in fondo al contributo e numerate progressivamente. • La forma delle citazioni bibliografiche prevede per le opere a stampa le seguenti forme: Laura Leonardi, La dimensione sociale della globalizzazione. Roma : Carocci, 2001 Paolo Bisogno, L’informazione e i processi di comunicazione scientifica, in Documentazione e utenti: cultura del servizio, marketing, multimedialità. Atti del Convegno Nazionale Aida. Roma 10-12 febbraio 1993, a cura di M. P. Carosella e P. Fratarcangeli. Padova : Mediagraf, 1994, p. 9-14 Gabriele Gatti, Portali di piombo. “AIDAinformazioni”, 19 (2001), n. 1, p. 9-16 Le opere collettanee o comunque dovute a più di tre autori devono essere fatte al titolo; saranno modificate redazionalmente le citazioni che riportano l’espressione «AA.VV.» La citazione da fonti elettroniche, oltre agli altri dati bibliografici, deve includere l’URL nella forma: <http://www.aidaweb.it>, cui va aggiunta la data dell’ultima consultazione in Internet, nella forma anno-mese-giorno (per es. «consultato in data 2002-01-31»). • Eventuali immagini vanno inviate in un file separato, possibilmente in formato JPG; il testo deve contenere la segnalazione relativa al punto preciso nel quale inserire l’immagine. La segreteria di redazione provvederà, a richiesta e solo nei casi in cui l’articolo le sia pervenuto nei tempi prescritti, ad inviare all’autore, esclusivamente via e-mail, l’ultima bozza; se entro 48 ore l’autore non restituisce il messaggio di posta elettronica con le eventuali variazioni, la bozza s’intende confermata. AIDAinformazioni • Anno 20 • aprile–settembre • Numero 2-3/2002 239 pag. 175 Vita dell’Associazione a cura di MASSIMILIANO T OSATO pag. 197 Recensioni a cura di ANNA BALDAZZI pag. 201 Segnalazioni bibliografiche a cura di ANNA BALDAZZI pag. 225 Abstract pag. 231 Collaboratori pag. 237 Numero 2-3/2002 Trimestrale Anno 20 aprile-settembre ISSN: 1121-0095 Nei prossimi numeri: • PAUL OTLET Il trattamento della letteratura scientifica, a cura di ANNA BALDAZZI; traduzione di MARIA PIA CAROSELLA • MARIA PIA CAROSELLA Omaggio dell’AIDA a Jean Meyriat • PAOLA BERBEGLIA La documentazione nei progetti europei: studio del caso • CHIARA BIASIN La lezione accademica: dal documentare al comunicare • ANTONELLA SCHENA Documentare la condizione dell'infanzia e dell'adolescenza • CARLA BASILI Diffusione dell’informazione scientifica: un sistema in evoluzione • CARLA BASILI Cultura dell’informazione in Europa AIDAinformazioni, Rivista di Scienze dell’informazione, è il periodico ufficiale dell’Associazione Italiana per la Documentazione Avanzata (AIDA). Pubblica articoli di carattere professionale sul mondo dell’informazione e delle tecnologie ed aggiorna sulla vita dell’Associazione. Associazione Italiana Documentazione Avanzata Anno 20 – Numero 2-3/2002 Associazione Italiana Documentazione Avanzata Via Cesare de Lollis, 12 I-00185 Roma [email protected] http://www.aidaweb.it Associazione Italiana Documentazione Avanzata AIDAinformazioni Notizie a cura di MARIA PIA CAROSELLA Adriana Valente Documentazione, comunicazione e scienza pag. 5 La biblioteca digitale per la matematica: una sfida finalmente possibile? Lucilla Vespucci Digital Mathematical Library pag. 13 John Ewing Twenty centuries of mathematics: Digitizing and disseminating the past mathematical literature pag. 15 Saverio Sodi Alexandrie: una piattaforma flessibile per conoscenze integrate pag. 27 Dossier Information management e ricerca scientifica: coordinate per documentare l’aerospazio a cura di F ERRUCCIO DIOZZI e ROSA SANNINO pag. 39 Schegge a cura di DOMENICO BOGLIOLO pag. 99 Opinioni • BOB M CKEE, The new information professional: plus ça change, plus c’est la même chose • MARIA PIA CAROSELLA, Livelli di conoscenza: alberi genealogici, numeri di Erdös e gradi di separazione pag. 115 pag. 125 In-formazione – Competenze e professioni emergenti • LUCIA N ARDI, La certificazione in àmbito archivistico: prime esperienze dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana pag. 131 • ROBERTA RONDINI, Il Settore bibliotecario del Ministero dell’Interno pag. 135 • ROBERTO T URCHETTI, I documenti digitali e la Patente europea del computer: note in margine all’alfabetizzazione informatica in Italia e alle relative iniziative comunitarie pag. 139 Manifestazionidopo • DANIELA CANALI, Riflessioni sulla Digital Preservation • MASSIMILIANO T OSATO, Towards Information Society for All – (TISA 2), Berlino, 8-9 marzo 2002 • FLORA BALINO, Verso l’internazionalizzazione della formazione in biblioteconomia e scienze dell’informazione, Parma, 18 marzo 2002 • DOMENICO BOGLIOLO, Ascoltare da vicino il mondo che cambia: imprese, istituzioni e settore non profit di fronte all’opportunità offerta dall’immigrazione qualificata. Gruppo CERFE, Firenze, 30-31 maggio 2002 • MARIA PIA CAROSELLA, Presentazione del volume Archivio della Società Birra Peroni. Inventario, Roma, 5 giugno 2002 • DOMENICO BOGLIOLO, L’informazione giuridica nella formazione del giurista. Tavola rotonda in onore di Vittorio Frosini. ITTIG-CNR, Roma, 19 giugno 2002 pag. 145 pag. 151 pag. 159 pag. 163 pag. 167 pag. 171 segue in quarta di copertina...