Se Angelina diventa Mariane
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Se Angelina diventa Mariane
[CINEMA] DI GIULIA CERQUETI M SE ANGELINA DIVENTA MARIANE La Jolie si è trasformata nella moglie di Daniel Pearl, il giornalista ucciso dai terroristi islamici Qui sopra: Mariane Pearl. A sinistra:la Jolie nei panni della Pearl, che riesce a rendere con grande somiglianza 52 NOVEMBRE 2007 CLUB3 ariane Pearl era incinta di cinque mesi quando, nel 2002, suo marito Daniel Pearl, reporter del Wall Street Journal, venne rapito e ucciso da militanti islamici in Pakistan. Pochi mesi dopo, Mariane, anche lei giornalista, diede alla luce un bambino, Adam. Proprio come il personaggio da lei interpretato sul set, anche Angelina Jolie era in attesa di una bambina, Shiloh Nouvel, nel periodo in cui stava girando le riprese di A mighty heart, dedicato alla vita e all’esperienza di Mariane Pearl (tratto dal libro omonimo scritto dalla vedova del giornalista americano). «Ricordo che ero incinta di sei mesi», racconta l’attrice, «e non potevo neanche immaginare come sarebbe stato non avere il padre di mia figlia al fianco». Mariane e Angelina, due donne e madri forti, coraggiose, impegnate. «La famiglia di Mariane è stata distrutta», dice la Jolie, «ma lei è stata capace di riemergere con dignità. Non si è lasciata accecare dall’odio e dalla paura. È difficile farla parlare del suo dolore, rifiuta l’autocommiserazione. Penso che sia ammirevole». Prima di girare il film, Angelina Jolie e la Pearl si sono incontrate, hanno parlato e discusso. «Conoscere Mariane mi ha aiutato a studiarla e capirla», spiega l’attrice. «Lei non guarda molti film e non è mai venuta sul set durante le riprese. Questo mi ha aiutato a sentirmi più libera, senza il timore di essere controllata o criticata per ogni dettaglio dell’interpretazione». Attrice e mamma di tre figli (una bambina avuta dal compagno Brad Pitt e due adottati), sembra quasi impossibile che Angelina Jolie riesca a gestire la sua vita professionale e familiare con equilibro, senza sacrificare l’una o l’altra. Eppure, pare riuscirci alla perfezione. «Abbiamo una casa a New Orleans ma è come se non ne avessimo alcuna. Abbiamo il privilegio di poter prendere lunghi periodi lontani dal lavoro, o di andare tutti insieme nel luogo dove uno di noi, Brad o io, sta lavorando in un film. Quando ho girato A mighty heart ab씮 CLUB3 53 NOVEMBRE 2007 [CINEMA] Qui sopra: la Jolie con Dan Futterman (nel film è Daniel Pearl). A destra: l’attrice durante le riprese, quando era al quinto mese di gravidanza 씮 biiamo vissuto tutti quanti in India». E aggiunge: «Amo stare con i miei piccoli. Bisogna imparare a programmare, io sono una maniaca pianificatrice. Con Brad vogliamo una famiglia numerosa. Mia madre racconta sempre che quando avevo solo 12 anni già dicevo che avrei voluto adottare dei bambini». Oggi, oltre che come attrice, la Jolie è co- UN OMAGGIO AL CORAGGIO DEI MITI N el 2004, quando il suo libro (Un cuore grande, Sonzogno) uscì in Italia, ebbi la fortuna di incontrare Mariane Pearl. Lei vivace, acuta, solare nonostante la tragedia che l’aveva investita. Interessante, preciso, per nulla scontato o “lamentoso” il libro, uno dei migliori sul tema del terrorismo e dei suoi orrori. Ripubblico qui una parte dell’intervista che allora uscì su Famiglia Cristiana, un piccolo omaggio a una donna eccezionale. 54 NOVEMBRE 2007 CLUB3 «Nei giorni del rapimento», diceva Mariane, «avevo ben chiaro che dovevo essere io a dar forza a tutti gli altri. Se fossi crollata, sarebbero crollati anche loro e per Danny non ci sarebbe stata più speranza. Volevo anche venisse fuori che in una situazione critica, in un Paese difficile come nosciuta per l’instancabile impegno umanitario. «Crescere sentendo di non essere utile agli altri non mi fa dormire tranquilla la notte. Volevo viaggiare, essere una studentessa del mondo. Prima di girare A mighty heart ero già stata in Pakistan tre volte per il mio lavoro con l’Unhcr (Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati). Mi trovavo sul confine tra Pakistan e Afghanistan con i rifugiati afgani, due settimane prima degli attentati dell’11 settembre 2001. Per questo allora ero già ben informata sulla situazione di quella zona. Il mio primo Tomb Raider è stato il primo film girato in Cambogia dalla fine della guerra. Allora non sapevo nulla di campi profughi, e molto poco dell’ex primo ministro birmano Khin Nyut. Credo comunque che la conoscenza passi attraverso l’educazione scolastica. Per questo ho appena finito di produrre un documentario che riguarda la politica estera degli Stati Uniti: presto sarà distribui왎 to nelle scuole americane». il Pakistan, si era formato un gruppo di ebrei, cristiani, musulmani e buddhisti che riuscivano a lavorare insieme per salvare la vita di un uomo buono. Funzionava allora, dovrebbe funzionare sempre». La morte di Danny ha commosso il mondo intero. Perché, secondo lei? «Perché lui era l’uomo più universale che si potesse immaginare. Prendendo lui, i terroristi hanno sbagliato bersaglio in modo clamoroso. Inoltre, era un mite di grande coraggio. Quando i rapitori gli facevano le foto, lui cercava di sorridere. Quando fu costretto a leggere l’ultimo appello prima di essere ucciso, rivelò un particolare dei suoi avi ebrei che i terroristi non potevano conoscere: per rivendicare le origini, la sua identità di uomo. Avevano preso e ucciso il suo corpo ma non il suo spirito». Fulvio Scaglione
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