J - Liceo classico Scaduto
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“Liceo classico Francesco Scaduto” Analisi e contestualizzazione storica del film “Jona che visse nella balena” Di Roberto Faenza A cura di Silvia Greco e Giuliana Pagano Prima di vedere il film: Contestualizzazione Adolf Hitler Adolf Hitler (Braunau am Inn, 20 aprile 1889 – Berlino, 30 aprile 1945) è stato un politico tedesco.Fu Reichskanzler (Cancelliere) dal 1933 e Führer (Guida, Condottiero) della Germania dal 1934 al 1945 (Terzo Reich). Fu il fondatore e leader del Partito Nazional Socialista dei Lavoratori Tedeschi (Nationalsozialistische Deutsche ArbeiterPartei), noto con il nome abbreviato di Partito Nazista. Hitler conquistò il potere cavalcando lo scontento e l'orgoglio ferito del popolo tedesco, a causa della sconfitta nella prima guerra mondiale e della grave crisi economica che affliggeva la Repubblica di Weimar. Sfruttando abilmente la sua oratoria carismatica e facendo leva sull'insoddisfazione delle classi medie, presentò un manifesto politico intriso di nazionalismo, anticomunismo e antisemitismo, e dopo alterne vicende (fallito Putsch nel '23, con conseguenti otto mesi di carcerazione)arrivò alla Cancelleria nel 1933,instaurando la dittatura nel 1934,assumendo anche la carica di capo di stato, dopo la morte del presidente Paul von Hindenburg. Grazie ad un possente ed efficace programma di Ristrutturazione economica e riarmo militare, Hitler perseguì una politica estera estremamente aggressiva,volta ad espandere il Lebensraum (spazio vitale) tedesco a spese delle popolazioni dell'Europa orientale. In un susseguirsi di atti di sfida alla comunità internazionale, giunse ad invadere la Polonia, il 1 settembre del 1939, provocando lo scoppio della seconda guerra mondiale. Hitler fu fautore e responsabile sin dal 1933 di una politica di discriminazione e segregazione degli Ebrei dalla vita sociale ed economica del Paese; politica che dal 1941 si tramutò in un piano d'internamento e sterminio totale ("Soluzione finale") al quale ci si è riferiti sin dall'immediato dopoguerra con il termine di Shoah o Olocausto. Oltre al genocidio degli Ebrei, la "Soluzione finale" prevedeva l'eliminazione di altri gruppi etnici, politici e sociali (Rom, popolazioni slave, omosessuali, comunisti, disabili mentali, minoranze religiose, prigionieri di guerra e oppositori politici).Sconfitto dagli Eserciti alleati, e con le truppe sovietiche ormai penetrate in città, si suicidò nel suo bunker di Berlino il 30 aprile 1945, insieme alla compagna Eva Braun, che aveva sposato poche ore prima. Ci si è a volte chiesti perché Hitler avesse invaso l'URSS lasciando il Regno Unito invitto ad ovest. La risposta è che Hitler aveva due obiettivi preponderanti: creare un Impero orientale per i Tedeschi, e sterminare gli Ebrei. Per Hitler, la guerra contro gli alleati occidentali era solo un necessario preludio alla conquista dell'Europa orientale; qui egli intendeva schiavizzare, deportare o uccidere russi, polacchi e altre popolazioni slave per fare spazio ai coloni tedeschi, un obiettivo allora condiviso da parte dell'opinione pubblica tedesca. L'altro motivo che lo spinse a forzare l'espansione ad Est fu il fatto che L'URSS ospitava la seconda comunità ebraica in Europa dopo la Polonia (3,3 milioni di persone). Gli omicidi di massa degli Ebrei iniziarono con gli Einsatzgruppen, che seguivano le armate tedesche in URSS conducendo fucilazioni di massa attraverso i territori occupati. Durante queste esecuzioni si stima vennero uccisi circa 2 milioni di ebrei. Rimase la questione di cosa fare dei milioni di Ebrei affollati nei ghetti del Governatorato Generale di Polonia. Le prove suggeriscono che, durante l'autunno del 1941, Hitler e Himmler si accordarono in linea di principio sull'eliminazione degli Ebrei deportati attraverso le Camere a Gas. Per facilitare l'attuazione della "Soluzione finale“, si tenne a Wannsee, nei pressi di Berlino, una Conferenza il 20 gennaio del 1942, con la partecipazione di quindici ufficiali superiori del regime, guidati da Reinhard Heydrich e Adolf Eichmann. Le registrazioni della conferenza forniscono la migliore evidenza della pianificazione centrale dell'Olocausto. Tra il 1942 e il 1944 le SS, assistite dai governi collaborazionisti e da personale reclutato nelle nazioni occupate, uccisero in maniera sistematica circa 3,5 milioni di ebrei in sei campi di sterminio localizzati in Polonia: Auschwitz-Birkenau, Belzec, Chelmno, Majdanek, Sobibor e Treblinka. Altri vennero uccisi meno sistematicamente in altri luoghi e in altri modi, o morirono di fame e malattie mentre lavoravano come schiavi. Al tentativo di Genocidio degli Ebrei europei ci si è generalmente riferiti nel dopoguerra con la parola Olocausto, ma più recentemente il termine ebraico Shoah, preferito dagli stessi, è stato adottato dalla comunità internazionale. Altri gruppi etnici, sociali e politici sono stati oggetto di persecuzione e in alcuni casi di sterminio durante la "Soluzione finale". Migliaia di socialisti tedeschi, comunisti e altri oppositori del regime morirono nei campi di concentramento, così come un numero alto ma sconosciuto di omosessuali. I Rom e gli zingari, ugualmente considerati razze inferiori, furono anch'essi internati o uccisi nei campi. Circa tre milioni di soldati sovietici, prigionieri di guerra, morirono nei lager, ridotti alla stregua di schiavi. Tutte le nazioni occupate soffrirono privazioni terribili ed esecuzioni di massa: fino a tre milioni di civili polacchi (non-ebrei) morirono durante l'occupazione. Olocausto: il termine La parola olocausto (dal greco holokauston, che significa letteralmente "tutto bruciato", cioè "rogo sacrificale offerto a Dio"), si riferiva originariamente ai sacrifici che venivano richiesti agli ebrei dalla Torah: si trattava di sacrifici di animali uccisi in maniera rituale e bruciati sull'altare del tempio. Solo in tempi recenti il termine olocausto è stato attribuito a massacri o catastrofi su larga scala. A causa del significato teologico che la parola porta, molti ebrei trovano problematico l'uso di tale termine: viene infatti considerato offensivo dal punto di vista teologico pensare che l'uccisione di milioni di ebrei sia stata una "offerta a Dio"; inoltre il popolo ebraico non è stato "tutto bruciato", perché un suo resto è sopravvissuto al genocidio. Shoa (שואה, traslitterato anche Shoah o Sho'ah), che in lingua ebraica significa "distruzione" (o "desolazione", o "calamità", con il senso di una sciagura improvvisa, inaspettata), è un'altra parola utilizzata per riferirsi all'Olocausto. Questo termine viene usato da molti ebrei e da un numero crescente di non ebrei a causa del disagio legato al significato letterale della parola olocausto. Nonostante ciò è riconosciuto il fatto che la stragrande maggioranza delle persone che usano il termine olocausto non intendono tali implicazioni. L’invasione tedesca in Olanda L'invasione tedesca dell'Olanda iniziò poco dopo la mezzanotte del 9-10 maggio 1940. In due soli giorni di combattimento l'intera area settentrionale del Paese venne occupata. Rotterdam fu pesantemente bombardata. Il comandante dell'esercito olandese Winckelmann comunicò alla regina Guglielmina di non essere più in grado di garantirne l'incolumità. La regina rifiutò di arrendersi e si imbarcò in direzione della Gran Bretagna. Il generale Winkelmann la mattina del 15 giugno firmò la resa nel villaggio di Rjisord vicino ad Amsterdam. Si apriva così uno dei periodi di occupazione tedesca più lunghi e spietati. Fu proprio in Olanda che la macchina di sterminio nazista si dimostrò più efficiente, spietata e metodica. A differenza di quanto accadde infatti in altre nazioni occupate, il gruppo dirigente nazista che si insediò in Olanda si dimostrò capace di lavorare in modo coordinato e continuativo. Non si verificarono spaccature interne e l'azione repressiva non conobbe soste. Mappa dei campi di concentramento e di sterminio Il campo di transito di Westerbork Nel 1939 il governo olandese si trovò a dover far fronte ad un massiccio arrivo di rifugiati ebrei provenienti dalla Germania. Per far fronte ai problemi organizzativi le Autorità allestirono un campo provvisorio per alloggiare i profughi. Nacque così in prossimità del confine con la Germania nella provincia di Drente e vicino al villaggio di Westerbork quello che sarebbe passato alla storia come il più infame tra i campi olandesi. Il campo venne denominato "Campo per Rifugiati di Westerbork" e alla sua direzione venne posto il professor Sysward che aveva in passato amministrato alcune strutture psichiatriche. Nel creare il campo di Westerbork il Governo olandese intendeva porre le basi per un progressivo e rapido inserimento dei rifugiati in Olanda. Il costo dell'installazione venne concordato con il Comitato Ebraico dei Rifugiati che era sorto i Olanda a partire dal 1933. Dal punto di vista strutturale vennero create 50 baracche in grado di ospitare 1.800 persone. Quando i nazisti invasero l'Olanda il 10 maggio 1940 trovarono in Olanda 11.500 immigrati legali e 6.500 immigrati illegali che avevanotrovato rifugio a Westerbork e nei diversi campi minori sparsi per l'Olanda. Ieri…e oggi Bergen Belsen Venne costituito il 22 aprile 1943, nella brughiera di Lunenburg, a nord di Hannover.Originariamente si trattava di una serie di baraccamenti per un campo di lavoro che fu poi abbandonato e trasformato in casermaggio. In seguito, nel 1941, vennero alloggiati qui dei prigionieri di guerra russi, che furono decimati da una terribile epidemia di tifo. Nel 1943 Bergen Belsen divenne un vero Lager, con l'avvento delle SS che inquadravano circa 500 deportati trasferiti da Natzwiller, Struthof e da Buchenwald.Poi anche questi furono sostituiti da altri deportati inadatti al lavoro, che venivano lasciati morire di fame, di inedia.Con l'occupazione dell'Ungheria nel 1944 furono rinchiusi qui un migliaio di ebrei ungheresi, che avevano parenti benestanti all'estero, con l'idea di barattarli con prigionieri di guerra tedeschi che si trovavano nelle mani degli Alleati. Ma sembra che il progetto non abbia mai avuto seguito. Nel frattempo, data la situazione militare, da altri Lager vennero fatti affluire a Bergen Belsen trasporti sempre più frequenti di deportati, soprattutto donne, che vi arrivavano in condizioni indescrivibili. Fu necessario alloggiarle provvisoriamente in grandi tende che furono poi progressivamente sostituite da baracche di legno. Le condizioni igieniche e di convivenza erano insostenibili, soprattutto quando scoppiò ancora una volta un'epidemia di tifo, che non si riusciva a controllare. Dal febbraio 1945 al marzo dello stesso anno morirono 25.165 delle 63.520 deportate; altre 19.000 non erano più in condizioni d'essere salvate neppure dopo la liberazione del campo, avvenuta il 15 aprile 1945. A Bergen Belsen fu deportata e morì pochi giorni prima della liberazione anche Anne Frank, autrice del famoso Diario. Terezin Erano in 15.000: non ne sono sopravvissuti nemmeno 100. Avevano tutti un’età compresa tra i 12 ed i 16 anni.Terezìn fu il maggiore campo di concentramento nazista sul territorio della Cecoslovacchia. Costruito come transito per gli ebrei che dal Protettorato di Boemia e Moravia venivano deportati verso i campi di sterminio dei territori orientali, dalla sua nascita vi furono deportati 150.000 persone, fra le quali 15.000 bambini. La maggior parte trovò la morte nel ghetto stesso o negli altri campi nazisti. Non ci sono immagini forti, non ci sono cumuli di scheletri. Ma i quattromila disegni, come le sessantasei poesie di quelle giovani anime strappate alla vita, hanno senza dubbio lo stesso effetto. Il campo di Terezìn proprio perché di transito, è stato uno dei pochi che prevedeva uno spazio per i bambini. Stesse condizioni igieniche, stessa fame, stesse malattie. Proprio come gli adulti. Stessa Identica sofferenza. Jona che visse nella balena Roberto Faenza Titolo: Jona che visse nella balena Regista: Roberto Faenza Genere: Drammatico Attori principali: Jean- Hugues(Max, il padre di Jona), Juliet Aubrey (Hanna madre di Jona), Francesca De Sapio( Signora Daniel), Djoko Rosic( Signor Daniel),Luke Petterson (Jona a 4 anni), Jenner Del Vecchio (Jona a 7 anni) Sceneggiatura: Filippo Ottoni, Hugh Fleetwood, Roberto Faenza Fotografia: Jànos Kende Musica: Ennio Morricone Data di Produzione: 1993 Durata: 91 minuti Paese di produzione: Francia ,Italia Note particolari: Revisione Ministero Marzo 1993.David di Donatello 1993 per: miglior regia ( Roberto Faenza),migliore musicista (Ennio Morricone), migliore costumista (Elisabetta Beraldo). Il film è tratto dal romanzo autobiografico:”Anni di infanzia. Un bambino nei lager” di Jona Oberski a) Inizio La scena iniziale presenta uno scorcio della città di Amsterdam,accompagnata da una musica di sottofondo che subito evoca i ricordi del protagonista, Jona Oberski. Il piccolo Jona ricorda le volte in cui ascoltava quella stessa canzone e la madre gli raccontava la storia biblica di Jona che visse nella balena.In questo modo lo tranquillizzava: come Jona era riuscito ad uscire dal ventre della balena,così lui non avrebbe mai dovuto avere paura,perché sarebbe sempre riuscito ad uscire dalle situazioni difficili. E proprio da questo riferimento trae spunto il titolo del film. Il racconto continua con la descrizione della situazione politica dell’Olanda del 1942. Le truppe naziste infatti hanno invaso l’Olanda,assoggettandola alle leggi razziali,nonostante i tentativi di opposizione della cittadinanza. Difatti come racconta lo stesso Jona più volte i soldati tedeschi si erano presentati alla loro porta per avvisarli di un imminente deportazione. La vicenda quindi si apre quando il signor Oberski rientra in casa dopo il lavoro, e stranamente non trova la moglie e il figlioletto ad accoglierli a braccia aperte. Infatti la Signora Oberski e il piccolo Jona erano stati catturati dalle truppe naziste, ma grazie al coraggio della madre erano stati subito rilasciati, dal momento che disponevano del visto per la Palestina. Dunque la piccola famiglia riesce a riunirsi e per un po’ di tempo gode di piccole gioie, che presto diventeranno un malinconico ricordo.Si susseguono scene dominate dal sorriso e dalla serenità,come il compleanno del Signor Oberski, trascorso nella più assoluta spensieratezza. Ma le cose cambiano in fretta e le leggi razziali contro gli ebrei sembrano farsi più dure. Il Signor Oberski viene licenziato dal suo lavoro e riuscirà a trovare un nuovo impiego soltanto grazie ad un amico di famiglia, il Signor Daniel. Alla signora Oberski viene negato persino il diritto di comprare gli alimenti e Jona si ritrova vittima di discriminazione razziale da parte di un bambino tedesco che lo chiama“sporco ebreo”. Ma arriva il giorno in cui la famiglia Oberski è costretta a lasciare la propria casa e i propri averi,per essere deportati nel campo di raccolta di Westerbork. Qui la triste realtà comincia a mostrarsi in tutta la sua brutalità e le speranze di giungere in Palestina si allontanano sempre di più, giorno dopo giorno. Nei giorni trascorsi a Westerbork il piccolo Jona frequenta lezioni di canto insieme agli altri bambini, e si rende ben presto conto che quello che lo circonda non è soltanto un brutto sogno, ma realtà. Comincia a chiedersi il perché di ogni triste evento, e le risposte le vede con i propri occhi e le sente con il proprio cuore. Si ritrova così da bimbo piccino e indifeso a dover asciugare le lacrime della mamma, cosciente del terribile destino che li attende. Dopo alcuni giorni vengono riuniti tutti gli ebrei del campo, e si riaccende la speranza di un possibile trasferimento in Palestina. Ma dopo questa scena la storia si interrompe per riprendere poi dopo tre anni. b) Svolgimento La scena è ambientata ora nel campo di concentramento di Bergen Belsen,dove le famiglie erano divise, gli uomini da una parte e le donne e i bambini dall’altra. Jona ha 7 anni ed è rimasto con la madre, ma è stato allontanato dal padre. Nel campo tutti gli ebrei dovevano seguire delle regole ed erano controllati dai Tedeschi. Dovevano svegliarsi al suono di una sirena e vestirsi il più presto possibile, perché i tedeschi dovevano contarli per vedere se erano tutti o se qualcuno era scappato . Ogni mese le guardie li pesavano e se li trovavano troppo magri li eliminavano. Le donne andavano a lavorare la mattina presto e lo stesso i bambini che dovevano togliere il cuoio dalle scarpe delle persone morte; se sbagliavano oppure facevano cadere qualcosa venivano picchiati sulle mani con una frusta, dalla guardia che li sorvegliava. Perché Jona non morisse a causa della denutrizione la madre lo convinse ad andare nella cucina assieme ai ragazzi più grandi per mangiare gli avanzi dei soldati . Infatti il cuoco era una persona buona, e lasciava che i bambini ripulissero le pentole dei soldati. La vita di Jona già alquanto turbata, verrà ulteriormente sconvolta dalla morte del padre. Il medico da le scarpe del padre al figlio così che potesse avvertire la madre dell’avvenimento. La donna raggiunse immediatamente l’infermeria ma era troppo tardi perché il marito era già morto. Il piccolo non pianse,ma traumatizzato tenne tutto il dolore dentro di sé .Dopo la morte del padre Jona cercò di entrare a far parte del gruppo di ragazzi più grandi e per ottenere il titolo di caporale fu sottoposto ad una prova Prima tentò di fare delle pernacchie ad una guardia nazista e per questo fu duramente rimproverato dalla madre. Ma ovviamente Jona non era cosciente della situazione in cui si trovava e come un qualsiasi bambino, vedeva tutto come un gioco,una sfida, dalla quale voleva uscirne vincitore. Entrò infine nell’“osservatorio”(obitorio), e lì osservò il gran numero di cadaveri coperti da lenzuoli bianchi, tra i quali riconobbe quello del cuoco. Si rese però conto con grande amarezza che forse il suo papà non aveva neanche quel lenzuolo bianco. Dopo un paio di mesi alcuni ebrei del campo devono essere trasferiti. Inizia dunque un lungo viaggio durante il quale la mamma di Jona si ammalerà gravemente, perdendo progressivamente le forze. c) Fine Gli ebrei si ritrovano dunque ammassati in dei vagoni, in delle pessime condizioni igieniche. Il viaggio molto lungo viene interrotto a causa del bombardamento aereo da parte dei Russi. A sorvegliare i vagoni rimane solo una guardia nazista che dopo alcuni giorni comincia a mostrare i primi segni di squilibrio mentale. A Jona e alla sua amica Simona viene concesso di prendere dell’acqua fresca dal ruscello e nel mentre il soldato ubriaco e delirante comincia a cantare sotto gli effetti dell’alcool. Nel frattempo arrivano le truppe dei Russi che catturano il soldato nazista e liberano i prigionieri ebrei. Jona e Simona furono ospitati in un villaggio ma la mamma di Jona fu portata in Ospedale. Le sue condizioni precarie erano aggravate da un forte trauma psicologico che non le permettevano più né di sorridere né di amare. Significativa a tal proposito la visita di Jona all’ospedale dove la sua mamma dopo un ulteriore crisi,raccomanderà Simona di prendersi cura di Jona. Nei giorni seguenti Jona verrà a sapere della morte della madre, e si renderà conto di essere rimasto solo. Successivamente Simona partirà e Jona verrà adottato da dei vecchi amici di famiglia,i signori Daniel, che cercheranno in tutti i modi di restituire a Jona la sua infanzia rubata. Il piccolo inizialmente rifiuterà persino di mangiare, e non con poche difficoltà riuscirà a dimenticare tutte le sofferenze subite,e a riconquistare il sorriso. In lui sono ancora vivi i ricordi dei suoi cari genitori e dei tempi felici trascorsi insieme a loro ad Amsterdam. E proprio questo forse gli darà la forza di andare avanti. Dunque il piccolo Jona salì sulla bici, tanto desiderata,e con un grande sorriso cominciò a pedalare. Così finalmente era riuscito ad uscire dalla “balena” che lo teneva prigioniero. Tempo e ambiente -Periodo Storico: 1942-1945,regime nazista, seconda guerra mondiale -Ambienti e luoghi principali: Città di Amsterdam, Westerbork(campo di smistamento), Bergen-Belsen (campo di concentramento). -Arco di tempo in cui si sviluppa la storia: 3 anni (dal 1942 al 1945) Analisi dei personaggi: 1)Jona Jona Oberski, un bimbo innocente,si ritrova vittima di terribili sofferenze. Ha una grande forza d’animo,asciuga le lacrime della mamma e quasi le infonde coraggio. Vede ogni cosa come un gioco,con la mente di un semplice bimbo,anche se lui non si ritiene più un “bimbo piccolo”,forse perché avendo mandato giù bocconi amari come i soprusi dei nazisti e la perdita dei suoi affetti più cari,ha dovuto sempre affrontare la realtà vedendola non con gli occhi di un bambino, ma con gli occhi di un adulto. In diverse scene del film trasmette una grande dolcezza,soprattutto per la sua volontà di voler cambiare la situazione,di voler uscire dal ventre della balena! Hanna Oberski Hanna Oberski,una donna di gran carattere, è costretta a sopportare estreme sofferenze. Cerca di dare speranza al figlioletto,insegnandogli cosa significa amare, e soprattutto ricordandogli che nonostante tutto,non si deve odiare mai nessuno. Dopo la morte del marito si ammalerà gravemente e anche dopo la liberazione le sue condizioni non si stabilizzeranno, e il suo stato mentale peggiorerà progressivamente sino alla morte. Max Oberski Max, è il padre di Jona e con lui ha un rapporto davvero speciale. Quando lo porta con se al lavoro, lo fa divertire anche con semplici gesti,oppure quando lo porta sulle sue spalle o gli insegna le lettere dell’alfabeto ebraico, manifesta sempre un senso di protezione nei suoi confronti. Quando viene allontanato dalla famiglia ne soffre profondamente. Il loro ultimo incontro“clandestino” gli regalerà proprio nel giorno del suo compleanno una gioia immensa, un’ultima occasione per riabbracciare i suoi affetti più cari. Successivamente, stremato dalle fatiche e dalla malattia, morirà proprio sotto gli occhi della sua famiglia. Linguaggio del Film Narratore: interno, è la voce fuoricampo dello stesso protagonista che spesso racconta o commenta le immagini. Il ritmo del montaggio: alternato Recitazione degli attori: naturale Effetti sonori e musica: hanno un ruolo fondamentale perché accompagnano l’intera storia; si susseguono musiche dinamiche e lente a seconda delle scene, che così trasmettono più facilmente le emozioni e le sensazioni provate dai personaggi. Tipo di inquadrature: primi piani, primissimi piani, dettaglio,controcampo. Effetti di luce, colore e musica La scena in cui gli effetti sonori, musicali,di luce e di colore sono complementari è quella in cui Jona con in mano le scarpe del papà deve andare ad avvisare la mamma della sua Imminente morte. Jona però accecato dai raggi del sole,appare disorientato. Continua a correre, cercando un riparo dal sole, cambia direzione ma in realtà gira in tondo e si ritrova sempre davanti all’infermeria, dimentica così di dover avvertire la mamma. In questa scena la luce, il colore e la musica di sottofondo sottolineano lo stato di confusione di Jona, il cui unico pensiero era quello di non voler vedere il padre morire sotto i propri occhi increduli. Gam Gam E' la canzone molto allegra che la maestra insegna a Jona e agli altri bambini nel primo campo di concentramento. Il testo completo dal salmo 13 e': Gam Gam Gam Ki Elech Be Beghe Tzalmavet Lo Lo Lo Ira Ra Ki Atta Immad Traduzione: Anche Se Dovessi Andare Nella Valle Dell'Ombra Della Morte Non Temerò Alcun Male Perché Tu Sei Con Me Scena più significativa Una delle scene forse più toccanti e significative è quella in cui Jona e la sua mamma si recano all’infermeria del campo per fare visita al papà nel giorno del suo compleanno. Max è debole e ammalato, ma la gioia di riavere la sua famiglia accanto gli fa dimenticare qualsiasi dolore, tanto che non esita neanche un minuto di fronte alla richiesta del figlioletto che vuole essere portato sulle sue spalle,proprio come faceva quando era più piccolo.Ma Max non è il papà grande e forte di un tempo,a malapena riesce a stare in piedi e nonostante questo fa cavalcare il suo piccolo Jona sulle sue spalle.Piegato in due,per la mancanza di forze,alla fine cade a terra. Questo estremo gesto di affetto nei confronti del figlio, dimostra dunque come l’amore di una famiglia non conosca limiti. Non c’è nessuna barriera, nessun divieto per un sentimento vero che nasce dal cuore. Significato globale del film Il film, che prende spunto dalla vera storia di Jona Oberski, mostra la tragedia dell’olocausto attraverso lo sguardo innocente di un bimbo. L’ingenuità di Jona,reso vittima di questa tragedia solo perché appartenente alla razza ebraica,ci permette di riflettere ancora di più sull’assurdità delle ragioni che spinsero i nazisti a compiere questo terribile massacro. Lo spettatore è portato infatti a maturare un sentimento di indignazione nei confronti dei responsabili di tali atrocità, e soprattutto si chiede come l’uomo possa essere arrivato fino a questo punto. E oltre a renderci coscienti di tutte le conseguenze dell’olocausto, il film in un misto tra amarezza e dolcezza lascia un messaggio fondamentale e indispensabile per far si che l’uomo non ripeta gli stessi errori del passato. Tale messaggio è racchiuso nelle parole che la mamma di Jona continua a ripetergli, anche in punto di morte: <<Ricordati, Jona, guarda sempre il cielo e non odiare mai nessuno>>. Non dobbiamo quindi lasciarci dominare dalla rabbia e dall’odio e non si deve rispondere alla violenza con altrettanta violenza, ma basta alzare gli occhi verso il cielo per trovare la forza di perdonare anche le più terribili azioni degli uomini,facendo però in modo che esse non si verifichino nuovamente ma rimangano solo un triste ricordo. Il regista: Roberto Faenza Nato a Torino il 21 febbraio 1943, dopo essersi diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia, nel 1968 debutta nella regia con Escalation, dove descrive in chiave grottesca le mille facce del potere.La denuncia e la critica rimangono presenti nel suo cinema successivo e gli procurano grossi guai con la censura. Nel 1978 realizza il film di montaggio Forza Italia!, una satira feroce sul potere politico che ripercorre trent'anni di storia del nostro paese. Nonostante il successo di pubblico, il film viene ritirato dalle sale e resta censurato per oltre quindici anni. Faenza è costretto a lavorare fuori dall'Italia e a New York gira Cop Killer (L'assassino dei poliziotti) (1983), con Harvey Keitel e Nicole Garcia, un thriller su due poliziotti corrotti, tratto da un Romanzo di Hugh Fleetwood 'The Order to Death'. Ma la sua attività non si limita al cinema. Laureato in Scienze politiche, dal 1970 insegna massmediologia presso il Federal City College di Washington e dal 197 è docente dell'Università di Pisa. Dopo Copkiller, per i suoi film continua ad ispirarsi alla letteraratura. Secondo lui infatti, "nessuno scrive meglio degli scrittori, ecco perchè mi sembra naturale rivolgermi a loro per trovare i compagni di viaggio di storie appassionanti". Come quella di Jona che visse nella balena (1993), in cui racconta la tragedia di un bambino olandese ebreo deportato in un campo di concentramento. Con questo film, tratto da'Anni d'infanzia' di Jona Oberski, si aggiudica il David di Donatello come miglior regista (ex-equo con Ricky Tognazzi per La scorta, 1993) e si avvicina al mondo ebraico che ritroverà, per altre coordinate politiche e temporali, in L'amante perduto (1999), girato dopo aver letto 'L'amante', di Abraham B. Yehoshua. Nel frattempo aveva anche girato Sostiene Pereira (1995), dall'omonimo romanzo di Antonio Tabucchi, e Marianna Ucrìa (1997), dall'opera di Dacia Maraini. Filmografia I giorni dell’abbandono(2005): sceneggiatura, regia Alla luce del sole(2005): regia, sceneggiatura Prendimi l’anima(2003) : regia, sceneggiatura L’amante perduto(1999): regia, sceneggiatura Sostiene Pereira (1995): regia, sceneggiatura Jona che visse nella balena (1993): regia, sceneggiatura Mio caro dottor Grasler (1989): regia, sceneggiatura Copkiller (1982): regia, sceneggiatura Si salvi chi vuole (1980): regia Forza Italia! (1977): regia H 2 s (1968): regia, sceneggiatura Escalation (1968): regia, sceneggiatura Marianna Ucria: regia, sceneggiatura Jona Oberski Jona Oberski. Nacque ad Amsterdam e nel 1938 fu rinchiuso in un campo di concentramento assieme ai suoi genitori, solo perché ebrei. Fece la sua prima esperienza letteraria proprio con il libro in questione nel 1977, quindi a molti anni di distanza dagli avvenimenti narrati. Questo perché quest’ esperienza rimase impressa nella sua memoria per tanto tempo e fu riattraversata con l’ausilio di uno psicologo, perché per un bambino come l’autore il mezzo per “continuare a vivere” è la dimenticanza. Dopo la morte di entrambi i genitori, ha vissuto con i suoi genitori adottivi, che l’hanno accolto alla fine della guerra. Oggi è scienziato che lavora in un istituto di fisica nucleare ad Amsterdam. Il libro: Anni d’infanzia Possiamo considerare Anni d’infanzia, un piccolo libro autobiografico, in quanto non narra tutta la biografia dell’autore, bensì solo il periodo compreso tra il 1942 e il 1945. L’intera storia è costellata da riflessioni da parte dell’autore bambino, narra infatti tutti gli orrori del passato inerenti l’occupazione nazista in Olanda tramite il punto di vista di un bambino, visto mediante la “lente” di un bambino. Trama Questa è la storia di un bambino piccolo di nome Jona, che si trova a vivere in un periodo non certo bello di tutta la storia mondiale: il periodo della Seconda Guerra Mondiale, in Olanda; il protagonista passa dalla sicurezza della sua casa di Amsterdam alla precarietà dei campi di sterminio, a causa delle sue origini ebree. Ed è proprio nei campi di concentramento che trascorre la maggior parte della sua infanzia, è costretto a crescere troppo in fretta rispetto a tutti gli altri bambini. L’intera storia è costellata da semplici episodi ricordati come momenti della sua infanzia. Proprio perché ebreo, sin dalla sua nascita era stato educato e abituato a “sognare” il viaggio in Palestina e, durante quest’attesa, Jona vive momenti sia piacevoli, ma per la maggior parte il contrario, come ad esempio: la prima cattura da parte dei soldati, i primi viaggi al buio in vagoni merci più che pieni, il transito al primo campo di concentramento, dove la famiglia può stare ancora insieme, l’arrivo al secondo campo di sterminio, la morte del suo amato papà, le prove di coraggio imposte dai ragazzi più grandi, la liberazione da parte dei Russi ed infine la morte della cara madre. In tutti questi frangenti, l’autore ci spiega come era difficile sopravvivere, crescere e soprattutto non ammalarsi durante quegli anni. L’esclusione dalle scuole Per i bambini il peggiore aspetto della persecuzione consiste nell’umiliante esclusione dalla scuola pubblica che crea in loro dubbi sulla loro appartenenza alla società, rendendoli sempre più coscienti del loro ebraismo, sentendosene spesso orgogliosi. L’inserimento nelle scuole ebraiche favorisce infatti un rafforzamento dell’identità. Studiare in una scuola ebraica, in piena persecuzione significa spesso lottare contro numerosi disagi, dalle sedi fatiscenti alla costante diminuzione del numero di alunni, al cambiamento frequenti degli insegnanti. Un caso particolare è quello dei bambini che frequentano la scuola pubblica sotto falsa identità, che costituisce un sovvertimento della conoscenza di sé e della logica. I nascondigli La ricerca di un nascondiglio non è affatto facile: pochi trovano una sistemazione per tutta la famiglia, mentre i più riescono a ottenere, spesso dopo insistenze e ingenti pagamenti, un posto sicuro per i soli figli. Trovare una sistemazione per un bambino, piuttosto che per una famiglia è più agevole: date le sue piccole dimensioni, un bimbo può essere all’occorrenza nascosto anche dentro a un armadio; richiede meno cibo e ha una personalità più facilmente dominabile; lo si può far passare per un parente, un orfano o un piccolo domestico. La separazione dai propri bambini, affidati talvolta a sconosciuti di cui ci si deve necessariamente fidare, è difficile e dolorosa. Si tratta di scelte combattute nella consapevolezza che dalla decisione giusta può dipendere la vita dei bimbi. Rispetto ai bambini che vengono nascosti, soli o con altre persone estranee, quelli che restano con la famiglia si sentono indubbiamente più al sicuro, e affrontano disagi e difficoltà con maggiore forza d’animo. Essere accanto ai propri cari significa, in qualche modo, mantenere una certa normalità e un legame con la vita precedente. La presenza di persone conosciute con cui si è in confidenza allevia per quanto possibile, i disagi della vita clandestina e permette di mantenere quei minimi rapporti sociali per non impazzire di solitudine. Al contrario i bambini che affrontano da soli i disagi della vita clandestina sono maggiormente indifesi , vulnerabili e infelici Spesso maltrattati con violenze psicologiche dalle persone che li ospitano, in rari casi conducono un’esistenza serena. I bimbi tenuti in case di estranei i quali li hanno voluti per ragioni diverse dalla solidarietà e dalla umana compassione, non di rado sono considerati alla stregua di piccoli domestici che non hanno alcun diritto. I bambini ebrei si adattano alle abitudini della nuova casa e cono indotti o cercano essi stessi di uniformarsi alle mutate condizioni e a reprimere le proprie esigenze, nascondendo gusti e necessità, a volte per riconoscenza, altre volte per timore di risultare sgraditi. La gratitudine indotta o autoimposta verso la famiglia ospite priva i bambini di stabilità emotiva, indebolendo la loro fiducia in se stessi e mortificandone e modificandone la personalità. Profughi Per i fortunati che riescono a trovare rifugio in uno stato neutrale iniziano nuove difficoltà. Gli Esuli sono costretti a sottostare alla disciplina imposta del paese ospite e spesso i fuggiaschi vengono forzati a risiedere in un campo profughi. Le condizioni di vita sono disagiate, con regole rigide e obblighi al lavoro nel campo; vengono soddisfatti i bisogni primari come avere un tetto, un giaciglio e del cibo. I ghetti Il trasferimento nel ghetto sembra dare all’inizio un senso di maggiore protezione. I bambini ebrei ritengono infatti che la concentrazione dei perseguitati dia coesione e forza. Nonostante tale aspetto psicologico appare subito chiato che lo spazio fisico del ghetto è stato scelto dai nazisti in modo daù mortificare il più possibile la popolazione ebraica: collocato di solito nella zona vecchia e diroccata delle città, dove i servizi igienici sono carenti e dove spesso mancano le condutture fognarie e idriche. In molti ghetti i bambini divengono protagonisti attivi di una febbrile attività di contrabbando: per loro è più facile procurarsi cibo nella parte ariana della città e tornare nel ghetto. La deportazione nei lager Preludio della condizione disumana del lager è il trasporto nei Vagoni merci che per le sue modalità vuole essere già una prima forma di selezione e di sterminio dei più deboli: anziani e malati, in particolare, difficilmente giungono vivi a destinazione, dopo giorni senza cibo né acqua. La gran parte dei bambini piccoli viene uccisa all’arrivo nei lager. I bambini ebraici non avevano il diritto di esistere, essendo l’infanzia il futuro di un popolo, che doveva scomparire. Si salvano solo quelli che appaiono più grandi della loro età o se mentono per essere inclusi tra gli adulti idonei al lavoro. Se immessi nel campo, i bambini devono subire le stesse privazioni degli adulti. Nei campi misti di lavoro e di sterminio, i bambini possono essere annoverati tra gli adulti per il lavoro, ma spesso sono tenuti in vita per essere oggetto di atroci esperimenti cosiddetti << medici e scientifici >>, in realtà definibili come efferate crudeltà. I bimbi usati come cavie umane per lo più muoiono, ma se gli esperimenti condotti su di loro non sono prolungati e mortali, in rari casi resistono sino alla liberazione. I bimbi perdono ogni diritto e ogni parvenza dell’infanzia, ormai ridotti ad essere operai schiavi al pari degli adulti, con la differenza che si tratta di creature più indifese degli adulti di fronte al lavoro massacrante, alla violenza, alla fame, alle malattie. Alcuni bambini reagiscono all’orrore e al pericolo di abbrutimento rifugiandosi in un mondo immaginario, lontano dai forni crematori,al di sopra della violenza, magari identificandosi con una stella in cielo. Pochissimi bimbi piccoli sopravvivono,non ci sono pannolini a sufficienza per mantenerli puliti,mancano anche biberon e soprattutto il latte necessario a mantenerli in vita per più di tre mesi. La mortalità è altissima. Molte donne che partoriscono nei lager, quando non sono eliminate con i figli, per evitare che i loro piccoli diventino oggetto di crudeltà preferiscono sopprimerli con le loro stesse mani. Altri neonati ebrei muoiono subito dopo la nascita, a volte insieme alle madri, entrambi troppo deboli per affrontare quella vita disumana. Nell’agosto del 1944, per evitare che donne incinte nascondano il loro stato alla selezione e per non dover compiere accertamenti, la direzione dei lager escogita un inganno: si dice che a tutte le donne in stato interessante verrà assegnato ogni giorno del latte; le donne che si presentano vengono assassinate. I piccoli che si trovano all’interno dei due campi per famiglie, in cui sono raccolti zingari e gli ebrei evacuati da Terezin, vivono meglio dei loro coetanei. Per un certo periodo i bimbi della scuola materna ricevono cibo migliore e possono giocare. Anche nei giochi però i bambini riproducono la mostruosità della loro esperienza, perdono la capacità ludica di una normale infanzia: giocano all’appello, alle selezioni per il gas, alla vita nelle baracche. Alcuni non ricordano nulla del mondo al di fuori del alger perché forse non l’hanno mai neppure visto: si tratta dei cosiddetti <<figli dei lager>>, che a volte non hanno né una lingua né un nome. La liberazione e il ritorno dei bambini Anche chi vive negli ultimi momenti di guerra in una zona occupata dal nazismo, per motivi diversi non gode appieno della liberazione. L’immediato dopoguerra è segnato da un clima di incertezza e di confusione generali. Un ulteriore ma non meno importante aspetto riguarda l’accoglienza ricevuta da parte di quanti non hanno invece subito la persecuzione. Costoro con indifferenza se non addirittura con aperta ostilità, trovano fastidiosa la figura del sopravvissuto, poco consona al clima di ricostruzione del dopoguerra e all’imperativo generale di dimenticare, di lasciare i rancori e i ricordi alle spalle. In pochi casi viene creato un sistema di assistenza psicologica per i sopravvissuti e le persone che si occupano dei bambini ritornati ignorano i loro problemi e i metodi per affrontarli. Di fatto, un reinserimento vero e proprio e una cesura definitiva con il passato non si verificano mai. Innegabili sono i problemi fisici e soprattutto psicologici affliggono i sopravvissuti, riassunti in termini di “vergogna del ricordo” o “vergogna di sopravvivere”o “vergogna di essere umani (poiché proprio l’uomo ha creato il lager e le camere a gas). La memoria dei bambini: La memoria dei bambini si rivela puntuale e accurata non meno di quella adulta, sebbene espressa da una prospettiva diversa: il ricordo è lo strumento per la comprensione del proprio dolore, le cui origini risalgono all’infanzia, e insieme per ripercorrere il proprio processo di crescita. Altre testimonianze: Anna Frank Quando si parla delle persecuzioni naziste contro gli ebrei Olandesi non si può non ricordare una delle vittime più famose dell’Olocausto: Annelies Marie "Anne" Frank, ma più diffusamente conosciuta sotto l'italianizzato Anna Frank (12 giugno 1929 marzo 1945), fu una ragazza ebrea che scrisse un diario mentre si nascondeva con la famiglia dai nazisti, ad Amsterdam, durante la seconda guerra mondiale. La sua famiglia venne tradita ed essi vennero trasportati nei campi di concentramento tedeschi, dove Anna e tutti i suoi familiari furono uccisi, ad eccezione del padre Otto. Dopo la guerra, il suo diario venne pubblicato, rendendola famosa in tutto il mondo.Anna nacque a Francoforte sul Meno, in Germania, seconda figlia di Otto Heinrich Frank (12 maggio 1889- 19 agosto 1980) e di sua moglie Edith Hollander (16 gennaio 1900 - 6 gennaio 1945), proveniente da una famiglia di patrioti tedeschi che prestarono servizio durante la prima Guerra mondiale. Aveva una sorella maggiore, Margot Betti Frank (16 febbraio 1926 - marzo 1945). Lei e la famiglia dovettero spostarsi ad Amsterdam per sfuggire alla persecuzione dei Nazisti. Appena tredicenne, dovette nascondersi con la famiglia nell'Achterhuis, un piccolo spazio a due piani posto sotto i locali della compagnia di Otto. (Questo Achterhuis era situato in un vecchio - ed abbastanza tipico - edificio sul Canale Prinsengracht, nella parte ovest di Amsterdam, a circa un isolato dalla Westerkerk.) La porta dell'Achterhuis era nascosta dietro una libreria. Vissero li dal 9 luglio 1942 al 4 agosto 1944, durante l'occupazione nazista. Nel nascondiglio trovarono rifugio 8 persone: Otto e Edith Frank (i genitori di Anna); la sorella maggiore Margot; il Signor Dussel, un dentista ebreo (vero nome, Fritz Pfeffer); e i coniugi van Daan con il loro figlio Peter (vero cognome, van Pels). Durante quegli anni Anna scrisse un diario, descrivendo con considerevole talento le paure causate dal vivere in clandestinità, i sentimenti per Peter, i conflitti con i genitori, e la sua aspirazione di diventare scrittrice. Dopo più di due anni, una soffiata di un informatore olandese portò la Gestapo al loro nascondiglio. Vennero arrestati dalla Grüne Polizei e il 2 settembre 1944 Anna Frank e la sua famiglia vennero caricati su un treno merci che andava da Westerbork ad Auschwitz, dove giunsero tre giorni dopo. Nel frattempo Miep Gies ed Elly Vossen, due delle persone che si erano prese cura del gruppo durante il periodo passato nel nascondiglio, trovarono il diario e lo misero al sicuro. Anna, Margot ed Edith Frank, i van Pels e Fritz Pfeffer non sopravvissero ai campi di concentramento tedeschi (nel caso di Peter van Pels, alle marce della morte tra un campo e l'altro). Margot e Anna passarono un mese ad Auschwitz-Birkenau e vennero poi spedite a Bergen-Belsen, dove morirono di tifo esantematico nel marzo 1945, poco dopo la liberazione. Solo il padre di Anna sopravvisse ai campi di concentramento (Morì nel 1980). Miep gli diede il diario ed egli lo aggiustò per la pubblicazione con il titolo di Het Achterhuis. Da allora è stato pubblicato in 55 lingue. Bibliografia - Storia della Shoah - Jona Oberski: Anni Di Infanzia - Il diario di Anna Frank Siti: - http://it.wikipedia.org http://www.skuola.net http://www.olokaustos.org http://www.roncalliscuole.it/cineforum - http://www.majorana.org/progetti/shoah - Realizzato da : Silvia Greco & Giuliana Pagano Liceo classico F. Scaduto II°C