J - Liceo classico Scaduto

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J - Liceo classico Scaduto
“Liceo classico Francesco
Scaduto”
Analisi e
contestualizzazione storica
del film
“Jona che visse nella balena”
Di Roberto Faenza
A cura di
Silvia Greco e Giuliana Pagano
Prima di vedere il film:
Contestualizzazione
Adolf Hitler
Adolf Hitler (Braunau am Inn, 20 aprile 1889 – Berlino, 30
aprile 1945) è stato un politico tedesco.Fu Reichskanzler
(Cancelliere) dal 1933 e Führer (Guida, Condottiero) della
Germania dal 1934 al 1945 (Terzo Reich). Fu il fondatore e
leader del Partito Nazional Socialista dei Lavoratori Tedeschi
(Nationalsozialistische Deutsche ArbeiterPartei), noto con il
nome abbreviato di Partito Nazista. Hitler conquistò il potere
cavalcando lo scontento e l'orgoglio ferito del popolo tedesco,
a causa della sconfitta nella prima guerra mondiale e della
grave crisi economica che affliggeva la Repubblica di Weimar.
Sfruttando abilmente la sua oratoria carismatica e facendo leva
sull'insoddisfazione delle classi medie, presentò un manifesto
politico intriso di nazionalismo, anticomunismo e
antisemitismo, e dopo alterne vicende (fallito Putsch nel '23,
con conseguenti otto mesi di
carcerazione)arrivò alla Cancelleria nel
1933,instaurando la dittatura nel
1934,assumendo anche la carica di
capo di stato, dopo la morte del
presidente Paul von Hindenburg. Grazie
ad un possente ed efficace programma di
Ristrutturazione economica e riarmo
militare, Hitler perseguì una politica estera estremamente
aggressiva,volta ad espandere il Lebensraum (spazio vitale)
tedesco a spese delle popolazioni dell'Europa orientale. In un
susseguirsi di atti di sfida alla comunità internazionale, giunse
ad invadere la Polonia, il 1 settembre del 1939, provocando lo
scoppio della seconda guerra mondiale.
Hitler fu fautore e responsabile sin dal 1933 di una politica di
discriminazione e segregazione degli Ebrei dalla vita sociale
ed economica del Paese; politica che dal 1941 si tramutò in un
piano d'internamento e sterminio totale ("Soluzione finale") al
quale ci si è riferiti sin dall'immediato dopoguerra con il
termine di Shoah o Olocausto. Oltre al genocidio degli Ebrei,
la "Soluzione finale" prevedeva l'eliminazione di altri gruppi
etnici, politici e sociali (Rom, popolazioni slave, omosessuali,
comunisti, disabili mentali, minoranze religiose, prigionieri di
guerra e oppositori politici).Sconfitto dagli Eserciti alleati, e
con le truppe sovietiche ormai penetrate in città, si suicidò nel
suo bunker di Berlino il 30 aprile 1945, insieme alla compagna
Eva Braun, che aveva sposato poche ore prima.
Ci si è a volte chiesti perché Hitler avesse invaso l'URSS
lasciando il Regno Unito invitto ad ovest. La risposta è che
Hitler aveva due obiettivi preponderanti: creare un Impero
orientale per i Tedeschi, e sterminare gli Ebrei. Per Hitler, la
guerra contro gli alleati occidentali era solo un necessario
preludio alla conquista dell'Europa orientale; qui egli
intendeva schiavizzare, deportare o uccidere russi, polacchi e
altre popolazioni slave per fare spazio ai coloni tedeschi, un
obiettivo allora condiviso da parte dell'opinione pubblica
tedesca. L'altro motivo che lo spinse a forzare l'espansione ad
Est fu il fatto che L'URSS ospitava la seconda comunità
ebraica in Europa dopo la Polonia (3,3 milioni di persone). Gli
omicidi di massa degli Ebrei iniziarono con gli
Einsatzgruppen, che seguivano le armate tedesche in URSS
conducendo fucilazioni di massa attraverso i territori occupati.
Durante queste esecuzioni si stima vennero uccisi circa 2
milioni di ebrei. Rimase la questione di cosa fare dei milioni di
Ebrei affollati nei ghetti del Governatorato Generale di
Polonia. Le prove suggeriscono che, durante l'autunno del
1941, Hitler e Himmler si accordarono in linea di principio
sull'eliminazione degli Ebrei deportati attraverso le Camere a
Gas. Per facilitare l'attuazione della "Soluzione finale“, si
tenne a Wannsee, nei pressi di Berlino, una Conferenza il 20
gennaio del 1942, con la partecipazione di quindici ufficiali
superiori del regime, guidati da Reinhard Heydrich e Adolf
Eichmann.
Le registrazioni della conferenza forniscono la migliore
evidenza della pianificazione centrale dell'Olocausto. Tra il
1942 e il 1944 le SS, assistite dai governi collaborazionisti e
da personale reclutato nelle nazioni occupate, uccisero in
maniera sistematica circa 3,5 milioni di ebrei in sei campi di
sterminio localizzati in Polonia: Auschwitz-Birkenau, Belzec,
Chelmno, Majdanek, Sobibor e Treblinka. Altri vennero uccisi
meno sistematicamente in altri luoghi e in altri modi, o
morirono di fame e malattie mentre lavoravano come schiavi.
Al tentativo di Genocidio degli Ebrei europei ci si è
generalmente riferiti nel dopoguerra con la parola Olocausto,
ma più recentemente il termine ebraico Shoah, preferito dagli
stessi, è stato adottato dalla comunità internazionale. Altri
gruppi etnici, sociali e politici sono stati oggetto di
persecuzione e in alcuni casi di sterminio durante la
"Soluzione finale". Migliaia di socialisti tedeschi, comunisti e
altri oppositori del regime morirono nei campi di
concentramento, così come un numero alto ma sconosciuto di
omosessuali. I Rom e gli zingari, ugualmente considerati
razze inferiori, furono anch'essi internati o uccisi nei campi.
Circa tre milioni di soldati sovietici, prigionieri di guerra,
morirono nei lager, ridotti alla stregua di schiavi. Tutte le
nazioni occupate soffrirono privazioni terribili ed esecuzioni
di massa: fino a tre milioni di civili polacchi (non-ebrei)
morirono durante l'occupazione.
Olocausto: il termine
La parola olocausto (dal greco holokauston, che significa
letteralmente "tutto bruciato", cioè "rogo sacrificale offerto a
Dio"), si riferiva originariamente ai sacrifici che venivano
richiesti agli ebrei dalla Torah: si trattava di sacrifici di
animali uccisi in maniera rituale e bruciati sull'altare del
tempio. Solo in tempi recenti il termine olocausto è stato
attribuito a massacri o catastrofi su larga scala. A causa del
significato teologico che la parola porta, molti ebrei trovano
problematico l'uso di tale termine: viene infatti considerato
offensivo dal punto di vista teologico pensare che l'uccisione
di milioni di ebrei sia stata una "offerta a Dio"; inoltre il
popolo ebraico non è stato "tutto bruciato", perché un suo resto
è sopravvissuto al genocidio.
Shoa
(‫שואה‬, traslitterato anche Shoah o Sho'ah), che in lingua
ebraica significa "distruzione" (o "desolazione", o "calamità",
con il senso di una sciagura improvvisa, inaspettata), è un'altra
parola utilizzata per riferirsi all'Olocausto. Questo termine
viene usato da molti ebrei e da un numero crescente di non
ebrei a causa del disagio legato al significato letterale della
parola olocausto. Nonostante ciò è riconosciuto il fatto che la
stragrande maggioranza delle persone che usano il termine
olocausto non intendono tali implicazioni.
L’invasione tedesca in Olanda
L'invasione tedesca dell'Olanda iniziò poco dopo la
mezzanotte del 9-10 maggio 1940. In due soli giorni di
combattimento l'intera area settentrionale del Paese venne
occupata. Rotterdam fu pesantemente bombardata. Il
comandante dell'esercito olandese Winckelmann comunicò
alla regina Guglielmina di non essere più in grado di
garantirne l'incolumità. La regina rifiutò di arrendersi e si
imbarcò in direzione della Gran Bretagna. Il generale
Winkelmann la mattina del 15 giugno firmò la resa nel
villaggio di Rjisord vicino ad Amsterdam. Si apriva così uno
dei periodi di occupazione tedesca più lunghi e spietati. Fu
proprio in Olanda che la macchina di sterminio nazista si
dimostrò più efficiente, spietata e metodica.
A differenza di quanto accadde infatti in altre nazioni
occupate, il gruppo dirigente nazista che si insediò in
Olanda si dimostrò capace di lavorare in modo coordinato e
continuativo. Non si verificarono spaccature interne e
l'azione repressiva non conobbe soste.
Mappa dei campi di concentramento
e di sterminio
Il campo di transito di Westerbork
Nel 1939 il governo olandese si trovò a dover far fronte ad un massiccio
arrivo di rifugiati ebrei provenienti dalla Germania. Per far fronte ai
problemi organizzativi le Autorità allestirono un campo provvisorio per
alloggiare i profughi. Nacque così in prossimità del confine con la
Germania nella provincia di Drente e vicino al villaggio di Westerbork
quello che sarebbe passato alla storia come il più infame tra i campi
olandesi. Il campo venne denominato "Campo per Rifugiati di
Westerbork" e alla sua direzione venne posto il professor Sysward che
aveva in passato amministrato alcune strutture psichiatriche. Nel creare il
campo di Westerbork il Governo olandese intendeva porre le basi per un
progressivo e rapido inserimento dei rifugiati in Olanda. Il costo
dell'installazione venne concordato con il Comitato Ebraico dei Rifugiati
che era sorto i Olanda a partire dal 1933. Dal punto di vista strutturale
vennero create 50 baracche in grado di ospitare 1.800 persone. Quando i
nazisti invasero l'Olanda il 10 maggio 1940 trovarono in Olanda 11.500
immigrati legali e 6.500 immigrati illegali che avevanotrovato rifugio a
Westerbork e nei diversi campi minori sparsi per l'Olanda.
Ieri…e oggi
Bergen Belsen
Venne costituito il 22 aprile 1943, nella brughiera di Lunenburg, a nord
di Hannover.Originariamente si trattava di una serie di baraccamenti per
un campo di lavoro che fu poi abbandonato e trasformato in
casermaggio. In seguito, nel 1941, vennero alloggiati qui dei prigionieri
di guerra russi, che furono decimati da una terribile epidemia di tifo. Nel
1943 Bergen Belsen divenne un vero Lager, con l'avvento delle SS che
inquadravano circa 500 deportati trasferiti da Natzwiller, Struthof e da
Buchenwald.Poi anche questi furono sostituiti da altri deportati inadatti
al lavoro, che venivano lasciati morire di fame, di inedia.Con
l'occupazione dell'Ungheria nel 1944 furono rinchiusi qui un migliaio di
ebrei ungheresi, che avevano parenti benestanti all'estero, con l'idea di
barattarli con prigionieri di guerra tedeschi che si trovavano nelle mani
degli Alleati. Ma sembra che il progetto non abbia mai avuto seguito.
Nel frattempo, data la situazione militare, da altri Lager vennero fatti
affluire a Bergen Belsen trasporti sempre più frequenti di deportati,
soprattutto donne, che vi arrivavano in condizioni indescrivibili.
Fu necessario alloggiarle provvisoriamente in grandi tende che furono
poi progressivamente sostituite da baracche di legno. Le condizioni
igieniche e di convivenza erano insostenibili, soprattutto quando scoppiò
ancora una volta un'epidemia di tifo, che non si riusciva a controllare.
Dal febbraio 1945 al marzo dello stesso anno morirono 25.165 delle
63.520 deportate; altre 19.000 non erano più in condizioni d'essere
salvate neppure dopo la liberazione del campo, avvenuta il 15 aprile
1945. A Bergen Belsen fu deportata e morì pochi giorni prima della
liberazione anche Anne Frank, autrice del famoso Diario.
Terezin
Erano in 15.000: non ne sono sopravvissuti nemmeno 100. Avevano tutti
un’età compresa tra i 12 ed i 16 anni.Terezìn fu il maggiore campo di
concentramento nazista sul territorio della Cecoslovacchia. Costruito
come transito per gli ebrei che dal Protettorato di Boemia e Moravia
venivano deportati verso i campi di sterminio dei territori orientali, dalla
sua nascita vi furono deportati 150.000 persone, fra le quali 15.000
bambini. La maggior parte trovò la morte nel ghetto stesso o negli altri
campi nazisti. Non ci sono immagini forti, non ci sono cumuli di
scheletri. Ma i quattromila disegni, come le sessantasei poesie di quelle
giovani anime strappate alla vita, hanno senza dubbio lo stesso effetto. Il
campo di Terezìn proprio perché di transito, è stato uno dei pochi che
prevedeva uno spazio per i bambini. Stesse condizioni igieniche, stessa
fame, stesse malattie. Proprio come gli adulti. Stessa Identica sofferenza.
Jona che
visse nella
balena
Roberto Faenza
Titolo: Jona che visse nella balena
Regista: Roberto Faenza
Genere: Drammatico
Attori principali: Jean- Hugues(Max, il padre di Jona),
Juliet Aubrey (Hanna madre di Jona),
Francesca De Sapio( Signora Daniel),
Djoko Rosic( Signor Daniel),Luke Petterson (Jona a 4 anni),
Jenner Del Vecchio (Jona a 7 anni)
Sceneggiatura: Filippo Ottoni, Hugh Fleetwood, Roberto Faenza
Fotografia: Jànos Kende
Musica: Ennio Morricone
Data di Produzione: 1993
Durata: 91 minuti
Paese di produzione: Francia ,Italia
Note particolari: Revisione Ministero Marzo 1993.David di Donatello 1993 per:
miglior regia ( Roberto Faenza),migliore musicista (Ennio Morricone),
migliore costumista (Elisabetta Beraldo).
Il film è tratto dal romanzo autobiografico:”Anni di infanzia. Un bambino nei
lager” di Jona Oberski
a) Inizio
La scena iniziale presenta uno scorcio della
città di Amsterdam,accompagnata da una
musica di sottofondo che subito evoca i ricordi
del protagonista, Jona Oberski. Il piccolo Jona
ricorda le volte in cui ascoltava quella stessa canzone e la madre gli
raccontava la storia biblica di Jona che visse nella balena.In questo modo
lo tranquillizzava: come Jona era riuscito ad uscire dal ventre della
balena,così lui non avrebbe mai dovuto avere paura,perché sarebbe
sempre riuscito ad uscire dalle situazioni difficili. E proprio da questo
riferimento trae spunto il titolo del film. Il racconto continua con la
descrizione della situazione politica dell’Olanda del 1942. Le truppe
naziste infatti hanno invaso l’Olanda,assoggettandola alle leggi
razziali,nonostante i tentativi di opposizione della cittadinanza. Difatti
come racconta lo stesso Jona più volte i soldati tedeschi si erano
presentati alla loro porta per avvisarli di un imminente deportazione. La
vicenda quindi si apre quando il signor Oberski rientra in casa dopo il
lavoro, e stranamente non trova la moglie e il figlioletto ad accoglierli a
braccia aperte. Infatti la Signora Oberski e il piccolo Jona erano stati
catturati dalle truppe naziste, ma grazie al coraggio della madre erano
stati subito rilasciati, dal momento che disponevano del visto per la
Palestina. Dunque la piccola famiglia riesce a riunirsi e per un po’ di
tempo gode di piccole gioie, che presto diventeranno un malinconico
ricordo.Si susseguono scene dominate dal sorriso e dalla serenità,come il
compleanno del Signor Oberski, trascorso nella
più assoluta spensieratezza. Ma le cose cambiano
in fretta e le leggi razziali contro gli ebrei
sembrano farsi più dure. Il Signor Oberski
viene licenziato dal suo lavoro e riuscirà a trovare
un nuovo impiego soltanto grazie ad un amico di famiglia, il Signor
Daniel. Alla signora Oberski viene negato persino il diritto di comprare
gli alimenti e Jona si ritrova vittima di discriminazione razziale da parte
di un bambino tedesco che lo chiama“sporco ebreo”. Ma arriva il giorno
in cui la famiglia Oberski è costretta a lasciare la propria casa e i propri
averi,per essere deportati nel campo di raccolta di Westerbork. Qui la
triste realtà comincia a mostrarsi in tutta la sua brutalità e le speranze di
giungere in Palestina si allontanano sempre di più, giorno dopo giorno.
Nei giorni trascorsi a Westerbork il piccolo Jona
frequenta lezioni di canto insieme agli altri
bambini, e si rende ben presto conto che quello
che lo circonda non è soltanto un brutto sogno,
ma realtà. Comincia a chiedersi il perché di ogni
triste evento, e le risposte le vede con i propri occhi e le sente con il
proprio cuore. Si ritrova così da bimbo piccino e indifeso a dover
asciugare le lacrime della mamma, cosciente del terribile destino che li
attende. Dopo alcuni giorni vengono riuniti tutti gli ebrei del campo, e si
riaccende la speranza di un possibile trasferimento in Palestina. Ma dopo
questa scena la storia si interrompe per riprendere poi dopo tre anni.
b) Svolgimento
La scena è ambientata ora nel campo di concentramento di Bergen
Belsen,dove le famiglie erano divise, gli uomini da una parte e le donne e
i bambini dall’altra. Jona ha 7 anni ed è rimasto con la madre, ma è stato
allontanato dal padre. Nel campo tutti gli ebrei dovevano seguire delle
regole ed erano controllati dai Tedeschi. Dovevano svegliarsi al suono di
una sirena e vestirsi il più presto possibile, perché i tedeschi dovevano
contarli per vedere se erano tutti o se qualcuno era scappato . Ogni mese
le guardie li pesavano e se li trovavano troppo magri li eliminavano. Le
donne andavano a lavorare la mattina presto e lo stesso i bambini che
dovevano togliere il cuoio dalle scarpe delle persone morte; se
sbagliavano oppure facevano cadere qualcosa venivano picchiati sulle
mani con una frusta, dalla guardia che li sorvegliava. Perché Jona non
morisse a causa della denutrizione la madre lo convinse ad andare nella
cucina assieme ai ragazzi più grandi per mangiare gli avanzi dei soldati .
Infatti il cuoco era una persona buona, e lasciava che i bambini
ripulissero le pentole dei soldati. La vita di Jona già alquanto turbata,
verrà ulteriormente sconvolta dalla morte del padre.
Il medico da le scarpe del padre al figlio così che potesse avvertire la
madre dell’avvenimento. La donna raggiunse immediatamente
l’infermeria ma era troppo tardi perché il marito era già morto. Il piccolo
non pianse,ma traumatizzato tenne tutto il dolore dentro di sé .Dopo la
morte del padre Jona cercò di entrare a far parte del gruppo di ragazzi più
grandi e per ottenere il titolo di caporale fu sottoposto ad una prova
Prima tentò di fare delle pernacchie ad una guardia nazista e per questo
fu duramente rimproverato dalla madre. Ma ovviamente Jona non era
cosciente della situazione in cui si trovava e come un qualsiasi bambino,
vedeva tutto come un gioco,una sfida, dalla quale voleva uscirne
vincitore. Entrò infine nell’“osservatorio”(obitorio), e lì osservò il gran
numero di cadaveri coperti da lenzuoli bianchi, tra i quali riconobbe
quello del cuoco. Si rese però conto con grande amarezza che forse il suo
papà non aveva neanche quel lenzuolo bianco. Dopo un paio di mesi
alcuni ebrei del campo devono essere trasferiti. Inizia dunque un lungo
viaggio durante il quale la mamma di Jona si ammalerà gravemente,
perdendo progressivamente le forze.
c) Fine
Gli ebrei si ritrovano dunque ammassati in dei vagoni, in delle pessime
condizioni igieniche. Il viaggio molto lungo viene interrotto a causa del
bombardamento aereo da parte dei Russi. A sorvegliare i vagoni rimane
solo una guardia nazista che dopo alcuni giorni comincia a mostrare i
primi segni di squilibrio mentale. A Jona e alla sua amica Simona viene
concesso di prendere dell’acqua fresca dal ruscello e nel mentre il
soldato ubriaco e delirante comincia a cantare sotto gli effetti
dell’alcool. Nel frattempo arrivano le truppe dei Russi che catturano il
soldato nazista e liberano i prigionieri ebrei. Jona e Simona furono
ospitati in un villaggio ma la mamma di Jona fu portata in Ospedale. Le
sue condizioni precarie erano aggravate da un forte trauma psicologico
che non le permettevano più né di sorridere né di amare. Significativa a
tal proposito la visita di Jona all’ospedale dove la sua mamma dopo un
ulteriore crisi,raccomanderà Simona di prendersi cura di Jona.
Nei giorni seguenti Jona verrà a sapere della morte della
madre, e si renderà conto di essere rimasto solo.
Successivamente Simona partirà e Jona verrà adottato da dei
vecchi amici di famiglia,i signori Daniel, che cercheranno in
tutti i modi di restituire a Jona la sua infanzia rubata. Il piccolo
inizialmente rifiuterà persino di mangiare, e non con poche
difficoltà riuscirà a dimenticare tutte le sofferenze subite,e a
riconquistare il sorriso. In lui sono ancora vivi i ricordi dei
suoi cari genitori e dei tempi felici trascorsi insieme a loro ad
Amsterdam. E proprio questo forse gli darà la forza di andare
avanti. Dunque il piccolo Jona salì sulla bici, tanto desiderata,e
con un grande sorriso cominciò a pedalare. Così finalmente
era riuscito ad uscire dalla “balena” che lo teneva prigioniero.
Tempo e ambiente
-Periodo Storico: 1942-1945,regime nazista,
seconda guerra mondiale
-Ambienti e luoghi principali:
Città di Amsterdam,
Westerbork(campo di smistamento),
Bergen-Belsen (campo di concentramento).
-Arco di tempo in cui si sviluppa la storia:
3 anni (dal 1942 al 1945)
Analisi dei personaggi:
1)Jona
Jona Oberski, un bimbo innocente,si ritrova vittima di
terribili sofferenze. Ha una grande forza d’animo,asciuga
le lacrime della mamma e quasi le infonde coraggio.
Vede ogni cosa come un gioco,con la mente di un
semplice bimbo,anche se lui non si ritiene più un “bimbo
piccolo”,forse perché avendo mandato giù bocconi amari
come i soprusi dei nazisti e la perdita dei suoi affetti più
cari,ha dovuto sempre affrontare la realtà vedendola non
con gli occhi di un bambino, ma con gli occhi di un
adulto. In diverse scene del film trasmette una grande
dolcezza,soprattutto per la sua volontà di voler cambiare
la situazione,di voler uscire dal ventre della balena!
Hanna Oberski
Hanna Oberski,una donna di gran carattere, è
costretta a sopportare estreme sofferenze. Cerca
di dare speranza al figlioletto,insegnandogli cosa
significa amare, e soprattutto ricordandogli che
nonostante tutto,non si deve odiare mai nessuno.
Dopo la morte del marito si ammalerà
gravemente e anche dopo la liberazione le sue
condizioni non si stabilizzeranno, e il suo stato
mentale peggiorerà progressivamente sino alla
morte.
Max Oberski
Max, è il padre di Jona e con lui ha un rapporto davvero
speciale. Quando lo porta con se al lavoro, lo fa divertire
anche con semplici gesti,oppure quando lo porta sulle
sue spalle o gli insegna le lettere dell’alfabeto ebraico,
manifesta sempre un senso di protezione nei suoi
confronti. Quando viene allontanato dalla famiglia ne
soffre profondamente. Il loro ultimo incontro“clandestino”
gli regalerà proprio nel giorno del suo compleanno una
gioia immensa, un’ultima occasione per riabbracciare i
suoi affetti più cari. Successivamente, stremato dalle
fatiche e dalla malattia, morirà proprio sotto gli occhi
della sua famiglia.
Linguaggio del Film
Narratore: interno, è la voce fuoricampo dello stesso
protagonista che spesso racconta o commenta le
immagini.
Il ritmo del montaggio: alternato
Recitazione degli attori: naturale
Effetti sonori e musica: hanno un ruolo fondamentale
perché accompagnano l’intera storia; si susseguono
musiche dinamiche e lente a seconda delle scene, che
così trasmettono più facilmente le emozioni e le
sensazioni provate dai personaggi.
Tipo di inquadrature: primi piani, primissimi piani,
dettaglio,controcampo.
Effetti di luce, colore e musica
La scena in cui gli effetti sonori, musicali,di luce e di colore
sono complementari è quella in cui Jona con in mano le scarpe
del papà deve andare ad avvisare la mamma della sua
Imminente morte. Jona però accecato dai raggi del sole,appare
disorientato. Continua a correre, cercando un riparo dal sole,
cambia direzione ma in realtà gira in tondo e si ritrova sempre
davanti all’infermeria, dimentica così di dover avvertire la
mamma. In questa scena la luce, il colore e la musica di
sottofondo sottolineano lo stato di confusione di Jona, il
cui unico pensiero era quello di non voler vedere il padre
morire sotto i propri occhi increduli.
Gam Gam
E' la canzone molto allegra che la maestra insegna
a Jona e agli altri bambini nel primo campo di
concentramento. Il testo completo dal salmo 13 e':
Gam Gam Gam Ki Elech
Be Beghe Tzalmavet
Lo Lo Lo Ira Ra
Ki Atta Immad
Traduzione:
Anche Se Dovessi Andare Nella Valle Dell'Ombra Della
Morte Non Temerò Alcun Male Perché Tu Sei Con Me
Scena più significativa
Una delle scene forse più toccanti e significative è quella in
cui Jona e la sua mamma si recano all’infermeria del campo
per fare visita al papà nel giorno del suo compleanno. Max è
debole e ammalato, ma la gioia di riavere la sua famiglia
accanto gli fa dimenticare qualsiasi dolore, tanto che non esita
neanche un minuto di fronte alla richiesta del figlioletto che
vuole essere portato sulle sue spalle,proprio come faceva
quando era più piccolo.Ma Max non è il papà grande e forte di
un tempo,a malapena riesce a stare in piedi e nonostante
questo fa cavalcare il suo piccolo Jona sulle sue spalle.Piegato
in due,per la mancanza di forze,alla fine cade a terra. Questo
estremo gesto di affetto nei confronti del figlio, dimostra
dunque come l’amore di una famiglia non conosca limiti. Non
c’è nessuna barriera, nessun divieto per un sentimento vero
che nasce dal cuore.
Significato globale del film
Il film, che prende spunto dalla vera storia di Jona Oberski,
mostra la tragedia dell’olocausto attraverso lo sguardo
innocente di un bimbo. L’ingenuità di Jona,reso vittima di
questa tragedia solo perché appartenente alla razza ebraica,ci
permette di riflettere ancora di più sull’assurdità delle ragioni
che spinsero i nazisti a compiere questo terribile massacro. Lo
spettatore è portato infatti a maturare un sentimento di
indignazione nei confronti dei responsabili di tali atrocità, e
soprattutto si chiede come l’uomo possa essere arrivato fino a
questo punto. E oltre a renderci coscienti di tutte le
conseguenze dell’olocausto, il film in un misto tra amarezza e
dolcezza lascia un messaggio fondamentale e indispensabile
per far si che l’uomo non ripeta gli stessi errori del passato.
Tale messaggio è racchiuso nelle parole che la mamma di Jona
continua a ripetergli, anche in punto di morte:
<<Ricordati, Jona, guarda
sempre il cielo e non odiare mai
nessuno>>.
Non dobbiamo quindi lasciarci dominare dalla rabbia e
dall’odio e non si deve rispondere alla violenza con
altrettanta violenza, ma basta alzare gli occhi verso il
cielo per trovare la forza di perdonare anche le più
terribili azioni degli uomini,facendo però in modo che
esse non si verifichino nuovamente ma rimangano solo
un triste ricordo.
Il regista: Roberto Faenza
Nato a Torino il 21 febbraio 1943, dopo
essersi diplomato al Centro Sperimentale
di Cinematografia, nel 1968 debutta
nella regia con Escalation, dove
descrive in chiave grottesca le mille
facce del potere.La denuncia e la critica
rimangono presenti nel suo cinema
successivo e gli procurano grossi guai
con la censura. Nel 1978 realizza il film
di montaggio Forza Italia!, una satira
feroce sul potere politico che
ripercorre trent'anni di storia del nostro
paese.
Nonostante il successo di pubblico, il film viene ritirato dalle
sale e resta censurato per oltre quindici anni. Faenza è
costretto a lavorare fuori dall'Italia e a New York gira Cop
Killer (L'assassino dei poliziotti) (1983), con Harvey Keitel e
Nicole Garcia, un thriller su due poliziotti corrotti, tratto da un
Romanzo di Hugh Fleetwood 'The Order to Death'. Ma la sua
attività non si limita al cinema. Laureato in Scienze politiche,
dal 1970 insegna massmediologia presso il Federal City
College di Washington e dal 197 è docente dell'Università di
Pisa. Dopo Copkiller, per i suoi film continua ad ispirarsi alla
letteraratura.
Secondo lui infatti, "nessuno scrive meglio degli scrittori, ecco
perchè mi sembra naturale rivolgermi a loro per trovare i
compagni di viaggio di storie appassionanti". Come quella di
Jona che visse nella balena (1993), in cui racconta la tragedia
di un bambino olandese ebreo deportato in un campo di
concentramento. Con questo film, tratto da'Anni d'infanzia' di
Jona Oberski, si aggiudica il David di Donatello come miglior
regista (ex-equo con Ricky Tognazzi per La scorta, 1993) e si
avvicina al mondo ebraico che ritroverà, per altre coordinate
politiche e temporali, in L'amante perduto (1999), girato
dopo aver letto 'L'amante', di Abraham B. Yehoshua. Nel
frattempo aveva anche girato Sostiene Pereira (1995),
dall'omonimo romanzo di Antonio Tabucchi, e Marianna
Ucrìa (1997), dall'opera di Dacia Maraini.
Filmografia
I giorni dell’abbandono(2005): sceneggiatura, regia
Alla luce del sole(2005): regia, sceneggiatura
Prendimi l’anima(2003) : regia, sceneggiatura
L’amante perduto(1999): regia, sceneggiatura
Sostiene Pereira (1995): regia, sceneggiatura
Jona che visse nella balena (1993): regia, sceneggiatura
Mio caro dottor Grasler (1989): regia, sceneggiatura
Copkiller (1982): regia, sceneggiatura
Si salvi chi vuole (1980): regia
Forza Italia! (1977): regia
H 2 s (1968): regia, sceneggiatura
Escalation (1968): regia, sceneggiatura
Marianna Ucria: regia, sceneggiatura
Jona Oberski
Jona Oberski. Nacque ad Amsterdam e nel 1938 fu rinchiuso
in un campo di concentramento assieme ai suoi genitori, solo
perché ebrei. Fece la sua prima esperienza letteraria proprio
con il libro in questione nel 1977, quindi a molti anni di
distanza dagli avvenimenti narrati. Questo perché quest’
esperienza rimase impressa nella sua memoria per tanto tempo
e fu riattraversata con l’ausilio di uno psicologo, perché per un
bambino come l’autore il mezzo per “continuare a vivere” è la
dimenticanza. Dopo la morte di entrambi i genitori, ha vissuto
con i suoi genitori adottivi, che l’hanno accolto alla fine della
guerra. Oggi è scienziato che lavora in un istituto di fisica
nucleare ad Amsterdam.
Il libro: Anni d’infanzia
Possiamo considerare Anni d’infanzia, un piccolo libro
autobiografico, in quanto non narra tutta la biografia
dell’autore, bensì solo il periodo compreso tra il 1942 e il
1945. L’intera storia è costellata da riflessioni da parte
dell’autore bambino, narra infatti tutti gli orrori del passato
inerenti l’occupazione nazista in Olanda tramite il punto di
vista di un bambino, visto mediante la “lente” di un bambino.
Trama
Questa è la storia di un bambino piccolo di nome Jona,
che si trova a vivere in un periodo non certo bello di
tutta la storia mondiale: il periodo della Seconda Guerra
Mondiale, in Olanda; il protagonista passa dalla sicurezza
della sua casa di Amsterdam alla precarietà dei campi di
sterminio, a causa delle sue origini ebree. Ed è proprio nei
campi di concentramento che trascorre la maggior parte della
sua infanzia, è costretto a crescere troppo in fretta rispetto a
tutti gli altri bambini. L’intera storia è costellata da semplici
episodi ricordati come momenti della sua infanzia. Proprio
perché ebreo, sin dalla sua nascita era stato educato e abituato
a “sognare” il viaggio in Palestina e, durante
quest’attesa, Jona vive momenti sia piacevoli, ma per la
maggior parte il contrario, come ad esempio: la prima cattura
da parte dei soldati, i primi viaggi al buio in vagoni merci più
che pieni, il transito al primo campo di concentramento, dove
la famiglia può stare ancora insieme, l’arrivo al secondo
campo di sterminio, la morte del suo amato papà, le prove di
coraggio imposte dai ragazzi più grandi, la liberazione da parte
dei Russi ed infine la morte della cara madre. In tutti questi
frangenti, l’autore ci spiega come era difficile sopravvivere,
crescere e soprattutto non ammalarsi durante quegli anni.
L’esclusione dalle scuole
Per i bambini il peggiore aspetto della persecuzione consiste
nell’umiliante esclusione dalla scuola pubblica che crea in loro
dubbi sulla loro appartenenza alla società, rendendoli sempre
più coscienti del loro ebraismo, sentendosene spesso
orgogliosi. L’inserimento nelle scuole ebraiche favorisce
infatti un rafforzamento dell’identità. Studiare in una scuola
ebraica, in piena persecuzione significa spesso lottare contro
numerosi disagi, dalle sedi fatiscenti alla costante diminuzione
del numero di alunni, al cambiamento frequenti degli
insegnanti. Un caso particolare è quello dei bambini che
frequentano la scuola pubblica sotto falsa identità, che
costituisce un sovvertimento della conoscenza di sé e della
logica.
I nascondigli
La ricerca di un nascondiglio non è affatto facile: pochi
trovano una sistemazione per tutta la famiglia, mentre i più
riescono a ottenere, spesso dopo insistenze e ingenti
pagamenti, un posto sicuro per i soli figli. Trovare una
sistemazione per un bambino, piuttosto che per una famiglia
è più agevole: date le sue piccole dimensioni, un bimbo può
essere all’occorrenza nascosto anche dentro a un armadio;
richiede meno cibo e ha una personalità più facilmente
dominabile; lo si può far passare per un parente, un orfano o
un piccolo domestico. La separazione dai propri bambini,
affidati talvolta a sconosciuti di cui ci si deve necessariamente
fidare, è difficile e dolorosa. Si tratta di scelte combattute nella
consapevolezza che dalla decisione giusta può dipendere la
vita dei bimbi. Rispetto ai bambini che vengono nascosti, soli
o con altre persone estranee, quelli che restano con la famiglia
si sentono indubbiamente più al sicuro, e affrontano disagi e
difficoltà con maggiore forza d’animo. Essere accanto ai
propri cari significa, in qualche modo, mantenere una certa
normalità e un legame con la vita precedente. La presenza di
persone conosciute con cui si è in confidenza allevia per
quanto possibile, i disagi della vita clandestina e permette di
mantenere quei minimi rapporti sociali per non impazzire di
solitudine. Al contrario i bambini che affrontano da soli i
disagi della vita clandestina sono maggiormente indifesi ,
vulnerabili e infelici
Spesso maltrattati con violenze psicologiche dalle persone che
li ospitano, in rari casi conducono un’esistenza serena. I bimbi
tenuti in case di estranei i quali li hanno voluti per ragioni
diverse dalla solidarietà e dalla umana compassione, non di
rado sono considerati alla stregua di piccoli domestici che non
hanno alcun diritto. I bambini ebrei si adattano alle abitudini
della nuova casa e cono indotti o cercano essi stessi di
uniformarsi alle mutate condizioni e a reprimere le proprie
esigenze, nascondendo gusti e necessità, a volte per
riconoscenza, altre volte per timore di risultare sgraditi. La
gratitudine indotta o autoimposta verso la famiglia ospite
priva i bambini di stabilità emotiva, indebolendo la loro
fiducia in se stessi e mortificandone e modificandone la
personalità.
Profughi
Per i fortunati che riescono a trovare rifugio in uno stato
neutrale iniziano nuove difficoltà. Gli Esuli sono costretti a
sottostare alla disciplina imposta del paese ospite e spesso i
fuggiaschi vengono forzati a risiedere in un campo profughi.
Le condizioni di vita sono disagiate, con regole rigide e
obblighi al lavoro nel campo; vengono soddisfatti i bisogni
primari come avere un tetto, un giaciglio e del cibo.
I ghetti
Il trasferimento nel ghetto sembra dare all’inizio un senso di
maggiore protezione. I bambini ebrei ritengono infatti che la
concentrazione dei perseguitati dia coesione e forza.
Nonostante tale aspetto psicologico appare subito chiato che lo
spazio fisico del ghetto è stato scelto dai nazisti in modo daù
mortificare il più possibile la popolazione ebraica: collocato di
solito nella zona vecchia e diroccata delle città, dove i servizi
igienici sono carenti e dove spesso mancano le condutture
fognarie e idriche. In molti ghetti i bambini divengono
protagonisti attivi di una febbrile attività di contrabbando: per
loro è più facile procurarsi cibo nella parte ariana della città e
tornare nel ghetto.
La deportazione nei lager
Preludio della condizione disumana del lager è il trasporto nei
Vagoni merci che per le sue modalità vuole essere già una
prima forma di selezione e di sterminio dei più deboli: anziani
e malati, in particolare, difficilmente giungono vivi a
destinazione, dopo giorni senza cibo né acqua. La gran parte
dei bambini piccoli viene uccisa all’arrivo nei lager. I bambini
ebraici non avevano il diritto di esistere, essendo l’infanzia il
futuro di un popolo, che doveva scomparire. Si salvano solo
quelli che appaiono più grandi della loro età o se mentono per
essere inclusi tra gli adulti idonei al lavoro. Se immessi nel
campo, i bambini devono subire le stesse privazioni degli
adulti. Nei campi misti di lavoro e di sterminio, i bambini
possono essere annoverati tra gli adulti per il lavoro, ma
spesso sono tenuti in vita per essere oggetto di atroci
esperimenti cosiddetti << medici e scientifici >>, in realtà
definibili come efferate crudeltà. I bimbi usati come cavie
umane per lo più muoiono, ma se gli esperimenti condotti su
di loro non sono prolungati e mortali, in rari casi resistono sino
alla liberazione. I bimbi perdono ogni diritto e ogni parvenza
dell’infanzia, ormai ridotti ad essere operai schiavi al pari
degli adulti, con la differenza che si tratta di creature più
indifese degli adulti di fronte al lavoro massacrante, alla
violenza, alla fame, alle malattie. Alcuni bambini reagiscono
all’orrore e al pericolo di abbrutimento rifugiandosi in un
mondo immaginario, lontano dai forni crematori,al di sopra
della violenza, magari identificandosi con una stella in cielo.
Pochissimi bimbi piccoli sopravvivono,non ci sono pannolini a
sufficienza per mantenerli puliti,mancano anche biberon e
soprattutto il latte necessario a mantenerli in vita per più di tre
mesi. La mortalità è altissima. Molte donne che partoriscono
nei lager, quando non sono eliminate con i figli, per evitare
che i loro piccoli diventino oggetto di crudeltà preferiscono
sopprimerli con le loro stesse mani. Altri neonati ebrei
muoiono subito dopo la nascita, a volte insieme alle madri,
entrambi troppo deboli per affrontare quella vita disumana.
Nell’agosto del 1944, per evitare che donne incinte
nascondano il loro stato alla selezione e per non dover
compiere accertamenti, la direzione dei lager escogita un
inganno: si dice che a tutte le donne in stato interessante verrà
assegnato ogni giorno del latte; le donne che si presentano
vengono assassinate. I piccoli che si trovano all’interno dei
due campi per famiglie, in cui sono raccolti zingari e gli ebrei
evacuati da Terezin, vivono meglio dei loro coetanei. Per un
certo periodo i bimbi della scuola materna ricevono cibo
migliore e possono giocare. Anche nei giochi però i bambini
riproducono la mostruosità della loro esperienza, perdono la
capacità ludica di una normale infanzia: giocano all’appello,
alle selezioni per il gas, alla vita nelle baracche. Alcuni non
ricordano nulla del mondo al di fuori del alger perché forse
non l’hanno mai neppure visto: si tratta dei cosiddetti <<figli
dei lager>>, che a volte non hanno né una lingua né un nome.
La liberazione e il ritorno dei bambini
Anche chi vive negli ultimi momenti di guerra in una zona
occupata dal nazismo, per motivi diversi non gode appieno
della liberazione. L’immediato dopoguerra è segnato da un
clima di incertezza e di confusione generali. Un ulteriore ma
non meno importante aspetto riguarda l’accoglienza ricevuta
da parte di quanti non hanno invece subito la persecuzione.
Costoro con indifferenza se non addirittura con aperta ostilità,
trovano fastidiosa la figura del sopravvissuto, poco consona al
clima di ricostruzione del dopoguerra e all’imperativo
generale di dimenticare, di lasciare i rancori e i ricordi alle
spalle. In pochi casi viene creato un sistema di assistenza
psicologica per i sopravvissuti e le persone che si occupano
dei bambini ritornati ignorano i loro problemi e i metodi per
affrontarli. Di fatto, un reinserimento vero e proprio e una
cesura definitiva con il passato non si verificano mai.
Innegabili sono i problemi fisici e soprattutto psicologici
affliggono i sopravvissuti, riassunti in termini di “vergogna del
ricordo” o “vergogna di sopravvivere”o “vergogna di essere
umani (poiché proprio l’uomo ha creato il lager e le camere a
gas).
La memoria dei bambini:
La memoria dei bambini si rivela puntuale e accurata non
meno di quella adulta, sebbene espressa da una prospettiva
diversa: il ricordo è lo strumento per la comprensione del
proprio dolore, le cui origini risalgono all’infanzia, e insieme
per ripercorrere il proprio processo di crescita.
Altre testimonianze: Anna Frank
Quando si parla delle persecuzioni naziste contro
gli ebrei Olandesi non si può non ricordare una
delle vittime più famose dell’Olocausto:
Annelies Marie "Anne" Frank, ma più diffusamente
conosciuta sotto l'italianizzato Anna Frank (12 giugno 1929
marzo 1945), fu una ragazza ebrea che scrisse un diario
mentre si nascondeva con la famiglia dai nazisti, ad
Amsterdam, durante la seconda guerra mondiale. La sua
famiglia venne tradita ed essi vennero trasportati nei campi di
concentramento tedeschi, dove Anna e tutti i suoi familiari
furono uccisi, ad eccezione del padre Otto. Dopo la guerra, il
suo diario venne pubblicato, rendendola famosa in tutto il
mondo.Anna nacque a Francoforte sul Meno, in Germania,
seconda figlia di Otto Heinrich Frank (12 maggio
1889- 19 agosto 1980) e di sua moglie Edith Hollander (16
gennaio 1900 - 6 gennaio 1945), proveniente da una famiglia
di patrioti tedeschi che prestarono servizio durante la prima
Guerra mondiale. Aveva una sorella maggiore, Margot Betti
Frank (16 febbraio 1926 - marzo 1945). Lei e la famiglia
dovettero spostarsi ad Amsterdam per sfuggire alla
persecuzione dei Nazisti. Appena tredicenne, dovette
nascondersi con la famiglia nell'Achterhuis, un piccolo spazio
a due piani posto sotto i locali della compagnia di Otto.
(Questo Achterhuis era situato in un vecchio - ed abbastanza
tipico - edificio sul Canale Prinsengracht, nella parte ovest di
Amsterdam, a circa un isolato dalla Westerkerk.) La porta
dell'Achterhuis era nascosta dietro una libreria. Vissero li dal 9
luglio 1942 al 4 agosto 1944, durante l'occupazione nazista.
Nel nascondiglio trovarono rifugio 8 persone: Otto e Edith
Frank (i genitori di Anna); la sorella maggiore Margot; il
Signor Dussel, un dentista ebreo (vero nome, Fritz Pfeffer); e i
coniugi van Daan con il loro figlio Peter (vero cognome, van
Pels). Durante quegli anni Anna scrisse un diario, descrivendo
con considerevole talento le paure causate dal vivere in
clandestinità, i sentimenti per Peter, i conflitti con i genitori, e
la sua aspirazione di diventare scrittrice. Dopo più di due anni,
una soffiata di un informatore olandese portò la Gestapo al
loro nascondiglio. Vennero arrestati dalla Grüne Polizei e il 2
settembre 1944 Anna Frank e la sua famiglia vennero caricati
su un treno merci che andava da Westerbork ad Auschwitz,
dove giunsero tre giorni dopo. Nel frattempo Miep Gies ed
Elly Vossen, due delle persone che si erano prese cura del
gruppo durante il periodo passato nel nascondiglio, trovarono
il diario e lo misero al sicuro.
Anna, Margot ed Edith Frank, i van Pels e Fritz Pfeffer non
sopravvissero ai campi di concentramento tedeschi (nel caso di
Peter van Pels, alle marce della morte tra un campo e l'altro).
Margot e Anna passarono un mese ad Auschwitz-Birkenau e
vennero poi spedite a Bergen-Belsen, dove morirono di tifo
esantematico nel marzo 1945, poco dopo la liberazione. Solo il
padre di Anna sopravvisse ai campi di concentramento (Morì
nel 1980). Miep gli diede il diario ed egli lo aggiustò per la
pubblicazione con il titolo di Het Achterhuis. Da allora è stato
pubblicato in 55 lingue.
Bibliografia
- Storia della Shoah
- Jona Oberski: Anni Di Infanzia
- Il diario di Anna Frank
Siti:
-
http://it.wikipedia.org
http://www.skuola.net
http://www.olokaustos.org
http://www.roncalliscuole.it/cineforum
-
http://www.majorana.org/progetti/shoah
-
Realizzato da :
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&
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Liceo classico
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