Studio delle frequenze di emissione gravitazionale da stelle di

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Studio delle frequenze di emissione gravitazionale da stelle di
Studio delle frequenze di emissione gravitazionale
da stelle di neutroni in relazione all'equazione di
stato
Emanuele Berti
Indice
Introduzione
1
1 Stelle di neutroni: struttura di equilibrio e stabilita
1.1 Ordini di grandezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 Denizione dell'equazione di stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3 Le equazioni di Oppenheimer{Volko: derivazione dalle equazioni di
campo e principali proprieta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3.1 La soluzione di Schwarzschild . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4 Stabilita radiale in relativita generale . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2 Modelli per l'equazione di stato
2.1 I modelli piu semplici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.1.1 Gas degenere di neutroni non interagenti . . . . . .
2.1.2 L'equazione di stato di Harrison{Wheeler . . . . .
2.2 Equazioni di stato al di sotto della densita nucleare . . . .
2.2.1 L'equazione di stato di Feynman-Metropolis-Teller
2.2.2 L'equazione di stato di Baym-Pethick-Sutherland .
2.2.3 L'equazione di stato di Baym-Bethe-Pethick . . . .
2.3 Equazioni di stato a densita supranucleari . . . . . . . . .
I
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2.3.1 Richiami sull'interazione nucleone-nucleone . . . . .
2.3.2 Confronto con i dati sperimentali . . . . . . . . . .
2.3.3 Quattro modelli per l'equazione di stato . . . . . .
2.4 Eetti dell'equazione di stato sulla struttura di equilibrio
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78
3 Oscillazioni non{radiali di una stella in relativita generale: i modi
assiali e il metodo delle risonanze
82
3.1 Le perturbazioni assiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
3.1.1 Il caso di densita costante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
3.2 Il metodo delle risonanze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
4 Il metodo delle frazioni continue per il calcolo delle frequenze dei
modi w
94
4.1 Ricerca dei modi quasi-normali per i buchi neri di Schwarzschild . . . 97
4.2 Calcolo delle frequenze dei modi di una metrica di Schwarzschild con
il metodo delle frazioni continue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
4.3 Riadattamento al caso delle perturbazioni stellari . . . . . . . . . . . 112
4.4 Calcolo delle frequenze dei modi w per le stelle con il metodo delle
frazioni continue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120
5 Discussione dei risultati
124
5.1 Risultati per stelle a densita costante . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
5.2 Limite newtoniano e modello di Andersson . . . . . . . . . . . . . . . 131
5.3 Risultati per le varie equazioni di stato e relazioni empiriche . . . . . 135
Conclusioni
149
A Nozioni fondamentali sulle frazioni continue
II
152
A.1
A.2
A.3
A.4
Denizione di una frazione continua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152
Relazioni di ricorrenza fondamentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153
Due semplici metodi di calcolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154
L'algoritmo di Gautschi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155
A.4.1 Connessione tra frazioni continue e serie . . . . . . . . . . . . 155
A.4.2 Trasformazioni di equivalenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . 158
A.5 Derivazione dell'algoritmo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159
A.6 Soluzioni minimali di una relazione di ricorsione a tre termini . . . . 160
A.7 Relazione tra frazioni continue e relazioni di ricorsione a tre termini:
il teorema di Pincherle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161
B Equazioni d'onda sferoidali generalizzate
165
C Sviluppi in serie vicino al centro della stella
170
D Dettagli tecnici sui programmi
176
E Stabilita radiale
179
Bibliograa
184
C.1 Un caso particolare: quello politropico . . . . . . . . . . . . . . . . . 174
D.1 Interpolazioni polinomiali e derivazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 176
D.2 Dettagli sul calcolo delle frequenze dei modi w . . . . . . . . . . . . . 177
E.1 Derivazione dell'equazione di Oppenheimer{Volko da un principio
variazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179
E.2 Comportamento \critico" della massa{energia . . . . . . . . . . . . . 182
III
Introduzione
Le stelle di neutroni sono oggetti tra i piu strani ed \estremi" esistenti in natura, e
proprio per questo costituiscono uno dei piu interessanti laboratori naturali a nostra
disposizione. Le prime congetture teoriche sulla loro esistenza furono probabilmente
fatte da Landau durante una discussione con Bohr e Rosenfeld, che si sarebbe svolta,
secondo quest'ultimo ([105]), il giorno stesso in cui giunse a Copenhagen la notizia
della scoperta del neutrone, fatta a Cambridge da parte di Chadwick. Il primo
lavoro pubblicato in cui sia possibile rintracciare l'idea di oggetti di grande densita
e piccolo raggio, tenuti insieme da una forte attrazione gravitazionale, si deve pero
a Baade e Zwicky ([15]), i quali avanzarono, con enorme anticipo sulle osservazioni,
l'ipotesi che questi oggetti potessero formarsi come conseguenza dell'esplosione di
supernovae 1.
Fino alla ne degli anni Sessanta le stelle di neutroni continuarono a essere
poco piu di una curiosita teorica. Nel 1939 il lavoro pionieristico di Oppenheimer e
Volko ([92]), che per primi calcolarono le proprieta della struttura di equilibrio di
una stella costituita da neutroni non interagenti usando la relativita generale, rivelo
che oggetti stabili con massa superiore a un valore critico dell'ordine di grandezza
della massa solare M non potevano esistere.
1 \With all reserve we advance the view that supernovae represent the transitions from ordinary
stars into neutron stars, which in their nal stages consist of extremely closely packed neutrons."
1
Questa idea fu ripresa ed approfondita da Wheeler e collaboratori negli anni
Cinquanta e Sessanta. Un eccellente riassunto del loro lavoro, in cui fu chiarito il
legame tra il limite di massa di Oppenheimer{Volko e il concetto di \massa critica"
introdotto da Chandrasekhar per le nane bianche all'inizio degli anni Trenta, si puo
trovare nel libro di Harrison-Thorne-Wakano-Wheeler ([61]).
Essenzialmente, Wheeler e i suoi collaboratori compresero che le nane bianche e
le stelle di neutroni erano due dei possibili stadi nali dell'evoluzione stellare. Se
una stella che termina il proprio combustibile nucleare possa dar luogo a oggetti
stellari non appartenenti a queste due famiglie e ancora oggetto di discussione (in
proposito, cfr. il recentissimo lavoro di Glendenning et al. [57]). Queste stelle
\morte" si possono trattare nell'approssimazione di temperatura nulla, cioe come
se fossero costituite (per usare la terminologia di Wheeler) da \materia fredda,
catalizzata al punto nale dell'evoluzione termonucleare". La sica del problema e
dunque riconducibile a una domanda di per se' molto interessante: qual e lo stato
fondamentale della materia a una data densita di energia ?
Rispondere a questa domanda equivale a conoscere l'equazione di stato della
materia a temperatura zero, ovvero la relazione tra pressione e densita di energia. Se potessimo utilizzare la QCD, oggi ritenuta la teoria \fondamentale" delle
interazioni forti, per spiegare quantitativamente la struttura nucleare, il problema
sarebbe risolto. Non e questo il caso, per cui si deve ancora ricorrere a modelli semifenomenologici. Attualmente si e raggiunto un buon accordo solo sull'andamento
dell'equazione di stato a densita non troppo elevate, tipicamente a densita subnucleari (cioe inferiori a quella di saturazione delle forze nucleari, nucl 2 1014 g
cm 3).
Nel 1967 un gruppo di astronomi di Cambridge guidato da Anthony Hewish ([62])
scopri l'esistenza di oggetti che emettevano impulsi periodici di onde radio. Questa
2
scoperta avrebbe avuto conseguenze fondamentali sulla ricerca in campo astrosico,
e il suo signicato fu ben messo in luce dall'attribuzione del premio Nobel ad Hewish
nel 1974. Si trattava della prima pulsar.
Tale scoperta non giungeva del tutto inattesa. Hoyle et al. ([63]) avevano gia
ipotizzato nel 1964 che le stelle di neutroni formate, come predetto da Baade e
Zwicky ([15]), durante un'esplosione di supernova, dovessero ruotare velocemente
nella prima fase della loro esistenza, e avere forti campi magnetici associati. Nel
1942 Duyvendak ([47]), Mayall e Oort ([85]) avevano dedotto che la nebulosa del
Granchio andava interpretata come una traccia dell'esplosione di supernova osservata dagli astronomi cinesi nel 1054; quasi immediatamente Baade ([14]) e Minkowski
([87]) avevano ipotizzato che la south preceding star al centro di questa nebulosa fosse quanto restava (probabilmente un oggetto collassato) dell'esplosione stellare osservata quasi mille anni prima; inne Wheeler ([124]) aveva proposto, nel
1966, che la fonte di energia della nebulosa del Granchio potesse essere una stella di
neutroni rotante.
La scoperta di Hewish getto nuova luce su queste congetture. Gold ([58]) mostro
per primo che un modello basato su una stella di neutroni rotante, con un campo
magnetico alla supercie di 1012 G, poteva render conto di molte delle caratteristiche osservate dal gruppo di Cambridge, e in particolare della notevole stabilita del
periodo delle pulsazioni. Il suo modello prevedeva anche che, a causa della lenta
perdita di energia rotazionale, il periodo della pulsar dovesse crescere leggermente
nel tempo. Nel 1969 Cocke, Disney e Taylor ([41]) scoprirono poi che una pulsar
era eettivamente contenuta nella nebulosa del Granchio e che il suo periodo cresceva come previsto da Gold, il quale mostro ([59]) che l'energia persa era appunto
quella necessaria a giusticare l'idea precedente di Wheeler. La connessione tra supernovae, pulsar e stelle di neutroni era cosi denitivamente stabilita. Le stelle di
3
neutroni uscivano dall'ambito delle speculazioni teoriche per entrare a pieno titolo
nell'astrosica sperimentale.
Non a caso, nei primi anni Settanta il lavoro teorico sull'equazione di stato ad alte
densita divenne molto piu intenso, tanto che si rese necessario compilare un catalogo
dei vari modelli (Arnett e Bowers, [12]). Tali modelli, anche se datati, vengono ancor
oggi utilizzati in letteratura, principalmente per la possibilita di un confronto con le
pubblicazioni degli anni passati. C'e pero anche una ragione sica. Le equazioni di
stato vengono spesso caratterizzate dalla loro rigidita (o stiness): quanto piu rigida
e l'equazione di stato, tanto piu forte e il core repulsivo dell'interazione nucleare,
e dunque maggiore la massa che una stella puo avere all'equilibrio senza collassare
per eetto dell'attrazione gravitazionale. Ai ni della distinzione a grandi linee tra i
vari modelli, gia i lavori degli anni Settanta sono sucienti a coprire un ragionevole
intervallo di rigidita.
L'astronomia ai raggi X si e rivelata, nel corso degli anni, insuciente a determinare in dettaglio le proprieta delle stelle di neutroni. Le attuali tecniche osservative
non consentono di stimare il raggio e la massa di questi oggetti con suciente accuratezza, tanto che le misure di questo tipo sono ancora oggi poche e non conclusive
(cfr. ad esempio Van Kerkwijk et al., [119]; Finn, [52]; Casares et al., [30]). Di
riesso, anche l'interesse verso la costruzione di modelli realistici per l'equazione di
stato ad alte densita e un po' diminuito.
Piu recentemente il quadro generale sopra esposto e radicalmente cambiato. Da
un lato sono stati elaborati metodi di calcolo a molti corpi piu sosticati, ed e
migliorata, grazie soprattutto all'imponente lavoro di riorganizzazione dei dati di
scattering tra nucleoni fatto dal gruppo di Nijmegen ([113]), la conoscenza dell'interazione nucleare. Dall'altro, la prima verica sperimentale, seppure indiretta, dell'esistenza delle onde gravitazionali, per la quale nel 1993 e stato conferito il premio
4
Nobel a Hulse e Taylor, ha dato nuovo vigore alla ricerca in questo campo, con lo
sviluppo di rivelatori particolarmente sensibili. Interessanti rassegne sui rivelatori e
sulle sorgenti astrosiche di onde gravitazionali sono state scritte da Thorne ([115]),
Flanagan ([53]) e Schutz ([109]). Alcuni di questi rivelatori stanno gia raccogliendo
dati, mentre altri dovrebbero entrare in funzione nei prossimi anni.
Quando diverra realta, la rivelazione delle onde gravitazionali aprira certamente
una nuova nestra sull'universo, cosi come e accaduto in passato, per esempio, per
la radioastronomia. In vista di questa possibilita e necessario uno sforzo teorico per
capire quali siano le caratteristiche dei segnali che si spera di poter rivelare, e quali
informazioni tali segnali possano fornire sulla loro sorgente.
Lo scopo di questa tesi e di esplorare la possibilita di risalire alle caratteristiche
delle stelle di neutroni (raggio, massa ed eventualmente equazione di stato) dallo
studio delle frequenze a cui queste emettono onde gravitazionali. Si tratta di un'idea
eccitante, perche potrebbe consentire di far luce su alcuni aspetti della sica delle
alte densita di energia sfruttando appunto dei \laboratori naturali". Perche l'idea
acquisti maggiore concretezza bisogna pero stabilire i nessi tra il segnale gravitazionale emesso e l'oggetto sico che lo genera: in altri termini, si tratta di porre le basi
per una astrosismologia con onde gravitazionali.
Noi considereremo modelli di stelle non rotanti, costituite da un uido perfetto, e ne determineremo le frequenze di oscillazione e di emissione gravitazionale
studiando le perturbazioni adiabatiche (nel senso che i cambiamenti nella pressione
e nella densita di energia avvengono senza dissipazione) a cui le loro congurazioni
di equilibrio possono essere soggette.
Le situazioni astrosiche per cui il nostro studio ha interesse sono diverse. Una
stella puo essere perturbata, per esempio, da una massa piu piccola che le orbita
attorno o cade sulla sua supercie. Eventi di natura esplosiva cui e associata l'emis5
sione di -ray bursts e X-ray bursts osservati di recente perturbano certamente la
stella compatta che ne e sorgente, e la cui dinamica si puo desumere in parte dalle
osservazioni. O ancora, una stella formatasi in seguito a un collasso gravitazionale e
certamente soggetta a oscillazioni, ed emette energia meccanica sotto forma di onde
gravitazionali le cui frequenze, forme d'onda e spettri vanno studiate al ne di una
loro possibile rivelazione.
La base per questo studio e costituita dalla teoria delle perturbazioni stellari non
radiali in relativita generale (per una rassegna sull'argomento cfr., ad esempio, [49]),
il cui sviluppo inizio con il lavoro pionieristico di Thorne e Campolattaro ([117]) del
1967.
La teoria della relativita generale prevede che una stella soggetta a oscillazioni
non radiali emetta onde gravitazionali. Quando viene perturbata da un agente
esterno la stella, dopo un transiente che dipende dalla causa della perturbazione,
comincia a oscillare a certe frequenze caratteristiche. In generale tali frequenze
sono complesse, e la loro parte immaginaria e l'inverso del tempo di decadimento
dell'oscillazione, dovuta alla perdita di energia meccanica tramite emissione di onde
gravitazionali. La determinazione di queste frequenze caratteristiche di oscillazione,
autofrequenze dei cosiddetti "modi quasi{normali", e dunque uno degli scopi
principali dello studio delle perturbazioni stellari.
Nel lavoro di Thorne e Campolattaro furono considerate delle piccole perturbazioni sulle variabili che descrivono il uido e sulla metrica (generalizzazione del
potenziale gravitazionale). Dato che tali perturbazioni sono piccole, si puo fare uno
sviluppo in serie e linearizzare le equazioni di Einstein e le equazioni dell'idrodinamica per il uido che costituisce la stella. Le perturbazioni della metrica e delle
variabili termodinamiche vengono poi sviluppate in armoniche sferiche tensoriali, al
ne di separare nelle equazioni la dipendenza angolare da quella radiale e tempora6
le, ed espanse in serie di Fourier nella variabile temporale. In questo procedimento,
come nella scelta della gauge, Thorne e Campolattaro seguirono il modello di un
precedente lavoro di Regge e Wheeler ([103]) sulle perturbazioni dei buchi neri.
Essi dimostrarono che il sistema di equazioni risultante si divide in due set distinti: quello assiale e quello polare. Nel caso polare le perturbazioni del campo
gravitazionale sono accoppiate con quelle delle variabili termodinamiche in un sistema di equazioni dierenziali; si tratta di una generalizzazione delle perturbazioni
stellari mareali gia studiate in teoria newtoniana, anche se in quel caso non c'e ovviamente emissione di onde gravitazionali. Le perturbazioni assiali, invece, coinvolgono
il solo campo gravitazionale, e non eccitano pulsazioni nel uido, ma piuttosto ne
provocano una rotazione stazionaria ([117], App. B).
In letteratura le autofrequenze polari sono state calcolate piu volte e con metodi
diversi (Thorne 1964 [116], Detweiler e Ipser 1973 [46], Lindblom et al. 1985 [83]). Le
perturbazioni assiali invece sono state a lungo trascurate, proprio perche si riteneva
che, non essendo associate a oscillazioni del uido, non fossero interessanti per quanto
riguarda l'emissione di onde gravitazionali.
Oggi, a seguito di una serie di articoli pubblicati a partire dall'inizio degli anni
Novanta da S.Chandrasekhar e V.Ferrari, il punto di vista e molto cambiato.
In questi lavori e stata sviluppata una formulazione alternativa della teoria delle
perturbazioni stellari, che ha consentito di scoprire nuovi eetti di relativita generale
(per una rassegna si veda [50]). Non ci addentreremo nei vari aspetti della nuova
teoria, ma ci limiteremo a quello che e di diretto interesse per questa tesi. Il problema
dello studio delle perturbazioni assiali e stato ricondotto alla soluzione di una singola
equazione di Schrodinger costruita a partire dalle equazioni di Einstein perturbate.
Questa equazione ha una barriera di potenziale che dipende da come l'energia e la
pressione sono distribuite all'interno della stella nella sua congurazione di equilibrio,
7
e quindi dipende in maniera esplicita dall'equazione di stato della materia. Se
la stella e sucientemente compatta, il potenziale presenta una buca all'interno
della stella. Si e dunque capito che, in analogia con quanto accade in meccanica
quantistica, se la buca e sucientemente profonda devono esistere degli stati quasi{
stazionari analoghi a quelli dei nuclei nella teoria di Breit{Wigner (cfr. ad esempio
[74]).
Chandrasekhar, Ferrari e Winston ([38]) elaborarono anche un metodo (detto
\metodo delle risonanze") per trovare le autofrequenze di questi modi nell'approssimazione che la parte immaginaria della frequenza fosse molto minore di quella
reale. Il metodo fu poi applicato ([37]) a un modello analitico: la soluzione esatta a
densita costante delle equazioni di Einstein ([110]), che fu trovata da Karl Schwarzschild poco dopo la pubblicazione delle equazioni di campo stesse. Tale modello,
sebbene irrealistico (la velocita del suono all'interno risulta innita, cioe il liquido
e incomprimibile) e spesso usato in letteratura per studiare eetti gravitazionali in
funzione della \compattezza" M=R della stella. Fu cosi provata l'esistenza di modi
assiali lentamente smorzati (o modi s, per slowly damped): la parte immaginaria della frequenza complessa di questi modi e molto piu piccola di quella reale, e dunque
lo stato quasi{stazionario corrispondente ha una vita media relativamente lunga.
Tali modi vengono anche detti, per questa ragione, intrappolati (trapped modes), e
il lavoro [37] suggeriva che possano esistere solo per stelle molto compatte.
E necessario sottolineare a questo punto che poiche, a dierenza delle perturbazioni polari, quelle assiali non si accoppiano con oscillazioni del uido che compone
la stella, esse erano state no ad allora considerate come irrilevanti. La scoperta
dei modi s dimostro che anche queste perturbazioni sono associate all'emissione di
onde gravitazionali, dovute ai modi di vibrazione del campo gravitazionale. Inizio
dunque un'intensa attivita di ricerca in questo campo.
8
In particolare, Kokkotas ([67]) scopri una ulteriore classe di modi assiali che, a
dierenza dei modi s, sono molto smorzati, cioe il tempo di decadimento e breve e
la parte immaginaria delle autofrequenze e confrontabile con quella reale. Questi
modi vennero chiamati modi w (gravitational{wave modes). Kokkotas dimostro che
i modi w esistono anche per stelle non troppo compatte, e ne calcolo le frequenze
per modelli stellari a densita costante.
In questa tesi abbiamo continuato lo studio iniziato da Chandrasekhar, Ferrari
e Kokkotas, estendendolo ai modi assiali s e w in stelle con equazioni di stato piu
\realistiche". Abbiamo adottato sia il metodo delle risonanze, per esplorare l'esistenza dei modi s, che il metodo delle frazioni continue, sviluppato originariamente
da Leaver per i buchi neri ([76], [75]), per calcolare le frequenze dei modi w. Le
ragioni di quest'ultima scelta sono diverse. Anzitutto il metodo e molto elegante,
e suggerisce nuovamente delle interessanti analogie tra relativita generale e meccanica quantistica: infatti fu elaborato originariamente nell'ambito della teoria di
Schrodinger, per determinare lo spettro dei livelli energetici nello ione idrogeno .
Inoltre esso e molto robusto e essibile dal punto di vista numerico, e consente di
vericare l'esistenza eettiva dei modi tramite le proprieta di inversione delle frazioni
continue.
Abbiamo considerato in dettaglio 4 modelli di equazione di stato. Indicheremo i
piu vecchi con le abbreviazioni introdotte da Arnett e Bowers ([12]): A, B ed L. Per
il modello piu recente (UV14+TNI di Wiringa, Fiks e Fabrocini) useremo invece la
sigla WFF.
In tre di questi modelli (A, B e WFF) l'equazione di stato viene ricavata dal
calcolo dell'energia di stato fondamentale (ricordiamo che la stella e trattata nell'approssimazione di temperatura nulla) su hamiltoniane non relativistiche. In particolare, il modello A (Pandharipande 1971, [93]) considera la stella come composta da
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materia neutronica pura, cioe da neutroni interagenti tramite un potenziale semifenomenologico. Questo lavoro fu uno dei primi tentativi di includere l'interazione
nucleare nella struttura stellare, e come tale e piuttosto primitivo, specialmente nella tecnica di calcolo a molti corpi utilizzata. Lo abbiamo incluso principalmente per
confronto con il modello B (Pandharipande 1971, [94]), in cui, sfruttando la relativa
semplicita del calcolo, era stata inclusa la possibilita della comparsa di iperoni nel
mezzo stellare ad alta densita. L'equazione di stato WFF (Wiringa, Fiks e Fabrocini 1985, [126]) e in un certo senso intermedia tra i modelli A e B, nel senso che
la materia viene trattata come una miscela di neutroni, protoni, elettroni e muoni.
Pero sia la forma dell'hamiltoniana usata, sia la tecnica di calcolo sono molto piu
evolute ed adabili. Da questo punto di vista il modello WFF e sicuramente il piu
\realistico" tra quelli da noi presi in esame.
Oltre ai calcoli dell'equazione di stato basati su hamiltoniane non relativistiche
sono stati sviluppati approcci di tipo diverso, in cui viene utilizzata la teoria dei
campi relativistica. I campi associati alle varie particelle sono inclusi in lagrangiane
con costanti di accoppiamento fenomenologiche, e le relative equazioni di campo
vengono risolte nell'approssimazione di campo medio. Il modello L (Pandharipande e
Smith 1975, [96]) rientra nell'ambito di tali teorie di campo medio, che generalmente
prevedono delle equazioni di stato molto rigide, cioe una forte repulsione nucleare
e una grande massa critica per le stelle di neutroni.
Nel complesso, i modelli A, B, L e WFF rappresentano abbastanza bene le diverse
possibilita considerate nora in letteratura, nel senso che coprono un ragionevole
intervallo di rigidita.
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Questa tesi e organizzata nel modo seguente.
Il primo capitolo introduce le nozioni essenziali sulla sica delle stelle di neutroni.
Sono presentate le equazioni che descrivono una stella all'equilibrio in relativita generale (introducendo anche le soluzioni a densita costante) ed e discussa la stabilita
dell'equilibrio. I criteri di stabilita sono applicati esplicitamente ai modelli di equazione di stato usati nel resto del lavoro, stabilendo tramite integrazioni numeriche
sotto quali condizioni tali modelli siano stabili.
Il secondo capitolo e diviso in tre parti. Nella prima sono presentati in breve
i modelli piu semplici per l'equazione di stato, cioe quello di neutroni non interagenti (usato da Oppenheimer e Volko, [92]) e quello di Harrison{Wheeler. La
seconda parte descrive l'andamento dell'equazione di stato nella regione di densita
subnucleari. Nella terza parte, inne, sono discussi i modelli per l'equazione di stato ad alta densita che abbiamo impiegato per il calcolo delle frequenze dei modi di
oscillazione.
Il terzo capitolo contiene una breve presentazione della teoria delle oscillazioni
non{radiali assiali, una descrizione del metodo delle risonanze ed i risultati che
abbiamo ottenuto applicandolo.
Nel quarto capitolo illustriamo il metodo delle frazioni continue nel caso dei
buchi neri e spieghiamo in che modo esso si possa riadattare alle perturbazioni
stellari, rimandando alle appendici A, B e D per maggiori dettagli tecnici.
Nel quinto capitolo, inne, discutiamo i risultati ottenuti applicando il metodo
prima su stelle a densita costante, quindi su stelle con i modelli di equazione di stato presentati nel secondo capitolo. Indichiamo anche alcune possibili applicazioni
di questo calcolo. In particolare, costruiamo delle relazioni semiempiriche che potrebbero consentire di ricavare massa e raggio della stella da eventuali misure delle
frequenze e dei tempi di smorzamento.
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L'appendice A introduce le nozioni sulle frazioni continue necessarie all'utilizzo
che ne abbiamo fatto in questa tesi. In particolare, viene derivato l'algoritmo di
Gautschi per il calcolo di una frazione continua e dimostrato il teorema di Pincherle
(che stabilisce il nesso tra relazioni di ricorsione a tre termini e frazioni continue).
Nell'appendice B consideriamo una classe di equazioni dierenziali (le \equazioni
d'onda sferoidali generalizzate") interessante ai ni del nostro studio.
Le espansioni in serie necessarie per cominciare l'integrazione al centro della
stella nel caso di una generica equazione di stato sono derivate in appendice C,
dove viene trattato come caso particolare quello di equazioni di stato politropiche.
Alcuni dettagli tecnici sui programmi sono forniti nell'appendice D, dove spieghiamo in che modo abbiamo fatto le derivate sulle tabelline delle equazioni di stato e come abbiamo risolto un piccolo problema nella somma delle frazioni continue
per il caso stellare.
In appendice E, inne, vengono dimostrati due teoremi necessari alla discussione
della stabilita radiale di una stella fatta nel primo capitolo.
12
Capitolo 1
Stelle di neutroni: struttura di
equilibrio e stabilita
In questo capitolo vengono brevemente introdotte le nozioni siche essenziali sulle
stelle di neutroni. Anzitutto mostreremo, seguendo Landau, come sia possibile prevedere attraverso elementari considerazioni di natura energetica l'esistenza stessa
delle stelle di neutroni, oltre che gli ordini di grandezza caratteristici per le masse
e i raggi. Quindi introdurremo le nozioni necessarie per costruire dei modelli: le
approssimazioni in cui viene trattata la materia stellare, il concetto di equazione di
stato e il modo in cui l'equazione di stato determina la struttura di equilibrio della
stella in relativita generale. Inne tratteremo in breve il problema della stabilita
dell'equilibrio. I risultati sulla struttura di equilibrio e sulla stabilita dei vari modelli saranno discussi nel prossimo capitolo, in cui descriveremo per esteso le equazioni
di stato usate.
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1.1 Ordini di grandezza
In questo paragrafo presentiamo un argomento dovuto originariamente a Landau
([73]). Dalla sua discussione emerge in maniera semplice e chiara il meccanismo
sico alla base dell'esistenza degli oggetti stellari compatti (nane bianche e stelle
di neutroni). Una stella si puo considerare, in prima approssimazione, come una
sfera autogravitante di atomi di idrogeno sorretta dalla pressione termica nkT ,
n essendo la densita numero degli atomi. All'equilibrio sara minima la somma di
energia gravitazionale e cinetica:
2
3
E = Egrav + Ekin GM
(1.1)
R + nR hE i
dove con hE i indichiamo l'energia cinetica media degli atomi.
A un certo punto dell'evoluzione di una stella la fusione nel core termina, ed essa
si raredda e contrae. In uno stato nale di temperatura zero la pressione non si
riduce a zero, perche e comunque presente una pressione di degenerazione. Dato
che me mp i primi a diventare degeneri sono gli elettroni. La densita tipica a cui
questo avviene e dell'ordine di una particella in un cubo avente come dimensione
caratteristica e (la lunghezza Compton dell'elettrone):
3
n ne = 13 hp}e3i
(1.2)
e
Qui hpei indica l'impulso elettronico medio. Puo la pressione di degenerazione tenere
in equilibrio la stella ? Ipotizzando che gli elettroni siano non relativistici, per
cui hE i hEei hpei2 =me, e tenendo conto del fatto che la massa della stella
M neR3mp, si trova per l'energia cinetica:
Ekin nR hE i 3
}2
me
14
M 5=3
mp
1
R2
(1.3)
Dunque:
E R + R2
dove:
= GM
=
2
}2
me
(1.4)
M 5=3
mp
(1.5)
e questa funzione e minima per:
}2 M 1=3
Gmem5p=3
R = Rmin (1.6)
All'equilibrio la densita numero degli elettroni vale percio:
ne "
me G(Mm2p)2=3
#3
L'approssimazione non-relativistica e buona se
hpei = }ne mec () ne 1=3
e cioe:
(1.7)
}2
3=2
M m12 }Gc
p
mec 3
}
(1.8)
(1.9)
Nel caso in cui questa condizione non sia soddisfatta gli elettroni sono relativistici,
con hE i hpeic e dunque:
E R + R
dove ora:
M 4=3
= }c m
p
15
(1.10)
(1.11)
Da questa formula segue che se E > 0 si puo far decrescere l'energia del sistema
aumentando R, cioe diminuendo l'apporto del termine cinetico =R nche gli
elettroni diventano non relativistici. Quando il termine dominante e invece quello
gravitazionale =R (ossia quando la massa e grande), E diventa negativa, e tende
a zero per R ! 1: dunque ci sara equilibrio per un valore di R nito. Il valore
massimo della massa per cui c'e equilibrio si ottiene ponendo E = 0, cioe = , da
cui:
3=2
M = Mcrit m12 }Gc
p
1:4M
Tale massa corrisponde a un numero di barioni:
N = Ncrit Mcrit =mp M
Planck
mp
3
(1.12)
(1.13)
Il raggio tipico associato a valori della massa prossimi ad Mcrit e determinato dallo
spartiacque tra regime relativistico e non relativistico:
R Rcrit e
M
Planck
mp
5 103 km
(1.14)
I valori di massa e raggio appena trovati sono tipici delle nane bianche, oggetti
stellari sorretti appunto dalla pressione di degenerazione degli elettroni.
Dalla discussione precedente si deduce che tale pressione puo sostenere una nana
bianca solo se gli elettroni sono non relativistici. In questo regime l'energia di Fermi
degli elettroni EF mec2 < (mn mp)c2 3mec2 , e dunque la materia e stabile
rispetto al decadimento inverso. Come vediamo dalla 1.10, per masse maggiori
della massa critica necessariamente la stella tendera a diventare piu compatta, e
l'energia di Fermi degli elettroni maggiore. Nel momento in cui EF E = (mn
mp)c2, essendo i livelli elettronici a energie inferiori ad E pieni il decadimento :
n ! p + e + e
16
e inibito, e la materia diventa sempre piu ricca di neutroni. Come eetto della
crescita della densita, la pressione di degenerazione dei neutroni nisce per bilanciare
l'attrazione gravitazionale: questo meccanismo e alla base dell'esistenza delle stelle
di neutroni. Riutilizzando il calcolo precedente, ma con me sostituita da mn ' mp,
si ottiene ora:
}c 3=2
1
Mcrit;NS = Mcrit m2 G
1:4M
(1.15)
p
perche nella formula 1.12 non c'e dipendenza da me , mentre dalla 1.14 segue:
M GM
crit
(1.16)
Rcrit;NS n Planck
2
mp
c 3 km
Il raggio critico e dell'ordine del raggio di Schwarzschild 2Mcrit G=c2: oggetti cosi
compatti vanno necessariamente trattati nell'ambito della teoria della relativita
generale.
1.2 Denizione dell'equazione di stato
Come accennavamo nell'introduzione, la domanda a cui dobbiamo rispondere per
capire quale sia lo stato di equilibrio di una stella di neutroni si puo ricondurre a
una questione di principio piu generale: dato un sistema costituito da A barioni,
concedendo al sistema un tempo sucientemente lungo per evolversi, quale sara la
sua energia nale ? Ovvero, qual e lo stato fondamentale della materia ?
Per convincersi che la materia in una stella di neutroni si trova in buona approssimazione, a densita ssata, nel suo stato fondamentale, basta stimare l'energia
cinetica media di un neutrone in un gas di Fermi ideale alle densita tipiche di un
nucleo o di una stella. La densita barionica e semplicemente:
Z pF 4p2dp 8p3
= 3F
(1.17)
n=2
3
h
3h
0
17
mentre il valor medio dell'energia cinetica per neutrone sara dato da:
Z pF p2 4p2dp 4p5
nhEkini = 2
= 5m hF 3
(1.18)
3
2
m
h
n
n
0
Dunque:
5=3 2
hEkin(n)i = 4032=3hm n2=3
(1.19)
n
A densita nucleari (n = nnucl = 0:16 nucleoni= fm3) questa formula porta a una
stima di 35:07 MeV o 3 1011 K, mentre alle densita centrali tipiche di una stella
di neutroni \canonica" con M = 1:4M , R = 10 km (n 4n0 ) si trova un valore
di 88:37 MeV, pari a 1012 K. Quanto si sa sui meccanismi di rareddamento delle
stelle di neutroni ([97]) implica che entro poco tempo dalla loro nascita (minuti, o
al piu anni) esse si rareddino a temperature dell'ordine di 109 K. Percio ha senso
trattare la materia come se si trovasse a temperatura ed entropia nulle, cioe nel
suo \stato fondamentale", il che implica che non siano presenti eccitazioni (calore,
vibrazioni reticolari....).
Tratteremo inoltre la stella come trasparente ai neutrini. Questa assunzione (che
corrisponde a trascurare il potenziale chimico dei neutrini) e pienamente giusticata
dalla considerazione che il cammino libero medio di un neutrino in materia neutronica pura a densita nucl si riduce a meno di un chilometro solo per temperature
maggiori di 1012 K (si veda ad es. il libro Neutron Stars di Irvine: [64], pag. 47).
Queste approssimazioni, unite all'ovvia assunzione di neutralita di carica, deniscono cosa si intende per \materia fredda, catalizzata al punto nale dell'evoluzione
termonucleare".
L'ipotesi che il sistema si trovi nello stato fondamentale non garantisce che le
velocita all'interno del sistema siano nulle, chiaramente, ma solo che non esistano
moti dai quali sia possibile estrarre energia; dunque esiste un sistema di riferimento
nel quale e momentaneamente nullo il usso di barioni e il usso di energia. Per
18
ragioni di invarianza relativistica ci riferiremo di solito a misure fatte in questo
sistema di riferimento localmente inerziale e solidale con il uido (o \comoving").
Immaginiamo il uido come diviso in tante parti, piccole abbastanza da poter
considerare le varie grandezze siche costanti al loro interno, ma grandi abbastanza
da contenere molti barioni. Nel sistema di riferimento scelto potremo denire senza
ambiguita la densita di barioni n, la densita di energia (totale, inclusa la massa a
riposo) e la pressione P . Da semplici considerazioni di termodinamica e possibile
dedurre che la struttura di equilibrio e determinata dalla sola relazione (\universale",
nei limiti delle nostre approssimazioni) tra pressione e densita di energia. Questa
relazione prende il nome di equazione di stato.
Consideriamo tutte le grandezze nel sistema localmente inerziale; la conservazione del numero barionico consente di riferire tutte le quantita termodinamiche al
singolo barione. Ad esempio, si puo considerare l'energia per barione =n e scrivere
la prima legge della termodinamica in tale sistema di riferimento, per il principio di
equivalenza, come:
1
Q = d n + Pd n
(1.20)
Indicando con s l'entropia per barione e possibile esprimere la seconda legge, per la
stessa ragione, nella forma usuale:
Q Tds
(1.21)
Per un elemento di uido in equilibrio sara valida l'uguaglianza, e quindi, assumendo,
come fatto tacitamente nora, che sia = (1=n; s):
1
d n = Pd n + Tds
(1.22)
ovvero:
d = dn + nTds
19
(1.23)
dove abbiamo introdotto il potenziale chimico:
d = + P
= dn
(1.24)
n
Il potenziale chimico non e altro che la massa-energia aggiunta al sistema in seguito all'aggiunta di un barione1. La formula 1.24 ha un'interpretazione sica molto
semplice: la massa-energia aggiunta al sistema da una particella proveniente \dall'innito" e la somma del lavoro richiesto per \farsi spazio" nel mezzo preesistente
a pressione P , cioe P=n, e dell'energia che viene \inserita" in questo spazio, cioe
=n. La generalizzazione al caso in cui siano presenti piu specie di particelle e immediata. Bastera infatti denire la densita di particelle dell' i-esima specie ni e la
relativa concentrazione Yi = ni=n e considerare = (n; s; Yi) per poter riformulare
l'equazione 1.22, sempre nel caso di equilibrio, come:
1
X
d n = Pd n + Tds + idYi
(1.25)
i
Di qui seguono le espressioni di pressione, temperatura e potenziale chimico dell'iesima specie in termini della densita di energia o dell'energia per barione:
(=n) = n2 @ (=n)
P @@(1
=n)
n
=n)
(1.26)
T @ (@s
=n) = @
i @ (@Y
@ni
i
La condizione che un sistema si trovi in equilibrio si puo esprimere in modi diversi,
piu o meno convenienti a seconda delle circostanze. Per un sistema non termicamente
isolato il secondo principio implica infatti:
1
d n + Pd n Tds
(1.27)
1 In termini della funzione massa{energia che deniremo nel prossimo paragrafo, = dM .
dA
20
Quindi:
(n,s) costanti: equilibrio () d 0
(1.28)
(n,T ) costanti: equilibrio () df 0 con: f Ts
(1.29)
n
(T ,P ) costanti: equilibrio () dg 0 con: g + P Ts
(1.30)
n
Le quantita ora denite sono, come e ovvio, le densita di energia libera di Helmholtz
(f ) e di Gibbs (g). In particolare, la 1.30 tornera utile nel trattare le transizioni di
fase tra specie nucleari che hanno luogo in una stella di neutroni, dato che in queste
T e P variano con continuita, diversamente dalla densita barionica n.
Avendo introdotto le nozioni indispensabili, e semplice mostrare che lo stato di
equilibrio e specicato da una sola quantita termodinamica. Pensiamo, semplicando un po' la situazione, alla materia nella stella come a un insieme interagente di
barioni (neutroni e protoni) e leptoni (elettroni e muoni) con i relativi neutrini. Le
reazioni in un volume dato conservano il numero barionico n, i numeri leptonici ne
ed n e la carica, quindi nQ. Questo permette di esprimere tutti i potenziali chimici
i in termini di 4 potenziali chimici di base (per esempio p, n, , e) scelti arbitrariamente. Infatti vicino all'equilibrio ds = 0, d(=n) = 0 e quindi la 1.25 si riduce
a:
X
i
idYi = 0
(1.31)
Prendiamo come esempio una delle possibili reazioni:
e + p ! n + e
All'equilibrio, combinando la condizione 1.31 con le leggi di conservazione (che
nel caso specico implicano dYn = (n:barionico) = dYp = (carica) = dYe =
(n:leptonico) = dYe ) si ottiene e :
e = e + p n
21
e in modo simile si puo ottenere, ad esempio, . Ora, ogni grandezza termodinamica associata all'i-esima specie e funzione solo di T e i, e nel caso specico
servirebbero quindi 5 quantita (i 4 potenziali chimici e la temperatura) per specicare lo stato di equilibrio. Ma la neutralita elettrica (nQ = 0), l'ipotesi che i neutrini
siano non interagenti (e = = 0) e il fatto che la temperatura puo considerarsi
nulla (T = 0K ) riducono queste quantita a una sola.
Per \equazione di stato in forma parametrica" si intende la relazione che lega tale
quantita (per esempio il numero barionico) alla pressione e alla densita di energia:
8
>
<P
>
:
= P (n)
= ( n )
(1.32)
Piu spesso pero si elimina n dalle espressioni precedenti, e si chiama \equazione di
stato" l'espressione funzionale della pressione in termini della densita di energia:
P = P ( )
(1.33)
1.3 Le equazioni di Oppenheimer{Volko: derivazione dalle equazioni di campo e principali
proprieta
Scriviamo ora le equazioni che permettono di determinare la struttura di equilibrio
della stella. Consideriamo un campo gravitazionale dotato di simmetria centrale.
Un tale campo puo essere generato da una stella caratterizzata da una distribuzione
di materia statica, a simmetria sferica e in equilibrio chimico, idrostatico e termodinamico. Conveniamo di usare, nel resto di questo capitolo, unita geometriche.
22
In queste unita densita di energia, pressione e massa sono legate alle corrispondenti
grandezze in unita siche (fis in gcm 3 , Pfis in dynescm 2 e Mfis in grammi) dalle
relazioni:
= 4G
c2 fis
(1.34)
P = 4G
c4 Pfis
M = cG2 Mfis
La forma generale della metrica e:
ds2 = gik dxidxk con i; j = 0; 1; 2; 3
(1.35)
Se si usano coordinate sferiche2 '; r; #, le ipotesi di staticita e simmetria sferica
implicano (cfr. ad esempio [89]) che ds2 si riduca alla seguente espressione:
ds2 = e2 dt2 e2 d'2 e22 dr2 e23 d#2
(1.36)
dove e23 = r2, e2 = r2 sin2 # e e 2 sono funzioni che dipendono solo da r e i
cui valori devono essere trovati risolvendo le equazioni di Einstein, che nelle unita
scelte si scrivono:
Gik = 2Tik
(1.37)
Gik = 0
(1.38)
al'interno della stella, e
2 Adotteremo la seguente convenzione circa le componenti contravarianti del quadrivettore
posizione x , espresso in coordinate sferiche:
x0 = t;
x1 = ';
x2 = r ;
23
x3 = # :
all'esterno.
Supporremo che la stella sia costituita da un uido perfetto, caratterizzato da
un campo di quadrivelocita ui e descrivibile in termini della densita barionica n,
della pressione isotropica P e della densita di energia " misurate nel sistema di
riferimento in cui il uido e in quiete. In un tale uido sono assenti, per denizione,
sforzi di taglio, anisotropie e viscosita e ad esso puo essere associato un tensore
energia-impulso
Tik = (" + P )uiuk Pgik
(1.39)
Denendo una funzione M (r) legata a 2 da:
= 1 2M ( r )
(1.40)
r
si trova dalla componente fttg delle equazioni di Einstein che essa rappresenta la
massa{energia compresa all'interno di un guscio sferico di raggio r:
e
22 (r)
M (r ) =
Zr
0
"(r)r2dr
(1.41)
La massa inerziale M della stella, cioe la massa-energia totale, somma della massa
a riposo, dell'energia interna e dell'energia gravitazionale, e allora:
M = M (r)jr=R =
ZR
0
"(r)r2dr
(1.42)
La componente frrg delle equazioni di campo si puo scrivere invece nella forma:
M (r) 2M (r) 1
;r = Pr + r2
1
(1.43)
r
Per determinare completamente la struttura dello spazio-tempo bisogna considerare,
accanto alle equazioni di campo, la legge di conservazione del tensore energia-impulso
della stella:
p
(1.44)
T ki;k = p1 g @x@ k (Tik g) 12 T kl @x@ i gkl = 0
24
Poiche si ha simmetria sferica, P ed " dipendono solo da r e l'unica di queste
equazioni non identicamente nulla e quella con i = 2 che da:
;r = " P+;rP
(1.45)
Integrandola si ottiene l'espressione di (r):
Z r P;r
=
dr + 0
(1.46)
0 "+P
Combinando le formule 1.45 e 1.43 si puo nalmente ricavare la cosiddetta equazione
di Oppenheimer{Volko, che descrive l'equilibrio idrostatico di una congurazione
a simmetria sferica in relativita generale:
M (r ) 2M ( r ) P;r = (" + P ) Pr + r
(1.47)
1
r
Le equazioni ora scritte vanno risolte imponendo che, sul bordo (r = R), la metrica all'interno della stella si raccordi con continuita con quella all'esterno, data dalla
soluzione delle equazioni di campo nel vuoto. Tale soluzione si ottiene facilmente.
Nel vuoto, dove = P = 0, le formule 1.41 e 1.43 si riducono infatti a:
dM (r) = 0
(1.48)
dr
d (r) = M (r)
dr
r[r 2M (r)]
da cui segue, imponendo che ! 0 per r ! 1:
M (r) = M = costante
e2 = 1 2M
r
Tenendo conto della 1.40 si trova immediatamente:
2M 2M 1
2
2
ds = 1 r dt
1 r
dr2 r2 d#2 + sin2 #d'2
25
(1.49)
(1.50)
(1.51)
dove, chiamando la costante M , abbiamo gia imposto la prima delle condizioni di
raccordo:
e
22
= 1
r=R
2M
R
(1.52)
La metrica 1.51 e la soluzione di Schwarzschild, e si puo facilmente vericare
che, nel limite r ! 1, si riduce a quella di uno spazio-tempo piatto. Tale metrica
descrive in realta una situazione molto generale: il teorema di Birkho stabilisce
infatti che essa costituisce l'unica soluzione a simmetria sferica e asintoticamente
piatta delle equazioni di Einstein nel vuoto. Questo implica che, anche se l'oggetto
centrale evolvesse nel tempo, mantenendo la simmetria sferica, come accade per
esempio nel caso di una stella pulsante radialmente, o in un collasso anch' esso
radiale, troveremmo all' esterno la stessa metrica di Schwarzschild, con (r) e 2(r)
indipendenti dal tempo, cioe ancora uno spazio-tempo statico.
La costante di integrazione 0 che compare nella 1.46 risulta ssata da una
condizione di raccordo analoga alla 1.52:
e2 r=R = 1 2RM
(1.53)
Riassumendo, la struttura di equilibrio per un modello stellare in relativita generale
si determina in questo modo. Fissiamo anzitutto un'equazione di stato P (), che
in generale sara data sotto forma di tabellina numerica. Allora si tratta di determinare una famiglia di soluzioni a un parametro (la densita centrale (r = 0) 0)
dell'equazione 1.47. In pratica si procede cosi. Si ssa una tabella di valori della
densita centrale. Per ognuno di questi valori si determina la struttura del modello
26
stellare corrispondente integrando numericamente il sistema:
2M
;r = Pr + M
1
r2
r
P;r = ( + P );r
M;r = r2
1
(1.54)
L'integrazione viene iniziata in un punto r prossimo a zero con gli sviluppi in serie
dati in appendice C (formule C.12) come dati iniziali. A ogni passo viene ricavata
da P per interpolazione logaritmica sulla tabellina fj ; Pj g dell'equazione di stato:
log P log Pj = log Pj+1 log Pj
log log j
log j+1 log j
(1.55)
L'integrazione termina quando la pressione P si annulla; il punto r = R in cui cio
accade denisce il raggio della stella, mentre la sua massa e data da M (R). In questo
modo (r) risulta determinata a meno della costante 0, che si ottiene a posteriori
imponendo la condizione 1.53.
Le integrazioni numeriche per i modelli di equazione di stato da noi considerati,
che descriveremo nel prossimo capitolo, sono state fatte con due programmi diversi,
in modo da avere un controllo sull'errore. Il primo programma usa come metodo
di integrazione un semplice Runge-Kutta del quarto ordine, in cui il passo e reso
adattivo tramite la formula:
dr = M1(r) dM
dr
1 dP
P (r) dr
1
(1.56)
Questo metodo, suggerito da Baym, Pethick e Sutherland ([20]) e adottato anche da
Arnett e Bowers ([12]), riduce \artigianalmente" il passo nelle due regioni critiche:
quella vicino al centro, in cui la massa e ancora piccola, ma la sua derivata dM=dr
e grande, e quella esterna, dove invece e la pressione ad essere piccola e diminuire
rapidamente. La costante ssa ovviamente la precisione della routine.
27
Il secondo programma usa invece il metodo con passo adattivo di Runge{Kutta{
Merson. Tale metodo migliora l'algoritmo \classico" di Runge{Kutta. Infatti ogni
singolo passo di integrazione e scelto come il piu grande possibile compatibilmente
con la condizione che, se lo si diminuisse, le funzioni da integrare avrebbero lo stesso
valore entro una precisione ssata (nel nostro caso, una parte su 1010). Per ragioni
numeriche e conveniente, nell'integrazione, riscalare tutte le grandezze in termini
della densita centrale 0 . In altri termini, l'integrazione viene fatta in unita 0 = 1;
le grandezze nelle nuove unita, che distinguiamo con una barra, sono legate a quelle
in unita geometriche dalle relazioni:
8
>
< = =0;
>
:r = 10=2r;
P = P=0
1=2
0
M = M;
= 0
1=2
(1.57)
dove indichiamo con una frequenza in unita geometriche. Discuteremo i risultati
ottenuti dalle integrazioni in relazione ai modelli usati per l'equazione di stato nel
prossimo capitolo.
1.3.1 La soluzione di Schwarzschild
Una soluzione analitica, anche se sicamente irrealistica, all'equazione 1.47 fu trovata
da Schwarzschild quasi subito dopo la formulazione delle equazioni di campo da parte
di Einstein. Tale soluzione e basata sull'assunzione (\di uido incomprimibile") che
la stella sia una sfera con densita di energia costante. In questa ipotesi:
M (r) = r3
3
+ 3P = + 3P0 1 2 r2
+P
+ P0
3
28
(1.58)
1=2
(1.59)
Denendo il raggio R della stella come quel punto tale che P (R) = 0 si trova:
" #
+ P0 2
R2 = 23 1
Se deniamo anche
+ 3P 0
r
= 1 2Mr(r)
r
y1 = e 2 (R) = 1 2RM
y=e
2
(1.60)
(1.61)
abbiamo allora, risolvendo per P0:
P0 = 31y y11 1
Per sostituzione nella 1.59 si trova l'espressione analitica della pressione:
P = 3yy y1y
1
Dalla 1.45, imponendo la condizione al contorno:
(1.62)
(1.63)
(R) = ln y1
(1.64)
e2 = 14 (3y1 y)2
(1.65)
si ricava inne:
Questo \modello a densita costante" sara usato ampiamente nel seguito.
1.4 Stabilita radiale in relativita generale
Ora che sappiamo come individuare la famiglia a un parametro (0) delle congurazioni di equilibrio, e naturale chiedersi: quali tra queste congurazioni sono stabili ?
La risposta a questa domanda fu data attraverso lo studio delle oscillazioni radiali
29
delle stelle di neutroni, iniziato da Chandrasekhar nel 1964 ([31], [32]). Un catalogo
dei metodi sviluppati per studiare i modi radiali di oscillazione, e in particolare la
stabilita, si puo trovare in [21].
Anziche seguire la discussione di Chandrasekhar noi adotteremo un approccio di
natura energetica al problema, che fu sviluppato da Wheeler et al. ed e ampiamente
discusso in [61]. Il risultato che si ottiene e estremamente semplice. Gracando la
massa della stella M al variare della densita centrale 0 alle densita tipiche di una
stella di neutroni si nota che questa funzione presenta un massimo per un certo
valore critico di 0 , diciamo c (cfr. g. 2.3). Questo risultato e quanto ci si aspetta
in base alle considerazioni qualitative fatte da Landau. Come ora mostreremo, le
congurazioni stabili sono quelle con 0 < c, mentre le altre sono instabili.
Alla base delle argomentazioni di Wheeler et al. c'e la possibilita (cfr. appendice
E) di derivare l'equazione 1.47 che descrive la congurazione di equilibrio da un principio variazionale: le congurazioni di equilibrio sono, tra tutte le congurazioni con
ssato numero barionico A, quelle che estremizzano la massa{energia del sistema,
cioe quelle per cui M = 0.
Per ricavare un criterio di stabilita si puo cominciare osservando che, quando si aggiunge o rimuove adiabaticamente una particella, la massa-energia di una
congurazione di equilibrio cambia di una quantita pari a:
r
= dM
= s 1 2M
(1.66)
dA
R
dove s e l'unita di massa per una particella a diluizione innita: per esempio,
Wheeler et al. scelgono s = m(56
26 Fe)=56. Infatti, se il sistema si trova in equilibrio,
l'energia necessaria ad immettere una particella (injection energy) deve avere lo
stesso valore qualunque sia il punto considerato. Questa energia corrisponde al
30
potenziale chimico, e vale:
= (r)e(r)
= costante = (P
= 0)e(R)
r
= s 1 2RM
(1.67)
Dalla nitezza del potenziale chimico che compare sulla destra della 1.66 si trae
una conclusione importantissima: le due funzioni M (0 ) ed A(0 ) hanno massimi e
minimi contemporaneamente, perche le loro derivate si annullano in corrispondenza
degli stessi valori di 0.
Consideriamo un valore critico c della densita centrale, cioe un valore per cui
M (0 ) ha un estremo. E conveniente usare un approccio di tipo lagrangiano, cioe
seguire le singole particelle nel loro moto radiale all'interno del uido, piuttosto
che uno di tipo euleriano, in cui tale moto viene seguito da un ssato punto di
osservazione. Per convenienza, si puo adottare come etichetta per la particella il
cui moto si vuole seguire il \parametro di numero barionico" a, denito in maniera
tale che tutte le particelle su una sfera di raggio r abbiano lo stesso valore di a, e
che questo valore sia pari al numero di particelle contenute all'interno della sfera.
Quando la densita passa da c 12 0 a c + 21 0 , M ed A non subiscono cambiamenti
al primo ordine, mentre il materiale subisce, a questo stesso ordine, uno spostamento:
r(a) = @r(@a; 0 ) 0
0
(1.68)
Si dice che il sistema possiede un \modo caratteristico di vibrazione a frequenza nulla" quando, tramite uno spostamento del primo ordine, si passa da una a un'altra
delle sue congurazioni di equilibrio . Ora, il generico spostamento lagrangiano r(a)
e in eetti un vettore le cui (innite) componenti sono distinte tramite l'etichetta
di particella a. Data una qualsiasi congurazione di equilibrio, tutte le componenti
(0 a A) della \forza" rM(a) sono nulle (le equazioni di Oppenheimer{Volko
corrispondono proprio a questa condizione, come ci mostra la derivazione che ne
31
abbiamo fatto in appendice E). Il fatto che, in un modo di vibrazione a frequenza nulla, le congurazioni iniziale e nale siano caratterizzate dall'assenza di forze
signica allora che nel processo non viene compiuto lavoro, nemmeno al secondo
ordine.
In generale, pero, un arbitrario spostamento del primo ordine 1 r(a) portera il
sistema, anche se inizialmente si trovava all'equilibrio, in una situazione in cui le
componenti della \forza" possono essere o meno tutte nulle. Un esempio elementare
chiarisce bene la situazione. Si puo ridurre il problema a uno spazio dei parametri
avente due sole dimensioni, considerando una particella sottoposta a un potenziale
elastico bidimensionale:
V = 2j x2 + k2 y2
(1.69)
Il punto (0; 0) e un punto di equilibrio. Se si opera uno spostamento al primo ordine
passando al punto (x; 0) questo non sara in generale un punto di equilibrio, a meno
che non si abbia a che fare con il caso particolare in cui j = 0. Solo allora esistera
una direzione caratteristica nello spazio dei parametri (la direzione x) tale che gli
spostamenti del primo ordine in quella direzione condurranno ancora a situazioni di
equilibrio, in cui tutte le componenti della forza sono nulle.
Il problema che stiamo trattando e analogo, a parte il fatto che lo spazio dei
parametri ha la potenza del continuo (0 a A). Presa una generica congurazione
di equilibrio, non e detto che si possa passare con spostamenti del primo ordine a
un'altra congurazione di equilibrio dello stesso sistema, cioe di un sistema avente
lo stesso numero di barioni. C'e uno e un solo caso in cui questo accade: e quello
in cui la funzione M (0 ) ha un estremo. Dato che allora anche A ha un estremo,
e dunque non varia per uno spostamento al primo ordine del tipo 1.68, siamo in
presenza di un modo di vibrazione a frequenza nulla.
32
Fissiamo ad esempio l'attenzione su un massimo in A(0 ). Per ogni numero barionico A minore del valore critico Ac = A(c ) ci sono due congurazioni, una delle
quali ha densita centrale maggiore dell'altra. Come noto per primo Zel'dovich, l'integrazione delle equazioni di Oppenheimer e Volko nella regione prossima al massimo
relativo alle stelle di neutroni mostra che la massa-energia del ramo a densita centrale maggiore e, a parita di numero barionico, superiore a quella dell'altro ramo.
Anzi, per valori di A sucientemente bassi rispetto ad Ac il sistema ha addirittura
una massa-energia M maggiore dell'energia di A particelle non interagenti As !
In tal caso si parla di sistema con \eccesso di energia". Le soluzioni delle equazioni di Oppenheimer{Volko che godono di questa proprieta sono caratterizzate da
una instabilita sotto trasformazioni collettive in cui il sistema si disperde in barioni non interagenti. Esse sono pero microscopicamente stabili: infatti il potenziale
chimico necessario a creare un barione sulla supercie della congurazione o al suo
p
interno, s 1 2M=R, e inferiore all'energia s di un barione libero dall'attrazione
gravitazionale.
Si considerino i due rami a densita centrale maggiore e minore che si incontrano
in un punto critico. Per concretezza, si assuma che questo punto critico sia un
massimo, ma l'analisi si puo estendere in maniera semplice al caso di un minimo.
Il modo che acquista frequenza zero al punto critico e stabile nel ramo inferiore e
instabile nel ramo superiore. Si prenda infatti un valore di A appena inferiore ad Ac.
A questo A corrispondono due congurazioni di equilibrio prossime a quella critica:
distinguiamo con G quella con la massa-energia piu grande, e con E l'altra. Se si
indicano con rG(a) ed rE (a) le rispettive coordinate di Schwarzschild dei vari \gusci
barionici" (0 a A), lo spostamento che porta dalla congurazione di M minore
all'altra e:
(a) rG(a) rE (a)
33
(1.70)
Si puo introdurre una variabile x compresa tra zero e uno che parametrizzi gli stadi
successivi di questo spostamento:
r(a) = x(a)
(1.71)
e scrivere la massa-energia corrispondente ai vari stadi come:
M = ME + (MG ME )f (x)
(1.72)
Dato che i due punti iniziale e nale sono di equilibrio, la derivata dfdx(x) deve annullarsi in x = 0 ed x = 1. Limitandoci all'ordine piu basso (cosa che si puo fare se
A Ac e abbastanza piccolo, cioe se si e vicini al punto critico), e possibile soddisfare
queste condizioni scrivendo:
df (x) = 6kx(1 x)
(1.73)
dx
ovvero:
f (x) = k(3x2 2x3 ) + c
(1.74)
Le due costanti k e c sono ssate dalle ovvie condizioni f (0) = 0, f (1) = 1. Dunque:
M (x) = ME + (MG ME )(3x2 2x3 )
(1.75)
da cui segue:
d2 M = (M M )(6 12x)
(1.76)
G
E
dx2
La derivata seconda dell'energia e quindi positiva (l'equilibrio e stabile) nel ramo
inferiore (x = 0 in E) e negativa in quello superiore (x = 1 in G). QED.
Inne e utile valutare il comportamento critico del sistema. Si puo dimostrare
(cfr. appendice E) che per A vicino a un massimo:
M (0 > c) M (0 < c) = q(Ac A)3=2
34
(1.77)
dove:
"
2
c Rc0
q = 2M
2
00
3Rc A (1 2RMcc )
#1=2
s
(1.78)
(con un apice indichiamo le derivate rispetto ad 0).
Le formule 1.77 e 1.78 mostrano che, vicino a un massimo di M (0 ), se R(0 ) e
una funzione decrescente il ramo ad alta densita ha la massa-energia maggiore per
A ssato; viceversa se e una funzione decrescente. In termini sici, un R maggiore
signica che il \potenziale gravitazionale" (1 2M=R)1=2 e maggiore e l'energia di
legame minore, dunque implica instabilita.
E possibile riassumere questi risultati in un semplice criterio graco ([112]). Se
in un diagramma di M (R) si segue la curva nel senso delle 0 crescenti, una piega
in senso antiorario a un punto critico signica che un modo radiale sta diventando
instabile; viceversa, una piega in senso orario segnala il passaggio di un modo dall'instabilita alla stabilita. Questo criterio generale si riduce, per le stelle di neutroni,
a quello enunciato prima: il massimo in M (0 ) segnala il passaggio dalla stabilita
all'instabilita.
Integrando le equazioni di equilibrio al variare della densita centrale con il metodo
descritto nel paragrafo 1.3 abbiamo gracato (cfr. gura 2.3) la funzione M (0 ) per
ognuna delle equazioni di stato di cui parleremo nel prossimo capitolo: i modelli A,
B ed L di Pandharipande e il modello WFF di Wiringa, Fiks e Fabrocini (WFF). Le
integrazioni, i cui risultati saranno discussi in maggior dettaglio nel paragrafo 2.4, ci
hanno consentito di identicare i valori critici di 0 , R, M ed R=M in corrispondenza
dei quali si passa dalla stabilita all'instabilita. I risultati sono riportati in tabella
1.1.
35
Stabilita radiale
EOS c Mc Rc
L
1:42 2:66 13:63
WFF 3:16 1:84 9:53
A
4:11 1:65 8:37
B
5:91 1:42 7:08
Rc
Mc
3:47
3:51
3:43
3:38
Tabella 1.1: Congurazioni critiche per la stabilita radiale per i modelli di EOS
(Equation Of State, equazione di stato) considerati in questa tesi: i modelli A (materia neutronica pura), B (materia iperonica) ed L (campo medio) di Pandharipande,
e il modello con neutroni, protoni, elettroni e muoni di Wiringa, Fiks e Fabrocini
(WFF). La densita centrale c e in unita di 1015 gcm 3; la massa Mc in masse solari;
il raggio Rc in km; nell'ultima colonna c'e il valore critico della compattezza Rc=Mc
(adimensionale), che per tutte le equazioni di stato e maggiore di 3.
36
Capitolo 2
Modelli per l'equazione di stato
Nel capitolo precedente abbiamo descritto il modo in cui l'equazione di stato determina la struttura di una stella di neutroni in relativita generale; ora ci occuperemo
della sica che entra nella costruzione di modelli di equazione di stato piu o meno
realistici.
Anche se l'oggetto del nostro interesse e l'equazione di stato a densita estremamente elevate, superiori in ordine di grandezza alla densita nucleare nucl =
0:16 nucleoni fm 3 = 2:67 1014 gcm 3, cio non signica, ovviamente, che solo
questo intervallo di densita sara necessario per specicare la congurazione di equilibrio di una stella di neutroni. In eetti, mano a mano che ci si avvicina al core della
stella si passa attraverso regimi di densita progressivamente sempre piu alti, e una
descrizione dell'oggetto che pretenda di essere realistica deve tener conto di questa
straticazione di situazioni siche diverse. Fortunatamente l'equazione di stato per
densita inferiori a quella nucleare e ormai ragionevolmente nota, grazie a un lavoro
che dura da piu di cinquanta anni. Prima di considerare le diverse ipotesi sull'interazione nucleare e i loro riessi sull'equazione di stato ad altissime densita e quindi
opportuno fornire una descrizione, necessariamente sommaria e limitata, dello stato
37
della materia a densita inferiori. Bisogna tener presente che l'equazione di stato in
questo regime pesa comunque in maniera minima sulle proprieta di equilibrio di una
stella di neutroni, visto che tipicamente oltre il 90 % della massa e concentrata nel
core, a densita maggiori di nucl .
Nella prima parte del capitolo tratteremo modelli estremamente semplici ma
istruttivi. Poi passeremo a descrizioni piu realistiche del regime subnucleare, e inne
descriveremo i modelli usati in questa tesi per il regime supranucleare.
2.1 I modelli piu semplici
2.1.1 Gas degenere di neutroni non interagenti
Il modello piu semplice possibile e quello usato da Oppenheimer e Volko nell'ormai
classico articolo del 1939 ([92]), e consiste nel considerare i neutroni come costituenti
un gas perfetto di fermioni relativistici. Il numero di stati quantistici di una particella
di spin 1=2 in un volume V con momento di modulo compreso tra p e p + dp e:
2 dp
V p2dp
dnp = 2 V 4p
=
(2.1)
h3
2 }3
Il numero totale di particelle e legato al momento di Fermi da:
Z pF
p3F = V p3F
N=
(2.2)
dnp = 8V
3h3
3 2 }3
0
Per un gas relativistico completamente degenere l'energia totale vale:
E=
Z pF p
(mc2)2 + (pc)2dnp =
q2
cV
2
2
2
= 2 3 pF (2pF + m c ) pF + m2 c2 (mc)4 arcsinh pF
8 }
mc
e da qui si ricava la pressione:
0
38
(2.3)
P=
@E @V
=
(2.4)
2
r
p
c
F
2
2
2
2
2
2
4
pF + m c + (mc) arcsinh mc
= 82}3 pF 3 pF m c
pF si puo scrivere l'equazione di staSe introduciamo una variabile 4arcsinh mc
to nella seguente forma parametrica:
S =0
mc 3 1 3 n= N
=
(2.5)
V
}
32 sinh 4
4 5
(2.6)
P = 32m2c}3 31 sinh 83 sinh 2 + 4 5
= m 2c 3 (sinh )
(2.7)
= E
V 32 }
Il confronto di questo modello elementare con modelli piu realistici consente, come vedremo, di mettere in luce il ruolo dell'interazione nucleare sulla struttura di
equilibrio della stella.
2.1.2 L'equazione di stato di Harrison{Wheeler
Un modello decisamente piu realistico per l'equazione di stato fu proposto alla
ne degli anni Cinquanta da Harrison e Wheeler. Lo scopo della loro analisi e
quello di determinare quantitativamente lo stato di energia piu bassa per un sistema
dell'ordine di grandezza tipico dei problemi astrosici, cioe per un numero A 1057
di particelle, corrispondenti a circa una massa solare. Il sistema e pensato come
costituito da nuclei in equilibrio con un gas relativistico di elettroni.
Il problema consiste essenzialmente nel trovare il numero di barioni A e il numero
di protoni Z (o in termini piu suggestivi, ma meno precisi, la specie di nuclei) che
minimizzano l'energia, e il valore della pressione corrispondente a questi A e Z , a
una data densita.
39
La situazione e qualitativamente la seguente. Finche A . 90 lo stato piu stabile
e dato, con rare eccezioni, da un singolo nucleo. Il piu stabile di questi nuclei e
56 Fe. La situazione cambia per A & 90: allora lo stato fondamentale e in genere
26
costituito da piu nuclei, e l'energia presenta dei minimi per A multiplo intero di 56,
con una certa periodicita. La ragione di questo comportamento e nel compromesso
raggiunto, per questo particolare valore, tra le forze nucleari, che tenderebbero a
produrre nuclei di estensione innita, e quelle coulombiane, che invece tendono a
provocare la ssione. Questo signica che se A e grande, essenzialmente tutto il
sistema e costituito da nuclei di 56
26 Fe.
Ad alte densita, pero, inizia ad entrare in gioco il decadimento inverso, che
ha l'eetto di ridurre le forze coulombiane e di permettere la formazione di \nuclei"
piu grandi. Il processo continua no a un valore critico di np=nn; a una densita
pari a circa 4:3 1011 g cm 3 inizia il cosiddetto regime di neutron drip, cioe i
neutroni cominciano a \colar fuori" dai nuclei e a formare una sorta di liquido. Per
densita di un ordine di grandezza superiori i neutroni, e non gli elettroni, sono ormai
responsabili della maggior parte della pressione, e il sistema e in pratica un enorme
nucleo con densita inferiore alla norma.
Una trattazione teorica esatta di una situazione tanto complessa e chiaramente
proibitiva. La maniera piu semplice di schematizzare il problema consiste nell'utilizzare una formula di massa semiempirica M (A; Z ) per determinare (eventualmente
estrapolando a grandi valori di A e Z ) l'energia del \nucleo" corrispondente. In
M (A; Z ) si intendono incluse le masse a riposo dei nucleoni e, secondo una convenzione spesso adottata in sica nucleare, degli elettroni. La densita di energia sara
dunque scritta nella forma:
= nN M (A; Z ) + 0e(ne) + n(nn)
(2.8)
Qui nN indica la densita numero dei nuclei; ne ed e (nn ed n ) sono rispettivamente
40
la densita numero e la densita di energia degli elettroni e dei neutroni. Per tener
conto della convenzione di cui parlavamo si e posto 0e = e nemec2; il termine
relativo all'energia dei neutroni liberi e importante per determinare quando inizi il
neutron drip. Tra le densita di nuclei, di neutroni liberi e di elettroni ci sono le
relazioni:
n = nN A + nn
(2.9)
ne = nN Z
o anche, in termini delle concentrazioni:
1 = YN A + Yn
(2.10)
Ye = YN Z
Questo permette di considerare a T = 0K come funzione non delle variabili
(n; YN ; Ye; Yn), ma come una (n; A; Z; Yn), e di trovare l'equilibrio minimizzando
questa funzione ad n ssato.
La dipendenza dei risultati dalla formula di massa utilizzata e in genere debole.
Harrison e Wheeler usavano nei loro calcoli la formula di massa di Green ([60]),
che non tiene conto del pairing e degli eetti di shell1 ed e data dall'espressione
seguente, in cui E b indica l'energia di legame media per barione ed mu e l'unita di
massa atomica:
M (A; Z ) = [(A Z )mnc2 + Z (mp + me)c2 AE b ] =
"
1 Z 2 Z 2 # (2.11)
= muc2 b1A + b2 A2=3 b3Z + b4A 2 A + b5 A1=3
1 Per \pairing" si intende il fatto che, a causa della struttura del potenziale nucleone{nucleone
(e in particolare del suo corto raggio d'azione) il legame tra due nucleoni dello stesso tipo con
momento angolare J = 0 e particolarmente forte. Per \eetti di shell" intendiamo l'esistenza dei
\numeri magici", cioe di valori di Z e/o di N = (A Z ) in corrispondenza dei quali i nuclei sono
particolarmente stabili. Tali eetti sono ben spiegati da un modello a strati (o \shell model",
appunto) del nucleo.
41
I termini che compaiono nell'espressione 2.11 sono rispettivamente: il primo, un
termine di volume; il secondo, un termine di energia superciale; il quarto, un
termine di simmetria che tiene conto del fatto che tendenzialmente sono favoriti i
nuclei con A ' Z ; l'ultimo, un termine coulombiano. Inne, nel terzo termine e
semplicemente b3 = (mn mp me)=mu. I valori numerici dei parametri sono:
b1 = 0:991749 ; b2 = 0:01911 ; b3 = 0:000840 ; b4 = 0:10175 ; b5 = 0:000763 (2.12)
Ora, dato che:
nN = n Ann = n(1 A Yn)
ne = nZ (1A Yn)
nn = nYn
(2.13)
si puo riscrivere l'equazione di stato nella forma:
A) + 0 (n ) + (n ) = (n; A; Z; Y )
= n(1 Yn) M (Z;
n n
n
e e
A
Nell'imporre le condizioni di minimo tornano utili le relazioni:
d0e = 0e + Pe = E m c2
e
Fe
dne
ne
dn = n + Pn = E
Fn
dn
n
n
(2.14)
(2.15)
n
Trattando A e Z come variabili continue si dovra richiedere allora:
1) La generalizzazione al continuo della condizione di equilibrio sotto decadimento
, M (Z 1; A) = M (Z; A) + EF mec2 , e cioe:
@ = 0 () @M = (E m c2)
(2.16)
e
Fe
@Z
@Z
2) L'estensione della condizione che (A 1) atomi di tipo (Z; A) siano in equilibrio
42
con A atomi di tipo (Z; A 1) e Z elettroni sulla supercie di Fermi:
@ = 0 () A2 @ (M=A) = Z (E m c2 )
e
Fe
@A
@A
2
() A @M
@A M = Z (EFe mec )
(2.17)
Dalla somma di 2.16 e 2.17 si ottiene:
@M M = 0
Z @M
+
A
(2.18)
@Z
@A
3) Usando anche le equazioni precedenti, l'ultima condizione di minimo da imporre
corrisponde al limite continuo della:
M (Z; A) = M (Z; A 1) + EFn
Infatti:
@ = 0 () @M = E
(2.19)
Fn
@Yn
@A
Se ora si fa uso dell'espressione della formula di massa le tre condizioni 2.16, 2.18 e
2.19 si riscrivono:
2Z me
2b5 AZ1=3 = [(1 + x2e )1=2 1] m
b3 + b4 1 A
u
b 1=2
p
(2.20)
Z = 2b2
A1=2 = 3:54 A
5
1 Z2 b Z2
1=3
2
b
2A
5
2 )1=2 mn
b1 + 3 + b4 4 A2
=
(1
+
x
n
3A4=3
mu
dove
xn = mpFnc
(2.21)
xe = mpFec
e
n
L'equazione 2.20, in particolare, mostra che a queste densita Z cresce con A, ma
Z=A A 1=2 .
43
Ora e chiaro il metodo per costruire l'equazione di stato:
1) Si ssa A > 56, e dalla seconda equazione si ottiene Z ;
2) Se la terza equazione fornisce un xn > 0, da questo xn si sa calcolare Pn, n ed
nn, altrimenti queste quantita sono nulle;
3) La prima equazione fornisce ora xe, dunque Pe, 0e ed ne;
4) Inne, l'equazione di stato in forma parametrica e data da:
= neM (A; Z )=Z + 0e + n
(2.22)
P = Pe + Pn
(2.23)
n = ne ZA + nn
(2.24)
In questo modo si ottiene un'equazione di stato che e essenzialmente identica a
quella costruita pensando al modello di 56
26 Fe puro in un gas ideale di elettroni no
a 107 gcm 3. Il neutron drip avviene a ' 3:18 1011 gcm 3, per valori di A
e Z pari a 122 e 39:1. Quando ' 4:54 1012 gcm 3 i neutroni forniscono ormai
il 60% della pressione e della densita; oltre questa c'e un matching praticamente
senza soluzione di continuita nella P () e nella sua derivata con il modello di un gas
ideale di protoni, elettroni e neutroni.
Harrison e Wheeler usarono proprio questo modello per continuare ad alte densita la loro equazione di stato. E evidente che una procedura del genere non e
altro che una prima approssimazione; e negli anni successivi ci sono stati innumerevoli tentativi di rendere in maniera piu realistica il comportamento della materia
ultracompatta presente in una stella di neutroni.
Prima di parlare di questo, pero, dobbiamo discutere, anche se in breve, dei
modelli piu realistici di quelli visti nora per il regime di densita subnucleare.
44
2.2 Equazioni di stato al di sotto della densita
nucleare
2.2.1 L'equazione di stato di Feynman-Metropolis-Teller
Considereremo ora un'applicazione della teoria atomica di Thomas-Fermi-Dirac([45]).
Si tratta fondamentalmente di un'estensione della piu semplice teoria semiclassica
di Thomas-Fermi, nella quale si tiene conto della possibilita di eetti di scambio.
La materia a densita . 107 gcm 3 viene approssimata come un reticolo di nuclei
immerso in un gas degenere di elettroni, e pensata come suddivisa in celle sferiche2
elettricamente neutre, contenenti ognuna un nucleo. L'introduzione del termine di
scambio e vitale per non ottenere pressione e densita nulle e raggio innito per
ognuna di queste celle.
L'ipotesi di base della teoria semiclassica di Thomas-Fermi e ben nota. Si suppone che gli elettroni obbediscano all'equazione di Poisson in un potenziale centrale
V (r), debole a sucienza da permettere di considerarli localmente liberi, cioe di
descriverli con onde piane. Agli elettroni si applica la statistica di Fermi-Dirac; il
sistema da risolvere e quindi:
8
>
>
I) r2 V (r) = 4nee
>
<
3
II) ne (r) = 83 pFh(3r)
>
>
>
:III) EF = p2F2m(r) eV (r) = costante (equilibrio!)
(2.25)
Se deniamo il raggio R dell'atomo come quel punto in cui per la prima volta e
2 Sono sostanzialmente le celle di Wigner-Seitz che si usano in sica dello stato solido.
45
ne(R) = 0, la seconda delle 2.25 implica che sia cost = eV (R), cioe:
p2F = 2me[V (r) V (R)] = 2me(r)
(2.26)
(r) = V (r) V (R)
(2.27)
dove abbiamo denito:
Dato che le celle sono elettricamente neutre, V (R) = 0. Dunque, facendo le
posizioni:
V (r) = Ze
(2.28)
r (r )
e
(3)2 1=3
a0
(2.29)
r = x ; = (Z ) = 128Z
dove a0 = me}22 e il raggio di Bohr, si ottiene nalmente l'equazione di Thomas-Fermi:
d2(x) = ((x))3=2
(2.30)
dx2
x1=2
La soluzione si trova tramite integrazione numerica, imponendo condizioni al bordo che esprimano la neutralita della cella e il dominio a piccoli r del potenziale
elettrostatico dovuto al nucleo:
8
>
<(0) = 1
>
: ddx(x00) = (xx00)
(2.31)
Qui x0 = r0, essendo r0 il valore del raggio per cui l'atomo non e sottoposto a
pressione, che risulta innito. Dall'espressione di pressione e densita:
2 (x ) 5=2
8
(
Ze
)
5
P = 15h3m pF (r0) = 104 x 0
e
0
(2.32)
Am
B
= 4(x )3 =3
0
46
si deduce che queste grandezze si annullano per x0 ! 1. Il modello e quindi inadatto ai nostri scopi. La soluzione all'impasse e nella teoria di Thomas-Fermi-Dirac,
in cui pero si perde la proprieta di universalita dell'equazione di Thomas-Fermi,
che permette di ottenere le soluzioni per celle diverse semplicemente riscalando Z .
Ora bisogna risolvere, sempre con un'integrazione numerica fatta per i valori di Z
interessanti (nel nostro caso Z = 26, corrispondente al 56
26 Fe), l'equazione che si ottiene includendo nell'energia potenziale media di un elettrone il termine di scambio
2epF =h, e cioe:
" 1=2#
(x)
d2 (x) = x +
dx2
con
= 3232Z 2
(2.33)
x
1=3
(2.34)
Il potenziale senza eetti di scambio V0 e legato a da:
Ze2
(2.35)
x
e l'equazione di stato, dipendente da Z , si ottiene nella forma seguente(ricordiamo
che (x0 )=x0 e funzione del solo raggio atomico, dunque della densita!):
4
2
me
eV0 = E0 + h2
P = 10Ze4
2
"
#2
1=2
(x0 )
+ 641 x0
5=4
(x0 ) 1=2
x0
+
3
75
(2.36)
2.2.2 L'equazione di stato di Baym-Pethick-Sutherland
Il lavoro di Baym, Pethick e Sutherland ([20]) costituisce un progresso sulla equazione di stato di Harrison{Wheeler, che tiene conto di essenzialmente due dettagli
importanti assenti nel modello precedente. In primo luogo, i nuclei reali hanno
47
valori interi e non continui di A e Z ; la procedura impiegata qui consente di determinare in buona approssimazione la sequenza esatta di nuclidi che minimizzano
l'energia al variare della densita. In secondo luogo viene considerata anche l'energia
di reticolo coulombiana L, che e irrilevante nel determinare la pressione esercitata
dagli elettroni3, ma ha un ruolo importante nell'individuazione della composizione
all'equilibrio, che dipende proprio dalla competizione tra questo termine e quello di
energia superciale nucleare.
Nell'ipotesi che il reticolo sia cubico a corpo centrato (di tipo bcc, per body
centered cubic), il termine da introdurre ha la forma:
L = 1:44423Z 2=3e2 n4e=3
(2.37)
e la densita di energia e:
= n(1 YnA)M (A; Z ) + 0e(ne) + n(nn ) + L
Alla 2.19 si puo quindi sostituire l'analoga condizione:
(2.38)
4ZL
@ = 0 () E = 1 M (A; Z ) + Z (E
2
(2.39)
F e me c ) +
Fn
@Yn
A
3ne
Ignorando per semplicita l'interazione tra neutroni liberi e nuclei, la condizione di
neutron drip corrisponde all'uguaglianza tra energia di Fermi e massa del neutrone
(EFn = mnc2). A densita inferiori rispetto a quella del neutron drip n = 0, e si puo
determinare l'equazione di stato con il metodo seguente:
1) Si ssa n. Presa una coppia (A; Z ) di prova, da una formula di massa tabulata
si puo ricavare M (A; Z ), e noti nN = n=A, ne = Zn=A (per la neutralita di carica),
si ottiene la corrispondente. Ripetendo la procedura per tutte le coppie possibili,
3 Si puo dimostrare che l'energia di reticolo coulombiana corrisponde a una correzione relativa
sulla pressione Z 2=3 .
48
si individua il giusto valore di (A; Z ) come quello in corrispondenza del quale la
densita di energia e minima;
2) Ora basta calcolare:
@(=n) 2
P = n @n
= Pe + PL
(2.40)
A;Z
Qui Pe si ottiene come visto derivando la formula 2.7, mentre PL = L =3 (cfr.
formula 2.37). Ora, dato che P (r) deve essere una funzione continua all'interno
della stella, in una transizione di fase ci sono necessariamente delle discontinuita
in n e ; ma dato che PL Pe, e che Pe = Pe(ne), ne segue che ne = nZ=A e
approssimativamente continua in una transizione di fase da un nuclide all'altro. Di
qui si puo stimare la variazione percentuale della densita di massa:
n (Z=A)
(2.41)
n
(Z=A)
62
Per esempio, in una transizione da 56
26 Fe a 28 Ni si trova = 0:029. Il problema
fondamentale di questa procedura consiste nel fatto che per determinare la pressione a cui avviene la transizione e necessario usare, per le ragioni ben note dalla
termodinamica, una costruzione \delle uguali aree" di Maxwell.
La cosa si puo evitare usando un metodo alternativo per determinare la sequenza
di nuclidi, basato sulla minimizzazione della densita di energia libera di Gibbs g a
P costante. Usando la 2.40 e l'espressione esplicita di e facile trovare:
M (A; Z ) + ZEF e + 43ZneL
+
P
(2.42)
g= n =
A
A questo punto, la procedura da usare e la seguente:
3
1) Si ssano P , A e Z , e si risolve in ne = 3x2e3e l'equazione trascendente P = Pe +PL.
Noto ne, si calcola g;
2) L'operazione viene ripetuta variando A e Z no a trovare il minimo; dato che
la pressione e ssata, la densita a cui avviene la transizione e ora univocamente
determinata.
49
La sequenza di nuclidi che Baym, Pethick e Sutherland trovano con questo metodo mostra come gli eetti di shell siano determinanti nello stabilizzare i nuclei.
Il neutron drip avviene, secondo i loro calcoli, a una densita (che e ormai assunta
come \canonica" in letteratura) drip = 4:3 1011 g cm 3 . Il nuclide corrispondente
e 118
36 Kr, per un rapporto Z=A = 0:3051. E inoltre interessante notare che l'utilizzo
di formule di massa migliori, come mostrato nel libro di Shapiro e Teukolsky ([112]),
lascia sostanzialmente inalterati questi risultati.
2.2.3 L'equazione di stato di Baym-Bethe-Pethick
Trattando l'equazione di stato di Baym,Bethe e Pethick ([18]) e le sue correzioni
completeremo ora il quadro sulle equazioni di stato a densita inferiori a quella per cui
i nuclei del reticolo iniziano a \fondersi" (nucl = 2:67 1014 g cm 3). Mano a mano
con l'aumento della frazione di neutroni decresce infatti la componente tensoriale
della forza nucleare agente tra nucleoni diversi in uno stato 3S1 3 D1 e responsabile,
ad esempio, della stabilita del deutone come stato legato. Di conseguenza, al crescere
della densita i nuclei tendono a sciogliersi nel mare di neutroni che li circonda.
Il problema e allora quello di usare una formula di massa (ottenuta nel caso
presente anche sulla base di calcoli su sistemi a molti corpi) ibrida, che sia in grado
di descrivere sia nuclei ricchi di neutroni che il gas neutronico che li circonda. Una
formulazione del problema da quest'ottica e tanto piu necessaria se si considera il
fatto che i t su materia nucleare ordinaria (Z=A 0:5) e i calcoli a molti corpi su gas
di neutroni non portano, proprio per la diversita delle tecniche adottate, a risultati
coerenti nel limite Z=A 1. Un aspetto importante di questa trattazione ibrida
consiste nella riduzione dell'energia superciale a causa dell'omogeneita pian piano
crescente tra il gas esterno e la materia nucleare. E inoltre necessario fare dei passi
avanti nella considerazione dell'energia reticolare coulombiana, con l'introduzione di
50
termini di ordine superiore in Z 2=3. La richiesta di maggiore accuratezza in questo
senso e motivata dal fatto che il termine coulombiano pesa molto nel determinare la
congurazione di equilibrio a grandi densita. Lo si vede subito su basi dimensionali:
l'energia coulombiana di un singolo nucleo, 3(Ze)2 =5rN , risulta comparabile a
quella reticolare, (Ze)2 =a, non appena il passo reticolare a nN1=3 diventa
comparabile ad rN . E chiaro come a densita 1014 g cm 3 un eetto di questo
genere diventi cruciale.
Nel \modello a goccia di liquido comprimibile" adeguato alla situazione costruito
da Baym, Bethe e Pethick la densita di energia viene scritta come:
= (A; Z; nN ; nn; VN ) = nN (WN + WL) + n (nn)(1 VN nN ) + e(ne)
(2.43)
Qui le due funzioni di A; Z; nn e VN che abbiamo chiamato WN e WL rappresentano
rispettivamente l'energia di un nucleo e l'energia reticolare; gli altri simboli hanno
signicati ovvi, ed e immediato vedere che VN nN altri non e che la frazione di volume
occupata dai nuclei. Risultano inoltre utili le seguenti relazioni:
ne = ZnN
(2.44)
n = AnN + (1 VN nN )nn
(2.45)
nn = NV n = V (1 NVn n )
(2.46)
n
N N
Qui Nn e il numero di neutroni liberi in un volume Vn fuori dai nuclei, e V e un
volume contenente Nn neutroni e nN V nuclei.
L'equilibrio e caratterizzato, al solito, dalla condizione che sia minima ad n
ssato, il che porta a quattro condizioni indipendenti, corrispondenti sicamente
alla richiesta che:
1) l'energia per nucleone all'interno dei nuclei sia minima;
2) i nuclei siano stabili rispetto al decadimento ;
51
3) il gas di neutroni sia in equilibrio con i neutroni nei nuclei;
4) la pressione del gas di neutroni sia uguale a quella esercitata dai nuclei.
Si puo vericare che la pressione complessiva e:
=n) = P (G) + P + P
P n2 @ (@n
(2.47)
e
L
con:
=ne )
Pe = n2e @ (@n
(2.48)
e
@W 2
(2.49)
PL = nN @n L
N
Z;A;VN ;nn
P (G) = nn(nG) n
dove il potenziale chimico dei neutroni liberi e denito come:
@W n
dn
N
(
G
)
n 1 V n @n N
+ dn
N N
n Z;A;nN ;VN
n
(2.50)
(2.51)
La parte piu delicata del modello e la determinazione della forma funzionale di
WN ; WL; nn ed ne. La soluzione adottata da Baym, Bethe e Pethick consiste nell'usare appunto un \modello a goccia di liquido comprimibile", in cui l'energia di un
nucleo viene scritta cosi (WC e l'energia coulombiana, WS l'energia superciale):
WN = A[(1 x)mnc2 + xmpc2 + W (k; x)] + WC + WS
(2.52)
Qui W (k; x) e l'espressione dell'energia per nucleone della materia nucleare asimmetrica (con N = (A Z ) 6= Z ), avente una frazione di protoni x e una densita
nucleonica:
3
n 32k 2
(2.53)
Essa tiene conto degli eetti dell'interazione nucleone-nucleone, ma non di quelli
di supercie e delle interazioni coulombiane. All'interno dei nuclei, n = A=VN ;
52
per avere un quadro consistente, il gas di neutroni e descritto dalla stessa funzione
W (k; x = 0), cioe:
n = nn[W (kn; 0) + mn c2]
(2.54)
3
nn 32kn2
(2.55)
con:
Notiamo che 21=3 kn = kF e la relazione tra kn e l'usuale impulso di Fermi.
La funzione W (k; x) viene determinata interpolando i risultati di calcoli a molti
corpi ottenuti in vari limiti per k e x; i parametri liberi sono ssati con un t ai dati
nucleari disponibili, come in una normale formula di massa, anche se ora c'e una
dipendenza dalla densita (tramite k). Il potenziale a due corpi usato nei calcoli e
il \Reid soft-core" ([102]), che descriveremo in dettaglio nel seguito, a cui viene aggiunta una correzione fenomenologica con lo scopo di riprodurre l'energia di legame
per nucleone nel caso simmetrico (x = 1=2). Questa correzione non viene aggiunta
nel calcolo per materia puramente neutronica (x = 0), perche in questo caso gli stati
pari di tripletto (3 S1 e 3D1), in cui le forze tensoriali responsabili della correzione
sono importanti, sono proibiti (gli unici stati permessi hanno evidentemente isospin
T = 1). Fatto il calcolo di W (k; x) per x = 0 e x = 1=2 Baym, Bethe e Pethick
usano un'interpolazione polinomiale per ottenere W (k; x) per valori arbitrari di x.
L'energia superciale WS e costruita in modo da annullarsi quando la densita
del gas di neutroni e quella dei nuclei coincidono, sulla base della teoria di ThomasFermi per nuclei di dimensioni nite sviluppata da Bethe. La prima stima di questo
termine fornita nell'articolo originario e la seguente:
WS = (Wow Wi) 1 nno
o
i
53
2=3
A2=3 = wS A2=3
(2.56)
In questa formula ni ed no rappresentano le densita dentro e fuori dal nucleo; l'energia W (k; x) viene riespressa come W (n), essendo n = n(r) la densita di nucleoni,
e si pone Wo = W (no), Wi = W (ni); wo e un parametro di adimensionalizzazione,
mentre e un coeciente dell'ordine di grandezza di 20 MeV.
Anche WC ha una forma piu complessa di quella data dal termine dominante
3(Ze)2=5rN , tipico di una sfera uniformemente carica di volume VN = 4rN3 =3, in
cui si include anche l'energia reticolare WL . Il risultato di Baym, Bethe e Pethick e:
2 r 2
3(
Ze
)
r
N
WC +L = 5r
1 r
1 + 2rN
(2.57)
N
c
c
con 4nN rc3=3 1.
Gli elettroni sono trattati come un gas di Fermi ideale e degenere, e la correzione
principale a questa approssimazione, cioe WL, e gia stata inclusa, per cui possiamo
usare l'espressione ben nota per il caso ultrarelativistico:
2
4=3
e = ~c(34n2 e )
(2.58)
Una volta data la forma esplicita delle W e possibile nalmente trovare l'equazione di stato. I risultati principali sono assolutamente ragionevoli. Intanto, al
crescere della densita i neutroni liberi forniscono un contributo sempre maggiore
alla pressione. La condizione di neutron drip e (nG) mnc2 ; al neutron drip sono
ancora gli elettroni a dominare, ma per = 1:5 1012 gcm 3 e gia Pn=P = 0:2, e
per = 1:5 1013 gcm 3 , Pn=P = 0:8. In secondo luogo, per densita inferiori a drip
l'indice adiabatico:
ddlnlnP
(2.59)
ha il valore tipico di un gas ultrarelativistico degenere di elettroni, cioe 4=3, per poi
crollare a densita leggermente superiori, visto che il gas di neutroni contribuisce molto alla densita, ma ancora poco alla pressione; solo quando 71012 gcm 3 torna
54
superiore a 4=3. I nuclei del reticolo iniziano a toccarsi gia per 2:4 1014 gcm 3,
e al di sopra di questa densita il sistema e a tutti gli eetti un liquido nucleare, caratterizzato anche da un potenziale chimico elettronico e 104 MeV m. Questo
signica che anche i muoni sono ormai entrati in gioco; l'articolo originale tiene conto anche delle mutate condizioni di equilibrio . Il calcolo viene arrestato a una
densita di 5 1014 g cm 3, al di sopra della quale la teoria della materia nucleare
standard non e piu applicabile.
Un ulteriore miglioramento: Negele e Vautherin
Uno dei punti deboli del modello descritto nel paragrafo precedente, di cui gli stessi
autori sono perfettamente consapevoli, e l'espressione dell'energia superciale WS .
Il loro semplice modello prevede una crescita monotona di Z con A; con diversi
trattamenti ([101]), nei quali i risultati ottenuti in approssimazione di ThomasFermi vengono confrontati con calcoli analoghi fatti con tecniche variazionali alla
Hartree-Fock, si trova invece un valore di Z piu o meno costante, pari circa a 40,
per grandi A.
Il lavoro di Negele e Vautherin ([91]) ha stabilizzato l'equazione di stato subnucleare in una forma a tutt'oggi ritenuta valida. Senza entrare nei dettagli, notiamo
soltanto che l'innovazione tecnica principale introdotta nei loro calcoli variazionali
consiste nell'utilizzo di una DME (Density Matrix Expansion) necessaria a rendere ragionevole il tentativo di applicare una tecnica DDHF (Density-Dependent
Hartree-Fock) a sistemi costituiti anche da 5000 nucleoni per cella unitaria.
Dal punto di vista sico un miglioramento essenziale riguarda l'energia superciale, che ora tiene conto di termini A1=3 dovuti alla curvatura della supercie
(sferica, e non piana, come in prima approssimazione la avevano considerata Baym,
Bethe e Pethick) della cella unitaria di Wigner-Seitz. Viene anche prestata mag55
giore attenzione agli eetti di shell nucleari, che, come visto trattando l'equazione
di stato di Baym, Pethick e Sutherland, sono essenziali nel determinare lo stato
fondamentale al di sotto di drip.
Il regime considerato con maggiore attenzione da Negele e Vautherin e appunto
compreso fra la sequenza di nuclei ricchi di neutroni precedente il drip e la densita
nucleare nucl. I loro risultati confermano quelli di Baym, Pethick e Sutherland e
mostrano un'interessante (e confortante) continuita nel comportamento delle distribuzioni di densita di protoni e neutroni prima e dopo drip: al decrescere del raggio
della cella, la densita dei protoni nei nuclei decresce e quella del gas neutronico cresce. La soluzione di Baym, Bethe e Pethick ad alte densita estende questi risultati
senza evidenti discontinuita in P () e nella sua derivata.
2.3 Equazioni di stato a densita supranucleari
2.3.1 Richiami sull'interazione nucleone-nucleone
Il punto di partenza per investigare un sistema a molti corpi come un nucleo o
una stella di neutroni da un punto di vista microscopico e la determinazione
dell'interazione a due corpi tra i nucleoni.
Evidentemente una descrizione dell'interazione in termini di un potenziale e possibile solo nel limite non{relativistico. Trattare il sistema in approssimazione non
relativistica e ragionevole: ricordiamo infatti che, descrivendo la materia di cui e
composta la stella con un gas di neutroni degenere di densita pari a 4nucl (la densita centrale di una stella di neutroni canonica, con M ' 1:4M e R ' 10 km),
avevamo trovato (formula 1.19) per l'energia cinetica media di un neutrone un valore pari a circa 90 MeV, corrispondente a una temperatura 1012 K. Questa stima
indica che la maggior parte delle collisioni tra i nucleoni avviene in regime non relati56
vistico. Inoltre il fatto che l'energia cinetica in gioco sia molto maggiore dell'energia
termica corrispondente a temperature dell'ordine di 109 K (cioe alle temperature
tipiche di una stella di neutroni) giustica l'approssimazione di temperatura zero
per la materia stellare.
Non esiste ancora una derivazione della forza che si esercita tra due nucleoni a
partire dalla teoria fondamentale delle interazioni forti. Cio che e possibile fare a
partire da una teoria microscopica e costruire un potenziale che descriva la parte
a lungo raggio (r & 0:8 fm) dell'interazione, dovuta allo scambio di un mesone (m 140 MeV). Il potenziale a medio e corto raggio e invece determinato fenomenologicamente in modo da riprodurre gli sfasamenti (\phase shifts") nella diusione
nucleone{nucleone no a energie dell'ordine di 350 MeV nel sistema di riferimento del laboratorio. I potenziali dell'ultima generazione contengono tipicamente 40
parametri e permettono di riprodurre circa 4300 dati sperimentali con un 2 1:1
([127]).
E possibile ricavare una buona quantita di informazioni sulla struttura del potenziale a due corpi a partire da semplici principi di invarianza. Il potenziale a due corpi
V (1; 2) e completamente specicato dai suoi elementi di matrice tra stati a due nucleoni, descritti, nella rappresentazione delle coordinate, dal ket jr1 s1t1 r2s2t2 i (dove
si = 1=2 e ti = 1=2 sono ovviamente le coordinate di spin e isospin):
hr01s01 t01r02 s02t02 jV (1; 2)j r1s1t1 r2s2 t2i
(2.60)
Lo spazio degli stati a due particelle e in eetti ottenuto dal prodotto interno
tra le coordinate jri, jsi e jti. Dato che per l'identita tra le matrici di Pauli:
i j = ij + iijk k
(2.61)
ogni operatore nello spazio degli spin di una particella si puo rappresentare come
combinazione lineare delle tre matrici e della matrice identita 0 (e che un di57
scorso assolutamente analogo vale per lo spazio dell'isospin), la forma piu generale
dell'operatore V (1; 2) sara:
V (1; 2) =
3
X
i;j =0
(1) (2)
Wij i j =
3 X
3
X
i;j =0 k;`=0
Vijk`i(1) j(2) k(1) `(2)
(2.62)
Le Vijk` sono generalmente degli operatori non locali, cioe degli operatori integrali
nello spazio delle coordinate:
Vijk`jr1r2i =
Z
Vijk`(r01; r02; r1; r2)jr01r02id3r10 d3r20
(2.63)
Nel caso speciale in cui:
Vijk`(r01; r02; r1; r2) = (r1 r01)(r2 r02)Vijk`(r1; r2)
si dice che Vijk` e un potenziale locale, e allora:
Vijk`jr1r2i = Vijk`(r1; r2)jr1r2i
Facendo un'espansione in serie del ket jr01r02i e facile convincersi che i potenziali
non{locali sono associati a una dipendenza dalla velocita, nel senso che la 2.63 puo
riscriversi come:
Vijk`jr1r2i =
Z
Vijk`(r01; r02; r1; r2)ei=~(r01
r1 )p1 +i=~(r02 r2 )p2
= Veijk`(r1; p1; r2; p2)jr1r2 i
jr1r2id3r10 d3 r20 =
(2.64)
Ne segue che eettivamente la forma piu generale del potenziale e la 2.62, pur di
pensare le Vijk` come funzioni di r1, r2, p1 e p2 .
58
Tuttavia l'espressione 2.62 puo notevolmente semplicarsi imponendo un certo
numero di simmetrie. Riscriviamola per brevita nella forma:
V (1; 2) = V (r1; p1; (1) ; (1) ; r2; p2; (2) ; (2) )
(2.65)
Questo operatore deve essere hermitiano. Inoltre dovra essere invariante:
1) Per scambio delle coordinate:
V (1; 2) = V (2; 1)
(2.66)
2) Sotto traslazioni (e dunque dovra dipendere solo dalla distanza relativa tra le
particelle r = r1 r2):
V (1; 2) = V (r; p1; (1) ; (1) ; p2 ; (2) ; (2) )
(2.67)
3) Nel passaggio a un sistema di riferimento in moto a velocita costante (invarianza
galileiana), per cui dovra dipendere solo da p = 21 (p1 p2 ):
V (1; 2) = V (r; p; (1) ; (1) ; (2) ; (2) )
(2.68)
4) Sotto trasformazioni di parita:
V (r; p; (1) ; (1) ; (2) ; (2) ) = V ( r; p; (1) ; (1) ; (2) ; (2) )
(2.69)
5) Sotto inversione temporale:
V (r; p; (1) ; (1) ; (2) ; (2) ) = V (r; p; (1) ; (1) ; (2) ; (2) )
(2.70)
6) Sotto rotazioni nello spazio delle coordinate (che coinvolgono anche le matrici di
spin (i) ). Dalla 2.62 e immediato vedere che W00 , funzione di r e p, deve essere
59
uno scalare. Ci sono tre scalari indipendenti che si possono costruire a partire dai
vettori r e p: r2, p2 e (r p + p r). Per l'invarianza sotto inversione temporale,
pero, quest'ultimo oggetto puo comparire solo quadraticamente. Conviene esprimere
(r p + p r)2 come funzione di r2, p2 ed L2 = (r p)2 ; dunque W00 = W00(r2 ; p2; L2).
Dall'invarianza sotto parita e scambio delle coordinate segue:
V (r; p; (1) ; (2) ) = V (r; p; (2) ; (1) )
(2.71)
Ma allora i termini nella 2.62 lineari in (i) dipendono solo da S = 21 (1) + (2) ,
e per formare uno scalare a partire da S se ne deve fare il prodotto scalare con un
vettore invariante sotto parita, cioe con L: L S = 12 L (1) + (2) .
I termini quadratici nelle (i) formano un tensore, che puo essere decomposto in
termini di uno scalare (1) (2) , di un vettore (1) (2) e di un tensore simmetrico
(2)
(1) (2)
1 a traccia nulla ( (1)
i k + k i ) 1 3 ik . Dalla 2.71 segue che la combinazione
(1) (2) non puo comparire. Si puo mostrare che le sole combinazioni indipendenti
che restano sono, a parte moltiplicazioni per una funzione arbitaria di r2, p2 ed L2:
(1) (2) , (r (1) )(r (2) ), (p (1) )(p (2) ), e (L (1) )(L (2) ) + (L (2) )(L (1) ).
Un'altra proprieta molto importante dell'interazione tra nucleoni e la simmetria
di carica, cioe il fatto che (se si trascura l'interazione elettromagnetica) la forza che
agisce tra due protoni o tra due neutroni e la stessa. Questa proprieta si deduce dalla
posizione dei livelli energetici dei nuclei cosiddetti \speculari" (\mirror nuclei"),
come per esempio 15 N7 e 15O8 . La simmetria di carica e una manifestazione di una
proprieta piu generale: l'invarianza isotopica delle forze nucleari. Questa proprieta
implica che la forza agente tra due nucleoni dipenda, oltre che dalla posizione e dallo
spin totale, solo dall'isospin totale della coppia. Per esempio, la forza agente tra due
protoni (il cui isospin totale e T = 1) in uno stato di spin totale S = 1 e uguale a
quella agente tra un protone e un neutrone con S = 1 e T = 1. Questa proprieta si
60
descrive formalmente come un'invarianza sotto rotazioni nello spazio dell'isospin, e
implica che la forma piu generale del potenziale contenga solo termini lineari in (1)
e (2) .
Nel caso di forze puramente centrali (dipendenti solo dalla distanza r tra i
nucleoni) e locali possiamo quindi scrivere:
VC (1; 2) = V0 (r) + V (r) (1) (2) + V (r) (1) (2) + V (r) (1) (2) (1) (2)
(2.72)
L'esistenza di un momento quadrupolare non nullo nel nucleo di deuterio 2 H dimostra chiaramente l'esistenza di componenti non centrali del tipo:
VT (1; 2) = VT0 (r) + VT (r) (1) (2) S12
(2.73)
dove:
3 (1) r (2) r
S12 =
(1) (2)
(2.74)
r2
Il valor medio di questa \interazione tensoriale" in uno stato a simmetria sferica e
naturalmente zero. Il piu importante termine non locale e l'interazione spin{orbita
a due corpi:
VLS = VLS (r)L S
(2.75)
Nella struttura generale descritta dalle equazioni 2.72 e 2.73 rientra l'interazione a
lungo raggio dovuta allo scambio di un pione:
3 3 e x
2 c m3
g
(2.76)
v = 4~m2 3 ( 1 2 ) ( 1 2 ) + S12 1 + x + x2 x
N
4 ( )(~r) ;
3 1 2
61
dove x = r = (m cr)=~. I potenziali \realistici" moderni vengono generalmente
scritti nella forma:
V (1; 2) = vS (1; 2) + vI (1; 2) + v (1; 2) =
X
p
vp(r12)O12p
(2.77)
Qui vS (1; 2) parametrizza empiricamente il potenziale a distanze r . 0:5 fm, dove
si ritiene che l'interazione sia dovuta a scambio di mesoni pesanti (per esempio il
mesone ! con massa m! = 780 MeV) o a fenomeni piu complessi, in cui entra in
gioco il fatto che i nucleoni non sono in realta particelle puntiformi. Invece vI (1; 2)
descrive l'interazione a distanze intermedie, che si pensa dovuta principalmente allo
scambio di due pioni. Per ottenere un t accurato degli sfasamenti e necessario
introdurre tipicamente no a 14 termini nella somma che compare nell'equazione
2.77. I corrispondenti operatori O12p sono:
O12p=1;14 = [1; 1 2; S12 ; (L S )12;LL2 ;LL2 1 2; (L S )212] [1; 1 2 ]
(2.78)
La convenzione generalmente adottata consiste nell'assegnare numeri dispari ai termini senza dipendenza dall'isospin, e viceversa. Per ovvie ragioni, il modello ora descritto prende il nome di modello \v14". Le funzioni radiali vp contengono i parametri
i cui valori sono determinati dal t dei dati sperimentali.
2.3.2 Confronto con i dati sperimentali
Usando il potenziale a due corpi 2.77, discusso nella precedente sezione, e possibile
costruire l'hamiltoniana nucleare in approssimazione non{relativistica:
H=
A 2
X
~
i=1
A
X
2m ri + i<j=1 V (i; j )
2
62
(2.79)
In linea di principio le proprieta dello stato fondamentale nucleare possono essere
ottenute risolvendo l'equazione di Schrodinger:
H ji = E ji
(2.80)
Sfortunatamente gia nel caso A = 3, in cui l'equazione 2.80 puo essere risolta esattamente, si ottiene un valore di E leggermente inferiore al valore sperimentale di 8:48
MeV (ad esempio, 7:68 MeV in [100]). Una discrepanza simile tra il valore teorico e
quello sperimentale dell'energia di legame dello stato fondamentale si trova in tutti
i nuclei leggeri (A 6) per i quali e possibile risolvere esattamente la 2.80 grazie
alle moderne tecniche stocastiche. Cio signica che questi nuclei non sono descritti
in modo sucientemente accurato dall'hamiltoniana 2.79. L'aggiunta di una interazione a tre corpi semifenomenologica permette di ottenere valori corretti entro il
percento dell'energia di legame per i nuclei con A 6 ([100]). Per valori maggiori
di A la situazione e piu complessa, poiche all'incertezza associata all'hamiltoniana nucleare si aggiungono le approssimazioni necessarie per risolvere l'equazione di
Schrodinger. Il problema principale connesso con la soluzione della 2.80 con l'hamiltoniana 2.79 e l'esistenza di una regione fortemente repulsiva di raggio 0:5
fm nel potenziale V (i; j ), che rende impossibile l'applicazione degli ordinari metodi
perturbativi ed ha portato allo sviluppo di approcci alternativi basati sull'uso del
principio variazionale di Rayleigh{Ritz.
Il sistema maggiormente studiato, che e anche quello che ci interessa piu da
vicino, e la materia nucleare innita. Si tratta di un sistema omogeneo, isotropo
e traslazionalmente invariante costituito da protoni e neutroni che interagiscono
unicamente tramite le forze nucleari. Queste proprieta di invarianza semplicano
notevolmente i calcoli teorici.
Alcune proprieta della materia nucleare simmetrica (cioe contenente un ugual
numero di neutroni e protoni) possono essere ricavate dalle proprieta osservate nei
63
nuclei. La densita di equilibrio e data dalla densita centrale dei nuclei pesanti,
nucl = 0:16 nucleonifm 3, che puo essere misurata con esperimenti di diusione
elastica elettrone{nucleo. L'energia di legame per un nucleo con Z protoni ed (A Z )
neutroni e data dalla formula semiempirica delle masse di Bethe e Weizsacker:
2
B (A; Z ) = aV A + aS A2=3 + aC Z 2A 1=3 + aI (N A Z )
(2.81)
L'energia di legame per particella della materia nucleare simmetrica corrisponde al
coeciente del termine di volume, aV = 16 MeV. L'applicazione della formula delle
masse alla materia nucleare simmetrica e alla materia di neutroni pura permette
l'estrazione della cosiddetta \energia di simmetria". Questa grandezza si ottiene da:
B (A; 0) B (A; A=2) = a ;
(2.82)
lim
I
A!1
A
e pari a circa 30 MeV, e ha origine nella dierenza di energia di legame tra nuclei
con stesso valore di A e diverso valore di Z .
Un'altra proprieta che puo essere ricavata da formule delle masse piu sosticate,
anche se con accuratezza molto minore, e la compressibilita, cioe la curvatura dell'energia di legame in funzione del momento di Fermi, calcolata in corrispondenza della
densita di equilibrio. I valori empirici della compressibilita variano nell'intervallo
240 300 MeV ([104]).
Sfortunatamente i calcoli teorici non riescono a riprodurre accuratamente le proprieta della materia nucleare. L'andamento dell'energia di legame in funzione della
densita presenta un minimo troppo profondo e a densita maggiore di nucl. Questo
tipo di patologia e sistematico e non sembra essere provocato dalle approssimazioni
impiegate per risolvere l'equazione di Schrodinger. Come nel caso dei nuclei leggeri,
l'accordo tra teoria e dati empirici puo essere migliorato introducendo nell'hamiltoniana un potenziale a tre corpi. In questo modo si riesce a riprodurre il valore
dell'energia di legame, ma la densita di saturazione e generalmente maggiore di nucl.
64
Nei paragra che seguono,trattando le varie equazioni di stato che ci interessano,
daremo maggiori dettagli sui metodi di calcolo con cui sono state ricavate.
2.3.3 Quattro modelli per l'equazione di stato
Pandharipande, modello A ([93])
Questo modello riguarda materia neutronica pura a temperatura zero, e puo essere
considerato come la piu semplice implementazione delle tecniche di calcolo variazionali. Il punto di partenza e la scelta di una funzione d'onda del tipo originariamente
introdotto da Jastrow ([66]):
(1; 2; :::; A) = F (1; 2; :::; A)
(2.83)
dove incorpora le proprieta statistiche e di simmetria del sistema. Nel nostro caso
avremo:
con:
A
Y
1
= p A ki (i)
A! i=1
(2.84)
ki (i) = p1 eikiri si ti
(2.85)
dove A e un operatore che antisimmetrizza il prodotto alla sua destra, e sono gli
spinori di Pauli che descrivono lo stato di spin e isospin del nucleone, e il volume
di normalizzazione e il numero d'onda ki soddisfa la condizione ki kF = (32)1=3 .
La F descrive la struttura delle correlazioni indotte dalle interazioni tra i nucleoni.
Nel modello che stiamo considerando F ha la forma:
F (1; 2; :::; A) =
65
A
Y
i<j =1
f (rij )
(2.86)
L'andamento della funzione di correlazione a due corpi f (r) riette l'andamento del
potenziale: a piccoli r, nella regione in cui il potenziale e fortemente repulsivo, f (r)
e piccola, il che implica che la probabilita di trovare due particelle molto vicine e
bassa; a distanze maggiori del range del potenziale f (r) ! 1, cosicche la presenza
del fattore di correlazione F diventa irrilevante nel caso limite di diluizione innita.
Per stimare l'energia di stato fondamentale il valor medio:
hH i = A1 hhjHjji i
(2.87)
con H e date rispettivamente dalle 2.79 e 2.83, viene minimizzato rispetto alle
variazioni della funzione di correlazione f . In pratica la minimizzazione puo essere
fatta o parametrizzando opportunamente la f , o ricavando un'equazione di Eulero
dalle derivate funzionali di hH i. Il calcolo della 2.87 comporta integrazioni multidimensionali la cui complessita cresce con A, proibitive gia per nuclei con A = 16
e chiaramente impraticabili per la materia nucleare innita. Per ovviare a questo
inconveniente si espande hH i secondo la:
hH i = hT0i +
1
X
n=2
hH in
(2.88)
dove hT0 i e il valor medio dell'energia cinetica nello stato , mentre hH in rappresenta il contributo all'energia del sistema dovuto a clusters di n particelle interagenti.
Nel modello A di Pandharipande l'espansione in clusters viene troncata al termine con n = 2, con la giusticazione che, con una scelta opportuna del range della
funzione di correlazione f (r), e possibile rendere piccolo il contributo dei termini
con n > 2. Questa procedura e comunemente chiamata \LOCV" (Lowest Order
Constrained Variational technique). E stato fatto notare tuttavia che il fatto che
la serie converga non necessariamente implica la sua convergenza a un hH i ragionevolmente vicino all'energia dello stato fondamentale. I calcoli in [22] e [23] hanno
66
mostrato che il valore di hH i ottenuto con espansioni troncate dipende in modo
critico dalle condizioni imposte sulla f (r) per ottenere una convergenza rapida, ed
e generalmente molto diverso da quello che si ottiene usando una f (r) piu generale
e calcolando esplicitamente i termini con n = 3 e 4.
Nel lavoro di Pandharipande il calcolo piu \realistico" riguarda il potenziale \soft
core" di Reid ([102]). Quando il momento angolare totale J > 2 questo potenziale
si riduce a quello di scambio di un pione 2.76; altrimenti viene scritto come:
V = VC (r) + VT (r)S12 + VLS (r)L S
(2.89)
Qui = m c=~; la parte centrale e quella di spin{orbita hanno la forma:
VC (x) =
1
X
an e
n=1
1
X
VLS (x) = cn e
mentre la parte tensoriale si scrive:
n=1
nx
(2.90)
x
nx
(2.91)
x
1
X
1
e nx
b
1
1
k
1
1
x
kx
b
+
VT (x) = x 3 + x + x2 e
+
e
(2.92)
n
x x2
x
n=2
Le costanti sono diverse per ogni valore di T , S e J 2. Solo a1 , b1 e c1 sono ssate
in modo da restituire il potenziale di scambio di un pione 2.76 a grandi distanze.
Nonostante le pesanti approssimazioni nel metodo di calcolo e la relativa semplicita del potenziale a due corpi, il modello mantiene un certo interesse. Le ragioni
sono essenzialmente due: e stato utilizzato molte volte in letteratura, e inoltre e possibile, proprio grazie alla semplicita dell'approccio, estenderlo per esplorare nuove
67
possibilita siche (ad esempio, la comparsa di iperoni ad alta densita). Complicazioni di questo genere sono molto piu dicili da includere in una trattazione piu
accurata del problema.
Pandharipande, modello B ([94])
La materia di neutroni pura considerata nel modello A rappresenta una semplicazione drastica rispetto alla situazione rilevante per la materia stellare. Come
abbiamo visto, una rappresentazione piu realistica richiede l'introduzione di protoni, elettroni e (a densita sucientemente alta) muoni. Al crescere di puo divenire
conveniente dal punto di vista energetico la comparsa di barioni di massa maggiore
della massa del nucleone, cioe di iperoni ([17]). Il meccanismo e analogo a quello
discusso per spiegare l'apparire dei neutroni, anche se in questo caso e necessario
che il guadagno in energia cinetica sia almeno pari alla dierenza tra la massa degli
iperoni e quella del nucleone, cioe dell'ordine delle centinaia di MeV.
Nel modello B vengono incluse le seguenti particelle (i numeri tra parentesi sono
valori indicativi per le rispettive masse espresse in MeV): neutroni (939), protoni
(939), (1116), 0 (1193), 0 (1236), e e . Il primo problema che si incontra in un modello di questo tipo consiste nel descrivere l'interazione tra iperoni e
nucleoni (poiche la densita degli iperoni e relativamente bassa, il trattamento delle
interazioni iperone{iperone e meno critico). La relativamente scarsa quantita dei
dati di diusione iperone{nucleo rende molto dicile ottenere potenziali fenomenologici analoghi a quelli per l'interazione tra nucleoni. Le informazioni sperimentali
ottenibili dallo studio degli ipernuclei (cioe sistemi nucleari in cui un nucleone e sostituito da un iperone) indicano che l'interazione iperone{nucleone e simile a quella
nucleone{nucleone (repulsione a corto raggio, attrazione a distanze intermedie). Per
questa ragione, nella referenza [94] si e assunto che la parte repulsiva dell'interazione
68
sia universale. L'energia di separazione di una particella da un ipernucleo e sensibilmente minore dell'energia necessaria per rimuovere un protone: cio suggerisce
che l'attrazione tra una e un nucleone sia piu debole di quella tra due nucleoni. Per tenere conto di questo fatto Pandharipande ha descritto la parte attrattiva
dell'interazione tra iperoni usando l'interazione nucleone{nucleone ridotta del 10%.
L'approccio utilizzato per eettuare i calcoli e anche in questo caso un LOCV.
L'energia totale del sistema viene minimizzata rispetto alla densita barionica totale
col vincolo della neutralita di carica. La concentrazione k della k{esima specie
barionica e legata al corrispondente potenziale chimico k dalla:
hH i
k = @@
(2.93)
k
e i potenziali chimici soddisfano le relazioni:
n = = 0 = 0 = 0
(2.94)
p = + = + = 0 e
(2.95)
per i barioni neutri,
per quelli carichi positivamente e:
= = 0 + e
e = = e
(2.96)
per quelli carichi negativamente. In queste relazioni 0 e e sono determinati dalla
densita totale e dalla richiesta di neutralita di carica.
A causa dell'incertezza associata ai risultati di questa teoria, l'interesse dell'uso
dei modelli A e B risiede soprattutto nella possibilita di confrontare due descrizioni
qualitativamente diverse della materia stellare trattate in modo consistente tra loro.
La dierenza piu evidente che si osserva tra le equazioni di stato A e B e, a parita
69
di densita, una signicativa diminuzione della pressione nel modello B rispetto al
modello A. Cio e dovuto al fatto che gli iperoni che compaiono nel mezzo nel modello B, avendo energia cinetica non elevata, contribuiscono relativamente poco alla
pressione.
Come ultima notazione va rilevato che le equazioni di stato risultanti dai modelli
A e B presentano un problema comune a tutte le trattazioni non{relativistiche: a
densita molto alte violano la causalita, cioe la velocita del suono dPd 1=2 diventa
superiore alla velocita della luce. Fortunatamente, pero, questo avviene tipicamente
a densita molto maggiori di quelle ( nucl) rilevanti per la struttura di equilibrio
delle stelle di neutroni.
Wiringa{Fiks{Fabrocini, UV14+TNI ([126])
Il modello di Wiringa, Fiks e Fabrocini da noi considerato contiene numerosi e sostanziali miglioramenti rispetto ai modelli A e B di Pandharipande. L'hamiltoniana
impiegata e molto piu realistica da diversi punti di vista.
Innanzitutto l'interazione a due corpi, descritta nel lavoro di Lagaris e Pandharipande [70], e del tipo v14 (formule 2.77 e 2.78), e quindi contiene un numero di
componenti maggiore rispetto al potenziale di Reid. In dettaglio, il potenziale usato
(\Urbana V14") ha la forma seguente:
V (i; j ) =
14
X
p=1
[vp (rij ) + vIp(rij ) + vSp (rij )]Oijp
(2.97)
Per brevita, useremo per gli operatori Oijp con p = 1; 6 le abbreviazioni c (centrale), (isospin), (spin), , t(tensoriale) e t . La componente radiale e costruita
sommando tre termini diversi. Il primo rappresenta la parte a lungo raggio dell'interazione 2.76, attribuibile allo scambio di un pione tra la coppia di nucleoni. Il
secondo termine proviene invece dallo scambio di due pioni, ha medio raggio, e ne
70
modelliamo la forma prendendo semplicemente il quadrato della funzione tensoriale
di scambio di un pione T (r):
vIp(r) = I pT 2(r)
dove (x = r = (m c=~)r):
x
T (r) = 1 + x3 + x32 ex
(2.98)
(2.99)
Inne, abbiamo un termine a corto raggio che viene dallo scambio di mesoni pesanti
o dalla sovrapposizione di sistemi composti di quark, cui diamo la forma di un
potenziale di Woods-Saxon W (r):
Sp
(2.100)
r R
1 + e( a )
I parametri da determinare tramite t dei dati sono quelli che ssano il carattere a
corto raggio dei potenziali, e cioe gli fI pg ed fS pg.
Oltre ai miglioramenti su V (i; j ) viene introdotta un'interazione a tre corpi (TNI,
per Three Nucleon Interaction) puramente fenomenologica, grazie alla quale e possibile riprodurre correttamente le proprieta di equilibrio della materia nucleare simmetrica. La forza a tre corpi e responsabile di una correzione attrattiva del 5%
all'energia potenziale alla densita di equilibrio nucl . Ovviamente la sua importanza
aumenta rapidamente al crescere della densita, perche allora aumenta la probabilita
di trovare tre o piu nucleoni interagenti.
E stato anche utilizzato un operatore di correlazione molto piu sosticato di
quello adottato da Pandharipande, la cui struttura riette strettamente quella del
potenziale a due corpi, nel senso che:
VSp(r) = S pW (r) =
F =S
A
Y
i<j =1
71
Fij
(2.101)
dove l'operatore S simmetrizza il prodotto alla sua destra, mentre:
Fij =
8
X
p=1
f p(rij ; fkp g)Oijp
(2.102)
La simmetrizzazione del prodotto delle Fij e resa necessaria dal fatto che i commutatori del tipo [Oijp ; Oikp ] non sono tutti nulli. Nella 2.102 gli fkp g sono dei parametri
che vengono determinati minimizzando il valore di aspettazione dell'hamiltoniana.
Il valor medio hH i e calcolato usando la teoria FHNC (Fermi Hyper{Netted
Chain: cfr. ad esempio [48]), che permette di sommare le piu importanti classi
di contributi all'espansione a cluster contenenti un numero arbitrariamente elevato
di particelle. I confronti tra i risultati ottenuti usando queste tecniche e quelli
ottenibili in sistemi semplici con tecniche stocastiche molto precise mostrano che la
teoria FHNC e in grado di fornire approssimazioni accurate dell'energia di legame
dello stato fondamentale. Per avere un'idea del miglioramento dovuto all'uso della
teoria FHNC rispetto all'approssimazione a due corpi utilizzata da Pandharipande
si tenga presente che alla densita di equilibrio nucl i clusters a piu di due particelle
danno un contributo pari a circa il 35% dell'energia di legame totale, e che tale
contributo cresce al crescere della densita.
Wiringa, Fiks e Fabrocini hanno calcolato l'energia di legame per particella della
materia neutronica pura e della materia nucleare simmetrica, descrivendo la materia
stellare come una miscela di neutroni, protoni ed elettroni in equilibrio beta. Se si
denisce la frazione protonica x = p=, dai due casi limite x = 0 ed x = 1 si puo
ottenere l'equazione di stato per frazione protonica arbitraria con un procedimento
di interpolazione parabolica. Lagaris e Pandharipande ([72]) hanno infatti mostrato
che, in uno sviluppo in serie, solo i termini quadratici nel parametro di asimmetria
= (1 2x) sono rilevanti per l'energia del modello UV14+TNI. Allora l'energia
72
della materia asimmetrica e ben approssimata dalla formula:
E (; x) = TF (; x) + V0() + (1 2x)2 V2()
(2.103)
dove TF e l'energia cinetica di un gas di Fermi non relativistico:
2
TF (; x) = 53 2~m (32)2=3 [x5=3 + (1 x)5=3 ]
(2.104)
Le funzioni V0() e V2() sono facilmente determinabili dai risultati dei calcoli variazionali per x = 0 ed x = 1=2. Applicando la condizione di equilibrio e considerando
elettroni degeneri ed ultrarelativistici abbiamo:
@E ()
n p = e = @N
e
~2
(2.105)
() 2m (32)2=3 [(1 x)2=3 x2=3 ] + 4(1 2x)V2() =
p
= m2e + (~kF e)2 ' ~(32xe)1=3
Con la condizione di neutralita di carica, x = xe, questa equazione determina x
come funzione di , e dunque E (; x()).
Quando poi e m , per tener conto della comparsa dei muoni nel mezzo, sostituiremo la 2.105 con:
q
q
n p = e = = m2 + (~kF )2 = m2 + ~2 (32x )2=3
(2.106)
dove x = xe + x .
Dal punto di vista della complessita del modello stellare, la descrizione di Wiringa, Fiks e Fabrocini e intermedia tra quelle dei modelli A e B di Pandharipande:
non si tratta semplicemente di neutroni interagenti, ma non si tiene neppure conto
dell'eventuale comparsa di iperoni. D'altra parte l'hamiltoniana nucleare usata e
molto piu realistica, e soprattutto, grazie ai progressi nello studio del problema a
molti corpi nucleare, e molto maggiore l'accuratezza del calcolo di hH i. L'introduzione del potenziale a tre corpi ha l'eetto di rendere molto piu rigida l'equazione di
73
stato, cioe aumenta la pressione a parita di densita e rende la materia stellare meno
comprimibile. La violazione della causalita avviene a densita molto alte, dell'ordine
di 10 nucl. Nel caso di una stella di neutroni \canonica", con M = 1:4M, che
in questo modello ha una densita centrale molto minore ( 4nucl ), i calcoli sono
ancora ragionevolmente adabili.
Pandharipande{Smith, modello L ([96])
Negli anni Settanta e stato sviluppato un approccio alternativo alla teoria a molti
corpi non relativistica per la descrizione della materia nucleare. Questo approccio
(decritto estesamente nel libro di Serot e Walecka [111]) e basato sull'uso del formalismo della teoria dei campi relativistica, e quindi non sore dei problemi di violazione
della causalita discussi nelle sezioni precedenti. D'altra parte la lagrangiana usata
riette una descrizione drasticamente semplicata del sistema, e le equazioni del
moto associate possono essere risolte soltanto in approssimazione di campo medio.
I campi coinvolti nell'implementazione piu comune ed usata di questo approccio,
cioe il modello di Walecka ([120]), sono i nucleoni e i due mesoni neutri (scalare,
e responsabile della parte attrattiva a medio e lungo raggio) e ! (vettoriale, che
descrive la repulsione a corto raggio tra i nucleoni).
Nel lavoro di Pandharipande e Smith viene suggerito un possibile miglioramento
del modello di Walecka che consiste nel continuare a usare la teoria di campo medio
per descrivere l'accoppiamento al bosone , trattando pero l'accoppiamento ai bosoni
vettoriali (! e ) nell'ambito di una teoria di potenziale non relativistica. I potenziali
associati allo scambio di un mesone ! o hanno infatti un raggio 0:25 fm, molto
minore della distanza di separazione media tra due nucleoni alla densita di equilibrio
nucl , che e 1:2 fm, e quindi l'approssimazione di campo medio e dicilmente
giusticabile. L'energia per particella della materia nucleare a densita viene scritta
74
cosi:
E (; ) = V (; ) + T (; ) + U () g
(2.107)
dove U () e il termine di massa:
U () = 12 m 2
(2.108)
mentre l'ultimo termine descrive l'accoppiamento minimale del bosone al campo
nucleonico. V (; ) e T (; ) rappresentano l'energia potenziale e cinetica associata
all'interazione dei nucleoni con i campi bosonici vettoriali. Se si rappresenta questa
interazione attraverso un potenziale statico V e T possono essere calcolati con la
teoria a molti corpi descritta a proposito dei modelli precedenti sia per la materia
nucleare simmetrica che per la materia neutronica pura. Le costanti di accoppiamento associate ai campi vettoriali e a quello scalare vengono ssate in modo da
riprodurre i valori empirici dell'energia di legame, dell'energia di simmetria e della
densita di equilibrio della materia nucleare. Il valore della compressibilita predetto
in questo modo e di 310 MeV. Il principale interesse del modello risiede proprio
nella sua capacita di riprodurre tali caratteristiche. Come tutti i modelli relativistici, pero, anche questo non e in grado di riprodurre le proprieta del sistema a due
nucleoni sia nel suo stato legato (nucleo di deuterio), sia negli stati di scattering.
Un'altra caratteristica comune a tutti i modelli relativistici e quella di prevedere
un'equazione di stato tendenzialmente piu rigida rispetto a quelli non relativistici,
e questo aspetto ha, come ora vedremo, pesanti conseguenze sulla struttura stellare.
75
EOS A
EOS L
EOS B
WFF
HW
40
35
30
25
log(P)
20
15
10
5
0
2
4
6
8
10
12
14
16
log(ε)
Figura 2.1: Questo graco mostra in tutto l'intervallo di densita i modelli di equazione di stato A, B, L e WFF da noi considerati, insieme all'equazione di stato di
Harrison-Wheeler (HW). Nella regione subnucleare non ci sono dierenze di rilievo.
A densita dell'ordine dei 1012 gcm 3 l'equazione di stato diventa visibilmente piu
\soce" (la curva si piega verso il basso) per eetto del neutron drip. La struttura
delle stelle di neutroni e determinata sostanzialmente dalla regione con & 1014
gcm 3, che contribuisce per circa il 90% alla massa.
76
EOS A
EOS L
EOS B
WFF
HW
38
37
36
35
log(P)
34
33
32
31
30
12
13
14
15
16
17
log(ε)
Figura 2.2: Equazione di stato ad alte densita ( nucl = 2:67 1014 gcm 3) per i
modelli A (materia neutronica pura), B (materia iperonica), L (campo medio), WFF
(neutroni, protoni, elettroni e muoni) ed HW (gas di neutroni, protoni ed elettroni
in equilibrio beta). I modelli con densita centrale maggiore di c 1015 gcm 3 sono
instabili (cfr. tabella 1.1), quindi la regione sulla destra del graco e irrilevante per
lo studio della struttura delle stelle di neutroni. Dalla gura e chiaro in che ordine
di rigidita vadano posti i modelli usati nel calcolo delle frequenze: B<A<WFF<L.
77
2.4 Eetti dell'equazione di stato sulla struttura
di equilibrio
Riportiamo qui i risultati delle integrazioni numeriche delle equazioni che descrivono
la struttura stellare (formule 1.54). Abbiamo eseguito queste integrazioni per le
diverse equazioni di stato considerate nel paragrafo 2.3.3. Allo scopo di mettere
in risalto il ruolo dell'interazione nucleare abbiamo usato anche, per confronto, il
modello di neutroni non interagenti adottato da Oppenheimer e Volko ([92]).
EOS A
EOS B
Oppenheimer-Volkoff
EOS L
WFF
3,0
2,5
2,0
M
1,5
1,0
0,5
0,0
14,0
14,5
15,0
15,5
16,0
16,5
17,0
17,5
18,0
18,5
19,0
log(ε0)
Figura 2.3: M come funzione di log(0 ) per le equazioni di stato A, B, L e WFF.
Per confronto viene considerato anche il modello di neutroni non interagenti usato
da Oppenheimer e Volko. M e in masse solari, 0 in g cm 3.
78
I graci 2.3 e 2.4 rappresentano l'andamento della massa in funzione, rispettivamente, del logaritmo della densita centrale 0 e del raggio R.
EOS A
EOS B
Oppenheimer-Volkoff
EOS L
WFF
3,0
2,5
2,0
M
1,5
1,0
0,5
0,0
4
6
8
10
12
14
16
18
20
R
Figura 2.4: M (in masse solari) come funzione di R (in km). Le curve si riferiscono
alle equazioni di stato A, B, L, WFF e al modello di neutroni non interagenti.
Dalla gura 2.3 e subito evidente il ruolo fondamentale delle interazioni nucleari
sulla struttura stellare. I dati osservativi sulle masse delle stelle di neutroni sono
tutti consistenti con un intervallo piuttosto ristretto, compreso tra un valore minimo
Mmin = 1:36M e un valore massimo di Mmax = 1:44M ([119]). Inoltre un'analisi
statistica dei dati ([52]) mostra che sotto un'ipotesi di distribuzione uniforme, con
un livello di ducia del 95%, 1:01 < Mmin =M < 1:34 e 1:43 < Mmax =M < 1:64.
79
Il modello di neutroni non interagenti prevede Mc ' 0:7M: cio signica che, se
non si tiene conto dell'interazione nucleare (e in particolare del suo core repulsivo), e
impossibile spiegare i valori osservati delle masse. Dalla tabella 1.1 e invece evidente
che tutti e quattro i modelli da noi considerati sono compatibili con le osservazioni.
E interessante osservare che, pur partendo da premesse teoriche molto diverse,
le equazioni di stato che abbiamo discusso (con l'eccezione del modello L) portano
a congurazioni stellari con valori piuttosto simili per la massa e il raggio. Questo
accordo ha una ragione sica: tutti questi modelli sono vincolati, in qualche modo,
dalla necessita di riprodurre i dati di scattering tra nucleoni a bassa energia e le
caratteristiche del deutone. Non e un caso che proprio il modello L, che prevede una
Mc di molto superiore e dei valori del raggio sensibilmente diversi, non sia in grado
di riprodurre tali dati.
Nonostante cio sono visibili delle dierenze piuttosto marcate e sicamente prevedibili. I vari modelli si possono classicare in base alla stiness o rigidita: le
equazioni di stato piu rigide sono quelle in cui la pressione dovuta all'interazione
nucleare si oppone maggiormente all'attrazione gravitazionale. Basta un semplice
sguardo all'andamento delle equazioni di stato (gura 2.2) per capire che il piu
\soce" e certamente il modello B (come ragionevole, a causa della presenza degli
iperoni); quindi vengono il modello A e quello di Wiringa{Fiks{Fabrocini. Il piu
rigido e invece il modello L, secondo una tendenza generale dei modelli relativistici.
La rigidita e una misura di quanto l'interazione nucleare puo opporsi alla forza
di gravita, che tenderebbe a portare la stella al collasso. Dunque non sorprende
il fatto che alle equazioni di stato piu rigide corrispondano una Mc piu alta e
una densita critica piu bassa. Nonostante tutte le equazioni di stato realistiche
prevedano che, al variare della densita centrale, ci sia solo una debole variazione del
raggio delle stelle di neutroni (cosa evidente anche dall'andamento delle curve M (R)
80
in gura 2.4), questa caratteristica e piu accentuata al crescere della rigidita. Cio
e ragionevole, perche all'aumento della pressione corrisponde una incompressibilita
della materia stellare (il caso limite in questo senso e naturalmente quello di stelle
a densita costante).
Inne notiamo che il modello analitico di gas non interagente prevede l'esistenza
di oscillazioni smorzate nella curva M (0 ) al crescere di 0 (g. 2.3) . A queste
oscillazioni corrisponde una spirale che si avvolge in senso antiorario nella curva
M (R). Per le considerazioni fatte nel primo capitolo, gli avvolgimenti della spirale
corrispondono a gradi di instabilita sempre maggiore. Un comportamento di questo
genere riguarda, in generale, tutte le equazioni di stato con andamento asintotico
ad alte densita del tipo P ([61]).
81
Capitolo 3
Oscillazioni non{radiali di una
stella in relativita generale: i modi
assiali e il metodo delle risonanze
Nel primo capitolo, discutendo come si ricava la struttura di equilibrio di una stella
in relativita generale, abbiamo visto che una metrica che descriva uno spazio{tempo
statico e a simmetria sferica ha la forma 1.36.
In questo capitolo ci interessa invece la dinamica del sistema, e percio bisogna
abbandonare sia l'ipotesi di staticita che quella di simmetria sferica. Useremo in
tutto il capitolo le unita geometriche denite in formula 1.34. Nel libro di Chandrasekhar [40] viene dimostrato che la forma piu generale per una metrica che descriva
uno spazio{tempo non stazionario, e che assumeremo assisimmetrico, e:
ds2 = e2 (dt)2 e2 (d !dt q2 dx2 q3 dx3)2 e22 (dx2 )2 e23 (dx3 )2 (3.1)
dove , 2 , 3, , q2 , q3 e ! sono sette funzioni da determinare delle variabili
x0 = t, x2 = r, x3 = . L'indipendenza di tali funzioni dalla variabile x1 = 82
segue dall'ipotesi di assisimmetria, ipotesi che comunque non riduce la generalita
del nostro calcolo delle frequenze di oscillazione della stella (cfr. [40], p. 139).
L'idea e di considerare piccole perturbazioni della metrica che descrive la struttura di equilibrio 1.36, arrestando lo sviluppo al primo ordine. Nello stato imperturbato, come e evidente confrontando le formule 1.36 e 3.1, q2 = q3 = ! = 0. Percio
dobbiamo porre nella 3.1:
! + ! + 2 ! 2 + 2 3 ! 3 + 3
! ! !
q2 ! q2
q3 ! q3
(3.2)
(3.3)
dove d'ora in poi indichiamo con 2, 3, e i valori che queste funzioni hanno
nello stato imperturbato. Tali valori sono assunti noti perche si possono ricavare
tramite l'integrazione delle equazioni di Oppenheimer{Volko. Dato che lo sviluppo
in serie viene arrestato al primo ordine, le equazioni di Einstein perturbate sono
naturalmente equazioni dierenziali lineari nelle funzioni che descrivono la perturbazione ( , ecc.). Questa caratteristica, unita alla stazionarieta della metrica
di background, permette di supporre che tali grandezze abbiano un andamento del
tipo eit . Cio equivale a eettuare nelle equazioni una trasformazione di Fourier.
3.1 Le perturbazioni assiali
Non e nostra intenzione riportare in dettaglio i calcoli delle equazioni di Einstein
perturbate, per i quali rimandiamo ai lavori di Chandrasekhar e Ferrari [34] e [35].
In questo paragrafo descriveremo quindi solo quegli aspetti della teoria che riguardano piu da vicino la nostra tesi: la distinzione tra perturbazioni assiali e polari
e la riduzione del problema delle perturbazioni assiali alla soluzione di una singola
equazione di tipo Schrodinger.
83
Nello scrivere le equazioni perturbate si puo isolare la dipendenza angolare delle
funzioni di perturbazione da quella radiale grazie alla teoria dello sviluppo di un
tensore in armoniche. Sappiamo che sotto opportune condizioni una funzione scalare
f (r; ; ) si puo sviluppare in termini di armoniche sferiche:
f (r; ; ) =
1 X̀
X
`=0 m= `
A`m(r)Y`m(; )
(3.4)
e che sotto una trasformazione di parita, cioe quando ! ( ), ! ( + ), le
armoniche sferiche si comportano in maniera tale che:
Y`m( ; + ) = ( 1)`Y`m(; )
(3.5)
Analogamente, un tensore simmetrico T ij puo svilupparsi in termini di armoniche
sferiche tensoriali ([129]). Simbolicamente possiamo scrivere:
T ij =
3
X "X
`m
k=1
#
7
X
h
k
T k;ax(r) Aij (; ) + T h;pol(r) P ij (; ) = T ij + T ij
`m
`m
h=1
`m
`m
ax
pol
(3.6)
dove le 3 armoniche tensoriali assiali o dispari Aij`m k (; ) e le 7 polari o pa ij h (; ) si chiamano in questo modo proprio perche hanno due diversi
ri P`m
comportamenti sotto parita:
P ij h ( ; + ) = (
`m
Aij k ( ; + ) = (
`m
ij h (; )
1)` P`m
1)`+1 Aij`m k (; )
(3.7)
Nello studio delle perturbazioni stellari si scrive il tensore metrico come somma di
una parte imperturbata gij(0) (cfr. formula 1.36) e di una che descrive le perturbazioni,
hij :
jhij j jgij(0) j
gij = gij(0) + hij ;
84
(3.8)
ed e conveniente, grazie alla simmetria sferica della metrica di background gij(0),
sviluppare nelle armoniche sferiche tensoriali suddette hij . Anche il tensore energia{
impulso viene scritto in maniera analoga:
Tij = Tij(0) + Tij
(3.9)
e la perturbazione Tij e espansa a sua volta in armoniche sferiche tensoriali. Si puo
mostrare che nel caso assisimmetrico (m = 0) le variabili che descrivono le perturbazioni non diagonali della metrica, cioe q2 , q3 e !, corrispondono agli elementi
di matrice della parte assiale hax
ij del tensore di perturbazione, mentre le restanti
variabili, che descrivono le perturbazioni diagonali, corrispondono alla parte polare
hpol
ij . Inoltre le equazioni dierenziali che descrivono i due tipi di perturbazione sono
disaccoppiate. Ora e chiaro in che senso si possa parlare di perturbazioni \assiali" e
\polari", e per quale ragione si possano considerare i due problemi separatamente.
Si puo dimostrare che, introducendo la funzione X (r) denita da:
e3
+ 2 3 (
q2; q3;r ) = X (r)C`+23=2()
(3.10)
dove Cnj e la funzione di Gegenbauer, che soddisfa l'equazione dierenziale:
d
d + n(n + 2j ) sin2j C j () = 0
(3.11)
n
d
d
le equazioni di Einstein che descrivono le perturbazioni assiali si riducono a un'equazione radiale per X (r):
sin2j
2 2
re
e
2
r2 X;r
2n e 2 X + 2 X = 0
r
2
;r
(3.12)
Usando le formule 1.43 e 1.40 per la metrica imperturbata e sviluppando si ha:
X;r;r
e22 2 + r2 p 6M (r)
r
r3
2
X;r e22 r2 X + 2 e2(2 )X = 0 (3.13)
85
Basta denire:
r =
Zr
0
e
+2 dr
(3.14)
X = rZ
perche la 3.13 assuma l'aspetto di un'equazione di Schrodinger:
d2
dr2 + Z = V Z
dove il potenziale assiale V e dato da:
2
(3.15)
2
V = er3 [(2 + 2)r + r3( p) 6M (r)]
(3.16)
Una volta risolta l'equazione per X (r), o Z (r), !, q2 e q3 si possono trovare da
semplici relazioni algebriche che coinvolgono X (r) e la sua derivata rispetto a r.
Nel vuoto al di fuori della stella densita e pressione sono nulle ( = p = 0), e
bisogna porre M (r) = M . Allora l'equazione 3.15 si riduce all'equazione di Regge{
Wheeler, che descrive le perturbazioni assiali dei buchi neri di Schwarzschild ([103]):
d2
( )
dr2 + Z = V Z
dove
2
(3.17)
V ( ) = r5 [(2 + 2)r 6M ]
= r2 2Mr
Equivalentemente, la 3.13 si riduce a:
X;r;r
2 ( r 3M ) X
r (r 2M ) ;r
(3.18)
(3.19)
2 X +
r 2 X = 0
r ( r 2M )
( r 2M )
86
(3.20)
3.1.1 Il caso di densita costante
Nel caso di stelle a densita costante, usando le formule 1.58, 1.61, 1.63 e 1.65,
l'equazione 3.13 per X diventa:
X;rr
2 1 r2 y1
ry2
3y1 y X;r
(` 1)(` + 2) X +
42 X = 0 (3.21)
r2 y 2
y2(3y1 y)2
mentre il potenziale assiale 3.16 si riduce (per r R ed y y1) a:
2
V = (3y14r2 y) `(` + 1) 2r2 3y y1 y
1
(3.22)
Questa espressione, a causa del salto nella densita di energia, non si raccorda con
continuita con il potenziale \di Regge{Wheeler" esterno (formula 3.18). Infatti:
1 2M=R [`(` + 1)R 3M ]
V
=
lim
r!R
R3
(3.23)
( ) = 1 2M=R [`(` + 1)R 6M ]
V
lim
+
r!R
R3
(3.24)
mentre:
Questa discontinuita e mostrata chiaramente, per vari modelli stellari, in gura 3.1.
E opportuno sottolineare che una discontinuita e comunque presente nel caso di
modelli piu realistici, anche se si manifesta nelle derivate del potenziale e non nel
potenziale stesso. In ogni caso, le funzioni metriche e le loro derivate prime sono
continue, e questa e la condizione importante che le perturbazioni devono soddisfare.
3.2 Il metodo delle risonanze
Abbiamo visto come il problema delle perturbazioni stellari assiali sia riformulabile in termini di un'equazione di Schrodinger con un potenziale che dipende dalla
struttura della stella. Ora si tratta di imporre le condizioni al contorno:
87
1) la soluzione deve essere regolare al centro della stella;
2) all'innito, la soluzione deve avere il carattere di un'onda puramente uscente, e
cioe Z e ir per r ! 1.
Queste due condizioni deniscono i \modi quasi{normali" di oscillazione della
stella, e sono soddisfatte solo per alcuni valori della frequenza complessa ; per
determinare le autofrequenze dei modi bisogna dunque risolvere un problema agli
autovalori.
Le frequenze dei modi poco smorzati, o modi s (per slowly damped), si possono
trovare applicando il metodo delle risonanze sviluppato da Chandrasekhar e Ferrari.
Descriviamo brevemente l'idea. Consideriamo un'equazione di Schrodinger del tipo
3.15 con potenziale V (r) reale, centrale e a corto raggio, nel senso che V < o(r 1)
per r ! 1. Scrivendo Z = Z0 + iZi , = 0 + ii e separando parte reale e
immaginaria si ottiene:
d2Z0 + [(2 2) V ]Z 2 Z = 0
0
0 i i
0
i
dr2
(3.25)
d2Zi + [(2 2 ) V ]Z + 2 Z = 0
i
0 i 0
0
i
dr2
L'assunzione fondamentale del metodo consiste nell'ipotesi che la parte immaginaria
della frequenza sia molto minore di quella reale, cioe che il tempo di decadimento
dei modi per emissione di onde gravitazionali sia lungo:
i 0
(3.26)
Questa condizione denisce i modi s. Ponendo:
Zi = i Y
e trascurando i termini O(i2) le due equazioni precedenti implicano:
(r; 0 )
Y (r; 0 ) = @Z0@
0
88
(3.27)
(3.28)
e dunque:
(r; 0)
Z (r; ) = Z0 (r; 0) + ii @Z0@
0
(3.29)
Possiamo allora limitarci a risolvere l'equazione dierenziale:
d2Z0 + (2 V )Z = 0
(3.30)
0
0
dr2
in cui sia Z0 che sono reali. Per grandi valori di r (o di r) il potenziale V si
annulla, e dunque Z0 e asintoticamente data da una sovrapposizione del tipo:
Z0(r; 0 ) = (0 )Z1(r; 0 ) (0 )Z2(r; 0 )
(3.31)
delle due soluzioni indipendenti:
Z1 ' cos(0 r ) + O(r 1)
Z2 ' sin(0r ) + O(r 1)
(3.32)
Sostituendo la 3.31 nella 3.29 e tenendo i termini al piu lineari in i si ottiene
l'espressione:
Z ' ( + ii 0 ii r) cos(0 r) ( + ii 0 + ii r) sin(0r )
(3.33)
in cui abbiamo indicato con un apice la derivata rispetto a 0 . Quindi la soluzione
generale Z diverge per r troppo grandi. Pero e stato vericato da Chandrasekhar,
Ferrari e Wilson ([38]) che esiste una regione intermedia in cui e gia valido lo sviluppo
asintotico della soluzione:
n+1 1
1
Z0 ' r 22 [n(n + 1) 3M0 ] r2 + ::: cos(0 r)
n +0 1 1 0
(3.34)
1
+ r 22 [n(n + 1) + 3M0 ] r2 + ::: sin(0r )
0
0
ma non si e ancora raggiunto il regime di crescita divergente. In questa regione
e possibile determinare i coecienti e tramite un matching della funzione Z0,
89
ottenuta integrando numericamente la 3.30, con la sua forma analitica 3.34. Notiamo
che la 3.33 puo anche scriversi come:
Z ' 12 [( i 0) + i( + i 0)]eir + 21 [( + i 0) i( i 0)]e ir =
(3.35)
ir
ir
= I ( )e + O ( )e
Dire che la soluzione deve essere un'onda puramente uscente all'innito signica
imporre che l'ampiezza dell'onda entrante I () = 0, cioe:
8
>
< i 0 = 0
>
: + i0 = 0
(3.36)
o ancora, eliminando i :
(2 + 2)0 = 0
(3.37)
Questa condizione individua la parte reale delle autofrequenze corrispondenti ai
modi quasi-normali, e poi si puo facilmente ricavare la parte immaginaria attraverso
le 3.36.
Concludendo, i modi quasi normali per cui i 0 (cioe i modi lentamente
smorzati o modi s) si possono individuare con la procedura seguente:
1) Si integra l'equazione 3.13 (equivalente alla 3.30) da r = 0 ad r = R, con X reale
e = 0 , per diversi valori reali di 0 .
2) Al bordo della stella si continua integrando l'equazione di Regge{Wheeler 3.17
con dati iniziali:
X
Z (r = R) = r!lim
rX X R 0 r2M (3.38)
;r
Z;r (r = R) = 1 R r!lim
R 0
r2
3) Si ottengono e facendo un matching con la soluzione asintotica 3.34 dell'equazione.
90
4) Si cercano i valori 0;min di 0 per i quali la funzione (2 + 2) ha dei minimi.
Se questi minimi esistono 0 e la parte reale delle autofrequenze corrispondenti ai
modi quasi-normali; la parte immaginaria si puo poi ottenere da:
i = 0
0;min
=
0
0;min
(3.39)
o, equivalentemente, facendo un t parabolico vicino al minimo del tipo:
2 + 2 = cost [(0 0;min )2 + i2 ]
(3.40)
Questo schema e stato applicato da Chandrasekhar e Ferrari ([37]) nel caso di
modelli a densita costante. La conclusione del loro lavoro era che i modi s potevano
esistere soltanto per stelle molto compatte, quando cioe R=M . 2:6; non si sa se
stelle di neutroni cosi compatte esistano in realta. Infatti quando R=M . 2:6 il
potenziale 3.22 presenta una buca all'interno della stella, come si vede in gura 3.1.
Se la buca e sucientemente profonda esistono degli stati quasi{stazionari analoghi a
quelli dei nuclei nella teoria di Breit{Wigner (cfr. ad esempio [74]). Tali stati quasi{
stazionari, indicati in gura con linee tratteggiate, hanno vita media relativamente
lunga, e percio i modi s vengono anche detti modi intrappolati (trapped modes).
Noi abbiamo esteso il lavoro a modelli con equazione di stato barotropica, trattando in particolare quelli descritti diusamente nel capitolo 2.3: i modelli A (materia neutronica pura) e B (materia iperonica) di Pandharipande, il modello L (campo
medio) di Pandharipande e Smith e il modello WFF di Wiringa, Fiks e Fabrocini.
Per ogni modello abbiamo seguito la seguente procedura. Abbiamo scelto la densita centrale in corrispondenza della quale il rapporto R=M e il piu piccolo possibile,
compatibilmente con le condizioni di stabilita radiale studiate nel primo capitolo (tabella 1.1). Da un le, prodotto dal programma descritto nel paragrafo 1.3, vengono
letti i dati sulla struttura di equilibrio: pressione e densita centrale, derivata dP=d
91
Figura 3.1: Il potenziale assiale 3.22 in funzione di r=M per vari modelli di stelle a
densita costante (da Chandrasekhar e Ferrari, [37]). Ogni graco e contraddistinto
dal valore di R=M caratteristico del modello.
92
al centro, raggio, massa e valore 0 = jr=0 necessario a garantire la continuita della
metrica con quella di Schwarzschild. Questi dati ssano le condizioni iniziali per
l'integrazione, descritte in appendice C (formule C.12, C.13 e C.14). Al variare di
0 , usando per l'integrazione un Runge{Kutta{Merson con gli stessi parametri scelti
nel programma per la struttura di equilibrio, viene calcolata la grandezza [2 + 2].
In questo modo si costruisce, punto per punto, la curva di risonanza [2 + 2] (0);
tipicamente, si puo far variare 0 (in unita 0 = 1) da 0:2 a 10 in 1000 passi. La gura 3.2 mostra il risultato delle integrazioni: le curve [2 + 2] (0 ) non presentano
minimi. In altri termini i modi s, per i modelli da noi considerati, non esistono.
EOS A
EOS L
EOS B
WFF
6
4
2
0
log(α2+β2)
-2
-4
-6
-8
0
2
4
6
8
10
σ0
Figura 3.2: log(2 + 2) come funzione di 0 per le equazioni di stato A, B, L e
WFF.
93
Capitolo 4
Il metodo delle frazioni continue
per il calcolo delle frequenze dei
modi w
Nel capitolo precedente abbiamo introdotto la teoria delle oscillazioni non{radiali di
una stella in relativita generale ed abbiamo descritto il metodo delle risonanze, utile
a trovare le frequenze complesse dei modi quasi{normali nel caso in cui i 0
(condizione che individua i modi s, per slowly damped). Determinare in generale
tali frequenze, sia per una stella che per un buco nero, e pero un problema numerico
tutt'altro che semplice. Questo capitolo illustra la teoria ed i programmi Fortran che
abbiamo costruito a questo scopo. Abbiamo preferito relegare la parte piu tecnica
(le nozioni strettamente indispensabili sulle frazioni continue, una discussione delle
equazioni d'onda sferoidali generalizzate e qualche dettaglio sul metodo di calcolo
usato) rispettivamente alle appendici A, B e D. Nel prossimo capitolo discuteremo
invece i risultati ottenuti.
94
Capire la ragione delle dicolta che si incontrano nel calcolare le frequenze dei
modi quasi{normali e semplice. Nel capitolo precedente si e visto come sia il problema delle perturbazioni stellari assiali che quello delle perturbazioni di un buco nero
di Schwarzschild si possano ricondurre a delle equazioni alla Schrodinger (formule
3.15 e 3.17). Possiamo genericamente scrivere queste equazioni come:
d2 (4.1)
+ 2 Z = V Z
2
dr
dove il potenziale V si annulla per r ! 1. La soluzione asintotica a grandi r e
allora una sovrapposizione di onde puramente entranti e di onde puramente uscenti:
Z = Zin + Zout = I ()eir + O()e
ir
(4.2)
Il problema della determinazione dei modi quasi{normali consiste nell'individuazione
delle frequenze complesse per cui le soluzioni asintotiche sono onde puramente
uscenti. Bisogna ovviamente imporre anche una seconda condizione al contorno,
che varia a seconda del problema considerato: per un buco nero si deve richiedere
che non venga emessa radiazione dall'orizzonte degli eventi; per una stella, che le
funzioni di perturbazione siano regolari nel centro, cioe in r = 0. Denendo il tempo
di smorzamento 1=i avremo:
Zout er =
Zin e r=
(4.3)
per r ! 1. Cio signica che quando si integra no a grandi valori di r, gli errori
numerici nella soluzione esponenzialmente crescente Zout niscono per mascherare
totalmente il contributo di Zin. Cio rende impossibile identicare le frequenze per
cui Zin non contribuisce alla soluzione, ovvero, per denizione, i modi quasi{normali.
Alla base del metodo delle risonanze discusso nel capitolo precedente c'e la considerazione che, se i e piccola, si puo arrivare sucientemente lontano con l'inte95
grazione da trovare una regione in cui valga l'espansione asintotica e contemporaneamente la soluzione Zin sia grande abbastanza da potersi distinguere. Purtroppo
il metodo delle risonanze e inadatto, per sua natura, a trovare le frequenze dei modi
w fortemente smorzati, cioe di quei modi per cui i 0 ; percio e necessario usare
un approccio diverso al problema. Una delle possibilita e l'approssimazione WKB
utilizzata da Kokkotas e Schutz ([69]) nel 1992 per rivelare l'esistenza dei modi w
polari. Nel loro lavoro, lo spettro ottenuto in questa maniera presentava pero un'anomalia: mentre il damping dei modi diminuiva con la frequenza, c'era una strana
cuspide (o \kink") ad alte frequenze. Nel 1993 Leins, Nollert e Soel ottennero con
due metodi distinti e privi di approssimazioni (il metodo \del wronskiano" di Nollert, e il metodo delle frazioni continue) uno spettro di modi polari qualitativamente
simile a quello di Kokkotas e Schutz, ma privo della cuspide, mostrando che si trattava in realta di un artefatto numerico. Successivamente Andersson, Kokkotas e
Schutz ([10]) confermarono con un terzo metodo (basato sull'idea di ruotare l'asse
di integrazione nel piano della variabile r complessa per rendere Zin e Zout tra loro
comparabili) che la cuspide e priva di realta sica. Tuttavia essi non riuscirono a
riprodurre quantitativamente i risultati di Leins, Nollert e Soel.
Stando cosi le cose ci e sembrato naturale scegliere uno dei due metodi che forniscono risultati tra loro identici: quello delle frazioni continue, ideato da Leaver
in [75] per il caso dei buchi neri, e poi riadattato alle pertubazioni stellari polari
da Leins ([78]). In questo metodo le dicolta che si incontrano integrando equazioni del tipo 4.1 per grandi r sono ingegnosamente aggirate. L'identicazione dei
modi quasi{normali e ricondotta alla ricerca degli zeri (complessi) di un'equazione
contenente una frazione continua, che esprime la condizione di convergenza della
soluzione dell'equazione di Regge{Wheeler 3.17 (per i buchi neri) o dell'equazione
assiale 3.13 (per le stelle).
96
Per prendere condenza con il metodo abbiamo prima costruito un programma
Fortran in grado di riprodurre i risultati ottenuti da Leaver in [76] per i buchi neri.
Questo ci ha chiarito, in particolare, la relazione che intercorre tra le proprieta
di inversione delle frazioni continue e la stabilita numerica degli zeri. In seguito
abbiamo riadattato il metodo di Leins al caso delle perturbazioni stellari assiali e
scritto altri due programmi. Il primo e stato usato per riprodurre ed estendere
i risultati di Kokkotas ([67]) su stelle a densita costante; il secondo per calcolare
le frequenze dei modi utilizzando le equazioni di stato che abbiamo studiato in
dettaglio nel capitolo 2.3.
Allo scopo di semplicare la notazione ed i calcoli, in tutto il capitolo adotteremo
unita c = G = 2M = 1. In queste unita raggi e frequenze di oscillazione si ottengono
dalle corrispondenti grandezze in unita geometriche tramite le relazioni:
r = rgeom =2Mgeom =) r = r + ln(r 1)
= 2Mgeomgeom
(4.4)
L'orizzonte degli eventi per un buco nero di Schwarzschild corrisponde inoltre ad
r = 1.
4.1 Ricerca dei modi quasi-normali per i buchi
neri di Schwarzschild
In questo paragrafo vogliamo illustrare la teoria sviluppata da Leaver ([76], [75])
che riconduce la determinazione dei modi quasi{normali per un buco nero di Schwarzschild alla ricerca numerica delle radici complesse di una equazione contenente
una frazione continua. Il problema descritto qui servira poi da modello per una
riformulazione nel caso delle perturbazioni stellari.
97
Supponiamo che la metrica di Schwarzschild venga perturbata da un campo privo di massa e di spin s = 0; 1 o 2. E stato dimostrato ([123], [103] ,[129] ,[40])
che espandendo la perturbazione in armoniche sferiche scalari, vettoriali e tensoriali, rispettivamente, e facendo la trasformata di Fourier delle relative equazioni1 la
funzione (r; ) che descrive la parte radiale della perturbazione obbedisce in tutti
e tre i casi a una equazione dierenziale del secondo ordine. Denendo una \tortoise
coordinate" r r + ln(r 1) questa \master equation" (che nel caso s = 2 si riduce
all'equazione di Regge{Wheeler per le perturbazioni assiali 3.17) si scrive:
d2 + 2 1 1 `(` + 1) s2 1
=0
(4.5)
dr2
r
r2
r3
L'idea e di risolvere con uno sviluppo in serie l'equazione 4.5. Bisogna richiedere che
la soluzione trovata con questa espansione converga per 1 r < 1, e che soddis
le condizioni al contorno dettate da considerazioni di tipo sico: dall'orizzonte degli
eventi (cioe in r = 1) non puo fuggire radiazione gravitazionale, e quindi si deve avere
un'onda puramente entrante; all'innito, per denizione di modo quasi{normale, la
soluzione deve essere un'onda puramente uscente. In formule:
e ir ' e i(r+ln r) = r i e ir per r ! 1
eir ' ei ln(r 1) = (r 1)i per r ! 1
(4.6)
(4.7)
Vedremo ora che, con qualche sostituzione, la 4.5 si puo ricondurre a una particolare
categoria di equazioni dierenziali: le \equazioni d'onda sferoidali generalizzate"
(cfr. appendice B). Queste equazioni dierenziali furono studiate negli anni Venti e
Trenta da Wilson ([125]), Jae ([65]), Baber & Hasse ([16]), in relazione al problema
1 In quel che segue adotteremo la seguente convenzione sulla trasformata di Fourier:
Z +1
(r; t) = 21
eit (r; )d
1
98
della determinazione dei livelli energetici dello ione H+2 nella teoria di Schrodinger.
Esplicitando la 4.5 in termini della variabile r si ottiene:
2 r3
2 1
s
r(r 1) ;rr + ;r + r 1 `(` + 1) + r
=0
(4.8)
Ponendo:
= r1+s(r 1)i y
(4.9)
si ricava con calcoli elementari, per sostituzione nella 4.8, che y deve soddisfare
l'equazione:
r(r 1)y;rr + [(2s + 1 + i)r (2s + 1)]y;r + [2 r(r 1) +
(4.10)
2
2
+ 2 (r 1) + 2 `(` + 1) + s(s + 1) + (2s + 1)i]y = 0
Questa e appunto un'equazione d'onda sferoidale generalizzata, del tipo trattato in
appendice B. L'equazione 4.10 ha due punti singolari regolari, r = 0 ed r = 1.
Ipotizziamo che la soluzione abbia gli andamenti:
y rk1 per r ! 0
(4.11)
y (r 1)k2 per r ! 1
(4.12)
Sostituendo nella 4.10 e uguagliando a zero i coecienti delle potenze di r (rispettivamente, di (r 1)) di ordine piu basso si ottengono due equazioni indiciali:
k1(k1 + 2s) = 0
(4.13)
k2(k2 + 2i) = 0
con soluzioni k1 = 0; 2s e k2 = 0; 2i. Inserendo la 4.12 nella 4.9 e confrontando
con la 4.7 si vede che l'andamento asintotico richiesto all'orizzonte degli eventi e
garantito solo se k2 = 0. Ora poniamo2:
y (r ) = e
ir r (s+1+2i) f (u)
(4.14)
2 Maggiori dettagli sui calcoli e sulle ragioni di questa posizione si trovano in appendice B.
99
con u = r r 1 . Si ottiene cosi un'equazione dierenziale per f (u):
u(1 u)2f;uu + (c1 + c2 u + c3 u2)f;u + (c4 + c5u)f = 0
(4.15)
dove i coecienti sono dati esplicitamente in appendice (formule B.6 e B.2). Sostituendo nella 4.15 un'espansione in serie della forma:
f (u) =
1
X
n=0
an un
(4.16)
si trova nalmente che gli an soddisfano una semplice relazione di ricorsione a tre
termini:
0 a1 + 0a0 = 0
nan+1 + nan + nan 1 = 0 per n = 1; 2; :::
(4.17)
dove, nel nostro caso particolare:
n = n2 + (2 + 2i)n + 1 + 2i
n = 2n2 (8i + 2)n + [82 4i `(` + 1) + s2 1]
n = n2 + 4in (42 + s2)
(4.18)
Se la serie converge, la relazione di ricorsione 4.17 determina completamente la soluzione per che soddisfa sia la condizione di regolarita in r = 1 (orizzonte degli
eventi) che quella di onda puramente uscente all'innito, come si vede dalle formule
4.9, 4.6 e 4.14. Una relazione di ricorsione a tre termini ha, come un'equazione dierenziale del secondo ordine, due soluzioni indipendenti. In appendice B e dimostrato
che le due soluzioni indipendenti della 4.17 vanno, per grandi n, come:
p8in
2i 34 e
lim
a
=
n
n
n!1
(4.19)
Dato che nel nostro caso e complesso, la soluzione convergente e quella per cui
compare il segno \-". La successione fang cosi individuata e minimale, secondo la
100
denizione data nel paragrafo A.6. In termini semplici, si tratta di quella particolare
soluzione ffng della 4.18 tale che:
lim fn
n!1 gn
=0
(4.20)
per ogni soluzione gn della relazione di ricorsione che sia linearmente indipendente
da ffng.
Il teorema di Pincherle (paragrafo A.7 e formula A.45) aerma ora che, per
questa particolare soluzione, vale la relazione:
n+1
=
n+1 n+2
n+1
(4.21)
n+2 n+3
n+2 n+3 :::
= n+1 n+1n+2 n+2n+3
n+1
n+2
n+3 :::
Riassumendo: la soluzione e sicamente signicativa, cioe corrisponde a un modo
quasi{normale, se e solo se la relazione di ricorsione 4.17 ha una soluzione minimale;
cio e vero se e solo se e soddisfatta la 4.21. Quest'ultima formula (in cui abbiamo
introdotto la notazione usata generalmente dai matematici per le frazioni continue:
si veda l'appendice A per maggiori dettagli) puo considerarsi come una \condizione
al contorno per n ! 1" sulla successione fang. Valutando la 4.21 per n = 0 ed
usando la prima delle 4.17 come \condizione al contorno per n = 0" sul rapporto
a1 =a0 si osserva che devono valere contemporaneamente le due relazioni:
an+1 =
an
a1 = 0
a0
0
(4.22)
a1 = 1 1 2 23 :::
a0 1 2 3
(4.23)
101
Combinandole otteniamo l'equazione caratteristica per i modi quasi-normali:
0 = 0 0 1 1 2 23 :::
(4.24)
1 2 3
Le grandezze n, n e n sono funzioni complesse note della variabile complessa (formule 4.18): quei particolari valori di per cui vale la 4.24 sono le autofrequenze
dei modi quasi{normali.
Consideriamo in generale un'equazione contenente una frazione continua della
forma:
b0 = ba0 ba1 ba2 :::
(4.25)
1
2
3
Scriviamo:
b0 = b a0 S =
1
1
Chiaramente:
a0
a1
b1 b S
2
2
S1 = b1 ab 0
0
S2 = b2
= :::
(4.26)
a1
a0
b1 b
0
In generale, per induzione si puo mostrare che vale la formula
Sn = bn ban 1 ban 2 ::: ab 0
n 1 n 2
0
Infatti:
Sn b an S =)
n+1
n+1
a
n
=) Sn+1 = bn+1 S = bn+1 ban ban 1 ::: ab 0
n
n
102
n 1
0
(4.27)
(4.28)
(4.29)
Ci si riferisce a questa procedura come all'\n-esima inversione" della frazione continua. Applicandola alla 4.24 si ottengono le relazioni:
n n 1n n 2n 1 ::: 0 1 =
n 1
n 2
0
(4.30)
= n n+1 n+1 n+2 n+2 n+3 ::: per n = 1; 2; :::
n+1 n+2
n+3
Queste equazioni sono tutte equivalenti, nel senso che da un punto di vista analitico
le loro radici (cioe i modi quasi{normali) sono esattamente le stesse, ma la topologia
del membro di destra cambia radicalmente con n. La versatilita numerica del metodo
segue in gran parte da questa constatazione. In genere si trova infatti che l'n esimo
modo quasi-normale e la radice numericamente piu stabile dell'n esima inversione
(come gia notato da Leaver in [75]). Ora chiariremo quanto aermato, descrivendo
la struttura del programma Fortran che abbiamo scritto per calcolare le frequenze
dei modi quasi{normali dei buchi neri di Schwarzschild.
4.2 Calcolo delle frequenze dei modi di una metrica di Schwarzschild con il metodo delle frazioni continue
Come banco di prova per la routine di calcolo delle frazioni continue che poi abbiamo
usato nel caso stellare abbiamo riprodotto i risultati ottenuti da Leaver nel caso di
Schwarzschild, che riportiamo in Tabella 4.1.
Il cuore del programma Fortran da noi scritto e una routine in grado di calcolare
le funzioni complesse (le cui radici sono i modi quasi-normali: vedi formule 4.24 e
4.30) date dalle formule seguenti.
103
Schwarzschild
q 0
i
1 0:747343 0:177925
2 0:693422 0:547830
3 0:602107 0:956554
4 0:503010 1:410296
5 0:415029 1:893690
6 0:338599 2:391216
7 0:266505 2:895822
8 0:185617 3:407676
9 0:000000 3:998000
10 0:126527 4:605289
11 0:153107 5:121653
12 0:165196 5:630885
Tabella 4.1: I primi 12 modi quasi{normali per un buco nero di Schwarzschild nel
caso l = 2. I nostri risultati coincidono con quelli riportati da Leaver ([76], pag.
293). Le frequenze sono in unita c = G = 2M = 1; q e l'ordine del modo, o overtone
index.
104
f0 () = 0 01 1 2 23 :::
1
2
3
n 1 n n 2 n 1 0 1
fn() = n n 2 ::: 0
n 1
nn+1 n+1n+2 n+2n+3 ::: per n = 1; 2; :::
n+1
n+2
(4.31)
n+3
In queste funzioni compaiono in generale sia una frazione continua vera e propria
che una \somma nita" di n termini. Entrambi gli oggetti sono stati calcolati con
l'algoritmo di Gautschi derivato in dettaglio nel paragrafo A.5, e che qui riportiamo
brevemente. Se la frazione continua e della forma:
a1 a2 a3 =
b1 + b2 + b3 + :::
a1
a2
b1 + b + :::
2
(4.32)
allora il k-esimo approssimante,
a2 ak ;
1
wk = ba+
1 b2 + ::: bk
del suo vero valore si puo ottenere ricorsivamente dalle relazioni (p=1,2,3...):
1
up+1 =
ap+1
bpbp+1up
vp+1 = vp(up+1 1)
wp+1 = wp + vp+1
1+
(4.33)
in cui bisogna usare come dati iniziali:
u1 = 1
v1 = w1 = ab 1
1
105
(4.34)
Per il pezzo nito che compare nelle 4.31 le quantita am e bm si scrivono in
termini dei coecienti della relazione di ricorrenza come (n e l'indice di inversione):
am = n m n
bm = n m
m+1
(4.35)
e devo sommare nche m = n. Nel caso della frazione continua vera e propria,
invece:
am = n+m 1 n+m
bm = n+m
e la somma viene arrestata quando:
kn
<f k <f k
n<f k 1 n
n
1
=f k =f k
+ n k 1 n
=fn
(4.36)
1
< (4.37)
Qui fnk indica il k-esimo approssimante della funzione fn(), per cui kn e una misura della precisione con cui e stato fatto il calcolo. Nel programma abbiamo preso
= 10 8. E lecito chiedersi se questa procedura di troncamento della frazione continua sia lecita, ovvero se l'errore derivante dai termini non sommati sia rilevante
o meno. Leaver ([77]) ha mostrato che non solo la procedura e corretta, ma che il
metodo e estremamente solido ed eciente. Il suo argomento e questo. Consideriamo l'espressione asintotica per grandi n dei coecienti an (formula 4.19). L'errore
EN introdotto troncando la serie N termini dopo l'insorgere del comportamento
asintotico si puo stimare come:
Z 1 Z 1
EN = andn = 2 p z4i 1=2 e
N
N
p
z 8i dz
(4.38)
Il termine esponenziale garantisce la convergenza dell'integrale nella regione in cui
j0 j > ji j e 1, cioe nella regione corrispondente ai modi di ordine piu basso (cfr.
106
Tabella 4.1), mentre il termine con andamento a potenza assicura una convergenza
(anche se piu lenta) per i modi con overtones piu alti. Dunque:
" 2i
EN < min N
2i
p8iN #
e
1 ; p
2i 4
1
4
(4.39)
ed abbiamo un metodo semplice per stimare il numero di termini NE da tenere per
troncare la serie con un errore ssato E 1:
p 2 #
"
ln( 2iE ) NE max [(2i 1=4)E ]1=(2i 1=4) ; (4.40)
8i
Queste stime tendono ad essere pessimistiche, perche l'esponenziale nella 4.19 rende
quella degli an una successione oscillante, anche se il periodo delle oscillazioni va
p
come n. In pratica: se la somma della serie nell'algoritmo di Gautschi viene terminata quando lo scostamento relativo n dei termini di ordine successivo e minore
di = 10 d, essendo d il numero di cifre signicative desiderato, allora l'inclusione di piu termini altera il valore ottenuto, approssimativamente, di una grandezza
dell'ordine di . Questo spiega l'eleganza e la potenza del metodo: l'algoritmo di
Gautschi calcola automaticamente il numero di termini strettamente necessario a
produrre l'accuratezza desiderata !
In pratica, nel programma abbiamo usato sempre variabili reali 3. Una prima
verica del codice e stata fatta usando per il pezzo nito un algoritmo ricorsivo piu
3 Nel codice, ad esempio, le formule 4.18 sono decomposte in parte reale ed immaginaria:
n0 = n2 + 2(1 i )n + 1 2i
n = 20 (n + 1)
n0 = 2n2 2(1 4i )n + [8(02 i2 ) + 4i `(` + 1) + s2 1]
n = 40[2n 4i + 1]
n0 = n2 4i n [4(02 i2 ) + s2 ]
n = 40 (n 2i )
i
i
i
107
(4.41)
semplice (ma meno adabile) rispetto a quello di Gautschi 4.33. L'idea e quella
alla base della formula A.13 ricavata in appendice A. Se chiamiamo gn l'oggetto da
sommare possiamo ottenerlo ricorsivamente da:
gk = k +1gk per k = 1; ::; n
(4.42)
k 1
k 1
a partire dal \dato iniziale" g0 = 0. Confrontando questo algoritmo con quello di
Gautschi abbiamo notato che i due forniscono risultati perfettamente coincidenti
per piccoli indici di inversione n, mentre i valori di fn calcolati con i due metodi
dieriscono pochissimo (una parte su 105 o meno) quando n cresce. Queste discrepanze vanno attribuite sicuramente (visti i risultati successivi) alle inaccuratezze
dell'algoritmo 4.42 usato per la verica, che percio abbiamo abbandonato.
Una volta in grado di calcolare frazioni continue abbiamo cercato di capire in che
senso vada intesa l'aermazione di Leaver ([76]) secondo la quale \l'n-esimo modo
quasi-normale e generalmente la soluzione piu stabile della n-esima inversione". Una
prima risposta e venuta dalla constatazione che, calcolando le funzioni date nella
4.31 fn(q ) (dove q e la frequenza corrispondente al q-esimo modo quasi{normale:
cfr. Tabella 4.1) si trova un valore tanto piu prossimo a zero quanto piu q e vicino ad
n. Ma per chiarire veramente la questione bisogna fare un passo avanti: ngere di
non sapere dove si trovano i modi, e passare dal semplice calcolo delle funzioni 4.31
alla ricerca numerica delle loro radici. Si tratta di un problema solo apparentemente
molto complicato. In realta basta gracare sul piano complesso (0; i ) gli zero
contour plots per <fn ed =fn, cioe le curve lungo le quali la parte reale e immaginaria
della funzione fn si annullano. Le frequenze dei modi quasi-normali sono allora,
semplicemente, i punti in cui le curve si intersecano !
In pratica, le due funzioni <fn() e =fn() per un dato indice di inversione n
vengono calcolate su una certa griglia di valori complessi di . Gli zero contour
plots sono prodotti inviando a due diversi le di output sia quei valori di in
108
corrispondenza dei quali c'e un cambiamento di segno nella funzione <fn() (o
=fn()), che quelli per cui <fn() (o =fn()) e abbastanza piccola. \Quanto"
piccola dipende chiaramente da un compromesso tra il passo della griglia e la velocita
di calcolo. Una buona scelta per avere un'idea di dove siano le radici si e rivelata, in
pratica, quella di prendere un passo di 0:01 (o 0:001) in , e considerare come zeri i
punti in cui la funzione <fn() (o =fn()) e minore di 0:01.
n=0: Zeri reali
; Zeri immaginari
n=1: Zeri reali
; Zeri immaginari
Modi quasi-normali di Leaver
3,0
2,5
2,0
σi
1,5
1,0
0,5
0,0
0,0
0,2
0,4
0,6
0,8
1,0
1,2
1,4
σ0
Figura 4.1: Modi di un buco nero e zero contour plots per n = 0 ed n = 1.
Le curve che si ottengono, gia a partire dagli indici di inversione n piu bassi
(gure 4.1, 4.2 e 4.3) hanno andamenti a prima vista molto strani.
Fissiamo l'attenzione, per cominciare, sulla gura 4.1. In rosso e in blu sono
109
mostrati gli zero contour plots relativi a n = 0, in verde e in azzurro quelli relativi
ad n = 1; i cerchi vuoti rappresentano, dal basso verso l'alto, i modi di ordine q
piu basso in Tabella 4.1. Le curve rosse e blu si incontrano in corrispondenza dei
modi con q = 1; 2 e 3, ma anche in punti che non corrispondono a frequenze siche.
Questi modi \spuri" si possono riconoscere semplicemente osservando le intersezioni
delle curve verdi e azzurre: solo i modi sici con q = 1, 2 e 3 sono confermati, e in
piu compaiono due nuovi modi (quelli con q = 4 e q = 5).
n=1: Zeri reali
; Zeri immaginari
n=2: Zeri reali
; Zeri immaginari
Modi quasi-normali di Leaver
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
σi 2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
0,0
0,2
0,4
0,6
0,8
1,0
1,2
1,4
σ0
Figura 4.2: Modi di un buco nero e zero contour plots per n = 1 ed n = 2.
Si puo notare che, in generale, le radici corrispondenti a valori di n prossimi
all'indice di inversione si ottengono dall'intersezione di curve non chiuse. Quando
110
q e diverso da n gli zero contour plots hanno prima la forma di \anelli" che si
intersecano con curve non chiuse, poi quella di anelli che si intersecano tra loro, e
questi anelli sono tanto piu piccoli (e tanto piu dicili da distinguere) quanto piu q
e diverso da n.
n=2: Zeri reali
; Zeri immaginari
n=3: Zeri reali
; Zeri immaginari
Modi quasi-normali di Leaver
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
σi
2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
0,0
0,2
0,4
0,6
0,8
1,0
1,2
1,4
σ0
Figura 4.3: Modi di un buco nero e zero contour plots per n = 2 ed n = 3.
La forma delle curve (cioe la topologia delle funzioni di cui grachiamo gli zeri)
cambia radicalmente al variare di n, ma mostrando sempre questo comportamento.
Per esempio, il modo con q = 2, che per n = 0 si otteneva come intersezione di una
curva con un anello, per n = 1 si ottiene dall'intersezione di due curve aperte. Le
frequenze q con q = 4 e q = 5 si osservano invece come intersezioni tra anelli verdi
111
e azzurri. Per confermare questi nuovi modi basta confrontare il graco per n = 1
con quello per n = 2 (gura 4.2). Qui gia compaiono, al solito come coppie di anelli,
i modi con q = 5 e q = 6. In gura 4.3 si vede che l'esistenza dei nuovi modi sici
e confermata dal graco con n = 3, in cui compaiono le frequenze di ordine q = 7 e
q = 8...
Le gure riportate sono sucienti a capire la tecnica con cui e possibile identicare, uno dopo l'altro, tutti i modi quasi{normali. Dai graci relativi ai primi 10
valori di n abbiamo vericato empiricamente che cosi si possono davvero ottenere
tutti i modi (per esempio, nel graco con n = 10 si possono distinguere gia i modi
con q = 11 e 12).
Per aumentare il numero di cifre signicative su una particolare frequenza basta
ovviamente usare una \lente di ingrandimento", cioe una griglia con risoluzione piu
alta centrata intorno alla regione interessante. Per esempio, ingrandendo piu volte
la regione relativa al modo con q = 1 nel graco per n = 0 abbiamo riprodotto 1
con tutte le cifre signicative: non solo il metodo funziona, ma il nostro programma
e preciso almeno quanto quello di Leaver.
4.3 Riadattamento al caso delle perturbazioni stellari
La teoria di Leaver e stato riadattata alle perturbazioni stellari polari da Leins,
Nollert e Soel ([79]). L'idea di base e semplicissima: in questo caso, non esistendo
un orizzonte degli eventi, la condizione di regolarita sull'orizzonte degli eventi r =
1 va sostituita con una condizione di matching della soluzione interna alla stella
con quella all'esterno. In questo caso si puo denire una funzione y che soddisfa
112
l'equazione d'onda sferoidale generalizzata come segue:
= (r 1)i rs+1y
(4.43)
Per ottenere una relazione di ricorsione semplice, in analogia a quanto fatto nel caso
di un buco nero, deniamo una nuova variabile:
v 1 ar
ed introduciamo una funzione (v), legata ad y da:
y = (r 1)
2i
r
(s+1)
e
ir (v )
(4.44)
(4.45)
L'equazione dierenziale soddisfatta da (v) e:
(c0 + c1v + c2v2 + c3v3);vv + (d0 + d1v + d2v2);v + (e0 + e1 v) = 0
(4.46)
dove le costanti valgono:
c0 = 1 a1
c1 = a3 2
c2 = 1 a3
c3 = a1
d0 = 2ia + a3 2
3
d1 = 2 1 a
d2 = a3
2
e0 = s a 1 `(` + 1)
2
1
s
e1 = a
113
(4.47)
Espandendo (v) in serie di potenze:
(v ) =
1
X
n=0
anvn
(4.48)
si trova che i coecienti dell'espansione soddisfano, stavolta, una relazione di ricorsione a quattro termini:
con:
0 a2 + 0 a1 + 0a0 = 0
nan+2 + nan+1 + nan + nan 1 = 0 per n = 1; 2; :::
(4.49)
n = (n + 1)(n + 2)c0
n = n(n + 1)c1 + (n + 1)d0
(4.50)
n = (n 1)nc2 + nd1 + e0
n = (n 2)(n 1)c3 + (n 1)d2 + e1
Moltiplicando la 4.46 per v (o, equivalentemente, passando a delle grandezze tildate
denite da en+1 = n, eccetera) si puo scrivere la relazione di ricorsione nella forma
data da Leins, Nollert e Soel:
enan+1 + enan + enan 1 + en an 2 = 0
(4.51)
dove ovviamente:
en = n(n + 1)c0
en = (n 1)nc1 + nd0
(4.52)
en = (n 2)(n 1)c2 + (n 1)d1 + e0
en = (n 3)(n 2)c3 + (n 2)d2 + e1
Questa volta a0 ed a1 vanno scelti in modo tale da soddisfare le condizioni di matching al bordo della stella4. Lo stesso Leaver, in un altro contesto ([77]), ha mostrato
4 Il matching non ssa, ovviamente, e0 ed e1 : nell'articolo originale c'e un errore di stampa.
114
che la 4.51 puo essere ricondotta a una relazione di ricorsione a tre termini tramite
un'eliminazione gaussiana, rendendo cosi possibile l'applicazione della tecnica delle
frazioni continue. Il passaggio si eettua con le posizioni seguenti (per n = 0; 1):
^n = en
^n = en
^n = en
e (per n = 2; 3; :::):
(4.53)
5
^n = en
e
^n = en ^^n 1n
n 1
^ e
^n = en ^n 1n
n 1
^n = 0
(4.54)
Questa riduzione porta a:
^nan+1 + ^nan + ^nan 1 = 0
(4.55)
ed e meno banale di quanto sembri a prima vista, perche nel processo si perde una
delle tre soluzioni indipendenti della relazione di ricorsione originaria. Tuttavia si
puo vedere che questa soluzione non e rilevante ai ni del calcolo dei modi quasi{
normali ([79]).
La convergenza della soluzione si puo studiare in analogia con il caso dei buchi
5 Le formule (2.10) nell'articolo originale contengono un errore.
115
neri. Dividiamo la 4.49 per n2 an:
n an+2 an+1 + n an+1 + n + n an 1 = 0
(4.56)
n2 an+1 an
n2 an
n2 n2 an 1
Facciamo l'ansatz:
an+1 = 1 + ph + k + :::
lim
(4.57)
n!1 an
n n
ed espandiamo in serie usando le 4.50 e tenendo i termini no all'ordine n 3=2 .
Annullando i coecienti si trovano le relazioni:
c0 + c1 + c2 + c3 = 0
2c0 + c1 c3 = 0
(4.58)
h2 = 2ia
k = 43 + i(a + 1)
Le prime due sono delle identita, in virtu delle formule 4.47. Dalle altre si puo
dedurre, come mostrato in appendice B, che:
p
an+1 = 1 2ia
lim
n!1 an
n1=2
3
4
i(a + 1)
n
(4.59)
e dunque:
lim a = nk e
n!1 n
p
2h n
=n
3 +i(a+1) 2p2ian
4
e
(4.60)
Analogamente al caso di Schwarzschild, a meno che non sia a = iK con K
reale positiva, circostanza sicamente non interessante, il doppio segno signica che
una delle due soluzioni e dominante e l'altra minimale nel solito senso del paragrafo
A.6. Inoltre, per le considerazioni fatte in appendice A, c'e convergenza assoluta e
uniforme quando r > a=2 purche sia a > 2.
116
L'equazione implicita per i modi quasi-normali e adesso:
a1 = ^1 ^1 ^2 ^2^3 :::
(4.61)
a0 ^1 ^2 ^3
E chiaro che questa condizione sostituisce in tutto e per tutto quella che Leaver
chiama \condizione al contorno per n = 0 sulla frazione continua", cioe la formula
4.22. Se formalmente si denisce:
^0 = aa1
0
(4.62)
^0 = 1
si ottiene la condizione per i modi quasi normali nella forma analoga a quella derivata
in precedenza per i buchi neri:
(4.63)
0 = ^0 ^^0 ^1 ^^1 ^2 ^^2^3 :::
1 2 3
La dipendenza dal modello stellare e tutta contenuta nel rapporto a1=a0 che
compare nella 4.61. Infatti a0 ed a1 vanno trovati imponendo, nel punto a in cui si
fa l'espansione, la continuita della soluzione analitica e della sua derivata; gli altri
an seguono dalla relazione di ricorsione a tre termini.
Riassumendo, la strategia per l'identicazione dei modi e questa. Anzitutto si
integrano le due equazioni che si ottengono separando la parte reale e immaginaria
dell'equazione complessa 3.136:
2 + r2( P 6M=r3)
2
2
(X0);rr = e
(X0);r +
r
2
2
2
2
2
2
2
+e
(0 i )e X0 + 20i e Xi
2
r
2 + r2( P 6M=r3) (4.64)
2
2
(Xi);rr = e
(Xi);r +
r
2
2
2
2
2
2
2
+e
r2 (0 i )e Xi 20 ie X0
6 Nelle due equazioni 4.64 e 4.65 facciamo uno strappo alla regola ssata in questo capitolo,
scrivendole in unita geometriche (formule 1.34).
117
o (nel caso di stelle a densita costante) della 3.21:
2
y
1
2
(X0);rr = ry2 1 r 3y y (X0 );r
(` 1)(` + 2) 1 4(2 2) 80i X
0
i
+
X
0+ 2
i
2
2
2
2
r
y
y
(3
y
y
(3
y
1 y)
1 y )2
y
2
1
2
(Xi);rr = ry2 1 r 3y y (Xi);r
(`
(4.65)
1
1)(` + 2) 4(02 i2 ) X
80 i X
+
i
r2 y 2
y2(3y1 y)2
y2(3y1 y)2 0
Le condizioni iniziali da usare per l'integrazione (che viene fatta in unita 0 = 1)
sono in tutti e due i casi date dalle formule C.12, C.16 e C.17.
La comodita dei modelli a densita costante sta nel fatto che questi si possono
parametrizzare tramite la \compattezza" R=M . In unita 0 = 1 abbiamo infatti,
una volta ssato R=M :
1=2
3
R=
R=M
3
R
M= 3
2M 1=2
(4.66)
y1 = 1
R
1
y
P 0 = 3y 11
1
2
e 0 = (3y 4 1)2
1
e da queste formule e evidente che, data la compattezza, le condizioni iniziali C.12,
C.16 e C.17 sono specicate in maniera non ambigua.
Integrando le 4.64 (o le 4.65) si ottengono X (R) ed X;r (R), e queste due grandezze vengono usate come dati iniziali per integrare l'equazione di Regge{Wheeler
complessa 3.20 no ad r = a. Perche la serie converga in a=2 < r < 1 il parametro
a deve essere maggiore di 2. Chiaramente la serie deve convergere ovunque fuori
118
della stella (a=2 < R), e il punto in cui si fa l'espansione deve trovarsi all'esterno
della stella (R < a). In questo punto va ricavato il rapporto a1=a0 , e quindi bisogna
calcolare la frazione continua 4.63 o le sue inversioni per cercarne gli zeri. Il calcolo
di a1 =a0 e semplice, anche se bisogna prestare un po' di attenzione alle unita. Dalle
4.43 e 4.45 segue che:
))
(v) = ((rr((vv))
(4.67)
dove e una funzione nota:
(r) = (r 1) i e
ir
e (v) e la funzione che si espande in serie. Ma allora:
a0 = (v)v=0 = ((aa))
d(v) (4.68)
(4.69)
ia (a)
a1 = dv
= a
(4.70)
;r (a) +
a 1
v=0 (a)
Dato che l'integrazione interna viene fatta in unita 0 = 1, e ricordando che in questo
paragrafo abbiamo sempre usato unita c = G = 2M = 1 sottintendendo l'uso della
tilde, si ottiene:
X X (a) =
r " r=a = 2M # r r=a
X
(4.71)
X
2
= (2M ) r X;r r
2M r
;r (a) = 2M
;r r=a
r=a
e quindi:
X 1
;r
= 2M ;r
(4.72)
X r r=a
r=a
Allora il rapporto a1 =a0 si puo ottenere da X (a) ed X;r (a) in questo modo:
a1 = a X;r (a) 1 + ia
(4.73)
a0
X (a) a a 2M
119
4.4 Calcolo delle frequenze dei modi w per le stelle con il metodo delle frazioni continue
Abbiamo applicato il metodo descritto nel paragrafo precedente a diversi modelli
stellari. In questa sezione illustreremo in dettaglio i nostri risultati numerici. In
particolare, commenteremo alcuni graci rappresentativi di quelli da noi usati per
trovare i modi w (gure 4.4, 4.5 e 4.6).
EOS di Wiringa-Fiks-Fabrocini, ε0=4*1015 g cm-3
Zeri della parte reale ed immaginaria per n=0
1,0
0,8
0,6
σi
0,4
0,2
0,0
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
σ0
Figura 4.4: Zeri della parte reale e immaginaria di f0(). Il modello stellare qui
considerato si riferisce all'equazione di stato WFF e ad una densita centrale 0 =
4 1015 gcm 3. I cerchi vuoti corrispondono alle frequenze dei primi tre modi w.
120
Una volta che si e in grado di calcolare fn() la tecnica di ricerca delle frequenze
e identica a quella descritta parlando dei buchi neri, anche se i tempi di calcolo
salgono notevolmente. Infatti ora, su ogni punto della griglia (0 ; i ) scelta, bisogna
non solo sommare una frazione continua, ma anche fare delle integrazioni numeriche.
Maggiori dettagli tecnici sul calcolo delle funzioni fn() nel caso delle stelle si trovano
in appendice D.
EOS di Wiringa-Fiks-Fabrocini, ε0=4*1015 g cm-3
Zeri della parte reale ed immaginaria per n=1
1,0
0,8
0,6
σi
0,4
0,2
0,0
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
σ0
Figura 4.5: Zeri della parte reale e immaginaria di f1(). Anche in questo caso il
modello stellare e stato costruito usando l'equazione di stato WFF e una densita
centrale 0 = 4 1015 gcm 3. I cerchi vuoti corrispondono alle frequenze dei primi
tre modi w.
121
Come si vede in gura 4.4, per n = 0 ed alti valori di i il programma fornisce
un gran numero di zeri spuri. Cio signica soltanto che, per questo particolare indice
di inversione n, il calcolo di fn( ) e numericamente instabile in quella regione del
piano complesso. Calcolando nella stessa regione del piano la funzione f1 () quasi
tutti gli zeri spuri scompaiono (gura 4.5). Mentre per n = 0 si puo distinguere solo
il modo con q = 0, per n = 1 sono chiaramente visibili i primi 3 modi w: questo
comportamento e del tutto analogo a quello osservato per i buchi neri.
Fortunatamente nel caso delle stelle di neutroni tutti i modi w si possono identicare, tranne qualche eccezione (tipicamente i modelli meno compatti), dai graci
per n = 0, n = 1 o al piu n = 2: per esempio, le gure 4.4 e 4.5 sono sucienti
per individuare tutti i modi w nell'intervallo di valori di 0 esplorato. La circostanza fortunata per cui non e necessario fare un numero elevato di graci dipende
probabilmente dal fatto che la parte immaginaria delle frequenze dei modi w per le
stelle e in genere minore di quella per i modi di un buco nero di Schwarzschild di
stessa massa. Cio signica che tutti o quasi i modi w si trovano nella regione del
piano (0 ; i) che e numericamente stabile per piccoli valori di n (cfr. gura 5.1 e
discussione della formula 4.40).
Le proprieta di inversione delle frazioni continue rendono il metodo sucientemente potente da esser valido anche in ambiti diversi da quello per cui e stato
pensato. In particolare, la gura 4.6 mostra che ad indici di inversione piu alti (tipicamente per n compreso tra 2 e 6) e possibile trovare le radici corrispondenti ai modi
wII di un modello compatto; potremmo mostrare graci analoghi che illustrano come
sia possibile calcolare le frequenze dei modi w per stelle a densita costante quasi{
newtoniane, con R=M = 100, semplicemente facendo graci per n = 4 o n = 5.
I punti che si vedono in basso corrispondono ai modi w, che sono perfettamente
distinguibili, anche se con meno evidenza che nei graci con n piu basso.
122
La essibilita del metodo delle frazioni continue fornisce una soluzione alle dicolta numeriche incontrate da Kokkotas et al. ([10]) per grandi valori di i , e potra
rivelarsi utile in diversi ambiti. Ad esempio si potrebbe stabilire se i modi wII sono
eettivamente in numero nito, come e stato congetturato da Andersson ([4]). Dal
punto di vista astrosico, d'altra parte, si puo esplorare la possibilita di calcolare
le frequenze dei modi w per stelle newtoniane piu realistiche (e in particolare per il
sole). Questo calcolo avrebbe un evidente interesse osservativo.
n=4: Zeri parte reale
n=5: Zeri parte reale
R/M=2.4, ε costante
; Zeri parte immaginaria
; Zeri parte immaginaria
3,0
2,5
2,0
σi
1,5
1,0
0,5
0,0
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
σ0
Figura 4.6: Zeri di f4 () ed f5 () per un modello stellare a densita costante, con
R=M = 2:40. I cerchi vuoti contraddistinguono i modi wII . Nella parte inferiore
sono ancora visibili i modi w.
123
Capitolo 5
Discussione dei risultati
In questo capitolo presentiamo i risultati ottenuti applicando al calcolo delle frequenze dei modi w assiali il metodo delle frazioni continue. I nostri calcoli hanno
riguardato sia stelle a densita costante che stelle con le equazioni di stato discusse
nel capitolo 2.
Riteniamo opportuno inquadrare questi risultati nella letteratura esistente, richiamando in breve cio che si e compreso negli ultimi anni sui modi w. Tali modi
sono stati scoperti da Kokkotas e Schutz nel 1992 ([69]) studiando le perturbazioni
stellari polari. Nel caso polare le perturbazioni del campo gravitazionale sono accoppiate con quelle delle variabili termodinamiche tramite un sistema di equazioni
dierenziali del quinto ordine (ma riducibile al quarto: cfr. Detweiler e Lindblom,
[82] e [83]). Per la maggior parte, le classi di modi polari che si ottengono in relativita generale sono la generalizzazione delle perturbazioni stellari mareali che esistono
anche nella teoria newtoniana ([43]). Cio che accade in relativita generale e che la
frequenze dei modi \newtoniani" acquistano una piccola parte immaginaria, necessaria a descrivere la perdita di energia meccanica sotto forma di onde gravitazionali.
Di conseguenza e possibile classicare queste classi di modi con nomi mutuati dagli
124
analoghi modi di oscillazione newtoniani, e introdotti per la prima volta da Cowling ([42]): f per il modo fondamentale; p e g per quelli in cui la principale forza
di richiamo che tende a riportare l'elemento di uido perturbato nella posizione di
equilibrio e, rispettivamente, il gradiente di pressione o la forza di gravita.
Fin dall'inizio, pero, e stato chiaro che i modi w polari trovati da Kokkotas e
Schutz non hanno un analogo in sica newtoniana, e sono oscillazioni del campo
gravitazionale sostanzialmente disaccoppiate dal moto del uido. L'altra caratteristica peculiare di questa famiglia di modi sta nel fatto che le loro frequenze hanno
una parte immaginaria molto grande, comparabile in ordine di grandezza con la
parte reale: si tratta cioe di modi fortemente smorzati. Successivamente Kokkotas
([67]) esploro la possibilita che esistessero modi fortemente smorzati anche per le
perturbazioni assiali. La sua analisi di modelli a densita costante rivelo che tali
modi esistono, e che il loro spettro e qualitativamente simile a quello polare.
Nel 1992 Leins, Nollert e Soel ([79]), usando metodi numerici diversi, rivelarono
una nuova famiglia di modi polari fortemente smorzati, i cosiddetti modi wII . Questi
modi, come i modi w, esistono anche nel caso delle perturbazioni assiali.
I modi w e wII presentano una caratteristica che li dierenzia dai modi s assiali
debolmente smorzati scoperti da Chandrasekhar e Ferrari ([37]), e li rende interessanti dal punto di vista astrosico: essi esistono certamente anche per stelle non
troppo compatte. Allora sorge spontanea una domanda ([8]): nell'ipotesi che un
giorno questi modi vengano osservati, cosa se ne puo dedurre sulla struttura della
stella ?
Rispondere a questa domanda signica comprendere il nesso tra la struttura
stellare, determinata dalle caratteristiche dell'interazione nucleare, e le onde gravitazionali emesse. Per esempio, puo essere interessante capire la relazione tra i valori
delle frequenze di oscillazione e le grandezze piu elementari di un modello stellare
125
all'equilibrio, cioe il suo raggio e la sua massa. Cio potrebbe porre delle restrizioni
sulle possibili equazioni di stato per la materia ad alte densita1.
Nella prima parte di questo capitolo vericheremo la validita del metodo delle
frazioni continue mostrando che l'accordo dei nostri risultati per stelle a densita costante con quelli disponibili in letteratura ([67]) e perfetto. La essibilita garantita
dalle proprieta di inversione delle frazioni continue consente anche di estendere la ricerca alle regioni del piano complesso (0 , i ) nora inaccessibili ([10]), cioe a quelle
regioni caratterizzate da i & 1:25 (qui i e la parte immaginaria della frequenza in
unita 0 = 1, e i corrispondenti tempi di decadimento sono piccoli). Sorprendentemente, grazie alle proprieta di inversione delle frazioni continue, non ci sono problemi
neppure nel calcolare le frequenze di oscillazione di modelli quasi{newtoniani, con
R=M = 100. Anche questi calcoli hanno confermato ed esteso i risultati trovati da
Andersson, Kojima e Kokkotas ([6]). Lo studio del limite newtoniano ha interesse,
come vedremo, per la comprensione della natura sica dei modi w.
Nella seconda parte del capitolo riporteremo i risultati ottenuti adottando le
equazioni di stato (piu realistiche del modello a densita costante) che sono state
descritte nel capitolo 2. Abbiamo calcolato frequenza e damping del modo w
assiale fondamentale (quello in cui ci si aspetta che vada la maggior parte dell'energia
disponibile per i modi w), al variare della densita centrale, per ognuno dei 4 modelli
considerati.
I risultati di questo calcolo sono estremamente interessanti.
1 Dato che le equazioni di Oppenheimer{Volko stabiliscono una corrispondenza tra l'equazione
di stato e la relazione massa{raggio:
P () ! M (R)
e pensabile invertire questa corrispondenza per ricavare l'equazione di stato a partire dalla conoscenza di M (R): interessanti conclusioni su questa possibilita sono state tratte da Lindblom ([80],
[81]).
126
Anzitutto essi mostrano che i modelli proposti nora in letteratura (ad esempio
da Abramowicz et al., [1], e da Andersson, [4]) sono troppo semplici. Il problema
della determinazione delle frequenze e molto complesso, e va risolto esattamente,
altrimenti si rischia di ignorare importanti caratteristiche dello spettro.
La conclusione piu interessante e pero un'altra: i valori delle frequenze dei modi
w assiali sono marcatamente diversi al variare dell'equazione di stato. Cio signica
che un'eventuale misura delle frequenze consentirebbe di individuare quale, tra le
equazioni di stato da noi considerate, approssima meglio la materia stellare.
Inne mostreremo come il modello proposto da Andersson, pur essendo troppo
elementare, abbia il merito di suggerire delle semplici relazioni che dovrebbero legare
le frequenze di oscillazione alla massa M e al raggio R della stella. Partendo da tali
relazioni si possono costruire alcune formule semiempiriche, con lo scopo di risalire
a R ed M (magari integrando l'analisi dei modi assiali con quella dei modi polari,
fatta in [9]) da un'eventuale misura delle frequenze di emissione gravitazionale.
5.1 Risultati per stelle a densita costante
Una caratteristica peculiare dei modelli stellari a densita costante e la possibilita di
caratterizzare la famiglia delle soluzioni dell'equazione di Oppenheimer{Volko non
tramite la densita centrale, ma attraverso il rapporto R=M (cfr. formule 4.66). Tale
rapporto fornisce in eetti una misura del peso degli eetti di relativita generale sul
modello considerato. Soprattutto per questa ragione le soluzioni a densita costante,
pur se irrealistiche, conservano un ruolo importante dal punto di vista teorico.
Il lavoro di Chandrasekhar e Ferrari [37] ha mostrato che, per i modelli a densita
costante, esistono dei modi s (lentamente smorzati o slowly damped), intrappolati
nella buca che il potenziale 3.22 presenta quando R . 3M , purche questa buca sia
127
abbastanza profonda. In particolare in quel lavoro sono considerati quattro modelli,
con R=M pari rispettivamente a 2:26, 2:28, 2:30 e 2:40, e viene messo in evidenza
il fatto che la profondita della buca e il numero di modi intrappolati aumentano al
decrescere di R=M (cfr. gura 3.1).
Come gia accennato, integrando direttamente le equazioni complesse 3.13 e 3.20,
Kokkotas ([67]) trovo che oltre ai modi s esistono altri modi assiali, fortemente smorzati, e calcolo i primi 15 modi assiali per i 4 modelli a densita costante considerati
in precedenza. A causa di dicolta numeriche, egli osservava la comparsa di una
famiglia di modi spuri (non vericati dall'applicazione di metodi alternativi) ad alta
frequenza.
Utilizzando il modello con R=M = 2:40 abbiamo vericato l'accuratezza del metodo delle frazioni continue. I nostri risultati sono confrontati con quelli pubblicati
da Kokkotas ([67]) in tabella 5.1. La prima colonna contiene i risultati di Kokkotas
per 0, la seconda quelli che noi abbiamo ottenuto tenendo una cifra signicativa
in piu; nella terza e quarta colonna ci sono gli analoghi risultati per i. La prima
riga della tabella corrisponde al modo s gia trovato da Chandrasekhar e Ferrari (si
confronti il secondo graco sulla sinistra in gura 3.1). Quindi sono elencati i primi
14 modi w, e, separati da una linea orizzontale, i primi 3 modi wII (che Kokkotas
non trovava). L'indice di inversione n = 1 e stato usato per trovare le frequenze dei
modi w, mentre per i modi wII abbiamo considerato il caso n = 4. Il parametro
d'espansione in unita c = G = 2M = 1, ea (conveniamo di indicare con una tilde
le grandezze in queste unita) e stato preso in entrambi i casi pari a 2:1. Questa
scelta permette di soddisfare le condizioni di convergenza ea > 2 e ea=2 < Re < ea
(cfr. la discussione a pagina 118), dato che nel nostro caso, ovviamente, Re = 1:2.
Inoltre rende l'integrazione all'esterno della stella relativamente veloce, perche l'intervallo su cui si integra, (Re ea), e tra i piu piccoli compatibili con le condizioni di
128
convergenza.
La tabella 5.1 mostra che l'accordo con le frequenze calcolate da Kokkotas ([67])
e perfetto. Inoltre possiamo completare i suoi risultati calcolando alcune tra le
frequenze dei modi wII , ricavate a partire dal graco in gura 4.6.
Modo s
Modi w
Modi wII
Buco nero di Schwarzschild con stessa massa
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
σi 2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
0
1
2
3
4
5
6
σ0
Figura 5.1: Modi per una stella a densita costante con R=M = 2:4 e per un buco
nero di stessa massa. Le frequenze sono in unita 0 = 1.
In gura 5.1 i risultati per il modello con R=M = 2:4 sono gracati insieme alle
frequenze per un buco nero di Schwarzschild con massa pari a quella della stella
(ottenute riscalando opportunamente i valori in tabella 4.1). Si puo osservare che
i modi wII sono relativamente piu simili a quelli di una metrica di Schwarzschild
129
costante, R=M = 2:40
0;Kokk 0
i;Kokk i
0:7756 0:77558 0:0094 0:00937
1:0043 1:00432 0:0841 0:08414
1:2831 1:28312 0:1782 0:17818
1:6379 1:63795 0:2509 0:25090
2:0373 2:03734 0:2933 0:29332
2:4420 2:44201 0:3193 0:31929
2:8473 2:84728 0:3399 0:33992
3:2530 3:25305 0:3575 0:35754
3:6592 3:65916 0:3720 0:37200
4:0655 4:06547 0:3868 0:38679
4:4719 4:47192 0:3992 0:39923
4:8784 4:87844 0:4106 0:41057
5:2850 5:28503 0:4210 0:42099
5:6917 5:69166 0:4306 0:43063
6:0983 6:09832 0:4396 0:43959
...
1:49300 ...
0:81991
...
1:65193 ...
1:84556
...
1:80626 ...
2:91029
Tabella 5.1: Frequenze dei modi s, w e wII assiali per un modello a densita costante,
con R=M = 2:40, in unita 0 = 1.
130
rispetto ai modi w, ma tale somiglianza qualitativa non deve trarre in inganno.
La natura delle due famiglie di modi e con ogni probabilita molto diversa, perche
diversi sono gli oggetti sici e le condizioni al contorno dei problemi agli autovalori
che stiamo studiando.
5.2 Limite newtoniano e modello di Andersson
Con il metodo delle frazioni continue e possibile calcolare le frequenze dei modi
quasi{normali anche per stelle non molto compatte. Questo calcolo e interessante,
perche, confrontandone i risultati con quelli di un modellino analitico proposto da
Andersson ([4]), consente di capire meglio la natura dei modi w .
Sappiamo che il potenziale assiale per una stella a densita costante presenta
una discontinuita in corrispondenza del raggio della stella (cfr. la gura 3.1 e la
discussione della formula 3.22). L'idea di Andersson e che tale discontinuita dia
luogo a delle \standing waves" all'interno della stella, simili, per semplicare un
po', alle onde stazionarie caratteristiche di una buca innita di potenziale nella
teoria di Schrodinger: la condizione che ci siano onde stazionarie individua appunto
le frequenze dei modi w.
In quanto segue useremo le unita geometriche denite nella 1.34. E ben noto
che, in relativita generale, per ogni metrica statica gij vale la legge di conservazione:
jg00j1=2 Eloc = costante
dove Eloc indica l'energia di una particella misurata localmente da un osservatore
a riposo ([89], pag. 657). Consideriamo in particolare la metrica che descrive la
congurazione di equilibrio di una stella (formula 1.36). Se la particella in esame e
un gravitone, e dunque ha massa nulla, il momento del gravitone misurato da un
131
osservatore in r e:
ploc(r) = e
(r)
e per r ! 1 si ha ploc = 1, cioe la velocita del gravitone in assenza di campo
gravitazionale coincide con la velocita della luce. Dunque e rappresenta, in termini
semplici, la \velocita di un'onda gravitazionale" misurata da un osservatore in r.
Limitiamoci a considerare un modello a densita costante; allora dalla formula 1.65
segue che tale velocita, all'interno della stella, vale:
2
e = (3y
1
"r
2M
=
2
3
1
y)
R
r
1 2Mr(r)
#
1
(5.1)
dove nell'ultimo passaggio abbiamo usato le denizioni 1.61. Il modo piu semplice
per schematizzare la discontinuita nel potenziale assiale consiste nell'imporre che
e abbia due valori costanti diversi, uno dentro ed uno fuori della stella. Per r > R
prenderemo e = 1, mentre per r < R supporremo che e sia ovunque uguale al
suo valore nel centro. Nel limite newtoniano, cioe per M=R 1, dalle formule 1.61
e 5.1 si ottiene:
(5.2)
e r=0 = q 2
'
1 + 3M
2
R
2
M
3 1 R 1
Ignorando gli eetti del potenziale 3.22 e supponendo e 2 ' 1, con un'approssimazione non troppo azzardata per stelle poco compatte, dall'equazione 3.15 ci si riduce
cosi a un modellino molto semplice:
d2 2
(5.3)
dr2 + k Z = 0
dove abbiamo denito:
8
>
< e = e se r R
k=>
: se r R
132
(5.4)
Questa equazione ha soluzioni:
Zin = A(e)eier + B (e)e
Zout = C ()eir + D()e
ier ;
r<R
r>R
ir ;
(5.5)
Ora imponiamo le condizioni al contorno:
1) la regolarita di Z in r = 0 implica A(e) + B (e) = 0;
2) all'innito devono esserci solo onde puramente uscenti, dunque C () = 0;
3) la soluzione e la sua derivata devono essere continue in r = R, e dunque vale la
seguente condizione sulle frequenze:
e = e
e + Nel limite M=R 1 ne segue che:
2ieR
(5.6)
r
R
q R ' q + 21 + i ln 34M
(5.7)
Questo modello semplicissimo prevede alcune caratteristiche essenziali dello spettro
dei modi w. Secondo la 5.7 esiste infatti un numero innito di modi con parti reali
delle frequenze separate di , e con un damping costante per ogni q che cresce al
crescere della compattezza M=R secondo la legge:
r
1 = q 1 ln R
q i R
M
Inoltre la 5.7 prevede che la quantita:
q = 0q 0q
1
R
(5.8)
(5.9)
sia costante (indipendente da q) e pari a .
I risultati della soluzione del problema \reale" nel limite newtoniano sono in
accordo sorprendentemente buono con le previsioni di questo modellino.
133
\Limite newtoniano": costante, R=M = 100
0
i
(0 R)AKK (0 R) (q )AKK q
10:461 23:725 (1:50)
1:811 ...
...
30:931 25:717 5:35
5:357 (3:85)
3:546
49:966 27:368 8:65
8:654 3:30
3:297
68:512 28:716 11:87
11:867 3:22
3:212
86:812 29:834 ...
15:036 ...
3:170
Tabella 5.2: Modi w assiali per un modello a densita costante con R=M = 100.
Abbiamo considerato una stella con R=M = 100 per poter confrontare i risultati
con quelli di Andersson, Kojima e Kokkotas ([6]). Nelle prime due colonne della
tabella 5.2 ci sono le frequenze (in unita 0 = 1) che abbiamo calcolato con il metodo
delle frazioni continue, prendendo n = 2 ed ea = 60. La terza colonna contiene i valori
di 0 R calcolati in [6]: le parentesi sul primo valore sono probabilmente dovute a
problemi numerici nel codice usato da Andersson, Kojima e Kokkotas. La quarta
colonna riporta i nostri risultati per 0 R. Nella quinta e sesta colonna diamo il
prodotto q calcolato, rispettivamente, da Andersson et al. e da noi.
La 5.7 prevede nel nostro caso i = 28:249, una buona stima di ordine di grandezza se confrontata con i valori riportati nella seconda colonna della tabella 5.2.
Inoltre dalla stessa tabella si vede che q ha eettivamente valori molto prossimi a
, e che cio e tanto piu vero quanto piu grande e q.
134
5.3 Risultati per le varie equazioni di stato e
relazioni empiriche
Il modello di Andersson che abbiamo discusso nel paragrafo precedente, pur essendo
in buon accordo con le frequenze calcolate nel limite di stella newtoniana a densita
costante, e pero troppo semplice per spiegare la struttura dello spettro dei modi w,
anche nel caso di stelle a densita costante. Ad esempio esso prevede che, per una
stella con un ssato R=M , tutti i modi abbiano lo stesso damping (formula 5.7),
contrariamente a quel che si vede chiaramente dalla gura 5.1, e inoltre non rende
conto dell'esistenza dei modi wII . Ci si aspetta, naturalmente, che nel confronto
con i modi calcolati da equazioni di stato piu realistiche il modello funzioni ancora
peggio.
Tale previsione e confermata dai calcoli delle frequenze del modo w fondamentale
che abbiamo fatto applicando il metodo delle frazioni continue alle equazioni di
stato A, B, L e WFF discusse nel capitolo 2. I risultati di questi calcoli sono
riportati nelle tabelle 5.3, 5.4, 5.5 e 5.6. In queste tabelle il passaggio dalle grandezze
0 e i, calcolate in unita 0 = 1, a frequenza e damping sici viene fatto tramite le
relazioni:
1=2
0;fis
0 0 c
fis = 2 = 2
(5.10)
= fis = 1 = 11=2
i;fis
i 0 c
La gura 5.2 mostra le frequenze di oscillazione in kHz al variare della compattezza M=R della stella per ognuno dei 4 modelli considerati. I modelli stellari sono
stati scelti in maniera da poter fare il confronto con le frequenze dei modi polari
calcolati da Andersson et al. ([9]). Notiamo pero che dall'analisi di stabilita del
primo capitolo segue (cfr. tabella 1.1) che alcune delle congurazioni da loro considerate sono radialmente instabili. I modelli radialmente instabili sono stati segnati
in neretto nelle tabelle numeriche alla ne di questo capitolo.
135
Quel che si osserva immediatamente e che al crescere della rigidita dell'equazione di stato (ricordiamo che, in ordine di rigidita, B<A<WFF<L), le frequenze di
oscillazione decrescono.
EOS A
EOS L
EOS B
WFF
12
11
10
9
νfis
8
7
6
5
0,10
0,12
0,14
0,16
0,18
0,20
0,22
0,24
0,26
0,28
0,30
M/R
Figura 5.2: fis (M=R) per i quattro modelli considerati. La frequenza e in kHz, il
rapporto M=R e adimensionale.
I modelli A e WFF prevedono frequenze relativamente simili tra loro, e le dierenze sono probabilmente dovute piu al metodo di calcolo a molti corpi utilizzato
che alla diversa forma dell'interazione. Nel lavoro di Pandharipande sono inclusi,
nell'espansione a cluster del valore di aspettazione dell'hamiltoniana, solo i contributi dei clusters di due nucleoni, mentre Wiringa, Fiks e Fabrocini, utilizzando le
136
equazioni integrali della teoria FHNC, tengono conto di termini di ordine superiore
la cui importanza cresce al crescere della densita.
La dierenza tra i modelli A e WFF ora considerati e gli altri e invece, con
ogni probabilita, di natura sica, nel senso che e presumibilmente attribuibile alla
diversa descrizione della materia stellare. Questo ha implicazioni molto interessanti.
Ad esempio, nell'ambito della teoria delle oscillazioni stellari non{radiali, un segnale
con frequenza dell'ordine di 11 kHz proveniente da una stella di neutroni isolata
potrebbe indicare la presenza di barioni pesanti nella materia stellare. D'altro canto,
la misura di una frequenza & 8 kHz suggerirebbe di escludere la descrizione della
materia nucleare in termini di teorie di campo medio relativistiche. Nonostante tali
teorie non siano in grado di riprodurre i fenomeni di bassa energia (caratteristiche
del deutone e dello scattering nucleone{nucleone), si e sostenuta l'ipotesi che esse
funzionino sempre meglio al crescere della densita, essendo immuni dal problema
della violazione della causalita. Questo argomento verrebbe falsicato nel caso in
cui le teorie di campo medio dessero previsioni in disaccordo con la struttura del
segnale gravitazionale.
In gura 5.3 le frequenze da noi ottenute nel caso assiale sono confrontate con
quelle dei modi polari calcolate da Andersson et al. ([9]) per le stesse equazioni
di stato. Un primo fatto interessante e che, tipicamente, la frequenza del modo
w fondamentale assiale e piu bassa della corrispondente frequenza polare. Cio e
positivo dal punto di vista sperimentale. Infatti il principale problema connesso con
la rivelazione dei modi w e proprio la loro alta frequenza, dell'ordine di diversi kHz,
che li colloca al di fuori della \nestra" aperta ai rivelatori attualmente operanti
o in progettazione. In particolare l'interferometro LISA, costituito da una \rete"
di 6 satelliti che l'ESA dovrebbe lanciare in orbita attorno al 2015, sara sensibile a
frequenze molto piu basse, tra 10 4 Hz e 1 Hz. Gli interferometri terrestri hanno una
137
banda di frequenze compresa tra 10 Hz e qualche kHz, ma hanno massima sensibilita
attorno ai 102 Hz (si veda ad esempio [53]). Anche le antenne risonanti cilindriche
e sferiche hanno una frequenza di risonanza bassa, dell'ordine del kHz. Cio signica
che la regione dello spettro interessante per i modi w non e coperta dai rivelatori
attuali, e suggerisce la necessita di costruire rivelatori sensibili ad alte frequenze.
EOS A
EOS L
EOS B
WFF
16
15
14
13
12
11
νfis 10
9
8
7
6
5
0,12
0,14
0,16
0,18
0,20
0,22
0,24
0,26
0,28
0,30
M/R
Figura 5.3: fis(M=R) per i quattro modelli considerati; tratteggiato il caso polare.
La frequenza e in kHz, il rapporto M=R e adimensionale.
Come mostra la gura 5.3, le frequenze dei modi assiali sono, rispetto a quelle
polari, fortemente dipendenti dall'equazione di stato e debolmente dipendenti, ssata l'equazione di stato, dalla compattezza. Dato che diversi valori
138
della compattezza corrispondono a diversi modelli stellari, ne segue che i modi assiali
si prestano meglio dei modi polari a discriminare tra le varie equazioni di stato.
In gura 5.3 si puo anche osservare che le frequenze assiali e polari sono sempre
piu simili al crescere della compattezza. Questo fatto era stato previsto, prima che
i calcoli su stelle a densita costante lo confermassero, da Chandrasekhar. Il motivo
e che, nel caso delle perturbazioni dei buchi neri, le frequenze dei modi assiali e
quelle dei modi polari coincidono esattamente. Ci si aspetta, percio, che le due
classi di modi debbano diventare sempre piu simili man mano che la stella diventa
piu compatta.
EOS A
EOS L
EOS B
WFF
0,12
0,10
0,08
τ
0,06
0,04
0,02
0,00
0,10
0,12
0,14
0,16
0,18
0,20
0,22
0,24
0,26
0,28
0,30
M/R
Figura 5.4: (M=R) per i quattro modelli considerati. Il tempo di smorzamento e espresso in ms, M=R e adimensionale.
139
In gura 5.4 sono gracati i tempi di smorzamento (in ms) al variare della compattezza. Al crescere della rigidita dell'equazione di stato, il damping dei modi e piu
alto, cioe i modi vivono di piu. Tuttavia le dierenze sono meno marcate rispetto a
quel che si osserva per le frequenze di oscillazione (gura 5.2).
EOS A
EOS L
EOS B
WFF
0,10
0,08
0,06
τfis
0,04
0,02
0,00
0,12
0,14
0,16
0,18
0,20
0,22
0,24
0,26
0,28
0,30
M/R
Figura 5.5: (M=R) per i quattro modelli considerati; tratteggiato il caso polare.
Le unita sono le stesse di gura 5.4.
Il damping dei modi w assiali e confrontato con quello dei modi w polari trovati
da Andersson et al. ([9]) in gura 5.5. L'aumento di con la rigidita dell'equazione
di stato e caratteristico anche dei modi polari. In genere, il tempo di decadimento
assiale e solo di poco piu grande rispetto a quello polare, a parita di modello stellare.
140
A questo punto possiamo chiederci quali informazioni sulla struttura di equilibrio
possano trarsi da una misura delle frequenze o dei tempi di smorzamento. I risultati
del modello analitico di Andersson suggeriscono che la frequenza dei modi w sia
inversamente proporzionale alle dimensioni della stella:
fis R1
(5.11)
Allora e naturale gracare fisR al variare della compattezza:
EOS A
EOS L
EOS B
WFF
100
95
90
νfisR
85
80
75
0,12
0,14
0,16
0,18
0,20
0,22
0,24
0,26
0,28
0,30
M/R
Figura 5.6: Per i quattro modelli considerati il graco riporta: in ordinata, il
prodotto tra fis (in kHz) ed R (in km); in ascissa, il rapporto adimensionale M=R.
Il modello di Andersson suggerirebbe fisR ' costante; la gura 5.6 ne mostra tutti
141
i limiti, ma suggerisce di tentare un t della forma:
M
1
fis = R a + b R
(5.12)
Il t e piuttosto buono (2 = 1:21977) e mostra che i parametri devono valere:
a = 143:9949 3:82275
b = 119:28212 0:88361
EOS A
EOS L
(5.13)
EOS B
WFF
600
500
400
R/τ
300
200
100
0,10
0,15
0,20
0,25
0,30
M/R
Figura 5.7: Per i quattro modelli considerati il graco riporta: in ordinata, il
rapporto tra R (in km) e (in ms); in ascissa, la grandezza adimensionale M=R.
Considerazioni analoghe suggerirebbero di gracare R= al variare della compattezza. Di nuovo, la gura 5.7 mostra che il modello non si puo estrapolare a stelle
di neutroni con le equazioni di stato da noi considerate.
142
Si potrebbe tentare di nuovo un t lineare o quadratico, del tipo:
"
M 2 #
1 1 + M + R
R
R
Sia nel caso di un t lineare ( = 0) che in quello di un t quadratico si ottiene pero
un 2 molto alto, e dunque una relazione empirica poco attendibile.
EOS A
EOS L
EOS B
WFF
70
60
M/τ
50
40
30
0,12
0,14
0,16
0,18
0,20
0,22
0,24
0,26
0,28
0,30
M/R
Figura 5.8: Il graco mostra (sempre per i quattro modelli trattati nel capitolo 2):
in ordinata, il rapporto tra M (in masse solari) e (in ms); in ascissa, la grandezza
adimensionale M=R.
Un'idea alternativa viene dalla gura 5.4, che mostra chiaramente come il damping
sia legato ad M=R: piu una stella e compatta, piu tempo dura l'oscillazione. Si puo
pensare di gracare M= al variare di M=R; il risultato e in gura 5.8.
143
Usando la formula:
"
2 #
1 = 1 a + bM + c M
M
R
R
(5.14)
si ottiene una t migliore. Stavolta 2 = 1:62558, e i parametri valgono:
a = 1875:22484 92:2764
b = 562:54184 39:38422
c = 29:96645 4:00117
(5.15)
In conclusione, portiamo un ulteriore argomento a favore della necessita di calcolare le frequenze dei modi quasi{normali risolvendo esattamente le equazioni di
perturbazione. Abramowicz et al. ([1]) hanno costruito un modello alternativo a
quello di Andersson. Essi giungono a una formula valida per stelle molto compatte
che si scrive, nella nostra notazione:
q R = 3(q + 2) M
4 R
1=2
(5.16)
R 9 M 1 3(q + 2)g(M; R)
dove l'ultima uguaglianza denisce la funzione g(M; R) e l'overtone index per il
modo fondamentale e q = 1. Il loro modello prevede percio che la grandezza:
0
1
0R
= 91 g(M;
R)
(5.17)
sia pari a 1.
Se si graca in funzione di M=R per i modelli di equazione di stato da noi
considerati si scopre che la stima di ordini di grandezza e piuttosto buona, ma
vengono anche alla luce tutti i limiti di tale stima. Per ognuno dei modelli da noi
considerati non e certo costante.
144
EOS A
EOS L
EOS B
WFF
1,25
1,20
1,15
1,10
1,05
λ 1,00
0,95
0,90
0,85
0,80
0,10
0,15
0,20
0,25
0,30
M/R
Figura 5.9: La grandezza denita dalla formula 5.17 per i quattro modelli
considerati. R, M e 01 sono espresse in unita geometriche.
145
0
0:800
0:900
1:000
1:216
1:400
1:800
2:000
2:600
3:000
4:000
R
11:10
11:07
11:04
10:91
10:77
10:44
10:27
9:84
9:61
9:18
M
0:89
1:05
1:18
1:41
1:54
1:71
1:76
1:83
1:84
1:83
M
R
0:12
0:14
0:16
0:19
0:21
0:24
0:25
0:27
0:28
0:29
R
M
8:44
7:17
6:33
5:26
4:74
4:13
3:95
3:64
3:54
3:40
WFF
0
2:231
2:043
1:895
1:661
1:521
1:318
1:244
1:091
1:020
0:897
i
2:073
1:698
1:425
1:040
0:836
0:577
0:495
0:344
0:286
0:203
fis
9:20
8:93
8:73
8:44
8:29
8:15
8:11
8:11
8:14
8:27
18:6
21:4
24:2
30:1
34:9
44:6
49:3
62:3
69:7
85:1
fisR
102:10
98:91
96:38
92:10
89:34
85:06
83:27
79:76
78:23
75:87
M=
70:63
72:07
71:93
68:94
65:12
56:64
52:70
43:37
38:96
31:71
Tabella 5.3: Nell'ordine sono riportate: la densita centrale in unita di 1015g cm3;
il raggio R in km; la massa M in masse solari; la compattezza M=R e il rapporto
R=M (adimensionali); la parte reale 0 e immaginaria i della frequenza per il modo
w assiale fondamentale in unita 0 = 1; la frequenza sica fis = fis=(2) in kHz;
il tempo di smorzamento = 1=fis in s; il prodotto fisR e, inne, M= . Tutto
e stato calcolato usando il modello di Wiringa{Fiks{Fabrocini. I valori in neretto si
riferiscono a un modello radialmente instabile.
146
0
1:259
1:698
1:995
2:344
3:000
3:980
Modello A (Pandharipande 1971 - Materia neutronica pura)
R M MR MR 0
i
fis fisR
9:92 1:05 0:16 6:38 1:887 1:423 9:76 21:6 96:82
9:69 1:33 0:20 4:93 1:560 0:900 9:37 29:4 90:74
9:49 1:45 0:23 4:44 1:419 0:703 9:24 34:8 87:67
9:26 1:54 0:24 4:08 1:297 0:551 9:15 40:9 84:78
8:88 1:62 0:27 3:71 1:139 0:379 9:09 52:6 80:72
8:42 1:65 0:29 3:45 0:990 0:248 9:10 69:8 76:66
M=
71:90
66:68
61:45
55:43
45:50
34:97
Tabella 5.4: Come nella Tabella 5.3, ma per il modello A di Pandharipande.
0
1:995
3:000
3:388
4:684
5:012
Modello B (Pandharipande 1971 - Materia iperonica)
R M MR MR 0
i
fis fis R
8:74 0:98 0:17 6:04 1:727 1:210 11:24 20:2 98:25
8:16 1:26 0:23 4:37 1:361 0:630 10:86 31:6 88:61
7:98 1:32 0:24 4:11 1:273 0:522 10:80 35:9 86:15
7:44 1:40 0:28 3:59 1:070 0:300 10:67 53:2 79:42
7:33 1:41 0:28 3:52 1:033 0:267 10:66 57:8 78:17
M=
71:54
58:93
54:02
38:93
36:04
Tabella 5.5: Come nella Tabella 5.3, ma per il modello B di Pandharipande.
147
0
0:398
0:500
0:600
0:631
0:794
1:000
1:259
1:500
Modello L (Pandharipande e Smith 1976 - Campo medio)
R
M MR MR 0
i
fis fisR
14:89 1:21 0:12 8:30 2:304 2:149 6:70 25:47 99:73
15:06 1:67 0:16 6:10 1:916 1:420 6:24 34:39 94:02
15:01 2:00 0:20 5:09 1:681 1:034 6:00 43:12 90:06
14:96 2:10 0:21 4:83 1:621 0:935 5:93 46:50 88:77
14:68 2:39 0:24 4:15 1:399 0:639 5:74 60:65 84:32
14:30 2:58 0:27 3:75 1:220 0:447 5:62 77:26 80:39
13:86 2:65 0:28 3:54 1:084 0:328 5:61 93:84 77:71
13:53 2:66 0:29 3:44 0:999 0:269 5:64 104:83 76:29
M=
70:42
71:75
68:42
66:55
58:25
49:29
41:77
37:47
Tabella 5.6: Come nella Tabella 5.3, ma per il modello L di Pandharipande e Smith.
I valori in neretto si riferiscono a un modello radialmente instabile.
148
Conclusioni
Una delle conclusioni piu interessanti di questa tesi consiste nell'aver mostrato che
la parte reale della frequenza del modo w fondamentale assiale e caratteristica delle
diverse equazioni di stato, e permette di discriminare chiaramente tra i modelli
considerati (gura 5.2). Il modello di equazione di stato piu rigido tra quelli presi
in esame (cioe il modello L, costruito a partire da equazioni di campo relativistiche
risolte in approssimazione di campo medio) prevede frequenze dell'ordine dei 6 kHz;
il modello B (che e il meno rigido, a causa della presenza degli iperoni) prevede invece
frequenze di circa 11 kHz. Inoltre va sottolineato che, per una ssata equazione di
stato, i valori della frequenza sono debolmente dipendenti da R=M , cioe dal modello
stellare. Questo fatto, come abbiamo gia notato commentando la gura 5.3, rende i
modi assiali preferibili a quelli polari per distinguere tra le varie equazioni di stato.
Per approfondire la comprensione di questi risultati, in futuro estenderemo il
calcolo ad altri modelli di equazione di stato disponibili in letteratura. In particolare utilizzeremo certamente calcoli recenti e adabili che sono stati svolti da
Akmal e Pandharipande ([2]) con potenziali piu moderni rispetto a quelli usati da
Wiringa, Fiks e Fabrocini ([126]). Queste interazioni moderne hanno conseguenze
molto interessanti per quanto riguarda la struttura stellare. Come e stato suggerito da Tamagaki ([114]) e Benhar ([24]), la materia stellare potrebbe trovarsi in
una fase caratterizzata da un ordinamento degli spin dei neutroni, e associata alla
149
condensazione di pioni neutri (0 ). Le forme moderne dei potenziali suggeriscono
che la densita critica per la condensazione dei pioni neutri sia relativamente bassa
(crit . 2nucl ): la condensazione, quindi, potrebbe eettivamente aver luogo in una
stella di neutroni. Lo studio di questo problema e molto interessante, anche perche la condensazione pionica ha eetti visibili sull'equazione di stato, rendendola
tipicamente meno \rigida" (si veda ad esempio [112]).
Nel capitolo 5 abbiamo ricavato due relazioni semiempiriche (formule 5.12 e 5.14)
da cui, una volta misurata la frequenza del modo w fondamentale, si puo risalire
alla massa e al raggio della stella. In un prossimo futuro completeremo l'analisi
dei modi di oscillazione trattando anche i modi polari con il formalismo introdotto
da Chandrasekhar e Ferrari ([35]). Cio consentira di ottenere ulteriori relazioni
empiriche, migliorando senz'altro l'accuratezza nelle determinazioni delle masse e
dei raggi a partire dalle frequenze di oscillazione.
La essibilita del metodo delle frazioni continue suggerisce un'altra estensione
molto interessante dello studio svolto in questa tesi. Abbiamo mostrato che il metodo
e utilizzabile non solo per calcolare i modi w di stelle di neutroni, ma anche per
calcolare i modi w di stelle a densita costante nel \limite newtoniano" R=M ! 1,
cosa molto problematica con altri algoritmi. Cio suggerisce di estendere l'analisi ad
ambiti diversi da quelli considerati in questa tesi. Potremo calcolare i modi w per le
nane bianche e per i modelli solari. Il calcolo dei modi w per il sole, in particolare,
potrebbe dare risultati interessanti dal punto di vista di future osservazioni con le
antenne interferometriche (LISA) che voleranno nello spazio, e che si propongono di
rivelare onde gravitazionali a basse frequenze.
Altri sviluppi interessanti riguardano lo studio dei modi assiali lentamente smorzati (o modi s). Nel capitolo 3, applicando il metodo delle risonanze, abbiamo messo
in evidenza che, per i modelli di equazione di stato da noi considerati, il potenziale
150
all'interno della stella non presenta una buca abbastanza profonda da consentire
l'esistenza di tali modi. In altre parole, queste equazioni di stato non prevedono l'esistenza di stelle sucientemente compatte. I modelli a densita costante, per cui al
contrario esistono dei modi intrappolati, sono pero sicamente irrealistici, nel senso
che essi prevedono una velocita del suono innita. Allora e naturale chiedersi: sotto
quali condizioni per l'equazione di stato il potenziale assiale 3.16 presenta una buca
sucientemente profonda da dar luogo all'esistenza di modi intrappolati ?
In particolare, sarebbe interessante capire se ci sono, in linea di principio, equazioni di stato sicamente accettabili, ma tali da dar luogo a modelli stellari stabili
per cui esistono i modi s. Recenti lavori di Rosquist ([106], [107]) su alcune soluzioni analitiche delle equazioni di Oppenheimer{Volko hanno dato interessanti
suggerimenti in questa direzione. Rosquist ha preso in considerazione la famiglia di
equazioni di stato appartenenti al cosiddetto \modello GB5" (Generalized Buchdal
n = 5 polytrope). I risultati da lui ottenuti nora ([107]) mostrano che per alcuni
modelli stellari con R > 3M esistono modi intrappolati. Tuttavia tali modelli, oltre
ad essere patologici dal punto di vista causale (la velocita del suono e maggiore di
c, anche se non innita come nel caso di densita costante), sono anche instabili nel
senso discusso nel capitolo 1. Noi abbiamo gia svolto dei calcoli usando il metodo
delle risonanze e mostrando che esistono modelli GB5 stabili che, a parita di R=M ,
hanno piu modi intrappolati rispetto ai modelli a densita costante.
Provvisoriamente si puo aermare che l'esistenza dei modi s e legata alla compattezza, ma in maniera abbastanza complessa. Forse e suciente, per l'esistenza
dei modi, che la stella abbia un core compatto (ad esempio a densita costante). Nel
prossimo futuro vericheremo se questa congettura e corretta.
151
Appendice A
Nozioni fondamentali sulle frazioni
continue
In questa parte seguiremo principalmente il libro di Wall [121] e l'articolo di Gautschi
[55]. L'argomento, ovviamente, e sterminato, e ci limiteremo a dare le nozioni
strettamente rilevanti per i nostri scopi: la costruzione di un algoritmo eciente
per il calcolo numerico di una frazione continua e la dimostrazione del teorema di
Pincherle.
A.1 Denizione di una frazione continua
Consideriamo la sequenza di trasformazioni di una variabile w in una variabile t:
denite cosi:
t = tp(w)
(A.1)
8
>
< t0(w) = b0 + w
>
: tp(w) = bpa+pw per p = 1; 2; 3; :::
(A.2)
152
Le grandezze ap e bp sono, in generale, complesse. Il prodotto delle prime (n + 1)
trasformazioni sara:
t0 t1(w) = t0 [t1(w)]
t0 t1t2 (w) = t0t1 [t2 (w)]:::
(A.3)
e quindi:
a2 an
1
t0 t1:::tn (w) = b0 + ba+
1 b2 + ::: bn + w
dove abbiamo introdotto la notazione standard:
1 a2
b0 + ba+
b + ::: b0 +
(A.4)
a1
(A.5)
a2
b1 + b + :::
2
Ovviamente vale l'uguaglianza: t0 t1 :::tn(0) = t0 t1:::tn+1 (1).
Nel limite w ! 1, n ! 1 la sequenza di trasformazioni A.2 denisce una
frazione continua. Diremo che la frazione continua converge ed ha valore v se:
1
2
9 nlim
t t :::t (1) = v
!1 0 1 n
(A.6)
Le quantita ap (\numeratore parziale") e bp (\denominatore parziale") si chiamano
\elementi", ap=bp e il \p esimo quoziente parziale", mentre t0 t1:::tn (0) si indica
come \n esimo approssimante" della frazione continua.
A.2 Relazioni di ricorrenza fondamentali
E facile mostrare per induzione che:
An 1w + An per n = 0; 1; 2; :::
t0 t1 :::tn(w) = B
n 1 w + Bn
153
(A.7)
dove An, \n esimo numeratore", e Bn, \n esimo denominatore", sono ricavabili
con un procedimento ricorsivo:
A 1 = B0 = 1
B 1=0
A0 = b0
(A.8)
8
>
< Ap+1 = bp+1Ap + ap+1Ap 1
>
: Bp+1 = bp+1Bp + ap+1Bp 1
(A.9)
Le formule appena scritte prendono il nome di \relazioni di ricorrenza fondamentali", e sono un po' la chiave di volta per operare con le frazioni continue. I nomi
di An e Bn sono naturalmente motivati dal fatto che An=Bn e proprio l'n esimo
approssimante (cfr. formula A.7).
Notiamo che:
An
Bn
1
1
An An
=
Bn Bn
1
1
A
anAn 2 = an n
Bn
anBn 2
2
2
An 1 Bn 1 (A.10)
e dunque vale la seguente \formula del determinante":
An 1 Bn Bn 1 An = ( 1)na0 a1:::an per n = 0; 1; 2; :::
(A.11)
A.3 Due semplici metodi di calcolo
In linea di principio, abbiamo gia due metodi per il calcolo dell'n-esimo approssimante di una frazione continua.
Uno consiste nell'usare le formule di ricorrenza fondamentali (formule A.8 e A.9),
ma presenta lo svantaggio che l'n esimo numeratore e l'n esimo denominatore
154
tendono a diventare molto grandi al crescere di n, per cui si rende necessario un
rescaling periodico di queste grandezze per evitare un overow.
L'altro metodo calcola \brutalmente" la frazione continua \dalla ne all'inizio";
se poniamo:
k ak+1 an
fk(n) ba+
(A.12)
::: per 1 k n
k bk+1 + bn
possiamo infatti ottenere queste grandezze ricorsivamente usando come valore iniziale fn(n+1) = 0:
(A.13)
fk(n) = ak (n) per k = n; n 1; :::; 1
bk + fk+1
e avremo:
An
(A.14)
f1(n) = B
n
L'inconveniente, in questo caso, e nel fatto che la procedura A.13 va applicata piu
volte, facendo crescere n nche valori successivi di f1(n) coincidono entro un livello
di precisione pressato.
A.4 L'algoritmo di Gautschi
A.4.1 Connessione tra frazioni continue e serie
L'algoritmo piu eciente per calcolare esplicitamente una frazione continua e quello
di Gautschi, che non presenta nessuno di questi problemi, e sfrutta la connessione
tra frazioni continue e serie espressa dal seguente teorema.
Teorema
Consideriamo la frazione continua:
1 a2 a3 :::
1+ b2 + b3 +
155
(A.15)
il cui p esimo approssimante e Ap=Bp. Supponiamo che i suoi denominatori Bp
siano diversi da zero 8p e poniamo:
Bp 1 per p = 1; 2; 3; :::
p = ap+1
(A.16)
Bp+1
Allora la A.15 e equivalente alla seguente frazione continua (nel senso che i loro
p esimi approssimanti sono uguali):
1 1
2
3 :::
(A.17)
1 1 + 1 1 + 2 1 + 3
Inoltre l'(n + 1) esimo numeratore della A.17 e dato da:
n
An+1 = 1 + X
1 2 :::p
Bn+1
p=1
(A.18)
Dimostrazione
Calcoliamo l'(n + 1) esimo approssimante della A.15 usando la formula del determinante A.11 nel nostro caso particolare (a0 = a1 = 1):
n
Ap+1 Ap =
An+1 = 1 + X
Bn+1
p=1 Bp+1 Bp
n X
A
p+1 Bp Ap Bp+1
=1+
=
Bp+1Bp
p=1
a3 a2 a3a4 + ::: =
2
+ Ba2 B
= 1 BaB
B3 B4
1 2
2 3
n
X
= 1 + 1 2:::p
(A.19)
p=1
Consideriamo ora la trasformazione lineare:
1
s = sp(w) = 1 + pw =
1
156
p
p + w1
(A.20)
Applicandola (n + 1) volte abbiamo:
s1 s2:::sn+1(w) = 1 + 1 + 12 + ::: + 12 :::n+1 w
ma anche:
0
1
BB
CC
1
CC =
s1s2 :::sn+1(w) = s1s2:::sn B
BB
@ 1 n+1 CA
1
0 n+1 + w
BB
BB
BB
1
= s1s2:::sn 1 B
BB
n
BB 1
B@
n+1
1+
n
(A.21)
1
CC
CC
CC
CC
CC
CC
A
(A.22)
n+1 + w1
Facendo il limite per w ! 0 vediamo come l'n esimo approssimante della A.17
coincida con l'n esima somma parziale della serie.
Resta solo da far vedere che l'n esimo denominatore della A.17 vale 1, cosa che
otteniamo subito per induzione. Infatti, indicando con una tilde le grandezze riferite
a questa frazione parziale, abbiamo:
ea1 = eb1 = 1
(A.23)
eak = k 1 per k = 2; 3; :::
ebk = 1 + k 1 per k = 2; 3; :::
Per n = 0 ed n = 1 la relazione e banalmente vericata. Mostriamo per induzione
che e vera 8n:
Bek+1 = ebk+1Bek + eak+1Bek 1 =
(A.24)
= (1 + k ) 1 + ( k ) 1 = 1
157
QED.
Notiamo anche che se bp = 1 per p = 2; 3; 4; ::: e poniamo 0 = 0 vale:
p = 1 +aap+1(1(1++p 1) ) per p = 1; 2; 3; :::
(A.25)
p+1
p 1
Questa formula si puo vericare con un semplice calcolo, usando la denizione A.16
di p e le solite relazioni di ricorrenza fondamentali (A.8 e A.9).
A.4.2 Trasformazioni di equivalenza
Una trasformazione di equivalenza su una frazione continua del tipo A.5 consiste
nel moltiplicare numeratori e denominatori di due frazioni successive per uno stesso
numero cp 6= 0. In formule, la nuova frazione continua, i cui elementi distingueremo
con una barra, e:
1 c1 c2 a2 c2 c3 a3
b0 + cc1ba+
c b + c b + :::
(A.26)
ai = ci 1ci ai
bi = ci bi
(A.27)
1 1
2 2
3 3
e cioe (i = 1; 2; :::):
dove dobbiamo considerare c0 = 1. Si puo facilmente vericare per induzione, usando
ancora una volta le relazioni di ricorrenza fondamentali A.8 e A.9, che 8n e:
An = c1 c2:::cnAn
B n = c1 c2:::cnBn
(A.28)
per cui le frazioni continue ottenute da una frazione continua data tramite trasformazioni di equivalenza hanno gli stessi approssimanti di quella originaria.
158
A.5 Derivazione dell'algoritmo
Usando il teorema dimostrato precedentemente, la formula A.25 ed applicando
un'opportuna trasformazione di equivalenza possiamo nalmente ottenere l'algoritmo che useremo per calcolare esplicitamente una frazione continua.
Possiamo infatti mostrare che la relazione tra frazioni continue e serie si puo
riformulare in questo modo:
n
An = X
Bn p=1 12 :::p
dove:
1 + p+1 =
1 = ab 1
1+
1
ap+1
bp bp+1 (1 + p )
(A.29)
per p = 2; 3; :::; (n 1)
(A.30)
1
1 + 2 = 1 +1 a2
b1 b2
Poniamo ora:
u1 = 1
up = 1 + p per p 2
vp = 1 2:::p per p 1
p
A
p X
wp = B = vk per p 1
p k=1
(A.31)
Abbiamo nalmente ottenuto l'algoritmo di Gautschi, che abbiamo usato nei
programmi per il calcolo dei modi quasi{normali di stelle e buchi neri. In formule
159
(p=1,2,3...):
up+1 =
1
ap+1
1 + b b up
p p+1
(A.32)
vp+1 = vp(up+1 1)
wp+1 = wp + vp+1
I dati iniziali per l'algoritmo sono:
u1 = 1
v1 = w1 = ab 1
(A.33)
1
A.6 Soluzioni minimali di una relazione di ricorsione a tre termini
Consideriamo una B.8:
nan+1 + nan + nan 1 = 0 per n = 1; 2; :::
(A.34)
e riscriviamola nella forma:
an+1 + n an + n an 1 = 0 per n = 1; 2; 3; :::
n
n
(A.35)
In generale, la soluzione di una relazione di ricorsione a tre termini di questo tipo si
puo ottenere come combinazione lineare di due soluzioni linearmente indipendenti
fn, gn. Supponiamo che esista una coppia di soluzioni tali che:
fn = 0
lim
n!1 g
n
160
(A.36)
cosa che, chiaramente, implica:
fn = lim fn = 0
lim
(A.37)
n!1 yn n!1 afn + bgn
per ogni soluzione yn non proporzionale ad fn (cioe quando b 6= 0).
Le soluzioni fn che godono della proprieta A.36 costituiscono un sottospazio
unidimensionale. Infatti, per assurdo, se 9f n linearmente indipendente da fn che
gode della proprieta A.36, allora limn!1 fn=f n = limn!1 f n=fn = 0 !
Diremo che le soluzioni appartenenti a questo sottospazio sono minimali. Chiameremo dominante una soluzione non minimale, e dunque asintoticamente proporzionale a gn.
A.7 Relazione tra frazioni continue e relazioni di
ricorsione a tre termini: il teorema di Pincherle
Vogliamo ora chiarire il legame tra le frazioni continue e le relazioni di ricorsione a
tre termini. La cosa e relativamente semplice, almeno da un punto di vista formale.
In quello che segue porremo a volte, per brevita: un = n=n, wn = n=n.
Una prima maniera di ottenere il nostro scopo si basa sulle relazioni di ricorrenza
fondamentali (formule A.8 e A.9). Siano n e n le particolari soluzioni di A.35 con
valori iniziali:
0 = 1
1 = 0
0 = 0
1 = 1
161
(A.38)
Allora An = n+1 e Bn = n+1 sono numeratori e denominatori della frazione
continua:
u1 u2
w1 w 2
che e equivalente, nel senso usuale, a:
u3 :::
w3
(A.39)
u1 u2 u3 :::
(A.40)
w1 w2 w3
Un altro modo di arrivare a questa frazione continua e il seguente. Introduciamo
il rapporto rn = anan+1 (n=0,1,2,...) e dividiamo la A.35 per an, ottenendo:
rn + n + rn=n = 0
(A.41)
n
rn 1 = =n=
n n + rn
(A.42)
n
n 1
e cioe:
Iterando abbiamo:
n =n n+1 =n+1 n+2=n+2
rn 1 = aan = =
:::
(A.43)
n 1
n n n+1 =n+1 n+2 =n+2
e questa, a meno di una trasformazione di equivalenza, e proprio la formula 4.21.
Questa derivazione formale ci mostra come le frazioni continue siano intimamente
collegate con il valore del rapporto tra valori successivi di una qualche soluzione fang
di una relazione di ricorsione a tre termini, ma non ci dice niente sulla natura di
questa soluzione ne' sulle proprieta di convergenza della frazione continua ottenuta.
Tali problemi sono l'oggetto del teorema che andiamo ad enunciare.
162
Teorema (di Pincherle)
La frazione continua A.40 converge se e solo se la relazione di ricorsione:
an+1 + wnan + unan 1 = 0 per n = 1; 2; 3; :::
(A.44)
possiede una soluzione minimale fn con f0 6= 0. In caso di convergenza, inoltre,
purche sia fn 6= 0 per n = 0; 1; 2; :::, vale:
fn = un un+1 un+2 ::: per n = 1; 2; 3; :::
fn 1 wn wn+1 wn+2
(A.45)
Dimostrazione
1) Supponiamo che A.40 converga; allora cosi e anche per A.39, e quindi:
n = c
lim
n!1 n
(A.46)
essendo c una qualche costante. Poniamo:
fn = n cn
(A.47)
Data una generica soluzione linearmente indipendente da questa yn = an + bn
avremo (ac + b 6= 0):
fn = lim n cn = lim n =n c = 0
lim
n!1 yn n!1 an + bn n!1 an =n + b
(A.48)
per cui la A.47 e minimale; inoltre f0 = 0 = 1 6= 0.
2) Supponiamo che A.35 abbia una soluzione minimale fn per cui f0 6= 0. Allora:
fn = f0n + f1n per n 0
(A.49)
Dato che f0 6= 0, n non puo essere linearmente dipendente da fn, dunque:
fn = f lim n + f = 0
lim
0
1
n!1 n
n!1 n
163
(A.50)
e cioe:
n = f1
lim
n!1 n
f0
(A.51)
Questo mostra che la frazione continua A.40 e convergente, e prova la A.45 per
n = 1.
2)Per mostrare che la A.45 vale 8n introduciamo zm fn+m 1. Pensata come
funzione di m, zm e una soluzione minimale di:
zm+1 + wn+m 1 zm + un+m 1zm 1 = 0 per m = 1; 2; 3; :::
(A.52)
Dato che per ipotesi z0 = fn 1 =
6 0, la parte gia dimostrata implica:
z1 = fn = un un+1 un+2 ::: per n = 1; 2; 3; :::
z0 fn 1 wn wn+1 wn+2
QED.
164
(A.53)
Appendice B
Equazioni d'onda sferoidali
generalizzate
Seguendo Leaver ([76]), scriveremo un'equazione d'onda sferoidale generalizzata
nella forma:
d2y + (B + B x) dy + [2 x(x x ) + 2(x x ) + B ]y = 0 (B.1)
x(x x0 ) dx
1
2
0
0
3
2
dx
Il caso particolare trattato nel paragrafo 4.1 (formula 4.10) si ottiene con le identicazioni:
x=r
x0 = 1
B1 = (2s + 1)
(B.2)
B2 = 2(s + 1 + i)
B3 = 22 `(` + 1) + s(s + 1) + (2s + 1)i
=
Il problema e quello di individuare una soluzione y contenente una serie di potenze
che converga nella regione interessante, che per noi e l'intervallo x0 x < 1.
165
E chiaro che la presenza di un punto singolare in x = 0 limita pesantemente la
regione di convergenza attorno ad x = x0. Questa stessa dicolta si presenta nel
caso dell'analogo problema per lo ione idrogeno, e puo essere risolta seguendo un
metodo sviluppato originariamente in questo contesto da Jae ([65]; cfr. anche [16]).
L'idea e di togliere di mezzo la singolarita \scomoda" in x = 0 con un opportuno
cambiamento di variabile:
u = x x x0
(B.3)
In questo modo la singolarita per x ! x0 diventa una singolarita per u ! 0, quella
per x ! 1 corrisponde ad u ! 1 e, cosa ancor piu importante, la singolarita per
x ! 0+ viene a corrispondere ad u ! 1.
Perche una soluzione per serie della B.1 sia utile bisogna fare in modo che i
coecienti dell'espansione siano legati tra loro da una relazione di ricorrenza quanto
piu possibile semplice. A questo scopo poniamo:
y ( x) = e
ix x B2 =2 i f (u)
(B.4)
Si puo vericare con un calcolo lungo ma elementare che f soddisfa l'equazione:
u(1 u)2f;uu + (c1 + c2 u + c3 u2)f;u + (c4 + c5u)f = 0
166
(B.5)
dove i coecienti valgono:
c1 = B2 + Bx 1
0
c2 = 2[c1 + 1 + i( + x0 )]
c3 = c1 + 2(1 + i)
B B
B
2
2
1
c5 = 2 + i 2 + i + 1 + x
0
c4 = c5 B22 B22 1 + (i) ix0 c1 + B3 =
B B 2
1
=
ix0 c1 + B3
+
i
B
2+
2
x0
Ora espandiamo in serie la funzione che abbiamo appena introdotto:
f (u) =
1
X
n=0
an un
(B.6)
(B.7)
Derivando, sostituendo nell'equazione e uguagliando a zero il coeciente della potenza n esima abbiamo una semplice relazione di ricorsione a tre termini:
0 a1 + 0a0 = 0
(B.8)
nan+1 + nan + nan 1 = 0 per n = 1; 2; :::
con:
B
1
n = (n + 1) n + B2 + x
0
B
1
2
n = 2n 2 B2 + i( + x0 ) + x n
0
B B (B.9)
2
1
i(B1 + B2x0 ) + B3
+ i B2 + x
2
0
B
B
B
2
2
1
n = n 1 + 2 + i n + 2 + i + x
0
Questa relazione determina la soluzione purche la serie converga. Per capire quando
c'e convergenza dividiamo le B.9 per n2an :
n an+1 + n + n an 1 = 0
(B.10)
n2 an n2 n2 an 1
167
Ora scriviamo:
an+1 = 1 + pa + b + :::
lim
n!1 an
n n
ed espandiamo in serie la B.10 tenendo i termini no all'ordine n
Con le posizioni:
u 1 + B2 + Bx 1
0
B
1
v 2 B2 + i( + x0) + x
0
B
w B2 + 2i + x 1 1
0
otteniamo cosi1:
(B.11)
3=2 .
a2 = v u w = 2ix0
b = i( + x0 ) 43
Se poi integriamo rispetto ad n la B.11, scritta per convenienza come:
an+1 an ' pa + b
an
n n
troviamo:
lim a = nbe
n!1 n
p
2a n
3
p2ix n
0
= ni(+x0 ) 4 e2
(B.12)
(B.13)
(B.14)
(B.15)
(B.16)
Purche non sia x0 = iK , con K reale positiva2, il doppio segno signica che una
delle due soluzioni indipendenti della relazione di ricorsione a tre termini e dominante
e l'altra minimale nel senso di Gautschi ([55]; cfr. appendice A).
Mostriamo nalmente che la serie \di Jae" B.7 e assolutamente convergente
per x0 =2 < x < 1 e uniformemente convergente in questa stessa regione purche sia
1 Qui c'e un'imprecisione nell'articolo di Leaver ([76]).
2 Circostanza che sicamente non ci interessa, perche corrisponderebbe a frequenza di
oscillazione nulla e \damping times" negativi.
168
P a < 1. Consideriamo il semipiano in cui x x0 < 1 (ovvero x > x =2, per x
0
n n
x
reale) e applichiamo in questa regione il criterio del rapporto:
an+1
lim
n!1 an
x x0 n+1
x
x x0 n
x
= x x0 < 1
x (B.17)
Questo prova la convergenza assoluta.
Per quanto riguarda quella uniforme abbiamo:
"
#
an+1 x xx0 n+1
an+1 =
lim
lim
=
lim
n
x
x
0
n!1 x!1 an x
n!1 an
(B.18)
p2ix i( + x ) 3
0
4
= 1 n1=2 0 +
n
p
e dunque questa c'e se vale il segno (cioe se fang e minimale) oppure se <( 2ix0 ) =
0 e =( + x0 ) > 0.
169
Appendice C
Sviluppi in serie vicino al centro
della stella
Scriviamo lo sviluppo della densita di energia come:
= 0 2r2 + 4 r4 + :::
(C.1)
e quello della pressione in forma analoga:
P = P0 P2 r2 + P4r4 + :::
(C.2)
Chiaramente avremo:
M (r) = 30 r3 52 r5 + :::
Se consideriamo la pressione come funzione composta:
P = P ((r))
170
(C.3)
(C.4)
e come tale la espandiamo in serie, otteniamo l'espressione seguente:
dP d r2
P = P (0) + d
dr 0 2 +
0
" 2 2 2 4 # 4
(C.5)
d
P
d
d
dP
r
+ 3 d2
+ d
2
4
4! + :::
0 dr 0
0 dr 0
Possiamo allora esprimere le derivate di P (r) in termini dell'espansione di P () e
(r) come:
" 2 dP dP #
d
P
1
2
4
2
P = P (0)
(C.6)
d 0 2 r + 2 d2 0 2 + d 0 4 r + :::
Vorremmo ottenere l'espressione dei coecienti di ordine superiore nelle espansioni
C.1 e C.2 in termini di due soli oggetti:
1) La relazione funzionale, che supponiamo nota, tra pressione e densita, ovvero
l'equazione di stato;
2) La densita di energia 0 e la relativa pressione P0 = P (0) al centro della stella.
In questo modo, ssata un'equazione di stato e un modello stellare, potremmo ricavare in maniera immediata le condizioni iniziali per le nostre equazioni di
perturbazione.
Lo scopo si ottiene in modo molto semplice. Sostituiamo le C.1 e C.2 nell'equazione di Oppenheimer e Volko:
2Z
Z
1
2
2
1 r r dr P;r = ( + P ) Pr + r2 r dr
(C.7)
Uguagliando i coecienti delle varie potenze di r si ottiene una serie di identita. Gli
ordini piu bassi ci dicono che:
P2 = 21 (0 + P0) 30 + P0
P
2 1
1
0
P =
P4 = 4 (2 + P2) 0 + 3 + (0 + P0 ) 5 + P2
(C.8)
3 20
2 + 3 P + 1P P
= 15
0 2
10 0 2 2 0 2
171
Inne, dal confronto tra C.2 e C.6 si trova:
dP 1
2 = P2 d
0
"
d2P # dP 1
2
4 = P4 22 d2
d 0
0
(C.9)
Le C.8 e C.9 sono le relazioni che cercavamo. Per le funzioni metriche le espressioni
che ci interessano sono:
e 22 = 1 2Mr(r) = 1 32 0 r2 + 52 2r4
e22 = 1 + br2 + b2r4
(C.10)
e2(2 ) = e 20 1 + (b a)r2
h
2
2;r = r b + b(2)
2 r
;r = r a + a2 r2
con:
i
a = P0 + 30
a2 = 32 0 P0 + 30
b = 32 0
b2 = 94 20 52 2
4 2 4
b(2)
2 = 9 0
52
P2 + 52
(C.11)
Per comodita, riassumiamo qui gli sviluppi necessari per cominciare l'integrazione delle equazioni che determinano la struttura di equilibrio:
= 0 + a2 r2 + a42 r4
(C.12)
P = P0 P2r2 + P4r4
M = 30 r3 52 r5
172
Se poi poniamo e 0 e semplice vericare che la soluzione priva di singolarita
nell'origine dell'equazione 3.13 reale, da integrare quando si usa il metodo delle
risonanze, ha l'espansione:
X = r`+2 + F0r`+4
dove:
F0 = 2(2`1+ 3) (` + 2) 2` 3 1 0 P0
(C.13)
2
(C.14)
Quando invece si considera l'equazione come complessa, cosa necessaria per applicare il metodo delle frazioni continue, scrivendo:
X = X0 + iXi
X;r = F0 + iFi
= 0 + ii
(C.15)
si trova che le espansioni corrette sono:
(X0)0 = r`+2 + (Xin)0r`+4
(Xi)0 = r`+2 + (Xin)i r`+4
(F0)0 = (` + 2)r`+1 + (` + 4)(Xin)0 r`+3
(Fi)0 = (` + 2)r`+1 + (` + 4)(Xin)ir`+3
dove:
2` 1 P (2 2 2 )e 20
0
0 i
0
i
3 0
(Xin)0 =
2(2
` + 3)
2
`
1
(` + 2) 3 0 P0 (02 i2 + 20 i )e 20
(X ) =
(C.16)
(` + 2)
in i
2(2` + 3)
173
(C.17)
C.1 Un caso particolare: quello politropico
Un tipo particolare di equazione di stato e quello politropico. Le politropiche vengono usate molto spesso in letteratura. Da un lato consentono di realizzare modelli
stellari piu realistici di quelli a densita costante; dall'altro hanno, rispetto alle equazioni di stato ricavate da considerazioni siche, il vantaggio di presentarsi in forma
analitica, con dei parametri che si possono ssare a seconda del problema a cui si e
interessati. In una politropica densita di energia e pressione sono legate da:
= 0 n
P = P0n+1
(C.18)
In questo caso le espansioni in serie attorno ad r = 0 si possono ottenere cosi ([35]).
Si pone:
= 1 + 2 r2 + 4 r4 + :::
(C.19)
e si ottengono le espansioni di e P in termini dei coecienti di quella per :
n 1 2
2
4
= 0 1 + n2 r + n 4 + 2 2 r + :::
(C.20)
n
h n 2i 4 o
2
P = P0 1 + (n + 1)2 r + (n + 1) 4 + 2 2 r + :::
L'equazione di Oppenheimer{Volko, nel caso politropico, si riduce a:
2M ( r ) M
(
r
)
n
+1
1
(C.21)
r (n + 1);r = (0 + ) P0 r + r2
dove abbiamo denito 0 0=P0 . Sostituendo nella C.21 le C.20 e uguagliando i
coecienti delle potenze piu basse di r si ricavano le identita:
1 1 1
+
0
2 = 0 2(n + 1) 3 + 0
1 1
n n + 1 (C.22)
4
2
4 = 0 4(n + 1) 3 (n + 1) 3 + + (0 + 1) 3 + 0
174
0
Se le formule trovate nel caso generale sono corrette, devono fornire come caso
limite le C.22. Fare questa verica e semplice. Dal confronto delle relazioni C.1 e
C.2 con le C.20 segue che:
2 = n0 2
4 = n0 4 + n 2 1 22
P2 = (n + 1)P02
h
i
P4 = (n + 1)P0 4 + n2 22
(C.23)
(C.24)
Tutto cio che si deve fare per ritrovare come caso particolare le C.22 e sostituire
nelle C.8 queste identita.
175
Appendice D
Dettagli tecnici sui programmi
D.1 Interpolazioni polinomiali e derivazione
La derivata dPd 0 che compare nelle espansioni in serie dell'appendice C va calcolata
a partire da equazioni di stato date, in generale, sotto forma di tabelline discrete
fj ; Pj g. Per ottenerla abbiamo interpolato tali tabelline con dei polinomi e fatto le
derivate su questi polinomi.
L'interpolazione polinomiale e stata fatta con una delle routine matematiche
IMSL fornite con Microsoft Developer Studio - Fortran Powerstation 4.0. Questa
routine, DRCURV (che lavora in doppia precisione) fa un t con un polinomio di
~ Y~ ) fornita in ingresso. In
grado n a una tabella di dati (una coppia di vettori X;
uscita viene dato un vettore ~b contenente gli n + 1 coecienti del polinomio, oltre a
diverse statistiche sul t.
Per trovare la derivata prima (ed eventualmente seconda) dell'equazione di stato
in corrispondenza di una certa densita centrale il programma ha bisogno di due
tabelle: l'equazione di stato scelta e la tabellina di densita centrali. Per ogni valore
0 della tabellina di densita centrali il programma riscala l'equazione di stato in
176
unita 0 = 1, e cerca il valore di j piu vicino ad 0 nella tabellina dell'equazione di
stato. Poi prende 5 punti (quello scelto, i due precedenti e i due successivi) e fa su
questi un t con un polinomio di ordine n = (k 1) = 4 (il che fornisce risultati
quasi indistinguibili da quelli ottenibili per n = 3). Il polinomio ha la forma:
(x) =
k
X
i=1
bi xi
e le derivate vengono calcolate nel modo ovvio:
dP d
d2P d2
0
0
=
=
d(x) dx
x=1
d2(x) dx2
x=1
=
=
(D.1)
1
k
X
(i 1)bi
(D.2)
(i 1)(i 2)bi
(D.3)
i=1
k
X
i=1
Il metodo funziona per tutte le densita centrali tranne le piu alte, che non hanno
abbastanza punti con densita maggiore nella tabella dell'equazione di stato: in questo caso il t viene fatto su un polinomio di ordine 3 che passa per gli ultimi 4 punti
di questa tabella.
D.2 Dettagli sul calcolo delle frequenze dei modi
w
Per calcolare le frequenze dei modi w abbiamo scritto due programmi in Fortran:
uno per le stelle con costante, e l'altro per stelle con equazioni di stato generiche,
diversi solo nei dati iniziali usati per l'integrazione e nelle routine di calcolo delle
derivate. Grazie alle posizioni 4.62, la routine che calcola le frazioni continue nei
due programmi non ha richiesto sostanziali modiche rispetto al caso dei buchi neri.
C'e una sola, piccola complicazione di carattere tecnico. Infatti ora nella relazione
177
4.63 (e in quelle che da essa si ottengono per inversione) compaiono le grandezze con
cappuccio (^n, eccetera), che vanno calcolate ricorsivamente a partire dagli indici piu
bassi. Lo schema e il seguente. Si parte dalle f^^^g0 (in cui ^0 e ^0 sono denite
dalle formule 4.62, mentre ^0 non serve) e dalle f^^^g1 (ottenute combinando le
4.52 e le 4.53). Quindi le 4.54 consentono di calcolare, date le f^^^gn con n 1, le
f^^^gn+1.
Il problema tecnico e nel calcolo del pezzo nito che compare nelle inversioni,
perche in questo caso bisogna fornire all'algoritmo di Gautschi le grandezze f^^^g
cominciando dalla n-esima per nire con f^^^g0 (n e naturalmente l'indice di inversione; cfr. formule 4.31 e 4.35). Per aggirarlo e bastato calcolare ricorsivamente le
f^^^gk con k = 0; ::; n mettendole in una serie di array, usare gli array per calcolare
una volta per tutte il pezzo nito, e poi fornire le f^^^gn alla routine per il pezzo
innito, che cosi puo ricavare ricorsivamente tutti gli f^^^gk con k > n necessari a
raggiungere la precisione desiderata, e senza bisogno di memorizzarli in un array.
178
Appendice E
Stabilita radiale
E.1 Derivazione dell'equazione di Oppenheimer{
Volko da un principio variazionale
Tra tutte le possibili congurazioni statiche e sfericamente simmetriche di materia
fredda e catalizzata che contengono un numero di barioni ssato:
A=
Z
n(r)4r2e2 dr
(E.1)
quella (o quelle) congurazioni, se esistono, che estremizzano la massa-energia totale:
M=
Z
r2 dr
(E.2)
soddisfano l'equazione di equilibrio idrostatico in relativita generale, cioe l'equazione
di Oppenheimer{Volko:
M
p
1 2M
;r = ( + p) pr + 2
r
r
179
(E.3)
Dimostrazione
Usiamo un approccio di tipo lagrangiano. Deniamo una \etichetta" che distingua la particella il cui moto vogliamo seguire. Per convenienza, adottiamo come
etichetta il \parametro di numero barionico" a denito in maniera tale che tutti i
barioni su una sfera di raggio r abbiano lo stesso valore di a, e che questo valore
sia pari al numero di barioni contenuti all'interno della sfera. Allora una congurazione e assegnata quando e nota la funzione r(a), mentre un piccolo cambiamento
subito da questa congurazione e specicato dallo spostamento dall'equilibrio (o
spostamento lagrangiano, appunto) r = r(a).
Assumiamo nota l'equazione di stato, e ricordiamo che pressione, densita di
energia e potenziale chimico sono legati tra loro dalla relazione:
=n) = n @ = n P = n2 @ (@n
(E.4)
@n
Se indichiamo con m = m(r) la massa-energia all'interno di una sfera di raggio
r, la densita numero dei barioni e data da:
"
#
1
1=2
dr
n = d(volumedaproprio) = 4r2dae2 dr = 4r2 1 2rm
(E.5)
da
e nella sua variazione interviene quindi, a causa del fattore correttivo dovuto alla
metrica, la variazione di m:
2m 1=2 dr 2 dr
dr
2
2
4r da
8r da r + 4r da +
n = 1 r
" # 1
(E.6)
1=2
2
m
dr
m
m
2
+ 4r 1 r
da
r2 r r
Consideriamo l'eetto di questo cambiamento di densita non direttamente sulla
funzione m, ma sulla sua derivata:
dm = d Z r(a) r2 dr = r2 dr
(E.7)
da da 0
da
180
Otteniamo:
"
#
dm = dm = r2 dr n + 2r dr r + r2 dr
(E.8)
da
da
da
da
da
Ora, sostituendo qui la E.6, abbiamo un'equazione dierenziale del primo ordine
per m:
dm +
m = T (a)
da
4r 1 2rm 1=2
(E.9)
dove T (a) e completamente specicata dalla scelta della congurazione di prova e
dallo spostamento lagrangiano r(a) che stiamo considerando:
#
"
dr p r pr2 dr
m
2
r
(E.10)
T (a) =
1
=
2
da
da
4r2 1 2rm
L'equazione dierenziale che abbiamo ricavato e standard, e facile da risolvere.
Infatti un'equazione dierenziale lineare del primo ordine non omogenea del tipo:
a0 (x) dydx(x) + a1(x)y(x) = f (x)
ha soluzione:
y(x) = exp
Z x a (t) 1
x1 a0 (t)
dt
C+
Z x f ( )
x0 a0 ( )
exp
(E.11)
Z a (t) 1
x1 a0 (t)
dt d
(E.12)
Se ssiamo la costante di integrazione C imponendo che sia m(0) = 0 (condizione
che segue dal fatto, ovvio, che m(0) = 0) otteniamo dunque:
" ZA
#
da 4r 1 2rm 1=2
#
"Z a
ZA
T (a) exp
1=2 da da
2
m
0
0 4r 1
r
M = m(a) = exp
0
181
(E.13)
Tutti i termini che compaiono in T (a) tranne l'ultimo sono espressi in termini di
r. L'ultimo puo pero essere integrato per parti, e cosi si ottiene, usando l'espressione
1.24 del potenziale chimico:
M = ( pr2 )a=A +
" ZA
#
da
exp
1=2 0 4r 1 2rm
#
Z A(
m ) "Z a
(
+
p
)
da
2 dr dar (a)
r
p;r +
pr + r2 exp
2
m
2m 1=2
da
1 r
0
0 4r 1
r
(E.14)
La condizione che M sia nulla al primo ordine per ogni spostamento r(a) e dunque
soddisfatta solo se la pressione al bordo della stella a = A e nulla e, insieme, vale
l'equazione di Oppenheimer{Volko. QED.
E.2 Comportamento \critico" della massa{energia
In prossimita del punto critico relativo alle stelle di neutroni, cioe per A vicino a un
massimo, la funzione massa{energia e tale che:
M (0 > c) M (0 < c) = q(Ac A)3=2
dove:
"
2
c Rc0
q = 2M
2
00
3Rc A (1 2RMcc )
Qui l'apice indica le derivate rispetto ad 0 .
#1=2
s
(E.15)
(E.16)
Dimostrazione
Espandiamo A in serie di potenze attorno ad c:
00
000
A
A
2
A = Ac + 2 (0 c) + 6 (0 c)3 + :::
182
(E.17)
e usiamo la 1.66 per valutare M , allo stesso ordine, in termini dei coecienti
nell'espansione di A:
M = Mc
+ A00
1 2Mc
Rc
1=2 s
2
(0 c)2 +
2
3
1=2
McR0A00 7 s ( )3 + :::
000 +
+ 64 1 2Mc
A
1=2 5 6 0 c
Rc
2
M
c
2
Rc 1
(E.18)
Rc
Invertiamo la E.17 tenendo conto del fatto che (Ac A) ed (0 c) sono piccoli:
2(A A) 1=2 A000
c
0 c = + 002 (Ac A) + :::
A00
3A
(E.19)
e sostituiamo nella E.18 per ottenere M come funzione di A:
M (A) = Mc + 1 2RMc
c
1=2
2
M R0 6
3Rc 2 c 4 c
00
A 1
s(A Ac) 31=2
2
7
3=2
1=2 5 s (Ac A) + :::
2Mc
Rc
Di qui, per dierenza, segue la tesi.
183
(E.20)
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