newsletter del comitato delle regioni

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newsletter del comitato delle regioni
ISSN 1681-3251
UNIONE EUROPEA
Comitato delle regioni
REGIONI
COMUNI
D’EUROPA
NEWSLETTER DEL COMITATO DELLE REGIONI
N. 80 Novembre-dicembre 2012
La vicepresidente della Commissione europea
Viviane Reding durante il primo «Dialogo dei cittadini
sul futuro dell’Europa», svoltosi a Cadice (Spagna)
Speciale: 2013, Anno europeo
dei cittadini
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Ramón Luis Valcárcel Siso: «Un duplice approccio
di ricostruzione dell’economia e di vera democrazia
ci porterà fuori dalla crisi»
Viviane Reding: «La cittadinanza dell’UE non è solo
un concetto ma anche una realtà tangibile
che reca benefici concreti ai cittadini»
Sempre in questo numero:
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Joaquín Almunia: «La crescita nelle regioni più bisognose
può risultare soltanto da decisioni di spesa equilibrate»
Simone Beissel: «La nostra priorità è contribuire alla strategia
europea per la crescita e l’occupazione»
Michel Delebarre: «La sfida maggiore è garantire la
democraticità della governance economica dell’UE»
Michel Lebrun: «Il CdR deve assicurarsi che le sue spese siano
in linea con le priorità politiche»
Decima edizione degli OPEN DAYS
Il Comitato delle regioni è l’assemblea dell’UE
dei rappresentanti regionali e locali
Editoriale
Ramón Luis Valcárcel Siso,
presidente del Comitato
delle regioni
La cittadinanza europea:
un concetto ad alto potenziale
Il 2013 sarà dedicato alla cittadinanza europea: con l’Anno
europeo dei cittadini, le istituzioni dell’UE intendono mettere
decisamente in evidenza i diritti dei 500 milioni di europei, e
incoraggiarne un reale interesse e una partecipazione attiva
al processo politico dell’Unione europea (UE). La cittadinanza
dell’Unione, principio introdotto dal trattato di Maastricht e
rafforzato dal trattato di Lisbona, è considerata un simbolo
importante, e conferisce una dimensione politica più ampia
al percorso di unificazione dell’Europa sul piano economico.
Sono convinto che i diritti dei cittadini europei abbiano una
valenza ben più che simbolica, poiché li ritengo un fattore
essenziale — oggi più che mai — per far fronte alle gravi difficoltà che stiamo attraversando. Essi incarnano e promuovono
una migliore comprensione del valore dell’integrazione europea, oltre alla partecipazione dei cittadini nel dare forma concreta all’Unione.
Il diritto alla libera circolazione è indubbiamente quello di cui
possiamo avvertire meglio gli effetti positivi nella vita di ogni
giorno, visto che ci consente di risiedere, lavorare, studiare,
viaggiare e fare acquisti in qualsiasi paese dell’Unione. Questo
diritto avrà un’incidenza ancora maggiore nei prossimi anni,
tenuto conto del ruolo sempre più importante che avranno
la mobilità dei lavoratori, la possibilità di trovare lavoro anche
al di là delle frontiere nazionali e l’apprendimento permanente internazionale, ed è anche un elemento chiave per il
buon esito della strategia Europa 2020 dell’UE, con iniziative
faro quali «Youth on the Move» (Gioventù in movimento) e
«Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro».
Nel 2014 si terranno le elezioni per il Parlamento europeo,
le prime dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona. L’occasione ci consente di sottolineare che i diritti elettorali sono la
seconda pietra angolare della costruzione europea. Il diritto di
votare e di candidarsi alle elezioni comunali ed europee, così
come il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo e, grazie all’Iniziativa dei cittadini europei, di sottoporre
una proposta legislativa alle istituzioni UE, meritano maggiore
attenzione: costituiscono infatti una chiara risposta all’accusa
di «mancanza di democrazia» che sempre più spesso viene
rivolta all’Unione. Dobbiamo dire con chiarezza che i nostri
cittadini — poco importa la loro nazionalità o il luogo in cui
sono stabiliti — hanno la prima e l’ultima parola nel processo
legislativo europeo. L’importanza dei diritti elettorali è il tema
centrale del parere d’iniziativa del Comitato delle regioni «Raf-
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forzare la cittadinanza dell’UE: promuovere i diritti elettorali dei
cittadini europei», elaborato dal relatore ungherese György
Gémesi, la cui adozione è prevista nel 2013. Sono certo che
la promozione di una cittadinanza europea attiva offra una
risposta positiva alle preoccupazioni, ai dubbi e alle incertezze
che tormentano molti di noi. Dobbiamo associare più strettamente i cittadini dell’UE ad un progetto comune, con una
prospettiva di lungo termine.
Gli enti locali e regionali, ossia il livello di governo più vicino
alla vita quotidiana dei cittadini, hanno un ruolo fondamentale
da svolgere in questo campo. Non solo: in quanto enti erogatori di servizi, comuni, province e regioni partecipano direttamente all’applicazione della legislazione UE sui diritti dei cittadini europei. Questi ultimi chiedono di essere meglio informati
sui loro diritti e invocano meno adempimenti burocratici per
potervi accedere più facilmente. Il Comitato delle regioni
(CdR), inoltre, contribuisce ai preparativi per l’anno prossimo
organizzando un Forum sull’Anno europeo 2013 con tema
«L’agenda dei cittadini agisce a livello locale», che si svolgerà
il 28 novembre 2012.
Città e regioni costituiscono spesso per il cittadino il primo
interlocutore cui rivolgersi: poiché sono in costante e stretta
cooperazione con tutti i livelli di governo, questi enti hanno il
compito, sviluppando canali di comunicazione locale, di sensibilizzare gli amministrati alla loro condizione di cittadini europei, come pure ai loro diritti e doveri. Un altro ruolo essenziale
consiste nel compiere tutti i passi necessari per promuovere
l’esercizio di tali diritti ed eliminare gli ostacoli che vi si frappongono. Devono però avere il sostegno dei governi centrali
degli Stati membri, per garantire un’armonizzazione ottimale
tra norme europee e nazionali. Infine, gli enti locali e regionali
possono costituire valide piattaforme per realizzare la democrazia partecipativa, consentendo a tutte le componenti della
società di far sentire la propria voce.
Alcuni critici diranno che l’Anno europeo dei cittadini non è
altro che una vasta campagna di comunicazione per le prossime elezioni al Parlamento europeo. Malgrado ciò, vorrei mettere l’accento su una visione più positiva, alla quale aderisco
senza riserve: sono convinto che la cittadinanza europea sia in
grado di dare nuova linfa al rapporto tra i cittadini e l’UE, assicurando la ripresa e la crescita del nostro continente a livello
locale, regionale, nazionale ed europeo.
2013, Anno europeo dei cittadini
Il presidente del Comitato delle regioni, Ramón Luis Valcárcel Siso,
analizza la risposta dell’Unione europea alla crisi finanziaria e le
sfide che l’economia globalizzata lancia all’Europa. Il presidente
ritiene che l’Europa debba investire di più nelle sue regioni, nella
nuova economia digitale e nelle piccole e medie imprese (PMI):
«La strategia Europa 2020 formula obiettivi strategici giusti, e il
quadro finanziario pluriennale 2014-2020 deve fornire i mezzi per
realizzarla». Sottolinea inoltre che l’Unione europea deve rafforzare
la propria legittimità democratica, e che l’Anno europeo dei
cittadini 2013 sarà un’ottima occasione in questo senso. «In tempi
di crisi dobbiamo rafforzare l’unione economica e monetaria, ma
anche l’unione politica e la sua legittimità democratica. Un duplice
approccio di ricostruzione dell’economia e di vera democrazia ci
porterà fuori dalla crisi».
Ramón Luis Valcárcel Siso:
«Un duplice approccio di ricostruzione
dell’economia e di vera democrazia
ci porterà fuori dalla crisi»
Cosa pensa dello scollamento tra l’UE e i suoi cittadini?
L’Anno europeo dei cittadini indetto per il 2013 potrà
risolvere le incomprensioni?
Mi sembra che la crisi economica e finanziaria stia allargando il fossato fra le istituzioni europee e i cittadini, molti
dei quali percepiscono l’UE come parte del problema anziché come la soluzione per uscire dall’attuale congiuntura.
Per questo ritengo essenziale che l’Unione europea si guadagni una credibilità attraverso realizzazioni concrete. È
indispensabile che ciò che si decide a livello europeo venga
tradotto in realtà anche nelle regioni e nelle città europee.
Credo che l’Europa potrà superare il proprio «deficit di concretezza» soltanto se coinvolgerà tutti i livelli di governo,
rafforzando il ruolo degli enti locali e regionali nella strategia volta a promuovere la governance multilivello in
Europa. Quando ci attiveremo per dare attuazione alle
decisioni europee supereremo anche il deficit democratico
percepito e, come risultato finale, realizzeremo l’obiettivo
supremo dell’Europa, quello dell’unione politica. L’Anno
europeo dei cittadini 2013 ha un ruolo fondamentale in
tutto questo, perché è solo quando si mettono i cittadini
al centro del dibattito sull’Europa che si può creare un
terreno paritario su cui rafforzare le istituzioni dell’UE e la
loro responsabilità nei confronti di noi europei. La responsabilità si può rafforzare anche ampliando il ruolo del Parlamento europeo e aumentando la partecipazione delle
regioni e delle città al ciclo politico dell’Unione, insieme al
ruolo della loro assemblea a livello europeo, ossia il Comitato delle regioni. Inoltre, si può accrescere la responsabilità
dell’UE mediante il lavoro della troika che assicura la presidenza del Consiglio. Una possibilità è che la troika riferisca
REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012
Ramón Luis Valcárcel Siso,
presidente del Comitato
delle regioni
regolarmente al Parlamento europeo in quanto organo
democraticamente eletto dai cittadini dell’UE e che, inoltre, discuta col Comitato delle regioni le proposte che possono incidere sulle competenze delle regioni e delle città.
Per garantire il necessario coordinamento a livello europeo, con una definizione adeguata delle politiche e l’attuazione sul campo, occorre che i principi di sussidiarietà
e di proporzionalità rimangano tra i pilastri fondamentali
del processo d’integrazione. In conclusione, se otterremo
dei risultati per quanto riguarda la strategia Europa 2020,
il nuovo slancio per il mercato unico, la nuova governance
economica dell’UE e il recente patto per la crescita e l’occupazione, sono fiducioso che i cittadini sosterranno una
maggiore integrazione europea, sempre se aumenterà la
responsabilità e trasparenza dell’UE nei loro confronti. Un
duplice approccio di ricostruzione dell’economia e di vera
democrazia ci porterà fuori dalla crisi.
Quali dovrebbero essere le grandi priorità dell’UE, sia
in campo economico che politico, perché l’Europa resti
competitiva a livello mondiale?
Servono più investimenti e una governance migliore. Per
rafforzare la competitività e utilizzare appieno il potenziale
del nostro grande mercato interno, occorrono investimenti
sia pubblici che privati. Se una regione recupera, anche
le altre ne beneficiano. Quello di cui abbiamo bisogno
sono investimenti di qualità, che garantiscano un ritorno
di lungo periodo e che costituiscano la base per generare
una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva dell’Europa.
È venuto il momento di dare vita a un’Europa digitale, di
rafforzare la nostra base industriale e di creare un mercato
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2013, Anno europeo dei cittadini
Ramón Luis Valcárcel Siso,
presidente del Comitato
delle regioni
comune dell’energia e un’economia europea basata sulla
conoscenza. Servono investimenti intelligenti per aiutare
le PMI ad innovare e ad esportare servizi e prodotti verso
gli altri paesi dell’UE e nel resto del mondo. Le dimensioni
degli investimenti e gli sforzi necessari per sfruttare appieno
il nostro potenziale rendono assolutamente necessaria
una buona governance generale con un coinvolgimento
sostanziale delle regioni e delle città. L’Europa va costruita
insieme: è per questo che il CdR è un attivo promotore della
governance multilivello. La crisi impone di adottare misure
urgenti, ma non c’è dubbio che siamo ancora lontani dallo
stabilire un modello di governo fatto di coordinamento,
generazione di sinergie e rafforzamento di una titolarità
condivisa. Con un’eccezione evidente: il fondo di coesione e
i fondi strutturali. La gestione dei finanziamenti della politica
di coesione volti ad affrontare la crisi ha portato in diversi
paesi a una concreta attuazione della cooperazione, dal
livello europeo a quello locale, con tutti i soggetti interessati, e questo è successo anche quando è stato necessario
riprogrammare le risorse fondamentali. Adesso la priorità è
definire norme e procedure a sostegno della cooperazione
e della condivisione degli obiettivi e delle misure da parte
di tutti i soggetti interessati. A tal fine, durante la mia presidenza promuoverò con decisione un approccio di partenariato per l’attuazione della strategia Europa 2020 e delle
sue sette iniziative faro. La strategia è il nostro strumento
fondamentale per la crescita e l’occupazione, ma dobbiamo
anche definire un quadro solido per tradurla in realtà, partendo da un bilancio UE adeguato per i prossimi sette anni
e da una riforma efficace della politica di coesione dell’UE
che conduca a una maggiore partecipazione e a risultati
tangibili sul campo.
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Cosa pensa degli investimenti nelle regioni e nelle città
europee e del rapporto fra tali investimenti e gli obiettivi della strategia Europa 2020?
La qualità e l’efficienza degli investimenti pubblici a livello
locale e regionale sono due fattori decisivi per la competitività regionale. Misure sproporzionate e troppo generiche
rischiano di compromettere la capacità d’investimento
degli enti locali e regionali, che sono soggetti fondamentali per realizzare la crescita mediante tutta una serie di
iniziative differenti, come l’attuazione di progetti cofinanziati dal bilancio europeo. L’Europa necessita di sforzi
più concertati per la crescita e l’occupazione. La strategia
Europa 2020 formula obiettivi strategici giusti, e il quadro
finanziario pluriennale 2014-2020 deve fornire i mezzi per
realizzarla. C’è il rischio che gli obiettivi della strategia non
siano raggiunti se non vi saranno maggiori sforzi a tutti i
livelli: è questo il nostro messaggio ai leader dell’UE, che
abbiamo sottolineato di recente anche nella terza relazione
di monitoraggio sull’attuazione della strategia Europa 2020.
Il bilancio dell’UE deve mantenere un volume significativo,
in particolare affinché la politica di coesione riceva le risorse
adeguate e possa riguardare tutte le regioni, pur concentrandosi su quelle che hanno più bisogno d’aiuto. I bilanci
nazionali, che rimangono la fonte principale di finanziamento pubblico, dovrebbero concentrarsi maggiormente
su Europa 2020, e i bilanci degli enti locali e regionali
devono mantenere una massa critica che consenta loro di
dare il proprio contributo alla strategia. Infine, occorre promuovere le sinergie fra i bilanci a tutti i livelli, dal momento
che solo lavorando tutti insieme potremo uscire più forti da
questa crisi.
2013, Anno europeo dei cittadini
La vicepresidente della Commissione europea Viviane Reding
ha spiegato a Regioni e città d’Europa la sua idea di cittadinanza
dell’UE e ha parlato delle nuove iniziative previste per il 2013, Anno
europeo dei cittadini, nonché dei preparativi per le elezioni europee
del 2014: «Attraverso l’Anno europeo dei cittadini lanceremo
una serie di messaggi chiave, il più importante dei quali sarà che
la cittadinanza dell’Unione europea non è solo un concetto ma
anche una realtà tangibile che reca benefici concreti ai cittadini».
La vicepresidente Reding ritiene inoltre che i rappresentanti eletti
delle città e delle regioni potrebbero svolgere un ruolo attivo nei
nuovi «Dialoghi dei cittadini» avviati lo scorso settembre nella città
spagnola di Cadice: «A vent’anni dalla creazione della cittadinanza
dell’Unione europea a Maastricht, dobbiamo rilanciare il progetto
europeo e dobbiamo farlo con il contributo diretto dei nostri
cittadini. Le città e le regioni, che rappresentano il livello di governo
più vicino ai cittadini, hanno un ruolo primario da svolgere in
questo processo».
Viviane Reding: «La cittadinanza
dell’UE non è solo un concetto
ma anche una realtà tangibile
che reca benefici concreti ai cittadini»
La cittadinanza dell’Unione europea fu introdotta e
definita giuridicamente venti anni fa dal trattato di
Maastricht. Da allora i diritti di cittadinanza hanno fatto
registrare sensibili progressi che hanno avuto un profondo impatto sulle vite di milioni di cittadini in tutta
Europa. Che cosa significa per lei «cittadinanza dell’UE»?
Ritiene che abbiamo compiuto sufficienti progressi per
quanto riguarda la tutela dei diritti dei nostri cittadini?
commissario in assoluto responsabile in materia di cittadinanza, ho iniziato a lavorare a fianco del presidente Barroso e
degli altri colleghi della Commissione per adottare iniziative
concrete volte a garantire che i cittadini possano esercitare
quotidianamente i diritti riconosciuti dall’UE. Ciononostante,
molti continuano a incontrare ostacoli nell’esercizio dei loro
diritti di cittadini europei. A vent’anni dalla creazione della
cittadinanza dell’Unione europea a Maastricht, dobbiamo
rilanciare il progetto europeo e dobbiamo farlo con il contributo diretto dei nostri cittadini. Le città e le regioni, che rappresentano il livello di governo più vicino ai cittadini, hanno
un ruolo primario da svolgere in questo processo.
Per me la cittadinanza europea è un po’ come una matrioska:
Abbiamo innanzitutto la nostra identità locale, la nostra funzione di cittadini di una comunità locale e regionale, rappresentata dalla bambola più piccola e più interna. Procedendo
verso l’esterno troviamo la nostra cittadinanza nazionale e,
successivamente, la cittadinanza europea, che si aggiunge,
senza tuttavia sostituirsi, alla nostra cittadinanza e identità
nazionale e regionale. La libertà di circolazione rappresenta
il diritto più amato nell’Unione europea, sinonimo di cittadinanza europea. Le imprese e i cittadini stanno traendo enormi
vantaggi dalla progressiva rimozione degli ostacoli alla libera
circolazione di merci, servizi e persone all’interno dell’UE.
Libera circolazione significa quindi più turisti nelle nostre città
e regioni e più cittadini che si spostano per andare a vivere
e a lavorare in un altro Stato membro, alimentando l’attività
economica e l’occupazione. Noi tutti siamo estremamente
orgogliosi delle nostre città e delle nostre regioni. Non dobbiamo però dimenticare l’importanza di collegarle con altre
città e regioni, di valorizzarne il patrimonio storico e culturale.
Il fiore all’occhiello dell’Anno europeo dei cittadini sarà
rappresentato dalla Relazione 2013 sulla cittadinanza dell’Unione, nella quale illustreremo la nostra strategia per abbattere i maggiori ostacoli che impediscono ai cittadini europei
di esercitare i loro diritti. Malgrado i numerosi progressi conseguiti negli ultimi anni, abbiamo ancora molto lavoro da
fare e il mio obiettivo è appunto rimuovere gli ostacoli rimanenti con i quali devono confrontarsi i cittadini al momento
di esercitare i loro diritti, per far sì che la cittadinanza dell’UE
sia qualcosa di più di un semplice concetto: essa deve infatti
diventare una realtà per i nostri 500 milioni di cittadini.
I cittadini si aspettano risultati concreti, come quelli che l’Europa ha finora conseguito, ad esempio, in materia di riduzione delle tariffe sulle chiamate in roaming, miglioramento
dei diritti delle vittime di reati e facilitazione degli acquisti
online per i consumatori. Non appena sono divenuta il primo
Il 2013 mostrerà come i cittadini dell’UE possono trarre direttamente vantaggio da questi diritti e si concentrerà sulle
politiche e sui programmi per la protezione di tali diritti.
Approfitteremo inoltre dell’Anno europeo dei cittadini
per stimolare un dibattito in merito al potenziale enorme
REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012
«I cittadini non si fidano
della classe politica
in Europa. Vi è una
chiara mancanza di
fiducia e noi dobbiamo
porre rimedio a questo
problema», ha affermato
la vicepresidente della
Commissione europea
Viviane Reding durante
il primo «Dialogo dei
cittadini sul futuro
dell’Europa», svoltosi
a Cadice (Spagna) il
27 settembre 2012.
L’iniziativa, sostenuta
anche dal Comitato
delle regioni, è tesa
ad assicurare che i
rappresentanti politici
ascoltino l’opinione
dei cittadini sul futuro
dell’Europa.
Il 2013 è stato proclamato Anno europeo dei cittadini.
Quali risultati spera che verranno conseguiti con questa iniziativa?
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2013, Anno europeo dei cittadini
impatto di questi diritti europei. Ciò servirà a incoraggiare
anche un altro dibattito, di ampia portata, sul tipo di UE
che ci piacerebbe vedere domani: «Quale tipo di Europa
vogliono i cittadini nel 2020?». L’attenzione dell’Anno
europeo sarà incentrata sui cittadini dell’UE in situazioni
transfrontaliere. È tuttavia opportuno precisare che ciò
non significa assolutamente limitare le attività dell’Anno
europeo ai 12 milioni di cittadini che risiedono in uno Stato
membro diverso dal loro. Anzi, vi saranno moltissime attività a favore dei circa 200 milioni di europei nella loro veste
di turisti, viaggiatori d’affari o consumatori che acquistano
prodotti da altri Stati membri, direttamente o tramite Internet. In linea di principio la maggior parte di noi, prima o poi
nella vita, si troverà in una situazione transfrontaliera: l’Anno
europeo ci riguarda quindi tutti.
In questo difficile periodo per l’UE, è più importante che mai
instaurare un dialogo con i cittadini e renderli consapevoli
delle ricadute concrete e positive dell’Unione europea sulla
loro vita quotidiana. Sono convinta che l’attuale crisi finirà
per darci un’Unione europea più forte di quella che conosciamo oggi: un’unione economica e monetaria più solida,
un’unione politica completa, nonché una federazione europea e un’Unione al servizio dei propri cittadini.
L’Agenda dei cittadini si fa locale:
regioni e città pronte per
l’Anno europeo 2013
Il 28 novembre il CdR terrà un
forum per esaminare l’impatto della
cittadinanza UE sulla definizione delle
politiche locali e regionali. Nel corso
dei dibattiti in plenaria e dei seminari
che si svolgeranno in parallelo sugli
aspetti fondamentali della cittadinanza,
politici, esperti e operatori del settore
discuteranno di come regioni e città
possano gestire l’impatto della libertà
di circolazione e dei diritti elettorali di
cui godono i cittadini dell’Unione, e di
come incoraggiare il coinvolgimento
attivo dei cittadini sul loro territorio.
Tra gli oratori figurano il presidente
del CdR Ramón Luis Valcárcel Siso,
la vicepresidente della Commissione
europea Viviane Reding e Antigoni
Papadopoulou, relatrice del Parlamento
europeo sull’Anno europeo dei
cittadini. L’evento sarà accompagnato
da una mostra e dalla presentazione
del «passaporto dei cittadini dell’UE».
Verrà inoltre presentato uno studio sul
ruolo degli enti locali e regionali nella
promozione della cittadinanza UE e dei
diritti dei cittadini a cura del Centro per
i servizi di strategia e valutazione (CSES).
L’Anno europeo dei cittadini è inteso
a sensibilizzare gli europei ai diritti di
cui dispongono in quanto cittadini
dell’UE e a stabilire con loro un dialogo
sullo sviluppo della cittadinanza UE
e dell’Unione europea in generale,
con un occhio rivolto alle elezioni
europee del 2014. L’Anno europeo
2013 rappresenta quindi un momento
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chiave nell’Agenda dei cittadini
elaborata dalla Commissione, che
prevede anche la pubblicazione di
una Relazione 2013 sulla cittadinanza
dell’Unione ed altre iniziative per
promuovere la cittadinanza europea.
La libertà di movimento è l’espressione
più tangibile dei benefici collegati alla
cittadinanza dell’Unione: essa consente
agli europei di lavorare, studiare, fare
acquisti, viaggiare e vivere in qualsiasi
Stato membro dell’UE. I cittadini dell’UE
dovrebbero poter godere di questo
diritto senza inutili ostacoli e oneri
burocratici.
Il diritto di votare e di candidarsi alle
elezioni europee e comunali nello
Stato membro di residenza fornisce
ai cittadini dell’Unione gli strumenti
per partecipare alla vita democratica
dell’UE, e al tempo stesso li aiuta a
integrarsi nella società di residenza.
Il CdR, che nel 2011 aveva adottato
un parere sulla Relazione 2010 sulla
cittadinanza dell’Unione (relatore
Roberto Pella, IT/PPE), ha attualmente
in preparazione un parere d’iniziativa
dal titolo «Rafforzare la cittadinanza
dell’UE: promuovere i diritti elettorali
dei cittadini europei», di cui è relatore
György Gémesi (HU/PPE), e in settembre
ha incaricato István Sértő-Radics (HU/
ALDE) di elaborare un parere sul tema
«Statuto e finanziamento dei partiti
politici europei e delle fondazioni
politiche europee».
Dobbiamo però coinvolgere i cittadini nel processo di
costruzione di questa nostra nuova casa europea. È per questo motivo che abbiamo avviato un’ampia consultazione
pubblica chiedendo ai cittadini quale tipo di UE vorrebbero
avere da qui al 2020. Abbiamo ricevuto oltre 12 000 risposte, per lo più da giovani, a dimostrazione della volontà dei
cittadini e della futura generazione di leader di poter essere
giustamente artefici del loro futuro. Abbiamo bisogno del
sostegno dei nostri cittadini, ma per questo dobbiamo
prima iniziare ad ascoltarli. Ecco perché la Commissione
europea organizzerà una serie di «Dialoghi dei cittadini» in
tutta l’Unione europea, nell’ambito dell’Anno europeo dei
cittadini. Questo sforzo richiederà però la partecipazione
di tutti gli attori, a livello europeo, nazionale, regionale e
locale. Per questo motivo sono stata particolarmente lieta
di ospitare il primo dialogo nella città spagnola di Cadice,
lo scorso settembre, assieme al sindaco e al deputato che
rappresenta il collegio locale al Parlamento europeo. È proprio questo, infatti, il dialogo di cui abbiamo bisogno. Spero
di poter contare sul sostegno del Comitato delle regioni in
questa impresa cruciale.
Le prossime elezioni europee si terranno nel 2014.
Negli anni precedenti l’affluenza alle urne in molti
Stati membri è stata particolarmente bassa. A suo
avviso, cosa si può fare durante l’Anno europeo dei
cittadini per innalzare il livello di consapevolezza politica e incrementare la partecipazione alle prossime
elezioni?
Attraverso l’Anno europeo dei cittadini lanceremo una serie
di messaggi chiave, il più importante dei quali sarà che la
cittadinanza dell’Unione europea non è solo un concetto
ma anche una realtà tangibile che reca benefici concreti ai
cittadini.
Proseguiremo l’impegno iniziato nel 2012, assicurando un
dibattito diretto con i cittadini per capire che cosa desiderano, come percepiscono i loro diritti e dove vorrebbero che
l’Unione migliorasse nei prossimi dieci anni. I tempi dell’integrazione europea attraverso il consenso implicito dei cittadini sono finiti. I cittadini europei devono essere in grado
di esprimere le loro preoccupazioni e preparare il terreno
per le prossime elezioni. L’Anno europeo dei cittadini non
riguarda solo i diritti e i doveri ma anche la partecipazione
e l’impegno, nonché il coinvolgimento nel futuro comune
dell’Europa.
L’Anno europeo preparerà il terreno e integrerà il lavoro
che verrà svolto in contemporanea dal Parlamento europeo e da altre istituzioni, come il Comitato delle regioni, allo
scopo di incoraggiare l’elettorato a partecipare attivamente
ai processi democratici dell’UE e a votare alle elezioni europee del 2014.
Abbiamo anche bisogno di rafforzare il collegamento tra le
elezioni europee e l’elezione del prossimo presidente della
Commissione europea. Mi piacerebbe che i partiti politici
organizzassero chiaramente le loro campagne elettorali sui
candidati europei. Le elezioni europee vanno infatti politicizzate. Se vogliamo che gli elettori vadano a votare alle
europee, dobbiamo aiutarli a capire per chi votano. Devono
sapere, infatti, che se votano per un candidato membro del
partito conservatore britannico, votano al tempo stesso per
il Partito popolare europeo al Parlamento europeo.
Non possiamo progettare un nuovo futuro per l’Unione e
solo allora, cioè dopo aver costruito questa nuova casa europea, chiedere ai cittadini se vogliono abitarci. Dobbiamo
invece costruirla assieme la nostra casa europea. Prima di
organizzare qualsiasi dibattito politico sul futuro dell’Europa
dobbiamo quindi ascoltare i nostri cittadini e coinvolgerli,
perché hanno il diritto di decidere il proprio futuro.
Risposte dell’UE alla crisi economica e finanziaria
Joaquín Almunia:
«La crescita nelle regioni più bisognose può
risultare soltanto da decisioni di spesa equilibrate»
Il vicepresidente della Commissione europea
responsabile per la politica di concorrenza,
Joaquín Almunia, presenta i principi
fondamentali dei nuovi orientamenti sugli
aiuti di Stato a finalità regionale e le principali
misure che ne derivano. Una consultazione sarà
lanciata entro la fine dell’anno e il processo di
revisione degli aiuti di Stato a finalità regionale
si concluderà nel maggio 2013.
I nuovi orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale
elaborati dalla Commissione europea saranno varati diversi
mesi prima dell’entrata in vigore, nel gennaio 2014, del
prossimo quadro finanziario pluriennale, per un periodo
di sette anni. Risulta più che mai importante coordinare
le nostre attività con quelle svolte dal commissario Hahn,
responsabile per la Politica regionale, e con le sue proposte in materia di fondi strutturali, in modo da far fronte alle
sfide attuali, ovvero la necessità di fronteggiare una crisi
profonda, i nuovi rischi per la coesione territoriale, nonché
le gravi restrizioni imposte a gran parte dei bilanci pubblici,
tra cui anche quello dell’UE.
In questo contesto, le sovvenzioni pubbliche a sostegno
degli investimenti nelle zone svantaggiate dell’Unione
europea possono apportare un contributo determinante.
Basti ricordare a questo proposito l’Irlanda, dove le industrie
farmaceutiche hanno effettuato cospicui investimenti, e la
Polonia, nonché altri paesi che hanno aderito all’UE a partire
dal 2004, in cui si sono insediati diversi giganti del settore
dell’elettronica e degli elettrodomestici. Tuttavia, vi sono
anche altri fattori che possono chiarire meglio le strategie di
investimento, ad esempio la presenza di manodopera qualificata, il livello di tassazione, la qualità delle infrastrutture e
un contesto normativo favorevole alle imprese.
Per questo è essenziale che le sovvenzioni siano concesse
solo nei casi in cui sono in grado di spostare l’ago della
bilancia verso la mobilitazione degli investimenti e la creazione di posti di lavoro. I nuovi orientamenti sugli aiuti di
Stato a finalità regionale vengono discussi nel quadro dell’iniziativa per la modernizzazione degli aiuti di Stato. Come
quasi certamente saprete, quest’anno abbiamo avviato una
revisione dell’intera politica degli aiuti di Stato dell’UE alla
luce di tre obiettivi principali:
y sostenere la crescita conformemente ai principali obiettivi della strategia Europa 2020 e, nel quadro di tale processo, aiutare i governi dell’UE a migliorare la qualità della
spesa pubblica;
y dare la priorità ai casi di aiuti di Stato che hanno un
impatto significativo sul mercato interno;
y snellire il processo decisionale UE.
Innanzitutto, dobbiamo garantire la coerenza tra la nostra
politica e gli sviluppi sul campo. Sono felice di poter dire che
dal 2005 — anno in cui furono adottati gli orientamenti in
vigore — il principale cambiamento consiste nella riduzione
del divario tra le regioni più ricche e quelle più povere d’Europa. Nonostante il persistere delle disuguaglianze, tra il 2000
e il 2007 i paesi meno sviluppati dell’UE hanno registrato consistenti tassi di crescita, con una crescita media superiore al
4 % annuo. Attualmente quasi un europeo su tre vive nelle
regioni meno sviluppate e, grazie al processo di recupero in
REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012
atto, questa percentuale scenderà fino a circa uno su quattro
nel prossimo periodo. Ma come rispondiamo a questi cambiamenti? Stiamo studiando tre ambiti principali.
In primo luogo, il sostegno pubblico deve concentrarsi
laddove ha maggiori possibilità di apportare un contributo
determinante, aiutando le regioni meno sviluppate a ridurre
il divario che le separa dalla media UE. È possibile promuovere lo sviluppo regionale ricorrendo a diversi strumenti
politici. Gli aiuti regionali dovrebbero rimanere l’eccezione
e la copertura delle aree assistite dovrebbe limitarsi agli aiuti
necessari a ovviare alle disparità regionali.
Joaquín Almunia,
vicepresidente della
Commissione europea
responsabile per la politica
di concorrenza
In secondo luogo — alla luce delle attuali differenze sul piano
della capacità finanziaria — è particolarmente importante
assicurarsi che gli aiuti siano ridotti al minimo indispensabile,
per consentire ai paesi e alle regioni dell’UE di competere ad
armi pari per attirare e salvaguardare nuove imprese sul loro
territorio. Dato che nell’ultimo decennio le disparità regionali
in Europa si sono ridotte e considerati i rigidi vincoli di bilancio, proporrò di applicare intensità d’aiuto inferiori, salvo nelle
regioni in cui si registra la situazione peggiore.
In terzo luogo — e in linea con gli obiettivi generali dell’iniziativa per la modernizzazione degli aiuti di Stato — ritengo
che sia necessario concentrarci sulle sovvenzioni che provocano più distorsioni. Ciò significa che riserveremo un trattamento più semplice ai casi minori — in particolare le PMI —
ed eventualmente che si ridurrà il numero di categorie di
aiuti da notificare alla Commissione.
Possiamo anticipare i principali elementi della riforma ricordando in particolare la maggiore attenzione consacrata
all’effetto di incentivazione per tutte le misure. Gli aiuti
vanno autorizzati solamente se sono suscettibili di modificare il comportamento dei beneficiari. Gli aiuti a finalità
regionale sono considerati compatibili solo se offrono un
incentivo ad effettuare investimenti in una zona assistita o
se possono determinare la localizzazione di un progetto di
investimento. Alla luce degli svantaggi che queste regioni
presentano, gli aiuti potrebbero essere necessari per compensare la bassa redditività di un investimento oppure i
sovraccosti prodotti dall’insediamento in quella regione.
Di conseguenza, non approveremo gli eventuali benefici
inaspettati per le imprese che avrebbero investito in una
regione beneficiaria di aiuti anche in assenza di sovvenzioni.
Nella congiuntura attuale non possiamo permetterci di
sprecare le scarse risorse pubbliche disponibili né di dover
affrontare le distorsioni della concorrenza e i pregiudizi alle
opportunità di crescita che queste sovvenzioni dispendiose
provocherebbero. È importante far sì che gli aiuti non solo
abbiano un effetto di incentivazione, bensì anche che contribuiscano al nostro obiettivo comune: lo sviluppo economico delle regioni dell’UE. In altre parole, è essenziale che gli
aiuti siano correttamente strutturati.
I progetti sovvenzionati che producono risultati validi sono
quelli in grado di contribuire efficacemente alla strategia di
sviluppo di una regione ed è risaputo che il loro impatto
è maggiore nelle regioni meno sviluppate. Dal momento
che è stata dimostrata l’inefficacia globale degli aiuti alle
grandi imprese nelle regioni più sviluppate, sono dell’avviso
che l’aiuto regionale agli investimenti per le grandi imprese
vada accordato solo nelle regioni meno sviluppate: le cosiddette «regioni A», come vengono definite in base alla terminologia degli aiuti di Stato.
7
Risposte dell’UE alla crisi economica e finanziaria
Tuttavia, i governi dell’UE rimangono liberi di accordare aiuti
alle grandi imprese in altre regioni a patto che conseguano
gli obiettivi della strategia Europa 2020 in materia di ricerca,
sviluppo e innovazione, nonché tutela ambientale.
Questi aiuti dovrebbero essere compatibili con le condizioni previste dai rispettivi orientamenti sugli aiuti di Stato a
carattere settoriale. Si tratta di sovvenzioni che incoraggiano
l’innovazione, la competitività e i guadagni di produttività,
oltre a compensare gli svantaggi regionali. Sono addirittura
disposto a discutere della possibilità di intensificare gli aiuti
per tali obiettivi nelle regioni assistite.
Le ultime due misure che stiamo considerando di inserire
nei nuovi orientamenti riguardano le modalità di gestione e
valutazione del sostegno pubblico.
In base a una delle proposte avanzate, si potrebbe chiedere
alle autorità nazionali e regionali dell’UE di adottare elevati
standard di trasparenza per l’importo degli aiuti e i rispettivi
beneficiari. Questo requisito generale di trasparenza rispecchierebbe le pratiche correnti nel quadro dei fondi strutturali e agricoli.
In tempi di austerità e di tagli di bilancio, ritengo che le autorità pubbliche dovrebbero compiere uno sforzo particolare
per tenere i concorrenti e i cittadini al corrente del modo in
cui spendono il denaro dei contribuenti. Infine, stiamo prendendo in considerazione la possibilità di inserire negli orientamenti dei sistemi di valutazione per le principali misure di
sostegno — inclusi i regimi di sostegno — per garantire che
gli aiuti conseguano i risultati attesi. Peraltro ho notato che
alcuni paesi hanno già istituito dei sistemi di valutazione della
spesa pubblica. Ribadisco pertanto che, in questi tempi difficili,
è indispensabile incoraggiare una cultura della responsabilità.
Entro la fine dell’anno avvieremo una consultazione sul progetto di orientamenti mentre il processo di revisione si concluderà l’anno prossimo. In febbraio intendiamo incontrare gli
Stati membri, e in maggio — se tutto andrà bene — verranno
adottati i nuovi orientamenti. Fino ad allora conto sulla partecipazione attiva dei rappresentanti delle regioni al dibattito
per perfezionare e migliorare la revisione. Ora che le risorse
pubbliche stanno diventando un bene raro, la crescita nelle
regioni più bisognose può risultare soltanto da decisioni di
spesa equilibrate. Tutti noi desideriamo salvaguardare gli elementi che contraddistinguono la nostra Europa unita anche in
questi momenti di incertezza. L’obiettivo della nostra riforma
è far sì che l’UE continui a essere l’incredibile «macchina di
convergenza» che è stata per più di 50 anni.
Joaquín Almunia, vicepresidente della Commissione
europea responsabile per la politica di concorrenza
Simone Beissel: «La nostra priorità è contribuire alla
strategia europea per la crescita e l’occupazione»
Simone Beissel
(Lussemburgo/ALDE),
consigliere comunale della città
di Lussemburgo, presidente
della commissione ECOS
Per la commissione Politica economica e
sociale (ECOS) del CdR il pensiero principale
rimane come affrontare le conseguenze
della crisi finanziaria, economica e sociale a
livello locale e regionale. Ciò significa che la
commissione ECOS contribuirà attivamente
alla definizione di politiche a livello europeo
che puntino a creare posti di lavoro
sostenibili, ad affrontare la disoccupazione
giovanile e ad impedire ai gruppi vulnerabili
di cadere in povertà, gestendo al tempo
stesso il debito pubblico in modo da
ottenere equilibri di bilancio sostenibili.
Queste sfide saranno affrontate in diverse
occasioni nell’arco del 2013 e del 2014.
La strategia Europa 2020: uno strumento per dare
nuovo impulso alla crescita e alla creazione di posti di
lavoro
La priorità della commissione ECOS consiste nel contribuire
al futuro della strategia europea per la crescita e l’occupazione. Al riguardo è in preparazione un parere sul tema «Il
ruolo degli enti locali e regionali nel promuovere la crescita
e rafforzare la creazione di posti di lavoro», che rappresenta
al tempo stesso il seguito dell’iniziativa faro «Un’agenda
per nuove competenze e per l’occupazione» e la risposta
a una richiesta di consultazione formulata dalla presidenza
cipriota. Tra qualche settimana la Commissione europea
dovrebbe pubblicare nuove proposte su come affrontare il
problema della disoccupazione giovanile. La commissione
ECOS contribuirà a questo dibattito apportando l’esperienza
degli enti locali e regionali e parteciperà al primo convegno
sulle iniziative faro organizzato dalla piattaforma di monitoraggio Europa 2020 del CdR, che esaminerà queste tematiche il 13 dicembre.
8
Mercato interno e competitività
Il pieno utilizzo delle potenzialità del mercato interno viene
considerato una fonte di crescita e di occupazione sostenibile per il futuro. La commissione ECOS concentra attualmente la sua attenzione sulla governance del mercato
unico e seguirà da vicino gli sviluppi relativi alla riforma del
mercato unico che sarà avviata nel quadro dell’Atto per il
mercato unico II.
Imprenditorialità e piccole e medie imprese
La commissione ECOS proseguirà i suoi lavori tesi a promuovere le imprese di piccole e medie dimensioni e a monitorare l’attuazione del programma COSME, in merito al quale
ha recentemente elaborato un parere. Per la commissione
ECOS, la lotta a favore di una riduzione sostanziale degli
oneri amministrativi delle PMI rimane sempre una priorità.
Inoltre, in qualità di membro della giuria incaricata di assegnare il premio «Regione imprenditoriale europea», promuoverò un approccio favorevole alle PMI e il principio «pensare
anzitutto in piccolo» in tutte le regioni d’Europa, contribuendo in questo modo alla creazione di posti di lavoro e al
rafforzamento della competitività delle PMI europee.
Lotta contro la povertà e l’esclusione sociale
Malgrado gli obiettivi di riduzione della povertà fissati
nella strategia Europa 2020, un numero sempre maggiore
di persone ha bisogno di un aiuto per il proprio sostentamento, e gli enti locali e regionali devono far fronte a questa necessità crescente pur disponendo spesso di dotazioni di bilancio limitate per le misure di protezione sociale.
Pertanto, la commissione ECOS continuerà a premere per
aumentare il peso della dimensione sociale nell’attuale
agenda politica.
Simone Beissel (Lussemburgo/ALDE),
consigliere comunale della città di Lussemburgo,
presidente della commissione ECOS
Risposte dell’UE alla crisi economica e finanziaria
Michel Delebarre:
«La sfida fondamentale
insita in ogni nuova fase
dell’integrazione politica
consisterà nel garantire
una democratizzazione
della governance
economica dell’UE»
A distanza di due anni dal lancio della
strategia, il Comitato delle regioni pubblica
la sua terza relazione di monitoraggio su
Europa 2020. In parallelo, il CdR avvia oggi
una verifica sulle sette iniziative faro della
strategia che si concluderà nel marzo 2014,
quando, in occasione del vertice europeo
delle regioni e delle città, si traccerà
un bilancio dei risultati dell’esercizio
che inciderà sulla revisione intermedia
dell’intera strategia Europa 2020.
La strategia Europa 2020 deve consentire agli Stati membri
di rilanciare la crescita: per centrare l’obiettivo; essa deve
adattarsi al contesto specifico di ciascun territorio dell’Unione e articolarsi con il rafforzamento della coesione, nel
rispetto dello spirito e della lettera del trattato di Lisbona
e, naturalmente, anche con la programmazione dei fondi
strutturali. Europa 2020 non può avere l’esito auspicato
se le città e le regioni dell’UE non prendono parte alla sua
attuazione in quanto partner degli altri livelli di governo. Le
città e le regioni europee non sono rimaste in passiva attesa
di incitamenti ad agire: tutti i sondaggi della piattaforma
di monitoraggio Europa 2020 del Comitato — compreso
l’ultimo, condotto in vista della stesura della terza relazione — indicano infatti che esse intervengono nella maggior parte degli ambiti politici collegati alla strategia. Europa
2020 ha inoltre contribuito alla creazione di un «linguaggio
comune», grazie al quale gli enti territoriali riescono a comunicare meglio sia tra loro sia con i livelli di governo superiori
e le altre parti interessate. Non solo: ha indotto alcuni di
questi enti a prefiggersi obiettivi più ambiziosi e ha messo
in moto un fruttuoso meccanismo in materia di scambio di
esperienze.
Emergono a macchia di leopardo alcune forme di «accordi
contrattuali multilivello», adattate agli obiettivi di Europa
2020 e probabilmente incoraggiate dagli insegnamenti
tratti dalla politica di coesione. Occorre tuttavia riconoscere
che la strategia deve far fronte a gravi difficoltà.
In primo luogo, la crisi finanziaria incide molto fortemente
anche sulla spesa a livello locale e regionale, poiché gli
enti territoriali, dovendo concentrarsi su interventi sociali
anticrisi, sono costretti a drastici tagli degli investimenti
pubblici, i quali potrebbero invece andare a sostegno della
crescita. Ciò detto, va ricordato che gli investimenti diretti
subnazionali rappresentano da sempre i due terzi degli
investimenti pubblici europei (nel 2011, ad esempio, erano
pari a 204 miliardi di euro), e che la spesa subnazionale
ammonta a 2109 miliardi di euro, pari al 16,7 % del PIL e al
34 % della spesa pubblica.
REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012
I sondaggi condotti dalla nostra piattaforma hanno messo
in luce una serie di problemi a livello dell’UE, ossia:
y un coordinamento insufficiente tra i diversi strumenti
politici, aggravato da
Michel Delebarre (FR/PSE),
senatore francese e sindaco
di Dunkerque, coordinatore
della piattaforma di
monitoraggio Europa 2020
y una mancanza di risorse finanziarie disponibili per gli
obiettivi fissati da Europa 2020, e
y una marcata esigenza di semplificazione amministrativa
e di sostegno al rafforzamento delle capacità operative
delle amministrazioni pubbliche locali e regionali;
y un’insufficiente attenzione all’impatto delle politiche
europee sui territori.
Sulla base di questi elementi, raccomandiamo che tra le
priorità dell’Analisi annuale della crescita per il 2013, che la
Commissione pubblicherà a fine novembre, figurino i punti
seguenti:
y occorre sostenere la crescita mediante una dotazione
finanziaria adeguata e un quadro legislativo appropriato;
y occorre raccomandare agli Stati membri la creazione di
partenariati con i loro enti locali e regionali tramite l’adozione di strumenti di governance multilivello: questo va
fatto anzitutto in vista della stesura dei programmi nazionali di riforma per il 2013, e in secondo luogo nella prospettiva del nuovo periodo di programmazione nell’ambito del quadro strategico comune per i fondi strutturali;
y occorre stanziare fondi supplementari per la strategia
Europa 2020. Per ottenere questo risultato, è necessario
che il bilancio dell’UE continui ad essere di dimensioni
ragguardevoli e che la politica di coesione, pur concentrando i suoi interventi sulle regioni più svantaggiate,
rimanga uno strumento disponibile per l’intero territorio
dell’UE;
y i bilanci nazionali, che sono pur sempre la fonte di finanziamento principale degli interventi pubblici, devono
essere calibrati sulla strategia Europa 2020;
y i bilanci regionali e locali devono conservare una massa
critica sufficiente per poter apportare il loro contributo
agli obiettivi di Europa 2020.
9
Risposte dell’UE alla crisi economica e finanziaria
Oggi i nostri timori si concentrano su due fronti, dal
momento che non solo osserviamo l’applicazione di politiche di austerità della spesa pubblica, ma avvertiamo anche
un certo clima di austerità intellettuale e concettuale diffuso
in tutta l’Unione. Constato infatti che le principali misure
di rilancio della crescita raccomandate dall’Europa sono
in realtà ispirate a proposte di riforme strutturali — liberalizzazione, riforma del mercato del lavoro, riforma delle
pensioni — rivolte, in larghissima parte, all’attenzione dei
governi nazionali e formulate a bilancio dell’UE costante.
Tuttavia, non è concepibile perseguire una strategia ambiziosa senza dotarsi al tempo stesso delle risorse finanziarie
per attuarla a livello europeo.
È soprattutto la dimensione del lavoro che deve tornare al
centro delle nostre preoccupazioni. Malgrado l’impegno
politico assunto in occasione del Consiglio europeo della
primavera 2012 e gli orientamenti definiti nella comunicazione della Commissione, infatti, la maggior parte degli
Stati membri non hanno presentato, nel quadro del loro
programma nazionale di riforma per il 2012, un piano nazionale per l’occupazione in cui vengano illustrati un ventaglio completo di misure volte a stimolare la creazione di
occupazione — in particolare di posti di lavoro «verdi» —,
il collegamento tra le politiche occupazionali e gli strumenti
finanziari, le riforme del mercato del lavoro e un calendario dettagliato per l’attuazione del programma pluriennale
delle riforme.
Ritengo inoltre che la necessaria disciplina di bilancio venga
spesso confusa con un’austerità in cui obiettivi relativamente arbitrari di riduzione della spesa pubblica prevalgono
sulla ricerca di una spesa di qualità, produttiva e capace di
preparare il terreno del rilancio economico: in altre parole,
una politica che mette il carro davanti ai buoi. Un tasso di
occupazione elevato è invece indispensabile anche per
conseguire il consolidamento di bilancio e la ripresa dell’economia, poiché serve al tempo stesso a preservare il livello
dei consumi e a fare in modo che un maggior numero di
cittadini contribuisca al finanziamento dello Stato sociale.
Per concludere, sono convinto che la sfida fondamentale
insita in ogni nuova fase dell’integrazione politica consisterà nel garantire una democratizzazione della governance economica dell’Unione. In concertazione con il
Parlamento europeo, dobbiamo formulare delle proposte
concrete di riforma per rafforzare la partecipazione dei parlamenti nazionali, degli enti territoriali e delle parti sociali al
«semestre europeo», che oggi rappresenta una specie di
«buco nero» sotto il profilo democratico. Non è certo tra le
righe delle «raccomandazioni specifiche per paese» che si
dovranno stabilire l’età del pensionamento a livello nazionale o le soglie di ammissibilità per i beneficiari delle case
popolari.
La mia terza constatazione riguarda la «macroeconomizzazione» della governance economica, che comporta in particolare il rischio che la strategia Europa 2020 venga relegata
tra le priorità politiche di secondo piano dell’Unione. Un
esempio eloquente di quanto questo rischio sia concreto
è dato dal fatto che il documento strategico dei presidenti
della Commissione, del Consiglio europeo, della Banca centrale europea e dell’Eurogruppo dal titolo «Verso un’autentica unione economica e monetaria» non contenga alcun
riferimento specifico ad Europa 2020, né al suo ruolo nel
rafforzamento della governance economica dell’UE.
Per il Comitato delle regioni la sfida consisterà nel dotarci
della capacità di analisi e di proposta nel contesto di questa
governance economica che, con i suoi specifici meccanismi
decisionali, si differenzia nettamente da quella che è tuttora
la missione principale del nostro Comitato, ossia partecipare
al processo di elaborazione della legislazione europea.
Michel Delebarre (FR/PSE),
senatore francese e sindaco di Dunkerque, coordinatore
della piattaforma di monitoraggio Europa 2020
Michel Lebrun: «Il CdR deve
assicurarsi che le sue spese siano
in linea con le priorità politiche»
Michel Lebrun (BE/PPE),
membro del parlamento
della regione Vallonia
e di quello della comunità
francofona del Belgio
e presidente della commissione
Affari finanziari e amministrativi
(CAFA) del CdR.
Michel Lebrun, primo vicepresidente del gruppo PPE del
CdR, ha iniziato il suo mandato di presidente della commissione Affari finanziari e amministrativi (CAFA) con
un’iniziativa coraggiosa per unire tutte le forze politiche
in uno sforzo comune: migliorare il funzionamento della
commissione. «Il mio obiettivo», ha dichiarato, «è rafforzare
il monitoraggio politico dell’attività finanziaria e amministrativa del CdR. Insieme ai gruppi politici, ho proposto di
effettuare una serie di operazioni di monitoraggio sull’uso
delle risorse umane e finanziarie nella nostra istituzione e di
garantire quindi un monitoraggio appropriato per tutta la
durata del mio mandato».
Sotto la sua presidenza, la CAFA nominerà dei relatori incaricati di monitorare l’attività del CdR in ambiti di rilievo quali
il bilancio e il suo discarico, gli immobili, gli studi, le pubblicazioni e i grandi eventi organizzati dal CdR, nonché di
valutare l’accordo di cooperazione tra il CdR e il Comitato
economico e sociale europeo. I relatori riferiranno regolarmente alla CAFA e il presidente Lebrun ne presenterà le
conclusioni all’Ufficio di presidenza del CdR.
Lebrun ha in serbo anche dei piani per il progetto di bilancio del CdR 2013: «Sono ben conscio del fatto che, con la
10
crisi attuale e i tagli che essa impone ai bilanci pubblici, il
CdR dovrà compiere un serio sforzo per adeguare le sue
attività politiche al bilancio 2013. Ogni nuova proposta di
attività dovrà essere accompagnata da una valutazione dei
costi», ha aggiunto.
Il bilancio 2012 del CdR è di 86,5 milioni di euro, il 2,9 % in più
del bilancio 2011. La commissione Bilanci del Parlamento
europeo ha introdotto una serie di emendamenti che, se
accolti, determineranno nel bilancio 2013 un aumento
dell’1,9 %. Tuttavia, dati l’ampliamento delle competenze
del CdR disposto dal trattato di Lisbona, l’adesione della
Croazia all’UE e il tasso d’inflazione stimato per il 2012-2013,
si prevede che il bilancio 2013 sarà soggetto a vincoli rigorosi. Lebrun insiste pertanto sulla necessità di assicurarsi che
i fondi a disposizione siano spesi in modo tale da garantire i
migliori risultati possibili per gli enti locali e regionali e per i
cittadini europei.
Michel Lebrun (BE/PPE),
membro del parlamento della regione Vallonia
e di quello della comunità francofona del Belgio
e presidente della commissione Affari finanziari
e amministrativi (CAFA) del CdR.
Primo Eurobarometro regionale
Primo Eurobarometro regionale:
in tutte le regioni dell’UE
la preoccupazione principale
è la disoccupazione
zone della Germania (Baviera e Baden-Württemberg), la
disoccupazione rappresenta la priorità numero uno e la
principale preoccupazione.
La crisi economica e la qualità della vita
vengono oggi percepite in maniera molto
diversa dai cittadini dell’UE a seconda
non solo del paese, ma ancor più della
regione. I risultati evidenziano inoltre che
ai rappresentanti di tutti i livelli di governo
spetta un ruolo fondamentale nel comunicare
efficacemente l’Europa a livello locale.
Per quanto riguarda la situazione economica, sebbene dai
risultati emerga una visione prevalentemente negativa a
livello UE (71 % dei partecipanti), le percentuali variano molto
tra gli Stati membri e, in alcuni casi, ancor più tra le regioni.
Ad esempio, tra gli abitanti della provincia olandese Drenthe
che hanno partecipato all’inchiesta, il 99 % considera positiva la situazione economica della propria regione, mentre in
alcune regioni del Portogallo a esprimere un giudizio positivo
è soltanto il 4 % dei cittadini. Non sorprende che i dati rispecchino da vicino l’impatto della crisi economica, e che i risultati
peggiori si registrino per lo più nell’Europa del Sud e dell’Est.
Per quanto riguarda l’evoluzione della situazione economica
nel prossimo futuro, tuttavia, le regioni che hanno espresso
una visione piuttosto pessimistica sono più numerose e
distribuite su tutto il territorio dell’UE: ciò indica che, tendenzialmente, anche nei paesi in cui la situazione economica è
positiva i cittadini guardano al futuro con inquietudine.
L’indagine speciale di Eurobarometro, condotta tra il
20 agosto e il 15 settembre 2012 su 50 000 cittadini dell’UE
provenienti da 170 regioni dei 27 Stati membri, ha offerto
per la prima volta un quadro dettagliato della percezione
pubblica a livello regionale. Mercedes Bresso, prima vicepresidente del Comitato delle regioni, ha commentato i risultati
osservando: «È importante sforzarsi di non guardare sempre
le cose da una prospettiva nazionale. Per questo sono molto
lieta che, per la prima volta, Eurobarometro abbia assunto
un punto di vista regionale, consentendoci di capire meglio
la percezione dei cittadini delle regioni d’Europa».
I dati dimostrano che, attualmente, per la stragrande maggioranza dei cittadini di tutte le regioni dell’UE, salvo talune
Infine, il sondaggio di Eurobarometro ha chiesto ai cittadini chi sia il più adatto a spiegare l’impatto delle politiche
europee sulla vita quotidiana. Le risposte provenienti dai
paesi dell’Europa meridionale, come Grecia,
Spagna e Italia, che stanno attraversando
una difficile fase economica, lasciano chiaramente trapelare una sfiducia generale nei
confronti dei leader politici. Come osservato
da Mercedes Bresso, è interessante notare
che «nei “grandi” paesi, come Francia, Polonia, Germania e Regno Unito, per quanto
riguarda la comunicazione sull’Europa i cittadini tendono a fare affidamento sui loro rappresentanti locali e regionali». In altri paesi,
invece, gli intervistati hanno indicato piuttosto i loro rappresentanti nazionali (paesi
scandinavi), i deputati europei (Portogallo) e
i commissari europei (Repubblica ceca). Nel
commentare tali risultati, Gregory Paulger,
direttore generale della DG Comunicazione
della Commissione, ha sottolineato come
sia «evidente, dalla grande varietà di risposte
ottenute, che il modo migliore per comunicare l’Europa è comunicare in partenariato,
coinvolgendo tutti i livelli di governo e, in
particolare, il livello locale e regionale».
Canarias
Guyane
Guadeloupe
Martinique
Réunion
Açores
Madeira
REGIOgis
Per ulteriori informazioni:
I risultati dell’Eurobarometro Flash 356
(L’opinione pubblica nelle regioni dell’UE) si
possono consultare sul sito web
della Commissione europea
http://ec.europa.eu/public_opinion
Q3.4 The most important issue for the region: unemployment
respondents
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20% - 40%
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Source: Flash Eurobarometer 356
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© EuroGeographics Association for the administrative boundaries
REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012
I dati dimostrano che, attualmente,
per la stragrande maggioranza dei
cittadini di tutte le regioni dell’UE, salvo
talune zone della Germania (Baviera e
Baden-Württemberg), la disoccupazione
rappresenta la preoccupazione principale
(in percentuale degli intervistati).
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Primo Eurobarometro regionale
Canarias
Guyane
Canarias
Guadeloupe
Martinique
Guyane
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Açores
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Q1.2 Situation of the economy in the region
REGIOgis
Deputati europei
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Commissari
europei
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European Commission
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Source: Flash Eurobarometer 356
65% - 80%
National political representatives
Rappresentanti
politici nazionali
Source: Flash Eurobarometer 356
65% - 80%
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Several representatives
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500 Km
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© EuroGeographics Association for the administrative boundaries
Per quanto riguarda la situazione economica, sebbene dai risultati
emerga una visione prevalentemente negativa a livello UE
(71 % dei partecipanti), le percentuali variano molto tra gli Stati membri
e, in alcuni casi, ancor più tra le regioni (in percentuale di risposte
positive).
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ISSN 1562-071
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ISSN 1562-071
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Fiducia e rappresentanti politici: chi è più adatto a spiegare ai cittadini
l’impatto delle politiche europee sulla vita quotidiana?
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Decima edizione degli OPEN DAYS
OPEN DAYS 2012: ancora
più importanti nell’agenda
politica dell’UE
Valcárcel Siso: «Con la decima edizione degli
OPEN DAYS siamo riusciti a comunicare l’idea
che l’Europa si costruisce in partenariato,
con il contributo dei livelli più prossimi ai
cittadini».
Organizzati a sei settimane alla decisione del Consiglio
europeo sul quadro finanziario pluriennale (QFP) 20142020 e mentre partono i negoziati decisivi sul pacchetto
legislativo per il finanziamento della coesione, dello sviluppo rurale e della pesca, condotti triangolarmente da
Parlamento europeo, Consiglio e Commissione europea,
gli OPEN DAYS (Decima settimana europea delle regioni e
delle città) hanno segnato un importante momento politico
nell’agenda dell’UE. Alla sessione di apertura dell’8 ottobre,
concepita come una piattaforma interistituzionale per la
comunicazione politica con la partecipazione di 450 rappresentanti eletti di tutti i livelli di governo, è stato sottolineato da parte di Martin Schulz, presidente del Parlamento
europeo, che «è tempo di decidere sul QFP», mentre Ramón
Luis Valcárcel Siso, presidente del CdR, ha insistito sul fatto
che «la politica di coesione è uno strumento essenziale per
conseguire gli obiettivi di Europa 2020».
partecipazione, infatti, essa non riuscirà a raggiungere i propri obiettivi», ha ricordato Valcárcel Siso.
Dei 6 000 partecipanti agli OPEN DAYS, due su tre provenivano da amministrazioni locali, regionali, nazionali o dell’UE,
mentre gli altri erano esponenti del mondo accademico,
della stampa o di società di consulenza. Tre su quattro si
sono recati a Bruxelles per assistere alla manifestazione. Grazie alla prima «Giornata europea della cooperazione», che
a livello locale è stata organizzata insieme agli OPEN DAYS
all’insegna del motto «L’Europa nella mia regione/nella mia
città», si sono tenuti oltre 350 eventi locali.
Consultate il sito web degli OPEN DAYS (http://opendays.
europa.eu) per saperne di più sugli eventi locali, scaricare
gli atti degli incontri e seguire gli sviluppi più recenti della
manifestazione, compresa la spiegazione del progetto degli
OPEN DAYS per il 2013.
L’edizione 2012 degli OPEN DAYS, oltre a trasmettere il suo
messaggio politico di fondo in questo momento cruciale,
ha consolidato la funzione di punto di riferimento di questo evento per tutti quelli che vogliono capire in che modo
cambierà la politica di coesione, quali saranno le opportunità e le sfide future del prossimo periodo di programmazione dei fondi strutturali e che cosa stia avvenendo sul
campo in quest’ultima fase dei programmi operativi 20072013.
«Questa decima edizione degli OPEN DAYS è servita anche
a mettere in evidenza la composizione politica del Comitato
delle regioni e a comunicare l’idea che l’Europa si costruisce, concretamente, in partenariato, con il contributo fondamentale dei livelli più prossimi ai cittadini. Senza la loro
REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012
13
Decima edizione degli OPEN DAYS
Il presidente del Comitato delle regioni Ramón Luis Valcárcel Siso, e i
presidenti di tutte le principali istituzioni dell’UE, intervenuti lunedì
8 ottobre all’inaugurazione degli OPEN DAYS 2012, hanno sottolineato
all’unisono la funzione essenziale della politica di coesione a sostegno
della ripresa nell’UE. Hanno inoltre messo in guardia gli Stati membri
sul fatto che eventuali tagli al bilancio UE potrebbero compromettere
il ruolo chiave svolto dagli enti regionali e locali negli investimenti a
favore della crescita. Secondo il presidente del CdR, «tutti riconoscono
che la politica di coesione è uno strumento fondamentale per rilanciare
la nostra economia e realizzare gli obiettivi della strategia Europa 2020.
Il CdR si aspetta quindi che le decisioni che prenderanno i capi di Stato
o di governo dell’UE nelle prossime settimane siano coerenti con la
tabella di marcia concordata dall’UE per una crescita e un’occupazione
«di qualità».
Il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, rivolgendosi a un pubblico di centinaia di persone tra cui membri del CdR, rappresentanti locali provenienti da tutta Europa e deputati europei, ha sottolineato
che «dal 2008 l’Europa ha vissuto due crisi interconnesse: una finanziaria, l’altra economica e sociale. I loro effetti sarebbero stati infinitamente più gravi
senza una reazione congiunta da parte dell’UE e degli Stati membri». Riferendosi poi al Consiglio straordinario di novembre, Van Rompuy ha aggiunto:
«Ora l’Europa ha bisogno di una maggiore crescita economica strutturale e gli
Stati membri sono ora sicuramente in grado di raggiungere un accordo adeguato sul nuovo quadro finanziario pluriennale. Senza un tale accordo, non ci
saranno crescita e occupazione di qualità in Europa».
Ramón Luis Valcárcel Siso, presidente del CdR, Johannes Hahn, commissario UE per la Politica regionale, e Danuta Hübner, presidente della commissione per lo Sviluppo regionale (REGI) del Parlamento europeo, hanno
lanciato il nuovo programma dal titolo «Erasmus per i rappresentanti
eletti a livello locale e regionale», il cui obiettivo consiste nel migliorare le
conoscenze e le competenze dei rappresentanti eletti europei in materia
di politica di coesione dell’UE attraverso una formazione ad hoc e attività
didattiche transnazionali.
Il workshop congiunto COTER-REGI sulla
politica di coesione post 2013 è stato
aperto da Danuta Hübner, presidente
della commissione REGI del Parlamento
europeo, e da Marek Woźniak, nuovo
presidente della commissione COTER del
CdR.
14
Decima edizione degli OPEN DAYS
Il seminario sul sostegno dell’UE alla cooperazione decentrata allo
sviluppo post 2013 è stato presieduto dai membri della commissione
CIVEX del CdR Lotta Håkansson Harju e Luc Van den Brande (ex presidente del CdR).
Al seminario sul partenariato orientale sono intervenuti Dorin
Chirtoaca, sindaco di Chişinău (Moldova), copresidente della
CORLEAP, e Marek Woźniak, presidente della regione Wielkopolska
(Polonia) e membro dell’Ufficio di presidenza della CORLEAP.
Il ricevimento ufficiale che ha segnato il
decimo anniversario degli OPEN DAYS,
svoltosi al Centro per le belle arti (Bozar) di
Bruxelles, è stato inaugurato dal presidente
del CdR Valcárcel Siso e dal commissario
per la Politica regionale Johannes Hahn.
REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012
15
Decima edizione degli OPEN DAYS
L’ex presidente del CdR Albert Bore con l’artista francese Jean-Pierre
Decombat. Per celebrare la decima edizione degli OPEN DAYS, gli organizzatori hanno invitato dieci artisti a illustrare la partecipazione e la
cooperazione delle regioni e delle città europee in qualità di partner
dell’evento dal 2003.
Gli OPEN DAYS rappresentano anche un punto d’incontro
dove i partecipanti possono scambiarsi opinioni e allacciare
nuovi contatti per progetti innovativi.
16
Capitale europea della cultura 2013
Košice (Slovacchia) si prepara
a essere nel 2013 una delle
Capitali europee della cultura
Nel settembre 2008 Košice è stata la prima
città slovacca ad essere insignita del
prestigioso titolo di Capitale europea della
cultura. Essa sarà tale nel 2013, quando
condividerà questo onore con la città
francese di Marsiglia. Košice, situata al
crocevia tra Ungheria, Polonia e Ucraina,
è sempre stata più conosciuta per la sua
importanza nei campi dell’industria pesante
e strategico-militare che per le sue attività
culturali. Ancora oggi il volto e l’anima
di questa città slovacca sono fortemente
segnati dalla sua lunga e complessa storia,
dal retaggio austroungarico fino all’attuale
realtà post-socialista, nonché dalla sua
originale identità multiculturale e dalla sua
ubicazione al confine orientale dell’Unione
europea. L’obiettivo del progetto Capitale
europea della cultura 2013 è sfruttare questa
«posizione di frontiera» per iniziare a creare
una «porta» ideale che, oltre che sull’Europa
centrale e orientale, si apra anche sulle nuove
dimensioni esistenziali e culturali delle nostre
società. «Ritengo che il progetto Capitale
europea della cultura sia importante non
solo per Košice e la sua regione autonoma,
ma anche per l’intera nazione slovacca e per
i paesi vicini», ha dichiarato il sindaco della
città, Richard Raši. Al centro della scelta di
Košice come Capitale europea della cultura
per il 2013 vi è il «Progetto interfaccia», basato
su un programma artistico internazionale
in grado di creare una piattaforma per una
nuova cultura nello spazio cittadino.
Prešov
Žilina
Trenčin
Košice
Banská
Bystrica
Trnava
Bratislava
Košice
Bratislava
Nitra
Košice, nel quale convivono fianco a fianco, in maniera davvero unica, la facoltà delle arti e le facoltà tecniche. Lo sponsor principale del progetto è il gruppo metallurgico U.S. Steel
Košice, il più grande produttore d’acciaio dell’Europa centrale.
Il centro «Parco della cultura/Kasárne» dovrebbe anche fornire un appoggio alle piccole e medie imprese del settore
creativo, oltre ad offrire spazi per attività educative di industrie creative, arte contemporanea e nuovi media.
Ma vi è di più: tra i progetti da attuare per prepararsi a diventare
Capitale della cultura 2013 figurano anche la riqualificazione e
il ripristino di vari parchi cittadini. Quando la riqualificazione in
programma sarà stata ultimata, il parco civico diverrà un attraente spazio pubblico per concerti, spettacoli teatrali, festival di
arte di strada, mostre e altre manifestazioni culturali all’aperto.
Una volta ristrutturato, il parco vedrà ricostruiti i suoi ponti e
sarà dotato di illuminazione pubblica, un laghetto storico, una
fontana e alcune piccole opere architettoniche. Il valore complessivo di questo progetto sfiora i 10 milioni di euro. «Si tratta
«Ritengo che il progetto
Capitale europea della
cultura sia importante
non solo per Košice
e la sua regione
autonoma, ma anche
per l’intera nazione
slovacca e per i paesi
vicini», ha dichiarato
il sindaco della città,
Richard Raši.
Trasformazione urbana
In vista degli eventi da organizzare in quanto Capitale europea della cultura 2013, diverse aree di quella che, per numero
di abitanti, è la seconda città slovacca, subiranno alcune
trasformazioni. Le caserme dismesse (in slovacco «kasárne»)
saranno convertite nel «Parco della cultura», un centro culturale polifunzionale o, più precisamente, un’«interfaccia»
intesa a offrire uno spazio in cui creare e presentare esempi
del più alto livello della cultura e dell’arte contemporanee. Il
nuovo centro costituirà un modello per le istituzioni culturali
cittadine, nonché un nuovo spazio artistico e sociale per l’interazione tra i visitatori e le tendenze più avanzate nel campo
dell’arte e più in generale della creatività. Nel complesso della
Fiera cittadina verrà istituito il nuovo centro multimediale
e interattivo della «Fabbrica creativa». Un progetto, questo,
frutto della collaborazione fra tre istituzioni: l’Università P.J.
Šafárik, l’Accademia slovacca delle scienze e il Politecnico di
REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012
17
Capitale europea della cultura 2013
di un investimento nella riqualificazione di aree di verde pubblico senza precedenti nella storia recente della nostra città»,
ha dichiarato il vicesindaco di Košice, Renáta Lenártová.
Il progetto «Romarising.ke»
I rom sono la seconda minoranza etnica in Slovacchia dopo
gli ungheresi e vivono perlopiù nella parte orientale del paese.
Una delle iniziative più interessanti nell’ambito dell’offerta di
arte contemporanea e nuovi media è il progetto «Romarising.
ke», che mira a presentare la comunità rom di Košice e dintorni come parte integrante della società, grazie a una mostra
fotografica e a un ciclo di dibattiti con rappresentanti di spicco
della comunità, nonché a farne conoscere la storia mediante
una serie di pubblicazioni. Queste ultime serviranno non solo
a migliorare i rapporti tra i rom e il resto della popolazione, ma
anche a presentare al pubblico la comunità rom e a spiegare
in che modo i suoi problemi vengono risolti dai comuni interessati. Il progetto consiste fra l’altro nell’esposizione di celebri
opere del fotografo statunitense Chad Evans Wyatt.
Durante una visita in Cecoslovacchia all’inizio degli anni
novanta, Wyatt si rese conto di come fosse possibile ritrarre i
rom in modo nuovo. All’epoca, infatti, i media e gli stessi artisti
seguivano ancora il modello di Josef Koudelka, ma allontanandosi sempre più dalla visione e dai contenuti ispirati di
quel grande artista: col tempo, gli emuli di Koudelka avevano
finito col dare della vita dei rom un’immagine quasi teatrale,
scadendo nei più vieti stereotipi. I rom che esercitavano professioni qualificate ed erano parte integrante della borghesia
locale erano raramente raffigurati o descritti nella stampa,
anche se la loro presenza era perfettamente visibile. Wyatt,
allora, ha iniziato a scoprire e fotografare i rom che hanno
raggiunto posizioni di prestigio e, grazie alle immagini di
quasi un centinaio di queste persone, cercato di sfatare il pregiudizio secondo cui i rom sarebbero refrattari a ogni istruzione e irresponsabili, e costituirebbero insomma un «caso
disperato». Il progetto «Romarising.ke» è il risultato di questo sforzo. I ritratti di Wyatt, realizzati in bianco e nero, sono
semplici, diretti e rispettosi come non si era quasi mai visto
prima. Wyatt si è ispirato alla filosofia delle opere realizzate
da August Sander all’inizio del XX secolo: sforzarsi di ritrarre
in modo semplice e onesto persone perlopiù sconosciute al
pubblico. Nel suo insieme, la sua opera offre un buon motivo
per essere ottimisti riguardo all’inclusione sociale dei rom e al
pieno superamento di un passato tormentato.
18
Márai è per Košice ciò che Kafka è per Praga
Un altro progetto cruciale per far conoscere il clima multiculturale dell’Europa orientale e la sua identità «di frontiera»
consiste nel ristampare l’opera di Sándor Márai, scrittore
nato a Košice la cui fama ha oltrepassato i confini del suo
paese e dell’intero continente. Márai scrisse quarantasei
libri, perlopiù romanzi, ed è considerato dalla critica letteraria uno dei più autorevoli esponenti della letteratura
borghese tra le due guerre mondiali. Nel romanzo Le braci
(1942), egli esprime una nostalgia per la società multietnica
e multiculturale dell’impero austroungarico che ricorda
quella espressa nelle opere di Joseph Roth, ma anche un
profondo timore esistenziale segnato dall’ascesa del nazismo: «Decidi di leggere, ma è come se la pioggia cadesse
sulle pagine, confondesse le parole: non riesci ad afferrarne
il senso, ascolti il rumore della pioggia. Decidi di suonare il
pianoforte, ma la pioggia siede al tuo fianco, ti fa da accompagnatrice. Poi arriva la siccità, uno scintillio vaporoso. Si fa
presto a diventare vecchi» [S. Márai, Le braci, trad. it. a cura
di Marinella D’Alessandro, Adelphi, Milano 1998]. Per permettere ai lettori di riscoprire questo autore, verrà ristampata una selezione delle sue opere in diciotto volumi. Flóra
Ondová Reiter, responsabile di questo «progetto Márai», ha
dichiarato che esso comprenderà anche una serie di itinerari culturali messi insieme con l’aiuto del Museo della letteratura «Sándor Petőfi» di Budapest. Gli itinerari — nove a
Košice e sei a Budapest — condurranno i visitatori in luoghi
significativi per la vita e l’opera di Márai. «Sono lieto del fatto
che stiamo realizzando con successo diverse iniziative di
cooperazione con i nostri vicini», ha commentato il sindaco
di Košice. La cerimonia di apertura del mandato di Košice
come Capitale europea della cultura è prevista per il 19 gennaio 2013. «Il mio auspicio è che questa occasione offra a
tanti europei l’opportunità di scoprire la nostra città e la sua
regione», ha concluso Richard Raši.
Capitale europea della cultura 2013
Il presidente della EDUC,
Rombouts, invita a porre l’accento
su cultura e creatività
«La Capitale europea della cultura è uno dei programmi UE
dall’esito più positivo e dimostra l’enorme impatto che questo settore può avere sia sulla città stessa, sia sulla regione
circostante»; queste le parole di Anton Rombouts (NL/PPE),
presidente della commissione Istruzione, gioventù, cultura
e ricerca (EDUC) del Comitato delle regioni. Nel suo parere
sul futuro della Capitale europea della cultura, adottato a
febbraio di quest’anno, il CdR ribadisce la necessità di proseguire il programma anche dopo il 2020. «Nel momento
in cui viene presentata la candidatura a Capitale europea
della cultura, la stretta cooperazione tra governo, economia
e imprese è generatrice di crescita».
«I settori culturali e creativi, dai quali dipendono fino al
4,5 % del PIL e fino a 8,5 milioni di lavoratori nell’UE, hanno
dimostrato anche una relativa resistenza all’attuale recessione economica. Le regioni e le città devono continuare
a investire se vogliono uscire dalla crisi», ha proseguito
Anton Rombouts. La proposta di strategia «Valorizzare i
settori culturali e creativi per favorire la crescita e l’occupazione nell’UE» mira a promuovere le condizioni adeguate
per far prosperare i settori culturali e creativi. «Sosteniamo
le iniziative volte a rafforzare la crescita e faremo in modo
che gli enti locali e regionali partecipino alle decisioni», ha
aggiunto il presidente della commissione EDUC.
Rombouts ha inoltre sottolineato la promozione di partenariati più forti tra le diverse politiche e l’impatto sul
bilancio UE all’interno delle proposte della Commissione.
«È importante rammentare che la cultura e la creatività forniscono un importante contributo alla nostra economia.
La politica di coesione dell’UE può sicuramente giocare un
ruolo chiave in questo senso. Inoltre, con una proposta di
bilancio pari a 1,8 miliardi di euro per il programma dell’UE
“Europa creativa”, le regioni e le città possono contribuire al
conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020».
Oltre agli investimenti operati dall’Unione europea, il presidente ha invitato anche le città e le regioni a continuare a
investire nella cultura nei prossimi anni, visti gli effetti che
essa ha sulla crescita economica, la coesione sociale e la
sicurezza.
Anton Rombouts (NL/PPE),
presidente della commissione
EDUC del Comitato delle regioni
Anton Rombouts (NL/PPE),
presidente della commissione EDUC
del Comitato delle regioni
Concorso fotografico del gruppo PSE
«Life 2.0 — Pronti a ricominciare»
La quinta edizione del concorso fotografico del gruppo
PSE, aperto ai cittadini europei dai 18 ai 108 anni e intitolato
quest’anno «Life 2.0 — Pronti a ricominciare», si è conclusa
il 29 novembre con l’assegnazione dei premi alle foto vincitrici nel corso della riunione del gruppo che ha preceduto
la sessione plenaria del CdR. I fotografi dilettanti che hanno
partecipato al concorso, ispirato al tema dell’Anno europeo
2012 dell’invecchiamento attivo e della solidarietà intergenerazionale, hanno inviato circa 350 fotografie con le quali
hanno illustrato la loro visione degli anziani che partecipano
alla vita sociale e sviluppano il loro potenziale. La giuria, presieduta dal membro del gruppo PSE Alain Hutchinson ha
scelto tre foto che sono state premiate con brevi soggiorni
in città europee e con materiale informatico.
Seminario congiunto del PSE e della FEPS
sulla pianificazione urbana sostenibile
Il gruppo PSE del Comitato delle regioni ha organizzato il
21 novembre, in collaborazione con la Fondazione europea di studi progressisti (FEPS), l’ultimo pranzo-dibattito
del 2012 dedicato al tema dello «Sviluppo urbano sostenibile». Uli Paetzel, sindaco di Herten (Germania), ha presentato il «Progetto di sviluppo urbano 2020» della sua città,
REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012
teso a combinare la rivitalizzazione industriale con la sostenibilità e l’attenuazione dei cambiamenti climatici. Al seminario è intervenuto anche l’esponente del PSE e membro
del consiglio comunale di Næstved (Danimarca) Henning
Jensen, che è stato relatore del CdR sui temi legati alla
sostenibilità.
19
La tribuna dei relatori
Il successo della nuova Agenda europea
dei consumatori dipende dall’impegno di tutte
le parti interessate
Spyros Spyridon (EL/PPE),
consigliere della regione Attica
e relatore del CdR sull’Agenda
europea dei consumatori
La spesa per i consumi, pari al 56 % del PIL dell’UE, riflette
l’enorme potere che hanno i consumatori di dare impulso
all’economia europea. Soltanto consumatori emancipati
e fiduciosi possono valorizzare appieno le potenzialità del
mercato unico rafforzando l’innovazione e la crescita. Per
tale motivo, la visione strategica della Commissione europea riguardo alla politica dei consumatori negli anni a venire
intende massimizzare la partecipazione dei consumatori e
accrescere la loro fiducia nel mercato. Imperniata su quattro obiettivi principali, l’Agenda europea dei consumatori
intende creare un clima di fiducia: rafforzando la sicurezza
dei consumatori, facendo opera di informazione, consolidando l’applicazione delle norme e assicurando meccanismi di ricorso nonché allineando i diritti dei consumatori e
le politiche in tema di consumo ai cambiamenti intervenuti
nella società e nell’economia. Essa presenta inoltre diverse
azioni chiave da attuarsi entro il 2014.
Il Comitato delle regioni accoglie con favore l’approccio
globale adottato dalla Commissione europea nella sua
comunicazione sull’Agenda europea dei consumatori. A
mio avviso, tuttavia, nella proposta della Commissione sembra mancare la dimensione locale e regionale. Gli enti locali
e regionali hanno certamente bisogno degli strumenti più
appropriati per la difesa dei consumatori, nella misura delle
loro competenze. Oltre ad essere loro stessi consumatori,
tali enti sono infatti regolarmente chiamati a dare applicazione alla politica dei consumatori e a fare opera di informazione in materia. È il caso soprattutto delle regioni che
presentano svantaggi geografici o demografici permanenti.
Analogamente, i consumatori residenti nelle zone periferiche e scarsamente popolate incontrano difficoltà di accesso
ai mercati, dispongono di una scelta limitata e non possono
esercitare prontamente i loro diritti.
Estremamente importanti sono anche le conseguenze della
crisi economica sul comportamento dei consumatori. Poiché questi ultimi potrebbero preferire il prezzo alla qualità,
le autorità pubbliche sono tenute a informarli dei loro diritti
e a sincerarsi del rispetto delle norme in materia di sicurezza
e garanzie, compreso, se necessario, il diritto di ricorso. D’altro canto, per offrire un servizio più efficace ai consumatori,
anche i produttori e i dettaglianti devono essere tenuti adeguatamente informati riguardo ai loro obblighi. Io, da parte
mia, ho sottolineato l’importanza, altresì, di educare tutti i
cittadini ai loro diritti in quanto consumatori.
Vorrei infine richiamare l’attenzione su uno strumento indispensabile nel mercato di oggi — Internet — e in particolare sulla sua sicurezza, specialmente per i soggetti più vulnerabili della società, ad esempio i giovani e le persone con
difficoltà di accesso a Internet, come gli anziani e le popolazioni delle zone remote. Il successo della nuova Agenda
europea dei consumatori dipende dall’impegno di tutte le
parti interessate. I responsabili politici europei, nazionali,
regionali e locali, i professionisti e le organizzazioni di consumatori devono tutti essere dotati degli strumenti necessari
per collaborare in maniera efficace al rafforzamento delle
conoscenze e della fiducia tra produttori e consumatori.
Spyros Spyridon (EL/PPE),
consigliere della regione Attica e relatore
del CdR sull’Agenda europea dei consumatori
Dobbiamo garantire che la legislazione europea tuteli
adeguatamente i lavoratori distaccati sotto il profilo
della sicurezza sociale e delle norme del lavoro
Alain Hutchinson (BE/PSE),
membro del Parlamento
della regione Bruxelles-Capitale
L’Unione europea deve rimediare alla mancanza di chiarezza ed eliminare gli ostacoli che nuocciono alla libera prestazione di servizi tutelando in modo più efficace i lavoratori
distaccati, rafforzando la certezza giuridica e agevolando
la ricerca di informazioni sulle condizioni di lavoro nello
Stato membro in cui il lavoratore presta la propria opera. Il
progetto di parere da me elaborato in merito alla proposta
di direttiva della Commissione sul distacco dei lavoratori
nell’ambito di una prestazione di servizi verte principalmente sul problema posto dal numero crescente di lavoratori distaccati vittime di dumping sociale nell’UE, i quali
spesso vengono assunti solo per essere distaccati.
Occorre fare in modo che la legislazione europea tuteli adeguatamente questa categoria di lavoratori sotto il profilo
della sicurezza sociale e delle norme del lavoro. Oltre a proporre una serie di emendamenti al testo della Commissione,
il progetto di parere chiede a quest’ultima di affrontare nella
nuova direttiva il problema dei lavoratori distaccati da paesi
terzi, e la esorta ad inserirvi una clausola — detta «di non
regresso» — per garantire che il recepimento della direttiva
non comporti una riduzione del livello di tutela più elevato
previsto dalla legislazione di singoli Stati membri. Quanto
più i principi guida della direttiva saranno definiti con chia-
20
rezza e accuratezza, tanto più sarà possibile una corretta
attuazione delle sue disposizioni a tutti i livelli di governo.
Le regioni, in particolare quelle frontaliere, dovrebbero svolgere un ruolo più incisivo nel quadro della cooperazione tra
autorità pubbliche di paesi diversi.
Nel testo da me predisposto plaudo al fatto che la Commissione abbia deciso di ritirare la proposta di regolamento
«Monti II», nella quale a mio giudizio — ma anche secondo
ben 12 parlamenti nazionali — si poteva ravvisare una violazione del principio di sussidiarietà. Dal momento che il
ritiro della proposta apre un vuoto giuridico nella legislazione dell’UE, è auspicabile la presentazione di una nuova
proposta legislativa della Commissione in cui i diritti sociali
fondamentali vengano considerati preminenti sulle libertà
economiche. In sede di esame del parere durante la plenaria di novembre presenterò una nuova serie di emendamenti legislativi, insistendo in particolare sulla necessità di
limitare il numero dei livelli di subappalto per i lavoratori
distaccati.
Alain Hutchinson (BE/PSE),
membro del Parlamento della regione Bruxelles-Capitale
La tribuna dei relatori
Un più ampio margine decisionale
per i comuni nella modernizzazione
delle norme UE in materia di aiuti di Stato
Nella comunicazione dell’8 maggio 2012 la Commissione
ha presentato il suo piano di modernizzazione del diritto UE
in materia di aiuti di Stato, con l’obiettivo di migliorare l’applicabilità delle procedure garantendo così una maggiore
sicurezza giuridica. Inoltre, la Commissione si prefigge di
concentrare l’applicazione delle norme sui casi più rilevanti.
Nel mio parere chiedo innanzitutto che, nell’attuazione
di questi condivisibili obiettivi, venga innalzata la soglia
generale de minimis. Di conseguenza, anche la soglia de
minimis per i servizi di interesse economico generale (SIEG)
dovrebbe essere innalzata. A questo proposito va considerato che, di norma, i servizi di natura essenzialmente locale
non producono alcun effetto sul mercato interno e dovrebbero quindi essere esonerati.
Chiedo inoltre che vengano meglio concretizzate le
diverse fattispecie, poiché le disposizioni degli articoli 106
e seguenti del trattato sul funzionamento dell’Unione
europea sono spesso molto difficili da attuare, soprattutto
per gli enti locali e regionali. E quindi, oltre al concetto di
«impresa», è necessario definire in modo più dettagliato
anche quello di «pregiudizio al commercio tra Stati membri». Ciò avrebbe come diretta conseguenza la riduzione
dei procedimenti giudiziari e quindi un notevole alleggeri-
mento del carico di lavoro, sia per il livello comunale sia per
la stessa Commissione.
Il regolamento generale di esenzione per categoria, come
pure il regolamento di abilitazione del Consiglio, dovrebbe
essere esteso anche a settori quali la sanità, il sociale, l’istruzione e la connessione a banda larga. Le attività in questi
campi sono principalmente di natura non commerciale e
quindi, in base agli obiettivi della Commissione, dovrebbero
essere esonerate dall’obbligo di notifica. Infine, lo stesso
principio dovrebbe valere per le misure di prevenzione
delle malattie degli animali.
Clemens Lindemann (DE/PSE),
presidente del distretto
di Saarpfalz
La successiva verifica della compatibilità degli aiuti da parte
degli Stati membri non dovrebbe richiedere alcuna nuova
verifica da parte della Commissione finalizzata a un effettivo trasferimento di competenze. Inoltre, sono contrario
all’inclusione, da parte della Commissione, di ulteriori criteri
di qualità e di efficienza nella verifica. La scelta dell’impresa
operativa dovrebbe spettare al soggetto che eroga l’aiuto,
nel rispetto del principio dell’autonomia locale.
Clemens Lindemann (DE/PSE),
presidente del distretto di Saarpfalz
Sostanze prioritarie nel settore
della politica delle acque
Nessuno vorrebbe che le prossime generazioni si trovassero ad
affrontare problemi o malattie dovuti all’inquinamento idrico.
Tuttavia, sono sempre di più le sostanze chimiche, anche farmaceutiche, che vengono rilasciate nell’ambiente. Particolarmente preoccupante è il fatto che in molti luoghi non si sappia con certezza se l’ambiente acquatico contenga quantità
significative di sostanze pericolose. Lo sviluppo dell’industria
porta all’impiego di sostanze chimiche sempre nuove, che,
se immesse nell’ambiente, possono deteriorare la qualità
delle acque superficiali e risultare dannose anche per la salute
umana. Tali sostanze non scompaiono né si dissolvono da
sole nell’acqua, ma si accumulano nell’ambiente, provocando
mutazioni genetiche nella flora e nella fauna acquatiche.
L’elenco delle 33 sostanze attualmente definite «prioritarie»
comprende un’ampia gamma di sostanze chimiche per uso
industriale o agricolo (pesticidi) nonché di metalli o composti metallici. In seguito a una proposta della Commissione
europea è stato avviato un lavoro tecnico di riesame dell’elenco, risalente al 2007, delle sostanze considerate «prioritarie» o «prioritarie pericolose» nel settore della politica delle
acque; adesso la direttiva sulle sostanze prioritarie connesse
con la qualità dell’acqua viene aggiornata aggiungendo
all’elenco di controllo 15 nuove sostanze, tra cui sostanze
chimiche industriali o utilizzate per biocidi, farmaci e pesticidi. La scelta di includere anche tali sostanze si fonda sulla
dimostrazione scientifica che esse possono rappresentare
un rischio notevole per la salute. Tra gli obiettivi ambientali
della direttiva quadro in materia di acque figurano il conseguimento di un buono stato chimico ed ecologico per le
acque sotterranee e di superficie, come pure la prevenzione
di ogni ulteriore deterioramento dei corpi idrici.
Il progetto di parere del Comitato delle regioni sul tema
«Sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque»
contiene tutta una serie di proposte formulate in funzione
dei bisogni degli enti locali e regionali. Così, ad esempio, la
REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012
proposta della Commissione prevede che il monitoraggio
delle sostanze inserite nell’elenco di controllo di cui al nuovo
articolo 8 ter della direttiva 2008/105/CE debba iniziare molto
rapidamente dopo l’iscrizione della sostanza da monitorare in
tale elenco. Poiché, però, gli Stati membri non dispongono di
informazioni sufficienti sui dettagli di questo futuro monitoraggio, appare assai difficile che in soli tre mesi possano predisporre un bilancio, garantire il finanziamento, commissionare
i lavori, prelevare campioni e analizzarli secondo la metodologia appropriata. Il Comitato propone allora che il monitoraggio possa iniziare 12 mesi dopo l’iscrizione della sostanza
nell’elenco di controllo. E formula poi anche altre proposte,
ad esempio riguardo all’esigenza di informare i cittadini o di
formare degli esperti nell’ambito degli enti locali e regionali,
considerato che tali enti contribuiscono in misura fondamentale a conservare in buono stato l’ambiente acquatico.
Urve Erikson (EE/AE),
consigliere comunale
di Tudulinna
Non vi è dubbio che un monitoraggio più efficace comporterà spese supplementari per gli Stati membri; tuttavia, se
si continua a rinviare la soluzione del problema della concentrazione di sostanze pericolose, in futuro la spesa per
garantire la qualità delle acque sarà molto più elevata. La
proposta è in linea con il punto 6.1.2 del piano d’azione
ambientale adottato dall’Estonia, il cui obiettivo è far sì che
le acque di superficie (comprese quelle costiere) e sotterranee siano di buona qualità e quelle che sono già di buona o
di ottima qualità restino tali.
L’inquinamento idrico è in larga misura un fenomeno transfrontaliero. Complessivamente, i bacini idrografici coprono
il 60 % del territorio dell’UE. Dato che gli obiettivi delle
misure proposte sono, per caratteristiche, portata ed effetti,
tali da non poter essere realizzati nella misura necessaria dai
singoli Stati membri e da essere meglio raggiungibili a livello
europeo, la proposta della Commissione è conforme al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato UE. La
proposta, inoltre, non va al di là di quanto è necessario per
21
La tribuna dei relatori
conseguire tali obiettivi, risultando così conforme anche al
principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
Oltre a una protezione dell’ambiente acquatico più ampia,
essa garantisce pari condizioni di concorrenza rispetto al
passato, quando soltanto pochi Stati membri fissavano
norme di qualità ambientale o tali disposizioni nazionali
erano estremamente diverse tra loro.
i paesi e le regioni che avranno profuso un forte impegno a
favore della protezione dell’ambiente acquatico. Essi, infatti,
dovranno sostenere spese inferiori per garantire un buon
livello qualitativo dell’acqua rispetto a quelli in cui oggi non si
fa abbastanza per raggiungerlo. In tutta l’UE le sostanze pericolose rappresentano un grave rischio per l’ambiente acquatico,
cosicché in materia di protezione delle acque, e più in generale
dell’ambiente, non deve essere fatta alcuna concessione.
In un contesto globale in cui le risorse idriche sono sempre più
scarse, in futuro a trovarsi in una situazione migliore saranno
Urve Erikson (EE/AE),
consigliere comunale di Tudulinna
La Commissione europea accoglie con favore il parere
sul tema «Il partenariato europeo per l’innovazione:
produttività e sostenibilità dell’agricoltura»
Anne Bliek-de Jong (NL/ALDE),
relatrice del parere sul tema
«Il partenariato europeo
per l’innovazione: produttività
e sostenibilità dell’agricoltura»
Durante la tavola rotonda svoltasi il 1º ottobre scorso in occasione della riunione della commissione Risorse naturali (NAT),
il rappresentante della Commissione europea ha annunciato
una notizia importante: la Commissione intende reagire positivamente alla parte più significativa del parere. La Commissione assegnerà infatti al Comitato delle regioni un posto nel
comitato direttivo ad alto livello del partenariato europeo per
l’innovazione e uno nel gruppo Sherpa che avrà il compito di
sostenere il comitato direttivo. Questa decisione consentirà
alle regioni di esprimere pienamente il loro valore aggiunto.
Cosa che del resto desiderano fare e che è nel loro interesse.
Mi fa piacere che la Commissione faccia ciò che dice, il che
è in linea con i requisiti che essa impone agli Stati membri
che devono stipulare un contratto di partenariato con essa:
l’attuazione delle politiche europee può avere successo soltanto se anche i soggetti regionali fanno proprie tali politiche. Le regioni, in realtà, possono già svolgere un ruolo attivo
partecipando alla pianificazione e al finanziamento dei programmi nazionali di sviluppo rurale, contribuendo alla rete di
sviluppo rurale e sostenendo la creazione di gruppi operativi
nel proprio territorio. Ora però, grazie all’impegno della Commissione, le regioni potranno partecipare anche alla gestione
del processo e collaborare strettamente con la rete del partenariato europeo per l’innovazione. Si tratta di un passo avanti
importante.
Il partenariato europeo per l’innovazione nell’agricoltura,
come quelli relativi ad altri settori, mira a tradurre più rapidamente le innovazioni in realtà concreta. In questo contesto,
l’obiettivo centrale è quello di produrre di più o in altro modo,
ma con un minore utilizzo delle risorse naturali, quali l’acqua e
l’energia, e con un minore impatto sul suolo e sull’ambiente.
A tal fine è necessario che i decisori politici e i poteri pubblici,
le imprese del settore agroalimentare e i centri di conoscenza
collaborino più strettamente tra loro; il divario esistente tra
la scienza, i bisogni della società e il rendimento economico
è infatti eccessivo. Il partenariato europeo per l’innovazione
facilita il processo e contribuisce ai suoi costi. Sul piano pratico, le risorse provengono dal secondo pilastro della politica
agricola comune e dal fondo rurale; per quanto riguarda la
ricerca, è prevista una dotazione di 4,1 miliardi di euro nel
quadro del programma «Orizzonte 2020». Un buon esempio
è rappresentato dal progetto «Dairyman», nel cui quadro i
produttori di latte, i centri di conoscenza e i decisori politici di
tutta Europa si scambiano know-how ed esperienze e hanno
già messo a punto delle soluzioni in materia di gestione
aziendale, benessere degli animali, impatto ambientale e
comunicazione con il consumatore.
Anne Bliek-de Jong (NL/ALDE),
relatrice del parere sul tema «Il partenariato europeo per
l’innovazione: produttività e sostenibilità dell’agricoltura»
L’Europa deve premere l’acceleratore
sulla strada della bioeconomia
Rogier van der Sande
(NL/ALDE),
relatore del CdR sul tema
«L’innovazione per una crescita
sostenibile: una bioeconomia
per l’Europa»
22
L’Europa ha bisogno quindi di una tabella di marcia per la
bioeconomia che lasci spazio anche alle iniziative regionali
e locali. È con questo appello che van der Sande, membro
della giunta provinciale dell’Olanda meridionale e relatore
della commissione Istruzione, gioventù, cultura e ricerca
(EDUC), ha presentato il suo progetto di parere sul tema della
bioeconomia. Il progetto di parere dal titolo «L’innovazione
per una crescita sostenibile: una bioeconomia per l’Europa»
è stato accolto favorevolmente da tutti i membri della commissione competente (EDUC) e adottato all’unanimità, seppure con qualche distinguo. La bioeconomia è un’economia
nella quale i residui dell’industria agroalimentare e alcuni tipi
di piante vengono utilizzati per applicazioni non alimentari.
Un’economia, quindi, nella quale queste materie prime verdi
(ossia biomassa) vengono utilizzate come materiali, sostanze
chimiche, carburante da autotrazione e per la produzione di
energia (elettricità e calore). Questa transizione da un’economia a base fossile dal punto di vista delle materie prime
e dell’energia a un’economia basata sull’impiego di risorse
biologiche costituisce una grande sfida.
guendo una visione comune. Questo approccio potrà dare
impulso all’economia e generare numerosi posti di lavoro. La
cooperazione tra i soggetti coinvolti è ancora scarsa ed è lì
che dobbiamo intervenire. L’Europa deve assumere un ruolo
guida e soprattutto di coordinamento per ottimizzare l’offerta e la domanda di biomassa. Sono necessari un approvvigionamento sicuro di prodotti a base biologica sostenibili e
di qualità e sistemi di produzione efficaci nell’impiego delle
risorse. In questo quadro è importante tenere conto della
dimensione regionale. Sulla base di colloqui con rappresentanti del mondo delle imprese, dell’industria e dei poteri
pubblici, il relatore constata inoltre che l’Europa ha bisogno
di una tabella di marcia. Visto che la Cina e gli Stati Uniti
d’America sostengono attivamente le iniziative di mercato,
l’Europa deve fare attenzione a non perdere il treno. Per tradurre le iniziative regionali in raggruppamenti di dimensioni
mondiali capaci di preservare la competitività dell’Europa
sono necessari anche la cooperazione transnazionale e la
creazione di un contesto ottimale.
Affinché il settore basato sull’impiego di risorse biologiche
possa svilupparsi appieno è necessario che le imprese, i
ricercatori e i poteri pubblici agiscano di conserva perse-
Rogier van der Sande (NL/ALDE),
relatore del CdR sul tema «L’innovazione per una crescita
sostenibile: una bioeconomia per l’Europa»
La tribuna dei relatori
Pierre Maille prende le difese
del nuovo fondo europeo per la pesca
Pierre Maille (FR/PSE), presidente del
consiglio generale del dipartimento
di Finistère, è il relatore del parere del
Comitato delle regioni sulla proposta della
Commissione europea di creare un nuovo
Fondo europeo per gli affari marittimi e la
pesca (FEAMP). Il parere è stato adottato
nella sessione plenaria del Comitato del
9 e 10 ottobre. Pierre Maille ci parla delle
principali questioni sul tappeto.
Il nuovo fondo è volto a sostenere gli obiettivi ambientali, economici e sociali della politica comune della
pesca (PCP). Secondo lei, quali sono le misure che
vanno nella giusta direzione?
Innanzitutto bisogna apprezzare la volontà della Commissione europea di mantenere una politica comune della
pesca ambiziosa, con uno strumento finanziario rinnovato
che adesso abbraccia anche la politica marittima integrata.
Mi sembrano particolarmente importanti le misure che permettono ai pescatori di partecipare alla protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi marini, oltre che
ai dispositivi che contribuiscono alla lotta contro il riscaldamento climatico e l’inquinamento.
quelli della politica di coesione. Inoltre deploro la soppressione totale delle misure di adeguamento della flotta, dal
momento che il rispetto dei nuovi obiettivi della PCP, in particolare il conseguimento progressivo del rendimento massimo sostenibile, comporterà necessariamente dei disarmi o
il finanziamento di fermi temporanei.
Per alcuni Stati membri dell’Unione e per qualche loro
regione, la pesca rappresenta un settore molto sensibile. Secondo lei, quali sono gli ostacoli principali?
Le difficoltà riguardano principalmente l’obbligo, imposto a
ciascuno Stato membro di introdurre concessioni di pesca
trasferibili, il divieto immediato dei rigetti in mare e il raggiungimento del rendimento massimo sostenibile già dal
2015.
Il relatore del CdR sulla riforma della politica comune
della pesca, Mieczysław Struk, ha chiesto una maggiore
regionalizzazione di questa politica. Lei ritiene che il
pacchetto di misure proposte dalla Commissione dia
troppo poca considerazione agli enti locali e regionali?
Le regioni hanno un ruolo da svolgere nel quadro della
nuova riforma della PCP, al pari dei consigli consultivi regionali. È opportuno che la Commissione europea e gli Stati
membri lascino più spazio a questi organismi.
Quali sono invece le misure previste dal nuovo dispositivo che, secondo lei, andrebbero migliorate? Il sostegno finanziario previsto è sufficiente per assicurare il
passaggio a una pesca sostenibile e per aiutare i pescatori ad affrontare le conseguenze finanziarie della
riforma?
Come presidente del dipartimento di Finistère sulla
costa atlantica francese, lei è molto impegnato nella
conservazione e valorizzazione del tessuto portuale e
costiero. Ritiene che il nuovo fondo, così come è proposto, sia in grado di contribuire al raggiungimento di
questo obiettivo?
Propongo di respingere le misure tese a mettere in rapporto gli interventi della politica di coesione a favore di
una regione con il rispetto del patto di stabilità e crescita
da parte dello Stato a cui quella regione appartiene: la condizionalità macroeconomica risponde a obiettivi diversi da
Gli enti locali vogliono preservare la pesca costiera delle
nostre regioni e c’è una forte esigenza di manutenzione e
ammodernamento delle infrastrutture portuali. Spero che
la dotazione del fondo e il relativo regolamento permetteranno di far fronte a questa esigenza.
Il Fondo europeo per la pesca
(FEP) fornisce finanziamenti
all’industria della pesca e alle
comunità costiere per aiutarle
a adattarsi ai cambiamenti
del settore e a diventare più
resistenti economicamente e più
sostenibili ecologicamente. Il FEP
ha a disposizione un bilancio di
4,3 miliardi di euro per il 2007-2013.
I finanziamenti possono essere
concessi a tutti i settori dell’industria:
pesca marittima e interna,
acquacoltura (ossia l’allevamento
di pesce, molluschi e crostacei e
REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012
Pierre Maille (FR/PSE),
presidente del consiglio
generale del dipartimento
di Finistère
piante acquatiche) e lavorazione e
commercializzazione dei prodotti
della pesca. Un’attenzione
particolare è riservata alle comunità
di pescatori più colpite dai recenti
cambiamenti del settore. I progetti
sono finanziati in base a piani
strategici e programmi operativi
definiti dalle autorità nazionali.
Il nuovo Fondo europeo per gli
affari marittimi e la pesca (FEAMP)
contribuirà a realizzare gli ambiziosi
obiettivi della riforma della politica
della pesca europea e aiuterà i
pescatori a riconvertirsi alla pesca
sostenibile e le comunità costiere a
diversificare le rispettive economie.
Il fondo finanzierà progetti che
creano nuovi posti di lavoro e
migliorano la qualità della vita lungo
le coste europee. Esso sostituirà
l’attuale Fondo europeo per la
pesca e una serie di altri strumenti.
La dotazione finanziaria proposta
ammonta a 6,5 miliardi di euro per
il periodo 2014-2020.
Per saperne di più:
http://ec.europa.eu/fisheries
23
Notizie brevi e immagini
La CORLEAP chiede un reale
decentramento e l’autonomia
finanziaria delle città e delle regioni
nei paesi del partenariato orientale
Su invito di Dorin
Chirtoacă, sindaco di
Chişinău (Moldova)
e copresidente della
CORLEAP, si è svolta
la seconda riunione
annuale della
conferenza. Per la prima
volta dalla creazione
di questa piattaforma,
la CORLEAP si è riunita
fuori dall’Unione
europea, in un paese
del partenariato
orientale. La riunione si
è aperta alla presenza
di Kristalina Georgieva,
commissaria europea
per la Cooperazione
internazionale, e di
Ramón Luis Valcárcel
Siso, presidente del CdR
e copresidente della
CORLEAP.
24
Lo scorso 18 settembre, alcuni sindaci e
responsabili politici regionali dell’UE e dei
paesi vicini dell’Est europeo hanno preso
parte alla seconda riunione annuale della
conferenza degli enti regionali e locali
del partenariato orientale (CORLEAP),
svoltasi a Chişinău (Moldova) alla presenza
di Kristalina Georgieva, commissario
europeo responsabile della Cooperazione
internazionale, degli aiuti umanitari e della
risposta alle crisi. I membri della CORLEAP
hanno deciso la futura strategia da seguire,
le cui linee d’azione prioritarie sono la
riforma della pubblica amministrazione, il
decentramento in materia di bilancio e la
cooperazione regionale.
Quella del 18 settembre è stata la seconda riunione della
CORLEAP, organizzata su invito di Dorin Chirtoacă, sindaco
di Chişinău e co-presidente della conferenza. Per la prima
volta dalla creazione di questa piattaforma, la CORLEAP si è
riunita in uno dei paesi del partenariato orientale non appartenente all’UE. Nel corso della riunione, i membri hanno
potuto discutere il contributo delle città e delle regioni allo
sviluppo del partenariato orientale dell’UE ed esaminare le
sfide in corso, in particolare lo stato attuale del processo
di decentramento, senza tuttavia trascurare la questione
essenziale relativa al decentramento in materia di bilancio.
Nel suo discorso introduttivo, Ramón Luis Valcárcel Siso,
presidente del CdR e co-presidente della CORLEAP, ha sottolineato che una maggiore autonomia politica e finanziaria degli enti regionali e locali è un fattore importante per
il corretto funzionamento della governance multilivello. La
CORLEAP dovrebbe rappresentare uno strumento comune
per la realizzazione di questo obiettivo. L’esigenza di un
decentramento in materia di bilancio dei paesi del partenariato orientale deve essere adeguatamente presa in considerazione, dato che un’autonomia finanziaria insufficiente
potrebbe impedire alle città e alle regioni di questi paesi di
sfruttare appieno le loro potenzialità. «Dovremmo inoltre
essere in grado di creare delle possibilità di finanziamento
per migliorare l’efficienza delle amministrazioni regionali
e locali nei paesi vicini dell’Est», ha dichiarato il presidente
del CdR. «Per questo motivo siamo favorevoli ad un accesso
diretto alle risorse previste a titolo degli strumenti europei
per il finanziamento della politica del partenariato orientale».
Nell’illustrare lo stato di avanzamento del partenariato
orientale dell’UE, Kristalina Georgieva, commissario europeo
per la Cooperazione internazionale, gli aiuti umanitari e la
risposta alle crisi, ha affermato che l’Unione nutre un profondo interesse per il partenariato orientale e ha sostenuto
che un aspetto ancor più importante di detto partenariato
è costituito dalla sua dimensione regionale. A suo avviso, gli
enti territoriali rappresentano il canale di trasmissione più
Notizie brevi e immagini
adeguato per le esigenze e le aspettative dei cittadini. La
CORLEAP è un forum caratterizzato da una grande diversità,
ricco di esperienza e concentrato su azioni e risultati concreti. I suoi membri sono tra i soggetti più indicati per far sì
che il partenariato orientale sia all’altezza delle sue potenzialità.
Intervenendo anch’egli nel corso della sessione inaugurale, Dorin Chirtoacă ha fortemente insistito sulla necessità
di portare a buon fine il decentramento amministrativo e
finanziario e di poter disporre di un accesso diretto ai fondi
europei. «Gli strumenti esistenti non bastano a garantire
una partecipazione effettiva dei paesi del partenariato
orientale, e soprattutto degli enti locali, al processo d’integrazione europea. È nostra intenzione proporre un approccio che dia alla CORLEAP i mezzi adeguati per promuovere
la democrazia locale, la conformità alle norme europee e il
ravvicinamento dei nostri paesi partner dell’UE».
Il vice primo ministro della Moldova Mihai Moldovanu ha
fatto riferimento all’adozione di una strategia nazionale per
il decentramento e ha affermato che il governo è ben deciso
ad attuare un processo di decentramento efficace facendo
al tempo stesso in modo che gli enti territoriali dispongano
di fonti di finanziamento proprie.
L’ufficio di presidenza della CORLEAP, che si è riunito prima
della conferenza, ha definito tre grandi priorità, ossia: la
riforma della pubblica amministrazione, il decentramento in
materia di bilancio e la cooperazione territoriale. Tali priorità
formeranno oggetto di una relazione che sarà presentata nel
corso della prossima riunione della CORLEAP, che dovrebbe
svolgersi in Lituania, paese che presiederà l’Unione europea
nel secondo semestre del 2013. La riunione del 2013 rappresenta una tappa importante nello sforzo volto a conferire
una dimensione locale e regionale al partenariato orientale
e a garantire il sostegno e l’attenzione da parte dei decisori
politici nella prospettiva del terzo vertice dei capi di Stato o
di governo del partenariato orientale, che si terrà a Vilnius
nel novembre 2013.
La CORLEAP ha inoltre adottato una serie di conclusioni
nelle quali i suoi membri reclamano una maggiore autonomia politica e finanziaria degli enti territoriali e si impegnano a seguire da vicino gli sforzi di decentramento e di
deconcentramento nei paesi del partenariato orientale. La
CORLEAP intende inoltre contribuire alla formazione dei
poteri locali e regionali dei paesi partner al fine di potenziare le capacità a livello locale. Propone infine che agli enti
territoriali dei paesi del partenariato orientale venga dato
accesso diretto agli adeguati strumenti finanziari (europei
e nazionali), e chiede di limitare o addirittura di eliminare le
esigenze in materia di co-finanziamento imposte agli enti
locali nel quadro dei programmi di aiuti dell’UE.
La CORLEAP, creata nel 2011 dal Comitato delle regioni
per introdurre una dimensione regionale e locale nel partenariato orientale dell’UE, riunisce 36 responsabili politici
regionali e locali, per metà provenienti dai sei paesi del
partenariato orientale (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia,
Georgia, Moldova e Ucraina) e per l’altra metà membri del
CdR. Tramite il coinvolgimento dei livelli di governo locale
e regionale nella realizzazione del partenariato orientale
dell’UE, il CdR persegue due obiettivi: contribuire al rafforzamento dell’autonomia locale e regionale nei paesi partner e
avvicinare il partenariato orientale ai cittadini.
La cooperazione tra
l’Unione europea e i
partner dell’Europa
orientale — Armenia,
Azerbaigian, Bielorussia,
Georgia, Moldova e
Ucraina — è un tassello
importante delle
relazioni esterne dell’UE.
Quanto più elevato è il
grado di avvicinamento
dei partner orientali
all’Unione, tanto
maggiori sono le
opportunità di rinsaldare
i legami politici,
economici e culturali con
l’Unione europea e tra
loro stessi.
REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012
25
Notizie brevi e immagini
L’UE riceve il premio Nobel per la pace
«L’Unione e i suoi precursori hanno dato per oltre sessant’anni un contributo a favore della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa», si
legge nella motivazione del comitato per il premio Nobel del
12 ottobre scorso. Il comitato ha riconosciuto che l’UE attraversa oggi una fase tormentata, dal momento che le carenze
dell’euro sul piano economico hanno precipitato l’intero
continente nella più grave recessione degli ultimi 80 anni.
Tuttavia, esso «ha voluto dare un riconoscimento al significativo impulso esercitato dal progetto europeo in favore della
pace e della democrazia non solo in Europa ma in tutto il
mondo. Dobbiamo ricordare che i principi fondatori dell’Unione europea sono la libertà, la lotta all’esclusione sociale,
la promozione della giustizia, il rispetto della dignità e dei
diritti umani e il rafforzamento della coesione», ha dichiarato
il presidente del CdR Ramón Luis Valcárcel Siso.
Questi principi fondamentali sono importanti oggi proprio
come sessant’anni fa e formano parte integrante di una
coscienza europea diffusa in ogni settore della società. In
origine frutto di un conflitto, questi principi guida sono ora
ben saldi e costituiscono le fondamenta della memoria e
del patrimonio collettivi di noi europei: sono i valori condivisi da migliaia di enti locali e regionali, valori che contribuiscono a tracciare un cammino comune verso una maggiore
coesione economica, sociale e territoriale.
«Prima di ogni altra cosa, il Nobel per la pace conferisce alle
istituzioni europee una responsabilità ancora maggiore.
Abbiamo il dovere di continuare a lavorare insieme per evitare i conflitti tra paesi e tra continenti, e per favorire la cooperazione al di là delle frontiere tra regioni, città e comunità
locali, sia dentro che fuori dall’UE. Dobbiamo inoltre proseguire i nostri sforzi per promuovere la pace e la democrazia
difendendo lo stato di diritto a ogni livello di governo. La via
europea consiste nel favorire la pace e lo sviluppo, una via
praticabile grazie alla partecipazione di milioni di cittadini
e alla stretta collaborazione di centinaia di rappresentanti
locali e regionali democraticamente eletti, che giorno dopo
giorno costruiscono nuovi ponti tra i popoli, le economie e
le culture. Oggi noi europei possiamo essere orgogliosi di
far parte di un progetto politico che rappresenta un punto
di riferimento per quanti operano a favore della pace in
tutto il mondo», ha concluso Valcárcel Siso.
La disoccupazione giovanile al centro di
una conferenza del CdR su Europa 2020
Il Comitato delle regioni (CdR) sta organizzando per il
13 dicembre una conferenza sulla strategia Europa 2020
dedicata al tema «Youth on the Move» (Gioventù in movimento). Si tratta della prima di una serie di sette conferenze
sulle iniziative faro della strategia UE con le quali il CdR si
fa promotore di una valutazione «dal basso» di tutte queste iniziative faro. La conferenza su «Youth on the Move»
è organizzata il collaborazione con le direzioni generali
Occupazione, affari sociali e inclusione e Istruzione e cultura della Commissione europea e con le associazioni
europee degli enti locali e regionali, i quali sono in prima
linea nell’affrontare la sfida della disoccupazione giovanile
nell’Unione europea.
La conferenza offrirà una vetrina per le buone pratiche in
fatto di lotta alla disoccupazione giovanile e fungerà da
piattaforma per la preparazione del contributo del CdR alla
valutazione intermedia della strategia Europa 2020. Come
ha affermato il presidente del CdR Ramón Luis Valcárcel
Siso, «puntiamo a un mercato del lavoro inclusivo, perché i
nostri giovani devono poter credere in una prospettiva per
il futuro e nella possibilità concreta di un lavoro». Nell’UE,
dall’inizio della crisi a questa parte la disoccupazione dei
giovani tra i 15 e i 24 anni è aumentata del 50 %, passando
da una media del 15 % nel febbraio 2008 al 22,5 % nel luglio
di quest’anno. Stando alle ultime cifre, pubblicate da Eurostat nel settembre 2012, i tassi più elevati si registrano in
Grecia (53,8 %) e in Spagna (52,9 %). Nell’insieme dell’UE più
del 30 % dei giovani disoccupati è senza lavoro da più di
un anno.
All’orizzonte, però, si intravedono segnali di speranza: la
relazione UE sulla gioventù 2012 constata che quasi tutti
gli Stati membri stanno attuando la strategia UE per la gioventù, volta a creare maggiori e migliori opportunità per i
giovani e a promuovere la cittadinanza attiva, l’inclusione
sociale e la solidarietà. Dalla precedente relazione, pubblicata nel 2009, gli Stati membri hanno rafforzato le iniziative per l’istruzione, l’occupazione e l’imprenditorialità
rivolte a questa fascia della popolazione. I livelli di partecipazione dei giovani alle associazioni e ai movimenti sociali
rimangono elevati. «Erasmus per tutti», il neoproposto programma per l’istruzione, la formazione e la gioventù per il
periodo 2014-2020, sarà al centro della nuova strategia UE
per la gioventù. Esso prevede un aumento significativo dei
finanziamenti, che consentirà fino a 5 milioni di persone di
ricevere borse UE per studiare, seguire una formazione o
fare volontariato all’estero: un numero di beneficiari quasi
doppio rispetto a quelli dei programmi attuali, relativi al
periodo 2007-2013.
26
A voi la parola
Cooperazione decentrata nel quadro
del progetto «Global Curriculum»
È con grande interesse che abbiamo letto l’articolo
sulla cooperazione decentrata tra Belgio e Marocco
pubblicato nell’ultimo numero di Regioni e città d’Europa. A questo proposito vorremmo condividere anche
la nostra esperienza, maturata nell’ambito del progetto
dell’Agenzia per lo sviluppo e l’aiuto umanitario della
regione di Olomouc (ARPOK) nella Repubblica ceca.
L’ARPOK partecipa al progetto internazionale triennale (2010-2012) «Global Curriculum», nel cui ambito
docenti di cinque paesi — Austria, Benin, Brasile,
Regno Unito e Repubblica ceca — collaborano per inserire tematiche globali nei programmi di insegnamento.
Vi partecipano docenti di materie molto diverse, dalla
matematica alla geografia fino all’educazione musicale
e all’educazione civica. Nel complesso, hanno partecipato al progetto 40 scuole e oltre 200 insegnanti. Il
progetto «Global Curriculum» è realizzato con il finanziamento dell’Unione europea, con fondi dell’Agenzia
ceca per lo sviluppo e del ministero degli Esteri della
Repubblica ceca nel quadro del programma di cooperazione internazionale allo sviluppo della Repubblica
ceca e della regione di Olomouc.
L’educazione allo sviluppo globale è un processo di apprendimento permanente che aiuta a capire le differenze e le
analogie tra le vite delle persone nei paesi sviluppati e in
quelli in via di sviluppo, e facilita la comprensione dei processi economici, sociali, politici, ambientali e culturali che
le influenzano. Tale processo sviluppa le competenze e
promuove la creazione di valori e di idee, facendo sì che
gli individui abbiano la capacità e la volontà di partecipare
attivamente alla soluzione dei problemi locali e globali.
L’educazione allo sviluppo globale mira all’assunzione di
responsabilità per la creazione di un mondo in cui tutti
abbiano la possibilità di vivere una vita dignitosa. Una delle
attività, rivolta all’obiettivo di sostenere tale processo nelle
REGIONI E COMUNI D’EUROPA ➔ NOVEMBRE-DICEMBRE 2012
scuole, sono stati i viaggi di studio nel Regno Unito e in
Benin compiuti da docenti di tutte le scuole partecipanti.
Il viaggio di studio nel Regno Unito ha avuto luogo nell’autunno del 2010 e quello in Benin nell’autunno 2011. Gli insegnanti hanno avuto la possibilità di farsi un’idea dei metodi
pedagogici impiegati nel paese di accoglienza, di familiarizzarsi — nel caso del Benin — con i progetti di sviluppo,
di condividere materiali didattici e, infine, di discutere delle
realtà dei rispettivi paesi.
Jiří Vymětal, della scuola elementare di Horka nad Moravou
(Repubblica ceca), uno degli insegnanti che hanno partecipato al progetto, ha dichiarato: «Dalla visita di tre scuole
del Benin ho ricavato un’impressione molto positiva, e sono
lieto di aver avuto la possibilità di assistere alle lezioni come
osservatore e anche di partecipare in modo più attivo. A
seguito di quest’esperienza siamo tutti fortemente motivati ad impegnarci ulteriormente, se possibile nel quadro
di una cooperazione internazionale». Tuttavia, la cooperazione internazionale non finisce qui. Nell’ultimo anno del
progetto gli insegnanti hanno scelto le migliori attività
tra quelle sviluppate nel corso dei tre anni, che vengono
descritte in un manuale, appena pubblicato, dal titolo Inserimento di tematiche globali nell’insegnamento. Esso illustra
il processo triennale di lavoro con le scuole, analizza i programmi di insegnamento dal punto di vista della possibilità
di inserirvi l’educazione allo sviluppo globale e non tralascia
neppure le attività pedagogiche menzionate più sopra. Da
questo manuale, pubblicato in cinque lingue (ceco, francese, inglese, portoghese e tedesco), anche altri insegnanti,
non solo in Europa, possono trarre ispirazione per inserire
tematiche globali nei loro programmi.
Kristýna Tillová,
coordinatrice del progetto «Global Curriculum»
www.globalcurriculum.net
I docenti si cimentano
con l’insegnamento
del tedesco in una
scuola superiore statale
femminile di Porto-Novo
(Benin). «Considero la
visita alle scuole del
Benin l’esperienza più
significativa della mia
vita professionale. È
stato straordinario
assistere al lavoro
degli insegnanti
beniniani e conoscere
il sistema scolastico
di tale paese, per tanti
aspetti così diverso da
quello ceco e quindi
da quello europeo»,
ha dichiaratoSoňa
Schaffnerová, del
Liceo slavo (Slovanské
gymnázium) di
Olomouc.
27
EuroPCom 2012
Regioni e comuni d’Europa
n. 80
Direttore: Laurent Thieule,
direzione Comunicazione,
stampa ed eventi
Capo unità: Serafino Nardi,
unità Stampa, comunicazione interna
ed esterna
Caporedattore: Branislav Stanicek
Foto: Archivi del Comitato
delle regioni
Terza conferenza europea sulla
comunicazione pubblica (EuroPCom)
Si è svolta a Bruxelles, il 17 e 18 ottobre, la terza edizione di EuroPCom, conferenza europea sulla comunicazione
pubblica, cui hanno partecipato oltre 700 responsabili della comunicazione e alti funzionari della pubblica amministrazione a livello locale, regionale, nazionale ed europeo. All’ordine del giorno dei dibattiti erano le grandi sfide
della comunicazione, come la fiducia dei cittadini nell’Europa, la comunicazione elettronica e i media sociali e il
dialogo con i giovani, gli anziani e le minoranze etniche. EuroPCom 2012 è stata organizzata dal Comitato delle
regioni in collaborazione con il Parlamento europeo, il Consiglio dell’UE, la presidenza cipriota e la Commissione
europea.
Progetto grafico: Ufficio delle
pubblicazioni dell’Unione europea
(Lussemburgo)
Comitato delle regioni,
direzione Comunicazione,
stampa ed eventi
rue Belliard/Belliardstraat 99-101
1040 Bruxelles/Brussel
BELGIQUE/BELGIË
Tel. +32 22822211
Fax +32 22822085
Internet:
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Regioni e comuni d’Europa è una
newsletter del CdR edita dalla
direzione Comunicazione,
stampa ed eventi.
Il contenuto della presente
newsletter non rispecchia
necessariamente le opinioni
e i punti di vista delle istituzioni
dell’Unione europea. Né le istituzioni
né gli organi dell’Unione europea,
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Disponibile in sei lingue.
Disponibile anche online
in formato PDF sul sito:
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d’Europa
© Unione europea, 2012
Printed in Belgium
@EU_CoR
La conferenza è stata inaugurata da Mercedes Bresso, prima
vicepresidente del CdR, e Anni Podimata, vicepresidente
del Parlamento europeo, insieme ad Andreas Mavroyiannis,
viceministro degli Affari europei del governo cipriota, Gregory Paulger, direttore generale della DG Comunicazione
della Commissione europea, Christian Blumelhuber, titolare della cattedra «InBev Baillet Latour» di Euromarketing
presso la Solvay Brussels School of Economics and Management, Graham Meadows, già direttore generale della DG
Politica regionale della Commissione europea, e Leendert
de Voogd, direttore generale di TNS Political & Social. La sessione plenaria di apertura ha trattato il tema dell’attuale crisi
di sfiducia dei cittadini europei nei confronti dell’Unione
europea e, più in generale, della politica e delle autorità
pubbliche a tutti i livelli di governo.
Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione europea
responsabile dell’Agenda digitale, ha invece concluso i lavori
della conferenza con un intervento sul tema della democrazia
digitale incentrato su come gli strumenti di tecnologia dell’informazione e della comunicazione (TIC) possono cambiare il
rapporto tra i cittadini e i governi. «Gli strumenti digitali portano enormi benefici per la nostra economia, la nostra società
e la nostra democrazia, ma questa trasformazione non si farà
da sola: saremo in grado di trarne tutti i benefici soltanto se
realizzeremo gli investimenti necessari, sul piano politico
come su quello finanziario. Soltanto garantendo connessioni
rapide a banda larga per tutti potremo sfruttare appieno queste opportunità. Solo allora potremo costruire un continente
connesso e competitivo: una e-UE», ha concluso la vicepresidente Kroes. Nel corso della sessione conclusiva, moderata da
Christophe Rouillon, sindaco di Coulaines (Francia) e membro del Comitato delle regioni, i partecipanti hanno assistito
inoltre alle presentazioni di John Bell, direttore generale di
Social@Ogilvy, e di Reijo Kemppinen, direttore generale per
la Comunicazione e la trasparenza del Consiglio dell’UE.
QG-AA-12-080-IT-C
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