1. La condotta. - Libri Professionali

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La condotta
1. La condotta.
1.1. Il reato di guida in stato di ebbrezza.
Il comportamento preso in considerazione dall’art. 186 codice della Reato di mera
strada consiste nel “guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso condotta
di bevande alcoliche”; in termini non dissimili, l’art. 186-bis parla di [1]
“guidare dopo aver assunto bevande alcoliche e sotto l’influenza di
queste”.
L’art. 186 è quindi reato di mera condotta, poiché prescinde dalla
realizzazione di un risultato; ed è reato di pericolo, in quanto non
postula una lesione effettiva del bene giuridico tutelato, da identificarsi
nella sicurezza della circolazione stradale e nella incolumità degli utenti
della strada, essendo invece sufficiente un comportamento che esponga
lo stesso semplicemente a pericolo. Il pericolo non è elemento della fatti­
specie che si debba accertare in concreto volta per volta: partendo da
comuni massime di esperienza, il legislatore considera la condotta come
peculiarmente e ordinariamente pericolosa per il bene giuridico, tanto
che il pericolo è implicito nella realizzazione di essa.
Non può però dirsi che si tratti di reato senza offesa, poiché anche
l’esposizione al pericolo, così come la lesione effettiva, costituisce offesa
del bene giuridico tutelato. Ed appunto per tale ragione la prevalente
giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto applicabile anche
alla guida di stato di ebbrezza l’esclusione della procedibilità per i casi
di particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 34 D.lvo 28 agosto
2000, n. 274 nei procedimenti in allora di competenza del Giudice di
pace, e da valutarsi anche avuto riguardo alla “esiguità del danno o del
pericolo”. Si è detto che non esistono reati senza offesa; e che anche
un reato di pericolo presunto deve rispondere al principio di offensività
e, quindi, non è neppure configurabile ove non sussista un vulnus anche
minimo a carico del bene tutelato (Cass., sez. 4, sentenza n. 24249 del
28/04/2006 - Rv. 234416; in senso contrario, Cass., sez. 3, sentenza n.
23114 del 19/04/2007 - Rv. 237069, per la quale la legge prende in
considerazione il mero fatto della circolazione su una pubblica via in
tali condizioni, nessuna incidenza potendo quindi avere l’intensità dello
stato di ebbrezza, la sua eventuale occasionalità e l’intensità del danno
o del pericolo causato).
Appare comunque chiara l’inapplicabilità al reato di cui all’art. 186
di quegli istituti che contemplano, oltre che un danno, anche un pericolo
concreto per il bene tutelato. Non potrà, ad esempio, applicarsi, la
circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6 c.p., che concerne l’essersi
adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le
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LA GUIDA IN STATO DI EBBREZZA E SOTTO L’EFFETTO DI STUPEFACENTI
conseguenze dannose o pericolose del reato; la sospensione condizionale
della pena prevista dall’art. 163, ultimo comma, c.p., o l’imposizione delle
prescrizioni di cui all’art. 165, primo comma, c.p., basate sul medesimo
presupposto dell’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose
del reato.
A questo proposito, l’astratta configurabilità di condotte riparatorie
Condotte
riparatorie è stata esclusa dalla giurisprudenza, che ha ritenuto non realizzata la
[2] causa di estinzione del reato prevista dall’art. 34 D.lvo 28 agosto 2000,
n. 274 nei procedimenti in allora di competenza del Giudice di pace per
il caso di volontaria sottoposizione dell’imputato ad un trattamento socioriabilitativo di disintossicazione. Trattandosi di reato di pericolo astratto,
l’eventuale sottoposizione del reo ad un trattamento socio-terapeutico
non costituisce contrarius actus rispetto alla condotta incriminata, né può
integrare una qualche forma di riparazione nei confronti di una parte
offesa di difficile individuazione (Cass., sez. 4, sentenza n. 34343 del
04/05/2004 - Rv. 228674).
1.2. La guida di veicoli: il caso dei velocipedi e dei veicoli a
trazione animale.
Definizione
Poiché per “guidare” deve intendersi imprimere movimento ad un vei­
di veicolo colo, regolandone l’andatura e la direzione, il concetto di guida non può
[3]
ovviamente prescindere dalla presenza di un veicolo (per la rilevanza dello
stato di ebbrezza del pedone vedi il Capitolo 10).
Ai sensi dell’art. 46, comma 1, codice della strada, “si intendono per
veicoli tutte le macchine di qualsiasi specie, che circolano sulle strade
guidate dall’uomo”. L’art. 47 distingue i veicoli secondo le loro peculiari
caratteristiche; ed acquista rilevanza per la guida in stato di ebbrezza non
solo la guida dei veicoli a motore, ma anche dei velocipedi, dei veicoli a
trazione animale, dei veicoli a braccia (spinti o trainati dall’uomo a piedi, o
azionati dalla forza muscolare dello stesso conducente, come reso esplicito
dall’art. 48) e delle slitte, ossia dei veicoli a trazione animale muniti di
pattini.
Non può innanzitutto dubitarsi che commetta il reato di cui all’art.
Velocipede
[4] 186 anche il soggetto che, in stato di ebbrezza, si ponga alla guida di un
velocipede, definito dall’art. 50 codice della strada come il “veicolo con
due ruote o più ruote funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare,
per mezzo di pedali o di analoghi dispositivi, azionati dalle persone che si
trovano sul veicolo”. Un’argomentata pronuncia di merito in senso con­
trario (Tribunale di Rovereto, sentenza 5 marzo 2002, in Giurisprudenza
di merito, 2002, 6, II, 1359; Foro Italiano, 2003, II, 59) aveva circoscritto
l’ambito di applicazione dell’art. 186 codice della strada ai soli veicoli a
motore. Pur riconoscendo che anche il velocipede rientra nel concetto di
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La condotta
veicolo, si era valorizzata da un lato la stretta correlazione fra la violazione
e la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di
guida, non richiesta per la guida di una bicicletta; dall’altro il rischio qua­
litativamente diverso e certamente inferiore generato dalla circolazione di
un velocipede rispetto a quello creato dalla circolazione, in analoghe con­
dizioni, di veicoli a motore. Queste considerazioni, viste anche alla luce
dei principi di tassatività e di sussidiarietà della norma penale, in mancanza
di una chiara scelta di incriminazione da parte del legislatore, avevano
indotto il Tribunale a privilegiare, anche per favor rei, l’interpretazione più
restrittiva, secondo cui integra il reato in questione solamente la guida di
veicoli a motore. L’imputato era stato quindi mandato assolto perché il fatto
non è previsto dalla legge come reato.
Altro giudice di merito (Tribunale di Bologna, sentenza 21 giugno 2007,
n. 1752, in Il Merito, 2007, 11, 50, con nota di A. Natalini, La guida in stato di ebbrezza rileva indipendentemente dal mezzo adoperato) ha invece
data per ovvia ed indiscussa la rilevanza penale della condotta, senza però
motivare sul punto.
La Corte di Cassazione ritiene assolutamente pacifica l’applicabilità
dell’art. 186 codice della strada anche alla guida del velocipede. In una
occasione il Pubblico ministero aveva proposto ricorso avverso la senten­
za di condanna con riguardo a tale fattispecie, denunciando violazione
di legge per la omessa applicazione anche della sanzione amministrativa
accessoria della sospensione della patente di guida. La Corte ha osservato
che nei confronti di chi conduca in stato di ebbrezza da bevande alcoli­
che una bicicletta, veicolo per la guida del quale non è prevista patente
alcuna, non può esser applicata anche la sanzione amministrativa acces­
soria, che presuppone un abuso dell’autorizzazione amministrativa (Cass.,
sez. 4, sentenza n. 2021 del 09/07/1997 - Rv. 209287, in Arch. giur. circ.,
1998, 888; in Riv. giur. circ. e trasp., 1998, 143). Lo stesso principio è stato
affermato dalle Sezioni unite in una pronuncia (Cass., sez. Un., sentenza n.
12316 del 29/03/2002, in Diritto e Giustizia, 2002, 19, 77; in Cassazione
penale, 2002, 2295; in Rivista penale, 2002, 570), relativa però ad un caso
in cui la sanzione amministrativa accessoria accedeva a reato diverso da
quello di cui all’art. 186 codice della strada. Anche in questa pronuncia le
Sezioni unite hanno data per presupposta la rilevanza penale della guida in
stato di ebbrezza del velocipede, osservando come il ritiro cautelare della
patente in questo caso non potrebbe svolgere funzione alcuna, non poten­
do comunque ostacolare, in futuro, la circolazione con lo stesso veicolo
con cui la violazione è stata commessa, poiché non è previsto, per la guida
dello stesso, l’aver conseguito la patente.
Successivamente a tali pronunce, che hanno affrontato la questione
solo incidentalmente, la questione dell’applicabilità dell’art. 186 anche al
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LA GUIDA IN STATO DI EBBREZZA E SOTTO L’EFFETTO DI STUPEFACENTI
velocipede è stata portata avanti alla Corte come motivo di ricorso. Si è
affermato con assoluta chiarezza che la norma incriminatrice si riferisce
indistintamente a tutti i veicoli in circolazione, compresi i velocipedi,
esplicitamente considerati veicoli dall’art. 50 codice della strada: anche il
ciclista che guida in stato di ebbrezza incorre, pertanto, nel reato (Cass.,
sez. 4, sentenza n. 6020 del 2006; Cass., sez. 4, sentenza n. 33572 del
2006; Cass., sez. 4, sentenza n. 3454 del 2008).
Gli animali, “da tiro, da soma o da sella” non sono invece considerati
Animali da tiro,
da soma o da sella veicoli, tanto che non potrà applicarsi l’art. 186. Ciò è reso evidente, oltre
[5] che dalla definizione dei veicoli come “macchine di qualsiasi specie” che
si legge nell’art. 46, anche dall’art. 115 codice della strada, che considera
separatamente la guida di veicoli e la conduzione di animali.
Residua invece la rilevanza penale della guida in stato di ebbrezza
dei veicoli a trazione animale, compresi nell’elenco di cui all’art. 47,
comma 1. Va anche tenuto anche conto che, come recita l’art. 183, “Ogni
veicolo a trazione animale deve essere guidato da un conducente”, cosa
che rende evidente come si tratti di guida di veicoli, e non di conduzione
di animali.
1.3. La movimentazione del veicolo su area ad uso pubblico:
sosta, fermata, conduzione a mano, a spinta o in discesa.
Occorre ora chiedersi se la guida comprenda anche la sosta e la
Sosta
[6] fermata del veicolo. Si ricorda che l’art. 157 codice della strada intende
Prova della
pregressa
movimentazione
[7]
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per sosta una “sospensione della marcia del veicolo protratta nel tempo,
con possibilità di allontanamento da parte del conducente”, e per fermata
“la temporanea sospensione della marcia anche se in area ove non sia
ammessa la sosta, per consentire la salita o la discesa delle persone,
ovvero per altre esigenze di brevissima durata”. Poiché, come visto, il
concetto di guida implica la regolazione della direzione e dell’andatura
di un veicolo, e, quindi, la sua movimentazione, in esso non potrà com­
prendersi anche la sosta.
Il caso di un soggetto in stato di ebbrezza, sorpreso a dormire a bordo
del proprio veicolo, in quel frangente acceso per consentire il funziona­
mento dell’impianto di riscaldamento, è stato portato all’esame della Cas­
sazione. La Corte, dopo avere ricordato che l’assunzione di alcol, anche
a modeste concentrazioni ematiche, compromette le funzioni psicofisiche
del conducente, stante il venir meno di quella concentrazione e rapidità
di riflessi sulle prestazioni di guida, indispensabili alla sicurezza della
circolazione, ha escluso che possa essere ricondotto alla violazione dell’art.
186 il fatto di dormire ebbro nella vettura, anche se con il motore acceso.
Il comportamento considerato dalla norma deve essere circoscritto al fatto
dinamico della conduzione del veicolo, costituito anche soltanto dal porsi
La condotta
alla guida, azionando i congegni idonei ad imprimere il movimento. Ha
quindi annullato con rinvio la decisione che aveva invece ritenuto ravvi­
sabile il reato, in quanto carente di motivazione in ordine ai momenti che
avevano preceduto la presenza dell’imputato all’interno dell’autovettura
parcheggiata con il motore acceso. Il Tribunale avrebbe dovuto invece
soffermarsi su quei momenti, evidentemente per apprezzare se l’imputato
avesse movimentato il veicolo prima di sostarvi. (Cass., sez. 4, sentenza
n. 10979 del 29/01/2007 - Rv. 236193; in Guida al diritto, 2007, 6, 72,
con nota di F. Amato: Senza «movimentazione» del veicolo impossibile
eccepire la contravvenzione; per un analogo caso di soggetto sorpreso sotto
il probabile effetto di stupefacenti a bordo di una vettura in sosta, in assenza
di elementi da cui dedurre che si fosse messo alla guida della stessa, vedi
Cass., sez. 6, sentenza n. 10907 del 2006). Solo in questo caso, infatti,
con la prova della pregressa movimentazione del veicolo si avrebbe avuto
prova di un fatto previsto dalla legge come reato.
Come si vedrà più ampiamente, la flagranza non è elemento costitutivo del reato, tanto che si punisce chi guida in stato di ebbrezza, e non
chi è colto mentre guida in stato di ebbrezza (Cass., sez. 4, sentenza n.
41983 del 2006): il fatto che la condotta di guida sia cessata non esclude in
alcun modo che la sua esistenza possa essere ritenuta in forza di elementi
acquisiti in un tempo successivo. Tanto è avvenuto, ad esempio, in un
caso in cui l’imputato era stato identificato a bordo della propria vettura
in sosta lungo una strada provinciale, e non in un centro cittadino come
nei due casi precedenti; si era ritenuto che egli fosse giunto in tale luogo
in stato di ebbrezza, poiché non erano state rinvenute sul posto le due
lattine di birra che l’imputato aveva asserito di avere bevuto dopo il suo
arrivo (il ragionamento è stato giudicato immune da vizi logici da Cass.,
sez. 4, sentenza n. 16345 del 2008).
In un caso analogo, la Corte di Cassazione ha considerato rientrare
nella nozione di guida la condotta di chi si trovi all’interno del veicolo
(nella specie, in stato di alterazione, nell’atto di dormire con le mani e la
testa poste sul volante) quando sia accertato che egli abbia, in precedenza,
deliberatamente movimentato il mezzo in area pubblica o quantomeno
destinata al pubblico (Cass., sez. 7, ordinanza n. 10476 del 20/01/2010
- Rv. 246198).
Situazione ben diversa si verifica nel caso di fermata del veicolo, Fermata
definita, come abbiamo visto, come una temporanea sospensione della [8]
marcia del veicolo per esigenze di brevissima durata; tanto avviene, ad
esempio, per caricare o scaricare un bagaglio, o per fare salire o scendere
passeggeri. In questo caso, chi si trovi alla guida della vettura in stato di
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LA GUIDA IN STATO DI EBBREZZA E SOTTO L’EFFETTO DI STUPEFACENTI
ebbrezza dovrà rispondere del reato di cui all’art. 186.
La Corte di Cassazione ha ritenuto che la fermata costituisce una
fase della circolazione, tanto che è del tutto irrilevante, ai fini della
contestazione del reato di guida in stato di ebbrezza, se il veicolo
condotto dall’imputato risultato positivo alla prova con etilometro sia,
al momento dell’effettuazione del controllo, in movimento ovvero abbia
temporaneamente sospeso la marcia (Cass., sez. 4, sentenza n. 37631 del
25/09/2007 - Rv. 237882).
Movimentazione
Appare a questo punto chiaro come l’attenzione debba concen­
del veicolo trarsi sulla movimentazione del veicolo: esiste una condotta di guida in
[9]
presenza della movimentazione del veicolo, anche se temporaneamente
sospesa, mentre non esiste in sua assenza. Questo impone di attribuire
rilevanza anche alla conduzione del veicolo a motore spento (a spinta
o in discesa), trattandosi di condotta comunque idonea a creare pericolo
per la circolazione se compiuta da soggetto in stato di ebbrezza.
La giurisprudenza di legittimità è poi pacifica nel ricomprendere nella
guida in stato di ebbrezza anche la conduzione a mano. Si è affermato,
con riguardo alla guida di un ciclomotore, che è configurabile il reato
previsto dall’art. 186 codice della strada nel caso dell’agente che, in
stato di ebbrezza, conduca a mano il ciclomotore per la pubblica via,
in quanto la guida di un motoveicolo non postula che il conducente lo
inforchi ovvero vi si ponga a cavalcioni (Cass., sez. 4, sentenza n. 18794
del 09/01/2003 - Rv. 224880).
Deve negarsi invece rilievo alla conduzione a mano del velocipede,
Conduzione
a mano posto che l’art. 182, comma 4, codice della strada equipara al pedone
[10] il ciclista con la bicicletta a mano, imponendogli di usare la comune
diligenza e la comune prudenza. Nel caso invece in cui il conducente
proceda senza azionare i pedali, ma spingendosi con i piedi per terra,
va considerato ciclista e non pedone, ed è tenuto ad osservare tutte le
norme della circolazione, atteso che tale modalità di marcia non toglie
al velocipede la qualità di veicolo (Cass., sez. 4, sentenza n. 3165 del
07/02/1991 - Rv. 186724, in Archivio giuridico della circolazione, 1991,
462; in Rivista giuridica della circolazione e dei trasporti, 1992, 524).
Circolazione
Il presupposto di tutte le considerazioni che precedono è che la movisu area ad uso mentazione avvenga, a norma dell’art. 2, comma 1, codice della strada,
pubblico destinata su strada, e quindi su “area ad uso pubblico destinata alla circolazione
alla circolazione
[11] dei pedoni, dei veicoli e degli animali”.
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Non conta, quindi, la proprietà pubblica o privata dell’area; tanto
che le norme sulla circolazione stradale sono state ritenute applicabili
anche alle strade interpoderali, e quindi di proprietà privata, restando
La condotta
escluse solo quelle riservate all’uso esclusivo dei privati proprietari. La
classificazione di una strada come interpoderale non esclude che essa sia
di uso pubblico, come reso esplicito dall’art. 3, comma 1, n. 52, codice
della strada, che definisce la strada vicinale come strada privata fuori
dai centri abitati ad uso pubblico; e, se soggetta a pubblico transito, in
quanto destinata ad una comunità indifferenziata di utenti, va considerata
strada per gli effetti di cui all’art. 2 (Cass., sez. 4, sentenza n. 3169 del
14/10/1999 - Rv. 216798).
Restano quindi escluse le aree ugualmente destinate alla circolazione,
ma non di uso pubblico. Non risponde quindi di guida in stato di ebbrezza
il soggetto che sia stato colto nell’atto di spostare l’auto all’interno di
un’area recintata, anche se con l’accesso privo di chiusura, di pertinenza
esclusiva dello stabile condominiale, senza circolare sulla strada (Cass.,
sez. 4, 13 dicembre 2003, Ciancaleoni, in Archivio delle locazioni e del
condominio, 2003, 178).
1.4. Ubriachezza, ebbrezza, influenza dell’alcol dopo avere
assunto bevande alcoliche.
Così definito il concetto di guida, occorre definire cosa significa Ebbrezza
guidare “in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande al­ [12]
coliche”, comportamento considerato dall’art. 186, ovvero “dopo aver
assunto bevande alcoliche e sotto l’influenza di queste”, comportamento
considerato dall’art. 186-bis.
Il codice penale contiene all’art. 688 una contravvenzione concernente
la prevenzione dell’alcolismo e dei delitti commessi in stato di ubriachezza,
che punisce (a seguito della modifica intervenuta con l’art. 54, comma 1,
D.lvo 30 dicembre 1999, n. 507) con la sanzione amministrativa pecuniaria
da Euro 51,00 a Euro 309,00 chiunque, in un luogo pubblico o aperto al
pubblico, sia colto in stato di “manifesta ubriachezza”.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, il concetto di ebbrezza di cui
al codice della strada ha un significato più ampio di quello di ubriachezza.
Esso si riferisce allo stato di chi versi in una qualunque condizione di
disarmonia psico-fisica, determinata da ingestione di bevande alcoliche,
per cui venga a difettare la prontezza dei riflessi o la valutazione delle
contingenze della circolazione che costituiscono elementi indispensabili
per la sicurezza della guida (Cass., sez. 4, sentenza n. 2350 del 10/07/1979
- Rv. 144395).
Rapporto tra la
nozione penale
Gli elementi che concorrono ad integrare gli estremi della contrav­ e quella di cui al
venzione prevista dal codice della strada sono del tutto diversi da quelli Codice della strada
richiesti per l’illecito amministrativo previsto dal codice penale. Mentre [13]
per la sussistenza dell’illecito di cui all’art 688 c.p. è necessario che
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LA GUIDA IN STATO DI EBBREZZA E SOTTO L’EFFETTO DI STUPEFACENTI
l’ubriachezza abbia raggiunto un grado di intensità tale che tutti possano
avvedersene, per il reato di guida in stato di ebbrezza è sufficiente, invece,
che, in conseguenza dell’uso dell’alcol o di sostanze stupefacenti, siano
venute a mancare la prontezza dei riflessi e la capacita di valutazione
delle contingenze, indispensabili per una sicura guida del veicolo (Cass.,
sez. 2, sentenza n. 1343 del 01/10/1971, Rv. 120355).
Le Sezioni unite della Corte di Cassazione hanno affermato che l’illecito amministrativo punito dall’art. 688 c.p. concorre con la guida in stato
di ebbrezza punita dall’art. 186 del codice della strada, data la diversità
degli interessi giuridici rispettivamente tutelati dalle due norme.
Nel codice penale, infatti, l’art. 688 mira alla prevenzione dell’alcolismo
e alla tutela dell’ordine pubblico; nel codice della strada, invece, l’art. 186
intende garantire la sicurezza della circolazione sulle strade e l’incolumità
di chi vi si trova. La differenza tra l’ebbrezza e l’ubriachezza sta nell’inten­
sità dell’alterazione psicofisica, più grave nella seconda per la presenza di un
maggior tasso alcolemico, nonché nel fatto che mentre l’ebbrezza può non
essere manifesta, l’ubriachezza è punibile solo quando lo è. L’ubriachezza,
quindi, in sé comprende e assorbe, dal punto di vista clinico, l’ebbrezza,
perché ne costituisce uno stato più avanzato: ma, per essere perseguibile,
deve essere oltre che in luogo pubblico, anche manifesta (Cass., sez. Un.,
sentenza n. 1299 del 27/09/1995 - Rv. 203633, in Archivio giuridico della
circolazione e dei trasporti, 1996, 91, con nota di V. Colombani, Rivista
giuridica della circolazione e dei trasporti, 1996, 165).
Deve infine considerarsi l’ulteriore condizione correlata all’assunzione
Assunzione
di bevande di bevande alcoliche, introdotta dalla legge 27 luglio 2010, n. 120: ai
alcoliche sensi dell’art. 186-bis, e solo con riguardo alle categorie di conducenti
[14]
ivi precisamente indicati, è vietato guidare dopo aver assunto bevande
alcoliche e sotto l’influenza di queste.
La condotta descritta dal comma 1 dell’art. 186-bis parrebbe sovrapporsi
a quella dell’art. 186, che, si ricorda, è ugualmente intitolato “Guida sotto
l’influenza dell’alcool”: la lettera della disposizione sembra richiedere che
l’assunzione di alcol abbia avuto un concreto effetto sull’armonia psicofisica
del conducente, che verrebbe a coincidere con lo stato di ebbrezza.
Il comma 2 chiarisce però con evidenza come si debba fare riferimento esclusivamente al tasso alcolemico accertato, superiore a zero e
non superiore a 0,5 grammi per litro, e quindi alla positiva alcolemia; un
eventuale stato di alterazione psicofisica conseguente all’uso di bevande
Soggetti alcoliche dovrà essere invece inquadrato nelle più gravi condotte di cui
perseguibili all’art. 186.
[15]
L’illecito può essere commesso solamente dai soggetti precisamente
indicati dall’art. 186-bis, comma 1. Rispondono della violazione i con­
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La condotta
ducenti di età inferiore a ventuno anni; i conducenti nei primi tre anni
dal conseguimento della patente di guida di categoria B; i conducenti che
esercitano l’attività di trasporto di persone, di cui agli articoli 85, 86 e
87; i conducenti che esercitano l’attività di trasporto di cose, di cui agli
articoli 88, 89 e 90; i conducenti di autoveicoli di massa complessiva a
pieno carico superiore a 3,5 t, di autoveicoli trainanti un rimorchio che
comporti una massa complessiva totale a pieno carico dei due veicoli
superiore a 3,5 t (e quindi, come precisa la circolare 30 luglio 2010,
anche di autoveicoli “che effettuino il traino di caravan o di rimorchi
T.A.T.S. di cui all’articolo 56, comma 2, lettere e) ed f), C.d.S. quando
la massa del complesso veicolare superi tale limite”), di autobus e di
altri autoveicoli destinati al trasporto di persone il cui numero di posti
a sedere, escluso quello del conducente, è superiore a otto, nonché di
autoarticolati e di autosnodati.
1.5. I farmaci che riducono il metabolismo epatico. I farmaci
contenenti alcol.
Le varie modalità di accertamento dello stato di ebbrezza verranno
dettagliatamente esposte nel seguito. Per intanto, basti anticipare che l’eb­
brezza è uno stato di disarmonia psico-fisica, che può essere percepibile
anche dall’esterno; tanto che l’art. 379, comma 3 Reg. C.d.S. obbliga i
verbalizzanti a indicare nella notizia di reato “le circostanze sintomatiche
dell’esistenza dello stato di ebbrezza, desumibili in particolare dallo stato
del soggetto e dalla condotta di guida”, ed anch’esse possono costituire
prova del reato.
Indicazione
delle circostanze
sintomatiche
[16]
L’art. 186, comma 6 del codice della strada consente però di affermare
lo stato di ebbrezza anche sulla scorta della concentrazione alcolemica
nel sangue, la quale si ricava anche, ai sensi dell’art. 379, comma 1 del
Regolamento di esecuzione al codice della strada, dalla concentrazione di
alcol nell’aria alveolare espirata. Sono noti alcuni principi attivi, come la
ranitidina, presente in numerosi farmaci contro l’ulcera gastrica, che, pur
non influenzando la determinazione sull’aria espirata, riducono il metabo­
lismo epatico post-assorbimento (first pass metabolism), provocando livelli
alcolemici maggiori a parità di introduzione di alcol [R. Giorgetti, M.
Montisci, F. Castagna, M. Gennari, S. D. Ferrara, Alcol etilico nell’aria
espirata. Comparazione Brac/Bac in una popolazione di conducenti, in
Rivista Italiana Medicina Legale, 2002, 6, 1479]. Poiché l’assunzione di
bevande alcoliche resta comunque un dato certo, non è revocabile in
dubbio che il soggetto si trovi anche in questo caso a guidare un veicolo
“in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche”; per il
che il profilo meritevole di approfondimento diviene quello dell’elemento
Concentrazione
alcolemica
nel sangue
[17]
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LA GUIDA IN STATO DI EBBREZZA E SOTTO L’EFFETTO DI STUPEFACENTI
soggettivo del reato, dovendosi accertare se possa muoversi al conducente
quanto meno un addebito di colpa.
In un caso analogo la Corte d’appello di Milano, Sezione II, con
sentenza 7 giugno 2007 (in Altalex, 14 novembre 2007, con nota di
C.A. Zaina, Guida in stato di ebbrezza, assunzione di farmaci ed errore
scusabile), ha confermato la sentenza di condanna del Tribunale di
Como, osservando che, “a prescindere dalla conoscenza o meno da
parte del prevenuto degli effetti collaterali delle medicine assunte, è
certo che il tasso alcolico accertato superava il limite consentito e che
detta assunzione poteva incidere solo sui tempi di smaltimento e non
anche sul valore complessivo affermato”. La motivazione, estremamente
concisa, non consente di ricostruire tutti gli elementi di fatto del caso
portato all’esame della Corte. Il provvedimento è stato commentato nel
senso che non può concretare un errore scusabile – con il conseguente
venire meno dell’elemento soggettivo del reato - l’assunzione di farmaci,
che, associati all’assunzione di sostanze alcoliche, abbiano concorso a
determinare l’ebbrezza del conducente.
Per quanto tale conclusione non appaia con certezza ricavabile dalla
motivazione, essa appare conforme ad una regola di comune esperienza,
che sconsiglia di associare farmaci e bevande alcoliche per le sempre pos­
sibili interazioni dell’uno sull’altro, con effetti di reciproco potenziamento
imprevedibili e spesso assai pericolosi. Si potrebbe quindi dire che un
rimprovero, nel caso di associazione di farmaci e alcol, può essere sempre
mosso al conducente; e che l’errore di fatto non può mai essere ritenuto
scusabile, tenendo anche conto della percezione che un soggetto deve
necessariamente avere della propria armonia o disarmonia psico-fisica al
momento di mettersi alla guida.
Ebbrezza
Si ricorda infine che, ai fini della colpevolezza, sono necessarie
accidentale la coscienza e la volontà di ingerire bevande alcoliche, mentre l’esito
[18] dell’ubriachezza può essere intenzionale ma anche solamente colposo. Al
pari dell’ubriachezza accidentale (per questa si veda Cass., sez. 1, sentenza
n. 6065 del 12/12/1983 - Rv. 165034), poi, anche l’ebbrezza accidentale,
derivante cioè da caso fortuito ed esemplificata nel caso del soggetto che,
senza aver bevuto smodatamente, sia divenuto ebbro per una condizione
morbosa da lui ignorata, rappresenta poi una ipotesi del tutto eccezionale,
e la relativa prova deve essere con certezza acquisita al processo.
Venendo alla diversa problematica dei farmaci contenenti alcol, la
Farmaci
contenenti letteratura scientifica non riporta casi di medicinali che siano in grado di
alcol determinare autonomamente lo stato di ebbrezza del conducente.
[19]
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Le vicende che frequentemente giungono nelle aule giudiziarie,
di solito riferibili a sciroppi antitussivi che possono contenere quale
La condotta
eccipiente percentuali variabili di alcol, ben potrebbero essere risolte
sul semplice assunto che si tratta comunque di “bevande alcoliche”, sia
pure ad effetto medicamentoso. Va solo aggiunto che, ordinariamente, gli
sciroppi antitussivi vengono assunti in dosi di pochi millilitri, palesemente
insufficienti a determinare lo stato di ebbrezza quand’anche si trattasse di
alcol puro. Pare quindi evidente come l’assunzione di quantità smodate o
abnormi di tali farmaci, anche a ritenerla seriamente possibile, configuri
ex se un addebito di colpa per il conducente.
Quand’anche si dovesse poi ammettere che un farmaco possa determi­
nare ebbrezza per il suo contenuto di alcol, la presenza di questo sarebbe
immediatamente percepibile al palato, tanto che mettersi alla guida di
un veicolo in tali condizioni significa venire meno ad ogni elementare
principio di avvedutezza.
L’onere della prova dell’assunzione di farmaci con tali particolari
caratteristiche grava comunque sul conducente.
La Corte di Cassazione ha affermato che l’esito positivo dell’esame con
etilometro costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza. È onere
dell’imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento
dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell’esecuzione
dell’aspirazione, non essendo sufficiente allegare la circostanza relativa
all’assunzione di farmaci idonei ad influenzare l’esito del test, quando
tale affermazione sia sfornita di riscontri probatori (Cass., sez. 4, sentenza
n. 45070 del 30/03/2004 - Rv. 230489, in Arch. Giur. Circolaz., 2006, 2,
191; Arch. Giur. Circolaz., 2006, 3, 279, Riv. Pen., 2006, 1, 97).
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