tesi - Studio Nutrilab

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tesi - Studio Nutrilab
UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA
Dipartimento di Farmacia e Scienze della Salute e della Nutrizione
Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Nutrizione
TESI DI LAUREA SPERIMENTALE
Valutazione della composizione corporea prima e dopo
intervento educativo - nutrizionale in atleti di pallanuoto
RELATORE INTERNO
Dott.ssa Adele Vivacqua
CANDIDATA
Rosa Maria Minniti
MATR. 167563
RELATORE ESTERNO
Dott. Francesco Garritano
Anno accademico 2014/2015
Indice
Introduzione
1
Capitolo I
La Pallanuoto
2
1.1 Cenni storici
2
1.2 Descrizione della disciplina
3
1.2.1 La competizione
1.2.2 Il campo
1.3 Gli atleti
5
1.4 Impegno fisico del pallanuotista
7
1.4.1 I fattori bioenergetici della pallanuoto
Capitolo II
La dieta dell’atleta
12
2.1 I fabbisogni dell’atleta
12
2.2 L’allenamento
13
2.1.1 Il pre-allenamento
2.3 Gli errori dietetici dell’atleta
14
2.4 L’equilibrio minerale
15
2.5 L’idratazione
17
2.6 Infiammazione e ossidazione cellulare
18
2.7 L’integrazione
19
2.7.1 Integrazione post gara
2.7.2 Alimentazione in gara
2.7.3 Alimentazione pre gara
2.7.4 Altre integrazioni
2.8 Mangiare fuori casa
23
2.9 Potenziamento muscolare
24
Capitolo III
Valutazione della composizione corporea
26
3.1 Introduzione
26
3.2 Antropometria e valutazione della composizione corporea
26
3.2.1 Bioimpedenziometria
3.2.2 Misurazioni antropometriche
Capitolo IV
Rilevamento di abitudini e consumi alimentari
33
4.1 Introduzione
33
4.2 La raccolta dei dati alimentari
33
4.3 Questionario delle frequenze di consumo alimentare (FFQ)
34
Capitolo V
Materiali e Metodi
35
5.1 Descrizione del campione
35
5.2 Misure Antropometriche
35
5.3 Analisi biompedenziometrica
36
5.4 Valutazione abitudini e consumi alimentari
39
5.5 Programmazione alimentare
40
Capitolo VI
Risultati
41
Capitolo VII
Discussione
54
Bibliografia e sitografia
55
Introduzione
Gli sportivi hanno esigenze differenti rispetto ai soggetti sedentari: allenamenti
quotidiani e gare settimanali richiedono certamente un’alimentazione adeguata che
riesca a soddisfare i fabbisogni energetici, oltre che a mantenere una buona
composizione corporea, garantire buone fasi di recupero, evitare infortuni e assicurare
un ottimo stato di salute.
Queste le basi per riuscire ad ottenere una buona performance sportiva.
Il pallanuotista deve possedere, sicuramente capacità, quali resistenza, forza fisica,
velocità e agilità che non prescindono da una perfetta forma fisica, basata su una buona
struttura muscolare. Essendo la pallanuoto, uno sport che si svolge in acqua, si riscontra
spesso, negli atleti che la praticano, una disidratazione corporea, dovuta alla ridotta
sensazione di sete e alla mancata percezione delle perdite di acqua mediante il sudore.
Migliorare lo stato idrico è direttamente correlato ad una buona performance atletica dei
pallanuotisti.
Il lavoro di tesi ha seguito degli atleti agonisti di pallanuoto intervenendo in ambito
nutrizionale e monitorando i cambiamenti e/o i miglioramenti mediante metodiche
impedenziometriche. Lo scopo della tesi è stato quello di migliorare la composizione
corporea degli atleti agonisti di pallanuoto, mediante la correzione delle abitudini
alimentari.
1
Capitolo I
La pallanuoto
1.1 Cenni storici
La pallanuoto è uno sport acquatico di squadra nato in Inghilterra e Scozia nel XIX
secolo, in particolare il 1870 viene indicato convenzionalmente come l’anno di nascita
della disciplina. Le origini si rifanno a una versione acquatica del rugby, mentre il water
polo, oggi nome inglese della pallanuoto, era la versione acquatica del polo a cavallo.
Le regole e il meccanismo della pallanuoto nacquero nel 1877 in Scozia e vennero
presto adottate dagli altri paesi negli anni successivi, fino a che, nel 1911, la FINA
(Fédération Internationale de natation amateur) le impose a tutti gli stati membri.
La pallanuoto è stata inserita nel programma olimpico nel 1900 alle Olimpiadi di Parigi:
in quell’occasione fu la Gran Bretagna a vincere la prima medaglia d’oro in questa
disciplina. La pallanuoto femminile ha, invece, debuttato in epoca più recente, alle
Olimpiadi di Sydney del 2000, con un torneo a 6 squadre composte ciascuna da 13
giocatrici. Il secondo torneo olimpico femminile si è disputato ad Atene, nel 2004, con 8
squadre di 13 giocatrici ciascuna: in quell’occasione l’oro andò all’Italia che ebbe la
meglio sulla Grecia.
Oggigiorno la pallanuoto è una disciplina diffusa principalmente in Europa, Stati Uniti e
Australia. In Italia la pallanuoto è uno sport praticato su tutto il territorio nazionale ma
Liguria e Campania viaggiano in prima linea, seguite poi da Toscana, Lombardia,
Abruzzo, Lazio e Friuli-Venezia Giulia. Per quanto riguarda la pallanuoto femminile la
regione
più
titolata
è
la
Sicilia,
soprattutto
la
città
di
Catania.
I campionati pallanuotistici, organizzati dalla FIN (Federazione Italiana Nuoto) sono in
genere 16 (9 maschili e 7 femminili) di cui 7 sono a carattere nazionale (4 maschili e 3
femminili) mentre gli altri sono a livello regionale o giovanile. Per il campionato
maschile c’è la serie A1, costituita da 16 squadre, la serie A2 con 24 squadre divise in 2
gironi (Nord e Sud), la serie B con 40 squadre divise in 4 gironi, la serie C di 76 squadre
2
divise in 8 gironi, la serie D a carattere regionale e poi Juniores, Allievi, Ragazzi ed
Esordienti. I campionati femminili, invece, sono costituiti da serie A1 con 12 squadre,
serie A2 con 20 squadre divise in 2 gironi (Nord e Sud), serie B di 34 squadre divise in
5 gironi, serie C (a carattere regionale) e poi Juniores, Allieve e Ragazze. La differenza
tra i campionati la fanno alcune regole organizzative.
1.2 Descrizione della disciplina
1.2.1 La Competizione
Una partita di pallanuoto vede affrontarsi due squadre formate da sette giocatori,
chiamati pallanuotisti, che possono essere sostituiti nell'arco della partita per un numero
illimitato di volte, tranne nel caso commettano tre falli gravi. Una squadra di pallanuoto
è composta da massimo 13 giocatori, ma solo 7 scendono in acqua nello stesso
momento.
La tenuta dei pallanuotisti consiste in un costume, che è uno slip per gli uomini e un
costume intero per le donne, e in un copricostume uguale per tutti i componenti di una
squadra in termini di colore, marchio e sponsor. Sul capo, i pallanuotisti devono
indossare una cuffia da pallanuoto, chiamata calotta o calottina, la quale permette
all'arbitro di identificare i giocatori e la loro squadra di appartenenza e di proteggere gli
stessi atleti da eventuali urti, essendo dotata di due protezioni rigide per le orecchie. Le
calottine, numerate da 1 a 13, sono bianche per la squadra di casa, blu o nere per la
squadra ospite, a eccezione della numero 1 di entrambe le squadre, destinata al portiere,
che deve essere di colore rosso. Alcuni giocatori utilizzano anche il paradenti per
evitare lesioni a denti, gengive e labbra.
I giudici di gara in una partita di pallanuoto sono arbitri e giudici di porta ma anche
cronometristi e segretari che si occupano di cronometrare i periodi di possesso palla di
ogni azione, i periodi effettivi di gioco, segnare il punteggio della partita e cronometrare
il periodo relativo all'espulsione di un giocatore.
Il possesso di palla è fissato in 35 secondi per quasi tutti i campionati.
La durata di una partita è di quattro periodi, in genere ognuno di 8 minuti effettivi. Per
ottenere un cronometraggio effettivo il tempo viene fermato ad ogni fallo, gol e timeout.
Il cronometro viene fatto ripartire nel momento in cui la palla lascia la mano del
3
giocatore che ne effettua la rimessa in gioco. È presente un intervallo di due minuti tra il
primo e il secondo periodo e tra il terzo e il quarto, mentre sono previsti cinque minuti
di pausa tra il secondo e il terzo periodo. In tutti i campionati, ogni allenatore, nell'arco
dei 4 tempi, può richiedere 2 time-outs con durata di un minuto l’uno, ma la richiesta
deve essere fatta quando la propria squadra è in possesso palla.
Se un match di pallanuoto richiede un risultato definitivo ma al termine dei tempi
regolamentari si è in una situazione di parità, dopo una pausa di cinque minuti, si
disputano due tempi supplementari, ognuno di tre minuti, con un intervallo di due
minuti tra il primo e il secondo. Se anche al termine dei tempi supplementari il
punteggio è di parità si procede con i rigori.
A ogni partita sono assegnati 3 punti per la vittoria, 1 punto per il pareggio, 0 punti per
la sconfitta.
Nella pallanuoto ci sono due tipi di falli: i falli semplici e i falli gravi. I falli semplici
non comportano sanzioni disciplinari, ma una punizione a favore dell'avversario. I falli
gravi comportano l'espulsione di chi li commette. La durata dell'espulsione è
generalmente di 20 secondi dopodiché il giocatore espulso può rientrare in campo.
1.2.2 Il campo
Il campo da gioco in cui si svolgono i match di pallanuoto sono specchi d'acqua, ovvero
piscine che nelle partite ufficiali devono essere conformi alle norme FINA.
La temperatura dell'acqua deve essere di 25 °C in una piscina al coperto e di 27 °C
all'aperto, anche se c’è una tolleranza di un grado in più o in meno.
Nella pallanuoto maschile la distanza tra le due linee di porta deve essere compresa tra i
20 e i 30 metri. Il campo deve essere largo almeno 10 metri e non superare il limite di
20 metri. Per le partite femminili, invece, il campo deve essere lungo 25 metri e largo
17 metri. Per le partite di entrambi i sessi l'acqua deve avere una profondità minima di
1.80 metri in tutti i punti della piscina (vedi figura 1).
Il perimetro del campo è caratterizzato da segnali di colori diversi e ben visibili durante
la partita, che indicano le linee di porta e di metà campo (segnali verdi), la linea dei 2
metri (segnale rosso) e la linea dei 5 metri (segnale giallo).
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Figura 1. Schema di un campo da gioco di pallanuoto
Durante una partita di pallanuoto vengono impiegate due porte di colore bianco, una per
ogni squadra, in grado di galleggiare. Le porte hanno una lunghezza di 3 metri mentre la
traversa deve essere posta a 90 centimetri dal pelo dell'acqua e la rete deve essere
attaccata in modo da chiuderne completamente lo specchio.
Il pallone usato nella pallanuoto è caratterizzato dalla sua superficie molto ruvida, che
permette una più agevole presa utilizzando un'unica mano, nonostante le discrete
dimensioni del pallone.
1.3 Gli atleti
Nella pallanuoto vi sono 5 ruoli principali: portiere, difensore, attaccante, centrovasca e
centroboa. La disposizione tipica di squadra è rappresentata da un semicerchio che al
suo interno contiene il sesto giocatore, il centroboa (vedi figura 2).
5
Figura 2. Schema di gioco nella pallanuoto
Il portiere non possiede un numero che lo identifichi e ha il compito di difendere la
propria
porta,
per
questo,
può
toccare
la
palla
con entrambe
le
mani
contemporaneamente, respingere la palla con il pugno chiuso e spingersi sul fondo della
piscina. È distinguibile dagli altri giocatori per la sua calotta rossa.
Gli attaccanti sono i due pallanuotisti più avanzati e defilati, che si posizionano sulla
linea dei due metri, identificati con il numero uno, attaccante destro, e cinque, attaccante
sinistro.
I difensori sono, dopo il centrovasca, i giocatori più arretrati, con il compito di ripiegare
in fase difensiva; nella numerazione sono contrassegnati dal numero due, difensore
destro, e quattro, difensore sinistro.
Il centrovasca, detto anche marcatore quando ricopre il ruolo difensivo, è il giocatore
più arretrato del semicerchio, identificato col numero 3. In fase offensiva ha ruolo di
regista, trovandosi a metà del semicerchio, mentre in fase difensiva, il suo scopo è la
marcatura del centroboa avversario.
Il centroboa, contrassegnato dal numero 6, è il giocatore più vicino alla porta
avversaria, con il più importante ruolo in fase d'attacco: il suo obiettivo, infatti, è quello
di concludere a rete da breve distanza, o magari di ottenere l'espulsione del proprio
marcatore. Il gioco moderno si basa proprio sulla figura del centroboa, motivo per cui le
tattiche difensive hanno lo scopo di ostacolarne i passaggi o di limitarne lo spazio a
disposizione e i movimenti, con una strategia chiamata difesa a uomo, pressing o difesa
a zona.
6
Nel gergo pallanuotistico, con il termine uomo in più si indica la superiorità numerica di
una delle due squadre, causata da un fallo grave e quindi con conseguente espulsione, di
un giocatore. Nel caso in cui avvengono due espulsioni per una stessa squadra, si parla
di doppia superiorità numerica. In questa situazione, molti allenatori tendono a far
arretrare un uomo che non parteciperà all'azione, così da creare una situazione di uomo
in più.
1.4 Impegno fisico del pallanuotista
Gli atleti che praticano pallanuoto sono sottoposti ad un notevole sforzo durante la
partita, in quanto si ritrovano a eseguire sia fasi di accelerazione che di decelerazione,
alle quali si aggiungono arresti e cambi di direzione e gesti tecnici che richiedono
precisione e freddezza. Il pallanuotista deve saper nuotare a ritmi variabili e a più
distanze, deve saper saltare da fermo o dopo brevi rincorse, deve saper superare le
braccia alte dei difensori nel passare la palla ai compagni e/o nel tirarla in porta e deve
sapersi muovere in piccoli spazi per mantenere o conquistare il possesso palla. La
difficoltà è data dal dover fare continuamente tutto questo sotto la pressione degli
avversari e con tempi di recupero molto brevi.
I pallanuotisti godono di una certa possenza fisica, che non diventa prerogativa, ma è
importante dal momento in cui, durante lo svolgimento del gioco, sono frequenti i
contatti tra i nuotatori.
La pallanuoto richiede ai suoi atleti una buona capacità natatoria per gli spostamenti e il
coordinamento. Essendo, questo, uno sport sviluppatosi dal nuoto, i muscoli esercitati
durante l’attività sono gli stessi dell'attività sportiva originaria: l’impegno muscolare
riguarda, infatti, tutti i muscoli del corpo, ma a differenza del nuoto, la pallanuoto si
concentra maggiormente su quelli degli arti inferiori e del busto. Come il nuoto, questo
sport potenzia la capacità polmonare e favorisce un miglioramento della coordinazione
motoria.
Uno dei movimenti fondamentali della pallanuoto è dunque la nuotata, che permette ai
giocatori di spostarsi dentro l'acqua, anche se lo sport richiede che si nuoti con la testa
fuori dall'acqua, per poter seguire costantemente l'evoluzione del gioco, e con la
bracciata molto corta, per facilitare il controllo della palla durante la nuotata. In base
7
alla fase di gioco che si viene a creare vengono usati più stili di nuotata, con
caratteristiche atte ad affrontare ogni situazione nel miglior modo possibile.
La nuotata a forbice, detta anche Trudgeon, utilizzata frequentemente, imprime potenti
accelerazioni alla nuotata, permettendo un ottimo galleggiamento e un buon
mantenimento della testa fuori dall'acqua. La nuotata a bicicletta è utilizzata per
mantenere costantemente il corpo fuori dall'acqua quando si è in posizione verticale. La
nuotata a dorso viene utilizzata per il ritorno in difesa o per la ricezione dei lanci
lunghi, anche se il dorso eseguito nella pallanuoto differisce da quello del nuoto poiché
permette di mantenere la testa più alta e, di conseguenza, avere una miglior visuale di
gioco.
Il passaggio è una parte fondamentale del gioco, soprattutto in fase offensiva. Nella
pallanuoto il passaggio di palla da un giocatore all’altro avviene continuamente e in
modo rapido e preciso. Ciò serve per disorientare la difesa e a trovare un giocatore con
lo specchio della porta libero. Si distinguono due tipi principali di passaggio: il
passaggio sulla mano che consiste nel passare la palla a un giocatore, direzionandola
verso la mano del ricevente, così da facilitarne la presa e il passaggio sull'acqua che
consiste nel passare la palla a un giocatore, direzionandola sull'acqua, in una zona vicina
al ricevente.
Il tiro nella pallanuoto è molto importante e richiede un movimento in due fasi: la
trazione, ovvero la preparazione, con elevazione del busto e il tiro vero e proprio che
consiste nello scagliare, con un movimento rapido del braccio, la palla verso la porta
avversaria. Un buon tiro necessita di una buona coordinazione e di un’ottima
elevazione.
8
Figura 3. Atleta di pallanuoto durante un’azione di gioco
Al giocatore di pallanuoto è richiesta, quindi, una buona resistenza, elevate capacità di
scatto e salto e buone doti di forza, coordinazione e flessibilità articolare, proprio perché
la pallanuoto, come tutti gli sport di squadra, è caratterizzata da sforzi intermittenti, in
quanto alterna, continuamente, sprint brevi e rapidi a momenti più passivi.
1.4.1 I fattori bioenergetici della pallanuoto
In funzione del tipo di substrato energetico sfruttato per il lavoro muscolare, la
pallanuoto è classificata come uno sport ad impegno aerobico – anaerobico alattacido
alternato. Questa classificazione indica un’alternanza di fasi subaerobiche, con impegno
inferiore alla massima capacità aerobica, di fasi aerobiche, al limite della capacità
aerobica, di fasi anaerobiche, cioè superiori alla capacità aerobica, e di fasi di riposo.
L’alternanza delle fasi proviene dall’alternanza dei diversi movimenti previsti nella
pallanuoto.
La pallanuoto è uno sport a durata intermedia e quindi vi è l’impiego contemporaneo di
più sorgenti energetiche. La classificazione temporale, deriva dai tempi di erogazione
delle diverse fonti energetiche utilizzate dai muscoli per la contrazione. L’energia
chimica che si libera nella scissione dell’acido adenosintrifosforico (ATP), è infatti,
l’unica forma di energia che il muscolo può utilizzare direttamente per la contrazione.
9
La quantità di ATP presente nelle cellule muscolari, tuttavia, è molto limitata
(5mmoli/kg), ed utile solo per poche contrazioni: diventa, quindi, necessaria la risintesi
di ATP affinché il muscolo possa continuare a contrarsi. Provvedono a ciò ben tre
diversi processi chimici, che costituiscono le sorgenti energetiche di tutte le attività
vitali:

Meccanismo aerobico

Meccanismo anaerobico lattacido

Meccanismo anaerobico alattacido
Il meccanismo aerobico ricava l’energia per la sintesi di ATP dalle molecole di glucosio
che, attraverso una serie di reazioni biochimiche, vengono scisse fino a formare anidride
carbonica e acqua. Il substrato di partenza può essere rappresentato anche dai grassi, in
particolare dagli acidi grassi liberi, anch’essi ridotti ad anidride carbonica ed acqua. In
entrambi i casi, è necessaria sempre la presenza di ossigeno, che deve essere trasportato
dall’aria fino ai muscoli che lavorano, più precisamente nei mitocondri delle fibre
muscolari. Per questo motivo, nella pallanuoto è fondamentale la capacità di utilizzare
molto ossigeno nell’unità di tempo, specie nelle fasi di recupero.
Il meccanismo anaerobico lattacido prevede la scissione degli zuccheri, quindi di
glucosio, in assenza di ossigeno (anaerobiosi), con formazione di acido lattico
(lattacido) ed energia, sotto forma di ATP.
Il meccanismo anaerobico alattacido è il sistema energetico usato negli sforzi brevi. In
movimenti rapidi e improvvisi come uno scatto di pochi metri, un balzo o un tiro, i
muscoli consumano quello che deriva dalla fosfocreatina. La fosfocreatina è, infatti,
costituita da una molecola di creatina e da una di fosfato unite da un legame altamente
energetico, che, se si rompe, cede energia sufficiente a formare l’ATP a partire da ADP
e fosfato (P). È un meccanismo energetico “anaerobico” perché non richiede ossigeno e
viene chiamato “alattacido” perché non porta alla formazione di lattato. L’ATP che
deriva da questo meccanismo, tuttavia è poco, poiché i livelli di fosfocreatina nei
muscoli sono limitati. Questo meccanismo consente di sintetizzare una quantità di ATP
circa quattro volte superiore a quella che si trova nei muscoli all’inizio dello sforzo. La
quantità di ATP che, per ogni secondo, può essere messa a disposizione dei muscoli è
molto più elevata di quella che può derivare dal meccanismo lattacido e dal meccanismo
aerobico in quanto la fosfocreatina ha una potenza assai maggiore.
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La componente anaerobica nella pallanuoto si riferisce principalmente al meccanismo
anaerobico alattacido a causa dei frequenti sforzi massimali effettuati per pochissimi
secondi. Il meccanismo aerobico prevale nelle pause e nelle fasi lenti del gioco: serve,
infatti, per ripristinare le riserve energetiche così da mantenere un rendimento
fisiologico adeguato durante il match. Il fatto che la frequenza cardiaca media di una
partita di pallanuoto è di 160-180 battiti al minuto indica proprio una certa potenza
aerobica e un adattamento di base. La componente anaerobica lattacida, invece, nella
pallanuoto è utilizzata raramente e solo da alcuni giocatori e in alcune occasioni.
Il giocatore di pallanuoto deve possedere, quindi, un minimo di efficienza aerobica di
base, alla quale poi, si aggiunge l’allenamento della capacità di ripetere sforzi molto
brevi ad alte intensità, in modo da tenere un buon ritmo durante tutta la partita. È
necessario, quindi, godere di una soglia aerobica-anaerobica elevata, con buoni tempi di
recupero da utilizzare al meglio durante il match. Per ciò che riguarda l’impegno
muscolare, l’atleta di pallanuoto ha un impegno importante sia per quanto riguarda i
movimenti che le sollecitazioni all’apparato muscolo–scheletrico, per questo bisogna
allenare la capacità di effettuare sforzi con impegno muscolare diversificato e
complesso.
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Capitolo II
La dieta dell’atleta
2.1 I fabbisogni dell’atleta
Lo sportivo, continuamente sottoposto a stress psico-fisico a causa di allenamenti
quotidiani e preparazione alle competizioni, rispetto al soggetto normale ha sicuramente
dei fabbisogni diversi. Primo fra tutti, l’atleta deve soddisfare una certa normocaloricità,
in assenza della quale ci sarebbe una situazione di carestia e di emergenza, in cui a
risentirne sarà certamente il metabolismo che risulterebbe rallentato (Douyon 2002),
con conseguente perdita della massa muscolare e accumulo di grasso. A questo
andrebbe ad aggiungersi anche una sensazione generale di stanchezza, apatia e una
voglia di non fare niente.
Altro fabbisogno che l’atleta deve rispettare è la normoproteicità, in quanto le proteine
vanno a costituire il muscolo che è l’organo per eccellenza utilizzato nello sport, in
quanto adibito al movimento. Non tutti, però, sanno che le proteine formano anche i
recettori, gli enzimi, gli ormoni, le immunoglobuline e le citochine e per questo motivo
una ridotta assunzione proteica, soprattutto nello sport, implica una riduzione del
metabolismo.
Per fare muscolo servono attività fisica e giusto apporto di proteine; tuttavia esiste un
terzo fattore spesso lasciato nell’ombra: la normocaloricità (Speciani, 2014). Ebbene,
mangiare tanto da soddisfare il proprio equilibrio metabolico è un segnale ipotalamico
che permette la crescita e lo sviluppo muscolare, trasformando l’allenamento in
adattamento. Situazione, questa, che in carestia renderebbe vano il lavoro di
potenziamento, anche se l’introito proteico fosse elevato, proprio perché, mancando i
giusti fabbisogni energetici, le proteine stesse verrebbero trasformate in zuccheri e non
in muscolo.
12
Parola d’ordine nell’atleta: cibo, perché l’atleta deve mangiare, evitando digiuno e dieta
ipocalorica; deve soddisfare la normocaloricità e la normoproteicità: bisogna mangiare e
pure tanto, senza guardare male un atleta che richieda la tripla porzione rispetto alla
porzione di un semplice sedentario. Il fabbisogno nell’atleta è, infatti, elevato, tanto da
richiedere un elevato apporto calorico e proteico per non oltrepassare quella sottile linea
che c’è tra la normocaloricità e l’ipocaloricità, che negli atleti è la prima causa di perdita
di massa muscolare. In particolare, questo succede perché negli atleti che praticano
sport in modo intenso c’è un’elevata produzione di catecolammine (adrenalina e
noradrenalina) e di endorfine, entrambe con effetto anoressizzante, che riducono il
senso di fame. Quest’effetto è evidente durante un allenamento pomeridiano che
culmina con un basso senso di fame a cena, seguito magari dal sonno che prevale sul
fabbisogno. A questo si aggiunge la produzione, che si ha durante l’attività fisica, di
molecole che aumentano la trascrizione, nella cellula muscolare, delle proteine UCP
(proteine disaccoppianti) che dissipano sotto forma di calore l’energia ottenuta dal cibo,
incrementando il problema nello sportivo, di raggiungere un equilibrio energetico.
Si deve mangiare per quanto si consuma, questa è la regola! E nello sportivo la si deve
rispettare per preservare la massa muscolare e assicurare una buona performance
sportiva.
2.2 L’allenamento
L’allenamento è una fase di adattamento che serve all’atleta per migliorare la propria
capacità cardiaca, il massimo volume di ossigeno o per costruire nuova massa
muscolare. Questa è una fase delicata nella vita di uno sportivo perché richiede che in
partenza ci siano le condizioni ideali relative a normocaloricità e ormoni, quali leptina e
cortisolo.
Allenarsi per raggiungere un adattamento funzionale non può non tener conto della
normocaloricità, in termine di segnale leptinico: la leptina, prodotta dalle cellule
adipose, segnala le condizioni in cui l’organismo si trova; in una situazione di
ipocaloricità l’ipotalamo non attiverà gli assi metabolici, in quanto sarà in modalità
“riserva”, negando ulteriore consumo energetico e negando all’ipofisi la produzione
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dell’ormone della crescita, il GH, che non permetterà produzione di massa muscolare, in
quanto l’organismo si trova in deficit energetico.
Per quanto concerne il cortisolo, invece, è importante che l’atleta possa contare su una
certa disponibilità endogena di questo ormone dell’umore, la cui carenza genera
depressione, perché aiuta ad affrontare le situazioni di stress e il carico di lavoro a cui è
sottoposto uno sportivo. Un eccesso di cortisolo, tuttavia, comporta ritenzione idrica e
soppressione immunitaria, ma se c’è un buon funzionamento del segnale leptinico che
controlla l’asse metabolico del cortisolo, il problema non esiste (Richard 1999). Quindi
si ritorna, ancora una volta, alla normocaloricità, garantita qualitativamente e
quantitativamente da una buona assunzione alimentare, che assicuri il raggiungimento
del segnale della leptina all’ipotalamo. Solo in questo modo, l’energia ottenuta servirà
da substrato per un adattamento funzionale mediante l’allenamento.
2.2.1 Il pre-allenamento
Quando si inizia un allenamento, si sa, è bene avere lo stomaco vuoto ma le riserve
piene, e quando si parla di riserve, ci si riferisce sostanzialmente a quelle di glicogeno.
Il muscolo in allenamento lavorerà tanto da necessitare di tutto l’afflusso di sangue che
gli possa assicurare la massima ossigenazione, che in una situazione, invece, di stomaco
pieno, verrà condivisa con l’apparato digerente concentrato alla fase digestiva. In
quest’ultimo caso la prestazione sarà sicuramente tanto ridotta quanto maggiore sarà il
tempo di digestione degli alimenti assunti. Sono cibi più difficili da digerire, ad
esempio, le proteine, i grassi e i cibi solidi.
Gli allenamenti per un atleta, tuttavia, non sono cosa quotidiana, e allora bisogna
differenziare, dal punto di vista nutrizionale, i giorni in cui lo stesso si allena da quelli
in cui riposa. Sappiamo che il fabbisogno energetico quotidiano di un soggetto dipende
dal metabolismo basale e dal dispendio energetico dovuto alle attività che si praticano
quotidianamente e da quelle invece, sportive. Diventa importante la suddivisione in
percentuali dei nutrienti in base proprio al dispendio energetico, suddivisione che
riguarda soprattutto i carboidrati, perché le proteine necessarie restano più o meno
stabili per ogni atleta; i carboidrati, meglio se integrali, sono, invece, la componente
aggiuntiva che compensa il carico di lavoro.
2.3 Gli errori dietetici dell’atleta
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Gli sportivi cadono spesso in tentazioni commettendo dei piccoli errori nel corso della
loro vita quotidiana.
Primo in assoluto è saltare la colazione, pasto fondamentale per iniziare bene la
giornata, ma soprattutto per il fatto che questa rappresenta il primo segnale di
abbondanza all’ipotalamo, capace di attivare tramite il segnale leptinico gli assi
metabolici più importanti del nostro organismo: l’asse tiroideo, l’asse sessuale, l’asse
ipotalamico della crescita di ossa e muscoli e l’asse dell’umore (Roemmich 2009).
Il secondo errore in cui si imbattono gli atleti è, spesso, un eccessivo utilizzo di zuccheri
semplici e carboidrati raffinati dovuto all’assunzione di cibi quali snacks, bevande
zuccherate, gelati e dolciumi vari, mentre sarebbe più opportuno abituarsi ad utilizzare
nei pasti principali carboidrati complessi ed integrali che sono, oltretutto, anche a lento
assorbimento, sfavorendo in questo modo i picchi glicemici.
2.4 L’equilibrio minerale
Gli sportivi sono soggetti ad allenamenti, performance e gare per periodi variabili
durante i quali la quantità di liquidi persi con sudore ed espirazione è notevole e il
metabolismo è alquanto accelerato, tanto che in questi soggetti è di vitale importanza il
ripristino non solo di liquidi, ma quanto di minerali e vitamine; altrettanto adeguata
deve essere la copertura di antiossidanti per equilibrare l’eccesso di radicali liberi che
possono formarsi.
Chi fa sport produce notevoli quantità di sudore perché le ghiandole sudoripare hanno il
compito di raffreddare l’organismo, eccessivamente surriscaldato quando si muove;
sudore, tuttavia, non significa solo acqua, ma anche sali disciolti in essa. La
composizione del sudore varia al variare del movimento: nei movimenti meno intensi
insieme all’acqua il sudore è composto anche da sodio, mentre in movimenti che
provocano una sudorazione più intensa, al sodio e all’acqua si aggiungono anche sali
quali potassio e magnesio. Questo si verifica, semplicemente perché una sudorazione
lenta, in genere, permette ai dotti ghiandolari di recuperare potassio e magnesio.
Il sodio è un minerale di vitale importanza per la trasmissione dell’impulso nervoso e
quindi, esercita un ruolo fondamentale nella contrazione muscolare. La nostra
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alimentazione abbonda di sodio, perché il comune sale da cucina viene aggiunto su
quasi tutti i cibi, senza contare il fatto che quasi tutti gli alimenti contengono sodio, e
anche in grandi quantità (formaggi, salumi, pane e prodotti industriali). Per questo
motivo, l’iponatremia, ossia la carenza di sodio, è una condizione che si verifica molto
raramente negli sportivi, a meno che non vi sia una predisposizione, accompagnata da
sudorazione prolungata e abbondante. La carenza di sodio provocherebbe un
rallentamento motorio e una sensazione di affaticamento muscolare. L’integrazione di
sodio è possibile mediante bevande energetiche o con bicarbonato di sodio, che
contrasta tra l’altro, l’eccessiva produzione di acido lattico durante l’attività fisica,
andando a reintegrare la riserva alcalina.
Il magnesio è un altro elemento importante per gli sportivi, in quanto è coenzima
energetico: un atleta, per potenziare le proprie prestazioni muscolari e favorire il
recupero, necessita circa di 250 mg di magnesio al giorno, distribuito tra i pasti.
Altro sale minerale che viene perso in un’attività fisica intensa è il potassio, elemento
vitale per la contrazione cardiaca. La perdita di potassio si verifica con il vomito
(Speciani A. Speciani L., 2009), con l’uso di diuretici o in seguito a una notevole spesa
energetica, tipica degli atleti, che attiva il cortisolo (ormone dello stress) che, come
l’aldosterone, provoca la perdita di potassio.
Ripristinare sodio, magnesio e potassio durante l’attività sportiva è importante, ma tale
integrazione deve essere in forma estremamente assimilabile, mentre l’integrazione
quotidiana deve avvenire mediante la nutrizione con frutta e verdure fresche.
Gli atleti, ma soprattutto le atlete, devono preoccuparsi di un altro minerale di cui
necessitano per ossigenare i muscoli e mantenere una buona prestazione: il ferro. La
carenza di ferro comporta infatti, una riduzione di emoglobina che riduce l’apporto di
ossigeno ai muscoli che devono lavorare. In genere, l’anemia degli sportivi è quella
sideropenica, dovuta proprio alla carenza di ferro, che a sua volta, può essere causata da
un ridotto apporto di ferro alimentare, come accade per i vegetariani e per le donne, da
un ridotto assorbimento intestinale di ferro, tipico, ad esempio, di uno stato
infiammatorio a cui può portare un allenamento protratto, ed infine, da un’eccessiva
perdita di ferro con urine, feci e sudore. Per le donne, il ciclo mestruale aumenta
notevolmente le perdite di ferro rispetto agli uomini, oltre a quello che entrambi
perdono tramite il sudore. I rimedi per la carenza di ferro sono sicuramente i prodotti
alimentari che contengono questo minerale, specie se nella forma eme, mettendoli ad
ogni pasto principale: ad esempio carni, pesce, salumi, tonno e affettati.
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L’infiammazione, causata, ad esempio, dall’allenamento, ostacola l’assorbimento e il
trasporto di ferro, quindi l’alimentazione di soggetti anemici è bene che sia ricca di
alimenti anti-infiammatori quali l’olio di pesce. Un altro rimedio semplice è l’uso dei
cereali integrali, sostituendoli ai prodotti bianchi e raffinati, in quanto in termini di
contenuto di ferro, la differenza varia da 5 a 20.
Il bilancio dei minerali nelle cellule è mantenuto dalla pompe ioniche che funzionano
consumando energia. In carenza di energia, queste pompe perdono di efficacia causando
l’eccesso o la carenza di un minerale in un compartimento cellulare. Basse
concentrazioni di potassio nella cellula, ad esempio, riducono la capacità muscolare,
riducendo la sintesi di nuove proteine, oppure elevati livelli di calcio nella cellula
diventano segnale infiammatorio, che porta ad una maggiore probabilità di infortuni,
che riducono, poi, la prestazione. La cellula non deve mai essere carente di energia
durante una gara, così come l’apporto dei minerali deve essere adeguato, specie il
magnesio, elemento antagonista del calcio, che protegge la cellula proprio dagli eccessi
di calcio, aiutandola a utilizzare l’energia; risultato: minor rischio infortuni e migliore
prestazione.
I minerali da integrare nello sportivo sono anche il Selenio, che ha forti capacità
antiossidanti e il Cromo, utile, nel metabolismo degli zuccheri e nella resistenza
insulinica.
Zinco, Rame e Manganese svolgono un ruolo primario per il buon mantenimento del
sistema immunitario e assumerli è una buona pratica per un atleta continuamente
soggetto ad allenamenti e gare che presuppongono un elevato carico di lavoro, oltre che
condizioni ambientali talvolta sfavorevoli.
2.5 L’idratazione
L’acqua è il bene più prezioso per un atleta, che deve provvedere a un ripristino
immediato dei liquidi persi, in quanto la riduzione di acqua nel corpo di chi pratica sport
è correlata a una riduzione in prestazione; in particolare, una disidratazione del 5% è
direttamente proporzionale a una ridotta prestazione del 10%. Il mancato ripristino di
acqua nell’atleta, a lungo andare, provoca il blocco delle gambe. L’assorbimento di
acqua non avviene in modo immediato, ma varia in base alle quantità: un litro di acqua,
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richiede, ad esempio, circa un’ora di tempo per essere assorbita e questo significa che,
se si beve dopo aver perso il primo litro, resteremmo comunque disidrati per tutta l’ora
successiva; situazione questa, che peggiora in ambienti caldi ed umidi. L’integrazione
con glicerolo, invece, aiuta il processo di disidratazione durante l’attività fisica in
quanto lo rallenta.
La disidratazione, se non ripristinata nel quotidiano, oltre che ridurre la performance
sportiva provoca anche, a lungo andare, la formazione di sabbia biliare, causando dolore
al fianco destro durante la gara, in quanto, in assenza di acqua è facilitata la formazione
di cristalli insolubili di calcio o colesterolo, che precipitano nella cistifellea.
2.6 Infiammazione e ossidazione cellulare
L’attività fisica, specie se intensa, ha una forte ripercussione sull’infiammazione e
sull’ossidazione cellulare, perché il mitocondrio durante gli sforzi fisici produce le
cosiddette specie reattive dell’ossigeno, che non sono altro che i famigerati radicali
liberi. L’ossigeno è usato nei processi di ossigenazione e ossidazione di macronutrienti
da parte delle cellule. La riduzione o la carenza di ossigeno, oltre che impedire questi
due importanti processi per le cellule, provoca altresì inquinamento cellulare, in quanto
viene meno il disintossicante cellulare per eccellenza, causando accumulo di tossine
che disturbano le normali funzioni di una cellula.
È noto a tutti che i radicali liberi sono i principali responsabili di processi quali
l’invecchiamento, lo stress e le malattie degenerative, perché sono sostanze tossiche che
attaccano il nostro sistema immunitario minacciando la nostra salute. Il nostro sistema
immunitario, tuttavia, produce anch’esso radicali liberi, quando deve eliminare parassiti
troppo grandi per i soli anticorpi.
Gli sportivi, in quanto tali, producono elevate quantità di radicali liberi ma gli stessi
sono più soggetti ad andare incontro a sostanze pericolose ed estranee. La correlazione,
tuttavia, non è tanto grave come generalmente si suole pensare: i soggetti più allenati
sono anche i più protetti. L’allenamento, col tempo, conferisce agli sportivi la capacità
naturale di contrastare i radicali liberi, mediante un’aumentata espressione di enzimi
antiossidanti (J. Fam. Health Care n.3, 2010). Questa capacità aumenta con l’aumentare
della durata degli allenamenti e delle performance agoniste, ma anche con la forza dei
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singoli atleti. Lo sport conferisce ai soggetti che lo praticano buone capacità
antiossidanti alle quali, tuttavia, è bene associare un’integrazione, al fine di ottenere una
buona qualità della prestazione. Il problema dei radicali liberi è sostanzialmente lo
stress ossidativo, ossia quando vi è un’eccesiva produzione contro una ridotta
eliminazione degli stessi. Dal momento che lo sport aumenta la capacità antiossidante di
un soggetto, l’integrazione esterna assume un altro significato: non diventa tanto
urgente e indispensabile, ma sarà meno impegnativa e più leggera in termini di dosi, da
aumentare magari nella fase di mantenimento. In ogni caso, l’integrazione esterna passa
sicuramente dall’alimentazione, in particolare da vitamine come la C, presente in
agrumi, kiwi e peperoni, la A contenuta in mirtilli, carote e melone e la E dell’olio
extravergine di oliva e della verdura a foglia verde. I minerali, hanno anch’essi proprietà
antiossidanti e tra questi spicca il Selenio cofattore di numerosi enzimi antiossidanti,
seguito da Zinco, Rame e Manganese.
2.7 L’integrazione
2.7.1 Integrazione post gara
Al termine di una gara o di un allenamento, rientrare in condizioni normali,
reintegrando tutte le perdite, può essere il modo più corretto per affrontare le prestazioni
future.
La prima perdita, più evidente e più importante per la reintegrazione, è sicuramente
l’acqua: integrare i liquidi persi è la prima cosa da fare subito dopo una competizione o
dopo
un
allenamento.
La
reidratazione
serve
innanzitutto a
ristabilire
la
termoregolazione e poi a reintrodurre i liquidi persi col sudore, che altrimenti
porterebbe a un’ipovolemia. Bere deve essere un’azione automatica che non richieda
neppure la sensazione della sete.
Una volta reintegrata l’acqua, vanno recuperati gli zuccheri e poi le scorte,
riformandole.
Il ripristino degli zuccheri può avvenire anche tramite il consumo di alimenti ad alto
indice glicemico come miele, fichi secchi e succhi di frutta, perché l’obiettivo è quello
di ristabilire i livelli di glucosio nel sangue nel range di normalità. Gli zuccheri, tuttavia,
servono anche a creare le scorte muscolari di glicogeno, anche se questo è un processo
19
più lento, che richiede più tempo: si parla di alcuni giorni, ma varia da soggetto a
soggetto.
Una delle scorte da ricreare è quella dei minerali, in particolare il sodio che si perde
assieme al sudore, il calcio necessario per il rimodellamento osseo e il ferro che viene a
mancare per lo schiacciamento dei globuli rossi. L’assorbimento del ferro è facilitato
dalla presenza di acido ascorbico e dall’esercizio fisico, mentre si riduce in presenza di
acido tannico e polifenoli.
Le vitamine sono un’altra porzione persa che va reintegrata, in particolare le vitamine
del gruppo B, di cui ne sono ricchi i cereali integrali, i legumi, il tuorlo d’uovo e i semi
oleosi e gli antiossidanti, come la vitamina A, C ed E, presenti in frutta e verdure
fresche, cereali integrali e oli vegetali. Quest’ultime vitamine sono, oltretutto, una fonte
di antiossidanti importante per il post-gara, assumibile semplicemente con un frutto o
sotto forma di una spremuta o centrifugato di frutta fresca. L’uva è un frutto che può
benissimo far parte di un succo o di un centrifugato di frutta, in quanto è composto da
acqua, zuccheri, vitamine, minerali e antiossidanti quali flavonoidi e polifenoli (il
Resveratrolo). Nonostante sia conosciuta per l’alto indice glicemico, l’uva presenta
d’altra parte un carico glicemico molto basso.
L’esercizio fisico pesa sicuramente sulle perdite di proteine muscolari, che vanno
ripristinate nei giorni successivi alla competizione, mediante alimenti proteici quali
uova, carne, pesce, derivati della soia e latticini. In ogni caso, il ripristino delle proteine
deve avvenire successivamente alla gara o allenamento perché in gara o nel pre-gara
l’organismo si ritrova ad affrontare situazioni metaboliche che richiedono energia,
fornita direttamente dagli zuccheri: le proteine andrebbero solo a fornire un substrato da
trasformare ulteriormente in zuccheri.
2.7.2 Alimentazione in gara
Quando si inizia una gara, la forma psico-fisica deve essere ideale e questo presuppone
che ciascun atleta abbia le scorte energetiche ben rifornite ma lo stomaco vuoto, ovvero
deve aver ben digerito l’ultimo pasto mangiato. In media, ognuno di noi possiede
riserve di glicogeno per un totale di circa 2000 Kcal, che rappresentano la riserva
zuccherina alla quale attinge l’organismo durante il movimento. Il glicogeno è ripartito
tra muscolo, che ne contiene in maggioranza, e fegato che ne possiede una minima
parte. Il glicogeno epatico è disponibile per le necessità energetiche di tutti gli organi o
dei muscoli stessi, mentre il glicogeno muscolare può essere usato solo per il muscolo in
20
cui si trova. L’obiettivo di chiunque pratica sport diventa allora, mantenere sempre le
scorte di glicogeno epatico piene, perché, una volta esaurito il glicogeno muscolare nei
muscoli più sottoposti a sforzo, si può ricorrere al glicogeno epatico: in caso contrario,
il risultato sono i classici crampi, sui quali si può agire con un’integrazione di zuccheri,
che rifornirebbe subito le due riserve di glicogeno.
Durante una gara, l’unica integrazione sempre possibile rimane l’acqua, perché va a
tamponare la perdita di liquidi e, in minima parte, i minerali, in caso di sudorazione
eccessiva. Se la durata della competizione è prolungata nel tempo, la richiesta
energetica è maggiore di ciò che le scorte di glicogeno offrono, pertanto si può ricorrere
ad un’integrazione di zuccheri, che deve essere di facile e rapida assimilazione, meglio
se in forma liquida in una concentrazione che varia dal 6 all’8%. Nell’integrazione non
rientrano alimenti solidi, grassi e proteine perché si tratta di sostanze di difficile
assorbimento; inoltre negli sport di lunga durata che esauriscono le scorte di glicogeno,
si ricorre alle riserve di grassi, grassi, però, che non possono essere utilizzati in assenza
di zuccheri. Durante una gara è dunque fondamentale il fattore zuccheri.
2.7.3 Alimentazione pre-gara
In previsione di una gara, l’alimentazione di preparazione alla stessa, ha uguale
importanza di quella post e dell’integrazione in gara. L’obiettivo nutrizionale del pregara rimane quello di riempire bene le scorte di glicogeno e presentarsi con una
digestione ben ultimata, scegliendo gli alimenti giusti e valutando tutti quei fattori
psicologici di preparazione alla partita, che possono influire sui fenomeni digestivi.
Nelle ore a ridosso della gara è comunque buona norma mantenersi leggeri, ma ben
idratati assumendo le giuste quantità di acqua, assumendo alimenti zuccherini
facilmente assimilabili, quindi ad alto indice glicemico, quali frutta, miele e marmellate.
Da evitare, sia nel pre-gara così come nel durante, sono gli alimenti di difficile
assimilazione, perché l’obiettivo di questi momenti è ridurre al minimo il lavoro
digestivo dello stomaco. Quando si inizia un’attività, inizia contestualmente la
produzione di catecolamine che alterano il processo digestivo. La digestione richiede un
certo apporto di sangue che andrebbe a inficiare la disponibilità sanguigna e di ossigeno
dei muscoli che stanno lavorando.
Sono alimenti di difficile assimilazione quelli proteici e quelli ad elevato contenuto di
grasso che richiedono minimo 3-4 ore di tempo per essere digeriti; i carboidrati
complessi richiedono 3 ore di tempo, la frutta da 1 a 2 ore contro, invece, i 15 minuti
21
richiesti ad esempio, dai succhi di frutta. Grassi e proteine sono i due nutrienti più
difficilmente assorbibili, perché richiedono processi antistanti la digestione vera e
propria, che li riducano nelle unità poi assorbibili a livello del sistema digerente. Che sia
composto da grassi, proteine o zuccheri l’alimento avrà una diversa biodisponibilità in
quanto ad esempio, i grassi sono i nutrienti con la più lenta assorbibilità. Il nostro corpo,
nell’affrontare uno sforzo, richiede quindi fonti facilmente disponibili come gli
zuccheri, perché un’integrazione di grassi e proteine porterebbe il corpo ad utilizzare
queste fonti per ricavarne sempre zuccheri mediante processi che richiedono energia, la
stessa energia che toglieremmo ai muscoli che ne necessitano per lavorare (Maughan R.
J. Et al., 2004). La soluzione è allora assumere solo e direttamente zuccheri.
Nella scelta degli zuccheri è bene distinguere i tipi di zuccheri che esistono in natura.
Glucosio e fruttosio sono i due zuccheri semplici più conosciuti che, insieme, legati,
formano il saccarosio, che non è altro che lo zucchero da tavola, chimicamente
conosciuto come un disaccaride formato dai due monosaccaridi fruttosio e glucosio. Il
nostro organismo, per ottenere energia, si serve del glucosio, la nostra principale fonte
energetica, immediatamente disponibile. Il fruttosio, costituente della frutta, per essere
usato come substrato, deve essere convertito in glucosio nel fegato e nell’intestino.
Questo processo richiede più di un’ora di tempo, tempo impiegato dal fruttosio per
fornirci energia, contro l’immediata disponibilità del glucosio. E il tempo aumenta
ancor di più con il saccarosio, perché essendo questo un disaccaride, deve essere primo
scisso nei due monosaccaridi che lo compongono e poi subire i processi che portano alla
produzione di energia. Durante una competizione, il muscolo è cosi stremato dal lavoro,
che richiede energia nel modo più diretto e immediato possibile e solo il glucosio
soddisfa questa richiesta. L’assunzione del glucosio in gara, oltretutto non causa
iperglicemia, come altrimenti farebbe in una situazione di riposo, perché si ritrova in
una condizione in cui padroneggiano due ormoni anti-insulinici quali adrenalina e
glucagone e in cui deve ripristinare le scorte di glicogeno, ormai vuote, in fegato e
muscolo (Hawley J. A. et al., 1994).
Un fattore determinante nella scelta degli alimenti è la biodisponibilità che varia con lo
stato fisico, perché ad esempio i cibi solidi sono più lenti da digerire rispetto a quelli
liquidi e quelli freddi sono meno digeribili dei caldi.
Per riassumere, durante una gara un po’più prolungata l’atleta richiede zuccheri come
fonte energetica, per rifornire le scorte di muscoli e fegato, in una forma facilmente
assimilabile di modo che non venga meno energia al muscolo per l’assimilazione.
22
2.7.4 Altre integrazioni
È uso comune per gli sportivi e per chi pratica attività fisica in modo costante, fare uso
di integratori naturali durante la gara, con vane speranze di migliorare la prestazione.
Sono esempi di questo tipo di integrazioni, gli amminoacidi ramificati, per aiutare i
muscoli, smentiti dal fatto che, durante una competizione, i muscoli sono talmente
carenti di glicogeno, che trasformerebbero gli stessi amminoacidi in glucosio, a
discapito del fegato che realizza tale processo.
La creatina si crede aiuti la crescita muscolare, ma questo avviene solo negli sforzi ad
alta intensità e di breve durata, mentre non ha successo nell’attività di più endurance
(Redondo D. R. et al., 1996); d’altra parte può causare un danno renale.
La carnitina e il suo effetto sul miglioramento della prestazione è stato ben smentito da
numerose ricerche.
Lo stesso accade per le Maltodestrine, in quanto si tratta di catene di glucosio che
l’organismo, durante una gara, dovrebbe scomporre e poi trasformare, quando è più
facile assumere direttamente glucosio in forma liquida.
I prodotti fitoterapici come ginseng o guaranà sono, invece, più utili per l’aspetto psicofisico e per una migliore resistenza alla fatica e non per la prestazione sportiva in sé.
2.8 Mangiare fuori casa
Mangiare sano significa anche mangiare con calma, perché il cibo deve essere un
piacere più che una necessità. Molto spesso gli atleti, tuttavia, si ritrovano a
destreggiarsi tra allenamenti e vita privata trascurando i pasti o non dedicandovi la
giusta attenzione.
La colazione è il pasto principale di una giornata, perché attiva il metabolismo e
mantiene un certo equilibrio ormonale (Speciani L., 2014). La colazione deve essere
ricca, composta da un frutto, carboidrati a basso indice glicemico e proteine, ma non
tutti trovano tempo per sedersi a mangiare o per mangiare un po’ di più.
Un altro punto cruciale in una corretta alimentazione è la masticazione dei cibi, che
deve essere lenta, in quanto favorisce i fenomeni digestivi oltre a guidare un processo di
dimagrimento. Mangiare di fretta inficia tra l’altro, un altro aspetto: la qualità, perché la
scelta di qualsiasi cibo passi sotto mano, è consueta abitudine in chi mangia di fretta o
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fuori casa. Bisogna quindi prestare attenzione, anche quando il tempo per mangiare è
limitato: bisogna cercare sempre di consumare frutta o verdura, abbinare sempre una
fonte proteica, variare le scelte, non esagerare con i carboidrati e scegliere l’acqua come
bevanda preferenziale, o in caso, succhi o altre bevande non zuccherate.
La frutta secca o i semi oleosi sono un buon trucco per chi mangia fuori casa, in quanto
facile e comodo da portare con sé. La frutta secca è ricca di sostanze benefiche per la
salute umana e buona fonte di proteine vegetali (Fraser G. E. et al., 1992). I semi oleosi,
tra cui figurano noci, mandorle, pinoli, arachidi, nocciole, pistacchi, semi di girasole e
di zucca, devono essere però consumati crudi e naturali, senza aggiunta di sale o
zuccheri.
2.9 Potenziamento muscolare
Potenziare la massa muscolare, e quindi aumentarla in termini di dimensioni, è la base
di un’ottima prestazione sportiva e questo è l’obiettivo di molti atleti, raggiungibile,
tuttavia da un equilibrio di tre fattori. Potenziare i muscoli, è infatti, possibile, grazie
all’attività fisica in primis, da un buon apporto calorico, poi, e infine, da un adeguato
apporto proteico.
Uno solo dei 3 fattori non ci permetterà nessun potenziamento muscolare e la ragione
risiede nella biochimica e nella fisiologia del nostro organismo.
L’apporto proteico è fondamentale, in quanto i muscoli sono costituiti da proteine,
l’actina e la miosina, pertanto non fornire le proteine ai muscoli in allenamento,
significa non fornire la materia prima per la crescita e il potenziamento muscolare,
nonostante ci sia un buon allenamento. D’altronde c’è da dire che il nostro organismo
non riesce a sintetizzare proteine da altri substrati, quali zuccheri o grassi, ma deve
riceverli solo in forma esogena, con l’alimentazione. Le fonti proteiche alimentari sono
rappresentati da uova, carne, pesce e latticini e il fabbisogno proteico degli atleti deve
tenere conto di fattori quali età, sesso, peso, altezza e attività fisica praticata, perciò si
tratta di un qualcosa di estremamente soggettivo.
L’allenamento è lo stimolo che si trasforma in adattamento, è il segnale che giunge al
nostro corpo per favorire la crescita muscolare, perché si basa proprio sul lavoro a
carico dei muscoli stessi.
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Il terzo fattore è importante quanto gli altri due, ma spesso è il più ignorato: la
normocaloricità, che tradotto, significa, semplicemente cibo. Il nostro ipotalamo è il
nostro centro regolatore che gestisce i segnali afferenti dall’esterno, trasformandoli in
funzioni interne. Se viene stimolato perché riceve i segnali giusti, esso attiva la tiroide,
che favorisce lo sviluppo di massa muscolare, permette la secrezione di GH, l’ormone
della crescita che produce nuova massa muscolare e stimola le gonadi e l’ACTH
ipofisario che regola lo stress. In assenza di cibo, in una situazione di ipocaloricità,
l’ipotalamo capisce che c’è una condizione di carestia e blocca la formazione e la
crescita muscolare. Esso, infatti, tenderà a trasformare ogni sostanza in energia per la
sopravvivenza. Un elevato apporto proteico in una dieta comunque ipocalorica e con
concomitante allenamento non permetterà nessuna crescita muscolare. Il potenziamento
muscolare necessita che il metabolismo sia alto e questo è possibile solo grazie ad un
buon apporto calorico.
Calorie, proteine e allenamento sono, quindi, i fautori della crescita muscolare che
devono coesistere ed essere in equilibrio tra loro.
25
Capitolo III
Valutazione della composizione corporea
3.1 Introduzione
Determinare la composizione corporea è un elemento di informazione fondamentale
quando si interviene in ambito sportivo per curare l’aspetto fisico e nutrizionale degli
atleti.
L’equilibrio tra le parti che costituiscono il corpo di un atleta, è alla base di un’ottima
prestazione sportiva: ad esempio, un eccesso di grasso corporeo può costituire un
impedimento per l’allenamento fisico e la competizione sportiva, così come il deficit di
massa muscolare e la disidratazione, possono inficiare la prestazione atletica. I soggetti
sportivi dedicano tutti tempo e cura per il controllo e il mantenimento della loro
composizione corporea, con l’obiettivo di aumentare la massa magra e ridurre la massa
grassa, in modo da raggiungere un livello muscolare e/o un aspetto estetico ideale al
fine di migliorare le loro prestazioni sportive. Gli standard di peso e altezza, finora
utilizzati, non offrono informazioni utili nel valutare la composizione corporea, perché
l’eccesso di peso o di grasso dipende da vari fattori, con nette differenze, ad esempio,
tra uomini e donne. Gli atleti, infatti, quasi tutti caratterizzati da una muscolatura ben
sviluppata, vanno oltre il peso consigliato per il loro sesso e la loro altezza, quando la
loro composizione corporea è rappresentata, per la maggior parte, dalla massa magra
(McArdle W. D. et al., 2001).
3.2 Antropometria e valutazione della composizione corporea
L’antropometria è la scienza che analizza in termini quantitativi la forma del corpo,
fornendo utili informazioni sullo stato di salute generale del soggetto e, nel mondo
sportivo, del giovane atleta. Proprio in ambito sportivo, la semplice analisi
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antropometrica, sola, non basta, ma deve essere accompagnata dalla valutazione della
composizione corporea. Entrambe le valutazioni sono il punto di inizio che ci permette
di stabilire lo stato e i fabbisogni nutrizionali di ogni atleta.
In genere, i parametri antropometrici più utilizzati riguardano la statura, sia eretta che
seduta, il peso corporeo e le circonferenze.
La valutazione antropometrica del giovane atleta che pratica sport, tuttavia, non può
limitarsi alla misurazione di peso ed altezza, ma necessita di informazioni più precise
circa la composizione corporea. In ambito clinico e sportivo la valutazione della
composizione corporea fa riferimento a un modello a due compartimenti principali: la
massa grassa e la massa priva di grasso, la cosiddetta massa magra. Quest’ultima è
rappresentata da tutti gli apparati “funzionali” dell’organismo; è costituita da 4
sottocomponenti: acqua per il 70%, proteine per il 19% e poi minerali per il 6% e grasso
strutturale o essenziale per il restante 5%, rappresentato a sua volta da membrane
cellulari, midollo osseo e strutture anatomiche del sistema nervoso. La massa grassa
rappresenta, invece, il tessuto adiposo localizzato sotto la pelle (grasso sottocutaneo) o
intorno agli organi (grasso viscerale): l’84% di questo è formato da grassi, solo il 2% da
proteine e il restante 14% da acqua. Dopo la pubertà si creano delle differenze
percentuali tra maschi e femmine, per quanto riguarda il grasso essenziale che assume
una tipica distribuzione nell’uno e nell’altro sesso.
La divisione in compartimenti è di interesse anatomico, ma soprattutto funzionale,
perché i due compartimenti hanno diversa importanza nel metabolismo di un atleta, per
cui diventa fondamentale per la sua valutazione. La massa magra è il compartimento
con dispendio energetico e potenza aerobica elevati: qui avviene la trasformazione di
energia chimica in altre forme di energia; la massa grassa, invece, rappresenta la riserva
energetica, ma influisce negativamente sulla prestazione, non solo per il fatto che le
cellule adipose non contribuiscono direttamente alla produzione di energia, ma
soprattutto per l’incremento di peso corporeo che determina un aumento del carico di
lavoro.
Le variazioni quantitative dei due compartimenti dipendono dallo stato fisiologico e
dalle abitudini del soggetto. I soggetti in fase di accrescimento vanno incontro ad un
progressivo aumento del peso, sia in termini di massa grassa che di massa magra: il
preponderare dell’una o dell’altra dipende da fattori genetici e da fattori ambientali. Tra
questi ultimi rientra l’alimentazione e l’attività fisica. Una delle analisi di valutazione
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corporea più affidabile, pertanto utilizzata nella Medicina dello sport, è la
bioimpedenzometria (Giampietro M., 2005).
3.2.1 Bioimpedenzometria
La bioimpedenziometria è una metodologia usata per la valutazione della composizione
corporea che si avvale di uno strumento elettronico che misura i parametri fisicoelettrici del corpo umano. Quando si esaminano atleti, è bene conoscere la
composizione corporea degli stessi, in termini di massa grassa, massa muscolare e
idratazione e questo tipo di esame è possibile grazie proprio alla bioimpedenziometria,
che si serve dell’impedenza al fine di ricercare i parametri biologici voluti.
Il bioimpedenziometro deve essere uno strumento affidabile, come quello usato in
questo lavoro di tesi, il Biavector Akern 101 (figura 4).
Figura 4. Bioimpedenziometro Akern mod BIA 101 Anniversary
Esso misura la resistenza che passa tra due elettrodi posizionati sulla pelle degli atleti, in
particolare sugli arti, superiore ed inferiore. La resistenza è il valore che ci fornisce la
stima della quantità di acqua riscontrata, permettendo di suddividere la massa grassa e
la massa magra, in quello che è detto modello bicompartimentale della
bioimpedenziometria. Il valore della resistenza è, infatti, inversamente proporzionale al
contenuto idrico, il che significa, che maggiore è il contenuto corporeo di acqua minore
sarà la resistenza. I tessuti privi di grasso sono, quindi buoni conduttori, mentre i tessuti
grassi sono cattivi conduttori in quanto contengono minime parti di fluidi.
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Il modello tricompartimentale della bioimpedenziometria, usato nel presente lavoro di
tesi, aggiunge, invece, al valore della resistenza quello della reattanza. Questo valore
fornisce informazioni riguardanti il numero di cellule riscontrate al passaggio della
corrente tra i due elettrodi, infatti è proporzionale alla densità cellulare nei tessuti:
maggiore sarà il numero di cellule, maggiore la reattanza. Il modello tricompartimentale
ci permette di suddividere ulteriormente la Massa Magra (FFM) in massa cellulare
(BCM), che è la componente metabolicamente attiva, costituita dalle cellule muscolari e
degli organi e Massa Extra Cellulare (ECM) formata invece da scheletro, collagene,
legamenti, derma, plasma e liquido interstiziale (vedi figura 5).
Figura 5. Rappresentazione dei vari modelli compartimentali della BIA
La massa extra-cellulare ha funzione di supporto, mentre quella cellulare è il
compartimento funzionale. Lo sportivo avrà sicuramente una maggiore BCM rispetto
all’ECM, situazione inversa si riscontra, invece, nel soggetto deperito e malnutrito.
L’angolo di fase è un altro parametro che ci fornisce l’analisi bioimpedenziometrica; si
tratta del rapporto che c’è tra reattanza e resistenza ed è, pertanto, proporzionale alla
massa cellulare e inversamente proporzionale all’idratazione. È una misura espressa in
29
gradi che indica la proporzione tra i volumi intra ed extra-cellulari; nel corpo umano
oscilla tra i valori di 2-3 e 9-10.
L’analisi tricompartimentale della bioimpedenziometria è una metodica validata a
livello internazionale (Piccoli A. et al., 1995) e ha un margine di errore di circa 100g, il
che conferisce allo strumento un’elevata affidabilità.
I risultati ottenuti con il bioimpedenziometro ci forniscono, poi, informazioni sulle
condizioni di idratazione dei vari tessuti corporei, in particolare, sulle quantità di acqua
totale, acqua intra ed extracellulare. Da qui, se si considera che il contenuto di acqua si
mantenga costante sia nella massa magra che nella massa grassa, tramite calcolo
matematico,
si
può
ottenere
la
percentuale
delle
due
componenti.
La
bioimpedenziometria si basa sul principio che i tessuti magri, ricchi di fluidi ed
elettroliti, sono buoni conduttori di corrente elettrica, mentre il grasso corporeo funziona
quasi da isolante.
3.2.2 Misurazioni antropometriche
Le misurazioni antropometriche forniscono informazioni circa le dimensioni e la
composizione corporea, la struttura scheletrica, lo sviluppo osseo e dei tessuti molli.
Sono misure facilmente accessibili perché caratterizzati da metodologie semplici e
rapide, che permettono un elevato numero di misurazioni possibili. L’affidabilità delle
misurazioni dipende in primis, dagli strumenti che si utilizzano, che devono essere ben
tarati e standardizzati e poi dall’operatore che deve essere esperto e possedere una certa
esperienza con lo strumento stesso (Mc Ardle W.D, 2001).
Le misure dovrebbero essere rilevate in triplicato ossia dovrebbero essere svolte tre
misure per ogni parametro: il valore definitivo è il risultato della media delle tre
misurazioni.
Il peso è una misurazione che si effettua con una bilancia fornita di barra a pesi mobili,
con una graduazione visibile da entrambi i lati. I modelli di bilance sono tanti, per
esempio sono accettate anche le bilance di tipo digitale, purché siano calibrati e
affidabili.
30
Figura 6. Bilancia analogica Wunder
Il soggetto che viene pesato deve indossare solo la biancheria intima e porsi, rivolto
verso l’operatore, al centro della piattaforma, con il peso egualmente distribuito sui
piedi. Per ottenere un valore più vicino al reale del peso, soprattutto negli atleti, è
necessario eseguire la misura lontano dalla seduta di allenamento o della gara, per
evitare di sottostimare il peso a causa della disidratazione successiva all’esercizio fisico.
La statura eretta viene misurata con lo statimetro, o altimetro, che può essere fisso o
portatile, come quello utilizzato nel seguente lavoro di tesi (vedi figura 7).
Figura 7. Altimetro digitale Soehnle
31
Il soggetto, deve essere preferibilmente scalzo o con calze leggere, posto su una
superficie piana posta ad angolo retto rispetto all’asse verticale dell’altimetro. Il peso è
egualmente distribuito sui due piedi, la testa è orientata secondo il piano orizzontale di
Francoforte o piano orbito-auricolare, le braccia devono stare lungo i fianchi con il
palmo delle mani rivolto verso le cosce e i calcagni devono essere uniti tra loro. Si deve
mantenere una posizione alquanto eretta con scapole e glutei in contatto con l’asse
verticale.
32
Capitolo IV
Rilevamento di abitudini e consumi alimentari
4.1 Introduzione
Conoscere lo stile di vita e le abitudini quotidiane che guidano le scelte alimentari, è
fondamentale per poter intervenire e correggere eventuali errori nutrizionali in un
soggetto. Raccogliere informazioni su abitudini e consumi alimentari è, infatti, lo step
successivo alla valutazione corporea che ci permette di analizzare il profilo nutrizionale
della persona, e in questo caso, dello sportivo, potendo valutare l’eventuale relazione tra
lo stato alimentare e quello fisico-salutare.
La preponderanza di taluni alimenti rispetto ad altri, espone il soggetto ad una serie di
componenti alimentari che influenzeranno la composizione corporea dello stesso e di
conseguenza la prestazione sportiva.
Le abitudini alimentari sono alla base di un’alimentazione salutare in quanto devono
rispettare la cronobiologia, assecondando la secrezione ormonale regolata a livello
centrale dall’ipotalamo.
Nella pratica clinica, la raccolta di dati alimentari è un metodo indiretto di valutazione
dello stato nutrizionale, che permette di stabilire, sulla base dei dati raccolti,
l’adeguatezza o i rischi potenziali della dieta. Da qui, poi, l’intervento educativo di
correzione delle abitudini errate e/o mal gestite sul singolo soggetto, nonché il
monitoraggio dell’efficacia degli stessi interventi. Il rilevamento dei consumi alimentari
permette di valutare preferenze e frequenze di consumo dei vari alimenti, dato da tenere
sicuramente presente nell’intervento dietetico che si applicherà in seguito.
4.2 La raccolta dei dati alimentari
33
Diverse sono le tecniche che permettono il rilevamento dei dati alimentari, ognuna delle
quali presenta diverse modalità di realizzazione, di applicazione e diverso impegno
economico (Giampietro M., D’Acapito P., 2005).
Il livello di precisione e accuratezza del dato raccolto risulta inversamente
proporzionale al grado di partecipazione, la cosiddetta compliance che viene richiesta al
soggetto intervistato: una metodica semplice e rapida si rivelerà migliore rispetto ad una
più lunga e complessa. Questo fattore incide sulla raccolta delle informazioni, in quanto
la partecipazione del soggetto è fondamentale affinché l’indagine sia attendibile.
L’obiettivo che si vuole raggiungere è l’elemento di partenza nella pianificazione di una
raccolta dati, valutando fin dall’inizio se il dato alimentare interessa da un punto di vista
epidemiologico, clinico-nutrizionale, economico, socio-comportamentale o coinvolge
più aree di ricerca. Il passo successivo è la scelta della metodologia di rilevamento che
deve tenere in considerazione le risorse umane ed economiche disponibili, il contesto
socioculturale e le caratteristiche del campione.
4.3 Questionario delle frequenze di consumo alimentare (FFQ)
Il questionario delle frequenze di consumo alimentare o Food Frequency Questionnaire
(FFQ) è un test che rileva le abitudini alimentari dei soggetti a cui viene somministrato
e la frequenza di consumo degli alimenti, al fine di risalire alla dieta o semplicemente
all’assunzione dei vari componenti alimentari.
Le modalità di somministrazione del test sono del tutto semplici, che sia per autosomministrazione o che avvenga tramite un intervistatore.
Il FFQ è uno strumento largamente diffuso ed utilizzato nell’ambito dell’epidemiologia
nutrizionale, sia per identificare i cambiamenti del comportamento alimentare durante
un periodo definito e sia per confrontare le assunzioni dietetiche tra gruppi di individui
(Giampietro M., 2005).
In questo lavoro di tesi è stato utilizzato il FFQ per rilevare le scelte alimentari in un
gruppo di atleti che praticano pallanuoto al fine di valutare, prima, e correggere, poi, tali
scelte, in modo da farle sposare con un buono stato psico-fisico e di salute.
34
Capitolo V
Materiali e metodi
Il lavoro sperimentale ha avuto inizio con le prime analisi di valutazione corporea. Le
misure antropometriche e bioimpedenziometriche sono state rilevate due volte, con una
distanza l’una dall’altra di tre mesi: le primi analisi sono state effettuate il 29-11-2015
mentre le seconde il 23-02-2016. Durante il periodo intercorso tra le due rilevazioni gli
atleti sono stati impegnati nelle gare settimanali di campionato, iniziato nei primi giorni
di Gennaio 2016.
Insieme alla prima valutazione di composizione corporea si è svolta anche l’indagine
alimentare al fine di valutare le abitudini e i consumi alimentari dei singoli ragazzi.
L’intervento alimentare, con inizio nei primi giorni di Dicembre, ha fornito ai ragazzi
dei piani dietetici personalizzati, che hanno mirato a correggere le abitudini errate in
campo nutrizionale.
A distanza di un mese dall’inizio del percorso alimentare, sono state svolte delle
indagini e dei controlli per valutare che tutti gli atleti seguissero le prescrizioni di
un’alimentazione adeguata e di uno stile di vita sano.
5.1 Descrizione del campione
Lo studio sperimentale si è basato su un campione di 15 atleti agonisti, di sesso
maschile, della squadra di pallanuoto serie B di Cosenza. L’età è compresa tra i 14 e i
37 anni, con un’età media di 20 ± 7,09 anni. I ragazzi si sono prestati alle misurazioni
seguendo le direttive atte a ottenere valori attendibili e hanno mostrato grande
disponibilità alle valutazioni nutrizionali alle quali sono stati sottoposti.
5.2 Misure Antropometriche
35
L’analisi antropometrica ha rilevato i valori di peso e altezza per ogni atleta per due
volte durante il lavoro sperimentale.
Il peso è stato misurato per mezzo di una bilancia meccanica pesapersone Wunder mod.
R150A, strumento analogico con portata massima di 150 Kg e con indicatore analogico
circolare posizionato nella zona superiore. Le rilevazioni del peso sono state effettuate,
entrambe le volte, con gli atleti nelle stesse condizioni, ossia a digiuno da 3 ore e prima
di ogni allenamento. Durante la misurazione del peso, gli atleti, a piedi nudi,
indossavano solo il costume, cosi da avere una misura molto vicina al peso reale; gli
stessi si posizionavano in postura eretta sulla bilancia, con il peso distribuito egualmente
su entrambi gli arti e con lo sguardo rivolto in avanti.
Per la misura dell’altezza ci siamo serviti di un altimetro digitale Sohenle con campo di
misurazione 50-300 cm e incrementi di 1 cm. Durante il rilevamento, gli atleti
mantenevano una posizione eretta, con le braccia lungo i fianchi e lo sguardo in avanti,
in modo da rispettare il piano di Francoforte (vedi figura 8).
Figura 8. Rappresentazione del piano di Francoforte
5.3 Analisi bioimpedenziometrica
La valutazione della composizione corporea è stata effettuata mediante analisi di
bioimpedenza elettrica al fine di ottenere i valori di Resistenza (Rz) e Reattanza (Xc).
Con questi valori è stato possibile ottenere, poi, le quantità dei vari compartimenti
(TBW, ECW, ICW, FFM, BCM, FM, MM).
36
L’analisi bioimpedenziometrica è stata effettuata mediante lo strumento BIA 101
Anniversary Sport Edition, il sensore Akern che ha permesso l’analisi corporea al fine
di valutarne la composizione tri-compartimentale, la quantità di fluidi presenti e i
parametri di Resistenza, Reattanza e Angolo di Fase.
Tale analisi ha previsto il posizionamento supino di ogni atleta, già nei 2 minuti
antecedenti l’esame, in modo da favorire la distribuzione dei fluidi corporei. L’analisi
prevede l’utilizzo e l’applicazione di 4 elettrodi sugli arti, inferiore e superiore,
mediante la tecnica tetrapolare: due elettrodi iniettori sono stati posizionati su mano e
piede destri e gli altri due, detti sensori, a circa 10 cm dai precedenti. In particolare, i
due elettrodi della mano sono stati applicati sul dorso della stessa: l’elettrodo iniettore, a
cui si collega la pinza rossa, è stato posizionato sull’articolazione metacarpo-falangea
del dito medio e l’elettrodo sensore, a cui si attacca la pinza nera, a 10 cm dal primo,
sull’articolazione radio-ulnare. Gli altri due elettrodi sono stati posti sul dorso del piede
destro, con la stessa tecnica: l’elettrodo iniettore, con pinza rossa, sull’articolazione
metatarso-falangea del terzo dito e quello sensore, con pinza nera, a livello
dell’articolazione tibio-tarsica, a 10 cm dal precedente.
Una volta acceso lo strumento, dopo pochi istanti, la BIA 101 ci fornisce, mediante
visualizzazione sullo schermo, i valori di Resistenza (Rz), Reattanza (Xc) e Angolo di
Fase (PA°). Tali valori, in sede d’esame, sono stati riportati, insieme con l’età e con i
valori di peso e altezza di ogni ragazzo, nella scheda informativa personale di ognuno.
Gli stessi dati sono stati, poi, inseriti, successivamente, nel software Bodygram Pro al
fine di ottenere la valutazione della composizione corporea, mediante l’elaborazione del
BIAVECTOR e del BIAGRAM.
Il BIAVECTOR è un grafico che riporta la posizione del vettore lungo due assi (vedi
figura 9): l’asse maggiore, o verticale, dell’ellisse, indica lo stato di idratazione del
soggetto, mentre l’asse orizzontale, o minore, indica lo stato nutrizionale. Spostandoci
verso l’alto dell’asse maggiore ci troveremmo in uno stato di disidratazione, mentre un
vettore posizionato in basso sullo stesso asse, indica un aumento di liquidi.
Per quanto riguarda l’asse orizzontale, esso ci dà stima della massa e della struttura
cellulare, pertanto, un vettore spostato a sinistra indica un buono stato di nutrizione
perché c’è una massa elevata, mentre se spostato troppo verso destra, saremmo in una
condizione di malnutrizione.
37
Figura 9. Rappresentazione di un BIAVECTOR
Il BIAGRAM, invece, rappresenta il rapporto tra la massa extra-cellulare (ECM) e
quella metabolicamente attiva (BCM): tale rapporto negli atleti è bene che sia inferiore
a 1 (vedi figura 10). Il grafico, ci mostra tre regioni differenti: nella regione più in basso
si posizionano i soggetti con edemi perché vi è un’iperidratazione; questa regione
corrisponde spesso a casi patologici. La porzione centrale, compresa fra le due righe,
indica, invece, uno stato di normoidratazione, mentre la regione più in alto rappresenta i
soggetti con elevate quantità di massa muscolare o in uno stato di disidratazione.
Figura 10. Rappresentazione di un BIAGRAM
38
5.4 Valutazione di abitudini e consumi alimentari
La stesura di un piano nutrizionale, in una atleta, necessita di una buona valutazione
anamnestica che comprenda un’anamnesi nutrizionale volta a valutare le abitudini
alimentari dell’atleta. La categoria degli sportivi, è più facile, infatti, che incorra in
errori ed eccessi che influiscono sullo stato di salute e sulla performance atletica.
Si è proceduto, quindi, con la valutazione dello stile di vita di ogni atleta mediante
un’indagine relativa alle abitudini, alle scelte e alle frequenze di consumo alimentari di
ognuno. L’indagine è stata svolta durante un colloquio con ogni singolo ragazzo e
realizzata mediante la somministrazione di un questionario ripartito in 5 sezioni.
La prima sezione contiene le informazioni personali, e quindi, i dati anagrafici,
l’eventuale presenza di patologie o interventi subiti di interesse nutrizionale e altre
informazioni inerenti i momenti dei pasti: velocità di masticazione, frequenza e
modalità dell’alvo, eventuale presenza di digestione lenta o di gonfiore addominale
post-prandiale.
La seconda sezione indaga sull’attività sportiva che viene praticata settimanalmente
dagli atleti, in termini di frequenza.
La
terza
sezione
riguarda
l’anamnesi
alimentare, ossia i
pasti
consumati
quotidianamente, l’eventuale presenza di allergie o intolleranze alimentari, l’uso attuale
di integratori o farmaci e le quantità di acqua consumate quotidianamente.
La quarta sezione è inerente le abitudini alimentari, in cui ogni atleta si ritrova a
rispondere a domande, tali da ricostruire una tipica giornata alimentare, a partire dalla
colazione fino allo spuntino serale. In questa sezione viene valutata anche l’abitudine di
bere e/o mangiare prima, durante e dopo allenamento e gara.
La quinta e ultima sezione rileva le frequenze di consumo di ben 15 classi di alimenti:
cereali e derivati (riso, pasta, pane..), prodotti derivati dai cereali (biscotti, fette
biscottate..), carni fresche, carni trasformate, pesce, latte e yogurt, prodotti lattiero
caseari, frutta fresca, frutta secca, ortaggi e verdura, legumi, uova, dolci, bevande
gassate e bevande alcoliche. La frequenza di consumo di ogni alimento viene indicata
mediante delle caselle contenenti la cadenza con cui un gruppo alimentare è presente
nell’alimentazione. Le caselle indicano un frequenza quotidiana (giorno), a settimana,
mensile (mese), più rara (anno) o completamente assente (mai).
39
5.5 Programmazione alimentare
L’intervento nutrizionale, studiato per il campione di atleti di pallanuoto, mira a
ripristinare, correggere e migliorare eventuali abitudini alimentari errate, nonché a
delineare i punti cardine di un corretto stile di vita e di una sana alimentazione, alla base
di ogni performance sportiva. Nei colloqui di consegna del piano alimentare e in quello
di controllo, effettuato a distanza di un mese, si è cercato di sensibilizzare l’atleta
sull’importanza dell’alimentazione nella pratica sportiva, per gestire al meglio gli
eventi, sia nella fase di allenamento che in quella di competizione. Il nostro principale
obiettivo è stato quello di migliorare lo stato di idratazione in atleti costantemente in
acqua che non avvertono il senso di sete.
Il piano alimentare personalizzato che è stato consegnato prevedeva regole comuni a
tutti gli atleti:
-
Colazione abbondante da fare entro un’ora dal risveglio composta da frutta
fresca una fonte di carboidrati complessi, una fonte liquida e una fonte proteica
-
Pranzo composto da carboidrati complessi, proteine e fonte di fibra (frutta e/o
verdura)
-
Merenda post-allenamento composta da carboidrati complessi e fonte proteica
-
Cena leggera composta da fonte proteica e verdura
-
Utilizzo di cereali integrali
-
Frutta in abbondanza da ripartire nella giornata (meglio se prima dei pasti)
-
Presenza della quota proteica ad ogni pasto
-
Abolizione del consumo di dolciumi, bevande alcoliche e/o gassate
-
Utilizzo di solo olio extra-vergine di oliva come condimento
-
Riduzione dell’uso del sale
-
Consumo di almeno 1,5 L di acqua al giorno (ad esclusione delle ore di
allenamento) lontano dai pasti
-
Consumo di almeno 1,5 L di acqua durante l’allenamento
-
Coricarsi almeno dopo 3 ore dall’ultimo pasto
-
Masticazione lenta
40
Capitolo VI
Risultati
I dati raccolti hanno permesso di elaborare le medie e le deviazioni standard di tutti i
parametri valutati. L’analisi dei dati si basa sulla doppia misurazione e sul paragone dei
dati della prima misurazione, avvenuta a Novembre, con quelli della seconda
misurazione, tenutasi a Febbraio. L’analisi dei dati è riportata sotto forma di tabelle,
grafici a istogrammi, Biagram e Biavector.
I 15 ragazzi, atleti agonisti di pallanuoto, alla misurazione con statimetro, presentano
un’altezza media di 177,8 ±7,70 cm.
altezza
195
190
185
180
175
h
170
165
160
155
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10 11 12 13 14 15
Grafico 1. Rappresentazione delle altezze dei singoli ragazzi
Il peso medio dei ragazzi, rilevato nella prima misurazione, era di 79,3 ±10,07 Kg
rispetto alla seconda e ultima misurazione in cui il peso medio era di 79 ±9,99 Kg.
41
Il grafico 2 mostra l’andamento del peso nei 15 ragazzi e il cambiamento dello stesso a
distanza di 3 mesi: nella valutazione globale il peso è diminuito, ma nei singoli ragazzi
vi sono sia aumenti che diminuzioni.
120
100
80
Novembre
60
Febbraio
40
20
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10 11 12 13 14 15
Grafico 2. Valori di peso degli atleti nella doppia misurazione
Le tabelle da 1 a 15 mostrano la frequenza di consumo di 15 alimenti nell’alimentazione
quotidiana di ogni atleta.
Tutti hanno riportato un consumo quotidiano di cereali e derivati, e quindi di pasta,
pane, riso, farro, patate, etc., mentre solo il 78,6% consuma ogni giorno i prodotti
derivati dai cereali, quali biscotti, cereali da latte, fette biscottate, gallette, etc.
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
100%
-
Tabella 1. Frequenza di consumo di cereali e derivati
42
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
78,6%
21,4%
-
Tabella 2. Frequenza di consumo dei prodotti a base di cereali
La carne fresca è consumata settimanalmente dal 71,4%, mentre solo il 28,6% la
consuma quotidianamente; i derivati della carne, soprattutto gli affettati, sono consumati
da ben il 64,3% ogni giorno, mentre il 28,6% li consuma con cadenza settimanale e solo
il 7,1% con cadenza mensile.
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
28,6%
71,4%
-
Tabella 3. Frequenza di consumo di carni fresche
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
64,3%
28,6%
7,1%
-
Tabella 4. Frequenza di consumo di carni trasformate
Tutti i ragazzi hanno riportato di consumare, invece, con cadenza settimanale pesce e
prodotti della pesca.
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
100%
-
Tabella 5. Frequenza di consumo di pesce e prodotti della pesca
43
Latte e yogurt sono consumati quotidianamente dal 57,1%, il 7,1% li consuma
mensilmente, mentre ben il 35,7% non li consuma mai, perché tra i ragazzi molti
presentano intolleranza al lattosio.
Per quanto riguarda i latticini, la situazione è più dispersiva: la metà dei ragazzi li
consuma con una frequenza settimanale, il 28,6% ogni giorno, il 14% mensilmente e
solo il 7% non li consuma affatto.
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
57,1%
7,1%
35,7%
Tabella 6. Frequenza di consumo di latte e yogurt
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
28,6%
50%
14,3%
7,1%
Tabella 7. Frequenza di consumo di prodotti lattiero caseari
La frutta fresca vede anch’essa una suddivisione nel consumo, perché solo il 64,3% la
consuma quotidianamente, il 7% non ne consuma mai e il 28,6% la consuma a cadenza
settimanale. Tra i più piccoli, infatti, la frutta non è gradita come alimento quotidiano.
Il consumo di frutta secca, invece, è più variabile: la maggior parte dei ragazzi la
mangia nell’arco della settimana, il 14,3% non la mangia affatto e la restante metà si
divide tra un consumo quotidiano e un consumo mensile.
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
64,3%
28,6%
7,1%
Tabella 8. Frequenza di consumo di frutta fresca
44
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
21,4%
42,9%
21,4%
14,3%
Tabella 9. Frequenza di consumo di frutta secca
Ortaggi e verdura per la maggior parte sono consumati quotidianamente, mentre il
35,7% dei ragazzi li consuma nella settimana.
I legumi sono consumati, in linea generale, nell’arco della settimana, solo il 7,1% li
consuma tutti i giorni e il 14,3% con cadenza mensile.
Quasi tutti i ragazzi consumano uova nella settimana: solo il 7% li consuma
sporadicamente nel mese.
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
64,3%
35,7%
-
Tabella 10. Frequenza di ortaggi o verdura
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
7,1%
78,6%
14,3%
-
Tabella 11. Frequenza di consumo di legumi
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
92,9%
7,1%
-
Tabella 12. Frequenza di consumo di uova
45
I dolci sono presenti nell’alimentazione settimanale del 57,1% dei ragazzi e in quella
quotidiana del 28,6%; una piccola parte li consuma mensilmente o non li consuma
affatto.
Le bevande gassate sono consumate dalla metà dei ragazzi nella settimana, nessuno ne
fa uso tutti i giorni, mentre la restante metà si divide tra un “non-uso” e un uso mensile.
Poco meno della metà degli atleti non beve alcolici, il 28,6% lo fa mensilmente, il
14,3% settimanalmente e chi lo fa quotidianamente si riferisce al bicchiere di vino
durante i pasti.
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
28,6%
57,1%
7,1%
7,1%
Tabella 13. Frequenza di consumo di dolci
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
50%
28,6%
21,4%
Tabella 14. Frequenza di consumo di bevande gassate
Tutti i giorni
Settimanalmente
Mensilmente
Annualmente
Mai
14,3%
14,3%
28,6%
42,9%
Tabella 15. Frequenza di consumo di bevande alcoliche
Dei 15 ragazzi intervistati l’80% ha ammesso di fare colazione; di questi, il 50% non
consuma la fonte proteica durante tale pasto e il 60% fa una colazione alquanto scarsa e
zuccherina.
46
Nell’intervista fatta ai ragazzi è stato riportato un consumo medio di acqua nella
giornata di 1,16 ±0,30 litri e un consumo di acqua durante le ore di allenamento di 0,95
±0,42 litri. Poiché gli sport di acqua riducono la sensazione di sete e considerando il
grado generale di disidratazione (come vedremo in seguito) si è consigliato di
aumentare le dosi di acqua giornaliere.
Nell’ultima indagine effettuata i ragazzi hanno riportato una correzione nel consumo di
acqua: ora il consumo medio nella giornata è salito a 1,41 ±0,37 litri mentre durante le
ore di allenamento il consumo medio di acqua è salito a 1,36 ±0,46 litri, come mostra il
grafico 3.
1,60
1,40
1,20
1,00
prima
0,80
dopo
0,60
0,40
0,20
0,00
giornata
allenamento
Grafico 3. Variazioni del consumo di acqua nella giornata e in allenamento
Il miglioramento dell’apporto di acqua quotidiana si rispecchia nel miglioramento della
composizione corporea.
L’acqua corporea totale, alla prima misurazione con tecnica bioimpedenziometrica, era
in media di 52 ±5,46 litri, mentre alla seconda analisi ha subito una crescita di un litro,
arrivando ad un valore medio di 53 ±5,81 litri, come mostra il grafico 4.
47
TBW
53,2
53,0
52,8
52,6
52,4
TBW
52,2
52,0
51,8
51,6
Novembre
Febbraio
Grafico 4. Acqua corporea totale espressa in litri
Il grafico 5 mostra sempre il valore di TBW ma in percentuale: l’aumento è di circa 1
punto percentuale con il 67,3% a Febbraio rispetto al 66% di Novembre.
% TBW
67,4
67,2
67,0
66,8
66,6
66,4
66,2
66,0
65,8
65,6
65,4
65,2
% TBW
Novembre
Febbraio
Grafico 5. Percentuale di acqua corporea totale
Di questa acqua totale, la porzione di acqua intracellulare (ICW) mostra anch’essa un
aumento contemporaneo: a Novembre vi era un valore medio di 32 ±4,36 litri, mentre
nella misurazione di Febbraio, il valore medio è salito a 32,7 ±4,49 litri (grafico 6).
48
ICW
32,7
32,6
32,5
32,4
32,3
32,2
32,1
32,0
31,9
31,8
ICW
Novembre
Febbraio
Grafico 6. Acqua intracellulare espressa in litri
Il grafico 7 mostra, invece, le quantità di acqua extra-cellulare (ECW) diminuite da
Novembre a Febbraio: alla prima misurazione c’era una media del 38,45% contro il
38,31% della seconda analisi.
% ECW
38,50
38,45
38,40
38,35
% ECW
38,30
38,25
38,20
Novembre
Febbraio
Grafico 7. Percentuale di acqua extra-cellulare
Ai dati inerenti lo stato di idratazione si accompagnano le misure della massa corporea
misurata con l’impedenza elettrica.
49
Il grafico 8 mostra la massa magra (Free Fat Mass - FFM) e il suo cambiamento
generale nell’arco di 3 mesi.
FFM
72,6
72,4
72,2
72,0
71,8
71,6
71,4
71,2
71,0
70,8
70,6
FFM
Novembre
Febbraio
Grafico 8. Massa magra (espressa in Kg) nella doppia misurazione
La massa priva di grasso (FFM) mostra un netto aumento tra Novembre e Febbraio: alla
prima misurazione il valore medio era di 71,2 ±7,51 Kg rispetto ai 72,4 ±7,97 Kg della
seconda analisi.
Di questa massa, la porzione metabolicamente attiva (Body Cell Mass - BCM) subisce
anch’essa un aumento passando dai 45,5 ±5,48 Kg ai 46,4 ±5,69 Kg di valore medio,
come mostra il grafico 9.
BCM
46,6
46,4
46,2
46,0
45,8
45,6
45,4
45,2
45,0
44,8
BCM
Novembre
Febbraio
Grafico 9. Massa cellulare attiva (espressa in Kg) nella doppia misurazione
50
Lo stesso aumento lo si denota anche dalla BCM % che, invece, ci da una stima della
massa cellulare attiva rispetto al peso totale, con un valore, dal punto di vista
qualitativo, migliore (vedi grafico 10).
% BCM
64,10
64,05
64,00
63,95
63,90
% BCM
63,85
63,80
63,75
63,70
63,65
Novembre
Febbraio
Grafico 10. Percentuale di massa cellulare metabolicamente attiva
L’aumento della percentuale di BCM che passa da valori di 63,8% a quelli di 64,07% è
un indice che fornisce informazioni su quanto realmente sia migliorata la qualità
muscolare nel totale.
Nello specifico, il grafico 11, mostra la differenza delle quantità di massa muscolare tra
Novembre a Febbraio che mostrano rispettivamente un valore medio di 54,7 ±6,44 Kg e
di 55,8 ±6,75 Kg.
Massa muscolare
56,0
55,5
55,0
MM
54,5
54,0
Novembre
Febbraio
Grafico 11. Massa muscolare nella doppia misurazione
51
La stima di massa grassa (Fat Mass – FM) mostra una diminuzione, ma questo
parametro è influenzato dalla FFM, a sua volta correlata alla TBW, pertanto, quello
della FM è un valore che è meglio stimare con altre metodiche più precise.
Il grafico 12 mostra la riduzione del valore medio di Resistenza, misurata con la
bioimpedenza: questo è un dato che si correla ad un miglioramento della forma fisica.
La prima analisi mostra un valore medio di 393 ± 40 ohm rispetto alla seconda analisi in
cui il valore diminuisce a 382 ±44,1 ohm.
Resistenza
394,0
392,0
390,0
388,0
386,0
Rz
384,0
382,0
380,0
378,0
376,0
Novembre
Febbraio
Grafico 12. Misurazioni della Resistenza (ohm)
Il valore di Resistenza (Rz), insieme con la Reattanza (Xc) e l’Angolo di Fase (PA°)
fornitici dall’esame bioimpedenziometrico, hanno permesso di elaborare i dati e di
rappresentarli graficamente su Biagram e il Biavector (Figura 11). La parte sinistra della
figura, mostra il posizionamento sul Biavector, di ciascun atleta, in entrambe le analisi
eseguite: ogni ragazzo è contrassegnato da una stella che indica la misurazione di
Novembre e da un punto che indica il vettore di Febbraio.
52
Figura 11. BIAVECTOR e BIAGRAM di Novembre (stella) e Febbraio (punto)
In linea generale, sul Biavector (sinistra) vi è uno spostamento di punti (rispetto alle
stelle) verso la parte sinistra, il che è indice di un aumento di massa muscolare e verso
la parte bassa, zona di buona idratazione.
La parte destra, rappresenta, il Biagram: i ragazzi, in generale, si posizionano verso la
parte destra del grafico, con una maggioranza di punti rispetto alle stelle; questo è un
indice di un buon rapporto ECM/BCM che ha un valore medio di 0,6.
53
Capitolo VII
Discussioni
Il seguente lavoro di tesi si è proposto di migliorare le caratteristiche fisiche degli atleti
della squadra di Pallanuoto di Cosenza, che gioca il campionato di serie B.
Partendo dalle analisi antropometriche e bioimpedenziometriche è stato possibile
valutare la situazione di partenza di tutti i ragazzi. L’indagine alimentare ha invece,
riportato le abitudini e i consumi quotidiani degli atleti e le loro scelte alimentari. Da
qui, si è attuato un percorso di correzione di abitudini errate che potessero incidere sulla
composizione fisica e di conseguenza sulla prestazione sportiva.
La colazione era un pasto poco considerato dai ragazzi mentre alla fine del percorso tutti
hanno riportato di fare colazione la mattina in modo abbondante e con la fonte proteica
presente al pasto. Questo è il primo segnale ipotalamico di attivazione della crescita
muscolare e ha, pertanto, contribuito all’aumento della massa magra e di conseguenza,
della massa muscolare nei ragazzi, migliorando lo stato nutrizionale degli stessi.
L’aumento del consumo di acqua, sia nel quotidiano che durante gli allenamenti,
riportato dai ragazzi a distanza dai 3 mesi, ha sicuramente migliorato lo stato idrico
degli atleti.
I dati confermano, infatti, quanto riportato dalla doppia intervista fatta ai ragazzi (a
Novembre e a Febbraio): l’acqua corporea (TBW) totale ha subito un aumento generale
di 0,82 litri a distanza di tre mesi e in termini percentuali l’aumento è stato dell’1,3%.
Insieme alla TBW è aumentata anche l’acqua intracellulare (ICW) di ben 0,60 litri. La
massa priva di grasso, o più comunemente, la massa magra (FFM) ha subito un aumento
generale di circa 1,18 Kg, in cui l’aumento della BCM è di 0,95 Kg. La massa grassa
non è stata considerata come valore attendibile, ma in linea generale ha subito una
riduzione di 1,5 kg circa.
I dati sono da considerarsi nei 3 mesi in cui è stato sviluppato il lavoro sperimentale e su
un campione piuttosto piccolo che limita la validazione dei risultati. Quello che si è
ottenuto è comunque, un dato positivo, perché ricavato dal binomio nutrizione e
allenamento, completamente ignorato nelle stagioni precedenti, in cui prevaleva solo la
54
parte sportiva e veniva completamente trascurato lo stato nutrizionale, ma soprattutto
idrico, degli atleti di uno sport, che, paradossalmente, necessita di una buona base di
idratazione.
Il miglioramento dell’idratazione e della massa strutturale nei ragazzi sarà il punto di
partenza per l’aumento della qualità delle prestazione fisica e della salute degli atleti.
L’utilizzo delle metodiche impedenziometriche confermano l’importanza della
valutazione e del monitoraggio della composizione corporea rispetto ai vecchi parametri
di riferimento che si limitavano alla conoscenza di peso e altezza.
I dati, ottenuti dal lavoro di tesi sperimentale presentato, confermano, quindi,
l’importanza che la nutrizione ha nello sport e l’influenza che la stessa ha sulla
composizione corporea, base di ogni performance sportiva.
55
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