Maestro della Crocifissione di San Gottardo (attivo nei decenni

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Maestro della Crocifissione di San Gottardo (attivo nei decenni
17.
Maestro della Crocifissione di San Gottardo
(attivo nei decenni centrali del XIV secolo)
Sinopia della Crocifissione
secondo quarto del XIV secolo
tecnica/materiali
terra di Sinope; arriccio
relazione di restauro
Anna Lucchini
dimensioni
342 × 486 cm
restauro
Anna Lucchini Restauri s.r.l., Milano
provenienza
Milano, chiesa di San Gottardo
in Corte, campanile
con la direzione di Gianpiero
Pescarmona
collocazione
Milano, Castello Sforzesco,
Pinacoteca (inv. 1476/1)
Nel 1926 durante le demolizioni di
un piccolo locale affiancato al campanile di San Gottardo al Palazzo,
fu rinvenuta una pittura murale
raffigurante la Crocifissione di Cristo. L’opera, la cui presenza era completamente sconosciuta alle fonti
antiche poiché scialbata in epoca
da definirsi ma certamente presettecentesca, decorava in origine
una piccola cappella o un passaggio
coperto, ad uso dei frati francescani
che officiavano la chiesa.
Dalla descrizione dell’opera da parte di Lodovico Pogliaghi, si evince
che la pittura era stata dipinta con
finiture in oro e argento e con una
tecnica assai delicata. Esposta per
anni alle intemperie, solo nel 1932
fu affidata al restauratore Mauro
Pellicioli, che procedette al discialbo e al consolidamento. Protetto
solo da una tettoia, questo capolavoro di scuola giottesca dovrà
attendere il 1955, la stagione degli
strappi, per essere distaccato dalla
muratura del campanile e ricoverato sulla parete di controfacciata, in
origine l’ingresso della cappella trecentesca. Grazie allo strappo della
pittura è stata rinvenuta la sinopia
soggiacente. Negli archivi della
Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Lombardia, abbiamo
rinvenuto uno scatto raffigurante
il disegno in rosso di Sinope ancora coeso alla superficie muraria del
campanile (fig. 1).
La sinopia rimase all’esterno e non
restaurata fino al 1980, anno in
cui la Soprintendenza decise di affidare a Pinin Brambilla e Marcella
Sorteni lo strappo dell’opera dal
muro del campanile. Dalla relativa relazione di restauro si evince
che gli intonaci di supporto erano
molto lacunosi e friabili e, come
per altro è evidente anche nella
fotografia antecedente allo strappo, era leggibile solo parte della
scena con lo svenimento di Maria
e alcuni armigeri sulla destra della
croce. Sappiamo inoltre che venne
consegnata alle Raccolte Civiche
d’Arte, rintelata e arrotolata su un
rullo di grandi dimensioni, per
essere conservata nei depositi del
Castello Sforzesco. Nel 1996 venne srotolata e catalogata, ed infine
il 25 luglio 2013, su richiesta di
Claudio Salsi, soprintendente del
Castello Sforzesco, Musei Storici e
Musei Archeologici, è stata da noi
srotolata per controllarne lo stato
di conservazione e formulare un’ipotesi di intervento in collaborazione con Laura Basso, conservatore delle Raccolte d’Arte Antica.
Stato di conservazione
La sinopia appariva in avanzato
stato di degrado, il precedente intervento di conservazione era consistito unicamente nello strappo
con colle forti, e nella rintelatura
dell’opera su due tele di supporto a
trama sottile tipo garza, detta “cencio di nonna”. La superficie era stata solo parzialmente ripulita dalle
resine caricate con carbonato di
calcio utilizzate per la foderatura,
quindi gran parte della pittura appariva coperta da residui biancastri
di resina, affiorati dalle miriadi di
lacune di grandi e piccole dimensioni, che non erano state risarcite
con stuccature, né ripulite dopo
le fasi di adesione delle tele. Tutto
ciò inficiava la lettura dell’opera.
Il precedente restauro non aveva
previsto il risarcimento definitivo
della superficie, quindi lungo il perimetro le lacune lasciavano la tela
a vista con parecchie lacerazioni.
Sull’arriccio erano evidenti alcuni sollevamenti localizzati e zone
non più adese al supporto tessile:
queste erano dovute in parte anche alla prolungata conservazione
su un rullo di legno. Le fratturazioni dell’intonaco si trovavano
principalmente lungo il perimetro
(fig. 2).
Anche il film pittorico, in alcune
zone di rilevante interesse, appariva sollevato con creste irrigidite
dalla resina fuoriuscita e dai residui
di colla forte non sufficientemente
rimossi, perciò necessitava di una
preventiva fermatura del colore: si
è scelto di intervenire con Ciclododecano steso su fogli di carta
giapponese, in modo da proteggere temporaneamente l’opera che
è stata nuovamente arrotolata sul
rullo per poi, dopo mesi, essere
trasportata nel nostro laboratorio.
Queste operazioni sono state precedute dal ricalco del disegno su
un foglio unico trasparente in mo-
indagini
Fabio Frezzato (C.S.G. Palladio,
Vicenza)
do da poter confrontare la sinopia
con l’affresco conservato in San
Gottardo.
Preliminarmente al restauro sono
state eseguite: un’esaustiva campagna diagnostica fotografica; la realizzazione del rilievo fotogrammetrico da cui è stato ricavato il rilievo
grafico e da cui abbiamo prodotto
le mappature sullo stato di degrado
e il metodo di intervento (fig. 3); le
analisi micro-FTIR sul campione
di sostanza biancastra che ricopriva parte della decorazione e pareva
coerente con il materiale utilizzato nel precedente restauro per far
aderire le tela. Le analisi hanno
rivelato la presenza, per quanto
riguarda la frazione organica, di
resina polivinilacetica addizionata
a carbonato di calcio.
Il reale stato di conservazione della
sinopia si è reso evidente durante
lo studio preliminare. L’ipotesi
formulata durante la prima perlustrazione avvenuta al Castello,
secondo cui le tele utilizzate per
la foderatura non fossero sufficientemente forti e resistenti per
poter sopportare il peso dell’arriccio, si è rivelata corretta. Durante
i trent’anni trascorsi dall’ultimo
restauro si erano verificate delle
lacerazioni piuttosto preoccupanti
delle garze, che evidenziavano una
decisa depauperazione e perdita di
elasticità e una forte acidificazione
del tessuto. La scelta fatta durante
il precedente restauro di utilizzare
due strati di resina polivinilacetica
2. Prima del restauro, distacco e fratturazione dell’intonaco
1. La sinopia prima dello strappo, 1960 (Archivio SBASE Milano)
3. Prima del restauro, fotogrammetria
4. Durante il restauro, fotografia a luce radente. Si evidenziano la resina
sulla superficie, sollevamenti degli strati pittorici e lacune con tela a vista
5. Durante il restauro, fasi di pulitura, rimozione della resina polivinilacetica
caricata dalla superficie
6. Durante il restauro, fase di pulitura, rilievo fotogrammetrico
(elvacite caricata), uno direttamente a contatto con l’arriccio e l’altro
per far aderire la seconda tela, ha
creato serie difficoltà. Infatti, se
l’opera fosse stata foderata con un
primo strato di caseinato di calcio
e una seconda tela più fitta, di lino,
tessuta con un doppio filo sia a trama che ordito, applicata con resina
polivinilacetica, si sarebbe potuto
evitare l’adesione al pannello in
vetro resina, poichè avrebbe avuto
un supporto sufficientemente resistente per tensionarla su di un telaio e sostenere il peso dell’arriccio.
Le prime operazioni sono state
dunque rivolte al consolidamento
tra le due tele e il film pittorico,
eseguito localmente con iniezioni
di resina Acril 33, caricata con carbonato di calcio sul retro. Quindi
è stata eliminata tutta la resina
polivinilacetica che copriva il film
pittorico e che sbordava sia dalle
micro-lacune che da quelle più
ampie (fig. 4). Per condurre l’operazione, dopo aver eseguito alcuni
test di solubilità, è stato perfezionato un metodo che utilizzava i
vapori di solvente chetonico sulla
superficie disegnata; sulle zone lacunose, invece, venivano eseguiti
per tempi determinati degli impacchi di acetone, applicati con
una pellicola di acetato, al fine di
evitarne l’evaporazione troppo
rapida. Nel momento esatto in
cui la resina iniziava a rigonfiarsi,
l’adesivo veniva rimosso meccanicamente con lavaggi eseguiti con
tamponi di acetone mentre sulle
lacune di tessuto l’impasto veniva
rimosso con l’uso di spatole di legno per non danneggiare la tela. È
stato così possibile rimuovere tutta
la sostanza debordante utilizzata
per la foderatura; successivamente
è stata ricontrollata l’adesione tra
le due tele. Contemporaneamente alla pulitura, attraverso fogli
di carta giapponese con solvente
chetonico, si è proceduto al consolidamento del film pittorico,
fruttando la resina polivinilica rigonfiata e lasciando le zone sotto
pressione fino a che la resina non
si fosse riconsolidata, ottenendo
così un primo appianamento delle
scaglie di colore sollevate. Questo
intervento, data l’ampia superficie,
ha richiesto oltre un mese di lavoro. Terminata questa prima fase di
pulitura e consolidamento, sono
seguite le fasi di perfezionamento
della pulitura dell’arriccio.
L’intonaco appariva macchiato da
più sostanze incoerenti, tra cui i residui delle colle forti utilizzate per
lo strappo, che erano localizzate
principalmente lungo la parte inferiore dell’opera e in corrispondenza della figura identificata come la
Maddalena. Inoltre si evidenziavano, sempre nella parte inferiore
della sinopia, depositi scuri, croste
nere e attacchi biologici, affiancati
a zone molto dilavate con evidenti
ricarbonatazioni superficiali biancastre. Erano altresì presenti dei
rinzaffi di malta di colore grigio,
che occultavano parti di sinopia e
che pensiamo possano essere riferiti
ai consolidamenti e alle stuccature
eseguite da Pellicioli nel 1932, durante il restauro in loco della pittura
murale soprammessa e solo successivamente strappata. Difatti anche
sulla Crocifissione dipinta, erano
evidenti alcune stuccature eseguite
con una malta bastarda di tonalità
grigia. Inoltre erano ancora presenti delle zone su cui perfezionare il
discialbo, poiché persistevano residui di intonachino.
Il metodo di pulitura adottato ha
previsto più tecniche differenzia-
7. Durante il restauro, adesione in sottovuoto della sinopia al supporto in vetroresina
8. Durante il restauro, stuccatura delle lacune
9. Dopo il restauro, particolare di un volto di profilo
te, ma calibrate tra loro e mirate a
risolvere i singoli problemi con il
preciso obbiettivo di raggiungere
un livello di pulitura equilibrato.
Abbiamo quindi testato, nelle zone
dove erano presenti depositi nerastri ed erosioni saline, impacchi
di batteri L001 0,45 gr in acqua
deionizzata gelificata in Carbogel.
Questi hanno fornito un buon risultato nella rimozione delle zone
ingrigite, ma necessitavano di pose
con tempi molto lunghi.
Localmente sulla superficie sono
stati utilizzati impacchi di Sepiolite Arbocel e bicarbonato di ammonio a pH 9 con tempi di contatto di
circa dieci minuti, per eliminare i
depositi di sporco da inquinamento e il materiale proteico presente
(fig. 5). Successivamente la pulitura veniva perfezionata con vapori
d’acqua deionizzata a temperatura
di circa 50° per rigonfiare e rimuo-
vere le colle; la superficie veniva
quindi risciacquata con acqua satura e asciugata con spugne ad alto
assorbimento. Infine alcune zone
sono state ripulite con impacchi
di acetone gelificato in Klucel®, rimosso con tamponi disolvente polare per eliminare i residui di resina
ancora presente sul film pittorico.
In alcune zone che presentavano
degli imbianchimenti è stato utilizzato Klucel® e triammonio citrato (fig. 6).
Terminate queste operazioni, la
superficie dell’opera ha evidenziato un intonaco dalle tonalità grigio
rosate, le lacune sono state colmate
con un intonaco composto da sabbie di fiume del Ticino e polveri di
marmo addizionato a resina Acril
33. La ricerca della tonalità corretta ha comportato varie prove fino al
raggiungimento di una tonalità di
malta che fosse la giusta mediazio-
10. Prima del restauro, particolare della Vergine
ne tra le zone di arriccio più scure e
fredde poste principalmente sul lato sinistro, in corrispondenza dello
svenimento di Maria, e quelle più
chiare e rosate, su cui sono dipinti
gli armigeri intenti al taglio della
veste. Prima della riadesione della
sinopia al pannello in vetroresina,
la superficie era completamente
stuccata, comprese le lacune più
piccole, per impedire la fuoriuscita
della resina del nuovo incollaggio
sulla superficie. Le ampie porzioni
di tela perimetrale sono state stuc-
11. Dopo il restauro, particolare della Vergine
12. Dopo il restauro, particolare degli armigeri
cate solo dopo l’avvenuto incollaggio per permettere all’opera di distendersi con più facilità e ritrovare
la corretta planarità, che era stata
in piccola parte compromessa dal
ritiro delle tele.
Un’altra fase assai delicata che ha
richiesto una meticolosa preparazione è stata l’adesione dell’opera
al pannello di supporto. La tecnica
utilizzata in passato per rintelare
questa sinopia e l’incertezza sul
luogo in cui verrà conservata l’opera hanno determinato la scelta
di far aderire l’arriccio a un pannello in vetroresina avvolgibile
dello spessore di 5 mm, con uno
‘strato di intervento’ di sughero
e uno ulteriore di carta a strappo
predeterminato per agevolare una
futura sostituzione del pannello
di supporto, qualora fosse necessaria. Il supporto di vetroresina è
avvolgibile e diventa autoportante
che è stata bagnata tutta la superficie con acqua deionizzata e quindi una volta sigillato il sacco sono
state azionate le pompe e creato il
sottovuoto necessario all’adesione
perfetta dell’arriccio (fig. 7).
L’ultima fase del restauro è consistita nello stuccare le ampie lacune
e nel ritocco pittorico (fig. 8).
La restituzione estetica si è rivelata assai importante, perché ha restituito leggibilità ad alcuni segni
scollegati che non erano più comprensibili. In particolare, grazie a
quest’ultimo intervento è riemerso
un meraviglioso volto di profilo
(fig. 9), dai tratti rapidi e sicuri;
hanno inoltre acquisito maggior
comprensione del gruppo di Maria
(figg. 10-11) e quello degli armigeri (fig. 12), di cui ora si leggono con
precisione le sagome; anche san
Giovanni alla destra della croce è
più evidente, mentre della Madda-
montando un telaio in alluminio
applicato con velcro della 3M. Le
successive operazioni sono state
la costruzione di un sacco per il
sottovuoto, l’arrotolamento della
sinopia su un rullo leggero munito
di due dischi di legno alle estremità, che mantiene l’opera sollevata
da terra. Infine, sul pannello è stata ricalcata la forma della sinopia
per determinare l’esatta posizione
dell’opera, per assicurarci che fosse
centrata e dritta, inoltre sono state
segnate le zone che non erano ancora state stuccate per calibrare la
distribuzione della resina.
Sicché, terminata la preparazione,
è stato steso un quantitativo non
eccessivo di resina acrilica caricata
con carbonato di calcio sul pannello e in concomitanza l’opera è stata
srotolata, seguendo lo schema tracciato. La sinopia è stata fatta aderire prima manualmente, dopo di
lena si sono salvati solo pochi frammenti che ne fanno intuire la presenza nella tradizionale posizione
abbracciata alla croce; del gruppo
di santi a sinistra rimangono solo
pochi frammenti del disegno alla
gotica delle vesti. L’importanza di
questo recupero è nell’aver dato la
corretta leggibilità a una delle rare
sinopie sopravvissute del periodo
giottesco milanese.