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EDITORIALE
di Maria Cuffaro
N
on importa se il gatto sia nero o bianco, basta che acchiappi i topi»: così Deng
Xiaoping spiegava l’ossimoro dell’economia socialista di mercato, quando
era ancora solo un’ipotesi. Nel 1989 era presidente della Commissione militare del Partito comunista: la Cina era un enorme Paese contadino, non esistevano i
ricchi, i capitalisti. Ventitré anni dopo in Cina sono state vendute 3568 Rolls Royce,
7003 Bentley e oltre un milione e 600mila Bmw. Nel 2011, per la prima volta nella sua
storia, la popolazione urbana ha superato quella rurale: i cinesi che vivono nelle città sono il 51%, ovvero 690 milioni.
A Pechino, davanti al negozio della Apple, migliaia di cinesi si sono messi in fila per
poter comprare il nuovo iPhone 4S e l’iPad 3. Dopo ore di attesa, quando il negozio
ha finalmente aperto, sono scoppiate risse furibonde tra gli aspiranti acquirenti.
Il 22 aprile del 1989, nella stessa città, gli studenti avevano colto l’occasione dei
funerali di Hu Yaobang per chiedere riforme. Hu Yaobang era il volto umano del potere: ex segretario del partito, ex presidente della repubblica, era stato costretto alle
dimissioni da Deng Xiaoping per le sue proposte riformiste. Hu era favorevole a una
moderata libertà di espressione e a concedere una forma di autonomia al Tibet. Il giorno della sua morte è stato l’inizio delle proteste di piazza Tienanmen.
Il 3 giugno i carri armati travolsero gli studenti. Nessuno sa quante siano state realmente le vittime: secondo la Croce Rossa i morti sono stati oltre 2mila; per il governo 300, di cui
200 civili e 100 soldati. Tuttora il governo cinese
non fornisce versioni ufficiali dell’accaduto.
Deng era l’uomo che aveva dato l’ordine di attaccare e, con la stessa determinazione, poco dopo
aveva dato l’ordine di arricchirsi.
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a storia del capitalismo socialista inizia con il
massacro di piazza Tienanmen. Improvvisamente a milioni di cinesi è stata concesso di arricchirsi. La Cina è diventata in fretta una potenza economica – forse l’unica superpotenza rimasta – e ora si sta espandendo in Africa e America
Latina. La rivoluzione si fa con i soldi. Pezzi interi del Continente nero appartengono alla Cina. I
cinesi sono ora un miliardo e 300 milioni, a breve saranno 2 miliardi, un terzo della popolazione mondiale. Hanno bisogno di spazio, di materie prime e di cibo. L’armonia, l’equilibrio tra lo
ying e lo yang è un antico retaggio taoista, eppure l’Impero celeste sopravvive nella Cina comunista. La democrazia, il dialogo e la dialettica portano via tempo, creano confusione e caos. L’armonia invece richiede ordine e serenità.
Corbis / T. Streshinskty
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east . rivista europea di geopolitica
A. Rizzi
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A Pechino scintillano nuovi grattacieli, lo stadio è diventato un’attrazione turistica.
Tutto è moderno, nuovo, le vecchie case di mattoni scompaiono per permettere alla
città di espandersi.
an Hong Guang è un contadino, lavora part-time anche come tornitore in una delle tante fabbriche di Weifang, nella provincia orientale di Shandong. Possiede
mezzo ettaro di terra, dove coltiva alberi da frutto e grano. Ma il partito vuole la sua
terra per costruire il nuovo polo industriale: l’esproprio rientra nelle sue prerogative.
Tan non vuole cedere la sua terra, ma l’armonia del progresso non può arrestarsi, così il partito ricorre alle intimidazioni. Tan denuncia i pestaggi e le minaccie. Non si arrende e con una telecamera nascosta filma un poliziotto mentre confessa che il segretario locale del partito ha assoldato un gangster, pagandolo 20mila renminbi (3100
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fermarsi davanti a una roccia, intingere di nuovo la sua spugna e
tracciare altri eleganti segni. I passanti si dispongono in cerchio e
osservano ammirati. L’esibizione
dura pochi minuti: l’acqua evapora in fretta, rimane solo il ricordo
della poesia. D’estate i segni tracciati con la spugna scompaiono
prima ancora che il calligrafo possa finire di tracciarli. «Tutto si trasforma», spiega serio il vecchio
pensionato.
A ottobre il congresso del partito
eleggerà il nuovo presidente e il
nuovo premier, ma già oggi tutti
sanno che a guidare l’Impero celeste moderno sarà Xi Jinping, attuale vice. Xi ha già incontrato il presidente Obama a febbraio. Xi è figlio dell’aristocrazia di partito.
Suo padre ha fatto la rivoluzione
assieme a Mao, ma nel 1962 fu
epurato, reo d’aver autorizzato la pubblicazione di un libro non gradito al grande condottiero. Fu riabilitato e con la famiglia tornò alla città e al partito.
dollari), per intimidire la sua famiglia. Tan sporge denuncia, il mafioso è in prigione,
ma il segretario del partito è di nuovo al suo posto. La storia di Tan è come quella di
altre vittime del progresso.
ppure, il progresso in Cina è anche il sorriso smagliante di Lin, giovane imprenditrice di Shenzhen, che posside un piccola fabbrica di iPod contraffatti. Venti operai lavorano incessantemente per assemblare i falsi, che poi vegnono venduti in Europa, India e Turchia. All’ingresso Lin ha piazzato un’enorme statua di Guang Yu, il dio
degli affari ma anche della guerra: il volto è rosso, la barba nera, gli occhi, pure neri,
sono rotondi e venati di rosso. Davanti alla statua bruciano bastoncini di incenso. Lin
sorride soddisfatta, lei la sua guerra l’ha vinta: ora vive in un ampio appartamento,
guida una Volkswagen e suo figlio frequenta una scuola privata. «Parlate di democrazia, voi occidentali, ma io ora sono felice, da bambina mi alzavo alle quattro del mattino per aiutare i miei genitori a caricare la verdura sul carretto. Anche ora lavoro dodici ore al giorno, ma ho comprato una casa e una macchina». Quando le faccio notare che le sue operaie guadagnano dieci volte meno di un operaio europeo, sorride di
nuovo: «Qui siamo in Cina, un giorno una di loro avrà una fabbrica tutta sua».
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Corbis / J. Guariglia
Zhang Xin ora è tra le donne più ricche di Cina: possiede un impero nel settore immobiliare, ma è nata operaia. Zhang Lan invece faceva la sguattera, mentre ora dirige quaranta ristoranti di lusso. Sono due storie di successo della Cina moderna, due
favole del capitalismo di Deng. «Quando ero piccola nessuno esprimeva amore, nessuno era felice», racconta ora Zhang Xin. «La mia vita è cambiata quando sono andata all’università in Inghilterra».
Per Zhang Lan, invece, è cambiato tutto quando è riuscita ad andare in Canada, lavorare come cameriera e mettere da parte 20mila euro. Per poi tornare a Pechino e
investire. La Foxconn impiega più di un milione di persone. Il suo cliente più importante è la Apple, ma lavora anche per Samsung e Acer. Gli operai guadagnano 200
dollari al mese, assemblando l’iPad e altre novità tecnologiche. Recentemente la compagnia è stata messa sotto accusa per le condizioni di lavoro disumane nei suoi stabilimenti: dodici suicidi in pochi anni hanno evidenziato la solitudine e la disperazione della nuova classe operaia cinese. La Foxconn, pragmatica, ha fatto installare delle reti sotto alle finestre delle fabbriche e dei dormitori. Suicidarsi sarà più difficile.
Nessuno morirà più buttandosi dalla finestra. Per la stampa occidentale le reti sono
una risposta cinica. Per Lin è solo pragmatica.
er nove volte il figlio chiese d’essere iscritto al partito, per nove volte lo rifiutarono, per tre volte chiese di potersi iscrivere alla prestigiosa Università Tsinghua di
Pechino prima di potervi accedere. Poi intraprese la carriera politica iniziando presso il ministero della Difesa. Nell’85 è stato mandato negli Stati Uniti per studiare agricoltura e allevamento. Dopo un lungo, faticoso percorso a ottobre il nuovo volto dell’impero sarà il suo. Sarà lui a dover garantire l’armonia, dovrà trattare con i Russi sul
gas, con l’Europa e gli Stati Uniti dovrà discutere politiche finanziarie e militari. Dovrà spiegare l’appoggio alla Siria di Assad e la repressione dei tibetani, dei blogger e
di Ai Wei Wei, il dissidente più ingombrante della Cina.
Dovrà spiegare come mai sui motori di ricerca cinesi la parola “gelsomino” è sospetta. Il gelsomino fiorisce a primavera, e in Tunisia è diventato simbolo della rivolta. Le rivolte saranno il vero incubo del nuovo presidente cinese: da anni un gruppo
di storici del Paese studia il dissolvimento dell’Unione Sovietica.
A preoccupare tutti i governi cinesi è la possibilità che la sindrome sovietica possa
colpire la Cina. Per non è tollerabile il dissenso dei tibetani, degli uiguri o dei blogger.
La libertà e la felicità sono aspirazioni occidentali, la Cina chiede l’armonia, l’illuminazione, come direbbe un discepolo del Buddha.
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’armonia, l’equilibrio tra ying e yang, perseguito da monaci taoisti e buddisti, nella Cina moderna diventa una rete metallica. Nel parco della Città proibita, nei pomeriggi caldi di fine estate, passeggia un uomo anziano, le scarpe sporche di fango
e polvere, un maglione grigio a coprire la pancia di chi ama mangiare e bere. In mano ha un’enorme spugna infilata su una canna di bambù: è il suo pennello, lo intinge
in un secchio pieno d’acqua e inizia a tracciare antichi ideogrammi sull’asfalto. In pochi minuti il sole asciuga l’acqua. Il moderno calligrafo prosegue la passeggiata per
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