FRA NOI - Frati Cappuccini Italiani
Transcript
FRA NOI - Frati Cappuccini Italiani
FRA NOI FOGLIO INFORMATIVO FRATI CAPPUCCINI DI LOMBARDIA Numero 131 Luglio 2009 Il tempo Nel riordinare le carte ho trovato una vecchia pagina stracciata da “Famiglia Cristiana” dove era riportata una intervista a Bill Gates, uno dei pionieri della nostra epoca informatica a proposito del tempo e quello che riporto credo sia utile anche per noi frati in questo tempo estivo. “Più di ogni altra cosa mi manca il tempo. Cerco di ovviare limitando al massimo la televisione. Le statistiche dicono che ciascun americano sta davanti al teleschermo per quattro ore al giorno. Cerco di non superare le quattro ore alla settimana, dedicando più tempo alla lettura, con un minimo di due ore al giorno. Ecco, se dovessi dare un consiglio ai ragazzi, direi loro di passare molto tempo con i libri: aiutano a scoprire il mondo e a mettere a fuoco la propria vita. E’ molto importante trovare anche il tempo per riflettere: una volta l’anno mi ritiro in solitudine. Leggo, ri- penso agli avvenimenti degli ultimi anni…e quasi sempre mi viene qualche buona idea” (Famiglia cristiana, n. 17/1995, pag. 104). Se un “laico” si sente di spendere una parola in favore di uno stile di vita in cui sia accordata una reale centralità alla vita interiore, tanto più un frate dovrebbe sentirsi incoraggiato a cercare di rinnovare il proprio impegno per riappropriarsi della propria scelta di vita consacrata! L’arte della concentrazione, della meditazione, dell’igiene mentale, della buona regolazione degli stili di vita (orario, cibo, bevande, sonno…) della conoscenza di sé e della riconciliazione con sé non costituiscono semplicemente delle mode, ma un bene di vivere irrinunciabile. Termino con questo slogan: Prenditi tempo Prenditi tempo per pensare perché questa è la fine dello smarrimento. Prenditi tempo per leggere perché questa è la fonte della saggezza. Prenditi tempo per pregare perché questo è il più grande potere sulla terra. Prenditi tempo per gridare perché qui è la fonte del coraggio. Prenditi tempo per amare ed essere amato perché questo è privilegio che viene da Dio. Prenditi tempo per essere amabile perché questo è il cammino della felicità. Prenditi tempo per ridere perché il riso è la musica dell’anima. Prenditi tempo per dare perché il tempo è troppo breve per essere egoisti Prenditi tempo per vivere. Buone vacanze! ► AGENDA - 17 settembre (festa delle Stimmate di S. Francesco): presso la chiesa dei Frati Minori di S.Angelo in Milano incontro di preghiera alle ore 18.30, cui seguirà un momento di fraternità e spettacolo realizzato da Fr. Marco Finco. - 2 Ottobre: Basilica S. Ambrogio in Milano alle 17.30 momento di riflessione guidato da Fr. Paolo Martinelli; seguirà la celebrazione dell’Eucaristia presieduta dal card. Dionigi Tettamanzi. ► Dai monasteri delle Clarisse cappuccine I mesi di maggio-giugno sono stati il periodo della celebrazione di due Capitoli all’interno di due comunità di Clarisse cappuccine. Sono state elette le abbadesse e i loro Consigli. A Capriate è stata eletta Sr. Mariangela Cavallini, vicaria è Sr. Veronica Montani. Le Consigliere sono Sr. Agnese Cantù, Sr. Maddalena Zeni e Sr. Lucia Sofia. A Brescia è stata rieletta Sr. Elena Mazza, vicaria Sr. Enrica Ghidini e consigliera Sr. Bernardetta Corrias. A tutte auguriamo un fecondo servizio alla consorelle e alla Chiesa di Dio. ► Celebrazione anniversari «“Il Sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù”, soleva dire il Santo Curato d’Ars. Questa toccante espressione ci permette anzitutto di evocare con tenerezza e riconoscenza l’immenso dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità». Con queste parole di Benedetto XVI mi sembra bello ringraziare il Signore per il dono dei cinquant’anni di servizio sacerdotale di Fra Michelangelo Bocchiola e fra Demetrio Patrini. Li guardavo insieme, ultimi due “sopravvissuti” della loro squadra, durante le due messe di anniversario, celebrata la prima ad Oreno il 23 maggio e la seconda ad Albino il 30 maggio. Due frati con due storie diverse, segnati anche nel fisico in modo diverso dal servizio che hanno offerto al Signore e alla Chiesa ma entrambi felici di essersi consumati nella vita fraterna e nel sacerdozio. In particolare sono rimasto colpito e affascinato dalle poche parole pronunciate da fra Michelangelo al termine della celebrazione ad Albino: “Ringrazio il Signore perchè mi ha concesso di servirlo nella mia pochezza. Però sono contento perché ho celebrato 25.395 volte la santa Eucaristia, ho battezzato 2997 bambini, ho amministrato 35 Cresime, ho ascoltato nella confessione 193.268 persone”. Quanti volti incontrati: cifre da capogiro o meglio volti da capogiro! [Fr. Marcello Longhi] ► Tre giorni formatori Nei giorni 22-24 giugno ad Albino, presso la casa di accoglienza dei Padri Dehoniani, si è tenuta l’ormai consueta tre giorni per i formatori, alla quale erano invitati i Ministri provinciali, i definitori e i formatori delle Province di Trento, Venezia e Milano. Il giorno 22 sono stati invitati anche gli insegnati degli studentati teologici di Venezia, Milano e del post-noviziato di Cremona per discutere e verificare la possibilità di iniziare la collaborazione interprovinciale anche per quanto riguarda gli studi teologici del ciclo istituzionale. La giornata è stata introdotta da fra Alessandro Ferrari che ha delineato le finalità dell’incontro. Fra Angelo Borghino ha presentato le finalità del post-noviziato e del Teologato. Successivamente i maestri di Formazione dei due studentati, fra Roberto Tadiello (Venezia) e fra Carlo Fadin (Milano) hanno presentato gli aspetti formativi delle due realtà, mentre fra Gianluigi Pasquale e fra Santino 1 Regazzoni hanno presentato il piano accademico degli studi. Al termine delle varie esposizione si è aperta una discussione dove si sono raccolti pareri e suggerimenti sostanzialmente su due questioni: 1. La disponibilità e l’opportunità di istituire un unico Studio Teologico per le tre Province. 2. Il luogo (Venezia o Milano) dove iniziare questa nuova tappa di collaborazione nella formazione. Gli aspetti sottolineati dagli interventi sono stati diversi, le divergenze di opinioni non sono mancate. La maggioranza dei presenti ha rilevato come la collaborazione formativa si stia rivelando una preziosa risorsa sulla quale vale la pena d’investire forze e personale. I Ministri provinciali e i Definitori hanno ascoltato, preso appunti…ora inizia la fase del discernimento per giungere ad una decisione. Le altre due giornate dell’incontro sono state dedicate alle relazioni delle case di formazione circa l’anno trascorso. La collaborazione delle tre Province attuata nelle tappe del postulato, noviziato e post-noviziato procede positivamente. Significativa la disponibilità mostrata dagli educatori per una verifica costante dei contenuti formativi e per una collaborazione-comunicazione tra le varie tappe. Alcune linee programmatiche per il nuovo anno fraterno – pastorale hanno concluso la tre giorni, il cui bilancio è stato decisamente utile e positivo. ► Incontro di preghiera in ricordo della professione del S.d.D. P. Arsenio da Trigolo Giovedì 25 giugno ricorreva l’anniversario della prima professione del S.d.D. P. Arsenio da Trigolo e nell’ambito del centenario della sua morte (1909) si è voluto caratterizzare questa giornata con un incontro nel nostro convento di Lovere . Le suore di Maria SS.ma Consolatrice sono arrivate con pullman da Milano, dal Veneto e da Trigolo. Un po’ pochi i frati presenti! La giornata è stata vissuta nella serenità e nella preghiera. Dopo la celebrazione dell’Ora di Terza il vice-postulatore, Fr. Fedele Merelli, ha tenuto una conferenza-meditazione facendo “parlare” P. Arsenio con la lettura di brani tratti dal corso di Esercizi spirituali scritti in occasione della sua professione. Come Maria e Francesco P. Arsenio ha prima di tutto guardato cosa Dio ha fatto per lui più che pensare a quelli che lui ha fatto per Dio. Pensando all’amore di Dio questo “giovane” novizio di 53 anni (già a quell’epoca c’era la legge di non prendere nessuno in religione dopo i 35 anni, ma per P. Arsenio fu fatta una eccezione!) si commuoveva come un bambino. P. Arsenio pensava alla vita religiosa come luogo della perfezione ricordando il detto di Gesù: “Se vuoi essere perfetto...” e annotava che Gesù non dice “se vuoi essere casto, se vuoi essere povero...” ma “se vuoi essere perfetto”, perché la perfezione è la somma di tutte le virtù. Infine Fr. Fedele ha fatto notare la distanza tra il modo di concepire la vita religiosa al tempo di P. Arsenio e il nostro di oggi. Certo il linguaggio di Arsenio era “datato” al suo tempo, ma è giusto buttarlo a mare? Il vicepostulatore ha fatto notare come P. Arsenio che concepiva la professione religiosa come morte a se stesso e alla carne, non sia un discorso fuori moda, ma è un discorso attuale perché è il discorso pasquale: morire per vivere, morire per risorgere. Quindi il nostro Servo di Dio ha ancora tanto da dire a noi religiosi anche oggi. La mattinata si è conclusa con la celebrazione eucaristica presieduta da Mons. Franco Cuter con l’omelia del Ministro provinciale. Dopo l’omelia tutti i frati presenti hanno rinnovato la loro professione. 2 Nel pomeriggio, dopo un buffet ricco e molto apprezzato dalle suore, si è recitato il rosario meditando i misteri della luce con i testi di P. Arsenio. Il prossimo appuntamento per noi frati e suore è fissato per 10 dicembre p.v., data della morte a Bergamo del S.d.D. ► In preparazione del 50° anniversario della beatificazione di P. Innocenzo da Berzo Il 25 giugno u.s. a Lovere si è riunito per la prima volta il “Comitato organizzatore” per preparare il 50° della beatificazione di P. Innocenzo da Berzo (12 novembre 1961) che cadrà nel 2011. Erano presenti don Massimo Regazzoli, novello sacerdote, che sostituiva il parroco di Berzo, il vice-postulatore Fr. Serafico Lorenzi, il guardiano della SS.ma Annunciata, Fr. Gabrielangelo Tenni, il maestro dei novizi, Fr. Adriano Moraschini, il responsabile della pastorale giovanilevocazionale, Fr. Marcello Longhi, il Ministro provinciale, Fr. Alessandro Ferrari e Fr. Ismaele Bertani. Assente giustificato il guardiano-parroco di Crema, Fr. Giuseppe Fornoni. Scopo di questo “Comitato” è di formulare proposte per far conoscere il nostro beato (prima di tutto ai frati) e aumentarne la devozione. Varie sono state le idee che ne sono nate, ma devono essere ancora vagliate e approfondite. Per questo il Comitato si riunirà nel prossimo mese di ottobre. Don Massimo, inoltre, ha ricordato come la vigilia della morte del beato (2 marzo) a Berzo si sono radunati circa 2000 persone lasciando pieno di meraviglia il Vescovo di Brescia, Mons. Monari, vedendo quanto il nostro beato sia venerato e amato in valle Camonica e non solo. ► Incontro del servizio “Annuncio della Parola” La mattina del 26 giugno nel convento di Bergamo si sono ritrovati i frati che durante questo anno pastorale 2008/9 hanno partecipato alle missioni popolari alla presenza del vicario Provinciale Fra Raffaele e del definitore fra Sergio Pesenti, e del Segretario Fra Agostino Valsecchi L’ordine del giorno proposto puntava sulla verifica dell’attuale struttura delle Missioni Popolari, sulle novità da suggerire e sulle nuove missioni accolte dalla Provincia per i prossimi anni. Dopo la presentazione di Fra Giansandro sul lavoro svolto in collaborazione con l’equipe (fra Aldo, Fra Lorenzo, Fra Cesario e fra Claudio T.) nel solco tracciato da Fra Saverio Corti (ormai a riposo come parroco a Lecco), è nato un proficuo scambio di opinioni e suggerimenti in vista del prossimo anno. Si è notata una buona armonia nel gruppo dei frati presenti(circa 15 su 30 convocati) e l’interesse ad incentivare questo ambito dell’evangelizzazione non certo avaro di richieste (il calendario prevede già missioni per il 2013!) L’invito è a mettersi a disposizione, accettando questa splendida e forte esperienza dell’Annuncio del Vangelo fatta propria da S.Francesco, vissuta nell’Oggi di una società che ha bisogno di parole chiare e cariche di speranza. Il prossimo anno pastorale la nostra Provincia vedrà alcuni suoi frati impegnati nelle missioni a Domodossola e Montecchio di Darfo (ottobre 2009), Sesto S.Giovanni(novembre 2009), Rovetta (marzo 2010), Cairate(aprile 2010), e due Eco-missione a Lambrate (febbraio 2010) e Vanzaghello (maggio 2010). Se non potete partecipare… pregate per noi grazie! [Fr. Giansandro Cornolti] ► XXV° anniversario della Comunità “Oasi7” Una giornata di sole cocente ha caratterizzato il 28 giugno, XXV° anniversario della comunità “Oasi7” di Antegnate, fondata nel 1984 da P. Antonio Zanotti. 3 Una solenne concelebrazione eucaristica presieduta da Mons. Serafino Spreafico con il parroco di Antegnate, il Ministro provinciale e un gruppo di frati ha caratterizzato la mattinata e molta gente accorsa per l’occasione. All’offertorio ogni “casa” dell’Oasi7 (le sette opere di misericordia) ha offerto al Vescovo celebrante i loro prodotti della campagna e anche un asinello che a fatica sono riusciti a portare sotto l’altare. Al termine dell’Eucaristia P. Antonio ha letto una preghiera di ringraziamento all’Altissimo bon Signore per tutte le cose belle che sono state fatte in questi 25 anni, per tutte le persone incontrate, per i giovani aiutati ad uscire dalle loro “dipendenze”... Il pranzo è stato consumato in tre luoghi diversi a causa delle molte prenotazioni e partecipazioni. Il tutto vissuto nella più grande gioia e serenità. Riportiamo le parole di Fr. Antonio Zanotti: Vorrei proclamare, insieme ad ognuno di voi: il Signore ha fatto “Grandi cose”. Così citavo nell’invito rivolto ai miei fratelli cappuccini, e davvero, Domenica 28 giugno, abbiamo proclamato insieme le “Grandi cose” del Signore. E’ stata una festa che ha portato gioia nel mio e nei tanti cuori raccolti semplicemente per dire grazie al Signore. Abbiamo voluto, con una profonda ed intima cerimonia liturgica, resa solenne dalle numerose presenze di fratelli celebranti e non, dare gloria al nostro Dio dalle infinite grazie e variopinte bellezze. E’ stata la celebrazione della fede – come ha sottolineato il p. Provinciale - in Colui che tutto può: “Non temere, soltanto abbi fede” (Vangelo di Marco). E’ stata la celebrazione dell’obbedienza: “Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe meno” (2 Lettera ai Corinzi). E’ stata la celebrazione della bontà: “ Ti esalterò Signore, perché mi hai risollevato” (salmo 29). “Come è bello e gioioso che i Fratelli stiano insieme” è stato il canto di apertura: melodioso abbraccio di fraternità che ci ha uniti nel ringraziamento per questi 25 anni di benedizioni d’Amore. Infinite “grazie” diventate preghiera conclusiva all’Altissimo Padre Celeste per tutti gli amici presenti: il Vescovo, Sua Eccellenza Monsignor Serafino Spreafico il Superiore Provinciale, Sacerdoti e confratelli cappuccini… Tutti loro e i miei fratelli Cappuccini, possano come Francesco, a passi di danza entrare all’alba di ogni giorno e raccontare con il loro volto, la bellezza di vivere in Te e per te, Signore. “Grazie a tutti gli ospiti delle case, a tutti i collaboratori, ai Sindaci, ai volontari e ai benefattori. Possano sempre essere trasparenza della sua sensibilità facendosi strumento del suo Amore. Regala loro ogni giorno una tu carezza perché non si stanchino mai di essere aiuto e consolazione per chi ha bisogno, ERANO TUOI E LI HAI DATI A ME”. “Dando le tue note al mio amore racconti una storia eterna ed io con nuova fame e nuova sete, sempre in nuove imprese, volterò in fretta nuove pagine nel libro della vita” (Tagore) 4 ► I nostri morti Ricordiamo nelle nostre preghiere Fr. Efrem Visioli, Annovazzi Luigia, mamma di Fra Gianluca Lazzaroni e Carlo Beghi, papà di Fr. Giampaolo. ► Segnalazioni librarie 1) Marco Bartoli, Pater pauperum. Francesco, Assisi e l'elemosina, Edizioni Messaggero, Padova 2009, p. 190, € 15,00 Il titolo è suggestivo e potrebbe far pensare che l’accento sia posto su san Francesco e l’elemosina. Invece nell’indice non compare mai questo termine. Il contenuto vero del libro è dichiarato dall’Autore in questa frase “… su Francesco d’Assisi e la povertà sono stati scritti migliaia di libri. Sul […] rapporto di Francesco con i poveri che incontrava nel corso delle sue peregrinazioni di città in città, è stato scritto molto poco… Questo piccolo libro tenta di affrontare… questo secondo aspetto” (pag. 19-20). Se questo è l’argomento, dichiarato apertamente, perché non metterlo nel titolo? Il tema interessante forse richiederebbe qualche distinzione tra la povertà scelta da Francesco e quella subita dai poveri di tutti i tempi, tra quella offerta a Dio e quella imposta dall’ingiustizia umana, quella che appartiene al Regno e quella che, purtroppo, appartiene solo a questo mondo, quella che dona beatitudine e quella che produce solitudine e rabbia. A parte un piccolo accenno, nel libro non sono approfondite queste distinzioni, anzi si legge: “… quei poveri erano per Francesco la misura concreta della propria scelta di povertà” (p.19). A noi pare che Francesco trovasse la fonte, il modello, la misura della sua povertà in Gesù Cristo che non subì, ma scelse di farsi povero. Solo per questo Francesco si fece povero, non per fare in modo che ci fosse un povero in più nel mondo. Sempre nella premessa, l’autore spiega anche cosa c’entri in tutto questo l’elemosina. Le ragioni che hanno spinto l’autore a ricercare e scrivere questo libro sono 2: “… in Europa è cresciuta una sorta di insofferenza verso chi vive per strada, senza fissa dimora, senza domicilio fisso” (p. 21-22); il secondo motivo che ha spinto l’autore a scrivere è: il fatto che proprio il sindaco di Assisi abbia proibito la mendicità nel paese di Francesco (p. 23-24). Queste motivazioni personali e politiche, giustissime (io le condivido), dovevano essere poste in una conclusione: dopo aver visto chi erano i poveri al tempo di Francesco ed aver osservato il modo in cui egli si rapportava con loro, si poteva fare un confronto con il nostro tempo e trarre le conclusioni più concrete. Se effettivamente la premessa è stata scritta prima del libro (come dovrebbe essere una premessa), bisogna riconoscere che il libro è partito da pregiudizi che non c’entrano nulla con la storia di Francesco. Siamo all’ennesimo libro tendenzioso su Francesco. Probabilmente una lettura può essere utile, ma attenzione a queste premesse. 2) Pietro Maranesi, L'eredità di frate Francesco. Lettura storico-critica del Testamento, Edizioni Porziuncola, S. Maria degli Angeli - Assisi (PG) 2009, p. 366, € 28,00 Nella nostra formazione alla vita cappuccina abbiamo sentito molto parlare del Testamento di Francesco, perché i primi nostri frati ebbero un’attenzione particolare a questo testo di Francesco fino ad ritenerlo, teoricamente e praticamente, inseparabile dalla Regola. I commenti sul Testamento sono numerosi. Questo è l’ultimo e sembra risponda a tutte le condizioni, perché serio, profondo e documentato. Non si può e non si vuole entrare nel dettaglio, per motivare la lettura, ma forse ne vale la pena: per un aggiornamento personale e per una proposta a chi vuole avvicinare il francescanesimo. 5 3) Angelo Pizzarelli, La Madonna in Santa Veronica Giuliani, Monastero S. Veronica Giuliani, Città di Castello 2009, p. XIX, 369, € 20,00. Si legge nella prefazione (ripresa nella 4ª di copertina) di Nicola Gori, Redattore de L’Osservatore Romano: “Nella notevole produzione teologica, letteraria e saggistica sul pensiero veronichiano, mancava fino ad oggi un’opera che raccogliesse tutta quanta l’esperienza mariana della santa come narrata nel Diario. Dobbiamo perciò essere grati al cappuccino padre Angelo Pizzarelli che con attento e prezioso lavoro ha colmato una lacuna e messo a disposizione dei lettori un’antologia commentata e illustrata dell’esperienza mariana in santa Veronica” (p. XII). Stando a questa prefazione il volume dovrebbe essere utile sia per riflettere sulla Madonna sia per familiarizzare un po’ più da vicino con l’esperienza spirituale di questa grande cappuccina, che sembra essere poco conosciuta tra noi. Forse l’unica difficoltà può essere nell’acquisto, perché pare che la Cantagalli sia solo stampatrice e non editrice. L’unica è rivolgersi al monastero delle Cappuccine di Città di Castello. 4) Mons. Luca Milesi. Una vita per la missione in Eritrea, Parrocchia San Giovanni Bianco, Editrice Velar, Gorle (BG), 2009, p. 157. Questo libro, che illustra la vita di un grande nostro confratello e una parte importante del nostro impegno in Eritrea, è già stato presentato egregiamente in Fra Noi n. 129, p. 5-6. Riceviamo e pubblichiamo l’osservazione di P. Mario Traina Leggendo di nuovo il “Fra noi” di febbraio ho notato che l’indicazione che è stata data per leggere la biografia di P. Carlo di Abbiategrasso in internet è errata. Quella giusta è: http://www.comunicare.it/ofmcap/p_carlo/ oppure http://www.comunicare.it/ofmcap/p_carlo/welcome.htm 6 CONFERENZA-MEDITAZIONE P. Fedele Merelli, vice-postulatore in occasione della prima professione del Servo di Dio p. Arsenio da Trigolo 25 giugno 1903 – Lovere - 25 giugno 2009 Ricorre quest’anno il centenario della morte del servo di Dio p. Arsenio Migliavacca da Trigolo, avvenuta a Bergamo il 10 dicembre 1909. Tra le varie celebrazioni programmate si è voluto inserire questa qui a Lovere dove p. Arsenio, il 25 giugno 1903 alle ore 9,30 fece la sua professione semplice, come si chiamava allora o, come si dice oggi, professione temporanea. Non è un centenario tondo e perfetto, ma il 106° anniversario. Questa giornata può essere molto di più di un semplice ricordo. Per noi cappuccini, ma credo anche per le suore di Maria Consolatrice, e per gli stessi semplici laici, può diventare un’occasione utile e preziosa per conoscere meglio p. Arsenio, per comprendere lo spirito con il quale visse quell’evento della sua vita e per lasciare che ci aiuti tutti a rinnovare la grazia del nostro battesimo e della nostra professione religiosa, con il suo esempio e la sua intercessione. Faccia in modo che la nostra professione non sia vissuta per abitudine, ma venga riqualificata ogni giorno affinché possiamo essere più fervorosi, più coerenti e più eloquenti nel mondo e nella chiesa in cui viviamo. Vorrei proporvi una meditazione piuttosto che una conferenza. Per questo lascerò ampio spazio alle parole di p. Arsenio, perché lui solo può dirci quello che ha vissuto in occasione della sua professione da cappuccino e quindi può diventare maestro e modello oltre che intercessore. Do per scontato che chi legge conosca un po’ la sua vita. Parto da quel preziosissimo manoscritto autobiografico che ho pubblicato con il titolo: Esercizi spirituali in preparazione alla professione semplice da cappuccino edito nel 2007. Questo testo ci rivela tantissime cose. Ad esempio, come p. Arsenio è riuscito ad entrare nella nuova vita di frate cappuccino, che in quel tempo era tra gli ordini più rigorosi, senza rinnegare le sue esperienze precedenti: di sacerdote diocesano, di gesuita e di fondatore dell’Istituto delle suore di Maria Consolatrice. Quando ho presentato questa pubblicazione, mi ero posto una domanda: p. Arsenio divenne cappuccino per scelta o per ripiego dopo varie esperienze rivelatesi negative? Avevo risposto che i documenti, e specialmente questo testo, provano che fu una scelta di vita convinta ed impegnata, di altissima spiritualità per la sua santificazione personale e per un modo nuovo di essere presbitero: quello dei cappuccini di allora, che erano ben diversi dai preti diocesani e dai gesuiti. Avevo anche riassunto l’esperienza del noviziato cappuccino di p. Arsenio nel modo che ripropongo, perché non si può parlare della sua professione senza pensare a quello che ha comportato per lui la preparazione, cioè il noviziato fatto a Lovere. Proviamo un po’ a pensare cosa ha significato per un uomo maturo il noviziato: aveva 53 anni quando fece la vestizione cappuccina e incominciò il periodo formativo più impegnativo e ne aveva 54 quando fece la professione temporanea. Cosa voleva dire per uno che aveva già fatto tutta la preparazione al sacerdozio, che aveva fatto il noviziato e il curriculum formativo nei gesuiti, che era stato direttore spirituale di tante anime, che aveva fondato, diretto, formato e scritto le regole per una congregazione religiosa femminile, rimettersi in formazione e fare tutto quello che facevano i ragazzi molto più giovani di lui? I suoi compagni avevano 16-17 anni. Non veniva dispensato da nulla, fuorché dalle cose che erano poco consone al fatto di essere già presbitero. Per il resto faceva, come tutti gli altri: penitenze molto aspre, digiunava tutte le 7 quaresime prescritte dalla Regola e tutti i venerdì dell’anno, diceva la colpa (esteriore) in pubblico, si flagellava, portava il cilicio, andava scalzo, si alzava tutte le notti, ascoltava i rimproveri che venivano fatti dal maestro dei novizi, non predicava e non confessava per tutto l’anno di noviziato e forse anche per un po’ di tempo successivo. Senza una convinzione profonda ed una decisione sincera non avrebbe potuto continuare nel noviziato ed anche durante il periodo della professione temporanea, perché fece la professione solenne o perpetua come tutti gli altri, dopo tre anni, cioè il 25 giugno 1906. Anche se non avesse scritto nulla basterebbero queste cose elencate per dire che era veramente pronto ad abbracciare una vita religiosa più austera di quelle che aveva vissuto fino a 53 anni. In questi pochi richiami si evidenziano tante se non tutte le virtù di cui era già ricco, ma che ora, nella vita cappuccina, avrebbe portato a compimento. Oggi ci poniamo altre domande: come p. Arsenio ha vissuto la sua professione cappuccina? Cosa ci insegna o cosa possiamo imparare da lui? 1. Contemplare le opere di Dio Nella prima meditazione degli esercizi in preparazione alla professione, p. Arsenio si propone di riflettere: Sopra gli innumerevoli benefizi ricevuti da Dio, e specialmente del beneficio della S. Vocazione allo stato Religioso. Solitamente quando parliamo della professione religiosa incominciamo da noi stessi, perché siamo noi ad emetterla: quindi parliamo della preparazione, dei requisiti, degli impegni, delle conseguenze, di quello che richiedono i voti, dei documenti, del noviziato, ecc. Invece p. Arsenio ci invita a guardare, prima di tutto, a Dio: a quello che ha fatto Dio per noi, per rendere possibile la nostra esistenza, la nostra vocazione cristiana, la nostra professione religiosa. C’è in questo l’atteggiamento della Madonna nel Magnificat. Non parla di sé, non guarda a sé, ma guarda a Dio e riconosce: grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente. Sì, mi viene chiesto un atto di consacrazione totale a lui, ma lo posso fare perché lui ha fatto grandi cose in me, perché lui mi ha preceduto, perché lui mi ha messo in grado di fare il mio atto di consacrazione. Dio ha fatto la parte principale, io mi fido di lui e posso dire il mio fiat. Nell’atteggiamento di p. Arsenio c’è anche tutta la spiritualità di san Francesco che riconosce, contempla e celebra le opere di Dio e invita tutte le creature a lodarlo. Francesco, quando nel Testamento parla della sua vita religiosa, se vogliamo della sua professione, dice almeno tre cose: che il Signore gli diede la grazia di incominciare a fare penitenza, gli donò dei fratelli, gli rivelò che dovesse vivere secondo il Vangelo. Anche Francesco guarda a Dio per conoscere l’origine della sua vocazione, per rallegrarsi dei doni già ricevuti, per essere consapevole che quello che sta facendo – e per lui era qualcosa di nuovo anche rispetto alla vita religiosa di allora – era possibile perché non era un suo capriccio, ma era la semplice risposta ad una chiamata, ad una vocazione, ad un dono. Da questo punto di vista p. Arsenio si è veramente immedesimato nello spirito evangelico e nello spirito di Francesco, che è uno spirito universale e vale per tutta la chiesa, ma non può mancare in coloro che vogliono seguirlo, cioè in noi francescani. Davvero la sua maturazione spirituale: dal battesimo, alla vita sacerdotale, alla vita gesuitica era arrivata all’ultimo stadio e sarebbe arrivata alla sua pienezza nella vita francescano-cappuccina. E noi cappuccini non possiamo non ricordare il dono che il Signore ci ha fatto e riconoscere che ci ha regalato il sacerdote diocesano beato Innocenzo da Berzo (morto nel 1890) e il gesuita servo di Dio p. Arsenio: due estranei alla nostra vita che, una volta entrati in convento, sono diventati addirittura modelli della nostra vita, l’hanno vissuta senza sconti e sono diventati dei segni, pur avendo fatto il possibile per rimanere, tutti e 8 due, nel nascondimento. Ed in parte ci sono riusciti, perché erano sì amati e stimati, ma non da tutti e fino al punto da riconoscere apertamente la loro santità. Vediamo più in particolare alcune delle cose che dice p. Arsenio su ciò che ha fatto Dio per la sua vocazione e per la sua professione. “Considera il cumulo quasi immenso di benefizi che la misericordia infinita di Dio ti ha compartito tanto riguardo alla natura come alla grazia. - Poteva Iddio non crearti, e invece senza il tuo merito, anzi con molti demeriti previsti, ti ha creato con anima immortale, capace di conoscere ed amare. - Potea crearti tra infedeli invece t’ha fatto nascere da genitori cristiani, in seno alla vera Religione. - Oltre l’averti creato e conservato, ti ha voluto redimere col suo sangue - per farti suo amico ed erede della beata eternità perduta pel peccato di Adamo. Che importava a Dio che tu restassi nel nulla? oppure nell’ignoranza di lui, o per sempre suo nemico: non era Egli beato lo stesso etc.? Sì, ma la sua infinita bontà e misericordia gli fece quasi dimenticare di essere Dio. Ecco [pieno] di compassione per te, scese dal cielo, s’incarnò, patì e morì su duro tronco di croce - e ciò per salvarti. - Quelli che Dio previde fino ab eterno, e predestinò, perché fossero conformi all’immagine del suo Figliolo, questi a suo tempo li chiamò: Quos praescivit et praedestinavit conformes fieri imaginis Filii sui... Quos autem praedestinavit, hos et vocabit: e quelli che chiamò, li giustificò, e quelli che giustificò, li glorificò, e li fece grandi del suo regno [Rom 9,29-30]. Iddio non solo ci creò, ci chiamò dal nulla, ma ci predestinò facendoci nascere nella sua Chiesa cattolica, in cui possiamo farci [2v.] simili all’immagine del suo Figlio, seguendo il suo santo vangelo, i suoi esempi e ammaestramenti di cui la Chiesa è madre e depositaria; e caduti ci giustificò non solo, ma a noi fece poi l’altro grande beneficio di cavarci dal mondo, preservandoci così dai peccati, mettendoci nello stato a noi più conveniente, qual è appunto la S. Religione. E qui se corrisponderai alle tante grazie che ti tiene preparate, e userai dei mezzi che ti porge, ti glorificherà, e ti farà grande nel suo regno. Chi può enumerare le grazie grandi che Iddio fa nel chiostro, lungi da pericoli di peccare, circondato da buoni esempi: meditazione, lettura, esami, sacramenti, regole, sorveglianza de’ superiori, orario, silenzio etc. etc., come si potrà non farsi santi. - Comprendi, anima mia, la specialissima grazia che il Signore ti ha fatto senza che tu neppur lo pregassi di questo, anzi forse a costo d’ogni tua ripugnanza e violenza, e quasi a tuo dispetto. Pensa quante e quante anime forse sono nel mondo che pregano e sospirano e piangono chiedendo a Dio la grazia della vocazione, d’esser liberati da tanti pericoli e lacci e, chiamati, con quali trasporti corrispondere[rebbero] a questa grazia. Eppure il Signore per gli inscrutabili suoi giudizi non li vuol esaudire. - E tu che nel secolo non hai forse fatto altro che offenderlo e ingiuriarlo crescendo ogni dì d’iniquità in iniquità, che già da tanti anni [3r.] ti eri meritato un’eternità di tormenti, tu ingrata e sconoscente a tanti favori e grazie, te ha voluto eleggere a preferenza di tanti e tanti di lunga di te migliori, a questo santo stato, tu che forse non ci avevi mai pensato, e ti ha voluto mettere al sicuro di tanti inganni e pericoli di un mondo in cui forse ti saresti perduto, trasportandoti in questa santa religione. Ti ha circondato di mura inespugnabili contro i tuoi nemici onde meglio osservassi la sua santa legge - ti ha arricchito di lumi e cognizioni per conoscere le vie della salute e perfezione, e insieme ti soccorre colla sua grazia rinvigorendo la tua fragilità - dandoti forza per fare il bene e fuggire il male etc. etc”. Interrompiamo la lettura di questo testo meraviglioso nel quale ogni parola sembra pesata. Pensiamo un po’ più in concreto non solo alla meravigliosa storia della nostra comune vocazione alla fede, di quanto il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo hanno fatto e continuano a fare per la nostra vita cristiana. Pensiamo quale grande dono il Signore ci ha fatto chiamandoci in una forma di vita religiosa che ci offre, senza nostro merito ma solo per grazia, per amore, tantissimi mezzi per poter essere totalmente suoi. La nostra è una vocazione, cioè una chiamata di Dio alla quale abbiamo risposto, ma questa è una risposta che non può essere data una volta per tutte, deve essere 9 continuamente rinnovata. Abbiamo risposto con la nostra professione, ma bisogna che questa risposta sia quotidiana, sempre fresca, non si invecchi mai a causa di tante negatività che ci sono anche nella vita comune e nella vita religiosa. La professione religiosa non è una cerimonia, una liturgia, ma è una risposta sempre nuova a Dio. Sicuramente la cultura nella quale siamo immersi non ci aiuta in questa riflessione. Oramai anche tra noi sono altri i parametri su cui misurarci e non li elenco per non arrossire. P. Arsenio ci dice che tante cose sono cambiate in questi cento anni, ma non possiamo stravolgere il senso della nostra consacrazione. La cultura nella quale viviamo non può mettere in crisi il vangelo, la regola, la professione. Questa è una meditazione dettata da p. Arsenio, ma è anche provocatoria. 2. Misurare la nostra risposta alla chiamata P. Arsenio dopo aver contemplato l’opera di Dio, cioè la chiamata, guarda anche a se stesso per considerare come dovrebbe corrispondere. Sempre, la contemplazione delle opere di Dio ci deve far prendere le misure per considerare la qualità della nostra risposta. Noi non possiamo paragonarci a quello che fanno gli altri, ma dobbiamo sempre metterci di fronte a chi ci ha chiamato. Ma ascoltiamo p. Arsenio. “Ora considera quale sia la tua corrispondenza a tante e sì segnalate grazie, ingrata anima mia!... Un Dio che tanto ha fatto per te, così mal corrisposto? ... Quando mai vi pensi di ringraziarlo di cuore? passano forse giorni e settimane senza pensarvi? Che sconoscenza e ingratitudine!... Quale stretto conto ne dovrai rendere a Dio nel giudizio!... Dov’è la vita fervorosa, dedita alla pietà, alla mortificazione etc. una vita quale da te richiedeva. Egli già ti disse: qui vult venire post me abneget semetipsum et tollat crucem suam et sequatur me [Mt 16,24]. Come hai praticato questo suo precetto fatto a te in particolare allorché ti chiamò, e tu corrispondesti all’invito?...[3v.] Che risponderai al giudice di tanta tua sconoscenza?... il pentirsi allora sarà inutile... Ora, ora intanto che n’hai ancora il tempo, è il momento di ripararvi e subito. - Pensa un poco seriamente a’ casi tuoi. - Quantunque finora abbi menato una vita così tiepida e indegna d’un religioso, pure il Signore benigno non si è ritirato, anzi sta per compier su di te il più grande dei favori riservati a’ suoi eletti. Egli vuol stringerti interamente a Lui colla S. Professione dei voti. Mira da questo Crocifisso come a Lui ti invita. Quelle braccia stanno aperte per abbracciarti, quel seno divino crudelmente ferito da te e per te, t’apre l’ingresso all’amoroso suo cuore. “Vieni - egli ti dice -, vieni, o mio diletto, e avrai pace”. Come potrai resistere a sì tenero e amoroso invito?! Non esser dunque più ingrato a tanta bontà, ma fa’ di corrispondere con tutta premura. Domandare a Dio perdono di tante ingratitudini, ringraziarlo di tanti benefici e misericordia, e proporre novella vita. P. Arsenio si rivela davvero tenerissimo di fronte all’amore di Dio. Ha più di 50 anni ma sa ancora commuoversi considerando l’amore di Dio, la sua indegnità, la sua difficoltà nel corrispondere alle grandi opere che Dio sta facendo in lui. Non ha ancora tradotto tutto in razionalità, ma ha lasciato ampio spazio ai sentimenti che sanno commuove nel considerare quello che Dio ha fatto e continua a fare. Anche Francesco piangeva pensando all’amore di Gesù, quell’amore concreto che vedeva nella mangiatoia e nella croce e non era contraccambiato”. Noi, penso a me naturalmente, siamo abituati alla razionalità. Abbiamo studiato Dio (teologia), ma l’abbiamo affrontata come qualcosa che sterilizza il cuore. Abbiamo studiato il catechismo, ma non ci ha aiutato ad amare Dio che stavamo conoscendo. E forse è proprio per questo che la nostra risposta non è amorosa, è stanca, spesso si perde nelle cose che sanno ancora troppo di mondo, di calcoli, di regole, di permessi, ecc. P. Arsenio è un maestro che, senza volerlo, in quanto ha scritto queste cose per sé stesso e non per essere rese pubbliche, ci dà una lezione grande: ci chiede di non perderci in corollari, ma di andare alla sostanza; di non cedere troppo al secolarismo che ha già 10 invaso la nostra vita. Naturalmente parlo di me, perché non sto insegnando nulla, ma sto dicendo ad alta voce alcune delle cose che p. Arsenio dice con la sua esperienza e con i suoi scritti. Vi invito a chiedere a p. Arsenio di insegnarci questo stile, di aiutarci a credere a queste meraviglie di Dio e a vivere tutte le conseguenze. 3. La vita religiosa Dopo aver guardato all’opera di Dio ed aver chiesto a sé stesso conto della sua corrispondenza, p. Arsenio ci aiuta ad entrare nel vivo di questa giornata. Cosa pensava p. Arsenio della vita religiosa? Nella seconda meditazione in preparazione alla professione religiosa da cappuccino, pone il tema: [4r.] Sopra l’obbligo che ha il religioso di attendere alla perfezione. La professione religiosa comporta di impegnarsi nella perfezione, naturalmente evangelica che è comune a tutti i religiosi, ma è essenziale per i francescani. Si vis perfectus esse, vade, vende omnia quae habes et da pauperibus […] et veni et sequere me [Mt 19,21], disse Gesù Cristo a quel giovane che gli domandò che cosa dovesse fare per esser perfetto. Considera che queste parole furono dette dal Signore anche a te, chiamandoti allo stato religioso. Il fine per cui ti fa abbandonare parenti, amici, il mondo etc., fu affinché attendessi a divenir perfetto - Si vis perfectus esse. Quindi considera come t’incombe l’obbligo di attendere continuamente a questa perfezione, come inerente inseparabilmente allo stato religioso che stai per abbracciare. Dal momento che sei entrato religioso hai tolto ogni limite alla tua santità: se nel mondo ti fossi prefisso un certo grado di virtù, questo colà sarebbe stato gran cosa, ma nella religione non vi ha grado che basti: non puoi più dire voglio arrivare fin qui e poi basta; ma nella religione l’obbligo è di attendere a diventar perfetto continuamente. Si vis perfectus esse. Non disse già il Signore se vuoi esser umile, casto etc.; ma se vuoi esser perfetto. Quindi considera come al Religioso non basta attendere a questa o a quella virtù in particolare, ma gli è preciso l’obbligo di attendere a tutte le virtù; anzi non potrà mai esser buon religioso quello che non vi attende di proposito. Perché essendo il [4v.] fine del Religioso di attendere alla perfezione, non potrà mai dire di attendere alla perfezione quel religioso che si contenta solo di acquistare qualche virtù in particolare. - Per questo se fuori di religione si potrà scusare uno che non attende a questa perfezione, ma solo a qualche virtù, e anzi anche solo con questo potrà esser buon cristiano, non potrà mai esser buon religioso chi trascura di attendere alla perfezione, come dice S. Gerolamo: perfectum esse nolle, delinquere est. Quel religioso che non vuol essere perfetto e che non procura con ogni studio di diventarlo, è in continuo stato di colpa. Ed Eusebio Emiseno [di Emesa] dice che quel religioso che non attende alla perfezione sta in gran pericolo di dannarsi: Non perfecte in eremo vivere, summa damnatio est. Ma considera come finora ti sei imbevuto di questa verità e come l’hai praticata. - Qual progresso nel noviziato hai fatto delle virtù per poter dire almeno d’aver incominciato? Dove sono i principii dell’umiltà, pazienza, carità, mortificazione e di tutte le altre virtù necessarie per arrivare a questo monte della perfezione religiosa? Purtroppo trovi di confonderti e umiliarti. Forse, forse invece di andare avanti, sei ritornato addietro. Infatti dov’è quell’ardente desiderio concepito ne’ primi giorni del tuo noviziato di avanzarti in virtù e nel santo amor di Dio? Dove quell’amore all’umiltà, alla penitenza? Dove quell’impegno [5r.] di emendarti di tanti difetti e imperfezioni? Dove lo spirito di orazione?... È vero che, come dicono i dottori, il religioso è in stato di perfezione, non intendendo di dire che subito sia perfetto, ma che professa di camminare alla perfezione; pure dove sono anche i primi passi in questo cammino? Non dovresti aver già imparato che cosa sia esser umile…, obbediente..., far guerra all’amor proprio e disordinato? ma invece come vanno le cose? Puoi dire di esser vero religioso? No, no ti risponde S. Tommaso: quel religioso che non mira ad acquistare la perfezione, né vi attende, quello è religioso finto, perché non attende a ciò che professa, né a 11 quello per cui è entrato in religione: e benché ciò non l’hai ancor professato, pure quell’era la tua volontà all’entrare in religione! Quello che S. Tommaso dice al religioso professo, io lo dico a te novizio: concordet illorum vita cum nomine; professio sentiatur in opere. La tua vita sia conforme all’abito, al nome che porti, giacché dalle opere si conosce la professata carriera. Hai vestito da un anno l’abito della penitenza, dell’umiltà, ma dove sono le opere di penitenza, d’umiltà? Concordet illorum vita cum nomine. - Non basta che abbi fatto vita regolare, ma bisogna che lo spirito di questa vita religiosa abbia preso possesso nel tuo cuore. - Forse dirai: lo farò dopo professo; ma se non l’hai fatto nell’anno del noviziato con tanti mezzi [5v.] e stimoli a farlo, puoi lusingarti di farlo meglio dopo la professione? puoi promettere, [dopo] le grazie, ispirazioni, lumi che da Dio avesti in gran copia, che tu con tanta ingratitudine hai disprezzato? Domanda a Dio misericordia, chiedigli perdono, sappi che ancor sei in tempo di riparare il mal fatto. Se grande fu la tua ingratitudine, più grande è la infinita misericordia di Dio. Eccolo che ancora ti aspetta colle braccia aperte, ancor ti chiama al suo ovile. Sebbene finora non hai corrisposto come dovevi alla tua vocazione, pure Iddio non si è ancora ritirato, come ben meritavi. - Non ti avvilisca il vederti così povero di virtù, il lungo cammino che hai da percorrere. Abbandonati interamente nella misericordia di Dio; rifugiati, in questi S. Esercizi, nel Suo Cuore. Comincia fin d’ora a redimere il tempo perduto. Offriti anticipatamente al tuo Signore sospirando l’ora di farlo poi all’altare, promettendogli fin d’ora di porre ogni studio a divenire ottimo religioso. Prega Maria, dolcissimo rifugio de’ peccatori, che ti aiuti a mettere in pratica questi proponimenti. Ho voluto lasciare tutto lo spazio a p. Arsenio, perché non sarei capace di dire queste parole che possono essere dette solo da un santo, da chi le vive. Ma, credo che la distanza non sia solo tra me e lui, cosa che non interessa a nessuno, ma sembra esserlo tra lui e il nostro tempo. Sì, da allora c’è stato il Concilio Vaticano II e tutti i documenti ufficiali sulla vita religiosa. Sono stati raccolti ultimamente in una pubblicazione: Enchiridion della Vita Consacrata. Dalle Decretali al rinnovamento post-conciliare (385-2000), pubblicato nel 2001 in coedizione Dehoniane Àncora. Sono 3465 pagine senza contare gli indici, ecc. Si tratta di circa 82 documenti: tutti belli, tutti importanti. Quando, per il mio lavoro di bibliotecario, li ho schedati, sono rimasto impressionato. Chi conosce questi documenti? Chi li ha letti o li legge? Chi li vive? Sembra che più si scrive, più si parla della vita religiosa e più si riveli le nostre debolezze. Nel testi che abbiamo ascoltato di p. Arsenio si sente che non sta facendo una predica, ma dice qualcosa che sta vivendo. Nella vita religiosa vede il dono di Dio alla sua chiesa, la radicalità evangelica, la totalità della donazione. Non lo dice, ma è diventato vero discepolo di Francesco d’Assisi che visse tutto questo e lo propose ai suoi frati. Stiamo celebrando l’VIII centenario della protoregola (1209) che diede inizio all’ordine francescano. Leggendo le parola di p. Arsenio mi sento davvero molto lontano non solo del tempo, ma anche della mentalità. Non è mio compito e soprattutto non è questo il contesto, che è quello della meditazione, ma bisognerebbe chiedersi fin dove c’è rinnovamento e non allontanamento dal vangelo, dalla vita religiosa e da Francesco. 4. La professione religiosa Abbiamo visto che p. Arsenio ci invita a considerare le opere di Dio per capire la nostra vocazione e la nostra professione. Abbiamo visto che egli vive la vita religiosa come impegno di perfezione evangelica, allo stato puro, senza considerare le attività, i rapporti, gli impegni, ecc. Queste – sembra dire – saranno conseguenti e proporzionati alla tensione verso la perfezione evangelica, alla risposta che daremo a Colui che ci ha dato tutto. Vogliamo ora ascoltare p. Arsenio su un ultimo punto. Come concepisce la sua professione. Questo lo dice nella introduzione ai suoi esercizi: 1r.] Eccoti, o anima mia, vicina alla tua morte, eccoti entrata negli Esercizi in apparecchio alla tua 12 santa Professione. Fa’ d’intender bene che cosa stai per promettere a Dio, quale debba esser la tua vita in avvenire. - Pensieri che richiedono di seria e molta riflessione. Vuoi promettere a Dio di morire a te stesso, al mondo, alla carne, per vivere solo una vita santa, immacolata. Che promessa, che giuramento terribile e insieme consolante. - Invoca umilmente l’aiuto di Dio. Sono questi giorni santi - preparatori alla tua morte. Dunque, come un moribondo ad altro non pensare che a Dio, raccomandarti a Dio; altro non aver nel cuore che Dio per morire per sempre. Perciò in questi giorni devi mantenerti in un continuo raccoglimento. Tutti i tuoi pensieri e occupazioni devono essere rivolti solo a Dio. Pensare alla dolorosa morte che Gesù fece per te, onde tu pure desiderare di morire per amor suo. Da questa tua morte dipende la tua felicità eterna. Se debitamente morirai nella professione, eternamente vivrai coi beati: ma se questa morte non sarà sincera e perfetta, te infelice: ti aspetta un avvenire terribile e spaventoso in vita, e doppio tormento nell’inferno. - Pondera bene che da questo ritiro può dipendere tutta la tua eternità felice o infelice. Sian questi giorni [1v.] di grande raccoglimento e preghiera. - Mettiti sotto la protezione di Maria SS., che ti assista in questa agonia, per fare una buona morte a tutto; prendila a tua guida e conforto e invocala spesso. Ricorri spesso all’angelo tuo custode e protettori e avvocati, onde poter in questi giorni stabilire di modellare la tua vita alle promesse che stai per fare. Grandi cose prometti a Dio, è vero; ma maggiori sono quelle che ci sono da Dio ripromesse. Non ti spaventi la sublimità de’ voti, né la tua misera umanità. Confida in Dio, ricordati che in Lui puoi ogni cosa. Tanti e tanti si sono sottoposti a questo giogo e di poi tutti lo dissero dolce e soave: così sarà anche per te. In questo testo ci sono tante cose importanti e alcuni richiami a san Francesco, ma mi fermo solo su un punto. La cosa che mi meraviglia di più è l’insistenza sulla professione religiosa come morte a se stesso, al mondo, alla carne. È imbarazzante affrontare il tema della professione religiosa in questo modo, perché oggi più nessuno avrebbe il coraggio di presentarla con queste parole, più nessuno avrebbe la forza di tenere un’omelia su questo tono in occasione di una professione. In un certo senso è anche giusto, perché noi ci consacriamo al Signore per amore e per vivere il vangelo. Va da sé che il morire è sott’inteso, è scontato, è una conseguenza che può anche essere taciuta o detta meno brutalmente. Ma, mi chiedo: è giusto che sia quasi scomparsa dal nostro linguaggio? È lecito rendere la professione religiosa meno impegnativa? Lascio aperta la domanda perché questa è una meditazione non una conferenza. Proviamo a considerare la professione religiosa come morte, ma nel senso positivo, cioè nel senso pasquale: dove la morte è inseparabile dalla risurrezione, dove non si può arrivare alla risurrezione senza la morte, dove non si può entrare nel Regno senza cavare l’occhio o tagliare la mano. Il Vangelo va in questa direzione quando ci dice, ad esempio: chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso; oppure chi ama la sua vita la perde. In questi testi tutto è volto al positivo, ma senza tacere il negativo, non si fanno sconti sulle rinunce, sul morire. Guardiamo Francesco. Prendiamo una parola conosciuta e una meno conosciuta. Partiamo dalla più conosciuta che si trova nel Testamento: Il Signore dette a me, frate Francesco, d'incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d'animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo. “Uscire dal mondo” ha significato per Francesco un passaggio, una pasqua, una rottura con il passato per essere creatura nuova, una morte nel senso pasquale. La pasqua è inizio di una creazione nuova. La veglia pasquale ce ho ha detto anche quest’anno con i segni materiali: fuoco, luce, cero, acqua: tutto nuovo ad indicare la trasformazione interiore della grazia che ci rende creature morte al peccato per vivere nel nuovo Regno. Anche questo è un dono, ma dipende da noi 13 se rimane dono in potenza o si trasforma in dono che diventa vita. Anche un seme contiene in potenza la pianta, ma se non trova le condizioni adatte non diventerà mai pianta. Peschiamo una frase meno nota di Francesco. Si trova nel Saluto delle virtù: “Quasi non c’è uomo al mondo che possa avere per sé una sola di voi se prima non muore” (Fonti Francescane 257, n. 5). Non possiamo vivere il nostro battesimo, se siamo laici cristiani, non possiamo vivere la nostra professione, se siamo religiosi e religiose, senza la Pasqua nella sua interezza. Questo ce lo insegnano i santi, oggi p. Arsenio. Conclusione. Grandi insegnamenti ci offre p. Arsenio in questo suo anniversario di professione tra i cappuccini. Ci ha condotti a guardare a Dio per riconoscere i suoi doni che ci precedono sempre, precedono anche le nostre preghiere. Ci ha invitato a considerare la nostra professione come tensione continua verso la perfezione evangelica, nella sua totalità. Ci ha invitato a non trascurare gli aspetti più impegnativi della nostra consacrazione anche se non possono essere mai separati da una visione pasquale della nostra fede e della nostra vita. Ci ottenga dal Signore di poter vivere con amore e con perseveranza le nostre vocazioni personali. 14