FRA NOI - Frati Cappuccini Italiani

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FRA NOI - Frati Cappuccini Italiani
FRA NOI
FOGLIO INFORMATIVO
FRATI CAPPUCCINI DI LOMBARDIA
Numero 131 Luglio 2009
Il tempo
Nel riordinare le carte ho
trovato una vecchia pagina stracciata da “Famiglia
Cristiana” dove era riportata una intervista a Bill
Gates, uno dei pionieri
della nostra epoca informatica a proposito del
tempo e quello che riporto
credo sia utile anche per
noi frati in questo tempo
estivo.
“Più di ogni altra cosa mi
manca il tempo. Cerco di
ovviare limitando al massimo la televisione. Le statistiche dicono che ciascun americano sta davanti al teleschermo per
quattro ore al giorno. Cerco di non superare le
quattro ore alla settimana,
dedicando più tempo alla
lettura, con un minimo di
due ore al giorno. Ecco, se
dovessi dare un consiglio
ai ragazzi, direi loro di
passare molto tempo con
i libri: aiutano a scoprire il
mondo e a mettere a fuoco la propria vita. E’ molto importante trovare anche il tempo per riflettere:
una volta l’anno mi ritiro
in solitudine. Leggo, ri-
penso agli avvenimenti
degli ultimi anni…e quasi
sempre mi viene qualche
buona idea” (Famiglia
cristiana, n. 17/1995, pag.
104).
Se un “laico” si sente di
spendere una parola in
favore di uno stile di vita
in cui sia accordata una
reale centralità alla vita
interiore, tanto più un frate dovrebbe sentirsi incoraggiato a cercare di rinnovare il proprio impegno per riappropriarsi
della propria scelta di vita
consacrata!
L’arte della concentrazione, della meditazione, dell’igiene mentale, della
buona regolazione degli
stili di vita (orario, cibo,
bevande, sonno…) della
conoscenza di sé e della
riconciliazione con sé non
costituiscono
semplicemente delle mode, ma un
bene di vivere irrinunciabile.
Termino con questo slogan: Prenditi tempo
Prenditi tempo per pensare perché questa è la fine
dello smarrimento.
Prenditi tempo per leggere perché questa è la fonte della saggezza.
Prenditi tempo per pregare perché questo è il più
grande potere sulla terra.
Prenditi tempo per gridare perché qui è la fonte
del coraggio.
Prenditi tempo per amare
ed essere amato perché
questo è privilegio che
viene da Dio.
Prenditi tempo per essere
amabile perché questo è il
cammino della felicità.
Prenditi tempo per ridere
perché il riso è la musica
dell’anima.
Prenditi tempo per dare
perché il tempo è troppo
breve per essere egoisti
Prenditi tempo per vivere.
Buone vacanze!
► AGENDA
- 17 settembre (festa delle Stimmate di S. Francesco): presso la chiesa dei Frati Minori di S.Angelo
in Milano incontro di preghiera alle ore 18.30, cui seguirà un momento di fraternità e spettacolo
realizzato da Fr. Marco Finco.
- 2 Ottobre: Basilica S. Ambrogio in Milano alle 17.30 momento di riflessione guidato da Fr. Paolo
Martinelli; seguirà la celebrazione dell’Eucaristia presieduta dal card. Dionigi Tettamanzi.
► Dai monasteri delle Clarisse cappuccine
I mesi di maggio-giugno sono stati il periodo della celebrazione di due Capitoli all’interno di due
comunità di Clarisse cappuccine. Sono state elette le abbadesse e i loro Consigli.
A Capriate è stata eletta Sr. Mariangela Cavallini, vicaria è Sr. Veronica Montani. Le Consigliere
sono Sr. Agnese Cantù, Sr. Maddalena Zeni e Sr. Lucia Sofia.
A Brescia è stata rieletta Sr. Elena Mazza, vicaria Sr. Enrica Ghidini e consigliera Sr. Bernardetta
Corrias.
A tutte auguriamo un fecondo servizio alla consorelle e alla Chiesa di Dio.
► Celebrazione anniversari
«“Il Sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù”, soleva dire il Santo Curato d’Ars. Questa toccante
espressione ci permette anzitutto di evocare con tenerezza e riconoscenza l’immenso dono che i
sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità». Con queste parole
di Benedetto XVI mi sembra bello ringraziare il Signore per il dono dei cinquant’anni di servizio
sacerdotale di Fra Michelangelo Bocchiola e fra Demetrio Patrini.
Li guardavo insieme, ultimi due “sopravvissuti” della loro squadra, durante le due messe di
anniversario, celebrata la prima ad Oreno il 23 maggio e la seconda ad Albino il 30 maggio. Due
frati con due storie diverse, segnati anche nel fisico in modo diverso dal servizio che hanno offerto
al Signore e alla Chiesa ma entrambi felici di essersi consumati nella vita fraterna e nel sacerdozio.
In particolare sono rimasto colpito e affascinato dalle poche parole pronunciate da fra Michelangelo
al termine della celebrazione ad Albino: “Ringrazio il Signore perchè mi ha concesso di servirlo
nella mia pochezza. Però sono contento perché ho celebrato 25.395 volte la santa Eucaristia, ho
battezzato 2997 bambini, ho amministrato 35 Cresime, ho ascoltato nella confessione 193.268
persone”. Quanti volti incontrati: cifre da capogiro o meglio volti da capogiro! [Fr. Marcello
Longhi]
► Tre giorni formatori
Nei giorni 22-24 giugno ad Albino, presso la casa di accoglienza dei Padri Dehoniani, si è tenuta
l’ormai consueta tre giorni per i formatori, alla quale erano invitati i Ministri provinciali, i definitori
e i formatori delle Province di Trento, Venezia e Milano.
Il giorno 22 sono stati invitati anche gli insegnati degli studentati teologici di Venezia, Milano e del
post-noviziato di Cremona per discutere e verificare la possibilità di iniziare la collaborazione
interprovinciale anche per quanto riguarda gli studi teologici del ciclo istituzionale. La giornata è
stata introdotta da fra Alessandro Ferrari che ha delineato le finalità dell’incontro. Fra Angelo
Borghino ha presentato le finalità del post-noviziato e del Teologato. Successivamente i maestri di
Formazione dei due studentati, fra Roberto Tadiello (Venezia) e fra Carlo Fadin (Milano) hanno
presentato gli aspetti formativi delle due realtà, mentre fra Gianluigi Pasquale e fra Santino
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Regazzoni hanno presentato il piano accademico degli studi. Al termine delle varie esposizione si è
aperta una discussione dove si sono raccolti pareri e suggerimenti sostanzialmente su due questioni:
1. La disponibilità e l’opportunità di istituire un unico Studio Teologico per le tre Province.
2. Il luogo (Venezia o Milano) dove iniziare questa nuova tappa di collaborazione nella
formazione.
Gli aspetti sottolineati dagli interventi sono stati diversi, le divergenze di opinioni non sono
mancate. La maggioranza dei presenti ha rilevato come la collaborazione formativa si stia rivelando
una preziosa risorsa sulla quale vale la pena d’investire forze e personale.
I Ministri provinciali e i Definitori hanno ascoltato, preso appunti…ora inizia la fase del
discernimento per giungere ad una decisione.
Le altre due giornate dell’incontro sono state dedicate alle relazioni delle case di formazione circa
l’anno trascorso. La collaborazione delle tre Province attuata nelle tappe del postulato, noviziato e
post-noviziato procede positivamente. Significativa la disponibilità mostrata dagli educatori per una
verifica costante dei contenuti formativi e per una collaborazione-comunicazione tra le varie tappe.
Alcune linee programmatiche per il nuovo anno fraterno – pastorale hanno concluso la tre giorni, il
cui bilancio è stato decisamente utile e positivo.
► Incontro di preghiera in ricordo della professione del S.d.D. P. Arsenio da Trigolo
Giovedì 25 giugno ricorreva l’anniversario della prima professione del S.d.D. P. Arsenio da Trigolo
e nell’ambito del centenario della sua morte (1909) si è voluto caratterizzare questa giornata con un
incontro nel nostro convento di Lovere .
Le suore di Maria SS.ma Consolatrice sono arrivate con pullman da Milano, dal Veneto e da
Trigolo. Un po’ pochi i frati presenti!
La giornata è stata vissuta nella serenità e nella preghiera. Dopo la celebrazione dell’Ora di Terza il
vice-postulatore, Fr. Fedele Merelli, ha tenuto una conferenza-meditazione facendo “parlare” P.
Arsenio con la lettura di brani tratti dal corso di Esercizi spirituali scritti in occasione della sua
professione.
Come Maria e Francesco P. Arsenio ha prima di tutto guardato cosa Dio ha fatto per lui più che
pensare a quelli che lui ha fatto per Dio. Pensando all’amore di Dio questo “giovane” novizio di 53
anni (già a quell’epoca c’era la legge di non prendere nessuno in religione dopo i 35 anni, ma per P.
Arsenio fu fatta una eccezione!) si commuoveva come un bambino.
P. Arsenio pensava alla vita religiosa come luogo della perfezione ricordando il detto di Gesù: “Se
vuoi essere perfetto...” e annotava che Gesù non dice “se vuoi essere casto, se vuoi essere povero...”
ma “se vuoi essere perfetto”, perché la perfezione è la somma di tutte le virtù.
Infine Fr. Fedele ha fatto notare la distanza tra il modo di concepire la vita religiosa al tempo di P.
Arsenio e il nostro di oggi.
Certo il linguaggio di Arsenio era “datato” al suo tempo, ma è giusto buttarlo a mare? Il vicepostulatore ha fatto notare come P. Arsenio che concepiva la professione religiosa come morte a se
stesso e alla carne, non sia un discorso fuori moda, ma è un discorso attuale perché è il discorso
pasquale: morire per vivere, morire per risorgere. Quindi il nostro Servo di Dio ha ancora tanto da
dire a noi religiosi anche oggi.
La mattinata si è conclusa con la celebrazione eucaristica presieduta da Mons. Franco Cuter con
l’omelia del Ministro provinciale.
Dopo l’omelia tutti i frati presenti hanno rinnovato la loro professione.
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Nel pomeriggio, dopo un buffet ricco e molto apprezzato dalle suore, si è recitato il rosario
meditando i misteri della luce con i testi di P. Arsenio.
Il prossimo appuntamento per noi frati e suore è fissato per 10 dicembre p.v., data della morte a
Bergamo del S.d.D.
► In preparazione del 50° anniversario della beatificazione di P. Innocenzo da Berzo
Il 25 giugno u.s. a Lovere si è riunito per la prima volta il “Comitato organizzatore” per preparare il
50° della beatificazione di P. Innocenzo da Berzo (12 novembre 1961) che cadrà nel 2011.
Erano presenti don Massimo Regazzoli, novello sacerdote, che sostituiva il parroco di Berzo, il
vice-postulatore Fr. Serafico Lorenzi, il guardiano della SS.ma Annunciata, Fr. Gabrielangelo
Tenni, il maestro dei novizi, Fr. Adriano Moraschini, il responsabile della pastorale giovanilevocazionale, Fr. Marcello Longhi, il Ministro provinciale, Fr. Alessandro Ferrari e Fr. Ismaele
Bertani. Assente giustificato il guardiano-parroco di Crema, Fr. Giuseppe Fornoni.
Scopo di questo “Comitato” è di formulare proposte per far conoscere il nostro beato (prima di tutto
ai frati) e aumentarne la devozione. Varie sono state le idee che ne sono nate, ma devono essere
ancora vagliate e approfondite. Per questo il Comitato si riunirà nel prossimo mese di ottobre.
Don Massimo, inoltre, ha ricordato come la vigilia della morte del beato (2 marzo) a Berzo si sono
radunati circa 2000 persone lasciando pieno di meraviglia il Vescovo di Brescia, Mons. Monari,
vedendo quanto il nostro beato sia venerato e amato in valle Camonica e non solo.
► Incontro del servizio “Annuncio della Parola”
La mattina del 26 giugno nel convento di Bergamo si sono ritrovati i frati che durante questo anno
pastorale 2008/9 hanno partecipato alle missioni popolari alla presenza del vicario Provinciale Fra
Raffaele e del definitore fra Sergio Pesenti, e del Segretario Fra Agostino Valsecchi
L’ordine del giorno proposto puntava sulla verifica dell’attuale struttura delle Missioni Popolari,
sulle novità da suggerire e sulle nuove missioni accolte dalla Provincia per i prossimi anni.
Dopo la presentazione di Fra Giansandro sul lavoro svolto in collaborazione con l’equipe (fra Aldo,
Fra Lorenzo, Fra Cesario e fra Claudio T.) nel solco tracciato da Fra Saverio Corti (ormai a riposo
come parroco a Lecco), è nato un proficuo scambio di opinioni e suggerimenti in vista del prossimo
anno. Si è notata una buona armonia nel gruppo dei frati presenti(circa 15 su 30 convocati) e
l’interesse ad incentivare questo ambito dell’evangelizzazione non certo avaro di richieste (il
calendario prevede già missioni per il 2013!)
L’invito è a mettersi a disposizione, accettando questa splendida e forte esperienza dell’Annuncio
del Vangelo fatta propria da S.Francesco, vissuta nell’Oggi di una società che ha bisogno di parole
chiare e cariche di speranza.
Il prossimo anno pastorale la nostra Provincia vedrà alcuni suoi frati impegnati nelle missioni a
Domodossola e Montecchio di Darfo (ottobre 2009), Sesto S.Giovanni(novembre 2009), Rovetta
(marzo 2010), Cairate(aprile 2010), e due Eco-missione a Lambrate (febbraio 2010) e Vanzaghello
(maggio 2010).
Se non potete partecipare… pregate per noi grazie! [Fr. Giansandro Cornolti]
► XXV° anniversario della Comunità “Oasi7”
Una giornata di sole cocente ha caratterizzato il 28 giugno, XXV° anniversario della comunità
“Oasi7” di Antegnate, fondata nel 1984 da P. Antonio Zanotti.
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Una solenne concelebrazione eucaristica presieduta da Mons. Serafino Spreafico con il parroco di
Antegnate, il Ministro provinciale e un gruppo di frati ha caratterizzato la mattinata e molta gente
accorsa per l’occasione.
All’offertorio ogni “casa” dell’Oasi7 (le sette opere di misericordia) ha offerto al Vescovo
celebrante i loro prodotti della campagna e anche un asinello che a fatica sono riusciti a portare
sotto l’altare.
Al termine dell’Eucaristia P. Antonio ha letto una preghiera di ringraziamento all’Altissimo bon
Signore per tutte le cose belle che sono state fatte in questi 25 anni, per tutte le persone incontrate,
per i giovani aiutati ad uscire dalle loro “dipendenze”...
Il pranzo è stato consumato in tre luoghi diversi a causa delle molte prenotazioni e partecipazioni. Il
tutto vissuto nella più grande gioia e serenità.
Riportiamo le parole di Fr. Antonio Zanotti:
Vorrei proclamare, insieme ad ognuno di voi: il Signore ha fatto “Grandi cose”.
Così citavo nell’invito rivolto ai miei fratelli cappuccini, e davvero, Domenica 28 giugno, abbiamo
proclamato insieme le “Grandi cose” del Signore.
E’ stata una festa che ha portato gioia nel mio e nei tanti cuori raccolti semplicemente per dire
grazie al Signore.
Abbiamo voluto, con una profonda ed intima cerimonia liturgica, resa solenne dalle numerose
presenze di fratelli celebranti e non, dare gloria al nostro Dio dalle infinite grazie e variopinte
bellezze.
E’ stata la celebrazione della fede – come ha sottolineato il p. Provinciale - in Colui che tutto può:
“Non temere, soltanto abbi fede” (Vangelo di Marco). E’ stata la celebrazione dell’obbedienza:
“Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe meno” (2 Lettera ai
Corinzi). E’ stata la celebrazione della bontà: “ Ti esalterò Signore, perché mi hai risollevato”
(salmo 29).
“Come è bello e gioioso che i Fratelli stiano insieme” è stato il canto di apertura: melodioso
abbraccio di fraternità che ci ha uniti nel ringraziamento per questi 25 anni di benedizioni d’Amore.
Infinite “grazie” diventate preghiera conclusiva all’Altissimo Padre Celeste per tutti gli amici
presenti: il Vescovo, Sua Eccellenza Monsignor Serafino Spreafico il Superiore Provinciale,
Sacerdoti e confratelli cappuccini… Tutti loro e i miei fratelli Cappuccini, possano come Francesco,
a passi di danza entrare all’alba di ogni giorno e raccontare con il loro volto, la bellezza di vivere in
Te e per te, Signore.
“Grazie a tutti gli ospiti delle case, a tutti i collaboratori, ai Sindaci, ai volontari e ai benefattori.
Possano sempre essere trasparenza della sua sensibilità facendosi strumento del suo Amore. Regala
loro ogni giorno una tu carezza perché non si stanchino mai di essere aiuto e consolazione per chi
ha bisogno, ERANO TUOI E LI HAI DATI A ME”.
“Dando le tue note al mio amore
racconti una storia eterna ed io
con nuova fame e nuova sete,
sempre in nuove imprese,
volterò in fretta nuove pagine
nel libro della vita” (Tagore)
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► I nostri morti
Ricordiamo nelle nostre preghiere Fr. Efrem Visioli, Annovazzi Luigia, mamma di Fra Gianluca
Lazzaroni e Carlo Beghi, papà di Fr. Giampaolo.
► Segnalazioni librarie
1) Marco Bartoli, Pater pauperum. Francesco, Assisi e l'elemosina, Edizioni Messaggero, Padova
2009, p. 190, € 15,00
Il titolo è suggestivo e potrebbe far pensare che l’accento sia posto su san Francesco e l’elemosina.
Invece nell’indice non compare mai questo termine. Il contenuto vero del libro è dichiarato
dall’Autore in questa frase “… su Francesco d’Assisi e la povertà sono stati scritti migliaia di libri.
Sul […] rapporto di Francesco con i poveri che incontrava nel corso delle sue peregrinazioni di città
in città, è stato scritto molto poco… Questo piccolo libro tenta di affrontare… questo secondo
aspetto” (pag. 19-20). Se questo è l’argomento, dichiarato apertamente, perché non metterlo nel
titolo? Il tema interessante forse richiederebbe qualche distinzione tra la povertà scelta da Francesco
e quella subita dai poveri di tutti i tempi, tra quella offerta a Dio e quella imposta dall’ingiustizia
umana, quella che appartiene al Regno e quella che, purtroppo, appartiene solo a questo mondo,
quella che dona beatitudine e quella che produce solitudine e rabbia. A parte un piccolo accenno,
nel libro non sono approfondite queste distinzioni, anzi si legge: “… quei poveri erano per
Francesco la misura concreta della propria scelta di povertà” (p.19). A noi pare che Francesco
trovasse la fonte, il modello, la misura della sua povertà in Gesù Cristo che non subì, ma scelse di
farsi povero. Solo per questo Francesco si fece povero, non per fare in modo che ci fosse un povero
in più nel mondo.
Sempre nella premessa, l’autore spiega anche cosa c’entri in tutto questo l’elemosina. Le ragioni
che hanno spinto l’autore a ricercare e scrivere questo libro sono 2: “… in Europa è cresciuta una
sorta di insofferenza verso chi vive per strada, senza fissa dimora, senza domicilio fisso” (p. 21-22);
il secondo motivo che ha spinto l’autore a scrivere è: il fatto che proprio il sindaco di Assisi abbia
proibito la mendicità nel paese di Francesco (p. 23-24).
Queste motivazioni personali e politiche, giustissime (io le condivido), dovevano essere poste in
una conclusione: dopo aver visto chi erano i poveri al tempo di Francesco ed aver osservato il modo
in cui egli si rapportava con loro, si poteva fare un confronto con il nostro tempo e trarre le
conclusioni più concrete. Se effettivamente la premessa è stata scritta prima del libro (come
dovrebbe essere una premessa), bisogna riconoscere che il libro è partito da pregiudizi che non
c’entrano nulla con la storia di Francesco. Siamo all’ennesimo libro tendenzioso su Francesco.
Probabilmente una lettura può essere utile, ma attenzione a queste premesse.
2) Pietro Maranesi, L'eredità di frate Francesco. Lettura storico-critica del Testamento, Edizioni
Porziuncola, S. Maria degli Angeli - Assisi (PG) 2009, p. 366, € 28,00
Nella nostra formazione alla vita cappuccina abbiamo sentito molto parlare del Testamento di
Francesco, perché i primi nostri frati ebbero un’attenzione particolare a questo testo di Francesco
fino ad ritenerlo, teoricamente e praticamente, inseparabile dalla Regola.
I commenti sul Testamento sono numerosi. Questo è l’ultimo e sembra risponda a tutte le
condizioni, perché serio, profondo e documentato. Non si può e non si vuole entrare nel dettaglio,
per motivare la lettura, ma forse ne vale la pena: per un aggiornamento personale e per una proposta
a chi vuole avvicinare il francescanesimo.
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3) Angelo Pizzarelli, La Madonna in Santa Veronica Giuliani, Monastero S. Veronica Giuliani,
Città di Castello 2009, p. XIX, 369, € 20,00.
Si legge nella prefazione (ripresa nella 4ª di copertina) di Nicola Gori, Redattore de L’Osservatore
Romano: “Nella notevole produzione teologica, letteraria e saggistica sul pensiero veronichiano,
mancava fino ad oggi un’opera che raccogliesse tutta quanta l’esperienza mariana della santa come
narrata nel Diario. Dobbiamo perciò essere grati al cappuccino padre Angelo Pizzarelli che con
attento e prezioso lavoro ha colmato una lacuna e messo a disposizione dei lettori un’antologia
commentata e illustrata dell’esperienza mariana in santa Veronica” (p. XII).
Stando a questa prefazione il volume dovrebbe essere utile sia per riflettere sulla Madonna sia per
familiarizzare un po’ più da vicino con l’esperienza spirituale di questa grande cappuccina, che
sembra essere poco conosciuta tra noi.
Forse l’unica difficoltà può essere nell’acquisto, perché pare che la Cantagalli sia solo stampatrice e
non editrice. L’unica è rivolgersi al monastero delle Cappuccine di Città di Castello.
4) Mons. Luca Milesi. Una vita per la missione in Eritrea, Parrocchia San Giovanni Bianco,
Editrice Velar, Gorle (BG), 2009, p. 157.
Questo libro, che illustra la vita di un grande nostro confratello e una parte importante del nostro
impegno in Eritrea, è già stato presentato egregiamente in Fra Noi n. 129, p. 5-6.
Riceviamo e pubblichiamo l’osservazione di P. Mario Traina
Leggendo di nuovo il “Fra noi” di febbraio ho notato che l’indicazione che è stata data per leggere la biografia di P.
Carlo di Abbiategrasso in internet è errata. Quella giusta è:
http://www.comunicare.it/ofmcap/p_carlo/ oppure http://www.comunicare.it/ofmcap/p_carlo/welcome.htm
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CONFERENZA-MEDITAZIONE
P. Fedele Merelli, vice-postulatore
in occasione della prima professione del Servo di Dio p. Arsenio da Trigolo
25 giugno 1903 – Lovere - 25 giugno 2009
Ricorre quest’anno il centenario della morte del servo di Dio p. Arsenio Migliavacca da Trigolo,
avvenuta a Bergamo il 10 dicembre 1909.
Tra le varie celebrazioni programmate si è voluto inserire questa qui a Lovere dove p. Arsenio, il
25 giugno 1903 alle ore 9,30 fece la sua professione semplice, come si chiamava allora o, come si
dice oggi, professione temporanea. Non è un centenario tondo e perfetto, ma il 106° anniversario.
Questa giornata può essere molto di più di un semplice ricordo. Per noi cappuccini, ma credo
anche per le suore di Maria Consolatrice, e per gli stessi semplici laici, può diventare un’occasione
utile e preziosa per conoscere meglio p. Arsenio, per comprendere lo spirito con il quale visse
quell’evento della sua vita e per lasciare che ci aiuti tutti a rinnovare la grazia del nostro battesimo
e della nostra professione religiosa, con il suo esempio e la sua intercessione. Faccia in modo che la
nostra professione non sia vissuta per abitudine, ma venga riqualificata ogni giorno affinché
possiamo essere più fervorosi, più coerenti e più eloquenti nel mondo e nella chiesa in cui viviamo.
Vorrei proporvi una meditazione piuttosto che una conferenza. Per questo lascerò ampio spazio
alle parole di p. Arsenio, perché lui solo può dirci quello che ha vissuto in occasione della sua
professione da cappuccino e quindi può diventare maestro e modello oltre che intercessore. Do per
scontato che chi legge conosca un po’ la sua vita.
Parto da quel preziosissimo manoscritto autobiografico che ho pubblicato con il titolo: Esercizi
spirituali in preparazione alla professione semplice da cappuccino edito nel 2007. Questo testo ci
rivela tantissime cose. Ad esempio, come p. Arsenio è riuscito ad entrare nella nuova vita di frate
cappuccino, che in quel tempo era tra gli ordini più rigorosi, senza rinnegare le sue esperienze
precedenti: di sacerdote diocesano, di gesuita e di fondatore dell’Istituto delle suore di Maria
Consolatrice.
Quando ho presentato questa pubblicazione, mi ero posto una domanda: p. Arsenio divenne
cappuccino per scelta o per ripiego dopo varie esperienze rivelatesi negative? Avevo risposto che i
documenti, e specialmente questo testo, provano che fu una scelta di vita convinta ed impegnata,
di altissima spiritualità per la sua santificazione personale e per un modo nuovo di essere
presbitero: quello dei cappuccini di allora, che erano ben diversi dai preti diocesani e dai gesuiti.
Avevo anche riassunto l’esperienza del noviziato cappuccino di p. Arsenio nel modo che
ripropongo, perché non si può parlare della sua professione senza pensare a quello che ha
comportato per lui la preparazione, cioè il noviziato fatto a Lovere.
Proviamo un po’ a pensare cosa ha significato per un uomo maturo il noviziato: aveva 53 anni
quando fece la vestizione cappuccina e incominciò il periodo formativo più impegnativo e ne
aveva 54 quando fece la professione temporanea. Cosa voleva dire per uno che aveva già fatto
tutta la preparazione al sacerdozio, che aveva fatto il noviziato e il curriculum formativo nei
gesuiti, che era stato direttore spirituale di tante anime, che aveva fondato, diretto, formato e
scritto le regole per una congregazione religiosa femminile, rimettersi in formazione e fare tutto
quello che facevano i ragazzi molto più giovani di lui? I suoi compagni avevano 16-17 anni. Non
veniva dispensato da nulla, fuorché dalle cose che erano poco consone al fatto di essere già
presbitero. Per il resto faceva, come tutti gli altri: penitenze molto aspre, digiunava tutte le
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quaresime prescritte dalla Regola e tutti i venerdì dell’anno, diceva la colpa (esteriore) in pubblico,
si flagellava, portava il cilicio, andava scalzo, si alzava tutte le notti, ascoltava i rimproveri che
venivano fatti dal maestro dei novizi, non predicava e non confessava per tutto l’anno di noviziato
e forse anche per un po’ di tempo successivo. Senza una convinzione profonda ed una decisione
sincera non avrebbe potuto continuare nel noviziato ed anche durante il periodo della professione
temporanea, perché fece la professione solenne o perpetua come tutti gli altri, dopo tre anni, cioè il
25 giugno 1906. Anche se non avesse scritto nulla basterebbero queste cose elencate per dire che
era veramente pronto ad abbracciare una vita religiosa più austera di quelle che aveva vissuto fino
a 53 anni. In questi pochi richiami si evidenziano tante se non tutte le virtù di cui era già ricco, ma
che ora, nella vita cappuccina, avrebbe portato a compimento.
Oggi ci poniamo altre domande: come p. Arsenio ha vissuto la sua professione cappuccina? Cosa
ci insegna o cosa possiamo imparare da lui?
1. Contemplare le opere di Dio
Nella prima meditazione degli esercizi in preparazione alla professione, p. Arsenio si propone di
riflettere: Sopra gli innumerevoli benefizi ricevuti da Dio, e specialmente del beneficio della S.
Vocazione allo stato Religioso.
Solitamente quando parliamo della professione religiosa incominciamo da noi stessi, perché siamo
noi ad emetterla: quindi parliamo della preparazione, dei requisiti, degli impegni, delle
conseguenze, di quello che richiedono i voti, dei documenti, del noviziato, ecc. Invece p. Arsenio ci
invita a guardare, prima di tutto, a Dio: a quello che ha fatto Dio per noi, per rendere possibile la
nostra esistenza, la nostra vocazione cristiana, la nostra professione religiosa.
C’è in questo l’atteggiamento della Madonna nel Magnificat. Non parla di sé, non guarda a sé, ma
guarda a Dio e riconosce: grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente. Sì, mi viene chiesto un atto di
consacrazione totale a lui, ma lo posso fare perché lui ha fatto grandi cose in me, perché lui mi ha
preceduto, perché lui mi ha messo in grado di fare il mio atto di consacrazione. Dio ha fatto la
parte principale, io mi fido di lui e posso dire il mio fiat.
Nell’atteggiamento di p. Arsenio c’è anche tutta la spiritualità di san Francesco che riconosce,
contempla e celebra le opere di Dio e invita tutte le creature a lodarlo. Francesco, quando nel
Testamento parla della sua vita religiosa, se vogliamo della sua professione, dice almeno tre cose:
che il Signore gli diede la grazia di incominciare a fare penitenza, gli donò dei fratelli, gli rivelò che
dovesse vivere secondo il Vangelo. Anche Francesco guarda a Dio per conoscere l’origine della sua
vocazione, per rallegrarsi dei doni già ricevuti, per essere consapevole che quello che sta facendo –
e per lui era qualcosa di nuovo anche rispetto alla vita religiosa di allora – era possibile perché non
era un suo capriccio, ma era la semplice risposta ad una chiamata, ad una vocazione, ad un dono.
Da questo punto di vista p. Arsenio si è veramente immedesimato nello spirito evangelico e nello
spirito di Francesco, che è uno spirito universale e vale per tutta la chiesa, ma non può mancare in
coloro che vogliono seguirlo, cioè in noi francescani. Davvero la sua maturazione spirituale: dal
battesimo, alla vita sacerdotale, alla vita gesuitica era arrivata all’ultimo stadio e sarebbe arrivata
alla sua pienezza nella vita francescano-cappuccina. E noi cappuccini non possiamo non ricordare
il dono che il Signore ci ha fatto e riconoscere che ci ha regalato il sacerdote diocesano beato
Innocenzo da Berzo (morto nel 1890) e il gesuita servo di Dio p. Arsenio: due estranei alla nostra
vita che, una volta entrati in convento, sono diventati addirittura modelli della nostra vita, l’hanno
vissuta senza sconti e sono diventati dei segni, pur avendo fatto il possibile per rimanere, tutti e
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due, nel nascondimento. Ed in parte ci sono riusciti, perché erano sì amati e stimati, ma non da
tutti e fino al punto da riconoscere apertamente la loro santità.
Vediamo più in particolare alcune delle cose che dice p. Arsenio su ciò che ha fatto Dio per la sua
vocazione e per la sua professione.
“Considera il cumulo quasi immenso di benefizi che la misericordia infinita di Dio ti ha compartito tanto
riguardo alla natura come alla grazia. - Poteva Iddio non crearti, e invece senza il tuo merito, anzi con molti
demeriti previsti, ti ha creato con anima immortale, capace di conoscere ed amare. - Potea crearti tra infedeli invece t’ha fatto nascere da genitori cristiani, in seno alla vera Religione. - Oltre l’averti creato e conservato,
ti ha voluto redimere col suo sangue - per farti suo amico ed erede della beata eternità perduta pel peccato di
Adamo.
Che importava a Dio che tu restassi nel nulla? oppure nell’ignoranza di lui, o per sempre suo nemico: non
era Egli beato lo stesso etc.? Sì, ma la sua infinita bontà e misericordia gli fece quasi dimenticare di essere
Dio. Ecco [pieno] di compassione per te, scese dal cielo, s’incarnò, patì e morì su duro tronco di croce - e ciò
per salvarti. - Quelli che Dio previde fino ab eterno, e predestinò, perché fossero conformi all’immagine del
suo Figliolo, questi a suo tempo li chiamò: Quos praescivit et praedestinavit conformes fieri imaginis Filii
sui... Quos autem praedestinavit, hos et vocabit: e quelli che chiamò, li giustificò, e quelli che giustificò, li
glorificò, e li fece grandi del suo regno [Rom 9,29-30]. Iddio non solo ci creò, ci chiamò dal nulla, ma ci
predestinò facendoci nascere nella sua Chiesa cattolica, in cui possiamo farci [2v.] simili all’immagine del
suo Figlio, seguendo il suo santo vangelo, i suoi esempi e ammaestramenti di cui la Chiesa è madre e
depositaria; e caduti ci giustificò non solo, ma a noi fece poi l’altro grande beneficio di cavarci dal mondo,
preservandoci così dai peccati, mettendoci nello stato a noi più conveniente, qual è appunto la S. Religione. E qui se corrisponderai alle tante grazie che ti tiene preparate, e userai dei mezzi che ti porge, ti glorificherà, e
ti farà grande nel suo regno. Chi può enumerare le grazie grandi che Iddio fa nel chiostro, lungi da pericoli di
peccare, circondato da buoni esempi: meditazione, lettura, esami, sacramenti, regole, sorveglianza de’
superiori, orario, silenzio etc. etc., come si potrà non farsi santi. - Comprendi, anima mia, la specialissima
grazia che il Signore ti ha fatto senza che tu neppur lo pregassi di questo, anzi forse a costo d’ogni tua
ripugnanza e violenza, e quasi a tuo dispetto.
Pensa quante e quante anime forse sono nel mondo che pregano e sospirano e piangono chiedendo a Dio la
grazia della vocazione, d’esser liberati da tanti pericoli e lacci e, chiamati, con quali trasporti
corrispondere[rebbero] a questa grazia. Eppure il Signore per gli inscrutabili suoi giudizi non li vuol
esaudire. - E tu che nel secolo non hai forse fatto altro che offenderlo e ingiuriarlo crescendo ogni dì
d’iniquità in iniquità, che già da tanti anni [3r.] ti eri meritato un’eternità di tormenti, tu ingrata e
sconoscente a tanti favori e grazie, te ha voluto eleggere a preferenza di tanti e tanti di lunga di te migliori, a
questo santo stato, tu che forse non ci avevi mai pensato, e ti ha voluto mettere al sicuro di tanti inganni e
pericoli di un mondo in cui forse ti saresti perduto, trasportandoti in questa santa religione. Ti ha circondato
di mura inespugnabili contro i tuoi nemici onde meglio osservassi la sua santa legge - ti ha arricchito di lumi
e cognizioni per conoscere le vie della salute e perfezione, e insieme ti soccorre colla sua grazia rinvigorendo
la tua fragilità - dandoti forza per fare il bene e fuggire il male etc. etc”.
Interrompiamo la lettura di questo testo meraviglioso nel quale ogni parola sembra pesata.
Pensiamo un po’ più in concreto non solo alla meravigliosa storia della nostra comune vocazione
alla fede, di quanto il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo hanno fatto e continuano a fare per la nostra
vita cristiana. Pensiamo quale grande dono il Signore ci ha fatto chiamandoci in una forma di vita
religiosa che ci offre, senza nostro merito ma solo per grazia, per amore, tantissimi mezzi per poter
essere totalmente suoi. La nostra è una vocazione, cioè una chiamata di Dio alla quale abbiamo
risposto, ma questa è una risposta che non può essere data una volta per tutte, deve essere
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continuamente rinnovata. Abbiamo risposto con la nostra professione, ma bisogna che questa
risposta sia quotidiana, sempre fresca, non si invecchi mai a causa di tante negatività che ci sono
anche nella vita comune e nella vita religiosa. La professione religiosa non è una cerimonia, una
liturgia, ma è una risposta sempre nuova a Dio. Sicuramente la cultura nella quale siamo immersi
non ci aiuta in questa riflessione. Oramai anche tra noi sono altri i parametri su cui misurarci e non
li elenco per non arrossire. P. Arsenio ci dice che tante cose sono cambiate in questi cento anni, ma
non possiamo stravolgere il senso della nostra consacrazione. La cultura nella quale viviamo non
può mettere in crisi il vangelo, la regola, la professione. Questa è una meditazione dettata da p.
Arsenio, ma è anche provocatoria.
2. Misurare la nostra risposta alla chiamata
P. Arsenio dopo aver contemplato l’opera di Dio, cioè la chiamata, guarda anche a se stesso per
considerare come dovrebbe corrispondere. Sempre, la contemplazione delle opere di Dio ci deve
far prendere le misure per considerare la qualità della nostra risposta. Noi non possiamo
paragonarci a quello che fanno gli altri, ma dobbiamo sempre metterci di fronte a chi ci ha
chiamato. Ma ascoltiamo p. Arsenio.
“Ora considera quale sia la tua corrispondenza a tante e sì segnalate grazie, ingrata anima mia!... Un Dio
che tanto ha fatto per te, così mal corrisposto? ... Quando mai vi pensi di ringraziarlo di cuore? passano forse
giorni e settimane senza pensarvi? Che sconoscenza e ingratitudine!... Quale stretto conto ne dovrai rendere
a Dio nel giudizio!... Dov’è la vita fervorosa, dedita alla pietà, alla mortificazione etc. una vita quale da te
richiedeva. Egli già ti disse: qui vult venire post me abneget semetipsum et tollat crucem suam et sequatur
me [Mt 16,24]. Come hai praticato questo suo precetto fatto a te in particolare allorché ti chiamò, e tu
corrispondesti all’invito?...[3v.] Che risponderai al giudice di tanta tua sconoscenza?... il pentirsi allora sarà
inutile... Ora, ora intanto che n’hai ancora il tempo, è il momento di ripararvi e subito. - Pensa un poco
seriamente a’ casi tuoi. - Quantunque finora abbi menato una vita così tiepida e indegna d’un religioso, pure
il Signore benigno non si è ritirato, anzi sta per compier su di te il più grande dei favori riservati a’ suoi
eletti. Egli vuol stringerti interamente a Lui colla S. Professione dei voti. Mira da questo Crocifisso come a
Lui ti invita. Quelle braccia stanno aperte per abbracciarti, quel seno divino crudelmente ferito da te e per te,
t’apre l’ingresso all’amoroso suo cuore. “Vieni - egli ti dice -, vieni, o mio diletto, e avrai pace”.
Come potrai resistere a sì tenero e amoroso invito?! Non esser dunque più ingrato a tanta bontà, ma fa’ di
corrispondere con tutta premura. Domandare a Dio perdono di tante ingratitudini, ringraziarlo di tanti
benefici e misericordia, e proporre novella vita.
P. Arsenio si rivela davvero tenerissimo di fronte all’amore di Dio. Ha più di 50 anni ma sa ancora
commuoversi considerando l’amore di Dio, la sua indegnità, la sua difficoltà nel corrispondere alle
grandi opere che Dio sta facendo in lui. Non ha ancora tradotto tutto in razionalità, ma ha lasciato
ampio spazio ai sentimenti che sanno commuove nel considerare quello che Dio ha fatto e
continua a fare. Anche Francesco piangeva pensando all’amore di Gesù, quell’amore concreto che
vedeva nella mangiatoia e nella croce e non era contraccambiato”.
Noi, penso a me naturalmente, siamo abituati alla razionalità. Abbiamo studiato Dio (teologia), ma
l’abbiamo affrontata come qualcosa che sterilizza il cuore. Abbiamo studiato il catechismo, ma non
ci ha aiutato ad amare Dio che stavamo conoscendo. E forse è proprio per questo che la nostra
risposta non è amorosa, è stanca, spesso si perde nelle cose che sanno ancora troppo di mondo, di
calcoli, di regole, di permessi, ecc. P. Arsenio è un maestro che, senza volerlo, in quanto ha scritto
queste cose per sé stesso e non per essere rese pubbliche, ci dà una lezione grande: ci chiede di non
perderci in corollari, ma di andare alla sostanza; di non cedere troppo al secolarismo che ha già
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invaso la nostra vita. Naturalmente parlo di me, perché non sto insegnando nulla, ma sto dicendo
ad alta voce alcune delle cose che p. Arsenio dice con la sua esperienza e con i suoi scritti. Vi invito
a chiedere a p. Arsenio di insegnarci questo stile, di aiutarci a credere a queste meraviglie di Dio e
a vivere tutte le conseguenze.
3. La vita religiosa
Dopo aver guardato all’opera di Dio ed aver chiesto a sé stesso conto della sua corrispondenza, p.
Arsenio ci aiuta ad entrare nel vivo di questa giornata. Cosa pensava p. Arsenio della vita
religiosa?
Nella seconda meditazione in preparazione alla professione religiosa da cappuccino, pone il tema:
[4r.] Sopra l’obbligo che ha il religioso di attendere alla perfezione.
La professione religiosa comporta di impegnarsi nella perfezione, naturalmente evangelica che è
comune a tutti i religiosi, ma è essenziale per i francescani.
Si vis perfectus esse, vade, vende omnia quae habes et da pauperibus […] et veni et sequere me [Mt 19,21],
disse Gesù Cristo a quel giovane che gli domandò che cosa dovesse fare per esser perfetto.
Considera che queste parole furono dette dal Signore anche a te, chiamandoti allo stato religioso. Il fine per
cui ti fa abbandonare parenti, amici, il mondo etc., fu affinché attendessi a divenir perfetto - Si vis perfectus
esse. Quindi considera come t’incombe l’obbligo di attendere continuamente a questa perfezione, come
inerente inseparabilmente allo stato religioso che stai per abbracciare. Dal momento che sei entrato religioso
hai tolto ogni limite alla tua santità: se nel mondo ti fossi prefisso un certo grado di virtù, questo colà sarebbe
stato gran cosa, ma nella religione non vi ha grado che basti: non puoi più dire voglio arrivare fin qui e poi
basta; ma nella religione l’obbligo è di attendere a diventar perfetto continuamente. Si vis perfectus esse. Non disse già il Signore se vuoi esser umile, casto etc.; ma se vuoi esser perfetto. Quindi considera come al
Religioso non basta attendere a questa o a quella virtù in particolare, ma gli è preciso l’obbligo di attendere a
tutte le virtù; anzi non potrà mai esser buon religioso quello che non vi attende di proposito. Perché essendo
il [4v.] fine del Religioso di attendere alla perfezione, non potrà mai dire di attendere alla perfezione quel
religioso che si contenta solo di acquistare qualche virtù in particolare. - Per questo se fuori di religione si
potrà scusare uno che non attende a questa perfezione, ma solo a qualche virtù, e anzi anche solo con questo
potrà esser buon cristiano, non potrà mai esser buon religioso chi trascura di attendere alla perfezione, come
dice S. Gerolamo: perfectum esse nolle, delinquere est. Quel religioso che non vuol essere perfetto e che non
procura con ogni studio di diventarlo, è in continuo stato di colpa. Ed Eusebio Emiseno [di Emesa] dice che
quel religioso che non attende alla perfezione sta in gran pericolo di dannarsi: Non perfecte in eremo vivere,
summa damnatio est.
Ma considera come finora ti sei imbevuto di questa verità e come l’hai praticata. - Qual progresso nel
noviziato hai fatto delle virtù per poter dire almeno d’aver incominciato? Dove sono i principii dell’umiltà,
pazienza, carità, mortificazione e di tutte le altre virtù necessarie per arrivare a questo monte della perfezione
religiosa? Purtroppo trovi di confonderti e umiliarti. Forse, forse invece di andare avanti, sei ritornato
addietro. Infatti dov’è quell’ardente desiderio concepito ne’ primi giorni del tuo noviziato di avanzarti in
virtù e nel santo amor di Dio? Dove quell’amore all’umiltà, alla penitenza? Dove quell’impegno [5r.] di
emendarti di tanti difetti e imperfezioni? Dove lo spirito di orazione?... È vero che, come dicono i dottori, il
religioso è in stato di perfezione, non intendendo di dire che subito sia perfetto, ma che professa di camminare
alla perfezione; pure dove sono anche i primi passi in questo cammino? Non dovresti aver già imparato che
cosa sia esser umile…, obbediente..., far guerra all’amor proprio e disordinato? ma invece come vanno le
cose? Puoi dire di esser vero religioso? No, no ti risponde S. Tommaso: quel religioso che non mira ad
acquistare la perfezione, né vi attende, quello è religioso finto, perché non attende a ciò che professa, né a
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quello per cui è entrato in religione: e benché ciò non l’hai ancor professato, pure quell’era la tua volontà
all’entrare in religione! Quello che S. Tommaso dice al religioso professo, io lo dico a te novizio: concordet
illorum vita cum nomine; professio sentiatur in opere. La tua vita sia conforme all’abito, al nome che porti,
giacché dalle opere si conosce la professata carriera. Hai vestito da un anno l’abito della penitenza,
dell’umiltà, ma dove sono le opere di penitenza, d’umiltà? Concordet illorum vita cum nomine. - Non basta
che abbi fatto vita regolare, ma bisogna che lo spirito di questa vita religiosa abbia preso possesso nel tuo
cuore. - Forse dirai: lo farò dopo professo; ma se non l’hai fatto nell’anno del noviziato con tanti mezzi [5v.] e
stimoli a farlo, puoi lusingarti di farlo meglio dopo la professione? puoi promettere, [dopo] le grazie,
ispirazioni, lumi che da Dio avesti in gran copia, che tu con tanta ingratitudine hai disprezzato?
Domanda a Dio misericordia, chiedigli perdono, sappi che ancor sei in tempo di riparare il mal fatto. Se
grande fu la tua ingratitudine, più grande è la infinita misericordia di Dio. Eccolo che ancora ti aspetta colle
braccia aperte, ancor ti chiama al suo ovile. Sebbene finora non hai corrisposto come dovevi alla tua
vocazione, pure Iddio non si è ancora ritirato, come ben meritavi. - Non ti avvilisca il vederti così povero di
virtù, il lungo cammino che hai da percorrere. Abbandonati interamente nella misericordia di Dio; rifugiati,
in questi S. Esercizi, nel Suo Cuore. Comincia fin d’ora a redimere il tempo perduto. Offriti anticipatamente
al tuo Signore sospirando l’ora di farlo poi all’altare, promettendogli fin d’ora di porre ogni studio a divenire
ottimo religioso. Prega Maria, dolcissimo rifugio de’ peccatori, che ti aiuti a mettere in pratica questi
proponimenti.
Ho voluto lasciare tutto lo spazio a p. Arsenio, perché non sarei capace di dire queste parole che
possono essere dette solo da un santo, da chi le vive. Ma, credo che la distanza non sia solo tra me
e lui, cosa che non interessa a nessuno, ma sembra esserlo tra lui e il nostro tempo. Sì, da allora c’è
stato il Concilio Vaticano II e tutti i documenti ufficiali sulla vita religiosa. Sono stati raccolti
ultimamente in una pubblicazione: Enchiridion della Vita Consacrata. Dalle Decretali al
rinnovamento post-conciliare (385-2000), pubblicato nel 2001 in coedizione Dehoniane Àncora.
Sono 3465 pagine senza contare gli indici, ecc. Si tratta di circa 82 documenti: tutti belli, tutti
importanti. Quando, per il mio lavoro di bibliotecario, li ho schedati, sono rimasto impressionato.
Chi conosce questi documenti? Chi li ha letti o li legge? Chi li vive? Sembra che più si scrive, più si
parla della vita religiosa e più si riveli le nostre debolezze.
Nel testi che abbiamo ascoltato di p. Arsenio si sente che non sta facendo una predica, ma dice
qualcosa che sta vivendo. Nella vita religiosa vede il dono di Dio alla sua chiesa, la radicalità
evangelica, la totalità della donazione. Non lo dice, ma è diventato vero discepolo di Francesco
d’Assisi che visse tutto questo e lo propose ai suoi frati. Stiamo celebrando l’VIII centenario della
protoregola (1209) che diede inizio all’ordine francescano. Leggendo le parola di p. Arsenio mi
sento davvero molto lontano non solo del tempo, ma anche della mentalità. Non è mio compito e
soprattutto non è questo il contesto, che è quello della meditazione, ma bisognerebbe chiedersi fin
dove c’è rinnovamento e non allontanamento dal vangelo, dalla vita religiosa e da Francesco.
4. La professione religiosa
Abbiamo visto che p. Arsenio ci invita a considerare le opere di Dio per capire la nostra vocazione
e la nostra professione. Abbiamo visto che egli vive la vita religiosa come impegno di perfezione
evangelica, allo stato puro, senza considerare le attività, i rapporti, gli impegni, ecc. Queste –
sembra dire – saranno conseguenti e proporzionati alla tensione verso la perfezione evangelica,
alla risposta che daremo a Colui che ci ha dato tutto. Vogliamo ora ascoltare p. Arsenio su un
ultimo punto. Come concepisce la sua professione. Questo lo dice nella introduzione ai suoi
esercizi: 1r.] Eccoti, o anima mia, vicina alla tua morte, eccoti entrata negli Esercizi in apparecchio alla tua
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santa Professione. Fa’ d’intender bene che cosa stai per promettere a Dio, quale debba esser la tua vita in
avvenire. - Pensieri che richiedono di seria e molta riflessione.
Vuoi promettere a Dio di morire a te stesso, al mondo, alla carne, per vivere solo una vita santa, immacolata.
Che promessa, che giuramento terribile e insieme consolante. - Invoca umilmente l’aiuto di Dio.
Sono questi giorni santi - preparatori alla tua morte. Dunque, come un moribondo ad altro non pensare che a
Dio, raccomandarti a Dio; altro non aver nel cuore che Dio per morire per sempre.
Perciò in questi giorni devi mantenerti in un continuo raccoglimento. Tutti i tuoi pensieri e occupazioni
devono essere rivolti solo a Dio. Pensare alla dolorosa morte che Gesù fece per te, onde tu pure desiderare di
morire per amor suo. Da questa tua morte dipende la tua felicità eterna. Se debitamente morirai nella
professione, eternamente vivrai coi beati: ma se questa morte non sarà sincera e perfetta, te infelice: ti aspetta
un avvenire terribile e spaventoso in vita, e doppio tormento nell’inferno. - Pondera bene che da questo ritiro
può dipendere tutta la tua eternità felice o infelice. Sian questi giorni [1v.] di grande raccoglimento e
preghiera. - Mettiti sotto la protezione di Maria SS., che ti assista in questa agonia, per fare una buona morte
a tutto; prendila a tua guida e conforto e invocala spesso. Ricorri spesso all’angelo tuo custode e protettori e
avvocati, onde poter in questi giorni stabilire di modellare la tua vita alle promesse che stai per fare.
Grandi cose prometti a Dio, è vero; ma maggiori sono quelle che ci sono da Dio ripromesse. Non ti spaventi
la sublimità de’ voti, né la tua misera umanità. Confida in Dio, ricordati che in Lui puoi ogni cosa. Tanti e
tanti si sono sottoposti a questo giogo e di poi tutti lo dissero dolce e soave: così sarà anche per te.
In questo testo ci sono tante cose importanti e alcuni richiami a san Francesco, ma mi fermo solo su
un punto. La cosa che mi meraviglia di più è l’insistenza sulla professione religiosa come morte a
se stesso, al mondo, alla carne. È imbarazzante affrontare il tema della professione religiosa in
questo modo, perché oggi più nessuno avrebbe il coraggio di presentarla con queste parole, più
nessuno avrebbe la forza di tenere un’omelia su questo tono in occasione di una professione. In un
certo senso è anche giusto, perché noi ci consacriamo al Signore per amore e per vivere il vangelo.
Va da sé che il morire è sott’inteso, è scontato, è una conseguenza che può anche essere taciuta o
detta meno brutalmente. Ma, mi chiedo: è giusto che sia quasi scomparsa dal nostro linguaggio? È
lecito rendere la professione religiosa meno impegnativa? Lascio aperta la domanda perché questa
è una meditazione non una conferenza.
Proviamo a considerare la professione religiosa come morte, ma nel senso positivo, cioè nel senso
pasquale: dove la morte è inseparabile dalla risurrezione, dove non si può arrivare alla
risurrezione senza la morte, dove non si può entrare nel Regno senza cavare l’occhio o tagliare la
mano. Il Vangelo va in questa direzione quando ci dice, ad esempio: chi vuol venire dietro di me
rinneghi se stesso; oppure chi ama la sua vita la perde. In questi testi tutto è volto al positivo, ma
senza tacere il negativo, non si fanno sconti sulle rinunce, sul morire.
Guardiamo Francesco. Prendiamo una parola conosciuta e una meno conosciuta. Partiamo dalla
più conosciuta che si trova nel Testamento: Il Signore dette a me, frate Francesco, d'incominciare a
fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il
Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che
mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d'animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii
dal mondo.
“Uscire dal mondo” ha significato per Francesco un passaggio, una pasqua, una rottura con il
passato per essere creatura nuova, una morte nel senso pasquale. La pasqua è inizio di una
creazione nuova. La veglia pasquale ce ho ha detto anche quest’anno con i segni materiali: fuoco,
luce, cero, acqua: tutto nuovo ad indicare la trasformazione interiore della grazia che ci rende
creature morte al peccato per vivere nel nuovo Regno. Anche questo è un dono, ma dipende da noi
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se rimane dono in potenza o si trasforma in dono che diventa vita. Anche un seme contiene in
potenza la pianta, ma se non trova le condizioni adatte non diventerà mai pianta.
Peschiamo una frase meno nota di Francesco. Si trova nel Saluto delle virtù: “Quasi non c’è uomo
al mondo che possa avere per sé una sola di voi se prima non muore” (Fonti Francescane 257, n. 5).
Non possiamo vivere il nostro battesimo, se siamo laici cristiani, non possiamo vivere la nostra
professione, se siamo religiosi e religiose, senza la Pasqua nella sua interezza. Questo ce lo
insegnano i santi, oggi p. Arsenio.
Conclusione.
Grandi insegnamenti ci offre p. Arsenio in questo suo anniversario di professione tra i cappuccini.
Ci ha condotti a guardare a Dio per riconoscere i suoi doni che ci precedono sempre, precedono
anche le nostre preghiere. Ci ha invitato a considerare la nostra professione come tensione
continua verso la perfezione evangelica, nella sua totalità. Ci ha invitato a non trascurare gli aspetti
più impegnativi della nostra consacrazione anche se non possono essere mai separati da una
visione pasquale della nostra fede e della nostra vita. Ci ottenga dal Signore di poter vivere con
amore e con perseveranza le nostre vocazioni personali.
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