False accuse all´ex coniuge, un fatto di costume

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False accuse all´ex coniuge, un fatto di costume
False accuse all´ex coniuge, un fatto di costume
Rivedere l´art. 368 del codice penale
(Da: http://www.adiantum.it/public/597-false-accuse-all´ex-coniuge,-un-fatto-di-costume.-rivedere-l´art.-368-del-codicepenale.asp )
26/05/2010
Sempre più frequentemente, in Italia, i procedimenti di separazione vengono “corredati”
da accuse calunniose, a volte gravissime come quella di violenza e/o molestia sessuale e, il
più delle volte, totalmente impunite. False accuse reciproche, figli nel mezzo, usati con
maestria dal genitore senza scrupoli.
Lo scorso anno, secondo le rilevazioni fatte dall’associazione “Ex”, pubblicate da Telefono
Azzurro e relative ai risvolti penali nei divorzi, erano circa 34.000 (l’86% del totale) i casi di
separazione accompagnati da una querela per abusi o altri reati. In 23.000 casi i genitori si
accusavano a vicenda.
Anche la giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane era scesa in campo contro i falsi
abusi, emettendo un’importante delibera che puntava il dito contro le indagini sommarie e
inquisitorie degli inquirenti.
Le percentuali candidamente confessate, nel 2009, dal PM Carmen Pugliese della Procura di
Bergamo (“false e strumentali l’80% di accuse delle ex-mogli, le quali usano le
procure per perseguire i propri interessi economici…”) hanno improvvisamente aperto
uno squarcio su una realtà della quale, fino a quel momento, si aveva solo una diffusa
sensazione. La stessa PM, peraltro, puntava il dito contro le “associazioni che operano a
tutela delle donne: non fanno l'operazione di filtro che dovrebbero fare: incitano le assistite a
denunciare, ma poi si disinteressano del percorso giudiziario, di verificare come finirà la
vicenda…”.
Esiste anche un secondo filtro, quello rappresentato dagli avvocati che agiscono in giudizio,
ma la loro specifica funzione tecnica (tutelare i diritti del cliente, secondo la legge) e un
fisiologico conflitto di interessi (è il cliente che pagherà la prestazione professionale),
finiscono con il circoscrivere la loro potenziale azione deterrente contro le false accuse dei
propri assistiti. Spinti dalla propria etica professionale, sono tanti i legali che si rifiutano di
portare in giudizio fatti calunniosi, e che cercano tutte le possibili strade per “smussare gli
angoli” delle accuse, scoprendone la vera natura e convincendo il proprio assistito a desistere.
Purtroppo, sono molti gli avvocati che, questa azione preventiva, non la fanno.
L’assenza di veri e propri filtri, pertanto, ha fatto sì che la pratica delle false accuse sia
diventata un fatto di costume, amplificato da sanzioni inefficaci e da una sostanziale impunità
per chi se ne rende responsabile.
Peccato che, a fronte della “leggerezza” con cui il reato di calunnia viene perseguito, i
giudici debbano prendere necessariamente sul serio queste accuse.
Per una volta, pertanto, proviamo a metterci al di là della barricata, rivestendo idealmente i
panni di chi deve giudicare: come ci si accorge che le accuse sono solo uno strumento per
“colpire” l’altro coniuge e non un vero abuso ?
Secondo la Dr.ssa Maria Carolina Palma (Psicologa ed ex giudice onorario del Tribunale dei
minori di Palermo) “ci sono tecniche sofisticate che servono per accertare l’attendibilità delle
dichiarazioni rese da chi accusa e dal minore. Tecniche che prevedono non solo una
congruenza tra tutte le dichiarazioni, ma anche nel comportamento verbale e non verbale.
Inoltre, la concomitanza di almeno cinque indicatori di abuso dà la misura del fatto che si
deve indagare più a fondo per verificare se la molestia o il maltrattamento siano
effettivamente avvenuti”.
Si dovrebbero effettuare tantissimi controlli incrociati tra le dichiarazioni rese dal bambino e
quelle del genitore, e si dovrebbe guardare il caso in tutta la sua complessità. Se la denuncia è
fatta dalla madre si va ad esaminare la storia della coppia per capire se vi è un processo di
vittimizzazione che, al momento della rottura del matrimonio, ha il suo apice nell’accusa di
abuso sessuale nei confronti dell’altro coniuge.
Ma quali sono le cause più frequenti che spingono un genitore ad accusare il partner di
abuso sessuale sui figli ? Elementare: l’accusa di violenza sessuale è il modo più facile per
estromettere a lungo tempo l’altro genitore dalla vita dei figli. Si raggiunge un doppio effetto:
ci si libera del partner come coniuge, ma anche come care giver, facendolo uscire
definitivamente dalla propria vita e da quella dei figli.
“La legge attuale”, sostiene la Palma, “e con essa il rito dei tribunali minorili, non
garantiscono né i genitori vittime delle false accuse, né il minore. Per quanto riguarda il
bambino, in una situazione di dubbio, egli viene sempre protetto. Ma quando la falsa accusa
si rivela, la situazione si rivolta proprio contro di lui. I tempi del processo, fanno sì che i
bambini, non potendo frequentare il genitore bersaglio, anche per tutta la durata del
processo, perdono anni di relazione importante con lui. Con la sua assoluzione si
avrebbe il ripristino degli incontri, ma a questo punto è difficilissimo riprendere le
fila del rapporto, devastato com’è da bugie e da spiegazioni non date, o distorte”.
Nella pratica, una azione di tutela che dovrebbe essere effettuata in tempi brevissimi
(qualche settimana), al fine di limitare al massimo il disagio di figli e genitori, può durare
anni, con effetti gravissimi dal punto di vista esistenziale.
“La normativa”, prosegue la Dr.ssa Palma, “è carente rispetto la consulenza tecnica
d’ufficio, cioè quella consulenza fatta da un esperto che approfondisce a 360 gradi la
veridicità o la falsità delle accuse. Il vero problema è che vi sono moltissimi procedimenti in
cui la consulenza tecnica d’ufficio o non arriva affatto, o arriva verso gli ultimi stadi del
procedimento, che poi possibilmente rivela una falsa accusa. Ma intanto sono passati anni e
le conseguenze sia per il minore che per l’accusato sono disastrose”.
Come si potrebbe ovviare a questa “carenza” ? “Nel modo più semplice. Dopo la prima
IMMEDIATA indagine fatta dal consulente del pm, il gip deve disporre VELOCEMENTE una
consulenza tecnica d’ufficio, che però per legge è discrezionale. Solo a quel punto è possibile
istruire la pratica oppure chiuderla. Il giudice deve avere la volontà di andare realmente a
fondo e non farsi guidare da “teorie preconcette”.
Queste ultime consistono in una serie di stereotipi culturali fatte sulla figura materna che,
secondo le statistiche, è quella che maggiormente adopera le false accuse. Questi “preconcetti”
si potrebbero riassumere in: ….opera nel giusto, protegge i bambini, ha il diritto di tenere con
sé i figli, il padre è una figura meno importante, soprattutto in tenera età…..
E’ la cultura “matricentrica” che, di fronte ad una sempre più incisiva affermazione
del ruolo paterno nei compiti di cura, guida ancora oggi le scelte di molti magistrati
verso una presunzione di colpevolezza nei confronti dell’accusato.
Forse i tempi sono maturi per proporre al Parlamento una legge di modifica del codice
penale in materia di calunnia (art.368 c.p.) e diffamazione (art. 595 c.p.), introducendo
un’aggravante, così come è avvenuto per il reato di Stalking, nel caso in cui a commettere
questi reati sia stato l’ex coniuge o convivente.
La previsione del carcere, e di pene accessorie di una certa entità, scoraggerebbero il
“genitore senza scrupoli”, e anche i suoi cattivi consiglieri.