newsletter n. 30 - Progetto Cultura

Transcript

newsletter n. 30 - Progetto Cultura
Archivio Storico
NEWSLETTER N. 30
LUGLIO 2016
news
In primo piano / Studi e Ricerche / Pubblicazioni / Eventi
Inventari / Biblioteca Storica / Fonti Iconografiche e
Audiovisive / Archivi del Gruppo / Acquisizioni / Curiosità
IN QUESTO NUMERO
EDITORIALE
IN PRIMO PIANO
Omaggio al dettaglio, o della microstoria
Tommaso Gallarati Scotti
Un ricordo nel cinquantenario dalla
morte (1966-2016)
p. 1
FONTI ICONOGRAFICHE E AUDIOVISIVE
La donazione Weil
Un prezioso arricchimento
per la sezione fotografica
p. 3
Francesca Pino
Questo numero si compone di una curiosa varietà di
tematiche, elaborate da studiosi o utenti a vario titolo.
Sono solo alcuni dei temi che quotidianamente vengono ricercati dai visitatori effettivi nella sala di studio, o
recuperati attraverso lo scanning on demand.
Preme sottolineare come l’utilizzo delle fonti d’archivio consenta di entrare in fatti di cronaca ricostruendo logiche e dibattiti d’epoca, che potenziano la
comprensione degli interessi degli attori in gioco.
Abbiamo pensato di ospitare le testimonianze di stu-
denti e studiosi che hanno il pregio di offrire spunti di
conoscenza su momenti, luoghi e personalità rilevanti della classe dirigente.
È importante d’altro canto che non si arresti l’offerta
di nuovi documenti e fotografie, debitamente riordinati, inventariati e valorizzati dal nostro staff.
La banca dati degli inventari sta crescendo nella profondità temporale e nella identificazione della storia
locale, come apparirà ancor più chiaramente nel
numero autunnale.
IN PRIMO PIANO
ARCHIVI DEL GRUPPO
La Cassa di Risparmio di
Civitavecchia
L’attività a sostegno del territorio
nel periodo della ricostruzione
p. 8
IN REDAZIONE
Direzione
Francesca Pino
Coordinamento
Barbara Costa
Realizzazione editoriale
Nexo, Milano
Hanno collaborato
a questo numero
Serena Berno
Alfredo Canavero
Matilde Capasso
Paola Chiapponi
Maura Dettoni
Eleonora Ferrari
Raffaella Fontanarossa
Aronne Gavazzoni
Marco Mocchetti
Guido Montanari
Giulia Sattolo
Newsletter a cura di
Archivio Storico Intesa Sanpaolo
Via Morone 3 - 20121 Milano
Tommaso Gallarati Scotti
Un ricordo nel cinquantenario dalla morte (1966-2016)
Alfredo Canavero
Tommaso Fulco Gallarati Scotti nacque a Milano il 18
novembre 1878, primogenito di una delle più importanti famiglie nobili lombarde di rigorosa osservanza
cattolica. Dopo la laurea in giurisprudenza conseguita a Genova, si dedicò alla letteratura, dirigendo la
rivista «Rinnovamento». Accusato di
modernismo e scomunicato alla vigilia di Natale del 1907, Gallarati Scotti si sottomise, lasciò la rivista e viaggiò in Egitto e in Palestina per prendersi un periodo di riflessione e
meditazione. Tornato in Italia collaborò all’Opera Bonomelli, all’Istituto
dei ciechi e fu tra i fondatori dell’Associazione Nazionale per gli interessi
del Mezzogiorno d’Italia.
Interventista democratico, partecipò
alla Grande guerra, dapprima come
volontario tra gli alpini e poi al
Comando supremo con Luigi Cadorna. Alla fine della guerra pubblicò la
Vita di Antonio Fogazzaro (1920),
ma l’opera fu messa all’indice, costringendo Gallarati Scotti e pubblicarne una seconda versione. Gli anni
Venti furono comunque un periodo di fervida attività
letteraria che portò a varie pubblicazioni di successo:
la Vita di Dante (1921), il dramma teatrale Così sia
(1922), portato sulle scene da Eleonora Duse, Le più belle pagine di
Caterina da Siena (1923) e una vita
di San Francesco d’Assisi (1926).
Convinto antifascista, fu privato
del passaporto e iscritto al casellario politico centrale come oppositore del regime e sovversivo,
sorvegliato dagli organi di polizia.
Dopo la caduta del fascismo partecipò alle riunioni per creare il
Comitato di Liberazione Nazionale in rappresentanza del Partito
liberale, ma fu costretto a riparare in Svizzera poiché colpito da
mandato di cattura come responsabile morale dell’uccisione del
Archivio Storico News
N.
30
LUGLIO
2016
federale di Milano. Iniziò allora una nuova fase
della vita di un uomo che fino ad allora si era
occupato solo di studi. Cominciò a tenere un
Diario, grazie al quale possiamo seguire, giorno
per giorno, la sua vita di esule. Egli seppe
intrecciare rapporti importanti con i rappresentanti degli Alleati nella neutrale Svizzera, agì
per cercare di collegare i rifugiati di diverse
appartenenze politiche e ideologiche e fu assiduo e ascoltato consigliere di Maria José, la
principessa di Piemonte, che aveva trovato riparo in Svizzera e che era tenuta lontano dagli
altri aristocratici di casa Savoia. Nell’estate del
1944 Gallarati Scotti fu raggiunto dalla proposta di assumere la carica di ambasciatore a
Madrid. Accettò e si trovò così a fare parte di
quella schiera di ambasciatori “politici” che
dovevano permettere all’Italia di mostrare una
faccia nuova dopo gli anni del fascismo.
A Madrid, dove riuscì a giungere solo all’inizio
del 1945, fu accolto bene anche per i suoi titoli nobiliari, ma si trovò di fronte una situazione
difficile. Doveva cercare di recuperare dei crediti che Mussolini aveva concesso a Franco nel
corso della guerra civile. Riuscì, come lui stesso
scrisse orgogliosamente nel suo Diario, là dove
non erano riusciti i suoi «predecessori in ottime
relazioni di partito coi reggenti della Spagna»,
rivelandosi come uno dei migliori diplomatici
italiani non provenienti dalla “carriera”. Il buon
esito dell’esperienza madrilena gli valse, alla
fine del 1947, la nomina ad ambasciatore a
Londra. Ebbe un ruolo importante nel facilitare
l’adesione dell’Italia al Patto Atlantico e alle pri-
2
me istituzioni europee, dando un valido aiuto al
ministro degli esteri Carlo Sforza. Alla fine del
1951, tuttavia, si dimise per dissensi con De
Gasperi sul problema di Trieste.
Tornato in Italia, fu presidente del Banco Ambrosiano (1954-1965) e dell’Ente Fiera di Milano
(1954-1958) e collaborò col «Corriere della Sera»,
scrivendo elzeviri di ricordi, impressioni, meditazioni. Giovanni XXIII lo insignì dell’ordine di San
Gregorio Magno, con un gesto che metteva fine
alle diffidenze nei suoi confronti da parte della
Chiesa e riconosceva il suo costante impegno religioso. Morì a Bellagio nella villa di famiglia il 1°
giugno 1966.
Nei giorni 1 e 2 dicembre 2016 a Milano,
presso la Biblioteca Ambrosiana si terrà il
convegno “Tommaso Gallarati Scotti e
la Grande guerra”, promosso dal Centro Studi Tommaso Gallarati Scotti.
Nell’occasione l’Archivio storico presenterà la conclusione del progetto biennale
che ha portato al completamento e all’informatizzazione degli inventari delle Carte di Tommaso Gallarati Scotti conservate
alla Biblioteca Ambrosiana e nell’Archivio
di famiglia e alla pubblicazione della
bibliografia completa dei suoi scritti, mettendo a disposizione degli utenti anche le
digitalizzazioni degli articoli a stampa e i
Linked Open Data – LOD.
FONTI ICONOGRAFICHE E AUDIOVISIVE
Ricordi di famiglia
Fotografie e fotografi nella donazione Segre-Weil
Maura Dettoni e Guido Montanari
Sono disponibili on line (http://intesasanpaolo.
xdams.org) le foto di Federico Weil, fondatore, insieme a Otto Joel della Banca Commerciale Italiana.
Weil (Randegg, Germania, 1867 – Milano, 1919),
all’età di tredici anni si trasferì con la famiglia a
Napoli, dove suo padre, Samuele Salomone,
divenne uno dei dirigenti della Banca Rothschild.
Ebbe la prima esperienza lavorativa a Milano come
procuratore presso la banca dei Fratelli WeillSchott, suoi cugini; sempre come procuratore passò poi alla Banca dei Florio, a Palermo e in seguito
fu direttore della sede di Palermo del Credito
Mobiliare fino al 1893. Proprio come Otto Joel,
entrò alla Comit nell’autunno del 1894 come
direttore centrale, ma già con le mansioni di
amministratore delegato, carica che fu conferita
formalmente a lui e a Joel il 31 marzo 1908. Poco
tempo dopo condusse felicemente a termine il
recupero dei valori della filiale BCI di Messina,
abbattuta dal terremoto del 28 dicembre 1908.
Mentre Joel seguiva soprattutto i rapporti con il
mondo della grande industria e della finanza internazionale, Weil si occupava del servizio ispettivo e
degli affari di borsa della Comit, rappresentandola
alla Deputazione di Borsa, di cui fu anche presidente. Nel 1914 lasciò la carica di amministratore
delegato, restando ai vertici della Banca Commerciale come vicepresidente; si dimise nel 1916, a
seguito delle campagne nazionaliste contro la
“banca tedesca”, rimanendo consigliere sino alla
morte. Notevole fu l’impulso da lui dato alla Croce Rossa Italiana e ad istituzioni milanesi di beneficenza e di assistenza sociale. I fratelli Aldo e
Augusto Segre, figli di Gilda Weil, nipote di Federico, hanno donato nel 1994-1995 un piccolo ma
prezioso fondo fotografico su vari soggetti, tra cui
alcuni inerenti Weil e la sua famiglia (si veda l’articolo di Serena Berno in questa stessa News) insieme ad alcune carte relative alla carriera di Weil in
Comit e alle sue onorificenze.
EVENTI
L’Archivio storico
di Intesa Sanpaolo
aderisce a Rete
Fotografia
Serena Berno
La Rete per la valorizzazione della fotografia è nata nel 2011 su iniziativa di un
gruppo di enti e istituzioni che hanno
come obiettivo comune la promozione e
la diffusione della cultura fotografica.
Nel mese di giugno si è costituita in
associazione.
Si tratta di uno spazio di confronto e
aggiornamento tra realtà pubbliche e
private, con o senza scopo di lucro, che
operano nel settore della fotografia.
Favorisce la condivisione di saperi e
informazioni, promuove la formazione
del personale tecnico e scientifico, sviluppa la ricerca scientifica, elabora progetti didattici ed educativi verso diversi
target di pubblico, sostiene iniziative
rivolte ai giovani e offre servizi agevolati.
Nel 2008 l’Archivio storico di Intesa Sanpaolo ha avviato la propria sezione fotografica, un patrimonio che consta oggi
di circa 280000 fotografie, sulle quali
procede parallelamente e scientificamente con le attività di catalogazione e
valorizzazione.
Si associa quindi alla Rete perché condivide pienamente gli obiettivi e la sinergia
d’azione che essa promuove.
Per scoprire il patrimonio fotografico di
Milano e della Lombardia la Rete promuove quest’anno la settimana degli
“Archivi Aperti”: dal 21 al 28 ottobre
2016 sarà possibile visitare gli archivi
fotografici di enti pubblici e privati, di
musei e di fotografi aderenti alla Rete
guidati dai conservatori/curatori degli
stessi. Il calendario delle aperture è
disponibile sul sito www.retefotografia.i
Milano
25 ottobre 2016
Ritrovo in piazza della Scala 6, atrio
delle Gallerie d’Italia
Rete Fotografia “Archivi Aperti”
La sezione fotografica
dell’Archivio storico
di Intesa Sanpaolo
Visita guidata a gruppi
ore 16, 17, 18. Durata 1 ora
Prenotazione obbligatoria via mail [email protected] (segnalando nome e numero dei partecipanti,
l’orario prescelto e un recapito telefonico
o mail) oppure telefonando allo
0287943916.
Archivio Storico News
N.
30
LUGLIO
2016
La serie dedicata alla famiglia Weil raccoglie 15
fotografie. Copre un arco cronologico che va dal
1906 al 1920 e porta una piccola ma importante testimonianza iconografica di uno dei fondatori della BCI. Le fotografie recentemente schedate comprendono ritratti in studio fotografico e
immagini scattate in occasioni diverse, eseguiti
da alcuni tra gli studi milanesi più prolifici dell’epoca: Varischi & Artico, Luigi Stucchi e Attilio
Badodi.
Di particolare interesse sono le due fotografie
scattate a Milano durante l’inaugurazione del
palazzo della Borsa, avvenuta l’11 ottobre 1901
alla presenza di Vittorio Emanuele III, e un ritratto
di gruppo con alcuni colleghi al lavoro. Sono fotografie che riportano una nitida immagine della
vita dell’epoca: da un lato quella del palazzo della Borsa che mostra, con una prospettiva dall’alto,
l’uscita del Re e consorte e il loro allontanamento
in carrozza mentre un gruppo di uomini, tra i quali Weil, li saluta festosamente; dall’altro un ritratto di gruppo con l’ingegnere Giovanni Battista
Casati e altri uomini all’interno della nuova filiale
di Bergamo, inaugurata nel maggio del 1909.
Tra questi non è presente Otto Joel e questo ci
porta all’ultima considerazione: l’Archivio storico
non possiede nessuna fotografia che ritrae insieme i due fondatori della Comit.
3
EVENTI
La Banca Cooperativa
di Cividale del Friuli
durante la Grande
Guerra
Fra il 1917 e il 1919
l’istituto fu ospitato
a Palazzo Tornabuoni
Giulia Sattolo
Federico Weil (secondo a sinistra in prima fila) e
Giovanni Battista Casati (primo da sinistra) nella nuova
filiale di Bergamo, 1909 circa, fotografo Luigi Stucchi
FONTI ICONOGRAFICHE E AUDIOVISIVE
Da Palermo a Milano, fino in Cina
Fotografie e fotografi nella donazione Segre-Weil
Serena Berno
La donazione degli eredi Weil ha rappresentato un
prezioso arricchimento per la sezione fotografica
dell’Archivio storico. Anche se la quantità è esigua
– solo 29 pezzi e un album di 60 fotografie – merita attenzione per la peculiarità dei soggetti, per il
legame con la storia della Comit e per la presenza
di alcuni fotografi di spicco.
La maggior parte è costituita
da ritratti inviati a Federico
Weil in segno di stima e riconoscenza: lo dimostrano le
numerose iscrizioni autografe
presenti. Sono tutti originali
eccetto uno, il bellissimo
ritratto in studio fotografico di
Bice Mangili, scatto eseguito
nel 1869 (la data fu cancellata
in fase di riproduzione ma la
traccia è ancora visibile), riprodotto dai fotografi Varischi e
Artico e poi inviato a Weil nel
1918. Gli stessi fotografi
Palazzo Tornabuoni Corsi,
Firenze, 1890-1900 ca.
(foto Fratelli Alinari)
ritrassero nel 1907 – questa volta dal vivo – il
marito di Bice, il senatore Cesare Mangili consigliere e poi presidente della Comit. Umberto Varischi e Giovanni Artico lavorarono entrambi nello
studio di Leone Ricci, rinomato per la ritrattistica
e la qualità dei prodotti, prima di avviare la propria attività con Angelo Pettazzi, commerciante e produttore di apparecchi fotografici.
Lo studio "Varischi Artico e
C." acquisì notorietà a Milano
nel campo dei ritratti infantili e
per aver fotografato personalità del mondo della cultura e
dello spettacolo.
Bice Mangili, 1869,
riproduzione inizio del Novecento
di Varischi - Artico
Alla fine dell’Ottocento, in tutta
Italia, iniziò a diffondersi l’istituzione delle banche popolari che
perseguivano lo scopo principale
di sopperire alle necessità delle
categorie meno abbienti impegnandosi a gestire il piccolo prestito e a garantire i loro modesti
risparmi.
La Società Operaia di Mutuo Soccorso ed Istruzione di Cividale del
Friuli, considerate le precarie condizioni sociali ed economiche della popolazione, nominò un comitato promotore per la costituzione di una Banca Cooperativa, che
ebbe sede al piano terra del
Museo cittadino e aprì gli sportelli al pubblico il 1° febbraio 1887.
Anche la Banca Cooperativa di
Cividale subì le inevitabili conseguenze derivate dall’entrata in
guerra del Regno d’Italia il 24
maggio 1915 e, dopo la rotta di
Archivio Storico News
4
2016
Istituto Canossiano italiano a Hankow, 1900, fotografo sconosciuto
to dalla ditta Fotografia Abeni di G. Ogliari & C.
nel 1914.
Oltre ai collaboratori della Comit, tra i ritratti figurano anche un certo Luigi Boffa, ripreso seduto su
una poltrona di legno dallo studio Montabone
Fumagalli & Bassani, e il dottor Francesco Gatti,
primario e direttore dell’ospedale-sanatorio di Sondalo (Sondrio) che per quella struttura ricevette da
Weil e dalla Comit cospicue elargizioni. L’autore di
quest’ultimo è Achille Ferrario, fotografo che troviamo ancora nelle quattro stampe sulla costruzione della sede Comit di piazza della Scala a Milano
datate 1909, analizzate nel secondo volume dei
Quaderni Fotografici dell’Archivio storico.
Come omaggio in segno di stima nei confronti di
Weil va incluso inoltre l’album fotografico sull’Istituto italiano canossiano a Hankow in Cina (non
lontano da Shanghai).
Fu inviato da monsignor Gerardo Beccaro a Federico
Weil – così racconta la lettera accompagnatoria del
10 marzo 1900 – come ringraziamento per il suo
impegno nel progetto del convento fondato dallo
stesso Beccaro. Weil fu infatti molto attivo nel sovvenzionare istituti di beneficenza e di assistenza
sociale e in particolare promosse tramite la Comit
alcune missioni in Asia dei Carmelitani Scalzi guidate
dal monsignore. Il fotografo è anonimo ma le fotografie illustrano bene le attività svolte nell’Istituto.
Inoltre risulta essere al momento l’unica testimonianza presente della sovvenzione.
La donazione comprende infine due fotografie
dell’inaugurazione della Borsa di Milano, recanti
per timbro “Leone Ricci”, ma eseguite da Varischi e Artico nel 1901, i fotografi che gli succedettero nell’attività nel 1900 e che per qualche
tempo mantennero la denominazione del predecessore, e alcune riproduzioni di quadri raffiguranti Weil e Joel.
Città di
Cividale del Friuli
I LUOGHI DELLA
GUERRA VISTI
Assessorato alla Cultura
CON GLI OCCHI
Società Operaia
di Mutuo Soccorso
ed Istruzione
di Cividale del Friuli
DE L L A
PA C E
con il finanziamento della
Centro di Ricerca e Documentazione
con il sostegno della
Provincia di Udine
Provicie di Udin
con la collaborazione di:
FRAMMENTI
DI MEMORIE
Cividale del Friuli e
la Società Operaia durante
la Prima Guerra Mondiale
1915-1918
Il ritratto più antico appartiene invece a Ignazio
Florio, consigliere Comit, e fu eseguito nel 1895
dal fotografo palermitano Giuseppe Incorpora,
uno dei primi fotografi professionisti siciliani. Attivo dal 1859, fu nominato Cavaliere del Regno e
Fotografo della Real Casa da Umberto I di Savoia
e fu premiato a numerose esposizioni universali
(Dublino 1865 e Vienna 1873) e nazionali (Palermo 1891-1892 e Torino 1898): “Fotografia Premiata con 36 medaglie”, cita infatti il verso decorato del supporto secondario.
Per Milano troviamo invece il ritratto di inizio
Novecento del giovane impiegato Walter Weinberg, realizzato dallo Studio Ganzini; fondato nel
1863 a Milano da Giovanni Battista Ganzini era
condotto nei primi anni del Novecento da Carlotta Rovello, vedova del noto fotografo morto prematuramente nel 1878. La donna proseguì l’attività dello studio affiancata dalla figlia Udina, specializzata in ritratti infantili, poi sostituita dalla
figlia Carla nel 1939 fino alla chiusura nel 1956.
Di Alfonso Sanseverino Vimercati, presidente della
Comit, si conserva una immagine in duplice copia:
la prima è lo scatto originale di Giulio Rossi, recante l’augurio autografo del presidente a Weil per
l’anno nuovo 1902; Rossi fu un pittore e un celebre fotografo ritrattista e avviò il suo primo studio
di fotografia e dagherrotipia a Milano nel 1854; in
seguito aprì succursali a Genova e a Trieste e sperimentò diverse tecniche fotografiche.
La seconda foto è una riproduzione della stessa
fotografia con timbro di Carlo De Marchi, incorniciata perché “stava sullo scrittoio del comm.
Federico Weil”, come hanno testimoniato gli
eredi.
Fotografato a Milano, ma direttore della filiale di
Sassari, fu invece Gervasio Costa che con “stima
e reverenza” dedicò a Weil il suo ritratto, prodot-
Caporetto del 24 ottobre 1917, si
trovò coinvolta, assieme alla
popolazione friulana, nel drammatico e disperato esodo verso
zone più sicure.
Firenze fu un centro focale di smistamento e di asilo per gli esuli e
la maggior parte dei cividalesi vi
trovò rifugio. L’Istituto, tenendo
fede all’impegno di stare vicino
alla sua gente, si spostò con i suoi
cittadini.
Dal 22 novembre 1917 al 20 gennaio 1919 la sede della Banca
Cooperativa fu trasferita nel
capoluogo toscano, dove poté
continuare ad operare senza
interruzioni ed ebbe il lustro d’essere ospitata in quella che diventerà dal 1924 la sede storica della
Banca Commerciale Italiana, nel
Palazzo Tornabuoni Corsi in via
Strozzi 4 acquistato della Comit
nel 1919.
I locali dove operò l’Istituto cividalese, infatti, dopo una serie di
restauri ed adattamenti realizzati
su progetto dell’ingegnere e
architetto Agenore Socini, dal 16
febbraio 1924 sostituirono la precedente sede Comit che era stata
inaugurata il 20 maggio 1895 ed
era sita in via Bufalini 7.
Concluso il conflitto, l’Istituto cividalese tornò nella sede dei Regi
Uffici del Palazzo Pretorio di proprietà del Municipio di Cividale
del Friuli.
Parrocchia di
Santa Maria Assunta
di Cividale del Friuli
Arcidiocesi
di Udine
KOBARIŠKI
MUZEJ
Cividale del Friuli
locali ex-Coffee Store
in via Carlo Alberto
orari:
ven.
16.00 - 20.00
sab./dom.
10.00 - 13.00
16.00 - 20.00
ingresso libero
(g.c.)
info:
SOMSI Cividale +39 0432 734116
www.somsicividale.it
[email protected]
Ufficio Cultura +39 0432 710350
www.comune.cividale-del-friuli.ud.it
[email protected]
Informacittà +39 0432 710460
www.cividalegrandeguerra.it
[email protected]
Le riproduzioni di alcune foto rappresentanti Palazzo Tornabuoni, sede
della Comit, saranno esposte a Cividale del Friuli, via Carlo Alberto, dal 6
luglio nella mostra “Frammenti di
memorie. Cividale del Friuli e la Società Operaia durante la Prima Guerra
Mondiale”. Info: www.cividalegrandeguerra.it.
t l
LUGLIO
fi
30
G
N.
Archivio Storico News
N.
30
LUGLIO
5
2016
INVENTARI
CURIOSITÀ
Il questionario per la rilevazione dei danni di guerra
alle aziende mutuatarie dell’IMI
Ugo Pisa:
un anno alla CCB
Il potere della filantropia
Una fonte dalle molteplici potenzialità
Aronne Gavazzoni
Matilde Capasso
Manifattura Ceramica Pozzi, Torino:
visita aerea dello stabilimento, 1937
L’archivio mutui dell’IMI – 20.000 pratiche circa dal
1931 al 1970, tuttora in corso di inventariazione –
è una fonte che riserva molte sorprese per il ricercatore.
Dalle pratiche degli anni Quaranta è emerso un
questionario sui danni di guerra che aiuta a tracciare la situazione delle singole aziende mutuatarie
negli anni 1942-1944.
Ricordiamo che nell’ottobre 1943 il Governo della
Repubblica Sociale Italiana impose il trasferimento
dell’Istituto al Nord, a Meina (Novara), mentre a
Roma restò solo un ufficio di recapito (Ufficio Stralcio). Grandi erano le difficoltà negli spostamenti e
nel ricevere informazioni. I bombardamenti, poi,
avevano provocato morti, danni e distruzioni, alcuni impianti industriali erano stati sfollati o requisiti.
La gestione dell’attività dell’Istituto era diventata
difficile; tra le tante problematiche amministrative
vi erano quelle legate al recupero dei crediti dalle
aziende danneggiate.
Anche per questo motivo l’IMI decise nel febbraio
1944 di inviare ai suoi mutuatari una lettera con
allegato un questionario molto dettagliato per
avere un quadro generale della situazione in cui
versavano le società e gli impianti ipotecati.
Lo scopo era quello di poter avviare le procedure
nei confronti dell’assicurazione, nei casi in cui i
beni ipotecati fossero danneggiati (l’IMI, infatti,
poteva far valere il privilegio su eventuali rimborsi
versati dall’assicurazione all’azienda).
Una prima parte del questionario rilevava l’andamento dell’azienda per gli anni 1942-1943, richiedendo i dati sul fatturato, il numero dei dipendenti, segnalazioni di situazioni di anormalità, variazioni della sede o residenza della ditta. Una seconda parte si soffermava su eventuali danni agli stabilimenti e ai macchinari, quali il reparto, la super-
ficie, l’ammontare del danno, se il ripristino era
stato deciso, o se era in corso. Una terza parte
segnalava eventuali casi di sfollamento o requisizioni. Da ultimo, il mutuatario doveva fornire un
elenco degli impianti e macchinari ipotecati con
indicazione del loro stato.
Naturalmente non tutti i mutuatari risposero. Tra le
aziende che diedero notizie troviamo, ad esempio,
Ceramica Pozzi, che aveva subìto danni a un edificio e a un deposito merci a Torino e a un altro
deposito a Milano, mentre parte degli uffici amministrativi erano stati sfollati da Torino a Gattinara
(provincia di Vercelli) [Serie Mutui,1175]; Innocenti, che aveva subito danni sia agli uffici che agli
impianti e macchinari [Serie Mutui 1211]; la Ditta
Gino Cuturi, dell’Apuania che dall’8 settembre
1943 aveva ridotto il personale e la produzione
fino ad arrivare alla completa cessazione dell’attività [Serie Mutui, 1239]; la Società per azioni
Metallurgica Savonese (SAMS), che aveva subito
danni agli stabilimenti e subìto la requisizione da
parte dei tedeschi di una parte dei macchinari
[Serie Mutui, 1415]. Idroelettrica Alto Veneto di
Calalzo di Cadore, che aveva subito danni alle
cabine e alle linee di alta e bassa tensione, nelle
zone di Longarone e del Cadore [Serie Mutui,
1420].
Tra le informazioni fornite, ci sono quelle relative
alle date delle incursioni aeree che avevano provocato i danni. Il questionario oltre ad essere un
esempio di modalità di gestione e recupero di
informazioni in una situazione straordinaria e in un
periodo drammatico della storia italiana, è uno
strumento che può offrire molteplici spunti agli
studiosi che vogliono ricostruire questo aspetto
storico, potendo integrare la fonte qui descritta
con altre all’interno dell’archivio IMI.
Lettera di Ugo Pisa a Giuseppe
Speroni, presidente della Cariplo,
27 febbraio 1909
A 65 anni ancora da compiere, il
14 marzo 1910, si spegne Ugo
Pisa nella ‘sua’ Milano, la città
che lo aveva adottato, essendo
lui nato a Ferrara il 9 agosto del
1845 da una ricca famiglia di
banchieri (il padre Luigi Israele,
infatti, era uno dei figli di Zaccaria Pisa, fondatore nel 1831 dell’omonima ditta bancaria).
La morte lo colse il 24 aprile
1909, a poco più di un anno dalla nomina a membro della Commissione Centrale di Beneficenza, amministratrice della Cassa
di Risparmio delle Provincie Lombarde, dalla quale era stato
cooptato come membro rappresentante il Comune di Milano in
sostituzione di Giacomo Colli.
Pur non pretendendo di effettuare una ricostruzione storica –
del resto la sua figura è piuttosto
nota – potrebbe essere interessante cercare di ritrovare il percorso della sua vita nelle peculiarità dell’ultima carica da lui
accettata, come se quella fosse
la conclusione ideale del suo
cammino.
Nell’essere membro della CCB è
possibile innanzitutto ritrovare le
sue origini da una famiglia di
banchieri; anche se egli non
lavorò per molto tempo all’inter-
Archivio Storico News
N.
30
LUGLIO
2016
6
PUBBLICAZIONI
“La capostipite di sé”
Un libro ricorda la storica dell’arte che lasciò la sua collezione alla Cariplo
Raffaella Fontanarossa
La capostipite di sé. Una donna alla guida dei
musei. Caterina Marcenaro a Genova 1948-1971
(Roma, Etgraphiae, 2015) è il titolo di un recente
volume di Raffaella Fontanarossa, frutto di un’intensa ricerca d’archivio che si è svolta, fra l’altro,
anche presso l’Archivio storico di Intesa Sanpaolo.
Nel 1975, infatti, alla fine di un’intera vita consacrata al suo lavoro di direttrice dei musei civici
genovesi da lei stessa creati nel dopoguerra, la
Marcenaro lasciò l’intera sua collezione privata
d’arte – composta da 54 dipinti dal ‘500 al ‘700,
37 sculture dal ‘200 al ‘600 e 5 ceramiche – alla
Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde al cui
vertice sedeva il professor Giordano dell’Amore.
Il gruppo di sculture lignee antiche, considerata
la parte più prestigiosa della collezione, è esposta in una sala a lei dedicata al Museo Diocesano di Milano (http://www.museodiocesano.it
/collections/collezione-marcenaro); il catalogo
dell’intera raccolta Marcenaro è visibile anche
tramite il link http://www.artgate-cariplo.it/collezione-online.
Storica dell’arte di formazione crociana, Caterina
Marcenaro conobbe a Genova nel dopoguerra
l’architetto milanese Franco Albini: ne nacque un
sodalizio professionale destinato a proseguire per
oltre vent’anni e a cambiare per sempre la storia
della museologia. Da Genova, la riapertura nel
1950 di palazzo Bianco, e successivamente degli
altri musei, voluta dalle amministrazioni che si erano alternate in città, diventa il simbolo della ricostruzione del Paese dopo la guerra e le macerie.
Senza palazzo Bianco, Gardella forse non avrebbe
fatto le sale dei Primitivi agli Uffizi, Scarpa, forse,
non avrebbe fatto il Museo Nazionale di Palermo,
e Albini non avrebbe fatto il museo del Cairo.
Tra riallestimenti e restauri sono centinaia i musei
che nell’Italia della Ricostruzione riaprono, ma le
prime pagine e le copertine delle riviste nazionali e
internazionali sono sempre per quelli genovesi di
Albini e della Marcenaro. Sono loro il simbolo della rinascita del paese. Dell’Italia del futuro che
riparte e lo fa con la cultura. Il libro rivela particolari inediti di quella stagione internazionale della
museologia italiana attraverso la ricostruzione della vita di una contrastata protagonista di questa
storia, Caterina Marcenaro. A lei si deve la creazione del sistema dei musei civici di Genova, oggi
patrimonio Unesco dell’Umanità.
Come scrive Tommaso Casini nella prefazione al
libro: “In questo primo quindicennio del secolo
XXI i musei hanno ricevuto una attenzione nuova
sulla scena internazionale. Sono fioriti grandi progetti architettonici costruiti da archistar di fama
mondiale, numerose sono state le trasformazio-ni
talvolta coraggiose e riuscite di antichi allestimenti
che si sono alternati a dubbi interventi, talvol-ta
molto criticati. Sono sorti musei avveniristici in
Cina e negli Emirati Arabi e in altri luoghi del mondo […]. A settant’anni dalla nascita della Repubblica italiana, risorta sulle macerie ancora fu-manti di palazzi storici e musei bombardati dalla furia
del conflitto, appare quanto mai vitale guar-dare a
quel momento di rinascita etica e culturale che
espresse l’immediato dopoguerra […]. C’erano da
sanare profonde ferite, da ricostruire alcuni tra i
musei e palazzi più importanti del Pae-se: da
Genova a Verona, da Milano a Palermo, altri
necessitavano di ampi riordini e restauri a Venezia, Firenze, Napoli. La sfida era enorme e fu
raccolta da una generazione di architetti (Albini,
Portaluppi, Minissi, Scarpa) e museologi (Marcenaro, Modigliani, Sanpaolesi, Wittgens), donne e
uomini all’epoca quarantenni, che avevano vissuto
sulla propria pelle il significato della falsificazio-ne
culturale proposta da un regime dittatoriale che
aveva portato il Paese alla guerra, sempre fo-riera
di saccheggi e distruzioni”.
no della banca di famiglia; dal
1889 al 1891 fece parte del
Consiglio di amministrazione
della Banca Popolare di Milano.
Prima era stato consigliere della
Camera di Commercio di Milano
e poi Presidente di questa per
più di sette anni.
L’impegno politico accompagnò
tutta la vita di Ugo Pisa: poco più
che ventenne, nel 1866, decise
di abbandonare gli studi per
combattere al fianco di Garibaldi
nella terza guerra d’indipendenza; appena conseguita la laurea
in giurisprudenza intraprese per
qualche anno la carriera diplomatica. Stabilitosi definitivamente a Milano, entrò in politica e
diventò consigliere comunale del
capoluogo lombardo per circa
sette anni, per poi dimettersi ed
essere nominato senatore del
Regno un anno più tardi nel
1898, carica questa che terrà
fino alla sua morte.
Tra i tratti peculiari della sua vita
è senz’altro da annoverarsi la
filantropia; l’impegno nel sociale
accompagnò tutta la carriera
politica di Ugo Pisa: fu infatti
fondatore e presidente del Patronato di assicurazione e soccorso
per gli infortuni del lavoro di
Milano; da senatore venne nominato commissario del Consiglio
Superiore dell’Ufficio del Lavoro
e presentò, tra gli altri, alcuni
disegni di legge in materia di
lavoro delle donne e dei fanciulli
e di infortuni degli operai sul
lavoro.
Il senatore Ugo Pisa costituiva
quindi il candidato ideale a rappresentare il Comune di Milano
all’interno della Commissione
Centrale di Beneficenza; purtroppo – usando le parole che il
presidente della Cariplo Giuseppe Speroni espresse durante la
commemorazione avvenuta nel
corso della seduta della CCB del
22 aprile 1910 (il testo è riportato integralmente nel verbale) – la
morte lo colse ed “egli non ebbe
campo di esplicare qui tutte
quelle attitudini di amministratore e di finanziere che ognuno
meritatamente gli riconosceva”.
Roma
13 settembre, Ore 17.30
Sala del Cenacolo, Vicolo Valdina 3/A
Presentazione del volume
di Andrea Calamanti,
La banca di Raffaele Mattioli.
Una visione unitaria e sistemica
(Torino, Aragno, 2016)
.
Archivio Storico News
N.
30
LUGLIO
2016
7
INVENTARI
CURIOSITÀ
Le Carte del Servizio Filiali Italiane della Comit
Il finanziamento
della Cariplo alla
Mostra Etnografica
e Regionale di Roma
del 1911
Una miniera di informazioni al servizio della ricerca storica
Guido Montanari
Eleonora Ferrari
“Accordo interbancario
per le condizioni”, bozza del testo
concordato nella riunione
del Comitato Accordo Interbancario
del 27 novembre 1956
622 faldoni e 571 volumi che coprono un arco cronologico che attraversa l’intero Novecento: sono i
numeri del fondo più cospicuo del patrimonio
archivistico Comit, il Servizio Filiali Italiane-SFI, la
cui inventariazione è stata portata recentemente a
termine da Carla Cioglia.
Il fondo è articolato nelle due serie della Segreteria (la prima fino al 1945 e la successiva dal secondo dopoguerra agli anni Settanta), e in quelle dei
Copialettere, Apertura sportelli, Seconda guerra
mondiale, Ufficio Sviluppo, Ufficio Sorveglianza e
Carte dei capi-servizio.
Tre sono i filoni di ricerca che si possono approfondire a partire da questa ingente mole di documentazione.
Il primo riguarda i rapporti con il sistema bancario
italiano, in special modo con la Banca d’Italia,
l’Ispettorato Bancario, la Confederazione Fascista
del Credito e l’Associazione Bancaria Italiana. Si
può partire così dalla riforma interna della Comit
della metà degli anni Trenta, esaminare le questioni aperte dall’amministratore delegato Raffaele
Mattioli sulle modalità della rifondazione dell’Abi
nell’ottobre 1945 (con alcune corrispondenze inedite utilizzate nel recente volume sulla storia di
questo ente) e, negli anni ‘50, contro le banche
accusate di “scartellamento”, cioè di violare gli
accordi sui tassi di interesse.
Di grande interesse storico sono le carte relative
alla Seconda guerra mondiale (180 faldoni),
concernenti l’applicazione delle leggi di guerra
contro i sudditi nemici (prima gli Alleati e poi,
dopo l’8 settembre, tedeschi e giapponesi), la
gestione degli ammassi dei generi alimentari
(cfr. News 26-27, ottobre 2015, p. 9), la denuncia e la confisca dei beni ebraici e la loro restituzione alla fine del conflitto; l’ultimo gruppo di
carte comprende la cessione alla Jugoslavia, nell’immediato dopoguerra, delle filiali dell’area
giuliano-dalmata con il problema dei rimborsi e
dell’assistenza ai profughi.
Un terzo filone di ricerca, che potrà in futuro dare
i suoi frutti, è quello sulla storia regionale e locale.
Infatti, soprattutto attraverso le serie Apertura
sportelli, Ufficio Sviluppo e Ufficio Sorveglianza, si
può ricostruire la strategia di espansione della rete
Il Cinquantenario dell’Unità d’Italia fu celebrato nel 1911 con
numerose iniziative e grandi
esposizioni che si svolsero a Torino, Firenze, Roma.
Il programma della Capitale prevedeva, fra l’altro, la Mostra delle
Belle Arti a Vigna Cartoni e la
Mostra Etnografica e Regionale
allestita nella Piazza d’Armi, oggi
Piazza Mazzini, dove a quei tempi
si arrestava l’urbanizzazione della
città. Il filo conduttore dell’intera
esposizione era un viaggio per
l’Italia realizzato attraverso sedici
padiglioni regionali, edifici in gesso e cartapesta, che riproducevano gli elementi di maggiore bellezza delle regioni, in cui figuranti
in costume, sotto gli occhi dei
visitatori, svolgevano lavori tipici
della terra d’origine.
Le opere furono finanziate in piccola parte dalla Commissione
Centrale dell’Esposizione, mentre le sovvenzioni più cospicue
furono donate da altri enti. Il
preventivo di spesa per la costruzione del Padiglione Lombardo
ammontava a circa mezzo milione di lire, cifra assai elevata per
quel periodo.
Nella seduta del 22 aprile 1910 la
Commissione Centrale di beneficenza della Cassa di Risparmio
delle Province Lombarde discusse
una proposta di sussidio di
200.000 lire da assegnare al
Comitato Regionale Lombardo
per l’esposizione di Roma. Il
dibattito si concentrò principalmente sull’ammontare della cifra
da destinare a tale manifestazione; alcuni commissari, tra questi
Angelo Galbarini, rappresentante
per la provincia di Pavia, sostennero che non sarebbe stato
Archivio Storico News
N.
30
LUGLIO
2016
territoriale della Comit sull’intero territorio nazionale, perseguita fin dai primissimi anni della Banca
(fondata nel 1894) con l’apertura, ad esempio, di
filiali a Genova e a Firenze nel 1895, a Napoli nel
1899 e a Palermo nel 1903. Oltre alle proposte sull’apertura di nuove filiali (a partire dall’inizio del
Novecento), con rapporti dettagliati sulla situazione economica e sociale delle zone interessate e
sulla concorrenza bancaria, sono molto significative le relazioni d’esercizio e quelle sull’economia
locale che tutte le filiali, coordinate dalle capozona, dovevano produrre dalla metà degli anni Trenta sulla base della riforma organizzativa della
Comit; oltre alla relazione annuale della filiale con
le statistiche dell’attività svolta, si segnalavano le
imprese più produttive, i settori di sviluppo e la
8
situazione del sistema bancario locale. Vi sono infine le relazioni di visita alle filiali, redatte dall’Ispettorato insieme all’Ufficio Sviluppo.
È così pronta alla consultazione del pubblico un’ingente quantità di documentazione che, se opportunamente interrogata, anche sull’intero patrimonio
Comit, può fornire utili informazioni per indagini
storiche su singole località o su intere aree regionali.
La ricerca può essere ampliata aggiungendo per
alcune aree le informazioni provenienti dagli altri
patrimoni documentari dell’Archivio storico di
Intesa Sanpaolo, come quello del Banco Ambrosiano Veneto (in primo luogo per il Veneto, ma
anche per vaste zone dell’Italia Meridionale), della
Cariplo (per la Lombardia) e dell’IMI (per il finanziamento alle industrie locali).
ARCHIVI DEL GRUPPO
La Cassa di Risparmio di Civitavecchia
L’attività al sostegno del territorio nel periodo della ricostruzione
Paola Chiapponi
Sede centrale
della Cassa di Risparmio
di Civitavecchia, Corso
Centocelle 44, 1975
opportuno concedere un sussidio
ritenuto “speciale”, non essendo
destinato a opere di pubblica utilità o beneficenza. Però, considerando che l’elargizione in questione avrebbe finanziato una manifestazione dal carattere altamente
patriottico, la CCB deliberò di
“accordare al Comitato Regionale
Lombardo per la Esposizione del
1911 in Roma un sussidio di £
250.000 a titolo di concorso nelle
spese di edificazione ed allestimento in Roma del proposto
Padiglione Regionale Lombardo”.
L’opera, progettata dagli architetti Adolfo Zacchi e Gaetano
Moretti, era un esempio di eclettismo: l’esterno riprendeva alcuni
stilemi architettonici tipici dell’età
Comunale, nel giardino adiacente
vi era una fedele riproduzione
della fontana del Palazzo del Broletto in Brescia, mentre la struttura interna era suddivisa in otto
ambienti, ognuno assegnato ad
una provincia.
Al termine dell’esposizione, l’etnografo Lamberto Loria avrebbe
voluto raccogliere tutti i reperti al
fine di creare un Museo Nazionale di Etnografia Italiana. La sua
morte e lo scoppio della guerra
impedirono la realizzazione di
questo progetto; le collezioni raccolte vennero trasferite nel palazzo delle Tradizioni popolari dell’Eur solo nel 1956, andando a
costituire il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari.
CURIOSITÀ
Quella volta che
una banca finanziò
un dirigibile
Marco Mocchetti
Nel piano di riorganizzazione delle Banche dei Territori, il 20 luglio 2015 la Cassa di Risparmio di Civitavecchia, insieme alla Cassa di Risparmio di Rieti e
alla Cassa di Risparmio di Viterbo, viene fusa in Intesa Sanpaolo. In seguito a questa operazione, l’Archivio di ciascuno di questi istituti passa sotto la
gestione diretta dell’Archivio storico di Gruppo, che
si è subito attivato per mettere in sicurezza e inventariare la documentazione al fine di renderla disponibile per la pubblica fruizione e per futuri progetti
di valorizzazione sul territorio.
Purtroppo gli eventi storici hanno reso molto esiguo
l’Archivio della Cassa di Risparmio di Civitavecchia,
istituita nel 1847 in forma di società anonima con
un fondo di 50 azioni da 40 scudi romani ciascuna,
sottoscritte da 36 soci azionisti. Il terribile bombardamento aereo americano del 14 maggio 1943 colpisce duramente anche la Sede della Cassa, comportando la distruzione – oltre che dell’edificio – di
una gran parte della sua documentazione; si sono
salvati fortunatamente i libri societari, fonte prioritaria per la ricostruzione storica.
Attualmente l’Archivio comprende 249 volumi di
verbali che coprono gli anni 1847-2008, la raccolta
dei bilanci (al momento incompleta) e una sezione
fotografica e libraria.
È proprio dalla lettura delle sedute del Consiglio di
amministrazione che possiamo ricostruire le vicende
che hanno coinvolto la Cassa e i suoi impiegati
durante il periodo del secondo conflitto mondiale.
Il 23 aprile 1910 il Comitato Esecutivo Cariplo ricevette un’istanza
di sussidio da parte di un neonato
comitato milanese preposto alla
costruzione di un dirigibile Forlanini da donarsi allo Stato "per la
istituzione in Milano di un hangar
militare".
Si trattava di una richiesta senza
precedenti che il Comitato, riconoscendone l’utilità economica e,
soprattutto, lo spirito patriottico,
deliberò di sottoporre al giudizio
della Commissione Centrale di
Beneficenza, proponendo un sussidio di 100.000 lire.
Lungo 72 metri, con un diametro
di 7, era il secondo dirigibile progettato dell’ingegner Enrico Forlanini, che aveva già costruito un
Archivio Storico News
N.
30
LUGLIO
2016
9
ASI, patrimonio archivistico CR Civitavecchia, verbali del Consiglio di amministrazione, vol. 9, 2 luglio 1943.
Nei primi anni di guerra le attività procedono senza
particolari sconvolgimenti; vengono anche sostituiti
alcuni impiegati richiamati alle armi con l’assunzione di nuovo personale. Si denota un accentramento
delle decisioni nel Consiglio di amministrazione; a
partire dal 1942, per esempio, le domande di prestito vengono avocate dal Comitato preposto e
accentrate nel Consiglio: qualche domanda viene
accolta e qualche erogazione viene destinata alla
beneficenza.
Del devastante bombardamento dell’8 maggio abbiamo notizie nella seduta del 2 luglio 1943, ma è solo
in quella del 25 luglio 1944 che – attraverso l’intervento del Presidente della Cassa Achille Lanciani –
veniamo a conoscenza degli eventi bellici. Dall’incursione aerea si salvano i libri contabili, le cambiali, i
titoli, gli effetti all’incasso, gli oggetti preziosi del servizio pegni e altro materiale. Il tutto viene trasferito e
custodito presso l’agenzia di Tolfa (aperta dal 1922),
dove viene attuato per l’occasione un servizio di vigilanza notturna; per far funzionare l’agenzia è impiegato il personale sfollato già in questi luoghi. Contemporaneamente viene aperto un servizio per il pubblico a Santa Marinella, lungo la costa, a pochi chilometri di distanza da Civitavecchia.
Nonostante i danni provocati dall’incursione aerea,
continua comunque ad operare – seppure con orario
ridotto – uno sportello nei vecchi uffici di via Centocelle, che però il 24 settembre 1943 viene chiuso in
seguito all’ordine del Comando tedesco di sgomberare tutta la zona litoranea e così anche Santa Marinella. Un tentativo di riaprire lo sportello di Civitavecchia fallisce in primis con la cattura da parte dei
tedeschi del direttore e degli impiegati – obbligati a
lavorare per un giorno alla riparazione dei binari – e
in seguito con la completa evacuazione di Civitavecchia per gli ininterrotti bombardamenti aerei.
Nella prima metà del dicembre 1943 vengono trasferiti da Tolfa a Roma – per ragione di cautela – i
titoli e gli oggetti preziosi ancora in custodia diretta,
il portafoglio e altre pratiche importanti presso la
Sede dell’Associazione delle Casse di Risparmio Italiane, dove si predispone per l’occasione un deposito gestito dal Capo Ufficio della Cassa di Civitavecchia, sfollato a Roma con la famiglia. Intorno alla
metà dell’aprile 1944, il timore che la guerra e le
rappresaglie tedesche arrecassero danni irreparabili
al materiale contabile, la documentazione viene trasferita in toto a Roma. Nel frattempo, la Sede della
Cassa viene occupata dalle truppe e saccheggiata,
con la conseguente sparizione degli arredi, dell’attrezzatura e del materiale d’archivio rimasto ancora
nei locali.
Dopo l’estate del 1944 l’occupazione militare si
allenta notevolmente: i verbali sottolineano la
necessità che i danni debbano essere sanati al più
presto così da riprendere l’attività che dovrà essere
particolarmente intensa per supportare la ricostruzione e il potenziamento di Civitavecchia.
Sono i momenti in cui si stringono i primi ma importanti rapporti tra l’Istituto bancario e il tessuto economico urbano; si registrano anche sostanziali stanziamenti per risolvere i problemi legati alla preponderante crisi degli alloggi, segmento di investimento
che caratterizzerà l’attività della Cassa nel periodo
della Ricostruzione e nei decenni successivi.
Questo un breve spaccato di ricostruzione della
storia della Cassa e del suo territorio che trapela
dalla lettura dei verbali del Consiglio di amministrazione, ma diversi sono i filoni di ricerca che
meritano un approfondimento, come ad esempio
il sostegno fornito agli investimenti nel settore
agro-alimentare, alle attività portuali e a quelli nel
campo dell’edilizia.
primo aerostato nel 1909, il “Leonardo da Vinci”, i cui primi voli su
Milano avevano ammaliato i giornalisti della stampa e destato nella folla di curiosi applausi e
“acclamazioni continue”.
La questione fu discussa dalla
Commissione Centrale il 6 agosto
1910, incontrando tuttavia alcune difficoltà; l’iniziativa vide infatti l’ostilità del commissario Angelo Galbarini, che riteneva che un
tale sussidio non fosse in linea
con lo statuto dell’Istituto, rigettando l’idea che la sua costruzione potesse considerarsi come
un’opera di pubblica utilità.
“Accogliendo la proposta –
aggiunse sarcasticamente – tanto
varrebbe domani concorrere nella
spesa per una nuova caldaia […]
destinata ad una corazzata”. Gli
altri commissari, tuttavia, convennero sull’utilità dell’impresa (che
avrebbe anche favorito la trasformazione dell’hangar di Crescenzago in una grande officina) e sul
suo alto valore patriottico, il quale bastava da solo a giustificare
l’iniziativa. La Commissione deliberò quindi di concedere il sussidio, ponendo la condizione che il
pagamento venisse effettuato
all’atto della consegna del velivolo allo Stato.
Proprio quest’ultimo vincolo,
però, mise in difficoltà i lavori per
l’aerostato: se durante le prove di
volo il dirigibile fosse andato
distrutto, il contributo non sarebbe stato versato, determinando
un rischio troppo grosso per il
comitato responsabile dell’operazione; si chiese pertanto che il
versamento venisse effettuato già
al termine dei lavori e non alla
consegna del dirigibile.
La Commissione, quindi, si riunì
nuovamente il 4 novembre 1911;
Galbarini ribadì la sua contrarietà
all’iniziativa, trovando questa
volta una sponda nel neo commissario Emilio Caldara, socialista, neutralista e futuro sindaco
di Milano. Quest’ultimo dichiarò:
“non sono di pubblica utilità le
opere che hanno carattere militare”. Anche in questo caso,
comunque, la Commissione
approvò il contributo, secondo le
nuove condizioni.
Il 17 agosto 1913, infine, il nuovo
dirigibile “Città di Milano” effettuò con successo il suo primo
volo. La vita dell’aeromobile, tuttavia, fu breve: il 9 aprile del
1914, poco prima dello scoppio
della Grande guerra, andò
distrutto a Cantù, in un incendio
(forse causato da un sigaro) sotto
lo sguardo attonito del Forlanini,
che, come si legge nella stampa
dell’epoca, “fissava gli occhi tristissimi sulla misera carcassa”.