3 Minori: vittime di abusi sessuali
Transcript
3 Minori: vittime di abusi sessuali
3 Minori: vittime di abusi sessuali 3.1 Cosa si intende col termine "abuso sessuale" In Italia gli studi sull’incidenza dell’abuso sessuale minorile si sono sviluppati recentemente. Diversamente, all’estero, c’è sempre stata una maggiore attenzione a questo fenomeno. Ciò è dimostrato dalla recente analisi eseguita da Finkelhor34 sui dati di 21 indagini epidemiologiche svolte in Paesi diversi, che ha ampiamente contribuito alla conoscenza effettiva dell’abuso sessuale sui minori. Dalle ricerche condotte sui campioni di popolazione “normale”, si evincono i seguenti dati: precedenti storie d’abuso per il 7% delle donne e il 3% degli uomini, con un massimo del 36% delle donne austriache e del 29% degli uomini del Sud Africa. Le variazioni tuttavia, secondo Finkelhor, sono dovute all’assenza di una definizione condivisa comunemente del termine “abuso sessuale 34 Finkelhor D.: “Epidemiological Factors in the Clinical Identification of Child Sexual Abuse”, Child Abuse and Neglect, 1994 52 Questa limitazione incide particolarmente nell’ambito clinico e del diritto, impedendo l’attivazione d’interventi diagnostici, visto che nei relativi processi sono coinvolte differenti figure professionali, ognuna portatrice di una visione peculiare. Quindi, se ne ricava che, la rilevanza e l’accertamento di un fatto di abuso, si configura come un’operazione complessa soprattutto per comportamenti sessuali illeciti, integranti fattispecie di reato. Suddetta operazione infatti, secondo Carrer35, dovrebbe corrispondere ad una duplice esigenza: “da un lato conciliare la libertà sessuale di un individuo con i valori degli altri e con i valori della collettività, dall’altro inserire i comportamenti nei titoli di Legge”. Da un punto di vista puramente psicologico, si potrebbe affermare che qualsiasi attivazione di desiderio sessuale di un adulto su un minore rappresenta abuso; tuttavia tale definizione non sembra corretta. Il Consiglio d’Europa nel IV colloquio criminologico, afferma, in tema di violenza sui minori, che per abuso si deve intendere: “ogni atto sessuale che provochi lesioni fisiche e ogni atto 53 sessuale imposto al bambino, non rispettando il suo libero consenso”. Bisogna evidenziare però, che suddetta definizione solleva non pochi problemi interpretativi inerenti l’accertamento e la valutazione del grado di maturità, tali da consentire al minore di esprimersi liberamente; inoltre c’è l’esigenza di fissare una soglia di età minima di incapacità assoluta a prestare il consenso. Ecco perché vari saggi accolgono, invece, la più ampia e generica definizione avanzata da Kempe36, secondo la quale l’abuso è: “Il coinvolgimento di bambini e adolescenti, soggetti immaturi e dipendenti, in attività sessuali che essi non comprendono ancora completamente, alle quali non sono in grado di acconsentire con totale consapevolezza e che sono tali da violare tabù vigenti nella società circa i ruoli familiari”. Rientrano in questa definizione gli episodi di pedofilia, di stupro e d’incesto, più in generale di 35 Carrer F.: “Considerazioni sui minori vittime di violenze sessuali”, Rassegna Italiana di Criminologia, I, Giuffrè, 1984 36 Kempe H.C.: “The Family and the Community”, ed.Ballinger, Cambrige, 1976 54 sfruttamento sessuale nonché il concetto di violazione dei tabù sociali37. Un altro criterio, spesso usato, sia nel nostro Paese che in altri, come discriminante della liceità delle condotte, è la differenza di età fra abusante e vittima; tuttavia, questo criterio spesso si è dimostrato insufficiente, come si evince dalla Legge del Febbraio 199638. In particolare, all’interno di questa Legge viene data una definizione di abuso molto ristretta, infatti per configurasi reato vi deve essere la costrizione a “compiere atti sessuali con minaccia, violenza o abuso di autorità”, anche se l’età della vittima spesso lascia presumere la violenza. Bisogna ancora evidenziare che suddetta Legge ha tralasciato la trattazione delle relazioni sessualizzate fra soggetti minorenni con differenza di età pari o inferiore a tre anni, se tali soggetti hanno più di tredici anni. Inoltre, ha omesso di considerare come reato altre situazioni in cui il minore è esposto ad un clima psicologico 37 38 cfr nota n.36 Legge del 15/02/1996 n.66 55 perverso o sia coinvolto come spettatore, più o meno complice di parafilie o pornografie. 3.2 Le diverse tipologie dell’abuso sessuale sui minori. Risulta estremamente complesso, a causa dell’ampiezza del fenomeno e dell’eterogeneità della letteratura, arrivare ad una interpretazione unitaria dell’abuso sessuale commesso su soggetti di Innanzitutto, un primo settore di indagine è rinvenibile nella relazione che passa fra le tipologie dell’abuso e le caratteristiche dei soggetti autori di abuso, fattori fra di loro correlati; infatti, la fisionomia degli autori e le relazioni interconnesse con le vittime differenziano le diverse tipologie dell’abuso e ne condizionano la dinamica. Partendo da queste premesse, possiamo dividere l’abuso sessuale sui minori in diverse categorie: • intrafamiliare, commesso dalla famiglia nucleare o da membri della famiglia allargata; • extrafamiliare, attuato da persone conosciute dal minore; 56 • istituzionale, effettuato da coloro ai quali i minori sono affidati per cura, custodia educazionale, gestione del tempo libero, all’interno delle diverse istituzioni e organizzazioni; • di strada, attuato da persone sconosciute; • a fini di lucro, commesso da singoli o gruppi criminali organizzati (come quelli per la produzione di materiale pornografico, agenzie per il turismo sessuale, ecc.); • da parte di nuclei organizzati esterni a quello familiare (sette, gruppi di pedofili, ecc.). Non è affatto infrequente che vengano effettuate, da parte di più soggetti, forme plurime di abuso (ad esempio da parte di familiari e conoscenti). In secondo luogo, altro settore d’indagine è dato dalle caratteristiche della vittima in base a fattori quali età e sesso. Dall’analisi della letteratura39 italiana in materia si rileva una ben precisa fisionomia dell’abuso, dove l’autore è di sesso maschile, la 39 fra cui: Scardaccione G. “Autori e vittime di violenze sessuali. Il punto di vista della criminologia e della vittimologia”, Bulzoni, Roma, 1992; Ventimiglia C. “La differenza negata”, Franco Angeli, Milano, 1988. 57 vittima di sesso femminile e, se di età minore, sussiste quasi sempre una relazione di parentela. Diversamente, la letteratura americana40 individua una fisionomia dell’autore differenziata, ove questi può essere frequentemente di sesso femminile, la vittima di sesso maschile, all’interno di un contesto in cui il rapporto è di cura o d’insegnamento. Non esistono tuttora in Italia analisi simili, né molte donne compaiono nel campione oggetto d’indagine. E’ necessario indagare però, sul ruolo della donna negli abusi intrafamiliari. Smith e Sauders 41, in una loro indagine sulle caratteristiche dei padri autori d’incesto e delle madri delle vittime, evidenziano la mancata corrispondenza col prototipo di “padre-padrone” e “madresottomessa”; in realtà essi sostengono che le caratteristiche degli autori d’incesto sono presenti in soggetti della popolazione 40 Kauman K.L., Wallace A.M., Johnson C.F. & Reeder M.L.: “Comparing female and male perpetrator’s modus operandi. Victims reports of sexual abuse”, Journal of Interpersonal Violence, 1995 41 Smith D.W. e Sauders B.E.: “Personality characteristics of father-perpetrators and non-offending mother in incests families: individual and dyadic analysis”, Child Abuse and Neglect, 1995 58 “normale”, anche se può individuarsi una tipologia di famiglia a rischio. Infatti da una ricerca effettuata negli anni 1985-90 su casi di abuso segnalati al Tribunale di Torino emergono famiglie disgregate, già conosciute ai servizi territoriali42. Dalla stessa ricerca si evince una connivenza attiva o passiva da parte della madre durante l’abuso, inoltre quasi nessuna mamma si schiera a favore della figlia nel procedimento giudiziario. Vengono poi, considerate43 a maggiore rischio quelle famiglie in cui manca un genitore naturale o entrambi. Per quel che riguarda la recidività negli abusi, essa si manifesta di più fra soggetti che commettono reati sessuali sui minori al di fuori della famiglia, piuttosto che fra autori d’incesto 44. L’analisi fin qui condotta conferma la necessità di un approccio multi fattoriale, anche se non mancano correlazioni che spieghino il 42 Roccia C. & Foti C.: “L’abuso sessuale sui minori. Educazione sessuale, prevenzione e trattamento”, Unicopli, Torino, 1994 43 Finkelhor D.: “A source book on child sexual abuse”, Sage, Beverly Hills, CA, 1986 44 Hanson R.K., Steffy R.A. & Ganthies R.: “Long-Team Recidivism of child molesters”, Journal of Consulting and Clinical Psycology, 1993 59 determinarsi di tale fenomeno; ad esempio è frequente la correlazione con l’assunzione eccessiva di sostanze alcoliche. Altrove, Marshall45 rileva che i reati sessuali possono aversi per un difetto di “empatia”, che deve intendersi come qualità di una persona che integri caratteristiche emotive e comunicative che si sviluppano in quattro fasi. Tuttavia per questa strada non è possibile approdare a conclusioni definitive che dimostrino se la mancanza di empatia sia generalizzata o sia diretta solo a soggetti vittimizzati; le conclusioni raggiunte sono pertanto controverse. 3.2.1 L’incesto fra tabù e abuso: definizioni, caratteristiche e conseguenze Tabù antico e universale, l’incesto è proibizione, è divieto assoluto. Già nell’antico testamento 46 possiamo rinvenire il divieto di unioni incestuose, vuoi per facilitare la comunicazione fra stirpi, vuoi per evitare le malattie ereditarie. L’interdizione dell’incesto risale alle 45 Marshall W.L.: “Empaty in sex offenders”, Clinical Psychology Review, 1995 60 origini del diritto romano, che prevedeva per questo reato la pena di morte. Varie sono state le interpretazioni attribuite a questo fenomeno, soprattutto in ambito antropologico e psicologico. Di particolare interesse è l’analisi dello psicoanalista Sandor Ferenczi che all’interno di un suo saggio 47, evidenzia come l’aberrazione dell’incesto stia nel fraintendimento tra il mondo infantile (linguaggio di tenerezza) e la sessualità adulta (linguaggio di passione). Se per incesto intendiamo qualunque tipo di relazione sessuale tra un bambino ed un adulto, che svolge nei suoi confronti una funzione parentale, dobbiamo far rientrare all’interno di questo concetto anche la relazione tra un bambino e il patrigno o la matrigna o sostituti parentali permanenti. Gli abusi sessuali intrafamiliari possono, dunque, essere distinti in: • incesto fra padre e figlia. E’ questo il caso più frequente di cui la letteratura si è maggiormente occupata; 46 47 Levitico, 20, 17-21 Ferenczi S.: “Confusione delle lingue fra adulti e bambini”, 1932 61 • incesto fra padre e figlio. E’ analogo a quello fra padre e figlia anche per l’atteggiamento collusivo della madre; • incesto fra madre e figlio. E’ un evento molt anche quello che produce le conseguenze psicologiche più gravi; • incesto fra madre e figlia. Non è molto frequente ma se ne segnalano comunque alcuni casi; • altri tipi di incesto. Ricordiamo quelli effettuati da figure sostitutive del padre, come il patrigno o il fratello della vittima. Fra i vari tipi di abusi intrafamiliare descritti, particolare attenzione merita quello fra padre e figlia, caratterizzato da una dinamica effettiva tanto particolare da differenziarsi da tutti gli altri abusi compiuti da adulti sui minori. Infatti, l’incesto priva chi lo subisce della libertà di difendersi e di odiare. Fra i fattori che determinano questa fattispecie di reato, Giarretto 48 evidenzia: a) l’emergere della figlia in famiglia; 48 Giarretto H.: “Humanistic Treatment of Father-Daughter Incest”, in Helter R., Cambridge, 1976 62 b) l’ostilità fra i coniugi, che si traduce nella mancanza di rapporti sessuali; c) la riluttanza del padre a cercarsi una partner al di fuori della famiglia, che possa contribuire a disgregarla. Spesso il padre attuerebbe l’incesto con la figlia come un paradossale tentativo di ristabilire l’equilibrio familiare. In questa prospettiva va interpretata l’approvazione della madre che può essere di tipo passivo, tacito, qualvolta inconscio, o estrinsecarsi in un comportamento attivo. L’elemento culturale gioca spesso un ruolo fondamentale, poiché in questi casi l’incesto è, per il padre, un legittimo esercizio del suo potere assoluto. Come osserva Merzagora49: “l’incesto è probabilmente una delle conseguenze di una sottocultura che confonde la forza con la violenza, la virilità con à, l’autorevolezza con l’autoritarismo”. Di solito la durata delle relazioni incestuose è di circa due anni, ma può protrarsi anche per più di cinque. Inoltre si è evidenziato che le 49 Merzagora I.: “L’incesto”, Giuffrè, Milano, 1986 63 recidive del comportamento sono più frequenti negli abusi extrafamiliari che in quelli intrafamiliari. Molti50 hanno ricercato, le ragioni che conducono a comportamenti incestuosi rilevando che l’abuso in famiglia era più frequente se i genitori erano stati a loro volta abusati. Nella maggior parte dei casi, gli abusi colpiscono bambini di 10-11 anni, ma le vittime possono essere molestate già all’età di 4-5 anni. Tra gli autori, come Rouyer51, vi è concordanza nel ritenere che, tra le altre, le conseguenze di tali abusi sono le turbe della sessualità, i disturbi del comportamento e gravi forme di nevrosi. L. Russel52 conducendo uno studio su 600 prostitute di Bordeaux, di cui 98 minorenni, mise in luce che la scelta del mestiere era stata condizionata in 54 di loro (9%) da relazioni familiari perturbate ed in 32 (5.3%) da un incesto subito. 50 tra cui Brant R. S. T. et Al.: “The sexual misused child”, Am. Journal of Orthopsychiatry, IVVII, 1977 51 Rouyer M., Girodet D.: “Abuse sexuals”, in Strauss P.: “L’enfant maltraite”, Flerus, Paris, 1993 52 Russel L.: “La famille incertaine”, Odille-Jacob, Paris, 1989 64 In genere, le vittime di questo genere di abuso sono descritte come soggetti che nascondono segreti familiari, con conoscenza precoce delle attività sessuali, con improvvisi cambiamenti di umore e soliti a scambiare il sesso con l’affetto. Infine, bisogna segnalare che queste indagini sulle conseguenze dell’incesto non sono pacificamente accettate, in quanto alcuni autori53 hanno affermato che i rapporti fra bambini ed adulti non producono effetti negativi e che la vittima può essere partecipante. Oggi sono rimasti in pochi a sostenere tale orientamento, infatti, l’impostazione più recente ritiene che la partecipazione del minore non possa incidere sulla responsabilità dell’adulto in nessun modo. 3.3 Analisi del fenomeno “abuso”. Al fine di verificare se esistono differenze significative relative ai vari reati che si possono configurare sui minori ho ritenuto opportuno 65 fare riferimento a dati statistici, relativi all’anno ’98 resi noti dall’Istituto di Statistiche Italiane54 (ISTAT). I dati del 1998 esaminati sono allarmanti; infatti, come vedremo nella Tabella 1 sono 783 i delitti denunciati, che vedono come vittime i minori, per i quali l’autorità giudiziaria ha iniziato l’azione penale. Di questi: • il 74.7% si configura come Atti sessuali con minorenni (ex art.609 quater); • il 21.5% rappresenta i reati di Corruzione di minorenni (ex art.609 quinquies); • il 3.8% sono i reati di Pornografia minorile, in cui vengono compresi dal ’98 i delitti previsti dalla Legge N°269 del 1998. Quest’ultima contempla non solo la pornografia (di cui risultano 21 casi), ma anche la prostituzione minorile (9 casi) e la detenzione di materiale pornografico attraverso lo sfruttamento di minori (0 casi). 53 54 tra cui: Gulotta G. “Famiglia e violenza”, Giuffrè, Milano, 1984 Statistiche giudiziarie penali 1998-ISTAT 66 Con particolare dettaglio la Tabella 2 descrive una diversa distribuzione nelle regioni italiane del reato di Atti sessuali con minori nell’anno 1998. E’ subito evidente la differenza fra il numero di delitti e quello di persone denunciate, con maggiore scarto al nord e nelle isole. Inoltre, dalla suddetta tabella, su un totale di 341 persone denunciate in Italia, solo il 5.3% è costituito da donne e il 6.2% da minori di anni 18. Dalla Figura 1, che illustra la distribuzione nelle regioni dei delitti, si evince che il maggior numero di Atti sessuali con minori si verifica in Lombardia, seguita dalla Sicilia e dalla Toscana; ben 5 Regioni ne hanno un numero compreso fra i 25 e i 50, mentre le restanti 12 Regioni segnalano da 0 a 25 reati. La Figura 2 rappresenta la distribuzione delle persone denunciate per questo reato e anche qui la Sicilia e la Lombardia sono ai primi posti. Analizzando la Tabella 3, è evidente una distribuzione in Italia della Corruzione di minori, caratterizzata da una presenza massiccia in molte regioni, a fronte di una assenza quasi totale in altre 7 come è possibile notare dalla Figura 3. Inoltre, da suddetta Tabella, risulta 67 una forte mancanza di donne e minori, quali possibili autori di tale genere di reato. La Figura 4 evidenzia un forte scarto fra delitti e persone denunciate, con punte massime nel Lazio (su 14 delitti solo 2 persone denunciate) e punte minime in Veneto (su 7 delitti, 6 persone denunciate). I dati ISTAT 55 inerenti la Pornografia minorile riportati dalla Tabella 4, pur comprendendo i delitti previsti dalla Legge N°269 del 1998, si presentano poveri (30 casi), e le persone denunciate nel 1998 sono solamente 2, entrambi soggetti maschi e maggiorenni. Questi dati ci inducono ad una attenta riflessione poiché, fra i reati sui minori, la pornografia in particolare è vista ancora come un tabù tanto vergognoso, da spingere anche la famiglia a non denunciare. Una particolare attenzione va data alla Tabella 6 e alla Tabella 7 che descrivono delitti e persone denunciate dal ’96 al ’98 per i quali l’Autorità giudiziaria ha iniziato l’azione penale. 55 cfr. nota n. 54 68 Dalla prima di queste si evince un andamento fortemente ascendente con particolare riferimento soprattutto al numero denunciato di Atti sessuali con minorenni, che risulta più che triplicato. Crescono non solo i delitti, ma anche le persone denunciate e ciò a testimonianza di un qualcosa che si muove nella coscienza sociale. Infatti, la denuncia ha un fine preventivo oltre che punitivo. 69 Delitti Denunce Delitti denunciati per un per più solo totale totale di delitti Persone denunciate totale autore delitto 18 anni ignoto MF atti sessuali con di cui minori di F MF F 320 132 452 585 152 341 18 21 1 86 14 100 168 60 55 2 4 - 7 2 9 9 6 3 - - - 21 - 21 21 21 - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - minorenne Corruzione di minorenne Prostituzione minorile Pornografia minorile Detenzione materiale pornografico attraverso sfruttamento di minori Turismo finalizzato allo sfruttamento e prostituzione di minori 70 Denunce, delitti denunciati per i quali l'Autorità Giudiziaria ha iniziato l'azione penale e persone denunciate (1998) Tabella 1 - DELITTI PERSONE DENUNCIATE In totale Di autori In totale Di cui minori di 18 ignoti anni MF F MF F Valle d'Aosta Piemonte 23 4 17 Lombardia 126 75 41 Trentino- Alto Adige 23 1 18 Veneto 26 3 19 Friuli-Venezia Giulia 11 3 6 Liguria 6 3 2 Emilia- Romagna 33 2 16 3 Toscana 53 21 26 2 Marche 9 3 4 1 Umbria 7 4 1 Lazio 42 Abruzzi 8 7 Molise 7 7 Campania 35 1 22 Puglia 46 2 29 1 4 Basilicata 2 1 Calabria 15 3 13 1 2 Sardegna 20 4 6 1 1 Sicilia 93 21 68 5 7 5 36 71 4 3 1 1 1 1 Tabella 2 - Atti sessuali con minorenne nel 1998 (fonte ISTAT) Totale delitti 100 a 126 75 a 100 50 a 75 25 a 50 0 a 25 (1) (1) (1) (5) (12) Figura 1 - Anno 1998 - Distribuzione nelle regioni italiane del numero di delitti di atti sessuali con minorenne 72 Totale persone denunciate 54,4 40,8 27,2 13,6 0 a 68 (1) a 54,4 (1) a 40,8 (2) a 27,2 (6) a 13,6 (10) Figura 2 - Anno 1998 Distribuzione nelle regioni italiane del numero di persone denunciate per atti sessuali con minorenni 73 DELITTI PERSONE DENUNCIATE In totale Di autori In totale Di cui minori di 18 ignoti anni MF Valle d'Aosta 1 Piemonte 9 3 4 Lombardia 62 39 12 Trentino-Alto Adige 4 Veneto 7 1 Friuli-Venezia Giulia 6 4 Emilia-Romagna 8 2 3 Toscana 10 8 1 Marche 3 Umbria 1 Lazio 14 F MF 1 1 1 6 4 Liguria 2 1 2 1 2 Abruzzi Molise 1 Campania 7 Puglia 13 Basilicata 1 Calabria 1 1 Sardegna 6 10 Sicilia 14 6 1 4 Tabella 3 - Anno 1998 Corruzione di minorenne 74 1 F Totale delitti 8 6 4 3 0 a 62 a 8 a 6 a 4 a 3 (7) (4) (1) (1) (7) Figura 3 - Anno 1998 - Distribuzione nelle regioni italiane del numero di delitti di corruzione di minorenne 75 Totale persone denunciate 4 3 2 1 0 a a a a a 12 4 3 2 1 (6) (1) (3) (4) (6) Figura 4 - Anno 1998 Distribuzione nelle regioni italiane del numero di persone denunciate per corruzione di minorenni 76 DELITTI PERSONE DENUNCIATE In totale Di autori In totale Di cui minori di 18 ignoti anni MF Valle d'Aosta Piemonte Lombardia 11 11 Trentino-Alto Adige 1 1 Veneto 2 1 Friuli-Venezia Giulia 1 1 5 5 Umbria 2 2 Lazio 6 6 1 Liguria Emilia-Romagna Toscana Marche Abruzzi Molise Campania Puglia Basilicata 1 Calabria Sardegna 1 1 Sicilia Tabella 4 - Anno 1998 - Pornografia minorile 77 F MF F Totale delitti 8,4 5,6 2,8 0 a a a a 11 (1) 8,4 (1) 5,6 (1) 2,8 (17) Figura 5 - Anno 1998 - Distribuzione nelle regioni italiane del numero di delitti di pornografia minorile 78 Figura 6 - Anno 1998 Distribuzione nelle regioni italiane del numero di persone denunciate per pornografia minorile 79 DELITTI PERSONE DENUNCIATE In totale Di autori In totale Di cui minori di 18 ignoti anni MF F MF Valle d'Aosta 1 Piemonte 32 7 21 Lombardia 199 125 53 Trentino-Alto Adige 28 2 19 3 Veneto 35 5 26 4 Friuli-Venezia Giulia 18 8 6 1 Liguria 6 3 2 Emilia-Romagna 41 4 19 3 Toscana 68 34 27 2 Marche 12 3 6 1 Umbria 10 2 4 1 Lazio 62 12 38 Abruzzi 8 7 Molise 8 7 Campania 42 2 24 1 Puglia 59 2 35 1 4 Basilicata 4 1 Calabria 16 3 14 1 2 Sardegna 27 4 17 1 1 Sicilia 107 22 72 5 7 F 1 5 1 1 1 Tabella 5 - Anno 1998 - Totale reati compiuti contro minori (abuso sessuale, corruzione, pornografia) 80 Totale delitti 151 a 101 a 51 a 1a 199 (1) 151 (1) 101 (3) 51 (15) Figura 7 - Anno 1998 - Distribuzione nelle regioni italiane del numero di delitti contro minori 81 Figura 8 - Anno 1998 Distribuzione nelle regioni italiane del numero di persone denunciate per delitti contro minori 82 Delitti (56) 1996 totale 1997 di autori totale 1998 di autori totale ignoti Atti sessuali con minorenne Corruzione di minorenne di autori ignoti ignoti 160 50 390 83 585 152 98 25 120 46 168 60 30 27 Pornografia minorile Tabella 6 - Delitti denunciati per i quali l'Autorità giudiziaria ha iniziato l'azione penale Delitti (56) 1996 totale 1997 di cui totale minori Atti sessuali con minorenne Corruzione di minorenne 1998 di cui totale di cui minori minori 131 11 339 32 341 31 1 27 2 55 4 2 - Pornografia minorile 21 Tabella 7 - Persone denunciate per le quali l'Autorità giudiziaria ha iniziato l'azione penale 56 Dal 1996 i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume previsti dal C.P., ad eccezione di quelli relativi ad atti, pubblicazioni e spettacoli osceni, sono stati tutti abrogati dalla Legge N°66 del 1996 che ha introdotto nuovi articoli sulle violenze sessuali, configurati come delitti contro la persona. Fino al 1995 i dati riferiti a pubblicazione e spettacoli osceni sono compresi nella voce "Corruzione di minorenni". Dal 1998 nella voce "Pornografia minorile" sono compresi i delitti previsti dalla legge 269/98. 83 3.4 Analisi dei dati. 3.4.1 Dati anagrafici. L’obiettivo della presente ricerca è quello di descrivere il fenomeno della violenza sessuale e dell’abuso ai danni del minore, con particolare riferimento alle caratteristiche socio- anagrafiche delle vittime e degli autori. In quest’ambito i dati ISTAT erano del tutto assenti, si è reso quindi necessario un riferimento indiretto allo studio di Scardaccione e Baldry57, su 67 casi rinviati al tribunale di Roma nell’arco di due anni. Per quanto riguarda il sesso della vittima, nell’84,8% dei casi si tratta di una femmina e la sua età media è di 13 anni (DS= 3,4). L’abusante invece, maschio nel 95,5% dei casi, ha un’età media di 45 anni con un minimo di 11 anni ed un massimo di 80. Nel 58,2% 57 G. Scardaccione e A. C. Baldry: “Tipologia dell’abuso sessuale e modalità dell’inrtervento giudiziario”, in Rassegna Italiana di Milano, 1997 84 dei casi l’autore dell’abuso è nato nel centro Italia dove, peraltro, vive. Relativamente alla relazione fra abusante e vittima: nel 33,8% dei casi l’abusante è il padre, nel 35,8% è il convivente della madre e nel una persona estranea alla vittima. Le informazioni relative ai deficit fisici e mentali della vittima non indicano elementi significativi. Invece, molti dei casi connessi all’utilizzo di sostanze stupefacenti e alcoliche da parte dell’autore no addirittura mancanti, non è quindi possibile tracciarne un profilo, relativamente ai suoi comportamenti devianti. 3.4.2 Dati nella fase processuale. Scardaccione e Baldry58 hanno incrociato i valori relativi alle variabili in questione, al fine di verificare se esiste una differenza significativa in termini di distribuzione di frequenza per la relazione abusanteabusato e se quest’ultima sussiste in uno o più eventi prolungati nel tempo. Bisogna tuttavia ricordare che, per ogni caso, si poteva 85 riportare più di un dato per cui la somma totale potrebbe superare 100. Dunque le percentuali vanno analizzate singolarmente. Dalla Tabella 8 si evince una combinazione quasi indissolubile fra Padre/Abuso protratto nel tempo ed Estraneo/Unico evento. Questa tabella dimostra un dato già ampiamente conosciuto secondo il quale, il padre solitamente esercita una violenza che si protrae nel tempo, talvolta col tacito consenso della madre, mentre violenze sui minori da parte di un estraneo si configurano come un unicum. Dalla combinazione dei dati relativi ad autori e luogo, pubblico o abitazione privata, dell’abuso, risulta una significativa distribuzione in termini percentuali. Infatti, dalla Tabella 9, è evidente che il parente perpetua i suoi abusi in abitazione privata nella quasi totalità dei casi; al contrario, per l’estraneo si verifica che le violenze perpetrate avvengono in toto in luogo pubblico. Contrariamente alle aspettative, la Tabella 9 – Distribuzione di frequenze relative al luogo di commissione del reato e relazione abusato / abusante, indica che la denuncia viene fatta dall’abusato 58 cfr. nota n.57 86 stesso, da un membro della famiglia o da terzi, indipendentemente da chi abbia commesso il reato: padre, conoscente, estraneo. Ulteriori analisi sono state indirizzate alla relazione, in termini percentuali, fra durata dell’evento ed età della vittima al momento della commissione del fatto. Dalla Tabella 11 si ricava una differenza che conferma la tendenza secondo la quale i soggetti abusati, di età superiore ai 14 anni, sono spesso vittime di un unico abuso; invece, i minori di 13 anni, diventano solitamente vittime di violenze protratte nel tempo. Infine, come si rileva dalla Tabella 12, intersecando i dati relativi all’età dell’abusato con quelli di chi ha esposto la denuncia, troviamo un dato facilmente intuibile: nei casi in cui la vittima è più piccola, la denuncia non viene adre o da altri parenti; nei casi in cui il minore supera i 14 anni, è egli stesso che effettua la denuncia. 87 Frequenza abuso Relazione abusato / abusante Parente Conoscente Estraneo (59) Unico evento 8 13 11 Abuso protratto nel tempo 14 11 2 Totale 22 24 13 37,3 % 40,7 % 22,0 % X2 = 6,89; g.l. 2, cc < .05 Tabella 8 – Distribuzione di frequenze relative alla relazione abusato / abusante e durata dell’evento 59 Con il termine “parente” viene fatto riferimento a qualsiasi persona che abbia un rapporto di parentela con la vittima, anche se, nella maggior parte dei casi, si tratta 88 Relazione abusato / abusante Luogo commissione Parente Conoscente Estraneo Abitazione privata 19 12 1 Luogo pubblico 3 12 12 Totale 22 24 13 37,3% 40,7% 22,0% X0 .67, g.l. = 2, cc < .00001 Tabella 9 – Distribuzione di frequenze relative al luogo di commissione del reato e relazione abusato / abusante Relazione abusato / abusante Notizia criminis Parente Conoscente Estraneo Abusato 9 16 6 Abusante 1 - 1 Altro 12 9 8 Totale 22 25 15 35,5 % 40,3 % 24,2 % X2 = 4.16 g.l. = 2 Cramers’s V < .1, n.s. Tabella 10 - Distribuzione di frequenze relazione abusante / abusato e chi ha dato notizia di reato del padre. L’eventuale partner o convivente della madre è stato inserito nella 89 Età abusato Frequenza abuso < 13 > 14 Unico evento 13 19 Abuso protratto nel tempo 18 10 Totale 31 29 51,7 % 48,3 % X2 = 3.35, g.l. = 1, phi = .06 Tabella 11 - Relazione in termini percentuali fra durata dell'evento ed età della vittima 60 Età abusato Notizia di reato < 13 > 14 Abusato 10 22 Altro 22 8 Totale 32 30 51,6 % 48,4 % X2 = 10.98, g.l. = 1, phi < .001 categoria “conoscente”. 60 Per “età della vittima” si intende quella relativa al momento della commissione del fatto 90 Tabella 12 - Distribuzione di frequenze fra classe di età dell'abusato e chi ha dato la notizia di reato 3.5 Strategie d’intervento. Dall’analisi dei dati pervenutici, sembra opportuno formulare alcune ento la cui matrice è attribuibile, in particolare, allo studio di Scardaccione e Bruno 61. Le strategie ipotizzabili per affrontare il problema dell’abuso sessuale, viste sia da un livello di prevenzione che di intervento postfacto, sono di quattro tipi: 1. Intervento sociale; 2. Intervento terapeutico; 3. Intervento di difesa, sicurezza e denuncia; 4. Intervento giudiziario. E’ evidente che i primi due tipi si inseriscono nell’ambito di interventi di prevenzione o in situazioni “a rischio”. 61 Scardaccione G. e Bruno F.: “L’abuso sessuale del minore: realtà attuale e strategie d’intervento”, in Rassegna Italiana di Criminologia, III, Ed. Giuffrè, Milano, 1989 91 Volendo escludere proposte di “prevenzione primaria”, rientranti in un discorso socio - politico, la prima proposta si evince dalle difficoltà incontrate nell’analizzare statisticamente il problema, vista l’inadeguatezza delle tecniche di rilevazione dei dati. Infatti nel nostro Paese, come abbiamo visto nel Paragrafo 3.3, le statistiche ufficiali non riportano dati specifici inerenti gli abusi sui minori, né informazioni sul livello di istruzione o sulla condizione socioeconomica della famiglia dell’abusante; bisognerebbe seguire il modello Britannico o Statunitense, che prevede la creazione di un registro centralizzato dei dati di abuso. Sembra dunque necessario sottolineare l’utilità di una corretta conoscenza dei dati, sia per migliorare l’intervento nei nuovi casi, sia per evitare recidive. Un’ulteriore proposta è quella di istituire, dove assenti, o di rafforzare i centri specifici presso servizi locali esterni (A.S.L., consultori familiari). Infatti, è superfluo dire che sarebbe utile che il problema dell’abuso sui minori venis a ciò finalizzata, che agisca nei servizi sociali già esistenti (come si 92 verifica nel modello statunitense del “Sexual Assault Center” di Seattle). Sicuramente a questi interventi non può che affiancarsi un costante aggiornamento, soprattutto nei confronti di quegli operatori che, spesso, sono i primi a fronteggiare esigenze da abuso come insegnanti, medici e operatori sociali. Appare inoltre indispensabile il potenziamento di strutture medicosanitarie e psico- pedagogiche, già inserite parzialmente all’interno delle scuole. Sicuramente, il corretto funzionamento di queste organizzazioni, rappresenterebbe un importante mezzo di monitoraggio e di intervento a sostegno del minore. Appare però senza dubbio più difficile stabilire criteri indicatori di rischio per i casi di violenza sessuale intrafamiliare poiché, generalmente, l’atteggiamento dei genitori è di negazione. Di fatto, la strada da seguire è quella di una attenta analisi della dinamica familiare in rapporto ad altre famiglie ove si siano verificati abusi. Inoltre, la legge italiana impone agli assistenti sociali che vengono a conoscenza di casi di incesto, di denunciarli all’Autorità Giudiziaria. 93 Lanza62 mette in evidenza che tale obbligo incombe anche sull’operatore sanitario, salvo che la denuncia comporti la carcerazione del paziente in terapia. E’, dunque, auspicabile un ampliamento delle competenze socio- assistenziali, soprattutto nei casi a rischio, senza però prescindere mai dall’intervento giudiziario. Maggiori interrogativi sono posti da quest’ultimo tipo di intervento, poiché vi è la necessità di individuare la reale sussistenza giuridica del reato e di evitare che il minore subisca un’ulteriore trauma. Ecco 63 sottolineano che gli interrogatori relativi ad abusi sessuali debbano essere effettuati esclusivamente da personale specializzato. Tuttavia, prima di parlare dell’intervento giudiziario, sembra opportuno parlare di quello definito di “difesa, sicurezza e denuncia” che coinvolge le forze di Polizia. E’ evidente che la Polizia è la prima a trovarsi a contatto con la vittima, dunque deve essere preparata ad esaminare denunce che possono anche provenire da minori. 62 Lanza L.: “L’incesto in Italia”, Giuffrè, Milano, 1986 94 L’esperienza anglosassone evidenzia il bisogno di professionalità specifica nelle persone impegnate in questi casi, anche grazie a corsi d’addestramento psicologico. Sembrerebbe inoltre necessario l’istituzione di servizi specializzati, capaci di ricevere le denunce nel migliore dei modi e di intervenire in maniera differenziata, sia sulle vittime che sull’aggressore. E’ opportuno tenere in considerazione che, tali proposte hanno un loro supporto nelle fonti64, le quali dimostrano che un errato intervento della Polizia non fa altro che rendere maggiormente violenti i rapporti familiari. Per quel che riguarda l’intervento giudiziario, è utile evidenziare l’innovazione ottenuta con la Legge N°66 del 1996 che, all’art.14, istituisce l’audizione protetta nel processo per i minori, vittime di abusi sessuali, anche se c’è ancora bisogno di ampliare la tutela della personalità del minore durante i processi, prevedendone l’allontanamento dalla famiglia solo nei casi necessari. 63 Merzagora I.: “L’incesto”, Giuffrè, Milano, 1986 Roberts A. R.: “ Police Intervention Approaches with Battered Women”, Annual meeting of the Academy of Criminal Justice Sciences, Philadelphia, 1986 64 95 4 La normativa relativa agli abusi sessuali sui minori dopo la legge N°66 del 1996. 4.1 L'approvazione della Legge. L’ordinamento italiano sanziona gran parte dei “comportamenti violenti” contro i minori, attribuendo alla parola “violenza” molteplici significati: dai maltrattamenti fisici alle forme subdole di coercizione. L’abuso sessuale rientra tra i comportamenti attivi o nelle condotte commissive mediante omissione (ad es. il minore viene costretto ad assistere a rapporti sessuali). Su queste condotte il legislatore è intervenuto approvando la Legge N°66 del 15 Feb. 1996 contenente appunto, la nuova disciplina sulla violenza sessuale. Le innovazioni legislative hanno, innanzitutto considerato questo genere di abuso come un reato contro la persona e non più contro la moralità e il buon costume, secondo il dettato del codice Rocco. Il legislatore afferma che il vero bene leso è la singola persona, offesa nella sua sfera di libertà dai comportamenti sanzionati, e non 96 l’interesse della pubblica moralità di cui sarebbe titolare la Le disposizioni della Legge N°66 tentano di difendere ogni persona, a prescindere dal sesso e dall’età, da illecite invasioni nella propria sfera di libertà. Particolare attenzione è riservata al minore per la sua incapacità di esprimere un consenso libero e cosciente, affinché vi sia un’efficiente tutela della privacy durante lo svolgimento del processo. 4.2 La riformulazione dei reati alla luce della Legge N°66 del 1996. Il pilastro su cui poggiano tutte le disposizioni della Legge in discussione è l’art. 609 bis C.p.; tale norma, al primo comma, unifica le fattispecie previste dal Codice Rocco quali la violenza carnale, la congiunzione carnale commessa con abuso della qualità di pubblico ufficiale e gli atti di libidine violenti (ex art. 5/9 co.1, 520 e 521 C.p. “Rocco”). Nell’art. 609 co.1 C.p. il legislatore descrive il reato di violenza sessuale avvalendosi della generica espressione “atti sessuali”, al 97 solo fine di prescindere dalle modalità materiali del fatto, che vedevano spesso la vittima sottoposta ad indagini umilianti. La precedente disciplina era incentrata soprattutto sulla congiunzione carnale, intesa come introduzione del membro virile nel corpo della vittima. Suddetta definizione creava in dottrina e giurisprudenza, non pochi problemi interpretativi, circa il momento consumativo. Una corrente minoritaria, ma avallata dalla Cassazione65, sosteneva che per aversi congiunzione carnale bastava anche il semplice contatto dell’organo genitale del soggetto attivo con le parti puberali dell’altra persona. Altri invece, affermavano la necessità dell’introduzione parziale o maschile. Una delle questioni più scottanti, che la Legge N°66 del 1996 ha cercato invano di risolvere, riguarda le mortificazioni che la persona offesa subisce durante gli accertamenti necessari per le indagini. 65 Corte di Cassazione: sentenza del 12 Ottobre 1987, N°434 98 Ricci e Venditto, all’interno di un loro elaborato 66, hanno evidenziato che l’unificazione dei reati col generico termine “atti sessuali” non era sufficiente a risolvere il problema, ma occorreva una strategia diversa. A tal proposito la dottrina suggerì di eliminare i requisiti della violenza e della minaccia, sostituendoli con altri come il mancato consenso e il dissenso, più idonei alla tutela della privacy della vittima. L’unificazione quindi, non fu atta a sottrarre la persona offesa dalle indagini medico- legali, ma sicuramente sollevò gli inquirenti dall’ulteriore onere di individuare la norma che effettivamente regolava il caso concreto. D’altronde non è concepibile l’abolizione totale di qualsiasi controllo che, per quanto deprimente, è pur sempre rivolto all’accertamento osto le critiche si rivolgono, principalmente, alla scelta del legislatore di adottare l’indeterminata terminologia “atti sessuali” che non consente l’esatta individuazione del confine del fatto illecito. 66 P. Ricci e M.O. Venditto: “La Regolamentazione degli Atti Sessuali alla luce della 99 L’inopportuna scelta terminologica ha dato adito a vari sospetti di illegittimità, fra cui la violazione del principio della tassatività ex art. 25 Cost., che impone al legislatore di individuare dettagliatamente la fattispecie delittuosa. Al di là di tutto, suddetta locuzione ha poi dato luogo ad una inaccettabile equiparazione fra i casi di lieve e quelli di grave entità. A nulla è servito, il correttivo del legislatore dell’ultimo comma dell’art. 609 C.p., il quale prevede che “nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due Anche in questo caso si è rilevata l’illegittimità per violazione del principio di tassatività ex art. 25 Cost., vista l’ampia discrezionalità riconosciuta al giudice nella valutazione dei casi di “minore gravità”. 4.3 La disciplina della violenza e degli atti sessuali con minorenni. La disciplina inerente gli abusi sui minori è nata dalle combinate disposizioni degli articoli 609 bis, 609 ter, 609 quater del C.p.. legge N°66 del 15/02/96”, Rassegna Italiana di Criminologia, ed Giuffrè, 1996 100 In primo luogo, va segnalato che la minore età entra a far parte delle aggravanti specifiche. Diretta conseguenza di questa innovazione è che la pena minacciata per gli atti sessuali compiuti con violenza e minaccia, che hanno come vittime persone infraquattordicenni non consenzienti, oscilla dai 6 ai 12 anni di reclusione; quando il reato è commesso nei confronti dei minori di 10 anni, la sanzione va dai 7 ai 14 anni. La Legge N°66 del 1996 ha anche introdotto un apposito articolo (art. 609 quater C.p.), rendendo così autonoma la fattispecie criminosa degli “atti sessuali con minorenni”. E’ pr con o tra minorenni che ha sollevato maggiori contrasti parlamentari, poiché bisognava tenere in considerazione una duplice esigenza: tutelare i minori, in quanto soggetti immaturi, nella loro inviolabile sessualità e salvaguardare il loro diritto alla sessualità. La disciplina della violenza presunta non è mutata notevolmente, infatti, vi rientrano gli atti sessuali: − con persona consenziente minore di 14 anni (art. 609 quater, I co. N.1 C.p.); 101 − con persona consenziente minore di 16 anni, quando il colpevole ne sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore o altra persona a cui il minore è affidato per una relazione di convivenza67 o per educazione, istruzione, cura, custodia (art 609 quater, I co. N.2, C.p.); Infine, il legislatore ha cercato di affrontare anche una questione molto delicata contemplata negli “atti sessuali fra minorenni”, sancendo la non punibilità del minore che compia atti sessuali con un altro minore consenziente e di età superiore ai 13 anni, purché fra i due la differenza di età non superi i tre anni (art. 609 quater, II co., C.p.). Suddetta norma fu ideata al fine di sottrarre i rapporti sessuali fra minorenni dall’ambito degli atti presuntivamente violenti, cercando quindi di riconoscere, anche almeno in modo parziale, un diritto del minore di autodeterminarsi nelle scelte sessuali. Tale questione suscitò non poche polemiche in sede parlamentare, poiché c’era chi riteneva inconcepibile la concessione o la negazione 67 Il legislatore ha inteso contemplare anche quei rapporti fra ragazzi e compagni dei 102 totale della libertà sessuale al tredicenne, a seconda dell’età del partner. Effettivamente, considerare un rapporto lecito solo perché avvenuto fra coetanei è un fatto inconcepibile per la nostra tradizione giuridica, che potrebbe dar vita a situazioni illogiche. Si aggiunga che all’interno dell’art. 609 quater II co. C.p. la capacità di prestare consenso (a 13 anni) non coincide con l’età richiesta per la capacità di intendere e di volere, convenzionalmente fissata a 14 anni, sulla base di indagini psico- fisiche. Così facendo l’Italia ha anticipato il limite minimo di età richiesta per la capacità sessuale rispetto agli altri Paesi della Comunità Europea, essendo preceduta solo dalla Spagna (12 anni) e dall’Inghilterra (10 anni). loro genitori 103 4.3.1 Corruzione di minorenni. Uno degli articoli che ha subito maggiori trasformazioni è quello corrispondente al reato di corruzione di minorenni (ex art. 530 C.p. oggi sostituito dall’art. 609 quinquies). L’abrogato art. 530 così recitava: “Chiunque, fuori dai casi previsti dagli articoli 519, 520, 521, commette atti di libidine su persona o in presenza di persona minore di anni 16, è punito con la reclusione dai 6 mesi ai 3 anni. Alla stessa pena soggiace chi induce persona minore degli anni 16 a commettere atti di libidine su se stesso, sulla persona del colpevole o su altri. La punibilità è esclusa se il minore è già persona moralmente corrotta”. Il vecchio testo tutelava il minore fra i 14 e i 16 anni perché questi era soggetto alle norme della violenza carnale e degli atti di libidine violenti, mentre tutelava il minore di anni 14 solo per fatti estranei agli artt. 519, 520 e 521 C.p. (“Rocco”). La nuova disciplina (art. 609 quinquies C.p.) contempla l’ipotesi in cui “Chiunque compie atti sessuali in presenza di minore di anni 14, 104 al fine di farlo assistere, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni”. Sicuramente l’art. 609 quinquies restringe l’ambito di applicazione, infatti la persona offesa è il minore di anni 14, non più di anni 16. Il legislatore ha abolito totalmente le disposizioni previste dall’art. 530 cpv C.p. “Rocco”, inerenti la causa di non punibilità costituita dalla “corruzione morale” del minorenne. Suddetto capoverso etichettava il soggetto ancora in formazione con l’appellativo di “corrotto moralmente”; giustamente si è ritenuto che parlare di irreversibilità per un ragazzo costituiva un controsenso, vista la sua giovane età e la capacità di recuperare. E’ evidente a mio avviso, la violazione dell’art. 27 Cost. da parte dell’art. 530 cpv Codice Rocco, nella parte in cui prevede che “le ere alla rieducazione”. Il processo di rieducazione si scontrava con lo stato irreversibile di corruzione morale, di cui era accusato il minore, al punto da indurmi ad avanzare l’ipotesi di illegittimità costituzionale. Inoltre quello di corruzione rappresenta un reato di pericolo e non di danno, quindi, “è sufficiente la possibilità che si possa consumare il 105 delitto in relazione alle circostanze di modo, luogo e tempo in cui si compie l’azione, sia alle condizioni personali del soggetto 68 . Nel caso di atti sessuali commessi in presenza di bambini viene ribadita la disciplina del vecchio testo normativo, secondo cui non è necessario il materiale apprendimento dell’atto di libidine, bastando la probabilità di tale percezione. In passato la giurisprudenza, avallata dalla Cassazione69, ha ritenuto che vi fosse reato anche se gli atti di libidine erano stati commessi in presenza del minore che dorme. Successivamente la Cassazione stessa ha cambiato orientamento, distinguendo il pericolo di corruzione dal pericolo di risveglio ed affermando l’impossibilità di percepire l’atto lascivo per bambini troppo piccoli. 4.4 Un’autonoma figura di reato. 68 69 Sentenza della Cassazione del 6/10/1967 Sentenza della Cassazione del 1/3/1967 106 Dopo l’art. 609 septies C.p., introdotto dall’art. 8 1º comma della Legge N°66 del 1996, è disciplinato l’art. 609 octies (violenza sessuale di gruppo): “La violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis. Chiunque commette atti di violenza sessuale di gruppo è punito con la reclusione da 6 a 12 anni. La pena è aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti La pena è diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato. La pena è altresì diminuita per chi sia stato determinato a commettere il reato quando concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3) e 4) del 1º comma e dal 3º comma dell’art. 11270”. Il suddetto fenomeno si presenta notevolmente in espansione, ecco perché il legislatore ha scelto di punirlo così severamente. La Cassazione ha inoltre affermato che: “Il delitto di violenza sessuale di gruppo, che dà luogo ad un’ipotesi autonoma di reato in 70 Art. 112 C.p. intitolato “Circostanze aggravanti” 107 ragione del numero dei partecipanti, è configurabile anche nel caso di condotta tenuta da due persone riunite, in quanto l’espressione “più” indica un numero maggiore di uno”71. Si precisa anche che il dato numerico dei partecipanti agli atti sessuali è un elemento di notevole gravità, qualunque siano le modalità di realizzazione, in quanto la vittima è completamente succube degli oltraggi dei suoi aggressori. Proprio per questo motivo, il legislatore ha ritenuto opportuno omettere i casi di minore gravità previsti negli articoli precedenti. Suddetta opinione è avallata anche dalla Cassazione72: “Non trova applicazione la circostanza della minore gravità di cui all’art. 609 bis 3º comma, in quanto, non troverebbe alcuna logica la previsione di un’attenuante di tal genere in relazione ad un fatto criminoso, di per se connotato da eccezionale gravità e perciò individuato come figura autonoma di reato”. 71 Cassazione Penale, sez. III, 9 Settembre 1996, N° 1066, in Dir. Famiglia, 130, 1997 72 Cassazione Penale, sez. III, 1 Luglio 1996; Id., sez III, 9 Settembre 1996, N° 2851 108 All’interno dell’art. 609 octies non vi è alcun richiamo agli atti sessuali con minorenni, ciò esclude dalla fattispecie i rapporti con soggetti apparentemente consenzienti minori di 14 anni o di età fra i 14 e i 16. Ecco perché in tali casi è ipotizzabile applicare l’art. 609 quater C.p. per reato commesso in concorso, unitamente alle circostanze aggravanti di cui all’art. 609 ter. Sembra opportuno riportare, vista l’ampiezza della fenomenologia, alcune tabelle delle diverse pene per gli atti sessuali con minorenni redatte dai Proff. Giancarlo Umani Ronchi73, Giorgio Bolino 74 e Luigi Bonaccorso75 e pubblicate nella Rivista Italiana di Medicina Legale76, nell’articolo: “La Tutela Penalistica dei minori contro la violenza e lo sfruttamento sessuale (Legge N°66 del 1996 e 269/98) 73 Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Istituto di Medicina Legale e delle Assicurazioni 74 Servizio di Polizia Scientifica, Div. III, Sez. Indagini medico-legali, Roma 75 cfr. nota n. 73 76 Rivista Italiana Medico-Legale, XXI, 1998 109 Età <10 anni Pena 7/14 anni <14 anni 5/10 anni <16 anni 5/10 anni >14 e <16 anni 6 mesi/3 anni o multa non inferiore a 10 milioni quando il (atto compiuto in colpevole sia cambio di denaro o di l’ascendente, il altra unità genitore anche economica); se il adottivo, il tutore, soggetto attivo è egli ovvero altra stesso minore di età persona cui, per la pena è ridotta di un ragioni di cura, di terzo, anche se la educazione, di differenza di età non istruzione, di supera i tre anni; la vigilanza o di pena è ridotta da un custodia, il minore terzo alla metà per chi è affidato o che si adopera abbia con concretamente in quest’ultimo, una modo che il minore relazione di degli anni diciotto convivenza riacquisti la propria autonomia e libertà 6 mesi/3 anni per il compimento di atti sessuali in presenza di minore di anni 14 al fine di farlo assistere Tabella 13 - Atti sessuali compiuti con il consenso della persona offesa77 110 Età <10 anni <14 anni Pena 7/14 anni 6/12 anni <16 anni in caso di violenza sessuale di gruppo 6/12 anni 6/12 anni quando il la pena è colpevole sia aumentata se l’ascendente, il concorre taluna genitore anche delle circostanze adottivo, il tutore aggravanti previste dall’articolo 609-ter Tabella 14 - Atti sessuali compiuti senza il consenso della persona offesa78 4.5 Novità procedimentali: la tutela della riservatezza del minore. Varie e notevoli sono le innovazioni apportate dalla Legge N° 66 del 1996 anche in ambito del diritto alla riservatezza della persona offesa, in specie del minore. L’art 12 di suddetta Legge ha introdotto nel nostro Codice penale una nuova norma, l’art. 734 bis inti generalità o dell’immagine di persona offesa da atti di violenza 77 da Rivista Italiana di Medicina Legale, XXI, 1998 111 sessuale” che così recita: “Chiunque, nei casi di delitti previsti dagli articoli 600 bis, 600 ter, 600 quater, 600 quinquies, 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies, divulghi, anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, le generalità o l’immagine della persona offesa senza il suo consenso, è punito con l’arresto da tre a Detta versione dell’articolo è integrata dalle modifiche apportate dall’art. 8, Legge N° 269 del 3/8/1998. A tale previsione si collega il Codice deontologico relativo al trattamento dei dati nell’esercizio dell’attività giornalistica ai sensi dell’art. 25 della Legge N°675 del 31/12/1996, con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana79. Procedendo all’esame della Legge N°66 del 1996, gli art. 13, 14 e 15 contengono disposizioni interessanti perché “nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies e 600 octies … il p.m. o la persona sottoposta ad indagine possono chiedere che si proceda all’assunzione della testimonianza di 78 cfr. nota n. 77 112 persona minore di anni 16 con incidente probatorio”80. Con la Legge N°269 del 1998 tale disciplina è stata estesa ai delitti di cui agli articoli 600 bis, 600 ter, 600 quinquies C.p. In questo modo, il minore non deve affrontare il dibattimento; tuttavia non bisogna trascurare il disposto secondo cui il p.m. deve depositare tutti gli atti d’indagine compiuti, poiché si dà alla difesa la possibilità di accedere agli atti prima della chiusura delle indagini preliminari. Il minore di anni 16, quando le esigenze “lo rendono necessario e opportuno”, può essere ascoltato nell’incidente probatorio in tempi e luoghi peculiari81. Tale disposizione vale anche per il reato di Corruzione di minori; così ha recentemente disposto la Corte Costituzionale 82 recuperando ad una dimenticanza del legislatore del ’96. Altra disposizione di particolare interesse è quella secondo la quale il dibattimento si può svolgere a porte chiuse a richiesta della persona 79 in: Gazzetta Ufficiale 3 Agosto 1998 N°179 art. 13, Legge N°66 del 1996 81 cfr. art. 14 punto 2, Legge N°66 del 1996 e art. 13 punto 4, Legge N°269 del 1998 82 Corte Costituzionale sentenza 1 Giugno – 9 Luglio 1996 N°262 80 113 abusata, eventualità che diventa regola per i minori offesi; tale previsione è limitata ai casi degli art. 609 bis, 609 ter, 609 octies, 600 bis, 600 ter, 600 quinquies. Per di più, “in tali procedimenti non sono ammesse domande sulla vita privata o sulla sessualità della persona offesa se non sono necessarie alla ricostruzione del fatto” (art. 15 della Legge N°66 del 1996). Questa norma, non ponendo limiti definiti alla proposizione delle domande e non contenendo un vero divieto perentorio, rischia di divenire solo un ammonimento. Profonde sono le novità procedimentali e assistenziali che l’art. 11 della Legge in questione inserisce nell’art. 609 decies, C.p.; cita difatti il testo: “Quando si procede per alcuno dei delitti previsti dagli artt. 609 bis, 609 ter, 609 quinquies e 609 octies commessi in danno di minorenni, ovvero per il delitto previsto dall’art. 609 quater, il Procuratore della Repubblica ne dà notizia al tribunale per i minorenni. Nei casi previsti al primo comma, l’assistenza affettiva e psicologica della persona offesa minorenne è assicurata, in ogni stato e grado del procedimento, dalla presenza dei genitori o di altre persone idonee indicate dal minorenne e ammesse dall’autorità 114 giudiziaria che procede. In ogni caso, al minorenne, è assicurata l’assistenza dei servizi minorili dell’Amministrazione della giustizia e dei servizi istituiti dagli enti locali. Si avvale altresì, dei servizi indicati al terzo comma l’autorità giudiziaria in ogni stato e grado del procedimento”. Di certo, dalla lettura di questa norma sembra evidente che il legislatore abbia cercato di assistere il minore e la sua famiglia in modo tale da non lasciarli mai soli ad affrontare il processo e la ricostruzione dei fatti, che spesso si rivela umiliante. La Legge di riforma ha anche modificato il regime di procedibilità rispetto all’abrogato art. 524 Cp; infatti, l’art. 609 septies ne amplia i casi in cui si procede d’ufficio, introducendovi le ipotesi previste al IV comma N. 1, 2 e 5. Il dibattito sulla perseguibilità dei reati a querela, soprattutto intrafamiliari, ha dato adito a numerose discrasie sia in ambito parlamentare sia in sede dottrinaria. Da un lato, i sostenitori della procedibilità d’ufficio hanno a lungo ribadito che il legame di soggezione, che lega la persona offesa al colpevole, spesso porta a non denunciare per timore di nuovi atti di 115 violenza o di abuso. In tal modo resterebbero dunque, impuniti molti colpevoli e si stimolerebbe la reiterazione degli atti dell’autore. Dall’altro lato invece, i fautori della perseguibilità a querela evidenziano gli effetti devastanti di una sanzione penale ad un membro della famiglia che, anche avendo commesso un errore, ha poi provveduto a ristabilire un’armonia familiare. Non credo che su “errori” del genere si possa soprassedere, tuttavia la perseguibilità a querela porta la vittima o affini a denunciare solo quando siano veramente pronti ad affrontare gli effetti destabilizzanti di un processo a carico di un membro della propria famiglia o di un conoscente (ricordiamo che nel 78% dei casi l’abuso a danno di minori è realizzato da parenti o conoscenti83). Altro punto a favore della perseguibilità a querela potrebbe essere quello della tutela della privacy. Aspetto secondario rispetto alla tutela del minore, ma non trascurabile soprattutto in casi di lieve entità, dove rendere pubblica la notizia e sottoporre il minore ad un processo avrebbe effetti psicologici negativi ben più gravi di quelli già subiti. 83 cfr. Paragrafo 3.4.2 116 Le tesi contrapposte sicuramente pongono l’accento su esigenze da tenere in debita considerazione. E’ bene evitare che la famiglia diventi uno schermo dietro il quale celare le peggiori atrocità, è pur vero però, che un’indiscriminata procedibilità d’ufficio potrebbe solo peggiorare equilibri familiari già precari. Alcuni hanno inoltre sostenuto la necessità di procedere d’ufficio solo per violenze intrafamiliari, dato l’interesse pubblico alla tutela del nucleo familiare e del minore. Altra ipotesi posta al vaglio era quella di affidare in prova il colpevole, con successiva valutazione da parte del giudice, il quale avrebbe dovuto rinunciare alla condanna o irrogarla in base all’esito del trattamento; tuttavia questa soluzione avrebbe attribuito al giudice stesso una discrezionalità che andava ben oltre i limiti del consentito. Ritengo invece, che l’attuale disciplina (art. 609 septies C.p.), dovuta alle innovazioni della Legge N°66 del 1996, cerchi di conciliare al meglio le suddette esigenze dovendo pur sempre considerare l’attenzione che la questione suscita data la delicatezza del problema. 117 4.6 Le patologie sessualmente trasmissibili. Risulta assai delicata la previsione di cui all’art. 16 della Legge N°66 del 1996 in relazione al quale: “l’imputato per i delitti di cui agli artt. 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 octies del Codice penale è sottoposto, con le forme della perizia, ad accertamenti per l’individuazione di patologie sessualmente trasmissibili, qualora le modalità del fatto possano prospettare un rischio di trasmissione delle medesime patologie”. Tale disposizione è stata integrata dalla Legge N°269 del 1998 che vi ha inserito anche l’art. 600 bis, secondo comma (“atti sessuali compiuti con minore di età compresa tra i 14 ed i 16 anni, in cambio di denaro o altra utilità economica”). La norma sembrerebbe indicare accertamenti sanitari obbligatori, ma sappiamo che la Corte Costituzionale 84 ha dichiarato illegittimo il secondo comma dell’art. 224 del C.p.p. nella parte in cui consente al giudice di disporre operazioni peritali che incidono sulla libertà, al di fuori dei casi specificamente previsti dalla legge. 84 Corte Costituzionale sentenza 27 Giugno – 9 Luglio 1996 N° 238 118 La suddetta norma individua i casi nei quali si può procedere ad accertamenti, mentre tace per quanto riguarda le modalità di esecuzione. In tale direzione si è spinto il disegno di Legge N°3009, presentato al Senato il 20/01/1998 dal Ministro di Grazia e Giustizia 85 che ha lo scopo di analizzare “tutto il complesso di misure incidentali … al fine della perizia, tenendo conto non solo dei prelievi di campioni di liquidi o tessuti biologici su persone viventi, ma anche degli atti per l’ispezione corporale in quanto anche essi limitativi della libertà personale”. Secondo Magliona86 siamo di fronte ad un terzo genere di trattamento sanitario eseguibile in maniera coattiva, da attuarsi ancora prima di aver stabilito la responsabilità dell’imputato. Parte della dottrina87 è di avviso diverso, infatti ritiene che la norma in questione avrebbe valenza probatoria in quanto non la si potrebbe 85 in: Riv. It. Med. Leg., XX, 1998 Dir. Pen. Proc., II, 1996. Magliona B.: “L’accertamento dell’infezione da HIV per l’imputato di violenza sessuale: prime riflessioni medico legali”. 87 fra cui: , Dir. Pen. Proc., II, 1996. Kostoris R. E.: “Prelievi ematici coattivi nei procedimenti per violenza sessuale dopo la sentenza N° 238 86 119 far rientrare nell’ambito interdittivo della sentenza N°238 del 1996 della Corte Costituzionale. Dal canto suo, il possibile autore di violenza sessuale è sicuramente tutelato dal fatto che gli accertamenti sanitari possono essere svolti solo dove egli assume il ruolo di imputato e non di indagato. 4.7 La lacuna normativa de “lo sfruttamento La Legge N°66 del 1996, anche se di recente formazione, ha completamente omesso di trattare le varie forme di sfruttamento sessuale dei minori, in specie la pedofilia ed il turismo sessuale, fenomeni in continua espansione. Il legislatore del 1996 non ha dunque, tenuto in considerazione le direttive impartitegli dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia di New York del 20/11/89, ratificata dall’Italia nel 1991. Infatti suddetta Convenzione, all’art. 34, impone un chiaro ordine al nostro Paese: “proteggere i bambini da ogni forma di sfruttamento e abuso sessuale”. Il legislatore del 1996, pur conoscendo le varie forme di abuso che attanagliano l’infanzia nel nostro Paese, ha 120 preferito ripiegare su argomenti populistici ritenendo sufficiente l’aumento dei casi in cui si procede d’ufficio. Forse la scelta del legislatore è dovuta ad un’onda elettorale; come giustamente affermano Ricci e Venditto 88: “solo così può spiegarsi quella norma che impone all’imputato di violenza sessuale gli accertamenti per l’individuazione di patologia sessuali trasmissibili (art. 17 Legge N°66 del 1996). Salvo poi a presentare, per sopperire alle lacune della legge, ulteriori proposte legislative, tutte con l’obiettivo di fermare i pedofili e di impedire la prostituzione minorile e la produzione o vendita di materiale pornografico”. Dopo poco tempo dalla promulgazione di questa Legge, il nostro legislatore ha dovuto fare i conti con una conferenza mondiale, che si è svolta a Stoccolma dal 27 al 31 Agosto 1996 e che ha approvato “Il progetto di dichiarazioni d’intenti e di programma operativo”. Questa Dichiarazione ha innanzi tutto come obiettivo la cooperazione fra i Paesi aderenti per combattere lo sfruttamento sessuale ad ogni livello, dal locale all’internazionale. Inoltre, il 88 cfr. nota N.66 121 progetto tende al recupero fisico e psicologico e al reinserimento sociale di quei bambini che ne sono vittime. L’insufficienza della Legge commentata cominciava ad essere distanza di pochi mesi dalla sua entrata in vigore, tanto da portare alla promulgazione della Legge N°269, inerente lo stesso ambito, dopo solo due anni dalla precedente (1998). 122