Numero 116 - Anno XX, Gennaio/Febbraio 2012
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Numero 116 - Anno XX, Gennaio/Febbraio 2012
IL CLUB Anno XX n. 116 (gennaio/febbraio 2012) Bimestrale di informazione per i soci del Club Plein Air BdS Pubblicazione periodica a circolazione interna inviata anche ad altre associazioni di campeggio e alla stampa Responsabile editoriale Maurizio Karra Redazione Mimma Ferrante, Giangiacomo Sideli e Alfio Triolo Associazione dei camperisti e degli amanti del plein air del Hanno collaborato a questo numero Vincenzo Ferrari, Luigi Fiscella, Pietro Messina, Mimmo Romano, Giuseppe Eduardo Spadoni Rapporti associativi con In questo numero Editoriale pag. 3 Vita del Club Un brindisi a tutti noi La tessera 2012 del nostro Club Fuga d’inverno In vino veritas Le nostre bambine 4 8 9 11 16 Tecnica e Mercato Sede sociale Via Rosolino Pilo n. 33 90139 Palermo Tel 091.608.5152 Internet: www.pleinairbds.it E-mail: [email protected] Facebook: http://www.facebook.com/ pages/Club-Plein-AirBdS/167612983261417 Comitato di Coordinamento Maurizio Karra (Presidente); Giangiacomo Sideli (Vice Presidente); Emanuele Amenta, Pippo Campo, Vittorio Parrino, Filippo Santonocito e Alfio Triolo (Consiglieri); Mimma Ferrante, Enrico Gristina, Lorenzo Migliore, Mimmo Romano, Gaetano Russo, Giuseppe Eduardo Spadoni e Mario Tomasino (Collaboratori) Collegio sindacale Filippo De Luca (Presidente); Sergio Campagna ed Elio Rea (Componenti) Collegio dei Probiviri Rino Tortorici (Presidente); Giuseppe Carollo e Luigi Pastorelli (Componenti) In camper d’inverno Idee di viaggio per la famiglia Eccellenza su ruote 17 19 22 Viaggi e Turismo Un Natale all’insegna della Fede Verso Samarcanda 24 27 Terra di Sicilia Naro, oasi barocca Il testamento del Nannu Mitologica mandorla 36 38 40 Rubriche Terza pagina Riflessioni Internet, che passione Musica in camper News, notizie in breve L’ultima parola 42 44 45 48 49 52 In copertina “Samarcanda” – foto di Giuseppe Eduardo Spadoni Questo numero è anche on-line sul nostro sito Internet www.pleinairbds.it IL CLUB n. 116 – pag. 2 Editoriale U n’associazione, come qualunque gruppo di persone, è normalmente composta da individui; giovani e/o vecchi, uomini e/o donne; persone legate fra loro da un comune interesse e comuni obiettivi. Un’associazione come la nostra, oltre che ovviamente da “individui”, è composta soprattutto da “famiglie”, nel senso che i programmi del club sono nella realtà occasioni di incontro tra famiglie: in genere coppie, in pochi casi coppie con uno o due ragazzi (non perché tutte le altre non abbiano figli, ma perché li hanno ormai grandi e autonomi), in pochissimi casi purtroppo da single (non per propria volontà, ma semplicemente perché si è perso il coniuge). E’ quindi ovvio che le attività programmate via via dal nostro Club siano indirizzate a logiche di tipo familiare, ed è quindi alla famiglia che desidero dedicare qualche riflessione. La crisi che stiamo vivendo, e che in molti casi ci sta mettendo in ginocchio, è una crisi che, per quanto venga da lontano, colpisce duramente sia le imprese che la famiglia; e forse in alcuni casi acuisce una crisi che già è latente per tante ragioni, e non solo economiche. Da una recente indagine sulla famiglia italiana emerge un quadro di luci e ombre: le luci sono rappresentate da un radicamento ancora molto forte degli italiani ai valori familiari; le ombre si riscontrano invece nella scarsa capacità da parte delle giovani generazioni di giungere alla creazione di una propria famiglia e, quando poi vi riescono, le ulteriori difficoltà sono quelle di gestire comunque i problemi che inevitabilmente scaturiscono dalla nuova vita familiare, con i suoi equilibri talora difficili sia a livello economico che a livello di “coabitazione”, soprattutto per quanti giungono a formare la loro nuova famiglia in età più avanzata. Con l’ulteriore conseguenza del calo dei nuovi nati perché ogni bambino, al di là della gioia di avere un figlio, acuisce i problemi già evidenziati nell’ambito della coppia. Ma, ritornando alla domanda iniziale, sono le famiglie a essere in crisi o è anche la famiglia come istituzione a esserlo? In effetti, secondo alcuni studi sociologici, tra le persone con più di 25 anni la famiglia è sempre al primo posto nella scala dei valori, nel senso che non è un ideale tramontato (al di là del vincolo matrimoniale o della cerimonia in chiesa), ma sono le difficoltà dell’autonomia economica a rendere più complicata la formazione delle nuove coppie e a costringere poi soprattutto le donne a serie riflessioni prima di iniziare una gravidanza, anche per le problematiche di un lavoro non contrattualizzato o con contratti poco garantisti, o semplicemente perché la priorità anche della donna oggigiorno è diventata quella di affermarsi nel lavoro spesso proprio a scapito della propria affermazione familiare come moglie e madre. E così, la maternità viene scartata a priori o arriva sempre più tardi, coinvolgendo sempre meno donne che comunque danno alla luce sempre meno figli (spesso solo uno): e così il numero dei figli nati è magari inferiore al numero di figli desiderati. A parte le difficoltà economiche e le pregiudiziali lavorative, le problematiche connesse al freno demografico degli italiani sono legate anche al fatto che i figli costringono, oltre che a notevoli sacrifici economici, anche a notevoli sacrifici personali, con rinunzie nella vita quotidiana e assunzione di responsabilità per assicurare loro un futuro. Ebbene, secondo alcuni sociologi si assiste anche a fenomeni di “egoismo” di molte giovani coppie, che hanno timore di perdere il loro poco tempo libero. E d’altronde, i giovani sono sempre più sollecitati a crescere in fretta, anche se risultano spesso immaturi e viziati. Se la coabitazione coi genitori si allunga nel tempo, capita che il legame si affievolisca, raffreddato dal divergere delle esigenze. Quando poi i figli in qualche modo lasciano la casa dei genitori, sempre che il loro matrimonio non sia entrato già in crisi, questi risultano nel frattempo vicini alla terza età; in molti casi ben presto rischiano di rimanere davvero soli (ma- IL CLUB n. 116 – pag. 3 gari i figli hanno cambiato città per inseguire il lavoro), e cominciano anche con l’arenarsi nelle loro problematiche cercando un aiuto che non arriva più da nessuna parte, né dalla sfera familiare né dallo stato, rischiando in tanti casi una triste vecchiaia in solitudine. Insomma, la famiglia perfetta, da spot del “Mulino Bianco”, non esiste e, crisi economica o no, in seno alla famiglia spesso iniziano a manifestarsi anche da noi serie crepe all’impalcatura che ha retto e diretto la logica della società basata sulla famiglia come cellula elementare; anche se comunque esistono coppie che, al contrario, anche dopo quaranta o cinquanta anni di matrimonio si tengono ancora per mano e, quando muore uno dei due, il superstite si lascia talvolta andare perché sente di non avere più ragioni per vivere. Ecco perché, ritornando al nostro Club, ciò che noi facciamo segue la logica della famiglia (e delle famiglie che ne fanno parte, per tipologia e composizione); famiglie che sono per lo più composte da coppie di mezza età o già di pensionati, dove i bambini latitano e dove l’età media cresce di anno in anno perché anche da noi non c’è un sufficiente ricambio generazionale. Lo abbiamo già detto più volte: come fa una giovane coppia che già fa i salti mortali per essere indipendente a pensare anche ad acquistare un camper (e poi a gestirlo con le sue spese di routine) in questi periodi di così grave crisi? Pertanto, i nostri programmi sono giocoforza legati alla tipologia dei nostri “utenti potenziali”, cioè delle nostre famiglie di soci anche se vorremmo fare spazio a tanti più giovani. Ma questa è la nostra “grande famiglia”. E quindi ciascuno di noi, in quanto socio, deve “sposare” le logiche della convivenza di questa famiglia allargata e viverne le occasioni di incontro proprio come se il legame con gli altri fosse un legame di affetti fra componenti di una famiglia; fornendo aiuto o appoggio a chi ne ha bisogno e attendendolo dagli altri quando è il proprio turno; dando agli altri, come calore umano e affetto, ciò che si vorrebbe proprio dagli altri ricevere; offrendo amicizia sincera per poterne ricevere altrettanta. Qualcuno mi prenderà per idealista, e non sarebbe la prima volta! Ma il fatto è che io credo fortemente nei valori della famiglia. E non penso di essere, anche al nostro interno, un’eccezione! Maurizio Karra Un brindisi a tutti noi E’ quello che ci siamo scambiati nel corso della cena sociale che ha avuto luogo il 10 dicembre a Cefalù, che si è rivelata un’autentica festa del nostro Club, dato che in un clima di grande allegria si è celebrata la voglia di stare insieme, si sono premiati i soci vincitori del concorso fotografico e il socio dell’anno, e si sono godute le bellezze artistiche della famosa cittadina normanna O rmai il traguardo dei vent’anni di vita associativa si avvicina sempre di più e con esso la consapevolezza dei tanti orizzonti esplorati insieme, delle numerose esperienze condivise e del poderoso lavoro che è stato necessario per far nascere e far crescere piano piano il Club. E questa realtà si è toccata con mano nel corso della cena sociale che ha avuto luogo il 10 dicembre a Cefalù, nel corso della quale si è festeggiato ancora una volta lo stare insieme come una grande famiglia, una famiglia reale e non come quelle della pubblicità, idilliaca e fasulla, e proprio perché concreta in grado anche di ammorbidire i piccoli conflitti talora esistenti per mettere in primo piano le risorse e l’armonia di fondo che anima tutti noi, scambiandoci gli auguri di Natale e di un nuovo anno da trascorrere appena possibile sulle ruote del camper. Ma andiamo per ordine: l’appuntamento per la carovana di camper era presso un parcheggio sul lungomare di Cefalù per il sa- Due immagini dei nostri soci sul lungomare di Cefalù IL CLUB n. 116 – pag. 4 bato a metà giornata, dove gli oltre trenta mezzi presenti si sono sistemati, dopo qualche difficoltà di accesso dovuta alla presenza del mercatino quindicinale allestito la mattina proprio sul lungomare. Dopo i saluti di rito e le esplorazioni del mercatino, con l’abbondanza di prodotti locali decantati in tutti i sapori e colori, ci si è dedicati ad un pranzo per lo più leggero in previsione dell’abbondante cena prevista, prima di riunirsi all’inizio del pomeriggio per tuffarsi nel panorama da cartolina della cittadina con una piacevole passeggiata esplorativa. L’abitato, infatti, è affacciato sulle profondità verdi-azzurre del mare Tirreno ed è sorvegliato dall'alto dall'inconfondibile rocca a forma di testa umana; venne fondato nel corso del V secolo a.C. da un insediamento greco, ma il sito prospiciente la rocca fu sicuramente abitato in epoca preistorica, come testimoniano diverse tracce rinvenute nelle due grotte poste sul versante orientale della rupe Kefaloidon, così chiamata dai Greci a causa proprio della sua forma di testa umana e che in seguito diede il nome alla cittadina stessa. Cefalù fu un importante caposaldo, a cavallo del X secolo, dell'islamismo in Sicilia, anche se non sono rimaste molte testimonianze in pietra di questo periodo, se non nelle strette stradine tortuose in salita e nel suggestivo lavatoio medievale che si affaccia con tipica influenza araba su una delle viuzze che scendono verso lo splendido lungomare. I Normanni strapparono in seguito la cittadina all'influenza islamica nel corso dell'XI secolo, riscrivendone da capo la storia urbana. Ma senza dubbio uno degli aspetti più suggestivi della cittadina si coglie dal lungomare in cui si incontra il pittoresco porticciolo dal quale si può osservare il caratteristico fronte a mare della città murata, con le casette dei pescatori e gli archi che fanno da ricovero alle barche. Non meno piacevole è passeggiare lungo i vicoletti acciottolati su cui occhieggiano le vetrine ricolme di artigianato e l'ottima pasticceria locale, oltre alle facciate dei palazzi medievali, come l’Osterio Magno, caratterizzato da alcune bifore scandite dalla bicromia della pietra lavica e dell’arenaria. Una tappa significativa è stata poi quella al Museo Mandralisca, che sorge nell'omonima via e che fu voluto dal mecenate Enrico Piraino, barone di Mandralisca. Il museo conserva, oltre al celebre "Ritratto di Ignoto" di Antonello da Messina, anche una pregevole collezione archeologica, il cui pezzo più importante è probabilmente il "Cratere del tonno" risalente al IV secolo a.C., in cui è visibile la scena di un pescivendolo d’epoca che taglia un tonno con gesti che lo fanno assomigliare in tutto e per tutto ad un pescivendolo odierno, annullando in un colpo solo 2.500 anni di storia. Il bellissimo profilo del Duomo normanno Forse proprio la vista del tonno ha richiamato alla mente delle cavallette nostrane l’approssimarsi della cena, dato Due istantanee della cena sociale al ristorante Kentia IL CLUB n. 116 – pag. 5 che subito dopo si sono dirette ai camper per lustrarsi le ali e dirigersi quindi al vicino, accogliente ed elegante ristorante “Kentia” che ci avrebbe ospitato nel corso della serata da trascorrere tutti insieme. Al suo interno si è consumata, come dicevamo, in un clima di festa e di allegria la cena sociale di fine anno del nostro Club, nel corso della quale i presenti, quasi ottanta tra grandi e piccoli, si sono gettati a capofitto sull’ottimo menù di pesce, per concludere con il dessert di fragole e gelato, spazzolato d’assalto. Tra un piatto e l’altro si sono susseguiti i brindisi ai presenti e al Club, conditi anche dal festoso rito della consegna dei premi ai soci vincitori del concorso fotografico, come Giovanna Amico per la sezione “Bella Europa”, Liliana Fiorentino per quella relativa alla Via della Seta, Laura Russo per gli scatti messicani, Gaetano Russo per la sezione “Madre Natura” e Maurizio Karra e Mimma Ferrante per la sezione “Il grande nord”; poco dopo c’è stato anche il premio al socio dell’anno, che quest’anno ha visto Giuseppe Eduardo Spadoni raggiungere il punteggio massimo nella graduatoria ottenuta grazie alla partecipazione e alla collaborazione alle attività associative, dopo quello superiore raggiunto dai soliti “noti” componenti del direttivo. A fine serata c’è stata poi l’allegra riffa di beneficenza organizzata da Vittorio Parrino, grazie alla quale si sono raccolti 320 euro da versare sul conto delle “nostre” bambine, che in un sorteggio dal crescendo parossistico e divertito ha distribuito tra i generosi partecipanti Alcuni dei soci premiati nel corso della cena per Giuseppe Eduardo Spadoni bottiglie di vino, casalinghi e oggettistica messa a disposizione da alcuni sponsor. Una bella atmosfera di armonia e serenità ha completato la bella serata, tra i reiterati auguri per le imminenti festività natalizie, accompagnandoci al nostro “accampamento” per il sonno del giusto. La mattina della domenica di buonora ci siamo diretti alla splendida cattedrale, che è senza dubbio uno degli esempi più prorompenti dell'influenza normanna, eretta tra il XII e il XV secolo, e voluta da Ruggero II che, secondo la leggenda, la fece costruire come voto per essere scampato ad una tempesta approdando proprio a Cefalù. L'edificio ha un forte impatto monumentale che non ha riscontro nel resto del tessu- il concorso fotografico e, in basso a destra, premiato come socio dell’anno to urbano ed è affiancato da due imponenti torri che gli danno più l'aspetto di una fortezza che di una chiesa vera e propria. All'interno si riscoprono i tipici e splendidi mosaici bizantini dell'epoca che hanno il loro fulcro nei grandi occhi scuri del Cristo Pantocrator, che verrà più tardi riproposto nel Duomo di Monreale, e che non hanno mai subìto modifiche nel corso degli ultimi otto secoli. Invece le arcate e le pareti delle tre navate che costituiscono la croce latina della Cattedrale sono state più volte modificate e quello che si può oggi ammirare è il frutto di un lunghissimo lavoro di restauro, mai veramente concluso. Tutti i presenti avevano già ammirato in diverse occasioni il ce- IL CLUB n. 116 – pag. 6 leberrimo monumento, ma per la prima volta, grazie alla notevole visita guidata organizzataci dalla Curia vescovile di Cefalù e alle dotte spiegazione dell’architetto sovrintendente ai beni ecclesiastici della Diocesi, Massimo, si è riusciti a seguire la nascita del complesso architettonico anche da un’ottica teologica per contestualizzarlo perfettamente da un punto di vista storico, artistico, ma anche religioso. L’incantesimo è continuato con la visita dell’annesso chiostro, aperto soltanto da qualche anno; dove, grazie alla sapiente guida del signor Ignazio, che ci ha illustrato con dovizia di particolari gli splendidi bassorilievi che ornano i capitelli, dall’episodio di Adamo ed Eva Nicola e di quella di San Sebastiano, dove abbiamo avuto anche un breve incontro con le suore Collegine, prima di riprendere la strada di ritorno verso i camper, godendoci ancora una volta la splendida scenografia del borgo murato, del mare e delle barche all’ancora sulla lunga spiaggia dorata. Alcune immagini della visita al complesso del Duomo di Cefalù Il nostro presidente e la nostra “speciale” guida di Cefalù messaci a disposizione dalla Diocesi. In basso un particolare di un capitello del Chiostro all’arca di Noè, dai temi mitologici alle raffigurazioni naturalistiche, i presenti sono stati risucchiati in una dimensione di grande fascino, dove le Sacre Scritture si sono animate per raccontarci la storia della nascita dell’universo e dell’uomo come un meraviglioso racconto che non ha inizio e non ha fine. E’ seguita poi, sempre in compagnia dei nostri angeli custodi Massimo e Ignazio, una breve esplorazione delle chiese cefaludesi, con la visita della chiesa dell’Annunziata, di quella di San IL CLUB n. 116 – pag. 7 Dopo il placido pranzo domenicale c’è stato anche il tempo per fare quattro chiacchiere sui risvolti preoccupanti del nostro futuro economico e sociale, ribadendo ancora una volta che, anche se forse molto a malincuore saremo costretti ad usare un po’ meno la nostra amata casetta su ruote a causa dei costi crescenti di gasolio e C., faremo di tutto per continuare le nostre fughe sulle strade del mondo ancora per tanto, tanto tempo ancora, in barba alla crisi planetaria! Testo di Mimma Ferrante Foto di Maurizio Karra, Pietro Messina e Giangiacomo Sideli La tessera 2012 del nostro Club I valori e la funzione della CCI emessa da ACTITALIA Federazione O rmai da qualche anno la tessera del Club Plein Air BdS coincide per tutti i soci con la tessera federale (la Camping Card International) emessa dalla Federazione Nazionale ACTITALIA. Quindi, non è solo una tessera che sancisce l’appartenenza al nostro Club e ad ACTITALIA e che garantisce ai soci tutte quelle agevolazioni che sia a livello di Club che a livello di Federazione sono state negli anni concordate con campeggi, aree di sosta, compagnie di navigazione, concessionarie e officine di veicoli ricreazionali, assicurazioni, ecc.; è anche una sorta di passaporto internazionale, insomma un documento d'identità che ha lo stesso valore di un passaporto o di una carta d’identità se presentato alla reception delle strutture di accoglienza, sia in Italia che in tutta Europa. In tali strutture, oltre che nei vari esercizi convenzionati in Sicilia e in Italia (dal Club Plein Air BdS e dalla Federazione Nazionale ACTITALIA), la tessera-CCI è per ogni nostro socio anche una tessera di sconto; ciò vale presso 1.500 campeggi e aree attrezzate in 25 Paesi europei: in Francia come in Olanda, in Inghilterra come in Polonia, dove si potrà ottenere uno sconto dal 5% fino ad un massimo del 20%: vi conviene sempre informarvi all'arrivo alla reception. Inoltre, come titolare di una tessera CCI potete andare in vacanza con la massima tranquillità dato che sia il socio titolare della tessera che i suoi familiari sono assicurati per la responsabilità civile nel campeggio o nell’area attrezzata in cui si soggiorna. La FICC (Federazione Internazionale), cui aderisce l’ACTITALIA, ha infatti stipulato con la compagnia di assicurazioni inglese R.L. Davidson, con sede a Londra, un'assicurazione che copre lo responsabilità civile per danni cagionati a terzi per danneggiamenti a cose e/o per lesioni personali. Nel caso in cui l'assicurato sia costretto, durante lo durata del soggiorno, a lasciare temporaneamente le persone che lo accompagnano per ricongiungersi a loro in seguito, queste ultime continueranno ad essere coperte dall'assicurazione. Il rischio per la responsabilità civile è fino ad un importo massimo di 1.800.000 euro per evento con una franchigia di 70 euro per ciascun evento. L'assicurazione offre al titolare della tessera CCI un ampliamento della copertura, ovvero viene coperto il rischio di responsabilità civile fino a un massimo di 60.000 euro nel caso di lesione fisica provocata dall'assicurato durante il windsurf e/o durante l'uso di un'imbarcazione non motorizzata la cui lunghezza non supera i 5 metri. Non vengono risarciti invece danni diretti o indiretti provocati da imbarcazioni, veicoli o velivoli, o da lavori a bordo degli stessi, ad eccezione di tavole da windsurf e di imbarcazioni non motorizzate, la cui lunghezza non superi i citati 5 metri; o per avvelenamento da cibo o bevande o dovuto alla presenza di sostanze estranee o nocive in cibo e IL CLUB n. 116 – pag. 8 bevande; inquinamento ambientale; guerra, tumulti e simili; manifestazioni su grande scala per le quali si deve pagare un biglietto d'ingresso; danni sorti in seguito a radiazione radioattiva. Non verranno concessi risarcimenti per danni malevoli da parte del titolare della tessera CCI o delle persone con lui assicurate, come danni causati al terreno e alla vegetazione in seguito al calpestio o al montaggio delle tende; lo smaltimento negligente di rifiuti; danni a condutture o cavi per acqua, gas o elettricità installati sotto il terreno. Se non lo sapevate, adesso, cari amici, potete capire meglio qual è il valore della tessera 2012 del nostro Club che avete in tasca... Fuga d’inverno La fuga di metà gennaio a Castellammare del Golfo per evadere dal solito tran tran e per goderci un po’ di libertà a contatto con gli scenografici panorami costieri del suo golfo C ome accade in ogni inverno, il freddo, la pioggia e le lunghe ore di buio rendono un po’ più complicato godere nel weekend del camper, rendendoci più difficoltose le nostre fughe dalla monotonia quotidiana. A ciò si aggiunga la stangata di fine anno del governo Monti, con l’aumento anche dei costi del gasolio che causa grandi perplessità per quanto riguarda sia la scelta delle mete da raggiungere, sia l’utilizzo stesso di un mezzo che comunque consuma ben più di autovet- tura. E otterremo il risultato di tanti soci che, magari a differenza degli anni passati, hanno scelto di trascorrere le feste natalizie senza muoversi da casa e che adesso ci pensano un po’ su anche per trascorrere in camper un fine settimana… Eppure, la voglia rimane intatta. Questa è stata la ragione per cui, giunti a metà gennaio, quando le previsioni meteo hanno dato …il via, si è deciso quasi all’improvviso - con il lancio di una e-mail a tutti i soci - di organizzare una gita verso una locali- In alto alcuni nostri soci si bastioni di Castellammare del Golfo In basso il porticciolo IL CLUB n. 116 – pag. 9 tà accogliente e interessante, ma al tempo stesso anche vicina, per scrollarci di dosso il grigiore di tutti i giorni senza timore di spendere troppo e rimanere invischiati nel freddo e nel maltempo. E’ stato così che la mattina del 14 gennaio ci siamo dati appuntamento nell’area camper Play Time di Castellammare del Golfo, cittadina del trapanese che avevamo visitato in seno a un raduno soltanto una volta (ma diversi anni fa) e che presentava anche il vantaggio non indifferente di essere a poche decine di chilometri da casa, almeno per i soci di Palermo. Dopo i saluti di rito e gli auguri per il nuovo anno appena cominciato, già nel primo pomeriggio sotto un pallido sole abbiamo dato il via alle esplorazioni cittadine, godendo fin dai primi passi degli scenografici panorami costieri che incorniciano Castellammare. Le origini del borgo risalgono al V secolo a.C, quando si sviluppò come porto della vicina Segesta e fino all’arrivo degli arabi la sua storia si identifica con quella della città elima. E come ricorda anche il suo nome, Castellammare è incorniciata da un delizioso porticciolo scandito da vezzose casette color pastello che fanno da sfondo alle barche dei pescatori, mentre la costa è protetta dal castello di epoca arabo-normanna. Nelle stalle del maniero è ospitato un interessante museo etnografico, purtroppo chiuso nel week-end, che ripercorre gli usi e i costumi della civiltà contadina dell’800; in uno dei sotterranei è ancora visibile un vasto ambiente dove, nel corso della seconda guerra mondiale, venne fatto un macabro ritrovamento, consistente in numerosi scheletri appartenenti a soldati aragonesi, rimasti uccisi in una delle battaglie che videro il maniero protagonista, data la sua funzione di fortezza mantenuta nel corso dei secoli. Mentre in un vasto ambiente al primo piano i nostri soci hanno potuto visitare il Museo del Mare, con attrezzi di pesca e foto di battute di pesca e di feste folcloristiche laiche e religiose, oltre ad alcuni pannelli che ripercorrono i vari momenti in cui la cittadina è stata usata come set di numerosi film e spot televisivi anche molto recenti, grazie alla sua posizione scenografica. Dopo la visita del castello i nostri soci si sono diretti alla vicina Chiesa Madre, dedicata alla Patrona del paese, la Madonna del Soccorso, che ospita una magnifica statua cinquecentesca in maiolica della stessa, attribuita alla bottega dei Della Robbia, completata dal bastone che ne individua la funzione soccorritrice; qui non sono mancate le gentili spiegazioni del parroco sulla chiesa e sulla funzione protettrice della Madonna che porta ogni anno nel periodo estivo ad una grandiosa ricostruzione storica, in ricordo di un fatto realmente accaduto nel ‘700 nel porto della cittadina, quando una nave spagnola chiese aiuto ai castellamaresi per difendersi da due navi inglesi che la inseguivano e queste ultime per vendetta stavano per colpire il porto, quando videro dalle colline circostanti la Madonna seguita da un esercito, accorsa in aiuto dei cittadini e, fatto dietro-front, tornarono verso il largo. Il gruppo dei nostri soci davanti alla Chiesa Madre La bellissima statua cinquecentesca della Madonna del Soccorso, Patrona della cittadina, custodita all’interno della Chiesa Madre Il nostro giro è proseguito fino a Palazzo Crociferi, seicente- sco convento dalla facciata ornata che ai giorni nostri ospita la sede del Municipio, e infine alla vicina chiesa di Santa Maria degli Agonizzanti e alla villa-belvedere da cui si gode una volta di più la splendida vista sul sottostante porticciolo. Dopo una passeggiata che, insieme al freddo pungente, aveva prosciugato le energie delle nostre indomite cavallette, si è poi cercato un ristorante-pizzeria in cui consumare tutti insieme il rito della cena, scegliendo “La campana”, locale che non si è rivelato purtroppo all’altezza delle nostre aspettative. Infine, si è fatto ritorno all’area camper, accompagnati dai gentilissimi ge- IL CLUB n. 116 – pag. 10 stori della struttura a bordo del loro pulmino-navetta. Dopo una notte di sonno sereno, nonostante la pioggerella caduta, ci siamo svegliati con calma e siamo andati a goderci un’ennesima passeggiata a zonzo per il centro storico cittadino, prima di ritirarci nei nostri “appartamenti” dove consumare il pranzo domenicale e respirare ancora un po’ di libertà, prima di puntare nuovamente la nostra rotta – ad andatura parsimoniosa! - verso casa, progettando già le prossime uscite e auspicando prima possibile la fine dell’inverno Testo di Mimma Ferrante Foto di Maurizio Karra In vino veritas Alla scoperta di Partinico e Terrasini, tra testimonianze architettoniche e musei, inseguendo il filo conduttore del vino, prodotto d’eccellenza del territorio T occati i -25 gradi in Valtellina; l’Italia divisa in due dalla neve; oltre mille i chilometri di autostrade chiusi al traffico; Roma paralizzata; più di un milione di italiani senza luce né acqua da due giorni; centoventi i piccoli centri dell’Appennino isolati... E noi qui in Sicilia a organizzare una gita nel periodo più freddo dell’anno, nel primo week-end di febbraio. Incoscienti? Ottimisti? Utopici? Forse semplicemente siciliani, cioè capaci di “morire di freddo” quando la temperatura scende a 10 gradi (sopra lo zero) e di lamentarci per il maltempo per una grandinata di pochi minuti. Ma sempre in Sicilia siamo, e a fronte di tante cose che non vanno almeno del clima non è giusto lamentarci! Proprio per questo noi non ci siamo mai fermati nel corso dei nostri vent’anni di storia nell’organizzare anche in pieno inverno gite e uscite, sicuramente con tanta audacia e quel pizzico di fortuna che aiuta per l’appunto gli audaci, anche se nel cuore dell’inverno il freddo e le giornate corte non stimolano molto a usare il camper; ma la nostra voglia di esplorare e di uscire è facilitata proprio dal nostro clima mi- I nostri soci in visita alla cantina Cossentino di Grisì IL CLUB n. 116 – pag. 11 te anche a gennaio e febbraio. Tutto questo sta alla base dell’organizzazione, nel corso del primo week-end di febbraio, di una bellissima gita nel territorio di Partinico, a pochi chilometri da Palermo, in un breve itinerario che ha avuto nel vino il suo filo conduttore. Dissipati i timori di alcuni soci che, per il timore delle cattive condizioni del tempo fino all’ultimo avevano telefonato per chiedere conferma che la gita si effettuasse, sabato mattina eccoci puntuali con i nostri camper nel comodo parcheggio di via Giuseppe Impastato all’ingresso di Partinico. Qui, dopo i saluti di rito, i presenti si sono “compattati” in una manciata di camper per dirigersi verso la vicina cantina Cossentino, sulla strada per Grisì, per dare subito inizio alle esplorazioni vinicole che la tradizione del territorio, da secoli votato alla coltivazioni delle vigne, imponeva. Dopo essere giunti alla cantina siamo stati accolti dal suo titolare, il dottor Nino Cossentino, che ci ha permesso di esplorare i locali caratterizzati da enormi botti, barriques e silos d’acciaio dove erano conservate le diverse qualità di vino prodotto dall’azienda secondo standard biologici. E’ seguita da parte del padrone di casa un’appassionata spiegazione sulla storia della vinificazione in Sicilia, sui moderni metodi di coltivazione delle vigne e sulle tecniche e i tempi della vendemmia e infine sulle diverse qualità di vini prodotti nella sua azienda, spesso premiati con medaglie d’oro e d’argento nei concorsi nazionali e internazionali; elementi tutti che ci hanno spalancato davanti agli occhi l’affascinante mondo dell’enologia e la passione che ci sta dietro! Il momento di scoperta è continuato davanti al tavolo imbandito per la degustazione dei vini dell’azienda, accompagnati anche dal pane condito dall’ottimo olio d’oliva, da vari tipi di formaggi, olive e sfincione tipico, prodotti tipici del territorio che ci hanno permesso di godere di un ottimo brunch di matrice palermitana, da- vanti al quale le cavallette targate BdS non si sono fatte certamente pregare, spazzolando anche le molliche a tempo di record e svuotando i calici in un tempo altrettanto breve, prima di dare il via agli acquisti di vino. Infine si è ripresa la strada verso il parcheggio di Partinico dove attendeva la maggior parte dei camper, anche se le curve lungo la strada sembravano essersi moltiplicate insieme alle degustazioni enologiche degli autisti. Ma fortunatamente la prudenza (e il numeroso cibo ingurgitato insieme al vino) ha permesso ai presenti di arrivare a destinazione senza alcun problema, seppur ...gaudiosi. Si è dato, quindi, il via alle esplorazioni della cittadina, la “piccola Palermo”, come è spesso definita, anche perché fino all’Ottocento faceva parte come quinto mandamento del capoluogo siciliano; oggi, come in passato, è un rinomato centro agricolo che annovera tra i suoi prodotti, oltre all’uva da mosto, anche ortaggi, frutta, mandorle e olive; il suo nome deriva da Parthenicum, composto da Parthenos, a testimonianza di un tempio dedicato alla dea Diana, e da Inico, originaria capitale del regno sicano. Dopo alterne vicende che videro il borgo quasi completamente distrutto nel ‘200 a causa del conflitto tra Angioini ed Aragonesi, il paese venne ripopolato nel XIV secolo grazie alle opere di bonifica dei monaci cistercensi. I nostri soci davanti all’ottocentesco tempietto della musica di Partinico La Chiesa Madre di Partinico Le tracce del suo passato si possono cogliere nei suoi monumenti, come la chiesa di San Giuseppe con dipinti seicenteschi e un curioso campanile staccato dal corpo della costruzione, il Chiosco della musica di impronta neoclassica, in tutto simile ad un tempietto, la fontana barocca ad otto bocche, la Chiesa Madre con i battenti in bronzo incisi, la chiesa del Carmine di impronta barocca e la chiesa del Sacro Cuore, costruita con l’obiettivo di dare cristiana sepoltura ai condannati a morte, che ospita le spoglie della beata Pina Suriano, figlia illustre della cittadina. Ma, dopo la visita ai suoi monumenti, la cittadina meritava anche esplorazioni gastronomiche, cui i presenti si sono coscienziosamente dedicati, esplorando sia le fornitissime macellerie che i profumati panifici, arrivando perfino IL CLUB n. 116 – pag. 12 ad ordinare la pizza “a domicilio” per la sera, il che ci ha permesso di ritirarci negli “appartamenti su ruote” per ripararci dal freddo che con l’arrivo della sera è diventato più pungente (ovviamente parliamo di “freddo” ben consapevoli di ciò che nel frattempo accadeva nel centro-nord d’Italia e in tante altre nazioni europee). Dopo una buona notte di sonno, la mattina della domenica, dopo essere stati raggiunti, grazie alla vicinanza della cittadina a Palermo, anche da altri soci giunti in auto, ci siamo recati alla vicina Reale Cantina Borbonica, dove ci attendeva la visita guidata in programma, che è stata magnificamente gestita dal simpatico Giu- seppe Tamburello. La costruzione fu fatta erigere nell’800 da Ferdinando III di Borbone e rappresenta un’importante opera civile grazie alla quale l’economia della zona venne implementata nella prima metà dell’800, consolidando la tradizione vitivinicola che da secoli identificava la zona, grazie alla numerosa presenza di vitigni. Si trattò, in sostanza, di un esperimento di industria agroalimentare, di una sorta di “cantina sociale”, forse la prima della storia, all’interno della quale venivano conferite le uve del territorio che sarebbero state poi lavorate in modo appropriato. Va infatti sottolineato che fino a quel momento, nonostante la grande quantità produttiva delle uve da mosto della Sicilia, il vino ottenuto era stato di scarsissima qualità per tutta una serie di problemi; le scarse condizioni igieniche della vendemmia erano solo un aspetto di tali scarsi risultati qualitativi: la verità è che mancava a quei tempi una cultura del vino e quindi la produzione avveniva senza alcuna selezione dei vitigni, senza operare la scelta dei grappoli e senza lo scarto degli acini guasti; e poi il mosto veniva conservato senza le dovute attenzioni in qualunque locale, non sapendo che gli sbalzi di temperatura e di umidità avrebbero reso carente qualunque tentativo di conservazione. La situazione cambiò radicalmente con l’intervento dall’enologo reale, il cavalier Felice Lioj che, dopo aver acquistato 80 salme di appezzamenti di terreno, contribuì alla nascita del podere reale insieme all’architetto Giuseppe Patti, inserendo vitigni di qualità accanto a quelli del territorio e dando vita anche a nuovi metodi di lavorazione che contribuirono ad accrescere enormemente la qualità del vino prodotto. Tutto ciò avveniva nei locali di questa Real Cantina Borbonica, che è tornata a rivivere come sede museale dopo lunghi lavori di restauro che sono seguiti ai decenni dell’incuria e dell’abbandono. L’affascinante edificio in pietra si presenta oggi come era quando fu costruito: diviso in tre sezioni di 1.000 metri quadrati, scandite da un armonioso insieme di archi e pilastri che si collegano a crociera; la navata destra e quella centrale erano state lasciate libere e servivano come deposito dei Due scatti alla Real Cantina Borbonica IL CLUB n. 116 – pag. 13 prodotti della tenuta reale, mentre la parte sinistra era chiusa ed utilizzata come palmento, con una sezione superiore in cui veniva pigiata l’uva e un deposito sottostante nel quale il mosto fermentava, cui seguiva un locale con alcuni torchi per il vino e per l’olio, dato che una sezione del palmento serviva per la spremitura delle olive e la produzione dell’olio; inoltre vi è un’ambiente sotterraneo con una temperatura uniforme di dieci gradi in cui venivano deposti i sacchi d’uva e le tine a muro per il vino in muratura, con le bocche da cui usciva il prezioso liquido, intervallate con tine di olio. I recipienti riempiti venivano portati via a dorso di mulo, fino alla vicina Terrasini, dal cui porto venivano imbarcati per l’Italia e l’Europa. I nostri soci all’interno dei locali dell’Associazione Nino Canino Vincenzo Garifo ci parla della collezione dei pupi siciliani ospitata all’interno dei locali della Real Cantina Borbonica dove ha sede l’Associazione Nino Canino Nel corso della visita siamo stati irretiti dall’atmosfera che si respirava all’interno della struttura e ci sembrava quasi di poter assistere ad una vendemmia di duecento anni fa, con i canti dei contadini che pigiavano l’uva e i muli che venivano caricati con le piccole botti per far conoscere il vino siciliano in tutta Europa. Ritrovarsi sul cortile interno è stato come risvegliarsi da un sogno ad occhi aperti, ma ben presto il sogno è ricominciato, dal momento che siamo tornati bambini all’interno dei locali IL CLUB n. 116 – pag. 14 Alcuni nostri soci all’interno di Palazzo d'Aumale a Terrasini, nella sezione museografica dedicata ai carretti siciliani; in basso un prezioso esemplare di inizio Novecento quella etnografica dedicata ai mestieri del territorio e in particolare alla pesca, quella naturalistica con una nutrita passerella di animali imbalsamati, quella archeologica con vari reperti di archeologia subacquea pescati nelle acque antistanti il golfetto di Terrasini, e infine la eccezionale collezione del Museo del carretto siciliano, con numerosi splendidi esemplari di carretti siciliani di varie epoche, da quelli dedicati al trasporto di merci a quelli dedicati al trasporto delle persone e alle cerimonie. E anche qui siamo rimasti affascinati dai notevoli decori che ornavano i carretti, con scene che spaziavano dalla Chanson de Geste dei paladini Orlando e Rinaldo, a temi sacri e naturalistici, dalle incisioni che caratterizzavano le ruote e le sponde dei carretti, in un mix di tradizione, artigianato e arte che ormai sembra essere perso per sempre. Uno scatto all’interno della sezione dedicata all’archeologia subacquea di Palazzo d’Aumale a Terrasini del dirimpettaio Museo dei Pupi Siciliani, dove don Vincenzo Garifo ci ha “presentato” i numerosi pupi dell’Associazione Nino Canino con il luccichio delle armature, i pennacchi degli elmi e gli sguardi enigmatici che ci hanno catturato con il fascino della Chanson de Geste, dove i paladini e i mori ingaggiano una battaglia senza tempo e senza fine. Siamo rimasti a guardare con grande interesse il minuscolo teatrino e la sfilata di armature, il vivace vestito di Angelica e i pupi del teatro siciliano, oltre ai coloratissimi cartelloni che raccontavano le innumerevoli puntate degli spettacoli del teatro dei pupi dedicato alle gesta dei paladini di Carlo Magno, sperando che questa forma di teatro popolare non cada nell’oblio e che anche i nostri nipoti possano imparare ad amarlo. Ormai immersi nel fascino del passato e delle tradizioni siciliane, abbiamo deciso di continuare il nostro viaggio a ritroso nel tempo spostandoci nella vicina cittadina di Terrasini, orlata da uno splendido lungomare che si affaccia su una costa sinuosa caratterizzata da suggestivi scogli. Da qui a metà ‘800, come avevamo appena appreso, partiva il vino siciliano alla volta dell’Europa, fermandosi brevemente nel palazzo d'Aumale, destinato in origine a cantina e ai giorni nostri trasformato in museo civico; ed è stato proprio a questo grandioso palazzo-museo che i nostri soci hanno dedicato l’ultima parte della visita della domenica. Palazzo d'Aumale ospita varie sezioni museografiche, come IL CLUB n. 116 – pag. 15 Con gli occhi pieni delle meraviglie ammirate nel corso del finesettimana, che ben testimoniano il concetto della Sicilia come quello dell’isola dei mille tesori, ci siamo diretti verso le sagome dei camper, mentre il cielo sopra di noi si incupiva sempre di più e la pioggia cominciava a cadere copiosa. Ma ormai noi eravamo all’interno della nostra confortevole casetta su ruote, dopo esserci goduti un magnifico fine-settimana che ci ha permesso di staccare la grigia routine quotidiana. E quando, dopo il pranzo, abbiamo ripreso la rotta verso casa, nonostante la pioggia cominciasse a cadere sempre più copiosa, abbiamo ricominciato a pensare alle nostre future fughe, del tutto incuranti del brutto tempo che ancora per un po’ ci potrà circondare, viaggiando sulle ali della fantasia. Mimma Ferrante e Maurizio Karra Le nostre bambine Le ultime news sul progetto di adozioni a distanza del Club P rosegue con sempre maggiore efficacia, grazie alla sentita partecipazione di tanti nostri soci, l’impegno in favore del progetto di adozioni a distanza che il nostro Club persegue ormai da qualche anno. Il 2011 si è chiuso con un bilancio estremamente positivo: a fronte delle quote versate a inizio dell’anno alla Comunità di Sant’Egidio per l’adozione delle nostre tre bambine (Olive N., Clarisse R. e Annie C.), quote pari a complessivi 936 euro, l’importo dei versamenti effettuati nel corso dell’anno sul c/c dedicato al progetto è stato invece pari a un totale di 1.560 euro, con un avanzo di gestione di 638 euro in grado di garantire la copertura di due delle tre quote anche per 2012. E’ quindi doveroso ringraziare pubblicamente coloro che hanno maggiormente contribuito con il loro contributo al progetto: Francesco Bonsangue, Liliana ed Eduardo Spadoni, Vittorio Parrino, Anna Maria ed Enzo Triolo, Francesco Circhetta, Giusy e Pietro Messina, Anna Maria e Luigi Fiscella, Giulia ed Elio Rea, Franca e Filippo De Luca, Laura e Mario Tomasino, Marcello La Barbera, Mimma e Maurizio Karra, Enza e Achille Selinunte, Giangiacomo Sideli, Filippo Santonocito, Enza e Paolo Carabillò, Rino Tortorici, Sergio Campagna, ecc.. Ma ecco le ultime notizie pervenuteci dalla Comunità di Sant’Egidio. Olive N. (Ruanda) Olive sta bene. Ha terminato il primo anno della scuola primaria con una media di voti del 6,9 ed è soddisfatta di questo risultato. Nella sua classe ci sono 54 alunni e a volte trovare la concentrazione non è facile per lei. A Natale Olive e gli altri bambini adottati a distanza presso il centro Amizero hanno partecipato all’ormai tradizionale pranzo di Natale della Comunità di Sant’Egidio a Kigali. Dopo un ricco pasto, è arrivato Babbo Natale per portare un dono a ciascun bambino (vestiario, scarpe, ecc.). A seguire hanno fatto una bella festa con canti e balli tradizionali. I bambini inseriti nel programma di adozioni a distanza presso il centro Amizero sono tutti ben seguiti negli studi e per chi ha difficoltà a scuola c’è la possibilità di seguire delle lezioni di recupero. L’adozione a distanza copre le spese scolastiche dei bambini e garantisce ai bambini un’abbondante alimentazione tre volte al giorno. Vengono inoltre distribuiti con regolarità pacchi alimentari alle famiglie e di recente sono stati acquistati anche materassi per quelle che ne avevano bisogno. nuova povertà. L’aumento della benzina fa salire alle stelle il prezzo dei generi alimentari (si pensi che il prezzo del riso è raddoppiato) e di altri generi di prima necessità. Muoversi per la città, con l’aumento del costo dei trasporti, è divenuto ormai un lusso. Anche i costi della scuola sono cresciuti. Nelle scuole pubbliche, spesso le famiglie sono costrette a dare un contributo per gli stipendi degli insegnanti, perché lo Stato non riesce a farsene carico totalmente. In questo contesto difficile, il nostro sostegno ai bambini di Tolagnaro è stato rivolto principalmente a garantire una buona alimentazione e il pagamento della scuola. Una bella novità dell’ultimo periodo è la costruzione di una struttura più grande, resa possibile grazie ad un finanziamento della cooperazione belga, per offrire più spazio al centro Amizero che avrà così la possibilità di ospitare un maggior numero di attività (riunioni con le famiglie, alfabetizzazione delle donne, aule per i corsi di arti e mestieri). Annie C. (Madagascar) Anche Annie sta bene. Nel mese di ottobre ha ripreso le lezioni a scuola e ha ricevuto del materiale scolastico. Tutti i giorni mangia nella mensa della scuola e questo aiuta Annie ad avere una maggiore concentrazione nello studio. Clarisse R. (Madagascar) Clarisse gode di buona salute ed è cresciuta in altezza. Il suo rendimento scolastico è un po’ calato in questi mesi e per recuperare dovrà impegnarsi molto nello studio. Attualmente Clarisse sta frequentando la classe sesta del ciclo di studi secondari (collège). Come per Clarisse, il sostegno che viene dall’adozione a distanza è stato molto prezioso dato il periodo difficilissimo che sta vivendo il Madagascar, con l’aumento del costo della vita e l’aumento della povertà fra la popolazione. Anche per lei il sostegno dell’adozione a distanza è stato rivolto a garantire una buona alimentazione e il pagamento della scuola. Inoltre, in occasione del Natale è stata organizzata una festa e ogni bambino ha ricevuto un regalo. I bambini adottati a distanza a Tolagnaro stanno complessivamente bene. Il sostegno che viene dall’adozione a distanza è quanto mai prezioso per loro in questo periodo difficilissimo per il Madagascar. Il costo della vita è in forte aumento e questo genera IL CLUB n. 116 – pag. 16 Ricordiamo, infine, a tutti coloro che volesse contribuire al progetto di adozioni a distanza del nostro Club che le coordinate bancarie da utilizzare per i bonifici sono le seguenti: IT 49 C 02008 04642 000300563557 In camper d’inverno I sistemi di riscaldamento per poter utilizzare serenamente il camper anche nei mesi invernali L’ impianto di riscaldamento è sempre stato uno dei punti più importanti da tenere in conto per l’utilizzo nei mesi più freddi del camper e insieme una delle ragioni per il suo scarso utilizzo da parte di molti camperisti nei periodi più freddi dell’anno. In realtà da anni i nostri mezzi godono di tecnologie sempre più sofisticate anche nel riscaldamento, tant’è che oggigiorno siamo abituati ad avere nel nostro camper sofisticati impianti come stufe e riscaldatori, nonché impianti di aria condizionata caldo-freddo che ci consentono di effettuare anche le vacanze sulla neve (almeno per chi ama lo sci e le montagne innevate); ma questa è cronaca recente, degli ultimi dieci-quindici anni o poco più, dato che la storia del campeggio è legata a un’evoluzione delle tecnologie e dei prodotti che solo negli ultimi anni ha consentito davvero di poter sfruttare i veicoli ricreazionali anche nel pieno inverno. Così non era negli anni del pionierismo, fra il ’60 e il ’70 del secolo scorso, allorquando iniziò anche in Europa la produzione in serie di caravan e poi, a partire dalla metà degli anni ’80, di veicoli motorizzati. Per quanto riguarda la tecnologia del riscaldamento, è interessante quindi fare un passo indietro per conoscere la lunga storia delle tecnologie che ci hanno consentito l’uso del veicolo ricreazionale anche col freddo. Questa storia coincide sostanzialmente, fino a pochi anni fa, con la storia di un prodotto, la stufa a gas, e con quello di un’azienda, la tedesca Truma. Pochi sanno che il nome “Truma” fu scelto in onore dell’allora presidente degli Stati Uniti Harry S. Truman, del quale il fondatore dell’azienda Philipp Kreis era un grande ammiratore, perché aveva sostenuto la ricostruzione economica della Germania. Nel 1961 Truma-matic fu il primo riscaldamento per caravan riconosciuto ufficialmente: comodo da usare grazie all’accensione piezoelettrica, era estremamente sicuro grazie al sistema chiuso e al dispositivo di sicurezza all’accensione termoelettrico ed era anche eco- nomico grazie al potente bruciatore. Nel 1975 venne messa sul mercato la stufa a comando elettronico Trumatic E. Nel 1976 diventa possibile disporre di acqua calda anche nelle roulotte e nei primissimi modelli di camper. L’acqua veniva riscaldata dall’impianto dell’aria calda del riscaldamento a gas. Nel 1981 venne poi perfezionata l’alimentazione di acqua calda per caravan e camper e Truma iniziò la produzione di boiler a gas che permettevano di farsi la doccia anche nei veicoli per il tempo libero. Giungiamo così al 1994. Con la nuova Trumatic C calore e acqua calda vengono forniti da un unico apparecchio: ancora più lusso ed indipendenza nei veicoli per il tempo libero. Numerosi produttori di camper la inseriscono subito di serie sui loro veicoli. IL CLUB n. 116 – pag. 17 Nel 2002 Truma inventa il riscaldamento supplementare a corrente elettrica abbinato all’impianto a gas: si tratta dell’impinato Ultraheat 230V che viene immesso nel mercato come elemento integrante per la stufa a gas Trumatic S. Questo dispositivo permetteva tre possibilità di riscaldamento: a gas, a gas e corrente oppure solo con corrente elettrica. Giungiamo così agli anni più vicini: nel 2007 è sempre la Truma a immettere sul mercato la nuova stufa per camper Truma Combi, per riscaldare la cellula abitativa e l’acqua, che con le sue dimensioni ancora più compatte, il peso ulteriormente ridotto e la nuova valvola di scarico con funzionamento indipendente dalla corrente (Frost Control), sostituisce la precedente Trumatic C, che era già stata costruita e montata in più di mezzo milione di veicoli. Tutti questi modelli, al di là dell’evoluzione, hanno un minimo comune denominatore: il fatto di utilizzare come combustibile il gas G.P.L.; inoltre queste stufe nunzionano attraverso lo scambio di calore prodotto nella camera di combustione direttamente con l'aria ambiente. Questo modo di produrre il calore ad uso riscaldamento è definita, in linguaggio tecnico, a "scambio diretto". In altre parole, tra la camera di combustione (ovviamente stagna verso l'interno del camper) e l'aria ambiente da riscaldare non è interposto alcun'altra sostanza per veicolare il calore. L’aria calda prodotta, nella grande maggioranza dei casi, viene poi veicolata all’interno del veicolo grazie alla ventilazione forzata che sfrutta le canalizzazioni interne e le bocchette sistemate in varie parti della cellula, con l’unico problema che quelle più lontane dalla fonte di calore (la stufa) irradiano l’aria meno calda, mentre la zona attorno alla stufa stessa risente della fonte di calore primaria ed è quindi di gran lunga la più calda. L'aria calda, dilatandosi, diventa più leggera di quella fredda presente nel camper e di conseguenza sale verso l'alto, mentre la fredda occupa in basso lo spazio lasciato vuoto da quest'ultima. Si avvia così una circolazione naturale del calore ed un lento riscaldamento del mezzo. Tuttavia, anche sfruttando la ventilazione forzata, che accelera i tempi di riscaldamento della cellula, l'aria calda raggiunge solo i luoghi dove sono installate le bocchette di uscita delle tubazioni e dove non è impedita strutturalmente da ostacoli, e di conseguenza la temperatura nel veicolo rimane non uniforme. La rotazione del motore della ventilazione assorbe inoltre una certa quantità di energia dalla batteria ausiliaria del camper e quindi i vantaggi non sono tutti a nostro favore. Dato che il riscaldamento in un camper è una questione molto delicata, e anche i tempi di riscaldamento sono un valore per nulla da sottovalutare nella scelta del sistema di riscaldamento, negli ultimi anni alla tradizionale stufa a gas si è affiancato un sistema diverso che consente un riscaldamento veloce e potente e garantisca un piacevole calore nel volgere di pochi minuti. Stiamo parlando del sistema da tutti chiamato Webasto, dal nome della casa produttrice. Si tratta di un sistema a bruciatore montato in genere all’esterno o sotto il pavimento, che scalda l’aria distribuendola con una ventola incorporata, alimentandosi direttamente dal serbatoio a gasolio del veicolo. Il limite principale, come per le stufe combi della Truma, è di non poter funzionare quando la batteria è scarica, dato che all’avviamento per lo spunto iniziale assorbono …un po’ di corrente. Il vantaggio è che, non utilizzando il gas, è certamente più sicuro, a tal punto da poter rimanere acceso anche durante la marcia del veicolo. Tutte le soluzioni di riscaldamento Webasto funzionano a gasolio. Utilizzando lo stesso combustibile del veicolo, non vi sono problemi di fine del gas anche per altre utenze e poi non vi sono nemmeno problemi di rifornimento perchè il gasolio è reperibile ovunque e la tanica del veicolo in genere è capiente per 70/90 litri (basta tenere il serbatoio al pieno). Questa nuova tecnologia, più costosa rispetto a quella a gas della Truma (la montano infatti pochi veicoli di fascia alta), ha comunque diverse soluzioni: riscaldatore ad aria o acqua, oppure sistema integrato con boiler supplementare per l’acqua calda. I vantaggi di questo sistema sono molti: il Webasto può funzionare bene anche in condizioni freddissime, dato che in condizioni di freddo intenso al combustibile delle pompe di carburante viene aggiunto già un additivo per prevenire il congelamento nelle zone molte fredde dove la temperatura scende significatamente anche sotto lo zero (diesel artico o diesel invernale); a differenza del propano delle bombole del camper che comunque resiste meglio al freddo rispetto al butano ma è ugualmente soggetto a congelamento. Non c’è nemmeno pericolo di restare a secco per partire dopo la sosta perché ogni riscaldatore ha la sua pompa di dosaggio che preleva il carburante direttamente dal serbatoio del veicolo, ma non dalla parte più bassa, così da preservare una parte del serbatoio stesso all’uso motoristico. C’è chi teme comunque il notevole consumo di gasolio, che oggi ha raggiunto un costo comunque proibitivo. Ma così non è: naturalmente il consumo del combustibile dipende dal calore desiderato e dal modello di riscaldatore. Un riscaldatore consuma normalmente circa 100 ml per ora per KW, e a spanne pos- IL CLUB n. 116 – pag. 18 siamo quindi considerare un consumo di circa mezzo litro di gasolio all’ora. Analogamente non c’è troppo da preoccuparsi per i consumi elettrici, che dipendono sempre dalla temperatura impostata e dalla potenza del riscaldatore. Semmai, il problema è legato, come già accennavamo, all’assorbimento di corrente dalla batteria servizi in fase di avviamento, per cui se la batteria è scarica, il riscaldamento non si avvia. I riscaldatori Webasto possiedono comunque una protezione di basso voltaggio e si spengono in condizioni critiche della batteria se usati a lungo. Un terzo sistema di riscaldamento che è usato da pochi anni sui camper è il cosiddetto scambiatore di calore abbinato ad elementi radianti: si tratta di un sistema adottato dalla Alde, ma il suo costo è tale che solo pochissimi allestitori lo propongono, e talvolta solo per le fasce al top della loro produzione, anche per le difficoltà di allestimento già in fase di progettazione del veicolo (questa è la ragione per cui non ci dilunghiamo sull’argomento). Rimane qualche altra considerazione da fare. L’inadeguatezza, il sottodimensionamento, il consumo eccessivo (sia di corrente che di combustibile, gas o gasolio che sia) possono compromettere la buona riuscita di una vacanza, specialmente invernale. Per questo è fondamentale che tutto il sistema di produzione e di distribuzione del calore sia stato scelto bene all’atto dell’acquisto, evitando di risparmiare sull’acquisto di un mezzo che offre di serie un impianto sottodimensionato o non di qualità. E’ poi altrettanto importante, se non indispensabile, che tutto il sistema sia nel tempo mantenuto in condizioni ottimali attraverso una periodica manutenzione e messa a punto; questo vale soprattutto per le stufe a gas che ovviamente sono collegate a un propellente a rischio massimo di scoppio come il gas liquido. Manutenzione e messa a punto della cui necessità spesso ci si accorge quando, trovandoci al freddo e avendo bisogno di accendere il riscaldamento, l’impianto non parte lasciandoci nei guai! Maurizio Karra Idee di viaggio per la famiglia Il Kea M75: un bellissimo e comodo mansardato della Mobilvetta, nemmeno troppo grande, particolarmente adatto per la coppia con due figli K ea è certamente un nome che ha portato molta fortuna in casa Mobilvetta, dato che ognuno dei mezzi di questa serie realiz- zati dal marchio “premium” di SEA non solo è stato ben caratterizzato allo scopo di centrare i desideri e le esigenze di una particolare fascia di clientela, ma ha potuto of- Due immagini del Kea M75 Mobilvetta Kea M75 Tipologia: mansardato Meccanica: Fiat Ducato 2.3 130 cavalli Lunghezza: m. 6,86 Larghezza: m. 2,35 Altezza: m. 3,08 Posti omologati: n. 6 Posti letto: n. 6 (due matrimoniali, il primo in mansarda e il secondo ottenibile dalla trasformazione delle dinette centrali + due singoli a castello in coda) Serbatoio acque chiare: l. 120 Serbatoio acque grigie: l. 110 WC: kasset l. 19 Riscaldamento e boiler: sistema integrato Truma C-6 a gas Frigorifero: trivalente l. 160 Cucina: piano cottura 3 fuochi con cappa aspirante Oblò: 1 cm. 50x70 + 2 cm. 40x40 + 1 cm. 30x30 in bagno con ventola Prezzo: € 57.490 chiavi in mano, con aria condizionata in cabina e Safety Pack frire il meglio del made in Italy in termini di progettazione, comodità e tecnologia senza con ciò pretendere un prezzo troppo esoso. Questo M75 ne è una conferma: meno di sette metri di lunghezza, quattro posti letto comodi oltre a ulteriori due in caso di bisogno, uno splendido living anteriore capace di fare accomodare in salotto fino a otto persone, una IL CLUB n. 116 – pag. 19 funzionale area servizi, sia per la parte cucina (al centro) che per la parte doccia e wc (separati in due parti appena prima del castello di coda), un comodo gavone-garage a geometria variabile che, in caso di rinunzia a uno dei due letti del castello, consente di ospitare moto e bici, la migliore impiantistica di bordo, tutte le luci a led e tanto altro ancora: tutto questo associato a una scelta di materiali di grande qualità, all’eleganza di mobili e tappezzerie e alla migliore luminosità possibile dell’insieme. Una visione d’insieme della parte posteriore e, in basso, i due letti a castello L’angolo cucina e il bagnetto Talvolta le immagini parlano anche più chiaramente delle parole: questo è uno di quei casi. Il rapporto qualità-prezzo è davvero eccellente: 57.490 euro chiavi in mano! IL CLUB n. 116 – pag. 20 PAGINA VUOTA IL CLUB n. 116 – pag. 21 Eccellenza su ruote Uno splendido semintegrale della nuova produzione Arca N on esiste ovviamente il camper perfetto, ma solo il mezzo che meglio risponde alle esigenze dell’utente, sia dal punto di vista funzionale che da quello del costo (sia d’acquisto che di manutenzione). Ed è quindi difficile par- Arca P730 GLM L’esterno dell’Arca e una visione d’insieme della parte anteriore: si noti il letto basculante sopra la dinette centrale Tipologia: semintegrale Meccanica: Fiat Ducato 3.0 Telaio Al.Ko 180 cv Euro 5 Lunghezza: m. 7,30 Larghezza: m. 2,35 Altezza: m. 3,09 Posti omologati: n. 4 Posti letto: n. 6 (un matrimoniale in coda, uno ottenibile dalla trasformazione delle dinette anteriori e un terzo basculante) Serbatoio acque chiare: l. 110 Serbatoio acque grigie: l. 100 WC: kasset l. 18 + serbatoio l. 35 Riscaldamento e boiler: sistema integrato Truma C6000 a gas Frigorifero: trivalente l. 160 Cucina: piano cottura 3 fuochi + cappa Oblò: 1 cm. 50x70 + 3 cm. 40x40 + 1 cm. 30x30 in bagno con ventola Prezzo: € 78.575 chiavi in mano, con aria condizionata in cabina lare di un veicolo come di un camper ideale; ma per questo nuovo semintegrale prodotto dall’Arca, il P730 GLM, è davvero difficile non cadere nella tentazione di farlo. Si tratta di un veicolo di fascia alta, progettato e costruito secondo le più moderne tecnologie, sia di coibentazione che di accessoristica, e il modello che vi presentiamo qui è pure montato su motorizzazione Ducato 3 litri nella nuova configurazione Euro 5 da 180 cavalli: il top anche sul piano motoristico. Parliamo di un semintegrale iperaccessoriato, di 7,32 IL CLUB n. 116 – pag. 22 metri, con una splendida dinette con tavolo centrale allungabile nella parte anteriore e sovrastante letto matrimoniale basculante con comando elettrico di discesa; come l’altro matrimoniale, sempre pronto in coda, anch’esso ad altezza variabile a seconda delle esigenze per dare più o meno spazio al gavonegarage, al quale si può accedere sia dall’interno che dai portelloni sulle due fiancate laterali che dall’interno e che consente di sistemare bici, moto e ogni bendidio sfruttando anche ante e botole sistemate un po’ ovunque. Se le comodità sono sparse ovunque, è anche la qualità a mostrarsi concretamente in ogni parte: dal mobilio color noce e panna alle luci, tutte al led, all’impiantistica: si pensi che perfino le tubazioni, protette dal freddo da opportuna coibentazione, hanno le raccorderie in acciaio, come quelle di casa! L’angolo cucina e il bagnetto La parte posteriore del semintegrale; si noti il grande letto matrimoniale in coda, ad altezza variabile a comando (elettrico), la cabina doccia a sinistra e il vano bagnetto sulla destra, e la botola a pavimento che nasconde un vano portatutto strutturato in diverse zone Anche in prossimità della zona servizi, posta in coda e divisa in due parti (da un lato la cabina doccia e dall’altra il bagnetto), troviamo un’ulteriore botola a pavimento (cfr. foto a sx), che consente di sistemare vettovaglie in appositi spazi di varia grandezza, sfruttando così in modo ottimale il doppio pavimento dovuto al telaio Al.Ko. E un altro utile vano di “carico” si trova sulla fiancata sinistra. IL CLUB n. 116 – pag. 23 Insomma, nulla è lasciato al caso, nemmeno il posizionamento degli oblò, tanti e comodi, così da offrire la massima luce all’abitacolo. Un veicolo senza nei; o forse con un solo neo, il prezzo: circa 78.500 euro chiavi in mano nella configurazione proposta. Ovviamente non è poco, ma per un semintegrale di questo livello chi potrebbe dissentire? Un Natale all’insegna della Fede Un breve viaggio di fine anno fra San Giovanni Rotondo e Alberobello per riflettere sul senso della Natività I l Natale 2011 sarà ricordato da tutti noi come una delle esperienze che lasceranno un segno indelebile nella nostra memoria. Da qualche mese assieme a Rossella si pensava di fare un viaggio che ormai da tempo ci manca, Nord Europa, Tunisia, Marocco, Spagna; erano tante le mete dei nostri sogni. Alla fine avevamo pianificato un viaggio a Monaco di Baviera, assieme ad alcuni amici, per trascorrere il capodanno in quella meravigliosa città, che proprio in questo periodo accentua la sua bellezza, fiera di mostrarsi ai turisti di tutto il mondo con la consapevolezza di essere una delle città più maestose d’Europa. I preparativi erano giunti al termine quando, quasi come un richiamo, ho sentito di esternare a mia moglie il mio pensiero: forse il viaggio che cercavo di fare non era proprio quello…; anche Rossella, che prima non aveva espresso alcuna opinione, forse per non dispiacermi, si trovava pie- La chiesa del Santuario di San Pio a San Giovanni Rotondo. In basso la cittadina addobbata per i 150 anni dell’Unità d’Italia e il Natale IL CLUB n. 116 – pag. 24 namente d’accordo con me. Detto, Fatto: il Nostro Natale deve essere vissuto vicini a San Pio a San Giovanni Rotondo. La nuova meta, come d’incanto, veniva condivisa con grande entusiasmo anche dai miei figli Valentina e Davide (e mio genero Giuseppe) che si agganciavano a noi per questo viaggio che si è rivelato di grande spessore spirituale. Né la pioggia né il forte vento di quei giorni ci hanno fermato: infatti il 22 dicembre eravamo tutti quanti in camper verso la nostra prima meta tanto desiderata: San Giovanni Rotondo. Il 23 nella tarda mattinata il nostro arrivo e dopo un breve spuntino, visita al Santuario che ci ha visti impegnati tutto il pomeriggio. Il 24 dopo una mattinata trascorsa in pieno relax, nel primo pomeriggio siamo approdati nel paese di San Giovanni Rotondo per la visita di tutta la cittadina accompagnati da varie manifestazioni che il Comune organizza per le feste natalizie. In serata dopo uno spuntino all’insegna della massima sobrietà, senza i soliti cenoni e tavoloni banditi con di tutto e di più, ci siamo recati in una pizzeria/friggitoria per gustare le varie specialità locali, per indirizzarci in seguito, intorno alle 22,00 circa, verso il Santuario per assistere alla Funzione Natalizia della nascita di Gesù; funzione iniziata alle 11.30 e terminata intorno all’una e trenta. L’atmosfera è stata quella che tutti possono immaginare, ma per noi è stata un’esperienza di grande valore spirituale, un mistico Natale nella terra di Padre Pio. San Giovanni Rotondo offre infatti un'incantevole cornice naturale all’anima sognatrice di ogni uomo che si prepara alla Festa del Natale. Un'immagine pulita, genuina, semplice ed umile, che aiuta non poco il credente nella comprensione del mirabile mistero d'amore vissuto, nell'infanzia, nell'adolescenza, nella giovinezza e nel percorso sacerdotale, dal suo Figlio più illustre (San Pio). E’ qui che Lui ha cullato e dilatato nel suo cuore la sublime poesia della Natività, tutta orientata nella contemplazione del Divino Bambino e della Sua singolarissima e straordinaria famiglia naturale. Dopo questa esperienza particolare, il 25 ci spostiamo alla volta di Alberobello e scopriamo che il Comune, la Pro-Loco e le associazioni ecclesiali di questa magnifica località hanno organizzato, con ingresso gratuito, Il Presepe Vivente ambientato nelle caratteristiche abitazioni dei trulli. Proprio il Trullo Sovrano è l'ideale punto di partenza di una passeggiata alla scoperta delle tradizioni natalizie: tra monti e aia piccola, lungo strade parate di luci, festoni e tappeti vermigli, si affacciano oltre cento presepi artistici in una mostra senza pari curata dal Comune. Passando per la basilica dei Santi Medici, si raggiunge la bottega del sarto-cartapestaio Sebastiano D'Oria, in Vico Carducci: da oltre settant'anni questo artista costruisce i suoi presepi con una tecnica particolare utilizzando - al contrario dei maestri leccesi - piccolissimi pezzi di carta (anche di pochi millimetri) per modellare pupi vestiti di tutto punto, perfino con gli indumenti intimi. Si prosegue per Casa D'Amore e, dopo aver ammirato le Natività con le figure di maggiori dimensioni, si passa alla chiesa della Madonna del Carmine e a Casa Pezzolla, nelle cui sale sono esposte opere di artisti pugliesi (e altre provenienti da collezioni private) che raffigurano presepi delle forme e ambientazioni più varie, dalla classica mangiatoia al coccio di terracotta, dallo chassis di un televisore all'immancabile trullo. Si prosegue per il Museo dell'Olio, i trulli della Villa Comunale e di Piazza D'Annunzio, la chiesa di Sant'Antonio e quella della Madonna del Rosario, in frazione Correggia, includendo anche la curiosa mostra Alberobello in Miniatura (nel retro di un negozio di souvenir in Via Monte San Michele 34). Ma il piatto forte ci attende ad Ala Piccola, che si trasforma completamente per accogliere uno straordinario Presepe Vivente rappresentato da oltre trent'anni con peculiarità che lo distinguono da altre manifestazioni similari. Il giro ha inizio alle ore 17, con partenza ogni quarto d'ora, in gruppi di massimo 15 persone al seguito Due immagini di Alberobello in versione natalizia IL CLUB n. 116 – pag. 25 di una guida che illustra le attività svolte nei vari trulli: vi troviamo la riproposizione di antichi mestieri tra i quali l'acconciatore di vasi, lo stagnino, il maestro d'ascia, il calzolaio e il trullaro, (per inciso, il mio omonimo Domenico Romano) uno degli ultimi maestri ancora in attività che spiega le tecniche per squadrare le pietre da sovrapporre in modo da lasciar circolare l'aria. Gli ambienti, inoltre, accolgono massaie intente nella preparazione di pietanze contadine o impegnate in lavori di tessitura. Ma la particolarità di questa rassegna è data dalle esibizio- Curiosità per i camperisti!!!! Presso il parcheggio camper “Nel verde” di Alberobello, abbiamo avuto modo di visualizzare, provare ed apprezzare il nuovo “SOS Camper WC”; che facilita, con semplici manovre la pulitura ed anche la sterilizzazione delle cassette dei nostri WC Camper. In sintesi, il macchinario di nuova costruzione, è (come ci spiega il titolare del parcheggio) il primo installato sia in Italia che in Europa. Il macchinario che nella struttura assomiglia a quello da macchina da caffè che troviamo nei vari uffici, ai bar, nelle scuole etc. ad inserimento avvenuto della cassetta thetford automaticamente scarica, ricarica la cassetta di fluido a pressione, sciacqua e riscarica. Ripete la predetta operazione per ben due volte, il tutto ben visibile grazie alla luce di cortesia installata al suo interno, mentre un aspiratore ne toglie gli odori. A fine ciclo la cassetta viene restituita perfettamente pulita e sterilizzata. Il macchinario prevede una gettoniera, ma al momento il servizio è gratis. Se avete curiosità potete dargli un’occhiata anche via Internet all’indirizzo: http://www.pleinair.it/speciali/mn blog_2k9/video.php?id=12. Vi assicuro, una gran bella invenzione, che ha lasciato di stucco tutti i camperisti presenti in quel parcheggio. Uno dei presepi di Alberobello; in basso una scena del Presepe Vivente che si svolge nella cittadina pugliese nel periodo del Natale ni teatrali che hanno per protagonisti i giovani del luogo, i quali portano in scena un tema ogni anno diverso: gli attori, in un misto di dialetto e di italiano, riescono a coinvolgere e a divertire il pubblico rendendo questa tappa particolarmente piacevole e interessante. Nell'ultimo trullo, invece, l'intensa recita di un'attrice suggerisce di considerare più cristianamente l'evento che ci si appresta a contemplare e, in una suggestiva atmosfera che induce tutti al silenzio, introduce al quadro della Natività. Prima di lasciare definitivamente il circuito, un'altra piacevole sorpresa attende i visita- IL CLUB n. 116 – pag. 26 tori all'uscita. Su un lungo tavolo sono poste, a disposizione degli ospiti, tutte le pietanze preparate dai figuranti del Presepe: orecchiette al sugo, focacce e crostini con ricotta forte, baccalà fritto, le tipiche pettole, dolci e vino, per salutare Alberobello e i suoi trulli all'insegna della genuinità di questa terra. Dopo due giorni pieni ad Alberobello, il 28 mattina ci rimettiamo in viaggio per rientrare a Palermo felici, e con un unico pensiero: questo Natale è stato il più bel Natale che abbiamo mai vissuto. Mimmo Romano Verso Samarcanda Sulla via della seta, attraverso territori che presentano tuttora rischi non indifferenti, ma che premiano alla fine qualunque sete di conoscenza con paesaggi inusuali e monumenti di rara bellezza D opo il viaggio effettuato in Russia nel 2010, appena l'anno scorso, e del quale ho descritto i momenti salienti nei precedenti numeri del nostro bimestrale, era quasi scontato che mi accingessi a proseguire verso un ulteriore itinerario oltremodo “periglioso” quale quella verso la via della seta e la mitica Samarcanda, in Uzbekistan, attraversando territori che, se anche conosciuti, ma non molto pubblicizzati per il turismo di massa, presentano tuttora rischi non indifferenti, ma che premiano alla fine qualunque sete di conoscenza con la loro bellezza, con paesaggi inusuali, con la diversità culturale dei popoli incontrati, con le loro più schiette abitudini di vita così diverse dalle nostre. Un viaggio che ci ha allargato la visuale, la consapevolezza di noi stessi e della piccolezza della nostra Sicilia, per quanto grande possiamo considerarla. Anche quest'anno ci siamo rivolti, io e mia moglie, alla San Pietroburgo.it di Milano, che ci ha risolto molte incombenze, soprattutto per l'ottenimento dei visti delle quattro nazioni attraversate, spesso in conflitto, palese o meno, fra di esse, che hanno rallentato oltremodo l'iter; si pensi che da ottobre 2010, con lo studio preventivo del viaggio, il suo vademecum di 22 pagine, ufficializzato nel marzo 2011, abbiamo riottenuto i passaporti, le patenti internazionali, le deleghe alla guida del camper da parte di mia moglie, le traduzioni del libretto di circolazione, le varie copie delle assicurazioni, sia sanitarie che del mezzo, solo alla vigilia della partenza, cioè il 1° giugno 2011: ecco perchè pur avendo divulgato il tragitto a qualche equipaggio, non abbiamo ritenuto di ufficializzarlo ad altri soci nel Club. E non è tutto, avendo dovuto preparare il camper per un viaggio di 15.000 Km, per attenuare qualsiasi problema, che comunque c'è stato. Essenziale è stata anche la conoscenza del cirillico delle nostre guide che hanno lavorato fino a notte fonda per la preparazione dei do- cumenti richiesti in loco nelle varie dogane, quattro lingue simili, ma non uguali. Fatta questa doverosa premessa, andiamo al viaggio. Personalmente per raggiungere la tappa di inizio del tour ho seguito la direttrice Padova, Tarvisio, Graz, Vienna, Brno, Krakow e Jaroslaw, in Polonia; il viaggio è continuato poi verso Przemysl, impronunciabile cittadina polacca, ma ridente e normale, sul fiume San, e finalmente L'Viv (Leopoli), dopo avere attraversato la frontiera ucraina senza problemi, a parte le lungaggini in uscita dalla Polonia dovute alle norme di Shengen, e dove ci incontriamo con gli altri sei equipaggi di quest'anno; in totale quindi saremo sette, con ampia rappresentazione nazionale. L’attraversamento dell’Ucraina L'Viv, che si legge L'Vov, Leopoli, si trova a circa 100 km dalla frontiera polacca; il nostro primo posteggio si trova nella hall di un albergo-ristorante, Jockey, all'interno dell'Ippodromo della contrada Solonka, del quale ci erano state fornite le coordinate gps (non trovate dal Tom Tom). L'Ucraìna è ancora in fermento per la rivoluzione arancione di estrema destra, che causò tre soli morti nel 2004, guidata da Yulia Tymoshenko, da poco fatta arrestare - si dice - dal presidente Yanukovich, vicino alla Russia: continua in effetti ancora la guerra del prezzo del gas, barattato con l'affitto dei porti sul mar Nero, e che coinvolge pesantemente tutti i paesi dell'Unione Europea da essi riforniti. Regoliamo i pagamenti con l'organizzazione, circa 4000 euro e dollari, più 500 euro d'anticipo all'iscrizione; sono compresi il costo di sei doppi pasti in ristoranti caratteristici con spettacoli e la nafta necessaria per circa 10 mila Km.; saremo accompagnati con una jeep e da due guide: Masha trentenne carina, bielorussa italianizzata, e Nicolaj, moldavo, gentile e timido IL CLUB n. 116 – pag. 27 filosofo conoscitore di cinque lingue imparate a Torino, guidatore, coadiuvati successivamente da Sacha, pur egli bielorusso, esperto di guida, ma che non parla italiano, anche se capisce il nostro idioma. Ci attrezziamo per avere tutti disponibilità di acqua e tensione elettrica da un solo punto a disposizione; effettuiamo infine gli ultimi preparativi prima dell’inizio del viaggio vero e proprio confrontando mezzi e dispositivi; ci godiamo gli allenamenti giornalieri di una decina di cavalleggeri lanciati al galoppo alle prime luci dell'alba. Qualcuno, alla fine degli adempimenti, visita parte di Leopoli, elegante cittadina, il cui centro è Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco; fondata nel XIII secolo, con simbolo il leone di san Marco, in gran parte è stata ricostruita dopo la “guerra patriottica” del 19411946; la piazza Rynok contiene la torre Kornjakt, il teatro dell'Opera, la chiesa domenicana, la cattedrale armena, quella latina, quella grecocattolica, una moschea e una sinagoga (tutti luoghi di culto che testimoniano l'eclettismo culturale che la pervade), della quale rimangono comunque ancora le rovine lasciate dai nazisti. Dopo avere regolato gli orologi, una sola ora in avanti, finalmente partiamo. Il paesaggio è vario, ma tendente ai grandi boschi; in Ucraina ci colpisce la famosa terra nera molto fertile, che alimenta migliaia di parchi cittadini; la strada è buona, anche se a tratti è in ricostruzione per tappare i famosi buchi dovuti al disgelo; a noi ciò sembra fatto in modo molto artigianale. Il catrame sulle ruote imbratta tutto. A 300 km fatti di buona lena, effettuiamo il primo rifornimento alla maniera russa. Faremo ancora 220 Km. sulla M06 prima di sistemarci in un camping con tutti i servizi per due giorni. Ci aspetta Kyjiv, Kiev, Knib, capitale dello stato sul fiume Dnepr, terzo fiume europeo dopo il Volga e l'Ural, molto limpido e pulito; la città, pur essendo abitata da circa 3.000.000 di persone conserva uno status di città serena, antica, slava, ma nello stesso tempo con standard europeo, costruita su sette colli, già capitale della Russia; dopo la guerra è stata ricostruita del tutto, perchè distrutta dalla furia nazista sia negli edifici (per l'85%), sia nella popolazione (oltre 250.000 morti, fra i quali tutti i 100.000 ebrei, portati nel burrone di Baba, Babyn jar, in 778 gg di occupazione, dal 21 settembre 1941 al 5 novembre 1943). La visiteremo con un pullman ed una guida locale dato che il traffico è notevole. La cattedrale di Santa Sofia, dedicata alla Vergine ed alla divina Saggezza, edificata ad imitazione della basilica di Costantinopoli, è diventata nei secoli il centro della cristianità ortodossa della chiesa ucraina, ma anche un centro politico e culturale di tutta la Russia. Essa è oltremodo ricca di affreschi, di graffiti medievali, di mosaici; il pavimento in formelle quadrate di ghisa contraddice il multiculturalismo, essendo formato da simboli ebraici e islamici ritenuti inferiori ad altre religioni, da calpestare, ma è stato regalato, diremmo oggi, da uno sponsor, il costruttore, che non fa testo. Un'altra versione dice che tutte le religioni sono uguali dalla testa, cristianoortodossa, ai piedi, ebraici e musulmani. Il museo della cattedrale ospita quello delle miniature; parliamo, aspettando la doppia traduzione, con l'ingegnere che in quadretti di meno di 1 mm quadrato è riuscito ad inserire fotogrammi di grande pregio ed in maniera tridimensionale visibili solo con ingrandimenti telescopici: battaglie di aerei, di navi, velieri, la sagoma del libro di Sant Exupery ed il suo aereo, una pulce; il tutto in oro. All'ingresso del museo fa bella mostra di sé, si fa per dire, una teca con i resti di una zarina e da una teca molto più piccola dove giacciono i resti di un possibile suo figlioletto: oltre alle ossa più grandi sono integri gli ornamenti funebri in oro, ritrovati intatti nella tomba, all'uso sciita. Mentre fotografo un pettorale d'oro del peso di 1,5 Kg istoriato con grande maestria, pur esso preistorico, del IV secolo a.C., interviene una guardia che mi fa uscire dal museo senza troppe discussioni: voleva sequestrarmi la macchina fotografica! Vediamo quindi la famosa La cattedrale di Santa Sofia di Kiev, dedicata alla Vergine ed alla Divina Saggezza, con una folla di fedeli sul sagrato. In basso la porta-chiesa della Trinità, un altro gioiello della capitale ucraina porta d'oro di ingresso alla città, ricostruita dopo 1500 anni nel 1982. Saltiamo la visita del teatro dell'Opera, della cattedrale di san Vladimiro, del giardino botanico, dell'accademia delle scienze, del ricchissimo museo delle arti russe, paragonabile all'Ermitage di San Pietroburgo; visitiamo invece il grande monastero Lavra, delle grotte, dove si mummificavano naturalmente i morti, soprattutto asceti, ricostruito integralmente dopo le distruzioni della seconda grande guerra e dichiarato Patrimonio Unesco. Esiste un lungo e stretto cunicolo che unisce le varie grotte. Sono state pure ricostruite nel 1701 le mura alte 7 metri e lar- IL CLUB n. 116 – pag. 28 ghe 3 per 1 Km, rendendo il monastero una vera fortezza armata con circa 500 cannoni. Il perimetro è ricco di cattedrali, come quella della Dormizione del 1000, di altre chiese, come quella della Trinità, di San Nicola, di Ognissanti, del Salvatore, dell'Esaltazione della Croce, il cui campanile si staglia sul cielo con i suoi di 96 metri; e tanti sono i palazzi con destinazione museale. Il pomeriggio visitiamo un mercato delle pulci con soli ricordi dei soviet a prezzi piuttosto alti. Un assaggio di Russia L’indomani percorriamo circa 500 Km. e passiamo la frontiera fra Ucraina e Russia aspettando sotto il sole cocente per quattro ore in attesa di essere chiamati; quando usciremo è già tardi e dormiremo nel posteggio doganale vicino, polveroso, e con centinaia di Tir e macchine in fila. E’ domenica e il nostro gruppo, continuando il suo viaggio, passa da Nikolajewka, dove una targa ricorda la ritirata dell'Armir sul Don del gennaio 1943 con battaglie di sfondamento e migliaia di morti; dopo circa 300 Km siamo a Rossosh, una cittadina pur essa teatro di guerra, ricostruita in modo molto moderno, e con edifici che ricordano gli accampamenti degli alpini ed i loro servizi logistici. Dormiremo in un'area attrezzata, posteggio solo per noi ed un tir, dotata al solito di un rubinetto e di una presa elettrica. Il pomeriggio è dedicato ad una passeggiata in centro: fotografiamo un carro armato simbolo del loro passato inteso come guerra di liberazione e nascita nazionale. Il giorno successivo conosciamo il prof. Morosov che ha dedicato la vita alla costruzione del museo di guerra con abnegazione e rispetto per i soldati italiani, alpini morti durante la ritirata sul Don. Egli ci fa visionare un intero DVD sull'argomento e ci informa che altre notizie della Brigata Julia le possiamo reperire nel museo di Rovereto. Facciamo in tempo a rifornirci di acqua e birra, molto buona, nel locale ricco supermercato prima di ripartire. Ancora 200 Km e un’altra sosta per la notte in un condominio chiamato Prolisok, bucaneve, dove un bimbo mi viene incontro con la manina tesa dicendo “priviat”. Per tre volte, spazientito, anche se ricambiavo il saluto con ciao. Preleviamo acqua da un tubo di innaffiamento e ci alimentiamo con corrente messaci a disposizione dal capo dei condomini subito dopo una burrasca che allaga tutto. Il 21 giugno attraverseremo il Volga uscendo dall'Europa ed entrando in Asia, dopo 46 Km, su un ponte di barche ricoperto da piastre d'acciaio sconnesse; continueremo per altri 400 Km, attraversando la regione di Rostov fino a Volgograd, ex Stalingrado, teatro di furiosi combattimenti che rileggo in un libro Garzanti del ‘71, con le memorie del figlio del feldmaresciallo tedesco Von Paulus, della sua sesta Armata, sacrificati da Hitler per il Un carrarmato della ex URSS trasformato in monumento ai caduti in ricordo della vittoria sul nazismo nella seconda guerra mondiale sulla strada per Stalingrado (oggi Volgograd) suo sogno di potere assoluto, bloccato dai russi con il loro enorme potenziale industriale di guerra. Ci sistemiamo a fine giornata sotto una pioggia occasionale nel cortile di un moderno albergo-ristorante che rievoca l'assedio con foto dei belligeranti e con camerieri in divise militari del periodo. città, che comunque cambiò il suo nome in Volgograd, dal vicino Volga. Visitiamo pure il mausoleo della Vittoria, dove arde la fiamma perenne al milite ignoto, con i nomi dei 200 mila morti russi, nella sacca simbolo della battaglia contro i nazisti ed ivi assistiamo al cambio della guardia, sempre molto suggestivo. Verso il Kazakhistan La visita inizia da una statua femminile con spada sguainata inneggiante alla Vittoria (nella foto), alta 96 metri, in acciaio inox e titanio, con altre statue altrettanto imponenti, il laghetto e le pareti istoriate con le storie cruente della liberazione; il notevole complesso monumentale, visibile anche da lontano, fu donato da Stalin alla IL CLUB n. 116 – pag. 29 Ci avviamo il giorno dopo verso la frontiera russo-kazaka; il lussureggiante paesaggio che finora ci ha accompagnato comincia a diradarsi con un sensibile “abbassamento” della flora, che si tramuta ben presto in una visione quasi accecante e continua di luce e allontanamento dell'orizzonte sul deserto. Ma a quattro camper, compreso il mio, vengono comminate delle multe di 400 rubli l'una perchè non si hanno gli anabbaglianti accesi (pochi euro). E' così che mi accorgo di avere le luci guaste, e solo a Samarcanda un tecnico risolverà il problema sostituendo le due lampade bruciate con altre tedesche, perfette. Avremo via via altre multe per eccesso di velocità, con foto scattate appena tre ore prima nel deserto o comminate ad altri equipaggi per il superamento di semafori rossi! Durante il tragitto visitiamo un bazar affollatissimo dove vendono latte di capra, di cammella o, di asina appena munto in bottiglie di plastica non etichettate, che ci Ah, le frontiere Ah se si potessero eliminare le frontiere! Mi rendo conto che alcuni controlli sono necessari, ma supplire alla stupidità, all'ignavia, alla burocrazia fine a se stessa e volutamente non organizzata o per meglio dire organizzata volutamente in modo che sia ottusa, non è possibile. Qui non parlo delle dogane dei Paesi attraversati; o non solo, perché sono tutte uguali ove esistono. Che senso ha rallentare la marcia in loro corrispondenza con lastre di granito sconnesse che fanno oscillare i mezzi pericolosamente? O dividere i conducenti maschi dalle femmine, ed entrambi tra proprietari degli stessi mezzi e non? Quindi, controllare i documenti, effettuare la ripresa telematica dei soggetti, più volte a distanza di pochi metri? E poi, effettuare il controllo minuzioso di ogni possibile anfratto del camper, con apertura anche del …serbatoio delle acque nere, se poi ci sono pure i cani antidroga? Si ipotizza la curiosità, ma se si reagisce con delicatezza ostinata, come ha fatto mia moglie pretendendo che gli agenti si ripulissero le scarpe dalla sabbia o rallentando la perquisizione per mettere in ordine prima di passare oltre, allora la burocrazia, battuta con le sue stesse armi, miracolosamente cessa di essere. Potrei continuare, ma il dato certo è che questi controlli sono in parte casuali e non escludono sia il trasporto di droga, sia quello di clandestini, o quello di valuta, con la piena connivenza delle autorità politiche, come ben sappiamo. In Ucraìna abbiamo assistito a episodi di vera e propria corruzione verso gli agenti che non sono insensibili e che sopravvivono solo facendo almeno due lavori, il secondo in nero. Ma non è la sola nazione dove ciò avviene con l'estrema falsa liberalizzazione che permette ogni abuso verso di loro. Tutto ciò nelle quattro frontiere attraversate per due volte, con perdita di tempo incalcolabile: ma noi siamo stati pazienti. Come ad ogni cambio provincia dove non si può fotografare la garitta di polizia, sormontata però dagli striscioni di benvenuto. guardiamo bene dal comprare, ma anche dolci, frutta di tutti i tipi e giornali in puro cirillico. Dopo 200 Km. arriviamo alla dogana russokazaka realizzata dentro un capannone enorme, costruito da un anno, e malgrado il tentativo di fraternizzare tra la nostra guida ed alcuni agenti, non siamo esenti da un lungo e minuzioso controllo. E' la terza dogana che attraversiamo. Per 500 Km dopo la dogana kazaka andiamo verso Kulsary e Atbypay; i luoghi che attraversiamo si presentano in colori cangianti man mano che ci avviciniamo al tramonto, sempre con base dei colori pastello. Intanto spostiamo avanti di un'altra ora gli orologi. Da lontano vediamo un cimitero musulmano; ci fermiamo ad ammirarne e fotografarne le fattezze: si mimetizza completamente con i colori beige del deserto; dopo 237 Km deviamo verso Dossor e quindi Kulsary; dormiamo davanti un alberghetto, dopo una nuova contrattazione del costo effettuata dalla guida. L'indomani, 24 giugno, continuiamo verso Borankul; ci conforta un pezzo di autostrada che si dice voluta dai tecnici italiani della Eni; ma dopo circa 200 Km comincia una strada, altri 200 Km, da 5 Km l'ora per quante buche esistono; il problema è seguire i più incoscienti e spericolati o camminare con maggior prudenza: in due equipaggi seguiamo il secondo indirizzo; ci aspettano, ma essendo già quasi buio viaggerò per 83 Km alternando fari abbaglianti o seguendo i camper davanti. Il deserto Il 25 continuiamo nel deserto che non ci lascia alternative: luce abbagliante, se non abbacinante; strade allucinanti; non c'è stanchezza che tenga, bisogna andare avanti; si continua seguendo a volte la jeep e ammirando l'antropizzazione che lungo il confine stradale è contornato da pali di luce, da qualche pipeline in funzione per l'estrazione del petrolio, da asinelli velocissimi sormontati da omoni che spuntano dal nulla, da dromedari e cammelli che passeggiano in ogni dove, da lunghe file di pietre che segnano il possibile percorso di condutture, da piccole collinette di pochi metri che sottendono altrettante buche nelle quali si scaricano liquami o immondizia, da ricoprire, quando piene. E treni con più di 200 vagoni in continuo passaggio, lontano, all'orizzonte. Ogni tanto si incontrano piccoli assembramenti, capanni o casette o stazioni di servizio, dove consumiamo un pasto preceduto sempre da un borsch caldissimo, e con tanta birra. Spuntano anche lontane aggregazioni che sono solo cimiteri, che interrompono la mo- La carovana dei camper nel deserto vicino la frontiera fra Russia e Kazakhistan IL CLUB n. 116 – pag. 30 notonia ossessiva nella luce abbagliante che tutto livella. Il colore è sempre quello della sabbia: di rosso ci sono solo i tramonti, con un sole color del fuoco, ma non troppo grande per mancanza di umidi aloni; inimmaginabile. E' un deserto senza dune, non immune da vere e proprie tempeste di sabbia, o da tratti salati con specchi calpestabili, con temperature di 50° (all'ombra di alberi inesistenti). E se c'è vento, questo trascina con sé anche bottiglie di plastica vuote con scritte che non vogliono dire nulla. Il Kazakhistan, territorio dei nomadi, è per il 95% deserto, con poca acqua; dove ci siamo fermati, vere piccole oasi, essa era molto abbondante, ma difficilmente usufruibile con condutture di almeno due pollici, sempre in funzione, a pagamento, per la ripulitura dei mezzi di cantiere obbligati a farlo. Scrivere Uzbekistan con i luoghi conquistati da Alessandro Magno o visitati da Marco Polo lungo la via della seta non può dare da sola l'idea di cosa possa essere l'andarvi senza un viaggio di avvicinamento. E non ne dà l'idea tantomeno Internet che si esime dal dire dello stato pietoso delle strade, che è un vero eufemismo dichiararle tali: questo è un viaggio che in un certo senso poteva effettuarsi in aereo fino a Tashkent, la capitale, per raggiungere comodamente le poche località cosiddette turistiche; ma ciò avrebbe eliminato la conoscenza diretta e la vera fatica dell'approssimarsi lentamente alla meta che in definitiva è diventato il vero scopo del viaggio facendolo somigliare ad un insieme di lunghi trasferimenti, circa 10.000 km, attraverso luoghi impervi, strade in costruzione con tecniche inusuali per ovviare al caldo feroce, lastre di cemento di 30 cm di spessore ricoperte di plastica e continuamente innaffiate fino a completa trasformazione chimica dei componenti, o sabbia che ricopre dislivelli e buche. Un trasferimento è quasi uguale ad un altro; ma ognuno di essi ha una propria storia ed è quasi impossibile da dettagliare in poco spazio. Come non ricordare il caravanserraglio dell'XI secolo, dichiarato patrimonio dell'umanità con gli stazzi per i cammelli? Come si fa a trasmettere le sensazioni che offre il pieno deserto che sembra, per 3000 Km e sei giorni di viaggio, sempre uguale a se stesso, e invece cambia impercettibilmente ogni momento e completamente tra il mattino e la sera? Basti pensare alla temperatura che da 25° arriva ai 50°, abbassandosi repentinamente la notte. Lunghissimi, e quasi infiniti i rettilinei. E i pochi lavoratori sotto il sole implacabile, ricoperti in pesanti tuniche, mentre noi viaggiamo con l'aria condizionata! Finalmente in Uzbekistan Passiamo la dogana kazaka-uzbeka e alle 22 ci posteggiamo in uno spiazzo poco distante. Le nostre guide rimangono in dogana ad espletare l’iter della documentazione fino a tarda notte... Quando l’indomani ripren- diamo il viaggio, ci rendiamo conto che continua il deserto. Ci supera in senso contrario un piccolo corteo funebre di una ottantina di uomini vestiti in maniera uniforme con il kalat a strisce verticali bianco neri che trasportano al centro una bara avvolta in una lunga tunica accompagnata da quello che sembra uno schiamazzo, ma altro non sono che lamenti dolorosi per la morte di un probabile congiunto. Per radio la guida (una giovane donna di religione ortodossa bielorussa) ci proibisce qualunque foto e ci spiega che le donne che mancano sono a casa a cucinare il grande pranzo d'addio alla salma. Dalla dogana arriviamo a Karakalpakia; un equipaggio lascia in posteggio dentro una fabbrica di Un cimitero kazako nel deserto. In basso un minareto a Kiva IL CLUB n. 116 – pag. 31 Una ricamatrice di Bukhara, città da sempre famosa nel mondo per la produzione di sete e tappeti mobili a Nukus il proprio camper (è un Laika Kreos 3001) per non finire di distruggerlo: proseguirà in taxi, lo riprenderà al ritorno, ma arriverà solo a Bukhara. Arriviamo a Khiva (Hiva, Xiva, Chiwa) nella famosa oasi di Koresm, con l'imponenza della sua fortezza, i suoi mausolei e minareti, costeggiando imponenti mura sui cui contrafforti sono stesi per la vendita tappeti colorati e varie altre mercanzie, con una umanità in movimento che ci colpisce, con i bimbi che scorazzano nell'imbrunire, con le strade sconnesse primordiali. La città ha dimenticato d'essere stata il centro del commercio degli schiavi. Posteggiamo in una piccola ansa stradale davanti l'albergo Arkanchi con panche larghissime e colorate all'ingresso; provvediamo ad alimentare i camper prelevando energia elettrica da un cavo posticcio che distrugge la quasi totalità dei frigoriferi automatici e la mia centralina di ricarica batterie, per la pretesa di un equipaggio di accendere l'aria condizionata che non va a regime e produce continue extracorrenti. Alimentiamo elettricamente i frigoriferi per risparmiare le bombole di gas sconoscendo le possibilità di ricambio. Le batterie sono ricaricate dai pannelli fotovoltaici: il sole non manca! Al mattino dolcissime donne, molto sottomesse visto il maschilismo strisciante, passano con cestini di piccole albicocche; tutti supponiamo siano il solo reddito a loro disposizione dopo la vendita al locale albergo. Ci inoltriamo in una visita del centro attraverso strette viuzze, quasi interamente ricoperte da ombrelloni posticci: un vero bazar dove si vende ogni genere di souvenir; non tralasciamo la visita del complesso Pakhlavan Makhmud, la Madrasah Allakulikhan, il palazzo Harem, l'arco Kunya, il minareto Khoja, la torre di avvistamento sulle mura; visitiamo l'antica moschea del venerdì con 103 colonne in legno variamente istoriate in grado di ospitare 5000 possibili fedeli. L'ansa è proprio davanti al minareto che ci sovrasta; la sera ceniamo all'aperto allietati da una compagnia che canta, balla ed esegue danze tradizionali: ammiriamo in particolare un bimbo che sostituisce i maschi adulti. Le stelle si accendono in cielo: non ne abbiamo mai viste tante. La città è alla sinistra del- L’ingresso a Samarcanda IL CLUB n. 116 – pag. 32 l'Amu Darya; fu alla testa di un khanato che lottò sia contro Bukara sia contro la Persia. Ebbe una travagliatissima storia a partire dal IV secolo a.C. passando con la sua regione, Corasmia (a sud del lago Aral), da Alessandro Magno agli arabi, dai Turchi a Genghiz Khan, e poi a Tamerlano e infine agli zar russi che la conquistarono e l’annessero al loro impero. E’ il primo luglio. Lasciamo Kiva e andiamo verso Shahrisabz, famosa per avere dato i natali a Tamerlano. L'arrivo è ostacolato da una miriade di mini-auto giapponesi che si muovono senza un'apparente regolamentazione, ma che tutto invadono. Vediamo subito il tradizionale e tetro monumento a lui dedicato, ma la sua tomba non è nel locale museo che visitiamo, ma a Samarcanda. Nel frattempo quasi tutti gli equipaggi si curano una dissenteria che li ha colpiti. Siamo a 39°29'47” di latitudine nord (quasi all'altezza di Palermo), ma a 67°di longitudine est! Nel pomeriggio arriviamo a Bukharà, Buhara, 470 Km da Kiva, costeggiando il fiume Amu Darya di un colore giallo ocra per la sabbia del deserto uzbeko Kizil Kum che attraversa; è pur essa con colore prevalente ocra ed è nominata città-oasi sacra per le innumerevoli e artistiche moschee, si dice siano almeno 300, spesso arredate con piastrelle di maiolica azzurre, con motivi floreali. Spiccano la moschea Kalyan con il relativo minareto, la Bo- La Madrasa Sherdor e, in basso, Piazza Reghistan a Samarkanda IL CLUB n. 116 – pag. 33 lokhauz con l'ingresso sostenuto da colonne in legno, o il piccolo Mausoleo di Ismaìl del X secolo, quadrato, sormontato da una cupola grande quanto esso, in mattoni concatenati in varie combinazioni, patrimonio dell'umanità, e poi il minareto Kalan (faro); già capitale dell'Uzbekstan dal 1600, non fu mai un centro politico di rilievo, ma rivaleggiò in bellezza con la stessa Samarkanda. Arriviamo in una piazza dove decine di ragazzi si tuffano in un laghetto con grande, e apparente, divertimento: si dice che prima dell'arrivo dei russi essendo l'acqua stagnante e non disinfettata c'era una morìa tremenda di giovani. La città è tuttora famosa per i tappeti rossi con motivi geometrici ricorrenti a medaglione ottagonale con annodatura molto fitta (anche 8000 nodi al dm quadrato) in lana, e per la produzione di seta. Già, la lana e la seta ci rimandano allo scopo del viaggio: la via della seta… Si dice che sia stata ottenuta dai cinesi nel III millennio a.C., poi portata per vie traverse e leggendarie in occidente, con passaggio da Samarcanda. La nascita delle industrie tessili che la ottennero in tutta Europa, nei secoli, non ne abbassò comunque il costo, anche a fronte della loro specializzazione: allevamento e nascita dei bozzoli dal baco da seta e lavorazione degli stessi, partendo dall'uccisione del baco prima della sua trasformazione in crisalide dalla quale nascerebbe una farfalla e poi da una complessa lavorazione che porta alla nascita di tessuti leggendari. Da ogni baco si ottengono anche 1200 metri di filo ricco di aminoacidi; se non si operasse in tal modo, il filo sarebbe dimezzato nella lunghezza, per il foro di fuoruscita del baco dal bozzolo. Della lana, con cui si annodano i tappeti oltremodo famosi di queste parti, si sa da sempre che proviene dalla tosatura - anche due volte l'anno - di pecore di razze diverse che la caratterizzano. Le pecore merinos danno una lana finissima e leggera molto costosa. Le pecore o i montoni karakul allevati intorno a Samarkanda sono caratterizzati da una lana grossolana, ma corta e riccia, caratteristica, che noi chiamiamo impropriamente di astrakan, essendo ottenuta molto sadicamente da vitellini scuoiati vivi prima della nascita per ottenere una pelliccia estremamente morbida. Nel pomeriggio affrontiamo le fresche alture dove finalmente mi sbizzarrisco in una guida quasi veloce su strade con asfalto quasi decente e raggiungiamo la mitica città che ci accoglie con decine di cesti di frutta secca, colorata, e di piccole mozzarelle che sembrano pietre bianche. La visita di Samarkanda inizia con il mausoleo di Tamerlano, Amir Timur, del XV secolo; lui aveva sette mogli e morì assassinato; la città gli deve molto e i suoi governanti hanno sostituito i simboli del passato sovietico con i suoi, pur essendo stato un feroce e crudele condottiero. Bibi Khanim era la sua moglie prediletta, e a lei fu dedicata la moschea Shakhi Zinda; mentre l'osservatorio astronomico Gurkhani Zij con buca scavata nel terreno per oltre 40 metri, da poco scoperta, è di Ulug Bek che gli succedette: governatore, uomo erudito, ricercatore egli stesso, astronomo. Molte madrase sono di recente ripristino anche se dichiarate Patrimonio dell'Umanità. Come la piazza Reghistan, il mausoleo Rukhabad, quello di Gur Emir, o la Madrasa Sher-dor. Posteggiamo davanti l'hotel Afrosiyob nell'area collinare denominata Afrasyab, con le sue famose ceramiche, dopo avere ripristinato la tubazione d'acqua il cui rubinetto principale era alla sommità di residui di costruzione; ci guida un giovane spiritoso, molto preparato che parla un italiano fluido e ineccepibile: Hurshid Narimov. Mi dice dello spirito uzbeko, musulmano, ma molto laico, che fa accettare nel territorio miriadi di religioni, popoli o persone di etnie diverse che le praticano, in contrapposizione allo spirito ateo dell'URSS; ci sono anche, nel perimetro della città, cattedrali cattoliche e sinagoghe, e il muezzin si sente in effetti solo il venerdì pomeriggio. Visitiamo piccole botteghe artigiane, fra le quali una con strumenti a corda caratteristici; un'altra dove costruiscono lame da taglio cesellate; una dove trapuntano disegni; do incarico ad alcuni ragazzi di trovarmi delle decalcomanie che mi porteranno, trovandomi, all'altro capo della città! La visita si conclude e la sera ceniamo accompagnati da ballerine magnifiche che si esibiscono in eleganti, ma vorticose, danze del ventre con musica caratteristica. Samarkanda e tutta la regione, russificata, ci entra nel cuore con la sua semplicità di vita, e con la serenità che trasmette. La lasciamo a malincuore per avviarci sulla via del ritorno. Sulla via del ritorno Il 4 luglio siamo nuovamente in rotta verso Buchara, dove pernotteremo nuovamente davanti l'Asia hotel che già conosciamo, rimanendoci due giorni; il 6 torniamo ai limiti del deserto, in famiglia! Passando da Turtkul, in 1200 Km arriveremo dopo altri tre giorni a Karakalpakya da dove, dopo altri 400 Km, ci fermeremo alla dogana Uzbeka-Kazaka, per la solita trafila. Nel ritorno, fatto di lunghe marce di trasferimento, molte nel deserto, avvengono diversi eventi che ci permettono una maggiore conoscenza reciproca; e non si conteranno nemmeno tanti piccoli interventi tecnici ai camper risolti con il fare da sé negli intervalli serali. Ma la coralità, anche se siamo ben consci d'essere solo compagni di viaggio, si tramuta in un solo mese in vera empatia, senza ipocrisie o cambi di casacca. Usciamo dalla dogana uzbeka e andiamo ad Atyrau sul fiume Ural; costeggiando il mar Caspio attraversiamo il Volga su ponte di barche arrivando ad Astrahan, città a 90 km dal delta, in piena Russia, maggior centro di pesca e lavorazione relativa del caviale del quale faremo incetta; lo mangeremo spesso in sostituzione del pranzo o della cena. Ne visitiamo il Kremlino. Il 10 visiteremo un mausoleo nuovo, buddista, dedicato al Dalai Lama, supremo sacerdote, dopo aver depositato all'ingresso tutte le nostre scarpe; quello che mi meraviglia è vedere una ragazza che va a baciare tutte le immagini dei Dalai Lama succedutisi nei secoli, 14 generazioni, che oso pensare sia solo un culto della personalità portato all'eccesso della credenza popolare; non più filosofia. Più semplice pensare alla nascita del mausoleo in funzione politica anticinese, anche se il primo Dalai nacque 3000 anni prima di Gesù Cristo. Proseguiamo per Elista, Stepnoj, abitata da calmucchi, a 290 Km ad ovest di Astrakan, e dopo 400 Km di strada pestifera arriveremo l'11 luglio alla dogana fra Russia e Ukraina. Sul fiume Dnepr, che sfocia sempre nel mar Nero, 2000 Km, visiteremo la città di Zaporizzja, Zaparoche, dove in un'ansa del fiume fu costruita per tre volte una diga, distrutta dal 1932 prima dai tedeschi e poi dai russi; nella piazza principale c'è l'unica statua rimasta di Lenin che indica ancora con notevole “intuito” la via per la democrazia; ci fermeremo, nell'atrio di un albergoristorante, in periferia, vicino un supermercato, visitandola in pulmino. La città è la base per visitare l'isola di Horticja, di 12 per 5 Km, dove sorse il primo nucleo di abitazioni e rifugio dei cosacchi tatari della steppa attorno al Dnepr, arricchiti da formazioni contadine; i cosacchi del Don, invece, vennero utilizzati dai russi a scopi militari, essendo stati feroci guerrieri, fino alla seconda guerra mondiale. En- Una chiesetta in legno lungo la strada del ritorno, vicino al fiume Volga IL CLUB n. 116 – pag. 34 Considerazioni post viaggio Un viaggio di 10.000 Km su strade asfaltate “lisce”, all'europea, è perfettamente fattibile. Vista la tecnica di costruzione dei nostri mezzi, un incollaggio più o meno stabile di pareti su strutture interne di contenimento dimensionale, si può dire sia sufficiente per garantire una certa robustezza insita se non sopravvengono eventi dirompenti quali urti o incidenti di tipo automobilistico. Diverso è il comportamento su strade non asfaltate che producono vibrazioni diffuse e sconquassi; i mezzi moderni hanno anche interruttori inerziali che interrompono l'afflusso di nafta per sicurezza, ma ciò non basta. Le vibrazioni producono con le pareti rigide sia un frastuono insopportabile sia una tendenza allo scollamento con progressivo scardinamento. La caduta sulle buche, se non l'urto diretto che uccide il cerchione con la relativa copertura, provoca invece il collasso di tutto ciò che non è stabilmente ancorato sui quattro lati: cade tutto ciò che è a sbalzo scardinando le viti: cassetti, specchi, caldaia, scalini, sportelli esterni. Per ovviare in parte a tutto ciò è essenziale montare coperture grandi, almeno da 16”, gonfie, con telaio alto, quindi non AL-KO che strisciando spesso col suolo produce scintille. In questo viaggio non abbiamo adoperato, per vera impossibilità del loro uso, carte di credito o bancomat, se non in qualche distributore nei Paesi più …occidentali. Abbiamo invece usato valuta locale di cui la nostra guida era fornitissima. Dalla Polonia, con i suoi zloty, ma che accetta gli euro, all'Ukraina, con le grynie, alla Russia con i rubli, al Kazakstan, all'Uzbekstan con i sum, so'm, dal cambio impossibile: milioni di sum per qualche euro; con i tassi di cambio molto variabili, di giorno in giorno. E poi cosa fare della valuta rimasta? Ma noi avevamo la Banca, cioè la guida, accanto! Comunque tutti accettavano valuta pregiata: dollari o anche euro, maggiorando un poco i prezzi. E in ogni caso in ogni frontiera esistono gli uffici cambio, ma come constatato una volta, il gioco non vale la candela, soprattutto per il pericolo di ricevere, non conoscendolo, conio precedente, non valido. trambi fino al 1928 con reparti di cavalleria (bianca) si opposero alla rivoluzione bolscevica. L'isola è ricca di insediamenti e costruzioni quasi esclusivamente in legno che visiteremo, compreso il museo. Una graziosa guida locale ce la illustra, ma non parla italiano per cui dobbiamo aspettare la traduzione: ci fa trasparire l'ostilità verso i russi che giudica prepotenti anche se forti e preparati; e di come sono stati inclusi nella CSI, Comunità di Stati Indipendenti, come si chiama oggi la ex URSS. La sera, dopo avere effettuato la spesa nel locale supermercato, ci saluteremo con dolcetti e brindisi perchè l'indomani ci divideremo in due colonne: io ed un altro equipaggio andremo con due guide e jeep a L'viv, gli altri andranno in Crimea e poi in Romania. Attraverso la E50 fatta di lunghe strade asfaltate, pezzi di autostrade con possibilità di attraversamento pericolosissime, dopo più di 500 Km giungiamo a Urban e dopo altri 400 sempre in Ukraìna a L'Viv, nello stesso albergo di incontro iniziale. Abbiamo 'tagliato' a sud di Kiev rendendoci conto dell'enorme lavoro da fare per rendere accettabili le strade secondarie. Dopo un giusto riposo, sotto la pioggia io proseguo per la dogana russa e quindi in Polonia verso Krakow che rivisito e dove ricovero il mio mezzo, per qualche ora, nella officina Interauto Fiat, per il cambio filtri, olio, del supporto destro dell'ammortizzatore, del necessario lavaggio. Vado quindi ad assaporare alcune strade degne di questo nome, più lisce e gradevoli di quelle asiatiche, anche se strette; ci affidiamo al Tom-Tom che mi fa attraversare su una chiatta di 6 metri un fiume; subito dopo subiamo un tornado. Proseguo per la Repubblica Ceca (Brno, Praha, Karlovy Vary) e poi per la Germania, attraversando Bamberg e Wurzburg; sempre attraverso strade statali, seguendo la Romantische strasse, rivisito Rhotemburg, Dinkelsbuhl, Nordlingen, Donauworth, Landsberg, Schongau e Fussen; arrivo a Innsbruck e da qui attraverso il Brennero, a Trento, dove sostituisco la centralina del camper; visito i borghi della Valsugana, in un giro assolutamente riposante. Borghi e città che già conoscevo, ma delle quali, all'estero, ho apprezzato le trasformazioni migliorative, mentre da noi sembra tutto fermo! Un viaggio lungo, emozionante, che ha messo a dura prova la nostra resistenza e quella dei nostri mezzi, ma ci ha regalato una conoscenza diretta, ancorché non profondissima, di altri popoli che fanno da giusto paragone con i nostri usi, con le nostre possibilità o libertà, o religione. Per non dire dei monumenti costruiti con concezioni diverse, ma pieni di storia altrettanto millenaria, che ho tralasciato di raccontare nei particolari. Impossibile se non con interi volumi. Giuseppe Eduardo Spadoni Uno dei parcheggi utilizzati lungo il tour: strade e luoghi di sosta per parcheggio e pernottamento sono la vera nota dolente del viaggio IL CLUB n. 116 – pag. 35 Naro, aro, oasi barocca Un centro agricolo dal passato ricco di storia e di testimonianze architettoniche S ituata sul versante sudorientale di una collina che la protegge su tre lati, in una posizione che domina la valle solcata dal fiume omonimo, Naro è un centro agricolo della provincia di Agrigento dal passato ricco di storia e di testimonianze architettoniche, in modo particolare chiese e conventi dovuti dall'insediamento nel suo territorio di diversi ordini religiosi tra il XII e il XVII secolo. Le fertili vallate che la circondano, un tempo coltivate prevalentemente a mandorli, hanno avuto nel secondo dopoguerra una funzio- ne determinante nella lenta ripresa economica della città, incentrata sulla modernizzazione dell'agricoltura e sulla coltura della vite. Alla ripresa economica fa riscontro il ripristino, anche se parziale, del tessuto urbano e delle emergenze monumentali, riconducibili all'architettura chiaramontana e, in modo particolare, al periodo barocco. La visita della cittadina ha inizio dal viale Umberto l dove s'incontra il Santuario di San Calogero, risalente nella struttura originaria al '500, con facciata barocca che si sviluppa su due piani so- Panorama di Naro. In basso il Santuario di San Calogero IL CLUB n. 116 – pag. 36 vrapposti. L'interno, a navata unica, custodisce nella cripta una scultura lignea raffigurante il "Santo Nero", patrono di Naro, risalente al '500, e un tabernacolo in marmo datato al 1444. Dalla cripta si può raggiungere la grotta in cui il santo trascorse la sua vita da eremita. Proseguendo sul viale, si sale fino a piazza Cavour, dove via Sebella conduce alla chiesa di Santa Maria del Gesù, ricostruita alla fine del '700, che conserva all'interno una statua marmorea raffigurante una Madonna col Bambino del '400 e un Crocefisso ligneo di Fra' Umile da Petralia. Ritornati nella piazza, oltre la via dietro le Mura, s'imbocca via Dante. Qui sulla destra, si intravede il complesso costituito dalla chiesa di San Giovanni Battista e dall'ex convento dei Domenicani, ampliato nella seconda metà del '700. Poco più avanti si prende la scalinata che porta, risalendo sulla sinistra via Archeologica, alla parte più antica di Naro, dominata dall'imponente Castello edificato dai Chiaramonte su una preesistente struttura normanna e aragonese. Retrocedendo per un breve tratto, si risale via Sant’Antonio sino al Duomo vecchio, chiesa Madre della città dal 1174. Dopo diversi rifacimenti, la costruzione è oggi in stato di grave abbandono; da notare l'interessante portale principale in stile chiaramontano, con ricca decorazione a zigzag nelle ghiere. A destra della via Dante s'incontra la chiesa del Santissimo Salvatore, caratterizzata da una facciata a due ordini, ravvivata da una decorazione di stile spagnolo, in cui si apre un bel portale barocco. Sempre sulla stessa via, al n. 29, si può vedere la facciata barocca di palazzo Gaetani (di fronte è l'altro palazzo omonimo, risalente al '900), mentre poco oltre si trova la Chiesa Madre, o Matrice Nuova, sorta nel 1619 come chiesa del Collegio dei Gesuiti. L'interno, con decorazioni settecentesche, custodisce tra l'altro un fonte battesimale di Crepanzano, del 1424, un gruppo marmoreo raffigurante la Sacra Famiglia di scuola gaginesca, e una statua della Madonna della Catena, attribuita a Gagini. Il portale della chiesa del SS. Salvatore e la facciata di Sant’Agostino A sinistra della chiesa si trova il seicentesco palazzo Destro, mentre poco oltre sulla destra è la chiesa di San Nicolò, del 1618, con facciata ricca di ornati scultorei e interno del '700 decorato a stucchi. Proseguendo sempre sulla via, si giunge in piazza Padre Favara dove sorge la chiesa di Sant'Agostino, edificata su una struttura precedente agli inizi del '700. La facciata è a due ordini sovrastata da una balaustrata. Ciò che resta del convento degli Agostiniani, ricostruito nel XIII secolo e ampliato nei successivi XVII e XVIII, è attiguo alla chiesa. Ritornati in via Dante, si prosegue fino all'incrocio con il corso Vittorio Emanuele, percorrendolo verso destra sino alla piazza Garibaldi. Da qui si prende via Lucchesi dove si incontra la facciata barocca della chiesa di San Francesco, risalente al '200 ma rifatta ai primi del '600. Nell'interno, ad unica navata, sono custoditi diversi dipinti e un consistente corredo sacro e decorativo. La sagrestia, tipicamente settecentesca, conserva armadi intagliati. Adiacente alla chiesa è l'ex convento dei Frati Minori (attualmente sede del Comune) che ospita la Biblioteca Feliciana, nella quale sono custoditi manoscritti, incunaboli e un codice miniato del '300, e un Museo che raccoglie reperti archeologici, arredi sacri e diversi dipinti. Di fronte alla fiancata destra della chiesa di San Francesco è palazzo Giacchetto in stile rinascimentale. Palazzo Morillo (XVIII sec.) si può vedere invece sulla sinistra, oltrepassata piazza Gari- baldi. Da qui si prende via Cannizzaro che conduce alla chiesa di Santa Caterina, fatta edificare dai Chiaramonte nel secolo XIV (la facciata è però settecentesca). Nell'interno, a tre navate separate da arcate ogivali, si possono notare un fonte battesimale quattrocentesco, una statua della Madonna delle Grazie attribuita a G. da Milano e un rilievo in marmo con una Pietà, attribuita a G. da Mancino. Il Castello s'innalza nel punto più alto dell'abitato da dove domina la città e l'intera vallata. Edificato nella seconda metà del '300 su preesistenti strutture normanne, il Castello passò a Matteo Chiaramonte nel 1366, per concessione di Federico IV d'Aragona. La costruzione è formata da un nucleo quadrilatero con due torrioni, uno circolare e uno quadrato circondato da una cortina muraria. L'elemento di maggior pregio è il massiccio torrione quadrato situato nell'angolo ovest, la cui costruzione viene fatta risalire per tradizione a Federico III d'Aragona (sul lato ovest, in alto, si può vedere lo stemma aragonese tra due scudi). Nella facciata orientale, costruita come le altre tre da piccoli conci squadrati, alternati a filari di pietre di forma irregolare, si trovano le due bifore chiaramontane ad arco acuto, quasi del tutto ostruite, che davano luce ad un grande salone al primo piano, diviso al centro da un arco retto da semicolonne e capitelli e caratterizzato da una copertura a botte a sesto acuto. Al salone si accede attraverso una scala esterna, oppure dalle stanze del lato meridionale del Castello, attraverso un portale di stile gotico chiaramontano, decorato con bastioni a zig-zag nella ghiera più interna. L'intera struttura, ancora in parte usata come penitenziario, è in attesa di restauro. Alfio Triolo In alto il castello di Naro. In basso la navata centrale a cielo aperto del vecchio Duomo, ormai in rovina IL CLUB n. 116 – pag. 37 Il testamento del Nannu A Termini Imerese si svolge uno dei più antichi Carnevali di Sicilia, con sfilate di carri allegorici e la partecipazione di due personaggi d’eccezione, “u nannu ca’ nanna”, due nonni in maschera che distribuiscono caramelle fin quando, la sera del martedì grasso, u nannu non finisce al rogo… I l Carnevale è sicuramente una delle occasioni più interessanti per scoprire Termini Imerese, cittadina sulla costa tirrenica della provincia di Palermo, a meno di 40 km. dal capoluogo, che si staglia a dominio del mare su una collina a breve distanza dall’autostrada Palermo-Catania; anche se qualche difficoltà di parcheggio si può avere col camper, dato che le uniche due possibilità che si consigliano sono nel parcheggio situato nei pressi dell’acquedotto romano, all’ingresso della parte alta della cittadina provenendo dall’autostrada, o nel parcheggio sul lungomare Cristoforo Colombo vicino la Villa Marina, nella parte bassa. Nonostante la grande espansione del territorio degli ultimi decenni, il suo patrimonio in pietra è ricco di storia millenaria; le sue origini risalgono addirittura alla preistoria, ben testimoniate dalle numerose grotte che la circondano e che hanno restituito tracce del paleolitico superiore. Ma il primo nucleo cittadino risale al V secolo a.C, quando gli abitanti della vicina Himera, distrutta dai cartaginesi, si rifugiarono nelle vicine Termae, presso le acque delle antiche sorgenti termali, tuttora attive e indicate per la cura delle affezioni reumatiche. Pochi sono comunque ai giorni nostri in città i ricordi del passato splendore, a parte l’area archeologica di Himera, a pochi chilometri dalla cittadina, con il grandioso Tempio della Vittoria e l’Antiquarium. Forse l’unica testimonianza degna di nota dell’età romana è l’acquedotto che si incontra con le sue grandi arcate all’ingresso dell’abitato, che si divide strutturalmente in due parti: Termini Alta, sulla sommità della collina; e Termini Bassa, adagiata sul mare. La parte alta dell’abitato è anche quella che conserva i monumenti più rappresentativi, oltre al citato acquedotto romano; fra di essi c’è il Duomo, dedicato a San Nicola di Bari e risalente al XVII secolo, che ospita pregevoli opere d’arte. Il Duomo di Termini, dedicato a San Nicola di Bari. In basso un panorama della parte bassa della cittadina preso dalla villa-belvedere A pochi metri da Piazza Duomo, che è anche il salotto cittadino, vi è il Museo Civico Baldassarre Romano, ospitato nei locali dell’exospedale della SS. Trinità e in un palazzotto tardo-medievale, al cui interno è conservata una pregevole collezione di monete di varie città della Magna Grecia, oltre ad importanti reperti del periodo romano. Un altro importante tassello del tesoro monumentale cittadino è dato dalla chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, del ‘400, caratteriz- IL CLUB n. 116 – pag. 38 zata da un interessante portale ogivale sovrastato da un pregevole bassorilievo e, all’interno, da affreschi che raffigurano episodi della vita della santa con didascalie in siciliano antico. Nelle vicinanze si può visitare anche il Belvedere Principe di Piemonte, da cui si gode una vista magnifica sulla città bassa e sul porto, con un ampio panorama sulla costa sorvegliata dal massiccio Monte San Calogero, mentre sulla rupe vicina si innalzano i resti dell’antico castello. Due immagini del carnevale termitano: in alto “u nannu ca’ nanna” e in basso “Re Carnevale” Un po’ tutta la cittadina fa da palcoscenico a cielo aperto alle manifestazioni carnascialesche che qui si rinnovano un Carnevale dopo l’altro e che hanno inizio dieci giorni prima del Martedì Grasso e in questo intervallo temporale hanno luogo diverse sfilate di carri allegorici, con bande musicali, sbandieratori, majorettes e maschere. Pare che da queste parti si festeggi uno dei carnevali più antichi dell’isola, dato che le prime edizioni risalirebbero all’inizio dell’800, su iniziativa di alcuni napoletani che avrebbero dato il via ai primi festeggiamenti, introducendo nelle tradizioni cittadine le caratteristiche maschere del “nannu ca’ nanna”, divenute con il passare degli anni i simboli veri e propri del Carnevale termitano. Si tratta di una coppia di stravaganti personaggi che rappresentano “i nonni”: lui bassino, rubicondo e allegro; lei magra e allampanata. Ambedue, dall’alto di una grande automobile d’epoca ricostruita in cartapesta e paludati nelle loro maschere e nei loro costumi ottocenteschi, distribuiscono nel corso della sfilata dei carri allegorici confetti e caramelle ai numerosi “nipoti” venuti ad acclamarli. I carri allegorici sfilano davanti ai nanni insieme a bande musicali, majorettes, sbandieratori e mimi, dando fiato e voce alla satira feroce che si identifica con questo particolare momento dell’anno in cui si rompe con gli schemi consolidati, dando addosso ai politici e ai personaggi dell’attualità; in mezzo al corteo, tra un carro allegorico e l’altro, si susseguono le maschere improvvisate dei termitani, piccoli e grandi, in un caleidoscopio di suoni e colori in cui si alternano musica, balli, buonumore e spensieratezza. I festeggiamenti si concludono la sera del martedì grasso, quando a bordo del carro del Re Carnevale u nannu viene condotto al rogo, mentre il suo testamento viene letto dal “Notaio”, personaggio paludato con cilindro e cappa; e i “lasciti” sono spesso rivolti alle persone più in vista della città, oltre che ai politici, sotto forma di critiche feroci, ma anche di preziosi consigli. Così tra l’allegria generale u nannu brucia in una sorta di rito di purificazione, mentre a nanna vive, come un invito alla riflessione per la Quaresima in arrivo. Testo di Mimma Ferrante Foto di Maurizio Karra IL CLUB n. 116 – pag. 39 Mitologica mandorla La pasticceria siciliana è un mirabile esempio della versatilità di questo antico frutto ricco di vitamine. Due le varietà: quella dolce, utilizzata per dolci e bibite, e quella amara, usata principalmente in profumeria e cosmesi U n guscio duro, che racchiude un frutto bianco e delicato: la mandorla; probabilmente originaria dell’Asia Minore o della Cina, venne introdotta in Sicilia dai Fenici, ma la sua storia è molto più antica. Già nella Bibbia si parla del bastone di Aronne che cominciò improvvisamente a fiorire e produrre mandorle, simbolo dell'approvazione divina. E anche nella mitologia greca vi è uno struggente mito legato a questo frutto, quello di Fillide, sposa di Acamante, trasformata dalla dea Atena in uno splendido mandorlo, che fiorisce all'abbraccio amoroso de!!o sposo, metafora della terra spoglia che rinasce al caldo abbraccio del sole primaverile. Per questo ogni febbraio nella Valle dei templi di Agrigento si celebra la rinascita della natura che si manifesta nel candido fiorire dei mandorli. Le prime varietà di mandorlo coltivato (amygdalus communis) furono trasportate dall’Oriente lungo l'antica via della seta. Nelle colonie della Magna Grecia, in particolare, questo frutto divenne un ingrediente d'uso comune in cucina, anche per aromatizzare il vino, così come nel mondo romano. Ma il suo vero trionfo si ebbe durante il Medioevo, e non soltanto a tavola. Il Perugino "divin pittore" usò la "mandorla mistica" per incastonare la Vergine Maria nell'Assunzione, quale simbolo dell'unione fra terreno e divino. E perfino il poeta Boccaccio nel "Decameron" descrisse una casa fatta di marzapane, cioè mandorle e zucchero. Dalle mandorle, scottate in acqua calda e spellate, si estraeva già allora un latte denso e profumato, come si fa ancora oggi), utilizzato in moltissime ricette, soprattutto durante i lunghi periodi "di magro”, cioè nei tempi di astinenza dalla carne come la Quaresima. L’impiego del latte di Mandorli in fiore mandorla in cucina era però così vario da lasciare stupiti. Non solo si adoperava al pari del latte fresco di pecora o di mucca, ma veniva probabilmente trasformato, come alcuni studiosi sostengono in base alle ricette dell'epoca, in un particolare formaggio o addirittura in burro vegetale. In ogni caso, le mandorle intere o macinate venivano aggiunte in qualsiasi pietanza, sia dolce che salata. Famosa, ad esempio, era la salsa camelina, dal gusto agrodolce, a base di mandorle speziate e tritate, uva passa, cannella e chiodi di garofano, che accompagnava immancabilmente l bolliti. Nel Rinascimento, invece, i dessert alla mandorla La tipica mandorla di Avola IL CLUB n. 116 – pag. 40 chiudevano banchetti. sontuosamente i Un frutto versatile Oggi è uno del frutti più versatili in cucina, ricco di vitamine (A, B ed E), sali minerali, ferro e potassio. Ne esistono due varietà, quella dolce e quella amara. La prima viene utilizzata soprattutto per la preparazione di dolci e bibite (come l’orzata), la seconda - data la presenza di amigdalina (che diventa facilmente tossica) - è usata principalmente in profumeria, medicina e cosmesi. In Italia, per tradizione, la mandorla è protagonista di numerosi dessert quali creme, biscotti, torte, crostate, gelati e budini. La pasticceria siciliana, fuor di dubbio, rappresenta un mirabile esempio di questa versatilità. Basti pensare alle "paste di mandorla" avvolte in una nuvola di zucchero a velo, oppure ai lucenti e perfetti frutti di marzapane o “pasta reale" preparati con delicata farina di mandorle; e poi al “biancomangiare", immacolato budino al latte di mandorle, per non parlare del classico torrone bianco o alle mandorle pralinate. La qualità della mandorla siciliana Le campagne a sud del siracusano sono da sempre famose per la produzione di una mandorla di altissima qualità. E' la mandorla di Avola, conosciuta anche con il nome di "Pizzuta d'Avola", la migliore mandorla siciliana da confetteria. Piattissima, allungata e ovoidale, è molto apprezzata all'estero soprattutto nell'Unione Europea, ma la sua produzione è laboriosa e delicata. Ecco perchè fa parte, insieme alle altre due cultivar della zona (la Romana e la Fascionello) del Presidio Slow Food delle "Mandorle di Noto", creato allo scopo di proteggerle e salvaguardarle. Un breve periodo di gelo è sufficiente a distruggere l'intero raccolto. La produzione, dunque, incostante e ridotta, comporta costi elevati che purtroppo non reggono il passo con la spietata concorrenza di mandorle meno care, ma più piccole, insipide e di qualità inferiore come Un “panetto” di pasta di mandorle quella di importazione (in particolare dalla California e dalla Spagna) che, insieme, coprono oltre l'85% del mercato mondiale. Insuperabile, tuttavia, sia per la forma perfetta che per il sapore unico (grazie ai guscio spesso e legnoso che trattiene gli aromi), la sua fama ha varcato i confini dell'Isola, tanto da averla resa la regina della confetteria italiana e il cuore dei famosissimi confetti di Sulmona. oppure goloso cacao amaro, ma è perfetto anche per confezionare rinfrescanti granite e gustosi gelati. Nel freddi mesi invernali, invece, è l'ingrediente indispensabile per delicate creme e budini. Il latte di mandorla Colore candido e sapore dolcissimo, il latte di mandorla è una specialità tutta siciliana ottenuta dalle mandorle macinate e ridotte in una morbida pasta. Può essere preparato facilmente in casa e rappresenta, oltretutto, una valida alternativa per chi soffre di intolleranza al lattosio. Per realizzarne una versione adatta a tutti gli usi, quindi sia per pietanze dolci che salate, basta disporre di un mortaio (o di un più moderno frullatore, il risultato è simile) in cui vanno pestate le mandorle spellate, con l'aggiunta di qualche goccia d'acqua. La pasta ottenuta, chiusa in una garza o panno di lino, va quindi immersa in acqua calda per qualche tempo. Infine, strizzato il panno, si otterrà un liquido bianco che, una volta filtrato, è pronto per realizzare infinite ricette. Nel periodo estivo, ad esempio, addizionato di zucchero e servito freddo, diventa una bevanda dissetante che si può "macchiare" con un aromatico caffé espresso, profumata cannella in polvere IL CLUB n. 116 – pag. 41 Un budino alle mandorle Il latte di mandorla, infine, è fantastico per realizzare alcuni piatti salati, dal gusto assolutamente insolito ma piacevole. Si sposa bene con la carne di pollo ma anche con il pesce. Un esempio da provare è la ricetta del baccalà alla Vicentina in versione quaresimale, in cui al posto del latte vaccino, per mantecare il pesce, si usa latte di mandorla aromatizzato con noce moscata e cannella. Alfio Triolo Terza pagina Dal protocollo di Kyoto a quello, tutto da vedere, di Urban N el lontano dicembre del 1997 (ne parlammo sul n. 87 del nostro bimestrale “Il Club”) veniva firmato il protocollo di Kyoto, che doveva essere ratificato dai parlamenti dei Paesi firmatari e che tendeva a stabilire le emissioni di CO2 equivalente fino alla fine del 2012, con tanto di tabelle esplicative; quel protocollo non fu successivamente ratificato però né dagli Usa, né da Paesi come Cina e India, con motivazioni e opposte ragioni: gli USA non volevano cedere parte del benessere acquisito, mentre i Paesi allora detti “del terzo mondo” volevano conservare per sé tutto il diritto di avanzare nell'economia; gli uni e gli altri fregandosene altamente delle emissioni serra e delle collegate mutazioni climatiche che sempre più frequentemente colpiscono il mondo. Il protocollo di Kyoto, come si nota, è ancora valido, ma dal gennaio del 2013 si sarebbe rimasti senza alcuna direttiva; ecco perchè ha avuto luogo la conferenza di Urban, che ha impegnato allo spasimo i 194 Paesi partecipanti nella ricerca di un difficile accordo per l’aggiornamento di quel primo protocollo. La seconda trance, già specificata nella prima parte, e valida fino al 2017, è stata accettata dall’Unione Europea e da Norvegia, Svizzera, Bielorussia, Ucraina, Islanda, Kazakistan. Contrari a continuare il protocollo invece Giappone, Canada, Australia e Nuova Zelanda, anche se si pensa che, finiti alcuni pro- Il 2011: l’anno delle catastrofi naturali Un'impressionante serie di terremoti devastanti e di catastrofi causate da eventi meteorologici estremi ha portato il 2011 a essere l'anno record dei disastri naturali, con danni causati che ammontano a livello mondiale a circa 380 miliardi di dollari. Queste sono le stime effettuate dalla Munich Re, la compagnia di riassicurazione tedesca che analizza annualmente i dati delle catastrofi naturali (www.munichre.com/en/media_relations/ press_releases/2012/2012_01_04_press_release.aspx). Nel 2011 sono stati registrati oltre il doppio dei danni rispetto al 2010 e il 43% in più rispetto al precedente anno record, che è stato il 2005 con 265 miliardi di dollari. A questo primato hanno contribuito in modo fondamentale due terribili terremoti: quello della Nuova Zelanda del 22 febbraio 2011 (magni-tudo 6.3 della scala Richter) e quello del Giappone dell'11 marzo (magnitudo 9.0 della scala Richter), mentre i disastri legati agli eventi meteorologici estremi hanno prodotto nel 2011 minori danni rispetto ai cinque anni precedenti, grazie soprattutto a un numero molto ridotto di uragani atlantici. 820 sono state invece le catastrofi naturali più rilevanti, con circa 27 mila vittime, il 90% delle quali causate da eventi meteorologici estremi (frane, alluvioni, inondazioni, tempeste, cicloni tropicali, ecc.) ed il restante 10% da eventi geofisici (terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche). Sono escluse da questo conteggio le catastrofi causate da conflitti armati (www.pcr.uu.se/research/UCDP) e le catastrofi umanitarie, come quelle che hanno colpito il corno d'Africa tra la fine del 2010 ed il settembre 2011, dove un numero imprecisato di persone è morto per fame, malattie e stenti (www.unhcr.org/pages/4e1ff4b06.html). Nonostante il maggior numero di catastrofi causate dagli eventi meteorologici estremi, la maggior parte dei danni economici (61%) e delle perdite di vite umane (62%) sono stati, invece, causati dai terremoti. Il resto dei danni è dovuto, invece, alle inondazioni in Tailandia (agostonovembre), alle alluvioni in Pakistan (agosto-settembre), ai tornado negli USA (22-28 aprile 2011) e a tutte le alluvioni che si sono abbattute su tutta l'area del Mediterraneo, e che hanno coinvolto anche l'Italia, nel periodo 49 novembre 2011. Il numero e la frequenza dei terremoti e degli altri fenomeni geofisici, pur con alcune oscillazioni, sembra mantenersi quasi costante sul lungo periodo, mentre gli eventi meteorologici estremi sono, viceversa, in aumento. Triplicato dal 1980 al 2010 il numero delle alluvioni e inondazioni gravi è triplicato, quasi raddoppiato invece quello delle tempeste violente (tifoni, uragani, cicloni tropicali). Sembrerebbe quindi plausibile affermare che l'aumento dei danni che si sta manifestando come tendenza di lungo periodo possa essere collegato ai cambiamenti climatici e in particolare all'aumento del numero e dell'intensità degli eventi meteorologici estremi. Ma in realtà non è proprio così. Uno studio sui danni delle catastrofi naturali effettuato dalla London School of Economics ha evidenziato, come d'altra parte c'era da aspettarsi, che a parità di evento catastrofico i danni su una determinata area sono tanto maggiori quanto maggiori sono il numero delle infrastrutture, il loro valore economico e densità della popolazione, ma soprattutto quanto minori sono le misure di prevenzione messe in atto. In altre parole i danni e i morti sono in aumento perché aumenta la vulnerabilità ambientale e territoriale delle aree geografiche più esposte agli eventi meteorologici estremi. L'aumento della vulnerabilità ambientale e territoriale è legato all'antropizzazione ed è causato da un lato dall'eccessiva urbanizzazione e dalla crescita della popolazione su certi territori e dall'altro da inadatte modalità di sviluppo socio economico e degli insediamenti umani. Vincenzo Ferrari Da “AK Informa” – 1/2012 IL CLUB n. 116 – pag. 42 blemi contingenti, anche detti Paesi possano aderire al trattato che verrà formalizzato. Il Giappone, ad esempio, deve impegnarsi alla ricostruzione di quasi tutto il suo territorio e di alcune sue principali industrie dopo il disastro atomico di Fukushima; il Canada fa invece parte del nord America che non aderisce a Kyoto perchè è stato deciso di sfruttare le enormi risorse e riserve di petrolio dell'Alaska e dell'Artico, passando sopra le mutilazioni del territorio, non volendo vincoli di sorta, vincoli invece accettati da Europa e Cina che puntano tutto sulla economia verde (green economy), cioè eolico e fotovoltaico. Anche gli USA tendono a incrementare l'occupazione con la nuova produzione di energia verde, ma Obama deve fare i conti con la sua rielezione e con il conservatorismo del Congresso. A spanne la Russia oggi produce circa 2 miliardi di tonnellate di CO2, l'Europa 4 miliardi, gli USA 6 miliardi, la Cina 8 miliardi. Rimanendo con gli attuali accordi di Kyoto, il livello di temperatura degli oceani, previsto in aumento di 2 gradi (con il pagamento di buoni se si sfora: e tutti lo hanno fatto abbondantemente), arriverà a un innalzamento di 4 gradi con effetti disastrosi sul clima e sui biosistemi. A Urban, per non chiudere la conferenza parlando di un possibile fallimento, si è deciso un nuovo accordo, anche se molto evasivo sulle date di attuazione vera: si è deciso in pratica di mantenere gli accordi di Kyoto e di rivedersi nel 2015 per rendere l'intesa operativa a partire dal 2020. Intanto ogni nazione farà il possibile, forte di una dotazione di 100 miliardi di dollari annui, per aiutare le economie sottosviluppate ad affrontare il maggior costo di trasformazione delle centrali tradizionali a carbone. Ma non si dice da dove debbano essere reperiti questi fondi, vista la crisi attuale. IL CLUB n. 116 – pag. 43 La Cina, motu proprio, essendo ormai la seconda potenza economica mondiale, ha deciso di puntare quasi soltanto sulla green, visto il livello di inquinamento e di smog continuo che affligge sul suo territorio intere regioni e città, ponendosi da ponte fra Europa e Stati Uniti. Amsterdam, capitale dei Paesi Bassi, abituata alle sfide, ha deciso che, per non perdere la leadership, entro il 2040, circoleranno nelle sue vie solo auto elettriche ad emissioni zero, ma essendo un traguardo lontano, entro il 2020 ci saranno già 40.000 auto rifornite da più di mille colonnine con elettricità fornita da impianti eco-sostenibili. Al di là di ciò che farà l’Italia, un pensiero va ai nostri camper: come ci posizioniamo noi camperisti con i nostri camper? Chi ha comprato un mezzo solo sei anni fa, ha in mano un Euro 3. Oggi sono in vendita mezzi Euro 5. Nel 2006 saranno in circolazione gli Euro 6. Ma essendo diventati i “vecchi” motori più ...fiacchi' e senza coppia per la presenza del filtro antiparticolato adesso necessario, se si vuole mantenere la briosità precedente, bisogna aumentare la cilindrata e la potenza, e questo al di là di ogni altro tipo di innovazione. Intanto con la crisi attuale nessuno pensa di seguire l'escalation indicata, anche perchè le ruote sono sempre ruotine, il telaio, la frizione o i freni sono sempre insufficienti, e le dimensioni, con il costo e il consumo, aumentano, malgrado tutto. In barca a Kyoto e Urban... Giuseppe Eduardo Spadoni Riflessioni Largo ai giovani Quel giusto ricambio: cito le parole del Presidente che nell’editoriale del n. 111 del nostro giornalino, a proposito di traguardi raggiunti dal nostro Club, di impegni, responsabilità, di collaborazioni e di rinnovamento delle cariche direttive, metteva in evidenza l’annoso e sentito problema dei “ricambi”. Sì, di soci del club che abbiano il coraggio, l’impegno ed il piacere di assumersi quelle responsabilità necessarie per continuare a portare avanti questo ormai maggiorenne sodalizio. Condivido con lui che un avvicendamento ai vertici del Club, oltre che auspicabile è stato davvero necessario, sia affinché si attui un normale turn-over che possa apportare rinnovamento e nuova linfa, sia perché si spera nell’apporto di quel tocco di novità di nuove idee necessarie per incuriosire e risvegliare interessi e partecipazioni, sia infine per dare spazio, in modo democratico, a chi negli anni avrebbe voluto ricoprire certe cariche ma non ne ha avuto l’opportunità o la possibilità, per svariati motivi. In questi anni, direi negli ultimi dieci anni circa, ne ho sentite tante sul mio conto, colorite, agguerrite, dette e non dette, riportate, ma nessuno che abbia mai avuto il coraggio la schiettezza, la lealtà di chiedere un dialogo aperto e diretto, un confronto sugli argomenti che premevano (loro) tanto criticare. Non partecipa mai… esce con altri… perché ricopre quella carica… approfitta del club… ne sfrutta indebitamente le peculia- rità…; etc. Il vezzo, mi piace chiamarlo vezzo e non in altro modo, di sparlocchiare, criticare, puntare il dito ma senza farsi vedere dall’indicato, è un po’ un vezzo nostro, del palermitano, direi quasi per alcuni, umano, ma non solo direi forse in modo più appropriato anche di colui che non ha il coraggio delle proprie azioni. Tante volte mi è capitato di non essere d’accordo con decisioni, punti di vista, interpretazioni di altri interlocutori e sempre ho preferito l’impopolarità di una convinzione non condivisa, all’ ipocrisia; il confronto, lo scambio di idee che non possono, anche se dure, offendere se motivate ed espresse in assoluta buona fede. Ma non sempre è stato possibile, non sempre c’è stata la volontà. Non sempre si esce vincenti, alle volte bisogna mettersi la coda tra le gambe, riconoscere di non avere ragione o comunque in parte, ma sempre con il presupposto e l’obiettivo prefissato che tutto venga fatto per raggiungere un fine, una soluzione, e non una rottura, un’offesa. Come dicevo, in questi ultimi anni non sono stato un grande frequentatore di gite, di raduni e manifestazioni organizzate dal Club, per vari motivi, varie vicende, che non serve qui esternare né per giustificare né per motivare tale mio comportamento, cosa che non devo a nessuno. Ho sempre ritenuto di non dover essere giudicato per la mia presenza o assenza a tali manifestazioni. Faccio parte di questo Club, ne pago la quota associativa, ne osservo il regolamento, partecipo in vari modi alla sua vita, scelgo quando partecipare e se partecipare alle iniziative dello stesso, senza alcun ritorno di alcun genere tranne che del piacere di condividere momenti di aggregazione interessanti e divertenti, nello spirito del raggiungimento dello stesso comune obiettivo: il piacere di stare insieme e di conoscere. Non penso che la mia presenza possa dare un valore IL CLUB n. 116 – pag. 44 aggiunto alla manifestazione sociale a cui partecipo, uno come tanti altri, né penso che la mia assenza possa togliere valore alla stessa. Eppure si è detto di tutto. Se un giorno si verificheranno i presupposti perché si possa decidere che reati di questo tipo possano essere censurabili, beh allora ne riparleremo, ma penso di aver sempre dato, per quanto possibile, quel piccolo aiuto collaborativo che è servito a comporre il mosaico delle attività del Club. Pertanto penso che anche le nuove leve che hanno deciso di prendere le redini di questo nostro Club avranno modo di partecipare in molteplici modi alla vita dello stesso, collaborando come meglio crederanno e nei modi in cui desidereranno e sarà loro possibile, sempre con il piacere di raggiungere un obiettivo in cui devono credere. Le gite sono la manifestazione della forza e della capacità organizzativa del Club, ma non certamente il tutto. E d’altronde, il nostro club ha bisogno di teste pensanti, propositive, organizzative, capaci di produrre iniziative concrete, sempre volte alla crescita di questa nostra associazione, anche se non attivamente presenti a tutte le gite, i raduni, le manifestazioni. Luigi Fiscella Internet che passione Non è mai troppo tardi… I l maestro Manzi? E chi sarebbe? Così hanno risposto due giovani colleghi ad una mia domanda sull’identità di colui che, per buona parte degli anni ‘60, insegnò a leggere e scrivere a tanti italiani. Ed è un peccato che sia andato perduto il ricordo di un fatto importante della storia d’Italia. Non fu solo un programma televisivo, ma la perfetta espressione di ciò che andrebbe considerato quel “servizio pubblico” che dovrebbe esser fornito dalla nostra televisione di stato (compito che andrebbe più frequentemente raccomandato ad una smemorata Rai). Pensate, infatti, all’importanza di avere la possibilità di imparare a leggere in un periodo storico, come quello dell’immediato dopoguerra, segnato da un altissimo tasso di analfabetismo. Credo fermamente che quella trasmissione contribuì fortemente alla unificazione linguistica d’Italia. Forse anche più di Garibaldi stesso! Ormai l’analfabetismo in Italia, fortunatamente, è pressoché scomparso, nonostante le quotidiane aggressioni (anche solo “linguistiche”) delle televisioni nazionali. Infatti “grandifratelli”, “isoledeifamosi” e similari contribuiscono non poco all’appiattimento, purtroppo verso il basso, del livello culturale di una nazione dove ormai le più elementari regole grammaticali vengono spesso considerate superflue o, al minimo, “contrabbandate” come errori causati dalla fretta o dalla distrazione (com’è possibile, per esempio, confondere un verbo con una congiunzione?). “Non è mai troppo tardi” fu forse anche il primo vero esperimento di multimedialità perché, per dirla con parole d’oggi, fornì un più che valido supporto formativo a distanza. Chi mai vedrebbe oggi una trasmissione televisiva del genere? Nessuno penso… Troppa fretta e troppa certezza di già sapere: pensa che noia! E in effetti non so se vi sia mai capitato di vedere quelle terribili trasmissioni notturne, tediosissime anche per l’orario, in cui si dispensano complicate lezioni di ingegneria statica o di fisica matematica… Che barba! In alto il grafico mostra i risultati di un’indagine statistica dell’ISTAT sull’analfabetismo a partire dall’unità nazionale. In basso il maestro Manzi, protagonista della famosissima trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi”, che favorì enormemente agli albori della televisione la lotta all’analfabetismo, contribuendo anche all’unificazione linguistica della nazione IL CLUB n. 116 – pag. 45 Riferimenti in rete http://it.wikipedia.org/wiki/Non_%C3%A8_mai_troppo_tardi_(programma _televisivo) http://www.istat.it/it/files/2011/06/italiaincifre2011.pdf http://www.almanacco.cnr.it/reader/ http://www.livemocha.com/ http://www.e-sword.net/downloads.html l’inglese) (La Bibbia per imparare http://education.skype.com/ http://it.wikipedia.org/wiki/Google_Scholar Studio e rete Occupiamoci adesso di internet e della già citata “formazione a distanza”. E’ chiaro che la rete si presta per sua natura ad essere un perfetto strumento di studio, sia per la possibilità di fruirne in qualsiasi momento della nostra giornata, sia perché internet è di fatto un planetario contenitore di “sapienza” in ogni possibile campo: a partire dalle più semplici informazioni quotidiane alle prima citate, per esempio, lezioni di ingegneria statica. Non sempre si tratta di oro colato - scagli la prima pietra chi non è stato tratto in inganno da qualche consiglio “internettiano” tutt’altro che corretto! - ma, come già più volte detto in queste righe, cercando con cura e oculatezza e facendo i dovuti riscontri e confronti, un buon risultato si ottiene quasi sempre. C’è chi sostiene che lo studio tradizionale, quello che per cui occorrono metodo, impegno e so- prattutto ragionamento, non possa essere sostituito dallo studiare supportati da uno strumento tecnologico. Verissimo, ma è altrettanto vero che in generale la tecnologia è di per sé un valido strumento di supporto, specie se riferita a corsi di carattere pratico. Su internet si possono fare corsi per imparare a suonare la chitarra, corsi per imparare a fotografare e persino imparare a cucire. Esistono inoltre tanti software per l’apprendimento che, con il supporto dell’interattività e della simulazione (si pensi a materie quali matematica, fisica o chimica), risultano di grande aiuto per l’approfondimento di ciò che si apprende tramite i canali tradizionali. E internet è assolutamente assimilabile a tali software. Le lingue Pensate per esempio all’enorme possibilità di imparare una lingua con internet. Se prima era possibile studiare una lingua straniera solo sui libri e anche con il talvolta incerto e fuorviante accento di un insegnante di scuola media, adesso la rete mette a disposizione traduttori automatici e sintetizzatori vocali che ti correggono la pronuncia e milioni di pagine web redatte nelle più svariate lingue del globo, oltre a innumerevoli file audio e video in qualsiasi idioma estero e non. Inoltre, sempre in rete - e con l’aiuto di webcam e microfono - è già da tempo possibile colloquiare con un insegnante madrelingua, contattato magari in casa propria dall’altra parte della Terra, per perfezionare la proprie grammatica e pronuncia. Interessante in quest’ambito l’iniziativa “Skype in the Classroom”, ideata dal maggior gestore mondiale di telefonia voip, che ha creato una rete dedicata agli insegnanti che vogliano sfruttare, a scopo didattico, questa opportunità tecnologica. Sostanzialmente, Skype ha messo a disposizione degli insegnanti una piattaforma sulla quale ciascuno di loro potrà esporre la propria esperienza e i propri interessi. Ciò rende possibile la ricerca di vere e proprie “classi virtuali” con cui instaurare nuovi rapporti didattici senza la necessità di spostarsi fisicamente, ma semplicemente sfruttando la tecnologia offerta per comunicare. Infine una curiosità: pensate che nel corso di questa ricerca mi sono pure imbattuto in un software da scaricare ed installare sul proprio PC per imparare l’inglese tramite l’intero testo della Bibbia! Sfruttando la rete, e con l’aiuto di webcam e microfono, è già da tempo possibile colloquiare con un insegnante madrelingua residente a migliaia di chilometri di distanza o agli antipodi, per perfezionare grammatica e pronuncia di una lingua straniera. Lo consente l’iniziativa “Skype in the Classroom”, che ha creato una rete dedicata agli insegnanti che vogliano sfruttare, a scopo didattico, questa opportunità tecnologica IL CLUB n. 116 – pag. 46 La home page di Google Scholar Come cercare Sul come cercare qualcosa in rete si è tanto discusso in passato proprio qui. I motori di ricerca sono disponibili on-line 24 ore su 24 ma è opportuno non dimenticare che su internet nessuna pagina è più importante delle altre. Infatti il loro valore non è determinato dal loro ef- fettivo contenuto, ma dal numero di volte che vengono cliccate. Una pessima abitudine è quella di saltare da una pagina all’altra senza approfondirne la lettura e questo può indurre ad evitare i testi lunghi prediligendo quelli più brevi e, spesso solo apparentemente, più esplicativi. Occorre usare gli strumenti a disposizione in modo critico: non basta avere familiarità con internet per usufruirne, ma è necessaria anche una discreta capacità di analisi. Qualora vogliate effettuare una ricerca più specializzata nell’ambito di testi accademici, Google Scholar permette di reperire testi e articoli su tali opere, oltre che su tesi di laurea e libri e dispense, in generale su tutti i settori della ricerca scientifica e culturale. E’ quindi possibile studiare con internet? Direi proprio di sì, ma con la piena consapevolezza di ciò di cui si ha bisogno ed evitando di dare per certe le informazioni raggiunte in rete. Sarà cioè sempre fondamentale lo studio con metodi tradizionali, da approfondire se occorre in seguito con l’aiuto del web. Non si potrà quindi certamente imparare dall’inizio una professione medica o forense, ma senza dubbio ci si potrà tenere aggiornati sull’informatica o sulla cucina o sulle novità della dichiarazione dei redditi. E, perché no, anche su internet stesso! Giangiacomo Sideli Enciclopedie Per chi vuole farsi una cultura o ha semplicemente bisogno di un chiarimento o di un approfondimento, oltre alla più che famosa wikipedia, in rete è possibile consultare numerose encliclopedie on-line. Fra queste segnaliamo: OVO (www.ovo.com) Video-enciclopedia, comprende migliaia di documentari della durata di circa tre minuti ciascuno Treccani online (www.treccani.it) Online parte del vasto patrimonio enciclopedico Treccani e una serie di strumenti utili e interattivi. Sapere.it (www.sapere.it/sapere/enciclopedia.html) Enciclopedia online gratuita dall'esperienza De Agostini; contiene oltre 280 mila voci continuamente aggiornate e organizzate in categorie tematiche, migliaia di immagini e contributi multimediali, più di 60 mila weblink verso risorse Internet selezionate Enciclopedia Britannica (www.britanicca.com) Da sfogliare online col supporto di un motore di ricerca interno o tramite una ricerca per soggetto o per autore. L'accesso alla totalità delle informazioni è riservato agli utenti abbonati ma è possibile fruire di un abbonamento trial valido 72 ore (In inglese) Encyclopedia (www.encyclopedia.com) Di libero accesso, contiene più di 57.000 articoli tratti dalla Columbia Encyclopedia. Oltre a ricerche di tipo alfabetico è possibile fruire di un motore di ricerca interno (In inglese) Info please (www.infoplease.com) Sapere online in una ricchissima raccolta di risorse: enciclopedia, atlanti, dizionari, sitografie... (In inglese) Answers.com (www.answer.com) Enciclopedia "per domande e risposte", in linglese Universalis (www.universalis.fr) Enciclopedia in lingua francese, ha una struttura di tipo monografico, in riferimento ai moltissimi temi trattati Linguaggio Globale (www.linguaggioglobale.com) Enciclopedia di "ipertesti d'autore", con sezioni tematiche a contenuto scientifico, storico e filosofico di facile consultazione, un dizionario realizzato dai bambini e versioni online di fiabe classiche Online Encyclopedias (http://en.wikipedia.org/wiki/Category:Online_encyclopedias) Metaindice delle enciclopedie online IL CLUB n. 116 – pag. 47 Musica in camper Due idee per le nostre gite invernali S iamo nel cuore dell’inverno e, tra freddo e buio, la malinconia è sempre dietro l’angolo, per non parlare della crisi globale che, dall’aumento del costo del gasolio alla meta della pensione che si fa sempre più lontana, ci martella senza pietà. E allora, dato che i motivi per essere depressi non mancano, non resta che reagire con tutti i mezzi a nostra disposizione, non ultimo il messaggio terapeutico della musica, in grado di consolarci e anche di coccolarci nel corso sia delle nostre poche gite del periodo che delle giornate “no”. E allora approfittiamone per goderci due recenti uscite discografiche di grande successo, che spaziano dal rock internazionale alla musica melodica targata Italia. Il primo album su cui puntiamo i riflettori è l’ultimo nato in casa dei Coldplay, un gruppo britannico che appartiene al genere del rock alternativo e che, nel corso dei suoi cinque album, ha saputo creare un proprio stile musicale. Formatasi nel 1997, la band raggiunse la fama mondiale già nel 2000, grazie al singolo “Yellow”, contenuto nel loro album di esordio Parachutes, dando vita ad un’ascesa senza interruzioni che li ha portati a superare il traguardo dei 50 milioni di dischi venduti. Il successo ricalca anche la loro ultima fatica, il quinto disco della loro carriera discografica, “Mylo Xyloto”, che a fine novembre è stato certificato come disco d’oro in Italia per le oltre 300.000 copie vendute a sole due settimane dalla sua uscita. E a proposito della scelta del titolo dell’album, il gruppo ha dichiarato nel corso di un’intervista che si è trattato di una prova, perché suonava fresco e nuovo, dato che il nome era solo un suono che non significava nulla se non la musica del disco; d’altra parte perché non provare ad inventare qualcosa di nuovo? Al di là del suono del titolo la raccolta, che comprende 14 tracce, è decisamente orecchiabile fin dal primo ascolto ed è in grado di trascinare, grazie al suo sound avvolgente. Infatti ascoltare brani come “Paradise” o “Us against the world” e ritrovarsi a canticchiarli è un tutt’uno, al punto che si ha l’impressione di conoscere questi brani da sempre. Provare per credere… Ci spostiamo adesso nel Bel Paese per parlare di una gloria nazionale, Laura Pausini, recentemente tornata in pista dopo un paio di anni di riposo; la famosa cantante italiana ha iniziato la sua carriera nel 1993, vincendo a Sanremo con il brano “La solitudine” e diventando nell’arco di pochi anni una celebrità del mercato discografico internazionale, incidendo brani in spagnolo, portoghese, inglese e francese. In realtà si tratta di una figlia d’arte, dato che ha cominciato ad esibirsi da ragazzina con suo padre che era un cantante di piano bar, mentre il suo debutto era avvenuto addirittura ad appena otto anni in un ristorante bolognese. Nonostante non abbia mai preso lezioni di canto, viene descritta come un soprano, con una voce classica e potente, grazie alla quale è stata paragonata dai critici musicali ad autentici mostri sacri del panorama discografico mondiale come Celine Dion, Mariah Carey e Barbra Streisand. Sebbene la sua musica si basi principalmente sulla tipica melodia italiana, il suo stile musicale si è evoluto nel corso della sua carriera, dando spazio ad influenze di generi come la musica latina, il soul e il rock. E nel corso della sua carriera ha venduto oltre 45 milioni di dischi, ottenendo anche prestigiosi riconoscimenti internazionali, come un Grammy Award e tre Latin Grammy Awards. Parallelamente alla sua carriera è cresciuto anche il suo impegno sociale, dato che la cantante ha aderito nel corso degli anni a numerose iniziative di solidarietà e benefi- IL CLUB n. 116 – pag. 48 cenza, sostenendo l’Unicef e il mondo dell’infanzia, raccogliendo fondi nella lotta contro l’Aids e sostenendo le popolazioni vittime del terremoto in Abruzzo con il concerto “Amiche per l’Abruzzo”. Come dicevamo, dopo una pausa, l’artista ha recentemente pubblicato il suo quattordicesimo album, “Inedito”, il cui titolo si riferisce al processo creativo del disco, descritto come molto diverso dagli altri, dato che per la prima volta è stato realizzato nella privacy della sua casa e senza pressioni esterne. L’artista ha dichiarato che prima di scegliere le 14 tracce presenti ha ricevuto 256 canzoni e ne ha provato 74, dando vita ad un album completo come generi musicali, dato che è influenzato dal rock, ma anche da ballate e melodie con la musica di orchestre italiane e inglesi. E l’ascolto dei brani lo dimostra, a cominciare da “Benvenuto”, che dà il benvenuto alle cose per cui vale la pena di vivere e alle persone autentiche, mentre in “Non ho mai smesso” vi è la confessione di come Laura consideri il proprio lavoro una grandissima fortuna e di come non abbia mai pensato di lasciare questa passione, oltre ad altri brani, come “Vivi senza di me” e “Nel primo sguardo”, dedicati ad amici e a persone della sua famiglia, il che ben dimostra quali siano i valori e le priorità di questa ragazza, rimasta semplice, nonostante il grande successo internazionale. Perché rimanere con i piedi per terra non è certo facile… Mimma Ferrante News, notizie in breve Camper & Terme Una sinergia vincente tra due risorse turistiche nazionali, il camperismo e il termalismo, per contribuire in modo significativo alla promozione del patrimonio nazionale e locale 365 giorni l’anno: questo l’obiettivo della partnership tra APC-Anfia e Federterme, Federazione Italiana delle Industrie Termali e delle Acque Minerali Curative, che ha portato, anche con la collaborazione della Federazione ACTITALIA, alla nascita dell’iniziativa promozionale “Terme & Relax in camper”, rivolta a tutti gli amanti del pleinair per promuovere nuovi percorsi tematici in camper, anche in inverno. Per gli amanti del camper style è un’occasione unica per viaggiare alla scoperta di oltre venti centri termali italiani, usufruendo di sconti speciali (fino al 50%) sui trattamenti spa e benessere. Sul sito www.sceglilcamper.it i camperisti possono reperire tutte le informazioni sulle terme convenzionate e sulle concessionarie ASSOCAMP presso le quali eventualmente noleggiare i camper. Inoltre, per rendere la proposta turistica ancora più interessante, APC ha ideato numerosi itinerari di viaggio en plein air, disponibili gratuitamente on line, grazie ai quali conoscere le peculiarità storicoartistiche, culturali ed enogastronomiche delle località interessate dall’iniziativa. prevede la conservazione, la migliore fruizione, la trasformazione e la crescita di undici monumenti arabo-normanni le cui componenti architettoniche e decorative sono presenti ancora oggi in maniera integrale e in ottimo stato di conservazione. Nove di questi si trovano a Palermo: il Palazzo Reale, la Cappella Palatina, le chiese di San Giovanni degli Eremiti, di Santa Maria dell'Ammiraglio (la Martorana), di San Cataldo e la Cattedrale di Palermo, la Zisa, la Cuba e il Ponte dell'Ammiraglio; gli altri due sono le Cattedrali di Cefalù e Monreale con i rispettivi Chiostri. L'inserimento di questo itinerario nella lista del patrimonio dell'Umanità dell'Unesco, secondo l'assessore regionale dei Beni culturali Sebastiano Missineo, è una grande scommessa che, oltre a puntare sulla tutela e la valorizzazione di questi siti, dovrà vedere protagonisti Regione, enti locali e le associazioni imprenditoriali impegnati per creare sviluppo. Tale inserimento ha anche rilanciato la candidatura di Palermo a capitale europea della cultura per il 2019. Sarebbe infatti importante sfruttare il grande traino della candidatura all'Unesco dell'itinerario arabo-normanno per presentare La Cappella Palatina e la chiesa di San Giovanni degli Eremiti a Palermo, due dei più importanti monumenti di età normanna che si spera entrino nella “World Heritage List” dell'Unesco Dall’Unesco un piano di gestione per i monumenti arabo-normanni di Sicilia Si fa sempre più concreta la candidatura dell'itinerario "Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale" nella World Heritage List dell'Unesco. Nel capoluogo siciliano è stato presentato il piano di gestione che IL CLUB n. 116 – pag. 49 anche quella di Palermo a capitale della cultura per il 2019, dato che il capoluogo siciliano potrebbe interpretare in maniera perfetta l'esigenza dell'Europa di dialogare con l'altra sponda del Mediterraneo. Ma già avanzare la semplice proposta e realizzare un progetto di alto profilo potrebbe creare un ritorno positivo per la Sicilia sotto il profilo culturale e in termini di crescita economica. Tra le "Meraviglie italiane" 12 comuni siciliani Sono cinque i tesori ennesi premiati nell'ambito del progetto "Meraviglia Italiana", promossa dal Forum Nazionale dei Giovani. A fare da cornice la Sala Cerere di Enna dove sono giunti i rappresentanti dei comuni di Enna, Barrafranca, Calascibetta, Centuripe e Sperlinga, luoghi in cui sono presenti le "meraviglie". Il progetto "Meraviglia Italiana" è stato ideato e realizzato dal Forum Nazionale dei Giovani in occasione del 150° anniversario dell'Unità di Italia ed ha ottenuto il patrocinio della Camera dei Deputati, del ministero dei Beni e delle Attività Culturali, del ministro della Gioventù e del ministro del Turismo. L'obiettivo è selezionare mille meraviglie italiane, scelte tra i siti paesaggistici e culturali, tra i beni culturali e le manifestazioni della tradizione popolare, per realizzare un itinerario turistico di alto impatto. Le "Meraviglie Italiane" premiate nell'ennese sono i Riti della Settimana Santa di Enna, il Castello Medievale di Sperlinga, l'insediamento rupestre di Vallone Canalotto a Calascibetta, la Settimana Santa di Barrafranca e l'edificio termale "Vagni" di Centuripe. Ma un riconoscimento è stato assegnato anche alla gastronomia della Pasqua Comisana prescelta tra le dodici meraviglie che ricadono nel territorio della Regione Sicilia. Complessivamente i comuni interessati sono quelli di Barrafranca, Cefalù, Comiso, Calascibetta, Milazzo, Roccavaldina, Enna, Centuripe, Castiglione di Sicilia, Militello in Val di Catania, Lampedusa e Sperlinga. Le mille meraviglie individuate parteciperanno ad una seconda fase in cui verranno premiate le venti miglior "Meraviglie Italiane". Il Molino Excelsior di Valderice diventerà Museo del Gusto Il Molino Excelsior di Valderice punta ad entrare in una rete nazionale di turismo enogastronomico. L'amministrazione comunale, insieme all'associazione Trapani Welcome, che per conto del Comune gestisce il Molino, hanno deciso di aderire all'iniziativa, ancora unica in Italia, di allestire una rete di Musei del Gusto a partire dalla esperienza maturata a Frossasco, comune della provincia di Torino. degli undici Borghi siciliani (Brolo, Castelmola, Castiglione di Sicilia, Cefalù, Gangi, Geraci Siculo, Montalbano Elicona, Novara di Sicilia, San Marco d'Alunzio, Savoca e Sperlinga) che hanno gettato le basi di un progetto di sviluppo turistico comune attraverso la promozione congiunta del territorio e dei prodotti tipici locali. A curare l'azione di promozione sarà la “Borghi Travel Sicilia” dopo una fase preparatoria e di studio che prevede l'individuazione dei prodotti tipici con particolare attenzione alle produzioni di nicchia. «Una rete con il coinvolgimento di tutti i produttori locali ha detto il sindaco di Gangi Giuseppe Ferrarello - che servirà ad intercettare il turismo enogastronomico che ricerca la qualità delle produzioni e dei luoghi un settore, questo, in continua crescita ed espansione in tutto il mondo». Musei e aree archeologiche: in Sicilia largo ai privati! A metà gennaio il presidente del Museo del Gusto e sindaco di Frossasco, Franco Cuccolo, il direttore del Museo, Ezio Giai, e una delegazione di chef e gastronomi piemontesi saranno a Valderice per incontrare i loro omologhi e per definire il percorso, i protocolli e gli indirizzi di lavoro che sarà necessario seguire perché il Molino Excelsior possa fregiarsi della qualifica di Museo del Gusto. Del resto il Museo del Gusto di Frossasco ha già avviato percorsi analoghi con i comuni di Zibido San Giacomo, Pescara, Acqualagna, Savona e Cosenza. 11 borghi siciliani in un percorso enogastronomico Un marchio unico per gli undici comuni siciliani del Club dei Borghi più Belli d'Italia, una rete comune per la promozione dei territori e dei prodotti tipici con l'istituzione di un percorso enogastronomico: sono questi gli obiettivi IL CLUB n. 116 – pag. 50 Sono stati assegnati dalla Regione Siciliana a imprese private le gestioni di alcuni tra i più importanti musei e siti culturali siciliani. Ad Agrigento, per esempio, la gestione del parco della Valle dei Templi, del museo archeologico, del museo-casa natale di Pirandello e della zona archeologica di Eraclea Minoa è andata al consorzio "I luoghi dell'Arcadia"; che risulta assegnataria anche delle aree archeologiche di Segesta e Selinunte, del museo "Baglio Anselmi" di Marsala, del museo del Satiro di Mazara del Vallo e del "Pepoli" di Trapani. A Globe Events Managment e Civita saranno affidati i servizi della zona archeologica della Neapolis, del museo archeologico "Paolo Orsi" e del museo di Palazzo Bellomo di Siracusa e quelli del teatro greco romano di Taormina e della zona archeologica di Giardini Naxos. Nella provincia di Palermo sarà la società Pierreci Codess a gestire il Chiostro di Monreale, il Castello della Zisa e la zona archeologica di Monte Jato; e così via. I contratti per la gestione dei servizi (biglietterie, bookshop, luoghi di ristoro e visite guidate) avranno una durata di 4 anni più un'opzione per altri 4: un maggiore ritorno economico per la Regione, dato che oltre agli investimenti delle imprese per la promozione dei siti, queste dovranno pagare un canone e versare una percentuale sugli introiti. PAGINA VUOTA IL CLUB n. 116 – pag. 51