Numero 116 - Anno XX, Gennaio/Febbraio 2012

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Numero 116 - Anno XX, Gennaio/Febbraio 2012
IL CLUB
Anno XX n. 116 (gennaio/febbraio 2012)
Bimestrale di informazione per i soci del Club Plein Air BdS
Pubblicazione periodica a circolazione interna
inviata anche ad altre associazioni di campeggio e alla stampa
Responsabile editoriale
Maurizio Karra
Redazione
Mimma Ferrante, Giangiacomo Sideli e Alfio Triolo
Associazione dei camperisti e
degli amanti del plein air del
Hanno collaborato a questo numero
Vincenzo Ferrari, Luigi Fiscella, Pietro Messina, Mimmo Romano,
Giuseppe Eduardo Spadoni
Rapporti associativi con
In questo numero
Editoriale
pag.
3
Vita del Club
Un brindisi a tutti noi
La tessera 2012 del nostro Club
Fuga d’inverno
In vino veritas
Le nostre bambine
4
8
9
11
16
Tecnica e Mercato
Sede sociale
Via Rosolino Pilo n. 33
90139 Palermo
Tel 091.608.5152
Internet: www.pleinairbds.it
E-mail: [email protected]
Facebook:
http://www.facebook.com/
pages/Club-Plein-AirBdS/167612983261417
Comitato di Coordinamento
Maurizio Karra (Presidente);
Giangiacomo Sideli (Vice Presidente); Emanuele Amenta,
Pippo Campo, Vittorio Parrino,
Filippo Santonocito e Alfio
Triolo (Consiglieri); Mimma
Ferrante, Enrico Gristina,
Lorenzo Migliore, Mimmo
Romano, Gaetano Russo,
Giuseppe Eduardo Spadoni e
Mario Tomasino (Collaboratori)
Collegio sindacale
Filippo De Luca (Presidente);
Sergio Campagna ed Elio Rea
(Componenti)
Collegio dei Probiviri
Rino Tortorici (Presidente);
Giuseppe Carollo e Luigi
Pastorelli (Componenti)
In camper d’inverno
Idee di viaggio per la famiglia
Eccellenza su ruote
17
19
22
Viaggi e Turismo
Un Natale all’insegna della Fede
Verso Samarcanda
24
27
Terra di Sicilia
Naro, oasi barocca
Il testamento del Nannu
Mitologica mandorla
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38
40
Rubriche
Terza pagina
Riflessioni
Internet, che passione
Musica in camper
News, notizie in breve
L’ultima parola
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44
45
48
49
52
In copertina
“Samarcanda” – foto di Giuseppe Eduardo Spadoni
Questo numero è anche on-line sul nostro sito Internet www.pleinairbds.it
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Editoriale
U
n’associazione, come qualunque gruppo di persone, è normalmente composta da individui; giovani
e/o vecchi, uomini e/o donne; persone
legate fra loro da un comune interesse
e comuni obiettivi. Un’associazione come la nostra, oltre che ovviamente da
“individui”, è composta soprattutto da
“famiglie”, nel senso che i programmi
del club sono nella realtà occasioni di
incontro tra famiglie: in genere coppie,
in pochi casi coppie con uno o due ragazzi (non perché tutte le altre non abbiano figli, ma perché li hanno ormai
grandi e autonomi), in pochissimi casi
purtroppo da single (non per propria
volontà, ma semplicemente perché si è
perso il coniuge). E’ quindi ovvio che le
attività programmate via via dal nostro
Club siano indirizzate a logiche di tipo
familiare, ed è quindi alla famiglia che
desidero dedicare qualche riflessione.
La crisi che stiamo vivendo, e
che in molti casi ci sta mettendo in ginocchio, è una crisi che, per quanto
venga da lontano, colpisce duramente
sia le imprese che la famiglia; e forse in
alcuni casi acuisce una crisi che già è
latente per tante ragioni, e non solo
economiche. Da una recente indagine
sulla famiglia italiana emerge un quadro di luci e ombre: le luci sono rappresentate da un radicamento ancora
molto forte degli italiani ai valori familiari; le ombre si riscontrano invece nella scarsa capacità da parte delle giovani generazioni di giungere alla creazione di una propria famiglia e, quando
poi vi riescono, le ulteriori difficoltà sono quelle di gestire comunque i problemi che inevitabilmente scaturiscono
dalla nuova vita familiare, con i suoi
equilibri talora difficili sia a livello economico che a livello di “coabitazione”,
soprattutto per quanti giungono a formare la loro nuova famiglia in età più
avanzata. Con l’ulteriore conseguenza
del calo dei nuovi nati perché ogni
bambino, al di là della gioia di avere un
figlio, acuisce i problemi già evidenziati
nell’ambito della coppia.
Ma, ritornando alla domanda
iniziale, sono le famiglie a essere in crisi
o è anche la famiglia come istituzione a
esserlo? In effetti, secondo alcuni studi
sociologici, tra le persone con più di 25
anni la famiglia è sempre al primo posto nella scala dei valori, nel senso che
non è un ideale tramontato (al di là del
vincolo matrimoniale o della cerimonia
in chiesa), ma sono le difficoltà
dell’autonomia economica a rendere
più complicata la formazione delle nuove coppie e a costringere poi soprattutto le donne a serie riflessioni prima di
iniziare una gravidanza, anche per le
problematiche di un lavoro non contrattualizzato o con contratti poco garantisti, o semplicemente perché la
priorità anche della donna oggigiorno è
diventata quella di affermarsi nel lavoro
spesso proprio a scapito della propria
affermazione familiare come moglie e
madre. E così, la maternità viene scartata a priori o arriva sempre più tardi,
coinvolgendo sempre meno donne che
comunque danno alla luce sempre meno figli (spesso solo uno): e così il numero dei figli nati è magari inferiore al
numero di figli desiderati.
A parte le difficoltà economiche e le pregiudiziali lavorative, le problematiche connesse al freno demografico degli italiani sono legate anche
al fatto che i figli costringono, oltre che
a notevoli sacrifici economici, anche a
notevoli sacrifici personali, con rinunzie
nella vita quotidiana e assunzione di
responsabilità per assicurare loro un
futuro. Ebbene, secondo alcuni sociologi si assiste anche a fenomeni di “egoismo” di molte giovani coppie, che hanno timore di perdere il loro poco tempo
libero. E d’altronde, i giovani sono
sempre più sollecitati a crescere in fretta, anche se risultano spesso immaturi
e viziati. Se la coabitazione coi genitori
si allunga nel tempo, capita che il legame si affievolisca, raffreddato dal divergere delle esigenze. Quando poi i
figli in qualche modo lasciano la casa
dei genitori, sempre che il loro matrimonio non sia entrato già in crisi, questi risultano nel frattempo vicini alla
terza età; in molti casi ben presto rischiano di rimanere davvero soli (ma-
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gari i figli hanno cambiato città per inseguire il lavoro), e cominciano anche
con l’arenarsi nelle loro problematiche
cercando un aiuto che non arriva più
da nessuna parte, né dalla sfera familiare né dallo stato, rischiando in tanti
casi una triste vecchiaia in solitudine.
Insomma, la famiglia perfetta,
da spot del “Mulino Bianco”, non esiste
e, crisi economica o no, in seno alla famiglia spesso iniziano a manifestarsi
anche da noi serie crepe all’impalcatura
che ha retto e diretto la logica della società basata sulla famiglia come cellula
elementare; anche se comunque esistono coppie che, al contrario, anche
dopo quaranta o cinquanta anni di matrimonio si tengono ancora per mano e,
quando muore uno dei due, il superstite si lascia talvolta andare perché sente
di non avere più ragioni per vivere.
Ecco perché, ritornando al nostro Club, ciò che noi facciamo segue la
logica della famiglia (e delle famiglie
che ne fanno parte, per tipologia e
composizione); famiglie che sono per
lo più composte da coppie di mezza età
o già di pensionati, dove i bambini latitano e dove l’età media cresce di anno
in anno perché anche da noi non c’è un
sufficiente ricambio generazionale. Lo
abbiamo già detto più volte: come fa
una giovane coppia che già fa i salti
mortali per essere indipendente a pensare anche ad acquistare un camper (e
poi a gestirlo con le sue spese di routine) in questi periodi di così grave crisi?
Pertanto, i nostri programmi
sono giocoforza legati alla tipologia dei
nostri “utenti potenziali”, cioè delle nostre famiglie di soci anche se vorremmo fare spazio a tanti più giovani. Ma
questa è la nostra “grande famiglia”. E
quindi ciascuno di noi, in quanto socio,
deve “sposare” le logiche della convivenza di questa famiglia allargata e viverne le occasioni di incontro proprio
come se il legame con gli altri fosse un
legame di affetti fra componenti di una
famiglia; fornendo aiuto o appoggio a
chi ne ha bisogno e attendendolo dagli
altri quando è il proprio turno; dando
agli altri, come calore umano e affetto,
ciò che si vorrebbe proprio dagli altri
ricevere; offrendo amicizia sincera per
poterne ricevere altrettanta.
Qualcuno mi prenderà per idealista, e non sarebbe la prima volta! Ma
il fatto è che io credo fortemente nei valori della famiglia. E non penso di essere,
anche
al
nostro
interno,
un’eccezione!
Maurizio Karra
Un brindisi a tutti noi
E’ quello che ci siamo scambiati nel corso della cena sociale che ha avuto luogo il 10 dicembre a Cefalù, che si è
rivelata un’autentica festa del nostro Club, dato che in un clima di grande allegria si è celebrata la voglia di stare insieme, si sono premiati i soci vincitori del concorso fotografico e il socio dell’anno, e si sono godute le bellezze artistiche della famosa cittadina normanna
O
rmai il traguardo dei
vent’anni di vita associativa si avvicina sempre di più e con esso la
consapevolezza dei tanti orizzonti
esplorati insieme, delle numerose
esperienze condivise e del poderoso lavoro che è stato necessario
per far nascere e far crescere piano piano il Club. E questa realtà si
è toccata con mano nel corso della
cena sociale che ha avuto luogo il
10 dicembre a Cefalù, nel corso
della quale si è festeggiato ancora
una volta lo stare insieme come
una grande famiglia, una famiglia
reale e non come quelle della pubblicità, idilliaca e fasulla, e proprio
perché concreta in grado anche di
ammorbidire i piccoli conflitti talora
esistenti per mettere in primo piano le risorse e l’armonia di fondo
che anima tutti noi, scambiandoci
gli auguri di Natale e di un nuovo
anno da trascorrere appena possibile sulle ruote del camper.
Ma andiamo per ordine:
l’appuntamento per la carovana di
camper era presso un parcheggio
sul lungomare di Cefalù per il sa-
Due immagini dei nostri soci sul lungomare di Cefalù
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bato a metà giornata, dove gli oltre trenta mezzi presenti si sono
sistemati, dopo qualche difficoltà di
accesso dovuta alla presenza del
mercatino quindicinale allestito la
mattina proprio sul lungomare.
Dopo i saluti di rito e le esplorazioni del mercatino, con l’abbondanza
di prodotti locali decantati in tutti i
sapori e colori, ci si è dedicati ad
un pranzo per lo più leggero in
previsione dell’abbondante cena
prevista, prima di riunirsi all’inizio
del pomeriggio per tuffarsi nel panorama da cartolina della cittadina
con una piacevole passeggiata esplorativa.
L’abitato, infatti, è affacciato sulle profondità verdi-azzurre
del mare Tirreno ed è sorvegliato
dall'alto dall'inconfondibile rocca a
forma di testa umana; venne fondato nel corso del V secolo a.C. da
un insediamento greco, ma il sito
prospiciente la rocca fu sicuramente abitato in epoca preistorica,
come testimoniano diverse tracce
rinvenute nelle due grotte poste
sul versante orientale della rupe
Kefaloidon, così chiamata dai Greci
a causa proprio della sua forma di
testa umana e che in seguito diede
il nome alla cittadina stessa. Cefalù
fu un importante caposaldo, a cavallo del X secolo, dell'islamismo in
Sicilia, anche se non sono rimaste
molte testimonianze in pietra di
questo periodo, se non nelle strette
stradine tortuose in salita e nel
suggestivo lavatoio medievale che
si affaccia con tipica influenza araba su una delle viuzze che scendono verso lo splendido lungomare. I
Normanni strapparono in seguito la
cittadina all'influenza islamica nel
corso dell'XI secolo, riscrivendone
da capo la storia urbana.
Ma senza dubbio uno degli
aspetti più suggestivi della cittadina si coglie dal lungomare in cui si
incontra il pittoresco porticciolo dal
quale si può osservare il caratteristico fronte a mare della città murata, con le casette dei pescatori e
gli archi che fanno da ricovero alle
barche. Non meno piacevole è
passeggiare lungo i vicoletti acciottolati su cui occhieggiano le
vetrine ricolme di artigianato e
l'ottima pasticceria locale, oltre alle
facciate dei palazzi medievali, come l’Osterio Magno, caratterizzato
da alcune bifore scandite dalla bicromia della pietra lavica e
dell’arenaria.
Una tappa significativa è
stata poi quella al Museo Mandralisca, che sorge nell'omonima via e
che fu voluto dal mecenate Enrico
Piraino, barone di Mandralisca. Il
museo conserva, oltre al celebre
"Ritratto di Ignoto" di Antonello da
Messina, anche una pregevole collezione archeologica, il cui pezzo
più importante è probabilmente il
"Cratere del tonno" risalente al IV
secolo a.C., in cui è visibile la scena di un pescivendolo d’epoca che
taglia un tonno con gesti che lo
fanno assomigliare in tutto e per
tutto ad un pescivendolo odierno,
annullando in un colpo solo 2.500
anni di storia.
Il bellissimo profilo del Duomo normanno
Forse proprio la vista del
tonno ha richiamato alla mente
delle
cavallette
nostrane
l’approssimarsi della cena, dato
Due istantanee della cena sociale al ristorante Kentia
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che subito dopo si sono dirette ai
camper per lustrarsi le ali e dirigersi quindi al vicino, accogliente
ed elegante ristorante “Kentia” che
ci avrebbe ospitato nel corso della
serata da trascorrere tutti insieme.
Al suo interno si è consumata,
come dicevamo, in un clima di festa e di allegria la cena sociale di
fine anno del nostro Club, nel corso della quale i presenti, quasi ottanta tra grandi e piccoli, si sono
gettati a capofitto sull’ottimo menù di pesce, per concludere con il
dessert di fragole e gelato, spazzolato d’assalto.
Tra un piatto e l’altro si
sono susseguiti i brindisi ai presenti e al Club, conditi anche dal
festoso rito della consegna dei
premi ai soci vincitori del concorso
fotografico, come Giovanna Amico
per la sezione “Bella Europa”, Liliana Fiorentino per quella relativa
alla Via della Seta, Laura Russo
per gli scatti messicani, Gaetano
Russo per la sezione “Madre Natura” e Maurizio Karra e Mimma Ferrante per la sezione “Il grande
nord”; poco dopo c’è stato anche il
premio al socio dell’anno, che
quest’anno ha visto Giuseppe Eduardo Spadoni raggiungere il
punteggio massimo nella graduatoria ottenuta grazie alla partecipazione e alla collaborazione alle
attività associative, dopo quello
superiore raggiunto dai soliti “noti”
componenti del direttivo.
A fine serata c’è stata poi
l’allegra riffa di beneficenza organizzata da Vittorio Parrino, grazie alla
quale si sono raccolti 320 euro da
versare sul conto delle “nostre”
bambine, che in un sorteggio dal
crescendo parossistico e divertito ha
distribuito tra i generosi partecipanti
Alcuni dei soci premiati nel corso della cena per
Giuseppe Eduardo Spadoni
bottiglie di vino, casalinghi e oggettistica messa a disposizione da alcuni sponsor. Una bella atmosfera di
armonia e serenità ha completato la
bella serata, tra i reiterati auguri per
le imminenti festività natalizie, accompagnandoci al nostro “accampamento” per il sonno del giusto.
La mattina della domenica di
buonora ci siamo diretti alla splendida cattedrale, che è senza dubbio
uno degli esempi più prorompenti
dell'influenza normanna, eretta tra il
XII e il XV secolo, e voluta da Ruggero II che, secondo la leggenda, la
fece costruire come voto per essere
scampato ad una tempesta approdando proprio a Cefalù. L'edificio ha
un forte impatto monumentale che
non ha riscontro nel resto del tessu-
il concorso fotografico e, in basso a destra,
premiato come socio dell’anno
to urbano ed è affiancato da due
imponenti torri che gli danno più l'aspetto di una fortezza che di una
chiesa vera e propria. All'interno si
riscoprono i tipici e splendidi mosaici
bizantini dell'epoca che hanno il loro
fulcro nei grandi occhi scuri del Cristo Pantocrator, che verrà più tardi
riproposto nel Duomo di Monreale, e
che non hanno mai subìto modifiche
nel corso degli ultimi otto secoli. Invece le arcate e le pareti delle tre
navate che costituiscono la croce latina della Cattedrale sono state più
volte modificate e quello che si può
oggi ammirare è il frutto di un lunghissimo lavoro di restauro, mai veramente concluso.
Tutti i presenti avevano già
ammirato in diverse occasioni il ce-
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leberrimo monumento, ma per la
prima volta, grazie alla notevole visita guidata organizzataci dalla Curia
vescovile di Cefalù e alle dotte spiegazione dell’architetto sovrintendente ai beni ecclesiastici della Diocesi,
Massimo, si è riusciti a seguire la
nascita del complesso architettonico
anche da un’ottica teologica per contestualizzarlo perfettamente da un
punto di vista storico, artistico, ma
anche religioso.
L’incantesimo è continuato
con la visita dell’annesso chiostro,
aperto soltanto da qualche anno;
dove, grazie alla sapiente guida del
signor Ignazio, che ci ha illustrato
con dovizia di particolari gli splendidi bassorilievi che ornano i capitelli,
dall’episodio di Adamo ed Eva
Nicola e di quella di San Sebastiano, dove abbiamo avuto anche un
breve incontro con le suore Collegine, prima di riprendere la strada
di ritorno verso i camper, godendoci ancora una volta la splendida
scenografia del borgo murato, del
mare e delle barche all’ancora sulla
lunga spiaggia dorata.
Alcune immagini della visita al complesso del Duomo di Cefalù
Il nostro presidente e la nostra “speciale” guida di Cefalù messaci a disposizione dalla Diocesi. In basso un
particolare di un capitello del Chiostro
all’arca di Noè, dai temi mitologici
alle raffigurazioni naturalistiche, i
presenti sono stati risucchiati in una
dimensione di grande fascino, dove
le Sacre Scritture si sono animate
per raccontarci la storia della nascita dell’universo e dell’uomo come
un meraviglioso racconto che non
ha inizio e non ha fine.
E’ seguita poi, sempre in
compagnia dei nostri angeli custodi
Massimo e Ignazio, una breve esplorazione delle chiese cefaludesi,
con
la
visita
della
chiesa
dell’Annunziata, di quella di San
IL CLUB n. 116 – pag. 7
Dopo il placido pranzo domenicale c’è stato anche il tempo
per fare quattro chiacchiere sui risvolti preoccupanti del nostro futuro
economico e sociale, ribadendo ancora una volta che, anche se forse
molto a malincuore saremo costretti
ad usare un po’ meno la nostra amata casetta su ruote a causa dei
costi crescenti di gasolio e C., faremo di tutto per continuare le nostre
fughe sulle strade del mondo ancora
per tanto, tanto tempo ancora, in
barba alla crisi planetaria!
Testo di Mimma Ferrante
Foto di Maurizio Karra,
Pietro Messina
e Giangiacomo Sideli
La tessera 2012 del nostro Club
I valori e la funzione della CCI emessa da ACTITALIA Federazione
O
rmai da qualche anno
la tessera del Club Plein Air BdS coincide per tutti i soci con la tessera federale (la Camping Card International) emessa dalla Federazione Nazionale ACTITALIA. Quindi, non è solo
una
tessera
che
sancisce
l’appartenenza al nostro Club e ad
ACTITALIA e che garantisce ai soci
tutte quelle agevolazioni che sia a
livello di Club che a livello di Federazione sono state negli anni concordate con campeggi, aree di sosta, compagnie di navigazione, concessionarie
e officine di veicoli ricreazionali, assicurazioni, ecc.; è anche una sorta di
passaporto internazionale, insomma
un documento d'identità che ha lo
stesso valore di un passaporto o di
una carta d’identità se presentato alla
reception delle strutture di accoglienza, sia in Italia che in tutta Europa.
In tali strutture, oltre che nei
vari esercizi convenzionati in Sicilia e
in Italia (dal Club Plein Air BdS e dalla
Federazione Nazionale ACTITALIA), la
tessera-CCI è per ogni nostro socio
anche una tessera di sconto; ciò vale
presso 1.500 campeggi e aree attrezzate in 25 Paesi europei: in Francia come in Olanda, in Inghilterra come in Polonia, dove si potrà ottenere
uno sconto dal 5% fino ad un massimo del 20%: vi conviene sempre informarvi all'arrivo alla reception.
Inoltre, come titolare di una
tessera CCI potete andare in vacanza
con la massima tranquillità dato che
sia il socio titolare della tessera che i
suoi familiari sono assicurati per la
responsabilità civile nel campeggio o
nell’area attrezzata in cui si soggiorna. La FICC (Federazione Internazionale), cui aderisce l’ACTITALIA, ha
infatti stipulato con la compagnia di
assicurazioni inglese R.L. Davidson,
con sede a Londra, un'assicurazione
che copre lo responsabilità civile per
danni cagionati a terzi per danneggiamenti a cose e/o per lesioni personali. Nel caso in cui l'assicurato sia
costretto, durante lo durata del soggiorno, a lasciare temporaneamente
le persone che lo accompagnano per
ricongiungersi a loro in seguito, queste ultime continueranno ad essere
coperte dall'assicurazione.
Il rischio per la responsabilità
civile è fino ad un importo massimo
di 1.800.000 euro per evento con
una franchigia di 70 euro per ciascun
evento. L'assicurazione offre al titolare della tessera CCI un ampliamento
della copertura, ovvero viene coperto
il rischio di responsabilità civile fino a
un massimo di 60.000 euro nel caso
di lesione fisica provocata dall'assicurato durante il windsurf e/o durante
l'uso di un'imbarcazione non motorizzata la cui lunghezza non supera i 5
metri. Non vengono risarciti invece
danni diretti o indiretti provocati da
imbarcazioni, veicoli o velivoli, o da
lavori a bordo degli stessi, ad eccezione di tavole da windsurf e di imbarcazioni non motorizzate, la cui
lunghezza non superi i citati 5 metri;
o per avvelenamento da cibo o bevande o dovuto alla presenza di sostanze estranee o nocive in cibo e
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bevande; inquinamento ambientale;
guerra, tumulti e simili; manifestazioni su grande scala per le quali si
deve pagare un biglietto d'ingresso;
danni sorti in seguito a radiazione radioattiva.
Non verranno concessi risarcimenti per danni malevoli da parte
del titolare della tessera CCI o delle
persone con lui assicurate, come
danni causati al terreno e alla vegetazione in seguito al calpestio o al
montaggio delle tende; lo smaltimento negligente di rifiuti; danni a condutture o cavi per acqua, gas o elettricità installati sotto il terreno.
Se non lo sapevate, adesso,
cari amici, potete capire meglio qual
è il valore della tessera 2012 del nostro Club che avete in tasca...
Fuga d’inverno
La fuga di metà gennaio a Castellammare del Golfo per evadere dal solito tran tran e per
goderci un po’ di libertà a contatto con gli scenografici panorami costieri del suo golfo
C
ome accade in ogni
inverno, il freddo, la pioggia e le
lunghe ore di buio rendono un po’
più complicato godere nel weekend del camper, rendendoci più
difficoltose le nostre fughe dalla
monotonia quotidiana. A ciò si
aggiunga la stangata di fine anno
del governo Monti, con l’aumento
anche dei costi del gasolio che
causa grandi perplessità per
quanto riguarda sia la scelta delle
mete da raggiungere, sia l’utilizzo
stesso di un mezzo che comunque consuma ben più di autovet-
tura. E otterremo il risultato di
tanti soci che, magari a differenza degli anni passati, hanno scelto di trascorrere le feste natalizie
senza muoversi da casa e che
adesso ci pensano un po’ su anche per trascorrere in camper un
fine settimana…
Eppure, la voglia rimane
intatta. Questa è stata la ragione
per cui, giunti a metà gennaio,
quando le previsioni meteo hanno
dato …il via, si è deciso quasi
all’improvviso - con il lancio di
una e-mail a tutti i soci - di organizzare una gita verso una locali-
In alto alcuni nostri soci si bastioni di Castellammare del Golfo
In basso il porticciolo
IL CLUB n. 116 – pag. 9
tà accogliente e interessante, ma
al tempo stesso anche vicina, per
scrollarci di dosso il grigiore di
tutti i giorni senza timore di
spendere troppo e rimanere invischiati nel freddo e nel maltempo. E’ stato così che la mattina
del 14 gennaio ci siamo dati appuntamento
nell’area
camper
Play Time di Castellammare del
Golfo, cittadina del trapanese che
avevamo visitato in seno a un raduno soltanto una volta (ma diversi anni fa) e che presentava
anche il vantaggio non indifferente di essere a poche decine di
chilometri da casa, almeno per i
soci di Palermo.
Dopo i saluti di rito e gli
auguri per il nuovo anno appena
cominciato, già nel primo pomeriggio sotto un pallido sole abbiamo dato il via alle esplorazioni
cittadine, godendo fin dai primi
passi degli scenografici panorami
costieri che incorniciano Castellammare. Le origini del borgo risalgono al V secolo a.C, quando
si sviluppò come porto della vicina Segesta e fino all’arrivo degli
arabi la sua storia si identifica
con quella della città elima. E
come ricorda anche il suo nome,
Castellammare è incorniciata da
un delizioso porticciolo scandito
da vezzose casette color pastello
che fanno da sfondo alle barche
dei pescatori, mentre la costa è
protetta dal castello di epoca arabo-normanna.
Nelle stalle del maniero è
ospitato un interessante museo
etnografico, purtroppo chiuso nel
week-end, che ripercorre gli usi
e i costumi della civiltà contadina
dell’800; in uno dei sotterranei è
ancora visibile un vasto ambiente
dove, nel corso della seconda
guerra mondiale, venne fatto un
macabro ritrovamento, consistente in numerosi scheletri appartenenti a soldati aragonesi,
rimasti uccisi in una delle battaglie che videro il maniero protagonista, data la sua funzione di
fortezza mantenuta nel corso dei
secoli. Mentre in un vasto ambiente al primo piano i nostri soci
hanno potuto visitare il Museo
del Mare, con attrezzi di pesca e
foto di battute di pesca e di feste
folcloristiche laiche e religiose,
oltre ad alcuni pannelli che ripercorrono i vari momenti in cui la
cittadina è stata usata come set
di numerosi film e spot televisivi
anche molto recenti, grazie alla
sua posizione scenografica.
Dopo la visita del castello
i nostri soci si sono diretti alla vicina Chiesa Madre, dedicata alla
Patrona del paese, la Madonna
del Soccorso, che ospita una magnifica statua cinquecentesca in
maiolica della stessa, attribuita
alla bottega dei Della Robbia,
completata dal bastone che ne
individua la funzione soccorritrice; qui non sono mancate le gentili spiegazioni del parroco sulla
chiesa e sulla funzione protettrice
della Madonna che porta ogni anno nel periodo estivo ad una
grandiosa ricostruzione storica, in
ricordo di un fatto realmente accaduto nel ‘700 nel porto della
cittadina, quando una nave spagnola chiese aiuto ai castellamaresi per difendersi da due navi
inglesi che la inseguivano e queste ultime per vendetta stavano
per colpire il porto, quando videro dalle colline circostanti la Madonna seguita da un esercito, accorsa in aiuto dei cittadini e, fatto
dietro-front, tornarono verso il
largo.
Il gruppo dei nostri soci davanti alla Chiesa Madre
La bellissima statua cinquecentesca della Madonna del Soccorso,
Patrona della cittadina, custodita
all’interno della Chiesa Madre
Il nostro giro è proseguito
fino a Palazzo Crociferi, seicente-
sco convento dalla facciata ornata che ai giorni nostri ospita la
sede del Municipio, e infine alla
vicina chiesa di Santa Maria degli
Agonizzanti e alla villa-belvedere
da cui si gode una volta di più la
splendida vista sul sottostante
porticciolo.
Dopo
una
passeggiata
che, insieme al freddo pungente,
aveva prosciugato le energie delle nostre indomite cavallette, si è
poi cercato un ristorante-pizzeria
in cui consumare tutti insieme il
rito della cena, scegliendo “La
campana”, locale che non si è rivelato purtroppo all’altezza delle
nostre aspettative. Infine, si è
fatto ritorno all’area camper, accompagnati dai gentilissimi ge-
IL CLUB n. 116 – pag. 10
stori della struttura a bordo del
loro pulmino-navetta.
Dopo una notte di sonno
sereno, nonostante la pioggerella
caduta, ci siamo svegliati con calma e siamo andati a goderci
un’ennesima passeggiata a zonzo
per il centro storico cittadino, prima di ritirarci nei nostri “appartamenti” dove consumare il pranzo domenicale e respirare ancora
un po’ di libertà, prima di puntare
nuovamente la nostra rotta – ad
andatura parsimoniosa! - verso
casa, progettando già le prossime
uscite e auspicando prima possibile la fine dell’inverno
Testo di Mimma Ferrante
Foto di Maurizio Karra
In vino veritas
Alla scoperta di Partinico e Terrasini, tra testimonianze architettoniche e musei, inseguendo
il filo conduttore del vino, prodotto d’eccellenza del territorio
T
occati i -25 gradi in
Valtellina; l’Italia divisa in due dalla neve; oltre mille i chilometri di
autostrade chiusi al traffico; Roma
paralizzata; più di un milione di
italiani senza luce né acqua da due
giorni; centoventi i piccoli centri
dell’Appennino isolati... E noi qui in
Sicilia a organizzare una gita nel
periodo più freddo dell’anno, nel
primo week-end di febbraio. Incoscienti? Ottimisti? Utopici? Forse
semplicemente siciliani, cioè capaci
di “morire di freddo” quando la
temperatura scende a 10 gradi
(sopra lo zero) e di lamentarci per
il maltempo per una grandinata di
pochi minuti. Ma sempre in Sicilia
siamo, e a fronte di tante cose che
non vanno almeno del clima non è
giusto lamentarci! Proprio per questo noi non ci siamo mai fermati
nel corso dei nostri vent’anni di
storia nell’organizzare anche in
pieno inverno gite e uscite, sicuramente con tanta audacia e quel
pizzico di fortuna che aiuta per
l’appunto gli audaci, anche se nel
cuore dell’inverno il freddo e le
giornate corte non stimolano molto
a usare il camper; ma la nostra
voglia di esplorare e di uscire è facilitata proprio dal nostro clima mi-
I nostri soci in visita alla cantina Cossentino di Grisì
IL CLUB n. 116 – pag. 11
te anche a gennaio e febbraio.
Tutto questo sta alla base
dell’organizzazione, nel corso del
primo week-end di febbraio, di una
bellissima gita nel territorio di Partinico, a pochi chilometri da Palermo, in un breve itinerario che ha
avuto nel vino il suo filo conduttore. Dissipati i timori di alcuni soci
che, per il timore delle cattive condizioni del tempo fino all’ultimo
avevano telefonato per chiedere
conferma che la gita si effettuasse,
sabato mattina eccoci puntuali con
i nostri camper nel comodo parcheggio di via Giuseppe Impastato
all’ingresso di Partinico. Qui, dopo i
saluti di rito, i presenti si sono
“compattati” in una manciata di
camper per dirigersi verso la vicina
cantina Cossentino, sulla strada
per Grisì, per dare subito inizio alle
esplorazioni vinicole che la tradizione del territorio, da secoli votato alla coltivazioni delle vigne, imponeva.
Dopo essere giunti alla
cantina siamo stati accolti dal suo
titolare, il dottor Nino Cossentino,
che ci ha permesso di esplorare i
locali caratterizzati da enormi botti, barriques e silos d’acciaio dove
erano conservate le diverse qualità
di vino prodotto dall’azienda secondo standard biologici. E’ seguita
da parte del padrone di casa
un’appassionata spiegazione sulla
storia della vinificazione in Sicilia,
sui moderni metodi di coltivazione
delle vigne e sulle tecniche e i
tempi della vendemmia e infine
sulle diverse qualità di vini prodotti
nella sua azienda, spesso premiati
con medaglie d’oro e d’argento nei
concorsi nazionali e internazionali;
elementi tutti che ci hanno spalancato
davanti
agli
occhi
l’affascinante mondo dell’enologia
e la passione che ci sta dietro!
Il momento di scoperta è
continuato davanti al tavolo imbandito per la degustazione dei vini dell’azienda, accompagnati anche dal pane condito dall’ottimo
olio d’oliva, da vari tipi di formaggi, olive e sfincione tipico, prodotti
tipici del territorio che ci hanno
permesso di godere di un ottimo
brunch di matrice palermitana, da-
vanti al quale le cavallette targate
BdS non si sono fatte certamente
pregare, spazzolando anche le
molliche a tempo di record e svuotando i calici in un tempo altrettanto breve, prima di dare il via agli
acquisti di vino.
Infine si è ripresa la strada
verso il parcheggio di Partinico dove attendeva la maggior parte dei
camper, anche se le curve lungo la
strada sembravano essersi moltiplicate insieme alle degustazioni
enologiche degli autisti. Ma fortunatamente la prudenza (e il numeroso cibo ingurgitato insieme al vino) ha permesso ai presenti di arrivare a destinazione senza alcun
problema, seppur ...gaudiosi.
Si è dato, quindi, il via alle
esplorazioni della cittadina, la “piccola Palermo”, come è spesso definita,
anche
perché
fino
all’Ottocento faceva parte come
quinto mandamento del capoluogo
siciliano; oggi, come in passato, è
un rinomato centro agricolo che
annovera tra i suoi prodotti, oltre
all’uva da mosto, anche ortaggi,
frutta, mandorle e olive; il suo
nome deriva da Parthenicum,
composto da Parthenos, a testimonianza di un tempio dedicato
alla dea Diana, e da Inico, originaria capitale del regno sicano. Dopo
alterne vicende che videro il borgo
quasi completamente distrutto nel
‘200 a causa del conflitto tra Angioini ed Aragonesi, il paese venne
ripopolato nel XIV secolo grazie alle opere di bonifica dei monaci cistercensi.
I nostri soci davanti all’ottocentesco tempietto della musica di Partinico
La Chiesa Madre di Partinico
Le tracce del suo passato si
possono cogliere nei suoi monumenti, come la chiesa di San Giuseppe con dipinti seicenteschi e un
curioso campanile staccato dal
corpo della costruzione, il Chiosco
della musica di impronta neoclassica, in tutto simile ad un tempietto,
la fontana barocca ad otto bocche,
la Chiesa Madre con i battenti in
bronzo incisi, la chiesa del Carmine
di impronta barocca e la chiesa del
Sacro
Cuore,
costruita
con
l’obiettivo di dare cristiana sepoltura ai condannati a morte, che ospita le spoglie della beata Pina Suriano, figlia illustre della cittadina.
Ma, dopo la visita ai suoi
monumenti, la cittadina meritava
anche esplorazioni gastronomiche,
cui i presenti si sono coscienziosamente dedicati, esplorando sia
le fornitissime macellerie che i profumati panifici, arrivando perfino
IL CLUB n. 116 – pag. 12
ad ordinare la pizza “a domicilio”
per la sera, il che ci ha permesso
di ritirarci negli “appartamenti su
ruote” per ripararci dal freddo che
con l’arrivo della sera è diventato
più pungente (ovviamente parliamo di “freddo” ben consapevoli di
ciò che nel frattempo accadeva nel
centro-nord d’Italia e in tante altre
nazioni europee).
Dopo una buona notte di
sonno, la mattina della domenica,
dopo essere stati raggiunti, grazie
alla vicinanza della cittadina a Palermo, anche da altri soci giunti in
auto, ci siamo recati alla vicina Reale Cantina Borbonica, dove ci attendeva la visita guidata in programma, che è stata magnificamente gestita dal simpatico Giu-
seppe Tamburello. La costruzione
fu fatta erigere nell’800 da Ferdinando III di Borbone e rappresenta
un’importante opera civile grazie
alla quale l’economia della zona
venne implementata nella prima
metà dell’800, consolidando la tradizione vitivinicola che da secoli
identificava la zona, grazie alla
numerosa presenza di vitigni. Si
trattò, in sostanza, di un esperimento di industria agroalimentare,
di una sorta di “cantina sociale”,
forse
la
prima
della storia,
all’interno della quale venivano
conferite le uve del territorio che
sarebbero state poi lavorate
in
modo appropriato.
Va infatti sottolineato che
fino a quel momento, nonostante
la grande quantità produttiva delle
uve da mosto della Sicilia, il vino
ottenuto era stato di scarsissima
qualità per tutta una serie di problemi; le scarse condizioni igieniche della vendemmia erano solo
un aspetto di tali scarsi risultati
qualitativi: la verità è che mancava
a quei tempi una cultura del vino e
quindi la produzione avveniva senza alcuna selezione dei vitigni,
senza operare la scelta dei grappoli
e senza lo scarto degli acini guasti;
e poi il mosto veniva conservato
senza le dovute attenzioni in qualunque locale, non sapendo che gli
sbalzi di temperatura e di umidità
avrebbero reso carente qualunque
tentativo di conservazione.
La situazione cambiò radicalmente
con
l’intervento
dall’enologo reale, il cavalier Felice
Lioj che, dopo aver acquistato 80
salme di appezzamenti di terreno,
contribuì alla nascita del podere
reale insieme all’architetto Giuseppe Patti, inserendo vitigni di qualità accanto a quelli del territorio e
dando vita anche a nuovi metodi di
lavorazione che contribuirono ad
accrescere enormemente la qualità
del vino prodotto. Tutto ciò avveniva nei locali di questa Real Cantina Borbonica, che è tornata a rivivere come sede museale dopo
lunghi lavori di restauro che sono
seguiti ai decenni dell’incuria e
dell’abbandono.
L’affascinante edificio in
pietra si presenta oggi come era
quando fu costruito: diviso in tre
sezioni di 1.000 metri quadrati,
scandite da un armonioso insieme
di archi e pilastri che si collegano a
crociera; la navata destra e quella
centrale erano state lasciate libere
e servivano come deposito dei
Due scatti alla Real Cantina Borbonica
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prodotti della tenuta reale, mentre
la parte sinistra era chiusa ed utilizzata come palmento, con una
sezione superiore in cui veniva pigiata l’uva e un deposito sottostante nel quale il mosto fermentava, cui seguiva un locale con alcuni torchi per il vino e per l’olio,
dato che una sezione del palmento
serviva per la spremitura delle olive e la produzione dell’olio; inoltre
vi è un’ambiente sotterraneo con
una temperatura uniforme di dieci
gradi in cui venivano deposti i sacchi d’uva e le tine a muro per il vino in muratura, con le bocche da
cui usciva il prezioso liquido, intervallate con tine di olio. I recipienti
riempiti venivano portati via a dorso di mulo, fino alla vicina Terrasini, dal cui porto venivano imbarcati
per l’Italia e l’Europa.
I nostri soci all’interno dei locali dell’Associazione Nino Canino
Vincenzo Garifo ci parla della collezione dei pupi siciliani ospitata
all’interno dei locali della Real Cantina Borbonica dove ha sede
l’Associazione Nino Canino
Nel corso della visita siamo
stati irretiti dall’atmosfera che si
respirava all’interno della struttura
e ci sembrava quasi di poter assistere ad una vendemmia di duecento anni fa, con i canti dei contadini che pigiavano l’uva e i muli
che venivano caricati con le piccole
botti per far conoscere il vino siciliano in tutta Europa. Ritrovarsi sul
cortile interno è stato come risvegliarsi da un sogno ad occhi aperti,
ma ben presto il sogno è ricominciato, dal momento che siamo tornati bambini all’interno dei locali
IL CLUB n. 116 – pag. 14
Alcuni nostri soci all’interno di Palazzo d'Aumale a Terrasini, nella sezione museografica dedicata ai carretti siciliani; in basso un prezioso
esemplare di inizio Novecento
quella etnografica dedicata ai mestieri del territorio e in particolare
alla pesca, quella naturalistica con
una nutrita passerella di animali
imbalsamati, quella archeologica
con vari reperti di archeologia subacquea pescati nelle acque antistanti il golfetto di Terrasini, e infine
la
eccezionale
collezione
del Museo del carretto siciliano,
con numerosi splendidi esemplari
di carretti siciliani di varie epoche,
da quelli dedicati al trasporto di
merci a quelli dedicati al trasporto
delle persone e alle cerimonie. E
anche qui siamo rimasti affascinati
dai notevoli decori che ornavano i
carretti, con scene che spaziavano
dalla Chanson de Geste dei paladini Orlando e Rinaldo, a temi sacri e
naturalistici, dalle incisioni che caratterizzavano le ruote e le sponde
dei carretti, in un mix di tradizione,
artigianato e arte che ormai sembra essere perso per sempre.
Uno scatto all’interno della sezione
dedicata all’archeologia subacquea
di Palazzo d’Aumale a Terrasini
del dirimpettaio Museo dei Pupi Siciliani, dove don Vincenzo Garifo ci
ha “presentato” i numerosi pupi
dell’Associazione Nino Canino con il
luccichio delle armature, i pennacchi degli elmi e gli sguardi enigmatici che ci hanno catturato con il
fascino della Chanson de Geste,
dove i paladini e i mori ingaggiano
una battaglia senza tempo e senza
fine.
Siamo rimasti a guardare
con grande interesse il minuscolo
teatrino e la sfilata di armature, il
vivace vestito di Angelica e i pupi
del teatro siciliano, oltre ai coloratissimi cartelloni che raccontavano
le innumerevoli puntate degli spettacoli del teatro dei pupi dedicato
alle gesta dei paladini di Carlo Magno, sperando che questa forma di
teatro popolare non cada nell’oblio
e che anche i nostri nipoti possano
imparare ad amarlo.
Ormai immersi nel fascino
del passato e delle tradizioni siciliane, abbiamo deciso di continuare
il nostro viaggio a ritroso nel tempo spostandoci nella vicina cittadina di Terrasini, orlata da uno
splendido lungomare che si affaccia su una costa sinuosa caratterizzata da suggestivi scogli. Da qui
a metà ‘800, come avevamo appena appreso, partiva il vino siciliano
alla volta dell’Europa, fermandosi
brevemente nel palazzo d'Aumale,
destinato in origine a cantina e ai
giorni nostri trasformato in museo
civico; ed è stato proprio a questo
grandioso palazzo-museo che i nostri soci hanno dedicato l’ultima
parte della visita della domenica.
Palazzo d'Aumale ospita
varie sezioni museografiche, come
IL CLUB n. 116 – pag. 15
Con gli occhi pieni delle meraviglie ammirate nel corso del finesettimana, che ben testimoniano il
concetto della Sicilia come quello
dell’isola dei mille tesori, ci siamo
diretti verso le sagome dei camper,
mentre il cielo sopra di noi si incupiva sempre di più e la pioggia cominciava a cadere copiosa. Ma ormai noi eravamo all’interno della
nostra confortevole casetta su ruote, dopo esserci goduti un magnifico fine-settimana che ci ha permesso di staccare la grigia routine quotidiana. E quando, dopo il pranzo,
abbiamo ripreso la rotta verso casa,
nonostante la pioggia cominciasse a
cadere sempre più copiosa, abbiamo ricominciato a pensare alle nostre future fughe, del tutto incuranti
del brutto tempo che ancora per un
po’ ci potrà circondare, viaggiando
sulle ali della fantasia.
Mimma Ferrante
e Maurizio Karra
Le nostre bambine
Le ultime news sul progetto di adozioni a distanza del Club
P
rosegue con sempre maggiore efficacia, grazie alla sentita partecipazione di tanti nostri soci, l’impegno
in favore del progetto di adozioni a distanza che il nostro Club persegue ormai da qualche anno. Il 2011 si è chiuso
con un bilancio estremamente positivo:
a fronte delle quote versate a inizio
dell’anno alla Comunità di Sant’Egidio
per l’adozione delle nostre tre bambine
(Olive N., Clarisse R. e Annie C.), quote
pari a complessivi 936 euro, l’importo
dei versamenti effettuati nel corso
dell’anno sul c/c dedicato al progetto è
stato invece pari a un totale di 1.560
euro, con un avanzo di gestione di 638
euro in grado di garantire la copertura di
due delle tre quote anche per 2012.
E’ quindi doveroso ringraziare
pubblicamente coloro che hanno maggiormente contribuito con il loro contributo al progetto: Francesco Bonsangue,
Liliana ed Eduardo Spadoni, Vittorio Parrino, Anna Maria ed Enzo Triolo, Francesco Circhetta, Giusy e Pietro Messina,
Anna Maria e Luigi Fiscella, Giulia ed Elio
Rea, Franca e Filippo De Luca, Laura e
Mario Tomasino, Marcello La Barbera,
Mimma e Maurizio Karra, Enza e Achille
Selinunte, Giangiacomo Sideli, Filippo
Santonocito, Enza e Paolo Carabillò, Rino
Tortorici, Sergio Campagna, ecc..
Ma ecco le ultime notizie pervenuteci dalla Comunità di Sant’Egidio.
Olive N. (Ruanda)
Olive sta bene. Ha terminato il
primo anno della scuola primaria con una
media di voti del 6,9 ed è soddisfatta di
questo risultato. Nella sua classe ci sono
54 alunni e a volte trovare la concentrazione non è facile per lei.
A Natale Olive e gli altri bambini
adottati a distanza presso il centro Amizero hanno partecipato all’ormai tradizionale pranzo di Natale della Comunità di
Sant’Egidio a Kigali. Dopo un ricco pasto,
è arrivato Babbo Natale per portare un
dono a ciascun bambino (vestiario, scarpe, ecc.). A seguire hanno fatto una bella
festa con canti e balli tradizionali.
I bambini inseriti nel programma di adozioni a distanza presso il
centro Amizero sono tutti ben seguiti
negli studi e per chi ha difficoltà a scuola
c’è la possibilità di seguire delle lezioni di
recupero. L’adozione a distanza copre le
spese scolastiche dei bambini e garantisce ai bambini un’abbondante alimentazione tre volte al giorno. Vengono inoltre distribuiti con regolarità pacchi alimentari alle famiglie e di recente sono
stati acquistati anche materassi per
quelle che ne avevano bisogno.
nuova povertà. L’aumento della benzina
fa salire alle stelle il prezzo dei generi
alimentari (si pensi che il prezzo del riso
è raddoppiato) e di altri generi di prima
necessità. Muoversi per la città, con
l’aumento del costo dei trasporti, è divenuto ormai un lusso. Anche i costi
della scuola sono cresciuti. Nelle scuole
pubbliche, spesso le famiglie sono costrette a dare un contributo per gli stipendi degli insegnanti, perché lo Stato
non riesce a farsene carico totalmente.
In questo contesto difficile, il
nostro sostegno ai bambini di Tolagnaro è stato rivolto principalmente a
garantire una buona alimentazione e il
pagamento della scuola.
Una bella novità dell’ultimo periodo è la costruzione di una struttura più
grande, resa possibile grazie ad un finanziamento della cooperazione belga, per
offrire più spazio al centro Amizero che
avrà così la possibilità di ospitare un
maggior numero di attività (riunioni con
le famiglie, alfabetizzazione delle donne,
aule per i corsi di arti e mestieri).
Annie C. (Madagascar)
Anche Annie sta bene. Nel mese
di ottobre ha ripreso le lezioni a scuola e
ha ricevuto del materiale scolastico. Tutti
i giorni mangia nella mensa della scuola
e questo aiuta Annie ad avere una maggiore concentrazione nello studio.
Clarisse R. (Madagascar)
Clarisse gode di buona salute ed
è cresciuta in altezza. Il suo rendimento
scolastico è un po’ calato in questi mesi e
per recuperare dovrà impegnarsi molto
nello studio. Attualmente Clarisse sta
frequentando la classe sesta del ciclo di
studi secondari (collège).
Come per Clarisse, il sostegno che viene dall’adozione a distanza
è stato molto prezioso dato il periodo
difficilissimo che sta vivendo il Madagascar, con l’aumento del costo della
vita e l’aumento della povertà fra la
popolazione. Anche per lei il sostegno
dell’adozione a distanza è stato rivolto
a garantire una buona alimentazione e
il pagamento della scuola. Inoltre, in
occasione del Natale è stata organizzata una festa e ogni bambino ha ricevuto un regalo.
I bambini adottati a distanza a
Tolagnaro stanno complessivamente
bene.
Il
sostegno
che
viene
dall’adozione a distanza è quanto mai
prezioso per loro in questo periodo difficilissimo per il Madagascar. Il costo della
vita è in forte aumento e questo genera
IL CLUB n. 116 – pag. 16
Ricordiamo, infine, a tutti coloro che volesse contribuire al progetto di adozioni a distanza del nostro
Club che le coordinate bancarie da utilizzare per i bonifici sono le seguenti:
IT 49 C 02008 04642 000300563557
In camper d’inverno
I sistemi di riscaldamento per poter utilizzare serenamente il camper anche nei mesi invernali
L’
impianto di riscaldamento è sempre stato uno dei
punti più importanti da tenere in
conto per l’utilizzo nei mesi più
freddi del camper e insieme una
delle ragioni per il suo scarso utilizzo da parte di molti camperisti
nei periodi più freddi dell’anno. In
realtà da anni i nostri mezzi godono di tecnologie sempre più sofisticate anche nel riscaldamento,
tant’è che oggigiorno siamo abituati ad avere nel nostro camper
sofisticati impianti come stufe e
riscaldatori, nonché impianti di aria
condizionata caldo-freddo che ci
consentono di effettuare anche le
vacanze sulla neve (almeno per chi
ama lo sci e le montagne innevate);
ma questa è cronaca recente, degli
ultimi dieci-quindici anni o poco più,
dato che la storia del campeggio è
legata a un’evoluzione delle tecnologie e dei prodotti che solo negli
ultimi anni ha consentito davvero
di poter sfruttare i veicoli ricreazionali anche nel pieno inverno.
Così non era negli anni del
pionierismo, fra il ’60 e il ’70 del
secolo scorso, allorquando iniziò
anche in Europa la produzione in
serie di caravan e poi, a partire
dalla metà degli anni ’80, di veicoli
motorizzati. Per quanto riguarda la
tecnologia del riscaldamento, è
interessante quindi fare un passo
indietro per conoscere la lunga
storia delle tecnologie che ci hanno
consentito l’uso del veicolo ricreazionale anche col freddo.
Questa storia coincide sostanzialmente, fino a pochi anni fa,
con la storia di un prodotto, la stufa a gas, e con quello di un’azienda,
la tedesca Truma. Pochi sanno che
il nome “Truma” fu scelto in onore
dell’allora presidente degli Stati
Uniti Harry S. Truman, del quale il
fondatore dell’azienda Philipp Kreis
era un grande ammiratore, perché
aveva sostenuto la ricostruzione
economica della Germania. Nel
1961 Truma-matic fu il primo riscaldamento per caravan riconosciuto ufficialmente: comodo da
usare grazie all’accensione piezoelettrica, era estremamente sicuro
grazie al sistema chiuso e al dispositivo di sicurezza all’accensione
termoelettrico ed era anche eco-
nomico grazie al potente bruciatore. Nel 1975 venne messa sul
mercato la stufa a comando elettronico Trumatic E. Nel 1976 diventa possibile disporre di acqua calda
anche nelle roulotte e nei primissimi modelli di camper. L’acqua veniva riscaldata dall’impianto dell’aria
calda del riscaldamento a gas. Nel
1981
venne
poi
perfezionata
l’alimentazione di acqua calda per
caravan e camper e Truma iniziò la
produzione di boiler a gas che permettevano di farsi la doccia anche
nei veicoli per il tempo libero.
Giungiamo così al 1994.
Con la nuova Trumatic C calore e
acqua calda vengono forniti da un
unico apparecchio: ancora più lusso ed indipendenza nei veicoli per
il tempo libero. Numerosi produttori di camper la inseriscono subito
di serie sui loro veicoli.
IL CLUB n. 116 – pag. 17
Nel 2002 Truma inventa il
riscaldamento supplementare a
corrente
elettrica
abbinato
all’impianto a gas: si tratta
dell’impinato Ultraheat 230V che
viene immesso nel mercato come
elemento integrante per la stufa a
gas Trumatic S. Questo dispositivo
permetteva tre possibilità di riscaldamento: a gas, a gas e corrente
oppure solo con corrente elettrica.
Giungiamo così agli anni
più vicini: nel 2007 è sempre la
Truma a immettere sul mercato la
nuova stufa per camper Truma
Combi, per riscaldare la cellula abitativa e l’acqua, che con le sue
dimensioni ancora più compatte, il
peso ulteriormente ridotto e la
nuova valvola di scarico con funzionamento indipendente dalla corrente (Frost Control), sostituisce la
precedente Trumatic C, che era già
stata costruita e montata in più di
mezzo milione di veicoli.
Tutti questi modelli, al di là
dell’evoluzione, hanno un minimo
comune denominatore: il fatto di
utilizzare come combustibile il gas
G.P.L.; inoltre queste stufe nunzionano attraverso lo scambio di
calore prodotto nella camera di
combustione direttamente con l'aria ambiente. Questo modo di produrre il calore ad uso riscaldamento è definita, in linguaggio tecnico,
a "scambio diretto". In altre parole,
tra la camera di combustione (ovviamente stagna verso l'interno del
camper) e l'aria ambiente da riscaldare non è interposto alcun'altra sostanza per veicolare il calore.
L’aria calda prodotta, nella
grande maggioranza dei casi, viene poi veicolata all’interno del veicolo grazie alla ventilazione forzata
che sfrutta le canalizzazioni interne
e le bocchette sistemate in varie
parti della cellula, con l’unico problema che quelle più lontane dalla
fonte di calore (la stufa) irradiano
l’aria meno calda, mentre la zona
attorno alla stufa stessa risente
della fonte di calore primaria ed è
quindi di gran lunga la più calda.
L'aria calda, dilatandosi, diventa
più leggera di quella fredda presente nel camper e di conseguenza
sale verso l'alto, mentre la fredda
occupa in basso lo spazio lasciato
vuoto da quest'ultima. Si avvia
così una circolazione naturale del
calore ed un lento riscaldamento
del mezzo. Tuttavia, anche sfruttando la ventilazione forzata, che
accelera i tempi di riscaldamento
della cellula, l'aria calda raggiunge
solo i luoghi dove sono installate le
bocchette di uscita delle tubazioni
e dove non è impedita strutturalmente da ostacoli, e di conseguenza la temperatura nel veicolo rimane non uniforme. La rotazione
del motore della ventilazione assorbe inoltre una certa quantità di
energia dalla batteria ausiliaria del
camper e quindi i vantaggi non
sono tutti a nostro favore.
Dato che il riscaldamento
in un camper è una questione molto delicata, e anche i tempi di riscaldamento sono un valore per
nulla da sottovalutare nella scelta
del sistema di riscaldamento, negli
ultimi anni alla tradizionale stufa a
gas si è affiancato un sistema diverso che consente un riscaldamento veloce e potente e garantisca un piacevole calore nel volgere di pochi minuti. Stiamo parlando
del sistema da tutti chiamato Webasto, dal nome della casa produttrice. Si tratta di un sistema a bruciatore
montato
in
genere
all’esterno o sotto il pavimento,
che scalda l’aria distribuendola con
una ventola incorporata, alimentandosi direttamente dal serbatoio
a gasolio del veicolo. Il limite principale, come per le stufe combi
della Truma, è di non poter funzionare quando la batteria è scarica,
dato che all’avviamento per lo
spunto iniziale assorbono …un po’
di corrente. Il vantaggio è che, non
utilizzando il gas, è certamente più
sicuro, a tal punto da poter rimanere acceso anche durante la marcia del veicolo.
Tutte le soluzioni di riscaldamento Webasto funzionano
a gasolio. Utilizzando lo stesso
combustibile del veicolo, non vi
sono problemi di fine del gas anche per altre utenze e poi non vi
sono nemmeno problemi di rifornimento perchè il gasolio è reperibile ovunque e la tanica del veicolo in genere è capiente per
70/90 litri (basta tenere il serbatoio al pieno). Questa nuova tecnologia, più costosa rispetto a
quella a gas della Truma (la montano infatti pochi veicoli di fascia
alta), ha comunque diverse soluzioni: riscaldatore ad aria o acqua, oppure sistema integrato
con boiler supplementare per
l’acqua calda.
I vantaggi di questo sistema sono molti: il Webasto può
funzionare bene anche in condizioni freddissime, dato che in
condizioni di freddo intenso al
combustibile delle pompe di carburante viene aggiunto già un
additivo per prevenire il congelamento nelle zone molte fredde
dove la temperatura scende significatamente anche sotto lo
zero (diesel artico o diesel invernale); a differenza del propano
delle bombole del camper che
comunque resiste meglio al freddo rispetto al butano ma è ugualmente soggetto a congelamento. Non c’è nemmeno pericolo di restare a secco per partire
dopo la sosta perché ogni riscaldatore ha la sua pompa di dosaggio che preleva il carburante
direttamente dal serbatoio del
veicolo, ma non dalla parte più
bassa, così da preservare una
parte del serbatoio stesso all’uso
motoristico.
C’è chi teme comunque il
notevole consumo di gasolio, che
oggi ha raggiunto un costo comunque proibitivo. Ma così non è:
naturalmente il consumo del
combustibile dipende dal calore
desiderato e dal modello di riscaldatore. Un riscaldatore consuma normalmente circa 100 ml
per ora per KW, e a spanne pos-
IL CLUB n. 116 – pag. 18
siamo quindi considerare un consumo di circa mezzo litro di gasolio all’ora. Analogamente non c’è
troppo da preoccuparsi per i consumi elettrici, che dipendono
sempre dalla temperatura impostata e dalla potenza del riscaldatore. Semmai, il problema è legato,
come
già
accennavamo,
all’assorbimento di corrente dalla
batteria servizi in fase di avviamento, per cui se la batteria è
scarica, il riscaldamento non si
avvia. I riscaldatori Webasto possiedono comunque una protezione di basso voltaggio e si spengono in condizioni critiche della
batteria se usati a lungo.
Un terzo sistema di riscaldamento che è usato da pochi
anni sui camper è il cosiddetto
scambiatore di calore abbinato ad
elementi radianti: si tratta di un
sistema adottato dalla Alde, ma il
suo costo è tale che solo pochissimi allestitori lo propongono, e
talvolta solo per le fasce al top
della loro produzione, anche per
le difficoltà di allestimento già in
fase di progettazione del veicolo
(questa è la ragione per cui non
ci dilunghiamo sull’argomento).
Rimane qualche altra considerazione
da
fare.
L’inadeguatezza, il sottodimensionamento, il consumo eccessivo
(sia di corrente che di combustibile, gas o gasolio che sia) possono compromettere la buona
riuscita di una vacanza, specialmente invernale. Per questo è
fondamentale che tutto il sistema
di produzione e di distribuzione
del calore sia stato scelto bene
all’atto dell’acquisto, evitando di
risparmiare sull’acquisto di un
mezzo che offre di serie un impianto sottodimensionato o non
di qualità.
E’ poi altrettanto importante, se non indispensabile, che tutto
il sistema sia nel tempo mantenuto
in condizioni ottimali attraverso
una periodica manutenzione e
messa a punto; questo vale soprattutto per le stufe a gas che
ovviamente sono collegate a un
propellente a rischio massimo di
scoppio come il gas liquido. Manutenzione e messa a punto della cui
necessità spesso ci si accorge
quando, trovandoci al freddo e avendo bisogno di accendere il riscaldamento, l’impianto non parte
lasciandoci nei guai!
Maurizio Karra
Idee di viaggio per la famiglia
Il Kea M75: un bellissimo e comodo mansardato della Mobilvetta, nemmeno troppo grande,
particolarmente adatto per la coppia con due figli
K
ea è certamente un
nome che ha portato molta fortuna
in casa Mobilvetta, dato che ognuno dei mezzi di questa serie realiz-
zati dal marchio “premium” di SEA
non solo è stato ben caratterizzato
allo scopo di centrare i desideri e
le esigenze di una particolare fascia di clientela, ma ha potuto of-
Due immagini del Kea M75
Mobilvetta Kea M75
Tipologia: mansardato
Meccanica: Fiat Ducato 2.3
130 cavalli
Lunghezza: m. 6,86
Larghezza: m. 2,35
Altezza: m. 3,08
Posti omologati: n. 6
Posti letto: n. 6 (due matrimoniali, il primo in mansarda
e il secondo ottenibile dalla
trasformazione delle dinette
centrali + due singoli a castello in coda)
Serbatoio acque chiare: l. 120
Serbatoio acque grigie: l. 110
WC: kasset l. 19
Riscaldamento e boiler: sistema
integrato Truma C-6 a gas
Frigorifero: trivalente l. 160
Cucina: piano cottura 3 fuochi
con cappa aspirante
Oblò: 1 cm. 50x70 + 2 cm. 40x40
+ 1 cm. 30x30 in bagno con
ventola
Prezzo: € 57.490 chiavi in mano,
con aria condizionata in cabina
e Safety Pack
frire il meglio del made in Italy in
termini di progettazione, comodità
e tecnologia senza con ciò pretendere un prezzo troppo esoso.
Questo M75 ne è una conferma: meno di sette metri di lunghezza, quattro posti letto comodi
oltre a ulteriori due in caso di bisogno, uno splendido living anteriore capace di fare accomodare in
salotto fino a otto persone, una
IL CLUB n. 116 – pag. 19
funzionale area servizi, sia per la
parte cucina (al centro) che per la
parte doccia e wc (separati in due
parti appena prima del castello di
coda), un comodo gavone-garage
a geometria variabile che, in caso
di rinunzia a uno dei due letti del
castello, consente di ospitare moto
e bici, la migliore impiantistica di
bordo, tutte le luci a led e tanto
altro ancora: tutto questo associato a una scelta di materiali di
grande qualità, all’eleganza di mobili e tappezzerie e alla migliore
luminosità possibile dell’insieme.
Una visione d’insieme della parte posteriore e, in basso, i due letti a castello
L’angolo cucina e il bagnetto
Talvolta le immagini parlano
anche più chiaramente delle parole:
questo è uno di quei casi. Il rapporto
qualità-prezzo è davvero eccellente:
57.490 euro chiavi in mano!
IL CLUB n. 116 – pag. 20
PAGINA VUOTA
IL CLUB n. 116 – pag. 21
Eccellenza su ruote
Uno splendido semintegrale della nuova produzione Arca
N
on esiste ovviamente
il camper perfetto, ma solo il mezzo che meglio risponde alle esigenze dell’utente, sia dal punto di vista funzionale che da quello del
costo (sia d’acquisto che di manutenzione). Ed è quindi difficile par-
Arca P730 GLM
L’esterno dell’Arca e una visione d’insieme della parte anteriore:
si noti il letto basculante sopra la dinette centrale
Tipologia: semintegrale
Meccanica: Fiat Ducato 3.0 Telaio
Al.Ko 180 cv Euro 5
Lunghezza: m. 7,30
Larghezza: m. 2,35
Altezza: m. 3,09
Posti omologati: n. 4
Posti letto: n. 6 (un matrimoniale in coda, uno ottenibile dalla
trasformazione delle dinette anteriori e un terzo basculante)
Serbatoio acque chiare: l. 110
Serbatoio acque grigie: l. 100
WC: kasset l. 18 + serbatoio l. 35
Riscaldamento e boiler: sistema integrato Truma C6000
a gas
Frigorifero: trivalente l. 160
Cucina: piano cottura 3 fuochi +
cappa
Oblò: 1 cm. 50x70 + 3 cm. 40x40
+ 1 cm. 30x30 in bagno con
ventola
Prezzo: € 78.575 chiavi in mano,
con aria condizionata in cabina
lare di un veicolo come di un camper ideale; ma per questo nuovo
semintegrale prodotto dall’Arca, il
P730 GLM, è davvero difficile non
cadere nella tentazione di farlo.
Si tratta di un veicolo di fascia alta, progettato e costruito secondo le più moderne tecnologie,
sia di coibentazione che di accessoristica, e il modello che vi presentiamo qui è pure montato su
motorizzazione Ducato 3 litri nella
nuova configurazione Euro 5 da
180 cavalli: il top anche sul piano
motoristico. Parliamo di un semintegrale iperaccessoriato, di 7,32
IL CLUB n. 116 – pag. 22
metri, con una splendida dinette
con tavolo centrale allungabile nella parte anteriore e sovrastante letto matrimoniale basculante con comando elettrico di discesa; come
l’altro matrimoniale, sempre pronto
in coda, anch’esso ad altezza variabile a seconda delle esigenze per dare più o meno spazio al gavonegarage, al quale si può accedere sia
dall’interno che dai portelloni sulle
due fiancate laterali che dall’interno
e che consente di sistemare bici,
moto e ogni bendidio sfruttando anche ante e botole sistemate un po’
ovunque.
Se le comodità sono sparse
ovunque, è anche la qualità a mostrarsi concretamente in ogni parte:
dal mobilio color noce e panna alle
luci, tutte al led, all’impiantistica: si
pensi che perfino le tubazioni, protette dal freddo da opportuna coibentazione, hanno le raccorderie in
acciaio, come quelle di casa!
L’angolo cucina e il bagnetto
La parte posteriore del semintegrale; si noti il grande letto matrimoniale in coda, ad altezza variabile a comando (elettrico), la cabina
doccia a sinistra e il vano bagnetto sulla destra, e la botola a pavimento che nasconde un vano portatutto strutturato in diverse zone
Anche in prossimità della zona servizi, posta in coda e divisa in
due parti (da un lato la cabina doccia
e dall’altra il bagnetto), troviamo
un’ulteriore botola a pavimento (cfr.
foto a sx), che consente di sistemare
vettovaglie in appositi spazi di varia
grandezza, sfruttando così in modo
ottimale il doppio pavimento dovuto
al telaio Al.Ko. E un altro utile vano di
“carico” si trova sulla fiancata sinistra.
IL CLUB n. 116 – pag. 23
Insomma, nulla è lasciato al
caso, nemmeno il posizionamento
degli oblò, tanti e comodi, così da
offrire la massima luce all’abitacolo.
Un veicolo senza nei; o forse con un
solo neo, il prezzo: circa 78.500 euro chiavi in mano nella configurazione proposta. Ovviamente non è poco, ma per un semintegrale di questo livello chi potrebbe dissentire?
Un Natale all’insegna della Fede
Un breve viaggio di fine anno fra San Giovanni Rotondo e Alberobello per riflettere sul senso della Natività
I
l Natale 2011 sarà ricordato da tutti noi come una delle esperienze che lasceranno un
segno indelebile nella nostra memoria. Da qualche mese assieme
a Rossella si pensava di fare un
viaggio che ormai da tempo ci
manca, Nord Europa, Tunisia, Marocco, Spagna; erano tante le mete dei nostri sogni. Alla fine avevamo pianificato un viaggio a Monaco di Baviera, assieme ad alcuni
amici, per trascorrere il capodanno in quella meravigliosa città,
che proprio in questo periodo accentua la sua bellezza, fiera di
mostrarsi ai turisti di tutto il mondo con la consapevolezza di essere una delle città più maestose
d’Europa.
I preparativi erano giunti
al termine quando, quasi come un
richiamo, ho sentito di esternare a
mia moglie il mio pensiero: forse
il viaggio che cercavo di fare non
era proprio quello…; anche Rossella, che prima non aveva espresso alcuna opinione, forse per
non dispiacermi, si trovava pie-
La chiesa del Santuario di San Pio a San Giovanni Rotondo. In basso
la cittadina addobbata per i 150 anni dell’Unità d’Italia e il Natale
IL CLUB n. 116 – pag. 24
namente d’accordo con me. Detto,
Fatto: il Nostro Natale deve essere vissuto vicini a San Pio a San
Giovanni Rotondo. La nuova meta,
come d’incanto, veniva condivisa
con grande entusiasmo anche dai
miei figli Valentina e Davide (e
mio genero Giuseppe) che si agganciavano a noi per questo viaggio che si è rivelato di grande
spessore spirituale.
Né la pioggia né il forte
vento di quei giorni ci hanno fermato: infatti il 22 dicembre eravamo tutti quanti in camper verso
la nostra prima meta tanto desiderata: San Giovanni Rotondo. Il
23 nella tarda mattinata il nostro
arrivo e dopo un breve spuntino,
visita al Santuario che ci ha visti
impegnati tutto il pomeriggio. Il
24 dopo una mattinata trascorsa
in pieno relax, nel primo pomeriggio siamo approdati nel paese di
San Giovanni Rotondo per la visita
di tutta la cittadina accompagnati
da varie manifestazioni che il Comune organizza per le feste natalizie. In serata dopo uno spuntino
all’insegna della massima sobrietà, senza i soliti cenoni e tavoloni
banditi con di tutto e di più, ci
siamo
recati
in
una
pizzeria/friggitoria per gustare le varie
specialità locali, per indirizzarci in
seguito, intorno alle 22,00 circa,
verso il Santuario per assistere
alla Funzione Natalizia della nascita di Gesù; funzione iniziata alle
11.30 e terminata intorno all’una
e trenta.
L’atmosfera è stata quella
che tutti possono immaginare, ma
per noi è stata un’esperienza di
grande valore spirituale, un mistico Natale nella terra di Padre Pio.
San Giovanni Rotondo offre infatti
un'incantevole cornice naturale
all’anima sognatrice di ogni uomo
che si prepara alla Festa del Natale. Un'immagine pulita, genuina,
semplice ed umile, che aiuta non
poco il credente nella comprensione del mirabile mistero d'amore
vissuto, nell'infanzia, nell'adolescenza, nella giovinezza e nel percorso sacerdotale, dal suo Figlio
più illustre (San Pio). E’ qui che
Lui ha cullato e dilatato nel suo
cuore la sublime poesia della Natività, tutta orientata nella contemplazione del Divino Bambino e
della Sua singolarissima e straordinaria famiglia naturale.
Dopo questa esperienza
particolare, il 25 ci spostiamo alla
volta di Alberobello e scopriamo
che il Comune, la Pro-Loco e le associazioni ecclesiali di questa magnifica località hanno organizzato,
con ingresso gratuito, Il Presepe
Vivente ambientato nelle caratteristiche abitazioni dei trulli. Proprio il
Trullo Sovrano è l'ideale punto di
partenza di una passeggiata alla
scoperta delle tradizioni natalizie:
tra monti e aia piccola, lungo strade parate di luci, festoni e tappeti
vermigli, si affacciano oltre cento
presepi artistici in una mostra senza pari curata dal Comune.
Passando per la basilica
dei Santi Medici, si raggiunge la
bottega del sarto-cartapestaio
Sebastiano D'Oria, in Vico Carducci: da oltre settant'anni questo artista costruisce i suoi presepi con una tecnica particolare
utilizzando - al contrario dei maestri leccesi - piccolissimi pezzi di
carta (anche di pochi millimetri)
per modellare pupi vestiti di tutto
punto, perfino con gli indumenti
intimi. Si prosegue per Casa D'Amore e, dopo aver ammirato le
Natività con le figure di maggiori
dimensioni, si passa alla chiesa
della Madonna del Carmine e a
Casa Pezzolla, nelle cui sale sono
esposte opere di artisti pugliesi
(e altre provenienti da collezioni
private) che raffigurano presepi
delle forme e ambientazioni più
varie, dalla classica mangiatoia al
coccio di terracotta, dallo chassis
di un televisore all'immancabile
trullo. Si prosegue per il Museo
dell'Olio, i trulli della Villa Comunale e di Piazza D'Annunzio, la
chiesa di Sant'Antonio e quella
della Madonna del Rosario, in frazione Correggia, includendo anche la curiosa mostra Alberobello
in Miniatura (nel retro di un negozio di souvenir in Via Monte
San Michele 34).
Ma il piatto forte ci attende ad Ala Piccola, che si trasforma
completamente per accogliere uno
straordinario Presepe Vivente rappresentato da oltre trent'anni con
peculiarità che lo distinguono da
altre manifestazioni similari. Il giro ha inizio alle ore 17, con partenza ogni quarto d'ora, in gruppi
di massimo 15 persone al seguito
Due immagini di Alberobello in versione natalizia
IL CLUB n. 116 – pag. 25
di una guida che illustra le attività
svolte nei vari trulli: vi troviamo
la riproposizione di antichi mestieri tra i quali l'acconciatore di
vasi, lo stagnino, il maestro d'ascia, il calzolaio e il trullaro, (per
inciso, il mio omonimo Domenico
Romano) uno degli ultimi maestri
ancora in attività che spiega le
tecniche per squadrare le pietre
da sovrapporre in modo da lasciar
circolare l'aria. Gli ambienti, inoltre, accolgono massaie intente
nella preparazione di pietanze
contadine o impegnate in lavori di
tessitura.
Ma la particolarità di questa rassegna è data dalle esibizio-
Curiosità
per i camperisti!!!!
Presso il parcheggio
camper “Nel verde” di Alberobello, abbiamo avuto modo di
visualizzare, provare ed apprezzare il nuovo “SOS Camper
WC”; che facilita, con semplici
manovre la pulitura ed anche la
sterilizzazione delle cassette dei
nostri WC Camper.
In sintesi, il macchinario
di nuova costruzione, è (come
ci spiega il titolare del parcheggio) il primo installato sia in Italia che in Europa. Il macchinario
che nella struttura assomiglia a
quello da macchina da caffè che
troviamo nei vari uffici, ai bar,
nelle scuole etc. ad inserimento
avvenuto della cassetta thetford
automaticamente scarica, ricarica la cassetta di fluido a pressione, sciacqua e riscarica. Ripete la predetta operazione per
ben due volte, il tutto ben visibile grazie alla luce di cortesia
installata al suo interno, mentre
un aspiratore ne toglie gli odori.
A fine ciclo la cassetta viene restituita perfettamente pulita e
sterilizzata. Il macchinario prevede una gettoniera, ma al
momento il servizio è gratis.
Se avete curiosità potete
dargli un’occhiata anche via
Internet
all’indirizzo:
http://www.pleinair.it/speciali/mn
blog_2k9/video.php?id=12.
Vi
assicuro, una gran bella invenzione, che ha lasciato di stucco
tutti i camperisti presenti in
quel parcheggio.
Uno dei presepi di Alberobello; in basso una scena del Presepe Vivente
che si svolge nella cittadina pugliese nel periodo del Natale
ni teatrali che hanno per protagonisti i giovani del luogo, i quali
portano in scena un tema ogni
anno diverso: gli attori, in un misto di dialetto e di italiano, riescono a coinvolgere e a divertire
il pubblico rendendo questa tappa
particolarmente piacevole e interessante. Nell'ultimo trullo, invece, l'intensa recita di un'attrice
suggerisce di considerare più cristianamente l'evento che ci si
appresta a contemplare e, in una
suggestiva atmosfera che induce
tutti al silenzio, introduce al quadro della Natività.
Prima di lasciare definitivamente il circuito, un'altra piacevole sorpresa attende i visita-
IL CLUB n. 116 – pag. 26
tori all'uscita. Su un lungo tavolo
sono poste, a disposizione degli
ospiti, tutte le pietanze preparate
dai figuranti del Presepe: orecchiette al sugo, focacce e crostini
con ricotta forte, baccalà fritto, le
tipiche pettole, dolci e vino, per
salutare Alberobello e i suoi trulli
all'insegna della genuinità di questa terra.
Dopo due giorni pieni ad
Alberobello, il 28 mattina ci rimettiamo in viaggio per rientrare
a Palermo felici, e con un unico
pensiero: questo Natale è stato il
più bel Natale che abbiamo mai
vissuto.
Mimmo Romano
Verso Samarcanda
Sulla via della seta, attraverso territori che presentano tuttora rischi non indifferenti, ma
che premiano alla fine qualunque sete di conoscenza con paesaggi inusuali e monumenti di
rara bellezza
D
opo il viaggio effettuato in Russia nel 2010, appena l'anno scorso, e del quale ho descritto i
momenti salienti nei precedenti
numeri del nostro bimestrale, era
quasi scontato che mi accingessi a
proseguire verso un ulteriore itinerario oltremodo “periglioso” quale
quella verso la via della seta e la
mitica Samarcanda, in Uzbekistan,
attraversando territori che, se anche conosciuti, ma non molto pubblicizzati per il turismo di massa,
presentano tuttora rischi non indifferenti, ma che premiano alla fine
qualunque sete di conoscenza con
la loro bellezza, con paesaggi inusuali, con la diversità culturale dei
popoli incontrati, con le loro più
schiette abitudini di vita così diverse dalle nostre. Un viaggio che ci ha
allargato la visuale, la consapevolezza di noi stessi e della piccolezza
della nostra Sicilia, per quanto
grande possiamo considerarla.
Anche quest'anno ci siamo
rivolti, io e mia moglie, alla San
Pietroburgo.it di Milano, che ci ha
risolto molte incombenze, soprattutto per l'ottenimento dei visti delle quattro nazioni attraversate,
spesso in conflitto, palese o meno,
fra di esse, che hanno rallentato
oltremodo l'iter; si pensi che da
ottobre 2010, con lo studio preventivo del viaggio, il suo vademecum
di 22 pagine, ufficializzato nel marzo 2011, abbiamo riottenuto i passaporti, le patenti internazionali, le
deleghe alla guida del camper da
parte di mia moglie, le traduzioni
del libretto di circolazione, le varie
copie delle assicurazioni, sia sanitarie che del mezzo, solo alla vigilia
della partenza, cioè il 1° giugno
2011: ecco perchè pur avendo divulgato il tragitto a qualche equipaggio, non abbiamo ritenuto di
ufficializzarlo ad altri soci nel Club.
E non è tutto, avendo dovuto preparare il camper per un viaggio di
15.000 Km, per attenuare qualsiasi
problema, che comunque c'è stato.
Essenziale è stata anche la conoscenza del cirillico delle nostre guide che hanno lavorato fino a notte
fonda per la preparazione dei do-
cumenti richiesti in loco nelle varie
dogane, quattro lingue simili, ma
non uguali.
Fatta questa doverosa premessa, andiamo al viaggio. Personalmente per raggiungere la tappa
di inizio del tour ho seguito la direttrice Padova, Tarvisio, Graz, Vienna, Brno, Krakow e Jaroslaw, in
Polonia; il viaggio è continuato poi
verso Przemysl, impronunciabile
cittadina polacca, ma ridente e
normale, sul fiume San, e finalmente L'Viv (Leopoli), dopo avere attraversato la frontiera ucraina senza
problemi, a parte le lungaggini in
uscita dalla Polonia dovute alle
norme di Shengen, e dove ci incontriamo con gli altri sei equipaggi di
quest'anno; in totale quindi saremo
sette, con ampia rappresentazione
nazionale.
L’attraversamento
dell’Ucraina
L'Viv, che si legge L'Vov,
Leopoli, si trova a circa 100 km dalla frontiera polacca; il nostro primo
posteggio si trova nella hall di un
albergo-ristorante, Jockey, all'interno dell'Ippodromo della contrada
Solonka, del quale ci erano state
fornite le coordinate gps (non trovate dal Tom Tom).
L'Ucraìna è ancora in fermento per la rivoluzione arancione
di estrema destra, che causò tre
soli morti nel 2004, guidata da Yulia
Tymoshenko, da poco fatta arrestare - si dice - dal presidente Yanukovich, vicino alla Russia: continua in
effetti ancora la guerra del prezzo
del gas, barattato con l'affitto dei
porti sul mar Nero, e che coinvolge
pesantemente tutti i paesi dell'Unione Europea da essi riforniti.
Regoliamo i pagamenti con
l'organizzazione, circa 4000 euro e
dollari, più 500 euro d'anticipo all'iscrizione; sono compresi il costo di
sei doppi pasti in ristoranti caratteristici con spettacoli e la nafta necessaria per circa 10 mila Km.; saremo accompagnati con una jeep e
da due guide: Masha trentenne carina, bielorussa italianizzata, e Nicolaj, moldavo, gentile e timido
IL CLUB n. 116 – pag. 27
filosofo conoscitore di cinque lingue
imparate a Torino, guidatore, coadiuvati successivamente da Sacha,
pur egli bielorusso, esperto di guida, ma che non parla italiano, anche se capisce il nostro idioma. Ci
attrezziamo per avere tutti disponibilità di acqua e tensione elettrica
da un solo punto a disposizione;
effettuiamo infine gli ultimi preparativi prima dell’inizio del viaggio
vero e proprio confrontando mezzi
e dispositivi; ci godiamo gli allenamenti giornalieri di una decina di
cavalleggeri lanciati al galoppo alle
prime luci dell'alba.
Qualcuno, alla fine degli
adempimenti, visita parte di Leopoli, elegante cittadina, il cui centro è
Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco; fondata nel XIII secolo, con
simbolo il leone di san Marco, in
gran parte è stata ricostruita dopo
la “guerra patriottica” del 19411946; la piazza Rynok contiene la
torre Kornjakt, il teatro dell'Opera,
la chiesa domenicana, la cattedrale
armena, quella latina, quella grecocattolica, una moschea e una sinagoga (tutti luoghi di culto che testimoniano l'eclettismo culturale
che la pervade), della quale rimangono comunque ancora le rovine
lasciate dai nazisti.
Dopo avere regolato gli
orologi, una sola ora in avanti, finalmente partiamo. Il paesaggio è
vario, ma tendente ai grandi boschi; in Ucraina ci colpisce la famosa terra nera molto fertile, che alimenta migliaia di parchi cittadini; la
strada è buona, anche se a tratti è
in ricostruzione per tappare i famosi
buchi dovuti al disgelo; a noi ciò
sembra fatto in modo molto artigianale. Il catrame sulle ruote imbratta tutto. A 300 km fatti di buona lena, effettuiamo il primo rifornimento alla maniera russa. Faremo
ancora 220 Km. sulla M06 prima di
sistemarci in un camping con tutti i
servizi per due giorni.
Ci aspetta Kyjiv, Kiev, Knib,
capitale dello stato sul fiume Dnepr,
terzo fiume europeo dopo il Volga e
l'Ural, molto limpido e pulito; la
città, pur essendo abitata da circa
3.000.000 di persone conserva uno
status di città serena, antica, slava, ma nello stesso tempo con
standard europeo, costruita su sette colli, già capitale della Russia;
dopo la guerra è stata ricostruita
del tutto, perchè distrutta dalla
furia nazista sia negli edifici (per
l'85%), sia nella popolazione (oltre
250.000 morti, fra i quali tutti i
100.000 ebrei, portati nel burrone
di Baba, Babyn jar, in 778 gg di
occupazione, dal 21 settembre
1941 al 5 novembre 1943). La visiteremo con un pullman ed una
guida locale dato che il traffico è
notevole.
La cattedrale di Santa Sofia, dedicata alla Vergine ed alla
divina Saggezza, edificata ad imitazione della basilica di Costantinopoli, è diventata nei secoli il centro della cristianità ortodossa della
chiesa ucraina, ma anche un centro politico e culturale di tutta la
Russia. Essa è oltremodo ricca di
affreschi, di graffiti medievali, di
mosaici; il pavimento in formelle
quadrate di ghisa contraddice il
multiculturalismo, essendo formato
da simboli ebraici e islamici ritenuti
inferiori ad altre religioni, da calpestare, ma è stato regalato, diremmo oggi, da uno sponsor, il costruttore, che non fa testo. Un'altra
versione dice che tutte le religioni
sono uguali dalla testa, cristianoortodossa, ai piedi, ebraici e musulmani.
Il museo della cattedrale
ospita quello delle miniature; parliamo, aspettando la doppia traduzione, con l'ingegnere che in quadretti di meno di 1 mm quadrato è
riuscito ad inserire fotogrammi di
grande pregio ed in maniera tridimensionale visibili solo con ingrandimenti telescopici: battaglie di
aerei, di navi, velieri, la sagoma
del libro di Sant Exupery ed il suo
aereo, una pulce; il tutto in oro.
All'ingresso del museo fa bella mostra di sé, si fa per dire, una teca
con i resti di una zarina e da una
teca molto più piccola dove giacciono i resti di un possibile suo figlioletto: oltre alle ossa più grandi sono
integri gli ornamenti funebri in oro,
ritrovati intatti nella tomba, all'uso
sciita. Mentre fotografo un pettorale
d'oro del peso di 1,5 Kg istoriato
con grande maestria, pur esso preistorico, del IV secolo a.C., interviene una guardia che mi fa uscire dal
museo senza troppe discussioni:
voleva sequestrarmi la macchina
fotografica!
Vediamo quindi la famosa
La cattedrale di Santa Sofia di Kiev, dedicata alla Vergine ed alla Divina
Saggezza, con una folla di fedeli sul sagrato. In basso la porta-chiesa
della Trinità, un altro gioiello della capitale ucraina
porta d'oro di ingresso alla città,
ricostruita dopo 1500 anni nel
1982. Saltiamo la visita del teatro
dell'Opera, della cattedrale di san
Vladimiro, del giardino botanico,
dell'accademia delle scienze, del
ricchissimo museo delle arti russe,
paragonabile all'Ermitage di San
Pietroburgo; visitiamo invece il
grande monastero Lavra, delle
grotte, dove si mummificavano naturalmente i morti, soprattutto asceti, ricostruito integralmente dopo le distruzioni della seconda
grande guerra e dichiarato Patrimonio Unesco. Esiste un lungo e
stretto cunicolo che unisce le varie
grotte. Sono state pure ricostruite
nel 1701 le mura alte 7 metri e lar-
IL CLUB n. 116 – pag. 28
ghe 3 per 1 Km, rendendo il monastero una vera fortezza armata con
circa 500 cannoni.
Il perimetro è ricco di cattedrali, come quella della Dormizione del 1000, di altre chiese, come
quella della Trinità, di San Nicola, di
Ognissanti, del Salvatore, dell'Esaltazione della Croce, il cui campanile
si staglia sul cielo con i suoi di 96
metri; e tanti sono i palazzi con
destinazione museale. Il pomeriggio
visitiamo un mercato delle pulci con
soli ricordi dei soviet a prezzi piuttosto alti.
Un assaggio di Russia
L’indomani percorriamo circa 500 Km. e passiamo la frontiera
fra Ucraina e Russia aspettando
sotto il sole cocente per quattro ore
in attesa di essere chiamati; quando usciremo è già tardi e dormiremo nel posteggio doganale vicino,
polveroso, e con centinaia di Tir e
macchine in fila.
E’ domenica e il nostro
gruppo, continuando il suo viaggio,
passa da Nikolajewka, dove una
targa ricorda la ritirata dell'Armir
sul Don del gennaio 1943 con battaglie di sfondamento e migliaia di
morti; dopo circa 300 Km siamo a
Rossosh, una cittadina pur essa
teatro di guerra, ricostruita in modo
molto moderno, e con edifici che
ricordano gli accampamenti degli
alpini ed i loro servizi logistici.
Dormiremo in un'area attrezzata,
posteggio solo per noi ed un tir,
dotata al solito di un rubinetto e di
una presa elettrica. Il pomeriggio è
dedicato ad una passeggiata in centro: fotografiamo un carro armato
simbolo del loro passato inteso come guerra di liberazione e nascita
nazionale.
Il giorno successivo conosciamo il prof. Morosov che ha dedicato la vita alla costruzione del
museo di guerra con abnegazione e
rispetto per i soldati italiani, alpini
morti durante la ritirata sul Don.
Egli ci fa visionare un intero DVD
sull'argomento e ci informa che altre notizie della Brigata Julia le possiamo reperire nel museo di Rovereto. Facciamo in tempo a rifornirci
di acqua e birra, molto buona, nel
locale ricco supermercato prima di
ripartire.
Ancora 200 Km e un’altra
sosta per la notte in un condominio
chiamato Prolisok, bucaneve, dove
un bimbo mi viene incontro con la
manina tesa dicendo “priviat”. Per
tre volte, spazientito, anche se ricambiavo il saluto con ciao. Preleviamo acqua da un tubo di innaffiamento e ci alimentiamo con corrente messaci a disposizione dal
capo dei condomini subito dopo una
burrasca che allaga tutto.
Il 21 giugno attraverseremo
il Volga uscendo dall'Europa ed entrando in Asia, dopo 46 Km, su un
ponte di barche ricoperto da piastre
d'acciaio sconnesse; continueremo
per altri 400 Km, attraversando la
regione di Rostov fino a Volgograd,
ex Stalingrado, teatro di furiosi
combattimenti che rileggo in un
libro Garzanti del ‘71, con le memorie del figlio del feldmaresciallo tedesco Von Paulus, della sua sesta
Armata, sacrificati da Hitler per il
Un carrarmato della ex URSS trasformato in monumento ai caduti in
ricordo della vittoria sul nazismo nella seconda guerra mondiale sulla
strada per Stalingrado (oggi Volgograd)
suo sogno di potere assoluto, bloccato dai russi con il loro enorme
potenziale industriale di guerra. Ci
sistemiamo a fine giornata sotto
una pioggia occasionale nel cortile
di un moderno albergo-ristorante
che rievoca l'assedio con foto dei
belligeranti e con camerieri in divise
militari del periodo.
città, che comunque cambiò il suo
nome in Volgograd, dal vicino Volga.
Visitiamo pure il mausoleo della Vittoria, dove arde la fiamma perenne
al milite ignoto, con i nomi dei 200
mila morti russi, nella sacca simbolo
della battaglia contro i nazisti ed ivi
assistiamo al cambio della guardia,
sempre molto suggestivo.
Verso il Kazakhistan
La visita inizia da una statua femminile con spada sguainata
inneggiante alla Vittoria (nella foto), alta 96 metri, in acciaio inox e
titanio, con altre statue altrettanto
imponenti, il laghetto e le pareti
istoriate con le storie cruente della
liberazione; il notevole complesso
monumentale, visibile anche da
lontano, fu donato da Stalin alla
IL CLUB n. 116 – pag. 29
Ci avviamo il giorno dopo
verso la frontiera russo-kazaka; il
lussureggiante paesaggio che finora ci ha accompagnato comincia a
diradarsi con un sensibile “abbassamento” della flora, che si tramuta ben presto in una visione quasi
accecante e continua di luce e allontanamento dell'orizzonte sul
deserto. Ma a quattro camper,
compreso il mio, vengono comminate delle multe di 400 rubli l'una
perchè non si hanno gli anabbaglianti accesi (pochi euro). E' così
che mi accorgo di avere le luci
guaste, e solo a Samarcanda un
tecnico risolverà il problema sostituendo le due lampade bruciate
con altre tedesche, perfette. Avremo via via altre multe per eccesso di velocità, con foto scattate
appena tre ore prima nel deserto o
comminate ad altri equipaggi per il
superamento di semafori rossi!
Durante il tragitto visitiamo
un bazar affollatissimo dove vendono latte di capra, di cammella o,
di asina appena munto in bottiglie
di plastica non etichettate, che ci
Ah, le frontiere
Ah se si potessero eliminare le frontiere! Mi rendo conto che
alcuni controlli sono necessari, ma supplire alla stupidità, all'ignavia,
alla burocrazia fine a se stessa e volutamente non organizzata o per
meglio dire organizzata volutamente in modo che sia ottusa, non è
possibile. Qui non parlo delle dogane dei Paesi attraversati; o non solo,
perché sono tutte uguali ove esistono.
Che senso ha rallentare la marcia in loro corrispondenza con
lastre di granito sconnesse che fanno oscillare i mezzi
pericolosamente? O dividere i conducenti maschi dalle femmine, ed
entrambi tra proprietari degli stessi mezzi e non? Quindi, controllare i
documenti, effettuare la ripresa telematica dei soggetti, più volte a
distanza di pochi metri? E poi, effettuare il controllo minuzioso di ogni
possibile anfratto del camper, con apertura anche del …serbatoio delle
acque nere, se poi ci sono pure i cani antidroga?
Si ipotizza la curiosità, ma se si reagisce con delicatezza
ostinata, come ha fatto mia moglie pretendendo che gli agenti si
ripulissero le scarpe dalla sabbia o rallentando la perquisizione per
mettere in ordine prima di passare oltre, allora la burocrazia, battuta
con le sue stesse armi, miracolosamente cessa di essere. Potrei
continuare, ma il dato certo è che questi controlli sono in parte casuali
e non escludono sia il trasporto di droga, sia quello di clandestini, o
quello di valuta, con la piena connivenza delle autorità politiche, come
ben sappiamo.
In Ucraìna abbiamo assistito a episodi di vera e propria
corruzione verso gli agenti che non sono insensibili e che sopravvivono
solo facendo almeno due lavori, il secondo in nero. Ma non è la sola
nazione dove ciò avviene con l'estrema falsa liberalizzazione che
permette ogni abuso verso di loro. Tutto ciò nelle quattro frontiere
attraversate per due volte, con perdita di tempo incalcolabile: ma noi
siamo stati pazienti. Come ad ogni cambio provincia dove non si può
fotografare la garitta di polizia, sormontata però dagli striscioni di
benvenuto.
guardiamo bene dal comprare, ma
anche dolci, frutta di tutti i tipi e
giornali in puro cirillico. Dopo 200
Km. arriviamo alla dogana russokazaka realizzata dentro un capannone enorme, costruito da un anno,
e malgrado il tentativo di fraternizzare tra la nostra guida ed alcuni
agenti, non siamo esenti da un lungo e minuzioso controllo. E' la terza
dogana che attraversiamo.
Per 500 Km dopo la dogana
kazaka andiamo verso Kulsary e
Atbypay; i luoghi che attraversiamo
si presentano in colori cangianti
man mano che ci avviciniamo al
tramonto, sempre con base dei colori pastello. Intanto spostiamo avanti di un'altra ora gli orologi. Da
lontano vediamo un cimitero musulmano; ci fermiamo ad ammirarne e fotografarne le fattezze: si
mimetizza completamente con i
colori beige del deserto; dopo 237
Km deviamo verso Dossor e quindi
Kulsary; dormiamo davanti un alberghetto, dopo una nuova contrattazione del costo effettuata dalla
guida.
L'indomani, 24 giugno, continuiamo verso Borankul; ci conforta un pezzo di autostrada che si
dice voluta dai tecnici italiani della
Eni; ma dopo circa 200 Km comincia una strada, altri 200 Km, da 5
Km l'ora per quante buche esistono; il problema è seguire i più incoscienti e spericolati o camminare
con maggior prudenza: in due equipaggi seguiamo il secondo indirizzo; ci aspettano, ma essendo già
quasi buio viaggerò per 83 Km alternando fari abbaglianti o seguendo i camper davanti.
Il deserto
Il 25 continuiamo nel deserto che non ci lascia alternative:
luce abbagliante, se non abbacinante; strade allucinanti; non c'è
stanchezza che tenga, bisogna andare avanti; si continua seguendo
a volte la jeep e ammirando l'antropizzazione che lungo il confine
stradale è contornato da pali di
luce, da qualche pipeline in funzione per l'estrazione del petrolio, da
asinelli velocissimi sormontati da
omoni che spuntano dal nulla, da
dromedari e cammelli che passeggiano in ogni dove, da lunghe file
di pietre che segnano il possibile
percorso di condutture, da piccole
collinette di pochi metri che sottendono altrettante buche nelle
quali si scaricano liquami o immondizia, da ricoprire, quando
piene. E treni con più di 200 vagoni in continuo passaggio, lontano,
all'orizzonte.
Ogni tanto si incontrano
piccoli assembramenti, capanni o
casette o stazioni di servizio, dove
consumiamo un pasto preceduto
sempre da un borsch caldissimo, e
con tanta birra. Spuntano anche
lontane aggregazioni che sono solo
cimiteri, che interrompono la mo-
La carovana dei camper nel deserto vicino la frontiera fra Russia e
Kazakhistan
IL CLUB n. 116 – pag. 30
notonia ossessiva nella luce abbagliante che tutto livella. Il colore è
sempre quello della sabbia: di rosso ci sono solo i tramonti, con un
sole color del fuoco, ma non troppo
grande per mancanza di umidi aloni; inimmaginabile.
E' un deserto senza dune,
non immune da vere e proprie
tempeste di sabbia, o da tratti salati con specchi calpestabili, con
temperature di 50° (all'ombra di
alberi inesistenti). E se c'è vento,
questo trascina con sé anche bottiglie di plastica vuote con scritte
che non vogliono dire nulla. Il Kazakhistan, territorio dei nomadi, è
per il 95% deserto, con poca acqua; dove ci siamo fermati, vere
piccole oasi, essa era molto abbondante, ma difficilmente usufruibile con condutture di almeno
due pollici, sempre in funzione, a
pagamento, per la ripulitura dei
mezzi di cantiere obbligati a farlo.
Scrivere Uzbekistan con i
luoghi conquistati da Alessandro
Magno o visitati da Marco Polo lungo la via della seta non può dare
da sola l'idea di cosa possa essere
l'andarvi senza un viaggio di avvicinamento. E non ne dà l'idea tantomeno Internet che si esime dal
dire dello stato pietoso delle strade, che è un vero eufemismo dichiararle tali: questo è un viaggio
che in un certo senso poteva effettuarsi in aereo fino a Tashkent, la
capitale, per raggiungere comodamente le poche località cosiddette turistiche; ma ciò avrebbe eliminato la conoscenza diretta e la
vera fatica dell'approssimarsi lentamente alla meta che in definitiva
è diventato il vero scopo del viaggio facendolo somigliare ad un insieme di lunghi trasferimenti, circa
10.000 km, attraverso luoghi impervi, strade in costruzione con
tecniche inusuali per ovviare al
caldo feroce, lastre di cemento di
30 cm di spessore ricoperte di plastica e continuamente innaffiate
fino a completa trasformazione
chimica dei componenti, o sabbia
che ricopre dislivelli e buche.
Un trasferimento è quasi
uguale ad un altro; ma ognuno di
essi ha una propria storia ed è
quasi impossibile da dettagliare in
poco spazio. Come non ricordare il
caravanserraglio dell'XI secolo,
dichiarato patrimonio dell'umanità
con gli stazzi per i cammelli? Come
si fa a trasmettere le sensazioni
che offre il pieno deserto che sembra, per 3000 Km e sei giorni di
viaggio, sempre uguale a se stesso, e invece cambia impercettibilmente ogni momento e completamente tra il mattino e la sera? Basti pensare alla temperatura che
da 25° arriva ai 50°, abbassandosi
repentinamente la notte. Lunghissimi, e quasi infiniti i rettilinei. E i
pochi lavoratori sotto il sole implacabile, ricoperti in pesanti tuniche,
mentre noi viaggiamo con l'aria
condizionata!
Finalmente in Uzbekistan
Passiamo la dogana kazaka-uzbeka e alle 22 ci posteggiamo
in uno spiazzo poco distante. Le
nostre guide rimangono in dogana
ad espletare l’iter della documentazione fino a tarda notte...
Quando l’indomani ripren-
diamo il viaggio, ci rendiamo conto
che continua il deserto. Ci supera
in senso contrario un piccolo corteo funebre di una ottantina di
uomini vestiti in maniera uniforme
con il kalat a strisce verticali bianco neri che trasportano al centro
una bara avvolta in una lunga tunica accompagnata da quello che
sembra uno schiamazzo, ma altro
non sono che lamenti dolorosi per
la morte di un probabile congiunto.
Per radio la guida (una giovane
donna di religione ortodossa bielorussa) ci proibisce qualunque foto
e ci spiega che le donne che mancano sono a casa a cucinare il
grande pranzo d'addio alla salma.
Dalla dogana arriviamo a
Karakalpakia; un equipaggio lascia
in posteggio dentro una fabbrica di
Un cimitero kazako nel deserto. In basso un minareto a Kiva
IL CLUB n. 116 – pag. 31
Una ricamatrice di Bukhara, città da sempre famosa nel mondo per la
produzione di sete e tappeti
mobili a Nukus il proprio camper (è
un Laika Kreos 3001) per non finire di distruggerlo: proseguirà in
taxi, lo riprenderà al ritorno, ma
arriverà solo a Bukhara. Arriviamo
a Khiva (Hiva, Xiva, Chiwa) nella
famosa oasi di Koresm, con l'imponenza della sua fortezza, i suoi
mausolei e minareti, costeggiando
imponenti mura sui cui contrafforti
sono stesi per la vendita tappeti
colorati e varie altre mercanzie, con
una umanità in movimento che ci
colpisce, con i bimbi che scorazzano
nell'imbrunire, con le strade sconnesse primordiali. La città ha dimenticato d'essere stata il centro
del commercio degli schiavi.
Posteggiamo in una piccola
ansa stradale davanti l'albergo Arkanchi con panche larghissime e
colorate all'ingresso; provvediamo
ad alimentare i camper prelevando
energia elettrica da un cavo posticcio che distrugge la quasi totalità
dei frigoriferi automatici e la mia
centralina di ricarica batterie, per la
pretesa di un equipaggio di accendere l'aria condizionata che non va
a regime e produce continue extracorrenti. Alimentiamo elettricamente i frigoriferi per risparmiare le
bombole di gas sconoscendo le
possibilità di ricambio. Le batterie
sono ricaricate dai pannelli fotovoltaici: il sole non manca!
Al mattino dolcissime donne, molto sottomesse visto il maschilismo strisciante, passano con
cestini di piccole albicocche; tutti
supponiamo siano il solo reddito a
loro disposizione dopo la vendita al
locale albergo. Ci inoltriamo in una
visita del centro attraverso strette
viuzze, quasi interamente ricoperte
da ombrelloni posticci: un vero bazar dove si vende ogni genere di
souvenir; non tralasciamo la visita
del complesso Pakhlavan
Makhmud, la Madrasah Allakulikhan, il
palazzo Harem, l'arco Kunya, il minareto Khoja, la torre di avvistamento sulle mura; visitiamo l'antica
moschea del venerdì con 103 colonne in legno variamente istoriate
in grado di ospitare 5000 possibili
fedeli.
L'ansa è proprio davanti al
minareto che ci sovrasta; la sera
ceniamo all'aperto allietati da una
compagnia che canta, balla ed esegue danze tradizionali: ammiriamo
in particolare un bimbo che sostituisce i maschi adulti. Le stelle si
accendono in cielo: non ne abbiamo
mai viste tante.
La città è alla sinistra del-
L’ingresso a Samarcanda
IL CLUB n. 116 – pag. 32
l'Amu Darya; fu alla testa di un
khanato che lottò sia contro Bukara
sia contro la Persia. Ebbe una travagliatissima storia a partire dal IV
secolo a.C. passando con la sua
regione, Corasmia (a sud del lago
Aral), da Alessandro Magno agli
arabi, dai Turchi a Genghiz Khan, e
poi a Tamerlano e infine agli zar
russi che la conquistarono e
l’annessero al loro impero.
E’ il primo luglio. Lasciamo
Kiva e andiamo verso Shahrisabz,
famosa per avere dato i natali a
Tamerlano. L'arrivo è ostacolato da
una miriade di mini-auto giapponesi
che si muovono senza un'apparente
regolamentazione, ma che tutto
invadono. Vediamo subito il tradizionale e tetro monumento a lui
dedicato, ma la sua tomba non è
nel locale museo che visitiamo, ma
a Samarcanda. Nel frattempo quasi
tutti gli equipaggi si curano una
dissenteria che li ha colpiti. Siamo a
39°29'47” di latitudine nord (quasi
all'altezza di Palermo), ma a 67°di
longitudine est!
Nel pomeriggio arriviamo a
Bukharà, Buhara, 470 Km da Kiva,
costeggiando il fiume Amu Darya di
un colore giallo ocra per la sabbia
del deserto uzbeko Kizil Kum che
attraversa; è pur essa con colore
prevalente ocra ed è nominata città-oasi sacra per le innumerevoli e
artistiche moschee, si dice siano
almeno 300, spesso arredate con
piastrelle di maiolica azzurre, con
motivi floreali.
Spiccano la moschea Kalyan con il relativo minareto, la Bo-
La Madrasa Sherdor e, in basso, Piazza Reghistan a Samarkanda
IL CLUB n. 116 – pag. 33
lokhauz con l'ingresso sostenuto
da colonne in legno, o il piccolo
Mausoleo di Ismaìl del X secolo,
quadrato, sormontato da una cupola grande quanto esso, in mattoni concatenati in varie combinazioni, patrimonio dell'umanità, e
poi il minareto Kalan (faro); già
capitale dell'Uzbekstan dal 1600,
non fu mai un centro politico di
rilievo, ma rivaleggiò in bellezza
con la stessa Samarkanda. Arriviamo in una piazza dove decine di
ragazzi si tuffano in un laghetto
con grande, e apparente, divertimento: si dice che prima dell'arrivo
dei russi essendo l'acqua stagnante e non disinfettata c'era una morìa tremenda di giovani.
La città è tuttora famosa
per i tappeti rossi con motivi geometrici ricorrenti a medaglione ottagonale con annodatura molto fitta
(anche 8000 nodi al dm quadrato)
in lana, e per la produzione di seta.
Già, la lana e la seta ci rimandano
allo scopo del viaggio: la via della
seta… Si dice che sia stata ottenuta
dai cinesi nel III millennio a.C., poi
portata per vie traverse e leggendarie in occidente, con passaggio da
Samarcanda. La nascita delle industrie tessili che la ottennero in tutta
Europa, nei secoli, non ne abbassò
comunque il costo, anche a fronte
della loro specializzazione: allevamento e nascita dei bozzoli dal baco
da seta e lavorazione degli stessi,
partendo dall'uccisione del baco
prima della sua trasformazione in
crisalide dalla quale nascerebbe una
farfalla e poi da una complessa lavorazione che porta alla nascita di tessuti leggendari. Da ogni baco si ottengono anche 1200 metri di filo
ricco di aminoacidi; se non si operasse in tal modo, il filo sarebbe dimezzato nella lunghezza, per il foro
di fuoruscita del baco dal bozzolo.
Della lana, con cui si annodano i tappeti oltremodo famosi di
queste parti, si sa da sempre che
proviene dalla tosatura - anche due
volte l'anno - di pecore di razze diverse che la caratterizzano. Le pecore merinos danno una lana finissima
e leggera molto costosa. Le pecore o
i montoni karakul allevati intorno a
Samarkanda sono caratterizzati da
una lana grossolana, ma corta e
riccia, caratteristica, che noi chiamiamo impropriamente di astrakan,
essendo ottenuta molto sadicamente
da vitellini scuoiati vivi prima della
nascita per ottenere una pelliccia
estremamente morbida.
Nel pomeriggio affrontiamo
le fresche alture dove finalmente mi
sbizzarrisco in una guida quasi veloce su strade con asfalto quasi decente e raggiungiamo la mitica città
che ci accoglie con decine di cesti di
frutta secca, colorata, e di piccole
mozzarelle che sembrano pietre
bianche.
La visita di Samarkanda
inizia con il mausoleo di Tamerlano,
Amir Timur, del XV secolo; lui aveva sette mogli e morì assassinato;
la città gli deve molto e i suoi governanti hanno sostituito i simboli
del passato sovietico con i suoi, pur
essendo stato un feroce e crudele
condottiero. Bibi Khanim era la sua
moglie prediletta, e a lei fu dedicata
la moschea Shakhi Zinda; mentre
l'osservatorio astronomico Gurkhani
Zij con buca scavata nel terreno per
oltre 40 metri, da poco scoperta, è
di Ulug Bek che gli succedette: governatore, uomo erudito, ricercatore egli stesso, astronomo. Molte
madrase sono di recente ripristino
anche se dichiarate Patrimonio dell'Umanità. Come la piazza Reghistan, il mausoleo Rukhabad, quello
di Gur Emir, o la Madrasa Sher-dor.
Posteggiamo davanti l'hotel
Afrosiyob nell'area collinare denominata Afrasyab, con le sue famose
ceramiche, dopo avere ripristinato
la tubazione d'acqua il cui rubinetto
principale era alla sommità di residui di costruzione; ci guida un giovane spiritoso, molto preparato che
parla un italiano fluido e ineccepibile: Hurshid Narimov. Mi dice dello
spirito uzbeko, musulmano, ma
molto laico, che fa accettare nel
territorio miriadi di religioni, popoli
o persone di etnie diverse che le
praticano, in contrapposizione allo
spirito ateo dell'URSS; ci sono anche, nel perimetro della città, cattedrali cattoliche e sinagoghe, e il
muezzin si sente in effetti solo il
venerdì pomeriggio.
Visitiamo piccole botteghe
artigiane, fra le quali una con strumenti a corda caratteristici; un'altra
dove costruiscono lame da taglio
cesellate; una dove trapuntano disegni; do incarico ad alcuni ragazzi
di trovarmi delle decalcomanie che
mi porteranno, trovandomi, all'altro
capo della città! La visita si conclude e la sera ceniamo accompagnati
da ballerine magnifiche che si esibiscono in eleganti, ma vorticose,
danze del ventre con musica caratteristica. Samarkanda e tutta la
regione, russificata, ci entra nel
cuore con la sua semplicità di vita,
e con la serenità che trasmette. La
lasciamo a malincuore per avviarci
sulla via del ritorno.
Sulla via del ritorno
Il 4 luglio siamo nuovamente in rotta verso Buchara, dove
pernotteremo nuovamente davanti
l'Asia hotel che già conosciamo,
rimanendoci due giorni; il 6 torniamo ai limiti del deserto, in famiglia!
Passando da Turtkul, in 1200 Km
arriveremo dopo altri tre giorni a
Karakalpakya da dove, dopo altri
400 Km, ci fermeremo alla dogana
Uzbeka-Kazaka, per la solita trafila.
Nel ritorno, fatto di lunghe
marce di trasferimento, molte nel
deserto, avvengono diversi eventi
che ci permettono una maggiore
conoscenza reciproca; e non si conteranno nemmeno tanti piccoli interventi tecnici ai camper risolti con
il fare da sé negli intervalli serali.
Ma la coralità, anche se siamo ben
consci d'essere solo compagni di
viaggio, si tramuta in un solo mese
in vera empatia, senza ipocrisie o
cambi di casacca.
Usciamo dalla dogana uzbeka e andiamo ad Atyrau sul fiume Ural; costeggiando il mar Caspio attraversiamo il Volga su ponte
di barche arrivando ad Astrahan,
città a 90 km dal delta, in piena
Russia, maggior centro di pesca e
lavorazione relativa del caviale del
quale faremo incetta; lo mangeremo spesso in sostituzione del pranzo o della cena. Ne visitiamo il
Kremlino. Il 10 visiteremo un mausoleo nuovo, buddista, dedicato al
Dalai Lama, supremo sacerdote,
dopo aver depositato all'ingresso
tutte le nostre scarpe; quello che
mi meraviglia è vedere una ragazza
che va a baciare tutte le immagini
dei Dalai Lama succedutisi nei secoli, 14 generazioni, che oso pensare
sia solo un culto della personalità
portato all'eccesso della credenza
popolare; non più filosofia. Più
semplice pensare alla nascita del
mausoleo in funzione politica anticinese, anche se il primo Dalai nacque 3000 anni prima di Gesù Cristo.
Proseguiamo per Elista,
Stepnoj, abitata da calmucchi, a
290 Km ad ovest di Astrakan, e
dopo 400 Km di strada pestifera
arriveremo l'11 luglio alla dogana
fra Russia e Ukraina. Sul fiume
Dnepr, che sfocia sempre nel mar
Nero, 2000 Km, visiteremo la città
di Zaporizzja, Zaparoche, dove in
un'ansa del fiume fu costruita per
tre volte una diga, distrutta dal
1932 prima dai tedeschi e poi dai
russi; nella piazza principale c'è
l'unica statua rimasta di Lenin che
indica ancora con notevole “intuito”
la via per la democrazia; ci fermeremo, nell'atrio di un albergoristorante, in periferia, vicino un
supermercato, visitandola in pulmino.
La città è la base per visitare l'isola di Horticja, di 12 per 5
Km, dove sorse il primo nucleo di
abitazioni e rifugio dei cosacchi tatari della steppa attorno al Dnepr,
arricchiti da formazioni contadine; i
cosacchi del Don, invece, vennero
utilizzati dai russi a scopi militari,
essendo stati feroci guerrieri, fino
alla seconda guerra mondiale. En-
Una chiesetta in legno lungo la strada del ritorno, vicino al fiume Volga
IL CLUB n. 116 – pag. 34
Considerazioni post viaggio
Un viaggio di 10.000 Km su strade asfaltate “lisce”, all'europea, è
perfettamente fattibile. Vista la tecnica di costruzione dei nostri mezzi, un
incollaggio più o meno stabile di pareti su strutture interne di
contenimento dimensionale, si può dire sia sufficiente per garantire una
certa robustezza insita se non sopravvengono eventi dirompenti quali urti
o incidenti di tipo automobilistico. Diverso è il comportamento su strade
non asfaltate che producono vibrazioni diffuse e sconquassi; i mezzi
moderni hanno anche interruttori inerziali che interrompono l'afflusso di
nafta per sicurezza, ma ciò non basta. Le vibrazioni producono con le
pareti rigide sia un frastuono insopportabile sia una tendenza allo
scollamento con progressivo scardinamento. La caduta sulle buche, se
non l'urto diretto che uccide il cerchione con la relativa copertura,
provoca invece il collasso di tutto ciò che non è stabilmente ancorato sui
quattro lati: cade tutto ciò che è a sbalzo scardinando le viti: cassetti,
specchi, caldaia, scalini, sportelli esterni. Per ovviare in parte a tutto ciò è
essenziale montare coperture grandi, almeno da 16”, gonfie, con telaio
alto, quindi non AL-KO che strisciando spesso col suolo produce scintille.
In questo viaggio non abbiamo adoperato, per vera impossibilità
del loro uso, carte di credito o bancomat, se non in qualche distributore
nei Paesi più …occidentali. Abbiamo invece usato valuta locale di cui la
nostra guida era fornitissima. Dalla Polonia, con i suoi zloty, ma che
accetta gli euro, all'Ukraina, con le grynie, alla Russia con i rubli, al
Kazakstan, all'Uzbekstan con i sum, so'm, dal cambio impossibile: milioni
di sum per qualche euro; con i tassi di cambio molto variabili, di giorno in
giorno. E poi cosa fare della valuta rimasta? Ma noi avevamo la Banca,
cioè la guida, accanto! Comunque tutti accettavano valuta pregiata:
dollari o anche euro, maggiorando un poco i prezzi. E in ogni caso in ogni
frontiera esistono gli uffici cambio, ma come constatato una volta, il gioco
non vale la candela, soprattutto per il pericolo di ricevere, non
conoscendolo, conio precedente, non valido.
trambi fino al 1928 con reparti di
cavalleria (bianca) si opposero alla
rivoluzione bolscevica. L'isola è ricca di insediamenti e costruzioni quasi esclusivamente in legno che visiteremo, compreso il museo. Una
graziosa guida locale ce la illustra,
ma non parla italiano per cui dobbiamo aspettare la traduzione: ci fa
trasparire l'ostilità verso i russi che
giudica prepotenti anche se forti e
preparati; e di come sono stati inclusi nella CSI, Comunità di Stati
Indipendenti, come si chiama oggi la
ex URSS.
La sera, dopo avere effettuato la spesa nel locale supermercato, ci saluteremo con dolcetti e
brindisi perchè l'indomani ci divideremo in due colonne: io ed un altro
equipaggio andremo con due guide
e jeep a L'viv, gli altri andranno in
Crimea e poi in Romania.
Attraverso la E50 fatta di
lunghe strade asfaltate, pezzi di autostrade con possibilità di attraversamento pericolosissime, dopo più di
500 Km giungiamo a Urban e dopo
altri 400 sempre in Ukraìna a L'Viv,
nello stesso albergo di incontro iniziale. Abbiamo 'tagliato' a sud di
Kiev rendendoci conto dell'enorme
lavoro da fare per rendere accettabili
le strade secondarie.
Dopo un giusto riposo, sotto
la pioggia io proseguo per la dogana
russa e quindi in Polonia verso Krakow che rivisito e dove ricovero il
mio mezzo, per qualche ora, nella
officina Interauto Fiat, per il cambio
filtri, olio, del supporto destro dell'ammortizzatore, del necessario
lavaggio. Vado quindi ad assaporare
alcune strade degne di questo nome, più lisce e gradevoli di quelle
asiatiche, anche se strette; ci affidiamo al Tom-Tom che mi fa attraversare su una chiatta di 6 metri un
fiume; subito dopo subiamo un tornado.
Proseguo per la Repubblica
Ceca (Brno, Praha, Karlovy Vary) e
poi per la Germania, attraversando
Bamberg e Wurzburg; sempre attraverso strade statali, seguendo la
Romantische strasse, rivisito Rhotemburg, Dinkelsbuhl, Nordlingen,
Donauworth, Landsberg, Schongau
e Fussen; arrivo a Innsbruck e da
qui attraverso il Brennero, a Trento,
dove sostituisco la centralina del
camper; visito i borghi della Valsugana, in un giro assolutamente riposante. Borghi e città che già conoscevo, ma delle quali, all'estero, ho
apprezzato le trasformazioni migliorative, mentre da noi sembra tutto
fermo!
Un viaggio lungo, emozionante, che ha messo a dura prova la
nostra resistenza e quella dei nostri
mezzi, ma ci ha regalato una conoscenza diretta, ancorché non profondissima, di altri popoli che fanno
da giusto paragone con i nostri usi,
con le nostre possibilità o libertà, o
religione. Per non dire dei monumenti costruiti con concezioni diverse, ma pieni di storia altrettanto
millenaria, che ho tralasciato di raccontare nei particolari. Impossibile
se non con interi volumi.
Giuseppe Eduardo Spadoni
Uno dei parcheggi utilizzati lungo il tour: strade e luoghi di sosta per
parcheggio e pernottamento sono la vera nota dolente del viaggio
IL CLUB n. 116 – pag. 35
Naro,
aro, oasi barocca
Un centro agricolo dal passato ricco di storia e di testimonianze architettoniche
S
ituata sul versante sudorientale di una collina che la protegge su tre lati, in una posizione
che domina la valle solcata dal fiume
omonimo, Naro è un centro agricolo
della provincia di Agrigento dal passato ricco di storia e di testimonianze architettoniche, in modo particolare chiese e conventi dovuti dall'insediamento nel suo territorio di diversi ordini religiosi tra il XII e il XVII
secolo. Le fertili vallate che la circondano, un tempo coltivate prevalentemente a mandorli, hanno avuto
nel secondo dopoguerra una funzio-
ne determinante nella lenta ripresa
economica della città, incentrata sulla modernizzazione dell'agricoltura e
sulla coltura della vite. Alla ripresa
economica fa riscontro il ripristino,
anche se parziale, del tessuto urbano e delle emergenze monumentali,
riconducibili all'architettura chiaramontana e, in modo particolare, al
periodo barocco.
La visita della cittadina ha
inizio dal viale Umberto l dove s'incontra il Santuario di San Calogero, risalente nella struttura originaria al '500, con facciata barocca
che si sviluppa su due piani so-
Panorama di Naro. In basso il Santuario di San Calogero
IL CLUB n. 116 – pag. 36
vrapposti. L'interno, a navata unica, custodisce nella cripta una
scultura lignea raffigurante il "Santo Nero", patrono di Naro, risalente
al '500, e un tabernacolo in marmo
datato al 1444. Dalla cripta si può
raggiungere la grotta in cui il santo
trascorse la sua vita da eremita.
Proseguendo sul viale, si sale fino
a piazza Cavour, dove via Sebella
conduce alla chiesa di Santa Maria
del Gesù, ricostruita alla fine del
'700, che conserva all'interno una
statua marmorea raffigurante una
Madonna col Bambino del '400 e
un Crocefisso ligneo di Fra' Umile
da Petralia. Ritornati nella piazza,
oltre la via dietro le Mura, s'imbocca via Dante. Qui sulla destra, si
intravede il complesso costituito
dalla chiesa di San Giovanni Battista e dall'ex convento dei Domenicani, ampliato nella seconda metà
del '700.
Poco più avanti si prende la
scalinata che porta, risalendo sulla
sinistra via Archeologica, alla parte
più antica di Naro, dominata dall'imponente Castello edificato dai Chiaramonte su una preesistente struttura normanna e aragonese. Retrocedendo per un breve tratto, si risale via Sant’Antonio sino al Duomo
vecchio, chiesa Madre della città dal
1174. Dopo diversi rifacimenti, la
costruzione è oggi in stato di grave
abbandono; da notare l'interessante
portale principale in stile chiaramontano, con ricca decorazione a zigzag
nelle ghiere.
A destra della via Dante
s'incontra la chiesa del Santissimo
Salvatore, caratterizzata da una
facciata a due ordini, ravvivata da
una decorazione di stile spagnolo,
in cui si apre un bel portale barocco. Sempre sulla stessa via, al n.
29, si può vedere la facciata barocca di palazzo Gaetani (di fronte
è l'altro palazzo omonimo, risalente al '900), mentre poco oltre si
trova la Chiesa Madre, o Matrice
Nuova, sorta nel 1619 come chiesa
del Collegio dei Gesuiti. L'interno,
con decorazioni settecentesche,
custodisce tra l'altro un fonte battesimale di Crepanzano, del 1424,
un gruppo marmoreo raffigurante
la Sacra Famiglia di scuola gaginesca, e una statua della Madonna
della Catena, attribuita a Gagini.
Il portale della chiesa del SS. Salvatore e la facciata di Sant’Agostino
A sinistra della chiesa si trova il seicentesco palazzo Destro,
mentre poco oltre sulla destra è la
chiesa di San Nicolò, del 1618, con
facciata ricca di ornati scultorei e interno del '700 decorato a stucchi.
Proseguendo sempre sulla via, si
giunge in piazza Padre Favara dove
sorge la chiesa di Sant'Agostino, edificata su una struttura precedente
agli inizi del '700. La facciata è a due
ordini sovrastata da una balaustrata.
Ciò che resta del convento degli Agostiniani, ricostruito nel XIII secolo e
ampliato nei successivi XVII e XVIII,
è attiguo alla chiesa. Ritornati in via
Dante, si prosegue fino all'incrocio con
il corso Vittorio Emanuele, percorrendolo verso destra sino alla piazza Garibaldi. Da qui si prende via Lucchesi
dove si incontra la facciata barocca
della chiesa di San Francesco, risalente al '200 ma rifatta ai primi del
'600. Nell'interno, ad unica navata,
sono custoditi diversi dipinti e un
consistente corredo sacro e decorativo. La sagrestia, tipicamente settecentesca, conserva armadi intagliati.
Adiacente alla chiesa è l'ex
convento dei Frati Minori (attualmente sede del Comune) che ospita la
Biblioteca Feliciana, nella quale sono
custoditi manoscritti, incunaboli e un
codice miniato del '300, e un Museo
che raccoglie reperti archeologici, arredi sacri e diversi dipinti. Di fronte
alla fiancata destra della chiesa di
San Francesco è palazzo Giacchetto
in stile rinascimentale. Palazzo Morillo
(XVIII sec.) si può vedere invece sulla sinistra, oltrepassata piazza Gari-
baldi. Da qui si prende via Cannizzaro
che conduce alla chiesa di Santa Caterina, fatta edificare dai Chiaramonte nel secolo XIV (la facciata è però
settecentesca). Nell'interno, a tre navate separate da arcate ogivali, si
possono notare un fonte battesimale
quattrocentesco, una statua della
Madonna delle Grazie attribuita a G.
da Milano e un rilievo in marmo con
una Pietà, attribuita a G. da Mancino.
Il Castello s'innalza nel punto
più alto dell'abitato da dove domina la
città e l'intera vallata. Edificato nella
seconda metà del '300 su preesistenti
strutture normanne, il Castello passò
a Matteo Chiaramonte nel 1366, per
concessione di Federico IV d'Aragona.
La costruzione è formata da un nucleo
quadrilatero con due torrioni, uno circolare e uno quadrato circondato da
una cortina muraria. L'elemento di
maggior pregio è il massiccio torrione
quadrato situato nell'angolo ovest, la
cui costruzione viene fatta risalire per
tradizione a Federico III d'Aragona
(sul lato ovest, in alto, si può vedere
lo stemma aragonese tra due scudi).
Nella facciata orientale, costruita come
le altre tre da piccoli conci squadrati,
alternati a filari di pietre di forma irregolare, si trovano le due bifore chiaramontane ad arco acuto, quasi del
tutto ostruite, che davano luce ad un
grande salone al primo piano, diviso al
centro da un arco retto da semicolonne e capitelli e caratterizzato da una
copertura a botte a sesto acuto. Al salone si accede attraverso una scala
esterna, oppure dalle stanze del lato
meridionale del Castello, attraverso un
portale di stile gotico chiaramontano,
decorato con bastioni a zig-zag nella
ghiera più interna. L'intera struttura,
ancora in parte usata come penitenziario, è in attesa di restauro.
Alfio Triolo
In alto il castello di Naro. In basso la navata centrale a cielo aperto
del vecchio Duomo, ormai in rovina
IL CLUB n. 116 – pag. 37
Il testamento del Nannu
A Termini Imerese si svolge uno dei più antichi Carnevali di Sicilia, con sfilate di carri allegorici e la partecipazione di due personaggi d’eccezione, “u nannu ca’ nanna”, due nonni in
maschera che distribuiscono caramelle fin quando, la sera del martedì grasso, u nannu non
finisce al rogo…
I
l Carnevale è sicuramente una delle occasioni più interessanti per scoprire Termini Imerese, cittadina sulla costa tirrenica
della provincia di Palermo, a meno
di 40 km. dal capoluogo, che si
staglia a dominio del mare su una
collina a breve distanza dall’autostrada Palermo-Catania; anche se
qualche difficoltà di parcheggio si
può avere col camper, dato che le
uniche due possibilità che si consigliano sono nel parcheggio situato
nei pressi dell’acquedotto romano,
all’ingresso della parte alta della cittadina provenendo dall’autostrada,
o nel parcheggio sul lungomare Cristoforo Colombo vicino la Villa Marina, nella parte bassa.
Nonostante la grande espansione del territorio degli ultimi
decenni, il suo patrimonio in pietra è
ricco di storia millenaria; le sue origini risalgono addirittura alla preistoria, ben testimoniate dalle numerose
grotte che la circondano e che hanno restituito tracce del paleolitico
superiore. Ma il primo nucleo cittadino risale al V secolo a.C, quando
gli abitanti della vicina Himera, distrutta dai cartaginesi, si rifugiarono
nelle vicine Termae, presso le acque
delle antiche sorgenti termali, tuttora attive e indicate per la cura delle
affezioni reumatiche.
Pochi sono comunque ai
giorni nostri in città i ricordi del passato splendore, a parte l’area archeologica di Himera, a pochi chilometri
dalla cittadina, con il grandioso
Tempio
della
Vittoria
e
l’Antiquarium. Forse l’unica testimonianza degna di nota dell’età romana è l’acquedotto che si incontra con
le sue grandi arcate all’ingresso
dell’abitato, che si divide strutturalmente in due parti: Termini Alta,
sulla sommità della collina; e Termini Bassa, adagiata sul mare. La
parte alta dell’abitato è anche quella che conserva i monumenti più
rappresentativi, oltre al citato acquedotto romano; fra di essi c’è il
Duomo, dedicato a San Nicola di
Bari e risalente al XVII secolo, che
ospita pregevoli opere d’arte.
Il Duomo di Termini, dedicato a San Nicola di Bari. In basso un panorama della parte bassa della cittadina preso dalla villa-belvedere
A pochi metri da Piazza
Duomo, che è anche il salotto cittadino, vi è il Museo Civico Baldassarre
Romano, ospitato nei locali dell’exospedale della SS. Trinità e in un palazzotto tardo-medievale, al cui interno è conservata una pregevole
collezione di monete di varie città
della Magna Grecia, oltre ad importanti reperti del periodo romano.
Un altro importante tassello
del tesoro monumentale cittadino è
dato dalla chiesa di Santa Caterina
d’Alessandria, del ‘400, caratteriz-
IL CLUB n. 116 – pag. 38
zata da un interessante portale ogivale sovrastato da un pregevole
bassorilievo e, all’interno, da affreschi che raffigurano episodi della
vita della santa con didascalie in
siciliano antico. Nelle vicinanze si
può visitare anche il Belvedere
Principe di Piemonte, da cui si gode
una vista magnifica sulla città bassa
e sul porto, con un ampio panorama sulla costa sorvegliata dal massiccio Monte San Calogero, mentre
sulla rupe vicina si innalzano i resti
dell’antico castello.
Due immagini del carnevale termitano: in alto “u nannu ca’ nanna” e in
basso “Re Carnevale”
Un po’ tutta la cittadina fa
da palcoscenico a cielo aperto alle
manifestazioni carnascialesche che
qui si rinnovano un Carnevale dopo
l’altro e che hanno inizio dieci giorni prima del Martedì Grasso e in
questo intervallo temporale hanno
luogo diverse sfilate di carri allegorici, con bande musicali, sbandieratori, majorettes e maschere. Pare
che da queste parti si festeggi uno
dei carnevali più antichi dell’isola,
dato che le prime edizioni risalirebbero all’inizio dell’800, su iniziativa
di alcuni napoletani che avrebbero
dato il via ai primi festeggiamenti,
introducendo nelle tradizioni cittadine le caratteristiche maschere del
“nannu ca’ nanna”, divenute con il
passare degli anni i simboli veri e
propri del Carnevale termitano.
Si tratta di una coppia di
stravaganti personaggi che rappresentano “i nonni”: lui bassino, rubicondo e allegro; lei magra e allampanata. Ambedue, dall’alto di una
grande automobile d’epoca ricostruita in cartapesta e paludati nelle loro maschere e nei loro costumi
ottocenteschi, distribuiscono nel
corso della sfilata dei carri allegorici
confetti e caramelle ai numerosi
“nipoti” venuti ad acclamarli.
I carri allegorici sfilano davanti ai nanni insieme a bande musicali, majorettes, sbandieratori e
mimi, dando fiato e voce alla satira
feroce che si identifica con questo
particolare momento dell’anno in cui
si rompe con gli schemi consolidati,
dando addosso ai politici e ai personaggi dell’attualità; in mezzo al corteo, tra un carro allegorico e l’altro,
si susseguono le maschere improvvisate dei termitani, piccoli e grandi,
in un caleidoscopio di suoni e colori
in cui si alternano musica, balli,
buonumore e spensieratezza.
I festeggiamenti si concludono la sera del martedì grasso,
quando a bordo del carro del Re
Carnevale u nannu viene condotto
al rogo, mentre il suo testamento
viene letto dal “Notaio”, personaggio paludato con cilindro e cappa;
e i “lasciti” sono spesso rivolti alle
persone più in vista della città, oltre che ai politici, sotto forma di
critiche feroci, ma anche di preziosi consigli. Così tra l’allegria generale u nannu brucia in una sorta di
rito di purificazione, mentre a nanna vive, come un invito alla riflessione per la Quaresima in arrivo.
Testo di Mimma Ferrante
Foto di Maurizio Karra
IL CLUB n. 116 – pag. 39
Mitologica mandorla
La pasticceria siciliana è un mirabile esempio della versatilità di questo antico frutto ricco di
vitamine. Due le varietà: quella dolce, utilizzata per dolci e bibite, e quella amara, usata
principalmente in profumeria e cosmesi
U
n guscio duro, che
racchiude un frutto bianco e delicato: la mandorla; probabilmente originaria dell’Asia Minore
o della Cina, venne introdotta in
Sicilia dai Fenici, ma la sua storia è molto più antica. Già nella
Bibbia si parla del bastone di Aronne che cominciò improvvisamente a fiorire e produrre mandorle, simbolo dell'approvazione
divina. E anche nella mitologia
greca vi è uno struggente mito
legato a questo frutto, quello di
Fillide, sposa di Acamante, trasformata dalla dea Atena in uno
splendido mandorlo, che fiorisce
all'abbraccio amoroso de!!o sposo, metafora della terra spoglia
che rinasce al caldo abbraccio
del sole primaverile. Per questo
ogni febbraio nella Valle dei
templi di Agrigento si celebra la
rinascita della natura che si manifesta nel candido fiorire dei
mandorli.
Le prime varietà di mandorlo coltivato (amygdalus communis)
furono
trasportate
dall’Oriente lungo l'antica via
della seta. Nelle colonie della
Magna Grecia, in particolare,
questo frutto divenne un ingrediente d'uso comune in cucina,
anche per aromatizzare il vino,
così come nel mondo romano.
Ma il suo vero trionfo si ebbe
durante il Medioevo, e non soltanto a tavola. Il Perugino "divin
pittore" usò la "mandorla mistica" per incastonare la Vergine
Maria
nell'Assunzione,
quale
simbolo dell'unione fra terreno e
divino. E perfino il poeta Boccaccio nel "Decameron" descrisse una casa fatta di marzapane,
cioè mandorle e zucchero. Dalle
mandorle, scottate in acqua calda e spellate, si estraeva già allora un latte denso e profumato,
come si fa ancora oggi), utilizzato in moltissime ricette, soprattutto durante i lunghi periodi "di
magro”, cioè nei tempi di astinenza dalla carne come la Quaresima.
L’impiego del latte di
Mandorli in fiore
mandorla in cucina era però così
vario da lasciare stupiti. Non solo si adoperava al pari del latte
fresco di pecora o di mucca, ma
veniva probabilmente trasformato, come alcuni studiosi sostengono in base alle ricette dell'epoca, in un particolare formaggio
o addirittura in burro vegetale.
In ogni caso, le mandorle intere
o macinate venivano aggiunte in
qualsiasi pietanza, sia dolce che
salata. Famosa, ad esempio, era
la salsa camelina, dal gusto agrodolce, a base di mandorle
speziate e tritate, uva passa,
cannella e chiodi di garofano,
che accompagnava immancabilmente l bolliti. Nel Rinascimento,
invece, i dessert alla mandorla
La tipica mandorla di Avola
IL CLUB n. 116 – pag. 40
chiudevano
banchetti.
sontuosamente
i
Un frutto versatile
Oggi è uno del frutti più
versatili in cucina, ricco di vitamine (A, B ed E), sali minerali,
ferro e potassio. Ne esistono
due varietà, quella dolce e quella amara. La prima viene utilizzata soprattutto per la preparazione di dolci e bibite (come
l’orzata), la seconda - data la
presenza di amigdalina (che diventa facilmente tossica) - è usata principalmente in profumeria, medicina e cosmesi.
In Italia, per tradizione,
la mandorla è protagonista di
numerosi dessert quali creme,
biscotti, torte, crostate, gelati e
budini. La pasticceria siciliana,
fuor di dubbio, rappresenta un
mirabile esempio di questa versatilità. Basti pensare alle "paste
di mandorla" avvolte in una nuvola di zucchero a velo, oppure
ai lucenti e perfetti frutti di marzapane o “pasta reale" preparati
con delicata farina di mandorle;
e poi al “biancomangiare", immacolato budino al latte di mandorle, per non parlare del classico torrone bianco o alle mandorle pralinate.
La qualità della
mandorla siciliana
Le campagne a sud del
siracusano sono da sempre famose per la produzione di una
mandorla di altissima qualità. E'
la mandorla di Avola, conosciuta
anche con il nome di "Pizzuta
d'Avola", la migliore mandorla
siciliana da confetteria. Piattissima, allungata e ovoidale, è
molto apprezzata all'estero soprattutto nell'Unione Europea,
ma la sua produzione è laboriosa
e delicata. Ecco perchè fa parte,
insieme alle altre due cultivar
della zona (la Romana e la Fascionello) del Presidio Slow Food
delle "Mandorle di Noto", creato
allo scopo di proteggerle e salvaguardarle.
Un breve periodo di gelo
è sufficiente a distruggere l'intero raccolto. La produzione, dunque, incostante e ridotta, comporta costi elevati che purtroppo
non reggono il passo con la spietata concorrenza di mandorle
meno care, ma più piccole, insipide e di qualità inferiore come
Un “panetto” di pasta di mandorle
quella di importazione (in particolare dalla California e dalla
Spagna) che, insieme, coprono
oltre l'85% del mercato mondiale. Insuperabile, tuttavia, sia per
la forma perfetta che per il sapore unico (grazie ai guscio spesso
e legnoso che trattiene gli aromi), la sua fama ha varcato i
confini dell'Isola, tanto da averla
resa la regina della confetteria
italiana e il cuore dei famosissimi confetti di Sulmona.
oppure goloso cacao amaro, ma è
perfetto anche per confezionare
rinfrescanti granite e gustosi gelati. Nel freddi mesi invernali, invece, è l'ingrediente indispensabile
per delicate creme e budini.
Il latte di mandorla
Colore candido e sapore
dolcissimo, il latte di mandorla è
una specialità tutta siciliana ottenuta dalle mandorle macinate
e ridotte in una morbida pasta.
Può essere preparato facilmente
in casa e rappresenta, oltretutto,
una valida alternativa per chi
soffre di intolleranza al lattosio.
Per realizzarne una versione adatta a tutti gli usi, quindi sia per pietanze dolci che salate, basta disporre di un mortaio (o di un più moderno frullatore, il risultato è simile) in cui
vanno pestate le mandorle spellate, con l'aggiunta di qualche
goccia d'acqua. La pasta ottenuta, chiusa in una garza o panno
di lino, va quindi immersa in acqua calda per qualche tempo.
Infine, strizzato il panno, si otterrà un liquido bianco che, una
volta filtrato, è pronto per realizzare infinite ricette. Nel periodo estivo, ad esempio, addizionato di zucchero e servito freddo, diventa una bevanda dissetante che si può "macchiare" con
un aromatico caffé espresso,
profumata cannella in polvere
IL CLUB n. 116 – pag. 41
Un budino alle mandorle
Il latte di mandorla, infine, è fantastico per realizzare
alcuni piatti salati, dal gusto assolutamente insolito ma piacevole. Si sposa bene con la carne di
pollo ma anche con il pesce. Un
esempio da provare è la ricetta
del baccalà alla Vicentina in versione quaresimale, in cui al posto del latte vaccino, per mantecare il pesce, si usa latte di
mandorla aromatizzato con noce
moscata e cannella.
Alfio Triolo
Terza pagina
Dal protocollo di Kyoto a quello, tutto da vedere, di Urban
N
el lontano dicembre
del 1997 (ne parlammo sul n. 87
del nostro bimestrale “Il Club”)
veniva firmato il protocollo di
Kyoto, che doveva essere ratificato dai parlamenti dei Paesi firmatari e che tendeva a stabilire
le emissioni di CO2 equivalente
fino alla fine del 2012, con tanto
di tabelle esplicative; quel protocollo non fu successivamente ratificato però né dagli Usa, né da
Paesi come Cina e India, con motivazioni e opposte ragioni: gli
USA non volevano cedere parte
del benessere acquisito, mentre i
Paesi allora detti “del terzo mondo” volevano conservare per sé
tutto il diritto di avanzare nell'economia; gli uni e gli altri fregandosene altamente delle emissioni serra e delle collegate mutazioni climatiche che sempre più
frequentemente
colpiscono
il
mondo.
Il protocollo di Kyoto,
come si nota, è ancora valido,
ma dal gennaio del 2013 si sarebbe rimasti senza alcuna direttiva; ecco perchè ha avuto luogo
la conferenza di Urban, che ha
impegnato allo spasimo i 194 Paesi partecipanti nella ricerca di un
difficile
accordo
per
l’aggiornamento di quel primo
protocollo. La seconda trance, già
specificata nella prima parte, e
valida fino al 2017, è stata accettata dall’Unione Europea e da
Norvegia, Svizzera, Bielorussia,
Ucraina,
Islanda,
Kazakistan.
Contrari a continuare il protocollo
invece Giappone, Canada, Australia e Nuova Zelanda, anche
se si pensa che, finiti alcuni pro-
Il 2011: l’anno delle catastrofi naturali
Un'impressionante serie di terremoti devastanti e di catastrofi causate da eventi meteorologici estremi ha portato il 2011 a essere l'anno record dei disastri naturali, con danni causati che ammontano a livello mondiale a circa 380 miliardi di dollari. Queste sono le stime effettuate dalla
Munich Re, la compagnia di riassicurazione tedesca che analizza annualmente i dati delle catastrofi naturali (www.munichre.com/en/media_relations/
press_releases/2012/2012_01_04_press_release.aspx).
Nel 2011 sono stati registrati oltre il doppio dei danni rispetto al
2010 e il 43% in più rispetto al precedente anno record, che è stato il
2005 con 265 miliardi di dollari. A questo primato hanno contribuito in
modo fondamentale due terribili terremoti: quello della Nuova Zelanda
del 22 febbraio 2011 (magni-tudo 6.3 della scala Richter) e quello del
Giappone dell'11 marzo (magnitudo 9.0 della scala Richter), mentre i
disastri legati agli eventi meteorologici estremi hanno prodotto nel 2011
minori danni rispetto ai cinque anni precedenti, grazie soprattutto a un
numero molto ridotto di uragani atlantici.
820 sono state invece le catastrofi naturali più rilevanti, con circa 27
mila vittime, il 90% delle quali causate da eventi meteorologici estremi (frane,
alluvioni, inondazioni, tempeste, cicloni tropicali, ecc.) ed il restante 10% da
eventi geofisici (terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche). Sono escluse da questo
conteggio
le
catastrofi
causate
da
conflitti
armati
(www.pcr.uu.se/research/UCDP) e le catastrofi umanitarie, come quelle che
hanno colpito il corno d'Africa tra la fine del 2010 ed il settembre 2011, dove
un numero imprecisato di persone è morto per fame, malattie e stenti
(www.unhcr.org/pages/4e1ff4b06.html).
Nonostante il maggior numero di catastrofi causate dagli eventi
meteorologici estremi, la maggior parte dei danni economici (61%) e delle
perdite di vite umane (62%) sono stati, invece, causati dai terremoti. Il
resto dei danni è dovuto, invece, alle inondazioni in Tailandia (agostonovembre), alle alluvioni in Pakistan (agosto-settembre), ai tornado negli
USA (22-28 aprile 2011) e a tutte le alluvioni che si sono abbattute su tutta
l'area del Mediterraneo, e che hanno coinvolto anche l'Italia, nel periodo 49 novembre 2011. Il numero e la frequenza dei terremoti e degli altri fenomeni geofisici, pur con alcune oscillazioni, sembra mantenersi quasi costante sul lungo periodo, mentre gli eventi meteorologici estremi sono, viceversa, in aumento. Triplicato dal 1980 al 2010 il numero delle alluvioni e
inondazioni gravi è triplicato, quasi raddoppiato invece quello delle tempeste violente (tifoni, uragani, cicloni tropicali). Sembrerebbe quindi plausibile
affermare che l'aumento dei danni che si sta manifestando come tendenza
di lungo periodo possa essere collegato ai cambiamenti climatici e in particolare all'aumento del numero e dell'intensità degli eventi meteorologici
estremi. Ma in realtà non è proprio così.
Uno studio sui danni delle catastrofi naturali effettuato dalla London School of Economics ha evidenziato, come d'altra parte c'era da aspettarsi, che a parità di evento catastrofico i danni su una determinata
area sono tanto maggiori quanto maggiori sono il numero delle infrastrutture, il loro valore economico e densità della popolazione, ma soprattutto
quanto minori sono le misure di prevenzione messe in atto. In altre parole i danni e i morti sono in aumento perché aumenta la vulnerabilità ambientale e territoriale delle aree geografiche più esposte agli eventi meteorologici estremi. L'aumento della vulnerabilità ambientale e territoriale è
legato all'antropizzazione ed è causato da un lato dall'eccessiva urbanizzazione e dalla crescita della popolazione su certi territori e dall'altro da
inadatte modalità di sviluppo socio economico e degli insediamenti umani.
Vincenzo Ferrari
Da “AK Informa” – 1/2012
IL CLUB n. 116 – pag. 42
blemi contingenti, anche detti
Paesi possano aderire al trattato
che verrà formalizzato.
Il Giappone, ad esempio,
deve impegnarsi alla ricostruzione
di quasi tutto il suo territorio e di
alcune sue principali industrie dopo
il disastro atomico di Fukushima; il
Canada fa invece parte del nord
America che non aderisce a Kyoto
perchè è stato deciso di sfruttare
le enormi risorse e riserve di petrolio dell'Alaska e dell'Artico, passando sopra le mutilazioni del territorio, non volendo vincoli di sorta, vincoli invece accettati da Europa e Cina che puntano tutto sulla
economia verde (green economy),
cioè eolico e fotovoltaico. Anche gli
USA tendono a incrementare l'occupazione con la nuova produzione
di energia verde, ma Obama deve
fare i conti con la sua rielezione e
con il conservatorismo del Congresso.
A spanne la Russia oggi
produce circa 2 miliardi di tonnellate di CO2, l'Europa 4 miliardi,
gli USA 6 miliardi, la Cina 8 miliardi. Rimanendo con gli attuali
accordi di Kyoto, il livello di temperatura degli oceani, previsto in
aumento di 2 gradi (con il pagamento di buoni se si sfora: e tutti
lo hanno fatto abbondantemente), arriverà a un innalzamento di
4 gradi con effetti disastrosi sul
clima e sui biosistemi.
A Urban, per non chiudere
la conferenza parlando di un possibile fallimento, si è deciso un nuovo accordo, anche se molto evasivo sulle date di attuazione vera: si
è deciso in pratica di mantenere gli
accordi di Kyoto e di rivedersi nel
2015 per rendere l'intesa operativa
a partire dal 2020. Intanto ogni
nazione farà il possibile, forte di
una dotazione di 100 miliardi di
dollari annui, per aiutare le economie sottosviluppate ad affrontare il maggior costo di trasformazione delle centrali tradizionali a
carbone. Ma non si dice da dove
debbano essere reperiti questi fondi, vista la crisi attuale.
IL CLUB n. 116 – pag. 43
La Cina, motu proprio, essendo ormai la seconda potenza
economica mondiale, ha deciso di
puntare quasi soltanto sulla green,
visto il livello di inquinamento e di
smog continuo che affligge sul suo
territorio intere regioni e città, ponendosi da ponte fra Europa e Stati Uniti. Amsterdam, capitale dei
Paesi Bassi, abituata alle sfide, ha
deciso che, per non perdere la
leadership, entro il 2040, circoleranno nelle sue vie solo auto elettriche ad emissioni zero, ma essendo un traguardo lontano, entro
il 2020 ci saranno già 40.000 auto
rifornite da più di mille colonnine
con elettricità fornita da impianti
eco-sostenibili.
Al di là di ciò che farà
l’Italia, un pensiero va ai nostri
camper: come ci posizioniamo noi
camperisti con i nostri camper? Chi
ha comprato un mezzo solo sei
anni fa, ha in mano un Euro 3. Oggi sono in vendita mezzi Euro 5.
Nel 2006 saranno in circolazione
gli Euro 6. Ma essendo diventati i
“vecchi” motori più ...fiacchi' e
senza coppia per la presenza del
filtro antiparticolato adesso necessario, se si vuole mantenere la
briosità precedente, bisogna aumentare la cilindrata e la potenza,
e questo al di là di ogni altro tipo
di innovazione. Intanto con la crisi
attuale nessuno pensa di seguire
l'escalation indicata, anche perchè
le ruote sono sempre ruotine, il
telaio, la frizione o i freni sono
sempre insufficienti, e le dimensioni, con il costo e il consumo, aumentano, malgrado tutto. In barca
a Kyoto e Urban...
Giuseppe Eduardo Spadoni
Riflessioni
Largo ai giovani
Quel
giusto ricambio:
cito le parole del Presidente che
nell’editoriale del n. 111 del nostro giornalino, a proposito di
traguardi raggiunti dal nostro
Club, di impegni, responsabilità,
di collaborazioni e di rinnovamento delle cariche direttive,
metteva in evidenza l’annoso e
sentito problema dei “ricambi”.
Sì, di soci del club che abbiano il
coraggio, l’impegno ed il piacere
di assumersi quelle responsabilità necessarie per continuare a
portare avanti questo ormai
maggiorenne sodalizio. Condivido con lui che un avvicendamento ai vertici del Club, oltre che
auspicabile è stato davvero necessario, sia affinché si attui un
normale turn-over che possa apportare rinnovamento e nuova
linfa,
sia
perché
si
spera
nell’apporto di quel tocco di novità di nuove idee necessarie per
incuriosire e risvegliare interessi
e partecipazioni, sia infine per
dare spazio, in modo democratico, a chi negli anni avrebbe voluto ricoprire certe cariche ma
non ne ha avuto l’opportunità o
la possibilità, per svariati motivi.
In questi anni, direi negli
ultimi dieci anni circa, ne ho
sentite tante sul mio conto, colorite, agguerrite, dette e non dette, riportate, ma nessuno che
abbia mai avuto il coraggio la
schiettezza, la lealtà di chiedere
un dialogo aperto e diretto, un
confronto sugli argomenti che
premevano (loro) tanto criticare.
Non partecipa mai… esce con altri… perché ricopre quella carica… approfitta del club… ne
sfrutta indebitamente le peculia-
rità…; etc. Il vezzo, mi piace
chiamarlo vezzo e non in altro
modo, di sparlocchiare, criticare,
puntare il dito ma senza farsi
vedere dall’indicato, è un po’ un
vezzo nostro, del palermitano,
direi quasi per alcuni, umano,
ma non solo direi forse in modo
più appropriato anche di colui
che non ha il coraggio delle proprie azioni.
Tante volte mi è capitato
di non essere d’accordo con decisioni, punti di vista, interpretazioni di altri interlocutori e sempre ho preferito l’impopolarità di
una convinzione non condivisa,
all’ ipocrisia; il confronto, lo
scambio di idee che non possono, anche se dure, offendere se
motivate ed espresse in assoluta
buona fede. Ma non sempre è
stato possibile, non sempre c’è
stata la volontà. Non sempre si
esce vincenti, alle volte bisogna
mettersi la coda tra le gambe,
riconoscere di non avere ragione
o comunque in parte, ma sempre
con il presupposto e l’obiettivo
prefissato che tutto venga fatto
per raggiungere un fine, una soluzione, e non una rottura,
un’offesa.
Come dicevo, in questi
ultimi anni non sono stato un
grande frequentatore di gite, di
raduni e manifestazioni organizzate dal Club, per vari motivi,
varie vicende, che non serve qui
esternare né per giustificare né
per motivare tale mio comportamento, cosa che non devo a
nessuno. Ho sempre ritenuto di
non dover essere giudicato per
la mia presenza o assenza a tali
manifestazioni. Faccio parte di
questo Club, ne pago la quota
associativa, ne osservo il regolamento, partecipo in vari modi
alla sua vita, scelgo quando partecipare e se partecipare alle iniziative dello stesso, senza alcun
ritorno di alcun genere tranne
che del piacere di condividere
momenti di aggregazione interessanti e divertenti, nello spirito
del raggiungimento dello stesso
comune obiettivo: il piacere di
stare insieme e di conoscere.
Non penso che la mia
presenza possa dare un valore
IL CLUB n. 116 – pag. 44
aggiunto alla manifestazione sociale a cui partecipo, uno come
tanti altri, né penso che la mia
assenza possa togliere valore alla stessa. Eppure si è detto di
tutto. Se un giorno si verificheranno i presupposti perché si
possa decidere che reati di questo tipo possano essere censurabili, beh allora ne riparleremo,
ma penso di aver sempre dato,
per quanto possibile, quel piccolo aiuto collaborativo che è servito a comporre il mosaico delle
attività del Club.
Pertanto penso che anche
le nuove leve che hanno deciso
di prendere le redini di questo
nostro Club avranno modo di
partecipare in molteplici modi
alla vita dello stesso, collaborando come meglio crederanno e
nei modi in cui desidereranno e
sarà loro possibile, sempre con il
piacere di raggiungere un obiettivo in cui devono credere. Le
gite sono la manifestazione della
forza e della capacità organizzativa del Club, ma non certamente il tutto. E d’altronde, il nostro
club ha bisogno di teste pensanti, propositive, organizzative,
capaci di produrre iniziative concrete, sempre volte alla crescita
di questa nostra associazione,
anche se non attivamente presenti a tutte le gite, i raduni, le
manifestazioni.
Luigi Fiscella
Internet che passione
Non è mai troppo tardi…
I
l maestro Manzi? E chi
sarebbe? Così hanno risposto due
giovani colleghi ad una mia domanda sull’identità di colui che, per
buona parte degli anni ‘60, insegnò
a leggere e scrivere a tanti italiani.
Ed è un peccato che sia andato perduto il ricordo di un fatto importante della storia d’Italia. Non fu solo
un programma televisivo, ma la
perfetta espressione di ciò che andrebbe considerato quel “servizio
pubblico” che dovrebbe esser fornito dalla nostra televisione di stato
(compito che andrebbe più frequentemente raccomandato ad una
smemorata Rai).
Pensate, infatti, all’importanza di avere la possibilità di imparare a leggere in un periodo storico,
come quello dell’immediato dopoguerra, segnato da un altissimo tasso di analfabetismo. Credo fermamente che quella trasmissione contribuì fortemente alla unificazione
linguistica d’Italia. Forse anche più
di Garibaldi stesso!
Ormai l’analfabetismo in Italia, fortunatamente, è pressoché
scomparso, nonostante le quotidiane
aggressioni (anche solo “linguistiche”) delle televisioni nazionali. Infatti “grandifratelli”, “isoledeifamosi”
e similari contribuiscono non poco
all’appiattimento, purtroppo verso il
basso, del livello culturale di una nazione dove ormai le più elementari
regole grammaticali vengono spesso
considerate superflue o, al minimo,
“contrabbandate” come errori causati dalla fretta o dalla distrazione
(com’è possibile, per esempio, confondere un verbo con una congiunzione?).
“Non è mai troppo tardi” fu
forse anche il primo vero esperimento di multimedialità perché, per dirla
con parole d’oggi, fornì un più che
valido supporto formativo a distanza. Chi mai vedrebbe oggi una trasmissione televisiva del genere?
Nessuno penso… Troppa fretta e
troppa certezza di già sapere: pensa
che noia! E in effetti non so se vi sia
mai capitato di vedere quelle terribili
trasmissioni notturne, tediosissime
anche per l’orario, in cui si dispensano complicate lezioni di ingegneria
statica o di fisica matematica… Che
barba!
In alto il grafico mostra i risultati di un’indagine statistica dell’ISTAT
sull’analfabetismo a partire dall’unità nazionale. In basso il maestro
Manzi, protagonista della famosissima trasmissione televisiva “Non è
mai troppo tardi”, che favorì enormemente agli albori della televisione
la lotta all’analfabetismo, contribuendo anche all’unificazione linguistica
della nazione
IL CLUB n. 116 – pag. 45
Riferimenti in rete
http://it.wikipedia.org/wiki/Non_%C3%A8_mai_troppo_tardi_(programma
_televisivo)
http://www.istat.it/it/files/2011/06/italiaincifre2011.pdf
http://www.almanacco.cnr.it/reader/
http://www.livemocha.com/
http://www.e-sword.net/downloads.html
l’inglese)
(La
Bibbia
per
imparare
http://education.skype.com/
http://it.wikipedia.org/wiki/Google_Scholar
Studio e rete
Occupiamoci
adesso
di
internet e della già citata “formazione a distanza”. E’ chiaro che la
rete si presta per sua natura ad
essere un perfetto strumento di
studio, sia per la possibilità di
fruirne in qualsiasi momento della
nostra
giornata,
sia
perché
internet è di fatto un planetario
contenitore di “sapienza” in ogni
possibile campo: a partire dalle più
semplici informazioni quotidiane
alle prima citate, per esempio, lezioni di ingegneria statica.
Non sempre si tratta di
oro colato - scagli la prima pietra
chi non è stato tratto in inganno
da qualche consiglio “internettiano” tutt’altro che corretto! - ma,
come già più volte detto in queste righe, cercando con cura e
oculatezza e facendo i dovuti riscontri e confronti, un buon risultato si ottiene quasi sempre.
C’è chi sostiene che lo studio tradizionale, quello che per cui
occorrono metodo, impegno e so-
prattutto ragionamento, non possa
essere sostituito dallo studiare
supportati da uno strumento tecnologico. Verissimo, ma è altrettanto vero che in generale la tecnologia è di per sé un valido strumento di supporto, specie se riferita a corsi di carattere pratico.
Su internet si possono fare
corsi per imparare a suonare la
chitarra, corsi per imparare a fotografare e persino imparare a cucire. Esistono inoltre tanti software
per l’apprendimento che, con il
supporto dell’interattività e della
simulazione (si pensi a materie
quali matematica, fisica o chimica), risultano di grande aiuto per
l’approfondimento di ciò che si apprende tramite i canali tradizionali.
E internet è assolutamente assimilabile a tali software.
Le lingue
Pensate
per
esempio
all’enorme possibilità di imparare
una lingua con internet. Se prima
era possibile studiare una lingua
straniera solo sui libri e anche con
il talvolta incerto e fuorviante accento di un insegnante di scuola
media, adesso la rete mette a disposizione traduttori automatici e
sintetizzatori vocali che ti correggono la pronuncia e milioni di pagine web redatte nelle più svariate lingue del globo, oltre a innumerevoli file audio e video in
qualsiasi idioma estero e non.
Inoltre, sempre in rete - e
con l’aiuto di webcam e microfono
- è già da tempo possibile colloquiare con un insegnante madrelingua, contattato magari in casa
propria dall’altra parte della Terra,
per perfezionare la proprie grammatica e pronuncia. Interessante
in quest’ambito l’iniziativa “Skype
in the Classroom”, ideata dal maggior gestore mondiale di telefonia
voip, che ha creato una rete dedicata agli insegnanti che vogliano
sfruttare, a scopo didattico, questa
opportunità tecnologica.
Sostanzialmente,
Skype
ha messo a disposizione degli insegnanti una piattaforma sulla
quale ciascuno di loro potrà esporre la propria esperienza e i
propri interessi. Ciò rende possibile la ricerca di vere e proprie
“classi virtuali” con cui instaurare
nuovi rapporti didattici senza la
necessità di spostarsi fisicamente,
ma semplicemente sfruttando la
tecnologia offerta per comunicare.
Infine una curiosità: pensate che nel corso di questa ricerca mi sono pure imbattuto in un
software da scaricare ed installare
sul proprio PC per imparare
l’inglese tramite l’intero testo della Bibbia!
Sfruttando la rete, e con l’aiuto di webcam e microfono, è già da tempo possibile colloquiare con un insegnante madrelingua residente a migliaia di chilometri di distanza o agli antipodi, per perfezionare grammatica e pronuncia di una lingua straniera. Lo consente l’iniziativa “Skype in the Classroom”, che ha creato una
rete dedicata agli insegnanti che vogliano sfruttare, a scopo didattico, questa opportunità tecnologica
IL CLUB n. 116 – pag. 46
La home page di Google Scholar
Come cercare
Sul come cercare qualcosa
in rete si è tanto discusso in passato
proprio qui. I motori di ricerca sono
disponibili on-line 24 ore su 24 ma è
opportuno non dimenticare che su
internet nessuna pagina è più importante delle altre. Infatti il loro valore non è determinato dal loro ef-
fettivo contenuto, ma dal numero di
volte che vengono cliccate. Una pessima abitudine è quella di saltare da
una pagina all’altra senza approfondirne la lettura e questo può indurre
ad evitare i testi lunghi prediligendo
quelli più brevi e, spesso solo apparentemente, più esplicativi. Occorre
usare gli strumenti a disposizione in
modo critico: non basta avere familiarità con internet per usufruirne,
ma è necessaria anche una discreta
capacità di analisi.
Qualora vogliate effettuare
una
ricerca
più
specializzata
nell’ambito di testi accademici, Google Scholar permette di reperire
testi e articoli su tali opere, oltre
che su tesi di laurea e libri e dispense, in generale su tutti i settori della
ricerca scientifica e culturale.
E’ quindi possibile studiare
con internet? Direi proprio di sì, ma
con la piena consapevolezza di ciò di
cui si ha bisogno ed evitando di dare
per certe le informazioni raggiunte in
rete. Sarà cioè sempre fondamentale
lo studio con metodi tradizionali, da
approfondire se occorre in seguito
con l’aiuto del web. Non si potrà
quindi certamente imparare dall’inizio
una professione medica o forense,
ma senza dubbio ci si potrà tenere
aggiornati sull’informatica o sulla cucina o sulle novità della dichiarazione
dei redditi. E, perché no, anche su
internet stesso!
Giangiacomo Sideli
Enciclopedie
Per chi vuole farsi una cultura o ha semplicemente bisogno di un chiarimento o di un approfondimento, oltre alla più che famosa wikipedia, in rete è possibile consultare numerose encliclopedie on-line. Fra queste segnaliamo:
OVO (www.ovo.com)
Video-enciclopedia, comprende migliaia di documentari della durata di circa tre minuti ciascuno
Treccani online (www.treccani.it)
Online parte del vasto patrimonio enciclopedico Treccani e una serie di strumenti utili e interattivi.
Sapere.it (www.sapere.it/sapere/enciclopedia.html)
Enciclopedia online gratuita dall'esperienza De Agostini; contiene oltre 280 mila voci continuamente aggiornate e organizzate in categorie tematiche, migliaia di immagini e contributi multimediali, più di 60 mila weblink verso risorse Internet selezionate
Enciclopedia Britannica (www.britanicca.com)
Da sfogliare online col supporto di un motore di ricerca interno o tramite una ricerca per soggetto o per autore. L'accesso alla totalità delle informazioni è riservato agli utenti abbonati ma è possibile fruire di un abbonamento trial valido 72 ore (In inglese)
Encyclopedia (www.encyclopedia.com)
Di libero accesso, contiene più di 57.000 articoli tratti dalla Columbia Encyclopedia. Oltre a ricerche di tipo
alfabetico è possibile fruire di un motore di ricerca interno (In inglese)
Info please (www.infoplease.com)
Sapere online in una ricchissima raccolta di risorse: enciclopedia, atlanti, dizionari, sitografie... (In inglese)
Answers.com (www.answer.com)
Enciclopedia "per domande e risposte", in linglese
Universalis (www.universalis.fr)
Enciclopedia in lingua francese, ha una struttura di tipo monografico, in riferimento ai moltissimi temi trattati
Linguaggio Globale (www.linguaggioglobale.com)
Enciclopedia di "ipertesti d'autore", con sezioni tematiche a contenuto scientifico, storico e filosofico di facile
consultazione, un dizionario realizzato dai bambini e versioni online di fiabe classiche
Online Encyclopedias (http://en.wikipedia.org/wiki/Category:Online_encyclopedias)
Metaindice delle enciclopedie online
IL CLUB n. 116 – pag. 47
Musica in camper
Due idee per le nostre gite invernali
S
iamo nel cuore dell’inverno e, tra freddo e buio, la malinconia è sempre dietro l’angolo,
per non parlare della crisi globale
che, dall’aumento del costo del gasolio alla meta della pensione che
si fa sempre più lontana, ci martella senza pietà. E allora, dato che i
motivi per essere depressi non
mancano, non resta che reagire
con tutti i mezzi a nostra disposizione, non ultimo il messaggio terapeutico della musica, in grado di
consolarci e anche di coccolarci nel
corso sia delle nostre poche gite
del periodo che delle giornate “no”.
E allora approfittiamone per goderci
due recenti uscite discografiche di
grande successo, che spaziano dal
rock internazionale alla musica melodica targata Italia.
Il primo album su cui puntiamo i riflettori è l’ultimo nato in casa dei Coldplay, un gruppo britannico che appartiene al genere del
rock alternativo e che, nel corso dei
suoi cinque album, ha saputo creare
un proprio stile musicale. Formatasi
nel 1997, la band raggiunse la fama
mondiale già nel 2000, grazie al singolo “Yellow”, contenuto nel loro album di esordio Parachutes, dando
vita ad un’ascesa senza interruzioni
che li ha portati a superare il traguardo dei 50 milioni di dischi venduti. Il successo ricalca anche la loro
ultima fatica, il quinto disco della loro carriera discografica, “Mylo Xyloto”, che a fine novembre è stato
certificato come disco d’oro in Italia
per le oltre 300.000 copie vendute a
sole due settimane dalla sua uscita.
E a proposito della scelta
del titolo dell’album, il gruppo ha
dichiarato nel corso di un’intervista
che si è trattato di una prova, perché suonava fresco e nuovo, dato
che il nome era solo un suono che
non significava nulla se non la musica del disco; d’altra parte perché
non provare ad inventare qualcosa
di nuovo? Al di là del suono del titolo
la raccolta, che comprende 14 tracce, è decisamente orecchiabile fin
dal primo ascolto ed è in grado di
trascinare, grazie al suo sound avvolgente. Infatti ascoltare brani come
“Paradise” o “Us against the world” e
ritrovarsi a canticchiarli è un tutt’uno,
al punto che si ha l’impressione di
conoscere questi brani da sempre.
Provare per credere…
Ci spostiamo adesso nel
Bel Paese per parlare di una gloria
nazionale, Laura Pausini, recentemente tornata in pista dopo un
paio di anni di riposo; la famosa
cantante italiana ha iniziato la sua
carriera nel 1993, vincendo a Sanremo con il brano “La solitudine” e
diventando nell’arco di pochi anni
una celebrità del mercato discografico internazionale, incidendo brani
in spagnolo, portoghese, inglese e
francese. In realtà si tratta di una
figlia d’arte, dato che ha cominciato
ad esibirsi da ragazzina con suo padre che era un cantante di piano
bar, mentre il suo debutto era avvenuto addirittura ad appena otto anni
in un ristorante bolognese. Nonostante non abbia mai preso lezioni di
canto, viene descritta come un soprano, con una voce classica e potente, grazie alla quale è stata paragonata dai critici musicali ad autentici mostri sacri del panorama discografico mondiale come Celine Dion,
Mariah Carey e Barbra Streisand.
Sebbene la sua musica si
basi principalmente sulla tipica
melodia italiana, il suo stile musicale si è evoluto nel corso della
sua carriera, dando spazio ad influenze di generi come la musica
latina, il soul e il rock. E nel corso
della sua carriera ha venduto oltre
45 milioni di dischi, ottenendo anche prestigiosi riconoscimenti internazionali, come un Grammy
Award e tre Latin Grammy Awards.
Parallelamente alla sua carriera è
cresciuto anche il suo impegno sociale, dato che la cantante ha aderito nel corso degli anni a numerose iniziative di solidarietà e benefi-
IL CLUB n. 116 – pag. 48
cenza, sostenendo l’Unicef e il
mondo dell’infanzia, raccogliendo
fondi nella lotta contro l’Aids e sostenendo le popolazioni vittime del
terremoto in Abruzzo con il concerto “Amiche per l’Abruzzo”.
Come dicevamo, dopo una
pausa, l’artista ha recentemente
pubblicato il suo quattordicesimo
album, “Inedito”, il cui titolo si
riferisce al processo creativo del
disco, descritto come molto diverso dagli altri, dato che per la prima
volta è stato realizzato nella
privacy della sua casa e senza
pressioni esterne. L’artista ha dichiarato che prima di scegliere le
14 tracce presenti ha ricevuto 256
canzoni e ne ha provato 74, dando vita ad un album completo come generi musicali, dato che è influenzato dal rock, ma anche da
ballate e melodie con la musica di
orchestre italiane e inglesi.
E l’ascolto dei brani lo dimostra, a cominciare da “Benvenuto”, che dà il benvenuto alle cose
per cui vale la pena di vivere e alle
persone autentiche, mentre in “Non
ho mai smesso” vi è la confessione
di come Laura consideri il proprio
lavoro una grandissima fortuna e di
come non abbia mai pensato di lasciare questa passione, oltre ad altri brani, come “Vivi senza di me” e
“Nel primo sguardo”, dedicati ad
amici e a persone della sua famiglia, il che ben dimostra quali siano
i valori e le priorità di questa ragazza, rimasta semplice, nonostante il
grande successo internazionale.
Perché rimanere con i piedi per terra non è certo facile…
Mimma Ferrante
News, notizie in breve
Camper & Terme
Una sinergia vincente tra
due risorse turistiche nazionali, il
camperismo e il termalismo, per
contribuire in modo significativo
alla promozione del patrimonio
nazionale e locale 365 giorni
l’anno: questo l’obiettivo della
partnership tra APC-Anfia e Federterme, Federazione Italiana delle
Industrie Termali e delle Acque
Minerali Curative, che ha portato,
anche con la collaborazione della
Federazione ACTITALIA, alla nascita
dell’iniziativa
promozionale
“Terme & Relax in camper”, rivolta
a tutti gli amanti del pleinair per
promuovere nuovi percorsi tematici in camper, anche in inverno.
Per gli amanti del camper
style è un’occasione unica per
viaggiare alla scoperta di oltre
venti centri termali italiani, usufruendo di sconti speciali (fino al
50%) sui trattamenti spa e benessere. Sul sito www.sceglilcamper.it
i camperisti possono reperire tutte
le informazioni sulle terme convenzionate e sulle concessionarie
ASSOCAMP presso le quali eventualmente noleggiare i camper.
Inoltre, per rendere la proposta
turistica ancora più interessante,
APC ha ideato numerosi itinerari di
viaggio en plein air, disponibili gratuitamente on line, grazie ai quali
conoscere le peculiarità storicoartistiche,
culturali
ed
enogastronomiche delle località interessate dall’iniziativa.
prevede la conservazione, la migliore fruizione, la trasformazione
e la crescita di undici monumenti
arabo-normanni le cui componenti
architettoniche e decorative sono
presenti ancora oggi in maniera
integrale e in ottimo stato di conservazione.
Nove di questi si trovano a
Palermo: il Palazzo Reale, la Cappella Palatina, le chiese di San
Giovanni degli Eremiti, di Santa
Maria dell'Ammiraglio (la Martorana), di San Cataldo e la Cattedrale
di Palermo, la Zisa, la Cuba e il
Ponte dell'Ammiraglio; gli altri due
sono le Cattedrali di Cefalù e Monreale con i rispettivi Chiostri.
L'inserimento di questo itinerario nella lista del patrimonio
dell'Umanità dell'Unesco, secondo
l'assessore regionale dei Beni culturali Sebastiano Missineo, è una
grande scommessa che, oltre a
puntare sulla tutela e la valorizzazione di questi siti, dovrà vedere
protagonisti Regione, enti locali e
le associazioni imprenditoriali impegnati per creare sviluppo.
Tale inserimento ha anche
rilanciato la candidatura di Palermo
a capitale europea della cultura per
il 2019. Sarebbe infatti importante
sfruttare il grande traino della candidatura all'Unesco dell'itinerario
arabo-normanno per presentare
La Cappella Palatina e la chiesa di San Giovanni degli Eremiti a Palermo, due dei più importanti monumenti di età normanna che si spera
entrino nella “World Heritage List” dell'Unesco
Dall’Unesco un piano di
gestione per i monumenti
arabo-normanni di Sicilia
Si fa sempre più concreta
la candidatura dell'itinerario "Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale" nella
World Heritage List dell'Unesco.
Nel capoluogo siciliano è stato presentato il piano di gestione che
IL CLUB n. 116 – pag. 49
anche quella di Palermo a capitale
della cultura per il 2019, dato che
il capoluogo siciliano potrebbe interpretare in maniera perfetta l'esigenza dell'Europa di dialogare
con l'altra sponda del Mediterraneo. Ma già avanzare la semplice
proposta e realizzare un progetto
di alto profilo potrebbe creare un
ritorno positivo per la Sicilia sotto
il profilo culturale e in termini di
crescita economica.
Tra le "Meraviglie italiane"
12 comuni siciliani
Sono cinque i tesori ennesi premiati nell'ambito del progetto "Meraviglia Italiana", promossa
dal Forum Nazionale dei Giovani.
A fare da cornice la Sala Cerere di
Enna dove sono giunti i rappresentanti dei comuni di Enna, Barrafranca, Calascibetta, Centuripe
e Sperlinga, luoghi in cui sono
presenti le "meraviglie".
Il progetto "Meraviglia Italiana" è stato ideato e realizzato
dal Forum Nazionale dei Giovani
in occasione del 150° anniversario
dell'Unità di Italia ed ha ottenuto
il patrocinio della Camera dei Deputati, del ministero dei Beni e
delle Attività Culturali, del ministro della Gioventù e del ministro
del Turismo. L'obiettivo è selezionare mille meraviglie italiane,
scelte tra i siti paesaggistici e culturali, tra i beni culturali e le manifestazioni della tradizione popolare, per realizzare un itinerario
turistico di alto impatto.
Le "Meraviglie Italiane"
premiate nell'ennese sono i Riti
della Settimana Santa di Enna, il
Castello Medievale di Sperlinga,
l'insediamento rupestre di Vallone
Canalotto a Calascibetta, la Settimana Santa di Barrafranca e l'edificio termale "Vagni" di Centuripe.
Ma un riconoscimento è stato assegnato anche alla gastronomia
della Pasqua Comisana prescelta
tra le dodici meraviglie che ricadono nel territorio della Regione
Sicilia. Complessivamente i comuni interessati sono quelli di Barrafranca, Cefalù, Comiso, Calascibetta, Milazzo, Roccavaldina, Enna, Centuripe, Castiglione di Sicilia, Militello in Val di Catania,
Lampedusa e Sperlinga.
Le mille meraviglie individuate parteciperanno ad una seconda fase in cui verranno premiate le venti miglior "Meraviglie Italiane".
Il Molino Excelsior
di Valderice diventerà
Museo del Gusto
Il Molino Excelsior di Valderice punta ad entrare in una rete
nazionale di turismo enogastronomico. L'amministrazione comunale,
insieme all'associazione Trapani
Welcome, che per conto del Comune gestisce il Molino, hanno
deciso di aderire all'iniziativa, ancora unica in Italia, di allestire una
rete di Musei del Gusto a partire
dalla esperienza maturata a Frossasco, comune della provincia di
Torino.
degli undici Borghi siciliani (Brolo,
Castelmola, Castiglione di Sicilia,
Cefalù, Gangi, Geraci Siculo, Montalbano Elicona, Novara di Sicilia,
San Marco d'Alunzio, Savoca e
Sperlinga) che hanno gettato le
basi di un progetto di sviluppo turistico comune attraverso la promozione congiunta del territorio e
dei prodotti tipici locali.
A curare l'azione di promozione sarà la “Borghi Travel Sicilia”
dopo una fase preparatoria e di
studio che prevede l'individuazione
dei prodotti tipici con particolare
attenzione alle produzioni di nicchia. «Una rete con il coinvolgimento di tutti i produttori locali ha detto il sindaco di Gangi Giuseppe Ferrarello - che servirà ad
intercettare il turismo enogastronomico che ricerca la qualità delle
produzioni e dei luoghi un settore,
questo, in continua crescita ed espansione in tutto il mondo».
Musei e aree archeologiche:
in Sicilia largo ai privati!
A metà gennaio il presidente del Museo del Gusto e sindaco di Frossasco, Franco Cuccolo, il
direttore del Museo, Ezio Giai, e
una delegazione di chef e gastronomi piemontesi saranno a Valderice per incontrare i loro omologhi
e per definire il percorso, i protocolli e gli indirizzi di lavoro che sarà necessario seguire perché il Molino Excelsior possa fregiarsi della
qualifica di Museo del Gusto. Del
resto il Museo del Gusto di Frossasco ha già avviato percorsi analoghi con i comuni di Zibido San Giacomo, Pescara, Acqualagna, Savona e Cosenza.
11 borghi siciliani in un
percorso enogastronomico
Un marchio unico per gli
undici comuni siciliani del Club dei
Borghi più Belli d'Italia, una rete
comune per la promozione dei territori e dei prodotti tipici con l'istituzione di un percorso enogastronomico: sono questi gli obiettivi
IL CLUB n. 116 – pag. 50
Sono stati assegnati dalla
Regione Siciliana a imprese private
le gestioni di alcuni tra i più importanti musei e siti culturali siciliani.
Ad Agrigento, per esempio, la gestione del parco della Valle dei Templi, del museo archeologico, del museo-casa natale di Pirandello e della
zona archeologica di Eraclea Minoa è
andata al consorzio "I luoghi dell'Arcadia"; che risulta assegnataria anche delle aree archeologiche di Segesta e Selinunte, del museo "Baglio
Anselmi" di Marsala, del museo del
Satiro di Mazara del Vallo e del "Pepoli" di Trapani.
A Globe Events Managment
e Civita saranno affidati i servizi della zona archeologica della Neapolis,
del museo archeologico "Paolo Orsi"
e del museo di Palazzo Bellomo di
Siracusa e quelli del teatro greco
romano di Taormina e della zona
archeologica di Giardini Naxos. Nella
provincia di Palermo sarà la società
Pierreci Codess a gestire il Chiostro
di Monreale, il Castello della Zisa e la
zona archeologica di Monte Jato; e
così via.
I contratti per la gestione dei
servizi (biglietterie, bookshop, luoghi
di ristoro e visite guidate) avranno
una durata di 4 anni più un'opzione
per altri 4: un maggiore ritorno economico per la Regione, dato che oltre
agli investimenti delle imprese per la
promozione dei siti, queste dovranno
pagare un canone e versare una percentuale sugli introiti.
PAGINA VUOTA
IL CLUB n. 116 – pag. 51