Studio e applicazione di tecniche di procreazione

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Studio e applicazione di tecniche di procreazione
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CATANIA
FACOLTA' DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE BIOLOGICHE
DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA ANIMALE "M. La Greca"
ROSA VERNUCCIO
STUDIO E APPLICAZIONE DI TECNICHE DI PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA DI I LIVELLO
Tesi di laurea in Biologia dello Sviluppo
Relatrice:
CHIAR.MA PROF.SSA RENATA VISCUSO
Correlatore:
DOTT. GIOVANNI BRACCHITTA
ANNO ACCADEMICO 2007-08
INDICE
PREMESSA................................................................................................... 1
INTRODUZIONE ......................................................................................... 3
APPARATO GENITALE FEMMINILE ......................................................... 3
APPARATO GENITALE MASCHILE ........................................................... 5
GAMETOGENESI ..................................................................................... 8
OVOGENESI.......................................................................................... 10
SPERMATOGENESI................................................................................ 13
MATURAZIONE EPIDIDIMARIA E CAPACITAZIONE ............................... 17
CONTROLLO NEUROENDOCRINO DELLA GAMETOGENESI .................... 18
CONTROLLO NEUROENDOCRINO NELLA FEMMINA .............................. 19
CONTROLLO NEUROENDOCRINO NEL MASCHIO ................................... 21
DEFINIZIONE DI INFERTILITÀ E STERILITÀ ........................................... 22
EPIDEMIOLOGIA APPLICATA ALL’INFERTILITÀ .................................... 23
INFERTILITÀ FEMMINILE ...................................................................... 28
INFERTILITÀ MASCHILE ....................................................................... 34
TECNICHE DI PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA (PMA)....... 38
SCOPO DEL LAVORO ............................................................................ 43
MATERIALI E METODI............................................................................ 44
SPERMIOCITOGRAMMA ........................................................................ 44
TECNICHE DI SELEZIONE NEMASPERMICA ........................................... 52
INSEMINAZIONE INTRAUTERINA (IUI) ................................................. 55
RISULTATI................................................................................................. 58
DISCUSSIONE ........................................................................................... 62
CONCLUSIONI .......................................................................................... 67
ALLEGATO LEGGE 19 FEBBRAIO 2004, N. 40 ........................................... 69
BIBLIOGRAFIA ......................................................................................... 79
PREMESSA
Nel XX secolo abbiamo assistito, nei paesi industrializzati, ad una
transizione demografica ed epidemiologica, che sono state favorite
dalla rivoluzione sanitaria, avvenuta nel 1940 circa, e caratterizzata
dall’esplosione dell’uso di pratiche vaccinali, di antibiotici e di un
numero crescente di presidi farmacologici. Il forte incremento demografico, che si registra nel mondo in maniera più o meno rilevante a
partire dal secolo scorso, è accompagnato dal progressivo invecchiamento della popolazione, dovuto alla riduzione dei tassi di mortalità e
fecondità. Oggi la capacità riproduttiva della coppia è compromessa
sempre più dall’influenza combinata di molti fattori endogeni ed esogeni; stiamo assistendo ad una recrudescenza di forme patologiche
dell’apparato riproduttivo femminile e maschile, a causa di numerosi
fattori ambientali e delle mutate abitudini sessuali. Inoltre, la ritardata
età in cui le coppie giungono al matrimonio, dettata da esigenze di tipo economico-professionale, amplifica le difficoltà riproduttive, che
in età più giovanile potrebbero essere facilmente superate. L’infertilità
maschile e femminile è una patologia ed, oltre a costituire un ovvio
problema di carattere medico, comporta anche aspetti altrettanto complessi di natura psicologica e sociale. La procreazione medicalmente
assistita (PMA) rappresenta un importante traguardo per la tecnologia
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e la scienza della riproduzione; essa permette di superare alcuni ostacoli e aumenta le probabilità per alcune coppie di avere dei figli.
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INTRODUZIONE
APPARATO GENITALE FEMMINILE
Nell’apparato genitale femminile distinguiamo: organi genitali interni ed organi genitali esterni.
Gli organi genitali interni comprendono: le ovaie, le tube, l’utero
e la vagina.
Figura 1: apparato genitale femminile
L’ovaio è un organo, simmetrico e pari, rappresenta la gonade
femminile ed è la sede di maturazione degli oociti. Inoltre l’ovaio secerne gli ormoni sessuali femminili (estrogeni e progesterone) e una
piccola quantità di ormoni androgeni. Nella donna adulta l’ovaio esternamente è rivestito “dall’epitelio superficiale dell’ovaio”, al di sotto del quale è presente uno strato connettivale “la tonaca falsa albuginea”, che delimita il parenchima dell’organo; quest’ultimo è formato
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da una zona midollare centrale e da una zona corticale periferica, ove
sono presenti i follicoli nei vari stadi di maturazione.
Le tube o trombe uterine (di Falloppio o di Salpingi) sono dei
dotti pari e simmetrici, indispensabili per la captazione dell’ovocita e
per il suo trasporto; inoltre consentono la migrazione e la capacitazione degli spermatozoi e rappresentano la sede dell’eventuale fecondazione. In connessione alle tube vi è l’utero, organo cavo, impari e mediano, anatomicamente diviso in istmo, fondo, corpo e collo. L’utero
da tre tonache, che dall’interno verso l’esterno sono:
1) tonaca mucosa o endometrio;
2) tonaca muscolare o miometrio;
3) tonaca sierosa o perimetrio.
L’utero rappresenta l’organo della gestazione nel quale si annida
la blastocisti e si sviluppa il feto. La vagina è un canale muscolomembranoso impari, rappresenta l’organo copulatore della femmina e
dà passaggio al flusso mestruale e, durante il parto, al feto.
Gli organi genitali esterni o vulva comprendono:
1) un rilievo cutaneo definito “monte di venere”;
2) due spesse pliche di cute dette “grandi labbra”;
3) due pieghe cutanee più sottili dette “piccole labbra”;
4) un organo erettile definito “clitoride”;
5) le “ghiandole vestibolari maggiori o del Bartolini”.
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APPARATO GENITALE MASCHILE
L’apparato genitale maschile è costituito: dai testicoli, dalle vie
spermatiche, dalle ghiandole a queste annesse e dai genitali esterni.
Figura 2: sezione longitudinale dell’apparato genitale maschile
Il testicolo o didimo rappresenta la gonade maschile, ed è la sede
della produzione degli spermatozoi e della secrezione degli ormoni
sessuali maschili. È una ghiandola tubulare composta, pari, appiattita
in senso latero-mediale, contenuta all’interno di una sacca cutanea detta “scroto”, il quale è posto all’esterno dell’organismo, consentendo di
mantenere i testicoli ad una temperatura di 2°C in meno rispetto a
quello corporea, il che favorisce la corretta spermatogenesi.
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Ciascun testicolo è suddiviso in 200-300 spazi di forma piramidale, denominati “logge o lobuli”. Ogni lobulo accoglie dei dotti convoluti, i “tubuli seminiferi contorti”, tra i quali sta un connettivo lasso
contenente le cellule interstiziali endocrine del testicolo o “cellule del
Leyding”, che secernono androgeni.
I tubuli seminiferi sono formati da un sottile tonaca connettivale e
dall’epitelio germinativo, che comprende due categorie di cellule: le
cellule germinali nei vari stadi di maturazione e le cellule del Sertoli;
quest’ultime sono cellule somatiche di forma triangolare, con la base
poggiante sulla lamina basale, l’apice rivolto verso il lume del tubulo
e provviste di prolungamenti citoplasmatici che avvolgono gli elementi germinali fino agli stadi finali di sviluppo, ai quali danno sostegno
meccanico, trofico e protezione.
I tubuli seminiferi si continuano con i “tubuli seminiferi retti”, i
quali terminano in una rete di formazioni cave denominata “rete testis”, le cui lacune sono in comunicazione con i “condotti efferenti”
che formano la testa dell’epididimo.
L’epididimo è distinto in testa, corpo e coda e presenta un lungo
dotto tortuoso “il canale dell’epididimo”; qui gli spermatozoi completano la maturazione e soggiornano, in attesa di transitare nel dotto deferente al momento della eiaculazione. Il “dotto deferente” decorre
dallo scroto, piegando verso l’alto nella cavità addominale, fino dietro
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la vescica dove dà origine al “dotto eiaculatore”, che attraversa il parenchima della prostata per sfociare poi nell’uretra.
L’uretra trasporta il liquido seminale attraverso l’asta del pene fino all’esterno.
Figura 3: didimo
Le ghiandole annesse alle vie seminali sono:
1) le vescichette seminali: rappresentate da due sacculi posti ai lati
della vescica, secernono un materiale viscoso ricco in fruttosio e
prostaglandine, che stimolano le contrazioni uterine, favorendo la
risalita degli spermatozoi nell’apparato genitale femminile.
2) la ghiandola prostatica: secerne “il liquido prostatico”, che aumenta il volume del liquido seminale ed è caratterizzato da un Ph=6.5
più alcalino delle secrezioni vaginali, il che contribuisce a preser-
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vare l’integrità e la motilità degli spermatozoi nell’ambiente vaginale acido.
3) le
ghiandole
bulbo-uretrali:
secernono
“il
liquido
pre-
eiaculatorio”, che nell’uretra si aggiunge al liquido seminale.
Infine le strutture genitali esterne sono rappresentate dallo scroto
e dal pene.
Il pene è l’organo copulatore del maschio, ed è costituito dai corpi cavernosi, che rappresentano le strutture erettili del pene. Nel pene
si possono distinguere tre settori: radice, corpo e glande, e tutta la sua
superficie è ricoperta da cute molto sensibile all’altezza del glande.
GAMETOGENESI
La caratteristica fondamentale della riproduzione sessuale consiste nella formazione di un nuovo individuo a partire dalla fusione di
cellule specializzate nella riproduzione, appartenenti alla linea germinale, definite gameti. Il gamete maschile è lo spermatozoo, il gamete
femminile è la cellula uovo. I gameti sono cellule aploidi(1N), cioè
presentano una copia per ogni tipo di cromosoma. Dalla fusione dello
spermatozoo con la cellula uovo (processo che prende il nome di fecondazione) ha origine uno zigote diploide (2N), che rappresenta la
prima cellula del nuovo organismo.
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Lo zigote va incontro a numerose mitosi dando origine a 2 linee
cellulari: cellule della linea somatica e cellule della linea germinale o
protogoni (PGC); quest’ultime rappresentano i precursori dei gameti.
Sin dai primi stadi di sviluppo embrionale, le PGC segregano dalle cellule somatiche e si distinguono da queste in quanto hanno inglobato un particolare tipo di citoplasma, di origine ovulare, detto citoplasma germinale. Le PGC si differenziano generalmente nell’endoderma, vengono individuate a livello del sacco vitellino, vicino alla
connessione tra l’intestino posteriore e l’allantoide, ed hanno un corredo cromosomico diploide.
Intorno alla IV settimana le PGC migrano verso le creste genitali;
durante questo viaggio proliferano mediante ripetute mitosi, passando
da una popolazione cellulare di 10-100 PGC alle 2500-3000 presenti
nell’abbozzo delle gonadi. Inizialmente le gonadi sono sessualmente
indifferenziate, solo verso la VII settimana evolveranno in testicoli o
in ovaie; questa differenziazione dipende rispettivamente dalla presenza o meno del fattore di determinazione testicolare, il cui gene
mappa sul cromosoma Y. Se le gonadi evolvono in ovaie, le PGC si
differenziano in ovogoni (2N); se le gonadi evolvono in testicoli, le
PGC si differenziano in spermatogoni (2N). Solo quando l’individuo
raggiunge la maturità sessuale, sia gli ovogoni sia gli spermatogoni
andranno incontro alla meiosi, formando i gameti aploidi.
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La meiosi, infatti, è un particolare processo di divisione cellulare,
che garantisce sia il dimezzamento del numero dei cromosomi sia il
rimescolamento cromosomico, apportando così variabilità genetica.
OVOGENESI
Il processo di formazione della cellula uovo, che prende il nome
di ovogenesi, si svolge lentamente e con periodi di arresto piuttosto
lunghi.
I precursori diploidi della cellula uovo, detti ovogoni, proliferano
per mitosi nella gonade femminile solo durante il periodo embriofetale, genarando approssimativamente 7 milioni di ovogoni. La maggior parte degli ovogoni degenerano, mentre quelli restanti, circa al
VII mese di sviluppo, entrano nella profase I della meiosi divenendo
oociti I.
Gli oociti I progrediscono attraverso la prima profase meiotica fino alla fase di diplotene, ed in questo stadio rimarranno bloccati fino
alla pubertà. Durante la profase I meiotica, inoltre, gli oociti I vanno
incontro ad una fase di accrescimento definita auxocitosi, durante la
quale viene sintetizzato tuorlo e citoplasma attivo. Dei 2 milioni circa
di oociti I presenti alla nascita, solo 400 mila maturano durante il ciclo
vitale di una donna (tabella 1).
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Tabella 1: numero di ovociti nel ciclo vitale di una donna
Raggiunta la maturità sessuale, gli oociti I periodicamente a
gruppi di cellule riprendono la meiosi e completano la I divisione
meiotica (divisione riduzionale), generando 2 oociti II con un corredo
cromosomico dimezzato cioè aploide. In queste divisioni Il fuso mitotico è spostato verso il polo animale, e le 2 cellule risultanti saranno
morfologicamente differenti: un oocita II eredità tutto il citoplasma e
risulta molto grande, e l’altro oocita II eredita solo il bagaglio cromosomico e risulta più piccolo e viene definito” polocita”.
L’oocita II inizia la II divisione meiotica (divisione equazionale)
ma rimane congelato in metafase II; il completamento della meiosi
avverrà solo se l’oocita II verrà fecondato.
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Al termine della meiosi si ottengono 4 cellule: 1 cellula uovo e 3
polociti, i quali degenerano.
Figura 4: ovogenesi
La maturazione dell’oocita avviene nella regione corticale di ciascun ovario. Al momento della nascita nella donna, ciascun oocita è
circondato da uno strato di cellule appiattite, dette cellule follicolari e
l’insieme prende il nome di follicolo primordiale.
I follicoli rimangono in uno stato di quiescenza funzionale fino
all’età puberale, dopo un certo numero di essi va incontro ad un processo di maturazione che giunge gradualmente fino all’ovulazione.
I follicoli primordiali evolvono in follicoli primari, all’interno
dei quali le cellule follicolari diventano cubiche e inizia la formazione
della zona pellucida adesa all’oolemma.
Dal follicolo primario si passa al follicolo secondario: qui
l’oocita è circondato da più strati di cellule follicolari, dette ora “cellule della granulosa”. Nello spessore della granulosa si formano ampi
spazi “gli antri”, pieni di “liquor fulliculi”, ricco in estrogeni.
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Le cellule follicolari che rimangono attorno all’oocita formano “il
cumulo ooforo”, e tra queste le cellule più adese all’oocita con disposizione a corona vengono definite “cellule della corona radiata”.
Nell’ultimo stadio di maturazione il follicolo, detto follicolo di
Graff, si accresce, gli antri confluiscono tra di loro per formare
un’unica grande cavità e l’oocita viene spinto alla periferia. Infine il
follicolo di Graff “scoppia” rilasciando l’oocita, avvolto dalle sue
membrane (cumulo ooforo, corona radiata, zona pellucida), il quale
viene raccolto dalle frange dell’ovidutto dove potrà essere fecondato.
Quello che rimane del follicolo scoppiato viene detto “corpo luteo”. Se avviene la fecondazione, il corpo luteo funge da ghiandola endocrina per il primo periodo di gestazione; in assenza di fecondazione
il corpo luteo degenera in corpo albicans.
SPERMATOGENESI
Il processo di maturazione degli spermatozoi prende il nome di
spermatogenesi. La spermatogenesi si svolge rapidamente e senza interruzione all’interno dei tubuli seminiferi del testicolo, dove la maturazione degli elementi germinali maschili avviene in senso centripeto:
alla periferia gli spermatogoni poggiano sulla lamina basale, procedendo verso il centro vi sono una o più generazioni di spermatociti e
spermatidi e infine gli spermatozoi maturi sono rilasciati nel lume tubulare.
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Figura 5: epitelio seminifero
La spermatogenesi può essere divisa in 3 fasi: mitotica, meiotica
e spermiogenesi.
FASE MITOTICA
Gli spermatogoni (2N) si dividono per mitosi all’interno dei tubuli seminiferi del testicolo. La proliferazione degli spermatogoni è lenta
durante la fase giovanile, si manifesta invece in maniera rapida e continua per tutto il periodo di attività sessuale.
Gli spermatogoni durante la mitosi subiscono una citodieresi incompleta e rimangono uniti da ponti citoplasmatici; questo assicura,
ad ogni ondata proliferativa, la sincronia della maturazione di tutte le
cellule della popolazione destinata all’eiaculazione.
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Si possono distinguere vari tipi di spermatogoni, che rappresentano stadi successivi di maturazione:
1) spermatogoni di tipo A1 (elementi indifferenziati capaci di dividersi indefinitivamente);
2) spermatogoni di tipo intermedio A2;
3) spermatogoni di tipo B.
Continuamente pool di spermatogoni, dopo un periodo di accrescimento limitato, si trasformano in spermatociti I, a livello dei quali
inizia la meiosi.
FASE MEIOTICA
Nella linea germinale maschile la meiosi ha inizio nel periodo
puberale e procede rapidamente senza interruzioni. Ciascun spermatocita I (2N) alla prima divisione meiotica da origine a 2 spermatociti II
aploidi(1N), i quali vanno incontro alla seconda divisione meiotica,
generando 4 spermatidi.
SPERMIOGENESI
Gli spermatidi sono cellule ancora molto diverse dagli spermatozoi sia morfologicamente che funzionalmente, infatti vanno incontro
ad un processo di citodifferenziazione, mediante il quale si trasformeranno in spermatozoi maturi.
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La spermiogenesi è suddivisa in 3 fasi, durante le quali si realizzano processi a carico del citoplasma e del nucleo:
a) fase del golgi: in un primo momento i sacculi del golgi sono distribuiti attorno al nucleo, e assieme ai 2 centrioli formano una tipica
struttura detta IDIOSOMA. Poi i sacculi golgiani si organizzano
distalmente al nucleo e in essi vengono sintetizzati enzimi idrolitici, che si accumulano sottoforma di GRANULI PREACROSOMIALI. Infine i sacculi si fondono in un’unica VESCICOLA ACROSOMIALE, che aderisce al nucleo rivestendone la porzione
apicale e che contiene enzimi litici in grado di perforare gli involucri ovulari.
b) fase acrosomiale: il nucleo in questa fase assume un aspetto fortemente eterocromatico, infatti la cromatina si compatta ulteriormente per la sostituzione degli istoni con proteine più basiche, le protamine. Il centriolo prossimale si addossa alla parete nucleare e
mantiene la sua tipica morfologia; sembra che questo centriolo al
momento della fecondazione venga utilizzato dalla cellula uovo per
organizzare il fuso mitotico. Invece il centriolo distale assume il
ruolo di blefaroblasto, e organizza i microtubuli dell’assonema (9
coppie periferiche e 1 coppia centrale), evolvendo in flagello.
c) fase iniziale e intermedia di maturazione: in queste fasi i mitocondri si spostano e si dispongono a spirale attorno al pezzo intermedio della coda. I residui dell’idiosoma e tutto il citoplasma, che non
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serve più allo spermatozoo, si raccolgono verso il polo apicale in
una sacca, che si stacca dallo spermatozoo e viene fagocitata dalle
cellule del Sertoli. Infine vengono meno i ponti citoplasmatici tra
gli spermatozoi, che verranno liberati nel lume del tubulo seminifero. Alla fine lo spermio è una cellula “nuda”, sprovvista di involucri e rivestita solamente della membrana citoplasmatica; in esso si
distingue una testa molto slargata, un collo e un flagello.
Figura 6: spermatogenesi
MATURAZIONE EPIDIDIMARIA E CAPACITAZIONE
Gli spermatozoi che lasciano il testicolo sono immaturi, non sono
dotati di motilità propria e sono incapaci di fecondare.
Acquistano queste capacità solo dopo aver attraversato l’epididimo, che secerne un liquido in cui sono contenuti enzimi, sostanze
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nutritive e ormoni, che contribuiscono alla maturazione delle cellule
seminali. Durante questo passaggio si modifica la membrana citoplasmatica dello spermatozoo mediante: l’adsorbimento di nuove glicoproteine di superficie, la modificazione della carica di membrana, la
glicosilazione e la modificazione dei lipidi di membrana.
Gli spermatozoi, non appena eiaculati, sono incapaci di dare la
reazione acrosomiale e di penetrare la cellula uovo.
Affinché avvenga la fecondazione è necessario che gli spermi subiscano la capacitazione.
La capacitazione si realizza nel momento in cui gli spermatozoi
percorrono le vie genitali femminili. Sebbene sia un processo non ancora conosciuto in tutti i dettagli, tuttavia molto verosimilmente la capacitazione avviene grazie alla rimozione dalla membrana plasmatica
degli spermatozoi di sostanze adsorbite o integrate durante il passaggio attraverso l’epididimo, così il bilayer si destabilizza, per la variazione del rapporto colesterolo/fosfolipidi e lo spermatozoo aquisisce
capacità fusogenetiche.
CONTROLLO NEUROENDOCRINO DELLA GAMETOGENESI
Sia la spermatogenesi che l’ovogenesi sono regolate e controllate
da fattori endocrini attraverso l’interazione continua tra l’asse ipotalamo- ipofisi- gonadi.
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CONTROLLO NEUROENDOCRINO NELLA FEMMINA
Nella donna la maturazione degli ovociti avviene secondo un ciclo, detto ciclo mestruale, regolato da un pool di ormoni.
Il ciclo mestruale ha una durata media di 28 giorni e può essere
suddiviso nelle seguenti fasi:
a) fase proliferativa: l’ipotalamo elabora l’ormone di rilascio delle
gonadotropine (GnRH), che stimola l’ipofisi ad elaborare e rilasciare l’ormone follicolo stimolante (FSH) e l’ormone luteinizzante
(LH). L’FSH promuove la maturazione del follicolo e dell’oocita
in esso contenuti; in risposta all’FSH le cellule della granulosa sintetizzano estrogeni. L’aumento dei livelli ematici di estrogeni stimola la proliferazione dell’endometrio e l’ulteriore rilascio di FSH
ed LH ipofisarie, mediante un meccanismo a feedback positivo.
b) fase ovulatoria: intorno al XIV giorno del ciclo, il picco di LH induce lo scoppio del follicolo e il rilascio dell’ovocita nelle tube; in
questo momento la produzione di estrogeni è interrotta.
c) fase secretoria o luteinica: sotto l’influenza dell’LH il follicolo si
trasforma in un tessuto endocrino temporaneo, il corpo luteo, che
secerne progesterone e in parte estrogeni. Il progesterone mantiene
alto l’endometrio, preparandolo ad un’eventuale gravidanza. Gli
estrogeni, secreti durante la fase luteinica, inibiscono il rilascio di
GnRH ipotalamico e di FSH ed LH ipofisarie, mediante un meccanismo a feedback negativo. Il corpo luteo aumenta di dimensioni
per 7-8 giorni, dopo se avviene la fecondazione, la secrezione di
gonadotropina corionica (GC) salva il corpo luteo, che continua a
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secernere progesterone ed estrogeni per i primi 2-3 mesi di gestazione, mantenendo spessa la parete uterina. Se la fecondazione non
avviene, il corpo luteo degenera in corpo albicans, in risposta alla
caduta dei livelli ematici di LH.
d) fase mestruale: in seguito alla degenerazione del corpo luteo, la riduzione dei livelli ematici di estrogeni e progesterone induce sia la
necrosi e lo sfaldamento dell’endometrio (mestruazione), sia il rilascio nuovamente di GnRH ipotalamico e di LH ed FSH ipofisari,
rinnovando il ciclo.
Figura 7: ciclo mestruale
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CONTROLLO NEUROENDOCRINO NEL MASCHIO
La produzione degli spermatozoi è continua e non ciclica, ed avviene sotto il controllo di un pool di ormoni lungo l’asse ipotalamoipofisi-gonadi. Il GnRH, elaborato dall’ipotalamo, stimola la secrezione delle gonadotropine ipofisarie, LH ed FSH.
L’FSH attraverso il circolo ematico raggiunge i testicoli dove si
lega ai recettori specifici presenti sulla superficie della membrana delle cellule del Sertoli, stimolando la conversione degli spermatogoni in
spermatociti.
L’LH stimola le cellule del Leyding ad elaborare e secernere il testosterone, che diffonde nei tubuli seminiferi.
Infatti la spermatogenesi, perché possa avvenire, necessita di alti
livelli di testosterone all’interno dei tubuli seminiferi; proprio per questo le cellule del Sertoli rilasciano la proteina legante gli androgeni
(ABP), che lega il testosterone e mantiene alta la sua concentrazione
nei tubuli seminiferi.
Il testosterone stimola sia la proliferazione degli spermotogoni,
sia l’inizio della meiosi, ed è responsabile della comparsa dei caratteri
sessuali secondari nel maschio.
La secrezione di GnRH, FSH ed LH non è ciclica ma rimane piuttosto costante nel maschio, mediante un meccanismo a feedback operante lungo l’asse ipotalamo-ipofisi-testicoli.
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Le alte concentrazioni ematiche di testosterone agiscono sull’ipotalamo e sull’ipofisi, inibendo la secrezione di LH e riducendo la sua
stessa sintesi; invece se la concentrazione ematica di testosterone è
bassa, esso stimola un maggiore rilascio di LH, aumentando la sua
sintesi.
Infine, il controllo a retroazione del rilascio di FSH avviene mediante un ormone secreto dalle cellule del Sertoli, detto inibina.
DEFINIZIONE DI INFERTILITÀ E STERILITÀ
Nell’affrontare il tema della PMA, è necessario definire cosa si
intende per infertilità e per sterilità.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) e
l’American Fertility Society (A.F.S.), per “infertilità primaria” si intende l’incapacità di una coppia di concepire dopo 12/24 mesi di rapporti regolari non protetti (questo intervallo di tempo deve essere ridotto a 6 mesi nelle coppie più anziane, in quanto sia nella donna che
nell’uomo la fecondità raggiunge l’apice intorno ai 24 anni e declina
gradualmente dopo i 32 anni di età).
Viene definita “sterile” una coppia nella quale uno o entrambi i
coniugi sono affetti da una condizione fisica permanente che non rende possibile l’evento riproduttivo. Infine viene definita affetta da “infertilità secondaria” una coppia, che è stata in grado precedentemente
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di procreare un bambino e, pur essendo in età riproduttiva ed avendo
rapporti sessuali non protetti da più di 12 mesi dal termine dell’amenorrea puerperale, non ha avuto un ulteriore successo riproduttivo. La
definizione di infertilità, proposta dall’O.M.S. e dall’A.F.S., trae origine da un lavoro di M.J. Whitelaw pubblicato nel 1960 che dimostrava, sulla base di uno studio condotto in una popolazione omogenea
degli Stati Uniti, come circa il 56% delle coppie sane concepiva entro
il 1° mese di rapporti sessuali, il 78% entro il 6° mese e ben l’86%
delle coppie concepiva entro il 12° mese. Secondo le linee guida attuali, per “sterilità” si intende: ostacolo alla fecondazione, con assoluta
mancanza della capacità riproduttiva femminile e/o maschile; e per
“infertilità” si intende: incapacità di proseguire e portare a termine la
gravidanza.
Noi, come molti autori, utilizzeremo indifferentemente i termini
d’infertilità e sterilità come sinonimi.
EPIDEMIOLOGIA APPLICATA ALL’INFERTILITÀ
Le stime del tasso di infertilità di una popolazione possono essere
di tipo diretto o indiretto. Una stima indiretta prende in considerazione
il numero complessivo di coppie in età feconda che non hanno avuto
figli; tale tipo di indagine può avere il rischio di una sovrastima dei
dati, in quanto l’assenza di figli, in una certa percentuale di casi, è una
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scelta e non un effetto dell’infertilità. Il rischio di sovrastima dei dati è
reale nei paesi industrializzati dove la scelta dell’uso di mezzi contraccettivi è più diffusa, viceversa nei paesi in via di sviluppo questo
rischio è irrilevante a causa delle differenti condizioni socio-culturali
che non hanno portato ancora ad una completa separazione della sessualità dalla procreazione.
Le stime dirette dell’infertilità sono certamente più affidabili, in
quanto si basano su indagini demografiche specifiche condotte
sull’intera popolazione o su “gruppi campione”. Queste indagini permettono di determinare quante coppie al momento dell’inchiesta sono:
1) volontariamente o involontariamente non procreanti;
2) affette da sterilità/ infertilità primaria;
3) affette da sterilità/ infertilità secondaria.
Negli ultimi decenni il progressivo calo della crescita demografica nei paesi industrializzati è dovuto, non solo a scelte socio culturali,
ma anche ad un reale incremento dei casi di sterilità e infertilità. Purtroppo in Italia abbiamo esclusivamente come parametri di riferimento
i dati ISTAT, che considerano gli indici di natalità e fecondità senza
un’analisi dell’incidenza dell’infertilità e della sterilità. Un’inchiesta
di tipo diretto condotta negli USA ha dimostrato che, nella classe d’età
20-24 anni, la percentuale dei pazienti infertili è passata dal 3,5% nel
1968 al 9,7% del 1982 con un incremento del 50% (tabella 2).
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Tabella 2: valutazione longitudinale dell’incidenza
dei pazienti infertili nella classe di età 20-24 anni negli USA
L’incremento dei casi di infertilità e sterilità nei paesi occidentali
è attribuito a numerosi fattori:
a) età media dei coniugi al momento del matrimonio medialmente più
elevata rispetto al passato;
b) difficoltà ed esigenze sociali che inducono la coppia a programmare il concepimento in età più tardiva;
c) incremento delle malattie sessualmente trasmesse;
d) stress;
e) abitudini voluttuarie (tabagismo, uso di droghe, abuso di alcol, ed
altro);
f) inquinamento.
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La World Health Organization (W.H.O.) ha stimato che, oggi nei
paesi occidentali, circa l’11% delle coppie in età fertile presenta problemi di fertilità e che il problema riproduttivo riguarda maggiormente
le classi d’età superiori ai 30 anni, come dimostra uno studio epidemiologico di tipo diretto condotto sulla popolazione degli USA (tabella 3).
Tabella 3: incidenza complessiva dei pazienti infertili e sterili
per gruppi di età nella popolazione degli USA oggi
Un tasso di infertilità dell’11% assume particolare rilievo se si
considera che tale valore non supera il 3% nei paesi in via di sviluppo,
valore pressoché sovrapponibile a quello calcolato di circa il 4%, con
stime retrospettive, per l’Europa del 1600.
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L’incidenza dell’infertilità è molto simile in entrambe i sessi:
- il fattore femminile è responsabile del 40% circa dei casi
d’infertilità;
- il fattore maschile è responsabile del 30% circa dei casi d’infertilità;
- il 25% dei casi d’infertilità è legato a problemi riguardanti entrambe
i coniugi;
- nel 5% dei casi l’infertilità è idiopatica.
Non va dimenticato che l’infertilità maschile risulta in forte ascesa (tabella 4).
Tabella 4: incidenza dell’infertilità nei due sessi
Se consideriamo territori diversi, i valori relativi all’incidenza
dell’infertilità nei due sessi possono variare, in quanto sono influenzati
da fattori ambientali locali. Ad esempio, nella provincia di Ragusa,
27
che rappresenta l’area territoriale d’Italia con la più alta concentrazione di serre, l’incidenza dell’infertilità maschile è molto elevata, a causa del largo consumo di fitosanitari di uso agricolo, che inquinano
l’ambiente. Infatti, al centro di diagnosi e cura della sterilità di Ragusa
si rivolgono numerosi lavoratori serricoli, di sesso maschile, e nella
maggior parte di essi si hanno gravi alterazioni dei parametri standard
del liquido seminale.
INFERTILITÀ FEMMINILE
L’infertilità femminile può essere dovuta a diversi fattori: fattore
neuro-endocrino, ovulatorio, tubarico, uterino-endometriosico ed immologico.
FATTORE NEUROENDOCRINO
Si calcola che il 40-50% dell’infertilità femminile abbia origine
da disfunzioni endocrine. Qualunque anomalia lungo l’asse ipotalamoipofisi-gonadi può portare o ad una mancanza di ovulazione o ad un
alterato ciclo ovulatorio oppure ad una secrezione ormonale disregolata. I principali problemi ormonali che causano infertilità femminile
sono:
A) “l’ipogonadismo o ipogonadismo ipogonadotropo”: consiste
nello scarso funzionamento delle gonadi e nella ridotta produzione
di gonadotropine. L’ipogonadismo può essere centrale se l’origine
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del problema ormonale è un malfunzionamento dell’ipotalamo o
dell’ipofisi, per esempio scarsa produzione di GnRH o dell’FSH e
dell’LH. Si parla invece di ipogonadismo primario se l’origine del
problema ormonale è un mal funzionamento delle gonadi. Un particolare tipo di ipogonadismo, frequente nelle giovani donne, è
quello legato alla cosiddetta “amenorrea ipotalamica”, che compare frequentemente in seguito a problemi psicologici (ansia, stress
psichico), problemi nutrizionali e ad un eccesso di attività fisica.
B) “FSH elevato o ipogonadismo ipergonadotropo”: consiste in
una insufficienza ovarica accompagnata da un elevato rilascio di
gonadotropine. Le ovaie non sono in grado di rispondere agli stimoli ormonali provenienti dall’ipofisi, a causa di fattori congeniti
o ambientali; di conseguenza l’ipofisi mette in circolo una maggiore quantità di ormone follicolo stimolante (FSH) per sollecitare ulteriormente le ovaie.
C) “l’iperprolattinemia”: consiste nell’eccessivo rilascio di prolattina ipofisaria dovuta a stress, all’uso di particolari farmaci, o alla
presenza di un adenoma ipofisario. Elevati livelli di prolattina interferiscono con la produzione di GnRH ipotalamico e con il funzionamento delle ovaie, causando anovulazione e irregolarità mestruali.
D) “l’ipotiroidismo”: il ridotto rilascio di ormoni tiroidei provoca un
rallentamento generale del metabolismo, con conseguente riduzione del metabolismo degli ormoni sessuali, in particolare dell’FSH.
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FATTORE TUBARICO
Le tube di Falloppio possono presentarsi totalmente o parzialmente occluse, interferendo con la captazione dell’oocita e la sua migrazione nelle tube e impedendo la capacitazione degli spermatozoi e
il processo di fecondazione.
FATTORE ENDOMETRIOSICO
L’endometriosi è una patologia caratterizzata dalla diffusione e
dalla crescita dell’endometrio al di fuori dell’utero. Le “isole endometriosiche” possono bloccare le tube di Falloppio o alterare i processi
ovulatori.
FATTORE CERVICALE
La mucosa della cervice uterina gioca un ruolo importante nel facilitare il cammino degli spermatozoi. Qualsiasi anomalia della cervice, ad esempio malformazioni anatomiche, infezioni cervicali e qualità
della mucosa, può impedire il processo di fecondazione.
FATTORE OVULATORIO
L’infertilità femminile può essere causata anche da particolari disfunzioni ovulatorie, ad esempio:
a) “la sindrome dell’ovario policistico” (PCOS): è una disfunzione
ovulatoria associata ad iperandroginismo, caratterizzata dalla pre-
30
senza di ovaie più grandi della norma, che presentano al loro interno un accumulo di piccoli follicoli, che non nella maggior parte dei
casi non riescono a maturare. In assenza di un normale sviluppo
follicolare si hanno cicli anovulatori e le mestruazioni sono irregolari o assenti.
b) “La sindrome del follicolo luteinizzato” (LUF): è una rara disfunzione ovulatoria, caratterizzata dalla presenza nelle ovaie di
follicoli che si trasformano direttamente in corpo luteo senza rilasciare l’oocita; di conseguenza i cicli sono anovulatori.
c) Si parla di “insufficienza della fase luteale” quando la fase luteale
del ciclo (durante la quale il corpo luteo rilascia progesterone per
mantenere alto l’endometrio), dura meno di 10-11 giorni. Così
l’endometrio non si sviluppa abbastanza da consentire l’impianto
dell’embrione.
FATTORE IMMUNOLOGICO
Le cause immunologiche d’infertilità sono correlate a reazioni
che coinvolgono antigeni spermatici. Nella donna vengono rilevati anticorpi anti-spermatozoo, appartenenti alle classi delle IgA, IgG e
IgM, nel tratto cervicale (5-30% dei casi) e nel siero (tabella 5).
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Tabella 5: incidenza delle principali cause di infertilità femminile
Inoltre la letteratura medica sottolinea sempre più il ruolo di numerosi fattori psico-sociali, anche transitori, nell’influenzare negativamente la fertilità femminile, tra i quali ricordiamo: lo stress fisico e
psichico, l’aumento delle malattie sessualmente trasmesse, l’esposizione a radiazioni, l’uso di droghe, l’abuso di alcol, il tabagismo,
l’obesità e l’eccessiva magrezza.
Infine va ricordato che l’età della donna si correla negativamente
con la sua capacità riproduttiva. Il declino della fertilità femminile
correlato all’età, dipende dalla riduzione irreversibile della quantità e
qualità degli oociti presenti nelle ovaie: quanto più un oocita invec-
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chia, tanto più è probabile che sviluppi anomalie cromosomiche che lo
rendono inadatto ad essere fecondato. Infatti nella donna la fertilità
raggiunge l’apice tra i 20-24 anni d’età, resta stabile fino ai 30 anni,
poi diminuisce gradatamente; dopo i 45 anni le probabilità di avere un
figlio sono quasi nulle (tabella 6). Anche le probabilità di successo
delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) sono correlati all’età della donna.
Tabella 6: fertilità femminile nelle diverse classi di età
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INFERTILITÀ MASCHILE
I principali fattori che causano infertilità maschile sono: il fattore
neuroendocrino, il fattore vascolare, il fattore testicolare, il fattore flogistico-infettivo, il fattore genetico e immunologico.
FATTORE NEUROENDOCRINO
Le disfunzioni ormonali rappresentano solo il 2-5% delle cause
d’infertilità maschile e determinano anomalie nella produzione e nella
maturazione degli spermatozoi. Il problema ormonale più comune è
rappresentato dall’ipogonadismo o ipogonadismo ipogonadodropo
che consiste in una diminuzione del rilascio di gonadotropine ipofisarie (FSH e LH), responsabili della produzione di testosterone e del liquido seminale. Un problema ormonale riscontrabile negli uomini è
l’iperprolattinemia; raramente anche l’ipertiroidismo e l’ipotiroidismo possono determinare infertilità maschile in quanto esercitano
effetti negativi sul funzionamento sia dell’ipofisi che dei testicoli.
FATTORE VASCOLARE
Tra le cause vascolari il varicocele è la patologia che ha maggiore associazione con l’infertilità maschile (circa il 30-40%).
Il varicocele consiste in una dilatazione delle vene della sacca
scrotale, con conseguente reflusso e stasi del sangue nel testicolo.
Proprio la stasi ematica è il motivo per cui il varicocele può diminuire
la qualità del liquido seminale, determinando ipossia nel tessuto inter-
34
stiziale del testicolo, che ha un ruolo essenziale nella spermatogenesi,
e un leggero aumento della temperatura testicolare, che può di per se
danneggiare gli spermatozoi.
FATTORE TESTICOLARE
L’infertilità maschile può essere una diretta conseguenza di anomalie genitali, quali ad esempio: la torsione del funicolo testicolare,
l’anorchia congenita e il criptorchidismo unilaterale o bilaterale;
quest’ultimo è caratterizzato dalla mancata discesa di uno o di entrambi i testicoli nella sacca scrotale ed ha un incidenza dell’1% tra le
cause d’infertilità maschile.
FATTORE FLOGISTICO-INFETTIVO
Le infezioni del tratto genitale possono compromettere la fertilità
maschile, in quanto: causano reazioni infiammatorie, stimolano la
produzione di anticorpi antispermatozoo, aumentano la produzione di
radicali liberi dell’ossigeno da parte dei leucociti del liquido seminale
e ostruiscono i vasi deferenti e l’epididimo.
Le infezioni di origine batterica, come le epididimiti e le prostatiti, rappresentano la conseguenza di infezioni provenienti dalle vie urinarie e spesso sono la manifestazione di malattie a trasmissione sessuale; gli agenti patogeni maggiormente coinvolti sono i gonococchi,
le chlamydie e i mycoplasmi.
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Sono importanti anche le infezioni virali come l’orchite postparotitica che compare in caso di infezioni da paramyxovirus o da coxsackie o da herpes virus.
FATTORE GENETICO
Sono stati condotti diversi studi in passato, dai quali risulta che
l’incidenza delle anomalie genetiche nei soggetti infertili è compresa
tra il 2 -8% con un valore medio di circa il 5%. Nei soggetti infertili si
possono riscontrare sia anomalie numeriche dei cromosomi sessuali,
come l’aneuploidia 47xxy o sindrome di klinefelter, sia anomalie
strutturali degli autosomi, che includono le traslocazioni robertsoniane, le inversioni, le duplicazioni e le delezioni. Nel braccio lungo del
cromosoma Y (Yq) sono stati isolati 3 diversi loci, definiti “azoospermia factors” (AZFa, b, c). Si ipotizza che la presenza di microdelezioni in questi loci del Yq possa determinare azoospermia e grave
oligozoospermia; queste microdelezioni nel Yq interessano più frequentemente il locus AZFa rispetto ai loci AZFb e AZFc.
FATTORE IMMUNOLOGICO
Il 6% dei casi di infertilità maschile è dovuta a fattori autoimmuni. La presenza di anticorpi antispermatozoo si associa ad una ridotta
capacità fecondante, in quanto determinano processi di agglutinazione
e riduzione della motilità spermatica.
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Gli autoanticorpi possono trovarsi in forma solubile nel liquido
seminale o nel siero oppure adesi alla superficie dello spermatozoo, e
sono diretti contro antigeni presenti sulla intera superficie dello spermatozoo o solo sulla testa o solo sulla coda.
In alcuni casi d’infertilità maschile può non essere identificabile
alcun fattore causale, si parla dunque di infertilità idiopatica (tabella
7).
Tabella 7: incidenza delle principali cause di infertilità maschile
Per tutto l’arco della vita di un uomo, numerosi fattori non fisiologici possono influenzare negativamente la sua capacità riproduttiva,
determinando condizioni di infertilità più o meno transitorie.
Tali fattori possono essere: lo stress, l’uso di droghe, l’abuso
d’alcol, il fumo, l’inquinamento ambientale e alimentare, le sostanze
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tossiche, l’uso di farmaci ad attività ormonale e chemioterapica,
l’aumento della temperatura scrotale dovuta a febbre o a posizione seduta prolungata, e altro.
Alcuni di questi fattori agiscono più frequentemente in età specifiche:
-
PRIMA DEL CONCEPIMENTO E NEL PERIODO EMBRIO-FETALE:
esposi-
zione a farmaci assunti dalla madre.
-
FINO AI 10 ANNI:
chirurgia erniaria.
-
FINO AI 20 ANNI:
traumi, steroidi anabolizzanti.
-
FINO AI 30 ANNI:
infezioni genitali, orchiepididimiti.
-
FINO AI
50
ANNI:
uso di farmaci, patologie professionali, abuso di
alcol e fumo.
-
DOPO I 50 ANNI:
patologie prostatiche, infezioni urinarie.
TECNICHE DI PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA (PMA)
La ricerca di terapie per l’infertilità è passata dai primi tentativi
d’inseminazione artificiale, realizzati alla fine del XVIII secolo, alla
nascita di Louise Brown, la prima bimba concepita mediante fecondazione in vitro, il 25 luglio del 1978 in Gran Bretagna grazie agli studi
e alle ricerche condotte dall’embriologo Robert Edwards e dal ginecologo Patrik Steptoe. Parallelamente alla diffusione delle tecniche di
procreazione assistita iniziarono le critiche, i processi e le proposte di
legge per porre un freno e regolamentare tali pratiche.
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In Italia, secondo l’art. 1 comma 2 della legge 19 febbraio 2004
n.40, “il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito
qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le
cause di sterilità o infertilità. […] le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono applicate in base ai seguenti principi:
- gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado
di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della minore invasività;
- consenso informato.”
Infine “è vietato il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo” (art. 4, commi 2 e 3, legge 40/2004).
Per PMA si intende: “assistenza medica finalizzata alla realizzazione di avere un figlio mediante opportune tecniche e strumentazioni
mediche, prestata a coppie che non sono in grado di realizzare tale desiderio con metodi naturali”.
Le tecniche di PMA consentono di:
1) ottimizzare la produzione di ovociti, mediante stimolazione ovarica;
2) ottimizzare la qualità degli spermatozoi, mediante promozione della capacitazione del liquido seminale e selezione nemaspermica;
3) creare le condizioni migliori per la fecondazione all’interno del
corpo femminile, cioè in vivo, o all’esterno del corpo femminile,
cioè in vitro.
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Si parla di fecondazione omologa (AIH) quando il seme appartiene al partner della donna, e di fecondazione eterologa (AID) quando il
seme proviene da un donatore esterno alla coppia.
Le tecniche di PMA sono attualmente rappresentate da una vasta
gamma di opzioni terapeutiche a diverso grado di invasività, sia tecnica che psicologica sulla coppia. Tali tecniche vengono classificate in I,
II, e III livello sulla base della loro complessità e del grado di invasività tecnica.
TECNICHE DI I LIVELLO
- Induzione dell’ovulazione: stimolazione delle ovaie a produrre uno
o più oociti associata alla fecondazione, mediante rapporti naturali
programmati.
- Inseminazione intrauterina (iui): immissione del liquido seminale
nella cavità uterina.
INDICAZIONI CLINICHE
- Sterilità idiopatica;
- oligoastenozoospermia;
- endometriosi di I-II stadio e casi selezionati di III stadio della classificazione American Fertility Society (AFS) in particolare dopo intervento chirurgico;
- ripetuti insuccessi di induzione della gravidanza con stimolazione
dell’ovulazione e rapporti mirati;
40
- fattore cervicale;
- fattore immunologico;
- patologie sessuali e coitali che non hanno trovato giovamento
dall’inseminazione intracervicale semplice.
TECNICHE DI II LIVELLO
Procedure progressivamente più impegnative eseguibili in anestesia locale e/o sedazione profonda.
- Fecondazione in vitro e traferimento dell’embrione (FIVET);
- iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI);
- prelievo testicolare degli spermatozoi (TESA): per aspirazione percutanea o tramite biopsia testicolare;
- trasferimento intratubarico di gameti maschili e femminili (GIFT),
zigoti (ZIFT), o embrioni (TET): per via transvaginale ecoguidata o
isteroscopia.
INDICAZIONI CLINICHE PER L’ESECUZIONE DELLA FIVET
- Fattore tubarico peritoneale;
- infertilità maschile di grado moderato;
- endometriosi di III e IV grado;
- infertilità idiopatica;
- fattore immunologico;
- fallimento dell’iter terapeutico a bassa tecnologia.
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INDICAZIONI CLINICHE PER L’ESECUZIONE DELL’ICS
Sperma eiaculato:
1) infertilità maschile di grado severo;
2) disordini eiaculatori (eiaculazione retrograda);
3) ripetuti fallimenti della fertilizzazione dopo IVF-ET.
Sperma epididimario:
1) assenza congenita bilaterale dei deferenti;
2) vasoepididimostomia fallita;
3) vasotomia fallita;
4) ostruzione di entrambi i dotti eiaculatori.
TECNICHE DI III LIVELLO
Procedure di elevata complessità e invasività, che necessitano di
anestesia generale con intubazione (poco usate).
- Estrazione microchirurgica di spermatozoi dal testicolo (TESE);
- prelievo degli ovociti per via laparoscopica;
- trasferimento intratubarico dei gameti maschili e femminili (GIFT),
zigoti (ZIFT), o embrioni (TET).
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SCOPO DEL LAVORO
Lo studio condotto nella presente tesi si basa sull’analisi dell’efficienza delle diverse procedure di preparazione del liquido seminale,
ovvero dei principali metodi di separazione degli spermatozoi dal plasma seminale, al fine di ottenere un campione contenente un alta percentuale di spermatozoi normali e mobili, privo di detriti e spermatozoi morti o anomali.
I principali metodi di separazione utilizzati sono: swim-up da
strato, swim-up da pellet e gradiente di densità. L’efficienza di ciascuna tecnica viene generalmente espressa come il numero assoluto o relativo degli spermatozoi recuperati, morfologicamente normali e mobili. Lo scopo del nostro lavoro è rappresentato dalla necessità di scegliere la metodica di preparazione del liquido seminale più adatta, in
funzione dello specifico campione e delle anomalie che esso presenta
al fine di ottimizzare la qualità e la quantità degli spermatozoi iniettabili. L’applicazione di un’adeguata procedura di selezione nemaspermica, che porta al recupero di un’elevata percentuale di spermatozoi
capacitati e potenzialmente fecondanti, è fondamentale per consentire
ad una coppia, candidata ad un’opzione terapeutica ad elevato grado
di invasività tecnico-psicologica e di elevato costo, di essere sottoposta ad una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) di
I livello, meno complessa ed invasiva.
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MATERIALI E METODI
SPERMIOCITOGRAMMA
L’esame del liquido seminale, o spermiocitogramma, rappresenta
il punto di partenza dello studio della capacità fecondante di un uomo.
Sebbene la valutazione dell’intera popolazione degli spermatozoi emessi nell’eiaculato non può definire la capacità fecondante di quei
pochi che hanno raggiunto il sito di fecondazione, tuttavia l’esame
seminale fornisce essenzialmente informazioni relative alle condizioni
cliniche del soggetto.
RACCOLTA E CONSEGNA DEL CAMPIONE
Il campione deve essere raccolto dopo un periodo di astinenza
sessuale di non meno di 48 ore e non più di 7 giorni. Sul modulo di
accompagnamento di ogni analisi dovranno essere registrati il nome
del paziente, il periodo di astinenza, il giorno e l’ora della raccolta e
l’intervallo intercorso tra la raccolta e l’analisi. Preferibilmente, il
campione andrà raccolto in un’apposita stanza nei pressi del laboratorio. Altrimenti dovrà essere consegnato al laboratorio entro 1 ora dalla
raccolta. Il campione dovrà essere ottenuto per masturbazione e raccolto in un contenitore pulito di vetro o di plastica. Il contenitore dovrà essere caldo (20-40°C) per evitare una diminuzione della motilità.
Il campione seminale deve essere completo.
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ESAME MACROSCOPICO INIZIALE
Liquefazione
Un campione seminale si liquefa entro 60 minuti a temperatura
ambiente, sebbene generalmente questo avvenga entro 15 minuti. La
presenza di strie di muco, segno di incompleta liquefazione, può interferire con l’esecuzione dell’esame seminale.
Aspetto
Il liquido seminale normale ha un aspetto grigio opalescente. Può
apparire meno opaco se la concentrazione di spermatozoi è molto bassa, di colore rosso brunastro se ci sono emazie o giallognolo in pazienti con ittero o che assumono vitamine.
Volume
Il volume dell’eiaculato dovrebbe essere misurato usando un cilindro graduato a base conica. Il volume normale dell’eiaculato oscilla
tra 2 ml e 5 ml.
Viscosità
La viscosità del campione liquefatto, spesso definita “consistenza”, viene valutata aspirando il liquido seminale in una pipetta da 5 ml
dall’imboccatura ampia, e lasciandolo gocciolare per gravità, osservando la lunghezza del filamento ottenuto: un campione normale lascia la pipetta come piccole gocce distinte. In caso di anormale viscosità la goccia formerà un filamento superiore ai 2 cm.
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pH
Una goccia di liquido seminale deve essere uniformemente stesa
su un’apposita cartina indicatrice. Dopo 30 secondi il colore della zona bagnata diventa uniforme e deve essere confrontato con la scala
delle colorazioni per leggere il valore di pH. Il pH del liquido seminale varia tra 7.2 e 8.2 ed entro questi limiti si ha una vitalità ottimale
degli spermatozoi.
ESAME MICROSCOPICO INIZIALE
Determinazione della concentrazione degli spermatozoi
Per la conta degli spermatozoi viene utilizzata “la camera di Makler”, che ha profondità di 10 µm ed un area righettata di 1 mm² divisa
in 100 quadratini. Vengono posti 10 µl di campione sul portaoggetti
della camera di Makler preriscaldata, e coperti con il vetrino copri oggetti. Il numero di spermatozoi contati in 10 quadrati (ovvero una fila)
corrisponde ad una concentrazione in milioni/ml.
Si può ottenere una stima approssimativa della concentrazione
degli spermatozoi in milioni/ml contando il numero di spermatozoi
per campo microscopico. Se il numero degli spermatozoi è basso, si
centrifuga il campione seminale per concentrarlo, e determinare successivamente la concentrazione di spermatozoi.
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Valutazione della motilità
La motilità di ogni spermatozoo è definita “a” “b” “c” “d”, se esso mostra:
- “a” motilità progressiva rapida;
- “b” motilità progressiva lenta o irregolare;
- “c” motilità non progressiva;
- “d” immobilità.
Elementi germinali diversi dagli spermatozoi
L’eiaculato contiene normalmente altre cellule oltre gli spermatozoi, definite “cellule rotonde” (round cells). Queste comprendono: le
cellule epiteliali del tratto uro-genitale, le cellule dell’epitelio prostatico, le cellule germinali immature ed i leucociti. Generalmente un eiaculato non deve contenere più di 5 × 106 cellule rotonde/ml.
Agglutinazione
Per agglutinazione si intende l’aderenza degli spermatozoi motili
l’uno all’altro testa a testa, collo a collo, coda a coda, o in modo misto.
Deve essere annotato il tipo di agglutinazione e può essere impiegata
una gradazione semiquantitativa che va da – (nessuna agglutinazione)
a +++ (grossi ammassi in cui tutti gli spermatozoi motili sono agglutinati).
Vitalità degli spermatozoi
La vitalità degli spermatozoi è definita dalla percentuale di cellule
vive, e viene valutata quando la percentuale degli spermatozoi immo-
47
bili supera il 50%. La vitalità è determinata attraverso tecniche di colorazione che si basano sul principio che le cellule morte, che hanno la
membrana danneggiata, trattengono il colorante; così le cellule morte
(colorate) si differenziano dalle cellule vive (non colorate).
VALUTAZIONE DELLA MORFOLOGIA
Preparazione degli strisci
Devono essere allestiti almeno due strisci da ciascun campione,
per la valutazione in doppio e di artefatti di laboratorio. I vetrini vengono puliti con cura, lavati in etanolo al 70% ed asciugati; quindi viene deposta una goccia di sperma (5-20 µl) sul vetrino, che viene strisciata grazie al bordo posteriore di un vetrino tenuto ad angolo e spinto in avanti. Il vetrino così ottenuto viene lasciato asciugare all’aria,
poi fissato, colorato e osservato al microscopio ottico. Il vetrino viene
esaminato sistematicamente da un campo microscopico a quello successivo, vengono contati tutti gli spermatozoi normali, e vengono registrate tutte le alterazioni di quelli anomali.
Classificazione della morfologia degli spermatozoi
Perché uno spermatozoo possa essere considerato morfologicamente normale è necessario che siano normali la testa, il collo, il tratto
intermedio e la coda.
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La testa deve avere forma ovale e il 40-70%dell’area della testa
deve essere occupata da una regione acrosomiale ben definita: tenendo
conto della leggera contrazione che la testa subisce durante la fissazione e la colorazione, la lunghezza deve essere compresa tra 4,0-5,5
µm e la larghezza 2,5-3,5 µm; il rapporto lunghezza/larghezza deve
essere compreso tra 1,50-1,75.
Le anomalie della testa comprendono: teste piccole, grandi, amorfe, rotonde, vacuolate, con acrosoma piccolo, duplici e combinazioni tra queste categorie.
Figura 8: disegni di alcune anomalie della testa
Il pezzo intermedio deve essere slanciato, largo meno di 1µm,
circa una volta e mezzo la lunghezza della testa e congiunto assialmente alla testa.
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Le anomalie del collo e del tratto intermedio comprendono: collo
e tratto intermedio angolati, inserzione asimmetrica del tratto intermedio alla testa, tratto intermedio inspessito o irregolare o troppo sottile e
combinazioni tra queste categorie.
Figura 9: disegni di alcune anomalie del collo e del tratto intermedio
I residui citoplasmatici non devono superare la metà della dimensione della testa. La coda deve essere diritta, uniforme, più sottile del
tratto intermedio, non arrotolata e lunga circa 45 µm.
Le anomalie della coda comprendono: code corte, a zig-zag, multiple, arrotolate, rotte, piegate (< 90°) e altre.
Figura 10: disegni di alcune anomalie della coda e di un residuo citoplasmatico
50
Secondo le linee guida per l’analisi del liquido seminale e l’interpretazione dei suoi risultati, viene ritenuto normale l’eiaculato che
presenti almeno una concentrazione di 20 milioni di spermatozoi per
ml, dei quali almeno il 50% degli spermatozoi deve essere dotato di
motilità progressiva rettilinea. L’esame citologico del liquido seminale
può evidenziare le seguenti condizioni cliniche:
- Normozoospermia: eiaculato normale;
- Oligozoospermia: concentrazione nemaspermica <20×106 spermatozoi /ml;
- Criptozoospermia: concentrazione nemaspermica <1×106 spermatozoi/ml;
- Astenozoospermia: meno del 50% di spermatozoi con motilità progressiva (a+b), oppure meno del 25% di spermatozoi motili;
- Teratozoospermia: meno del 30% di spermatozoi con morfologia
normale;
- Oligoastenoteratozoospermia: alterazioni significative di tutte le tre
variabili;
- Azoospermia: assenza di spermatozoi nell’eiaculato;
- Aspermia: assenza di eiaculato.
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TECNICHE DI SELEZIONE NEMASPERMICA
METODICHE DI MIGRAZIONE
Queste tecniche di separazione degli spermatozoi dal plasma seminale coinvolgono una fase di auto-migrazione degli spermatozoi;
così gli spermi vengono selezionati in base alla loro motilità progressiva.
Swim-up da strato
Un’aliquota di liquido seminale liquefatto (1ml circa) viene posto
sul fondo di una provetta Falcon, a fondo conico, sterile, da 15 ml. Sul
liquido seminale viene stratificato un’aliquota di terreno di coltura
(0,3-0,5ml), mediante l’ausilio di una siringa, il cui ago prima viene
inserito un po’ nel liquido seminale, poi viene fatto risalire rilasciando
il terreno lungo la parete della provetta. Il terreno di coltura utilizzato
è l’HTF (human tubaric fluid), arricchito di Hsa (albumina di siero
umano) al 5%; l’albumina promuove la capacitazione degli spermatozoi ed è in grado di formare un film che protegge gli spermatozoi durante la centrifugazione.
La provetta viene posta inclinata (il che aumenta la superficie di
contatto tra seme e terreno) in incubatore a 36°C per 45 minuti; gli
spermatozoi mobili così migreranno dal plasma seminale al mezzo di
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coltura. Utilizzando una pipetta Pasteur viene aspirato lo strato superiore del mezzo di coltura, contenente gli spermatozoi motili.
Si controlla la concentrazione degli spermatozoi mobili presenti
nel mezzo di coltura, mediante la conta effettuata con la camera di
Makler; infine si trasferisce un’aliquota di questo terreno(0,5 ml) con
una pipetta Pasteur, in una provetta sterile da 5 ml, per essere utilizzata nell’esecuzione di una IUI. Con questa metodica è possibile eseguire una notevole selezione delle forme mobili, consentendo inoltre di
eliminare gran parte dei detriti e di altri elementi cellulari.
Swim-up da pellet
Un’aliquota di terreno di lavaggio HTF viene stratificato su
un’aliquota di campione seminale liquefatto (in rapporto 2:1 o 3:1),
all’interno di una provetta Falcon a fondo conico, sterile da 15ml, miscelando le due frazioni delicatamente con una pipetta Pasteur sterile.
La provetta viene posta in centrifuga a 1200 RPM per 10 minuti; in tal
modo tutti gli spermatozoi, le cellule rotonde, e altri detriti, presenti
nel plasma seminale, si concentrano a formare un pellet che sedimenta
sul fondo della provetta.
Dopo con una pipetta sterile, viene eliminato il surnatante, facendo attenzione a non risospendere il pellet. Sul pellet viene stratificato
un aliquota di terreno di coltura HTF arricchito di Hsa al 5%(0,5-0,6
ml) con l’ausilio di una siringa, intingendo l’ago un po’ nel pellet e risalendo si rilascia il terreno lungo la parete della provetta.
53
La provetta viene posta in incubatore a 36°C per 45 minuti, così
gli spermatozoi mobili, contenuti nel pellet migrano verso il terreno
sovrastante. Poi con l’ausilio di una pipetta Pasteur sterile, si aspira lo
strato superiore del mezzo di coltura mezzo di coltura, contenente gli
spermatozoi mobili, e dopo aver controllato la concentrazione degli
spermatozoi mobili nel mezzo di coltura, si trasferisce un aliquota di
terreno (0,5 ml) in una provetta sterile da 5 ml, per essere impiegata
nell’esecuzione di una IUI.
METODICHE DI SEPARAZIONE SU GRADIENTE
Queste metodiche selezionano gli spermatozoi sulla base della loro densità. Le tecniche più diffuse sono:
- a due gradienti;
- a tre gradienti.
I gradienti possono essere continui o discontinui.
Centrifugazione su gradiente discontinuo
Vengono allestite due soluzioni con gradienti differenti: al 90% e
al 45%. In una provetta Falcon sterile da 15 ml, si stratificano 1 ml di
ciascuna soluzione, partendo dal gradiente di densità maggiore. Al di
sopra dei gradienti si stratifica 1 ml di campione seminale, liquefatto;
si centrifuga a 1500 RPM per 20 minuti. In questo modo si otterrà una
54
separazione degli elementi, presenti nel campione, in rapporto alla loro densità; il gradiente che seleziona gli spermatozoi migliori è il 90%,
l’altro gradiente funge da filtro. Terminata la centrifugazione, si forma
un pellet, contenente gli spermatozoi migliori. Con una pipetta Pasteur
in vetro sterile, si elimina il surnatante e il gradiente più superficiale;
si stratifica 1-2 ml di terreno di lavaggio, si rompe il pellet, si agita
leggermente e si centrifuga a 1200 RPM per 10 minuti. Con una pipetta Pasteur in vetro sterile, si elimina il surnatante, sul pellet si stratificano 300 µl di terreno di coltura e si pone in termostato a 36°C per 45
minuti. Dopo aver controllato la concentrazione degli spermatozoi
mobili nel mezzo di coltura, si trasferisce un aliquota del terreno (0,50,6 ml) in una provetta sterile da 5 ml, per essere utilizzata
nell’esecuzione di una IUI.
INSEMINAZIONE INTRAUTERINA (IUI)
Delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, che abbiamo citato, ci occuperemo soltanto dell’inseminazione intrauterina
(IUI).
Materiale utilizzato
- Vasetti da urinocoltura;
- guanti monouso sterili senza talco;
55
- micropipette sterili;
- camera di Makler;
- provette tappo bianco a 2 posizioni da 5 ml;
- Ham’s F10 con rosso fenolo, senza glutamina, per lavaggio
spermatozoi;
- provette Falcon da 15 ml sterili (tappo blu);
- centrifuga;
- Pasteur in vetro sottile;
- tettarelle in gomma (sterilizzate);
- siringhe da 1 ml;
- catetere per inseminazione Gynetics IUI 4220.
Tecnica
Il campione seminale viene prodotto dal paziente, in un apposito
locale all’interno del centro, e raccolto in un contenitore sterile.
Il campione viene lasciato liquefare, per 30-60 minuti, in termostato a
36°C. Avvenuta la liquefazione, si prelevano 10µl di campione seminale, e si effettua la conta degli spermatozoi con la camera di Makler;
in base alla concentrazione degli spermatozoi mobili e alle caratteristiche del campione seminale si decide il tipo di tecnica di selezione
nemaspermica da effettuare (swim-up da strato, swim-up da pellet,
gradiente di densità, descritte prima). Con tali tecniche, gli spermatozoi con buona mobilità progressiva di tipo “a+b”, presenti nel
56
campione seminale, vengono selezionati all’interno di un terreno di
coltura, promuovendone la capacitazione. Si controlla la concentrazione degli spermatozoi mobili nel terreno ottenuto, poi si trasferisce
un aliquota del mezzo di coltura (0,5-0,6ml) in una provetta sterili da
5 ml, e infine si procede al caricamento del catetere. Il catetere da inseminazione viene collegato ad una siringa, e dalla punta del catetere
si aspira un aliquota del terreno ottenuto.
Il ginecologo introduce il catetere, per via vaginale, nella cavità
uterina, dove viene rilasciato il terreno di coltura, contenente gli spermatozoi. Tale trattamento non comporta l’esecuzione di anestesia, è
completamente indolore, e si esegue nel periodo ovulatorio. È il meno
costoso e ripetibile, la maggiore percentuale di gravidanze avviene in
media al 3°/4° ciclo, ma non si eseguono più di 6 cicli. Condizioni
necessarie per effettuare la IUI sono: presenza di ovulazione, tube
libere e funzionanti, spermatozoi nella normalità o modicamente
ipomobili.
57
RISULTATI
Le consolidate conoscenze delle tecniche di preparazione del liquido seminale in uso, ci consentono di mettere in atto la più idonea
tra esse in funzione delle caratteristiche del campione da trattare, al fine di massimizzare la percentuale di spermatozoi mobili recuperati iniettabili.
Secondo le caratteristiche che presenta a fresco, il campione può
essere classificato nelle seguenti categorie:
- “a” liquido seminale ottimale o subottimale;
- “b” liquido seminale che manifesta motilità alterata;
- “c” liquido seminale con una presenza elevata di cellule rotonde.
Per ogni singola categoria, le procedure convenzionali applicate
dal centro prevedono i seguenti tipi di trattamenti:
- Categoria “a”
swim up da strato;
- Categoria “b”
swim up da pellet;
- Categoria “c”
gradiente di densità.
Nel corso del semestre da giugno a novembre dell’anno 2008, periodo preso in considerazione per questo lavoro, presso il centro ASTER di Diagnosi e Cura della Sterilità, sono stati trattati i casi di 35
coppie.
58
I campioni di liquido seminale prelevati per le diagnosi hanno
permesso la suddivisione sotto riportata:
- 9 coppie presentavano un campione di liquido seminale assimilabile
alla categoria “a”;
- 22 coppie alla categoria “b”;
- 4 coppie alla categoria “c”.
Nella tabella 8 sottostante sono riassunti i risultati ottenuti
dall’applicazione delle tecniche convenzionali sui campioni forniti
dalle 35 coppie trattate.
Tabella 8
N° DI COPPIE
CATEGORIA
TECNICA
convenzionale
*% spz mobili
di tipo “a+b”
recuperati
9
a
Swim up
da strato
66%
22
b
Swim up
da pellet
49%
4
c
Gradiente
di densità
35%
* i risultati sono espressi come media percentuale di spermatozoi mobili di tipo
“a+b” recuperati, dal totale di spermatozoi mobili “a+b” del campione di
partenza; inoltre la percentuale di spermatozoi mobili di tipo “a+b” recuperati è funzione del tempo di incubazione in terreno di coltura, in questo caso è
stato pari a 45 minuti.
59
Parallelamente alle procedure convenzionali sono stati realizzati
degli abbinamenti, categoria di campione-tecnica di preparazione, diversi al fine di valutare la reale efficienza di quelle tecniche, che sono
state normalmente adottate per l’analisi delle 35 coppie in esame. Ciò
è stato possibile in quanto, per ogni coppia sono state applicate le metodiche non convenzionali ad una uguale frazione di liquido seminale,
da trattare. Si è cioè operato nel seguente modo:
- il liquido seminale ottimale o subottimale è stato trattato con gradiente di densità invece dello swim up da strato (procedura convenzionale);
- il liquido seminale con motilità alterata è stato trattato con swim up
da strato invece dello swim up da pellet (procedura convenzionale);
- il liquido seminale con elevata presenza di cellule rotonde è stato
trattato con swim up da pellet invece del gradiente di densità (procedura convenzionale).
I risultati di questo lavoro sono esposti nella tabella 9.
Tabella 9
N° DI
COPPIE
CATEGORIA
TECNICA
non convenzionale
% spz mobili
recuperati
9
a
Gradiente di densità
62%
22
b
Swim up da strato
35%
4
c
Swim up da pellet
25%
60
Il confronto dei dati è esposto nella tabella 10.
Tabella 10
CATEGORIA
PROCEDURA
convenzionale
% di spz
mobili di tipo
a+b” recuperati
a
Swim up da
strato
66%
Gradiente di
densità
62%
b
Swim up da
pellet
49%
Swim up da
strato
35%
c
Gradiente di
densità
35%
Swim up da
pellet
25%
PROCEDURA
non convenzionale
% di spz mobili di
tipo a+b” recuperati
Infine, come è esposto nella tabella 11, sono state calcolate le
medie percentuali di spermatozoi di tipo “a+b” perduti, applicando ad
ogni categoria le tecniche non convenzionali.
Tabella 11
CATEGORIA
TECNICA
non convenzionale
adottata
% spz mobili di tipo
“a+b” non recuperati
9
a
Gradiente di densità
4%
22
b
Swim up da strato
14%
4
c
Swim up da pellet
10%
N° DI
COPPIE
61
DISCUSSIONE
Dal confronto dei risultati ottenuti, sembra esserci una corrispondenza tra la scelta della metodica di selezione nemaspermica, appropriata alla tipologia di campione seminale iniziale, e la maggiore percentuale di spermatozoi mobili, di tipo “a+b” recuperati; tuttavia il nostro lavoro, per avere significatività statistica, necessita di un numero
maggiore di casi presi in considerazione.
Sebbene le tre tecniche di preparazione del liquido seminale, prese in esame, abbiano gli stessi obbiettivi generali:
1) separare gli spermatozoi dal plasma seminale che contiene fattori
decapacitanti; la prolungata esposizione degli spermatozoi al plasma seminale, infatti, determina una marcata riduzione della loro
motilità e della loro vitalità e quindi della loro capacità fecondante;
2) concentrare in un piccolo volume il maggior numero possibile di
spermatozoi con buona motilità progressiva rettilinea;
3) promuovere la capacitazione degli spermatozoi;
tuttavia ciascuna tecnica di selezione nemaspermica non ha la stessa
efficienza, in termini di percentuale di spermatozoi mobili recuperati,
in tutte le diverse categorie di plasma seminale.
Infatti, come mostra la tabella 10, in ogni categoria di campione
seminale si ha il maggiore recupero di spermatozoi mobili di tipo
“a+b”, quando vengono applicate le procedure stabilite come conven-
62
zionali; inoltre la tabella 10 mette in evidenza, che l’applicazione delle
tecniche stabilite come non convenzionali abbassa la media percentuale di spermatozoi mobili di tipo “a+b” recuperati.
Le medie delle percentuali di recupero, mostrate nella tabella 10,
sono spiegate qui di seguito:
a) applicando la procedura convenzionale (swim-up da strato) ai
campioni seminali appartenenti alla categoria “a”, si ottiene una
media del 66% di spermatozoi mobili di tipo “a+b” recuperati. Invece, l’applicazione della tecnica non convenzionale (gradiente di
densità) da una media del 62%di spermatozoi mobili di tipo “a+b”
recuperati. Trattando i campioni seminali di tipo “a” (che hanno
caratteristiche di “normalità” in termini di concentrazione e mobilita progressiva nemaspermica) con gradiente di densità, si ha una
percentuale di recupero sovrapponibile a quella ottenuta utilizzando lo swim up da strato (tecnica convenzionale). Questo dimostra
che il gradiente di densità è una tecnica molto efficiente e valida,
che assicura un elevato recupero di spermatozoi mobili, in tutte le
diverse categorie di campione seminale, ma è molto laboriosa e
complessa; infatti si preferisce utilizzare lo swim-up da strato per
la facilità d’esecuzione.
b) Applicando la procedura convenzionale (swim-up da pellet) ai
campioni seminali appartenenti alla categoria “b”, si ha una media
del 49% di spermatozoi mobili di tipo “a+b” recuperati; invece
63
applicando la procedura non convenzionale (swim-up da strato) si
ha la media del 35% di spermatozoi mobili di tipo “a+b” recuperati. Per i campioni seminali di tipo “b”, che presentano un elevato
numero di spermatozoi con motilità alterata, è necessario applicare
lo swim-up da pellet. Questa tecnica concentra tutti gli spermatozoi
del campione seminale, mediante centrifugazione, in un piccolo
volume finale, e recupera successivamente con lo swim-up soltanto
gli spermatozoi con buona mobilità progressiva, che sono i soli a
risalire nel terreno di coltura sovrastante, durante il periodo di incubazione di 45minuti. Tuttavia va ricordato, che le centrifugazioni, previste nello swim-up da pellet, portano alla comparsa di specie radicaliche dell’ossigeno, che danneggiano il DNA degli spermatozoi e alterano irreversibilmente la funzionalità nemaspermica.
Lo swim-up da strato, invece, abbassa la percentuale di spermatozoi mobili recuperati, per 2 motivi:
- i numerosi spermatozoi con motilità alterata, presenti nel liquido
seminale, difficilmente risalgono dal plasma seminale al terreno
di coltura sovrastante, nel tempo previsto per l’incubazione;
- i pochi spermatozoi mobili, in un volume non concentrato, non
riescono a risalire tutti, durante i 45 minuti d’incubazione.
c) Applicando la procedura convenzionale (gradiente di densità) ai
campioni seminali appartenenti alla categoria “c”, si ha una media
del 35% di spermatozoi mobili di tipo “a+b” recuperati. Applicando,
64
invece, la procedura non convenzionale (swim-up da pellet) si ha
una media del 25% di spermatozoi mobili di tipo “a+b” recuperati.
Nei campioni seminali di tipo “c”, caratterizzati da un elevato numero di cellule rotonde ed epiteliali, il gradiente di densità separa e
libera gli spermatozoi mobili dalle altre componenti, sulla base del
loro differente peso specifico, consentendo un elevato recupero di
spermatozoi mobili. Invece con lo swim-up da pellet, tutte le cellule, presenti nel campione iniziale, vengono concentrate in modo
indiscriminato e compattate all’interno del pellet; in tal modo le
cellule rotonde, che hanno dimensioni maggiori delle cellule seminali, coprono e intrappolano gli spermatozoi, impedendogli di migrare verso il terreno sovrastante.
Infine dal confronto dei dati, è evidente che non applicando le
procedure convenzionali, parte degli spermatozoi mobili dei campioni
seminali vengono perduti. Infatti, come mostra la tabella 11, applicando le tecniche non convenzionali la media delle percentuali degli
spermatozoi mobili di tipo “a+b” non recuperati è:
- del 4% per la categoria “a”,
- del 14% per la categoria “b”,
- del 10% per la categoria “c”.
Tale perdita potrebbe inficiare la possibilità, per una coppia “border line” cioè con indicazione cliniche al limite per le tecniche di
65
PMA di I e II livello, di intraprendere un programma di IUI. In quanto
con tale perdita potrebbe non raggiungersi la quantità minima di
spermatozoi (1,5x 106) con mobilità “a+b”, necessaria per effettuare
un programma di IUI.
66
CONCLUSIONI
Dal confronto dei dati ottenuti, appare evidente che esiste una
reale esigenza di scegliere la metodica di selezione nemaspermica più
consona al campione seminale di partenza. Il biologo deve valutare attentamente le caratteristiche del campione seminale fresco, in funzione delle quali applica la tecnica di preparazione più appropriata, che
permette di recuperare il maggior numero di spermatozoi con mobilità
progressiva, da utilizzare in un programma di IUI. Infatti, l’applicazione di una procedura adeguata ha dimostrato di consentire un maggiore recupero di spermatozoi mobili e potenzialmente fecondanti, rispetto all’applicazione di una procedura non appropriata. Ispirandoci
al principio della minore invasività e della gradualità delle tecniche,
previsto dalla legge 40/2004, ottimizzare il recupero di spermatozoi
permette, ad una coppia “border line” cioè con indicazione cliniche al
limite tra le tecniche di I livello (inseminazione in vivo) e di II livello
(inseminazione in vitro), di intraprendere un programma PMA di I livello, che è più vicino alla riproduzione fisiologia, evitando il ricorso
ad una tecnica di PMA di II livello. Infatti le tecniche di PMA di I livello prevedono una minore invasività, un minore stress psichico, una
maggiore compliance della coppia e una maggiore economicità del
67
trattamento, rispetto alle metodiche di PMA di II livello, caratterizzate
da elevata complessità ed invasività tecnica, e richiedono un’iperstimolazione ovarica farmacologicamente indotta, un monitoraggio più
attento e particolareggiato delle gonadi, con ricorso ad intervento chirurgico per il prelievo dei gameti femminili.
68
ALLEGATO
L EGGE 19 FEBBRAIO 2004, N . 40
69
Legge 19 febbraio 2004, n. 40
‘Norme in materia di procreazione medicalmente assistita’
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2004
CAPO I
PRINCÌPI GENERALI
ART. 1.
(Finalità).
1. Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente
legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito.
2. Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi
siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità.
ART. 2.
(Interventi contro la sterilità e la infertilità).
1. Il Ministro della salute, sentito il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, può promuovere ricerche sulle cause patologiche, psicologiche, ambientali e sociali dei fenomeni della sterilità e della infertilità e favorire gli interventi necessari per rimuoverle nonché per ridurne l’incidenza, può incentivare gli studi e le ricerche sulle tecniche di crioconservazione dei gameti e può
altresí promuovere campagne di informazione e di prevenzione dei fenomeni
della sterilità e della infertilità.
2. Per le finalità di cui al comma 1 è autorizzata la spesa massima di 2 milioni di
euro a decorrere dal 2004.
3. All’onere derivante dall’attuazione del comma 2 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale
2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente ‘Fondo
speciale’ dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze
per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo
al Ministero della salute. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato
ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
ART. 3.
(Modifica alla legge 29 luglio 1975, n. 405).
1. Al primo comma dell’articolo 1 della legge 29 luglio 1975, n. 405, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:
‘d-bis) l’informazione e l’assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità umana, nonché alle tecniche di procreazione medicalmente assistita;
d-ter) l’informazione sulle procedure per l’adozione e l’affidamento familiare’.
Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri
a carico della finanza pubblica.
70
1.
2.
a)
b)
3.
1.
1.
2.
3.
CAPO II
ACCESSO ALLE TECNICHE
ART. 4.
(Accesso alle tecniche).
Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo
quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive
della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità
inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità
da causa accertata e certificata da atto medico.
Le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono applicate in base ai
seguenti princípi:
gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio
della minore invasività;
consenso informato, da realizzare ai sensi dell’articolo 6.
È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo
eterologo.
ART. 5.
(Requisiti soggettivi).
Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, possono accedere
alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di
sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi
viventi.
ART. 6.
(Consenso informato).
Per le finalità indicate dal comma 3, prima del ricorso ed in ogni fase di applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita il medico informa in maniera dettagliata i soggetti di cui all’articolo 5 sui metodi, sui problemi bioetici e sui possibili effetti collaterali sanitari e psicologici conseguenti all’applicazione delle tecniche stesse, sulle probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti, nonché sulle relative conseguenze giuridiche per la
donna, per l’uomo e per il nascituro. Alla coppia deve essere prospettata la
possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento ai sensi della
legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, come alternativa alla
procreazione medicalmente assistita. Le informazioni di cui al presente comma
e quelle concernenti il grado di invasività delle tecniche nei confronti della
donna e dell’uomo devono essere fornite per ciascuna delle tecniche applicate
e in modo tale da garantire il formarsi di una volontà consapevole e consapevolmente espressa.
Alla coppia devono essere prospettati con chiarezza i costi economici
dell’intera procedura qualora si tratti di strutture private autorizzate.
La volontà di entrambi i soggetti di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è espressa per iscritto congiuntamente al medico responsabile della struttura, secondo modalità definite con decreto dei Ministri della
71
4.
5.
1.
2.
3.
giustizia e della salute, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tra la manifestazione della volontà e l’applicazione della tecnica
deve intercorrere un termine non inferiore a sette giorni. La volontà può essere
revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal presente comma fino al momento
della fecondazione dell’ovulo.
Fatti salvi i requisiti previsti dalla presente legge, il medico responsabile della
struttura può decidere di non procedere alla procreazione medicalmente assistita, esclusivamente per motivi di ordine medico-sanitario. In tale caso deve
fornire alla coppia motivazione scritta di tale decisione.
Ai richiedenti, al momento di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, devono essere esplicitate con chiarezza e mediante sottoscrizione le conseguenze giuridiche di cui all’articolo 8 e all’articolo 9 della presente legge.
ART. 7.
(Linee guida).
Il Ministro della salute, avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità, e previo
parere del Consiglio superiore di sanità, definisce, con proprio decreto, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee
guida contenenti l’indicazione delle procedure e delle tecniche di procreazione
medicalmente assistita.
Le linee guida di cui al comma 1 sono vincolanti per tutte le strutture autorizzate.
Le linee guida sono aggiornate periodicamente, almeno ogni tre anni, in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica, con le medesime procedure di cui al
comma 1.
CAPO III
DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA TUTELA DEL NASCITURO
ART. 8.
(Stato giuridico del nato).
1. I nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente
assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha
espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell’articolo 6.
ART. 9.
(Divieto del disconoscimento della paternità e dell’anonimato della madre).
1. Qualora si ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all’articolo 4, comma 3, il coniuge o il
convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può esercitare
l’azione di disconoscimento della paternità nei casi previsti dall’articolo 235,
primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, né l’impugnazione di cui
all’articolo 263 dello stesso codice.
2. La madre del nato a seguito dell’applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita non può dichiarare la volontà di non essere nominata, ai
72
sensi dell’articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.
3. In caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo in violazione del divieto di
cui all’articolo 4, comma 3, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi.
CAPO IV
REGOLAMENTAZIONE DELLE STRUTTURE AUTORIZZATE
ALL’APPLICAZIONE DELLE TECNICHE DI PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA
ART. 10.
(Strutture autorizzate).
1. Gli interventi di procreazione medicalmente assistita sono realizzati nelle
strutture pubbliche e private autorizzate dalle regioni e iscritte al registro di cui
all’articolo 11.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono con
proprio atto, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge:
a) i requisiti tecnico-scientifici e organizzativi delle strutture;
b) le caratteristiche del personale delle strutture;
c) i criteri per la determinazione della durata delle autorizzazioni e dei casi di revoca delle stesse;
d) i criteri per lo svolgimento dei controlli sul rispetto delle disposizioni della
presente legge e sul permanere dei requisiti tecnico-scientifici e organizzativi
delle strutture.
ART. 11.
(Registro).
1. È istituito, con decreto del Ministro della salute, presso l’Istituto superiore di
sanità, il registro nazionale delle strutture autorizzate all’applicazione delle
tecniche di procreazione medicalmente assistita, degli embrioni formati e dei
nati a seguito dell’applicazione delle tecniche medesime.
2. L’iscrizione al registro di cui al comma 1 è obbligatoria.
3. L’Istituto superiore di sanità raccoglie e diffonde, in collaborazione con gli osservatori epidemiologici regionali, le informazioni necessarie al fine di consentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di procreazione medicalmente assistita adottate e dei risultati conseguiti.
4. L’Istituto superiore di sanità raccoglie le istanze, le informazioni, i suggerimenti, le proposte delle società scientifiche e degli utenti riguardanti la procreazione medicalmente assistita.
5. Le strutture di cui al presente articolo sono tenute a fornire agli osservatori epidemiologici regionali e all’Istituto superiore di sanità i dati necessari per le
finalità indicate dall’articolo 15 nonché ogni altra informazione necessaria allo
svolgimento delle funzioni di controllo e di ispezione da parte delle autorità
competenti.
73
6. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo, determinato nella misura massima di 154.937 euro a decorrere dall’anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente
‘Fondo speciale’ dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle
finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento
relativo al Ministero della salute. Il Ministro dell’economia e delle finanze è
autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
CAPO V
DIVIETI E SANZIONI
ART. 12.
(Divieti generali e sanzioni).
Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei
alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall’articolo 4, comma
3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000
euro.
Chiunque a qualsiasi titolo, in violazione dell’articolo 5, applica tecniche di
procreazione medicalmente assistita a coppie i cui componenti non siano entrambi viventi o uno dei cui componenti sia minorenne ovvero che siano composte da soggetti dello stesso sesso o non coniugati o non conviventi è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000 a 400.000 euro.
Per l’accertamento dei requisiti di cui al comma 2 il medico si avvale di una
dichiarazione sottoscritta dai soggetti richiedenti. In caso di dichiarazioni
mendaci si applica l’articolo 76, commi 1 e 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
Chiunque applica tecniche di procreazione medicalmente assistita senza avere
raccolto il consenso secondo le modalità di cui all’articolo 6 è punito con la
sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.
Chiunque a qualsiasi titolo applica tecniche di procreazione medicalmente assistita in strutture diverse da quelle di cui all’articolo 10 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100.000 a 300.000 euro.
Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con
la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di
euro.
Chiunque realizza un processo volto ad ottenere un essere umano discendente
da un’unica cellula di partenza, eventualmente identico, quanto al patrimonio
genetico nucleare, ad un altro essere umano in vita o morto, è punito con la reclusione da dieci a venti anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro. Il
medico è punito, altresì, con l’interdizione perpetua dall’esercizio della professione.
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8. Non sono punibili l’uomo o la donna ai quali sono applicate le tecniche nei casi di cui ai commi 1, 2, 4 e 5.
9. È disposta la sospensione da uno a tre anni dall’esercizio professionale nei
confronti dell’esercente una professione sanitaria condannato per uno degli illeciti di cui al presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 7.
10. L’autorizzazione concessa ai sensi dell’articolo 10 alla struttura al cui interno
è eseguita una delle pratiche vietate ai sensi del presente articolo è sospesa per
un anno. Nell’ipotesi di più violazioni dei divieti di cui al presente articolo o di
recidiva l’autorizzazione può essere revocata.
1.
2.
3.
4.
5.
1.
CAPO VI
MISURE DI TUTELA DELL’EMBRIONE
ART. 13.
(Sperimentazione sugli embrioni umani).
È vietata qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano.
La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a
condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione
stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative.
Sono, comunque, vietati:
a) la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione o
comunque a fini diversi da quello previsto dalla presente legge;
b) ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o
comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell’embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalità diagnostiche e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo;
c) interventi di clonazione mediante trasferimento di nucleo o di scissione
precoce dell’embrione o di ectogenesi sia a fini procreativi sia di ricerca;
d) la fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la
produzione di ibridi o di chimere.
La violazione dei divieti di cui al comma 1 è punita con la reclusione da due a
sei anni e con la multa da 50.000 a 150.000 euro. In caso di violazione di uno
dei divieti di cui al comma 3 la pena è aumentata. Le circostanze attenuanti
concorrenti con le circostanze aggravanti previste dal comma 3 non possono
essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste.
È disposta la sospensione da uno a tre anni dall’esercizio professionale nei
confronti dell’esercente una professione sanitaria condannato per uno degli illeciti di cui al presente articolo.
ART. 14.
(Limiti all’applicazione delle tecniche sugli embrioni).
È vietata la crioconservazione e la soppressione di embrioni, fermo restando
quanto previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194.
75
2. Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell’evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall’articolo 7, comma 3, non devono creare
un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico
e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre.
3. Qualora il trasferimento nell’utero degli embrioni non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della
donna non prevedibile al momento della fecondazione è consentita la crioconservazione degli embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare
non appena possibile.
4. Ai fini della presente legge sulla procreazione medicalmente assistita è vietata
la riduzione embrionaria di gravidanze plurime, salvo nei casi previsti dalla
legge 22 maggio 1978, n. 194.
5. I soggetti di cui all’articolo 5 sono informati sul numero e, su loro richiesta,
sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell’utero.
6. La violazione di uno dei divieti e degli obblighi di cui ai commi precedenti è
punita con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 50.000 a 150.000 euro.
7. È disposta la sospensione fino ad un anno dall’esercizio professionale nei confronti dell’esercente una professione sanitaria condannato per uno dei reati di
cui al presente articolo.
8. È consentita la crioconservazione dei gameti maschile e femminile, previo
consenso informato e scritto.
9. La violazione delle disposizioni di cui al comma 8 è punita con la sanzione
amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.
CAPO VII
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
ART. 15.
(Relazione al Parlamento).
1. L’Istituto superiore di sanità predispone, entro il 28 febbraio di ciascun anno,
una relazione annuale per il Ministro della salute in base ai dati raccolti ai sensi dell’articolo 11, comma 5, sull’attività delle strutture autorizzate, con particolare riferimento alla valutazione epidemiologica delle tecniche e degli interventi effettuati.
2. Il Ministro della salute, sulla base dei dati indicati al comma 1, presenta entro
il 30 giugno di ogni anno una relazione al Parlamento sull’attuazione della
presente legge.
ART. 16.
(Obiezione di coscienza).
1. Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie non è tenuto a
prendere parte alle procedure per l’applicazione delle tecniche di procreazione
medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della
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presente legge al direttore dell’azienda unità sanitaria locale o dell’azienda ospedaliera, nel caso di personale dipendente, al direttore sanitario, nel caso di
personale dipendente da strutture private autorizzate o accreditate.
2. L’obiezione può essere sempre revocata o venire proposta anche al di fuori dei
termini di cui al comma 1, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione agli organismi di cui al comma 1.
3. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività
sanitarie ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificatamente e necessariamente dirette a determinare l’intervento di procreazione
medicalmente assistita e non dall’assistenza antecedente e conseguente
l’intervento.
ART. 17.
(Disposizioni transitorie).
1. Le strutture e i centri iscritti nell’elenco predisposto presso l’Istituto superiore
di sanità ai sensi dell’ordinanza del Ministro della sanità del 5 marzo 1997,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 7 marzo 1997, sono autorizzati ad
applicare le tecniche di procreazione medicalmente assistita, nel rispetto delle
disposizioni della presente legge, fino al nono mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le strutture e i centri di cui al comma 1 trasmettono al Ministero della salute un elenco contenente l’indicazione numerica degli embrioni prodotti a seguito
dell’applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita nel periodo precedente la data di entrata in vigore della presente legge, nonché, nel rispetto delle vigenti disposizioni sulla tutela della riservatezza dei dati personali, l’indicazione nominativa di coloro che hanno fatto ricorso alle tecniche medesime a seguito delle quali sono stati formati gli embrioni. La violazione della disposizione del presente comma è punita con la sanzione amministrativa
pecuniaria da 25.000 a 50.000 euro.
3. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro della salute, avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità, definisce, con proprio decreto, le modalità e i termini di conservazione degli embrioni di cui al comma 2.
ART. 18.
(Fondo per le tecniche di procreazione medicalmente assistita).
1. Al fine di favorire l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita da parte dei soggetti di cui all’articolo 5, presso il Ministero della salute è
istituito il Fondo per le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Il
Fondo è ripartito tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
sulla base di criteri determinati con decreto del Ministro della salute, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
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2. Per la dotazione del Fondo di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 6,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2004.
3. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente
‘Fondo speciale’ dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle
finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento
relativo al Ministero medesimo. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
78
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84
Ringraziamenti
Ringrazio la prof.ssa Renata Viscuso per la cortese
disponibilità.
Ringrazio il Centro Aster di Diagnosi e Cura della Sterilità,
presso la Clinica del Mediterraneo di Ragusa, nelle persone
del Dott. Giovanni Bracchitta e del Dott. Nunzio Minniti, per
l’ospitalità e la disponibilità dimostrata, consentendomi di
approfondire lo studio in questo particolare settore della
biologia dello sviluppo.
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