i pagamenti di interessi e royalty tra societa` residenti nell`ue

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i pagamenti di interessi e royalty tra societa` residenti nell`ue
I PAGAMENTI DI INTERESSI E ROYALTY
TRA SOCIETA’ RESIDENTI NELL’UE
di Marco Mazzetti di Pietralata
Estero >> Convenzioni internazionali
Come noto, con il dlgs 30 maggio 2005 n. 143 (1) è stata recepita anche nell’ordinamento
fiscale italiano la direttiva 2003/49/Ce, cosiddetta direttiva interessi-royalties (nel prosieguo, la
direttiva).
Tale direttiva prevede, nel rispetto di determinate condizioni, l’esenzione da imposta e,
dunque, da ritenuta, in relazione ad interessi e royalty corrisposti tra società appartenenti al
medesimo gruppo societario e residenti in diversi Stati dell’Unione europea.
In tal senso, l’applicazione della direttiva permette di passare dal criterio di tassazione nello
Stato della fonte del reddito a quello di tassazione nello Stato di residenza del beneficiario
del reddito.
Nel prosieguo vengono descritti i principali aspetti della disciplina di recepimento (nel
prosieguo, il decreto) con cui è stata introdotta la direttiva in Italia.
SOGGETTO PAGATORE
Secondo la normativa di recepimento introdotta in Italia, ai sensi del nuovo articolo 26-quater,
comma 1, dpr 600/73, il soggetto pagatore degli interessi o delle royalty può essere:
una società o ente residente in Italia, avente le forme individuate dalla direttiva ed
assoggettato ad Ires senza fruire di regimi di esonero, oppure
una stabile organizzazione (nel prosieguo, s.o.) in Italia assoggettata ad Ires, relativa
ad una società residente nell’Unione europea.
Più specificamente, nell’ipotesi della s.o., la società non residente deve:
rivestire una delle forme individuate dalla direttiva;
risiedere fiscalmente in uno Stato dell’Unione europea;
non essere considerata residente al fuori dell’Unione europea ai sensi delle convenzioni
contro le doppie imposizioni; e
essere assoggettata ad una delle imposte indicate dalla direttiva.
Com’è ovvio, dunque, soggetto alla disciplina di recepimento in Italia può essere solo un
pagatore situato in Italia (società o s.o.), che, in assenza di esenzione, avrebbe dovuto
applicare la ritenuta.
In aggiunta, la s.o. italiana può beneficiare dell’esenzione solo se appartiene ad una società
residente nell’Unione europea.
SOGGETTO BENEFICIARIO
Il soggetto beneficiario può essere:
una società dell’Unione europea, o
una s.o., situata nell’Unione europea, appartenente ad una società residente nell’Unione
europea.
Inoltre la società, beneficiaria diretta o la cui s.o. è beneficiaria, deve:
essere detenuta dal pagatore, oppure
detenere il pagatore, oppure
essere detenuta da una terza società, sempre residente nell’Unione europea, che
detenga anche il pagatore.
La detenzione deve avvenire con una partecipazione relativa ad almeno il 25% dei diritti di
voto ed essere ininterrotta per almeno 1 anno (2).
In relazione alla partecipazione, la direttiva permetteva agli Stati di scegliere tra quota di
capitale e quota dei diritti di voto ed in Italia è stato preferito il criterio dei diritti di voto, alla
1
Pubblicato in GU serie generale n. 172 del 26 luglio 2005.
Sulla base di quanto sopra, è evidente che sono esclusi dalla disciplina in esame i pagamenti fatti tra un pagatore
situato in Italia ed un beneficiario situato al di fuori dell’Unione europea in tutti i casi di detenzione diretta o da parte di
un terzo. Nel caso di pagatore e beneficiario entrambi in Europa e detenuti anche da una società residente al di fuori
dell’Unione europea, non è detto che la disciplina sia inapplicabile: difatti, se, oltre alla società extra europea, il
pagatore ed il beneficiario sono detenuti anche da una società europea con una partecipazione corrispondente almeno
al 25% dei diritti di voto, in presenza di tutte le altre condizioni richieste la norma appare applicabile.
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luce della riforma societaria che ha svincolato l’attribuzione dei diritti sociali dall’ammontare del
conferimento, permettendo un’assegnazione non proporzionale (3).
BENEFICIARIO EFFETTIVO
Sul concetto di beneficiario effettivo, la legislazione italiana prevede che le società residenti
nell’Unione europea sono tali se ricevono i pagamenti in qualità di beneficiario finale e non di
intermediario, quale agente, delegato o fiduciario di un’altra persona.
In linea generale, tale definizione riprende quella recata dal Commentario Ocse al Modello di
convenzione contro le doppie imposizioni nel commento relativo agli articoli 10, 11 e 12 su
dividendi, interessi e royalty (4).
Per quanto riguarda la qualifica di beneficiario effettivo delle s.o., vengono indicati 2 requisiti:
la connessione effettiva dei redditi all’attività della s.o.: in particolare, il credito, il
diritto, l’utilizzo o l’informazione che generano i pagamenti di interessi o canoni si
devono ricollegare effettivamente alle s.o., e
la tassazione di tali redditi in capo alla s.o. sulla base delle imposte indicate
nell’allegato B della direttiva.
REQUISITO DELLA DETENZIONE DELLA PARTECIPAZIONE
Il decreto richiede che le partecipazioni siano detenute ininterrottamente per almeno 1 anno.
La normativa di recepimento ha dunque adottato una scelta meno stringente rispetto alla
direttiva, che, al paragrafo 10 dell’art. 1, dà la facoltà di non applicare la disciplina se la
condizione non risulta verificata per almeno 2 anni.
Peraltro non è chiaro se il requisito del periodo di detenzione debba essere soddisfatto prima
dell’erogazione di interessi e royalty o possa esserlo anche dopo.
In merito, è opportuno svolgere alcune riflessioni alla luce di una recente interpretazione
ministeriale sulle condizioni per l’applicazione della cd. direttiva madre-figlia in materia di
dividendi (5).
In particolare, a seguito della riformulazione dell’art. 27-bis del dpr 600/73 per effetto della
riforma fiscale, la norma richiede, come la direttiva su interessi e royalty, la detenzione
ininterrotta della partecipazione “per almeno 1 anno”.
Nell’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate (6), tale norma permette la non applicazione
della ritenuta sui dividendi erogati da società italiane a società “madri” europee solo se il
periodo di detenzione della partecipazione è stato già soddisfatto al momento di
erogazione dei dividendi. Pertanto, alla luce di questa interpretazione, non sembra da ritenere
ammissibile che tale requisito possa essere soddisfatto anche successivamente al pagamento
dei dividendi, ma è necessario che a tale data lo sia già: in mancanza, si applica la ritenuta che
poi, se la condizione si verifica dopo, può essere richiesta a rimborso (7).
In tal senso, posto che la formulazione letterale è la medesima, anche nel caso del pagamento
di interessi o royalties soggetti al decreto sembra necessario che il periodo di detenzione sia
già trascorso prima del loro pagamento al fine di evitare la ritenuta.
3
Cfr. la relazione ministeriale al decreto.
Cfr. la relazione ministeriale al decreto. Si vedano inoltre i paragrafi 12, 12.1 e 12.2 del commento all’art. 10,
paragrafi 8-11 del commento all’art. 11 e paragrafi 4-7 del commento all’art. 12, Commentario Ocse - versione del 15
luglio 2005. Si noti, peraltro, che, in base al nuovo testo del commentario, “The term "beneficial owner" is not used in
a narrow technical sense, rather, it should be understood in its context and in light of the object and purposes of the
Convention, includig avoiding double taxation and the prevention of fiscal evasion and avoidance.”
5
La disciplina è attualmente recata dall’art. 27-bis del dpr 600/73.
6
Cfr. rm 109/E del 29 luglio 2005. Sul tema, cfr. circolare Assonime n. 32 del 14 luglio 2004 e lettera circolare
Assonime del 1° agosto 2005.
7
Cfr. lettera Assonime cit.
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STABILE ORGANIZZAZIONE E INERENZA DI INTERESSI E ROYALTY
Nel caso di pagamento di interessi o canoni da parte di s.o., la norma richiede che gli stessi
siano inerenti all’attività della s.o. stessa.
La normativa di recepimento ha interpretato quanto previsto dalla direttiva, che per
considerare una s.o. pagatore di interessi o canoni, richiedeva che essi rappresentassero spese
fiscalmente deducibili per la s.o. (8).
Si è ritenuto che ciò facesse riferimento ad un requisito di effettiva connessione dei redditi
pagati con l’attività della s.o. e non, letteralmente, alla loro deducibilità (9).
Pertanto, per considerare la s.o. pagatore di interessi o canoni, è necessario che questi siano
riferibili all’attività ed all’oggetto economico della s.o. e non a quella della relativa società
casa madre.
Definizione di interessi
Secondo la normativa di recepimento si considerano interessi “i redditi da crediti di qualsiasi
natura, garantiti o non da ipoteca e, in particolare, i redditi derivanti da titoli, da obbligazioni e
da prestiti, compresi gli altri proventi derivanti dai suddetti titoli e prestiti”.
In merito alla definizione di interessi, è opportuno evidenziare 2 aspetti:
in primo luogo, la disciplina italiana include gli interessi di mora nel suo campo di
applicazione (10), mentre la direttiva li esclude, facendo riferimento alla definizione di
interessi recata dal Modello Ocse di convenzione contro le doppie imposizioni (11);
in secondo luogo, sono escluse alcune fattispecie di interessi per effetto di disposizioni
specifiche proprie dell’ordinamento tributario italiano.
Tra di esse figurano gli interessi relativi ai finanziamenti eccedenti ai sensi della normativa
sulla cd. thin capitalisation, recata dall’art. 98 del dpr 917/86 – Tuir, erogati direttamente
dal socio. Tali interessi, infatti, sono qualificati come dividendi e come tali sono indeducibili dal
reddito del pagatore.
In merito, la normativa di recepimento ha utilizzato la previsione recata dall’art. 4, paragrafo 1
della direttiva, che permette di escludere dai benefici della stessa “i pagamenti considerati utili
distribuiti o capitale rimborsato ai sensi della legislazione dello Stato d’origine”. Gli interessi
esclusi per tale motivo, peraltro, possono essere assoggettati al regime madre-figlia, in
presenza delle relative condizioni (12).
Una ulteriore esclusione riguarda gli utili relativi ai contratti di associazione in partecipazione e
di cointeressenza, quando l’apporto è costituito anche da capitale (13). Tali utili infatti, in base
alle modifiche apportate dalla riforma fiscale, non sono deducibili dal reddito d’impresa
dell’associante, in quanto assimilati agli utili derivanti dalla partecipazione in società di capitali
(14).
Sulla base della medesima motivazione, sono state escluse le remunerazioni dei titoli e
strumenti finanziari, nel caso in cui tale remunerazione sia costituita dalla partecipazione ai
risultati economici della società emittente, di altre società dello stesso gruppo o dell’affare in
relazione al quale i titoli o gli strumenti finanziari sono stati emessi.
Infine, sono stati esclusi i pagamenti relativi a crediti che autorizzano il creditore a
rinunciare al suo diritto agli interessi in cambio del diritto a partecipare agli utili del debitore e
8
Art. 1 paragrafo 3 della direttiva.
Cfr. relazione ministeriale al decreto.
10
Cfr. relazione ministeriale al decreto.
11
Cfr. art. 2 della direttiva, laddove nell’ultimo periodo della lettera a) prevede che “le penali per tardivo pagamento
non sono considerate interessi’”; cfr. anche il paragrafo 22 del Commentario Ocse – versione del 15 luglio 2005 relativo all’art. 11 del Modello di convenzione. La definizione recata dall’articolo 11 del Modello di convenzione è la
seguente: ‘’income from debt-claims of every kind, whether or not secured by mortgage and whether or not carrying a
right to partecipate in the debtor’s profits, and in particolar, income from government securities and incombe from
bonds or debentures, incuding premiums and prizes attaching to such securities, bonds or debentures. Penalty charges
for late payment shall not be regarded as interest for the purpose of this artiche”.
12
Cfr. circolare Assonime n. 32 del 14 luglio 2004, paragrafo 4.
13
Per completezza, si fa riferimento alla cointeressenza cd. ‘impropria’, essendo quella “propria” priva di apporto.
14
Cfr. circolare Assonime n. 32/04, paragrafo 3.
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quelli relativi ai crediti privi di disposizioni per la restituzione del capitale o per cui il rimborso
debba essere effettuato oltre 50 anni dopo l’emissione.
Definizione di canoni
La definizione di canoni comprende quelli per l’uso o la concessione in uso:
del diritto d’autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche,
di brevetti, marchi, disegni o modelli, progetti, formule o processi segreti o per
informazioni su esperienze industriali, commerciali o scientifiche, nonché
di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche.
L’inclusione dell’ultima categoria citata ha rappresentato l’occasione per procedere alla
modifica della disciplina fiscale interna di tale tipologia reddituale, assoggettandola alla
ritenuta applicabile ai redditi per lo sfruttamento dei beni immateriali (15).
Ciò è in linea con le riserve dell’Italia sulla disciplina dell’art. 12 del Modello di convenzione: in
particolare, il nostro paese si è riservato il diritto di continuare ad includere il reddito derivante
dalla locazione di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche nel concetto di royalty
(16), a fronte delle modifiche attuate nel 1992 al Modello di convenzione che escludevano
questi redditi dalla disciplina di tale articolo.
In tal modo, i redditi in commento sono soggetti a ritenuta alla fonte in Italia, ridotta in base
alla convenzione, se esistente, o annullata in base alla normativa comunitaria, se applicabile.
VALORE NORMALE
In presenza di rapporti di controllo, la disciplina di recepimento limita l’esenzione al valore
normale dei redditi corrisposti.
La disposizione fa esplicito riferimento alla presenza di rapporti di controllo diretto o
indiretto tra pagatore e beneficiario effettivo o tra un terzo (nella veste di soggetto
controllante), e tali soggetti (in qualità di controllati).
Il valore normale deve essere determinato ai sensi delle disposizioni del Testo unico sul
transfer pricing (17).
In tale ipotesi, dunque, la ritenuta è applicabile, ma solo sulla parte dell’interesse o
canone che eccede il valore normale.
NORMA ANTIELUSIVA
Il decreto ha introdotto una ulteriore fattispecie nell’ambito della norma antielusiva, l’art. 37bis del dpr 600/73.
In particolare, la nuova fattispecie si riferisce ai pagamenti di interessi e canoni soggetti alla
disciplina in esame, qualora siano effettuati a soggetti controllati direttamente o indirettamente
da soggetti non residenti nell’Unione europea.
L’introduzione di una disposizione simile è prevista dalla direttiva, che lascia liberi gli Stati
membri di applicare norme che impediscano frodi o abusi. La ratio è quella di evitare che
pagamenti di interessi e royalty siano fatti a soggetti controllati da società residenti al di fuori
dell’Unione europea al solo scopo di beneficiare dell’esenzione.
Secondo la relazione ministeriale, l’ipotesi presa in esame dalla norma è quella in cui
l’operazione viene effettuata al solo scopo di far transitare i redditi in Stati membri con regimi
fiscali più favorevoli di quello italiano, così da non tassarli in Italia.
15
E non più a dichiarazione. In tal senso, cfr. la relazione ministeriale al decreto.
Cfr. commentario Ocse all’art. 12 del Modello di convenzione, paragrafo 41 delle Reservations.
17
Sul tema cfr. c.m. n. 9/2267 del 22 settembre 1980 e n. 42 del 12 dicembre 1981, nonché le Linee Guida Ocse per
le imprese multinazionali e le Amministrazioni sui prezzi di trasferimento, 1995.
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DOCUMENTAZIONE
La normativa italiana richiede che il beneficiario attesti la propria residenza e la sussistenza dei
requisiti relativi alla partecipazione, alla tipologia societaria e all’assoggettamento ad
imposizione di interessi e canoni.
Nel caso di stabile organizzazione serve un’attestazione della sua esistenza delle autorità fiscali
dello Stato in cui risiede la casa madre o dello Stato in cui si trova la stabile organizzazione.
La documentazione deve essere presentata al pagatore prima del pagamento ed è valida per
1 anno dal rilascio.
Le disposizioni si applicano su interessi e canoni maturati dal 1° gennaio 2004.
La ritenuta sui compensi a non residenti per l’uso o concessione in uso di attrezzature
industriali, commerciali o scientifiche si applica ai compensi corrisposti dal 26 luglio 2005, data
di entrata in vigore del decreto.
CASISTICA
Vediamo ora le principali fattispecie a cui può applicarsi la direttiva, distinguendo i vari casi di
pagamento tra società o s.o.:
1. Il soggetto pagatore detiene il beneficiario
La prima fattispecie individuata dalla normativa considera il caso in cui la società che paga
detiene direttamente almeno il 25% della società che riceve il pagamento.
Tale ipotesi si applica anche nei casi in cui il pagamento e l’incasso avvengono attraverso le
stabili organizzazioni dei 2 soggetti pagatore e percettore.
Caso 1.a Pagamento da società italiana a società residente nell’Unione europea.
Nell’esempio, la società A residente in Italia paga alla società B in Francia, che è detenuta da A
con una partecipazione corrispondente al 25% dei diritti di voto.
Caso 1.b Pagamento da s.o. in Italia a società residente nell’Unione europea
Nell’esempio, la società C in Germania ha una s.o. in Italia che paga alla società B in Francia,
che è detenuta da C per il 25%. Il caso in cui una società italiana ha una s.o. in altro Stato
europeo che paga interessi ad una società in un terzo Stato europeo non è soggetto alla
normativa italiana di recepimento della direttiva, in quanto in tale ipotesi l’Italia non ha la
potestà impositiva.
Caso 1.c Pagamento da società italiana a s.o., in Stato dell’Unione europea, appartenente a
società residente nell’Unione europea
Nell’esempio, la società A in Italia paga a s.o. in Germania di società B in Francia, che è
detenuta da A per il 25%.
Caso 1.d Pagamento da società italiana a s.o., in stato dell’Unione europea, di società
residente in Italia.
B può essere anche italiana, come precisa anche la relazione ministeriale al decreto legislativo.
Sebbene questa ipotesi sia compresa nel caso 1.c, essendo l’Italia uno Stato dell’Unione
europea, è stato ritenuto comunque opportuno elencarlo come caso a parte.
Caso 1.e Pagamento da s.o. in Italia a s.o., in altro Stato dell’Unione europea, di società
residente nell’Unione europea.
In questa ipotesi, il pagamento avviene tra 2 s.o. situate in due Stati diversi dell’Unione
europea ed appartenenti a società residenti in Stati diversi dell’Unione europea. Le società
potrebbero anche essere residenti nel medesimo Stato, come nell’ipotesi precedente.
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2. Il percettore detiene il pagatore
La seconda fattispecie individuata dalla normativa considera il caso in cui la società che paga è
detenuta direttamente per almeno il 25% della società che riceve il pagamento.
Tale ipotesi si applica anche nei casi in cui il pagamento e l’incasso avvengono attraverso le
stabili organizzazioni dei 2 soggetti pagatore e percettore.
Caso 2.a Società A in Italia paga a società B in Francia, che detiene A per il 25%
Caso 2.b Società C in Germania ha s.o. in Italia che paga a società B in Francia, che detiene C
per il 25%.
Se B fosse italiana, la ritenuta non sarebbe applicabile in virtù dell’ordinamento interno
preesistente alla direttiva.
Caso 2.c Società A in Italia paga a s.o. in Germania di società B in Francia, che detiene A per il
25%.
Caso 2.d Società A in Italia paga a s.o. in Germania di società B in Italia, che detiene A per il
25%.
Questo caso è come il precedente, però la s.o. appartiene ad un’altra società italiana (18).
In tal caso, l’applicazione della normativa ha senso perché, in sua assenza, si applicherebbe la
ritenuta sugli interessi o canoni da una società italiana alla s.o. estera di un’altra società
italiana.
Caso 2.e Pagamento tra 2 s.o. in Stati dell’Unione europea
In questa ipotesi il pagamento avviene tra 2 s.o. situate in 2 Stati diversi dell’Unione europea
ed appartenenti a società residenti in Stati diversi dell’Unione europea.
In teoria, le società potrebbero anche essere residenti nel medesimo Stato, come nell’ipotesi
precedente.
3. Il percettore ed il pagatore sono detenuti da una terza società
La terza fattispecie individuata dalla normativa considera il caso in cui la società che paga e
quella che riceve il pagamento sono entrambe detenute direttamente per almeno il 25% da
una terza società.
Tale ipotesi si applica anche nei casi in cui il pagamento e l’incasso avvengono attraverso le
stabili organizzazioni dei 2 soggetti pagatore e beneficiario.
Questo caso è compreso anche in presenza di una società non residente nell’Unione europea
che detiene una partecipazione nel pagatore, nel beneficiario o in entrambi, purché le quote
detenute dalla società europea nei due soggetti siano almeno pari al 25%.
Caso 3.a Società A in Italia paga a società B in Francia, A e B sono detenute da C in Belgio per
il 25%.
Questo caso è compreso anche in presenza di una società non residente nell’Unione europea
che detiene una partecipazione nel pagatore, nel beneficiario o in entrambi, purché la quota
detenuta dalla società C in A e in B sia almeno pari al 25%.
Caso 3.b Società A in Germania ha s.o. In Italia che paga a società B in Francia, A e B sono
detenute da C in Belgio per il 25%.
Caso 3.c Società A in Italia paga a s.o. in Germania di società B in Francia, A e B sono
detenute da C in Belgio per il 25%.
Caso 3.d Società A in Italia paga a s.o. in Germania di società B in Italia, A e B sono detenute
da C in Belgio per il 25%.
E’ come il caso precedente, però le 2 società sono entrambe italiane e la s.o. beneficiaria
appartiene ad una di esse ed è situata in uno Stato europeo.
18
Cfr. in tal senso la relazione ministeriale al decreto.
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Caso 3.e Pagamento tra 2 s.o.
In questa ipotesi, il pagamento avviene tra 2 s.o. situate in 2 Stati diversi dell’Unione europea
ed appartenenti a società residenti in Stati diversi dell’Unione europea.
In teoria, le società potrebbero anche essere residenti nel medesimo Stato, come nell’ipotesi
precedente.
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GLOSSARIO
ROYALTIES
Pagamento, corrispondente ad una percentuale sulle vendite, che il licenziatario liquida al
licenziante, a fronte di un trasferimento di Know wow, brevetto, marchio. La liquidazione può
avvenire anche in natura e allora si parlerà di royalty in kind.
THIN CAPITALIZATION
Letteralmente significa capitalizzazione sottile. E’ un metodo di capitalizzazione impropria con il
quale una società, in luogo di aumentare il capitale sociale della propria controllata, le eroga
un finanziamento. La locuzione designa propriamente l’impiego dello strumento del
finanziamento soci per il conseguimento di benefici di natura fiscale, primo fra tutti la
possibilità di deduzione dell’interesse passivo da parte dell’impresa finanziata.
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Documento reperibile, assieme ad altre monografie, nella sezione Dossier del sito http://www.sanpaoloimprese.com/
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Fonte: Commercio Internazionale
Quindicinale di diritto e pratica degli scambi con l'estero, finanza, mercati, contrattualistica, tecnica valutaria e
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