Rassegna stampa di domenica 13 novembre 2016

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Rassegna stampa di domenica 13 novembre 2016
Rassegna stampa di domenica 13 novembre 2016
ID
Data
Quotidiani
Categoria
Ambito
La Nazione
Infrastrutture
Firenze
Via' aeroporto, decolla lo scontro
16 13-nov-16
La Repubblica Infrastrutture
Firenze
La Via di Peretola che non arriva. Galletti-Rossi, scambio di accuse
16 13-nov-16
Corriere della
Sera
Infrastrutture
Firenze
Peretola, il ministero scarica i ritardi sulla Regione
16 13-nov-16
La Nazione
Infrastrutture
Firenze
Cittadella, investimento da 450 milioni. Vincoli aeroportuali, lo stadio si sposta
Ulivelli Ilaria
21 13-nov-16
La Nazione
Cronaca
Firenze
“Distretto viola”, Campo di Marte rinasce sotto il segno del calcio
Ulivelli Ilaria
17 13-nov-16
La Nazione
Rischio
Idraulico
Firenze
Quattro 'casse' per domare l'Arno. Ma non le avremo prima del 2019
Ciardi Lisa
17 13-nov-16
La Nazione
Rischio
Idraulico
Firenze
“Fogne e fiumi, troppe criticità. Investire nella manutenzione”
Mazzei
Alessandro
13-nov-16
Corriere della
Sera
Finanze
Firenze
Airbnb, Palazzo Vecchio ora rifà i conti
11 13-nov-16
La Repubblica
Politica
Toscana
Il patto della cannabis tra i massimi del piddì
11 13-nov-16
Corriere della
Sera
Politica
Referendum, il giallo delle lettere. Il No denuncia. Alfano: i dati a tutti
11 13-nov-16
Corriere della
Sera
Politica
Parte da piazza Santa Croce la sfida di Salvini a Renzi
Fatucchi
Marzio
11 13-nov-16
La Repubblica
Politica
Salvini riempie la pizza e lancia la sfida a Renzi: “Firenze non sta con te”
Ferrara
Ernesto
11 13-nov-16
Il Sole 24 Ore
Politica
Salvini si candida leader, gelo di Berlusconi
11 13-nov-16
Corriere della
Sera
Politica
Parisi: “Non siamo la roba di Firenze”. E Berlusconi: unità
11 13-nov-16
La Repubblica
Politica
Le due destre
11 13-nov-16
Corriere della
Sera
Politica
Parisi. “Forza Italia ha scelto, male. I moderati vengano da noi”
11 13-nov-16
La Nazione
Politica
Martino. Berlusconi sbaglia: il proporzionale è da Prima Repubblica
11 13-nov-16
La Repubblica
Politica
Nei tempi bui del populismo Renzi deve accelerare sulle riforma
11 13-nov-16
L'Espresso
Politica
Hanno fatto un deserto e l'hanno chiamato sinistra
11 13-nov-16
L'Espresso
Politica
16 13-nov-16
6
Roma
Titolo articolo
E' gran festa nella Roma nera
Giornalista
Ulivelli Ilaria
Vanni
Massimo
F. M.
Fatucchi
Marzio
Russo Pippo
Trocino
Alessandro
F. B.
Di Caro
Paola
De Marchis
Goffredo
Bonciani
Mauro
Ferruggia
Alessandro
Scalfari
Eugenio
Manfellotto
Bruno
Pardo
Denise
Autorità di Bacino Fiume Arno - Pagina 1 14/11/2016
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roporto, il ministro attacca boss
«Colpa vostra se la Vip e in ritardo»
Reg i one : « nostri uffici non hanno ch iesto
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di ILARIA ULIVELLI
DALL'UNITÀ di intenti alla rissa istituzionale il passo è stato più
breve del previsto. Anche inaspettato. Giovedì sera il vertice Pd aveva sancito la pax toscana: sulle
grandi infrastrutture, tutti dalla
stessa parte. Nessuna polemica.
Poi, dopo che il governatore Rossi aveva sollecitato il governo per
accelerare la valutazione d'impatto ambientale per far partire lo sviluppo dell'aeroporto di Peretola,
attesa da un anno di rinvio in rinvio, ieri è partito il missile ministeriale insieme alla contraerea
della Regione.
«IL PROCEDIMENTO di valutazione dell'impatto ambientale
sul progetto per l'aeroporto di Firenze è estremamente complesso
e vede molti soggetti istituzionali
coinvolti a vario titolo», spiega
stizzito il ministro dell'Ambiente
Gian Luca Galletti. Il procedimento è complesso, serve tempo.
Eppure era stato lui, non più tardi
della fine di agosto, che a Palazzo
Vecchio aveva detto che la Via sa-
II ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti risponde con una nota
avvelenata al sollecito del governatore Rossi sulla Via per l'aeroporto
rebbe arrivata a giorni. Sono passati due mesi e mezzo, intanto,
prima della nota ufficiale con cui
il governo rimbalza la colpa alla
Regione. «Il calendario dei lavori
previsto dalla Commissione Via spiega Galletti - ha subito di recente uno slittamento temporale
a seguito di una richiesta della Regione Toscana, tramite il proprio
rappresentante ufficiale, per poter approfondire alcuni aspetti tecnici ritenuti rilevanti».
Proprio su questo punto al presidente della Regione Enrico Rossi
salta la mosca al naso. La verifica
è immediata. «Sentiti gli uffici regionali e il dirigente del settore
che rappresenta la Regione Toscana nella Commissione Via, si
esclude con certezza che vi sia
mai stata alcuna richiesta d'approfondimento», risponde la Regione con una nota al ministro
dell'ambiente.
BOTTA e risposta a distanza.
Non è un buon sintomo. Anche
perché Rossi aveva parlato a Viareggio martedì sera con il premier
Renzi e sulle infrastrutture toscane c'era stata una solidale stretta
di mano. «Non è compito di un
ministro `imporsi' con i tecnici continua nella nota Galletti - Se
lo facessi violerei la legge, visto
che la Commissione Via è organismo tecnico autonomo che prescinde da valutazioni di tipo politico e fa riferimento esclusivo a dati scientifici di sostenibilità ambientale dell'opera». Un'altra
fiammata alla quale la Regione risponde con pacata fermezza che
«l'autonomia dell'organismo tecnico é un principio condivisibile». Ma questa levata di scudi sicuramente non ci voleva.
®,>
Il punto
Tutti d'accordo
Giovedì sera il vertice Pd
aveva sancito la pax toscana:
sulle grandi infrastrutture,
tutti dalla stessa parte.
Nessuna polemica. Rossi
aveva incontrato anche il
premier con stretta di mano
sulle grandi opere
L'accelerazione
Venerdì il governatore
Enrico Rossi aveva chiesto al
governo un'accelerazione
sul procedimento di
valutazione d'impatto
ambientale per lo sviluppo
dell'aeroporto di Peretola,
atteso da un anno
Risposta e smentita
Il ministro Galletti ieri ha
scritto che è stata la Regione
a chiedere un
approfondimento, ma Rossi
ha smentito che dagli uffici
regionali siano mai
partite richieste di
approfondimento
IL GOVERNATORE AVEVA SOLLECITATO IL GOVERNO
PER VELOCIZZARE LA VALUTAZIONE D'IMPATTO
AMBIENTALE PER L'AEROPORTO ATTESA DA UN ANNO
IL MINISTRO HA RISPOSTO CON UNA NOTA AL VELENO
Via di Peretola cine non arriva
Gal eti: Rossi, scambio di accuse
Il ministro incolpa la rappresentante toscana in Commissione. La Regione replica che è falso
TELEFONATEVI
EMUOVETEVI
SANDRO BERTUCCELLI
UESTO giornale ha sollecitato la politica a tornare a
fare presto e bene il suo
mestiere. La tela di Penelope in
cui stentano le opere pubbliche
strategiche rende indispensabile che chi svolge funzioni di governo a ogni livello si adoperi
per sbloccare lo stallo. A conferma di quanto fossimo nel giusto arriva l'ultimo disarmante
rimpallo di responsabilità tra
governo e Regione. La Via
dell'aeroporto non arriva? Il ministro Galletti "accusa" la rappresentante della Regione nella commissione. La Regione la
difende e replica che è falso.
Non se ne può davvero più.
Telefonatevi più spesso, mandatevi più email, più sms.
Ma muovetevi.
AEROPORTO, scontro frontale
tra il presidente della Regione
Rossi e il ministro dell'ambiente Galletti. Uno scontro che si
gioca attorno alla Via per l'aeroporto, attesa ormai da un anno
e mezzo: «È la Toscana che ci ha
chiesto il rinvio», accusa Galletti. «No, tutto falso», replica la
Regione.
Colpito dalle accuse di lentezza
avanzate il giorno prima da Rossi a proposito della «Valutazione d'impatto ambientale che si
attende da molto tempo», il ministro dell'ambiente Gian Luca
Galletti tira fuori l'asso dalla
manica: «Il calendario dei lavori della Commissione Via ha subito di recente uno slittamento
temporale a seguito di una richiesta della Regione Toscana,
tramite il proprio rappresentante ufficiale, per poter approfondire alcuni aspetti tecnici ritenuti rilevanti», annuncia il
ministro con una nota ufficiale.
Solo che a ruota arriva la smentita ufficiale della Regione.
VANNI A PAGINA III
Tra Gallettï e Rossi è scontro frontale
«È la Toscana che ci ha chiesto il rinvio». «No,
tutto falso». Sull'aeroporto è scontro frontale
tra ministero e Regione. Colpito dalle accuse di
lentezza avanzate il giorno prima dal governatore Enrico Rossi, a proposito della «Valutazione d'impatto ambientale che si attende da un
anno e mezzo», il ministro dell'ambiente Gian
Luca Galletti tira fuori l'asso dalla manica: «Il
calendario dei lavori della Commissione Via ha
subito di recente uno slittamento temporale a
seguito di una richiesta della Regione Toscana,
tramite il proprio rappresentante ufficiale, per
poter approfondire alcuni aspetti tecnici ritenuti rilevanti», annuncia il ministro con una no-
ta ufficiale. Come dire, il presidente toscano ha
perso un'ottima occasione per tacere. Solo che
a ruota arriva la rettifica.
In Regione scatta la verifica, si cerca il direttore dell'ambiente, il dipartimento di cui fa parte
Carla Chiodini, la dirigente della Via chiamata
in ballo dal ministro. E alla fine si dirama la
smentita della smentita: «Premesso che quello
dell'autonomia dell'organismo tecnico è un
principio condivisibile, sentiti gli uffici regionali e il dirigente del settore che rappresenta la
Regione Toscana nella Commissione Via, si
esclude con certezza che vi sia mai stata alcuna
richiesta d'approfondimento», si legge nella
nota diffusa dalla Regione.
È comunque uno scambio che rivela un clima
di crescente nervosismo attorno ad uno snodo
fondamentale per la Toscana, perché proprio
dalla Via ci si attende il sì che potrebbe sbloccare la nuova pista parallela all'autostrada. E, per
proprietà transitiva, perfino il bosco di mitigazione dell'inceneritore e lo stadio alla Mercafir
(se sarà positiva la Via azzererà il progetto Castello e Unipol darà l'okay al trasferimento del
mercato generale sui propri terreni). E il ministro Galletti sente anche il bisogno di spiegare:
«Il procedimento di Via sul progetto per l'aeroporto di Firenze è estremamente complesso e
vede molti soggetti istituzionali coinvolti a vario titolo». E aggiunge: «Non è compito di un ministro 'imporsi' con i tecnici: se lo facessi violerei la legge, visto che la Commissione Via è organismo tecnico autonomo che prescinde da
valutazioni di tipo politico e fa riferimento
esclusivo a dati scientifici di sostenibilità ambientale dell'opera».
Al netto degli scambi, resta però il fatto che la
Via dell'aeroporto ancora non c'è. E che da un
anno e mezzo ormai si attende la conclusione
della procedura: è normale che, fatta salva la
«complessità» di cui parla il ministro Galletti, i
tempi della burocrazia italiana per una Valutazione d'impatto ambientale, siano questi?
IL MINISTRO
Gian Luca Galletti
responsabile
dell'Ambiente
Peretola il nu*m*stro scarica i ritardi sulla Regione
,
Il ministro Galletti: hanno fatto slittare la valutazione di impatto ambientale. La replica: tutto falso
Aeroporto, da Roma parte
l'accusa alla Regione per il ritardo nel via libera al nuovo
scalo. E dalla Regione l'accusa
viene rimandata al mittente.
Un rimpallo di responsabilità
al cui centro c'è la valutazione
di impatto ambientale (Via) al
progetto inviato da Toscana
Aeroporti al ministero dell'ambiente.
La Via è negli uffici del ministero da oltre un anno. Ogni
settimana o quasi rumors della sua approvazione rimbalzano a Firenze: ma finora si è
trattato, appunto, solo di rumori. Ieri il ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti, per
rispondere alle accuse del presidente Rossi che aveva ricordato questo ritardo, ha rimandato la palla alla Regione. Con
una nota ufficiale: «II procedimento di Via sul progetto per
l'aeroporto di Firenze è estre-
mamente complesso e vede
molti soggetti istituzionali
coinvolti. Il calendario dei lavori previsto dalla Commissione Via ha subito di recente uno
slittamento temporale a seguito di una richiesta della Regione Toscana, tramite il proprio
rappresentante ufficiale, per
poter approfondire alcuni
aspetti tecnici ritenuti rilevanti». E Galletti poi ricorda che
«non è compito di un ministro
"imporsi" con i tecnici: se lo
facessi violerei la legge, visto
che la Commissione Via è organismo tecnico autonomo
che prescinde da valutazioni
di tipo politico e fa riferimento
esclusivo a dati scientifici».
La Regione non ci sta e pure
lei risponde con una nota ufficiale: «Sentiti gli uffici regionali e il dirigente del settore
che rappresenta la Regione
Toscana nella Commissione
Via, si esclude con certezza
che vi sia mai stata alcuna richiesta di approfondimento».
L'unica cosa su cui sono
d'accordo, Regione e Galletti, è
che «quello dell'autonomia
dell'organismo tecnico è un
principio condivisibile». Ma il
ritardo non nasce da una richiesta di Palazzo Sacrati
Strozzi: da marzo si attende
una nuova riunione, raccontano gli uffici regionali, della
Commissione Via per valutare
il nuovo materiale richiesto
dopo quella data.
Niente novità a breve, questo è il risultato dell'ennesimo
scontro sulla nuova pista parallela e il progetto di sviluppo. E l'unica cosa certa è che,
dopo le richieste di approfondimenti sulla Via, il costo dell'opera è arrivato a sfiorare i
400 milioni di euro, per le difficoltà di mettere in sicurezza
idrogeologica l'area. Lo spostamento del Fosso Reale
e
la mancata possibilità di «alzare» lo svincolo autostradale
sotto cui già oggi passa
obbliga infatti a costruire due
nuovi canali, di cui uno deve
rientrare verso il vecchio percorso finora usato per portare
via l'acqua da quella zona alluvionale. E i costi schizzano.
M.F.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L'aeroporto
di Peretola
ancora
in attesa
di una svolta
Il governatore
Enrico Rossi
Cittadella, invesfimc»nto da 450 mïlioni
Vincoli aeroportuäli: lo stadio si sposta
Il progetto preliminare sarà presentatofra un mese a tutta la città
di ILARIA ULIVELLI
TRA
MESE la Fiorentina presenterà il progetto preliminare della cittadella viola. Potrebbe slittare
di qualche giorno la data del grande evento di presentazione ai tifosi,
se il 10 dicembre il sindaco Nardella non riuscirà a rimandare un impegno a Roma. Parliamo del progetto preliminare, che è costato alla società viola circa 2 milioni di euro, e
non del progetto definitivo, che
complessivamente ne costerà più o
meno 9. Quello arriverà solamente
quando Palazzo Vecchio comunicherà ufficialmente che l'area di Novoli è libera e che lì si può costruire
il nuovo stadio, ovvero quando si saprà il nuovo indirizzo della Mercafir. Lo stadio, a parte l'involucro
esterno, ancora da decidere, ricalcherà quello di Bordeaux. Il progetto è del tutto simile a quello presentato a Palazzo Vecchio nel luglio
2014, con una sola variazione: lo stadio sarà spostato a est di 70 metri
per non entrare in conflitto con le
norne di sicurezza aeroportuali.
GLI INVESTITORI chiedono
certezze e non potrebbe essere diversamente, dato che dai 320 milioni di euro previsti inizialmente, l'investimento per la cittadella viola è
schizzato a quota 450 milioni. I motivi? La falda a Novoli è superficiale, a cinque metri di profondità si
trova l'acqua, e per costruire in falda servono più soldi. E' possibile
che la cifra sia destinata a crescere
ulteriormente, non per questo manca chi ci crede. Sono già molti i part-
ner che si sono fatti avanti con la
Fiorentina per la realizzazione del
progetto. Non solo cinesi e arabi,
nella lista ci sono anche grandi società italiane: nessuna di Firenze.
Tempi? Il progetto preliminare arriverà tra un mese. Poi entro fine
novembre, quando scadono le prime licenze a costruire a Castello,
concesse nell'ambito della convenzione ricontrattata nel 2005, Unipol dovrebbe dare una risposta che
potrebbe essere risolutiva per il futuro della Mercafir e dunque anche
della cittadella. Se i mercati generali potranno spostarsi a Castello, in
questo caso anche con il favore della totalità dei grossisti, il più sareb-
be fatto. Anche se l'iteramministrativo - con ben due varianti urbanistiche necessarie - rischia di portarsi via un anno intero: il 2017.
Ma la cittadella viola non è più un
sogno nel cassetto, il progetto è molto concreto, e si basa sulla volontà
della Fiorentina di avere uno stadio
di proprietà. Secondo studi economici, neppure troppo complessi,
avere un impianto di proprietà rende soldi, fa fare punti e dunque instaura un circolo virtuoso che si
chiama business. Basta avere un calcolatore alla mano oppure un tantino di spirito d'osservazione, per notare come i precedenti in tutt'Europa, ma anche in Italia, confermino
II presidente esecutiva della Fiorentina Mario Cognigni insieme
al presidente onorario della società viola Andrea Della valle
la tendenza. Un esempio è quello
della Juventus: nell'ultima stagione giocata all'Olimpico, lo stadio in
affitto aveva reso alla società bianconera 11 milioni di euro, nella prima
stagione allo Stadium ne ha resi 51,
con un incremento del 500 per cento. Da quando gioca nel nuovo stadio, la Juventus ha sempre vinto il
campionato. Un caso?
La cittadella viola comprende, insieme allo stadio, la realizzazione di
77mila metri quadri da sfruttare
commercialmente e 11 mila di alberghi e strutture ricettive: il core business si sposta, non è più unicamente sportivo. Con più soldi, la società
sportiva, che a quel punto può deci-
alazzo Vecchio aspetta
una risposta da Unipol
entro la fine del mese
li.
SECONDO STUDI ECONOMICI, LE SOCIETÀ CON
STADIO DI PROPRIETÀ DECUPLICANO GLI INCASSI
FACENDO PARTIRE IL CIRCOLO DEL BUSINESS
LE SOCIETA PIU FORTI POSSONO DECIDERE
DI QUOTARSI IN BORSA: UN AFFARE CHE NON
PERDONA. PREMIATE SOLO LE PIÙ POTENTI
NON C'E ANCORA UNO STUDIO DI FATTIBILITÀ,
MA L'IDEA DEL 'DISTRETTO VIOLA ' t NECESSARIA
PER LA CRESCITA COMPLESSIVA DELLA FIORENTINA
POTREBBE SLITTARE DI QUALCHE GIORNO RISPETTO
AL 10 DICEMBRE IL G RANDE EVENTO DI PRESENTAZIONE
DEL PROG ETTO PRELI M INARE DELLA CITTADELLA VIOLA
dere di quotarsi in borsa, può diventare più forte sul mercato. Il processo di finanziarizzazione del calcio è
darwiniano e premia solo le migliori: ma i club più solidi si dimostrano capaci di attrarre investimenti
dettati non solo dalla passione sportiva. Non c'è nuovo stadio senza cittadella. Questo è l'assunto. E sta pure nella legge sugli stadi firmata da
Nardella parlamentare che dà la
possibilità per chi realizza impianti
sportivi di costruire anche interventi urbanistici che risultino funzionali al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell'intervento.
Stadio modello Bordeaux
Posti a sederC-
40mila
tutti coperti:
450 Milioni di euro
2 p?zi re'~,m,,rr_iat::
77rni€a metri quadri
FlE efflill ç, ïIIUtt.'iJ ' rirr_ .11L' _.
11 mila metri quadri
Entrc .;r mr :
,-r, pr^,^rst.,t i! progctro arof.=mir.a-..
(costo 2 mitìoní di curo)
l.'GS`o F• OCi ?t? L fÍr1i?IVi?:
9 miliani di euro
OBIETTIVO DELLA FIORENTINA È RIUNIRE IL SETTORE GIOVANILE PER TENERE SOTT'OCCHIO I TALENTI
uistretto vi
',
uampo di Marte rinasce sotto il segno del calc io
TALENTI di casa da far crescere al Campo di
Marte, per poterli osservare tutti insieme, per
dare organicità al settore giovanile. Obiettivo
della Fiorentina è puntare anche sul vivaio: il
mondo italiano del pallone sa quanto il progetto sia non tanto necessario quanto ormai indispensabile. E in tal proposito la politica di `cantera' - così la chiamano gli spagnoli che sono
stati i primi già nel 1912 ad adottarla - messa
in cantiere dalla società viola farà rinascere sotto il segno del calcio il quartiere più sportivo
di Firenze, il Campo di Marte.
NON c'è ancora uno studio di fattibilità presentato, ma l'idea del `distretto viola' è necessaria per la crescita complessiva della Fiorentina: non è pensabile che una società di questo
livello non disponga di un vero centro sporti-
% h ,1 <'6 ß;;7a
Un grande 'distretto viola' al
Campo di M arte per riunire
il settore g iovanile ora
disperso su campi
lontanissimi fra loro . Tirare
su giovani talenti,
accog liendo in un Campus
unico dai pulcini agli allievi,
è uno degli obiettivi della
Fiorentina
vo e sia costretta a far giocare i giovani in campi sparpagliati per tutta Firenze e molto distanti fra loro.
Non mancano le difficoltà realizzative, ma vediamo nel dettaglio come si potrebbe realizzare il progetto parallelo a quello della costruzione della cittadella viola a Novoli. Il distretto
viola dovrebbe poter contare su uno spazio
molto ampio che va dallo stadio di rugby Padovani allo stadio del baseball, dal «Cerreti» a tutta la porzione del centro sportivo ex campini.
In quest'area sarebbe concentrato tutto il settore giovanile, dal pulcini agli allievi, per avere
sott'occhio la crescita dei calciatori dagli 8 ai
16 anni quando possono essere tesserati dalle
con contratti professionistici. Oltre ai campi
di calcio, agli spogliatoi, sarebbe necessario
realizzare un grande centro sportivo e una foresteria (ora il `convitto' per giovani calciatori
che abitano lontano da Firenze è in via Carnesecchi).
L'IDEA del `distretto viola' sarebbe centrata
sull'intera porzione di Campo di Marte per
realizzare una sorta di cittadella del calcio. Un
modo anche per tenere in vita il quartiere dopo che lo stadio si sarà svuotato. Il Franchi abbandonato rischierebbe il collasso. Necessita
di essere riempito di attività. Fra queste potrebbero esserci quelle del rugby, dal baseball,
delle società che uscirebbero dagli attuali contenitori per far spazio al distretto viola.
Non è facile ma è indispensabile. Per questo la
Fiorentina ci sta lavorando e ha già sottoposto
l'idea all'amministrazione comunale.
Ilaria Ulivellì
'BATTAGL I A PER LA S I CUREZZA
altro `casse' per d 1
non le avre
a ßc12019
Le opere lungo il fiume principale e la Sieve terranno 25 milioni di metri cubi
Lisa Ciar i
,FIRENZE
UNA VOLTA completate conterranno 25 milioni di metri cubi di
acqua. Un quantitativo pari a quello di 10mila piscine olimpioniche.
Ma per vedere finite le quattro casse di espansione di Figline (Firenze), lungo il fiume Arno, c'è ancora da aspettare. La brutta notizia è
che l'ultimo lotto sarà finito non
prima del 2019. La buona che, nel
frattempo, anno dopo anno, nuovi
pezzi del puzzle andranno a regime e il quantitativo di acqua che
potrà essere trattenuto continuerà
ad aumentare. Già oggi si può parzialmente utilizzare (ma solo in caso di vera emergenza) una porzione della Pizziconi 1, cassa che sarà
inaugurata a marzo prossimo e potrà contenere da subito 3,5 milioni
di metri cubi di acqua, arrivando
poi a 4,2. Seguirà, entro il 2018, la
Pizziconi 2, termine che non indica una nuova cassa, ma un'ottimizzazione della prima, inclusa una
più funzionale «opera di presa»
per far entrare l'acqua dell'Arno
nel grande bacino artificiale.
PARALLE LO , i lavori dovrebbero iniziare nelle altre tre casse: la
Restone (15,9 milioni di euro per
un'area di 115 ettari in grado di
contenere 5,5 milioni di metri cubi di acqua) collocata proprio di
fronte alla Pizziconi, sulla sponda
opposta dell'Arno, e le Leccio e
Prulli, più a valle (50,2 milioni di
euro di costo complessivo per invasare 13,5 milioni di metri cubi di
acqua in 292 ettari di terreno), entrambe in destra idraulica (ovvero
guardando il fiume con le spalle al-
la sorgente).
mPER AVERE un termine di paragone - spiega l'ingegnere Francesco Gabellini, funzionario della
Difesa del Suolo della Regione per un evento simile al 1966 arriverebbero oggi a Firenze 3.700 metri
cubi di acqua al secondo. Con le
casse di Figline scenderemo del
10% arrivando a 3.400 metri cubi
al secondo». Va detto però che dal
1966 a oggi c'è stato un enorme
boom urbanistico, con edificazioni selvagge anche in zone a rischio, perché molto «basse». È
quindi fondamentale riuscire a
trattenere più acqua possibile do-
ve non faccia danni. In questa direzione vanno l'innalzamento della
diga di Levane (9 milioni di inc) e
le casse di espansione sulla Sieve
(altri 9 milioni), che però finiranno fra il 2020 e il 2022. Tempi previsti sulla carta, al netto dei possibili ritardi che in passato sono stati grandissimi. «Purtroppo si tratta di opere complesse su aree enormi - continua l'ingegnere Gabellini - e dobbiamo spesso fare i conti
con espropri, linee elettriche, cavi
e interferenze con tutte le infrastrutture che si trovano in aree abitate». Gli intoppi sono in agguato.
Ma l'Arno non aspetta.
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11o nno, le .mumo piim, di'09
2017 e 201 8
Il primo lotto della cassa di
espansione Pizziconi, costo
18 milioni di euro, sarà
inaugurato nel marzo del
prossimo anno. Nel 2019
sarà ottimizzata e alla fine
delle opere avrà una
capacità di 4,2 milioni di mc
2019
Per realizzare le casse di
espansione Leccio e Prulli
(capacità complessiva di 13,5
milioni di mc, costo 50
milioni) e la Restone
(capacità 5,5 milioni di mc,
costo 16 milioni) la fine dei
lavori è prevista per il 2019
2020 e 2022
Nel 1966 a Firenze
arrivarono 3. 700 metri
cu b i d i acq ua al seco nd o.
Con le casse d i Fi line si
scenderebbe del 1 0%
Si tratta di opere
complesse su aree
enorm i e p erciò si d evono
s p esso farei conti con
espropri e imprevisti
L'innalzamento della diga di
Levane di 5 metri, che
consentirà di contenere 9
milioni di mc (costo 25
milioni), sarà terminato nel
2020. Altri 9 milioni saranno
contenuti dalle casse sulla
Sieve: fine lavori il 2022
DIRIMPETTAI D'ARNO
Gli ingegneri Francesco
Gabellini e Oreste Tavanti,
dall'area della Pizziconi
mostrano l 'altra sponda del
fiume, dove sarà realizzata
la cassa d'espansione
Restone
La diga di Levane
L'Arno in una recente piena
sotto Ponte Vecchio
PER EVITARE NUOVE ALLUVIONI , SPIEGA
ALESSANDRO MAZZEI, BISOGNA AVER CURA
DEI FIUMI ANCHE QUANDO NON STRARIPANO
bgne e fiumi, toppe critici
vestire Nella manutenzione»
®
.
ione piano da 385 m l on per l Amo p ù
7.
G,
'
IL 4 NOVEMBRE 2016 è stata
una data importante per il servizio idrico della Toscana : ci ha ricordato i drammatici eventi che
hanno colpito molte parti della nostra regione 50 anni fa e ci ha restituito il lungarno Torrigiani. Le alluvioni del `66 hanno insegnato
che molto può essere fatto per prevenire tali disastri e limitare le loro conseguenze ; ma ci hanno anche insegnato che bisogna aver cura dei nostri fiumi anche quando
non straripano e quindi bisogna
depurare le acque di scarico che
versiamo nei fiumi e nel mare.
HA RAGIONE Vannoni a dire
che bisogna investire in questi settori: è per questo che come Autorità idrica toscana, appena un mese
fa, abbiamo approvato i nuovi piani degli investimenti per il periodo 2016-19 dei gestori toscani del
servizio idrico integrato . Nei piani sono previsti investimenti per
quasi 600 milioni di euro in quattro anni per la fognatura e depurazione di tutta la Toscana, di cui
385 milioni riguardano l'asta
dell'Arno. Sono stati individuati
136 interventi per collettare e depurare circa 550 scarichi fognari
che attualmente vanno a finire
i i
nell'Arno o nei suoi affluenti senza alcun trattamento. Tutte queste opere ci consentiranno di evitare le pesanti sanzioni europee, ma
soprattutto ci consentiranno di
avere un fiume e un ambiente più
puliti. Il crollo del lungarno Torrigiani ha messo a nudo la fragilità
del nostro sistema di approvvigionamento e di distribuzione dell'acqua potabile, fragilità che peraltro
come Ait denunciamo da anni: le
nostre reti sono vecchie e investiamo troppo poco per la loro sostituzione e manutenzione straordinaria. La sola tariffa del servizio idrico non basta a superare il ritardo
che ci portiamo dietro. Ma il crollo del Lungarno ha anche evidenziato un'altra criticità: lo scarso livello di monitoraggio delle reti e
del loro funzionamento idraulico.
Anche su questo fronte il quadriennio 2016-2019 potrà rappresentare una svolta: insieme al Comune abbiamo chiesto e ottenuto
che Publiacqua inserisse nei suoi
programmi di investimento un
piano di distrettualizzazione e monitoraggio dell'intera rete fiorentina di distribuzione dell'acqua.
Alessandro Mazzei
direttore generale Autorità
idrica toscana
i
'
i
.
ii fi ume d íventò nero
Venen fi presentaz í one
IL LI B RO di Giovanni Morandi
"Poi il fiume diventò nero ", edito
da Bompiani sarà presentato in
occasione dell'incontro sul tema
"Gavinana prima e dopo quel
giorno". L'incontro si terrà venerdì
alle 17,30 al circolo Vie Nuove,
viale Giannotti 13. Parteciperanno
Alfredo Esposito presidente del
Quartiere 3, Pieraldo Gori, Franco
Pieraccioni e Giovanni Morandi.
Anche Pontassieve
non dímentíca
I
OCCASIONE dei 50
anni dall'alluvione a
Pontassieve si è tenuto il
convegno «Com'era
l'acqua. Scuola e
territorio», dedicato a
Idana Pescioli. A fine
mattinata sono stati
consegnati i riconoscimenti
all'ex sindaco Enso
Boscherini e al generale dei
carabinieri Lamberto
D isibio, che nel'66 era in
comando a Pontassieve.
*M
Sono stati i nd ivi d uati 136 int erventi
per dep urare 550 scarichi fog nari
che vanno a finire nei corsi d 'acq ua
TANTISSIMI I FIORENTINI CHE OGNI GIORNO
CONTINUANO AVISITARE LA MOSTRA
SULL'ALLUVIONE ALLESTITA DA LA NAZIONE
L'OCCASIONE
CHI NON E ' ANCORA RIUSCITO A VISITARE
LA MOSTRA PUO' FARLO OGGI DALLE 9.30
ALLE 18 PER L'APERTURA STRAORDINARIA
M
PRIME PAGINE, FILMATI ORIGINALI E SUPPORTI
M ULTIMEDIALI PERMETTONO DI RIVIVERE
L'ALLUVIONE CHE COLPI' LA CITTA' NEL 1966
Airbnb, Palazzo Vecchio ora rifà i conti
La norma anti evasione del Parlamento porterebbe 3 milioni in più. Ma Renzifi ena: no se è una nuova tassa
In due giorni Palazzo Vecchio è passato dalla felicità al
gelo (ma ancora con una punta
di ottimismo) su Airbnb e la
nuova normativa che prevedeva la cedolare secca (il 21%) sugli affitti tramite la piattaforma
web. Non tanto per le tasse che
gli «host», i proprietari, avrebbero pagato ma per il fatto che
Airbnb sarebbe diventata responsabile in solido della
eventuale evasione fiscale
così prevedeva l'emendamento
approvato in commissione finanze al Camera. Lo strumento
perfetto per far emergere tutto
il «nero», e quindi far schizzare in alto il pagamento della
tassa di soggiorno. Conti alla
mano, l'assessore al bilancio
Lorenzo Perra aveva ipotizzato
che si potesse passare ad incassare dagli attuali 1,5 milioni di
euro l'anno a tre volte tanto, oltre 4-4,5 milioni. «Una stima
prudente» conferma Perra alle
12.15. Poi, dieci minuti dopo,
arrivata la gelata da Roma.
«Nessuna nuova tassa in legge di bilancio, nessuna. Nemmeno Airbnb. Finché sono
premier io, le tasse si abbassano e non si alzano #avanti»
twitta il presidente del Consiglio Matteo Renzi dopo gli attacchi arrivatigli dal centrodestra che indicava questo provvedimento come un aumento
della pressione fiscale. Una
bocciatura? Forse solo un rinvio, perché in realtà la cedolare
secca sarebbe stata (per chi fa
l'attività in modo professionale) addirittura un abbassamento delle tasse. E forse alla fine
ce la farà a passare in Parlamento. Ma la norma aveva prima di tutto proprio l'obiettivo
di far emergere il sommerso,
ora ancora difficile da individuare. Tanto per dare un'idea:
attualmente, chi si è registrato
per pagare la tassa di soggiorno a Firenze è circa un terzo degli «host» che si trovano sul sito di Airbnb (solo quello, peraltro). La stessa multinazionale ha affermato, a Palazzo
Vecchio, che sono per lo meno
lo mila gli appartamenti a disposizione (anche per periodi
limitati) a Firenze. La realtà
Gli appartamenti che
possono essere affittati
a Firenze secondo quanto
comunicato dalla stessa
Airbnb al Comune
delle cose l'ha data Airdna, società californiana, che estrapola i dati dal portale: è stata lei a
dimostrare che il tasso di aumento degli appartamenti disponibili a Firenze è del 20%
l'anno. Sempre calcolando le
media di appartamenti affittati
davvero nell'ultimo anno indicata da Airdna (estrapolati dalla disponibilità offerta sul
web) emerge che
con un
calcolo prudente
almeno
625 mila sono state le «notti»
affittate degli stessi lo mila appartamenti: ovviamente, con
una media di almeno due ospiti per appartamento, si parla di
almeno un milione e trecentomila pernottamenti che avrebbero potuto portare più di 3
milioni di euro di tassa di soggiorno nel bilancio comunale,
una cifra non lontana dalla stima di Perra e comunque più
del doppio di quanto incassato
attualmente dal Comune.
La norma della cedolare secca era stata accolta con favore
da parte della Anbba, associazione che raccoglie molti
«host» professionali e semi
professionali. Ma pare non fosse invisa neanche alla stessa
Airbnb: perché gestire diretta-
mente il pagamento della tassa
di soggiorno avrebbe significato gestire anche la «cassa», il
«cash flow». Che, peraltro, il
cliente paga quando arriva (da
inizio mese a fine mese) mentre la tassa di soggiorno si paga
in una unica rata a fine mese: la
«valuta» e i soldi sarebbero rimasti in cassa per tutto il mese
a Airbnb. Che infatti si era anche proposta, in altri Comuni,
come sostituto d'imposta globale: tradotto, avrebbe potuto
gestire lei pure il flusso della
cedolare secca, non solo quello
della tassa di soggiorno. L'offerta di Airbnb però finora si
scontrava con problemi legali,
dato che la filiale europea ha
sede a Dublino. Per diventare
sostituto d'imposta avrebbe
dovuto aprire una sede in Italia
(e pagare qui le tasse). La norma della commissione finanze
insomma sembrava risolvere
molti problemi (e pure inficiare l'obbligo di aprire la partita
Iva, come chiesto dalla nuova
normativa regionale).
Marzo Fatucchi
Fulvia Marotta
Sharing
11 .
Le notti che sono state
affittate negli appartamenti
fiorentini. Un calcolo
possibile grazie ai dati della
società californiana Airdna
La cifra che entrerebbe nelle
casse di Palazzo Vecchio se
venissero pagate tutte le
tasse di soggiorno relative
agli affitti su Airbnb
Airbnb
sfrutta le idee
della sharing
economy
usando il web:
l'azienda non è
proprietaria di
appartamenti,
ma mette in
contato chi
propone
camere in
affitto con chi
le cerca
attraverso una
piattaforma
online.
Il pagamento
avviene
sempre
onhne, la
società
californiana
guadagna dalle
commissioni,
circa il 30% di
quanto spende
l'ospite
L'assessore
al Bilancio
Lorenzo Perra
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gli Airbnb in città al 12 novembre 2016
UAL è la parola della settimana? Senza dubbio
Q alcuno è cannabis. Termine che soltanto a leggerlo
vi siete drizzati sulla sedia. E
magari qualcuno di voi sta anche esclamando: "Ovvia, finalmente su Repubblica Firenze si parla di cose serie!".
Il fatto è che, negli ultimi giorni di vita pubblica toscana,
l'oggetto è stato messo al centro d'uno slancio riformatore
cui si sono iscritti i due massimi esponenti della classe dirigente toscana del piddi: il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, e il sindaco
di Firenze, Dario Nardella.
Entrambi pubblicamente
schierati per la legalizzazione della signora Maria Giovanna. Rossi ha esternato
l'appoggio firmando la propostadi legge d'iniziativa popolare per la legalizzazione, promossa dal Partito Radicale.
Nardella è andato oltre il sostegno alla proposta di legge,
e nel corso di un'iniziativa
pubblica ha confessato d'essersela fatta anche lui, da giovane, una bella canna.
Giusto per dare una botta
di trasgressività all'immagine, come faceva l'Epifanio di
Antonio Albanese quando si
sforzava di sembrare "un tipo molto get down".
Un sincronismo, quello fra
Palazzo Strozzi Sacrati e Palazzo Vecchio, che è pura coincidenza. Ma si sa che le coincidenze sono soltanto in parte
casualità, portandosi dentro
anche una grossa quota di
causalità latente.
Sicché, come dobbiamo interpretare questo inconscio
Patto della Cannabis fra i due
principali esponenti della
classe politica toscana del piddì?
SEGUE A PAGINA IX
Il Patto della
cannabis tra
i massimi del piddì
>
-tDI.CRONACA
MOLTO si potrebbe
fantasticare sui motivi
di questa concordia
erbivora. E fra i più credibili non
può che esserci un umanissimo
desiderio di fuga dalla realtà.
Provate un po' a immedesimarvi
nei loro sguardi, e a vedere il
mondo come lo vedono loro tutte
le sante mattine dal balcone del
proprio palazzo. Un referendum
costituzionale dentro il quale
sono stati trascinati e che mette
a rischio l'osso del collo di
entrambi, una catena di opere
medie e grandi che si bloccano
una dopo l'altra per pasticci vari
o soltanto perché un pernicioso
spleen prese il sopravvento, e
persino il rischio di trovarsi il
clown di McDonalds a poche
decine di metri da entrambi.
Non verrebbe pure a voi
l'umanissima voglia di regalarvi
un'innocente evasione? Una
breve parentesi, giusto per
distrarvi dalle incombenze del
quotidiano. Magari in
condivisione, che il rito è più
importante del consumo. "Ce ne
facciamo una qui da me,
Enrico?". "No Dario, vieni tu qui
che li date, con tutti quei vigili
all'ingresso,..".
@pïppoevai
-VNOfJUZIGNERiSE}, ATA
Referendum, i1 giallo delle lettere
Il No denuncia. Allano: i dati a tutti
Il garante sul voto all'estero: partiti e comitati hanno diritto agli indirizzi
ROMA Diventa un giallo il caso
della lettera firmata da Matteo
Renzi e inviata a quattro milioni di italiani all'estero in vista
del referendum del q dicembre. Il presidente del Comitato
del No Giuseppe Gargani denuncia di aver ricevuto un cd
con i soli nominativi, senza gli
indirizzi. Una presunta disparità di trattamento che spinge
gli esponenti del No ad annunciare denunce. Ma in serata arriva una nota del ministero dell'Interno che smentisce
la ricostruzione e spiega che il
dischetto, completo di indirizzi, è stato consegnato anche
all'onorevole Gargani, il 12 ottobre scorso.
Il pomeriggio comincia con
un intervento del ministro Angelino Alfano, che spiega:
«Non c'è nessuno scandalo,
basta ipocrisie». Con una
chiosa che allarma il comitato
del No: «E un'iniziativa assolutamente normale che ha tutta
l'istituzionalità che giustifica
l'intervento di un presidente
del Consiglio che promuove il
voto». E qui si pongono alcune
domande: i dati sono stati
chiesti per iniziativa di Palazzo
Chigi, del Pd o del Comitato
Basta un sì? E la lettera è stata
firmata da Renzi in qualità di
segretario del Pd o di premier?
E infine, le lettere sono state
spedite insieme o contemporaneamente alle schede?
Quanto basta per far inferocire gli esponenti del No,
pronti a esposti e denunce, da
Matteo Salvini ai 5 Stelle («La
lettera è una truffa che altera il
voto»), fino a Renato Brunetta
che annuncia «azioni unitarie». In serata, la nota del Viminale. Che conferma, almeno dal punto di vista teorico,
quanto sostiene Antonello Soro, Garante della privacy:
«Quei dati devono essere divulgati sia ai partiti sia al comitati. Solo in caso di sms si pone un problema di privacy, ma
non nel caso di lettere». Dopo
la nota del Viminale, Gaetano
Quagliariello si allarma: «Ho
subito telefonato a Gargani,
che mi ha confermato: "Non
sono mica rimbambito e poi lo
abbiamo letto in quattro"».
Indirizzi a parte, resta il problema principale, per Quagliariello: «Le parole di Alfano sono una chiamata di correo per
Renzi. Se davvero si è trattato
di un'iniziativa della presidenza del Consiglio, allora saremmo nel penale. Se la possono
cavare solo se dimostrano che
si tratta di un'iniziativa del Pd
e di una lettera pagata dal partito e non inviata con lo stesso
spedizioniere dei plichi elettorali». Il Comitato del No, intanto, ha chiesto un incontro
con il capo dello Stato Sergio
Mattarella e con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il
quale ha già fatto sapere che è
disponibile.
Alessandro Trocino
RIPRODUZIONE RISERVATA
I
I numeri
L'elettorato
potenziale dei
residenti
all'estero è di
circa 4 milioni
di persone,
quasi l'8% del
totale
All'ultimo
referendum,
quello così
poco
partecipato
sulle trivelle
(32% di
affluenza),
dall'estero
hanno votato
780 mila
italiani
Può votare
anche chi è
temporaneamente fuori
dall'Italia
(minimo 3
mesi), senza
essere iscritto
all'Anagrafe
degli Italiani
residenti
all'estero
Parte da piazza Santa Croce
la sfida di Salvini a Renzi
Quindicimila a Firenze col leader leghista. Ci sono anche le bandiere ' Forza Italia
«Grazie ai ,o mila in pia zza
oggi a Firenze» scrive Malleo
Salvini su 'l'wiiter. 11 leader
della bega si lascia prendere la
mano ( nei /l.,oo metri quadri
liberi ieri in piazza Santa Croce, al massimo , si arriva a 18
mila). Succede , quando si fa
una prova di forza. I)i certo
piazza Santa Croce è si ripiena,
di persine e di bandiere: sino
tanti i toscani che si sino aggiunti ai novemila arrivati in
pullman dal Nord e dal Sud
Italia. «Abbiamo libenrio questa piazza dall'essere un'icona
delle manifestazioni di sinist ria» dicono. La prova di forza,
Salvini , l'ha vinta. I)i fronte a
quelle migliaia di persone,
sfruttando l'onda t umpista, il
segretario della Lega si candida a premier . spaccando il
centrodestra , o forse creando
un nuovo fronte con Giorgia
Meloni di Fdi, un pezzo di Forza Italia con il governatore ligure azzurro Giovanni 'l'oli,
entrambi in piazza ieri. Insieme con tanti spezzoni dell'ex
Pdl, compresi Gianni Alemanno di Azione Nazionale e Daniela Santanchè , che si muove
nel mezzo alla folla in un bagno di selfie e di baci.
Ii Forra Italia? Almeno un
pezzo è qui : sventolano anche
le bandiere bianche rosse e
verdi , insieme a quelle azzurre, portate dal gruppo capitanato dal consigliere comunale
Jacopo Cellai . Stil palco invece
ci sono i sindaci toscani di
centrodesIna : Alessandro Ghinelli di Arezzo, Antonfrances'o \'ivarelli Colonna di Grosseto: gtiest ' tiltimo, quando
scende giù, trova Giovanni
Donzelli e Fralicesco Torselli
di Fdi, si abbracciano . ' Putti
schierati per il No al referendum costituzionale del i dicembre
il motivo ufficiale
per cui è stata organizzata la
manifestazione di piazza San-
ta croce
ma quando si chiede dello strappo fatto da salvini, che ha detto a chiare lettere
«vince il No, si torna a votare. E
inai con chi fa iik'iuci, con chi
e nostalgico di \crdini e Alfano», rivolto al «moderato»
Stefano Parisi e a Silvio Berlus'oni, \'ivarelli Colonna alza le
spalle: «Non è facile, questa
fase». Perché in Toscana il
centrodestra riesce a vincere
solo se non perde per strada
nessun pezzo, da Forra Italia
alla Lega e olt e.
Stil palco ieri c'era anche
Massimo Bitonci, ormai ex
sindaco di Padova, defenestrato proprio da due consiglieri
azzurri che lo hanno sfiduciato con Pd e M15. tJn altro sin(laco civico di centrodestra,
Se vince
il No
si torna
a votare
E mai
con chi
fa inciuci
e con
chi è
nostalgico
di Verdini
e Alfano
anche lui stil palco, Claudio
Scarpelli di Firenzuola, parla
di «due soli leader, Meloni e
Salvini» per il fronte unito ant i
Pd. Susanna Ceccardi, sindaca
Icghista di Cascina, scalda la
piazza con i suoi «t re no».
In piazza c'è anche
lo aveva promesso
il consigliere
comunale azzurro (ex tJdc, ex
Icghista) Mario Razzanclli. C'è il deputato Achille
'l'otaro di Fdi.
C'èperò soprattutto
«gente del
nord», anche
se l'organizzazione mette in prima fila gruppi dal
sud e dal centro.
Al fianco
dell'iconografia tipica
Icghista (il
sole delle Alpi, il Icone di
San Marco)
spuntano i
manifestini
stile convention tJsa. tJn
«effetto
Trilinp» coli
una coni raddizione di colori insanabile: sono blu,
qua simbolo
del centrodestra ma oltre Oceano simbolo
dei I ) mocratici. I non è l'unica contraddizione in scena in
santa croce. Effetto 'l'rump
due: Filippo, di Varese, sventola una doppia bandiera, quella
tJsa sopra quella della Federazione Russa; dal palco la salutano come un «simlxilo di pace». Intorno alla piazza, dai
balconi qualcuno applaude.
tJno espone una foto di Finstein che fa linguaccia e scrive:
«'l'ornate in Padania». Pochi
metri più in la, in piazza dei
Ciompi, i centri sociali sono
riuniti perla contromanifestazione: 2,0 persone in tutto,
nessun problema per l'ordine
pubblico.
Marzo F
c I
IdPP)Wnorn iatinivAiA
È stato
uno
spettacolo
Una folla
educata, che
ha lasciato
la città
bella e
pulita come
l'ha trovata
Renzi
stai sereno
i, ,nna a, sA, , Re-
a
Matteo Salvini
sul palco di
piazza Santa
Croce di fronte
ai militanti
raccolti per la
manifestazione
di Firenze
A destra, il
contro corteo
organizzato dai
centri sociali e
dagli
antagonisti
partito da piazza
dei Ciompi
I,,,pri .
r;¡-¡,,l,':
7ì/,
,.
i, í
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' i 2.
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i ibiazza
e lancia la sfida a i
nzi
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1 1.
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.nze
,%'
Il leader della Lega raduna dodicimila fan da tutta Italia
Con lui Maroni, Toti, Meloni, Alemanno e Daniela antanc e
SALVINI che urla: «Si o no?». E la piazza:
«Nooooo». «Come non ho sentito: si o no?» ripete "l'altro Matteo" come fosse un dj. E ancora: «Noo, noooo, nooooo». Comincia e finisce
così la prima reunion del "trumpismo" italiano in Santa Croce, Nella piazza che nel 1981
si riempi per Berlmguer e più volte ha ospitato manifestazioni della Cgil ieri plana un popolo di 12-13 mila militanti di destra, pochi toscani e molti padani coi loro berretti verdi, il
loro folklore e i cori "secessione-secessione".
Per Matteo Salvini, che aveva ideato e costruito l'evento per serrare le truppe e lanciare dalla casa di Renzi l'assalto del "no"al referendum del prossimo 4 dicembre è l'occasione di fare un passo in avanti. Di lanciare l'Opa
finale sulla leadership dei centrodestra invocando nemmeno troppo velatamente le primarie: «Io ci metto la faccia. Se voi volete io ci
sono. Se il voto sulla Brexit e il voto degli americani ci insegna qualcosa, con oggi si parte
per andare a vincere». E siccome per un giorno Santa Croce sembra Pontida e via dei Benci un circolo leghista («E noi che siamo padani-abbiamo un sogno nel cuore-bruciare il tricolore», urlano i giovani padani davanti ai
pub) l'accoglienza è stile Leopolda per Renzi:
applausi, donne che baciano le foto di Salvini,
selfie, cartelli "Salvini premier", leghisti ve-
I cartelli dei militanti arrivati sui
pullman lo incoronano premier:
"Questa città non è comunista ma
solo abusivamente occupata"
nuti dalla Calabria e dalle Marche terremotate che si fanno autografare bandiere e libri e
gridano «vai Matteoooo».
È una piazza stracolma (40 mila per gli organizzatori, 10 mila dice la questura, il Pd
manda gli "osservatori" a controllare) ma
che non parla toscano. Forse i fiorentini che
ascoltano il comizione dei big-ci sono Salvini,
Toti, Meloni, Santanchè, Alemanno, Maroninon sono che poche centinaia. Si vede qualche forzista, ci sonoJacopo Cellai e Mario Razzanelli, non si affaccia il coordinatore regionale Stefano Mugnai. In compenso nel backstage del palco ci sono i sindaci di Arezzo Ghinelli e di Grosseto Vivarelli Colonna, pure Mallegni di Pietrasanta, la leghista di Cascina Ceccardi parla e si rivolge alle donne: «Quando sono brave vincono, non c'è bisogno di quote ro-
,
TRAVESTIMENTI
Molti simboli della Lega. E qualche
militante vestito da vichingo
INCONSAPEVOLE
II cag netto con bandana leghista
esibito nella manifestazione
I SELFIE
Ricercatissima perla foto ricordo la
parlamentare Daniela Santanchè
sa. E chiamatemi sindaco, non sindaca come
vorrebbe la Boldrini». Ci sono i Fratelli d'Italia, Segno che esiste un bel pezzo di centrodestra toscano che sta con Salvini.
Si vedono i militanti di Casaggi, sventolano bandiere indipendentiste dei Friuli e del
Veneto, molti militanti per issare i vessilli leghisti hanno portato le canne da pesca. Bergamo, Lecco, Treviso, Milano, Vigevano, Savona. Un uomo suona un corno «di capra varesotta», altri sfoggiano corna vichinghe, allo
stand di "Radio Padania Libera" i fondi si raccolgono in una damigiana, vanno forti le magliette "Meglio bestia che Renzi". E quelli della sezione di Carnago e Rovate riflettono che
«manca una griglia per arrostire». Un volantino annuncia l'arrivo della nuova icona della
destra francese Marion Le Pen il prossimo 25
novembre, auditorium "Al Duomo" di via Cerretani, ore 18. La folla si accende contro Alfano e gli immigrati: «Gli italiani emigranti in
America li tenevano in quarantena prima...» .
Salvini attacca tutto e tutti: Mattarella, Napolitano, i giornalisti, l'Europa, le banche, Renzi, il Pd, i 5 Stelle, Si offre come liberatore di Firenze, cita Dante e Oriana Fallaci: «Firenze
non sta con Renzi. Non è comunista: è abusivamente occupata da qualche bugiardo che
manderemo a casa il prima possibile e che oggi sta a rosicare a Regnano». Ribatte il sindaco Dario Nardella: «Salvini chi?». Gli organizzatori sono imbufaliti per tutta la tassa d'ingresso dei pullman turistici che hanno dovuto pagare e per i mille controlli ai bus che hanno ritardato l'arrivo di tanti militanti.
RIPROCUZIONERISERVFTA
A Firenze la manifestazione di Lega e Fdi peri I No - Parisi si smarca: «Noi non siamo quella roba lì» - Ma Fi è divisa
s cand da
i
d Berluscon
i
i
i
Il Cavaliere: dopo il voto legge elettorale condivisa - Renzi agli elettori M5S e Lega: il No e contro la vostra storia
ROMA
íws Più che il «No» aprendersi la
scenaierie statalaspaccaturanel
centrodestra. A raccontarla plasticamente sono 2 piazze: quella
di Firenze, con l'adunataleghista
in Piazza Santa Croce dalla quale
Matteo Salvini ha detto di essere
pronto a guidare il centrodestra,
e l'altra a Padova, dove Stefano
Parisi è arrivato con il suo tour
Megavatt per un centrodestra
moderato accompagnato da un
messaggio di Silvio Berlusconi,
proprio nel giorn o in cui Fi ha fatto cadere la giunta guidata dal
sindaco della Lega Massimo Bitonci. A riportare il referendum
al centro dell'attenzione ci ha
pensato invece Matteo Renzi,
che via Facebook ha lanciato un
appello agli elettori di Lega e
Mss: «Se votate No andate contro la vostra storia», ha detto il
premier sostenendo che l'opposizione dei parlamentari pentastellati e del Carroccio è perchè
«sono affezionati alle loro poltrone di senatori».
MaquestavoltaRenzi e ilreferendum restano sullo sfondo
perchè il principale protagonista
della giornata è il centrodestra.
Circondato da cartelli con su
scritto Salvini premier, il leader
della Lega lancia la sua candidaturaallaleadership delcentrodestra. Per usare le sue parole: «A
metterci la faccia per vincere».
La sconfitta del Sì e di Renzi è il
presupposto essenziale perchè
la «lunga marcia» cominciataieri a Firenzi prosegua. Ma Salvini,
che dichiara di voler denunciare
il premier per le lettere inviate
agli italiani all'estero, ritiene la
vittoria del No un risultato acquistito e seguendo le orme di
Donald Trump ha già cominciato la campagna elettorale che
porterà alle politiche: «Se vince
il No si va avotare. Scelgono i cit-
tadini, non Mattarella». Per Salvini il Quirinale deve farsi daparte. «Chi è Mattarella?», attacca il
segretario del Carroccio che per
il futuro annuncia di voler cancellare il ruolo del Capo dello
Stato, «che non serve a niente,
come iprefetti» epropone difare
del Quirinale «un asilo gratuito».
Da Padova la risposta di Parisi
è lapidaria. «Noi non siamo quella roba che è a Firenze», «la risposta non è Salvini, non sono le
ruspe, gli slogan ma la capacità di
dare risposte», dice Mr Chili che
r
I l leader leghista: «Se vince i l No
si vota, non sceglie Mattarella. I
nostalgici degli inciuci non
saranno nostri alleati». L'ex ad
Fastweb: «No alle ruspe»
Lega
Con la manifestazione di ieri a
Firenze illeaderleghista Matteo
Salvini ha lanciatola propria
candidatura come leaderdel
centrodestra. Lega e Fratelli
d'Italia si oppongono a qualsiasi
trattativa con Renzi sulla legge
elettorale dopo il referendum
Forza Italia
Forza Italia ha marcato con
nettezza ieri la propria differenza
dalla linea leghista,sebbenein
piazza con Salvini ci fosseroalcuni
esponenti Fi comeToti e
Santanchè. Silvio Berlusconi non
solo non è andato a Firenze ma non
ha inviatoalcun messaggio. Una
lettera è gi unta invecea Stefano
Parisi, in cui ilCavaliereindica la
linea di contribuirea una nuova
legge elettorale dopo i l referen d u m
ringrazia Berlusconi per il messaggio inviatogli e con il quale il
Cavaliere di fatto conferma il
percorso diParisi. «Noi,nonipopulismi, possiamo proporre
un'alternativa seria ai fallimenti
del centrosinistra», sottolinea
l'ex premier che ribadisce: «Dopoi] referendum si dovrà andare
alle urne con unalegge elettorale
ragionevole e possibilmente
condivisa e dare il via ad un vero
percorso diriforme». Quindiper
Berlusconiilritorno alvotononè
immediato.
Salvini è pronto ad andare alla
conta. Il leader della Lega sa che
dentro Fi c'èunaparte consistente che, complice anche l'endorsement del Cavaliere a Parisi, è
pronto anche allo strappo. Con
Salvini oltre alla leader di FdI
Giorgia Meloni c'era anche il governatore della Liguria, il forzista Giovanni Toti, daniela Santanche è diversi sindaci di Fi
(Arezzo, Foggia,Andria, Ascoli).
«Chi ha preferito non esserci oggilibero di scegliere. Noi si parte.
Io da domani porto in giro per
l'Italia questa piazza, queste
idee, non è il tempo dei tentenna,
nè di avere dei dubbi». Insomma,
«chi ha nostalgia di patti del Nazareno», «diinciuci», « di Verdini e Alfano non sarà mai nostro
alleato». Toti prova a mediare:
«Berlusconi in questa piazza c'è
nel senso che senonci fosse stato
Berlusconi non ci sarebbe neppure questapiazza», spiega il governatore ligure che però rilancia anche la necessità di un «percorso di rinnovamento». Un rinnovamento che - avverte però il
leader dei Conservatori e riformisti Raffaele Fitto - deve p artire
anzitutto dall'affidare la scelta
della leadership ai cittadini «con
le primarie».
B. F.
C RIPRODDZION E RISERVATA
La piazza di Firenze Il leader leghista Matteo Sa [vini
Parisi: «Non siamo
la roba cli Firenze»
E Berlusconi: unità
Il partito plaude all'intervento del leader:
grazie alle sue parole FI è tornata centrale
ROMA Ha risvegliato l'orgoglio
degli azzurri l'intervista rilasciata da Silvio Berlusconi al
Corriere della Sera, nella quale il leader di Forza Italia rivendica l'anima liberale, di centro, moderata e non di «destra» del suo partito, mettendo nero su bianco la sua
distanza da ricette «populiste» che non sente sue.
Un'uscita da «vero statista»,
dicono gli azzurri, da «leader
senza il quale non si va da nessuna parte» (Gianfranco Rotondi), da capo che indica la
strada «mettendo in chiaro
ancora una volta - come dice
Paolo Romani - quale è il nostro posizionamento: non siamo né possiamo essere un
centrodestra a trazione leghista, anche perché su questa
strada ci avvieremmo alla
sconfitta». E perché, aggiunge
Antonio Tajani, «come spiega
Berlusconi, noi siamo il centro, non si può andare verso
un parti to unico del centro destra». E ha ragione il presidente azzurro, è vero che la sua
forza è stata quella di aver
«messo insieme - dice Maurizio Gasparri - cattolici e destra democratica, liberali e socialisti». Anche per questo a
rimorchio di Salvini, ne è convinta Mariastella Gelmini,
«non possiamo andare».
II più soddisfatto di tutti pe-
rò, in verità, è Stefano Parisi,
che proprio ieri sfidava a distanza la piazza leghista di Firenze con un'altra tappa del
suo tour «Megawatt» a Padova, città che ieri ha visto la clamorosa rottura tra Fi e Lega
che ha portato alla caduta del
sindaco Bitonci.
Nel momento in cui Salvini
accelera e si candida a guidare
il centrodestra, anche Parisi
alzai toni, si pone come punto
di riferimento dei moderati, e
tanto più si sente legittimato a
farlo grazie a quella che vede
come una sponda da parte del
leader azzurro: «Ringrazio il
presidente che ha detto che
noi non siamo quella roba lì
che c'è a Firenze. O si cambia
passo o siamo morti, e la risposta non è Salvini, non sono
le ruspe, ma la nostra capacità
di dare soluzioni al Paese. Siamo noi che ci candidiamo a
governare l'Italia, e dobbiamo
farlo come forza liberale, riformista e popolare. Non lo
può fare una forza radicale
con gli slogan. Deve essere
chiaro che questo è il disegno».
Parole forti e di rottura, che
però non rappresentano del
tutto la complessità - in certi
momenti il caos - che domina in FI in questi tempi. Perché anche fra i tanti che contestano la troppa vicinanza di
Toti a Salvini, che ritengono
un errore concedere al segretario della Lega un vantaggio
di posizione così forte, non si
crede che la risposta sia investire a leader Parisi, rottamare
la classe dirigente, o rompere
con la Lega. E cresce la voglia
di misurarsi con strumenti di
selezione come le primarie o
simili, che secondo chi parla
spesso con l'ex premier non
sono del tutto escluse.
«II punto di riferimento di
FI è il popolarismo, certo, ma
attenzione a liquidare come
populismo il malessere della
gente, che è reale e merita la
nostra attenzione», avverte
una moderata doc come la
Gelmini. E se Michaela Biancofiore semplifica con un
«non siamo né con 'Poti né
con Parisi, ma con Berlusconi», anche Romani apprezza
l'intervento del leader perché
«rimette ordine in affanni ed
eccessi che stanno venendo
fuori in campagna elettorale,
da una parte Salvini, ma dall'altra anche Parisi che ha insultato gratuitamente tanti se-
natori che macinano chilometri da anni e anni» e che secondo Gasparri sono
«tantissimi, ma sempre meno
dei caffè che lui ha servito ai
potenti...».
Ben consapevole del nervosismo del suo partito, non a
caso ieri Berlusconi ha lanciato una sorta di appello all'unità dei suoi, mandando un
messaggio alla convention di
Parisi (come aveva mandato
un video a quella di Toti, con il
quale il rapporto è difficile ma
non ancora interrotto) in cui
gli dà il merito dell'opera di
coinvolgimento e apertura ad
«un'area più ampia» per far
vincere i moderati, ma avverte: «E fondamentale che tutti
noi lavoriamo insieme, perché ciascuno di noi ha una
funzione importante da svolgere». Tanto più fino al 4 dicembre, quando si capirà se
l'idea di Berlusconi di un ritorno al proporzionale sarà percorribile o no. E quale sarà la
posizione definitiva di FI:
«Esistono tanti modelli di
proporzionale - dice Romani
-. Non è affatto detto che un
sistema di questo tipo non dia
un vincitore, non preveda una
coalizione e serva solo per organizzare futuri inciuci».
Paola Di Caro
A Padova
Stefano Parisi
nella tappa
di ieri dei tour
«Megawatt»:
«Dobbiamo
candidarci alla
guida dei Paese»
(Bergamaschi)
I11'!t1 1' : l'1_il'l11'
iillì°1';,i'll( 1 4;ltIl.'I I';.`,
MEGAWATT
l
L 'il nome del tour lungo
l'Italia lanciato a inizio
ottobre da Stefano Parisi
per rilanciare il
centrodestra. Il progetto fa
seguito alla convention
milanese del 16 e 17
settembre. Ieri il tour,
partito da Enna, ha fatto
tappa a Padova, nel giorno
della crisi della giunta.
Al Corriere
Berlusconi ha
risposto al
paragone tra
lui e Trump:
«Evidenti
analogie ma la
mia storia è
diversa. lo non
sono "la
destra" ma un
centro liberale
e popolare»
h;I €il ;l 11 1o#lths Ìia',
Lo scontro
A Firenze raduno di Carroccio, I e dissidenti azzurri. Parisi:
" on siamo quella roba". A Padova cade il sindaco leghista
Salvini in piazza: "Io il leader"
Berlusconi: no ai populismi
Esplode Fi, convocato Toti
GOFFREDO E MARCHIS
L'euforia per i sondaggi
favorevoli al No non fa bene al
centrodestra. Che in un sabato
di novembre, a tre settimane
dal referendum, consuma la
sua spaccatura pubblica. Tocca
a Silvio Berlusconi, ancora una
volta, cercare di ricucire.
Oggi o domani sarà ad Arcore Giovanni Toti, il governatore
della Liguria che mette in discussione la sopravvivenza di
Forza Italia, si allea con Matteo
Salvini e contesta il ruolo del Cavaliere nella scelta del futuro
candidato premier. Ma non basta. Perché se la Lega scende in
piazza, sull'onda del successo
di Trump, per declinare le sue
parole d'ordine e candida il suo
leader alla guida dello schieramento, a Padova va in scena la
fine della giunta Bitonci, retta
da un'alleanza Carroccio-Forza
Italia dimostrando tutta la fragilità della struttura azzurra.
Da quando Berlusconi ha dovuto allontanarsi dalla sua creatura per i problemi di salute, ai forzisti manca una linea. Basti pensare che il neocoordinatore nazionale di Forza Italia è Niccolò
Ghedini, l'avvocato padovano
al quale la situazione impazzita
della sua città è sfuggita proprio sotto gli occhi.
Tra Padova e Firenze si materializza perciò la divisione delle
due destre, speculare a quella
delle due sinistre. Il No al referendum è condiviso, ma è lo scenario del dopo 4 dicembre che
sembra non stare in piedi. Al
Corriere della Sera, Berlusconi
conferma il suo voto contrario
alla riforma, si mantiene a distanza di sicurezza dal nuovo
presidente degli Stati uniti e immagina una nuova legge elettorale proporzionale. Somiglia
molto a una certificazione della
nascita di due destre separate
che si contano nelle urne per verificare quale abbia più voti.
È una linea moderata, la sua,
da ex premier, che non si incrocia con le parole d'ordine del segretario leghista pronunciate
alla manifestazione di Firenze.
Manifestazione dove sono in
prima fila pezzi di Forza Italia,
dallo stesso Toti a Daniela Santanchè. «Un Salvini pride - commenta Maurizio Gasparri -. Non
c'è niente di male. Hanno fatto
bene i nostri ad andare e non è
un'investitura del leader leghista, anche perchè Toti punta alla stessa poltrona».
Ma da Piazza Santa Croce Salvini pone condizioni da leader
pigliatutto: «Il proporzionale
serve a inciuciare meglio. Non
mi piace», dice lo stesso giorno
in cui Berlusconi lo propone come via d'uscita alla crisi di sistema. E a proposito degli assenti,
avverte: «Chi non c'è fa la sua
scelta». Insomma, per una volta la parola scissione va pronunciata a destra anzichè a sinistra. A Padova infatti il Cavaliere benedice la manifestazione
di Stefano Parisi. «Solo noi, non
i populismi, possiamo proporre
un'alternativa seria ai fallimenti del centrosinistra - scrive in
un messaggio destinato alla
convention dell'ex candidato a
Milano -. Basiamoci sui nostri
valori: la tradizione liberale, cattolica e riformatrice». Parisi accoglie le parole di Berlusconi così: «Lo ringrazio perchè ha detto che non siamo quella roba lì
che c'è a Firenze. Noi siamo liberali e popolari».
All'ex premier non piace ciò
che sta nascendo alla sua destra, ma teme un dopo referendum ingestibile. Per questo ha
subito chiamato ad Arcore Toti, che tiene i collegamenti con
la Lega Nord. Bisogna ricucire
lo strappo, almeno fino alla data del voto. Quello che è accaduto a Padova, la crisi della giunta
forzista-leghista è un pessimo
segnale per il futuro. «Il Salvini
pride è solo una fiammata. Non
lo è invece la cacciata di Bitonci
a Padova. Se Forza Italia si organizza - dice Gasparri - può andare al confronto con la Lega alla
pari. Ma se perde i pezzi, è un
problema». Con Ghedini e Paolo Romani, il vicepresidente del
Senato tenta di tenere tutto insieme almeno per le prossime
tre settimane. «Certo, Ghedini
poteva buttare uri occhio a
quello che succedeva a casa
sua...», osserva. Ma non è il momento di alimentare polemiche. Si capisce per esempio che
un pezzo di Forza Italia avrebbe rinviato l'indicazione sulla
legge elettorale. Perché il proporzionale autorizza davvero
uno scenario con due destre e
distrugge un'asse sul quale i colonnelli hanno vissuto per venti
anni.
L'altro elemento di esplosione in Forza Italia resta Parisi e il
suo ruolo. «Io ho fatto 13 mila
chilomentri dal primo settembre per la campagna referendaria. Parisi, per la politica, non li
ha mai fatti nemmeno in una vita intera», sottolinea Gasparri.
t un punto su cui dentro il mondo azzurro bisognerà fare chiarezza al più presto. Come al solito, toccherà a Berlusconi provare a evitare la spaccatura finale.
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BERLUSCONI, LETTERA A PARISI
L'ex premier ha inviato un messaggio di
sostegno all'ex candidato a Milano
impegnato in una iniziativa a Padova
LE DIVISIONI
POPULISMO
Salvini rompe gli
indugi, si candida a
premier, alla guida di
uno schieramento
populista sul modello di
Trump. Ma Berlusconi lo
corregge: "Solo uno
schieramento
moderato, non
populista, può battere
la sinistra"
EUROPA
Per la Lega l'euro è il
male assoluto, la Brexit
un grande momento di
autodeterminazione
dei popoli, l'Unione
europea incapace sui
migranti e troppo
burocratica . Critiche
solo in parte condivise
da Forza Italia che non
scarica la Ue
LEGGE ELETTORALE
Forza Italia punta al
proporzionale con un
premio di governabilità.
Ma per Salvini questa
proposta è l'occasione
per confermare tutte le
sue accuse a Berlusconi.
"Puntano all'inciucio
con il centrosisinistra.
Perciò è un sistema che
non mi piace".
progetto di
governo serio
basato sui nostri
valori della
tradizione
liberale, cattolica
riformatrice"
L'INTERVISTA MASSIMO PARISI
«Forza Italia ha scelto, male
I moderati vengano da noi»
Il deputato verdiniano: mai con la Lega. Tra loro e Renzi? C'è spazio
Era a Firenze, ma alla piazza a
trazione leghista ha preferito il
campetto di calcio dove giocava
suo figlio. Del resto le strade di
Massimo Parisi, come quelle di
Denis Verdini e di Riccardo
Mazzoni, si sono separata da un
pezzo da quelle del centrodestra e da Forza Italia, in cui pure
è stato per anni, coordinatore
regionale e fedelissimo di Verdini. Parisi, deputato, è esponente di Ala, la formazione di
moderati voluta da Verdini.
Onorevole Parisi cosa pensa del centrodestra visto in
piazza Santa Croce?
«È la dimostrazione del centrodestra a trazione Salvini, lepenista, antiglobalista, che non
mi rappresenta e credo che anche tanti di Forza Italia abbiano
difficoltà a vedersi rappresentati
da quella piazza. È evidente ormai che ci sono due Forza Italia e
dopo il 4 dicembre mi aspetto
una nuova scissione nel partito».
Il cambiamento del centrodestra è tattico o strutturale?
«È definitivo. Nonostante
Stefano Parisi, Forza Italia governa città e regioni con la Lega
e non c'è spazio di mediazione.
Anche Berlusconi sta commettendo un errore fondamentale:
non ha capito che in Italia, in
Europa, nel mondo, non c'è più
centrodestra e centrosinistra,
ma un nuovo bipolarismo tra
sistema e anti-sistema, tra chi
vuole ponti e chi muri, chi è per
l'Europa e chi per nazionalismi
che isolano. Forza Italia ha scelto la parte sbagliata».
Berlusconi ha ancora la leadership del suo schieramento?
«No. Basta vedere le risposte
che ha avuto da Salvini e Maroni, che pure passa per moderato nel Carroccio, alla sua proposta nell'intervista al Corriere
della Sera sul ritorno al propor-
zionale, bocciata come "ritorno
agli inciuci". C'è poi un duello
perla leadership nel fronte anti
sistema, tra Grillo e Salvini».
Perché lei ed altri esponenti
ex Forza Italia non siete più
con Berlusconi e la Lega?
«Abbiamo fatto scelte diverse. Noi siamo per sostenere le
riforme e quello che verrà dopo
il voto sul referendum del 4 dicembre, un lungo percorso in
cui ci saranno da varare le leggi
per applicare la riforma, da fare
la legge per scegliere i senatori... Un percorso di cambiamento da cui non si torna indietro. E
credo che tutti i moderati dovranno riflettere e rimettersi insieme».
Forza Italia di Verdini.
«È il ritornello di chi ha pochi
argomenti e poca memoria. Salvini chieda a Maroni o a Calderoni se non hanno avuto rapporti con Verdini... e forse non glielo dicono ma li hanno ancora».
Manca meno di un mese al
referendum: che campagna
farete? Che clima si aspetta?
«Saremo in tante città per raccontare i contenuti della riforma. Temo però che nelle prossime settimane non ci sarà un bel
clima, non vedo nulla di buono
nel fronte del No, ma insulti, toni forti, violenza verbale».
Renzi ha sbagliato alla Leopolda a personalizzare di
nuovo la consultazione?
«Al netto di Renzi, che ha
corretto in parte il tiro, la personalizzazione la fanno già gli
altri, il fronte del No. Sono loro
che dicono "mandiamo a casa
Renzi" come unico argomento.
Per capire come siano divisi su
tutto il resto basta pensare che
la stessa sinistra che era con loro in occasione della Leopolda
per il No, oggi era in piazza a
contestare Salvini e la Lega».
Ci sarà l'effetto Trump sul
referendum?
«Credo di no. E credo che il
Sì vincerà, il No ha espresso tutta al sua potenzialità e gli indecisi sono ancora tanti».
Mauro Bonciani
Al voto : voi sarete con Renzi
o con il centrodestra?
««Premesso che con l'Itali-
cum attuale non ci sono le coalizioni e noi possiamo restare
autonomi, di certo non saremo
mai con la Lega di Salvini, con
la politica di Marine Le Pen o di
Viktor Orban, primo ministro
dell'Ungheria. Tra Renzi e Salvini c'è una prateria a due cifre e
c'è grande spazio elettorale, anche quello che Forza Italia ha
perso. E se i moderati si uniscono hanno grandi chance».
Perché i moderati dovrebbero venire con voi?
«Siamo per riformare il Paese, per una Italia più moderna.
Lo stesso Berlusconi per decine
di volte ha detto queste cose e la
riforma è stata scritta da Renzi
assieme a Forza Italia. Noi siamo liberali, non solo liberisti in
economia, siamo per l'individuo e non per lo Stato. E la riforma dà anche più poteri ai cittadini, come per le leggi popolari ed il referendum».
Salvini ha attaccato duramente Verdini, nonostante la
Lega abbia governato per anni
insieme e grazie proprio alla
© RIPRODUZIONE RISERVATA
® aspe tto
dopo il
e
scissione
:
tanti nel centrodestra
* forte difficoltà
sono in
Filippo ci;; \/icenza, citato da Salvini sul palco, arrivato con le b„i , c iere di IJsa e Pi i _sia
Un cartonato di Renzi comparso tra la folla . In primo piano i cartelli «Salvini premier » in stile Usa
Bandiere
di Forza Italia
accanto
a quelle della
Lega Nord
in piazza Santa
Croce. Sono
rispuntate
anche vecchie
bandiere di An
ANTON I O
TI
erluscrii sbaglia:
il proporzionale
è da Prima Repubblica
Alessan d ro Farru ia
ROMA
«MI dispiace, Silvio Berlusconi
sbaglia. Sono convinto che i pregi del proporzionale siano inferiori ai suoi difetti, che bene abbiamo visto per un lungo e travagliato periodo della storia italiana. Vogliamo tornare alla Prima
Repubblica? Per favore, no. Ero
e sono contro il proporzionale,
anche in questa fase storica».
Così il professor Antonio Martino (nella foto), liberale di lungo
corso, tessera numero 2 di Forza
Italia e già ministro degli Esteri
e della Difesa nei governi Berlusconi.
Professor Martino, perché
erlusconi ha tradito a fede
nel m lori ria, che nel
1993 e anche mol to dopo
sembrava un dogma dà
suo movimento?
«Forza Italia è sempre stata maggioritaria. Era nel nostro dna. Il
Pdl, meno. Ma devo dire che da
allora la situazione è cambiata,
ci sono tre poli, e il proporzionale è una scelta diciamo pragmatica, tattica, che risponde anche alla necessità di non avere uno
schieramento che con il 20% del
consenso effettivo ha in mano il
potere. Capisco il problema. Ma
non condivido la terapia. Forse
Due volte
ministro
Antonio Martino , 74 anni,
fra i fondatori di Forza
Italia, ha ricoperto
il ruolo di ministro degli
Esteri nel primo governo
BerLusconi , fra il '94
e il '95. E' stato ministro
della Difesa fra il 2001
e il 2006 sempre con
BerLusconi premier
«Sul No sono d'accord o
con Silvio . M eg Lio bocciare
La riforma d i Renzi»
Berlusconi pensa al proporzionale per poi dar vita poi a una coalizione. Ma non è la sola soluzione possibile...».
Con l'I licum il Paese potrebbe davvero andare ai 5
Stelle. Pcl e Forza Italia il
lema se lo pongono. Qual
è l'alternati-io senza tornare al proporzionale?
«In teoria non sono contrario al
maggioritario a doppio turno,
ma ritengo che il sistema meno
attaccabile sia il maggioritario a
turno uno come c'è in Inghilterra o negli Stati Uniti. Nel sistema inglese la scelta dei candidati
viene fatta dal partito, negli Stati
Uniti con le primarie. Ma in
ogni caso i risultato è la governabilità».
È rimasto sorpreso della scelta i erlusconi?
«No, anche in passato ha manifestato opinioni favorevoli al proporzionale, e anche allora io ho
dissentito. Il dibattito continua...».
Sul proporzionale lei non è
d'acca o con erlusconi.
sulla scelta i votare o?
«Su quella la penso come lui. Capisco la preoccupazione di chi
come Panebianco dice: se non
cambiamo la Costituzione adesso non la cambieremo mai. Ma è
proprio la complessità del meccanismo di modifica che dovrebbe
farci desistere da un cambiamento che non riteniamo conveniente: diciamolo, è una riforma pasticciata che crea un sistema assurdo, basti pensare al Senato,
che è diventato un qualcosa che
non si sa bene cosa è. Il prendere
o lasciare è semplicemente demenziale».
È solo un No nel merito o a nche un mo o per man dare a
casa Renzí?
«Ma non è questo. Il referendum
non è su Renzi, è sulla riforma
costituzionale. Mandare a casa il
premier può essere desiderabile,
un po' di riposo al giovane toscano farebbe bene a lui e credo
all'Italia, ma il punto è un altro:
è una riforma sbagliata. Bocciamola e poi sediamoci al tavolo
per scrivere una legge elettorale
diversa. Ma senza cadere nelle facili sirene del proporzionale».
rag ione chi paragono
Trump a erlusconi?
«Ci sono indubbi punti di contatto. Ma Berlusconi non rappresenta quella destra protezionista, ferocemente anti immigrazione, che i repubblicani americani avevano abbandonato dopo
il 1929. Trump è un repubblicano vecchio stile, Berlusconi rappresenta un centro liberale e popolare».
I TEMPI BUI
DEL POPULISMO
RENZIDEVE
ACCELERARE
SULLARIFORMA
A CAMPAGNA referendaria che avrà il suo gran finale il 4 dicembre è stata
resa ancor più agitata dalla vittoria di Donald Trump e dalle
sue ripercussioni in Europa e
in Italia. Trump nel suo primo
discorso dopo la vittoria ha rivendicato alcuni problemi dominati dal capovolgimento di
politiche fin qui elaborate e attuate da otto anni, e cioè due
mandati di Barack Obama:
quello della sanità, quello del
petrolio e dell'acciaio, quello
dell'immigrazione e soprattutto il fatto che lui, Donald
Trump, non ha un partito, ha
un suo programma ed è a quel
programma che hanno aderito i repubblicani. Quel programma capovolge quello precedente di Obama, e riguarda
le scelte della politica interna
e di quella internazionale.
Sappiamo bene qual è il senso di quel discorso: la politica
internazionale riguarda i suoi
rapporti con Putin, con gli autori del Brexit e con i movimenti populisti presenti in quasi
tutti i Paesi europei sotto varie forme. Nella politica economica indica come obiettivi totalmente diversi da quelli precedenti la piena occupazione
degli operai e dei contadini, il
rilancio della politica petrolifera e di quella siderurgica, la
creazione di nuovi posti di lavoro naturalmente riservati
ai cittadini americani. Nel suo
discorso ha rivendicato che
queste sono politiche da lui decise perché è lui che ha assunto la responsabilità del comando. Naturalmente con procedure democratiche previste
ed attuate anche dai suoi avversari.
SEGUE A PAGINA 27
NEI IEMPI BUI DEL POPULISMO RENZI DEVE ACCELERARE
UESTO significa che la sua presenza al
vertice come anche la sconfitta della
Clinton sono state raggiunte con le
procedure liberali dell'elezione presidenziale. Ha aggiunto che la sua politica riguarda tutti e non soltanto le categorie e gli
Stati che si sono dichiarati a lui favorevoli.
Per quanto riguarda infine i movimenti populisti europei, Trump sarà in buoni rapporti
personali con alcuni di loro ma non sarà certo
lui che li piloterà; sono conseguenze del suo ingresso alla Casa Bianca; vede quelle conseguenze con simpatia ma rispetta la loro autonomia. Per quanto riguarda la sua America,
sarà vicino a tutti, l'ha ripetuto più volte e così
sarà vicino ai movimenti europei che dalla
nuova America saranno incoraggiati nelle nazioni dell'Europa.
L'Italia è uno dei Paesi in cui la vittoria di
Trump ha avuto conseguenze positive: sulla
Lega di Salvini, su Meloni, e soprattutto su
Grillo. In diverso modo anche su Berlusconi.
Anche lui, ai suoi tempi, ha governato senza
un partito: Forza Italia fu formata dai funzionari di Publitalia ai suoi ordini. Gli unici e
ascoltati consiglieri sono Gianni Letta e Fedele Confalonieri. In molte cose Berlusconi somiglia a Trump, fatte le debite proporzioni tra
chi è al vertice dell'America e chi per circa
vent'anni è stato non il solo ma tra i più importanti leader italiani.
I grillini, come si è già detto, sono molto vicini alle posizioni di Trump ma tra loro c'è una
profonda differenza: Trump oltre ad essere
molto ricco in proprio ha anche contatti stretti con i maggiori banchieri e imprese finanziarie di Wall Street; i grillini invece non hanno
nessun contatto col mondo degli affari e le sole risorse provengono dagli stipendi parlamentari. Questo merito va loro riconosciuto.
Uno dei motivi per i quali Trump ha ottenuto la sua vittoria è stato l'attacco all'establishment americano da parte dei disoccupati, dei
sottopagati, delle periferie sociali che ci sono
in tutti i Paesi. La sconfitta elettorale di quella
classe dirigente dà luogo ad un intervallo
(molto breve) dopo il quale una nuova classe
dirigente prende il potere. Naturalmente il
fatto che le masse rabbiose abbiano manifestato anche i motivi della loro sofferenza provoca nella nuova classe dirigente politiche
che tengano conto dei disagi esistenti e quindi siano orientate soprattutto a attenuarli o
addirittura ad abolirli. La classe dirigente c'è
sempre dopo brevissimi periodi di intervallo,
ma cambia la linea politica del Paese, una volta vanno al potere i conservatori, un'altra volta i progressisti e riformisti. Poco tempo fa c'è
stato su questo giornale un dibattito sull'argomento. Alcuni, tra i quali io stesso, sostenevano che l'oligarchia fosse la forma inevitabile
della democrazia: comandano in pochi e adottano una politica che soddisfa i molti che li
hanno votati. Questa è la democrazia oligarchica, altre forme democratiche non esistono, esistono però altri regimi e cioè la dittatura e l'anarchia.
Nella storia del Novecento i dittatori sono
stati la conseguenza inevitabile di fasi di grande confusione politica. Così avvenne in Italia
con Mussolini, in Germania con Hitler, in Spagna con Francisco Franco e in Russia con Lenin e poi Stalin. Inutile dire che le dittature sono state un periodo terribile nella storia delle
nazioni, hanno alimentato guerre interne ed
esterne per il mantenimento del potere. Richiamo qui questo dibattito perché un Paese
democratico e che tale voglia restare è guidato inevitabilmente da una classe dirigente la
quale accetta di essere criticata ma assume la
responsabilità di governare in un sistema democratico.
Conviene a questo punto tornare alla situazione italiana. C'è un establishment intorno a
lui? Questo establishment è molto ristretto e
il potere renziano, sia come presidenza del
Consiglio e sia come segreteria del partito di
maggioranza, è alla vigilia di una crisi che porterà un nuovo gruppo dirigente, oppure Renzi è un innovatore che ha certamente commesso errori ma governa soltanto da tre anni? Tra gli italiani c'è una massa crescente
che manifesta la sua rabbia sociale e c'è anche una dissidenza, sia pure molto limitata
numericamente, all'interno del suo partito.
Si sta dunque prefigurando un'ipotesi di crisi
ed una vittoria del No referendario?
In questo momento i sondaggisti danno i
No in maggioranza; il Sì starebbe diminuendo il distacco ma il nuovo vertice americano
può avere l'effetto in Italia di un aumento dei
No e non più per dissenso politico soltanto,
ma anche per quella rabbia sociale che non accetta d'esser governata contro i suoi bisogni.
Renzi finora ha volutamente ignorato il legame tra il referendum costituzionale e la legge elettorale. Ad un certo punto si è reso conto che quello era il punto delicato del problema e ha nominato un comitato di cinque
membri rappresentativi di varie posizioni ma
comunque interessati ad elaborare una riforma elettorale adeguata.
I cinque membri hanno funzioni di notevole importanza: due sono i presidenti dei gruppi parlamentari di Camera e Senato, uno è il
vicesegretario del premier, un altro è il presidente del partito del Pd e un altro ancora proviene dalle fila dei dissidenti. Si chiama Gianni Cuperlo che non è propriamente un antirenziano.
Hanno lavorato per quasi un mese e dopo
lunghe discussioni hanno raggiunto un progetto comune. Il progetto, avendo ormai raggiunto l'approvazione di tutti i membri del comitato, è stato sottoposto a Renzi e da lui approvato. Ne dette notizia qualche giorno fa
nel corso di un discorso comiziale in favore
dei Sì referendari, leggendo anche il comunicato che i cinque avevano stilato. Dopo quella
sua pubblica adesione alla riforma elettorale
proposta dai Cinque non ne ha più parlato.
Sembrerebbe a questo punto che la sua adesione ci sia stata ma poi l'ha mandata in soffit-
ta. E un grave errore al quale ci auguriamo
ponga riparo al più presto. Il rafforzamento
dei populismi e del grillismo in particolare richiede che la riforma elettorale venga molto
spesso illustrata rinnovando il più frequentemente possibile la volontà del governo di effettuarla.
Personalmente non sono né di sentimenti
renziani né antirenziani, ma mi rendo conto
che se il premier fosse costretto alle dimissioni a causa di un No vincente, si aprirebbe un
periodo di estrema difficoltà per il nostro Paese con una netta diminuzione della governabilità e una instabilità in Europa. Il rischio del
ballottaggio nelle elezioni italiane darebbe
una molto probabile vittoria al Movimento
Cinquestelle. Potete immaginare l'ipotesi di
un grillino che debba governare l'Italia intera
e rappresentarci in Europa e nel resto del
mondo. È un'ipotesi da incubo, ecco perché la
legge elettorale va cambiata, il ballottaggio
abolito oppure attuato non tra liste uniche
bensì tra liste apparentate.
Renzi conosce certamente la legge De Gasperi del 1953 e gli apparentamenti della De
con altre liste e un sistema elettorale proporzionale. La De non si presentò mai sola alle elezioni con alleati che di tanto in tanto cambiavano. Fu alleata con tutti, prima con i cosiddetti partiti minori e laici, poi con i socialisti
guidati da Nenni e De Martino ed infine con i
comunisti di Berlinguer, pochi giorni prima
del rapimento e poi dell'uccisione di Aldo Moro, il principale regista di questi mutamenti.
Renzi conosce bene questa storia ed io forse
un pó meglio di lui perché l'ho direttamente
vissuta. Perciò si sbrighi sul ballottaggio, sul
sistema proporzionale e sugli apparentamenti con altre forze politiche affini alle posizioni
del Pd. Con i tempi bui di un demagogo alla Casa Bianca gli errori non corretti immediatamente possono diventare incubi. Nella vita
ed anche nella politica l'incubo è quanto di
peggio possa accadere.
Bruno Manfellotto
Questa settimana www.lespresso.it - @bmanfellotto
Il Pd è entrato nel suo decimo anno, ma è ancora
sospeso tra due visioni del mondo. Mentre cresce
il malcontento incapace di proporre soluzioni
Hanno fatto un deserto
e l'hanno chiamato sinistra
NELL'ANNO DEL SIGNORE 2016 - quello
del quantitative easing, dei migranti,
della Brexit e del fenomeno Trump l'incubo scissione di un Pd dall'altro è
stato già evocato sei volte. A febbraio
arriva per bocca di Miguel Gotor, spin
doctor di Pier Luigi Bersani. A marzo
ricompare dopo una bellicosa intervista di Massimo D'Alema al Corriere
della Sera. A giugno spunta dietro il
«lanciafiamme» minacciato dal leader.
A settembre coincide con la nascita dei
comitati per il no al referendum, D'Alema sponsor. A ottobre piomba nella
direzione del partito, dove Bersani
sfida: «Per mandarmi via ci vuole l'esercito». A novembre vola tra i tavoli
della Leopolda del «fuori, fuori». E a
dicembre, a urne chiuse, se ne parlerà
ancora, vedrete. Come se la sinistra, di
cui il Pd è tuttora l'azionista di riferimento, riuscisse ad accendere gli animi
solo con la battaglia per il congresso,
per la leadership, per il premier. Di cui
la «scissione», ci sia o no, è arma determinante. Naturalmente in nome del
«popolo di sinistra».
E l'unica strada? Be', l'altra è eliminare il leader: D'Alema sgambettò Prodi;
ancora lui, d'accordo con Bersani, licenziò Veltroni, che pure guidava il Pd del
33 per cento; in quanto a Renzi, fa testo
l'indimenticabile «stai sereno» rivolto a
Enrico Letta. Ora lo schema si ripropone.
Senza rendersi conto che questo defatigante scontrarsi sull'ordinaria amministrazione trasferisce su ciascuno di noi
un'instabilità che invece è tutta dentro il
Pd; fa sospettare al "popolo di sinistra"
che le riforme c'entrino poco e spinge
tanti verso il rifiuto del voto o in braccio
a movimenti che fanno della protesta
"contro la politica" la loro unica cifra.
Quali vantaggi possa portare questo
vano agitarsi, non è chiaro. Nel caso del
referendum, per esempio, una vittoria
del Sì taglierebbe le unghie ai leader
della Ditta; ma anche la tanto agognata
affermazione del No non li premierebbe
più di tanto visto che su quel fronte
combattono forze agguerrite - Grillo,
Berlusconi, Salvini - pronte a rivendicare il loro contributo. Per non dire di ciò
che resta della sinistra radicale: in pochi
anni Rifondazione comunista ha generato Sel che ora, per volontà del suo
stesso leader Nichi Vendola, sta per
confluire in un nuovo partito, Sinistra
italiana, al quale però non aderiranno i
sindaci arancione tentati dall'idea di un
proprio movimento...
EPPURE , LA NASCITA del Pd sembrava
destinata a inaugurare un nuovo corso:
recintando il campo, prendendo atto che
il comunismo era stato spazzato via
della fine delle ideologie, scegliendo l'opzione del riformismo (socialdemocratico
e cattolico), cercando una politica capace di guardare avanti senza però tagliare
le antiche radici. Una nuova idea di sinistra. Ma alla fine è proprio su questo che
si è arenato il Pd, e con esso il maremagno
di siglette e leaderini che gli si muovono
intorno. Nello stesso tempo crescevano
i movimenti del malcontento, trasversali e senza memoria, capaci però di orientare interi blocchi sociali (specie i giova-
ni) trasferendoli dal mare della politica
alle secche dell'antipolitica.
Nove anni dopo (compleanno il 14
ottobre), il Pd è sospeso in un limbo,
sempre in attesa di un evento-palingenesi (stavolta il referendum), incerto tra
due diverse visioni del mondo e del
partito, tra la rottamazione annunciata
dal leader e il sogno degli ex di riprendersi la Ditta: l'uno teso ad affermare
definitivamente la sua leadership, gli
altri decisi a contestarne addirittura la
legittimità. In quanto alla sinistra radicale, si attaccano al ritorno di una legge
proporzionale utile a riportarli tra i
banchi del Parlamento.
COSÌ STANNO LE COSE . E non consola
pensare che la malattia sia europea:
quasi ovunque la sinistra ha lasciato il
campo alla destra, o a movimenti di
protesta che non si richiamano ai tradizionali valori della sinistra; o è costretta
alla convivenza (Germania, Spagna); o,
dove è ancora al governo (Italia, Francia)
soffre, fatica, si divide. Né basta leggere
gli eventi come esito della débâcle economica più lunga del dopoguerra; di un
inimmaginabile esodo di popoli; degli
egoismi sociali; della crisi del welfare non
più porto sicuro, ma diritto minacciato;
del divario tra ricchi sempre più ricchi e
poveri sempre più poveri, tra esclusi e
integrati. Ma ieri questo era il campo
proprio della sinistra. Oggi non riesce ad
arginare insicurezza e sfiducia, virus
dannosi dei quali si pasce la non politica.
Prontissima a segnalare problemi, ma
incapace di risolverli.
17Sspres.o 13 novembre 2016 53
Denise Pardo
Pantheon www.lespresso.it
@pardo_denise
I Palazzi della nobiltà papalina e i circoli della
vecchia destra apprezzano molto la sindaca Raggi.
Con buona pace dei grillini doc (e furibondi)
È gran festa nella Roma nera
SECONDO UN FANTA-SCENARIO di cui
si parla nella Capitale su Virginia Raggi sarebbe stata lanciata un'opa politica prima delle elezioni amministrative.
E non da parte dei grillini. Per seguire
il percorso non vanno disturbati esperti dell'Ispi, non è necessario un test QI.
Elencati in ordine tracce e noti fatti la
questione per la sua linearità non
avrebbe bisogno di Miss Marple.
LA CANDIDATA inizia la carriera forense
nello studio dell'avvocato Cesare Previti. Ma dimentica di segnalarlo nel curriculum ritenendolo, si giustifica, particolare poco importante al pari del nome
delle famiglie dove ha fatto la baby- Bitter. Visto il paragone, la considerazione
di Raggi verso la professione di avvocato non è proprio da cinque stelle.
DALLO STUDIO PREVITI allo studio di
Pieremilio Sammarco il passo è breve.
Alessandro, il fratello di Pieremilio, ha
difeso Previti e Berlusconi. Carlo, il papà
dei due, fede andreottiana, nominato
eminente presidente della Corte d'Appello aveva festeggiato nel fastoso attico
di Previti. Un gruppo di cari amici.
ASCESA AL CAMPIDOGLIO , tra difficoltà,
rifiuti e altrettante polemiche, la sindaca
prova a comporre il raggio magico. Al
Bilancio, ma solo per 24 ore (dato che risulta indagato) e all'ennesimo tentativo
Raggi nomina assessore Raffaele De Dominicis, ex giudice della Corte dei Conti.
Peccato che lui racconti, candido, al Corriere di esser stato contattato non dalla
sindaca o dai suoi collaboratori. Ma da
Pieremilio Sammarco che nega, grida al
complotto, e alla fine concede d'essere al
massimo un dispensatore di consigli.
NEL FRATTEMPO all'assessorato
dell'Ambiente è approdata Paola Muraro. La nomenklatura trasecola. Non
è mica una novella grillina. E la storica
consulente dell'Ama dell'ex plenipotenziario Franco Panzironi, uomo di
totale fiducia dell'ex sindaco Alemanno
(che da ministro dell'Agricoltura lo
consacra segretario generale dell'unire), figura chiave del processo Mafia
Capitale e coinvolto come Muraro
nell'inchiesta su reati ambientali. Un
simpatico ambientino.
Si MATERIALIZZA L'UOMO forte
dell'amministrazione. È Raffaele Marra, ex direttore all'Unire a fianco di
Panzironi - tutto si tiene - che l'allora
sindaco Alemanno piazza alla direzione dell'ufficio per le Politiche abitative.
In una strepitosa intervista ai giornalisti del Fatto Antonio Massari e Valeria
Pacelli, Marra si lascia andare: «Panzironi? Una brava persona e un bravo
professionista». Nel pantheon dei suoi
affetti spiccano Mauro Masi, ex dg Rai
by Berlusconi, che gli firma una consulenza da 150 mila euro lordi e Renata
Polverini che da presidente della Regione Lazio gli offre poltrona e mega
ALTRO CHE GIORGIA
MELONI , PASIONARIA
DELLA GARBATELLA.
VIRGINIA E I SUOI AMICI
DANNO GARANZIE
DI CONTINUITÀ
MOLTO PIÙ SOLIDE
deleghe «Era molto preparata», sostiene lui, per forza. Quando subentra il
prudente Nicola Zingaretti Marra esce
di scena e spiega «non ha voluto lavorare con me».
DI LUI I GRILLINI purosangue farebbero
volentieri polpette e premono perché
Beppe Grillo convinca Raggi a rottamarlo. La sindaca resiste, accetta solo
di spostare Marra da un ufficio all'altro. Tanto, come sanno pure le oche del
Campidoglio, non è solo il ruolo a
creare il potere ma anche il carattere e,
soprattutto a Roma, le relazioni. Il rebus è: Raggi non vuole o non può
escludere Marra e i suoi cari?
INTANTO SUCCEDE l'impensabile.
Ignorando la direttiva europea, il consiglio comunale vota il rinnovo delle
concessioni dei posteggi per gli ambulanti, in maggioranza sotto licenza
della famiglia Tredicine, già indagata
come Panzironi in Mafia Capitale. Per
la gioia sparano bengala Alemanno e
Francesco Storace. Ora fervidi grillini?
RICAPITOLANDO . Al momento, sul
monte Capitolino i filoni d'oro sono i
circoli previtiani e i club alemanniani.
Tanto che Raggi registra un crescendo
di fan nei templi della Roma nera, nei
palazzi della nobiltà, un'unanimità,
altro che Giorgia Meloni si dice. Secondo il fanta-scenario di chi conosce
l'antropologia della politica capitolina, la sindaca è stata da tempo individuata e sostenuta alle elezioni sperando che rappresenti la continuità. Con
buona pace dei grillini doc e furibondi. Dopo il trasformismo è arrivato il
mimetismo?
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