162 - Istituto Italiano dei Castelli

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162 - Istituto Italiano dei Castelli
Cronache Castellane
E
3
ditoriale
Ci sappiamo fare
Ci sono sempre al mondo più cose da fare che possibilità di farle. Ma non c’è dubbio che, in
questi mesi, l’Istituto nel suo complesso di cose ne ha fatte molte, anzi moltissime: così tante
che, per darne notizia, abbiamo dovuto aumentare di otto pagine la rivista e “comprimerne”
la grafica. E ciò nonostante c’è ancora ampio materiale da pubblicare nel prossimo numero.
Non si tratta solo di quantità. Notevole è anche la qualità. Due soli esempi, tra i tanti.
Il primo: le Giornate Nazionali dei Castelli appena trascorse, con una capacità di mobilitazione
certo molto diversa da regione a regione, da provincia a provincia nell’ambito delle regioni, ma
anche con un più che brillante risultato d’insieme, che contribuisce non poco a radicare il
nostro Istituto sul territorio. È un peccato, da questo punto di vista, che sia mancata una
“copertura” completa del Paese: se quasi tutte le sezioni hanno messo in cantiere, e portato con
successo in porto, varie iniziative, molte delle quali di alto profilo, c’è purtroppo qualche
sezione che ancora non è riuscita in questo intento. Sarà necessario impostare già adesso il
lavoro per l’anno prossimo. Secondo esempio: il prossimo convegno sulle “Misure del Castello”
organizzato dalla sezione Emilia-Romagna (e in particolare
da Franca Manenti Valli): una manifestazione sulla traccia di
quanto fatto in occasione del quarantennale dell’Istituto a
Firenze e che si pone come un momento di studio e di
confronto ad alto livello su un tema affascinante. È un
esempio di attività connaturate con il nostro Istituto, che
dovremmo cercare, entro limiti ragionevoli, di incrementare.
È assai confortante, a questo proposito, che già la sezione
Lazio si sia offerta di organizzare il prossimo convegno,
dedicato all’importante tema dell’origine dell’architettura
fortificata tra residenza e difesa. Per qualità dei promotori e
dei relatori, si presenta come un altro momento di studio ad
alto livello. È solo la punta di un iceberg, in cui saranno
sempre più coinvolte le strutture centrali dell’Istituto, che
hanno anch’esse bisogno di una buona cura di
“svecchiamento”. Già ha cominciato la sua attività la
responsabile delle relazione esterne dell’Istituto, principessa
Giovanelli. Altri tasselli operativi saranno messi a punto tra
breve: così da avere un Istituto sempre più aggiornato, vitale
e presente sul territorio.
Vi ricordiamo, amici
Sono mancati nei mesi scorsi due cari amici, che tanto hanno lavorato per il nostro Istituto:
il presidente della sezione Trentino, architetto Flavio Pontalti, ed Enrico Schiavina, socio
“storico” dell’Istituto, di cui era anche stato a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta
vicepresidente. Al di là dei differentissimi percorsi umani e professionali - responsabile di una
delle più importanti aziende di restauro italiane Schiavina, funzionario della Soprintendenza
Pontalti, vi erano vari aspetti che li univano (al di là, come ambedue ammettevano con
sorridente indulgenza, di un cordiale amore per la buona tavola): il tratto sorridente e affabile,
la tenacia e attenzione sul lavoro, portata sino alla pignoleria - e che in Schiavina trovavano
espressione nei suoi cesellatissimi, “parlanti” disegni di rilievo -, una visione sdrammatizzante e
serena della vita e dei rapporti umani, che sta diventando sempre più rara. Li ricorderemo per
sempre sorridenti e amichevoli: un destino che sempre meno persone possono vantare.
Flavio Conti
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Cronache Castellane
L’
osservatorio
Bard (AO).
La roccaforte di
Bard da una
stampa di
E. Aubert.
Nell’immagine la
fortezza di Bard,
prima dei restauri.
Il forte, situato su
un promontorio,
occupa quasi
tutta la larghezza
della vallata.
Fina dalle epoche
più remote è stato
il naturale
ostacolo a ogni
invasione della
Valle d’Aosta dal
nord.
IL FORTE DI BARD RIAPRE ALL’INSEGNA
DELL’ARTE E DELLA CULTURA ALPINA
B
ARD. Le parole spese negli ultimi decenni da
amministratori di ogni età e partito hanno lasciato il posto ai fatti. Il mastodontico Forte di Bard,
arrampicato sulla rocca che sbarra la vallata centrale
della Dora Baltea e affacciato su uno splendido borgo,
ha smesso di essere un monumento all’incuria. La
Regione Valle d’Aosta, con 40 milioni di euro messi a
disposizione in gran parte (30) dal Fondo sociale europeo e dallo Stato italiano, è pronta a restituire al pubblico una delle più grandi fortificazioni dell’arco alpino,
rasa al suolo nel 1800 da Napoleone e fatta ricostruire
quarant’anni dopo da Carlo Felice.
«Da una macchina da guerra abbiamo creato una macchina di pace» commenta il presidente della Valle
d’Aosta Luciano Caveri, che guida anche l’Associazione
Forte di Bard (Regione, Compagnia San Paolo e
Fondazione Crt) chiamata a gestire la struttura. La
prima parte dei lavori durati 6 anni è stata conclusa e,
senza badare troppo alla superstizione, per la cerimonia
inaugurale è stato scelto venerdì 13. L’occasione sarà
sfruttata anche per il vernissage della mostra olimpica
«Alpi di Sogno», allestita su una superficie di 500 metri
quadrati nella parte più alta del Forte, l’Opera Carlo
Alberto. E’ un viaggio nelle opere artistiche che dal
1800 al 1930 hanno dipinto la montagna in tutti i suoi
aspetti. Sarà visitabile dal 15 gennaio al 17 settembre,
tutti i giorni tranne il lunedì.
Nella stessa Opera Carlo Alberto è stato realizzato il
«Museo delle Alpi», dove la multimedialità permetterà
al pubblico di camminare attraverso le vette più alte
d’Europa, cogliendone i lati più suggestivi e spettacolari. Il progetto per il recupero del Forte di Bard abbraccia l’intera Bassa Valle, fino a Pont-Saint-Martin, con
una serie di interventi collaterali. Alla base del forte è
stato realizzato un parcheggio coperto dal quale, con
ascensori panoramici, si sale dritti all’interno della fortificazione. Negli altri livelli della colossale opera sono
già pronti un «Hôtel de Charme» di undici stanze, un
ristorante, una caffetteria e una serie di negozi specializzati, per i quali la Regione sta predisponendo i bandi
di appalto delle gestioni. Entro il 2007 apriranno il
Museo dei ragazzi, il Museo del Forte (che sarà visitabile anche con il fascino delle ore notturne) e il Museo
delle frontiere. I lavori hanno coinvolto anche il vicino
borgo di Bard, ripavimentato e illuminato, con il restauro di quattro edifici storici.
Per la Valle d’Aosta, il Forte di Bard è molto più di un
semplice recupero storico-culturale. Il progetto rappresenta uno dei punti di forza su cui concentrare lo sviluppo turistico futuro.
Per il primo anno sono attesi 60 mila visitatori ma, nelle
stime fatte tempo fa, una volta conclusi tutti gli interventi si dovrebbe arrivare alla soglia dei 200 mila. Tra
quelle antiche mura si concentreranno storia, cultura,
ambiente e arte. I musei saranno il punto fermo, attorno al quale ruoteranno le mostre, i concerti, le conferenze, le proiezioni, i convegni..
Stefano Sergi
La Stampa, 9 gennaio 2006
RECUPERO E CONSERVAZIONE DEI CASTELLI
VISCONTI VENOSTA A GROSIO IN VALTELLINA
I
l 14 luglio 2006, a Grosio (SO) in Valtellina, è stato
inaugurato il nuovo percorso di visita alle incinsioni
rupestri ed ai castelli Visconti Venosta.
ll complesso fortificato dei castelli Visconti Venosta si
compone di due nuclei castellani: il castello di S.
Faustino o Castello Vecchio X-XI sec. ed il Castello
Nuovo XIV sec. Costruite in epoche diverse per rispondere a precise esigenze amministrative e strategiche, le
due fortificazioni ebbero successivamente storia comune essendo entrambe affidate in custodia alla famiglia
Venosta.
Nel 1979, il Castello di S. Faustino ed il Castello Nuovo
sono stati donati dall’ultimo discendente al Comune di
Grosio, che con il limitrofo Comune di Grosotto, la
Provincia di Sondrio, la Comunità Montana Valtellina di
Tirano ha istituito il Consorzio per il Parco delle Incisioni
Cronache Castellane
Rupestri di Grosio, a cui è attualmente riconosciuta la
proprietà ed affidata la gestione del bene stesso.
Nel 1997 il Parco ottiene un contributo per l’importo di
£. 1.200.000.000 per il recupero e la conservazione del
complesso fortificato con i fondi della Legge Valtellina
n° 102/90, istituita per disciplinare le disposizioni per
la ricostruzione e la rinascita della Valtellina e delle
adiacenti zone colpite dalle eccezionali avversità
atmosferiche dei mesi di luglio ed agosto 1987. Alla
fine del 1997 l’ente proprietario procede alla gara per
l’affidamento dell’incarico di progettazione, che viene
assegnato nell’aprile 1998 al Gruppo di Studio e di
Progettazione composto da prof. arch. Francesco
Doglioni, prof. arch. Gian Pietro Brogiolo, ing. Paolo
Faccio, arch. Giorgia Gentilini.
Nel settembre 1998 si procede alla consegna del progetto esecutivo che ottiene nell’ottobre 1998 il nulla
osta della Sovrintendenza ai Beni Archeologici e della
Sovrintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici di
Milano e nel dicembre 1998 la concessione da parte del
Comune di Grosio.
Il finanziamento stanziato è stato suddiviso in: a) lavori di consolidamento, b) lavori di scavo archeologico.
I lavori, con Direzione Lavori dell’arch. Giorgia Gentilini
e consulenza strutturale dell’ing. Paolo Faccio, si sono
conclusi in maggio 2001.
L’intervento strutturale è stato complesso.
Il manufatto presenta due problematiche distinte, una
di tipo generale, riguardante le integrazioni murarie e la
riorganizzazione di murature, l’altra di tipo puntuale
relativa a problemi specifici prevalentemente riguardanti le torri. Gli interventi generali hanno comportato
alcune riflessioni sulle tecniche di integrazione, in particolare sul come definire le nuove compagini murarie.
L’accurata ricognizione sulle tecniche esistenti ha consentito di rilevare la frequenza degli elementi di fascia
e di punta - disposizione dei blocchi lapidei paralleli al
piano murario e trasversali -, fattore che incide fortemente sulla qualità meccanica della muratura. Questo
aspetto è stato sistematizzato e applicato nelle nuove
apposizioni, consentendo la realizzazione di elementi
che hanno una matrice costruttiva reperita nel manufatto, ottimizzata nel comportamento strutturale e
riconoscibile nell’aspetto. Gli interventi puntuali hanno
come logica di intervento il ricorso, per quanto possibile, a interventi attivi – interventi che tendono a gestire
gli enti sollecitanti – con l’intento di consentire calibrature nel tempo delle opere di consolidamento e tendenzialmente renderle aggiornabili nel caso di modifiche
delle destinazioni d’uso.
LE INCISIONI RUPESTRI DELLA RUPE MAGNA
La pratica di incidere le superfici rocciose è ben attestata in tutto l’arco alpino, dalla Valle d’Aosta al Veneto.
In Lombardia esistono due aree con forte concentrazione di arte rupestre: la Valle Camonica e la Valtellina,
che mostrano analogie ma anche caratteristiche locali.
La maggior parte delle incisioni rupestri è stata realizzata con la tecnica detta “a martellina”, ottenuta picchiettando la superficie rocciosa con uno strumento di
pietra, che crea piccole concavità di forma circolare.
Un’altra tecnica adottata è quella “filiforme” o “a graffito”: in questo caso le raffigurazioni sono ottenute
incidendo la superficie rocciosa con uno strumento a
punta. In Valtellina il gruppo di incisioni più consisten-
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te è quello di Grosio: oltre alle incisioni presenti sulla
Rupe Magna, scoperte nel 1966 da Davide Pace, altre
rocce incise (circa 50) sono state rinvenute, sempre dal
Pace (1970), sul Dosso Giroldo, situato a Nord del Dosso
dei Castelli. La Rupe Magna deve la sua morfologia
all’azione del ghiacciaio valtellinese: il lento e continuo
scorrimento dei detriti trascinati dalle “lingue” glaciali
della Valle dell’Adda e del torrente Roasco ha modellato con ampie montonature la superficie rocciosa.
Numerosi sono i temi figurativi incisi sulla Rupe Magna:
figure antropomorfe, tra le quali si riconoscono oranti,
armati e lottatori, figure di animali, figure geometriche,
coppelle, rastrelli e croci.
Le incisioni, datate sulla base dei confronti con oggetti
provenienti da scavi archeologici e su analisi stilistiche,
furono realizzate tra la fine del Neolitico (IV millennio
a.C.) e l’età del Ferro (I millennio a.C.). Tra il 1991 e il
1995 le incisioni della Rupe Magna sono state rilevate
e studiate integralmente.
È stato così possibile verificare che le incisioni, oltre
5000, sono variamente distribuite sull’intera superficie
rocciosa che, con le sue misure (84 m di lunghezza e 35
m di larghezza), è una delle più grandi delle Alpi.
Paolo Faccio e Giorgia Gentilini
Grosio (SO).
Castello Nuovo,
fondato nella
seconda metà del
XIV secolo.
È caratterizzato
da una doppia
cortina di mura
e da una torre
interna fortificata.
Le incisioni
rupestri della
Rupe Magna
furono realizzate
tra la fine del
Neolitico
(IV millennio a.C.)
e l’età del Ferro
(I millennio a.C.).
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A
Cronache Castellane
ttività dell’Istituto
Roma.
Il Vittoriano.
CXIII CONSIGLIO SCIENTIFICO
Roma, Palazzo Borghese, 17 giugno 2006
Presenti: Carafa, Calderazzi, Chiarizia, Conti, Corazzi, De
Tommasi, Fasanella, Foramitti, Gentilini, Jacobone,
Labaa, Maglio, Malchiodi, Marchesi, Mariano,
Martegani, Mauro, Montaldo, Palloni, Taddei,
Ventimiglia, Viglino Davico, Villari.
Assenti giustificati: Carbonara, Cuppini, Guida,
Manenti Valli.
Assenti: Magnano, Palazzo, Perbellini, Santoro,
Tamborini, Valente, Viganò.
Uditori: Fenici, Novelli.
Il Presidente Taddei apre la seduta alle 15.30 ringraziando la sezione Lazio per l’ospitalità.
Taddei ricorda al consiglio scientifico la necessità di
procedere all’elezione di un nuovo presidente in quanto il suo mandato è scaduto ed inoltre non rinnovabile.
Conti rammenta che la presidenza del consiglio scientifico è una carica che obbliga ad una notevole attività
ed implica un’assidua presenza, anche nell’ottica del
potenziamento delle attività prettamente scientifiche
del consiglio scientifico e di una sua maggiore distinzione di ruolo rispetto al consiglio direttivo. Richiede
inoltre buone doti di equilibrio e di capacità di mediazione, oltre alla capacità di lavorare in gruppo e di
motivare – stimolando e non redarguendo – i membri
del Consiglio.
Palloni propone come candidato De Tommasi.
Fasanella propone la candidatura di Carafa.
Taddei chiede che la nomina del presidente provenga,
come tradizione dell’Istituto, da una tranquilla discussione senza contrapposizioni.
Jacobone propone che i candidati proposti espongano
le loro opinioni e proposte per il futuro del consiglio
scientifico.
Viene comuqnue osservato che l’argomento non è stato
posto all’ordine del giorno. Dopo ampia discussione, il
Consiglio decide di rinviare la scelta del futuro presidente alla prossima riunione di Ferrara.
1) Approvazione del verbale della seduta precedente
Il Consiglio, preso atto di due richieste di Corazzi e
Labaa, approva il verbale all’unanimità.
2) Comunicazioni del Presidente
Taddei chiede che venga data maggiore informazione
sull’iniziativa “Il castello diventa ...”, ma dice che non è
molto chiaro dove debbano essere inviati i lavori e chi
debba fare la prima valutazione.
Dopo spiegazioni e precisazioni di Maglio, Villari, De
Tommasi, Corazzi e Conti viene rinviato alla prossima
riunione un approfondimento della questione. Viene
chiesto a Maglio, Villari e Merendino di elaborare la
questione.
Taddei comunica che all’inizio del luglio 2007 il gruppo
di Pistoia organizzerà un convegno sulle fortezze del
mare dal titolo Aspetti dell’incastellamento europeo e
mediterraneo, ed è disponibile a fornire i contatti a chi
lo richiedesse.
Taddei comunica che la sezione Molise ha proposto la
candidatura dell’arch. Luigi Marino, docente di restauro alla facoltà di architettura di Firenze. Il Consiglio
approva all’unanimità la cooptazione del professor
Marino.
3) Risultati IX premio di laurea e preparazione X
premio
Taddei riferisce che sono pervenute 34 tesi di laurea di
ottima qualità, anche specifiche di progettazione, una
delle quali ha avuto il primo premio. Riferisce che nel
corso dei lavori della commissione è stato deciso di
escludere dal premio le tesi triennali e quelle di dottorato o scuola di specializzazione. Nell’occasione propone
che il consiglio scientifico indirizzi la sua attività scientifica sulle modalità di affrontare il tema della progettazione degli interventi sull’architettura fortificata.
4) Situazione Atlante Castellano
Viglino Davico presenta il lavoro sinora compiuto dalla
sezione Piemonte, che ha potuto completare la catalogazione per le province di Torino e Cuneo, cioè circa la
metà del territorio. Francesco Novelli espone alcuni
esempi di schede realizzate. Il lavoro è costituito dall’analisi delle strutture fortificate organizzate secondo un
sistema di percorsi a livello territoriale.
Viglino Davico chiede a che punto siano i lavori delle
altre sezioni.
Conti risponde manifestando la sua soddisfazione per
la qualità e per il progredire del lavoro della sezione
Piemonte, e chiede se è nei loro programmi anche la
copertura della Valle d’Aosta. Per quanto concerne le
altre sezioni, risponde che la Liguria, il Veneto,
l’Umbria e la Basilicata non hanno ancora prodotto
risultati, la Lombardia ha sinora completato tre province, il Trentino ha completato la catalogazione di prima
istanza, così come il Friuli Venezia Giulia, l’Emilia
Romagna ha completato tre province, alla Toscana
manca il 30% del lavoro ma è senza risorse, ed anche
le Marche ed il Lazio attendono finanziamenti, la
Campania e la Sardegna hanno completato il lavoro, la
Puglia ha completato tre province, la Calabria non ha
eseguito la catalogazione ma ha pubblicato due libri
da considerarsi esaustivi, la Sicilia, che pure ha realizzato una pubblicazione, ha cominciato il lavoro
dell’Atlante ma ha anch’essa problemi di natura economica.
Taddei dice che al di là delle singole iniziative, riscontra
una generale carenza da parte delle sezioni nella redazione del data base, e propone che vengano convocati
i delegati delle sezioni per una riunione. Il Consiglio
approva, dopo un ampio dibattito in cui intervengono
Foramitti, Malchiodi, Labaa, Taddei, Maglio, Conti.
5) Convegno di Ferrara organizzato dalla Sezione
Emilia Romagna sulle “Misure del castello”
Taddei riferisce dell’organizzazione del convegno di
Ferrara previsto per il 13-14 ottobre 2006, nel corso del
quale sono previsti vari gruppi di relazioni su diversi
argomenti correlati al tema generale “Le misure del
Cronache Castellane
Castello”. Il convegno si pone come continuazione del
precedente su “Le parole del castello”.
6) Ipotesi di convegno a Pisa su “Metodologie progettuali e operative sul restauro dell’architettura
fortificata”
Taddei riferisce della possibilità di organizzare il prossimo convegno a Pisa sul tema della progettazione e che
verrà presto elaborata una prima bozza del programma.
7) Varie ed eventuali:
Taddei dà lettura di una lettera distribuita da Palloni ai
membri del consiglio scientifico concernente alcune
proposte per il consiglio scientifico, nella quale si propone di:
cooptare nel Consiglio membri di chiara fama e di
accertata competenza nelle discipline utili al conseguimento degli scopi del consiglio scientifico; si ritiene che
al momento le discipline meno rappresentate siano
archeologia, iconografia e studi storici.
Inizio di stesura di una bozza per una “Carta del restauro delle architetture fortificate”.
Istituire la figura del membro corrispondente, il cui
esatto inquadramento sarebbe da definire, ma che si
vede come svincolato dall’obbligo di partecipazione alle
sedute, pur potendo inviare proprie memorie ed osservazioni.
Dedicare le sedute del consiglio scientifico, a sessioni
alterne, al solo approfondimento scientifico su specifici argomenti.
Dichiarazione dei singoli consiglieri delle specifiche
aree di competenza, per le quali diverranno referenti
nazionali.
Richiedere ai membri la dichiarazione periodica dei
progressi del proprio curriculum scientifico.
Cercare di ottenere dal Ministero dei Beni Culturali la
copertura dei costi di stampa di Castellum.
Palloni chiede che l’Istituto istituisca dei contati con
altre associazioni similari
Conti risponde di aver preso contatti con associazioni
spagnole, portoghesi e tedesche, e che gradirebbe che il
Consiglio Scientifico designasse un membro che affianchi il presidente nelle iniziative di questo genere
La riunione si conclude alle 17.30.
Il segretario del Consiglio Scientifico
Vittorio Foramitti
CXVII CONSIGLIO DIRETTIVO
Roma, Palazzo Borghese, 18 giugno 2006
Presenti: Appino Genco, Bellucci, Bragadin, Calderazzi,
Caramanti, Chiappini, Chiarizia, Colmuto Zanella, Conti,
De Tommasi, Fasanella, Fenici, Frezza Federici, Floris,
Giusso del Galdo, Hardouin di Gallese, Labaa, Lampugnani, Marchesi, Martegani, Perrella, Pieragnoli, Rosati,
Sabatini, Taddei, Ventimiglia, Villari.
Deleghe: Del Carretto a Rosati, Giovanelli a Conti,
Marchese a De Tommasi, Pignatelli a Giusso del Galdo,
Quendolo a Conti, Rosboch a De Tommasi, Sammartini
a Chiappini, Stagno d’Alcontres a Ventimiglia
Uditori: Caputi, Carafa, Montaldo, Merendino
Conti ringrazia calorosamente la Sezione Lazio, e in
particolare la sua presidente, Altea Hardouin di Gallese,
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la nuova consigliera eletta, Letizia Giovanelli, e Franca
Genco per la sempre calorosa e raffinata accoglienza.
Dà poi un caloroso benvenuto al nuovo Consiglio, che
governerà l’Istituto per i prossimi tre anni, e gli augura
un’attività fruttuosa e serena.
Approvazione del verbale della riunione precedente
Il verbale viene approvato all’unanimità.
2) Relazione morale del Presidente
Conti fa un breve bilancio dei tre anni del suo mandato,
rammentando alcuni risultati che gli appaiono positivi e
mettendo per contro in luce alcuni punti negativi nell’andamento dell’Istituto nel triennio.
Sottolinea come attraverso convegni, premi, pubblicazioni, manifestazioni, ricerche, schedature si sia notevolmente intensificata l’attività scientifica e auspica
che l’Istituto, nato con questo scopo precipuo, possa
andare avanti in tale direzione. Purtroppo il progetto
dell’Atlante Castellano, in alcuni casi, ha un po’ rallentato il passo, ma confida di poter superare a breve questa impasse.
Un altro aspetto molto importante è la mancanza di
discordie e contenziosi all’interno delle sezioni e il buon
lavoro svolto dalle sezioni stesse. Anche quelle sezioni
che ultimamente hanno avuto qualche problema organizzativo, sono tornate o stanno tornando ad essere
pienamente operative. Il presidente augura a questo
proposito un fecondo lavoro ai neo presidenti di Liguria
e Trentino, di recente eletti. C’è anche, purtroppo, una
nota triste: la morte recente dell’architetto Pontalti, presidente della sezione Trentino, e quella, nei mesi scorsi,
di Enrico Schiavina, già presidente della sezione EmiliaRomagna e vicepresidente nazionale dell’Istituto.
Due, soprattutto, gli aspetti negativi: un certo calo,
contenuto ma pur tuttavia avvertibile, dei soci (circa il
10%), e una situazione finanziaria ormai strutturalmente deficitaria nelle partite correnti. È bensì vero, per
quanto riguarda il primo punto, che nell’ultimo anno c’è
stata un’inversione di tendenza, che ci si augura possa
continuare e rafforzarsi e che, per quanto attiene al
secondo punto, il capitale accumulato ha permesso di
ripianare il deficit. Tuttavia è necessario agire con decisione su ambedue queste situazioni.
Per il prossimo triennio, nel caso di rielezione, Conti
illustra in sintesi le sue intenzioni:
- incentivare ancora l’attività scientifica, portando
anche a compimento l’Atlante castellano d’Italia; a
questo proposito Conti dice di aver preso contatti con
una società che si occupa di Funds Searching per progetti scientifici e che potrebbe aiutarci a trovare i
fondi necessari per incentivare tale attività;
- aumentare il numero delle delegazioni sezionali, in
modo da potere meglio incidere in forma diretta sul
territorio;
- ristrutturare l’organigramma dell’Istituto in modo da
“decentralizzare” l’attività e da sfruttare meglio le
competenze presenti nell’Istituto stesso dando a singole persone o a piccole commissioni deleghe specifiche.
- affrontare, se possibile risolvere, il problema del
bilancio ordinario dell’Istituto e del numero dei soci.
Tra le situazioni “minori” vi è la necessità, per motivi
puramente tecnici, di cambiare la sede legale di Castel
Sant’Angelo, a cui non corrisponde più una presenza
dell’Istituto in loco, con la possibilità di vari disguidi
amministrativi, anche seri. La Sezione Lazio si occuperà
di portare a compimento questo compito.
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A
Cronache Castellane
ttività dell’Istituto
È anche necessario, probabilmente, semplificare il logo
dell’Istituto togliendo eventualmente quello di Europa
Nostra, perché il doppio disegno e la lunghezza delle
scritte creano vari inconvenienti. Chiappini obietta che
togliere il simbolo di Europa Nostra sarebbe un errore,
anche nei confronti di quei soci che tanto operano per
ben rappresentarci presso il consiglio di Europa Nostra,
che ci permette di mantenere contatti anche a livello
europeo ed internazionale. Comunque la presidenza si
farà carico di una proposta precisa, su cui si deciderà.
3) Relazione amministrativa del Segretario Generale
Caramanti riferisce al Consiglio sulla sua attività negli
ultimi tre anni di mandato: si è adoperato affinché
l’Istituto, riconosciuto ONLUS, fosse completamente in
regola con le leggi che riconoscono tale qualifica. A tal
fine ha provveduto a far modificare, tramite votazione
per posta, il Regolamento dell’Istituto. Ha migliorato la
presentazione del bilancio, oggi completamente in
regola con le norme vigenti. Sta studiando la possibilità di creare accanto all’Istituto una Fondazione che si
curi degli aspetti finanziari e di promozione, affiancandoli a quelli scientifico-culturali propri dell’Istituto.
4) Approvazione del bilancio consuntivo 2005 e preventivo 2006
Caramanti illustra il bilancio e ne distribuisce copia ai
presenti. Mostra come la situazione soci sia ora piuttosto stabile, anche se leggermente in discesa. La solita
nota negativa è dovuta al fatto che l’anno 2005 si è
chiuso in perdita. In più sono calati gli interessi attivi.
Come il presidente ha fatto notare, la situazione economica dell’Istituto si è stabilizzata su una situazione di
deficit costante.
È possibile correggere questo andamento solo aumentando cospicuamente il numero dei soci e contemporaneamente accentuando l’utilizzo delle competenze
scientifiche dell’Istituto, che dovrebbe “vendere” la sua
consulenza e i suoi lavori scientifici. Sabatini legge la
relazione del bilancio e si associa alle parole di
Caramanti.
Il bilancio viene approvato.
5) Elezione delle cariche sociali per il triennio
2006-2009
Conti ragguaglia il Consiglio Direttivo sull’esito del
Consiglio Scientifico del giorno prima e informa i presenti che il prossimo ottobre a Ferrara si procederà
all’elezione del nuovo presidente del Consiglio
Scientifico. È inoltre stato cooptato all’interno del
Consiglio Scientifico il prof. Marino, di chiara fama. Il
Consiglio Direttivo ratifica all’unanimità questa cooptazione.
Conti legge il verbale dello spoglio delle schede delle
votazioni nazionali avvenute, come il solito, per posta.
Presidente, Segretario Generale e Tesoriere si ricandidano. Non essendoci altri candidati, parte del Consiglio
sostiene che non vi sia bisogno di procedere all’elezione
a scrutinio segreto.
Alcuni consiglieri sostengono che per regolarità è necessario invece procedere all’elezione con tale sistema.
Vengono distribuite le schede di votazione per il presidente nazionale. Dopo che i Consiglieri hanno espresso il
loro voto, si procede allo spoglio, il cui risultato è il
seguente:
Conti
voti 33
Ventimiglia
voti 3
Conti è eletto Presidente. Si procede alla elezione del
Segretario e del Tesoriere per alzata di mano. Vengono
riconfermati Caramanti e Sabatini.
Risultano pertanto nominati l’arch. Flavio Conti,
Presidente nazionale; il dottor Giancarlo Caramanti,
Segretario generale, il dottor Paolo Sabatini, Tesoriere, a
ciascuno dei quali sono attribuiti con firma singola tutti
i poteri esecutivi previsti dall’articolo 8 dello Statuto
sociale.
Conti ringrazia tutti quelli che hanno voluto riporre
ancora una volta la fiducia nel suo operato.
Conti propone di riconfermare come vicepresidenti per
il Nord e per il Sud Chiappini e Ventimiglia, mentre per
il Centro, grazie alla cavalleresca rinuncia di Chiarizia,
che il presidente ringrazia calorosamente per il suo operato, viene scelta come vicepresidente la neoeletta
Letizia Giovannelli, che si occuperà anche di curare le
Pubbliche Relazioni dell’Istituto. Il Consiglio approva.
6) Varie ed eventuali
Labaa, quale responsabile del progetto “Attivo 2006”
legge l’elenco delle sezioni che hanno aderito al progetto. Perrella ricorda che è necessario attenersi alla
privacy dei soci, tanto che per tale motivo non ha aderito e chiede ragguagli sull’utilizzo dei nominativi eventualmente forniti.
Labaa spiega che l’utilizzo è puramente statistico, perché, solo in base e al numero dei soci, alla loro dislocazione e alla loro professione può studiare un programma che porti all’aumento della base sociale. Perrella
obbietta che basta inviare solo il numero dei soci, la
professione e la residenza. Labaa conferma, anche se
l’elenco completo sarebbe meglio e informa che per il
prossimo Consiglio porterà un progetto da discutere
insieme.
Conti sollecita l’organizzazione di viaggi nazionali ed
intersezionali.
Per tale motivo è importante quanto meno comunicare
tempestivamente la propria attività, in modo da poterla pubblicare sul sito e su Cronache Castellane.
Bragadin illustra ai presenti il programma per il convegno di Ferrara del prossimo ottobre. Hanno aderito
molti studiosi, soprattutto giovani, e di questo l’organizzazione è pienamente soddisfatta. Il convegno inizierà il pomeriggio di venerdì, mentre la mattina vi sarà
una visita guidata al castello di Ferrara. Il convegno
proseguirà sabato, con la premiazione finale dei vincitori del premio di Laurea.
Viene distribuito l’elenco degli alberghi di Ferrara fornito dallo studio Manenti Valli, in modo da poter prenotare per tempo. Bragadin, tornando al discorso della
Fondazione, sottolinea i problemi legati alla creazione
di una tale struttura, primo fra tutti quello, di difficile
soluzione, del Socio Fondatore, che per la nostra
Fondazione sarebbe uno solo, ha pieni poteri e non può
essere rimosso.
Ciò provocherebbe la totale mancanza di controllo della
Fondazione da parte dell’Istituto. Conti sottolinea che
se questo è lo scoglio, è necessario aggirarlo, altrimenti non sarà possibile creare la Fondazione.
Altri consiglieri, pur nell’ambito di una generale approvazione del progetto, esprimono qualche perplessità,
sottolineando come sia importante che non si snaturi
l’Istituto.
Conti farà pervenire ad ognuno, insieme al verbale, la
bozza di progetto studiata da Caramanti, in modo che
ogni Consigliere possa prenderne visione e meditare,
così da arrivane nel prossimo Consiglio a esprimere opinioni informate e meditate.
Cronache Castellane
7) Convocazione prossimo Consiglio Direttivo e
Scientifico
Ferrara, sabato 14 ottobre 2006 - Consiglio Scientifico
dell’Istituto e premiazione Premio di Laurea.
Ferrara, domenica 15 ottobre 2006 – Consiglio Direttivo
dell’Istituto.
La seduta è tolta alle h. 12,20.
Il segretario
Giancarlo Caramanti
Il presidente
Flavio Conti
VERBALE DELL’ASSEMBLEA ORDINARIA
DELL’ISTITUTO
Roma,, Palazzo Borghese, 18 giugno 2006
A
lle ore 12,45 il presidente Conti apre la riunione
ringraziando gli intervenuti e la Sezione Lazio che
ospita l’assemblea nella sua Sede.
Constatata la validità della convocazione e delle presenze, invita il dott. Caramanti a fungere da segretario
dell’assemblea e passa alla discussione dell’ordine del
giorno.
1) Approvazione del bilancio al 31.12.2005
Il segretario distribuisce agli intervenuti il fascicolo del
bilancio consuntivo per l’anno 2005, in precedenza
approvato dal Consiglio direttivo, e ne commenta le singole voci. Legge poi, a nome del Collegio dei Revisori, la
Relazione del collegio predisposta per l’assemblea.
Il presidente chiede quindi che il bilancio consuntivo
per l’anno 2005 venga approvato, riportando la perdita
di euro 28.436 a riduzione del Patrimonio netto.
L’assemblea approva.
2) Approvazione del bilancio preventivo per l’anno
2006
Il presidente chiede l’approvazione del bilancio preventivo per l’anno 2006 che prevede un risultato negativo
di euro 23.000, segnalando che però tale risultato è
possibile solo se gli incassi dai soci potranno aumentare ed a condizione che il contributo ministeriale ci
venga riconosciuto nell’entità richiesta.
L’assemblea approva.
2) Varie ed eventuali
Il Presidente ricorda l’obbligo di uniformarsi alle nuove
disposizioni in materia di “Privacy” previste dal recente
Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196 entrato in
vigore il 1° gennaio 2004 in sostituzione della precedente legge 675.
Dopo aver spiegato le finalità della legge, egli chiede ai
presenti di autorizzare il Consiglio a:
assicurare il completo rispetto delle disposizioni di legge;
autorizzare l’impiego delle banche dati in conformità
della legge;
definire le regole di comportamento concernenti il trattamento dei dati personali;
adottare le dovute misure di sicurezza dei dati personali;
chiedere le prescritte autorizzazioni ed effettuare le
relative notificazioni, nei casi previsti dalla legge;
rappresentare l’Istituto davanti al Garante nei procedimenti amministrativi.
Null’altro essendovi a deliberare, l’assemblea è chiusa
alle ore 13,30.
L’assemblea approva.
Il segretario
Giancarlo Caramanti
Il presidente
Flavio Conti
9
RELAZIONE DEL SEGRETARIO E DEL TESORIERE
SUL CONSUNTIVO 2005 E SUL PREVENTIVO
2006
a perdita conseguita nell’anno 2005 (28,4 mila)
risulta superiore a quella dell’esercizio precedente (19,4 mila) per il solo fatto che in quell’anno è
stato utilizzato totalmente il fondo di riserva di 15,5
mila euro stanziato nei vari anni per il Congresso
Nazionale.
L’anno 2004 infatti era stato l’anno della celebrazione
del quarantesimo anniversario della costituzione
dell’Istituto, avvenuta mediante molteplici manifestazioni a livello nazionale e culminate con il Congresso
Nazionale di Firenze.
La perdita è sostanzialmente dovuta ai ridotti incassi di
quote sociali (-10,0 mila) a nuove spese per attrezzature della Segreteria gen.le (+2,1 mila) al maggior costo
delle spese telefoniche ed informatiche (+1,5 mila) al
maggior costo delle collaborazioni (+2,4 mila) ed al
ridotto introito di interessi attivi (-1,0 mila).
Le spese per la redazione di Cronache, Castellum, quelle per le manifestazioni istituzionali e di rappresentanza, si mantengono nella usuale media annua.
In conseguenza della nuova perdita le disponibilità
finanziarie liquide si riducono ulteriormente, da 153,9
mila euro a 127,2 mila, anche se quelle presso le sezioni (riferite all’anno precedente e non disponibili) rimangono stabili sul livello di circa 180.000 euro.
Gli investimenti finanziari, ormai non riescono più a
contribuire alla copertura della perdita della gestione
ordinaria, sia per i ridotti tassi del reddito fisso, che per
l’effetto dei continui realizzi per necessità di tesoreria.
Il preventivo 2006 presenta una perdita che potrà essere contenuta nei limiti di quella del presente esercizio,
solo se si potranno recuperare i livelli d’incasso di quote
sociali degli anni passati, contando altresì sull’assegnazione di un contributo ministeriale corrispondente
all’entità richiesta in domanda.
La redazione del presente bilancio, viene effettuata
secondo i requisiti dell’art. 2427 del C.C.
L
Il Segretario generale
Dr. Giancarlo Caramanti
Il Tesoriere
Dr. Paolo Sabatini
RELAZIONE DEL COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI
Signori Consoci,
ll bilancio dell’anno 2005 che viene presentato alla
vostra approvazione, fornisce la composizione del patrimonio sociale , così come previsto dall’art.4 dello
Statuto, nel rispetto della normativa vigente, e così si
riassume:
Titoli di Stato, fondi, obbligazioni, crediti
ed altre attività liquide
euro 516.526
Patrimonio sociale e Fondo di Riserva
Debiti diversi
502.816
13.710
516.526
Il patrimonio sociale include l’importo di euro 180.760
vincolato quale riserva indisponibile, come previsto dal
D.P.L. n.° 11 del 31.1.1991, pubblicato sulla G.U. n.° 133
del 8.6.91.
Le relazioni del Consiglio e del Tesoriere danno ampio
10
A
Cronache Castellane
ttività dell’Istituto
dettaglio dei movimenti avvenuti nel corso dell’anno
2005 e pertanto ad esse Vi rimandiamo.
Abbiamo esaminato il preventivo per l’anno 2006 e ne
condividiamo le indicazioni in esso contenute.
Nel corso dell’esercizio abbiamo provveduto ad effettuare le verifiche di nostra competenza alla contabilità
tenuta dalla Segreteria Generale dell’Istituto.
Attestiamo che il presente bilancio è redatto secondo i
requisiti stabiliti dall’art. 2427 del C.C. e si compone
pertanto dello Stato Patrimoniale, Conto economico e
Nota Integrativa.
Ad esso viene allegato il rendiconto consolidato al
31.12.2004 della gestione economica di tutte le sezioni, essendo quello dell’anno 2005 disponibile solo dopo
la celebrazione della vostra assemblea.
Al riguardo ricordiamo che a termini di Statuto e di
Regolamento, la gestione dei fatti amministrativi
dell’Istituto è svolta direttamente ed in modo autonomo dalla Segreteria Generale di Milano e dalle singole
Sezioni, ciascuno di tali Enti operante con proprie contabilità separate. Pertanto i fondi disponibili presso le
Sezioni, riportati nei singoli Rendiconti delle Sezioni ed
approvati annualmente dalle rispettive assemblee a
norma di quanto previsto dagli artt. 12 e 13 del Regolamento, sono inclusi nel patrimonio netto dell’Istituto,
ma sono utilizzabili solo dalle relative sezioni per le loro
finalità operative.
Vi invitiamo a voler approvare il Bilancio Consuntivo
dell’anno 2005 ed il Preventivo per il 2006, così come
propostovi dal Consiglio Direttivo.
I REVISORI DEI CONTI:
Dott. Luigi Piceci, Rag. Bruno Bagnoli, Dott. Giampietro
Lauri
NOTA INTEGRATIVA AL BILANCIO AL 31.12.2005
(a norma dell’art. 2427 del Codice civile)
Principi e metodi contabili
Il bilancio dell’esercizio è stato predisposto in base alla
normativa vigente e con l’accordo del Collegio dei
Revisori, applicando principi contabili omogenei con
quelli dell’esercizio precedente.
Vengono indicati anche i fondi in giacenza presso le
Sezioni alla data dell’anno precedente, essendo quelli
dell’anno in esame disponibili solo dopo l’approvazione
dei rispettivi bilanci.
Composizione delle voci e variazioni rispetto al 2004:
Roma. Ara Pacis
Augustae
STATO PATRIMONIALE
Crediti verso soci
Passano da euro 55,9 mila a euro 27,6 mila.
Titoli
Sono esposti al valore adeguato a quello di mercato al
31.12.2005.
Passano da euro 311,7 mila a euro 267,8 mila
e sono così composti:
-Titoli di Stato:
euro 80,0 mila
-Fondi obbligazionari
27,0
-Obbligazioni Italia:
88,8
-Obbligazioni Estero:
72,0
Fondi presso Sezioni anno precedente
Passano da euro 195 mila a euro 181 mila
e sono così ripartiti:
Sezione Campania
euro 16,8 mila
Sezione Sardegna (SS)
25,5
Sezione Lazio
47,8
Sezione Marche
16,4
Sezione Toscana
13,2
Sezione Umbria
10,9
Sezione Puglia
13,7
Altre sezioni
36,7
Attivo circolante
Passa da euro 22,9 mila a euro 40,2 mila
così composto:
- valori in cassa, banche e c/postale. euro 24,9 mila.
- crediti verso Sezioni diverse
6,3
- crediti pubblicità
2,0
- incassi in corso al 31.12.05 da sezioni
7,0
Patrimonio netto
Passa da euro 573,6 mila a euro 502,8 mila
ed è così composto:
saldo al 31.12.04:
euro 573,6 mila.
- risultato del periodo:
-28,4
- decremento crediti verso soci
-28,3
- decremento fondi presso sezioni
-14,0
Debiti
Passano da euro 12,0 mila a euro 13,7 mila e sono inerenti a compensi professionali maturati ma non ancora corrisposti ed a fatture da pagare.
CONTO ECONOMICO: nel raffronto con l’esercizio precedente non figura più l’utilizzo del fondo per il
Congresso Nazionale. Ulteriori informazioni vengono
date nella relazione del Tesoriere.
RENDICONTO DI TESORERIA
La disponibilità finale è rappresentata dai titoli e circolante, al netto della Riserva Vincolata.
Cronache Castellane
11
ISTITUTO ITALIANO DEI CASTELLI RENDICONTO AL 31 DICEMBRE 2005 (euro)
SITUAZIONE PATRIMONIALE
ATTIVO
A) Crediti v/ soci
B) Immobilizzazioni
III. 3. Titoli
4. Fondi presso Sez. anno prec.
C) Attivo circolante
IV. 1. Depositi bancari e postali
2. Denaro e valori in cassa
3 Crediti diversi
Totale attivo (A+B+C)
ANNO 2005
27.554
ANNO 2004
55.908
267.791
181.000
311.711
195.000
24.451
439
15.291
516.526
10.618
91
12.278
585.606
322.056
180.760
0
392.846
180.760
0
13.710
12.000
516.526
585.606
550.000
TOTALE A)
ANNO 2005
101.824
5.998
5.590
113.412
ANNO 2004
111.835
5.751
3.888
121.474
PREV.2006
110.000
10.000
5.000
125.000
-55.918
-10.753
-20.290
-6.349
-4.959
-5.554
-2.086
0
-49.991
-17.987
-7.973
-3.874
-32.263
-168.006
15.477
-152.529
-55.000
TOTALE B)
-50.912
-8.000
-20.190
-5.366
-6.947
-7.059
-1.147
-1.023
-49.732
-20.308
-8.229
-4.123
-19.206
-152.510
0
-152.510
-50.000
-20.000
-8.000
-5.000
-20.000
-158.000
0
-158.000
-39.098
10.662
-28.436
-31.055
11.617
-19.438
-33.000
10.000
-23.000
161.375
-19.438
12.001
153.938
127.000
-23.000
PASSIVO
A) Patrimonio netto
VII Riserva vincolata
VIII Fondo per Congresso Nazionale
D) Debiti
6. Verso fornitori
12. verso istituti previdenziali e soc.
Totale passivo (A+D)
PREV.2006
550.000
CONTO ECONOMICO
ENTRATE
A) 5 Quote sociali
Contributo Ministero Beni Culturali
Proventi da attività collaterali
USCITE
B) 6 Attività delle Sezioni
B) 6 Spese generali: Castellum
Cronache
Spedizioni
Cancell.e manutenz.
Luce,telefono,internet
Postali
Diverse e tasse
B) 7 Compensi professionali lordi
B) 8 Affitto locali
B)14 Spese di rappresentanza
Spese per manifestazioni istituzionali
Utilizzo fondo per Congresso Nazionale
DIFFERENZA A-B
c) 16 Interessi attivi
RISULTATO (A-B+C)
RENDICONTO DI TESORERIA
Disponib. inizio anno (escl.ris.vinc.e fondi sez)
Risultato del periodo
Variazione crediti/debiti
Disponib.fine anno (escl.ris.vinc.e fondi sez.)
153.938
-28.436
1.710
127.212
104.000
12
A
Cronache Castellane
ttività dell’Istituto
VERBALE DELLA COMMISSIONE
GIUDICATRICE DEL IX PREMIO DI LAUREA
SULL’ARCHITETTURA FORTIFICATA
l giorno 10 giugno 2006 si è riunita a Milano, presso
i locali della segreteria generale dell’Istituto Italiano
dei Castelli, la giuria del IX Premio di laurea sull’architettura fortificata. Erano presenti: il presidente nazionale dell’Istituto, prof. arch. Flavio Conti, il prof. arch.
Domenico Taddei, presidente del Consiglio Scientifico,
l’ing. Antonino Lentini, l’arch. GianMaria Labaa, il prof.
arch. Roberto Corazzi, l’arch. Vittorio Foramitti, l’ing.
Dino Palloni, il prof. arch. Gianni Perbellini.
Constatata la validità della convocazione e della riunione, i lavori vengono aperti alle ore 10,00.
Sono arrivate presso la segreteria dell’Istituto 34 tesi
provenienti rispettivamente dalle seguenti sedi universitarie: Ancona (1), Bari (1), Camerino (1), Catania (1),
Ferrara (1), Firenze (2), Genova (3), L’Aquila (3), Milano
(2), Napoli (8), Pisa (2), Reggio Calabria (1), Roma (4),
Torino (1), Trento (1), Venezia (2), per un totale di 40
partecipanti.
Dopo approfondita analisi e discussione, la giuria assegna i seguenti premi:
1° premio:
Tesi: Espugnare una fortezza. Riqualificazione di un
sistema museale archeologico all’interno della fortezza
del Priamar in Savona, discussa presso la Facoltà di
Architettura di Milano, Campus Leonardo (MN), autori
Davide Corti e Davide Corti, relatore prof. M. Albini, per
la capacità inventiva e propositiva della proposta,
espressa con linguaggio deciso e innovativo.
I
La Rocca di
Dovadola (FC).
La fortezza del
Priamar in
Savona.
2° premio
Tesi: La Rocca di Dovadola (FC): analisi, studio e ipotesi
di restauro, discussa presso la Facoltà di Archiettura di
Ferrara, autori Laura Baltazzi e Marina Spadini, relatore prof. A. Ugolini, per la corretta e puntigliosa cura
analitica e per la coerenza progettuale che caratterizza
il lavoro.
3° premio
Tesi: Il castello di Prata Sannita: lettura stratigrafica
delle strutture murarie e proposta di restauro – Il borgo
di Prata Sannita: ricerche e proposte. Il progetto di rifunzionalizzazione del castello, discussa presso la Facoltà
di Architettura di Napoli, autrici Giovanna Compagnone
e Elisa di Santillo, relatore prof. R. Dalla Negra, per la
corretta metodologia di approccio al tema.
4° premio ex aequo
Tesi: La Rocca Nuova di Serravalle Pistoiese: rilievo e
ipotesi di riuso, discussa presso la Facoltà di
Architettura di Firenze, autore Barbara Fortini, relatore
prof. R. Corazzi, per l’approfondimento grafico e operativo del rilievo e l’attenzione della proposta.
Tesi: Studio storico, restauro e riuso del “Torrione” di
Anguillara, discussa presso la Facoltà di Architettura di
Roma, autrice Alessandra Tolfa relatore prof. arch. G.
Palmerio, per la buona consistenza dell’insieme e il corretto legame tra rilievo e proposta.
La giuria ha inoltre deliberato di assegnare un attestato di segnalazione, per l’interesse presentato, alle
seguenti tesi:
Alessandro Aliberti, La Torre del Centino: analisi e ipotesi di riuso, relatore prof. R. Corazzi, Facoltà di Architettura di Firenze
Cosimo Ruggiero, Progetto di restauro conservativo e
ristrutturazione edilizia per riuso della masseria fortificata “Badessa”, relatore prof. R. Antonucci, Facoltà di
Ingegneria di Ancona.
Claudia Fantino, I parchi urbani di Jülich e Lucca: abbattimento e conservazione di sistemi fortificati “alla
moderna” relatore prof. M. A. Giusti, Facoltà di Architettura di Torino.
Salvatore Micelli, Il restauro delle strutture castellane –
Il Castello Aragonese di Taranto, relatore prof. G.B. De
Tommasi, Facoltà di Ingegneria di Bari.
Cristina Salotti, Pisa: costruzione e gestione delle fortificazioni in età moderna, relatore prof. L. Nuti, Facoltà di
Architettura di Lettere di Pisa.
Paola Zazzara, Studio e progetto di restauro del castello
Cantelmo in Popoli (PE), relatore prof. D. Fiorani, Facoltà
di Ingegneria dell’Aquila.
Avendo concluso i lavori, la giuria toglie la riunione alle
ore 17,15.
Il presidente dell’Istituto
Flavio Conti
Il presidente del
Consiglio Scientifico
Domenico Taddei
Col o m b o
COLLEZIONE
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Carlo, è
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14
A
Cronache Castellane
ttività delle sezioni
Calabria
IN RICORDO DI PISANA MANES
Monte
Sant’Angelo (FG).
Il campanile a
pianta ottagonale
della basilica di
San Michele
Arcangelo.
La Sacra di San
Michele (TO).
Detta anche
Abbazia della
Chiusa, è un
imponente
complesso di
edifici situato allo
sbocco della Valle
di Susa.
Fu uno dei più
importanti
monasteri
fortificati,
risalente al
IX-XIV sec.
Dopo il terremoto
del 1885 fu
restaurata da
Alfredo D’Andrade
che costruì
robusti
contrafforti per
consolidarne la
struttura.
11 maggio 2006 si è serenamente spenta la N.D.
Pisana Manes, socia fin dagli anni ’60 della
sezione Lazio, la cui figura vorremmo fosse qui
ricordata per la sua appassionata pertecipazione alla
vita dell’Istituto, svolta in sordina e per dir così dietro le
quinte, con grande, discreta disponibilità.
Nata a Roma nel 1921, dall’onorevole Carlo, calabrese,
e dalla N.D. Luigia Pisani, originaria e sempre affezionatissima di Venezia, acquisì al Liceo Mamiani e poi alla
Facoltà di Giurisprudenza della Sapienza, solide e vivaci basi culturali. Fin da giovanissima aveva frequentato
le scelte e variegate amicizie dei genitori, tra le quali
spiccavano figure di grande rilievo scientifico e culturale, basti ricordare Fermi e Almagià.
Dopo una coraggiosa e proficua esperienza da giovane
imprenditrice ante-litteram, nella difficile realtà agragria della Calabria del primo dopoguerra, era tornata
nella natìa Roma, dove ben presto si trovò coinvolta,
tramite sue care Amiche, a condividere e sostenere
quelle attività dell’Istituto non tecnico-scientifiche, ma
di natura sodale e sociale che per anni costituirono un
valido supporto alla promozione dello sviluppo e dell’arricchimento delle adesioni, favorendo la diffusione
dei valori e dei contenuti più profondi dell’Istituto nella
società italiana.
Probabilmente sono ormai pochi i soci che ne ricordino
l’immancabile presenza alle visite per tanti anni meravigliosamente condotte dal Prof. Pietrangeli, o ai viaggi
di studio all’estero, di molti dei quali, insieme o alternandosi con le altre Amiche, Pisana Manes ne stilava le
gradevoli cronache.
Per l’età e soprattutto per qualche difficoltà motoria
aveva da tempo lasciato il campo, ma la sua Figura, la
sua affezionata partecipazione alla vita della Sezione
Lazio meritano di essere salutate un’ultima volta da
queste pagine.
Francesco Mollo
Campania
SANTUARI, PELLEGRINAGGI E DINAMICHE
TERRITORIALI NEL MEZZOGIORNO MEDIEVALE.
I
l relatore Prof. Giovanni Vitolo, l’11 febbraio 2006
ha analizzato specificamente alcuni santuari dedicati a S. Michele Arcangelo mostrando come essi
siano strettamente legati ad un pellegrinaggio di portata internazionale. I santuari ed i pellegrinaggi sono
profondamente legati all’organizzazione del territorio,
all’economia, ed alla società in genere. In particolare,
così come il castello, il santuario risulta un punto di
osservazione privilegiato della società medievale. Nel
Medioevo, infatti, si procede ad una riorganizzazione
globale che ha come filo conduttore la storia religiosa,
che si lega a quella economica e sociale.
Il pellegrinaggio, di chiara connotazione religiosa, nasce
dal desiderio di recarsi in un luogo dove si ritiene che la
divinità abbia manifestato in modo particolare, evidente, la sua presenza. Il pellegrino non è un uomo qualsiasi in quanto viene qualificato e protetto dalla Chiesa,
con una cerimonia di vestizione che precede la sua partenza. Allo scopo di facilitare il suo cammino, lungo i
percorsi che si vanno delineando, sorgono delle strutture di accoglienza, come anche guide e prontuari per il
pellegrino. Queste strutture di accoglienza influenzano
la scelta dei percorsi e pertanto l’organizzazione della
rete stradale, costituita per lo più da un fascio di percorsi, un’area più che da una strada vera e propria.
Nascono gli ospedali, centri di accoglienza, assistenza e
cura. Come i percorsi anche le mete si vanno modificando nel tempo: i santuari diventano elementi di complicazione nell’organizzazione del territorio da parte
della Chiesa, in quanto scardinano la gerarchia territoriale dei distretti, portando i fedeli al di fuori del loro
contesto ed in un contesto che si modifica in quanto
prodotto dell’uomo.
Tra i numerosi tipi di santuario descritti dal relatore,
molti dei quali posti lungo percorsi di pellegrinaggio a
scala internazionale, si segnalano quelli più antichi, i
santuari martoriali, nati cioè sul luogo dove il santo ha
subito il martirio o dove sono conservati i suoi resti,
come quelli di Cimitile e Modena, i santuari epifanici,
tra cui si ricordano quelli “dell’Angelo” come Monte
S. Angelo e S. Michele di Ossara in Puglia, Mont Saint
Michel in Francia, S. Michele della Chiusa in Val di
Susa, quelli “mariani” come Montevergine in Campania.
PARTECIPAZIONE A MANIFESTAZIONI DI RILEVANTE
INTERESSE CULTURALE: GALASSIA GUTENBERG
L
a sezione Campania ha partecipato alla XVII edizione della mostra mercato del libro “Galassia
Gutenberg” svoltasi quest’anno a Castel dell’Ovo
dal 1 al 4 aprile con l’apertura al pubblico della Sede per
tutta la durata della manifestazione ed in particolare:
Cronache Castellane
Stand espositivo con le pubblicazioni dell’Istituto Seminari con diapositive su Castel dell’Ovo rivolti a scuole di
ogni ordine e grado
mostra fotografica sui castelli suddivisa nelle seguenti
sezioni:
Castelli e fortificazioni della Campania, a carattere
esclusivamente fotografico
Le fortificazioni di Napoli capitale, tra Medioevo e
Rinascimento
Le fortificazioni del Cilento, di Centola e di capo Palinuro
Proiezioni audiovisive sui castelli napoletani e della
Campania
Sono stati accolti in Sede complessivamente circa 1500
visitatori tra adulti ed adolescenti che hanno avuto modo
di conoscere ed apprezzare le attività dell’Istituto. La partecipazione all’importante manifestazione è stata resa
possibile dallo straordinario impegno profuso da molti
giovani consoci che con grande entusiasmo e mostrando
notevole professionalità, si sono alternati durante gli
orari di apertura. A tutti un vivissimo ringraziamento.
X BIENNALE INTERNAZIONALE DEL MARE
politica economica e sulla gestione dei beni culturali del
prof. Vincenzo Pepe e del prof. Franco Garbaccio,
entrambi dell’Università Parthenope. Pepe ha proposto
come strumento della valorizzazione turistica del territorio campano, un modello sperimentale. Molto interessante anche l’espressione di Garbaccio: “in un’Europa
senza fabbriche non ci resta che il territorio”.
I
l 4 maggio presso la sala B del Castel dell’Ovo, in
occasione della X biennale del mare, la Sezione
Campania ha organizzato una tavola rotonda dal
tema: “Per un itinerario di valorizzazione turistico - culturale dei castelli napoletani: analisi dello stato attuale
e prospettive future”, coinvolgendo numerosi esponenti
degli enti locali e dell’Università.
Al saluto ai partecipanti del Presidente della Biennale,
Raffaele Pallotta di Acquapendente, è seguito quello dell’arch. Fabio Pignatelli della Leonessa, presidente della
Sezione Campania, che ha anche introdotto i lavori.
Nel corso di una bella presentazione per immagini dei
castelli napoletani, l’arch. Luigi Maglio ha descritto le
attività dell’Istituto e della sezione Campania evidenziando i risultati raggiunti nell’attività di conoscenza e
valorizzazione. La prof. Antonella Basilico, assessore ai
beni culturali della Provincia di Napoli ha posto l’attenzione a quelle numerose architetture difensive definite
“minori” ritenendole indispensabili alla comprensione
dei grandi monumenti e pertanto degne di interventi di
conservazione, tutela e valorizzazione. L’intervento successivo è stato quello di Amedeo Lepore, assessore
all’Edilizia Monumentale del comune di Napoli, che ha
esposto le iniziative di tutela in atto proprio a Castel
dell’Ovo ed ha sottolineato la preziosa azione di “sussidiarietà” dell’Istituto Italiano dei Castelli nella corretta
gestione del patrimonio pubblico al fianco delle istituzioni. E’ seguito poi l’intervento del prof. arch. Leonardo
di Mauro che nel ripercorrere le vicende degli ultimi
anni di vita dei quattro castelli napoletani, ha evidenziato in alcuni casi alcune carenze gestionali. Di Mauro
ha messo in luce le enormi potenzialità di tali strutture
ed ha espresso la sua preoccupazione soprattutto per
quanto riguarda Castel Capuano, sede del Tribunale ma
in corso di trasferimento, e sul delicato quanto necessario restauro del castello.
Angela Tecce, Direttrice di Castel S. Elmo, ha illustrato
una presentazione multimediale dal titolo “Una fortezza
per l’arte” mostrando l’attività della Soprintendenza per
il polo museale di S. Elmo che si è tradotta in una serie
di mostre di differenti tipologie che hanno attirato l’attenzione di decine di migliaia di turisti negli ultimi mesi.
Non sono mancate, inoltre, le attente osservazioni sulla
15
Luigi Cosenza
UNA STRADA DA PERCORRERE
Napoli.
Un’immagine
suggestiva del
Maschio Angioino
(Castel Nuovo),
fatto erigere da
Carlo I d’Angiò
nel 1279.
Il dipinto si trova
al museo
Nazionale di
Capodimonte.
G
iunto alla sua IVa edizione, il ciclo seminariale di
studi “Le architetture fortificate della Campania”,
che quest’anno ha ottenuto il patrocinio del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, si è svolto
come di consueto tra i mesi di aprile e giugno, nella
Sala delle conferenze della Sezione Campania in Castel
dell’Ovo.
Il percorso didattico - scientifico si è articolato in lezioni frontali e visite di studio:
21 aprile – Prof. arch. Giovanni Vitolo: Il quadro storico
dell’incastellamento in Campania
26 aprile – Prof. arch. Giovanni Coppola: Caratteri dell’architettura difensiva normanno – sveva
3 maggio – Prof. arch. Rosa Carafa: Le fortificazioni in
epoca angioina
12 maggio – Arch. Luigi Maglio: Architettura militare di
transizione in Italia meridionale
19 maggio – Ing. Gigliola Ausiello: Tecniche e materiali
da costruzione nei castelli medievali in Campania
25 maggio – Visita di studio a Castel dell’Ovo e
Castelnuovo. Storia, restauro e valorizzazione
1 giugno – Ing. Flavio Russo: Tecniche e procedure di
assedio: confronto tra epoca classica e tardo medioevo
9 giugno – Arch. Luigi Maglio: Fortificazioni vicereali e
difesa costiera nel regno di Napoli
16 giugno – Prof. ing. Franco Polverino: Le masserie fortificate pugliesi
22 giugno – Prof. arch. Marina Fumo: Recupero e valorizzazione delle architetture difensive
Anche questa volta si è registrato un buon numero di
iscritti, circa una trentina, tutti studenti universitari
dalle facoltà di Conservazione dei Beni Culturali,
Lettere, Architettura ed Ingegneria ai quali, attraverso i
contributi dei vari docenti, è stato possibile fornire un
valido indirizzo di approfondimento per la corretta
conoscenza del patrimonio di architettura fortificata
presente in Campania e più in generale nell’Italia meridionale. Il buon livello di partecipazione è in parte cer-
Napoli. L’ingresso
principale del
Maschio Angioino
avviene attraverso
l’arco di trionfo
con la statua di
San Michele e
riprende il motivo
delle logge tipico
del primo
Rinascimento.
16
A
Monselice (PD).
Elegante portale in
pietra che
incornicia una
pregevole porta del
Castello, detto
anche Cà Marcello.
Cronache Castellane
ttività delle sezioni
tamente derivato dal riconoscimento di crediti formativi da parte di vari Istituti Universitari, in particolare il
corso di Laurea Specialistica in Architettura della
Federico II, il Dipartimento di Discipline Storiche sempre della medesima Università, oltre all’Istituto
Universitario Suor Orsola Benincasa. Tutti gli iscritti al
corso hanno mostrato vivo interesse anche perché
buona parte di loro già impegnati in ricerche castellane; i numerosi incontri hanno consentito inoltre un
notevole scambio di informazioni che potrebbero rivelarsi in prospettiva molto utili per l’attività di Censimento dell’Istituto. La formula dell’iscrizione al corso e
contestualmente all’Associazione consente inoltre di
aprire le porte dell’Istituto ad un maggior numero di
giovani, con la possibilità di selezionare successivamente i soggetti realmente interessati ad approfondire le
varie tematiche inerenti l’architettura fortificata. Non
di rado poi, si innescano processi di assistenza a ricerche in atto che, se da un lato impongono un crescente
impegno da parte dell’Istituto, dall’altro possono costituire un prezioso ampliamento di conoscenza e di contatti con il mondo universitario.
E’ quindi auspicabile, visti i risultati positivi e le potenzialità ulteriori, notevolissime, esprimibili, che questa
attività sperimentale in corso in Campania possa da un
lato rafforzarsi istituzionalmente con gli Enti preposti e
dall’altro essere replicata a livello locale dalle altre
sezioni regionali dell’Istituto. Mi auguro che un simile
obiettivo, concretamente raggiungibile, possa essere
fattivamente oggetto di discussione in uno dei prossimi
consigli scientifici e direttivi dell’Istituto.
Luigi Maglio
Emilia Romagna
DA BRISIGHELLA ALL’ABBAZIA DI PRAGLIA
Monselice (PD).
Veduta
meridionale del
castello, costituito
da un complesso
di edifici
fortificati del
secolo XI-XII,
restaurato dai
Conti Cini negli
anni Trenta dello
scorso secolo.
I
l 18 febbraio 2006 la sezione si è recata in visita a
Brisighella, antica cittadina che sorge ai piedi di una
collinetta, divisa in tre spuntoni rocciosi di selenite
ai piedi dei quali si stende la maggior parte delle sue
case. Notevoli le tracce delle fortificazioni medievali tra
le quali spicca la torre dell’orologio, denominata Torre
di Oriolo dei Fichi, costruita su una punta della collina,
nel secolo XI su un insediamento molto più antico. La
Rocca , che è stata appena riaperta dopo un lungo
periodo di lavori di restauro è stata costruita su un’altra punta della collina; fu dei Manfredi, signori di
Faenza, e in seguito dei Veneziani che vi fecero notevoli modifiche nel XVI secolo. Di grande interesse è la
Chiesa del Monticino e la Villa Spada sulla strada maestra dove esiste anche un’antichissima chiesa romanica
detta Pieve del Tho o Pieve di S. Giovanni in Ottavo.
In marzo la sezione si è recata in visita a Lugo di
Romagna, prosperosa cittadina che diede i natali a
Guido Baracca, l’eroe della I° Guerra Mondiale.
Un museo a lui dedicato raccoglie le memorie dell’eroico aviatore, tra cui, restaurato in modo notevole, un
biplano Spad. Al centro della Città si trova il caratteristico portico detto del Pavaglione (l’antico mercato
della seta ) a tracciato rettangolare, costruito alla fine
del ‘700 per le fiere. La città è di antiche origini (Lucus,
Lucus Dianae o Forum Lucium) nel Medio Evo, dopo
varie signorie fu soggetta agli Estensi e alla morte di
Alfonso d’Este divenne provincia dello Stato della
Chiesa. La Rocca di Lugo è sede comunale, la sua attuale struttura risale alla fine del ‘500, all’interno si può
ammirare un giardino pensile e diverse sale storiche con
arredi e decori d’epoca, tra le quali spicca il “salotto”
Rossini dedicato all’illustre musicista.
Vicino a Lugo sorge Bagnara di Romagna nota per la
sua Rocca trecentesca modificata alla fine del ‘400,
ancora in ottime condizioni e completa della cerchia
muraria a protezione dell’antico paese.
Monselice è una piccola città murata con la Rocca di
cui rimangono poche rovine. Costruita da Federico II° ne
rimane una poderosa torre mozza in un recinto rettangolare di mura, le quali, prima che venissero distrutte
dallo sfruttamento delle cave, si univano alle mura civiche. I conti Cini negli anni ’30 dello scorso secolo, riportarono a nuovo splendore il complesso di edifici fortificati del secolo XI-XII che oggi sono sede di Museo in cui
sono ricreati gli ambienti e l’atmosfera originali. Vi è
conservata un’armeria assai notevole formata da pezzi
d’epoca raccolti dai Cini, che come quelli dell’armeria di
Castel Coira sono tali da rendere la raccolta tra le prime
in Italia. Vicino al Castello e ai piedi dell’antico “Mons
Silicis” si trovano il Duomo Vecchio, la Via Santuario col
cammino penitenziale delle Sette Chiesette e la Villa
Duodo.
L’Abbazia Benedettina di Praglia è un complesso del XII
secolo con una grandiosa chiesa dedicata all’Assunta e
ricca di dipinti di scuola veneta del 500. Sul fianco
destro della chiesa si accede al monastero con chiostro
porticato e loggia superiore.
Bianca Maria Rusconi
F r i u l i Ve n e z i a G i u l i a
LA CASA FORTE NUSSI-DECIANI E I CASTELLI
DELLA MARCA TREVIGIANA
e attività svolte dalla Sezione in questi primi mesi
del 2006 riguardano incontri di studio e alcune
visite di studio. E’ stato organizzato un incontro
presso la Casa Forte Nussi-Deciani, ora proprietà ZamòFazion, nel comune di Manzano. In questa occasione la
nostra socia, l’arch. Antonia Cester Toso, ha illustrato il
restauro da lei progettato e realizzato della Casa Forte
stessa con una articolata relazione dal titolo: “Un edificio attraverso i secoli: da probabile torre romana ad abitazione del XX secolo”. E’ seguita la visita alla Casa Forte
e un piacevole buffet.
Il 18 marzo si è svolta l’Assemblea annuale dei Soci che
ha avuto luogo, come da molti anni a questa parte,
presso il Poggio Stringher a Martignacco (UD) ospiti
dalla socia Giovanna Sringher di Robilant.
Il 13 maggio nella sala Abbaziale del Monastero di
Santa Maria di Sesto al Reghena, la Sezione ha organizzato la presentazione del libro scritto dal socio Pietro
Marchesi, Abbazia e borgo fortificato di Sesto al
Reghena, n. 27 della collana “Castella”. Erano presenti,
oltre alle autorità comunali e regionali, il Presidente
Nazionale dell’Istituto Italiano dei Castelli, prof. arch.
Flavio Conti, l’arch. Franco Posocco, l’arch. Alessandra
Quendolo che hanno svolto le loro relazioni mettendo in
luce i diversi aspetti della ricerca di Pietro Marchesi.
La presentazione è stata anche l’occasione per onorare
l’attività svolta da Pietro Marchesi per l’Istituto con il
dono di una medaglia di riconoscimento da parte
dell’Istituto stesso.
Sempre a maggio, si è svolto un incontro organizzato
dall’associazione FIDAPA a Udine nell’ambito del quale è
stata presentata l’attività svolta in Friuli Venezia Giulia
dall’Istituto. L’incontro è stata l’occasione per affrontare
soprattutto il problema dell’intervento di restauro delle
architetture fortificate e del ruolo dell’Istituto stesso
nella diffusione di una cultura della tutela.
Il 18 giugno è stata organizzata una visita guidata ad
alcuni castelli della Marca trevigiana, nello spirito di
creare delle occasioni di incontro fra le diverse sezioni
regionali dell’Istituto.
La visita di studio ha interessato il colle del Castello di
Conegliano, la ricognizione alla rocca e al Museo Civico
che conserva un’interessante pinacoteca, una passeggiata lungo l’antica via della Castagnera, caratterizzata
dai trecenteschi archivolti carraresi, per giungere al
convento di San Francesco recentemente restaurato.
Si è passati, poi, alla visita del castello di Collalto; fornito di tre cinte murarie a difesa di un imponente
mastio, il castello si presenta ora come un rudere a
causa delle devastazioni subite nei secoli.
Di seguito è stato raggiunto il colle di San Salvatore a
Susegana dove si erge il grandioso complesso del
castello dei Conti Collalto.
Il castello, gravemente danneggiato durante i bombardamenti della Prima Guerra Mondiale, è stato oggetto
di un intervento di restauro che ne ha da poco reso possibile l’apertura al pubblico.
L
Alessandra Quendolo
Liguria
DA LODI AI CASTELLI DI FOSDINOVO, RIVALTA
TREBBIA, CASOTTO, ZUCCARELLO.
attività della Sezione Liguria, a partire da fine
gennaio ad oggi, si è articolata attraverso vari
settori: conferenze su temi riguardanti la città di
Genova e le famiglie del suo patriziato nei tempi antichi, visite di studio a dimore e castelli con pregnante
significato storico-artistico, visite a mostre di pittura o
scultura rilevanti sul territorio.
Le visite di studio ad antiche abitazioni sono iniziate in
marzo con il castello di Lodi, parte integrante del sistema difensivo del Ducato di Milano e quindi tenuto da
Signori di piena lealtà; esso ha destato ammirazione per
la possanza delle sue mura; attualmente, oltre visitare
le stanze aperte al pubblico, a piano terra vengono
ospitate significative mostre d’arte.
Dopo un delizioso pranzo, con prodotti rigorosamente
locali, il gruppo dei soci ha potuto godere le notevole
bellezze e i pregevoli gioielli monumentali di Lodi
Vecchio.
Nel mese di aprile la meta è stata il castello di
Fosdinovo, feudo dei potenti Malaspina (Mala Spina
Bonis, Bona Spina Malis). La guida, preparatissima, ha
condotto tutti noi con doviziose spiegazioni, attraverso
il salone di rappresentanza, la sala del trono, le camere
da letto, la cucina, fino al cammino di ronda, da cui si è
ammirato il paesaggio sulla valle e sul borgo.
Non poteva mancare una visita alla camera delle torture. Il pranzo, esclusivamente a base di specialità della
Lunigiana, è stato all’altezza della situazione.
Subito dopo il gruppo ha visitato il borgo, incantevole e
ben tenuto, per discendere, lungo una caratteristica via
adorna di ulivi, nella Luni di epoca romana, dove sono
in via di ulteriore espansione gli scavi archeologici;
sempre curato il museo annesso.
Un altro itinerario piuttosto articolato si è svolto a
maggio in Val Casotto nel Cuneese, dove la vegetazione
lussureggiante e la varietà della flora costituiscono, di
per sé, un’attrazione. Il percorso è stato piuttosto lungo,
Il convento di
San Francesco.
Situato nei pressi
dell’antica via
della Castagnera,
caratterizzata dai
trecenteschi
archivolti
carraresi. I recenti
restauri hanno
messo in luce
l’elegante
porticato.
Abbazia e Borgo
fortificato di Sesto
al Reghena (PN).
La Torre-Porta,
coronata da alti
beccatelli conduce
all’interno
dell’Abbazia,
caratterizzata da
una facciata
romanica con
loggetta, a destra,
e porticato a tre
archi a tutto
sesto, a sinistra.
18
A
Luni (SP). Fori per
anfore di un
magazzino
vinario.
Veduta d’insieme
dell’anfiteatro di
Luni. L’edificio,
il meglio
conservato
dell’antica città,
sorgeva
all’esterno delle
mura, così da
poter servire
anche il contado.
Cronache Castellane
ttività delle sezioni
anche se piacevole, approdando nell’ampia Vallata di
Albenga in Liguria. Adibito a dimora di caccia da Carlo
Alberto e Vittorio Emanuele II (che lo acquistarono
nell’Ottocento), il Castello di Casotto ha una struttura
possente e sale di raffinata bellezza, nonostante abbia
oggi bisogno di notevoli opere di restauro, per altro iniziate dalla Regione Piemonte. Fra queste mura Clotilde
di Savoia acconsentì a sposare Gerolamo Bonaparte,
detto “Plon Plon” (1858), contribuendo non poco alle
sorti del Risorgimento italiano. In origine fu Certosa,
fondata nell’XI secolo probabilmente da San Brunone,
nobile nato a Colonia, chiamato a Roma da Papa
Urbano II. Notevoli le specialità gastronomiche locali:
Oltre il Colle San Bernardo, il sistema di controllo dei
passi e delle vie, articolato sui presidi dei marchesi Del
Carretto;; affascinante il borgo murato e intatto di
Zuccarello,, in cui ebbe i natali l’indimenticata Ilaria.
Altra meta di successo è stata, in giugno, Rivalta
Trebbia nel Piacentino, dove castello e borgo di epoca
medievale dei conti Zanardi Landi sono stati egregiamente restaurati e turisticamente attrezzati. Importanti
sono il salone d’onore dell’antica dimora, lo scalone settecentesco, il loggiato adorno di colonnine e capitelli, la
camera da letto in cui veniva ospitata la principessa
Margaret d’Inghilterra per periodi di relax. Interessanti
sia la Chiesa del 1400, scelta da molti sposi, sia l’enoteca, situata in un’antica torre. Tanto l’abitazione quanto il borgo sono da considerare “sotto il segno dell’eleganza”. Un intrattenimento conviviale, in una caratteristica trattoria della campagna piacentina, esclusivamente a base di prodotti tipici così come nelle altre
occasioni, ha preceduto la via del ritorno.
Le conferenze si sono svolte presso la caratteristica Sala
dei Chierici della comunale Biblioteca Berio in via Padre
Semeria. I relatori sono docenti dell’Ateneo Genovese..
Gli argomenti prescelti, dedicati prevalentemente alle
Grandi Famiglie,, sono stati:
Papa Benedetto XV e la famiglia Della Chiesa, (prof.
Stefano Monti-Bragadin).
Il dogma familiare nella storia medievale genovese,
(prof.sa Giovanna Petti Balbi).
I Brignole e i De Ferrari: nobiltà genovese fra economia e
cultura, (prof.sa Paola Massa).
I Doria, una dinastia mancata, (dott. Paolo Lingua, giornalista, direttore di Telenord).
La Saga degli Embriaci, (prof.sa Gabriella Airaldi).
L’alta bigiotteria liberty degli Stati Uniti, (dott.sa Silvana
Venturini, storica dell’arte ed antiquaria).
Per l’occasione, la Biblioteca Berio ha aperto all’Istituto
dei Castelli la biblioteca dono della famiglia BrignoleSale (grande il successo della visita guidata).
Accanto alle predette attività, vi sono stati svariati
momenti d’incontro per visite a mostre di particolare
rilievo.
Raffaella Saponaro Monti-Bragadin
Lombardia
LE FORTIFICAZIONI FRANCESI NELL’ETÀ DI
LEONARDO
P
er promuovere la conoscenza dell’Istituto Italiano
dei Castelli a Como, dove esso ha ancora poco
seguito, è stata organizzata il 16 maggio 2006
una serata nella sede della Biblioteca Comunale che ha
avuto come punto di forza una conferenza del prof.
Marino Viganò, docente di Storia dell’architettura militare presso l’Università Cattolica di Milano dal titolo
Como: le fortificazioni francesi nell’età di Leonardo
(1499-1512).
La conversazione ci ha riportato al settembre 1499,
quando l’esercito di Luigi XII di Valois-Orléans occupa il
ducato di Milano, spingendo il duca Ludovico Maria
Sforza il «Moro» sulla strada per Innsbruck, a cercar soccorso presso il consuocero Massimiliano I d’Absburgo.
Dopo la disfatta definitiva del «Moro» a Novara nell’aprile 1500, il generale francese Louis II de La Trémoïlle
percorre le frontiere nord-orientali del ducato per stabilire quali località fortificare contro Svizzeri e imperiali. Como è tra queste, e con Tirano è una delle due piazze per le quali si conserva il dettaglio delle opere da
costruire: tratti di muraglia, torri e baluardi.
Nel 1507, le piazzeforti tra Val d’Ossola e Valtellina e tra
Verbano e Lario - Domodossola, Locarno, Lugano, Como,
Lecco, Tirano, Piattamala - vengono munite di poderosi
bastioni e rivellini. Tre bastioni a forma di ferro di cavallo sono costruiti a Como, a porta Sala, porta Torre e al
Castello. A Locarno invece viene realizzato un bastione
acutangolo di scuola toscana, che lo studioso ha attribuito proprio a un progetto di Leonardo da Vinci richiamato in Lombardia all’inizio delle ostilità tra imperiali e
Francesi.
La conferenza è stata preceduta da una presentazione
sull’attività dell’Istituto a cura del presidente nazionale
prof. arch. Flavio Conti e del vicepresidente della
Sezione Lombardia arch. Guido Scaramellini, ed ha
suscitato vivo interesse dando vita anche a numerose
domande e a un dibattito sull’importanza della tutela e
del recupero dell’architettura fortificata.
Marina Uboldi
Delegazione di Como
I FORTI DI FUENTES E LUSARDI
P
oco a nord di Colico, al confine tra il lago di
Como, la Valtellina e la Valchiavenna, oggi tra le
province di Lecco e di Sondrio, sorgono su un promontorio di fondovalle, rimasto dalle glaciazioni del
quaternario, due forti militari, l’uno – quello di Fuentes
– di inizio Seicento, l’altro – chiamato Lusardi – di inizio Novecento. Per il loro interesse storico-architettonico e per la loro felice posizione a dominare lago e
monti, sono stati scelti dalla delegazione di Sondrio
dell’Istituto italiano dei castelli, in collaborazione con il
Centro di studi storici valchiavennaschi, per visite guidate gratuite e aperte a tutti, che si sono svolte nel
pomeriggio di sabato 11 marzo 2006.
Oltre un centinaio di persone, diviso a gruppi, ha potuto
visitare in una bellissima giornata di sole i resti del forte
di Fuentes, costruito nel 1603 dalla Spagna, che aveva
allora il ducato di Milano, proprio sul confine con la
repubblica dei Grigioni, alleati della Francia e di Venezia.
Dal governatore spagnolo di Milano prese il nome. Fu
progettato per ospitare un presidio di 200 soldati, ma le
morti causate dalla malaria in una zona paludosa,
com’era allora, impose di aumentarli a 300. Lo scopo era
quello di controllare i nemici Grigioni, ma anche la strada verso le Fiandre spagnole, allora molto turbolente.
Smantellato a metà Settecento dall’Austria, subentrata
nel ducato di Milano, e di nuovo da Napoleone nel 1798,
conserva tuttora eloquenti ruderi dell’ingresso principale, delle caserme, del palazzo del governatore e della
chiesa. Attualmente è proprietà della Provincia di Lecco.
Su un’altra collina, poco a sud, è il forte Lusardi, costruito nel 1917 nell’ambito della linea Cadorna, quando si
temeva l’ingresso in Italia dei tedeschi attraverso
l’Engadina, la Bregaglia e la Valchiavenna.
Fu costruito un camminamento sotterraneo, che porta
alle postazioni dei cannoni, tuttora in sito e puntati
verso la Valchiavenna a nord e verso la Valtellina a est.
Altre postazioni simili furono costruite nello stesso
anno e per lo stesso scopo all’estremità est del
Monteggiolo, dove si trova il forte di Fuentes, ma sia
queste che quelle del Lusardi non servirono mai, tranne
che negli ultimi mesi della resistenza partigiana.
Mentre la visita al forte di Fuentes è libera, quella al
Lusardi è a pagamento ed è curata dalla cooperativa
Larius di Colico (tel. 0341 941688).
Guido Scaramellini
Delegazione di Sondrio
COMO CITTÀ FORTIFICATA
L
a Sezione Lombardia ha seguito la collaudata formula dell’abbinamento dell’Assemblea annuale dei
soci con una visita di studio organizzata il 27
maggio a Como, illustre esempio di città fortificata in
età romana e poi federiciana, mentre i primissimi stanziamenti si attestarono sulle colline, soprattutto sulla
Spina Verde, per evitare il fondovalle paludoso. Queste
le prime notizie fornite dalla dott. Marina Uboldi, direttrice del Museo Archeologico di Como e coordinatrice
della neofondata delegazione di Como.
Da Porta Torre il gruppo si sposta nella zona della basilica romanica di San Fedele, costruita nel luogo dell’antica cattedrale di S. Eufemia, ai margini di un’area ricca
di archeologia cristiana: S. Pietro in Atrio, con resti
paleocristiani e sviluppi romanici, di difficile definizione
quanto a nome e funzioni, S. Giovanni in Atrio, Battistero di S. Fedele, in asse con la chiesa stessa, anche se
attualmente separato da essa non solo dal mancato
dialogo visivo che un tempo doveva istituirsi tra i due
monumenti, ma soprattutto dalla sconcertante situazione del Battistero, annegato nelle strutture murarie di
una pasticceria e tagliato oltretutto in due nel senso
dell’altezza. In altri tempi (1961) l’architetto Vincenti,
della delegazione di Milano, su Arte Cristiana n°492,
propose una sistemazione più rispettosa e probabilmente realizzabile, con ulteriori correttivi urbanistici. Delle
colonne di cipollino del Battistero, finite nella neoclassica chiesa di S. Cecilia, si era già parlato davanti alla
chiesa a Porta Torre.
Raffinati problemi di architettura e di storia sono stati
affrontati presso S. Fedele: dalla prof. Colmuto (struttura generale ed elementi particolari che avvicinano il
monumento alla Cappella Palatina di Aquisgrana), dal
prof. Scaramellini ( collegamenti tra Como e l’Alto Lario,
sede della prima tomba del santo) dall’arch. Conti (elementi materico-strutturali di Porta Torre e delle case
nordiche di piazza S. Fedele), mentre l’ospite Oscar
Tajetti, musicologo e organista della Basilica, ha accompagnato il gruppo nel deambulatorio al primo piano.
Svoltasi l’assemblea dei soci presso il Museo Archeologico, con attenzione al bilancio risicato, in tempi piuttosto difficili per tutte le associazioni culturali, e con
l’appello ai soci di collaborare attivamente al reperimento di contributi, la giornata è ripresa dopo il pranzo con la visita ai resti del convento di S. Margherita,
presso il ristorante stesso.
Dopo la visita del cinquecentesco palazzo Natta, futura
sede universitaria di rappresentanza, con i ritrovati soffitti affrescati, le guide della mattina hanno spiegato le
problematiche della genesi della Cattedrale a partire
dall’area di S. Giacomo, del Broletto, del Pretorio e di S.
Maria Maggiore, poi della Casa del Fascio di Terragni. La
dott. Uboldi ha poi illustrato posizione e strutture, rimaste o scomparse, della cittadella voluta da Azzone
Visconti, completando, con le vicende del porto, la visione storica, sia pure in parte ipotetica, delle città fortificate succedutesi nel tempo in quest’area.
Alla dott. Uboldi è dovuto un sentito ringraziamento per
la complessa organizzazione della giornata di studio.
Umberto Timossi
Delegazione di Milano
Como. Basilica di
San Fedele.
Portale cuspidato
settentrionale,
detto “del Drago”.
I bassorilievi
medioevali sono
databili tra la fine
del secolo XI e la
metà del XII.
Particolare
dell’abside
poligonale di San
Fedele, visto
dall’esterno.
Di pregevole
fattura sono gli
archetti pensili e il
loggiato ad archi
a tutto sesto,
sorretti da esili
colonne.
20
A
Castello di
Pagazzano (BG).
Il castello, che
sorge all’esterno
del paese, fu
edificato tra il
1450 e il 1475,
per iniziativa dei
Visconti di
Brignano. La torre
d’ingresso, munita
di ponte levatoio
e di pusterla, è
coronata da
slanciati beccatelli
di scuola
sforzesca.
Castello Manfredi
a Cicognolo (CR).
È un esempio di
residenza
castellana
romantica,
costruito nel
1839, su progetto
di Luigi Voghera,
sui resti di un
preesistente
castello
medioevale.
Cronache Castellane
ttività delle sezioni
CONFERENZE
rganizzato dalla sezione Lombardia, si è svolto a
Milano, presso il Teatro Filodrammatici, il ciclo di
conferenze invernali 2006 Castelli lombardi, nel
ricordo del professor Carlo Perogalli. Il tema è stato trattato da molteplici punti di vista, come poliedrica è stata
la personalità e l’attività del dedicatario.
(3 febbraio) In apertura degli incontri Graziella Colmuto
Zanella e Flavio Conti hanno di lui tracciato il ritratto di
un maestro non solo rigoroso ed umano insieme, ma
anche dotato di un carisma tanto più affascinante quanto più sfuggente alle consuete classificazioni. E’ stato
inoltre ricordato come, per sua volontà e con il sostegno
della famiglia, le carte ed i libri del suo archivio di studioso e professionista saranno divise tra il Politecnico di
Milano e l’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda.
Nella prima lezione, Le molte vesti del castello, Flavio
Conti illustra le differenti funzioni dei vari tipi di castello nel corso dei secoli: da abitazione del signore, centro
fortificato, amministrativo anche della giustizia, produttivo di incontri sociali, dal cerimoniale al fieristico, fino
a luogo di coesione comunitaria ed infine emergenza
paesaggistica. Il 24 marzo Flavio Conti concluderà il ciclo con la lezione Vita di castello, complementare alla
prima, nella quale viene illustrata l’esistenza concreta
degli uomini, pur differenziati per gradi sociali, all’interno del castello, sulla presenza degli animali, sui lavori
intrapresi secondo le più diverse necessità materiali, in
relazione ai temi pace - guerra, famiglia, educazione.
Il 10 febbraio Marina Uboldi tratta I castelli dell’Altomedioevo nelle Prealpi Lombarde tra fonti storiche ed
archeologia: partendo dalle definizioni terminologiche
secondo le fonti essenziali del periodo (da Cassiodoro a
Gregorio Magno e Paolo Diacono) delinea una ragionata
ed aggiornata rassegna di località lariane rilevanti per la
presenza di fortificazioni. Gli insediamenti goti del
monte Barro e dell’isola Comacina, risalenti al V secolo,
di Castelseprio di età longobarda e carolingia, di Laino e
Pellio Intelvi, fino alle insolite fortificazioni in grotta del
Buco del Piombo, sono trattate con esiti sorprendenti nel
rigore metodologico e nella ricerca sul territorio.
O
Il 17 febbraio Giusi Villari presenta un suo ipertesto sul
Castello di Brescia, nel quale illustra i rapporti del castello con il complesso delle fortificazioni della città, presenti sul Cidneo fin da epoche preistoriche e romana,
fornendo immagini inedite in vista di una ricostruzione
non solo del castello e dell’ambito da esso difeso, ma di
un modo d’essere e di vivere di questa zona centrale
della Lombardia.
Il 24 febbraio GianMaria Labaa, che si è dichiarato allievo di Carlo Perogalli soprattutto nel senso della vocazione al restauro illustra il Castello visconteo di Pagazzano,
castello milanese sulla sponda sinistra dell’Adda, in territorio conteso tra Milano, Bergamo e Venezia, del quale
dirige il restauro ancora in corso. L’edificio, a parte
un’aggiunta di metà del XVI secolo ed il rifacimento
ottocentesco di qualche muratura, ha mantenuto l’impianto visconteo, sia pure nella realizzazione della metà
del XV secolo, fino all’acquisizione da parte del Comune
nel 1999. Il progetto prevede l’utilizzo del complesso,
monumento di scala regionale che conserva il fossato di
cerchia adacquato, soprattutto come centro studi di
catalogazione dei castelli lombardi e scuola di formazione di operatori culturali. Il nome del Petrarca, la cui presenza qui è attestata nel 1358, nobiliterà l’inaugurazione, si spera nel Seicentocinquantesimo. Al proposito, è
bene ricordare la ferma azione intrapresa dall’architetto
Labaa per difendere il pregevole ed antico contesto agricolo del castello, minacciato di demolizione.
Il 3 marzo Marino Viganò, tratta Le piazzaforti del ducato di Milano francese (1499-1512): individuato ad ovest
il territorio lombardo conquistato da Luigi XII nel 1499,
vengono passati in rassegna i luoghi principali del rafforzamento difensivo a cui i nuovi signori posero mano,
sempre con occhio vigile al confine assai mutevole con
Venezia. Viene individuata a servizio dei Francesi la presenza di Leonardo come “peintre et ingènieur militare” a
partire dal tipo dei rivellini del Castello Sforzesco di
Milano, quello pentagonale verso città e quello triangolare verso Porta Vercellina. Progettati fin dal 1487-92,
realizzati però non all’epoca di Ludovico il Moro ma via
via nei luoghi francesi e in qualche modo toccati da
Leonardo, come il forte di Sarzanello e Locarno, baluar-
Cronache Castellane
do contro gli Svizzeri giunti fino a Bellinzona, presentano quell’originale concezione “acutangola”della difesa
che verrà impiegata soltanto negli anni venti del secolo
successivo. Viganò, studioso e ricercatore di grande
spessore, dimostra, con precisa base documentaria, ed
esemplare chiarezza come Leonardo abbia realizzato il
nuovo modello di baluardo che solo alcuni lustri dopo
verrà applicato da altri ingegneri militari.
Il 10 marzo Marco Tamborini, tratta il tema Dal castello
alla villa: trasformazioni di opere fortificate nel Varesotto,
illustrando undici di questi casi: in essi riesce ad individuare le basi effettivamente medioevali di castelli trasformati nel corso dei secoli fino all’età romantica, quando molto di “castellano” veniva reinventato. Fra gli esempi più interessanti, il cortile quadrato rimandante a uno
schema militare del castello Serbelloni di Taino, la cui
fase cinque-secentesca risulta addirittura distrutta. In
altri casi come Masnago questa visione, fiduciosa nella
storia sostanziale del monumento, ha permesso di ritrovare sotto intonaci di copertura la vera struttura abitativa di una torre con le finestre originali.
Il 17 marzo Luciano Roncai, tratta il tema Il castello
Manfredi a Cicognolo (Cr), portando alle estreme conseguenze la questione dei rifacimenti dei primi decenni
dell’Ottocento. Se anche costruite su strutture preesistenti, ispirandosi alle epoche preferite dal Romanticismo, Luigi Voghera (1788-1840) autore del restauro del
castello Cicognolo, suggerisce un senso completamente
nuovo del mondo castellano.
A Cicognolo colpiscono aspetti del tutto insoliti nei
castelli dei secoli precedenti: gli straordinari giardini,
che danno sensazioni di un continuo cambio di prospettiva, gli spazi articolati in modo pittoresco attorno al
visitatore, le architetture di uso sociale, come il
Kaffeehaus, che dal giardino propagano gioiosi sentimenti vitali. Il restauro filologico qui di recente compiuto dimostra in modo sorprendente che anche quelli del
Voghera sono veri castelli, nella misura in cui il
Romanticismo li colloca in un’atmosfera di sogno e
comunque di bellezza, in questo forse proponendo un
atteggiamento culturale non del tutto inattuale oggi.
Umberto Timossi
Delegazione di Milano
Molise
LE FORTIFICAZIONI DI PESARO, FANO,
SENIGALLIA
a sezione Molise dell’ Istituto Italiano dei Castelli,
il 9 giugno 2006, ha realizzato un’interessante visita di studio nelle Marche, terra splendida e ricca di
storia.
In programma c’era la visita alle strutture fortificate
delle città di Pesaro, Fano e Senigallia.
Partenza venerdì pomeriggio, arrivo a Fano (dall’antico
nome di Fanun Fortunae, termine in uso dal 49 a.C.,
ossia da quando Cesare la occupò, dopo aver passato il
Rubicone).
Dopo cena, una gradevole passeggiata al porto turistico
della città in compagnia dei nostri anfitrioni, Valeria e
Pietro Fenici, Presidente della sezione Marche.
L
21
Sabato, 10 giugno, partenza per Pesaro, in compagnia
dell’ing. Fenici. Pesaro, una città di quasi 100.000 abitanti, è chiamata “la città delle quattro M“: Mare, Monti,
Musica, Maioliche. Mare Adriatico, colle San Bartolo e
colle Ardizio, Musica, per essere la città natale di Rossini,
la quarta emme per l’antica tradizione della ceramica,
famosa in tutta Italia. La città, fondata dai Romani, nel
184 a.C., sull’antica Via Flaminia, nella terra dei vinti
Piceni, prende il nome dal fiume Pisaurum; dopo la
caduta di Roma, il territorio fu inserito nell’Esarcato
Bizantino di Ravenna e, dopo il dominio Longobardo,
entrò a far parte dello stato della Chiesa per donazione
di Pipino, re dei Franchi.
La prima visita è al palazzo Ducale, ora sede della
Prefettura, fatto erigere da Alessandro Sforza, nella
seconda metà del XV secolo. La facciata è costituita da un
portico a sei arcate, rette da pesanti pilastri a bozze; il
piano superiore, con cinque finestre, è tutto coronato di
stemmi araldici, festoni, putti. Il fianco destro ha l’arco
terminale del portico in stile gotico e, al piano superiore,
finestre simili a quelle frontali, ma prive di coronamento.
Grazie alla disponibilità del Prefetto abbiamo potuto visitare l’immenso “salone metaurense” con soffitto a cassettoni, ed altre ampie sale caratterizzate da splendidi soffitti a volte, tutte decorate in maniera superba con affreschi
e stucchi di importanti artisti rinascimentali.
Dopo una veloce visita alla casa natale di Rossini, dove
sono stati riuniti molti ricordi del musicista, partenza per
il colle San Bartolo, per la visita alla spettacolare villacastello “L’Imperiale”, edificata nel XV secolo ed ampliata nel XVI secolo, così chiamata in ricordo dell’imperatore Federico III d’Asburgo che ne fu il primo ospite. Villa
incantevole, con una teoria di giardini all’italiana, a tre
livelli, con panorami unici, sale decorate da autori di
rilievo, fra cui il Bronzino, Raffaelino del Colle, Francesco
Menzocchi, tenuta in modo superlativo dagli attuali proprietari.
Non ringrazieremo mai abbastanza i conti Castelbarco
Albani per aver consentito ai soci della Sezione Molise di
visitare un tale splendore.
Dopo uno spuntino alla famosa osteria “La Guercia”,
passeggiata lungo i silenti vicoli medievali della città,
per visitare la chiesa di San Agostino. Una miniera di
opere d’arte, ad iniziare dal magnifico coro ligneo tardoquattrocentesco a tarsie ed intagli, dalla cappella con gli
stucchi cinquecenteschi del Brandani raffiguranti Gesù e
la Maddalena, e dai dipinti, sui vari altari, del
Pomarancio, del Cantarini e di Palma il Giovane.
Di ritorno, sapientemente guidati da Pietro Fenici, visita
alla Rocca Costanza, fatta costruire da Costanzo Sforza
con l’intervento di Luciano Laurana, primo esempio,
Rocca Costanza (PS).
La rocca è ancora
visibile nella sua
interezza, sia pure
con profonde
manomissioni,
in particolare nella
parte alta.
Fu edificata fra il
1474 e il 1483
su probabile
progetto di Luciano
Laurana. Adibita
per lungo tempo
a carcere è ora in
fase di restauro.
Senigallia (AN),
Rocca Roveresca.
Dettaglio dei
beccatelli e delle
troniere.
Situato in splendida posizione collinare con vista mozzafiato
sulla Valdichiana, si trova il casale "Il Ciliegio". Il Ciliegio è un'antica casetta in pietra serena costruita su due piani collegati da
una caratteristica scala in legno ed esternamente da una scalinata in pietra serena. Il Ciliegio è parte di un club ippico privato
con possibilità di lezioni personalizzate, escursioni a cavallo e
passeggiate in carrozza. Il centro ippico e la club-house sono
raggiungibili a piedi o in macchina in circa 5 minuti. Un soggiorno presso il casale "Il Ciliegio" vi permetterà di passare una
vacanza indimenticabile immersi nel verde della collina cortonese, a contatto con la natura incontaminata, a soli 5 km dal centro storico di Cortona, facilmente raggiungibile anche percorrenPer informazioni e prenotazioni:
loc. Teccognano • 52044 Cortona (AR)
tel: 0575-605287 (chiedere di vittorio) • cel.: 347-6227083
e-mail: [email protected] • sito web in costruzione www.coldileccio.it
Cronache Castellane
nelle Marche, di fortilizio di pianura, con quattro torri
cilindriche angolari, orientate ai quattro punti cardinali,
fossato attraversato anticamente dal torrente Genica,
confinante col porto medievale, mura in mattoni, recanti ancora i colpi di cannone sparati dal Generale Cialdini
durante le lotte risorgimentali, adibita nel tempo soprattutto a prigione. Impossibile la visita all’interno perché
l’opera è ora in restauro; il riuso ne prevede l’utilizzazione di una parte per l’Archivio di Stato.
Visita al Museo delle ceramiche, con splendide maioliche; tra le più note, quella regalata a Carlo V e quella per
il cardinale Farnese, ed, infine, all’annessa pinacoteca
ricca di pale d’altare, dipinti fiamminghi ed altre opere
famose. Un giro per le vie di Pesaro con il pulmino ci
consente di vedere il simbolo moderno della città, la
“Sfera grande”, una scultura in bronzo dorato dell’ artista Arnaldo Pomodoro, posta ai limiti della spiaggia, in
contrasto con il vicino villino Ruggeri, un piccolo capolavoro del liberty.
In serata una cena di gala alla splendida Casa Fenici, in
gradevole compagnia di vari soci della Sezione Marche.
Serata piacevolissima, con spunti storici e culturali, tra i
commensali, di alto profilo, con il raffronto coi manieri
del nostro Molise, e con le nostre origini. Il Molise ne è
uscito meno organizzato turisticamente rispetto alla
regione Marche che negli ultimi quindici anni ha fatto
un enorme progresso.
Domenica 11 Giugno: La bella città di Fano ci viene fatta
scoprire con una passeggiata in compagnia dell’ing.
Fenici. Abbiamo iniziato ammirarando le monumentali
Arche Malatestiane: la tomba di Paola Bianca, prima
moglie di Pandolfo III Malatesta, un autentico capolavoro di scultura tardogotica, che raffigura la defunta distesa sul sarcofago; sul lato minore della loggia, il più
modesto sarcofago del fedele medico di Sigismondo
Malatesta, ed infine l’ austera semplicissima tomba di
Pandolfo III, attribuita a Leon Battista Alberti.
Più avanti, la Corte malatestiana, residenza sorta quando Galeotto Malatesta divenne Signore di Fano; la
costruzione, oggi sede del Museo e della Pinacoteca
civica, conserva ancora le bellissime bifore gotiche in
cotto lavorato. Situato sul lato settentrionale di Piazza
XX Settembre, l’edificio noto anche come palazzo della
Ragione, con un portico in pietra a cinque arcate a
pieno sesto, interrotto, al di sopra della facciata in laterizi, da quattro grandi quadrifore. Siamo poi entrati
23
nella chiesa di Santa Maria Nuova per ammirare tre
grandi tavole, una di Giovanni Santi e due del Perugino,
una delle quali ha quattro formelle della predella considerate quasi concordemente fra le prime opere di
Raffaello.
Una breve occhiata alla cattedrale, i cui restauri hanno
riportato in vista le strutture romaniche, con una cappella seicentesca affrescata dal Domenichino, ed un
pulpito realizzato con sculture della precedente vecchia
chiesa.
Particolarmente bello l’Arco di Augusto, la principale
porta della città romana, Colonia Julia Fanensis. Il fronte, a tre fornici, era sormontato da un attico con sette
arcate decorate, come risulta da una ricostruzione che si
può ammirare sul lato destro della Porta, attico quasi
totalmente distrutto nel quattrocento dalle cannonate
di Federico da Montefeltro contro i Malatesta.
Quindi, una bella passeggiata lungo i resti delle mura
romane, tra le più lunghe e meglio conservate d’Italia,
con torrioni ogni 52 metri.
Situata nell’angolo nord-orientale della città fortificata,
la Rocca Malatestiana, progettata dall’architetto Nuti, ci
è stata illustrata dall’ing. Dino Palloni, vicepresidente
della Sezione Emilia–Romagna, che ha fatto studi dettagliati sulla Rocca, pubblicati sulla rivista periodica
“Castella Marchiae” della Sezione Marche.
All’interno del complesso, a pianta quadrangolare, muri
a scarpa protetti da un fossato, ed ulteriori strutture
difensive: la Rocchetta ed il Mastio, quest’ultimo demolito dai tedeschi in ritirata nel 1945.
Salutiamo e ringraziamo l’ing. Dino Palloni e, dopo pranzo, in piacevole compagnia di Pietro e Valeria Fenici,
partenza per Senigallia, antica ubicazione dei Galli
Senoni, prima colonia Romana sull’Adriatico, per visitare la favolosa Rocca Roveresca. Il primo nucleo della
Rocca fu costruito dai Romani, come torre di protezione
del porto. Nel 1353 fu ingrandita e divenne la Rocchetta
del cardinale Albornoz, poi, sotto il Ducato di Urbino, fu
ristrutturata due volte. La prima da Sigismondo
Malatesta, poi dai Della Rovere che, originari di
Senigallia, ne fecero la più bella tra le fortezze che
difendevano i confini del Ducato. Gli interni sorprendono per l’armoniosa aria rinascimentale.
Di fronte alla Rocca, la Piazza e il Palazzo ducale che,
come racconta il Machiavelli ne “Il Principe“, fu la scena
della notte di San Valentino, in cui il Borgia sterminò
tutti i suoi commensali, titolarti della varie Signorie del
Centro Italia.
Quasi dolenti di dover lasciare posti così pieni d’arte e di
storia, abbiamo ripreso la via del ritorno nel Molise.
Vincenzo Ferro
Fano (PS).
Il modello virtuale
tridimensionale
del tessuto
urbano di Fanum
Fortunae.
Le mura romane,
coronate da merli,
erano interrotte
da possenti torri
circolari anch’esse
merlate.
Ricostruzione
virtuale della
porta principale,
Arco di Augusto,
della Colonia Julia
Fanestris.
La Fano romana,
pari a circa 18
ettari, è racchiusa
da un circuito
murario che
sviluppa circa
1700 metri.
Sul lato opposto a
quello dell’Arco di
Augusto
(nord-est) le mura
si affacciano sul
mare.
24
A
Copertina del
volume Molise:
disegni e
cartografia storica.
Itinerario
iconografico
nel territorio
attraverso le
stampe del
XVIII e XIV secolo.
A cura di
Antonietta Caruso.
Immagine storica
di Bojano, da:
Biovan Battista
Pacichelli, “Il
Regno di Napoli in
prospettiva divisa
in 12 Provincie”
Napoli 1703.
Cronache Castellane
ttività delle sezioni
DAI NORMANNI AGLI SVEVI
N
ell’ambito dell’VIII settimana della Cultura indetta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali,
l’Istituto Italiano dei Castelli - sezione Molise
lunedì 3 aprile ha organizzato, presso la sala del Palazzo
Colagrosso di Boiano, il Convegno di Studi “Dai
Normanni agli Svevi: Tommaso da Celano e Giuditta di
Molise”. Dopo i saluti della Presidente dell’Istituto
Italiano dei Castelli - sezione Molise, Prof.ssa Perrella,
dell’Assessore al Turismo del comune di Boiano, Dott.
Cesare Romano, del rappresentante della Finmolise,
Dott. Massimo Torracco e dell’Arch. Oreste Muccilli
della Direzione Regionale per i Beni Culturali, il Prof.
Errico Cuozzo, Docente di Storia Medievale
all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e alla
Libera Università degli Studi San Pio V di Roma, ha
tenuto un’intensa relazione sulla presenza normanna e
sveva nel Molise e in particolare sulla figura emblematica del conte Tommaso da Celano.
Evocando i celebri lavori che Evelyn Jamison scrisse tra
gli anni Trenta e Settanta del secolo scorso, il Prof.
Cuozzo ha illustrato la lunga e appassionata vicenda del
conte Tommaso, del suo incontro con Giuditta e della
lunga lotta di questi con l’imperatore Federico II di
Svevia, lotta che ha portato Tommaso ad essere una
‘Primula Rossa’ del Molise.
Figlio del grande Pietro da Celano, di discendenza longobarda, Tommaso ottiene la contea di Molise sposando Giuditta, figlia del conte di Molise, Ruggero; tuttavia la sua aperta avversione nei confronti di Federico II
e la sua assenza alla cerimonia con cui, nel 1220, il
sovrano è incoronato a Roma dal Pontefice Onorio III,
facilita i suoi avversari politici, tra i quali il fratello
Riccardo di Celano.
Il conte di Molise cerca di porre rimedio all’affronto
inviando presso l’Imperatore come legato il proprio
figlio, ma non ottiene i risultati sperati; decide, allora,
fortificandosi a Boiano, di portare avanti la sua aperta
ribellione al sovrano.
Federico II è deciso a ristabilire nel suo Regno l’autorità reale e per fare ciò deve annullare tutti i privilegi, che
conti e baroni avevano ricevuto durante gli anni della
sua minore età e limitare le loro autonomie politiche e
amministrative. Nel 1221 l’esercito di Federico II entra
nella contea di Molise ed occupa la città di Boiano ai
piedi della Civita; qui l’Imperatore raduna tutti i baroni
a lui fedeli; Tommaso reagisce inaspettatamente mettendo in fuga i baroni stessi, trasferendo viveri e munizioni nella Rocca, dando alle fiamme la città e riparando a Roccamandolfi con la contessa Giuditta.
Intanto Tommaso d’Aquino, conte di Acerra, giustiziere
di Puglia e Terra di Lavoro, per ordine imperiale, assedia
Boiano, poi punta su Roccamandolfi per sferrare l’attacco finale ai conti di Molise. In questo stesso anno
Federico II nomina Teodino di Pescolanciano giustiziere
imperiale.
Federico, stanco del protrarsi delle resistenze da parte
dei conti di Molise, si porta a Roccamandolfi per dirigere personalmente le operazioni militari. A questo punto
Tommaso, in accordo con Giuditta, decide di fuggire e
di rifugiarsi a Celano presso il cognato, Rainaldo di
Anversa per continuare la resistenza; la contessa, invece, resta a Roccamandolfi.
E’ a questo punto che la contessa Giuditta entra fortemente sulla scena politica ed affronta personalmente
l’Imperatore, cerca di opporsi alla supremazia di
Federico, ma alla fine, spinta dall’amore materno verso
l’unico figlio, decide di cedere Roccamandolfi. Entrambi,
madre e figlio, vengono affidati al Gran Giustiziere del
Regno, Enrico di Morra. Tommaso non cede e continua
alacremente la lotta sino all’intervento del Pontefice
Onorio III, il quale, nel 1221, lo convince ad arrendersi
all’Imperatore.
Lo scontro tra i conti di Molise e Federico II prosegue,
ricco di complessi retroscena e si protrae sino alla morte
dell’Imperatore nel 1250, quando Tommaso da Celano
rientra in possesso della Contea di Molise.
Al termine di questo affascinante excursus nella storia
normanna e sveva della Regione, la Presidente ha ceduto la parola alla scrittrice e saggista Ornella Mariani,
che ha portato in scena, è il caso di dirlo, la figura
emblematica e misteriosa della contessa Giuditta scrivendo un dramma in due atti incentrato sull’incontro
tra la contessa e l’Imperatore Federico.
La Mariani non è nuova a simili prove letterarie in
quanto autrice di altri due lavori sulle grandi figure
femminili della storia medievale: Matilde di Canossa e
Costanza d’Altavilla, tutte protagoniste indiscusse della
storia, ma la cui vita appare ancora oggi avvolta dal
mistero.
La saggista ha sottolineato come nel processo di interiorizzazione culturale sia stato dato poco spazio alle
Cronache Castellane
25
Monopoli (BA).
Il castello-abbazia
di Santo Stefano
sorge su una
penisola
denominata
“Turris Paola”,
fiorente sito
romano, fu
costruito alla fine
dell’XI secolo.
donne e che le fonti documentarie raramente o per
nulla tramandano le gesta di figure femminili. Così è
anche per la nostra Giuditta, della quale si conosce
poco, pochissimo: che è nata in Molise, che ha sposato Tommaso da Celano, che ha vissuto tra Boiano,
Ovindoli e Celano e poco altro. La tradizione orale, in
questi casi, giunge, direi fortunatamente, a integrare le
lacune delle fonti!
Il convegno si è concluso con l’intervento dell’Arch.
Caruso, delegato per l’Area Costiera dell’Istituto Italiano
dei Castelli - sezione Molise e curatrice della mostra
Molise: disegni e cartografia storica. Itinerario iconografico nel territorio attraverso le stampe del XVIII e XIX
secolo, esposta nel piccolo museo dello stesso Palazzo
Colagrosso di Boiano.
Gabriella Di Rocco
Puglia
CASTELLI, MASSERIE, CHIESE E FORTEZZE
A
nche il primo semestre di questo 2006 è stato
contraddistinto da una articolata attività della
Sezione Puglia dell’Istituto: con il migliorare delle
condizioni metereologiche la seconda domenica di marzo
un nutrito gruppo di soci ha potuto visitare il territorio
di Monopoli, borgo costiero che chiude a sud la provincia di Bari ed una delle dodici “Terre Marittime” degne
di nota del litorale pugliese adriatico descritta nel celebre Atlante napoletano manoscritto del XVI secolo.
La prima tappa della visita, nella prassi ormai consolidata di favorire i contatti diretti con i proprietari dei
castelli, è stata la visita all’abbazia-castello di S. Stefano, di proprietà dell’avv. Saverio De Bellis, nostro socio,
che ha gentilmente fatto gli onori di casa guidandoci
nella visita della fortezza protesa nel mare - su una
penisola naturale che forma due calette - con le mura
bastionate a scarpa: situata a tre chilometri a sud della
cittadina è stata realizzata su un preesistente sito
romano - la Turris Paola della cartografia storica approdo satellite ed alternativo al porto della vicina Egnathia
- lungo la Via Traiana.
Protagonista della vicenda nel medioevo è Goffredo
d’Altavilla che fonda l’abbazia nel 1083 nel contesto di
un programma di insediamento di cenobi benedettini
riformati cluniacensi in Italia meridionale. L’abbazia di
Santo Stefano diventa uno dei signa con i quali i
Normanni, consapevoli di essere un esiguo manipolo di
guerrieri in un territorio ostile, marcarono tangibilmente la propria presenza in Italia meridionale. L’abbaziacastello di S. Stefano, organizzata intorno ad una corte
centrale su cui prospettano gli ambienti riservati ai
salariati ed il palazzo badiale, ha un unico lato collegato alla terraferma difeso da fossato.
Seconda tappa della visita è stata la chiesa di S. Maria
Amalfitana, fondata su una grotta basiliana nel XII
secolo dall’omonima colonia e testimonianza degli attivi rapporti culturali anche con la costa tirrenica: l’impostazione è medievale, così come si evince dall’interno
e dalle tre absidi estradossate con semicolonne e mensole a grottesche; oggi il prospetto principale ha una
facies seicentesca segno delle continue modifiche
apportate al manufatto.
Sempre nel centro antico altra solida fortificazione
marittima visitata è stato il castello di Carlo V, realizzato sul promontorium corrispondente alla parte terminale della penisola su cui sorgeva la Monopoli medievale:
caratterizzato da un paramento realizzato in conci
squadrati di tufo, ha pianta pentagonale con torri ai
vertici e si sviluppa su due livelli principali e due intermedi. L’accesso principale è situato a sud-ovest in corrispondenza di una torre cilindrica, realizzata in seguito all’impianto originario: la torre, munita di un vano
per l’alloggiamento del ponte levatoio, è coronata da
arcatelle a tutto sesto aggettanti; è presente lo stemma
imperiale con il nome del viceré Pedro Da Toledo che ne
iniziò la costruzione nel 1544.
Il territorio monopolitano è testimonianza di una delle
più interessanti vicende di storia del territorio pugliese
che dal XVI secolo ha visto il progressivo estendersi
della fascia coltivata ed urbanizzata in virtù della crescita demografica ed economica connessa anche alla
dominazione veneziana (1495-1530): il risultato di
questo processo è ancora oggi visibile e caratterizza il
paesaggio, dolcemente in salita verso la Selva, punteggiato di ulivi centenari e di masserie fortificate. Tra di
esse due delle più interessanti sono il complesso della
Masseria Spina con la masseria grande, manufatto residenziale seicentesco e la torre piccola cinquecentesca e
la vicina Masseria Conchia. Tra le due la più antica è la
Spina Piccola, costituita da una torre con ingresso al
quale si accede tramite una scalinata che conduce ad
Capestrano (AQ).
Castello
Piccolomini Medici.
L’impianto
quattrocentesco
ingloba i resti di
una fortificazione
precedente. Ne è
testimone la torre
prismatica con
l’orologio.
In seguito al
terremoto del
1905, il castello ha
subito pesanti
rimaneggiamenti.
26
A
L’Aquila.
Il santuario di
Santa Maria di
Collemaggio,
situato fuori le
mura, ha una
facciata
scenografica
risalente alla
prima metà del
XIV secolo.
È rivestita da un
paramento
murario in pietra
bianca e rossa.
Dalla chiesa a tre
navate, restaurata
nel 1972-74, si
accede all’ampio
chiostro.
L’Aquila.
La fontana delle
99 cannelle è a
pianta
trapezoidale con
tre alte pareti
rivestite da un
paramento a
scacchi in pietra
bianca e rossa.
Al piede di
ciascuna parete
sono incastonati
99 mascheroni da
cui sgorgano
altrettanti
zampilli.
Cronache Castellane
ttività delle sezioni
un ponte in muratura, nell’antichità levatoio: ogni finestra è sormontata da caditoia; la vicina Masseria Spina
Grande, modificata nel Settecento, ha un carattere più
evidentemente residenziale riscontrabile nella scalinata
e nella loggia del piano nobile: separati si trovano il
frantoio, l’ovile e le stalle, prospicienti un grande cortile lastricato. Ben diversa è la configurazione della
Masseria Conchia, meno articolata nello sviluppo planimetrico e più compatta: ai vertici sono presenti garitte
pensili, mentre l’accesso al piano nobile padronale è
garantito dal consueto ponte in pietra difeso da una
caditoia centrale con campaniletto a vela.
Nell’ottica degli incontri con i soci delle altre sezioni
dell’Istituto è stato organizzato un viaggio di studio di tre
giorni in Abruzzo (29 aprile – 1° maggio): la prima tappa
è stata la cittadina di Ortona che vanta un interessante
castello Aragonese della seconda metà secolo XV.
In origine municipio romano, fu prima distrutta dai
Normanni e poi ricostruita dagli Svevi: il castello testimonia ancor oggi la storia della città, anche se versa in
stato di completo abbandono. Il pomeriggio è stato
contraddistinto dalla visita ad altre incredibili testimonianze quali la chiesa cistersense di S. Maria Arabona a
Manoppello, realizzata dopo il 1208 e molto simile a
quelle delle abbazie di Fossanova e Casamari: si presenta, sul piazzale antistante, con l’abside rettangolare forato da un rosone e da cinque monofore strombate ed il braccio sinistro del transetto.
Com’è consuetudine per le architetture dell’Ordine,
tutto è improntato ad un estremo rigore che fa trasparire la razionalità alla base della regola bernardiana
mediante l’articolazione rigorosa delle masse e degli
spazi interni.
Sempre di ambito cistercense ma significativa come
testimonianza dell’evoluzione del linguaggio medievale,
è la celeberrima chiesa benedettina di S. Clemente a
Casauria: la fondazione dovuta all’imperatore Ludovico
II (871) in esecuzione di un voto, fece dell’abbazia una
delle più potenti del meridione almeno sino al terremoto del 1348 che arrecò gravi danni a tutto il complesso.
Di questo oggi resta il suggestivo portico a tre arcate che
serra la facciata ed anticipa le navate delle quali solo la
centrale è conclusa da abside semicircolare: di particolare nota sono i battenti bronzei del portale, realizzati
nel 1192 dall’abate Ioele, suddivisi in 72 formelle, molte
mancanti, raffiguranti oltre ai consueti soggetti religiosi anche i 14 castelli soggetti al potere badiale.
Ultima tappa della giornata è stato il castello Piccolo-
mini-Medici a Capestrano, piccolo borgo d’altura dal
quale si gode un mirabile panorama sulla valle del
Tirino, donato nel 1456 da Ferdinando d’Aragona ad
Antonio Piccolomini e dominato dal castello, caratterizzato da un compatto prospetto con due torri cilindriche:
il cortile interno presenta un monumentale pozzo con
due colonne, il cui disegno è simile a quello del Chiostro
degli Olivetani dell’Aquila. L’itinerario è proseguito per
L’Aquila: prima tappa è stato il Forte Spagnolo del XVI
secolo, fra le più cospicue ed eccezionali dell’epoca,
inserito nel saliente nord-est delle mura con sfondo il
Gran Sasso. Ha pianta quadrata serrata tra quattro
bastioni angolari, è circondato da un ampio fossato e si
collega con l’esterno per mezzo di un ponte in muratura sostenuto da pilastri ed archi. Progettista ed iniziatore dell’opera dal 1530 fu Don Pirro Luis Escriba, architetto militare di Carlo V.
Successiva tappa la vicina chiesa di S. Bernardino
(1454-72) la cui facciata, animata da colonne binate di
tre ordini classici sovrapposte, fu conclusa da Cola
d’Amatrice tra il 1524 ed il 1540: è una sintesi del linguaggio architettonico classicista con trabeazione dorica, serliana centrale, oculi, patere superiori e portale
centrale strombato con colonne scanalate.
Il santuario di S. Maria di Collemaggio, situato fuori
delle mura al termine dell’omonimo viale, è ancora oggi
la più grandiosa chiesa romanica cittadina: iniziata da
Pietro da Morrone nel 1287, che qui fu incoronato papa
con il nome di Celestino V nel 1294, presenta un’alta
facciata con coronamento orizzontale suddivisa da una
ricca cornice a mensola e tripartita da lesene superiori
realizzata in masselli lapidei bicolori bianchi e rossi.
Sull’angolo destro v’è un basso e poderoso torrione
ottagonale con barbacani forse destinato a base di
campanile.
Al termine della visita, nei pressi della porta Rivera, ultima tappa della giornata è stata la celebre Fontana delle
99 cannelle sgorganti acqua da tre alte pareti rivestite
del tipico paramento lapideo a scacchi bianco e rosa; è
datata, 1272, e firmata dall’autore.
Nel pomeriggio del giorno seguente, dopo pranzo, si
sono visitate le chiese di S. Maria Assunta e di S. Pellegrino a Bominaco: la prima rappresenta il modello più
omogeneo della tipologia basilicale romanica abruzzese;
l’unico portale introduce all’interno tripartito da colonne con le navate terminanti con tre absidi estradossate
decorate con monofore strombate: di rilievo la cattedra
abbaziale del 1184. A poca distanza è l’oratorio di S.
Pellegrino ricostruito nel 1263 su un preesistente edificio che si fa risalire a Carlo Magno: ha un portico realizzato con colonne romane e l’interno completamente
decorato con affreschi duecenteschi che fanno della
chiesa il più importante ciclo pittorico della regione.
Ultima tappa della giornata è stata la cittadina di Fossa,
centro pre-romano nei cui pressi è stata rinvenuta
(1992) la più importante necropoli abruzzese con sepolcri a tumulo di oltre 20 metri di diametro, menhir di
quattro metri d’altezza e 575 corredi funerari del I millennio a.C. Ai margini della cittadina sorge la chiesa di
S. Maria delle Grotte o ad Criptas, piccola chiesa cistercense eretta alla metà del Duecento: ha unico portale
con lunetta archiacuta ed interno simile al S. Pellegrino
di Bominaco, oltre ad affreschi di scuola benedettina e
toscana. La serata di questa lunga e densa giornata è
stata conclusa con una cena conviviale in albergo con i
cortesi amici della Sezione Abruzzo.
Tappa d’obbligo sulla via del ritorno è stata Atri, città
fortemente legata alla Puglia per la contea degli
Acquaviva d’Aragona di Conversano e Nardò: conserva
ancora interessanti testimonianze del passato, tra le
quali l’imponente cattedrale, la grande cisterna romana
ed il palazzo dei duchi di Acquaviva.
Quindi Civitella del Tronto protetta dalla fortezza rinascimentale progettata dal Buontalenti nel 1556 su una
preesistente fortificazione del 1225. Ultime due soste
sono state Teramo, con la cattedrale realizzata dal 1158
in poi, ed il piccolo borgo fortificato di Bellante con una
porta difesa da una torre con beccatelli.
Altre iniziative della Sezione Puglia sono state la visita
di domenica 4 giugno a Barletta per la mostra su “De
Nittis e Tissot” presso Palazzo della Marra con la guida
della stessa curatrice della mostra, la dott.sa Emanuela
Angiuli; quindi la visita al Castello e, dopo il pranzo, la
passeggiata alla cittadella romana di Canne.
Giovedì 8 giugno presso il castello svevo di Bari, si è
tenuta l’assemblea annuale dei soci della Sezione
Puglia; al termine, proseguendo nel ciclo di conferenze,
la dott.sa Emanuela Angiuli ci ha intrattenuti sul tema:
“Scenari di corte nei castelli del Rinascimento”.
Infine domenica 11 giugno i soci si sono trasferiti in
Basilicata per la visita di studio al castello di Melfi, sede
del Museo Archeologico Nazionale del Melfese; quindi
visita al Castello Svevo di Lagopesole, restaurato dal
presidente della Sezione Titta De Tommasi; nel pomeriggio visita a Venosa, patria di Orazio ed ai monumenti più significativi quali il castello - eretto nel 1470 dal
duca Pirro Del Balzo Orsini -, il parco archeologico e il
complesso medievale dell’Abbazia della SS. Trinità.
Gaetano Cataldo
Sardegna
MOSTRA FOTOGRAFICA
ome previsto nel calendario delle manifestazioni
che hanno accompagnato il Convegno “Ultimi
studi sulle architetture fortificate della Sardegna”
si è tenuta a Cagliari, nei locali del Lazzaretto, una
mostra sul tema “Castelli di Spagna e di Sardegna”.
C
Osilo (SS). Del
castello dei
Marchesi
Malaspina
rimangono pochi
ruderi tra cui i
resti di una
poderosa torre,
mal restaurata, e
alcuni tratti di
mura in pietra
locale interrotte
da torrette.
La mostra che è rimasta aperta dal 21 aprile al 21 maggio è stata organizzata dall’ Assessorato alla cultura del
Comune con la partecipazione dell’ Istituto Cervantes di
Roma e dell’Istituto Italiano dei Castelli - Sezione
Sardegna – Delegazione di Cagliari.
L’esposizione, che ha concluso un ciclo di proposte
fotografiche tra reportage e immagini storiche iniziato
cinque anni fa dall’Amministrazione comunale, è stata
dedicata quest’anno alle architetture castellane.
Le immagini, tutte in bianco e nero, del grande fotografo spagnolo José Ortiz Echague, fornite dal Fondo fotografico dell’Universidad de Navarra, e di Sergio Serra
hanno messo in evidenza gli strettissimi legami culturali che uniscono Spagna e Sardegna, legami messi in
evidenza dalle tipologie di costruzione e dalle analogie
architettoniche.
Le fotografie di Echague, scattate negli anni Trenta,
come quelle di Serra, scattate negli anni Sessanta, pure
importanti sotto il profilo documentaristico, hanno
anche il pregio di riuscire a creare un compromesso tra
il protagonismo del monumento e l’ambiente che lo circonda.
Per questa ragione i castelli, le torri e le cortine murarie corrose dal tempo assumono un grande potere evocatore e richiamano alla memoria immagini di un passato di guerre, di tradimenti, di morte, ma anche di gloria e di eroismo.
Nello stagliarsi possenti contro il cielo, restano a testimonianza della nostra storia e per le emozioni che
ancora oggi riescono a comunicarci ci invitano a preservarli dall’assalto del tempo.
SEMINARIO SULLA STORIOGRAFIA DELLA
SARDEGNA
G
li Assessorati alla Pubblica Istruzione e alla
Cultura della Amministrazione provinciale di
Cagliari hanno individuato nell’Istituto Italiano
dei Castelli - Delegazione di Cagliari, nell’Istituto
Gramsci, nella Fondazione Siotto e nel Rotary Club di
Cagliari Est i promotori di una iniziativa volta ad avviare una riflessione sulla Storiografia della Sardegna.
Il progetto,oltre a fornire l’occasione per avviare un
dibattito sull’identità, nasce dal compito affidato alle
Istituzioni scolastiche nella nuova normativa sulla
autonomia; esse, infatti, dovrebbero trasformarsi in
Atri (TE).
L’imponente
cattedrale sorge
su un complesso
termale. È a tre
navate con ampio
chiostro a due
ordini di arcate.
28
A
Palermo.
Particolare delle
elaboratissime
colonne della
Cappela Palatina.
Cronache Castellane
ttività delle sezioni
centri di elaborazione e di ricerca didattica e promuovere un rapporto interattivo di insegnamento –
apprendimento. E l’insegnamento della Storia, sul
quale il Consiglio d’Europa già da diversi anni ha
richiamato l’attenzione, appare il mezzo più idoneo per
ottenere tale risultato.
L’iniziativa si svolgerà nel mese di Ottobre del corrente
anno presso il Liceo “Siotto” di Cagliari e verrà coordinata dal prof. Francesco Floris, Presidente della
Delegazione di Cagliari, su delega dell’Amministrazione
provinciale.
Verrà articolata in una serie di incontri il cui calendario sarà tempestivamente comunicato e sarà destinata
agli studiosi di Storia della Sardegna e, in particolare
agli insegnanti di Storia della provincia di Cagliari.
Saranno trattati i seguenti argomenti:
I più recenti studi sul periodo prenuragico e nuragico,
prof. Raimondo Zucca (Università di Sassari)
I più recenti studi sul periodo fenicio punico, prof.
Raimondo Zucca (Università di Sassari)
I più recenti studi sul periodo romano, prof. Attilio
Mastinu (Università di Sassari)
La Sardegna bizantina e alto medioevale e i regni giudicali, prof.ssa Olivetta Schena (Università di Cagliari)
Il regno di Sardegna e la conquista catalano aragonese,
prof. Giuseppe Meloni (Università di Sassari)
Il regno di Sardegna nel periodo spagnolo, prof. Gianni
Murgia (Università di Cagliari)
Il Settecento, prof. Luciano Carta (Dir. Sc. Studioso di
storia)
L’Ottocento e il Novecento, prof. Aldo Accardo
(Università di Cagliari)
Antropologia e Storia del territorio, prof. Antonello
Sanna, prof.ssa Gabriella Da Re (Università di Cagliari)
Storia dell’arte e dell’architettura, prof.ssa M.Luisa
Frongia, prof. Gianni Montaldo (Università di Cagliari)
Storia della Chiesa, prof. Leonardo Pisanu, (Università
teologica Sarda)
I lavori si concluderanno con una tavola rotonda sul
problema dell’immagine della Sardegna nella storiografia attuale che verrà introdotta dal prof. Francesco
Floris e a cui parteciperanno i proff. Bruno Anatra,
Francesco Cesare Casula, Manlio Brigaglia, Claudio
Natoli e Luciano Marroccu.
Nina Serra Virdis
Veduta d’insieme
dell’interno della
cappella Palatina,
ricca di preziosi
mosaici, di
colonne e capitelli
di provenienza
romana,
costruzione
emblematica del
regno normanno
di Sicilia.
PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI FRANCESCO
FLORIS
l 19 giugno 2006, nel chiostro della basilica di
Superga a Torino è stato presentato il volume I Sovrani d’Europa. Una Storia del vecchio Continente
attraverso le vicende e i segreti delle Famiglie che vi
regnarono. di Francesco Floris.
All’incontro sono intervenuti: Gianni Oliva, Assessore
alla Cultura della Regione Piemonte; Valter Giuliano,
Assessore alla cultura della Provincia di Torino; Fabrizio
Antonelli d’Oulx, Presidente VIVANT;
Gustavo Mola di Nomaglio, Centro Studi Piemontesi;
Aldo Accardo, Università degli Studi di Cagliari, coordinatore del Comitato sardo per le celebrazioni dei 150
anni dell’Unità d’Italia. Al termine, sono state visitate le
Reali Tombe di Casa Savoia e il Salone del Re.
Un vermut nel chiostro a concluso il pomeriggio.
I
Sicilia
ITINERARIO D’ARTE A PALERMO
D
opo un interessante, precedente, itinerario serpottiano, i soci dell’Istituto Italiano dei Castelli,
Sezione di Catania, presidente l’ing. Giovanni
Ventimiglia di Monteforte, hanno proseguito con la
guida della prof. Mariella Fallica, il percorso d’arte a
Palermo, da Villa Zito e Palazzo dei Normanni al Palazzo
Arcivescovile, per riscoprire i tesori d’arte della città
bizantino-arabo-normanna, nella moderna cornice
della opulenta città di oggi.
Anzitutto le preziose collezioni di stampe antiche della
Sicilia, di filatelia, di numismatica dal medioevo all’età
moderna, le maioliche dell’artigianato di tutte le città
italiane, i numerosi dipinti di autori siciliani e la ricca
deliziosa raccolta archeologica di varietà di ceramiche
indigene, attiche e corinzie che attestano lo scambio
intenso tra l‘isola e la madrepatria greca, attentamente
catalogati e raccolti dalla Fondazione “Ignazio
Mormino”. Un piccolo, elegante, raffinato Museo privato del Banco di Sicilia, dove sono presenti le più significative espressioni dell’arte e della cultura siciliane
dalla preistoria ai nostri giorni, con dipinti della Scuola
pittorica siciliana di fine Ottocento.
Le incantevoli tele di sorprendente realismo fotografico di Francesco Lojacono, di Antonino Leto, le affascinanti opere di Giuseppe Sciuti, di Francesco Zerilli , di
Ettore De Maria Bergler che offrono con un paesaggismo assolato, selvaggio e malinconico le immagini di
una Sicilia che non c’è più. E, più modernamente, le
testimonianze pittoriche del “futurismo siciliano” di
Pippo Rizzo.
Quindi i soci castellani, entusiasti, hanno visitato la
Cappella Palatina con i suoi preziosi mosaici arabobizantini in corso di restauro, la sottostante preesistente “cappella reale” nel fascino della sua sobria architettura medievale e, a Palazzo dei Normanni, la “Sala
d’Ercole” del Primo Parlamento Siciliano e di quello in
atto, ed inoltre le varie sale reali, quella gialla, quella
degli specchi, quella cinese, quella di Re Ruggero, nel
fascino dei decori dell’architettura arabo-normanna.
Il percorso d’arte si è concluso con la visita, mirabil-
Cronache Castellane
29
mente illustrata dalla Sovrintendente al Museo
Diocesano prof. Maria Concetta Di Natale, alla ricca
raccolta di opere d’arte, argenti, arredi, paramenti sacri
che il Museo Diocesano provvede a conservare, restaurare, proteggere. Opere di mirabile fattura che altrimenti andrebbero deteriorate o perdute.
Tra i dipinti impaginati con criteri moderni nelle ampie
sale, opere di Sciuti, D’Anna, Novelli, Di Giovani e pregevoli fatture di scuola caravaggesche e di anonimi
siciliani. Una Palermo splendida, quella visitata dai soci
castellani, da Via Vittorio Emanuele al viale della
Libertà, nel contesto di una dimensione artistica che
risulta sicuramente vincente per la promozione turistica della nostra isola.
PROGETTO MEDITERRANEO NOSTRO
on una conviviale di gala allo Sheraton Hotel,
l’Istituto Italiano dei Castelli, sezione Sicilia, presidente l’ing. Giovanni Ventimiglia di Monteforte,
ha inaugurato il nuovo anno sociale 2006, presenti
numerosi soci, autorità ed ospiti.
Il presidente Ventimiglia ha dato il benvenuto alla neo
eletta segretaria della Sezione di Catania, dott.ssa
Mariella Spoto Puleo, ai coordinatori delle delegazioni
di Messina e Palermo, rispettivamente Baronessa
Michaela Marullo d’Alcontres e prof. avv. Massimiliano
Maniscalco, al dott. arch. Alberto Di Gaetano per la
“Delegazione giovani”e per le relazioni tra la Sede e
l’Istituto al socio Arturo Giorgianni.
Quindi ha illustrato a grandi linee, il nutrito e interessante programma dell’Istituto il cui fiore all’occhiello è,
come già prospettato nello scorso anno con il Convegno
Europa Nostra riguardante le architetture fortificate del
bacino del Mediterraneo, il progetto di costituire il
“Mediterraneo nostro” con sede a Catania, coinvolgendo ben 22 nazioni più quelle europee, a tutela delle fortificazioni del bacino del Mediterraneo. E ciò perché la
Sicilia gode del privilegio di una posizione geografica
che la fa ponte in tutte le direzioni cardinali, verso le
sponde del Mare Nostrum, e perché, il nostro è un
popolo naturalmente aperto alle interculture e alle
multietnie.
“La istituenda Federazione Mediterraneo nostro di cui
fanno parte l’Istituto Italiano dei Castelli, compresa la
Sezione Veneto, ed il Consiglio scientifico di Europa
Nostra, Federazione Pan europea per il Patrimonio, e
che vede insieme paesi europei, islamici ed orientali in
assestamento - come ha infine sottolineato l’ing.
Ventimiglia - si propone come struttura su cui indirizzare studi, ricerche, scambi culturali, e come organo
mediatore tra le iniziative dei paesi aderenti per la protezione e conservazione del patrimonio storico, nonché
per la sensibilizzazione delle nuove generazioni ai valori dei beni ambientali“.
La serata è stata allietata dal cabaret ideato e condotto con raffinata verve da Toti Sapienza, con la partecipazione di Nicolò e Anna Maria Scuderi (clarinetto e
piano) e Giuseppe Mazzotta (fisarmonica) con magistrali esecuzioni di classici, romanze, arie di famose
operette, tra l’Otto e il Novecento, da “Non t’amo più”
di Tosti, ad “Era di maggio”, da “A curuna” di Rosa
Balistreri, a “Luna tu” da “Il Paese dei campanelli”, a
“E vui durmiti ancora” di G. Formisano - E. Calì.
Mentre l’estro interpretativo di Toti Sapienza ha dato il
C
meglio di sé nella performance di celebri macchiette da
“Gastone” a “Ciccio formaggio”, riscuotendo entusiastici ripetuti applausi.
Milly Bracciante
IL MANIERO DELLE MERAVIGLIE
Istituto Italiano dei Castelli sezione Sicilia, ha
avviato, sul territorio nazionale, una campagna di
tutela di quei manieri che, pur possedendo un
alto valore storico, architettonico e paesaggistico,
rimangono in totale abbandono, irreparabilmente avviati alla completa distruzione, alla definitiva sparizione. In
Sicilia, l’interesse dell’Istituto si è quest’anno concentrato sull Castello di Mongialino, che sorge sull’altura del
monte Alfano, in territorio di Mineo.
Documentato sin dal XIV secolo, il castello si compone di
un massiccio dongione circolare affiancato ad una cinta
muraria, irregolarmente poligonale, in cui rimangono
ancora visibili i resti della merlatura. Un monumento che
per le sue particolari caratteristiche costruttive rappresenta un unicum nell’ampia categoria dell’architettura
castellana siciliana.
L’adozione del Castello di Mongialino sarà formalizzata
il 6 maggio quando una delegazione delle Sezione
Sicilia dell’Istituto dei Castelli, costituita da un consistente numero di soci che saranno accompagnati dal
presidente ing. Giovanni Ventimiglia di Monteforte, dal
prof. Magnano di San Lio, dall’ing. Tomarchio e da altri
esperti del Consiglio scientifico, si recherà a Monte
Alfano per una visita di ricognizione del «Mongialino»
nel corso della quale si constaterà il gravissimo «stato
di salute» in cui versa il castello.
Scopo della visita e dell’adozione è riuscire a sensibilizzare gli amministratori e le autorità preposte alla conservazione del patrimonio storico monumentale sull’adozione di immediate iniziative di tutela e del restauro
per scongiurare che, in breve tempo, si giunga alla
distruzione totale e definitiva del monumento.
Destinataria della meritoria iniziativa dell’Istituto, in
particolare, è anche la competente Soprintendenza di
Catania perché proceda ad avviare la procedura di un
intervento immediato che blocchi la progressione del
degrado, in attesa che si concretizzi la redazione del
progetto di recupero ed il finanziamento delle opere
occorrenti.
Veduta d’insieme
della Cattedrale
e del Palazzo
dei Normanni.
Incredibile fusione
di stili, frutto
della cultura
cosmopolita
della Palermo
normanna,
una delle grandi
capitali del
Mediterraneo.
Nell’immagine il
grande Cristo
Pantocratore che
secondo l’usanza
bizzantina, decora
la cupola della
cappella Palatina.
30
A
Cronache Castellane
ttività delle sezioni
Consiglio scientifico di “Europa Nostra” Gianni Perbellini, che hanno cercato di tracciare alcune strategie per
giungere all’obiettivo di considerare concretamente il
patrimonio dei castelli mediterranei, ma anche di torri,
castelli, caseforti, città fortificate, rocche, forti, bastioni, conventi e mura difensive, come una preziosa risorsa per l’economia e la cultura dell’intera area.
Da: “ La Sicilia “ dell’ 8 Giugno 2006.
To s c a n a
CASTROCARO TERME E LE FORTIFICAZIONI
NELLA ROMAGNA FIORENTINA
I
Castello di
Mongialino (CA).
Sorge sulle alture
del Monte Alfano
in territorio di
Mineo, si
compone di un
massiccio
dongione a pianta
circolare, e di una
cinta di mura
merlate a pianta
irregolare.
«Il Castello di Mongialino, per le sue originalità peculiari -, dichiara il presidente dell’Istituto ing. Ventimiglia, potrebbe costituire fonte di grande richiamo turistico,
opportunamente inserito in un circuito castellano che
comprende gli altri insediamenti catellani presenti nel
comprensorio quali i castelli di Catalfano, Serravalle,
Mineo, Occhiolà e Caltagirone. Gode, inoltre, il Mongialino, del privilegio di essere attorniato da un paesaggio
di bellezza infinita, in area dove la mitologia e la storia
hanno lasciato tracce profonde».
Da “La Sicilia“ del 3 maggio 2006
CONVEGNO: MEDITERRANEO E TURISMO
RELAZIONALE, IL RUOLO DELLA RETE
CASTELLANA
nserire il prezioso patrimonio degli antichi castelli e
delle costruzioni fortificate siciliane nella vita attiva, originando nuova ricchezza per il territorio
attraverso una visione moderna che ne preveda l’inserimento in specifici circuiti turistici.Questa, nelle parole
del Presidente della Sezione siciliana dell’ Istituto
Italiano dei Castelli, ing. Giovanni Ventimiglia di
Monteforte, la proposta che ha fatto da filo conduttore
al convegno tenutosi il 7 giugno 2006 nell’aula magna
del Palazzo centrale dell’Università dal titolo Mediterraneo e turismo relazionale, il ruolo della rete castellana.
Proprio Catania - è stato annunciato – ospiterà in
novembre un workshop internazionale fra le associazioni che operano per la difesa del patrimonio monumentale fortificato, spesso fatto di opere di straordinario
valore semantico, simbolico e architettonico, in tutti i
paesi dell’area euromediterranea per dar vita a un centro studi permanente con sede in Sicilia.
All’incontro, promosso dalla delegazione giovani
dell’Istituto, coordinata dall’ arch. Alberto Di Gaetano,
hanno preso parte – oltre ai presidenti degli Ordini professionali degli Architetti e degli Ingegneri catanesi –
numerosi studiosi ed esperti, tra cui il prof. Leonardo
Urbani dell’ Univesità di Palermo e il Presidente del
I
Pianta schematica
del castello.
In nero sono
indicate le pareti
murarie esistenti,
ma pericolanti.
Al suo interno è
inserita una
capiente cisterna.
l 25 marzo 2006, in una giornata fredda ma piacevole, alcuni Soci della Sezione Toscana hanno intrapreso una visita di studio giornaliera, nella Romagna
Fiorentina visitando la Rocca di Castrocaro Terme e la
Città Ideale di Terra del Sole. Nel viaggio era compresa
una sosta anche alla Rocca di Montepoggiolo, ma i
tempi non hanno consentito di visitarla.
La Rocca di Castrocaro si trova nella Regione Emilia
Romagna in un’area già conosciuta come “Romagna
fiorentina” a circa 8 Km da Forlì e a circa due km (un
miglio fiorentino) dalla “città ideale” di Terra del Sole.
L’insediamento fortificato si trova su un poggio a controllo della strada e del fiume, è un sito fortificato forse
(con una torre lignea) già fin dal tempo dei Romani, e
sicuramente la prima fortificazione murata si può far
risalire – torre poligonale - al periodo altomedioevale
longobardo franco. Dal X secolo al 1282 il primitivo fortilizio fu residenza della famiglia feudale dei Conti di
Castrocaro, fedeli al Sacro Romano Impero.
Nel 1282, con la sottomissione alla Chiesa, la Rocca
divenne il presidio angioino in Romagna, sede di tribunale e di carcere politico. Dal 1403, in seguito alla cessione alla Repubblica fiorentina e alla conseguente
nascita della Romagna toscana, la fortezza divenne
sede del capoluogo e avamposto fiorentino in Romagna.
Essa era un importante caposaldo di difesa dei territori
della Repubblica a confine con lo Stato Estense e quello della Chiesa. Il destino di questa fortezza è stato
assai originale, poiché agli inizi del Seicento, con lo stabilizzarsi del quadro politico internazionale, la
Romagna toscana venne progressivamente privata del
suo antico ruolo strategico. Nei primi decenni del
Seicento, dopo la costruzione della cittadella di Terra
del Sole, dove si trasferì il capoluogo della Romagna
toscana, l’imponente macchina da guerra diventò inutile e venne definitivamente abbandonata. Ed è rimasta
così per oltre 400 anni. Grazie al suo secolare inutilizzo
questo grande maniero non ha subito significative trasformazioni strutturali. La rocca è considerata dagli
esperti uno dei più significativi esempi di architettura
fortificata composita, dove gli ampliamenti strutturali,
succeduti nel tempo, si sono adattati alle esigenze belliche e alla morfologia del territorio. Integrata con il
paesaggio, pare quasi che la Fortezza completi il disegno e la fisionomia della rupe, con la quale è diventata
nei secoli un’unica identità.
I soci hanno visitato la Rocca e il Museo Storico accompagnati da esponenti della Pro Loco di Castrocaro e con
la guida del Prof. Taddei che ha raccontato la storia
della fortificazione, i restauri avvenuti e quelli che
dovranno essere attuati nell’anno 2007 sotto la sua
guida. Il pranzo si è svolto all’interno della rocca assaporando piatti tipici della Romagna. Poi i soci hanno
spostato la visita verso Terra del Sole poco distante.
La città Ideale di Terra del Sole fu voluta da Cosimo I de’
Medici, primo Granduca di Toscana (1519-1574). Fu lui
stesso, recatosi in questi estremi confini del suo Stato,
a “designare” il luogo della nuova città fortezza e ad
assegnarle il nome. In una memoria olografa del
Capitano di Castrocaro Corbizio II Corbizi si trova registrato un preciso atto di nascita della nuova città fortezza: “Ricordo come alli 8 di decembre 1564 si cominciò a fabbricare la nova Terra del Sole con processione e
messa solenne in detto loco sendo Comissario Geri
Resaliti”.
La decisione di costruire ex novo una città fortificata
nell’enclave romagnola rientrava in una precisa politica
di difesa dei confini del Granducato di Toscana. Terra
del Sole, secondo le intenzioni di Cosimo I sarebbe
dovuta diventare la nuova sede prestigiosa degli “uffizi”
medicei nella Romagna Toscana, una struttura urbana
che doveva assolvere a funzioni amministrative, giudiziarie, militari, religiose e commerciali. Cosimo I de’
Medici nell’ideare la costruzione del nuovo insediamento romagnolo si avvalse della sua esperienza di soldato
e di principe. A Terra del Sole le fortificazioni furono
adeguate ai tempi e alle nuove tecniche militari. Così
come per le altre fortezze (San Piero a Sieve, Empoli,
Cortona, Montecarlo ai confini della Repubblica di
Lucca; Portoferraio nell’Isola d’Elba e Sasso di Simone
nel Montefeltro) volute da Cosimo I de’ Medici, invece
di lunghe cortine e torri, negli angoli si costruirono
quattro bastioni muniti di orecchioni per proteggere,
con le bocche da fuoco poste nelle cannoniere, le scarpe delle cortine costruite in terra battuta armata con
palificate e rivestite di laterizio. Nel 1579 la nuova
«terra» di Cosimo I fu eletta capitale della Provincia
della Romagna Fiorentina. Nel 1772 fu disarmata, sotto
i Granduca di Lorena, e i poteri amministrativi della
Provincia di Romagna Toscana vennero trasferiti a
Rocca San Casciano. Terra del Sole è stata dichiarata
centro storico di “notevole interesse pubblico” da un
Decreto Ministeriale del 1965, tutelandone la conservazione con un vincolo ambientale.
La giornata si sarebbe dovuta concludere con la visita
alla rocca di Monte Poggiolo ma il tempo rimasto era
troppo poco per poter giungere e visitare anche questa
fortificazione, così la comitiva ha deciso di ripartire per
Firenze. Questa fortificazione di grande interesse anche
se abbandonata a se stessa e in condizioni molto degradate, merita un breve accenno che possa collocarla e
descriverla.
La Rocca di Monte Poggiolo domina la parte sud orientale della Pianura Padana dai dintorni di Forlì fino
all’Adriatico. Data la sua importanza strategica la Rocca
fu lungamente contesa. Dopo anni di battaglie, nel 1179
i Ghibellini Romagnoli la occuparono, distruggendola.
Successivamente, circa sei anni dopo, venne ricostruita
dagli abitanti di Castrocaro. Dal 1234 al 1317 fu proprietà dei Fiorentini fino all’arrivo degli Ordelaffi. Varie
vicende si susseguirono con conquiste da parte di diverse fazioni e per cent’ anni i Fiorentini e i Forlivesi se la
contesero. Nel 1482 fu affidato a Giuliano da Maiano
l’incarico di ricostruirla; ed è questo l’impianto che è
giunto fino a noi. Alla fine del 1500, la Rocca perse la
sua importanza in seguito alla costruzione della fortezza di Terra del Sole, munita di artiglieria. Nell’aprile del
1951 un meteorite fece crollare un bastione dell’antico
castello di Monte Poggiolo.
Successivamente venne tentato più volte il difficile
restauro cercando anche di trovare una nuova destinazione d’uso come museo, ma senza mai portare a termine i lavori. Oggi presenta un progressivo degrado,
dovuto al tempo e all’abbandono. La Rocca “possiede
pianta trapezoidale, ma virtualmente quadrata” (cfr. C.
Perogalli, Rocche e Forti Medicei, Rusconi Immagini,
Milano 1980 pg. 58). Quattro torrioni rotondi, fortemente scarpati, sono posti agli angoli della fortificazione:
quello a meridione più massiccio degli altri tre, era certamente il mastio e presenta interessanti particolari
architettonici. All’interno della Rocca si possono ancora
trovare e vedere i torrioni a volta emisferica. Gli scudi
esterni delle cannoniere sono di pietra arenaria con foro
tondo, secondo il più diffuso tipo del ‘400; all’interno, le
cannoniere sono a pianta trapezoidale, costruite con
lastre di pietra inclinata e sopra di esse ci sono sfiatatoi
rettangolari. La Rocca ha due ingressi, uno al centro del
Mastio e l’altro nella cortina ovest. Purtroppo la parte
sud, rovinata dal meteorite, è irriconoscibile. Alla base
della Rocca di Monte Poggiolo è stato ritrovato nel 1983
quello che a tutt’oggi si ritiene essere il più antico sito
preistorico europeo.
Terra del Sole (FO).
Il nome originario
della città era
Eliopoli, cioè Città
del Sole. Nella
veduta aerea è
ben visibile la
cinta muraria coi
quattro bastioni
ben conservati.
Fu fondata nel
1565 da Cosimo I
de Medici per
proteggere la
Romagna toscana.
I quattro bastioni
angolari della
città ideale sono
completati da una
bertesca pensile.
La Porta
Fiorentina vista
dall’esterno.
È difesa da una
caditoia a naso.
Sopra il portale
è ben visibile
lo stemma dei
Medici.
32
A
Porto Ercole,
Monte Argentario
(GR). Piante
ottocentesche del
Forte Stella,
fortezza avanzata
collocata sul
crinale
meridionale del
monte che
sovrasta il borgo.
Veduta aerea della
rada di Porto
Ercole, guardata a
sud dalla Rocca,
che proteggeva il
borgo trecentesco,
e da nord dal
Forte Filippo,
isolato sul monte
quasi privo di
vegetazione.
Cronache Castellane
ttività delle sezioni
IL MONTE ARGENTARIO E LE SUE FORTIFICAZIONI
l 13 Maggio 2006 i Soci hanno partecipato ad un
viaggio bellissimo sulla costa Toscana nelle terre del
Monte Argentario visitando Porto Santo Stefano,
Forte Stella, Porto Ercole e Forte Filippo, trascorrendo
una meravigliosa giornata.
Questo luogo suggestivo e particolare era probabilmente in origine un’isola, unitasi successivamente alla costa
tirrenica dai due tomboli della Feniglia e della
Giannella, per l’accumulo di sabbia e detriti trasportati
dai fiumi e dalle correnti marine. Il primo insediamento
umano all’Argentario risale certamente ad epoche
remote, lo attestano i numerosi reperti archeologici sia
nella Grotta degli Stretti che in quella di Cala dei Santi.
Sono almeno 19 le spelonche che furono abitate.
Per la sua posizione geografica al centro del Mar Tirreno, il Monte Argentario fu considerato dai primi navigatori un approdo sicuro. Di straordinario valore strategico, il promontorio fu munito di torri di avvistamento
e di segnalazione per far fronte al costante pericolo di
incursioni dal mare. Le primissime opere a carattere
difensivo risalgono all’età del Bronzo, ma un vero sistema difensivo iniziò a prendere corpo solo nel XV secolo,
sotto il dominio della Repubblica di Siena. Gli Spagnoli
ebbero il merito di avere, in pochi anni, trasformato il
Monte Argentario in una poderosa macchina bellica,
con un formidabile complesso di fortificazioni per
numero e qualità, superiore ad ogni altro consimile esistente in Toscana. Nacque così nel 1557 lo Stato dei
Presidi, che comprendeva Orbetello, Porto Ercole, Porto
S.Stefano e Talamone, ai quali, nel 1602, si aggiunse la
piazzaforte di Porto Longone, nell’Isola d’Elba.
Porto Santo Stefano è un suggestivo borgo marinaro
sulla costa orientale dell’Argentario ed attrezzato porto
turistico e si affaccia su una baia dominata dalle possenti moli delle fortezze spagnole. Domina sull’alto di
un colle la Rocca seicentesca, architettura di tipologia
spagnola a pianta quadrata, munita di barbacani di tipo
aragonese.
Non si hanno invece notizie certe sulla storia più antica di Porto Ercole. Sembra che si debba agli Etruschi
I
l’attribuzione del nome di Ercole al luogo, ipotesi avvalorata dalla recente scoperta di una necropoli etrusca
posta a monte di Cala Galera. Nell’alto medioevo appartenne, come tutto l’Argentario, all’Abbazia delle Tre
Fontane, passò nel XIII secolo agli Aldobrandeschi,
quindi agli Orsini e dal 1415 alla Repubblica di Siena. Lo
Stato dei Presidi ne fece il cardine del sistema difensivo dell’Argentario, costruendo come si è detto le imponenti strutture militari che ancora ne caratterizzano il
paesaggio. Il sistema difensivo di Porte Ercole che dal
1557 entrò a far parte, insieme a Orbetello, Porto Santo
Stefano, Talamone, Monte Argentario e, in seguito,
Porto Longone, dello Stato dei Presìdi, è caratterizzato
da tre elementi principali: la Rocca, Forte Filippo e Forte
Stella.
La cinta muraria che scende verso il mare collega, attraverso un cunicolo, la Rocca al bastione Santa Barbara,
costruito sul porto, insieme al forte Santa Caterina
(oggi privato), per rafforzare il sistema difensivo. Oltre
ad essere la più grande costruzione militare
dell’Argentario, ha infatti una forma irregolare che
segue l’andamento della collina su cui si trova.
Forte Filippo (anch’esso privato), edificato nel 1558 su
progetto di Giovanni Camerini, è di forma rettangolare
con quattro bastioni triangolari disuguali e asimmetrici,
con un ampio fossato intorno, situato sulla cima del
Monte Filippo a cavallo tra il golfo di Porto Ercole e
quello di Cala Galera. Aveva come unico punto di accesso un ponte levatoio sul lato est e costituiva un importante baluardo difensivo.
Questo forte rappresenta la più importante delle opere
di fortificazione promosse dallo stato dei Presidi, essendo complessivamente grande quasi un terzo della rocca,
è il secondo in ordine di grandezza e per imponenza di
fortificazioni dell’Argentario.
Forte Stella, costruito nella seconda metà del secolo XVI
e musealizzato dal 1999, presenta una forma originale:
il nucleo centrale, circondato da una cinta muraria quadrilatera con bastioni agli angoli, ha pianta a forma di
stella a sei punte (da cui deriva il nome). Anch’esso era
circondato da un fossato ed era dotato di un unico
punto di accesso. Le sue funzioni erano prevalentemente di avvistamento, più che di difesa, e assieme a Forte
Filippo rappresentavano uno dei capisaldi dell’organizzazione militare di Porto Ercole.
Giovanna Taddei
Cronache Castellane
33
Tr e n t i n o
Umbria
CASTEL MALGOLO IN VAL DI NON
IN MAROCCO, PALAZZI DI MARMO E CASTELLI
DI TERRA
opo un breve periodo di sospensione, in seguito
alla nomina del nuovo presidente ed al rinnovo
del consiglio la Sezione ha ripreso nello scorso trimestre la propria attività organizzando per i soci una
escursione a Castel Malgolo, ubicato nel suggestivo
paesaggio di una valle, peraltro caratterizzata da una
presenza castellana straordinariamente fitta, qual è la
Valle di Non.
L’accesso all’interessante edificio, di proprietà privata e
normalmente chiuso al pubblico, è stata resa possibile
grazie alla disponibilità del proprietario, conte Premoli:
ciò ha pertanto conferito una nota di apprezzata eccezionalità all’evento.
Il pomeriggio, iniziato con la visita dell’antica basilica di
San Zeno in compagnia di mons. Visintainer, già vicario
vescovile della diocesi di Trento, ha vissuto il suo
momento centrale proprio a castel Malgolo.
Documentato a partire dal 1267, come proprietà degli
omonimi signori, il castello naque probabilmente sviluppandosi a partire da una semplice torre cinta da
mura, attorno alla quale si moltiplicarono in seguito gli
altri edifici. Nel febbraio 1425 la famiglia Concini di
Casez - ma oriunda della Toscana - nelle persone dei
fratelli Gerardo ed Antonio (figli del notaio Enrico),
acquistò il castello da Niccolò di Malgolo e ne detenne
la proprietà fino alla metà del Cinquecento, allorchè
l’ultima discendente Bona sposò Pantaleone Betta, consegnando così l’edificio ad una nuova linea dinastica.
Trasferendosi a Verona nel 1848, i Betta vendettero
castel Malgolo a contadini, che ne fecero una abitazione rurale: fu per merito di Raffaele Concini de Concin,
che lo riacquistò nel 1891, se il castello potè essere
restaurato, peraltro con un intervento di tipo fortemente ricostruttivo.
Sede di un presidio militare austriaco durante la prima
guerra mondiale, nel 1922 l’edificio fu messo in vendita ed acquistato dal conte Camillo Premoli, avo dell’attuale proprietario, che ne risistemò le strutture e vi trasferì una collezione d’armi proveniente da Bergamo.
D
Carlo Andrea Postinger
Marocco, pianta
della Madrasa di
Ibu Yusuf,
l’Istituto per lo
studio del Corano
edificato verso il
1570.
ella storia della civiltà del Mediterraneo, il
Marocco ha avuto un ruolo importante: dalle più
sottili argomentazioni filosofiche alle realizzazioni della scienza applicata, dal concetto dell’amor
cortese, alla coltivazione dell’albero di albicocche, per
una felice combinazione di fattori geografici, politici,
sociali e religiosi.
A questi fattori geopolitici si devono aggiungere la cultura e la coscienza sociale degli antichi re, che a protezione della loro civiltà non sfoderarono solo la spada,
ma, con saggezza, si impegnarono nella promozione
della vita intellettuale ed artistica del paese. Fra un
colpo di scimitarra ed un altro, partecipavano alle dispute filosofiche a Fès, ai calcoli matematici degli architetti a Granata, in una stimolante atmosfera.
Nel Marocco dei nostri giorni l’età d’oro delle grandi
dinastie e dei famosi studiosi non è stata dimenticata,
rivive attraverso le prestigiose testimonianze architettoniche, le tradizioni gelosamente conservate, come riflesso di usi e costumi tramandati da un tempo lontano.
Per il fascino di questo Paese e sulle rotte dei cammellieri, il gruppo “castellano” è arrivato a Marrakech, la
capitale del sud, il cui nome ha in se qualcosa di misterioso, evoca palmeti e carovane, mercati e spie internazionali, oasi di pace. Marrakech, per la sua posizione
geografica, è sempre stata di fondamentale importanza, imponente come le montagne dell’Atlante, splendida città imperiale che dà il suo nome, da sempre, al
Marocco. La città fu contesa da grandi re, nobili dinastie vi si sono avvicendati, architetti, pittori, scultori,
abili artigiani vi hanno costruito palazzi principeschi,
giardini, moschee e la Madrasa, straordinaria sede della
superba scuola coranica fondata dal sultano meniride
Abou-el-Hassan (1331-1349).
Il visitatore, pellegrino della bellezza, può vedere
risplendere la ricchezza dell’oro, del marmo, dell’onice,
scambiati un tempo con carichi di zucchero e di spezie
N
Castel Malgolo
(TN). Il castello è
documentato a
partire dal 1267
come proprietà
degli omonimi
signori.
È ubicato nel
suggestivo
paesaggio della
Val di Non, zona
ricca di antichi
castelli.
34
A
Marocco. La
Medina di
Marrakech, la
“rossa” capitale
del sud, situata su
un rialzo collinoso
ai piedi della
catena
dell’Atlante, quasi
sulle rive del
fiume Tensift. La
porta d’ingresso
della Medina, uno
splendido arco
dall’immensa
ghiera
superdecorata, è
senz’altro la più
bella porta
inserita nelle
mura della città.
Cronache Castellane
ttività delle sezioni
da Alimed el Mansour, il più famoso sovrano saadien
(1578-1603), mentre il sole illumina il marmo rosa delle
fontane, fa scintillare le decorazioni, i turchesi, i verdi, i
bianchi dei mosaici, la bellezza del Palazzo El Badii, gli
stucchi di Dar Si Said e del Palazzo della Bahia e, da
lontano, il muezzin fa sentire il suo richiamo alla
preghiera. Per poter capire tutti gli aspetti di questa
affascinante città, il nostro gruppo ha visitato Djemaa
el-Fna, una enorme piazza, un immenso spazio dalla
forma vagamente triangolare, il cui nome racchiude un
qualcosa di macabro, significa infatti, “raduno dei
morti”, poiché qui avevano luogo le esecuzioni pubbliche e, sembra, che un governatore particolarmente
crudele, vi facesse deporre la sua collezione di teste
tagliate. Djemaa el-Fna è un vero palcoscenico, dove lo
spettacolo è mutevole nei diversi momenti della giornata: negozi, piccoli fornelli accesi per cuocere cuscus e
spiedini o semplicemente a tener calda l’acqua per il té
alla menta, barbieri al lavoro, danzatori e suonatori
provenienti dall’Atlante, il cantastorie, i mangiatori di
fuoco e, come sottofondo, il ritmico tam tam dei tamburi della Mauritania che accompagnano i danzatori. Al
tramonto, la piazza assume un aspetto diverso... il
muezzin chiama cantilenando i fedeli e molti si allontanano per raggiungere la moschea, le deboli luci
ondeggiano e si spengono.
La Medina di Marrakech, chiusa entro una cinta di alte
mura, è un dedalo di viuzze e una inquadratura pittoresca del Marocco. Di giardino in giardino, prosegue
la visita, dal piccolo giardino della Ménara a quello di
Majorelle, ricco di piante esotiche, poi alle Tombe
Saadiane. Quarzazate, “città dalle mura del Draa, del
Dadés e dello Zis, è un percorso tra i più interessanti del
Marocco meridionale, che si snoda nelle regioni presahariane, tra le montagne del passo di Tizi’n Tichk. La
kasbah di Taourirt, antica residenza del leggendario
Glaoni, ultimo signore feudale della regione e la kasbah
di Tifoultout hanno incantato i nostri viaggiatori.
Inoltre, Ait Benhaddou, villaggio fortificato, un castello
di sabbia, adagiato in un campo di mandorli in fiore,
una visione quasi magnifica, che va oltre l’immaginazione.
Il viaggio piacevole che ha dato una suggestiva e completa immagine del Marocco è terminato lasciando il
ricordo di straordinari paesaggi, mura color ocra o
rossastre, profumi forti e sabbie brucianti.
Igea Frezza Federici
Ve n e t o
LA CARTA MILITARE DEL DUCATO DI VENEZIA
(1798-1805) E GLI ELABORATI DEL PREMIO
EUROPA NOSTRA
enerdì 26 maggio alle ore 15, presso la Biblioteca
del Museo di Castelvecchio, alla presenza del Vice
Sindaco Assessore alla Cultura, professor
Maurizio Pedrazza Gorlero e del Presidente della sezione Veneto dell’Istituto Co. Dr. Maurizio Sammartini, è
stata presentata la donazione della Carta militare topografico-geometrica del Ducato di Venezia, conservata
nel Kriegsarchiv di Vienna, redatta per iniziativa dello
Stato maggiore austriaco tra il 1798 e il 1805. Essa è
stata offerta dalla sezione veneta dell’Istituto Italiano
dei Castelli come importante incremento delle speciali
raccolte librarie e documentarie dei fondi di castellologia “Piero Gazzola ed Europa Nostra /IBI” da tempo
depositati presso la Biblioteca del Museo di Castelvecchio in virtù di una convenzione stipulata nel 1990
col Comune di Verona.
Documento di estrema importanza per la conoscenza e
lo sviluppo di un territorio di circa quaranta chilometri
quadrati che corrisponde, con parziali differenze storiche di confine, alle attuali regioni del Veneto e del
Friuli, l’edizione è stata curata dalla Fondazione
Benetton di Studi e Ricerche di Treviso con la collaborazione dell’Archivio Militare austriaco di Vienna, e
dopo un ambizioso e pluriennale progetto presenta uno
strumento di notevole importanza per la conoscenza
della storia e della geografia del nordest d’Italia, nella
fase di transizione che lo porta, con alterne vicende,
dallo Stato veneziano al dominio absburgico.
Con l’edizione delle centoventi grandi tavole topografiche in scala originaria, la trascrizione delle 922 carte
manoscritte di descrizioni militari, la traduzione in lingua italiana e un glossario dei circa quattrocento termini tecnici unito agli indici dei toponimi che vi compaiono, l’insieme costituisce in assoluto un documento
V
dell’identità di luoghi, di segni e di nomi che riemergono come patrimoni peculiari comuni nella costruzione
dell’Europa, e insieme un’opera utile in molteplici
ambiti, dal mondo scientifico a quello professionale,
offrendo nuove referenze a storici e geografi, a cartografi e topografi, a urbanisti e paesaggisti.
Con l’occasione, su iniziativa del presidente del
Consiglio scientifico di Europa Nostra, Prof. Arch.
Gianni Perbellini, le raccolte dei fondi speciali presso la
Biblioteca di Castelvecchio, la cui catalogazione è da
alcuni mesi disponibile on-line nel sito dell’Archivio
Bibliografico Veronese (http://abv.comune.verona.it),
sono state integrate dagli elaborati presentati a partire dal 2004 al concorso annuale “Premio Europa” della
Commissione Europea, istituito dalla stessa associazione e volto a segnalare le migliori realizzazioni in ambito europeo di progetti di studio e ricerca nella valorizzazione del patrimonio architettonico e ambientale
quale importante testimonianza dell’evoluzione delle
conoscenze in ordine alla conservazione ed alla tutela
dei Beni Culturali Europei.
La Biblioteca d’Arte del Museo di Castelvecchio, nata
come supporto alla attività dei funzionari del museo e
quindi aperta negli anni Settanta come servizio al pubblico, è dedicata alle discipline inerenti la storia dell’arte, l’archeologia, l’architettura, la conservazione e il
restauro, e ha conquistato per il suo specialistico bacino di utenza un ruolo ormai noto e consolidato. Meno
nota è invece la presenza presso la Biblioteca di fondi
speciali unici in Italia nel loro genere e dedicati alla
storia dei castelli. Si tratta dei materiali riuniti dal professor Piero Gazzola, che ricoprì la carica di Soprintendente ai monumenti del Veneto dagli anni Quaranta ai
Settanta del Novecento, e fu uno degli artefici della
rinascita urbanistica di Verona nel dopoguerra. Il suo
interesse per l’architettura militare e le fortificazioni si
riflette nello straordinario fondo librario lasciato in
eredità dalla famiglia all’Istituto Italiano dei Castelli, di
cui Gazzola fu fondatore e presidente.
A seguito di una apposita convenzione con il Comune
di Verona, del 1990, dopo alcune peregrinazioni il
fondo ha trovato collocazione adeguata tra le mura del
castello scaligero assieme alla biblioteca già dell’IBI
(Internationales Burgen Institut), un tempo allestita a
Rosendael, in Olanda, la cui sede fu chiusa dopo la
fusione con l’associazione Europa Nostra.
La Direzione dei Civici Musei d’Arte, con il restauro
della torre di nord-est ad opera degli Amici di
Castelvecchio e dei civici musei d’arte veronesi nel
1995-1996, ha offerto le condizioni perché i due fondi
librari altamente specializzati potessero essere conservati e resi consultabili a Castelvecchio, sia per il loro
intrinseco valore culturale e la loro pertinenza con l’edificio scaligero, sia per onorare un impegno assunto
già dal prof. Magagnato negli anni della sua direzione
del Musei cittadini.
Da parte sua l’Amministrazione comunale si è impegnata a promuovere le iniziative necessarie alla miglior
conservazione e valorizzazione di tali fondi librari, nonché alla divulgazione della loro conoscenza negli
ambienti di studio nazionali ed internazionali incrementando la consistenza dei fondi, costituiti prevalentemente da libri, ma anche da riviste, opuscoli, carte
geografiche e cartoline, e rendendo fruibili gli oltre
quattromila documenti suddivisi per regioni e nazioni,
mediante una catalogazione che è da alcuni mesi disponibile on-line nel sito comune delle biblioteche pubbliche della città, l’Archivio Bibliografico Veronese.
A tale sforzo corrisponde peraltro una costante attenzione da parte di Europa Nostra/IBI al continuo aggiornamento delle raccolte, forte anche della presenza a
Verona del presidente del comitato scientifico dell’associazione, l’architetto Gianni Perbellini, membro pure
del Consiglio direttivo dell’Istituto Italiano dei Castelli.
Salutiamo quindi con grande gratitudine il dono con
cui la sezione veneta dell’Istituto ha voluto offrire ai
fondi di castellologia la nuova edizione della Carta
militare topografico-geometrica del Ducato di Venezia,
conservata nel Kriegsarchiv di Vienna, redatta per iniziativa dello Stato maggiore austriaco tra il 1798 e il
1805 e pubblicata nel 2005 sotto l’auspicio della
Fondazione Benetton di Studi e Ricerche.
A due secoli dalla sua stesura, questo impegnativo progetto editoriale ha reso pubblico un documento capitale per la conoscenza storica e geografica di un territorio
che corrisponde, con parziali differenze di confine, alle
regioni del nord-est d’Italia. A tale importante incremento delle raccolte librarie si unisce in questa occasione il deposito degli elaborati presentati negli ultimi anni
al concorso “Premio Europa” della Commisione Europea,
istituito dalla associazione Europea Nostra e volto a
segnalare le migliori realizzazioni in ambito europeo di
progetti di studio e ricerca nella valorizzazione del patrimonio architettonico e ambientale.
L’augurio è che il costante processo di arricchimento e
aggiornamento di queste specialissime raccolte librarie
possa continuare grazie all’impulso dei propri partners,
e in forza di spazi più adeguati come sarebbero quelli,
così pertinenti nel suggestivo contesto, delle architetture militari dell’ex arsenale austriaco, nell’ambito del
recupero dell’intera area della Campagnola ad una
nuova destinazione culturale.
Gianni Perbellini
Verona,
Castelvecchio.
Costruito nel
1354-57 da
Cangrande II della
Scala, ha una
concezione
articolata molto
simile a quella
delle fortificazioni
viscontee, e come
queste basate su
una residenza
fortificata
signorile, fuori
dalle mura
cittadine, e su una
zona militare
rivolta verso la
città.
Il lungo
camminamento di
ronda protetto
dalla doppia
merlatura a coda
di rondine,
tipologia
caratteristica delle
costruzioni
fortificate in cotto
della valle
padana.
Cronache Castellane
S
egnalazione
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