Vai - Museo della Valle dell`Idice

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Vai - Museo della Valle dell`Idice
DESMO STORY
Una
mostra unica,
che analizza l'evoluzione
di un sistema divenuto
sinonimo di Ducati
di Alan Cathcart – foto Kel Edge
I
l sistema desmodromico della distribuzione, che non prevede l'utilizzo di molle per
richiamare le valvole nelle rispettive sedi ed
è famoso per essere stato sapientemente sviluppato in ambito motociclistico dall'ingegner
Fabio Taglioni fin dal suo ingresso all'interno
della Ducati nel 1955, è indissolubilmente
legato ai prodotti di maggior successo del
marchio bolognese, attuali e non: infatti, sono
ormai alcuni decenni che ogni moto che esce
dalla fabbrica di Borgo Panigale è caratterizzata da questa soluzione tecnica.
Per celebrare questo sistema di comando
della distribuzione, precedentemente utilizzato con successo da Mercedes-Benz nel campionato del mondo di Formula 1 del 1954 e
1955, e per favorirne la comprensione, è stata
allestita una mostra interamente dedicata alla
storia del Desmo che ha aperto i battenti il 28
aprile a Budrio, a soli 25 Km dalla fabbrica
Ducati, all'interno del Museo Prunaro, un ex
scuola elementare dell'epoca mussoliniana
che è stata restaurata e trasformata in un
centro museale e culturale dalla Fondazione
LA RIVISTA DESMODROMICA
LA RIVISTA DESMODROMICA
è stato chiesto dalla Fondazione di organizzare
una mostra che ripercorresse la storia di questa
soluzione tecnica, l'ho considerato un dovere
oltre che un piacere, dal momento che questa
iniziativa va ad aiutare coloro che considerano
il sistema desmodromico Ducati un patrimonio
da salvaguardare affinché capiscano come si è
sviluppato il concetto e apprezzino il ruolo che
ha avuto la Ducati nella sua applicazione tra i
prodotti di serie."
Insieme con un gruppo di amici, Mengoli
ha lavorato alla programmazione della mostra
Desmo Story negli ultimi due anni ed è riuscito
a ottenere il supporto di varie case costruttrici
europee e giapponesi, sia motociclistiche che
automobilistiche, che gli hanno affidato i loro
prototipi meno noti equipaggiati con il Desmo.
"La mostra contempla disegni tecnici forniti da
Mercedes-Benz, Ferrari, BMW, Peugeot, Audi,
Toyota e Honda, oltre ovviamente a Ducati. –
spiega Mengoli – Non c'è mai stata una rassegna
così ampia su questo sistema e l'iniziativa coglie
proprio l'occasione per sottolineare i progressi
compiuti nel corso di un secolo di ricerche effettuate in tutto il mondo, a fronte di diverse culture
e diversi sistemi produttivi."
Questa celebrazione della tecnologia non
avrebbe potuto essere completa senza il contributo dell'ingegnere olandese Henk Cloosterman
(http://members.chello.nl/~wgj.jansen/), massimo
esperto in fatto di Desmo, che ha raccolto informazioni su non meno di 877 brevetti relativi a
questo sistema provenienti da tutto il mondo.
Cloosterman, soprannominato Dr. Desmo, ha
Alcune delle moto esposte alla mostra Desmo Story di Budrio. La maggior parte sono Ducati, ma ci sono anche esemplari
di altre marche, come MV Agusta, Bmw e Mondial, oltre a numerosi motori smontati, sia motociclistici che automobilistici.
Cervellati, presieduta da Marco Cervellati.
La mostra è stata organizzata dall'attuale Direttore Tecnico Motore della Casa di Borgo Panigale, Gianluigi Mengoli, grandissimo appassionato
della storia del Desmo oltre che protagonista del
suo sviluppo.
Dopo aver lavorato sotto l'ala di Fabio Taglioni
come disegnatore, infatti, Mengoli ha creato,
insieme a Massimo Bordi, il primo bicilindrico
Ducati dotato di iniezione elettronica, raffred-
damento a liquido e quattro valvole per cilindro
(con distribuzione desmodromica, ovviamente): lo
stesso propulsore che ancora oggi vince nel Mondiale Superbike con lo spagnolo Carlos Checa, a
distanza di 26 anni dalla sua creazione.
"Bologna è sempre stato un centro di design industriale e ingegneria meccanica fin dal
Medioevo, quando era una città di mulini sia a
vento che ad acqua. – spiega Gianluigi Mengoli
– Con il tempo, poi, è diventata la capitale della
moto italiana, visto che questa regione ha dato
i natali a ben 86 diversi costruttori, di cui Ducati
e Moto Morini sono oggi gli unici superstiti.
Bologna è stata anche la città desmodromica,
visto che nel 1950 non meno di sei diverse case
motociclistiche e automobilistiche stavano lavorando su progetti con motore Desmo, anche se
la Ducati è stata l'unica a sfruttare questo sistema dal punto di vista commerciale grazie al genio
di Fabio Taglioni. Per questo motivo, quando mi
LA RIVISTA DESMODROMICA
LA RIVISTA DESMODROMICA
Sopra: Gianluigi Mengoli, Direttore Tecnico Motore di Ducati
nonché principale promotore della mostra Desmo Story.
Sotto: la Mercedes-Benz W196 con la quale Manuel Fangio
ha vinto due titoli mondiali F1 negli anni Cinquanta.
Sopra: Henk Cloosterman, uno dei massimi esperti di Desmo al mondo, con Marco Cervellati, patron dell'omonima fondazione.
Sotto: alcuni degli oltre sessanta modelli di sistemi desmodromici che Cloosterman ha realizzato negli anni.
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inoltre costruito più di 60 modelli in scala che
mostrano il layout e il funzionamento di molti
di questi esemplari, gran parte dei quali sono
esposti a Budrio, spesso di fianco al motore o al
mezzo che li implementa: in questo modo, dunque, la mostra Desmo Story racconta l'evoluzione di questo raffinato principio ingegneristico.
La parola desmodromico deriva dal greco
"desmos", che significa controllato, e "dromos",
ovvero movimento; meccanicamente, è usato
per distinguere un sistema di distribuzione in cui
le valvole sono comandate attivamente sia in
apertura che in chiusura, mentre normalmente la
chiusura avviene tramite una o più molle.
Un secolo fa, l'inaffidabilità cronica delle molle,
che spesso cedevano anche a regimi moderatamente elevati, ha incoraggiato i progettisti
dell'epoca a trovare un sistema alternativo per il
funzionamento delle valvole che facesse a meno
di queste ultime.
Naturalmente, alcuni tentativi hanno avuto successo, ma nessuno ha mai raggiunto la produzione di serie, tranne nel caso di Ducati, soprattutto
a causa della complessità delle lavorazioni richieste e dei maggiori costi di produzione.
In seguito al netto miglioramento della qualità
dei materiali disponibili, il principale vantaggio del
Desmo è rimasto quello di scongiurare il cosiddetto sfarfallio delle valvole ai regimi più elevati,
e quindi in applicazioni particolarmente spinte,
quando le molle delle valvole non sono in grado
di rispondere con sufficiente rapidità per riportare
la valvola nella rispettiva sede.
L'ingegnere inglese F. H. Arnott ha ottenuto
i primi brevetti per un sistema di distribuzione
desmodromica nel 1910, ma la prima applicazione pratica di tale soluzione (attraverso il progetto
L76) è dell'ingegnere svizzero Ernest Henry, il cui
motore V8 Desmo (che aveva creato per Peugeot
nel 1912) era caratterizzato anche da quattro valvole e due alberi a camme per cilindro, camere di
combustione emisferiche e doppia accensione.
Grazie a questo propulsore, la casa francese
vinse il Gran Premio di Francia del 1912 e la 500
LA RIVISTA DESMODROMICA
Miglia di Indianapolis del 1913, mentre il tentativo
di emulazione da parte della rivale Delage, che
a sua volta puntò su un V8 Desmo, si rivelò un
fallimento. Peugeot trasferì con successo questo
concetto anche in ambito aeronautico, con il progetto L112, dotato di un motore V8 Desmo che
andò a equipaggiare i 1500 esemplari costruiti
dal 1916 in poi per prestare servizio durante la
Prima Guerra Mondiale.
All'epoca, dunque, la Francia rappresentava
il focolaio principale dell'innovazione tecnologica, tant'è che una terza azienda d'Oltralpe, la
Bignan, nel 1920 costruì una vettura sportiva con
motore desmodromico che vinse la 24 Ore di
Spa e stabilì alcuni record mondiali a Brooklands
spinta da un motore che impiegava un albero a
camme comandato da ingranaggi a coppie coniche che viene considerato, anche secondo Mengoli, il primo vero motore desmodromico della
storia; la Bignan Sport era pronta per entrare in
La Mondial 175 Desmo del 1954, ovvero la prima moto desmodromica prodotta in quel di Bologna.
La Ducati, infatti, arrivò due anni più tardi, con la 125 GP trialbero progettata dall'Ingegner Fabio Taglioni.
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produzione, ma alla fine non fu possibile a causa
dei costi particolarmente elevati.
Nel frattempo, la Fiat era diventata il primo
costruttore italiano a creare un motore Desmo
con l'arrivo della Tipo 401, variante più complessa rispetto allo schema adottato dalla Bignan che
risultava non solo più pesante, ma anche affetto
da un certo "sfarfallio" delle valvole ai regimi più
elevati, nonostante scongiurasse l'eventuale rottura delle classiche molle.
Anche la MV Agusta ha sperimentato il sistema desmodromico negli anni Cinquanta. Questa 125 trialbero del 1959, infatti, nacque proprio in risposta alla Ducati di analoga impostazione.
La Bmw R1 Desmo Boxer, sviluppata dalla casa tedesca nei primi anni Novanta per partecipare al Mondiale Superbike.
Il primo brevetto per l'applicazione del sistema
desmodromico su una motocicletta risale agli inizi
del 1920, sempre in Gran Bretagna, e fu James
Norton, fondatore dell'omonima casa motociclistica inglese, a depositarlo; nel 1920, la Norton
stava costruendo un motore Desmo di 500 cc
con ben quattro alberi a camme in testa, ma
questo progetto risultava troppo ingombrante e
complicato, oltre che costoso e difficile da realizzare, così fu stoppato nonostante il brevetto.
per rendere altrettanto competitive le proprie
vetture di Formula 1 senza tuttavia impiegare lo
stesso sistema.
A tal proposito, sembra che ne abbia discusso
con Fabio Taglioni, che era già uno degli ingegneri più in vista nei dintorni di Bologna, oltre al fatto
di aver subito manifestato grande interesse per il
sistema desmodromico. Inoltre, c'è una foto che
mostra Manuel Fangio in visita alla fabbrica Ducati nel 1955: forse l'idea di creare la prima Ducati
In seguito, comunque, la casa motociclistica
inglese realizzò una versione Desmo della Manx
500 da Gran Premio che Bob McIntyre utilizzò
durante le prove del Tourist Trophy del 1959,
sull'Isola di Man, senza tuttavia utilizzarla in gara.
John Surtees ha poi restaurato questa moto, che
pertanto è perfettamente funzionante.
Tuttavia, è stata la Mercedes-Benz che ha
adattato il concetto originale della Norton Desmo
per creare il leggendario otto cilindri in linea da
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2500 cc, contraddistinto dalla sigla W196 e
utilizzato da Juan Manuel Fangio per vincere il
campionato del mondo di Formula 1 nel 1954
e nel 1955. Un esemplare di questo motore è
stato inviato a Budrio dal Museo dell'Automobile
di Torino ed è posizionato accanto alla Desmosedici con la quale Casey Stoner ha vinto il titolo
MotoGP nel 2007.
E' noto come, all'epoca delle cosiddette "frecce d'argento", Enzo Ferrari cercasse un modo
LA RIVISTA DESMODROMICA
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Desmo è nata proprio in quella circostanza!
Tuttavia, la prima moto costruita a Bologna
con motore Desmo fu in realtà realizzata un anno
prima, nel 1954, e non era una Ducati, ma una
F. B. Mondial di proprietà dei fratelli Boselli, ricchi
proprietari terrieri, le cui moto avevano vinto i
primi tre titoli mondiali della classe 125 GP nel
1949, 1950 e 1951. Fabio Taglioni aveva lavorato
lì prima di entrare in Ducati nel 1955, ma non fu
lui a progettare la Mondial 175 Desmo che, tra
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l'altro, è esposta alla mostra di Budrio, bensì
Alfonso Drusiani: la moto fu creata per vincere
il prestigioso Giro d'Italia, ma nel 1954 Tarquinio
Provini vinse la gara su un'altra Mondial e il progetto Desmo fu abbandonato.
Ad ogni modo, Taglioni era sicuramente rimasto colpito dal progetto della Mondial, tanto da
voler approfondire la questione con i suoi nuovi
"datori di lavoro".
Così, nel 1956, dette vita alla prima leggenda-
Sopra: il progetto Peugeot L76 del 1912, che consisteva in una vettura spinta da un propulsore desmodromico a otto cilindri.
Sotto: il V8 Desmo che la Casa francese costruì nel 1916 per equipaggiare alcuni aerei impiegati nella Prima Guerra Mondiale.
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ria Ducati Desmo, la 125 GP trialbero, anch'essa
in mostra a Budrio, che vinse al debutto nel Gran
Premio di Svezia del 1956, sul veloce circuito di
Hedemora, per mano di Gianni degli Antoni.
Da lì è partita una lunga serie di Ducati Desmo
che si sono succedute nel corso degli anni, arrivando a totalizzare oltre un milione di esemplari
costruiti, prima da corsa e poi, a partire dal 1968
(con il debutto dei monocilindrici Desmo di 250 e
350 cc), anche in versione stradale.
Numerosi esempi di questo variegato mondo,
che spazia dai monocilindrici ai quattro cilindri
passando per i bicilindrici, monoalbero, bialbero
e trialbero, sia a due che a quattro valvole per
cilindro, sono in mostra a Budrio, allo scopo di
illustrare il genio tecnico di Fabio Taglioni e dei
suoi successori Massimo Bordi e Filippo Preziosi,
nello sviluppo del concetto di Desmo.
Desmo Story è comunque ben lungi dall'essere solo un omaggio alla Ducati, visto che molti
altri oggetti in mostra a Budrio provengono da
altri costruttori, alcuni dei quali in diretta concorrenza con la Casa di Borgo Panigale, che hanno
tentato di utilizzare a loro volta il Desmo, senza
tuttavia essere in grado di farlo funzionare bene
come ha fatto Ducati.
Un esempio su tutti è la 125 trialbero Desmo
costruita dalla MV Agusta nel 1959, molto simile
alla Mondial di analoga impostazione, dopo che il
conte Agusta aveva ingaggiato il capo del reparto
corse Ducati, Ruggero Mazza, con questo preciso compito. Tuttavia, il progetto MV fu terminato
quando il conte Agusta decise di abbandonare
le classi 125 e 250 per concentrarsi sulla 350
e sulla 500, giudicate più prestigiose, anche se
Mazza ripagò comunque la sua fiducia, progettando una serie di tre e quattro cilindri che avrebbero conquistato una lunga serie di vittorie e titoli
iridati nei GP nel corso dei successivi 15 anni.
Allo stesso modo, diverse case automobilistiche cercarono di emulare la Mercedes producendo motori Desmo, compresa la bolognese Osca,
la quale realizzò una vettura sportiva di 1500 cc
con distribuzione desmodromica (anch'essa in
LA RIVISTA DESMODROMICA
A sinistra: il V12 Ferrari di 3500 cc con distribuzione desmodromica progettato nel 1991 dall'Ingegner Marchetti per l'impiego in Formula 1.
A destra: il V8 Desmo raffreddato ad aria di 1500 cc che Ducati realizzò nel 1960 in collaborazione con la Osca dei fratelli Maserati.
mostra a Budrio) che fu portata in gara con successo nel 1950 dal pilota argentino Alessandro
de Tomaso, che in seguito sarebbe diventato
proprietario della Moto Guzzi.
La Osca era di proprietà dei fratelli Maserati,
che avevano già ceduto l'omonimo marchio alla
famiglia Orsi, dopo che nel 1943 Ernesto Maserati aveva progettato un V6 Desmo (la cui testata
fa parte del materiale esposto a Desmo Story):
tornò a dedicarsi a esso nel Dopoguerra con la
LA RIVISTA DESMODROMICA
Osca e, nel 1960, i fratelli Maserati e l'Ingegner
Taglioni, con la benedizione di Ducati, collaborarono alla realizzazione di un V8 Desmo raffreddato ad aria di 1500 cc, così come richiesto dai
regolamenti della Formula 1 di allora.
Anche questo è in mostra a Budrio, insieme a
una lettera di John Surtees che esprimeva il suo
interesse per l'acquisto, in modo da costituire la
base per la sua vettura, la Surtees F1 (correva
infatti l'anno in cui il pilota inglese si stava ritirando
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dal mondo delle due ruote per approdare alle
corse automobilistiche, dove avrebbe vinto il titolo
mondiale di Formula 1 con la Ferrari nel 1964).
Fu tuttavia solo nel 1970 che la Surtees F1
vide la luce, dopo che John aveva posseduto
due Ducati da Gran Premio dotate di bicilindrico parallelo da 250 e 350 cc con distribuzione
desmodromica, una delle quali è in mostra a
Budrio, equipaggiate con il telaio della inglese
Reynolds che Surtees aveva fatto realizzare
appositamente nel tentativo di risolvere i problemi
di guidabilità di quella che sembrava una moto
apparentemente veloce, ma non facile da portare
al limite.
Un altro competitor che Ducati ha incontrato
nello sviluppo del sistema desmodromico della
distribuzione è stata Bmw, che ha preso in considerazione l'ipotesi di debuttare tra le fila del Mondiale Superbike nei primi anni Novanta con la R1
Desmo Boxer dotata di raffreddamento a liquido,
telaio Bakker e sospensioni Telelever, anch'essa
in mostra a Budrio.
L'allora direttore tecnico di Bmw, Burkhard
Goeschel, era stato un ingegnere di spicco all'interno della Mercedes-Benz prima di entrare in
Bmw, ed era pertanto un grande fan del Desmo
per via dei successi di Fangio in Formula 1 con la
W196. Goeschel sosteneva che la considerevole
alzata delle valvole e il profilo particolarmente
spinto degli alberi a camme consentiti dal sistema
desmodromico costituivano uno dei motivi alla
base del successo dei bicilindrici Ducati nel campionato del mondo Superbike, dal momento che
offrivano maggiore potenza ai regimi più elevati
senza la necessità di "scomodare" sistemi pneumatici, che in seguito sarebbero diventati di dominio comune sulla vetture di Formula 1, ma che
sarebbero risultati poco pratici per l'applicazione
su una moto di serie, seppur supersportiva.
Pertanto, la R1 Desmo Boxer, caratterizzata
da due alberi a camme per ogni testa comandati attraverso una catena, prendeva ovviamente
spunto dai modelli Ducati dell'epoca, anche se
dopo numerosi test, nel 1992, il progetto fu stoppato per via del peso in eccesso e prestazioni al
di sotto delle aspettative.
Verso la fine degli anni Ottanta, l'affermazione del sistema desmodromico portò addirittura
Enzo Ferrari a riprendere in esame la possibilità di
realizzare un motore Desmo da Formula 1.
In mostra a Budrio è infatti esposta la testa del
meraviglioso V12 da 3500 cc progettato nel 1991
dall'Ingegner Angiolino Marchetti per la Scuderia
Ferrari che era caratterizzato da cinque valvole
Il monocilindrico Desmo che la Honda ha
impiegato nel 1987 sul modello TLR 200 da trial.
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radiali per ogni cilindro, per un totale di 60 valvole
e 120 bilancieri: possiamo solo immaginare cosa
comportasse la registrazione dei vari giochi e la
relativa fasatura!
Non sorprende dunque il fatto che, dopo i primi
test al banco, questo motore non fu mai montato
su una vettura, dal momento che la Casa del
cavallino preferì puntare sul sistema pneumatico,
mentre un decennio più tardi, e più precisamente
dal 2003 al 2008, il Team Toyota impegnato in
Formula 1, con sede a Colonia, ha effettuato
una lunga serie di prove comparative tra i due
sistemi, utilizzando una coppia di monocilindrici
a corsa corta da 300 cc (96,8 mm di alesaggio
e 40,72 mm di corsa) in grado di raggiungere i
19.000 giri.
Entrambi sono in mostra a Budrio, completi di
dettagli affascinanti forniti da Norio Aoki, ingegnere di GM Toyota Motosport, che ha partecipato
alla cerimonia di apertura della mostra il 28 aprile
scorso, insieme ad altre 700 persone; per la cronaca, il monocilindrico equipaggiato con il sistema
desmodromico si è dimostrato superiore, come
confermano i grafici dei relativi test al banco.
Un altro costruttore giapponese che ha esplorato le potenzialità del Desmo è la Honda, anche
se ha scelto un progetto piuttosto curioso per
portare avanti la sua sperimentazione, ovvero un
monocilindrico a due valvole con raffreddamento
ad aria di 195 cc (65,5 mm di alesaggio e 57,8
mm di corsa). Nel 1987, questo propulsore,
anch'esso presente all'interno di Desmo Story
e caratterizzato dalla sigla MD-09E, è andato a
equipaggiare un modello da trial: il TLR 200!
La cosa curiosa è che non si capisce come mai
gli ingegneri della più grande casa motociclistica
del mondo abbiano scelto di impiegare il sistema
desmodromico, noto per garantire maggiore
potenza agli alti regimi, su un motore progettato
essenzialmente per fornire una coppia ottimale ai
bassi regimi!
Questi sono solo alcuni esempi relativi ai contenuti di una mostra affascinante e completa,
che permette di apprezzare l'evoluzione di un
LA RIVISTA DESMODROMICA
sistema ingegneristico unico, che nel corso degli
anni ha dimostrato la sua efficacia grazie a gare
e campionati vinti. All'interno dello spazio espositivo ci sono anche alcuni contributi audio-video
che mostrano i successi del Desmo nel corso
degli anni, tra cui le vittorie della Mercedes-Benz
in Formula 1 negli anni Cinquanta, Fabio Taglioni
che spiega le ragioni che l'hanno portato a puntare sul Desmo e Marco Lucchinelli con la 851
Superbike in occasione della sua vittoria nella
prima gara della storia del campionato del mondo
dedicato alle maximoto derivate dalla produzione
di serie, a Donington Park nel 1988.
Per visitare la mostra Desmo Story (www.
museodellavalledellidice.it) non bisogna pagare
alcun biglietto, ma dal momento che è organizzata da volontari, è aperta solo in certi orari. In
pratica, sarà possibile visitarla solo il primo fine
settimana di ogni mese prima della chiusura, prevista il 4 novembre. Le date di apertura ancora
disponibili, dunque, sono: il 6 e il 7 ottobre e il 3
e il 4 novembre.
Uno studio portato avanti dalla Toyota per comparare la distribuzione desmodromica con quella a valvole pneumatiche.
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