1 Il mondo in una query
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1 Il mondo in una query
1 Il mondo in una query Se si presta fede alla letteratura scientifica contemporanea, la ragione appare come un luogo pieno di scheletri e di reti. Se qualcuno volesse eseguirne il ritratto, emergerebbe qualcosa di simile ad un’arena di gladiatori con il reziario dove lo spettacolo è finito male per tutti i concorrenti. Dal punto di vista fisiologico, essa emergerebbe dalla rete neuronale e i suoi prodotti sarebbero le reti concettuali in cui si proiettano le strutture dei fatti sperimentali, le relazioni degli eventi, delle cose, delle loro leggi. I nessi formali delle nozioni devono ricalcare la configurazione degli stati di fatto, dei rapporti sociali, della successione dei passaggi causali o degli episodi storici. D’altra parte, il concetto è lo scheletro ideale di una cosa o di un fatto; l’intelligenza si profila nella capacità di riconoscere la ricorrenza degli stessi scheletri cognitivi in circostanze apparentemente diverse, in modo da poter applicare le stesse soluzioni a problemi differenti solo nel loro aspetto superficiale. La natura scheletrica della perspicacia vanta la massima economia di sforzi e l’ottimizzazione delle prestazioni. Qualcuno potrebbe lamentare una certa perdita di varietà immaginativa in questa replica di schemi, scheletri e reti in tutte le circostanze possibili; potrebbe anche rimproverare il quadro funebre che dilaga sull’impoverimento di vitalità nella ricerca di soluzioni nuove. Ma dopo alcuni anni di esperienza nel mondo del lavoro questo tipo di velleità tende a rarefarsi, e gli individui si mostrano molto bendisposti nei confronti della sobrietà operativa degli scheletri e della loro propensione al silenzio. La ragione non è un posto tranquillo, nemmeno per gli spiriti riflessivi. Anzi, non lo è soprattutto per loro. La lucidità è la conquista finale di una battaglia aspra, sia in campo etico, sia in campo intellettuale. La domanda su quale sia il comportamento più razionale in circostanze differenti esige la ricerca di un equi19 librio molto complesso. Per comprendere la sua natura uno dei più grandi filosofi americani, Charles Sanders Peirce, proponeva una parabola che invita ad un esperimento mentale 1 . Siamo già abituati alla natura violenta degli scenari in cui si muove la ragione, per cui non ci sorprendiamo se Peirce introduce nella storia un pazzo che minaccia di ucciderci dopo averci catturati per sottoporci ad un gioco. Ha diviso in due mucchietti un mazzo di carte, in modo che da una parte ci siano tutte le carte rosse tranne una, che è nera – e dall’altra parte tutte le carte nere tranne una, che è rossa; ci chiede di scegliere una carta da uno dei due mazzi. Se è rossa siamo liberi, se è nera ci ucciderà. In una situazione del genere chiunque di noi risolverebbe per la carta dal mazzo con la maggioranza di carte rosse. Questo ci sembra il comportamento più sensato. Tuttavia, se estraessimo la carta nera, l’unica probabilità su 26, ci consolerebbe poco sapere che il nostro comportamento è stato razionale: in una situazione di vita o di morte individuale, dovremmo concludere che la nostra razionalità ha un valore nullo. La risoluzione di Peirce invece è più sottile: egli mostra che al fondamento di qualsiasi istanza logica risiede sempre un principio etico. La scienza e la logica sono prive di senso se astraiamo la nostra attività dall’esperienza collettiva di tutti gli uomini, e dal percorso storico infinito che essa compie nella costruzione della verità. La scelta del mazzo con la maggioranza di carte rosse è stimata razionale soltanto se la si concepsce come un evento iterabile, eseguito da una comunità di uomini che possono registrare la frequenza di uscita delle carte e verificare che l’opzione è premiata dal successo. L’assenza di sensibilità sociale non è quindi deprecabile solo dal punto di vista etico; anche l’intelligenza la censura come dissennata, e aggiunge lo scheletro di chi la pratica al suo repertorio già piuttosto affollato. Sebbene Peirce pensasse in termini di conoscenza scientifica e di comunità di 1 Cfr. C.S. Peirce, The Doctrine of Chances, «Popular Science Monthly», 12, Marzo 1878, pp. 604-615. 20 ricercatori, l’applicazione della sua riflessione si rivela valida anche nei settori della morale privata, dell’economia, della finanza, del diritto, della politica, dello sport, del gioco. L’età contemporanea ha incoronato l’informazione come uno degli elementi fondamentali di qualunque attività umana, decretando che il valore economico di quello che si produce, si scambia, si accumula, in assenza dei dispositivi e delle procedure che ne governano la conoscenza, si azzera. La razionalità non è un fatto privato e si riduce ad un banale non-senso se si tenta di rinchiuderla nel recinto della soggettività, o peggio, della fisiologia del singolo cervello. La società contemporanea sembra aver preso tanto sul serio questa evidenza da materializzare le reti della ragione in una delle infrastrutture tecnologiche più estese della storia, avvolgendovi la Terra e buona parte degli uomini che la abitano. Internet abbraccia il mondo e connette macchine, individui ed istituzioni come gangli di una ipercorteccia planetaria. Non sembriamo esposti al rischio del solipsismo cognitivo, e secondo alcuni opinion leader dei nuovi media, come Pierre Lévy, siamo intercettati nelle dinamiche di elaborazione di un’intelligenza collettiva sempre desta e mai smemorata. Mai più soli con i nostri pensieri. Mai più abbandonati alla protervia di giocatori d’azzardo con il vizio dell’omicidio: la ragione è già satura di scheletri. La delega che è stata compiuta nei confronti dei database e dei congegni di interazione digitale per quanto riguarda la produzione, lo stoccaggio e il recupero di dati, ha conosciuto un incremento senza precedenti nel periodo di ciò che è stato enfaticamente etichettato Web 2.0. Per una porzione molto vasta della popolazione Occidentale la Rete coincide con un serbatoio illimitato di informazioni. Le domande cui si cerca una risposta sul Web possono appartenere a domini molto vari, e spaziano dalla richiesta di conoscenze specifiche a quelle di cultura generale, dall’aggiornamento professionale a quello dei notiziari, fino alla 21 ricognizione di strumenti software o al download di dati – secondo forme che possono o meno concordare con le prescrizioni legali. 1.1 Impronte del sapere In alcuni casi le domande possono anche collegarsi in una sequenza attraverso la quale l’utente viene dirottato dalla semplice curiosità verso il bisogno di procurarsi programmi o file di contenuti vari, disponibili negli archivi della Rete o distribuiti dai servizi di e-commerce. Oppure, dopo aver installato un software sul proprio computer, l’utente inesperto naviga in Rete nella speranza di rintracciare le istruzioni necessarie per convincere il tool a procurare i risultati attesi dalla sua attivazione. Spesso i giocatori di videogame percorrono Internet alla ricerca di trucchi per superare più agevolmente alcune missioni troppo impegnative; oppure sono alla caccia di personalizzazioni delle mappe, o del motore grafico, che contribuiscano ad incrementare il livello di interesse e di divertimento procurato dall’interazione ludica. La comunità on-line sviluppa dizionari specialistici per indicare le classi di informazioni che possono essere trovate durante le indagini condotte sul Web: per ora gli interventi di trasformazione su mappe, motori grafici, comportamenti dei personaggi, vengono denotati con il lemma mod; gli espedienti per superare i livelli difficili si chiamano cheats. La precauzione della formula “per ora” è imposta dalla vitalità della cultura della Rete: i cheats fino a pochi anni fa erano indicati anche con trick&tips, ma questa espressione è ormai obsoleta presso le comunità dei videogamer, degli sviluppatori di software, degli appassionati di tecnologia in generale, e persino dei consulenti di marketing. 1.1.1 Le società digitali I modi d’uso del dizionario stabiliscono una ripartizione e una gerarchia nella collettività che frequenta un sito, o una colonia di 22 forum, o l’impalcatura sempre in attività che alimenta e rinnova le voci di un’enciclopedia o di un vocabolario on-line. L’adozione della formattazione corretta, dei formulari attuali, dei termini per indicare problemi, azioni, circostanze, tipologie di interlocutori – distingue gli utenti che appartengono alla cerchia degli “addetti ai lavori” dai visitatori occasionali. La capacità di imporre trasformazioni in questo ordinamento lessicale, di elaborare le nuove parole d’ordine e di istituire i temi del dibattito di attualità, elegge gli opinion leader nell’ambito del club dei fedeli. Naturalmente la stratificazione interna alla comunità può essere molto più articolata di quanto appaia in questo schema semplificato; ma conta in questo momento sottolineare il fatto che esiste un valore di riconoscimento reciproco, in grado di innescare motivazioni e ricompense nel mondo sempre più affollato dei social network. È necessario non sottovalutare la forza esercitata da questo meccanismo. Per farsi un’idea della sua portata, è sufficiente considerare l’esempio di Wikipedia, l’enciclopedia che può essere consultata liberamente da tutti gli utenti del web, e che viene compilata dalla comunità più intraprendente degli stessi visitatori. Il suo modello di costruzione, aggiornamento e ampliamento, è un caso di successo dell’ideologia del “codice aperto”. Non esiste una redazione pagata, né un comitato scientifico che compia selezioni e stabilisca criteri di vidimazione sul merito dei contenuti proposti. Anche i controllori editoriali – gli amministratori – sono volontari, provengono dal pubblico, e il loro intervento si limita a questioni “sintattiche”: il loro compito è quello di verificare che le voci postate dagli utenti siano formattate secondo le prescrizioni redazionali dell’enciclopedia – e che il contributo non svolga una funzione esplicitamente pubblicitaria per qualche marchio commerciale. Le limitazioni che vengono imposte sono quindi una tutela dell’interesse didascalico degli utenti nei confronti dello spamming di chi cerca nuovi spazi di visibilità promozionale, senza i fini divulgativi che sono invece supposti negli autori delle voci. L’incarico degli amministratori li vincola inoltre 23 a verificare gli aspetti formali della compilazione degli articoli: la segmentazione del testo in un titolo di interesse enciclopedico, paragrafi e sottoparagrafi che rendano agevole la lettura sia ad opera degli utenti umani, sia per i robot dei motori di ricerca; la dichiarazione esplicita delle fonti che fungono da garanti per le affermazioni rilasciate dall’autore; la neutralità del punto di vista che ha governato la compilazione della voce; la sussunzione sotto i generi e i macrogeneri che organizzano il materiale immenso dell’enciclopedia; la correlazione con altre voci presenti su Wikipedia; lo stato di completezza o di abbozzo in cui giace il lavoro dell’utente. L’amministrazione di Wikipedia è il garante della struttura formale del portale; ma la vita turbolenta da cui si sprigionano le verità proposte nelle voci non è un effetto del suo intervento, né un risultato immediato dei suoi controlli o della sua composizione in quanto comitato scientifico. La consultazione delle pagine permette sempre di gettare uno sguardo nella fucina da cui emergono le affermazioni cui i visitatori possono attingere per la soddisfazione della loro curiosità o per la formazione della loro competenza sul tema: infatti la registrazione della cronologia della composizione dell’articolo e l’apertura del forum di discussione, permettono di osservare in che modo sia evoluta la stesura del testo, le correzioni e le modifiche che sono state apportate alle versioni precedenti, il dibattito che può infuocarsi su alcuni dei dettagli che sono esposti nella trattazione dell’argomento. Wikipedia non dispone di alcun comitato scientifico; nessuno può rivendicare un’autorevolezza personale fondata su un mandato accademico o sul riconoscimento dell’editore. La versione attuale delle voci e l’autorevolezza degli opinion leader emergono “sul campo” attraverso l’assiduità della collaborazione nella compilazione degli articoli, la perspicacia e la preparazione mostrata negli interventi alle discussioni, la precisione nella correzione dei dati o delle analisi proposte nei testi altrui, l’esperienza nella manipolazione degli strumenti messi a disposizione dalla piatta24 forma software di Wiki. Il prestigio degli individui non è mai allotropo rispetto alla vita della comunità che contribuisce alla crescita dell’enciclopedia: è un merito che viene conquistato sul campo, e che si esplicita nel riconoscimento tributato dagli altri utenti del Sistema. L’imposizione di un certo punto di vista non è quindi mai l’eredità di una scelta preliminare dell’editore o del responsabile redazionale dell’opera; né si manifesta come l’effetto dell’infeudamento delle cattedre universitarie e degli incarichi intellettuali che derivano da questa gestione del potere culturale. 1.1.2 Il successo del modello organizzativo Il modello riscuote un successo esplicitato da alcuni numeri indubitabili e da altri che invece richiedono alcune considerazioni meno immediate. Tra i primi troviamo il numero delle voci e il numero degli autori: solo nella versione in inglese le voci disponibili sono oltre 3 milioni, in tedesco sono oltre 1 milione, in francese quasi 1 milione, in polacco, italiano e francese oltre le 600 mila. Il numero totale delle voci, considerate le 270 lingue in cui si declina il progetto, è di 14 milioni 2 . Nel 2006 gli autori che erano intervenuti più di 5 volte nella realizzazione di articoli erano 75.000; a dicembre del 2009 i redattori attivi erano 85.392. Il significato di queste cifre diventa più chiaro se le si paragona a quelle dell’Enciclopedia Britannica, l’operazione editoriale più antica e autorevole del settore: l’edizione del 2010 dichiara di ospitare nei 32 volumi della versione aggiornata 65.000 voci, redatte da 4.000 collaboratori. Il secondo parametro su cui riflettere è quello dell’affidabilità delle informazioni che vengono proposte dall’enciclopedia online. La domanda è stata sollevata sia da utenti comuni, sia da 2 Dati verificati l’11 febbraio 2010. 25 testate autorevoli nel campo dell’informazione e della divulgazione, in virtù dell’utilizzo di larga portata che investe Wikipedia. Anche le università si sono preoccupate di verificare il grado di correttezza degli articoli pubblicati sul portale digitale, organizzando sessioni di controllo su ambiti tematici specialistici. Sarebbe inutilmente prolisso riepilogare tutti i risultati di queste indagini, che sono state pubblicate da giornali e riviste come The Guardian e Nature; d’altra parte è possibile consultare i dati direttamente su Wikipedia, che rinvia di volta in volta alle fonti originali 3 . È sufficiente ricordare che l’accuratezza della redazione delle voci sul portale elaborato dallo sforzo collettivo degli utenti internet si è mostrata dello stesso ordine di grandezza di quella registrata negli articoli dell’Enciclopedia Britannica, con una differenza sostanziale tuttavia nella quantità di informazioni raccolte e pubblicate. Wikipedia infatti allarga il dominio degli argomenti trattati per un’estensione decine di volte superiore a quello raggiungibile da qualunque enciclopedia fondata sul lavoro di redazione tradizionale. 1.1.3 Sapere sociale, sapere specialistico, sapere individuale La prima conseguenza di questo modo inedito di censire il dominio del sapere sociale è quello di testimoniare l’esistenza di ambiti di conoscenza trascurati da qualunque comitato scientifico. Da tempo, molti sociologi hanno segnalato che mai come nella nostra epoca la distanza tra sapere sociale e sapere individuale si è allargata in un vallo insuperabile. Non esistono più sapienti in grado di abbracciare nella loro esperienza lo spettro complessivo degli ambiti tematici in cui si articola il sapere depositato nella collettività umana considerata come un corpo unitario. Wikipedia te3 Cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/Reliability_of_Wikipedia 26 stimonia l’ampiezza della faglia che si è scavata tra gli interessi e le forme di conoscenza che risiedono nelle diverse classi di produzione culturale e la capacità di rappresentazione di questo sapere da parte di un corpo comunque selezionato di esperti. La redazione tradizionale di un’enciclopedia si costituisce come l’espressione di una competenza culturale che trova il suo luogo di eccellenza nella professione accademica: è naturale di conseguenza che nei progetti elaborati da queste organizzazioni non trovino spazio voci come Fabrizio Corona, Bid’Daum, Concept store, né potrebbe trovare spazio un’intera sezione dedicata al serial americano Lost e alle congetture su tutte le ricorrenze simboliche che appaiono nelle puntate del telefilm. Non è in questione il valore delle notizie che vengono riportate, o se sia meritorio introdurre dati relativi a personaggi fantasy, ad eroi ed antieroi della cronaca gossip, o alle produzioni televisive, in un contesto enciclopedico. È un fatto che l’interesse diretto su Lost abbia prodotto un’enciclopedia ad hoc dedicata al serial, che conta più di 6.000 articoli, più di 700 mila interventi editoriali, quasi 2 milioni di utenti registrati e 2.681 redattori attivi nel febbraio 2010 4 . Il sapere sociale coinvolge anche questi ambiti di conoscenza, che per lo più vengono ignorati dalla ricognizione accademica; ma una negligenza simile non permette di riflettere in modo adeguato su quali argomenti stabiliscano i contenuti dell’agenda del pubblico più ampio, con quali strumenti si impongano, con quali forme di assiologia, inferenza, plausibilità, formino la disposizione del pubblico a costruirsi una rappresentazione della realtà. L’estensione del sapere sociale si espande in un’area periferica molto vasta rispetto alle discipline scientifiche tradizionali : apre una dimensione della cultura che influenza in modo indiretto anche le decisioni degli specialisti istituzionali su quali temi debbano costituirsi come progetti di ricerca, e su quali nozioni deb4 Cfr. http://lostpedia.wikia.com/wiki/Special:Statistics. Dati rilevati il 13 febbraio 2010. 27 bano comporre la conoscenza “manualistica” della loro disciplina. Le valutazioni su cosa sia importante per l’indagine scientifica e cosa possa essere trascurato infatti non è l’effetto a sua volta di un procedimento scientifico, ma il risultato di un’intuizione in cui ogni individuo – e la comunità nel suo complesso – avverte il proprio interesse o ripudio per il tema. Su questo giudizio, che muta nel corso del tempo, influiscono elementi sociali come l’intensità del dibattito in corso nella cerchia più ristretta degli specialisti, e con un grado di energia via via decrescente, le notizie e le discussioni che infiammano collettività sempre più estese in cui il gruppo degli esperti è incluso. Wikipedia estende il diritto di rappresentanza a tutti i domini di produzione di culturale, offre loro uno spazio di raffigurazione, legittima la loro espressione documentata. 1.1.4 Economia ed epistemofilia La disponibilità di queste aree di informazione permette a tutti di raggiungere le conoscenze che aprono la via all’interpretazione dei fenomeni dell’attualità, qualunque essi siano; allo stesso tempo, agisce come un incentivo per tutti coloro che si sentono investiti di una missione culturale in un ambito specifico ad intervenire nella costruzione delle voci connesse alla loro competenza. Gli psicologi ricorrono al termine epistemofilia per descrivere la ricerca quasi ossessiva che muove gli appassionati di un argomento a individuare tutti i dati possibili sul tema che venerano; Wikipedia ha incarnato un luogo di eccellenza per il dispiegamento dell’energia epistemofilica dei fan di qualunque tema, in tutte le lingue principali del mondo. Essa permette sia di rinvenire in modo semplice le notizie istituzionali su uno spettro di temi di ampiezza mai raggiunta in precedenza; al contempo, sprona all’emulazione di coloro che hanno riversato sulle pagine dell’enciclopedia la loro competenza. La scienza non coincide con l’archivio dei risultati raggiunti, ma con la vivacità del dibattito 28 che muove alla loro rielaborazione, e con l’investimento di responsabilità che agisce nei ricercatori e li costringe a perseverare nella conquista di una verità che essi bramano come un fine in sé e per sé. Ogni articolo di Wikipedia riporta la cronologia delle correzioni che sono state introdotte nel corso del tempo nel testo; un altro tab offre invece l’opportunità di affacciarsi sulle discussioni che si sono accese tra gli autori della voce, sul merito dei contenuti che vi sono proposti. Questo lavorìo sotterraneo è il segreto dell’accuratezza delle informazioni che vengono pubblicate dall’enciclopedia; al contempo è la manifestazione del confronto dialettico che nel suo travaglio configura la versione attuale della verità espressa nel testo degli articoli, stabilendo il quadro concettuale che trova l’accordo dei redattori, e che li motiva ad approfondire o a costruire congetture sempre più efficaci per la costruzione di un modello euristico dell’argomento. La dimensione smisurata di qualunque dato statistico relativo alla quantità di voci, al numero delle revisione, alla partecipazione dei redattori, alla frequentazione dei lettori, è l’indice di un successo che deve suggerire alcune riflessioni; la proiezione su un’operazione enciclopedica dello scarto tra il sapere sociale, il sapere delle comunità di esperti istituzionali e il sapere individuale – la registrazione delle dinamiche dell’epistemofilia nella cronologia e nel dibattito degli articoli – l’assenza di una struttura gerarchica prestabilita nella gestione del lavoro editoriale – sono le condizioni che tracciano il perimetro del tema su cui occorre riflettere. La questione che si impone in prima battuta riguarda il concetto stesso di lavoro editoriale: infatti il volume colossale di operazioni eseguite dai redattori e dai revisori per la pubblicazione degli articoli di Wikipedia viene svolto senza alcuna remunerazione economica. Nel corso del 2008, il fondatore del progetto, Jimbo Wales, ha lanciato una campagna di raccolta fondi per sostenere l’insieme di tutti i progetti Wiki connessi all’enciclopedia, con l’obiettivo di raggiungere una quota complessiva di 6 milioni di dollari. Nonostante le critiche piovute sull’opera29 zione a causa della poca chiarezza nella destinazione del denaro ricevuto, l’obiettivo è stato non solo raggiunto, ma anche superato. Gli utenti-redattori, revisori, amministratori e gestori del progetto, non solo lavorano gratis, ma contribuiscono di tasca propria al proseguimento dell’iniziativa. Un numero vastissimo di persone, calcolabile in decine di migliaia di individui, si dedicano da anni a compiere senza remunerazione economica un’attività faticosa, impegnativa, accurata, che nella tradizione editoriale coincideva con un incarico professionale prestigioso e ben ricompensato. Per di più il ruolo acquistato nella comunità che alimenta di contenuti Wikipedia ha assunto per loro un valore di tale importanza, che essi sono addirittura disponibili a finanziare in prima persona il progetto purché questo possa continuare ad operare nel futuro. Nell’ambito della produzione culturale questo è il sintomo di una trasformazione profonda: le funzioni svolte dagli attori tradizionali del mercato – editori, produttori, autori, distributori, consumatori – sono coinvolte in una metamorfosi che deve riassegnare il valore del contributo di ognuno. Naturalmente questa riflessione non riguarda soltanto gli editori di enciclopedie, ma investe qualunque forma di produzione che rientri nell’ambito dell’informazione: musica, cinema, letteratura, giornalismo, formazione, scienza, manualistica tecnica, sono sicuramente i primi campi che possono venire in mente. Una delle rivoluzioni più radicali del mercato della musica dell’ultimo decennio è stata innescata non dalle major della produzione musicale, ma da uno dei più grandi produttori di hardware e software del mondo, la Apple: lo sviluppo della piattaforma iTunes ha aperto al pubblico universale l’esperienza del download legale di singoli brani tratti dagli album venduti nei negozi di dischi, al prezzo di 1 dollaro (o 1 euro) l’uno. Il dominio dell’informazione però non è confinato alla sola sfera della cultura, ma innerva quasi tutte le dimensioni dell’economia contemporanea. Uno dei mercati più redditizi degli ultimi anni, la compravendita di immobili, è connessa anzitutto alla cono30 scenza delle unità abitabili o commerciali disponibili alla vendita o all’affitto, alla loro collocazione territoriale, alle loro caratteristiche strutturali e a quelle socio demografiche del vicinato; l’intera gestione amministrativa dello Stato si fonda sulla conoscenza statistica delle risorse nazionali, da quelle connesse alla ricchezza spontanea del suolo, all’operatività lavorativa, al reddito e alle ricchezze di ogni abitante. Qualunque professione si regge sulla capacità di divulgare notizie relative all’esistenza della propria impresa, nonché al valore distintivo che la rende più interessante per il pubblico rispetto ai concorrenti. Gli esempi potrebbero succedersi senza limiti, mostrando sempre che il tema dell’informazione si colloca nei punti più strategici di qualunque forma di attività. 1.1.5 Economia del dono Nel momento in cui esistono individui che sono pronti a svolgere gratis i compiti di raccolta, editing, pubblicazione e divulgazione delle informazioni, la configurazione del valore di tutto il sistema economico che presidia queste attività ne viene stravolto: soprattutto in considerazione del fatto che la disponibilità a questo lavoro senza remunerazione rappresenta ormai un fenomeno di portata molto vasta, coincidente con i numeri globali del cosiddetto Web 2.0. Il valore di ciò che viene proposto al pubblico deve essere ripensato e riformulato sulla base di queste evidenze. La decisione di opporsi all’innovazione culturale della Rete, alla diffusione delle abitudini di interazione, di formazione di nuove comunità, di elaborazione di una nuova dimensione della produzione e del consumo di informazioni, ha decretato la crisi disastrosa delle major musicali: la guerra dichiarata al pubblico di Internet e il rifiuto di comprendere le opportunità dischiuse dalla nuova realtà sociale si sta concludendo con un declino finanziario ed economico che sembra irreparabile. De Biase chiama “economia della felicità” il nuovo quadro cultu31 rale che emerge dalla Rete, e che si disegna a partire dal contributo di produzione, pubblicazione, divulgazione e scambio gestito direttamente dagli utenti finali 5. Le comunità che si formano in ambienti come Wikipedia sono composte da persone che si immergono in una civiltà del dono, in cambio del riconoscimento con cui la collettività ricambia il loro contributo di competenza e di assiduità nella vita della comunità on-line. Gli utenti offrono il loro tempo, le loro conoscenze, investono le loro energie in un’azione di approfondimento, di formulazione di congetture sempre più sofisticate e sempre più convincenti – per donarli sotto forma di post più o meno complessi all’archivio di conoscenze della comunità. Lo scambio dei giudizi, l’apertura di sfide di bravura e di perspicacia, l’onestà intellettuale delle recensioni, dell’aiuto concesso agli utenti meno esperti, non sono mai determinati da obblighi di tipo gerarchico, né vengono sanciti da un’autorità che dispone di un potere (conoscitivo o amministrativo) a priori rispetto alla formazione fattuale della comunità. La felicità di conseguenza è la gratificazione che proviene dal riconoscimento spontaneo del valore del proprio impegno e del proprio ingegno. L’esempio di Wikipedia mostra senza reticenze che si tratta di un valore più prezioso e più efficace di quello fondato sull’accumulo di beni e di ricchezze provenienti dal reddito monetario. Sembra che la gente sia addirittura disposta a versare un contributo più intenso dal punto di vista della partecipazione, della generosità di consigli, di buona fede, e di autentica passione conoscitiva – rispetto alle attività normalmente remunerate in denaro. L’esempio di Wikipedia impone di rinvenire nella nuova forma di lavoro e di economia che emerge dalla Rete uno stimolo imperioso nel riprendere le domande fondamentali sul significato delle nostre attività lavorative, sulla classificazione dei bisogni e 5 Cfr. L. De Biase, Economia della felicità. Dalla blogosfera al valore del dono e oltre, Feltrinelli, Milano, 2007. 32 delle finalità vissuti dagli individui nel corso della loro vita adulta. In generale, la visione classica dell’economia come una competizione di tutti contro tutti per accumulare la maggior quantità di ricchezze dovrebbe essere riconsiderata in modo sostanziale. Tuttavia non è questo l’argomento che ho l’ambizione di affrontare in queste pagine. Basti per ora fissare Wikipedia come l’esempio di un insieme variegato di fenomeni, in cui si testimonia un’esigenza da parte degli utenti della Rete di impegnarsi per fini diversi dal guadagno monetario, con un’intensità maggiore di quella che sono in generale pronti a dispensare per le attività professionali di tipo tradizionale, e i cui effetti finiscono per sovrapporsi ai beni e ai servizi forniti in passato da diverse classi di imprese organizzate con personale e strumenti specializzati. L’apparizione di nuove infrastrutture tecnologiche non ha un significato puramente strumentale: le possibilità che si aprono con il potenziamento della banda, la rapidità di accesso alla Rete, la capienza della memoria artificiale delle macchine, la facilità di gestione dei software di redazione e di pubblicazione dei contenuti testuali, iconografici e video, autorizzano la costruzione di un’enciclopedia che supera per dimensioni, apertura mentale, vastità delle informazioni, pluralità dei punti di vista, il progetto più ambizioso che gli Illuministi francesi avrebbero osato immaginare. D’altra parte, la trasformazione delle modalità con cui una cultura traccia la rappresentazione di se stessa finisce per modificare anche i valori della percezione del tempo e delle cose, gli obiettivi collettivi e personali, le vie della realizzazione individuale e la percezione del successo conquistato. Si pensi per esempio al modo in cui Facebook ha manipolato il valore delle relazioni personali, la percezione della loro quantità e della loro qualità; si pensi al contempo alla ricaduta sul piano economico che è stata determinata dal fenomeno sociale di cui questa piattaforma software ha rappresentato il veicolo. D’altra parte, il processo di espansione dell’accesso alla produzione e alla fruizione culturale che si è manifestato in concomi33 tanza con lo sviluppo del Web 2.0 trova un contrappunto nella contrazione di ricchezza sperimentale e formativa che i comportamenti collegati alla nozione stessa di cultura includevano nella tradizione precedente al successo internazionale della Rete. Occorrerà riprendere in seguito questo argomento. 1.2 Metafore della rete 1.2.1 Google e Wikipedia A molti può essere sembrato strano che un libro su Google sia stato introdotto da una digressione così estesa su Wikipedia. Ma ad alcuni non sarà sfuggito il dettaglio che ricongiunge la più grande enciclopedia del mondo alla novità introdotta da Google nell’esperienza quotidiana di tutti coloro che nel mondo dispongono di un accesso ad Internet: la possibilità di ottenere in modo istantaneo una risposta a qualunque domanda possa essere formulata con una stringa di parole. Il progetto che ha condotto alla forma attuale di Wikipedia è stato varato nel 2001: Google era attivo da 3 anni, e si presentava sulla scena internazionale come il successo più dirompente e popolare della new economy. Un legame bidirezionale ha unito molto presto l’enciclopedia e il motore di ricerca più famosi della Rete: ancora adesso, se si inserisce la stringa di interrogazione google nel campo editabile di Google.com, il primo risultato che non conduca a qualcuna delle funzioni interne è il link che rinvia all’articolo Google sulla versione in inglese di Wikipedia. Questa proposta antecede nell’elenco persino la presentazione dei servizi di Google Earth, dei Labs, di Images, di Gmail, di Code per gli sviluppatori, e di numerose declinazioni nazionali del motore. Ma in questo caso la generosità di Google è frenata dalla difesa del feudo personale; se si passa a query che siano composti da termini comuni, lemmi scientifici di qualunque ordine e grado, personaggi più o meno illustri, luoghi, 34 date - la probabilità che la prima risposta a comparire nel listato coincida con l’articolo di Wikipedia dedicato all’argomento è prossima alla certezza. In alcuni casi il vantaggio è molto significativo: se per esempio si digita la ricerca |milan| Google.com, gli articoli di Wikipedia sulla città e sulla squadra di calcio appaiono rispettivamente in prima e in seconda posizione; il link alla home page del sito del Comune di Milano sopraggiunge solo alla 33° posizione, mentre quello che conduce al portale della squadra di calcio compare al 103° posto 6. Nel febbraio 2010 Google ha annunciato una donazione di 2 milioni di dollari a favore della fondazione Wikipedia 7. 1.2.2 Epistemofilia e altri fanatismi La scomparsa di ogni deferenza nei confronti dell’autorità, la possibilità di raggiungere in modo istantaneo la risposta per ogni genere di curiosità (estemporanee, professionali, derivate da hobby), la sollecitazione dell’epistemofilia personale, la separazione della rappresentazione del sapere sociale dalla somma dei saperi specialistici – sanciscono la correlazione tra Wikipedia e Google. La possibilità di rintracciare migliaia di voci descrittive su ogni elemento centrale o marginale di Lost – personaggi, simboli, eventi, congetture – testimonia l’esistenza di un dibattito reale e diffuso sull’argomento, redime la passione individuale dell’utente e trasforma l’ossessione personale in un’esistenza concreta, con la stessa ostinazione realistica dei guai finanziari, delle decisioni politiche o della vita matrimoniale. Ma dopo essere stati confortati sulla consistenza oggettiva delle dimensioni spirituali in cui l’espistemofilia compie le sue escursioni, gli utenti avvertono anche l’incoraggiamento ad alimentare la loro Dati verificati il 14 febbraio 2010. Cfr. http://www.itespresso.it/it/news/2010/02/17/google_regala_2_ milioni_di_euro_a_wikipedia 6 7 35 densità ontologica, partecipando a loro volta al dibattito, elaborando congetture proprie, vie di interpretazione inedite, o contribuendo con la ricognizione di nuovi dati, il recupero di evidenze trascurate, lo scavo di riferimenti non ancora esplorati. D’altra parte non sono solo le evasioni nei mondi magici dell’intrattenimento a comporre il quadro della partecipazione epistemofilica alla produzione della cultura e del sapere sociale ampliato. La richiesta di notizie e di assistenza in occasione di guasti tecnici al computer o a qualche software installato è un’esperienza comune a molti: del pari, è una constatazione consueta quella di aver rintracciato informazioni ed assistenza nei forum gestiti e frequentati dagli smanettoni, dai fan di hardware e di programmazione. Per lo più la loro scrupolosità e la loro disponibilità superano di gran lunga quella che si può pretendere persino dal personale di assistenza preposto e remunerato per questi incarichi dalla società di produzione e di distribuzione. Ma la rilevazione che appare valida nel campo dell’informatica si ripete per tutte le comunità di appassionati, di consumatori avveduti, di concittadini geografici (o videoludici), di afflitti da qualche problema, di creativi liberati dai vincoli delle major, di cultori di qualche scienza o di qualche tecnica – e di semplici chiacchieroni. I depositari delle informazioni di dettaglio, dei particolari più remoti, delle congetture ancora inedite, delle soluzioni a qualunque difficoltà – possibilmente la più remota – collaudate in prima persona, si trovano nelle comunità formate on-line, e sono rintracciabili tramite le stringhe di ricerca postate su Google. La trovabilità di tutto, grazie al motore di ricerca, alimenta la convinzione che sia possibile scavalcare l’argine destinato a separare coloro che devono domandare e coloro che possono rispondere; se tutto può essere iscritto prima o poi nel ruolo di “documento più utile per rispondere ad una interrogazione”, allora tutti possono partecipare alla costruzione di un frammento del dibattito culturale, rigettando le tesi che riconoscono nella conoscenza un evento riservato ad una casta di dotti, nell’arte appannaggio delle aristo36 crazie di sangue e di censo, nella tecnologia inaccessibile a chi dispone di destrezza ma non di finanze rigogliose. Google trasforma la Rete in uno spazio di totale visibilità, proponendolo a tutti gli utenti di Internet come un luogo di perfetta intelligibilità. La conoscenza sociale può essere rappresentata in maniera efficace dalle forme di comunicazione presenti on-line, dal momento che Google converte l’universo digitale in una dimensione di leggibilità testuale, e quindi di accessibilità immediata per qualunque forma di domanda venga posta dai visitatori del Web. La disponibilità dei contenuti alla richiesta di informazioni da parte degli utenti, la loro trasparenza espressiva rispetto ai requisiti di comprensibilità dei visitatori, la densità estrema di significati presenti sulla Rete, sono l’effetto della prima condizione posta da Google per la prestazione dei suoi servizi di ricerca. La seconda condizione si esprime nella identificazione del concetto di intelligibilità con quello di problem solving: la dimensione della conoscenza è sancita dalla relazione tra la formulazione di una domanda in termini di stringa di interrogazione, e lo sviluppo di una risposta che si produce come la distribuzione (potenziale) dell’intero universo del sapere nell’ordine di una successione di testi elencati e classificati sulla base del loro grado di pertinenza rispetto alla richiesta esplicitata dal ricercatore. Il lavoro dell’intelligenza è traducibile nei termini dei passi compiuti da un algoritmo per risolvere un rompicapo: quali sono gli elementi rilevanti e quelli irrilevanti della domanda, per riuscire a cogliere l’esigenza informativa che si nasconde nella formula linguistica dell’interrogazione? Quali sono i tratti pertinenti che devono essere rintracciati nei testi per verificare il grado di soddisfazione con cui essi possono risolvere la curiosità del ricercatore? 1.3 La città vista dall’alto e la biblioteca La promessa che ha sempre accompagnato le profezie, le ideolo37 gie, le visioni, i progetti e le richieste di finanziamento per lo sviluppo di Internet, ha sempre implicato la perfetta intelligibilità dell’infrastruttura concettuale della Rete, e ne ha sostenuto la capacità intrinseca di incrementare la potenza della razionalità umana. La tesi di dottorato dell’inventore del mouse e dell’interazione uomo-macchina attraverso le finestre su un monitor, Douglas Engelbart, si intitolava Augmenting Human Intellect: A Conceptual Framework: era il 1962. 1.3.1 La rete come leggibilità Google ha saputo mantenere la promessa interpretando Internet come la realizzazione compiuta del concetto di Rete, e intendendola come un sistema di testi tutti connessi tra loro: la proprietà essenziale del mondo agli occhi del motore è la leggibilità, in forza della quale esso si proietta nella biblioteca gigantesca degli oltre 2.000 miliardi di pagine consultate ogni mese dai frequentatori di Internet. Il dispositivo lo riorganizza di volta in volta attorno alla domanda scritta dall’utente, come un’infinita variazione sul tema stabilito dalla query; l’ordinamento si modula dai contenuti più pertinenti verso quelli sempre più distanti dall’interesse del ricercatore, fino a quelli che mostrano un legame debolissimo con l’origine, legati al filo appena accennato della co-appartenenza alle produzioni simboliche umane. Anche i video, le immagini, le raffigurazioni plastiche, le registrazioni audio, sono testi come quelli fissati nelle frasi e nelle didascalie che Google annoda nella sequenza delle risposte: il filo di Arianna tramite il quale l’utente può uscire dal labirinto del dubbio, della sua aspirazione alla conoscenza. Tutti i file archiviati nelle pagine presenti sulla Rete dispongono di una testualità esplicita e di una incoativa. La loro anagrafica, composta di titoli, autori, didascalie, commenti, votazioni, si allaccia come un sistema di nodi naturali allo spiegamento del discorso infinito che attraversa tutti i testi indicizzati dal motore di ricerca. Un sistema di indizi più implicito deriva dal 38 comportamento di interazione di tutti coloro che accedono al file e lo consultano: i dati provengono dalle loro azioni precedenti e successive nel corso della navigazione, tramite il deposito delle tracce di ciò che hanno visto, di quello che sono abituati a frequentare, a salvare, a rivedere, a linkare, a inviare agli amici. Altre informazioni sono desunte proprio dalla catena di relazioni sociali in cui essi sono coinvolti, con la testimonianza che emerge dai gruppi cui sono iscritti, dagli altri utenti cui hanno inviato il link del file in esame, dalla loro tendenza a conservare la memoria del contenuto consultato tramite la registrazione di un segnalibro, ecc. Infine, Google promuove da anni una ricerca sul riconoscimento del contenuto delle immagini che è entrato nel novero delle funzioni disponibili con il dispositivo di ricerca ordinario nel corso del 2009. 1.3.2 Vita, morte e metamorfosi della rete Il concetto di rete tuttavia vanta una storia molto lunga e un viaggio a ritroso lungo la tradizione che lo ha consegnato alle cure di Google mostra che la sua relazione originaria con l’intelligenza avviene sotto le insegne dell’astuzia, dell’intuizione, del paradosso – piuttosto che attraverso la chiarezza della leggibilità. Per i Greci l’ambiguità di questo oggetto si disegnava già nel fatto che su di esso si intrecciavano le attività di un lavoro sia femminile, sia maschile. La rete è uno strumento di caccia che coincide con il prototipo della trappola: la sua struttura è metamorfica, si modella sul profilo della preda catturandola senza ucciderla. Imprigiona rinchiudendo la vittima in un cerchio, e bloccando le sue vie di fuga attraverso mille lacci; al contempo la trama da cui è composta permette il movimento e conserva la vita. Per questa ragione la rete è allo stesso tempo un’arma per cacciare, ma anche uno strumento per la difesa e l’apertura di vie di fuga. Gli animali più astuti in natura sono reti viventi, come il polipo e la seppia, che utilizzano la loro morfologia mobile per sfuggire agli agguati 39 dei predatori e sottrarsi alla cattura: la loro accortezza non conosce riposo, e si produce in una catena di trasformazioni che li rende inafferrabili ai cacciatori. La rete è una nozione che si ricollega alle attività più antiche dell’uomo, connesse con le pratiche di sopravvivenza della caccia e della pesca. I valori che rimangono intessuti nella memoria storica di questo concetto sono riconducibili all’ingegnosità nel posizionamento delle trappole, alla lettura delle tracce che gli animali imprimono nel suolo con le loro orme, con i loro odori, all’intuizione che permette di anticipare il comportamento della preda per poterla catturare. La previsione della porzione limitata di futuro necessaria a tendere un agguato che si concluda con successo, spiega la continuità che gli storici hanno documentato tra i gesti e le attitudini della caccia da un lato, e la ritualità della divinazione dall’altro lato; ma la stessa concentrazione sul dettaglio, la tensione a ricostruire dai segni inintenzionali lasciati dall’unico soggetto che si intende circondare e catturare, si manifesta nella professione del medico, in quella dell’investigatore o dell’avvocato, in quella dello storico. In tutti questi casi la leggibilità della porzione di mondo che si vuole esplorare è tutt’altro che trasparente: la ricerca non si sposta attraverso una casistica di regole universali, ma tramite la selezione e la raccolta di elementi indiziari, che devono essere rinvenuti dove la fonte li ha prodotti in modo inavvertito, o addirittura ha trascurato di cancellarli. In ogni condizione l’esperienza e l’intuizione devono insegnare a distinguere ciò che è rilevante da ciò che può essere lasciato sullo sfondo anonimo, configurando uno scenario di tracce pertinenti e di indicazioni devianti che è individuale e non ripetibile: in questo modo il medico compone il quadro clinico del paziente identificando la malattia che lo affligge dietro i suoi sintomi, il cacciatore ricostruisce il genere, la taglia e le abitudini dell’animale che sta cacciando, l’indovino interpreta la volontà degli dèi, lo storico riallaccia le motivazioni degli eventi e ne spiega il significato. L’enigma, le false piste, la reversibilità continua di apparenza e di 40 verità, l’irripetibilità, la contraddizione, il paradosso, sono le proprietà essenziali di questa forma di conoscenza. Sebbene la destrezza nell’uso della rete connoti le pratiche maschili della caccia, della pesca e della guerra – con la loro declinazione spettacolare delle sfide gladiatorie con il reziario – la sua genesi è invece radicata nell’immaginario dei lavori femminili: l’intreccio dei fili e delle corde che compongono la trama di questo strumento è il soggetto per eccellenza della rappresentazione delle attività domestiche assegnate alle donne. Le regole di composizione che governano la realizzazione delle reti sono le stesse che guidano la tessitura degli abiti: gli indumenti, come le reti, fasciano il corpo dall’esterno, lasciandolo libero di muoversi e di traspirare. Anche in questo caso la stessa strategia che conduce alla produzione di uno strumento di attacco si trova al fondamento della creazione di oggetti che hanno come fine quello della protezione; e anche in questo caso la conduzione dell’arte sottintende uno stretto legame con la vita e la morte. Le Moire, sorelle delle Ore, sovrintendono alla tessitura della vita degli uomini, stabilendo gli intrecci e gli eventi secondo l’ordine stabilito dal fato, e tagliando il filo in corrispondenza della morte 8. 1.3.3 Fisiologia, anarchia e dispotismo La rete è ambigua, nasce per mano del lavoro femminile ma è destinata ad un uso maschile, è al contempo una trappola mortale ma anche uno strumento di protezione, è l’agguato teso dal cacciatore ma anche l’astuzia per la fuga, è prigione e libertà di movimento. L’ambivalenza della sede stessa della rete diventa una delle caratteristiche di tutta la storia successiva della nozione: 8 Per approfondire il tema della rete e il ruolo dell’astuzia nella cultura greca antica, cfr. Detienne M., Vernant J.-P., 1974, Les ruses de l’intelligence – La mètis des Grècques, Parigi, Flammarion; tr. it. a cura di A. Giardina, Le astuzide dell’intelligenza nell’antica Grecia, Laterza, Bari, 20052. 41 da un lato infatti la rete prosegue il suo percorso di espediente tecnico, che fissa le modalità del rapporto tra l’individuo o la società e l’ambiente esterno; dall’altra parte il concetto viene introiettato nella descrizione della struttura fisiologica e del funzionamento della razionalità dell’uomo stesso. La tradizione medica anticaadotta la rete come la metafora per comprendere la struttura interna del corpo, e per elaborare una concezione dei flussi vitali che regolano lo stato di salute e quello della malattia. Galeno nel II secolo d.C. procede per primo ad una descrizione empirica delle strutture reticolari che sono visibili nei cadaveri dissezionati; egli descrive la configurazione del sistema circolatorio come una rete mirabilis che agisce da conduttore di elementi invisibili, gli spiriti, la cui fortuna teorica nella storia della medicina e della cultura in generale è stata enorme. Le dottrine di Galeno sono state accettate e sviluppate infatti fino al XVII secolo; agli spiriti sono stati attribuiti compiti e meriti che vanno dal trasporto del calore alla comunicazione degli impulsi nervosi, fino allo sviluppo delle reazioni emotive e all’elaborazione delle attività razionali. La rete mirabile è anche il punto di congiunzione tra la dimensione fisiologica umana e quella demonologica: la capacità dei demoni di fissare le loro ossessioni nell’anima passa attraverso l’intrusione di spiriti negativi nella rete che dovrebbe garantire la loro distribuzione equilibrata nel corpo. La riflessione politica si appropria invece della metafora reticolare nell’interpretazione della configurazione sociale e della distribuzione dei compiti e dei poteri in questo contesto. Platone è stato il primo a svilupparla paragonando il lavoro del re a quello delle donne che tessono le reti: il suo incarico infatti è quello di dividere e di ricongiungere secondo la giusta misura, richiesta dal percorso necessario per condurre la città al massimo rigoglio. Ma il successo della metafora si afferma nel corso del Settecento, con la rivendicazione da parte degli Illuministi francesi di una riflessione sulle dinamiche del potere politico e della società che 42 venga purificata da ogni forma di interferenza teologica e religiosa. La recisione dei legami tra la dimensione umana e quella divina conduce alla rimozione del fondo di oscurità minacciosa che proveniva dal contatto con la trascendenza e dalla sfida enigmatica che essa impone con gli oracoli e con la semiotica della divinazione; non elimina però la natura ambigua che si annida nella metafora reticolare. Diderot dipinge il consorzio umano come una rete, e mostra la possibilità di scorgere in questa struttura due sensi opposti di lettura. Nel caso in cui si legga la rete dalla periferia verso il centro, si offre un’immagine della società di tipo anarchico: il potere risiede nella circolazione dell’informazione, che detta la legge del funzionamento stesso del sistema. La rete priva di un centro, o con un centro molto debole, è infatti un sistema dove l’elemento essenziale è rappresentato dai nodi e dalla loro attività di interscambio di messaggi: l’equilibrio in questo caso non è predeterminato all’attività stessa del trasferimento delle notizie, ma è il compito che viene perseguito di volta in volta dal tipo di comunicazione che circola e dai nodi che vengono raggiunti. Al contrario, nel caso in cui il centro disponga di un potere molto forte, la rete diviene lo strumento per la sua azione di controllo su tutta la periferia. In questo caso è lecito parlare di dispotismo e di un’autorità assoluta che lo gestisce secondo la propria discrezionalità 9. La rete quindi può essere osservata come il potere della circolazione dell’informazione, con una ricerca omeostatica dell’equilibrio che parte da ciascuno dei nodi coinvolti nel trasferimento e nell’elaborazione della comunicazione – oppure come la circolazione del potere di controllo da parte dell’autorità centrale su tutti i gangli connessi. Non è solo la metafora a permettere un inquadramento nelle due direzioni opposte, oppure la circo9 Per approfondire il pensiero di Diderot, cfr. Diderot D., 1843, Rêve de D’Alembert, in Ouvres de Diderot, Parigi, Paulin, Libraire-Editeur; tr. it. a cura di P. De Capria e D. Galateria, Il sogno di D’Alembert, Sellerio Editore, Palermo, 1994. 43 stanza accidentale in cui versa la società ad autorizzare una delle due letture; è la struttura stessa della rete ad ammettere entrambe le interpretazioni, e anzi ad esigerle contemporaneamente nella comprensione del suo funzionamento. 1.3.4 Simultaneità e visione aerea La seconda metà del Settecento coincide con il periodo della nascita dell’informazione giornalistica di largo consumo. La traduzione in francese di “gazzetta” è courant: il termine designa sia il trasferimento rapido da un punto a un altro, che avviene appunto di corsa; sia la condizione del fatto stesso di cui si ha notizia, che è ancora in corso nel momento in cui se ne parla, non si è ancora esaurito. La velocità del trasferimento deve essere così rapida da precedere addirittura il compimento del fatto che viene registrato e comunicato. La Repubblica Francese nata nel corso della Rivoluzione si è creata in soli tre giorni, contro il tempo millenario di formazione del regno. Appena l’Assemblea Legislativa ha appreso la notizia della vittoria di Valmy contro la Prussia ed è stata rassicurata sul contenimento dell’invasione organizzata dalle potenze europee contro la Rivoluzione, nell’arco di due giorni l’aula ha dichiarato la fine della monarchia e ha proclamato l’inaugurazione di un nuovo calendario che partiva dal I anno della Repubblica francese. L’evento storico che si celebrava in quei giorni era l’introduzione di un nuovo criterio di legittimazione per la fondazione delle istituzioni: i nuovi ordinamenti venivano fondati su uno statuto di possibilità tecnica in luogo di una evocazione del diritto divino, della discendenza di sangue, della consuetudine o della tradizione. Il vissuto religioso della temporalità si calcola in millenni, mentre il tempo della tecnica vuole imporsi secondo una misurabilità che considera come parametri di segmentazione gli eventi della vita individuale. La concezione e il vissuto della temporalità che emergono con l’era del telegrafo e del giornalismo coincidono con la visione rivoluzionaria della verità: essa 44 non procede dal reale verso la conoscenza umana, correggendo le teorie sulla base delle confutazioni sperimentali. Al contrario, è la ragione che prescrive alla realtà esterna il suo dover-essere, sulla base degli assunti normativi che essa formalizza attraverso la carta stampata e la sua divulgazione. La responsabilità del vero impone ora al reale di ristrutturarsi al fine di somigliare il più possibile alle disposizioni razionali: il futuro è l’epoca in cui questo adattamento deve realizzarsi, trasformando i progetti politici, economici, scientifici più o meno utopistici, nel terreno concreto della vita di tutti gli uomini. La possibilità stessa di definire il futuro come la dimensione di attualizzazione della verità deriva dal rimpicciolimento di tutte le distanze. L’Ottocento ha ereditato dal periodo rivoluzionario il mito della visione dall’alto: l’ossessione degli aviatori che hanno lanciato i primi palloni aerostatici non era quella di volare, ma quella di vedere la terra dall’alto come Icaro. La visione aerea presenta la terra come qualcosa che possa essere intuito in una sola istanza percettiva, in un solo istante 10. Questa concezione ha alimentato gli sviluppi successivi dei mezzi di comunicazione e i progetti che li hanno avviati. La credenza nel potere della rete tecnologia e nella sua forza progressista ha formato una sorta di religione laica, che ha sostituito nei contenuti – ma non nella missione salvifica – gli articoli di fede della vecchia religione cristiana. Il pensiero di Saint-Simon testimonia la fase di ottimismo cosmico in cui si sono cristallizzati i concetti nei quali si radica anche l’adesione contemporanea all’ideologia della rete delle comunicazioni. In primo luogo Saint-Simon fissa lo stereotipo dell’analogia tra struttura fisiologica del corpo, infrastruttura tecnica dello Stato, organizzazione della società umana: tutte e tre sono reti, e tutte possono essere analizzate in termini di maggiore o minore com10 Sulla nuova temporalità della tecnica durante e dopo la Rivoluzione Francese cfr. P. Virilio, 1993, L’art du motoeur, Editions Galilée, Parigi; tr. it. a cura di A. Serra, Lo schermo e l’oblio, Edizioni Anabasi, Milano, 1994. 45 plessità, secondo la quantità e l’intensità di nodi connessi e di flussi trasmessi. La connessione tra gli elementi del paragone è sancita dal fatto che i generi animali più evoluti producono società che prosperano tramite la costruzione di reti tecnologiche. Se la rete interna agli organismi viventi garantisce la circolazione dei fluidi vitali, la rete sociale deve assicurare il traffico di beni e di denaro: l’intera struttura amministrativa dello Stato non può più sostenere la spesa superflua delle gerarchie politiche, ma deve devolvere le finanze pubbliche allo sviluppo di una rete tecnologica sempre più potente. La società industriale che SaintSimon aveva sotto gli occhi lo confortava nella tesi che la rete tecnologica per eccellenza dovesse coincidere con quella ferroviaria. Se il filosofo avesse potuto conoscere Internet ne sarebbe stato un sostenitore entusiasta, dal momento che la rete dal suo punto di vista è una promessa di progresso e di sviluppo in forza della sua stessa essenza. L’avanzamento non si limita al solo dominio economico, ma si allarga a proteggere la pace tra le nazioni, ad incentivare l’alfabetizzazione e l’educazione civica, ad incrementare la qualità della vita, le conoscenze scientifiche, la sensibilità artistica, la prosperità in tutte le sfaccettature possibili. 1.3.5 La raffigurazione geografica L’evoluzione dalle infrastrutture fisiche dei mezzi di trasporto alla circolazione dell’informazione in termini di bit non ha modificato l’impianto degli argomenti ideologici in favore degli investimenti per il potenziamento della Rete; d’altra parte, ancora nel 2000 il dizionario Zingarelli definiva il verbo comunicare come un evento iscritto indifferentemente nell’ambito dell’informazione e della circolazione fisica 11. La richiesta di finanziamenti per lo sviluppo dell’infrastruttura tecnologica continua a fondarsi sui 11 Comunicare=partecipare, mezzo per corrispondere, impulso, passaggio, trasmissione (es.: comunicazione ferroviaria, stradale, marittima, aerea, telegrafica). 46 motivi che suscitavano l’entusiasmo di Saint-Simon: la struttura della Rete giustifica per la sua stessa essenza una promessa di progresso economico, di sviluppo sociale e culturale, di razionalità delle scelte. Anche per Internet si assume valgano gli stessi principi che governano gli impianti di trasporto tradizionale: l’annullamento dello spazio e del tempo coinciderebbero con una visibilità perfettamente lucida della rete stessa e dell’area che essa imbriglia e normalizza tra le sue maglie. Tuttavia le caratteristiche delle installazioni fisiche non sono proiettabili in modo immediato sulle reti di comunicazione, e persino queste non sono congruenti con le proprietà che delineano il funzionamento del Web. È possibile tracciare una mappa delle ferrovie di una nazione, o di un continente; sono state realizzate allo stesso modo cartografie di tutti i sistemi viari per mare, per terra, su fiumi e su canali, su estensioni spaziali ampie quanto il globo intero. In un certo senso è legittimo anche configurare una rappresentazione geografica delle reti telefoniche, con una distribuzione georeferenziata degli apparecchi fissi e delle celle in cui è organizzato il campo per i dispositivi mobili; la quadrettatura che emerge da questa operazione rende possibile anche posizionare con ottime approssimazioni la localizzazione degli individui che dispongono di un telefonino, sulla base della triangolazione che viene stabilita tra il segnale del cellulare e la disposizione della cella che lo intercetta permettendo la comunicazione. Tutte le forme di rappresentazione che sono state elencate in questa breve rassegna obbediscono ai criteri di raffigurazione bidimensionale cui sono abituati i geografi ormai da secoli: la mappa offre uno dei prototipi – anche psicologici – di leggibilità e di comprensibilità del reale. Per tradizione, una carta geografica permette a colpo d’occhio di identificare le sedi di concentrazione di conoscenze specialistiche, degli scambi commerciali e della vita finanziaria, della produzione industriale; allo stesso modo permette di riconoscere le aree di produzione agricola, le arterie viarie di una regione, le barriere naturali, il tessuto civile e la 47 strategia di addomesticamento del territorio applicata dagli abitanti. Ma questo metodo di rappresentazione non sembra condurre a conoscenze efficaci nel dominio di Internet, dove qualunque conoscenza sulla collocazione fisica dei cavi e delle reti non riesce a offrire un panorama sufficiente di notizie per comprendere le informazioni di cui si compone la navigazione e l’esperienza che ne traggono gli utenti. Basta riflettere sul fatto che chiunque potrebbe tenere un blog a Milano, compilare le sue pagine nelle notti ambrosiane esponendo il suo punto di vista sugli eventi lombardi, o addirittura redigendo la cronaca di fatti segreti e pericolosi per la sicurezza nazionale – mentre il server sul quale si compongono le pagine fisiche del suo diario digitale si trova in America, e perfino la piattaforma editoriale che egli impiega per scrivere i contenuti dei suoi testi è attiva su qualche macchina in Arizona o in California. La sede legale di un sito di e-commerce può trovarsi a Bologna o a Venezia, può promuovere la vendita di prodotti locali, ricorrendo alle prestazioni di una piattaforma elettronica che dispiega la sua vita fisica in Germania o in Inghilterra, e garantendosi le transazioni commerciali tramite sistemi sicuri di pagamento on-line che processano i dati su macchine nascoste sotto le radici di un bosco dalle parti di Biella. La morfologia del territorio non è in grado di esprimere la natura reale delle competenze specializzate che si accumulano in certi luoghi, e degli spostamenti di beni e informazioni che avvengono attraverso linee che non fissano più negli atomi la loro consistenza ontologica principale. Il modello geografico appare in una difficoltà insuperabile nel farsi carico della razionalità necessaria a descrivere la verità della rete digitale. Sebbene alcuni geografi abbiano compreso le dimensioni di questa fase critica 12, molti teorici e profeti di Internet non sembrano essere stati nemmeno sfiorati dalla consapevolezza della novità emersa con lo sviluppo 12 Cfr. p.e. Farinelli F., 2003, Geografia, Torino, Einaudi 48 del Web. Ne sono una prova i tentativi continui di produrre una rappresentazione della Rete tramite mappe bi- e tridimensionali, che peraltro somigliano sempre più a cumuli di polvere sotto i divani delle case trascurate, anziché alla configurazione di un progetto della razionalità umana. A partire dalle visioni profetiche di Vannevar Bush, passando per le formulazioni di Nelson, Landow, Norman, la perspicuità spontanea della rete digitale non è mai stata messa in discussione. Nel romanzo cui si attribuisce il conio del vocabolo cyberspazio, Neuromante di Gibson, l’esperienza lisergica della navigazione nella Rete digitale avviene attraverso spostamenti rapidissimi in un ambiente che viene descritto come una città: i trasferimento dispongono della stessa agilità che si può conseguire con la consultazione di una cartina urbana. 1.3.6 Il modello della città Farinelli ha mostrato come la pianificazione urbanistica a partire dalla fine del Cinquecento abbia cessato di svilupparsi sul fondamento della distribuzione delle attività degli abitanti e delle loro pratiche di vita immediate, per traslocare sulla cartografia. La struttura della città Settecentesca è quella della razionalità del database: dalla strada principale è possibile dominare l’impianto urbanistico nella sua complessità, identificando le funzioni e la distribuzione di tutti i quartieri che si dipartono ai suoi lati. La città obbedisce alle regole dello sguardo, la corrispondenza tra il dominio della visione prospettica e l’organizzazione fondata sulla divisione del lavoro decide già sulla carta la modellazione di ciò che la realtà urbana dovrà essere: si pensi agli esempi di Torino o Catania in Italia – ma il modello è valido anche su scala internazionale, come mostrano San Pietroburgo o tutte le grandi città americane. La circostanza di essere cresciuti nelle metropoli d’oltreoceano deve aver collaborato a convincere buona parte di questi autori che tutte le città del mondo tendono spontaneamente 49 a configurarsi secondo questa struttura – una concezione contro la quale le abitudini di vita degli europei nati in luoghi con impianto urbanistico medievale, a pianta circolare, dovrebbe aver sviluppato solidi anticorpi. Ma sembra che la struttura radiale di città come Milano o Monaco di Baviera (o di Parigi prima degli interventi di espropriazione e sventramento condotti da Haussmann) non sia in grado di procurare alcuna immunità contro l’ideologia dell’istinto organizzativo del file system. Nelson, Landow, Kelly, Norman, Lévy, Gibson, hanno potuto comunque immaginare una rete digitale che si costruisce sull’istanza delle esigenze conoscitive e socializzanti degli utenti, e che si dispone in modo spontaneo secondo un piano perspicuo di visibilità da parte di tutti i visitatori del sistema: è sufficiente un colpo d’occhio per orientarsi e dirigersi verso il quartiere corretto, verso l’insieme di funzioni, di contenuti, di interlocutori, corrispondenti alle proprie esigenze informative. Vale la pena sottolineare fin d’ora il fatto che questa convinzione non apparteneva soltanto ad una schiera di teorici utopisti che rilasciavano le loro dichiarazioni alla comunità (innocua) degli intellettuali. Anzitutto è indispensabile osservare che i nomi citati in precedenza non hanno di certo rivestito un ruolo marginale nello sviluppo di Internet e nella generazione del clima propizio all’erogazione dei finanziamenti per lo sviluppo delle tecnologie della Rete, e nella direzione strategica che doveva essere assunta dal loro utilizzo. Se le Borse di tutto il mondo, gli istituti finanziari, gli Enti statali della formazione universitaria e persino l’Esercito hanno creduto nel futuro delle comunicazioni digitali, una parte del merito (o delle responsabilità) deve essere tributata in modo diretto alla loro energia propagandistica. Ma ben oltre la sfera intellettuale, la strategia di impresa che ha guidato le grandi operazioni degli anni Novanta era incardinata sull’assunzione di una Rete ordinata come il centro di una città americana, gestita da uno sviluppo allo stesso tempo spontaneo e chiuso rispetto al modello organizzativo che esige visibilità, chiarezza e disposizione fun50 zionale secondo le norme dei file system. Colossi finanziari come Yahoo! e AOL credevano in questo paradigma, e venivano seguiti nella loro convinzione da tutti i portali del mondo. La formula elaborata da Yahoo! era quella di sottoporre agli utenti, come sistema di orientamento nella navigazione per la Rete, un indice redatto a mano dei siti più importanti del Web, classificati in un elenco di categorie e sottocategorie sulla scorta degli schedari per soggetti delle biblioteche. La directory campeggiava sulla home page del portale, era divisa su due colonne e riportava le voci del primo grado gerarchico della tassonomia: nel gennaio del 1997 l’elenco comprendeva queste classi 13: Arts and Humanities, Business and Economy, Computers and Internet, Education, Entertainment, Government, Health, News and Media, Recreation and Sports, Reference, Regional, Science, Social Science, Society and Culture. L’articolazione complessiva prevedeva sei gradi gerarchici, prima di accedere ad un listato non ulteriormente analizzato in sottoclassi e composto da una serie di link a siti esterni; per ciascuna voce presentata negli elenchi veniva proposta una didascalia in grado di chiarire all’utente l’identità e il valore distintivo dell’elemento su cui l’utente avrebbe potuto cliccare per approfondire la ricerca o per raggiungere il sito recensito. Per esempio, sul portale di Yahoo! Italia del 1999 14 per cercare il sito di una squadra di calcio di serie A si doveva compiere un percorso di questo tipo: sulla home page selezionare la voce Sport e tempo libero; sulla pagina con la directory di Sport e tempo libero cliccare su Sport; sulla pagina successiva cercare Calcio; quindi, al nuovo livello, Squadre; al passaggio successivo Italiane; a quello dopo ancora, Serie A; infine, sull’ultimo livello, scegliere la squadra ricercata, per esempio Milan AC, per scoprire che in questo caso era possibile un ulte13 Cfr. http://web.archive.org/web/19970109130853/http://www.yahoo. 14 Cfr. http://web.archive.org/web/19990202222341/http://www.yahoo. com it/ 51 riore sottolivello composto dall’indice con i link diretti non solo al sito ufficiale della squadra rossonera, ma anche alle varie espressioni on-line dei club dei tifosi sparsi sul territorio nazionale. Sempre in Italia, la struttura di Virgilio.it ripeteva la stessa struttura di erogazione del servizio e di articolazione della navigazione. 1.3.7 La città dei portali Se il contributo umano arrivava fino alla scelta dei siti e alla redazione delle didascalie, le linkografie allestite sulle pagine dei siti avrebbero dovuto completare l’opera: l’ideologia del Web infatti richiedeva apertura, oltre a ordine e chiarezza. La raccolta dei siti più importanti avrebbe dovuto agire come un sistema di orientamento teso a raggiungere i punti nevralgici della città digitale: per seguire il paragone con l’impianto urbanistico delle città reali, la segnalazione di questi luoghi sarebbe dovuto equivalere al raggiungimento delle fermate del metrò interno alla città, o alla collocazione nei palazzi pubblici e privati di maggiore interesse turistico – i grattaceli, le cattedrali o le torri dei castelli da cui osservare le vie circostanti, gli altri palazzi, eventualmente gli alberghi, i servizi, le botteghe più piccole, ecc. In una città organizzata secondo l’impianto a file system un progetto simile è del tutto autorizzato; il colpo d’occhio che viene gettato su di essa è sempre quello aereo, che questa volta non sopraggiunge dalle mongolfiere o dai palloni aerostatici dell’Ottocento, ma dall’alto di una classificazione che deve raccogliere attraverso i gradi gerarchici della directory la distribuzione funzionale dei quartieri della città digitale. Il progetto iniziale di AOL prospettava un orizzonte ancora più ristretto: i destinatari dell’offerta commerciale erano tutti coloro che negli anni Novanta aspiravano ad accedere ad Internet senza alcuna competenza informatica. Si trattava naturalmente della porzione più ampia del pubblico, cui AOL forniva non solo il servizio di connessione alla Rete, ma anche una serie di funzioni 52 che (nei piani) avrebbero fornito l’equipaggiamento necessario per esaurire l’intero dominio dell’esperienza di navigazione dell’utente. Il pacchetto includeva quindi un’interfaccia grafica in grado di condurre l’esplorazione di Internet senza dover ricorrere ai comandi imputati tramite righe di testo, un sistema di chat per agevolare il contatto diretto tra i clienti, il servizio di posta elettronica, un’offerta di giochi elettronici sempre più ricca. L’accesso tramite AOL ha diffuso presso il pubblico di massa il gusto per la conversazione virtuale con un interlocutore singolo o con un’intera comunità di altri partecipanti alla vita digitale delle stanze virtuali. Di fatto la navigazione degli utenti poteva cominciare e terminare entro il circuito predisposto dal loro provider di accesso, senza mai uscire dal recinto magico del suo pacchetto di offerta. L’assunzione della chiusura di Internet rispetto allo schema di orientamento prospettato dal portale o dal software di navigazione ha alimentato un modello di business che spiega i rifiuti opposti a Page e Brin nel momento in cui hanno offerto in vendita il neonato motore di Google nel 1997 15. La motivazione con cui Yahoo! ha respinto la proposta appare piuttosto significativa: le funzionalità di ricerca tramite il motore apparivano come una commodity, un dispositivo accessorio e di poco rilievo rispetto all’impianto redazionale del portale. Ma il mondo non è andato nella direzione prevista dagli ideologi e dai finanziatori di AOL, né la Rete somiglia ad una città ordinata – e persino l’allegoria della città sembra adattarsi in modo molto forzato all’estensione, allo sviluppo e al funzionamento di Internet. Già nel 1999, quando Yahoo! esisteva da quattro anni, le pagine indicizzate nell’archivio più vasto – quello di Altavista – erano più di 100 15 Cfr. Vise D., Malseed M., 2005, The Google Story, New York, Bantam Dell, Division of Random House; tr. it. a cura di C. Grimaldi, U. Mangialaio, F. Pretolani, Google Story, 2005, Milano, Egea, p. 31. 53 milioni 16; nel 2010 la quantità di pagine web esistenti è stimata tra i 20 e i 50 miliardi 17, con una difficoltà di calcolo che deriva sia dai metodi di incrocio dei dati estratti dai diversi motori di ricerca esistenti, sia dalla “ripulitura” degli indirizzi differenti che puntano in realtà allo stesso contenuto. Ogni pagina ha una probabilità di partenza di essere visitata per caso alcune decine di migliaia di volte inferiore a quella con cui un biglietto di una lotteria nazionale può aspirare al sorteggio del primo premio; ma oltre alle valutazioni astratte di tipo matematico, il comportamento di chi produce e di chi consulta i contenuti pubblicati in Rete insegna che la spontaneità non obbedisce alle regole che rendono possibile la mappatura di un territorio, o la distribuzione in aree che siano intelligibili a colpo d’occhio. Alla sua prima comparsa Google ha permesso di intuire che la forma di conoscenza che si sarebbe potuta sviluppare sul Web non corrispondeva alla stesura di un’enciclopedia che procede secondo un ordinamento sistematico, e che sarebbe stato possibile invece espandere ogni tema secondo una pertinenza dettata unicamente dalla rilevanza del contenuto rispetto alla domanda degli utenti. La rintracciabilità non è coordinata dalla connessione di ogni pagina con un indice generale che governa l’apparizione di nuovi argomenti, stabilendo il loro ruolo e il loro posto al’interno di un sistema di categorie prefissato dalla redazione; ogni domanda fissa il suo proprio dominio di rappresentazione del sapere, che si configura secondo gradienti di rilevanza che le pagine pubblicate manifestano rispetto all’esigenza informativa dell’utente. Questo meccanismo, come ho mostrato in precedenza, coincide anche con la motivazione da parte del pubblico a formalizzare i contenuti della propria esperienza, e a collaborare 16 Cfr. E. Pulcini, Dopo Internet: storia del futuro dei media interattivi : l’informazione personalizzata, il commercio elettronico, la tv digitale, il teleputer, Castelvecchi, Bologna, 1999, p.42. 17 Cfr. http://www.worldwidewebsize.com/index.php?lang=EN 54 con altri alla costruzione di un dibattito che generi l’apparizione di conoscenze mai depositate né nella competenza di qualche individuo, né in un archivio documentario di qualunque tipo. I portali che hanno imitato Yahoo! e AOL consideravano il Web come un’area interdetta all’iniziativa formalizzante del sapere sociale da parte dei visitatori, che rendesse invece possibili diversi generi di esperienze secondo le procedure previste dalle società proprietarie dei contenuti e dei servizi: i gatekeeper18 dovevano accogliere gli utenti in ambienti che agevolassero la chiacchiera occasionale, il dibattito sui forum, la consultazione di siti informativi, lo shopping nei negozi virtuali, il gioco individuale e collettivo. La prospettiva rincorsa era per certi versi più ampia e per altri più ristretta rispetto a quella che si è compiuta con il successo di Google. Da un lato infatti i portali immaginavano l’esperienza della navigazione come una proiezione sullo schermo del computer di una vera e propria visita ad una città 19 : questo progetto appare materializzato persino dalle interfacce grafiche di molti siti del periodo, che simulavano l’accesso ad un borgo in formato bidimensionale e a volte persino tridimensionale, con vie, piazze, palazzi, ecc. Il tentativo di prorompere dai limiti imposti dalla cornice del monitor e di circondare l’utente con l’architettura di una città in miniatura – o di risucchiare il visitatore dentro lo schermo, immergendolo nelle vie e nelle piazze del borgo digitale – si è trasformato spesso in un’ossessione per i gestori dei portali e per le web agency che dovevano concretizzare le richieste dei committenti. Per converso le redazioni dei portali non hanno mai sospettato che l’estensione del sapere sociale potesse dilagare su estensioni smisurate rispetto alla capacità di archiviazione che la tradizione del sapere speciaSulla nozione di gatekeeper, cfr. infra, § 5.1.2. Cfr. p.e. il portale di Clarence della fine degli anni Novanta, come in questo esempio: http://web.archive.org/web/19970731015614/www.clarence.com/ index.shtml 18 19 55 listico aveva codificato nei metodi e nelle voci di indicizzazione bibliotecarie. Non sembrava immaginabile che le persone potessero riversare fiumi di pagine con annotazioni personali e con forme comunicative di generi vari su campi di conoscenza lontani da qualunque tradizione assodata, ad un livello di analisi specialistica che avrebbe richiesto molti più gradi gerarchici di classificazione di quanto un indice possa ragionevolmente essere composto. È sempre stato chiaro che gli utenti della Rete sono pronti a spendere molte ore della giornata in conversazioni futili tramite le piattaforme di chat, oppure a convergere attenzione e curiosità sui temi proposti dai forum; era forse più difficile immaginare che servizi di questo genere fossero in grado di attrarre la partecipazione talvolta di milioni di utenti, come invece accade in ambienti come Gaia Online 20 , che conta più di 20 milioni di iscritti; ma era del tutto inimmaginabile che il pubblico si assumesse, senza alcuna remunerazione, l’incarico diretto di svolgere gli incarichi di lavoro più sofisticato nella ricerca delle notizie, nello sviluppo delle interpretazioni, nella costruzione di un’enciclopedia del sapere sociale contemporaneo vasta oltre ogni ambizione di categorizzazione a priori – e per di più molto accurata. 1.3.8 Una biblioteca universale su misura La chiave del successo di Google risiede nell’aver semplificato il sistema a due elementi: l’esistenza di un’esigenza informativa nell’utente, la riducibilità di tutta Internet ad un archivio di pagine capaci di soddisfare la richiesta del visitatore con gradi variabili di pertinenza. Il livello di rilevanza del contenuto della pagina rispetto alla domanda può essere calcolato in modo meccanico e confrontato con quello di tutte le altre, sulla base degli elementi formali che compongono i testi e le loro relazioni di 20 Cfr. http://www.gaiaonline.com 56 citazione reciproca. Nel prossimo capitolo sarà approfondito il funzionamento del motore di indicizzazione e di configurazione degli elenchi di risposte; ora sarà sufficiente esporre alcune considerazioni sugli effetti che questo meccanismo imprime sulla struttura della Rete e sulle modalità di esplorarla da parte degli utenti – ma soprattutto di pensarla in relazione alla prospettiva della vita culturale nella sua interezza. Il modello che viene perseguito da Google ha smesso di essere quello di una città, con la varietà smisurata delle sue esperienze e delle sue attività; dell’impianto urbanistico è stata conservata soltanto la biblioteca, oppure una restrizione della nozione di città come quella che viene adottata dai geografi, per i quali essa è una colonia di conoscenze specialistiche. Peraltro la biblioteca stessa non somiglia a quelle che siamo abituati a frequentare nella realtà fisica, dal momento che le sue unità di contenuto non sono i libri, le collane editoriali, i volumi delle enciclopedie, i numeri delle riviste, i fascicoli degli almanacchi, o le loro versioni microfilmate. La biblioteca che si sviluppa attorno al bibliotecario Google è composta da singole pagine, ognuna delle quali si prende in carico la totalità dei significati che può veicolare di per sé e in collaborazione con l’elemento editoriale cui può appartenere: il sito, il blog, il forum, l’enciclopedia, il catalogo, il sistema applicativo, il magazine, la piattaforma di social network. Ogni file coincide con una potenzialità di significati, che giace inerte accanto alle altre, fino a quando non interviene un principio di organizzazione in grado di trasformare questo volume composto da miliardi di virtualità in un universo di senso. L’innesco della cosmogonia non viene determinato da un comando creatore – come il Fiat lux divino che trae l’essere dal nulla – ma dalla domanda che l’utente sottopone al motore di ricerca: Google interpreta la stringa di interrogazione come un testo che si aggiunge a quelli raccolti nell’archivio, con un ruolo del tutto particolare rispetto agli altri. I vocaboli che appaiono nella query governano infatti una ridistribuzione dei file che sono archiviati 57 nel database sul fondamento delle parole in cui l’utente ha formulato la sua esigenza informativa: l’intero universo dei testi si trasforma in un organismo vivente di proposte di senso, di direzioni di ricerca, di cultura in atto. L’elenco delle risposte avanzato da Google potrebbe in linea teorica allineare tutti i contenuti indicizzati nel Web secondo una distanza progressiva dall’interesse informativo espresso dal ricercatore con la sua domanda: la biblioteca intera assume quindi la forma di una vastissima variazione sul tema definito dalla formula della query, che attraversa tutte le pagine archiviate attraverso un tracciato che si apre con i file più pertinenti e si disperde nelle nebbie dei testi con un legame debolissimo rispetto al punto di partenza, accennato soltanto dalla comune appartenenza all’orizzonte delle produzioni di una stessa cultura. Senza la posizione di una domanda, Google è un bibliotecario di intelligenza sottilissima e di memoria straordinaria che sonnecchia su una distesa fluida di dati dilatata a perdita d’occhio: la potenzialità di questo sistema, che include il bibliotecario e gli scaffali pieni di pagine singole, è elevatissima quanto informe e inespressiva. Non appena l’utente elabora una query, il bibliotecario si risveglia e le fughe sconfinate di mensole perdono la loro staticità, per piegarsi sotto la pressione plasmatrice dell’intelligenza, che conferisce loro la forma necessaria per rispondere alla richiesta del visitatore. La frammentazione delle unità di contenuto al livello della singola pagina è il passaggio necessario all’operazione che configura l’intero universo del senso come risposta all’interrogazione: senza l’abbandono delle unità più grosse – siti, portali, magazine, cataloghi – e la rinuncia a considerarli come esperienze analoghe a quelle degli ambienti off-line, non sarebbe stato possibile costruire la macchina intelligente che ascolta le domande e sa rispondere per pertinenza e rilevanza. Senza gli scaffali smisurati composti di pagine isolate, non sarebbe stato possibile soffiare l’intelligenza di comprensione e di risposta del bibliotecario. 58 1.3.9 Scompaginazione delle unità narrative classiche e franchise Il vantaggio di questa soluzione rispetto a quelle dei portali appare evidente con qualunque esempio di esplorazione cui gli utenti di Internet sono abituati da quando Google ha assunto il ruolo di pagina più visitata al mondo. Se per esempio un visitatore imputa nel box di ricerca della versione italiana del motore di ricerca la domanda harry potter, l’elenco di risposte che viene elaborato dal sistema include le pagine che riconducono ai siti ufficiali dedicati al mago fantasy più famoso del mondo dalla casa produttrice dei film, dall’autrice della saga letteraria, dall’editore italiano e da quello britannico – naturalmente preceduti dalla pagina di Wikipedia che illustra le caratteristiche enciclopediche del personaggio e delle sue proiezioni cinematografiche e librarie. Seguono le pagine destinate all’eroe sui siti dei fan, che pubblicano in questi ambienti i loro commenti, le congetture, le storie alternative a quella ufficiale che avrebbero voluto leggere nella versione originale (o di cui avrebbero bramato essere gli autori ufficiali); appaiono poi le pagine dei siti di e-commerce che offrono in acquisto i volumi o i DVD della saga, per la lettura o l’intrattenimento domestico. La critica contemporanea 21 è solita definire Harry Potter un franchise di prodotti che circondano lo spettatore tramite un mondo di eventi estetici, sperimentati attraverso una varietà di media che si riferiscono allo stesso universo immaginario composto da personaggi, strutture attanziali, ambientazioni, infrazioni all’ordine naturale. Altri esempi dello stesso genere sono The Matrix, Batman, Avatar: in tutti questi casi esemplificativi il pubblico è immerso in una galassia di accessi possibili alle vicende degli eroi tramite la narrazione cinematografica, quella dell’animazione, attraverso l’interazione dei videogame, e attra21 Cfr. p.e. Jenkins H., 2006, Convergence Culture, New York University; tr. it. Cultura convergente, 2007, a cura di V. Susca e M. Papacchioli, Apogeo, Milano. 59 verso le produzioni degli appassionati che provengono dal pubblico stesso e che allestiscono varianti delle storie create dagli autori legittimi tramite racconti, video, illustrazioni – fenomeni etichettati rispettivamente come fan fiction, fan film, fan art 22. Questa molteplicità coordinata di contenuti rappresenta la varietà delle forme di vita attraverso le quali si incarna il mondo immaginario raccolto sotto lo stesso titolo; eppure l’inseguimento di Harry Potter attraverso una directory avrebbe reso necessaria la ricerca dei libri sotto l’indice di letteratura, quella dei film sotto la voce Cinema, quella dell’acquisto dei volumi o dei DVD nell’area dell’e-commerce. La collocazione delle produzioni dell’epistemofilia dei fan sarebbe poi rimasta del tutto orfana di una collocazione naturale: i commenti, le congetture, le riflessioni degli appassionati avrebbero dovuto essere ospitati nel canale della letteratura o in quello del cinema? Come si sarebbe dovuta classificare la produzione sovversiva delle fan fiction e dei fan film? Il sistema di categorizzazione delle directory immaginava una Rete senza lo sviluppo dell’iniziativa del pubblico, o con un pubblico privo di epistemofilia e sostanzialmente passivo. La città che veniva prospettata era in realtà il fondale di un grande parco giochi, dove gli utenti possono acquistare il biglietto, salire sulle cabine delle giostre, fare un giro blindati nei cubicoli e alla fine comprare i gadget proposti da box office travestiti da boutique. Peraltro questo punto di vista non era in grado nemmeno di sostenere l’evoluzione del nuovo modello economico dell’intrattenimento, che conta sulle connessioni capaci di guidare il lettore del libro alla pellicola cinematografica, lo spettatore del film all’acquisto del DVD e del videogame, di incentivarlo a parlare sui forum, a cercare strumenti per personalizzare mappe e configu22 Per un approfondimento del tema del franchising dei titoli letterariocinematografico-videoludici contemporanei e della questione delle produzioni spontanee dei fan, cfr. P. Bottazzini, Il mondo non è abbastanza, Tunuè, Latina, prossima pubblicazione. 60 razione grafica del gioco elettronico presso le bacheche dei modder, di catturarlo nella rete del passaparola che diffonde l’interesse per il titolo meglio della pubblicità tradizionale. La crescita che la rappresentazione del sapere sociale ha guadagnato negli ultimi anni rispetto ai limiti di divulgazione e di produzione che erano imposti dalle modalità editoriali del passato, trova nell’industria dell’intrattenimento e della notizia un alleato attento e solerte: gran parte dell’immaginario quotidiano delle popolazioni occidentali infatti è costruito dalle produzioni televisive e cinematografiche, che vengono riprese e variate dagli appassionati in Rete rendendole interessanti per le fasce di pubblico non ancora coinvolte. Le major di Hollywood hanno cominciato ad interpretare la Rete come un ruolo privilegiato non solo di propaganda dei loro prodotti, ma anche di sondaggio degli interessi del pubblico e di orientamento dei suoi desideri. L’atteggiamento che gli Studios intrattengono nei confronti degli appassionati appare ancora contraddittorio e spesso poco consapevole della nuova realtà sociale e comunicativa che si è costruita con lo sviluppo di Internet: aperture e battaglie legali per la difesa del copyright possono giustapporsi ad opera di uffici diversi della stessa casa di produzione. Tuttavia l’evidenza che il 20% dei clienti – coincidente con quello che raccoglie i fan coinvolti anima e corpo dalla loro passione nel destino del brand – produce l’80% del fatturato, tra acquisti diretti ed azione spontanea di divulgazione, comincia a farsi strada presso quasi tutte le direzioni marketing dei principali attori del mercato. 1.4 Il bibliotecario e la sfinge Il funzionamento dell’intelligenza del bibliotecario sarà esplorato più in profondità nel prossimo capitolo. Ora mi soffermerò sulla concezione che ha modellato la sua pianificazione e la sua realizzazione, esplorandola a partire da uno dei suoi effetti più pervasivi. Infatti, se la navigazione condotta in Rete si risolve nella 61 consultazione di una serie di pagine, occorre riconoscere l’evidenza che le attività di lettura e di scrittura sono le chiavi di volta di qualunque esperienza mediatica – anche nell’epoca in cui la retorica delle immagini, dei video e delle animazioni sembra voler imporre la figurazione come dimensione privilegiata della persuasione e dell’interesse collettivo. 1.4.1 La responsabilità della domanda Ma scrittura e lettura vantano una simile priorità nei confronti delle altre forme di comunicazione in virtù del fatto che esse permettono di compiere la riconduzione di tutto l’ambito del sapere collettivo, della conoscenza e dell’informazione, alla sua forma paradigmatica nella cultura moderna: il problem solving, la riduzione della ricerca alla soluzione di rompicapo. Ogni domanda che venga posta presume in generale diversi livelli di responsabilità nella sua stessa formulazione, che variano con l’ambito esplorato dalla sua convocazione al dubbio e alla richiesta di chiarimento. Esistono domande che sottopongono al vaglio dell’incertezza il dominio intero della conoscenza, delle nozioni ereditate dalla preparazione scolastica e dal sapere tradizionale, come l’interrogazione di Descartes che sfocia nel celebre cogito ergo sum; ed esistono anche legioni di domande meno impegnative, ognuna delle quali comunque comporta un livello di responsabilità sulla sua stessa elaborazione. La motivazione che sosteneva il dubbio iperbolico di Descartes era quella di rintracciare un fondamento solido per tutta la conoscenza scientifica, e la responsabilità di cui era investita la sua domanda esigeva un ambito di risposte che fossero in grado di sostenere le pretese della nuova forma di razionalità matematica contro tutti gli avversari della tradizione: contro la nebulosa di filosofie ermetiche che alimentavano i saperi esoterici del Rinascimento, contro le indagini sull’armonia universale con cui si elaboravano le teorie e le pratiche magiche centrate sul rapporto tra microcosmo e ma62 crocosmo – nonché contro la sottigliezza delle chiose Scolastiche ai testi della sapienza classica sulla natura, ormai ridotte nel Seicento a prove di retorica senza più alcuna presa conoscitiva. La formulazione di una domanda non è mai innocua, non tanto per il suo contenuto esplicito, quanto per la responsabilità con cui essa invoca un suo diritto al dubbio, alla validazione di determinati criteri probatori, alla selezione di una classe di risposte plausibili: il primo gesto dell’interrogazione è quello di escludere una porzione dei procedimenti perseguibili per rintracciare soluzioni, di rimuovere segmenti di pratiche, consuetudini, circostanze, con cui sarebbe possibile generare spiegazioni al quesito. Solo questa mossa preliminare di esonero permette di affermare l’area approvata come l’unico segmento di metodi, contenuti, contesti, indicazioni, valori, che possa dirsi legittimato a procurare risposte utili. Freud insegna che il percorso psicanalitico consiste in un modo differente di porre domande, capaci di aggirare la rimozione che il paziente oppone alla sua indagine su se stesso. La scienza è nata da una pretesa di risposte alle domande sulla nascita del cosmo, sul funzionamento degli eventi naturali, sulla concatenazione delle cause, che respingeva le rappresentazioni religiose come sistema di risposte offerte ad una fede interdetta al dubbio. La giurisprudenza sorge dalla necessità di interrogare l’intenzione legislatrice alla luce dei singoli casi concreti, delle particolarità della vita quotidiana non prevedibili dall’universalità della stesura della norma: la domanda investe l’evoluzione della società, delle sue esigenze di giustizia, della sua concezione del danno e della tutela, fino addirittura a precedere e a guidare il percorso di riforma dei codici e l’approvazione di nuovi segmenti del corpo legale. Anche nel dominio industriale la domanda sui bisogni inespressi del pubblico si profila come il gesto che sovverte i mercati tradizionali e che introduce le novità dirompenti, l’individuazione delle killer application con cui le regole della concorrenza vengono rovesciate e intere filiere produttive vengono 63 abbandonate e sostituite per sempre – un po’ come ha fatto Google con le directory dei portali che lo hanno preceduto. Gli esempi elencati appartengono naturalmente alle conquiste rivoluzionarie del pensiero scientifico, della cultura, dell’economia: non tutte le domande raggiungono un respiro di così vasta portata, né la loro responsabilità instaura svolte altrettanto epocali. Tuttavia lo statuto dell’interrogazione comporta di per sé l’intervento di livelli di complessità che coinvolgono anche la ripartizione tra ciò che viene ammesso come terreno legittimo di risposta e quanto viene rimosso per garantire la validità dei metodi e dei contenuti autorizzati. 1.4.2 La rimozione della sfinge La necessità di trattare l’interrogazione come un oggetto delicato era molto chiaro per i Greci, se si considera che uno dei loro miti più famosi riguarda la posizione di un enigma molto pericoloso. La Sfinge è inviata dagli dèi a Tebe per somministrare una domanda che cattura i pellegrini in un gioco da cui dipende sia la loro vita, sia quella degli abitanti della città. Solo Edipo può sciogliere l’arcano, trasferendo la minaccia ad un livello ancora più profondo. La risposta offerta da Edipo avviene su un classico livello di rompicapo: un passo dopo l’altro l’eroe ricostruisce lo scheletro concettuale del concetto corrispondente alla forma della domanda. La conseguenza della soluzione è l’ingresso di Edipo in Tebe e la trasformazione del mostro tangibile, la Sfinge, in un male invisibile, la peste che flagella i cittadini 23 . L’innocuità del problem solving, che sembra esaurire sul piano del linguaggio tutte le dimensioni della domanda – incluse quelle che investono il piano sociale, politico, economico, culturale, persino 23 Per approfondire questa interpretazione del mito di Edipo, cfr. M. Blanchot, L’entretien infini, Gallimard, Parigi, 1969; tr. it. a cura di R. Ferrara, L’infinito intrattenimento. Scritti sull’«Insensato gioco di scrivere», Einaudi, Torino, 1981. 64 metafisico e religioso – era già stata denunciata come ingannevole dai greci arcaici. La visione ellenica dell’enigma si è addolcita nel corso dei secoli, pur conservando le tracce della sua pericolosità essenziale: sebbene l’interrogazione non sia più inviata dagli dèi, la tradizione vuole che Omero sia morto per il dolore di non essere riuscito a risolvere un indovinello che gli era stato posto dai pescatori sulla spiaggia della sua isola natale. Tuttavia la riduzione al solo livello linguistico dell’enigma edipico offre un punto di vista interessante sulla percezione culturale che emerge dal funzionamento di Google. Ho descritto il motore di ricerca come un bibliotecario intelligente: il suo compito è quello di ascoltare la domanda e di organizzare una consultazione di tutte le pagine raccolte nella biblioteca secondo l’ordine di rilevanza che esse manifestano rispetto alla query che è stata formulata dall’utente. Il criterio che governa il processo di valutazione e di riconfigurazione del deposito di testi, affinché esso si prospetti come un percorso informativo, rimuove tutti gli strati di complessità della richiesta ad esclusione di quello contenutistico. La mostruosità della Sfinge deve essere rimossa affinché rimanga solo un indovinello più o meno sofisticato, ma chiuso nella sfera del gioco di parole. Il bibliotecario è un software, non Socrate e nemmeno Edipo; la sua capacità di azione si estende sulle risposte che possono essere calcolate in un numero finito di passi: non esistono soluzioni che non siano già state scritte in passato, e che non siano state linkate e cliccate da altri utenti. Naturalmente sarebbe bizzarro richiedere comportamenti diversi da un software; e infatti il problema non risiede nel programma, ma nelle virtù che in generale gli vengono attribuite. Nonostante la retorica che incensa gli scopritori di nuovi settori della scienza, della tecnica, dell’economia, dell’arte, nonostante la devozione che viene tributata agli inventori e ai brevettatori di nuovi prodotti, tutta la cultura occidentale riconosce a Google – e ai suoi emuli specializzati in settori specifici – il merito di procurare sempre la risposta giusta, di aver eliminato le parentesi no65 iose di ogni lavoro, di aver soppresso gli sprechi di tempo devoluti a rintracciare ogni tipologia di informazione utile, di aver reso possibile l’accesso a fonti di dati e di notizie altrimenti irraggiungibili , di aver agevolato la formazione culturale individuale e collettiva. Molte di queste considerazioni possono anche essere vere – e alcune di queste lo sono al di fuori di ogni dubbio, come la riduzione del tempo concesso per lo svolgimento della ricerca di informazioni. Non esistono più committenti disposti a pagare l’approfondimento di un’indagine per un arco di tempo ampio quanto quello che era necessario anche solo fino a pochi anni fa, visto che ora poche ore o poche decine di minuti sono sufficienti per rinvenire un congruo numero di risposte su Google. Ma ciò che il pubblico decreta con questi attestati di stima (più o meno fondata) è il riconoscimento che il motore di ricerca ha incarnato il modello di conoscenza in cui la nostra cultura media si riconosce e trova conforto – quello appunto del problem solving ridotto all’ambito dei rompicapo. 1.4.3 Rompicapo scientifici Uno dei più grandi epistemologi del Novecento, Thomas Kuhn, ha descritto il ruolo svolto dalla soluzione di rompicapo nel contesto della ricerca scientifica. Egli osserva che la formazione universitaria è un addestramento, durante il quale i giovani imparano ad associare i risultati teorici divulgati sui testi ad un insieme di problemi e di metodi sperimentali che sono per lo più le applicazioni dalle quali sono emerse le formule riportate sui manuali. La loro vita professionale prosegue sulla traccia che è stata configurata dalla preparazione scolastica, affrontando una serie di questioni che derivano in modo più o meno diretto da quelle apprese durante il percorso di specializzazione. Soltanto in circostanze molto rare, quando è stato raggiunto un eccesso imbarazzante di nodi critici non risolvibili dal paradigma istituzionale, può accadere che venga formulato un paradigma alterna66 tivo, il cui successo configura un nuovo impianto di problemi considerati rilevanti, degni di indagine scientifica, e un nuovo sistema di manuali, di metodi e di apprendimento sperimentale per i giovani apprendisti. Kuhn battezza rivoluzioni questi momenti di sostituzione paradigmatica; in opposizione alla loro rarità, i periodi di scienza normale rappresentano invece il corso prevalente di una scienza che abbia conquistato il suo statuto ufficiale. La stabilità della scienza normale è caratterizzata da diverse proprietà; alcune delle più importanti sono individuate dal fatto che gli specialisti non dedicano il loro tempo all’indagine dei fondamenti della scienza stessa, che vengono assunti come definitivamente validi nella loro formalizzazione manualistica, ma si focalizzano su alcuni problemi di dettaglio del tutto incomprensibili al pubblico generalista; le loro pubblicazioni sono articoli brevi, non libri; il loro interesse non investe nemmeno le conseguenze sociali, politiche, economiche, umanitarie, che le loro ricerche possono derivare. Secondo la ricognizione di Kuhn, la consistenza dei problemi affrontati dagli scienziati nel loro lavoro quotidiano coincide con quella dei rompicapi, in virtù di due caratteristiche: la garanzia – assicurata dal paradigma – che esiste una soluzione del problema; la certezza che la raggiungibilità del risultato dipende unicamente dalla finezza del proprio ingegno. La soluzione è una prova di destrezza, abilità, acume, come in tutti i casi di rompicapo. Mentre il valore intrinseco non è un criterio per definire un rompicapo, lo è invece la certezza che esiste una soluzione. Abbiamo già visto che una delle cose che una comunità scientifica acquista con un paradigma è un criterio per scegliere i problemi che, nel tempo in cui si accetta il paradigma, sono ritenuti solubili. In larga misura, questi sono gli unici problemi che la comunità ammetterà come scientifici e che i suoi membri saranno incoraggiati ad affrontare. (…) Un paradigma può finire addirittura, per questa via, con l’isolare una comunità da quei problemi socialmente importanti che non sono riconducibili alla forma del rompicapo, poiché essi non possono venire formulati nei termini degli strumenti tecnici e concettuali forniti dal paradigma. 67 (…) La ricerca scientifica nel suo complesso di tanto in tanto si dimostra utile, apre nuovi territori, fa ordine e verifica la validità di teorie per molto tempo accettate. Nondimeno, l’individuo impegnato in un problema della ricerca normale non fa quasi mai di queste cose. Una volta che si è impegnato nell’impresa, le sue motivazioni sono di tipo completamente diverso. Ciò che allora lo guida è il convincimento che, solo che sia abbastanza abile, riuscirà a risolvere un rompicapo che nessuno prima di lui ha saputo risolvere o ha risolto così bene. 24 La lunga citazione da Kuhn mette in evidenza le chiavi di volta non solo della “scienza normale”, ma anche del modo normale di procedere in qualunque pratica professionale, delle indagini condotte per fini personali, di ogni ricognizione che non rappresenti un momento “rivoluzionario” nella struttura delle conoscenze personali o sociali. La sicurezza che esista una soluzione, la gratificazione di poter proiettare l’immagine della propria abilità nel risultato conseguito, il disinteresse per ogni investimento di responsabilità ulteriore, compongono le condizioni che garantiscono la sostenibilità dell’impresa. In realtà la responsabilità non è scomparsa, ma è rinviata alla dimensione del paradigma: il ruolo della ricerca appare come già definito dagli impegni epistemologici, etici, politici, culturali, che sono state proclamati nel momento in cui il paradigma è stato istituzionalizzato. I gradi di complessità che circondano l’aspetto contenutistico vengono quindi rimossi dalla riflessione personale dell’individuo, ma soltanto in quanto sono stati delegati ad una dimensione preliminare che per lo più viene accettata in modo acritico, e che agisce come garante di tutte le operazioni che vengono compiute in suo nome. 1.4.4 Il mondo normale di Google L’assunzione che è valida per i procedimenti scientifici viene 24 T. Kuhn, The Structure of the Scientific Revolutions, 1962 e 1970 The University of Chicago; tr. it. a cura di A. Carugo, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino, 1969 e 1978, pp.58-9. 68 accolta anche nella sfera ordinaria delle ricerche condotte su Google, che offre lo stesso genere di assicurazioni: il motore di ricerca infatti offre la certezza di poter approdare ad una risposta finale che si presume corretta, che esiste sempre – e che libera da ogni responsabilità personale di pianificazione della ricerca e di individuazione della tipologia di risposta pretesa. In un certo senso Google ha inaugurato una nuova forma di chiusura della Rete, non più diretta contro l’iniziativa di espressione del pubblico e l’espansione della rappresentazione del sapere sociale, ma contro la possibilità di identificare criteri di ricerca differenti da quelli applicati dall’algoritmo di Google stesso. La normalizzazione che la Rivoluzione aveva imposto applicando i principi illuministici in campo politico con la quadrettatura del territorio francese, con l’ortografia della lingua, la riorganizzazione del calendario, viene applicata dal motore di ricerca all’intelligenza e all’etica delle domande e delle risposte. Google incarna l’intelligenza del problem solving, che si traduce nella capacità di interpretare l’esigenza informativa dell’utente inferendola dalla formulazione della stringa di interrogazione, e di individuare la successione delle risposte utili secondo l’ordine di rilevanza. Il motore di ricerca reagisce come una persona giudicata intelligente nel linguaggio comune: capisce l’intenzione dell’interlocutore, distingue ciò che è importante e quello che può essere trascurato tra i documenti a disposizione, consiglia ciò che appare alla comunità come più importante, in modo da informare l’utente sull’attualità del dibattito sociale intorno all’argomento esplorato. Google appare come l’eroe di quello strano scambio metaforico per cui le macchine forniscono il modello esplicativo della mente umana nelle scienze cognitive, e la perspicacia umana deve rappresentare l’obiettivo delle nuove macchine destinate a spingere sempre più avanti i confini dell’intelligenza artificiale: il motore mostra cultura e acutezza nella comprensione e nella risposta, appare immune dal rischio di corruzione, 69 dalle debolezze emotive, offre garanzie sulla sua lucidità e sulla prontezza della sua reazione. In questo modello si riflette l’ideale del rompicapo e l’ideale di un’intelligenza mappata sul modello della macchina digitale, le cui operazioni si esplicitano nel formato dei calcoli senza coinvolgere la dimensione sociale, quella del senso esistenziale, della strategia politica, delle modificazioni culturali. Si tratta di una concezione per la quale l’individuo viene immaginato del tutto isolato dal contesto culturale e sociale in cui è immerso, con una mente che opera in maniera svincolata da abitudini, credenze, convinzioni, opinioni ereditate dalla formazione e dall’interazione con gli altri, persino dalla lingua usata per comunicare le idee che ha elaborato. Le scienze cognitive hanno accolto questa impostazione dai programmi di ricerca che studiano la meccanizzazione del pensiero, riassunti nella loro versione “forte” dalla tesi di Church-Turing con le varianti esplicitate da Hofstadter: Tesi di Church-Turing, Versione Standard: Supponiamo che vi sia un metodo che un essere senziente segue per dividere i numeri in due classi. Supponiamo che questo metodo dia sempre una risposta entro un tempo finito, e che dia sempre la stessa risposta per ogni fissato numero. Allora: esiste un qualche programma in CicloI terminante (cioè una funzione generale ricorsiva) che dà esattamente le stesse risposte dell’essere senziente. 25 Tesi di Church-Turing, Versione Microscopica: il comportamento dei componenti di un sistema vivente può essere simulato da un calcolatore. Vale a dire, il comportamento di ogni componente (che si suppone sia la cellula) può essere calcolato da un programma in CicloI (cioè da una funzione generale ricorsiva) ad ogni livello di precisione voluto, data una descrizione sufficientemente precisa dello stato interno dei componenti e dell’ambiente locale. In altre parole, non c’è mistica nel comportamento del cervello, ma solo in maggior numero di gradi di organizzazione. 26 25 Cfr. Hofstadter D., 1979, Gödel, Escher, Bach: an Eternal Golden Braid, Basic Books, Inc.; tr. it. a cura di B. Veit, G. Longo, G. Trautteur, S. Termini, B. Garofalo, Gödel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante, Adelphi, Milano, 1990, p. 606. 26 Ivi, p. 618. 70 Tesi di Church-Turing, Versione Riduzionistica: Tutti i processi cerebrali derivano da un substrato calcolabile. 27 Un progetto di ricerca che intenda spiegare il funzionamento della mente con modelli di calcolo meccanico non equivale di per sé alla negazione dell’esistenza di livelli di significato che sovrastano la sfera cognitiva, e che la intersecano sancendo la continuità della vita cosciente di un individuo con quella della collettività e della storia in cui è iscritto. Anche questi strati potrebbero essere tradotti in termini computazionali ed essere formalizzati in modo tale da essere sottoposti a test sperimentali su computer. Il problema è che il paradigma di ricerca che si è ispirato a queste tesi, in forme più o meno moderate, con o senza riserve, ha comunque finito per assumere le questioni connesse al campo della percezione e della conoscenza individuale come terreno privilegiato di indagine, procedendo ad una rimozione degli altri livelli dall’orizzonte di interesse scientifico e di importanza per il senso comune. La vecchia fantascienza proiettava il sistema nervoso umano sulla forma delle macchine, dipingendo il “cervellone elettronico” come eccellenza futuristica del progresso tecnologico; la realtà degli ultimi decenni ricostruisce la mente umana sul calco del funzionamento della macchina di Von Neumann. Google è il campione di questo paradigma contemporaneo che individua l’intelligenza nella sua coincidenza con la soluzione algoritmica di rompicapi: non importa la posizione di un problema, quello che conta è la sua soluzione. La formulazione del quesito è una questione delegata ad altro – il paradigma scientifico indietro nel tempo, l’obiettivo di fatturazione nel futuro, l’ideologia politica o religiosa – l’unico tema che merita attenzione è la sequenza di passaggi che permette di raggiungere una soluzione. In questo modo si producono volumi impressionanti di conoscenze, senza 27 Ibid. 71 sapere perché le si è cercate né perché quella fornita sia la risposta giusta. La verità è un valore, non un oggetto o un fenomeno, anche nel campo della logica matematica. La garanzia che il procedimento di un motore di ricerca procuri risposte oggettivamente vere, o le ricostruisca tramite un procedimento oggettivo, implica una petizione di principio su cui aleggia un sospetto di manipolazione retorica. Di sicuro l’esperienza insegna che Google è in grado di fornire elenchi di risposte pertinenti rispetto alla domanda che ha ricevuto, e che progressivamente la rilevanza dei documenti che vengono proposti diminuisce, quanto più ci si allontana dalle prime pagine di listato. Ma quello che in generale rimane insondato è il criterio, o l’insieme di parametri, cui il motore ricorre per stabilire il grado di rilevanza, e che gli utenti riconoscono nella lettura delle risposte. La delega a Google della responsabilità sui vari gradi di complessità nella legittimazione dei procedimenti di risposta non equivale infatti alla sparizione di questi livelli, ma ad una decisione preliminare da parte della macchina sulla loro identificazione. L’algoritmo di per sé non può inventare nulla se non quello che è stato programmato a fare, e in virtù di questa sua natura deterministica esso si mostra nelle sue operazioni di indagine, selezione e giudizio, come un distillato della cultura che ha ispirato la sua costruzione. Come Descartes aveva rimosso la concezione organicistica dell’universo, la magia e la teoria delle signaturae dall’orizzonte dei metodi e dei contenuti ammissibili per il lavoro scientifico – allo stesso modo la dimensione della verità come progetto culturale, esistenziale, sociale, è stata espulsa dall’ambito della teoria computazionale della mente per ridurre la questione alle sole operazioni cognitive. Il motore di ricerca applica procedure, valori, criteri di selezione e di accettabilità, che hanno modellato la sua pianificazione e la sua realizzazione, e che sono intervenuti come cauzione preliminare per ottenere i finanziamenti necessari al suo sviluppo. La riduzione dell’esperienza alla sua proiezione linguistica, e la trattazione delle stringhe di 72 testo in formule di sintassi calcolabile in termini di logica verofunzionale, sono i passaggi non solo concettualmente necessari, ma anche ideologicamente indispensabili per istituire una regione dell’informazione come interessante per la scienza e trattabile per la tecnologia. Come ho già sottolineato in precedenza, la scienza esige problemi la cui solubilità sia certa; l’informazione offre questa garanzia nel momento in cui essa sia configurata come una virtualità di biblioteca, come un archivio di dati manipolabile con gli strumenti del calcolo proposizionale e della statistica matematica. I motori di ricerca come Google si mostrano quindi come l’espressione per eccellenza del paradigma culturale dominante, dal momento che le loro operazioni presentano la forma stessa del problem solving: data un’interrogazione testuale, qual è l’ordine di rilevanza con cui le informazioni stoccate nell’archivio rispondono alla domanda? 73