Il Comune Che VorreI

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Il Comune Che VorreI
DICEMBRE 2010
Periodico di informazion
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- Anno II - N. 9
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La Theka
Anno 2010 - N. 9
Anno 2010 - N. 9
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Inviateci lettere, segnalazioni,
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Associazione “Oltreconfine”
Via M. Vallorca, 5 - 32030 Fonzaso (BL)
Sommario
La Theka è realizzata da
oltreconfine
associazione culturale
L’editoriale
Il Comune che vorrei
Vita del Comune di Fonzaso
La parola ai cittadini
Spazio alle associazioni
Uno sguardo oltreconfine
Economia e lavoro
Libri, musica e cultura
Lettere e parole
Cosa accadrà
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“La Theka”
Periodico di informazione e partecipazione locale
Num. R.G. 685/2009 del 21/08/2009
Num. reg. Stampa 9
Anno 2, N.9 Dicembre 2010
Proprietario ed editore: Walter Moretto
Presidente Associazione culturale ‘Oltreconfine’.
Direttore responsabile: Debora Nicoletto.
Redazione:
Luca Ferrari, Walter Moretto, Andrea Pasa,
Christian Pasa, Diego Toigo.
Hanno collaborato a questo numero: Elia Bof, Alessandro Bond,
Denis Cambruzzi, Chiara Cassol, Francesco Cassol, Amedeo
Colao, Elisa Dall’Agnol, Matteo De Rocco, Gianluigi Furlin, Annalisa
Gaio, Giacomo Guccinelli, Alfredo Iannelli, Fermino Lira, Giuseppe
Lira, Nane Matti, Chiara Melchioretto, Nevio Meneguz, Nicolas
Oppio, Laura Paleari, Andrea Pasa, Bortolo Susin, Diego Toigo,
Enzo Trentin, Marta Tres, Elisa Trimeri, Edi Zatta.
Progetto grafico ed impaginazione: Punto e Linea.
Sito e servizi WEB: Francesco Susin.
Luogo di redazione: Via Monte Vallorca 5, Fonzaso (BL).
Luogo di pubblicazione: Tipografia DBS,
via Quattro Sassi, Seren del Grappa (BL).
Tiratura copie 3000. Distribuzione gratuita.
La riproduzione è libera, con qualsiasi mezzo effettuata compresa
la fotocopia, salvo citare la fonte e l’autore.
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Tema del mese:
Il Comune che vorrei
Pag. 4-5-6-7-8-9-10
L’Editoriale
La Theka
Anno 2010 - N. 9
Ma cos’è la destra cos’è la sinistra...
di Debora Nicoletto
Una fotografia in movimento che parte dal 1980 e racconta la piccola realtà fonzasina, ecco il numero natalizio de La Theka. Quattro sono i sindaci che si sono susseguiti in questi 30 anni, quattro sono le storie
raccolte in questo numero che vuole essere un cofanetto dei ricordi, una rievocazione per molti, una prima
lettura per altri. Fatti, avvenimenti, scelte, non scelte, scenari politici che si sono avvicendati in 30 anni
in un’altalena di Democrazia Cristiana, Socialismo, Forza Italia, Lega Nord, Popolo della Libertà. Un pot
pourri di partiti. Perché di partiti in Italia ce ne sono tanti. In fondo tanti pensieri, tanti partiti. Mi pare giusto.
E noi paghiamo.
Ben 177 partiti, compreso quello degli Impotenti, si sono presentati a queste ultime elezioni, mentre 170
si erano presentati nel 2006. E’ giusto, dobbiamo razionalizzare e tagliare, così da una elezione all’altra
sono aumentati di ben 7 unità.
E noi paghiamo.
Insomma la nostra democrazia è rappresentatività ed è giusto che ci siano molte persone che rappresentano un popolo. In fondo abbiamo solo 630 deputati alla Camera e 315 senatori in Senato. In Spagna,
stiamo parlando di un paese europeo vicino a noi, in tutto sono 350. Ricordo che anche la Spagna è un
paese democratico e rappresentativo.
E noi paghiamo.
L’Editoriale
Poco male, perché più siamo più partecipiamo. Infatti i nostri amati politici hanno un compito importante e
unico: esserci nei tavoli di discussione, formulare le agende delle priorità, votare le leggi ascoltando tutte
le parti sociali e i partiti. Ricordo che, direttamente dall’autorevole fonte della Camera, risulta che dall’inizio
della legislatura, dal 29 aprile 2008 al novembre 2010, alle votazioni elettroniche presentate alla Camera
non hanno partecipato per il 27,8% Futuro e Libertà per l’Italia, per il 26,1% Gruppo misto, per 20,8% l’Italia dei valori, per il 19,7% l’Unione di Centro, per il 14,7% il Partito Democratico, per il 12,1% il Popolo della
Libertà, per il 6,5% la Lega Nord. I regolamenti non prevedono la registrazione del motivo dell’assenza al
voto del parlamentare. E’ giusto, in fondo cosa succederebbe ad ogni lavoratore italiano se non si presentasse al lavoro, senza dare giustificazione, per circa 52 giorni pari al 20% delle ore da lavorare all’anno?
E noi paghiamo.
Però dobbiamo ammettere che il lavoro del politico è difficile, duro, faticoso. Non entriamo nel merito di
tutti i benefit garantiti e della pensione assicurata dopo 35
mesi in Parlamento, non siamo così meschini. Noi sappiamo che è gravoso gestire la cosa pubblica soprattutto
quando alle spalle ci sono valori forti, quali la coerenza da
mantenere e le idee da rispettare. E’ forse per questo che
dall’inizio della legislatura ad oggi, 24 senatori hanno cambiato gruppo di appartenenza al Senato e 71 loro colleghi
deputati alla Camera hanno fatto lo stesso.
E noi, che ancora paghiamo, siamo leggermente infastiditi
da questo belare politico e pensiamo che se la politica è
questa è meglio che questi politici imparino un mestiere.
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La Theka
Anno 2010 - N. 9
Il Comune che rappresento
Il Comune che vorrei
di Gianluigi Furlin, sindaco di Fonzaso dal 2004
Gli ultimi 3 primi cittadini hanno reso omaggio alla
Theka e alla popolazione tutta raccontando gli ultimi 20 anni di politica pubblica nel nostro paese. A
briglie sciolte: solo qualche traccia di domande per
aprire i cassetti della memoria sulle scelte effettuate
per il “bene comune”.
Risponde così Gianluigi Furlin, il primo cittadino di
Fonzaso:
“Alla domanda, il comune che pensavo o avrei voluto prima di fare il sindaco, è assai impegnativa dare
una risposta. Anch’io come tanti cittadini penso:
bisognerebbe fare questo, poi quello, cambierei
Ma poi viene in mente ancora cosa farei per i nostri
anziani, e sopratutto i giovani, finchè non si perdano per altre vie non sempre nobili. Ecco cosa avrei
voluto fare!
Mi è posta poi la domanda: il comune che avrei voluto mentre facevo il sindaco.
Un bel giorno ad un certo momento della vita, l’occasione arriva e ti accorgi che adesso tocca a te, non
ci sono più scuse, sei eletto ed assieme ai tuoi assessori e consiglieri ti trovi in quella sala all’ultimo
piano del municipio a giurare, di rispettare leggi e
costituzione rappresentando tutti, con la piena re-
quella piazza o fontana oppure deciderei di fare
una strada attraverso le pendici delle oramai sparite vigne a nord di Fonzaso, per poi continuare con
asfaltature, piste ciclabili, aree di sosta, parcheggi, e
perché no, eliminare nella maniera più economica il
problema delle immondizie.
Le scuole da rifare o mettere in sicurezza, ripristinare con un grande intervento di scavo e pulizia l’asta
del nostro Cismon, lasciando dei fondali, come una
volta ben ricordo, dove oltre alla pesca durante l’estate ci si poteva fare il bagno asciugandosi al sole,
una volta usciti dalla famosa “ moia”.
sponsabilità della macchina amministrativa. Subito
elenco i miei assessori e consiglieri e di seguito il
programma elettorale, quello per il quale la maggioranza dei cittadini ti ha con fiducia delegato assieme agli altri componenti della lista ad attuare.
Desidero non elencare quello che ho fatto, tanto,
credo che i miei concittadini l’abbiano visto, magari
qualcuno non può assecondare o cambiare idea ma
quello è il programma che c’eravamo dati.
Menziono e devo considerare di avere anche degli
avversari (politicamente parlando), i quali reclamizzavano altre proposte nel loro programma, all’ora
Vieni a tentare la fortuna!
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La Theka
Il Comune che vorrei
devi mettere in condizione
e far capire alla cittadinanza che il mio programma è
stato a maggioranza più garantista.
Poi di seguito rispondo che
il sindaco lo sto ancora facendo, e lo sto facendo con
lo stesso entusiasmo che
avevo alla mia prima nomina. Purtroppo devo fare
una palese considerazione:
in questo secondo mandato le possibilità di attuazione di opere, lavori pubblici
s’intendono, sono ridotte
al lumicino a causa della
gravità della crisi economica che è avvenuta. Tanti
lavori e opere sono stati
completati, diverse sono
ancora da iniziare, anche
molto importanti e per citarne alcune: l’allargamento della via Loat con annessa la pista ciclabile, sempre
in quella zona l’allargamento con relativa asfaltatura
della traversa di via Candaral, l’area parco ad Arten
in via di completamento, il
secondo stralcio del recupero del casel d’Arten, la
centralina di Pedesalto, l’impianto fotovoltaico alle
scuole medie e tante altre ancora.
Purtroppo come ricordavo prima il periodo, è storico, cioè voglio dire, siamo in piena crisi economica
e le risorse sono sempre meno ma assicuro che tutte queste opere e tutte quelle messe in programma
saranno sicuramente portate a termine.
Vorrei visto lo spazio concessomi, invitare i miei
concittadini ad assistere magari in forma più numerosa ai consigli comunali, dico questo perché tante
volte sento in giro notizie e commenti, del tutto riportati in maniera errata e per niente in linea con
quelle che sono le operazioni dell’amministrazione.
E’ anche vero che durante il consiglio comunale il
pubblico non può partecipare alla discussione (citando la solita frase: tanto no posse parlar) ma ha
pur sempre una disamina dell’emendamento discusso e approvato all’unanimità o anche con qualche parere contrario.
Infine mi si chiede il comune che vorrei tra venti
anni?
Questa è una domanda difficile a dar risposta, an-
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che per non cadere nel pragmatico. Tra vent’anni
mi piacerebbe trovarmi in un territorio come lo è
ora, con tutte le sue bellezze mantenute. Ricordo
che mi sto prodigando con il nuovo progetto di piano a mantenere il più possibile lo stato attuale, cioè
senza stravolgimenti del territorio, senza sviluppo
di nuove aree fabbricabili sia civili sia produttive a
parte quelle già programmate, e poter arrivare in
piazza primo Novembre con le mie gambe. E’ sì, tra
vent’anni sarò anch’io un po’ avanti con gli anta.
Ripeto, voglio bene al territorio e ho fiducia che chi
continuerà la guida del comune, dopo aver terminato il mio mandato che ha condizionato una grossa
fetta della mia vita, possa amministrare con coscienza dedita a un unico fine, il bene della comunità.
Certo nessuno può pretendere di passare indenne
alla critica neanche il sottoscritto.
Termino e poiché siamo imminenti al prossimo
Santo Natale, voglio portare a tutti un Augurio di
BUONE FESTE e un nuovo anno di opportunità per
quelle persone che in questi ultimi anni anno perso
la possibilità di un lavoro. Grazie ancora e BUON
NATALE.”
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La Theka
Anno 2010 - N. 9
Uno sguardo al mio paese
di Alfredo Iannelli, sindaco di Fonzaso dal 1995 al 2004
Il Comune che vorrei
“Mi è stato che chiesto di esprimere un giudizio - avendo ricoperto la carica di Sindaco di Fonzaso dal 1995 al 2004 - in
merito all’evoluzione intervenuta in questi anni nella vita della
nostra Comunità, con particolare riferimento al periodo immediatamente precedente il mio incarico ed a quello in cui
ho svolto il compito di amministratore, formulando altresì una
previsione per il futuro. Ho accolto di buon grado questo invito che mi permette di ripercorrere a mente fredda alcuni passaggi importanti per lo sviluppo del Nostro Comune, peraltro
senza seguire uno schema predefinito ma spaziando a ruota
libera nei vari settori dell’economia, viabilità, sociale, servizi
alla persona, tutela dell’assetto territoriale/storico/ambientale senza tralasciare il radicale riassetto dell’apparato tecnico
amministrativo comunale, che ritengo fondamentale per il raggiungimento degli scopi e traguardi programmati.
Al momento del mio insediamento ho cercato di avere una
visione globale delle problematiche locali e sono emersi tre
principali aspetti di riflessione.
Il primo riguarda una realtà ormai consolidata con uno sviluppo assai marcato di attività industriali nell’area realizzata ed
urbanizzata in località Fenadora. Quest’area, voluta e creata da
precedenti amministratori, coinvolgendo siti precedentemente destinati all’agricoltura, stava dando copiosi frutti in termini
di occupazione tant’è che vi era una forte richiesta di lotti per
insediare nuove attività. La gestione era affidata ad un Consorzio composto dai Sindaci di Fonzaso, Lamon e Sovramonte,
peraltro non supportato da adeguata struttura operativa.
Non è però che l’agricoltura fosse stata dimenticata, tant’è che
venne elaborato un progetto per la razionalizzazione dell’irrigazione nella piana, ma esso naufragò miseramente vuoi per
l’opposizione degli stessi agricoltori che non lo ritenevano razionale e rispondente alle loro necessità concrete, ma soprattutto perché l’investimento di circa un miliardo (vecchie lire)
non rispondeva a criteri di economicità in considerazione della
modesta importanza del prodotto conseguito, trattandosi di
attività residuali di svago più che di vera e propria organizzazione aziendale. Un secondo aspetto era più che altro legato
alla presa d’atto di un radicale cambiamento – lento ma inarrestabile – nell’attività della lavorazione del legno; le numerose
segherie esistenti, stavano chiudendo definitivamente fino a
scomparire del tutto in questi anni. Al loro posto sono sorte
attività piccolo artigianale, ma evidente che nell’economia globale potevano incidere in misura assai minore.
L’ultimo grande problema riguardava la possibilità della realizzazione di una grande rotatoria nei pressi della località “alle
Sasse”, che avrebbe dovuto convogliare il traffico dal Canalet
verso la Fenadora. Era un’opera che da subito aveva trovato
fiera opposizione per almeno due principali motivi: primo il
Canalet avrebbe perso la sua identità di oasi ancora salvaguardata per diventare un’arteria di traffico intenso anche di mezzi
pesanti; secondo non era ritenuto utile deturpare ulteriormente il territorio con la realizzazione di un collegamento non
indispensabile, anche perché la Fenadora–Anzù era un progetto ormai in avanzata fase di realizzazione.
Quale Sindaco, supportato da una lista rigorosamente civica,
ho subito cercato di individuare alcune linee guida di intervento per migliorare certe situazioni ritenute precarie e per
dare un deciso impulso in alcuni settori economici e sociali.
E’ da premettere che una prima disamina della situazione in
atto ha evidenziato come le concrete possibilità da utilizzare
non potessero che seguire l’impianto già in atto dimostratosi
valido, con il potenziamento e l’ulteriore valorizzazione della Z.I., magari integrata con alcune attività (es. Punto Verde) e
l’appoggio all’agricoltura esistente ed in divenire, anche perchè stava riprendendo piede la produzione vinicola un tempo
fiore all’occhiello di Fonzaso.
Per prima cosa è stato dato avvio ad un radicale riassetto
dell’apparato comunale, sia per quanto riguarda l’aspetto logistico interno che per una razionalizzazione delle risorse umane. In quest’ottica sono stati ridefiniti alcuni compiti responsabilizzando i dipendenti e risolvendo il problema del segretario
comunale che da anni si trascinava con incarichi e supplenze
senza un vero titolare fisso.
E’ stato poi dato un assetto più consono al “Consorzio di Industrializzazione” dotandolo di un impiegato fisso e di specifico
ufficio ricavato in aderenza alla sala consiglio. Infine la Biblioteca, sistemata in locali angusti ed affatto inidonei al piano terra,
è stata trasferita nello stabile ristrutturato ex negozio Ceccato
nella piazza centrale e vicino al municipio in locali più sani ed
accoglienti, con un arredo funzionale; è stata poi assunta una
bibliotecaria in pianta stabile.
Nel campo delle opere pubbliche è stato acquisito il collaudo della Piazza I Novembre con una stancante trattativa con la
Soprintendenza di Venezia, protrattasi in più incontri in quella
sede.
Si è poi provveduto alla sistemazione delle vie Roma e Lucco
Zadra, secondo un progetto che prevedeva la formazione di
una specie di anello da completare con via Mezzaterra, racchiudente il nucleo storico del Comune; purtroppo le opere
di quest’ultima via non sono state ancora realizzate per cui il
progetto rimane tuttora incompiuto.
E’ stato poi realizzato un marciapiede/pista ciclabile verso Arten con l’allargamento della sede stradale con la compartecipazione finanziaria dell’Amministrazione provinciale; il primo
stralcio, fino al Cimitero è stato da tempo completato mentre
rimane in sospeso la parte terminale verso Arten malgrado
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La Theka
ma precisi accordi presi prima del mio avvento non hanno consentito scelte diverse, pur lasciando aperta qualche possibilità
per un prossimo futuro.
Come ho visto e vedo tuttora le prospettive future per Fonzaso? Non vi è dubbio che Fonzaso soffre pesantemente della
grave crisi economica che ha colpito il mondo intero in questi
due ultimi anni; di ciò risente particolarmente la Z.I., che vede
in gravi difficoltà alcuni dei più importanti insediamenti.
Pur tuttavia ritengo che esistano margini affinché con opportune riconversioni possa riprendere in un prossimo futuro il
rilancio di questa grande opportunità.
Saranno necessari alcuni riequilibri e scelte mirate alle nuove
iniziative che potranno essere intraprese alla luce delle nuove
prospettive, senza rimanere ancorati a concetti d’impresa ormai obsoleti.
Ritengo quindi che il rilancio della zona industriale, unitamente all’ulteriore sviluppo di alcune attività agricole (vigneti e
prodotti tipici della nostra zona) che per fortuna non hanno
risentito in modo apprezzabile della crisi, possano rappresentare il volano per lo sviluppo dell’economia locale, portando
il baricentro di altre attività complementari quali il commercio,
che in passato avevano visto Fonzaso quale punto d’incontro
per i paesi limitrofi compresi quelli del Primiero.
A ciò aggiungo un imprescindibile impegno a mantenere integro e curare con grande attenzione il territorio, che offre impareggiabili opportunità di fruizione e godimento senza attuare
stravolgimenti che ne minerebbero l’essenza stessa.
Infine alcune scelte di supporto, come la valorizzazione del Castello di San Micel, La Malga Campon, il percorso storico della
Via Claudia Augusta Altinate nelle sue diramazioni, potranno
dare ulteriore impulso per una riproposizione di Fonzaso anche come polo di attrazione turistica”.
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Il Comune che vorrei
l’impegno codificato della Provincia.
E’ stata studiata ex-novo la piazza di Arten che, compatibilmente con lo spazio esistente, offre un più razionale utilizzo
dell’area; inoltre si è potuto acquisire con trattative interminabili la loggetta ad uso pubblico ricavata proprio al centro della piazza stessa a seguito ristrutturazione del vecchio edificio
esistente.
Ad Agana è stata realizzata una idonea piazzola con tettoia per
la sosta delle corriere, circondata da un’area di proprietà comunale.
Nel campo del sociale il Comune ha intrapreso una incisiva
azione per assicurare la presenza del distretto sanitario che
nelle intenzioni dell’ULSS sarebbe dovuto essere inglobato a
Feltre.
Inoltre è stata supportata caldamente l’iniziativa dell’ATER finalizzata a realizzare alcuni alloggi popolari presso l’immobile
ex Ceccato.
Non va poi sottaciuto il recupero del Casel di Fonzaso, su lascito vincolante degli ultimi due proprietari, ove è già stata realizzata un’ampia sala polivalente.
Ad Arten è stato parimenti intrapreso un radicale recupero del
Casel, ove troveranno la loro sede associazioni locali, in primis
Alpini.
Ampio sostegno ed incessante collaborazione sono stati dati
alle Associazioni sportive, culturali e di volontariato operanti
sul territorio, con particolare riguardo alla Proloco che ha sempre dimostrato grande disponibilità verso il Comune. Riveste
finalità sociali anche l’acquisizione di una consistente porzione
del Brolo De Boni per ricavarne uno spazio aperto di svago e
relax proprio al centro del Capoluogo.
Più sportivo e di svago è l’aspetto legato all’acquisizione di alcune aree ad Arten per ricavarne un parco giochi per bambini,
la cui realizzazione materiale è in atto in questi giorni.
In campo scolastico il Comune è intervenuto nelle scuole elementari di Fonzaso per eliminare la vecchia pavimentazione
in linoleum, che suscitava timori per la possibile presenza di
amianto in fase di decomposizione ed in quella di Arten per
alcuni lavori di consolidamento. Alle medie si è voluto creare
una sala d’informatica, su proposta della prof.ssa Giocondina
Toigo, che risulta assai apprezzata.
In campo culturale, oltre alla già citata razionalizzazione della
Biblioteca, è stata attivata l’Università degli adulti-anziani, con
sede a Fonzaso e comprendente i comuni di Arsiè, Lamon e
Sovramonte; questa iniziativa ha riscosso da subito un lusinghiero successo e cresce di anno in anno.
Nel 2004, giunto alla scadenza del mio secondo mandato e
non potendo più ripresentarmi, non ho più voluto partecipare
ad altre esperienze anche se richiestomi con particolare insistenza, ritenendo che fosse opportuno un ricambio mediante
l’inserimento di altre figure con idee innovative.
In conclusione non posso che ritenermi gratificato della mia
novennale esperienza amministrativa, che mi ha dato grandi
soddisfazioni soprattutto nei rapporti umani; unico rammarico
il trasferimento della stazione dei C.C. ad Arsiè: per riportarla
a Fonzaso mi sono battuto con rigore in tutte le sedi possibili,
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Ricordi del mio Comune
di Bortolo Susin, sindaco di Fonzaso tra il 1970 e il 1995
Il Comune che vorrei
“Sono stato amministratore per un lungo periodo, dal 1970 al
1995: 25 anni di impegno (5 anni di assessore delegato con il sindaco Giuseppe Colao, tre legislature da sindaco, un quinquennio
di consigliere provinciale). Di tale periodo importante della mia
vita io ho un ricordo positivo e spero che tale sia anche il ricordo
dei Fonzasini.
Nel 1970 il paese di Fonzaso che i “nuovi” amministratori hanno
trovato era piuttosto mal messo: privo di molti servizi, depauperato socialmente dalle ultime ondate migratorie, con poche prospettive di sviluppo, un’agricoltura di pura sussistenza e un immobilismo evidente.
In una ventina d’anni siamo riusciti a cambiare molto, con la realizzazione di numerose ed essenziali opere pubbliche: acquedotti,
fognature, depuratore, illuminazione pubblica, stadio comunale,
sistemazione del Municipio, ampliamento del Cimitero, costruzione del Magazzino comunale (realizzato dall’amministrazione
di Amedeo Colao, alla quale peraltro sono rimasto vicino nel periodo in cui ero consigliere provinciale: ero segretario della DC
e partecipavo ai pre-consigli), costruzione della nuova materna
di Arten, ampliamento della scuola elementare di Fonzaso, metanizzazione, migliorie della rete viaria, sistemazione della piazza
centrale, primo avvio dell’arredo urbano.
Le opere realizzate allora sono ancora funzionali e funzionanti e lo
saranno per molti anni: Fonzaso, sotto questo aspetto, è un comune ben attrezzato e le amministrazioni non hanno problemi grossi
da risolvere.
In quel periodo è stato poi studiato ed adottato il Piano Regolatore Generale: un tentativo di pianificazione urbanistica e di regolamentazione degli interventi edilizi privati, basato su uno studio
approfondito delle caratteristiche del territorio e del patrimonio
edilizio esistente, su prospettive di un moderato sviluppo residenziale e produttivo, giudicato dalla Regione un Piano Regolatore
“maturo” e serio (anche se poi è stato in parte snaturato da decine
di varianti che ne hanno annullato in parte le scelte più incisive).
Gli amministratori di quel periodo possono rivendicare un impegno importante per il Comune: la realizzazione dell’area industriale, attraverso il Consorzio di Industrializzazione di cui sono
stato Presidente per vent’anni. Nessuno ricorda più le difficoltà
di tale scelta (l’aperta ostilità dei Feltrini, la mancanza di fondi, la
difficoltà di convincere il mondo politico regionale della necessità assoluta di creare nella conca una zona produttiva e una possibilità di posti di lavoro, le difficoltà per l’acquisto delle aree).
Eppure, testardamente, non ci siamo arresi e sono arrivati i primi
fondi regionali per le infrastrutture dell’area, i fondi della Comunità Montana Feltrina per il punto vendita dei prodotti agricoli,
l’insediamento delle prime industrie importanti, che hanno dato
lavoro per molti anni a numerosa manodopera.
Non è mancata una costante attenzione per i problemi “sociali”,
l’attenzione verso il volontariato, il mondo della scuola, gli emigrati. A mio parere il Comune e l’Amministrazione sono stati, in quel
periodo, al centro della vita cittadina.
Per tutti quegli anni noi amministratori siamo riusciti a formare un
gruppo compatto di amici, veri volontari a costo zero, che discutevano anche accanitamente, ma poi sapevano ritrovarsi insieme
per una pizza o una cena.
Sono passati quindici anni da allora ed io osservo oggi una situazione molto diversa: il Comune a poco a poco si va “svuotando”, perde anno dopo anno competenze, funzioni, importanza.
All’interno della struttura comunale stessa stanno evaporando le
competenze e le responsabilità degli amministratori eletti: con le
disposizioni, e spesso con la scusa, della legge Bassanini, compe-
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tenze e responsabilità sono state (volentieri) delegate alla struttura amministrativa e così Sindaci, Assessori, consiglieri si sentono esonerati dall’obbligo di conoscere e di controllare tutto
quello che il Comune fa, deve fare, deve prevedere e curare, in
ogni campo (compresi i servizi delegati): tutto ciò si chiama deresponsabilizzazione. Anche nel campo urbanistico la tendenza
è quella di portare le scelta fuori portata degli amministratori e
delle comunità che rappresentano: i piani comprensoriali, provinciali, regionali sono solo, per le piccole comunità, “espropri”
della facoltà di amministrarsi e di decidere in proprio le scelte di
intervento sul territorio.
Se tale tendenza sarà portata avanti si avrà entro pochi anni la
sparizione del Comune attuale per lasciare posto a che cosa?
Non si sa. Ma se astrattamente svolgere i servizi in consorzio può
essere economicamente utile e forse necessario, se una previsione urbanistica sovra comunale può essere utile, ma rimane la
sola, ciò porterà ineluttabilmente alla scomparsa della identità
comunale e all’impoverimento del tessuto sociale che ci tiene
uniti, che ci fa sentire parte di una comunità, sia pur piccola, ma
con una propria storia, un proprio dialetto, un proprio patrimonio culturale. Sarà un male inevitabile? Io credo di no.
Per evitare che Fonzaso sparisca (diventando una piccola frazione di Feltre, insieme a tutti gli altri piccoli comune della zona)
bisogna prima di tutto che il livello della popolazione rimanga
almeno quello attuale, perché al di sotto di una certa soglia non
si potrà più organizzare una vita di comunità. Il trend dell’andamento demografico attuale è però negativo: una popolazione
anziana preponderante comporta, nei prossimi anni, un drastico
calo di abitanti.
Io mi sono spesso chiesto: cosa può convincere un giovane, o una
famiglia di giovani, a restare a Fonzaso e a non andar via, come
già fanno molti? Qui non ci sono servizi come Feltre, Belluno e
Bassano: scuole superiori, cinema, teatro, luoghi di aggregazione
giovanile, possibilità di frequentare agevolmente l’Università,
maggiori possibilità di impiego, prospettive migliori per i figli.
Per ora resta a Fonzaso chi ha già una sua abitazione, un lavoro
accessibile senza troppa spesa, chi (ma sono pochi) ama conservare una piccola attività agricola accessoria, chi è profondamente legato alla sua famiglia e non vuole lasciare soli i suoi vecchi.
E gli altri?
Ciò che può legare un giovane al suo paese sono alcuni elementi
essenziali: il lavoro, la casa, l’ambiente, la comunità. E questi sono
gli obiettivi che il Comune deve porsi.
Per il lavoro il Comune deve continuare a fare tutto ciò che può:
far funzionare l’area industriale (il che non vuol dire riempirla
di capannoni vuoti!), interessarsi attivamente per far arrivare a
Fonzaso, in tutto il territorio ma prioritariamente nell’area produttiva, la rete a banda larga: creare l’ambiente favorevole all’insediamento di attività produttive e commerciali.
Per il commercio, abbiamo già quanto basta di supermercati (e
altri sono a breve distanza); dobbiamo evitare che i piccoli negozi di vicinato chiudano: sono anch’essi centri di incontro e di
socializzazione.
Per la casa: la cura dei servizi per la casa, affidati ad enti e ditte esterne, deve essere costantemente monitorata dal Comune:
acquedotti, fognature, depuratore (pagati dal Comune e credo
ancora di sua proprietà), raccolta dei rifiuti, ecocentro devono essere curati e vigilati, per non ritrovarsi, al prossimo cambio di legge, a ricevere indietro “catorci” inutilizzabili. Nella redazione dei
piani urbanistici sovra comunali la voce degli amministratori deve
farsi sentire: Fonzaso è il centro naturale del feltrino occidentale e
La Theka
zature, ambienti accoglienti…) e sentano di essere importanti non
solo per i genitori e gli insegnanti, ma anche per tutta la comunità.
Un problema vero di Fonzaso è ora la coesistenza, a un paio di km
di distanza, di due scuole elementari: quanto potrà durare questa
situazione? Prevedibilmente poco e quando le autorità scolastiche decideranno credo che poco si potrà fare per salvare i due
plessi. E allora ci si deve preparare a chiedere dei precisi risarcimenti per l’indubbio impoverimento: fondi per i trasporti, per
l’adeguamento dell’edificio che dovrà accogliere tutti gli alunni
e, perché no, l’istituzione del Nido per la prima infanzia. Un nido
però per il solo Fonzaso non regge, per mancanza di “materia prima”. Fin d’ora quindi si dovrebbe iniziare un colloquio con i comuni contermini (Arsié, Seren, Lamon, Sovramonte) per far nascere
una struttura comprensoriale (magari nell’edificio di Arten, che
è certamente baricentrico): molte mamme che lavorano passano
ogni giorno per Fonzaso. Poter lasciare il bimbo al Nido e riprenderlo la sera al ritorno a casa sarebbe per molte un aiuto vero.
Il volontariato. E’ una vera ricchezza: avere giovani e meno giovani
sempre pronti a dedicare il loro tempo agli altri è una delle più
belle caratteristiche dei nostri centri. Avere avuto dalla Regione,
in comodato, l’edificio ex-Inapli è stato molto positivo: gran parte
delle associazioni hanno così una sede, primo passo per la continuità delle varie attività. Anche qui occorre che l’amministrazione
sia sensibile e non si accontenti di presentare ogni anno il conto dei servizi (acqua, rifiuti, energia elettrica…): molto spesso le
associazioni fanno opera di supplenza, sgravando il comune da
oneri anche gravosi: perché non riconoscerlo?
La cultura: parlare di cultura a Fonzaso sembra fuori luogo: cosa
possiamo fare? Teatro, cinema, incontri con personalità della cultura “alta”, sono fuori portata e da noi possono arrivare solo echi
lontani. Ma se per cultura intendiamo tutto ciò che non è materiale e ci permea e ci circonda (storia, linguaggio, tradizioni, rapporti
con le montagne, il fiume, la campagna, il territorio) allora anche
noi possiamo fare qualcosa per la cultura, come già si fa in parte
per iniziativa di pochi: salvaguardia dei ricordi del passato, sia nelle caratteristiche degli edifici che nei pochi documenti che spesso
scompaiono (foto, dipinti murali, attrezzature degli antichi mestieri, ecc.), completamento del museo della scuola, ben avviato qualche anno fa ed ora “in sonno”, tenendo presente che la risorsa più
importante è la passione e la competenza dell’ideatore; sostegno
morale più che finanziario con tutte le iniziative che partono dal
territorio, dai fonzasini, giovani o meno, che amano il loro paese e
lo vogliono vivo.
Un esempio di amore per Fonzaso è stato dato dal dr. Angelo
(Nino) Vigna. Pur lontano da Fonzaso per ragioni di lavoro, ha
continuato per tutta la vita a raccogliere dati storici, voci dialettali,
a comporre poesie in patuà e ci ha lasciato una grande eredità (
che “I Fondasìn” hanno poi pubblicato).
Tutto questo aiuta il formarsi ed il crescere della comunità dei
Fonzasini, della quale ci si fa parte attiva e questo può essere uno
stimolo per i giovani a restare, a continuare a far vivere il loro paese: senza la permanenza delle famiglie giovani il destino di Fonzaso sarà quello di un progressivo spopolamento e degrado”.
Foto di Francesco Susin
Il Comune che vorrei
ciò deve essere riconosciuto praticamente con l’insediamento dei
servizi intercomunali e sovra comunali (due caserme di Carabinieri
per 7/8 mila abitanti non reggono; se vengono unificate dove devono andare? A Lamon? Ad Arsié? …)
Per l’ambiente: se il comune non pulisce il privato non sente il
dovere di curare non solo il suo spazio privato, ma anche quello pubblico adiacente. Abbiamo angoli di territorio interessanti
e pregevoli: valorizziamoli (sentieri naturalistici, sentieri storici, il
Campon, il prati di Roncon, San Michele, il Cismon…), portando
su quei bei posti i ragazzi e i bambini, che imparano così ad amarli.
La Comunità. Siamo un piccolo centro nel quale tutti si conoscono;
è impensabile, nel paese, non saper chi ti sta di fianco (come succede nei centri più grossi, dove non si conosce nemmeno il vicino
di pianerottolo). Anche se non vi sono più i “cortili” di un tempo,
con diverse famiglie che vivevano praticamente in simbiosi, noi
viviamo a stretto contatto di parenti, amici e conoscenti: questo è
l’aspetto più positivo della vita di paese.
Abbiamo però bisogno anche di trovarci insieme per qualche
precisa ragione, non solo per stare in compagnia, ma per collaborare, aiutare ed aiutarci, condividere esperienze e conoscenze.
Questo è un bisogno sentito ed è quello che favorisce la nascita
e la vita negli anni di associazioni, società, club. A Fonzaso ne abbiamo un bel numero, con una discreta partecipazione, di giovani
e meno giovani.
Un tempo la parrocchia era il centro di tutta la vita sociale. Il patronato era il luogo di ritrovo di tutta la gioventù: tutto questo è
ormai un lontano ricordo.
Per molto tempo gli Amministratori, assorbiti dai gravi problemi
economici e dalla necessità di lavorare per fornire il paese delle
necessarie infrastrutture civili, non hanno avuto molto tempo da
dedicare alle iniziative di socializzazione.
Ora, in questi tempi nei quali le finanze comunali sono al lumicino,
e vi è la necessità di scegliere come impiegare le scarse risorse, a
questo dovrebbero dedicarsi gli amministratori, curando la scuola, l’associazionismo, la cultura, lo sport giovanile, spesso bisognose più di attenzione che di fondi.
La scuola, dalle due scuole materne, alle due scuole elementari
e alla scuola media, tenendo presente che i bambini sono tutti
uguali e tutti devono avere le stesse opportunità, deve sentire che
la comunità e l’amministrazione sono particolarmente attente a far
in modo che gli alunni abbiano quanto occorre (trasporti, attrez-
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La Theka
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La vita è bella
di Amedeo Colao, sindaco di Fonzaso dal 1980 al 1985
Foto di Francesco Susin
Il Comune che vorrei
“Chiedere ad un ex Sindaco, come vorrebbe fosse il suo comune dopo trent’anni è, a mio avviso, solamente pura utopia o meglio una
piccola pazzia.
Credo che come tutti i miei colleghi passati e presenti si sia voluto fare e dare per Fonzaso il meglio di noi stessi.
Pensavo e penso tuttora che essere a capo di un’Amministrazione sia come costruire una grande casa, si parte dalle fondamenta e via via si
arriva fino all’ultimo tassello decorativo (pur con tutti i continui miglioramenti che necessitano).
Ebbene, durante il mio mandato da Sindaco 1980/85 Fonzaso ( la casa…) era appena sopra le fondamenta. Molte zone non avevano ancora
l’illuminazione, quella in centro paese era vetusta, non c’era fognatura in ampi tratti del territorio comunale, stessa cosa dicasi per l’acquedotto, non c’erano depuratori, le scuole erano da rinnovare, per non parlare di impianti sportivi . Tutte opere di primaria importanza per una
comunità, e quindi il mio operato nel quinquennio si concentrò su tutto questo riuscendo a colmare molte di queste lacune.
Certo che Fonzaso me lo immaginavo spesso come un bel paese tranquillo e a misura d’uomo, con i principali servizi pubblici funzionanti, con
ampi spazi verdi, un grande parco attrezzato al centro del paese ( vedi Brolo de Boni che dopo più di trent’anni non si è ancora potuto realizzare e non certo per colpa degli amministratori che mi hanno seguito ma per mancanza di fondi), con il centro del paese commercialmente
attivo e con una zona industriale altrettanto viva e capace di far si che moltissimi fonzasini non dovessero più andarsene in cerca di lavoro.
Verso la fine del mandato diedi poi l’incarico per la stesura del Piano regolatore, piano che nel mio modo di vedere avrebbe dovuto adattarsi
maggiormente alle esigenze dei cittadini e con le varie zone (artigianali, commerciali, agricole…) da collocare dopo una migliore disamina
della situazione territoriale al fine di favorire e sviluppare il centro del paese.
In questi ultimi decenni le nuove tecnologie, la globalizzazione, hanno stravolto il mondo a tal punto e così velocemente che mi riesce difficile
ipotizzare il mio comune tra vent’anni, per le amministrazioni locali le previsioni sono tutt’altro che rosee, i colleghi amministratori si trovano
e si troveranno sempre più in difficoltà nell’assolvere al loro mandato data l’esiguità delle risorse finanziarie a loro disposizione ma ciò nonostante ho sempre per loro grande stima ed ammirazione a prescindere dal loro orientamento politico.
Concludendo mi viene da affermare, anche con un po’ di ironia, che oggi a sessantotto anni, guardando indietro ai 15 anni passati in amministrazione comunale (da assessore prima, da Sindaco poi e come consigliere gli ultimi 5 anni) sono stati tra i migliori della mia vita anche se allora
non avevamo cellulari, internet o quant’altro.
Cordiali saluti e buone feste a tutta la cittadinanza!”.
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La Theka
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Il Consiglio Comunale del 30 novembre 2010
a cura della redazione
ha avuto accesso allo specifico finanziamento e ne ha distribuito
una parte solo a Fonzaso e Quero. Il Consigliere Vieceli chiede
quando inizieranno i lavori della palestra: il vicesindaco Corso risponde che sono in programma con la fine dell’anno scolastico.
Approvata con 14 favorevoli e 1 astenuto (De Marchi).
6) Proroga della società Autostrade S.p.a.
Introduce il Sindaco: spiega che il giorno prima, alla riunione
del Bim, il presidente Piccoli ha parlato di questa delibera dando parere favorevole; che lo sono anche i presidenti delle tre
province coinvolte (Belluno, Treviso e Venezia). Ferrari afferma
impossibile votare un testo generico, prorogando per 40 anni
la società, senza numeri e motivazioni oggettive a favore del
progetto; spiega che Austria e Alto Adige siano contrari; inoltre che gli studi condotti finora dimostrano come il progetto sia
fallimentare dal punto di vista economico, con pedaggi previsti
elevatissimi. De Marchi conferma. Anche Fantinel si dice fermamente contrario. Il Sindaco racconta della riunione presso l’UAPI
con i dirigenti e il presidente della Provincia, dove si è parlato a
favore del progetto. Ferrari chiede di rinviare il punto e discuterlo con dati oggettivi. Corso dice che i dati ci sono e che ci vuole
rispetto per i consiglieri che anni fa presero questa scelta. Il Consiglio approva con 10 favorevoli, 4contrari (De Marchi, Ferrari,
Fantinel, Dal Pan) 1 astenuto (Maccagnan).
7) Semplificazione delle procedure amministrative relative agli
estendimenti e agli allacciamenti delle reti gas idriche fognarie.
Dopo gli interventi del Sindaco, di Fantinel, Dal Pan, Corso e De
Marchi vengono proposte da Dal Pan delle modifiche al testo:
al fine di conservare memoria storica degli interventi eseguiti
sul territorio; che sia garantita la tempestività degli interventi
da parte del Bim; che sia verificata l’attività svolta; proposta dal
Vicesindaco la durata annuale dell’accordo. Approvato all’unanimità.
8) Assimilazione ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali non pericolosi
provenienti da attività economiche. Aggiornamento e modifiche.
Il Consigliere Toigo spiega i contenuti del testo: col nuovo anno,
in base alla tipologia, alla quantità di rifiuti e alla tipologia di attività economica, le attività stesse potranno conferire tramite convenzione specifica presso l’ecocentro. Approvato all’unanimità.
9) Surroga membro Commissione Consiliare Permanente: Finanziaria ed Istituzionale.
Causa impossibilità del consigliere Corso Mariangela a proseguire l’attività nelle Commissioni, viene sostituita con il consigliere Todesco Silvana.
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Il Consiglio Comunale di Fonzaso
1) Approvazione verbali n.18-20-21 della seduta precedente
del 03.08.2010.
Gianangelo Corso, come rappresentante della Commissione riunitasi per valutare gli emendamenti proposti da Ferrari, legge
le proposte: viene approvato l’emendamento al verbale n.18. Si
prosegue con la lettura degli emendamenti verbale n. 20 approvati in Commissione. Fantinel chiede di rinviare la discussione
degli emendamenti leggendo le delibere per intero con le relative modifiche, per poterle comprendere. Il consiglio all’unanimità rimanda la discussione. Il Consigliere Toigo dichiara che sia
necessario che i capigruppo stabiliscano in modo definitivo un
metodo condiviso per le delibere.
2) Approvazione verbali della seduta precedente del
28.09.2010.
Vengono portate in discussione le deliberazioni dei verbali del
Consiglio precedente: si approva con 12 favorevoli e 3 astenuti
(Maccagnan, Fantinel, Todesco).
3) Ratifica delle delibere giuntali n. 54 del 19.10.2010 avente
per oggetto 3° variazione al bilancio 2010 e n. 59 del 02.11.2010
avente per oggetto: 4° variazione al bilancio 2010.
Introduce il vicesindaco Corso che informa riguardo il Servizio
Tesoreria: dal 01.01.2011 per due anni il servizio di tesoreria
sarà gestito da Unicredit. Interventi dei consiglieri Ferrari e De
Marchi. Il consiglio approva all’unanimità.
4) Concessione in comodato all’Associazione Para e Delta Club
Feltre gestione area decollo Monte Avena.
Il Sindaco presenta i contenuti dell’accordo. De Marchi propone
che la delimitazione dell’area sia a carico del comodatario e non
del Comodante (Comune) come scritto. Il Vicesindaco afferma
che l’area è già delimitata; riporta anche la necessità di definire
un accordo affinché non vi siano problematiche con la pratica di
aeromodellismo al Campon. Approvata con 14 favorevoli ed 1
astenuto (De Marchi).
5) Assestamento di bilancio 2010.
Il vicesindaco ringrazia gli uffici comunali per il buon lavoro.
Con l’assestamento di bilancio sono state inserite tre opere:
l’eliminazione barriere arcitettoniche presso la scuola di Fonzaso (9.000 euro); la pavimentazione della palestra della scuola
(15.000 euro), l’acquisto di uno scavafossi (14.500 euro). Con
parte dell’avanzo di amministrazione (7.600 euro) si è deciso di
pagare il trasporto scolastico 2010-2011. Ferrari chiede come
ci si dovrà porre verso quelle famiglie che avevano rinunciato al
trasporto scolastico causa il previsto aumento dei costi: Corso risponde che non vi sono problemi, anche per chi avesse rinunciato al servizio di trasporto; che tutti possono utilizzare il servizio.
Fantinel chiede informazioni riguardo ai 15.000 euro trasferiti
da Feltre: viene spiegato che Feltre, come Comune di confine
La parola ai cittadini
La Theka
Anno 2010 - N. 9
I luoghi comuni
di Matteo De Rocco
Se penso ai luoghi di aggregazione che mi hanno accompagnato fin da bambino, i ricordi più lontani vanno alla scuola, alla chiesa, al
catechismo. Da piccolino incontravo i miei amici davanti al “fontanon”, poi iniziai a frequentare la piazza, i bar del paese, quelli di Feltre,
alcuni locali dell’alta trevigiana e perfino gli ostelli d’Australia. Attualmente i luoghi “comuni” dove mi si può trovare sono: su facebook,
alla macchinetta del caffè e presso la redazione della Theka. Sono all’apice del mio successo, no?
Peccato però che in ognuno di questi luoghi comuni mi scontri con quegli “altri” luoghi comuni, quelli senza i quali non riesco a completare una semplice conversazione fra compaesani. “Sì, parchée, ai trentini la ghe va ben fin che i paga coi nostri”, “E i èstracomunitari? Che
i vien a far dàni e basta?”, “E a ònde éle finìe le mède stajòn?”.
Mi piacerebbe poter dire che queste parole sono di qualche vecchio nostalgico di Emanuele II, ma sono ragazzi più giovani di me a dirle
e a crederci. Ma, d’altra parte, tale padre tale figlio, oppure, la mela non casca troppo lontana dall’albero, si dice così vero?
Che poi, diciamolo, i luoghi comuni non sono mica tutti disfattisti. È infatti luogo comune dire che più in basso di così non si può andare,
che l’anno che verrà dovrà portare una ripresa, che la crisi se la sono inventata quelli della televisione. E, ancora, che a quelli in cassa
integrazione va fin troppo bene: pagati per non far niente, e magari con un lavoretto in nero. Lo si dà per assodato, ma si sa che non è
sempre così.
Eppure basterebbe un minimo di buonsenso, buongusto e intelligenza per portare tutti noi ad elaborare delle frasi senza stereotipi né
luoghi comuni, per riuscire ad articolare un discorso non dico illuminante, ma perlomeno non banale. D’altra parte però ci vantiamo di essere uno dei popoli più alcolizzati d’Europa, e quindi non possiamo andare molto più in là del dire che la Chiesa è piena di soldi, che certe
cose succedono solo in Italia, che i politici pensano solo a tenersi la poltrona sotto il culo, e che le Dolomiti sono le montagne più belle del
mondo. Poi succede che un prete muoia in Guatemala, che un politico americano sia indagato per corruzione, che davanti ai propri occhi
appaiano le Snowy Mountains, e allora per un istante mettiamo in discussione anche tutti i dogmi, perché ci sentiamo alienati dalla società.
Se posso dire la mia, sono proprio quei momenti che mi fanno apprezzare tutte le sfaccettature della società in cui vivo, che sarà anche
fatta di banalità e luoghi comuni, ma sa stupirmi con la sua varietà e le sue evoluzioni. Evviva i colori dell’autunno e le rondini in primavera,
e al diavolo chi ha tempo solo per le chiacchiere!
Il piano possibile
di Edi Zatta
Gli ultimi dati elaborati nel 2009 sul consumo di suolo fanno emergere una situazione a dir poco allarmante. Il primato spetta alla Lombardia, che nel periodo 1999-2006 ha perso 26.000 ettari di superficie
agricola, dei quali oltre 22.000 sono diventati urbanizzati, quindi perduti in maniera irreversibile. Il risultato consolidato parla del 14% di
superficie urbanizzata sul totale dell’intera superficie regionale ma,
se ci riferiamo ai soli territori lombardi di pianura si tratta di quasi un
quarto dei suoi territori a vocazione agricola.
In questo contesto si inserisce di recente il caso di un Comune e del
suo Sindaco, Domenico Finiguerra, che, per primo, ha deciso di non
cedere alla scorciatoia degli oneri di urbanizzazione, rifiutandosi di
percorrere la facile via della svendita del territorio.
Si tratta di Cassinetta di Lugagnano, un comune di 1.800 abitanti sul
Naviglio Grande, a sud-ovest di Milano, territorio in cui le pressioni
edilizie sono state accentuate a causa della migrazione dei milanesi
verso i comuni contermini.
Con la precisa volontà di invertire la rotta e tutelare il proprio territorio, nel 2002 Finiguerra si è presentato alle elezioni che ha vinto con il
50% dei voti. La nuova Amministrazione ha subito avviato un processo di partecipazione con i cittadini, condividendo le proprie intenzioni ed integrando nelle proprie politiche idee e visioni specifiche della
popolazione stessa; di fronte alla scelta proposta dall’Amministrazione, i cittadini di Cassinetta hanno deciso di non alterare il patrimonio
ambientale del Comune con nuove aggressioni edilizie, accettando
contestualmente un moderato aumento delle imposte comunali.
Le idee così condivise sono state realizzate con l’approvazione nel
2007 di un Piano Regolatore che puntasse all’azzeramento del consumo di suolo, ossia che non prevedesse nuove aree di espansione
urbanistica e che investisse tutto sul recupero del patrimonio immo-
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biliare già esistente e sulla valorizzazione del paesaggio.
Il piano ha preso le mosse da un’approfondita analisi demografica che
portasse così alla determinazione dell’effettivo fabbisogno abitativo:
quanti gli abitanti realisticamente previsti per i successivi 10 anni?
Quanti i nuovi alloggi effettivamente necessari? A questa domanda
abitativa il piano ha risposto attraverso una molteplicità di soluzioni:
il recupero puntuale di edifici degradati, il completamento di alcune
previsioni vigenti (piani di lottizzazione e di recupero), la riconversione di aree produttive dismesse, la saturazione di aree già edificate.
Di fatto non viene bloccata l’edilizia, viene densificata la città esistente
evitando lo spreco di nuovo suolo.
Contestualmente, per sopperire alla mancanza degli introiti derivanti
dagli oneri di urbanizzazione, l’Amministrazione ha operato attraverso la riduzione delle spese superflue, il risparmio energetico negli
edifici pubblici e l’avvio di una raccolta differenziata spinta per garantire ai cittadini una bolletta meno pesante. E un passo è stato fatto
anche verso la “finanza creativa”, come per i matrimoni organizzati e
gestiti dal Comune nelle ville di proprietà pubblica lungo il Naviglio.
La vicenda di Cassinetta dà così concretezza all’idea che i Comuni
possano realmente mettere in moto cambiamenti sostanziali nel governo del territorio. Le potenzialità ci sono, quello che manca, spesso,
è la volontà e il coraggio politico di agire. Il percorso è sicuramente
difficile e l’esempio di Cassinetta non può essere semplicisticamente replicabile o banalmente generalizzabile ad ogni realtà. Qualcosa
però sta oggettivamente cambiando: una campagna “Stop al consumo di territorio” sta diffondendo sempre più forte la propria voce a
livello nazionale mentre nuovi comuni adottano piani a crescita zero,
come Camigliano in provincia di Caserta e Solza in provincia di Bergamo, al Sud come al Nord.
La Theka
Anno 2010 - N. 9
Fonzaso: come ti vorrei
di Fermino Lira
alizzate con fondi provenienti da più di una amministrazione
anche se realizzate fuori dal proprio territorio. Quest’ultima
sarà la mossa vincente per superare il campanilismo e per
realizzare opere che diversamente avrebbero un costo proibitivo per i singoli Comuni.
In quest’ottica nel nostro territorio Fonzasino si individuano
alcuni siti turistici esistenti da valorizzare ed opere turistiche
da realizzare ex novo.
Tracciato del percorso turistico a piedi e a cavallo: Arten
località Mulini alto; vecchia strada “romana” nei pressi loc.
S.Nicolò di Arten; innesto in via Madonna Prima all’altezza
del capitello vicino al quale c’è un cippo della centuriazione
romana, località fontanelle dove c’è un complesso antico;
capitello di Madonna Prima; direttrice verso S. Micel; via
crucis lungo la strada in costa (via Calzen); proseguendo per
Galina; collegamento con percorsi in Comune di Sovramonte e Pedavena; cima Loreto; malga montagnola; Campon;
Camper; Casera dei boschi; Croce d’Aune; Rifugio Dal Piaz;
Malga delle Vette; collegamento alle alte vie.
Tipologia di intervento: Realizzazione/recupero di sentieri e
ippovie lungo tutto il tracciato; su tutta la zona pedemontana da Arten a Fonzaso: recupero del terreno da vite quale
elemento valorizzante del territorio (disboscamento, recupero “murade” e terrazzamenti tipici dei luoghi); valorizzazione del complesso edilizio di Fontanelle e del maniero di
S.Micel con individuazione di stazione di soste per l’ippovia, bed and brekfast ed agriturismo; recupero via crucis
lungo la strada in costa (parte terminale di via Calzen) da
collegare alla strada di “Gallina”.
Opere turistiche da realizzare ex novo: area da individuare fra la rotatoria del ponte di Frassenè–Fenadora, o aree
degradate da individuare, con le seguenti caratteristiche: piscina; area da pic-nic; piazzola sosta camper; pista ciclabile;
punto di ristoro, ufficio informazioni, con indicazioni culturali, storiche, sportive ecc.; strade di collegamento all’area
con sottopassi ciclabili con il recupero di strade di campagna
che potrebbero servire dove è maggiore l’esigenza di risolvere le problematiche legate all’uso dell’automobile per
brevi spostamenti casa-lavoro, casa scuola, casa-tempo libero; punto di atterraggio parapendio; pesca sportiva; anello
ciclistico per bambini.
Mi rendo conto che un progetto così ambizioso non è facile
né rapido da attuare ma non vi è dubbio che, essendo sempre più il turismo un fattore di crescita economica e sociale,
prima si comincia e prima si concretizzerà qualcosa di veramente nuovo ed utile per il nostro territorio.
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La parola ai cittadini
Per dare una svolta sotto l’aspetto turistico, propongo uno
studio finalizzato alla realizzazione di un insieme di opere
turistiche.
Tantissime cose a Fonzaso si possono realizzare purché siano pensate in ambito Feltrino e non in ambito Fonzasino.
Mi spiego. Nel settore del turismo il nostro territorio (i 13
Comuni del Feltrino) non può pensare di continuare a presentarsi disunito come fatto finora. Questo perché il nostro
territorio nel suo insieme è vasto, poco abitato e con una
capacità ricettiva limitata. Avere un biglietto da visita unico
è dunque una necessità. Inoltre non si può certo pensare di
fare una grande opera turistica per ogni Comune come per
gli impianti sportivi.
Concertare è la parola d’ordine; presentare un progetto a
grande respiro che abbracci un certo numero di Comuni
dove individuare servizi turistici collegati ad una rete di strade servite da autobus (attrezzati per trasportare biciclette)
con fermate a richiesta poste a fianco delle ciclabili, percorsi
pedonali, ippovie, sentieri montani panoramici, agriturismi,
bed and breakfast, affitta camere, rifugi, alberghi, architettura locale.
Insomma una rete di natura e servizi applicata ad un territorio con una sua precisa connotazione ed identità, con i singoli elementi tutti interfacciati.
In questa ottica, una volta individuati tutti gli elementi del
nostro puzzle, si potrà pensare a dove collocare le strutture
di nuova eventuale realizzazione.
Queste nuove strutture andranno collocate in zone di valenza, poste preferibilmente vicino ai confini di più Comuni
per limitare al massimo la percorrenza per raggiungere i siti.
Riassumendo:
- si individua la zona omogenea di Comuni sui quali intervenire;
- si individua un soggetto gestore del progetto;
- tale soggetto si accorda con le Amministrazioni sulle modalità operative, agendo da coordinatore;
- le amministrazioni si accordano con tutti gli operatori turistici della zona omogenea;
- si individuano tutti gli elementi di valenza turistica.
- si collegano gli elementi fra di loro (depliant e sito internet
unico, uffici informazione ecc);
- si individuano e si localizzano le strutture turistiche da realizzare ex novo (per es. zone sosta camper, campeggi, bic
gril ecc.).
- si stabiliscono le modalità di partecipazione alla spesa, di
ciascun Comune, per la realizzazione delle nuove strutture
che, essendo di valenza sovra comunale dovranno essere re-
La parola ai cittadini
La Theka
Anno 2010 - N. 9
Il supereroe che vorrei
di Elia Bof, 10 anni.
Tutti pensano che per essere supereroi bisogna avere i super poteri, ma io la penso diversamente, anzi l’incontrario. Pensate ai vostri
genitori: mamma, papà, nonni che ogni giorno ci vengono a prendere e ci portano a fare sport, per questo anche loro sono dei supereroi.
Ad esempio i miei nonni Emma, Giuseppe, Delfina e Livio ci tengono quando non c’è la mamma;i nonni maschi tagliano la legna per fare
il fuoco per riscaldarci e non prendere l’influenza. Le nonne coltivano l’orto per fare da mangiare e poi ci preparano la cena e la merenda. La mamma e il papà: ci mantengono andando a lavorare per noi e comprando quello che ci serve (vestiti, mangiare, giochi e libri). La
mamma Marj ci fa da mangiare quando è a casa, fa il mio bucato e quello di mia sorella e di mio papà; il papà Michele coltiva il giardino e
gioca con noi.
La zia ci porta in giro (in montagna a funghi e ai concerti). Lo zio e la zia ci fanno i regali, perfino mi hanno adottato una mucca. Mia sorella
mi fa i dispetti ma gioca con me e mi vuole bene, infine i miei amici che giocano con me e mi aiutano quando ho bisogno.
Sono questi i miei supereroi.
La morosa dei miei sogni
di Francesco Cassol, 11 anni
La morosa che vorrei non è di certo una cosa semplice.
Dovrebbe essere seria, affascinante ed una che mantenga la calma: non è proprio una cosa semplice!
Anche se chiedo un po’ troppo, non sono come molti che vorrebbero le morose solo per i soldi o come Berlusconi per fare il bunga bunga.
La cosa più importante, per me, è che deve essere bella dentro (magari anche fuori eh!).
Bella dentro per me significa saper amare gli altri, essere gentile con tutti ed arrabbiarsi SOLO quando serve. Per me serve arrabbiarsi
quando non c’è rispetto, quando non c’è impegno e soprattutto quando si nascondono i propri sentimenti per gli altri e per te stessi.
Quando mi è stato chiesto di scrivere questo articolo per la Theka mi sono sentito un po’ imbarazzato perché non sapevo cosa avrebbero
pensato i lettori. Ma dopo, vedendo che le parole mi uscivano dal cuore, ho cambiato idea ed ho continuato a scrivere.
Poco tempo fa ho avuto un “piccolo“ amore tra ragazzi; lei era una ragazza che spendeva soldi per il telefono per parlare con me, anche
se a scuola non mi voleva parlare. Ad un certo punto mi sono stufato di quei messaggi continui e l’ho “lasciata”. La conclusione a cui voglio
arrivare è che questi sono piccoli amori per farsi vedere dagli altri e sentirsi grandi.
La morosa che vorrei, dopo lungo parlare, in fin fine, basta che abbia un VERO cuore, che sappia donare agli altri ed anche a me.
La politica che vorrei
di Alessandro Bond, 12 anni
Cosa posso dire… A me basterebbe che chi governa sia una persona seria, affidabile su cui puoi contare; che trovi posti di lavoro e renda il
mio comune un comune bello e che faccia da modello ad altri comuni e che faccia qualche centro per i giovani dove possano stare insieme
e fare tante attività. E in consiglio comunale maggioranza e opposizione collaborino insieme per raggiungere scopi per il bene dei cittadini
e che non litighino solo per trovare difetti e per infangare il nome dell’altro e che i consiglieri comunali stessero tra la gente per trovare i
problemi e poi portarli in consiglio comunale e risolverli.
Il moroso che vorrei
di Laura Paleari, 12 anni
Mi piacerebbe un ragazzo che mi accettasse come sono. Intelligente quanto basta, di statura media, vivace, carino e che mi faccia ridere. Gli
occhi preferibilmente chiari e i capelli castani. Vestito alla moda ma non troppo, e magari anche ricco...
Mi piacerebbe incontrarlo in pizzeria tramite le mie amiche. I suoi genitori simpatici e socievoli e la suocera non troppo pettegola. Che sia
capace di consolarmi e che ci sia nel momento del bisogno.
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La Theka
Anno 2010 - N. 9
La semplicità a Natale
di Chiara Cassol, 6 anni
A Natale vorei un giocatolo cane dal papà e un pianoforte dalla mamma. Tuto questo e basta. Un cuore. Eco. Chiara Cassol Adele
Che bel restar nelle frazioni
di Nicolas Oppio
che attraversando la strada qualcuno ci investisse. Tutt’ora, quando
si va al supermercato alla Fenadora di sera, o si prende la macchina
(ma ne vale la pena per mezzo km?) o ci si porta una torcia”. Aggiunge poi Alessia: “Abbiamo la fermata dell’autobus comoda, ma non è
per niente sicura, soprattutto quando è buio, perché è isolata e non
illuminata. A 12 anni quando ho cominciato a prendere gli autobus
avevo anche un po’ paura. Ecco, quel che vorrei più che altro sarebbe un po’ più di illuminazione”.
“Un’opera che ha migliorato Agana”, ha detto un’abitante di Agana,
“è stata la creazione di una piccola area verde dove i bambini possono giocare e divertirsi, la casetta per aspettare il pulmino e da tenere
presente la nuova linea dell’autobus che rende migliore per tanti il
collegamento con Feltre e dintorni. All’inizio della frazione è stata
messa una piccola porzione di illuminazione pubblica e nella parte
terminante è stata risistemata e posta in sicurezza la strada di collegamento con Arsiè.Tutte queste opere fino a qualche tempo fa non
c’erano. Credo siano un significativo passo in avanti per aver reso migliore l’abitato di Agana. Dal mio punto di vista sembra non manchi
nulla o comunque molto è già stato fatto, ci si deve poi anche sapersi
accontentare”.
Concludendo, ora che abbiamo capito quale è il cocktail che rende
le frazioni luoghi ideali per il cittadino che non sceglie la più comoda
strada dell’abbandono, ma vuole rimanere, diamo la parola a Massimo Corso, vicesindaco di Fonzaso e abitante dei Giaroni:
“Vedere molte case ristrutturate, vedere che il primo ad essere attento alla propria frazione è il cittadino”, ha detto il vicesindaco Massimo
Corso, “questo è il primo stimolo per invogliare l’Amministrazione
Comunale ad intervenire con opere di arredo urbano. Tanto è stato
fatto in questi ultimi anni, dalle casette per le fermate dell’autobus,
che è arrivato anche ad Agana, all’illuminazione e gli acquedotti, ai
Giaroni è stata creata una piazza dove poter parcheggiare le auto, utile anche per i cittadini che frequentano la chiesa di Santa Barbara”. Ha
detto poi il vicesindaco, “Causa le ristrettezze economiche il Comune
non potrà intervenire nel sociale, ma sono orgoglioso di dire che il
volontariato sopperisce a queste carenze, basti pensare all’Associazione Vita attiva nei trasporti delle persone anziane, o agli Alpini che
sono attenti nel ripristino dei sentieri”.
Poi Massimo Corso fa un invito ai cittadini delle frazioni: “Siamo pronti ad ogni suggerimento e ad ogni critica, esse possono essere costruttive per portare migliorie alle nostre frazioni”.
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La parola ai cittadini
Vivere nella tranquillità pur restando collegati ai servizi. Avere una
piazza o un bar come punto di incontro pur potendosi permettere
di “girar in mudande che nesuni (o quasi) te vet”. Questo, insieme
ad un’adeguata illuminazione è la frazione che vorrebbero tutti quei
cittadini che pur essendo fonzasini, in realtà vivono nelle località limitrofe al paese.
Se Arten, come frazione d
i Fonzaso è la più fortunata e ben servita, esistono molte realtà più
piccole come Agana, Frassenè e Giaroni, e località come Case Balzan,
Pederoncon e Calderal.
“Vivere in una frazione significa tranquillità, per i bambini che giocano in strada e per i genitori che non hanno preoccupazioni se il figlio
è fuori” queste sono le parole di Lara Marcon, abitante di Frassenè,
“Tutti si conoscono e si salutano, Nel tempo ci sono state delle migliorie, piccole cose certo, ma pur sempre piccole conquiste: una fermata
dell’autobus, una piazzetta, una rotatoria che permette di arrivare a
Fonzaso senza problemi. Il ricordo più bello che ho è il gelataio che
passava tre volte alla settimana con il suo camion rosso ed il clacson
con una dolce musichetta, e appena noi bambini la sentivamo qualsiasi cosa stessimo facendo in un attimo tutti ci ritrovavamo in strada.
Questa è una cosa che ricordo sempre con tenerezza”. Se la tranquillità è l’elemento che intercorre in tutte le interviste, tutti gli abitanti
delle frazioni sentono però la necessità di un luogo di aggregazione:
“A Frassenè si sente la mancanza di un Bar”, afferma Alex Minella, “Il
Bar racchiude un sacco di cose, una partita a carte, mangiare un gelato, una partita a flipper o ai video-game, ma quello che ho lasciato
per ultimo è l’andare a bere un semplice caffè, oltre al fatto che può
essere considerato un ritrovo, un punto d’incontro, un luogo dove la
gente può “spettegolare”: chi non l’ha mai fatto?”, come tante altre
cose. Però la frazione è stata brava: ha portato avanti una pacifica domanda, in quanto in tutta Frassenè mancava una piazza. Il Comune ha
approvato la richiesta e i lavori ora sono già ultimati. Ma una Piazzetta
non la si può equiparare ad un Bar, specialmente per i rigidi inverni
fonzasini”.
Le frazioni, per essere vissute dai cittadini necessitano di servizi, molta importanza è ricoperta dall’illuminazione e i trasporti:
“Davanti a Pederoncon corre la statale”, ha detto Alessia Oppio,
“Non c’è un minimo di striscia pedonale né illuminazione, tanto che
quand’eravamo piccoli, io e i miei fratelli non potevamo mai muoverci da soli, specialmente d’inverno quando faceva buio, per paura
La parola ai cittadini
La Theka
Anno 2010 - N. 9
Il don Camillo di Fonzaso
Intervista a don Alberto Vallotto
di Chiara Melchioretto
Perché si è fatto prete?
“Ho sempre avuto il grande desiderio di far conoscere e amare la
bellezza della vita, di far del bene agli altri. Questo mi ha fatto superare le varie difficoltà che ci sono state durante gli studi”.
Cosa pensa della comunità e dei ragazzi?
“La comunità ha una tradizione umana e cristiana ben radicata. Abitualmente alla domanda che tante volte si rivolge a chi non frequenta la Chiesa: “perché?” mi sento sempre rispondere: “credo nella vita
onesta e in Dio.” A mio parere non frequentare dipende tante volte
dal non approfondire che credere comporta porre delle azioni di
vita esemplare dentro la comunità. Per quanto riguarda i giovani, l’esperienza mi ha insegnato che questi all’interno della comunità recepiscono i valori della vita. I tempi che corrono però fanno cambiare
quasi sempre le amicizie dei giovani, dopo la terza media, a seconda
della scelta della scuola. Dopo le superiori l’università e il lavoro li
obbligano ad essere meno presenti nella comunità”.
Com’è il suo rapporto con la comunità?
“Quando i ragazzi pensano di formare famiglia mi viene chiesto di
aiutarli a prepararsi con degli incontri di recupero dei valori umani
e cristiani. In più seguo le famiglie ed il rapporto è molto buono”.
Ha un libro e un film preferiti?
“Il mio libro preferito, su cui fondo la mia vita e quella degli altri è il
Vangelo, che è Gesù Cristo vivo e reale. Per quanto riguarda il film…
mi piacciono molto i documentari naturalistici, e i film di Don Camillo”.
Quali sono le sue passioni nel tempo libero?
“Mi piace dedicarmi alle letture, organizzare incontri con le famiglie,
con gli anziani, gli ammalati. Molto del mio tempo lo dedico anche
alla Casa di Riposo, dove aiuto umanamente le persone ad avere
grande cuore nella loro professione”.
Ha un cantante o gruppo preferito?
“No. Mi piace molto la musica, soprattutto religiosa e moderna”.
Quale squadra tifa?
“Io sono un grande sportivo. In seminario ero insegnante di ginnastica. Certo che seguo il calcio e sono interista da sempre, nella gioia
e nel dolore”.
Faccia un saluto.
“La mia gioia è di aver passato quasi tutta la vita da sacerdote (50
anni) nella nostra comunità di Fonzaso per la quale ho cercato nonostante i limiti di dare più che ho potuto e sempre con gioia. Cuore
e salute a tutti”.
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Anno 2010 - N. 9
Il comune che non vorrei
Memorie dell’occupazione austroungarica
di Nicolas Oppio
Sembra impossibile come alcuni eventi storici restino indelebili nella memoria di una comunità. La prima guerra mondiale sicuramente fa parte di
questi. La Grande Guerra per Fonzaso finì alle ore 11 del 1° Novembre
1918, quando i soldati italiani entrarono in Piazza Municipale, che poi in
ricordo di questo evento andrà a chiamarsi Piazza 1° Novembre. La prima
guerra mondiale a Fonzaso strappò 79 uomini chiamati alle armi ma ben
maggiore fu il danno provocato alle persone civili: basti pensare che nel
1918, detto l’anno della fame, 332 furono i decessi, causati nella quasi totalità dalla cattiva alimentazione. La memoria storica di Fonzaso ricorda la
fame, ricorda la febbre spagnola che mieteva la popolazione come quel
frumento che non c’era più. Ricorda i soldati austriaci che occupavano le
case, che bruciavano il fieno e ammazzavano gli animali. Nella mia famiglia
la memoria storica, ora tramandatami da mio padre, è giunta da mia zia
Giovanna Pasqua Oppio, deceduta da parecchi anni ma viva nei miei ricordi. Lei è stata una di quelle bambine che la grande guerra la hanno subita
in prima persona, e da lei sono arrivati i ricordi dei soldati austroungarici
giunti in località Case Lira. Così nella mia memoria sono entrati i ricordi di
mio bisnonno Olimpio, carrettiere, che preoccupato per l’arrivo dei soldati nascose i cavalli in uno stanzino poco più grande di un ripostiglio.
La parola ai cittadini
Vedo quella casa che era anche osteria, requisita eccetto un’unica stanza. Vedo
le viti tagliate e bruciate, il fieno dato ai cavalli dei soldati alloggiati nelle stalle
di legno costruite lungo la stradina sterrata che collega i Giaroni a Pederoncon. Poi sento i morsi della fame, quella fame che mia zia Giovanna ha sentito
quando cercava di estrarre i fagioli e il granoturco rimasti incastrati nelle fessure
dei solai di legno. Quella fame che ha attanagliato i bambini che a Rocca si tuffavano nel Cismon a raccogliere le interiora degli animali macellati dai soldati
austriaci. E vedo i soldati austriaci risalire verso il Grappa da quella strada che
parte proprio dai Giaroni e arriva in Vessarana. Tra le pagine di “Fonzaso …ieri”
di Angelo Vigna, scopro che Fonzaso ha resistito all’occupazione Austroungarica, e che anche i civili hanno contribuito alla liberazione. Leggo che il nostro
paese negli anni ‘20 ha ricevuto il titolo di Città per meriti di guerra, che nel
1918 è stata citata per le sue gesta in un discorso alla Camera dall’onorevole
Orlando. I cittadini di Fonzaso hanno subito l’occupazione, che ha portato umiliazioni, fame, patimenti e morte. Se hanno resistito, se hanno preso le armi, lo
hanno fatto perché hanno deciso che all’occupazione e ai soprusi preferivano
la libertà. Che ai saccheggi e ai morsi della fame preferivano poter decidere su
come amministrare le loro risorse agricole ed economiche. Tanti di loro, durante l’occupazione, avranno pensato: “Questo è il comune che non vorrei”.
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Spazio alle Associazioni
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Anno 2010 - N. 9
Vorrei una comunità
di Elisa Dall’Agnol
Il comune che vorrei, non è il comune che vorrei, ma è un territorio, una comunità.
Da mesi si è creato una fortissima sinergia fra associazioni culturali che operano fra Fonzaso, Arsiè e Cismon del Grappa, con l’obiettivo di valorizzare il nostro territorio. Queste persone si sono incontrate con costanza, elaborato pacchetti didattici per le scuole, iniziando a lavorare con gli
esercenti. Ora questo lavoro necessita di una concretizzazione più forte, che vada oltre la sinergia fra associazioni e persone, è arrivato il momento
giusto per fare sintesi.
È per questo che non si può più parlare di COMUNE, ma di territorio, unito da un forte e univoco elemento culturale: il confine. E da qui, il passo
che le associazioni vogliono fare si chiama ecomuseo.
Ma per capire cos’è un ecomuseo meglio capire cosa non è: non è un museo, non è un immobile e non è una raccolta polverosa.
Cos’è allora un ecomuseo? L’ecomuseo è un museè de societè, un museo della comunità e del patrimonio territoriale, è il territorio nella sua articolazione, è patrimonio, è popolazione, ma soprattutto comunità. Scardina dunque gli elementi fisici e immobili del museo, per diventare fluido,
raccogliendo sotto un’unica regia sia i siti di interesse storico-artistico-culturale che il patrimonio immateriale di un luogo. È un grande ombrello
quindi, che si sviluppa su un’estensione geografica che incorpora diverse emergenze patrimoniali, legate fra di loro da un’attività materiale comune. Solitamente occupa un’area che interessa diversi comuni e dispone in genere di più siti museali veri e propri.
Il collegamento fra i diversi luoghi e siti è realizzato non solo sulla base di itinerari predisposti, ma attraverso un progetto di sviluppo territoriale
condiviso dalle collettività locali. La forza dell’ecomuseo è il coinvolgimento che va oltre il marketing territoriale.
Si inserisce dunque una duplice dinamica: da una parte si conservano i segni, oggetti, risorse, mentre dall’altra si lavora per il recupero, al fine di
renderlo abitato e vissuto, conservando e riproponendo cultura.
Ritorno quindi a Fonzaso e alzo lo sguardo verso San Micel, luogo antichissimo che denota una interessante similitudine molte chiesette situate in
luoghi sopraelevati e limitrofi ai luoghi di confine, tutti, o quasi dedicati a questo santo. Sembra che il cristianesimo nella sua opera di traslazione
del dio pagano Odino, lo fece diventare San Michele, l’Arcangelo guerriero che sconfisse Lucifero.
Volgo ora lo sguardo verso Cismon del Grappa e il suo castello nella roccia, il Covolo, anch’esso custode del confine, e poi le fortezze militari, dalla
Tagliata della Scala al Forte Leone.
Ritorna la parola confine, ancora una volta: confine antichissimo fra noi e loro, punto di rottura e punto di incontro durante l’epoca del commercio
del legname, luogo di sosta e passaggio dei soldati, ora solo passaggio di auto sfreccianti verso le piste innevate di chi ha imparato a fermare i loro
conducenti.
È arrivato il momento di sfruttarlo questo confine, di iniziare a dialogare e di far emergere le nostre potenzialità, facciamo rete, ecomuseo, impariamo ad amare il nostro territorio, ascoltarlo e riprodurre la cultura. Solo allora diverrà il “territorio che vorrei”.
Una manifestazione tutti insieme
di Denis Cambruzzi, presidente della Pro Loco di Fonzaso
La manifestazione che vorrei è una grande manifestazione che vede coinvolto nell’organizzazione un intero paese, dove tutti, cittadini e associazioni collaborino con uno scopo comune: la buona riuscita della manifestazione, una manifestazione che ognuno in cuor suo sente propria, una
manifestazione fatta per il paese e con il paese.
Mi vengono in mente diverse realtà, anche molto vicine a noi, che in occasione di particolari manifestazioni (vedi ad esempio il palio di Feltre,
oppure i decennali ad Arten solo per citarne alcuni) vedono coinvolte intere comunità impegnate a lavorare, anche partendo parecchi mesi prima,
per arrivare a gestire l’evento nel migliore dei modi e migliorandolo di volta in volta.
Purtroppo però questo sogno si infrange con la dura realtà del comune di Fonzaso, dove manca quello spirito di unione, a cominciare dalle associazioni, che servirebbe a mettere in piedi una manifestazione di tale livello. Tutti troppo impegnati a guardare il proprio orticello, attenti che
nessuno ci “guadagni” più dell’altro, sicuri che qualcuno stia tentando di fregarli, opponendosi e boicottando le decisioni prese a maggioranza solo
perché diverse dalle proprie. Se le associazioni non riescono a mettersi d’accordo tra di loro sul come e sul quando organizzare una semplice festa
del volontariato di una giornata, come possiamo pretendere che nella comunità possa cominciare a sorgere quello spirito unitario per organizzare
una manifestazione tutti insieme? Continueranno così ad esserci miriadi di manifestazioni medio-piccole che non riusciranno mai a decollare e
finiranno per scomparire piano piano, perché arrivate ad un certo livello avranno bisogno non di una sola associazione per gestirla, ma bensì di
due, di tre, di quattro o più.
A dire il vero però qualche anno fa il tentativo di organizzare un manifestazione comune c’è stato ed era anche riuscito bene, poi però sono emersi
i soliti dissapori e l’esperienza non è più stata riproposta: questo però lascia ben sperare sul fatto che se c’è la volontà una manifestazione tutti
insieme si possa fare, basta solamente che ognuno di noi abbia il coraggio di guardare oltre la recinzione del proprio giardino.
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Anno 2010 - N. 9
Lesbiche e gay
Una vita “fuori dal Comune?”
di Giacomo Guccinelli, Responsabile Nazionale Rete Giovani Arcigay
dalle proprie realtà d’origine spesso opprimenti, proprio per questo
agevolati in una più libera espressione delle proprie identità. L’Arcigay
a Pisa è una realtà molto ben strutturata, di consolidata e pluriennale
esperienza; associazione che mi ha saputo dare gli strumenti per capire e per parlare con facilità e consapevolezza di identità e cultura
omosessuale.
Per me essere un gay visibile, da anni anche nel mio paese d’origine,
si è rivelata una grande fortuna. Di me lo sanno tutti: mia madre e mio
padre, che, tra le altre cose, ogni anno condividono con me la bellissima esperienza del Pride, la nonna, il nonno, zii, amici, cugini, insomma,
un po’ tutti. La mia speranza è che in futuro siano in molti i giovani
che possano dirlo banalmente a chiunque trovandosi a chiacchierare
del più e del meno. Scoprire serenamente questa componente, che è
una delle tante che concorrono alla formazione della mia identità, ha
in parte modificato e arricchito il modo di relazionarmi con gli altri e
di conoscere me stesso, rendendomi più aperto e disponibile al confronto con ogni tipo di differenza; il poter parlare liberamente e con
serenità del mio universo affettivo mi permette di vivere rapporti molto rilassati con chi mi circonda; questo ovviamente ha un valore anche
politico: c’è tanto bisogno di parlare con consapevolezza di queste tematiche, quando la maggior parte dei media contribuisce a diffondere
disinformazione rafforzando stereotipi e pregiudizi.
Nessuno decide di essere gay o lesbica, possiamo scegliere però la via
della conoscenza e del confronto con chi percepiamo differente da
noi: se ci informassimo solo un po’ oltre a quanto ci è costantemente
detto, se solo ascoltassimo le persone oltre il pregiudizio, lo stereotipo
e la paura di ciò che spesso temiamo di essere, e imparassimo tutte
e tutti a considerare le persone nelle loro differenze un’ inesauribile
fonte di arricchimento, contribuiremo sicuramente alla creazione di
una società più sicura e inclusiva dove ogni
differenze goda di piena cittadinanza.
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più differenti declinazioni e contemporaneamente dare forza al vostro slancio
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Uno sguardo oltreconfine
“Sei originario di una delle tante cittadine di provincia che anche nel
nord Italia rendono difficile per i ragazzi gay e le ragazze lesbiche trovare contatti e amicizie…vuoi raccontarci la tua esperienza di adolescente?”
Questa pressappoco è la domanda che mi fu posta a bruciapelo qualche mese fa durante un’intervista.
“Nei piccoli centri i gay non esistono!” Questo avrei voluto rispondere
provocatoriamente al giornalista pensando appunto al mio passato di
adolescente cresciuto in un paesone tra Liguria e Toscana. Certo una
cittadina calma, bella, tranquilla e confortevole ma, ahimè, come tanti
piccoli centri belli e confortevoli anche poco abituata e comprensibilmente restia al confronto con le differenze in generale, e, in modo
particolare con le realtà gay, lesbica e trans.
Ho scoperto la mia identità di ragazzo gay all’età di 21 anni: prima,
quando non ero ancora all’Università, a scuola, era difficile che si sentisse parlare di gay se non in modo negativo. “Gay” o “lesbica” sono
spesso insulti come altri e nemmeno i compagni, così i professori, si
preoccupano troppo di capirne il significato. E’ una realtà altra, lontana, semplicemente non contemplata.
“Allora ce l’hai la ragazzina?” Questo spesso ti chiedono amici e parenti in tutta tranquillità mentre tu cerchi di inventare una risposta. Spesso
senti dire che “certe cose vanno fatte in privato” e non capisci come
mai si debba censurare l’affettività che nel quotidiano la maggioranza
delle persone manifesta liberamente: dal tenersi per mano, al parlare
senza vergogna del proprio partner o della propria partner. Si punta il
dito contro “l’ostentazione” quando non ci si accorge che spesso non
è che una quotidianità a cui non siamo abituati. E assisti ogni giorno al
“coming out” dei tuoi amici quando si lasciano scappare un apprezzamento su una bella ragazza o parlano del week end trascorso con la fidanzata e, mentre “da ragazzi” ti danno del
finocchio perché non hai nulla da raccontare, tu aspetti il momento di innamorarti
come tutti ma qualcosa sfugge sempre e
pensi di essere solo.
Questo, com’è capitato a me, ascolta spesso un adolescente in crescita, specialmente
se si vive in piccoli centri, poco educati a
confrontarsi con le differenze. Non sono
solo i pestaggi a far male, spesso sono frasi dette in tutta tranquillità, spesso atteggiamenti che crediamo innocui, legati alla
paura e all’ignoranza della parola “gay”.
Tutto ciò spinge molti e molte adolescenti,
a non accettarsi pienamente, a reprimere o
esprimere la propria identità in modi spesso clandestini interiorizzando una percezione sbagliata di sé.
“Io non mi innamorerò mai” questo è
quanto mi sono ripetuto finché, a Pisa, mi
sono innamorato del mio primo ragazzo!
Ammetto che Pisa è una realtà privilegiata:
città universitaria, multiculturale, piena di
studenti e studentesse fuori sede, lontani
Uno sguardo oltreconfine
La Theka
Anno 2010 - N. 9
A chi appartengono le istituzioni?
di Enzo Trentin
Tramite la Costituzione noi autorizziamo i politici solo a creare
le leggi che ci servono; non siamo noi a servire loro o la legge.
La democrazia nasce per liberare la popolazione dall’oppressione di una casta dominante. La democrazia quindi ha un fine
preciso e molto concreto: impedire che la popolazione subisca
passivamente un’autorità superiore. Allora niente più dominatori, i sudditi diventano cittadini, diventano essi stessi la massima autorità e quindi si autogestiscono.
Come realizzare una simile forma di governo?
Dall’antichità ci giunge il sistema diretto, nel quale tutti i cittadini si riuniscono in una assemblea e prendono le decisioni in
modo collettivo. In buona parte della Svizzera succede ancor
oggi. Tuttavia nei moderni stati nazionali, non potendo riunire in una sola assemblea migliaia di persone si è introdotto il
metodo indiretto. Ora i cittadini non partecipano all’assemblea
ma inviano dei rappresentanti che lo faranno al posto loro.
Però se i cittadini delegassero tutti i loro poteri ai rappresentanti, questi diverrebbero la nuova massima autorità, segnando la
fine della democrazia.
I cittadini-elettori-contribuenti devono invece mantenere, la
propria sovranità conservando il potere di sostituire, in qualsiasi momento, i propri rappresentanti in caso li deludano, ed
accettare o rifiutare le leggi che non li soddisfano.
Per essere eletti – oggi - non serve rappresentare i cittadini. È
necessario procurarsi adeguati finanziamenti per le campagne
elettoral-propagandistiche. Oppure per manipolare l’informazione sui mass-media. Bisogna inoltre entrare nella lista dei candidati controllata in genere dai partiti e non dagli elettori. Vince
le elezioni chi meglio riesce a circuire il cittadino medio. Ma…
imbrogliare qualcuno è il contrario di rappresentarlo!
Eccoci ridotti ad una vuota alternanza fra due falsi schieramenti uniti nella conservazione del potere. Oggi, nel nostro Paese,
non siamo in grado di eleggere liberamente e consapevolmente i nostri rappresentanti, né tantomeno rimuoverli.
Per definizione allora non viviamo in una sistuazione democratica.
Prendiamo un altro esempio: gli Enti locali (Comuni e Province).
Grazie al Decreto legislativo 267-2000 tali Enti si sono dotati di
uno Statuto. L’equivalente della loro piccola Costituzione.
Anche qui si riscontra subito un’illegittimità, se stiamo a quanto scritto
da Thomas Paine [l’ideologo della rivoluzione americana] in “Rights
of man” – 1791: «Una costituzione non è l’atto di un governo, ma l’atto di un popolo che crea un governo: un governo senza costituzione
è un potere senza diritto… Una costituzione è antecedente ad un
governo: e il governo è solo la creatura della costituzione»
In altri termini: i cittadini-elettori-contribuenti possono accettare che gli Statuti siano redatti (come avviene) dai Consigli comunali e provinciali, ma dev’essere chiaro che ad accettarne o
rifiutarne la loro legittimità debba essere quel popolo sovrano
previsto dal Comma 2, dell’art. 1 della
Costituzione, attraverso un apposito referendum, e non già da chi li ha redatti
ed esclude ogni intervento del legittimo
“sovrano”.
Non è più accettabile che attraverso le
elezioni i citrtadini firmino una cambiale
in bianco ai cosiddetti “rappresentanti”.
I cittadini comincino ad esercitare quella
“Sovranità” che hanno – esempio tra i tanti
- i cittadini svizzeri, bavaresi, statunitensi, i
quali utilizzano i referendum «d’iniziativa»
e «di revisione» su materie nelle quali il Consiglio comunale e
provinciale hanno competenza deliberativa e che riguardano
gli interessi dell’intera comunità.
Per «iniziativa», s’intendono azioni tese ad imporre a Sindaco, Giunta e Consiglio comunale ed omologhi provinciali, deliberazioni su argomenti che interessano l’intera comunità. Per
«revisione», s’intendono quelle deliberazioni che, già assunte
dalla P.A., si vogliono prese con differenti norme. Così facendo
la maggioranza dei cittadini è in grado di imporre la propria volontà ai “rappresentanti”.
Cittadini responsabili e minoranze in buona fede, una volta
erlaborati i progetti, le proposte di delibera d’iniziativa popolare, le petizioni, o i referendum; tutti strumenti che appartengono agli “Istituti di partecipazione popolare” previsti dal
Decreto legislativo 267-2000, potranno dare sostanza alla vera
democrazia.
Infine, appare contrario a qualsiasi princìpio democratico che
una qualsiasi maggioranza Consiglieri comunali e provinciali
(che è in ogni caso una minoranza della popolazione) si arroghi
la facoltà di deliberare a proprio insindacabile giudizio. I cittadini eleggono, e pagano, un certo numero di “rappresentanti”
per delegare loro alcune decisioni; costoro vogliano deliberare
come credono, anche quando gli elettori, attraverso il referendum o gli altri strumenti della democrazia diretta, intendono
decidere da sé?
È dal 19° secolo che i “rappresentanti” utilizzano argomenti contro la democrazia diretta e contro l’estensione del voto
maschile (inizialmente per mancanza d’istruzione o di censo),
come pure contro la parità dei diritti politici per le donne. In
generale il diritto di elezione e l’uguaglianza dei diritti politici
per donne e donne è stato raggiunto. Ciò nonostante le vecchie
idee e gli argomenti speciosi continuano ad essere proposti
contro il diritto generale di votare su questioni per mezzo degli
strumenti di democrazia diretta. L’assimilazione della democrazia è rallentata da costoro, di certo non può essere fermata.
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La Theka
Anno 2010 - N. 9
Bilancio preventivo comunale:
l’importante è partecipare!
di Nevio Meneguz
La libertà è partecipazione, cantava Giorgio Gaber.
Nel contesto in cui viviamo la partecipazione sembra non essere più una pratica così diffusa; la disaffezione verso la politica da parte di
ampi settori della società è palese; lo scontro rischia di prendere il posto del confronto.
Quali possono essere gli strumenti da attivare per riavvicinare cittadini e istituzioni?
Il Bilancio partecipativo (o “partecipato” anche se i due termini non sono affatto sinonimi) può rappresentare a mio avviso una forma di
partecipazione diretta dei cittadini alla vita della propria comunità.
Si tratta di un processo volontario, non previsto da leggi, che le amministrazioni mettono in essere per condividere con tutti i portatori di interesse
di un territorio le scelte di ripartizione delle risorse finanziarie destinate a servizi e investimenti. Attraverso incontri organizzati in gruppi tematici,
cittadini, associazioni e altri enti sono chiamati ad esprimere le loro preferenze sugli obiettivi previsti nel bilancio. Il fine è certamente dar forma al bilancio preventivo del Comune, ma soprattutto creare il luogo dove cittadini e istituzioni costruiscono insieme la scala delle priorità di spesa dell’Amministrazione. Al termine del percorso il bilancio, che tiene conto delle indicazioni dei gruppi territoriali, viene approvato dal Consiglio comunale.
Si tratta quindi di un processo attraverso cui si può ricostruire il concetto di “bene comune”, in una logica di dialogo tra territorio e istituzioni.
Solitamente i Comuni, visti i vincoli di bilancio cui sono tenuti, riconoscono alle proposte avanzate dai gruppi di cittadini la possibilità
di incidere su una certa percentuale del Bilancio comunale. Nel caso di Porto Alegre, città di 1,3 milioni di abitanti (Stato di Rio Grande
do Sul in Brasile) in cui si è registrata a partire dal 1989 l’esperienza più significativa di bilancio partecipativo, si è partiti dal 10% del
bilancio comunale per arrivare al 25%. In Italia, il Bilancio partecipativo ha visto una decisa diffusione a partire dalla fine degli anni ‘90.
Vi sono a mio parere ulteriori aspetti positivi di questa forma di partecipazione sociale al bilancio preventivo di un Comune: assicura
consenso agli amministratori, consente potenzialmente di rispondere a bisogni e risolvere problematiche particolarmente sentite con la
priorità necessaria e favorisce l’emersione di sofferenze nascoste.
È vero, motivare alla partecipazione sarà difficile all’inizio, sicuramente impegnerà di più amministratori e cittadini, ma il gioco vale la
candela. Soprattutto in una comunità come quella di Fonzaso in cui il numero di abitanti e le ridotte distanze favoriscono la consultazione.
Per concludere sono convinto che in tempi in cui la drastica riduzione delle risorse sta mortificando le casse comunali l’alleanza tra
cittadini e istituzioni non possa che portare a esiti positivi, quantomeno per cementare il capitale sociale di cui la comunità ha estremo
bisogno.
di Elisa Trimeri
La “Bolognina” non è un piatto tipico emiliano, né tantomeno una squadra di calcio per dilettanti: si tratta, invece, di una zona di Bologna
nota fino a qualche tempo fa per l’alta densità di popolazione cinese (a cui deve anche l’inelegante soprannome Bolochina) e perché
ospitava un grande mercato ortofrutticolo coperto. Proprio in quest’area nel 2008 l’ex amministrazione Cofferati ha deciso di tentare
un esperimento di democrazia e pazienza a cui ha dato il nome di “Urbanistica Partecipata”. Gli ingredienti di questo strano metodo di
costruzione del territorio sono stati: 30 ettari di terreno da riqualificare, un quartiere ad alta densità abitativa, un manipolo di urbanisti,
qualche facilitatore e una squadra di costruttori edili determinati. E fogli di carta, pennarelli indelebili e molte bottiglie d’acqua per
dissetare le gole arse e raffreddare le teste calde. Questo è servito per far partire un progetto di riqualificazione di un terreno a due
passi dalla stazione sul quale si erano fatti molti progetti senza mai incontrare il favore dei residenti o dei costruttori. Se i primi volevano
un parco, i secondi volevano sfruttare al massimo le possibilità edificatorie e creare palazzi e appartamenti. Per mettere d’accordo tutti il
è nato il “Laboratorio di urbanistica Partecipata Bolognina Est” che si è svolto in tre fasi principali: incontri tra tecnici e residenti con raccolta di idee e testimonianze, sopralluoghi nelle aree interessate, stesura di progetti condivisi. Con competenza e maniche rimboccate,
gli urbanisti hanno riunito i residenti (coinvolgendo tutte le fasce di popolazione) in assemblee in cui ognuno poteva esporre il proprio
parere, mettendo sul campo sogni e possibilità. In seguito, hanno eseguito con gli interessati dei sopralluoghi sulle aree da riqualificare,
per far capire da vicino di che cosa si trattasse. Infine, tutti si sono seduti attorno ad un tavolo ed hanno scritto un progetto che andasse
bene per il Quartiere e per i costruttori, per gli immigrati e per gli anziani, per il Comune e per le Associazioni. Durante le assemblee
ognuno è stato invitato a portare la propria idea: chi voleva il parco, chi il parcheggio, chi la pista ciclabile, chi l’edificio con case a basso
costo. Di riunione in riunione, si è trovata una mediazione, si sono valutate le ipotesi e si è scritto un piano di riqualificazione che ora
verrà realizzato, dando concretezza ai sogni dei residenti e alle idee dei costruttori. Grazie all’urbanistica partecipata, i cittadini hanno
avuto la possibilità di scegliere come volevano venisse rimessa a nuovo un’area del loro quartiere e l’hanno fatto assumendosene responsabilità e conseguenze: toccherà, infatti, ad un’associazione di residenti pensare alla gestione e manutenzione del parco pubblico
che sorgerà in una parte del terreno. I costruttori, invece, hanno guadagnato una diminuzione dei tempi di lavoro, dovuta al fatto che il
progetto è stato scritto con i cittadini quindi non sorgeranno comitati contro i cantieri né si cercherà di fermare le ruspe. Il Comune ha
investito in questo laboratorio finanziando i mediatori e gli urbanisti ma ottenendo cittadini soddisfatti ed un progetto per un’area che
era da anni al centro di polemiche. Una riunione in più, una lamentela di meno: a conti fatti, questo sembra essere uno strumento utile
anche per “Il Comune che vorrei”.
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Economia e lavoro
Come si costruisce un quartiere
partendo dagli abitanti
Economia e lavoro
La Theka
Anno 2010 - N. 9
Il lavoro che vorrei
di Annalisa Gaio
Il mondo del lavoro al giorno d’oggi lascia spazio alla creatività delle persone come mai era
successo prima. Dà la possibilità di interagire con chiunque, vicino o lontano, utilizzando tecnologie sempre più avanzate. Lo scambio di dati, informazioni, conoscenze è alla portata di
tutti e ad una velocità incredibile.
Ma non ce ne rendiamo conto.
Le nostre amene vallate, ricche di tradizioni, di paesaggi meravigliosi, di usanze che fanno parte del nostro passato rischiano di metterci le catene. Di renderci miopi al mondo che c’è al di là.
Ci stiamo crogiolando al ricordo di come era “una volta”, quasi nostalgici del vivere quotidiano
dei nostri genitori o nonni. E allo stesso tempo accusiamo il presente di essere incerto, insicuro,
di non darci “garanzie”.
Forse che i nostri nonni avevano garanzie? Quando partivano con le loro valigie di cartone?
Lasciando la famiglia senza sapere se l’avrebbero rivista?
Ho visitato Ellis Island a New York qualche settimana fa. Era la porta d’ingresso per entrare
negli Stati Uniti d’America. Ho visto le foto di migliaia di emigranti, molto commoventi, i loro
volti trasmettevano paura, incertezza, ma allo stesso tempo tanta speranza, tanta forza di ricominciare, di rimettersi in gioco. Per poter ottenere quel LAVORO CHE VOLEVANO, che
tanto desideravano.
Oggi pochi hanno il coraggio di mettersi in gioco. Pochi hanno la forza per partire, per imparare una lingua straniera, o per cercare un lavoro all’estero. Pochi hanno anche le idee chiare
sul lavoro che vorrebbero. Molti si lamentano che non ci sono gli aiuti per i giovani. Mia nonna
rideva sentendo questa affermazione. Non so se lo faceva per la tristezza che risvegliava in lei.
Certo non avrebbe augurato a nessuno la vita che aveva avuto. Ma capiva che i giovani non si
rendono conto di ciò che la vita ha regalato loro: nessuno ha mai sofferto la fame, nessuno è
analfabeta o senza istruzione.
Tutti possono avere IL LAVORO CHE VORREBBERO. Ma ci vuole grinta, coraggio, voglia di fare, bisogna mettersi in discussione ogni giorno,
bisogna investire su se stessi. Nessuno ti regala niente. Quanti giovani conoscono bene l’inglese? Quanti hanno fatto esperienze in altri paesi,
hanno conosciuto usanze, hanno vissuto o lavorato con persone straniere? Quanti hanno avuto il coraggio e la voglia di partire per vedere, capire,
imparare qualcosa di diverso dal nostro vivere quotidiano?
Perché la forza di tutto questo è poi il poter tornare ricchi dentro per creare qui qualcosa di nuovo, di diverso. Oggi non devono più esserci
emigranti ma solo viaggiatori che raccolgono il meglio dalle loro esperienze per poi adattarle e ricostruirle qui, in questi luoghi che sembrano non
essere toccati dal mondo ma che invece, per i loro confini fisici e ideologici, ne vengono esclusi. I limiti non esistono più, sono solo le persone che
li vedono per crearsi così delle false giustificazioni al fatto che non hanno la capacità o la volontà di mettersi in gioco. Forse perché non ne hanno
mai avuto bisogno. Ma i momenti di crisi servono anche a questo: fanno pensare, fanno capire e forse fanno partire chi ha pensato e capito di
più perché finalmente ci si rende conto che nella vita ognuno deve avere un obiettivo da raggiungere, un lavoro con il quale sentirsi realizzato.
Un futuro di pace
di Giuseppe Lira
Destinazione Russia 1941. Partiti diversi fonzasini. Tornati: UNO.
“Durante il fronte fermo non ci sono stati molti problemi, cibo a sufficienza e non troppi attacchi da parte dei partigiani russi, ma con la ritirata
(gennaio 1943) sono iniziati i guai. Del nostro battaglione siamo partiti in 1314 e solo 239 sono tornati a casa. Questi non sono numeri a caso,
sono numeri ben impressi nella mente anche a distanza di più di 50 anni. In tre mesi abbiamo percorso 1500 chilometri a piedi, con il freddo che
arrivava anche a meno quaranta, con le bufere di neve e con i partigiani russi sempre in agguato. Ho visto tanti miei compagni fermarsi sul ciglio
della strada per riposarsi e mai più alzarsi. Piano piano ci siamo liberati di armi e di cose superflue per essere più leggeri e capitava spesso che
qualcuno calpestasse le bombe a mano abbandonate da altri militari ed esplodessero. I cadaveri lungo la strada non spaventavano più, anzi quasi
ti incoraggiavano a proseguire perché tu non ti eri ancora fermato. Le tormente ti portavano la neve sul viso e non avevi nulla da proteggerti,
nemmeno le scarpe che erano consumate, per questo ci avvolgevamo ai piedi delle coperte, rubate in qualche isba abbandonata. Rubavamo il
cibo ai poveri contadini russi perché non sapevamo come sostentarci. Quanta fame e quanto freddo abbiamo patito.
Ancor oggi sogno quella lunga e maledetta ritirata. “Ho fatto quest’intervista ormai 15 anni fa ed avevo dovuto insistere affinché mi raccontasse
della ritirata. All’inizio c’era imbarazzo da entrambi le parti, io non osavo chiedere nulla e Luigi come volesse non ricordare. Poi piano piano ha
iniziato il suo racconto. Ero abituato a vederlo come un uomo rigoroso, silenzioso, quasi autoritario e mi faceva un certo che vederlo emozionarsi
con il racconto, quasi stesse rivivendo la ritirata. Alla fine del nostro incontro la moglie Adelina mi disse che ero stato uno dei pochi a cui avesse
raccontato queste sua drammatica esperienza.
Luigi Baldissera è ritornato e mi ricordo che mi congedò con un “no alla guerra per l’amor di Dio”.
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La Theka
Anno 2010 - N. 9
Vorrei quella mucca
di Andrea Pasa
nel 2010 e a superare le 430 adozioni durante l’estate scorsa”.
Qual è l’obiettivo del progetto?
“Questo progetto vuole dare un sostegno concreto al lavoro di malghesi e pastori che durante l’estate con sacrificio ed impegno rimangono in malga per poter assicurare al loro bestiame di poter pascolare su prati verdi, anziché rimanere nelle stalle del fondovalle e nutrirsi
di foraggio e mangimi. Rispetto ai primi anni le adozioni sono aumentate in modo consistente. Il progetto ha riscosso successo non solo tra
i bambini ma anche tra gli adulti”.
Il fatto di ricevere i prodotti caseari della mucca adottata diventa
quindi motivo per conoscere le vostre montagne?
“Certamente, chi adotta una mucca ha diritto di ricevere un quantitativo di formaggi caseari a patto che si presenti di persona almeno
una volta durante l’estate a trovare la sua mucca adottiva. Spesso
l’adozione diventa quindi l’alibi per una gita in montagna, per una
passeggiata sui pascoli o per trascorrere qualche ora all’aria aperta
con tutta la famiglia. I formaggi e gli altri prodotti di malga che si ricevono esibendo l’attestato di adozione permettono di portarsi a casa i
sapori e i profumi delle nostre montagne”.
La crescita della qualità di vita della montagna ha avuto luogo grazie ad una forte coscienza comunitaria della popolazione montana. E’ ancora il punto di partenza per il lavoro ed il turismo del
futuro?
“Il legame con la montagna è sicuramente ancora forte nelle popolazioni montane, ecco perché lungo tutto il Lagorai le malghe continuano ad esistere e a produrre formaggi di pregio. La montagna implica
dei sacrifici, ma offre comunque occasioni di lavoro; nel nostro territorio abbiamo un esempio di scelta di vita particolare di due giovani,
lui insegnante di chimica, lei maestra, che vivono in alta quota e si dedicano alla vita di malga”.
Quali politiche o strategie possono essere intraprese per mantener vivo il tessuto economico-turistico dei nostri territori?
“È indispensabile puntare su progetti che esaltano gli aspetti legati alla
natura, e a preferire le costruzioni che si inseriscono armonicamente
nel paesaggio.
Nella nostra zona sta andando molto bene il progetto Vacanze in baita, che propone il pernottamento in antichi masi ristrutturati e immersi nel verde, che ben si prestano a vacanze rilassanti o romantiche.
Altra iniziativa che da anni stiamo sostenendo è la valorizzazione dei
prodotti km 0, quei prodotti cioè che non perdono freschezza durante il trasporto, perché provenienti direttamente dalle nostre zone. Siamo particolarmente attenti
a spingere che i prodotti locali vengano consumati prevalentemente nei luoghi di produzione e presso le strutture ricettive di zona”.
Crede sia possibile la nascita di un’aggregazione fra
vecchia e nuove generazioni per la creazione delle attività del futuro?
“Partendo dall’esperienza delle generazioni passate si
può sicuramente imparare a condurre una vita più genuina e dai ritmi più naturali, attraverso la rivalutazione e la
promozione degli antichi mestieri.
I lavori di malghesi e pastori sono attività che vengono
portate avanti in famiglia di generazione in generazione,
ma con un’ottica proiettata al futuro: le malghe di oggi si
affidano infatti sempre più alla comunicazione in internet, attivando siti internet e riuscendo ad interagire con
i clienti tramite le mail.
Le diverse generazioni si incontrano poi nelle fattorie didattiche, dove gli anziani insegnano ai più giovani l’arte
della caseificazione, la gestione del bestiame e delle stalle, la fienagione e il gusto di sedersi attorno a un focolare
a chiacchierare”.
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Economia e lavoro
Adotta una mucca: un’iniziativa per far conoscere le montagne della
Valsugana e del Lagorai.
E’ pensiero comune che vivere nelle nostre zone sia bello e salutare,
ma tutto sommato limitante in quanto non vi sono molte opportunità di lavoro. Soprattutto in questo momento storico caratterizzato da
una forte crisi strutturale di proporzioni internazionali che sta mettendo sempre più in discussione i vecchi concetti di sviluppo basati
sulle grandi industrie. Vediamo sempre più persone senza un lavoro
perché le grandi aziende, un tempo enormi bacini di assorbimento di
manodopera e produttrici quindi di ricchezza, stanno abbandonando
i nostri territori inseguendo progetti di delocalizzazione più convenienti se non addirittura chiudendo i battenti.
Un piccolo esempio di risposta alla crisi può essere un progetto originale nato qualche anno fa in Valsugana che tende alla valorizzazione
del territorio riscoprendo i valori e i lavori di un tempo mescolati però
all’utilizzo dei nuovi strumenti tecnologici come internet.
L’idea si propone di permettere l’adozione delle mucche in malga!
Sentiamo quindi da Ilaria Sordo, ideatrice dell’iniziativa, maggiori
dettagli.
In cosa consiste l’iniziativa e cosa bisogna fare per adottare una
mucca?
“Adotta una mucca è un’iniziativa che mira a far conoscere e valorizzare le malghe e i prodotti caseari della Valsugana e del Lagorai.
Dal depliant o dal sito dell’APT Valsugana www.valsugana.info è
possibile scegliere una delle 140 mucche adottabili – ognuna dotata di foto e nome – e con un contributo di 60 euro procedere con
l’adozione. Per ogni adozione 10 euro vengono destinati a progetti
di beneficenza rivolti ai bambini, mentre 50 euro vanno alla malga
per il mantenimento estivo della mucca adottata. Durante il periodo
dell’alpeggio – indicativamente da metà giugno a metà settembre - la
famiglia adottante ha diritto di andare in malga, esibire il certificato di
adozione, e ritirare prodotti caseari per un valore di 50 euro”.
Quando e come è nata l’idea di permettere l’adozione delle mucche?
“L’idea è nata nel 2004 con la mia tesi di laurea: cercavo un’iniziativa
nuova ed originale che potesse valorizzare il territorio in cui vivo e le
sue infinite potenzialità, promuovendo un turismo a contatto con la
natura e con le antiche tradizioni.
Siamo partiti infatti con 9 malghe aderenti nel 2005 e un totale di 29
adozioni per il primo anno e siamo arrivati a coinvolgere 14 malghe
Libri, musica e cultura
La Theka
Anno 2010 - N. 9
In volo libero
Intervista a Maurizio Bottegal, campione di parapendio
di Diego Toigo
Più di venti titoli vinti a livello nazionale e internazionale, da dieci anni nella squadra nazionale di Parapendio, Maurizio vive con la testa fra le
nuvole e con il cuore fortemente legato alla sua terra.
Dopo tanti anni per aria, il primo volo te lo ricordi ancora?
“Perfettamente, fu nell’estate del 1987 sul Monte Avena durante uno dei primissimi corsi di volo libero. Ricordo una grande emozione e una bella
paura: dopo il primo volo ne feci altri due lo stesso giorno e poi non ho più smesso. Nei due anni seguenti in ogni momento libero ero per aria
a rincorrere le nuvole, facevo l’elettrauto a Mezzano e spesso sulla porta chiusa dell’officina mettevo il cartello torno quasi subito! Allora il mio
mito era un carrozziere francese che riuscì a diventare test-pilot per una ditta che realizza vele, mi sembrava impossibile ma già nel ‘91, grazie ai
buoni risultati nelle gare, arrivai anch’io a vivere della mia passione: conduco diversi tipi di corsi, collaboro con ditte di abbigliamento tecnico e
riviste del settore e collaudo i parapendio della ditta tedesca Swing di cui sono unico rivenditore in Italia”.
Hai volato nei cieli di mezzo mondo ma sei sempre tornato sul Monte Avena.
“Effettivamente per me il monte Avena è sempre stato un punto di riferimento, ho vissuto alla base di tutti i suoi versanti, dal Primiero sono passato
a Fonzaso e ora a Foen e devo dire che pur avendo visto tanti splendidi cieli
in tutto il mondo penso che questo sia il miglior posto al mondo per volare
sia per comodità logistica che per le condizioni climatiche: la primavera è
perfetta per volare sulla vallata feltrina, in estate si può volare sulle Dolomiti,
dalle Pale di San Martino fino al Sella con degli scenari assolutamente meravigliosi e per l’inverno c’è la zona di Bassano e Borso del Grappa. Viviamo
al centro di un vero paradiso per il volo libero, ma purtroppo le amministrazioni locali non hanno ancora capito le potenzialità turistiche di questa
disciplina. Prendiamo ad esempio il trofeo Guarnieri che da 25 anni richiama
sul Campon d’Avena piloti da tutto il mondo: trovo incredibile che fino ad
oggi gli unici a considerare questo grande evento una risorsa turistica siano
stati degli imprenditori privati; lo stesso discorso vale per la Festa del Volo,
la cui prima edizione si è svolta a Fonzaso e che poi si è trasferita in Birreria Pedavena per la totale indifferenza e mancanza di appoggio da parte
dell’amministrazione comunale. Nella nostra provincia continua a mancare
una mentalità turistica che sappia valorizzare risorse alternative ai soliti canali tradizionali, discipline in piena crescita come il volo libero, l’arrampicata
sportiva, il kayak, il turismo equestre vengono ancora considerate più dei
semplici passatempi che delle risorse turistiche. Eppure basterebbe solo guardare agli esempi che abbiamo intorno: a Borso del Grappa nei fine
settimana è impressionante il numero di vele colorate che si stagliano in cielo e qui è partito tutto da un’idea di un privato che ha realizzato una
zona di atterraggio davanti al suo hotel. Oppure basti pensare alla zona del Garda dove il turismo del volo ha creato un indotto di notevolissime
dimensioni grazie alla collaborazione tra amministrazioni che sovvenzionano e privati che investono in questo settore. E intanto da noi lo storico
atterraggio di Arten ormai è in disuso per la mancanza di qualsiasi supporto logistico e ricettivo. Penso che l’unico modo per far cambiare questa
tendenza sia che i giovani diventino protagonisti all’interno delle amministrazioni”.
Da lassù hai un punto di visto privilegiato sul nostro territorio, come lo hai visto cambiare in questi anni?
“Purtroppo vedo un inesorabile abbandono delle nostre montagne, ricordo le pendici dell’Avena con i loc e le vigne, i prati del massiccio del
Grappa, le eleganti geometrie dei campi nella vallata feltrino: quello che era il giardino del Veneto è stato deturpato da lottizzazioni selvagge e
da aree industriali fantasma dove i capannoni rimangono vuoti. Fino a qualche anno fa dopo un temporale l’aria rimaneva limpida e tersa per
almeno quattro giorni, dal Campon e dalle Vette si vedeva spesso la laguna di Venezia, adesso le giornate così sono sempre più rare perché la
vallata feltrina è sempre oppressa da una cappa scura di inquinamento. È necessaria un’inversione di rotta che deve partire dai bambini, che
devono crescere amando e rispettando il proprio territorio, con i piedi per terra e gli occhi verso il cielo”.
Reflussi
Notizie Mal Digerite
di Nane Matti
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“In alcuni casi è giusto il preservativo” .
Ha dichiarato il Papa lanciando un gavettone.
Wikileaks: “Silvio Berlusconi è vanitoso, inefficace e incapace”.
Bastava Wikipedia.
Berlusconi: “Festini? Pagano ragazze per mentire”.
Si è accorto che gli orgasmi erano simulati.
Conseguenze disastrose per le rivelazioni di Wikileaks.
Saltata la settimana bianca di Frattini.
Rifiuti, rilievi del Quirinale al decreto.
“Dove lo troviamo un tappeto così grande?”.
Picasso: trovate 271 opere in casa di un elettricista.
Non sorprende affatto con i prezzi che fanno.
La Theka
Anno 2010 - N. 9
Regali fuori dal comune
di Marta Tres a nome di Babbo di Natale
Sembra di no, ma anche per me questi tempi sono duri: non immaginate cosa significhi organizzare
la spedizione dei pacchi adesso che si avvicina il periodo natalizio! Letterine che arrivano in ritardo,
aiutanti che non collaborano ma, peggio di tutto, i bambini! Come sono esigenti! Un tempo si accontentavano di un libretto o una scatola di colori. Adesso iniziano fin da piccoli a chiedere regali impegnativi: anche sopra i 300euro! E mi mandano letterine con i nomi più strani: Nintendo Xl, Wii, DVD.
Per fortuna c’è chi chiede anche un paio di scarpe, ma sembrano strane anche quelle: hanno le
rotelle sotto!
Li ho sentiti mentre raccontavano alla maestra i loro desideri: su una classe, quasi tutti vorrebbero un videogioco. È il must del momento. Tutti giocano dalle due alle quattro ore al giorno
con quegli affari e smettono solo quando si sentono “troppo concentrati” oppure quando i
pollici iniziano ad essere segnati dai pulsanti. Quando si stancano di giocare, il web diventa
il top per passarsi il tempo: chattano con amici, giocano, visitano i siti dei telefilm.
Torniamo in classe. La maestra ha chiesto se tutti fossero sicuri di richiedere regali così
costosi. Ma ai bambini la crisi non tocca: tanto paga Babbo Natale! E se io, invece, mi
sbagliassi di pacco? In questo caso, i bimbi non si farebbero certo prendere dallo sconforto, accetterebbero di buon grado il malcapitato regalo, purché si presenti sotto forma
di confezione gigante: una scatola grande e colorata fa apprezzare anche il regalo non
richiesto!(questo è un trucco che io, Babbo Natale, ho imparato da anni e anni...). Genitori,
insomma, se ai vostri figli servono calzini antiscivolo e golfini, anziché videogame, metteteli
dentro contenitori grandi e variopinti: la sorpresa sarà comunque gradita!
I bambini hanno raccontato di scrivere a mano le letterine. Alcuni le spediscono, altri le lasciano nella
buchetta, altri ancora le posano insieme a dei biscotti e un bicchiere di vino (rigorosamente rosso! A me
piace il rosso!). C’è anche chi ha un papà che mi porta direttamente lo scritto con i desideri...insomma
le vie di Babbo Natale sono infinite! L’importante è stimolare la fantasia e i desideri!
Babbo Natale
Lettere
Penso che La Theka possa dare un forte sostegno alla Biblioteca della Comunità Montana Feltrina che rischia la chiusura a fine dicembre 2010. Non
è certo il caso di sottolineare il significato culturale dell’esistenza di una biblioteca pubblica e di ricordare ancora una volta che in questo paese la
cultura conta assai poco; lo si può constatare a livello nazionale e locale. Mentre vengono stanziate somme immense per Roma capitale, per l’inghiottitoio Catania, per un vitalizio di 4.000 (quattromila) euro mensili per i deputati che hanno trascorso alla Camera anche una sola legislatura (vitalizio
che andrà ad aggiungersi alla pensione), per gli stipendi osceni dei manager pubblici, ecc…, qui pare sia impossibile trovare quei 20.000 euro circa
all’anno che occorrono per mantenere in vita la Biblioteca della Comunità Montana, biblioteca che è diventata la principale di Feltre, grazie soprattutto a chi vi lavora. Non è facile essere ottimisti, ma una piccolissima speranza forse c’è ancora.
Un saluto da tutti noi
“La vita non è sempre degna di essere vissuta; se smette di essere vera e dignitosa non
vale la pena di essere vissuta.”
Mario Monicelli, Uomo Libero
16 maggio 1915 - 29 novembre 2010
Buon viaggio Maestro.
Parrucchiera per Signora
la
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Augura elici Festività!
delle F
Andrighetti Loretta
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Lettere e parole
Quella biblioteca che DEVE restare
Lettera di Giovanni Masi
Cosa accadrà
La Theka
Anno 2010 - N. 9
Cosa accadrà
di Elisa Trimeri
ESPOSIZIONI
Comune di Feltre
Da domenica 5 dicembre 2010 a giovedì 6 gennaio 2011 in piazza
e per le vie della città spazio alle “Fantasie di Natale” con animazioni,
musica, babbi natale,teatro per ragazzi, zampognari, slitte trainate da
cavalli nordici, caldarroste, cori, dolci assaggi, laboratori per bambini
e negozi aperti.
Comune di Mel
Da venerdì 8 ottobre 2010 a giovedì 6 gennaio 2011 al Palazzo delle Contesse mostra “Luigi Cima e l’800 Veneziano”. Orario di apertura
mostra: feriali giovedì e venerdì 15.00 - 19.00; festivi 10.00 - 12.30 e
15.00 - 19.00. Prenotazioni e informazioni al 333.9102177.
Comune di Feltre
Da sabato 6 novembre 2010 a domenica 9 gennaio 2011 alla Galleria D’Arte De Faveri in Via Mezzaterra 10/b, mostra “Dialogo senza
parole” Personale di Arnulf Rainer a cura di Peter Weiermair. Orario
di apertura: da martedì a domenica 15.30 - 19.30.
Comune di Cortina d’Ampezzo
Da venerdì 3 dicembre 2010 a sabato 29 gennaio 2011 al Palazzo
del Vecchio Municipio mostra “Vajont: per non dimenticare” raccolta di fotografie, ritagli di giornali e di cartoline dell’epoca. Orario di
apertura: 10.30 - 12.30; 16.00 19.30.
Comune di Feltre
Da domenica 19 dicembre 2010 a domenica 24 aprile 2011 alla
Cooperativa Arcobaleno ’86, Loc. Casonetto mostra “Ritorna Bambino” con esposizioni tematiche: Museo dei Sogni, Memoria, Coscienza,
2000 Presepi da 150 paesi del mondo. Orario di apertura: tutti i giorni dalle 09.00 alle 19.00.
Eventi e manifestazioni
Gennaio 2011
Comune di Pedavena
Sabato 8 gennaio 2011 ore 21.00 in Birreria Pedavena una serata tra
rock e blues “Smoky Pigs” in concerto.
Comune di Belluno
Sabato 8 gennaio 2011 ore 20.45 al Teatro Comune di Belluno spettacolo “L’Erodiade” di Giovanni Testori con Maria Paiato regia Pierpaolo Sepe. Info 0437.943303.
Comune di Feltre
Sabato 9 gennaio 2011 alla pista di Prà del Moro “Sprint Internazionale Sportful”- Trofeo Città di Feltre. Gara Spint di fondo t.l. con
la partecipazione di campioni nazionali e internazionali dello sci nordico.
Info www.comune.feltre.bl.it.
Comune di Pedavena
Venerdì 14 gennaio 2011 ore 21.00 in Birreria Pedavena note pop
and rock’n’roll con il concerto del gruppo “Ostetrika Gamberini”.
Comune di Belluno
Sabato 22 gennaio 2011 ore 20.45 al Teatro Comune di Belluno
spettacolo “E pensare che c’era il pensiero” di Giorgio Gaber e Sandro Luporini con Maddalena Crippa regia Emanuela Giordano.
Info 0437.943303.
Comune di Feltre
Sabato 22 gennaio 2011 ore 20.45 all’Auditorium Canossiano spettacolo “Sior Tita paron” Commedia in tre atti di Gino Rocca. Regia di
Stefano Boccini, con il Teatro Veneto Este - Compagnia “Città d’Este”.
Info 0439.2087.
Comune di Pedavena
Domenica 23 gennaio 2011 ore 10.00: Ciaspalonga sul Monte Avena. Per iscrizioni: Pro Loco 0439.301943 - www.prolocopedavena.it.
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Comune di Feltre
Venerdì 28 gennaio 2011 al Palaghiaccio ore 10.00: Terza gara Free
Triveneta di Pattinaggio artistico.
Info: Pattinaggio Artistico Feltre 0439.2166.
Comune di Belluno
Domenica 30 gennaio 2011 ore 20.45 al Teatro Comunale di Belluno spettacolo “Ciao Frankie” con Massimo Lopez. Attore spalla: Giuliano Chiarello. Info 0437.948911.
Febbraio 2011
Comune di Pedavena
Venerdì 4 febbraio 2011 ore 21.00 in Birreria Pedavena una seratatributo ai “DIRE STRAITS”. Concerto dei “London Cafe”.
Comune di Feltre
Venerdì 4 febbraio 2011 ore 20.45 all’Auditorium Canossiano spettacolo “Cyrano (e il suo invadente naso)” tratto dal “Cyrano de Bergerac” di E. Ronstand. Drammaturgia e regia Carlo Presotto, con “La
Piccionaia - I Carrara”. Info 0439.2087.
Comune di Feltre
Sabato 19 febbraio 2011 ore 17.30 all’Auditorium Canossiano spettacolo “I Tre Porcellini” ispirato alla fiaba dei fratelli Grimm con il Pandemonium teatro. Info 0439.2087.
Comune di Pedavena
Sabato 19 febbraio 2011 in Birreria si balla il buon rok italiano.
Concerto dei “Gran Cafè Italia”.
Comune di Belluno
Sabato 5 Febbraio 2011 ore 20.45 al Teatro Comunale di Belluno spettacolo “I Filosofi alle Primarie”. Partite a Scacchi da Platone a
Ratzinger. Info 0437.948911.
Comune di Belluno
Sabato 19 febbraio 2011 e Domenica 20 febbraio 2011 ore 20.45
al Teatro Comunale di Belluno spettacolo “L’Oro di Napoli” dai racconti di Giuseppe Marotta con Gianfelice Imparato, Luisa Ranieri, Valerio Santoro, regia di Armando Pugliese. Info 0437.948911.
Comune di Feltre
Domenica 20 febbraio 2011 ore 20.45 all’Auditorium Canossiano
spettacolo “Confidenze troppo intime” di Jerome Tonnerre. Regia di
Piergiorgio Piccoli, con il Theama Teatro. Info 0439.2087.
Comune di Belluno
Venerdì 25 febbraio ore 20.45 al Teatro Comunale di Belluno spettacolo “Promemoria” di Marco Travaglio 0437.948911.
Per segnalare eventi futuri e lamentarsi perché alcuni me li son persi
per strada mandare una mail a: [email protected]
Mercati Settimanali
Alano di Piave: Sabato
Arsiè: Giovedì
Feltre: Martedì e Venerdì
Fonzaso: Lunedì
Lamon:Giovedì
Quero: Giovedì
Cesiomaggiore: Giovedì
Santa Giustina: Venerdì
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Cassa Rurale Bassa Valsugana
Per i giovani risparmiatori
Per i giovani imprenditori
Il risparmio va insegnato fin dalla giovane età.
Ne sono convinti i responsabili della Cassa Rurale Bassa Valsugana.
Da alcune settimane uno staff di collaboratori, adeguatamente
formato, è impegnato nelle scuole delle località dove la banca
agisce ogni giorno.
La motivazione è semplice: si vuole far capire ai bambini di oggi (i cittadini e i risparmiatori di domani) l’importanza di questa buona pratica
o di questo atteggiamento virtuoso per loro stessi e per la collettività.
Lo si fa in modo semplice e diretto perché il risparmio va inteso sul
binario duplice: finanziario e delle risorse naturali perché come si ricorda più volte “le risorse non sono infinite ed è opportuno applicare
nella quotidianità della nostra esistenza un utilizzo rispettoso”.
Altra iniziativa che vede partecipe la Cassa Rurale, in collaborazione con altri istituti di credito cooperativo, è Lapis. E’ l’acronimo di “Laboratorio di Progettualità Imprenditoriale e Sociale”.
Ideato, progettato e coordinato dalla società Formazione-Lavoro
è, da inizio millennio, un percorso formativo rivolto a giovani che
fanno già il mestiere di imprenditore ma è indirizzato anche a chi
intende cominciare questa attività.
In occasione della riunione che ha segnato il debutto della nuova
edizione è intervenuto Paolo Gonzo, direttore della Cassa Rurale
Bassa Valsugana. Egli ha offerto un quadro di insieme del sistema
della Casse Rurali Trentine e della realtà che opera a livello valligiano. Una rete di banche che presidia al meglio il territorio, dalle
grandi alle piccole località, e che considera la persona per ciò che
è e non per ciò che ha.
Questo vale anche per i giovani intenzionati a diventare imprenditori e affrontare una sfida coraggiosa, a maggior ragione nel quadro economico non proprio brillante dei nostri tempi. Nonostante
questo potranno sempre contare sull’apporto economico e sulla
fiducia della banca di riferimento, intenzionata a essere partecipe
di iniziative imprenditoriali meritevoli di essere sostenute e destinate a far crescere la comunità locale in economia e produttività.
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Nel prossimo Numero:
“Alta Infedeltà”
Inviateci lettere, segnalazioni, commenti, fotografie.
E-mail: [email protected] - Associazione “Oltreconfine”
Via M. Vallorca, 5 - 32030 Fonzaso (BL)
di Centeleghe Diego
Via Cav. di Vittorio Veneto, 37
32032 Feltre (BL)
Tel. 0439.303822
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tutti i giorni
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Via Fenadora, 39 - Z.I. Fonzaso (BL) - Tel. 0439.56012
www.lafenadora.it