21 aprile-2 maggio - Filtea

Transcript

21 aprile-2 maggio - Filtea
Dipartimento Internazionale
http://www.cgil.it/internazionale/
RASSEGNA STAMPA
INTERNAZIONALE
21 aprile – 2 maggio 2008
A cura di Maria Teresa Polico
DIPARTIMENTO INTERNAZIONALE CGIL
RASSEGNA STAMPA INTERNAZIONALE
21 aprile – 2 maggio 2008
INDICE
ARGOMENTO
TESTATA
Unione europea
Francia
La difesa del potere d’acquisto e delle pensioni al centro
delle manifestazioni del primo maggio
Le Monde
Germania
Il presidente della Bosch dice che la Germania rischia la crisi
Financial Times
Commercio Internazionale
I paesi poveri difendono il diritto di aumentare le tariffe dei
prodotti agricoli di importazione
Financial Times
Africa
Incendio in Marocco: i proprietari della fabbrica guardati a vista,
trascurata la sicurezza, 55 morti
L’Angola consente alla nave cinese di attraccare, ma non di scaricare
armi per lo Zimbabwe
The New York Times
America Latina e Caraibi
La Federazione Global Union condanna l’assassinio brutale
di dirigenti sindacali honduregni
Labour Start
Jeune Afrique
Asia
La posizione europea sulla Birmania non è abbastanza ferma
CIS
Medio e Vicino Oriente
Disagi nella piazza del centro della Turchia
The International Herald
Tribune
Russia
I sindacati intendono buttare fuori la Nestle dalla Russia
2
The Business Week
Le Monde
02/05/2008
La difesa del potere d’acquisto e delle pensioni al centro delle manifestazioni
del Primo Maggio
Preannunciate nelle manifestazioni previste del 15 e 22 maggio, le manifestazioni del Primo
Maggio hanno messo avanti il potere d’acquisto e la riforma delle pensioni. A Parigi, i lavoratori
senza documenti in sciopero dal 15 l'aprile hanno avuto un posto d’onore, alla testa della della
CGT, il giorno seguente all'annuncio del sindacato delle regolarizzazioni di tre di loro da parte della
prefettura dei Hauts-de-Seine, il primo dall'inizio del movimento.
Dopo quattro anni di assenza, la CFDT di Francois Chérèreque ritorna affianco alla CGT di
Bernard Thibault, come la FSU, l’Unsa e Solidaires (che raggruppa specialmente i sindacati SUD)
nel corteo parigino del pomeriggio.
La CGT ha dichiarato giovedì ad AFP che le 150 manifestazioni del Primo Maggio, dove erano
presenti i sindacati, hanno messo assieme “oltre 200.000 persone” in Francia, di cui 30.000 a
Parigi, cioè un numero che equivale a quello del 2007 a livello nazionale, secondo un conteggio
del sindacato.
A Marsiglia, secondo gli organizzatori erano circa 30.000 persone, tra 3.000 e 5.000 secondo la
polizia, sono scese lungo la Canebière, con uno striscione che diceva “maggio 68, maggio 2008: la
lotta continua”. Erano tra i 3.000 e i 4.000 a Tolosa, circa 2.000 a Strasburgo e tra 1.000 e 2000 a
Lille, con i temi dominanti delle pensioni e della difesa del servizio pubblico.
In mattinata, hanno manifestato a Havre circa 2.500 persone secondo la polizia, 4.000 secondo i
sindacati, di cui un terzo di lavoratori del settore portuale mobilitati contro le privatizzazioni e
l’apertura alla concorrenza. A Nantes, erano 2.000 secondo la polizia, 4.000 secondo la CGT. A
Rennes, circa 200 persone hanno manifestato, con un gruppo di liceali e di lavoratori di Keolis
Emeraude in sciopero. Infine, a Nizza, il numero dei manifestanti era molto superiore al primo
maggio del 2007, tra i 1.300 secondo la polizia e 3.000 secondo gli organizzatori.
Il “SEGNO DELLE GIORNATE CHE VERRANNO”
Queste manifestazioni mirano a “farsi capire” dal governo, specialmente sulle pensioni, e a
difendere le “altre strade” di riforma rispetto a quelle che conducono “a una diminuzione
programmata del livello delle pensioni”, ha sottolineato giovedì su RTL Bernard Thibault. Il governo
è un treno che “raffazzona” il dossier delle pensioni, “non ha lavorato”, ha ritenuto da parte sua
Francois Chérèque su France Inter.
Le rivendicazioni sui salari, la disoccupazione, le pensioni e il futuro dei giovani portano il “segno
delle giornate che verranno”, ha rilevato Annick Coupé, segretario generale di Solidaires (SUD),
mentre il suo omologo della FSU, Gérard Aschieri si è felicitato per l’”unità allargata” dei sindacati.
Ancor prima dei movimenti unitari previsti per il mese prossimo, Force Ouvrière ha fatto capire la
su musica. Sullo striscione in testa, si poteva leggere: “salari, pensioni, sicurezza, sono tutti legati.
Termine a 40 anni, per un ritorno a 37,5 anni” dei contributi. Il suo segretario generale JeanClaude Mailly ha manifestato giovedì mattina con parecchie centinaia di persone a Parigi. La
CFTC ha fatto anch’essa nella mattinata, come di solito, un corteo separato con parecchie migliaia
di manifestanti a Parigi sulla parola d’ordine unica, il potere d’acquisto. La divisione dei sindacati
3
nelle strade, che riflette l’impatto della riforma della rappresentatività di quest’anno, passa per
rimescolare le carte tra le confederazioni.
Torna all’indice
4
Financial Times
28/04/08
Il presidente della Bosch dice che la Germania rischia la crisi
Di Richard Milne da Francoforte
Franz Fehrenbach, direttore generale della Bosch, ha avvisato che la Germania rischia di cadere
in una crisi a causa dell’indecisione del governo riguardo la riforma economica e delle forti richieste
dei sindacati in favore di un salario più alto e di una più bassa flessibilità.
Fehrenbach ha riferito al Financial Times che “la combinazione molto pericolosa” della propaganda
elettorale da parte dei politici, di accordi su salari più alti e di una spinta in favore di un salario
minimo, sono arrivati nel peggiore dei momenti dato che “ogni giorno crescono i rischi per il 2009”
per le società del continente.
“Temo che la combinazione potrebbe condurci ad un’imminente crisi, nel momento in cui
affrontiamo tutti gli altri problemi dell’economia”.
L’avvertimento più crudo fino ad oggi sulla riforma da parte di un direttore generale tedesco,
rappresenta un disagio in tutta la comunità imprenditoriale su quanto poco stia facendo il governo
per aiutare in un momento in cui le prospettive della crescita sono minacciate.
Fehrenbach ha visto la decisione di Berlino di aumentare i pagamenti delle pensioni
particolarmente discutibile (ha parlato di “regali elettorali”) ed essa giunge mentre i sindacati si
fanno sentire sempre più, non solo per il salario - svariati accordi sono stati conclusi al di sopra
dell’inflazione - ma anche per le misure riguardo la flessibilità, come i lavoratori temporanei. Un
altro direttore generale di un’importante società tedesca ha affermato: “La Germania sta
affrontando un vero temporale”.
La Bosch, che aveva profitti per circa 40 miliardi di euro lo scorso anno ed è il più grande fornitore
al mondo di pezzi di automobili, ha affermato Fehrenbach, sta già avvertendo negli Stati Uniti e in
Giappone gli effetti della crisi creditizia, ma “il resto non è praticamente colpito”. Si aspetta che la
crescita mondiale sarà del 3% quest’anno, un punto percentuale più basso dello scorso anno.
Ha avvisato che l’attenzione sul tasso di cambio euro/dollaro ha trascurato lo yen, una valuta più
importante a causa dei concorrenti in Giappone. Ha affermato: “La debolezza dello yen è molto più
importante [del dollaro], specialmente per l’industria automobilistica europea”.
Torna all’indice
5
Financial Times
21/04/2008
I paesi poveri difendono il diritto ad aumentare le tariffe dei prodotti
agricoli
Di Alan Beattle, Direttore World Trade
I paesi in via di sviluppo lottano duramente per conservare il diritto ad aumentare le tariffe dei
prodotti agricoli nonostante la loro drastica riduzione e devono far rapidamente fronte alla crisi
alimentare globale.
I deboli segnali di progresso nei difficili negoziati sul commercio globale del “Doha round” della
scorsa settimana a Ginevra sono stati messi in pericolo da una discussione nuova riguardo la
capacità dei paesi poveri di proteggere con le tariffe i loro agricoltori. Un gruppo di paesi in via di
sviluppo, guidati dall’Indonesia, ha insistito sul diritto all’esenzione dei cosiddetti prodotti speciali
dai grandi tagli per difendere le condizioni di vita dei piccoli agricoltori e assicurare le scorte
alimentari. Un diplomatico ha affermato a Ginevra: “Per il mondo esterno questi dibattiti devono
sembrare del tutto strani”.
L’Organizzazione Mondiale del Commercio negozia i tassi “limite”, in teoria il massimo che a un
paese è consentito, invece dei tassi “applicati” attualmente in uso in qualsiasi momento. Mentre
molti paesi, inclusi l’India e l’Indonesia, hanno ridotto, qualche volta a zero, le loro tariffe applicate,
ora resistono al fatto che i tagli diventino permanenti. I funzionari dicono che hanno bisogno di
flessibilità o di “spazio politico”, specialmente se i prezzi alimentari diminuiscono.
Le Filippine hanno recentemente aumentato le quote di importazione di riso nel mezzo di una crisi
di scorte del paese che ha portato ad uno scompiglio e ad accuse di accumulazione del cibo.
Manuel Teehankee, ambasciatore delle Filippine presso l’OMC, ha affermato al Financial Times:
“Stiamo trattando un problema temporaneo causato da cattivi raccolti all’estro e da scorte
inaffidabili da parte dei soliti esportatori. Intendiamo proteggere nel medio periodo le condizioni di
vita e la sicurezza alimentare, e per fare questo abbiamo bisogno di difendere lo spazio politico”.
Il paese ha annunciato un piano ambizioso per raggiungere l’autosufficienza di riso entro tre anni.
Teehankee ha affermato che il diritto all’uso di tariffe sui prodotti di importazione incoraggerebbe i
coltivatori a mantenere la terra a coltura di riso, invece di convertirla per uso industriale.
Gli economisti affermano che la crisi alimentare potrebbe finire per danneggiare invece di aiutare
la liberalizzazione permanente del commercio incoraggiando i paesi ad isolarsi dai mercati globali.
Deavid Orden dell’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Politica Alimentare ha affermato a
Washington: una spiegazione di “Se i mercati mondiali non possono essere di affidamento, meglio
mantenere aperte le nostre opzioni, si potrebbe impedire il progresso di Doha”.
Altri aspetti della crisi alimentare toccano direttamente le ferite esistenti all’interno dei negoziati sul
commercio, come i divieti di esportazione e le tasse imposte da paesi come l’Argentina per
fermare l’uscita dei prodotti alimentari dal paese.
L’Unione europea ha cercato per anni di stabilire delle norme contro le tasse sui prodotti destinati
all’esportazione, che non sono proibite dalle norme dell’OMC, ma ha trovato una forte opposizione
dell’Argentina. Peter Mandelson, commissari al commercio, ha affermato la scorsa settimana al
parlamento europeo: “Come regola generale riguardo le tasse sui prodotti destinati
all’esportazione, le quote o i divieti non hanno un senso per l’economia e lo sviluppo.
6
Nel frattempo, l’aumento dei prezzi alimentari ha fatto poco per sostenere il tentativo di riforma dei
sussidi agricoli negli Stati Uniti. La legge agricola che fisserà il regime dei sussidi per i prossimi
cinque anni è un gioco truccato senza fine, che si è impantanata in discussioni incomprensibili tra
la Camera e il Senato con la Casa Bianca che minaccia di volta in volta di porre il veto se le tasse
aumenteranno.
A parte l’aumento dei marchi dei prodotti alimentari per gli americani più poveri, la legge non
sembra quasi che sia stata colpita dai forti aumenti dei prezzi dei prodotti, continuando a
mantenere o persino ad abolire il prezzo di sostegno dei cereali, del grano e di altri cereali.
Torna all’indice
7
Jeune Afrique
27/04/2008
Incendio in Marocco: i proprietari della fabbrica sotto custodia cautelare,
trascurata la sicurezza, 55 morti
Marocco – AFP
Porte bloccate, mancanza di manutenzione dei macchinari e negligenza nella sicurezza spiegano
come siano morte sabato 55 persone, nell’incendio “catastrofico” di una fabbrica di metalli e
arredamenti a Casablanca, la capitale economica del Marocco.
Il proprietario e il gestore della fabbrica sono stati messi domenica in custodia cautelare, mentre la
polizia scientifica continua sul posto le sue ricerche per stabilire le cause esatte dell’incidente
provocato secondo la Protezione civile da un corto circuito.
“Il proprietario Adil Moufarreh e suo figlio che era il gestore, Abdelali Moufarreh, sono stati
sottoposti sotto custodia cautelare dopo essere stati interrogati dalla polizia”, ha dichiarato un
responsabile della sicurezza.
Dopo la scoperta di un corpo sotto le macerie domenica mattina, il bilancio si è attestato a 55 morti
e ai 17 feriti di cui 12 gravi, ha precisato a metà giornata l’agenzia stampa marocchina MAP.
I funerali delle vittime, durante i quali è stato letto un messaggio del re Mohammad VI, hanno avuto
luogo nel pomeriggio alla presenza del ciambellano del re e di quattro ministri.
Risulta, secondo la Protezione civile, che nessuna norma di sicurezza sia stata rispettata nella
fabbrica Sosamor Arredamenti, situata a sud ovest di Casablanca.
L’edificio, composto da un piano terra e da tre piani, era “specializzato nella costruzione di mobili,
ed aveva dunque dei prodotti altamente infiammabili”, ha affermato alla radio Medi1 il comandante
regionale della Protezione civile di Grand Casablanca, Moustapha Taouil.
“Abbiamo potuto constatare (…) che i gestori del posto non rispettavano le disposizioni legali per
questo tipo di industria, come la formazione del personale”, ha detto il funzionario.
Ancora più grave, “il proprietario, contravvenendo la legislazione, chiudeva i lavoratori all’interno
della fabbrica per, si diceva, evitare la sottrazione di materie prime. E’ stato questo ad aver
impedito che i lavoratori lasciassero il luogo dell’incidente”, ha aggiunto.
Secondo lui, un corto circuito al pian terreno dove si trovavano macchinari di falegnameria ha
provocato il corto circuito. “La mancanza di manutenzione dei diversi macchinari e la mancanza di
installazioni elettriche è la causa di quest’incendio”, ha affermato il comandante Taouil.
Svariati sopravvissuti interrogati domenica da AFP nel loro letto all’ospedale hanno confermato le
affermazioni di questo responsabile. “Tutte le porte erano bloccate e nessuno poteva fuggire “, ha
accertato Smail Benhamed, 19 anni, che ha fatto un salto dal secondo piano.
8
Alcuni lavoratori hanno, inoltre, denunciato le pratiche sociali del proprietario, affermando di non
avere mai avuto la previdenza sociale. “Su 2400 lavoratori della fabbrica, soltanto 30 sono
dichiarati alla Cassa nazionale per la Previdenza Sociale”, ha dichiarato Fellah Hassan, un
tappezziere di 30 anni.
I lavoratori hanno puntato il dito: Guadagno 350 dirhams (30 euro) la settimana senza essere stato
dichiarato”, ha certificato Smail Benhamed.
Domenica, i pompieri con cani e con la polizia scientifica hanno raccolto meticolosamente oggetti o
brandelli di carne.
Il ministro degli interni, Chakib Benmoussa, che è andato sabato sul posto, ha qualificato l’incendio
un “dramma catastrofico” ed ha precisato che la procura di Casablanca ha avviato un’inchiesta
sulle “circostanze di quest’incendio e sulle condizioni di lavoro per accertare le responsabilità”.
Il re Mohammed VI ha istruito le autorità per “prendere tutte le misure necessarie per dare aiuto
alle vittime”.
Questo dramma giunge in un clima di tensione sociale in ragione dell’impennata dei prezzi. Le
centrali sindacali hanno rifiutato recentemente le proposte dello stato e delle organizzazioni
datoriali, e alcune hanno minacciato di fare uno sciopero generale.
Torna all’indice
9
The New York Times
27/04/2008
L’Angola consente alla nave cinese di attraccare, ma non di scaricare
armi per lo Zimbabwe
Di Celia W. Dugger
Johannesburg. In un affronto per lo Zimbabwe, l’Angola, il suo vecchio alleato, ha annunciato
sabato che non sarà consentito ad una nave cinese che trasporta armi per lo Zimbabwe di
scaricare armi mentre è attraccata a Luanda, la capitale angolana.
La “nave della vergogna”, come è stata soprannominato il vascello cinese dai giornali africani, è
diventato un potente strumento organizzativo per i sindacati, i leaders religiosi e i gruppi civili che
cercano di fermare la brutalità sponsorizzata dallo stato contro l’opposizione nello Zimbawbe.
Qualsiasi consegna delle armi, potrebbe rendere quel giro di vite persino più dannoso.
La decisione dell’Angola, che ha consentito alla nave di scaricare il carico per l’Angola, non solo le
armi, ha dato un’ultimissima e più sorprendente prova del successo della pressione della
campagna internazionale contro il governo dello Zimbabwe.
Levy Mwanawasa, presidente dello Zambia e responsabile del blocco di 14 paesi dell’Africa
meridionale, ha invitato martedì i leaders della regione a non acconsentire alla consegna del
carico, ma egli aveva prima criticato pubblicamente la dirigenza dello Zimbabwe.
L’Angola, invece, ha visto per lungo tempo nel presidente Mugabe uno degli alleati più fidati, e la
sua decisione di bloccare le armi è l’ultimo segnale che la tradizionale solidarietà della regione
verso Mugabe, l’eroe della liberazione dello Zimbabwe dal governo di bianchi nel 1980, si sta
indebolendo.
Mentre sono continuati gli sforzi diplomatici per risolvere la crisi nello Zimbabwe, è aumentata la
prova dell’uso della violenza e della tortura contro i sostenitori dell’opposizione. I rapporti
dell’Associazione dei Medici per i Diritti Umani nello Zimbabwe indicano che i suoi membri hanno
curato 385 vittime dalle elezioni controverse del 29 marzo. Il gruppo ha affermato che il numero
delle persone curate dai loro membri è stato probabilmente una piccola frazione perché loro non
hanno accesso alle aree lontane.
Le vittime includono un’anziana donna di 84 anni, la cui faccia è stata malamente fratturata quando
ha aperto la porta alle persone che l’hanno colpita con pietre, e un bambino che è diventato
seriamente disidratato mentre viveva nel bosco con sua madre dopo l’incendio della loro casa. Altri
feriti, ha ricordato l’ultimo rapporto, hanno riportato le fratture multiple delle falangi, o bastonate
sulle piante dei piedi che possono causare danni per la vita.
Human Rights Watch ha affermato in un nuovo rapporto di aver raccolto delle testimonianze
riguardo l’aumento della violenza da parte delle milizie del partito al governo, Zanu-PF, e dei
militari. Il gruppo ha affermato di aver documentato, per la prima volta dalle elezioni, casi di
violenza per rappresaglia da parte dei sostenitori dell’opposizione del Movimento per il
Cambiamento Democratico, sebbene siano numericamente ancora pochi rispetto agli attacchi
istigati dallo stato.
10
“La nascita di attacchi per rappresaglia tra il partito ZANU-PF e i sostenitori del Movimento per il
Cambiamento Democratico potrebbero incrementare ulteriormente la violenza, ponendo l’intera
popolazione a grande rischio”, ha affermato il gruppo per i diritti umani.
Non lo è stato per quattro settimane dalle elezioni. L’opposizione ha ottenuto la maggior parte dei
seggi alla camera in parlamento. Il nuovo conteggio di 23 di questi seggi, ancora non del tutto reso
noto, non ha cambiato il risultato.
Le autorità devono ancora presentare i risultati della corsa presidenziale, sebbene gli osservatori
indipendenti abbiano affermato che il candidato dell’opposizione Morgan Tsvangirai potrebbe aver
vinto apertamente.
Venerdì, la polizia ha fatto un’incursione negli uffici di quello stesso gruppo di osservatori e una
retata di oltre 200 sostenitori dell’opposizione, alcuni di loro feriti, nelle sedi dell’opposizione nella
capitale dello Zimbabwe, Harare.
Oltre alle tristi e incessanti notizie provenienti dallo Zimbabwe, i giornali della regione hanno
seguito le tracce della nave cinese di armi per lo Zimbabwe.
Nelson Chamisa, un portavoce dell’opposizione, ha accolto la notizia che l’Angola abbia rifiutato
l’imbarcazione per lo Zimbabwe, affermando, “Mugabe è stato finalmente instradato dal proprio
gruppo”.
L’annuncio della nave, che è stato inviato sabato dal sito web ufficiale dell’Angola, è stato mostrato
sicuramente in un modo da irritare Mugabe. L’articolo è stato messo immediatamente dietro una
fotografia del presidente angolano, José Eduardo dos Santos, che stringeva calorosamente le
mani a Jendayi E. Frazer, alto diplomatico americano in Africa.
Giovedì, Frazer ha dichiarato che Tsvangirai ha colpito Mugabe, forse con una maggioranza
schiacciante. La sua dichiarazione, secondo il quotidiano di stato, The Herald, è stata denunciata
dal ministro della giustizia dello Zimbabwe come prova dell’“asse occidentale” dietro il quale vi
sono tentativi illegali di rovesciare Mugabe.
Il partito Zanu-PF ha espresso, invece, la sua furia sabato per il fatto che i paesi nella regione, che
formano l’ossatura del SADC, la Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale, abbiano
bloccato la nave cinese, che sta trasportando milioni di proiettili, dozzine di missili e bombe per i
militari nello Zimbabwe.
In un editoriale nel The Herald, è stato descritto come uno strumento della Gran Bretagna e degli
Stati Uniti, “i grandi diavoli”.
“Il SADC deve ricercare molte anime”, ha affermato l’editoriale. “Ben lungi dall’invalidare le sue
credenziali, ora porta il disonore di una guerra importata, una guerra britannica. Ora porta la
vergognosa etichetta di una comunità arrendevole, del tutto diversa dai principi e dallo spirito
fondanti”.
Torna all’indice
11
Labour Start
29/04/2008
Federazione Internazionale dei Lavoratori del tessile, dell’Abbigliamento e della Pelle
La federazione Global Union condanna l’assassino brutale di dirigenti
sindacali honduregni
In seguito al brutale assassino di due alti dirigenti sindacali honduregni, la Federazione dei
lavoratori del Tessile, dell’Abbigliamento e della Pelle ha chiesto al presidente José Manule Zelaya
Rosales di avviare un’inchiesta sulle morti e di garantire che i responsabili siano puniti secondo la
piena applicazione della legge.
Alla fine dello scorso mercoledì, Rosa Altagracia Fuentes, il segretario generale della
Confederazione dei lavoratori dell’Honduras, il tesoriere Virginia Garcia e l’autista Juan Bautista
Galvez sono stati uccisi quando l’automobile nella quale viaggiavano è stata fermata e sei uomini
armati hanno aperto il fuoco a breve distanza. Altagracia Fuentes è stato sparato per 16 volte.
Secondo le informazioni dei media, la polizia ha dichiarato non ammissibile il motivo di furto e che
non è stato fatto nessun tentativo per rubare i portafogli delle vittime o altri effetti personali. Si dice
che Altagracia Fuentes abbia ricevuto minacce di morte in seguito ai tentativi di organizzare i
lavoratori attorno all’area di San Pedro Sula.
Neil Kearney, segretario generale della Federazione Internazionale dei Lavoratori del Tessile,
dell’Abbigliamento e della Pelle, ha avvisato che il fallimento delle indagini sulle uccisioni per
consegnare alla giustizia gli assassini, danneggerà la reputazione dell’Honduras, come luogo per
fare attività commerciali.
“L’area è conosciuta a molte fabbriche tessile per l’esportazione, e questo brutale assassinio avrà
un effetto agghiacciante sui lavoratori che fanno fronte continuamente ai maltrattamenti o ai
licenziamenti quando cercano di organizzarsi”, ha aggiunto.
La Federazione ha sollecitato il Presidente a garantire che le Convenzioni fondamentali dell’OIL
ratificate dall’Honduras siano pienamente rispettate.
La Federazione ha scritto anche alla Confederazione dei lavoratori dell’Honduras per esprimere la
sua indignazione e il suo dolore per gli assassini e per estendere la sua condoglianze alle famiglie
delle vittime.
Torna all’indice
12
CIS
29/04/2008
La posizione europea sulla Birmania non è abbastanza ferma
La Confederazione Internazionale dei Sindacati ha presentato oggi un rapporto sulla Birmania che
mostra come le limitate sanzioni europee ed internazionali contro il regime del paese responsabile
di atrocità siano insufficienti. Il rapporto sostiene l’estensione delle sanzioni al settore finanziario, al
petrolio e al gas, i motori principali che aiutano a mantenere i militari al potere.
Riuniti oggi, i ministri europei prevedono di apportare cambiamenti minimi a queste timide sanzioni.
La Birmania è stata nelle prime pagine dei giornali nel settembre del 2007, mentre migliaia di
monaci buddisti e gente comune manifestavano contro la povertà estrema e contro il dilagare della
fame. La giunta militare al governo ha usato la mano pesante: sono stati uccisi minimo 110
persone, migliaia di feriti, torturate le persone in carcere , o scomparse.
“I benefici indignano: come il commercio e l’investimento contribuiscano al mantenimento e alla
prosperità della giunta birmana” dettaglia come i governi stranieri, tra cui l’Unione europea,
abbiano permesso il regime a vivere nel lusso e ad aumentare i numeri dell’esercito e della polizia
per mantenere il potere. Praticamente tutte le principali attività birmane all’estero sono gestite da
società di proprietà dello stato, attraverso contratti che garantiscono ai generali e alle loro famiglie
una parte del danaro ricavato. Il gas naturale rappresenta circa la metà di queste somme con le
esportazioni che si attestano a 2.16 miliardi di dollari e l’investimento straniero a 472 milioni di
dollari lo scorso anno.
Nel rapporto si afferma che neanche un centesimo ha raggiunto la popolazione,: il 95% dei birmani
vive con meno di un dollaro il giorno. Un terzo dei bambini sono malnutriti, un terzo di questi
seriamente. I recenti aumenti dei prezzi alimentari hanno causato una maggiore diffusione della
fame, ma il governo trascura l’agricoltura che un tempo era definita “la ciotola di riso dell’Asia”, e le
raccolte sono largamente inferiori alle possibilità reali. I generali hanno raddoppiato le dimensioni
dell’esercito, e stanno acquistando nuove armi costose e spendono 28 volte in più per la difesa
rispetto alla sanità e all’istruzione messe assieme.
Il leader dell’opposizione imprigionata, Daw Aung San Suu Kyi, ed altri oppositori hanno chiesto ai
partners commerciali del paese di colpire la Birmania con le sanzioni per indebolire il regime. Il
commercio con la Cina, l’India e la Tailandia si sta espandendo. I paesi ricchi come gli Stati Uniti,
l’Unione Europea, l’Australia, il Canada e il Giappone hanno imposto delle sanzioni rare, ma non
hanno avuto un impatto sul commercio in piena crescita tra la Birmania e i suoi vicini. Dopo le
manifestazioni dello scorso anno, l’Unione europea ha vietato le importazioni del legno, del metallo
e delle pietre preziose dalla Birmania, la vendita di armi e i visti per i dirigenti e le loro famiglie e ha
congelato parzialmente i beni della giunta in Europa. Ma, spiega la CIS, queste sanzioni non
hanno che scarsi effetti dato che non intaccano la principale fonte di reddito del regime: il petrolio e
il gas. La società francese, Total, ad esempio, è il principale attore dello sfruttamento di gas in
Birmania. Inoltre, mentre gli Stati Uniti vietano al loro settore bancario qualsiasi relazione con la
Birmania, l’Unione europea non ha ancora deciso di invertire il passo.
13
Il rinnovo delle sanzioni che sarà approvato dal Consiglio “Affari generali e relazioni esterne” dei
ministri dell’Unione europea il 28 e 29 aprile a Lussemburgo introdurranno pochi cambiamenti a
queste misure timide e largamente destinate a salvare la coscienza. Non colpiscono affatto gli
investimenti realizzati dall’Unione europea nel settore del petrolio e del gaz.
Sanzioni più dure all’industria del gas ed ai servizi finanziari colpiranno la giunta, non la
popolazione, spiega la CIS, dato che la gente comune non riceve pressoché nulla da questi settori.
La maggior parte dei birmani coltivano la terra per rispondere ai loro bisogni di sopravvivenza, e
sono lontano dall’economia formale. “L’impatto delle sanzioni destinate all’economia informale, e
più in particolare al petrolio e al gas, sarebbe minimo per la grande maggioranza dei birmani”, si
afferma nel rapporto.
Torna all’indice
14
International Herald Tribune
01/05/2008
Disagi nella piazza del centro della Turchia
The Associated Press
Istanbul, Turchia. La metropoli più grande della Turchia non ha un vero centro: è divisa da un
corso d’acqua tra il continente asiatico ed europeo, il perimetro delle sue mura antiche è invaso
dalla nuova costruzione.
Se Istanbul avesse un centro moderno, questo sarebbe la Piazza Taksim.
Taksim è un posto per festeggiare: i cittadini si riuniscono qui alla vigilia di capodanno, e la torcia
olimpica si è fermata nella piazza lo scorso mese.
E’ anche un posto per ricordare le tragedie: due tifosi del calcio inglese furono fatalmente
accoltellati nel 2000, e svariate decine di persone morirono qui dopo una sparatoria durante una
manifestazione del 1 maggio nel 1977.
Taksim è anche un simbolo politico, è sembrato un posto sotto assedio per una buona parte di
giovedì. Migliaia di poliziotti d’assalto hanno aperto gli idranti, i gas lacrimogeni e caricato studenti
e lavoratori che cercavano di entrare nella piazza dove è esplosa la più grande agitazione
sindacale della Turchia da anni.
“In ogni luogo è Taksim!” gridavano i manifestanti il Primo maggio. Lo slogan è sembrato riflettere
la loro frustrazione dato che solo pochi attivisti sono riusciti ad infiltrarsi nella piazza. E sono stati
subito arrestasti.
Le autorità hanno affermato che sono stati arrestati 501 manifestanti e sono stati feriti sei poliziotti.
I mezzi di informazione turchi hanno affermato che sono state ferite 30 persone.
Le uccisioni largamente sottaciute nel 1977 perseguitano ancora la Turchia, e da allora il governo
ha vietato le celebrazioni sindacali nella piazza Taksim, adducendo motivi di sicurezza. I sindacati,
però, hanno affermato che quest’anno le autorità temevano una manifestazione antigovernativa in
una piazza così importante. Molti manifestanti hanno tentato di entrare.
I sindacati sono irritati con il governo riguardo la prevista riforma del disastroso sistema di
sicurezza sociale che è sostenuta dal Fondo Monetario Internazionale. Il partito di governo turco è
reputato essere filo impresa; i sindacalisti affermano che i loro diritti sono minacciati.
Normalmente, è facile entrare nella piazza di Taksim, che ha una fermata metropolitana che
prende il nome della piazza, ospita un terminal di autobus e serve per attirare i “dolmus”, i minibus
che aspettano finché si riempiono di passeggeri e sono chiamati in turco con una parola che
significa “pieni”.
Giovedì, i tentativi di raggiungere Taksim, che racchiude un parco su un’ex base militare ottomana,
assomigliavano ad una guerriglia. I manifestanti hanno evitato i vicoli, hanno discusso dei migliori
punti di accesso al cellulare e, una volta ostacolati, si sono accontentati al lancio di pietre sulle
linee della polizia in una strada principale.
15
La violenza è scoppiata all’esterno dell’albergo Hilton , ad alcuni isolati da Taksim. Le guardie della
sicurezza con i loro walkie-talkies erano fortemente impegnate a mantenere le nuvole di gas
lacrimogeni lontane dai luoghi ben curati. Alcuni turisti hanno messo fazzoletti sulle loro facce
mentre si affrettavano a ritornare in luoghi sicuri.
Capannelli di militanti di sinistra sono saltati fuori a Nisantasi, un quartiere vicino a Taksim. I
manifestanti hanno tolto i mattoni dal marciapiede in modo da colpire la polizia, ma hanno
risparmiato una gioielleria francese e una boutique di oggetti in pelle di lusso alcuni metri lontano.
Un veicolo corazzato con un idrante si spostava attorno ad un’isola pedonale. La polizia d’assalto
ha indossato corazze per utilizzare i gas lacrimogeni e ha tirato con violenza gli studenti fuori dalle
linee dei quartieri residenziali. Nel pomeriggio, i caffè iniziavano a riempirsi.
In una strada, una madre portava il suo giovane figlio che tossiva per i gas lacrimogeni, e il
ragazzo teneva gli occhi chiusi. I turchi spesso guardano i bambini con particolare affetto e un
funzionario di polizia si è rivolto ad un suo uomo perchè si fermasse per accarezzare la testa del
ragazzo.
Alla fine della giornata, Taksim si stava riempiendo, ma non di manifestanti.
La piazza porta a Istiklal Caddesi, il viale dell’Indipendenza. I pedoni riempiono negozi e ristoranti,
e la piazza Taksim ritorna alla normalità.
Torna all’indice
16
Business Week
25/04/2008
I sindacati intendono buttare fuori la Nestle dalla Russia
Il gigante dei prodotti alimentari non negozierà sui salari. I lavoratori stanno minacciando di
scioperare, definiscono la società “anti lavoratore” e dicono che dovrebbe lasciare il paese
Spiegel on line
La Nestlé in Russia è coinvolta in un’amara controversia con i suoi lavoratori. Il gigante dei prodotti
alimentari si rifiuta di negoziare il problema dell’aumento dei salari reali. La federazione sindacale
del lavoro in Russia sta minacciando di scioperare ed afferma che non dovrebbe essere permesso
alla società “anti lavoratore” operare in Russia.
Un ratto blu alto due metri corre su e giù fuori la sede centrale della Nestlé a Mosca. Mantiene un
logo verde della Nestlé con la parola scritta su di esso “vergogna”. I lavoratori della fabbrica
svizzera nella città degli Urali, Perm, sono giunti nella capitale per organizzare la protesta. Si
lamentano di quello che chiamano il rifiuto da parte della direzione della fabbrica di impegnarsi
nelle trattative per aumentare i salari. I lavoratori hanno innalzato degli striscioni con slogan come
“nessuna vergogna – nessuna coscienza”, oppure “Diamo al paese il KitaKat, ma non riceviamo un
salario dignitoso”.
La controversia a Perm ora è una grande notizia in tutta la Russia. Nonostante le manifestazioni
pubbliche, la Nestlé si rifiuta di soddisfare le richieste dei lavoratori. La società svizzera sembra
determinata ad essere un esempio in tutte le province russe.
Il salario base mensile, secondo il sindacato, è di soli 160 euro (250 dollari) nella fabbrica di Perm,
che produce barrette di cioccolato, dolci e prodotti dolciari. Il bonus massimo per un lavoratore, e
alla Nestlé la maggior parte dei lavoratori sono donne, è di 350 euro, anche se la lavoratrice lavora
di notte. E’ un qualcosa che secondo i lavoratori dovrebbe essere loro consentito di contrastare.
La direzione della Nestlé vede le cose diversamente. Secondo il portavoce della società, Marina
Zibareva, i salari della Nestlé sono “al di sopra della media dell’industria nella città”. Afferma che il
salario medio nell’impianto della Nestlé è di 460 euro, che tiene conto dei salari alti degli alti
dirigenti.
La Nestlé ha 10.000 lavoratori nelle sue 13 fabbriche in Russia. Tuttavia, soltanto quattro di queste
sono sindacalizzate e i lavoratori a Perm sono particolarmente organizzati. I due terzi del
personale dell’impianto, 1.000, sono iscritti al sindacato. Centinaia hanno partecipato alle azioni di
protesta.
La Nestlé ha aumentato i salari a Perm tre volte nell’ultimo anno, del 9, 10 e poi del 15%. Tuttavia,
questi aumenti non sono stati abbastanza per far fronte all’alto tasso di inflazione nella regione –
che è ufficialmente del 16.5%, dice la segretaria del sindacato, Larisa Selivanova. Dichiara che
non c’è stato un vero aumento del salario da anni – specialmente quando il tasso reale
17
dell’inflazione è attualmente molto più alto di quello ufficiale. Molti lavoratori della fabbrica hanno
donato il sangue per aiutare i loro redditi. Selivanova afferma che la maggior parte non potrà più
permettersi di acquistare la carne per le loro famiglie.
Le tensioni raggiungono il punto d’ebollizione
A dicembre il sindacato ha chiesto un aumento del salario del 40%. La direzione della fabbrica ha
reagito tirandosi fuori dalle trattative con i sindacati. Anche quando ha ridotto la sua richiesta al
21.5%, i responsabili hanno rifiutato di tornare al tavolo dei negoziati, affermando che la richiesta
non era “economicamente giustificata”.
La controversia ha raggiunto un punto d’ebollizione alcuni giorni fa. Quando il sindacato ha chiesto
un incontro nella fabbrica, la direzione ha immediatamente annunciato che la maggioranza degli
iscritti al sindacato erano indispensabili e dovevano rimanere a lavorare. Dei 200 lavoratori attesi
all’incontro si sono fatti vedere soltanto 50. In un comunicato stampa, la direzione della Nestlé ha
affermato che “non era stato possibile far allontanare tutti gli iscritti al sindacato dalle loro
mansioni”.
I lavoratori hanno accusato una persona soltanto dell’attuale fase di stallo: il direttore della fabbrica
Nestlé, Martin Ruepp. Ha rifiutato categoricamente la richiesta del sindacato di creare un
meccanismo vincolante per gli aumenti salariali. Il dirigente svizzero ha dichiarato che la società
continuerà a decidere gli aumenti salariali a sua discrezione.
Ruepp, 35 anni, ha costruito la sua carriera alla Nestlé. Prima di arrivare a Perm, ha
supervisionato una fabbrica a York, in Inghilterra. A Perm si pensa che lui sia proprio come era
nelle sue trattative con i sindacati lì. La segretaria del sindacato, Selivanova, afferma che la
società abbia posto i suoi lavoratori in Russia sotto una grande pressione. Ad esempio, dichiara di
aver condotto un’indagine nella fabbrica sulle opinioni politiche dei lavoratori e sulla loro volontà a
scioperare. La società afferma che si è trattato soltanto di una “indagine sociologica” realizzata in
molte aziende su richiesta del governo regionale.
Nessun posto in Russia per la società (anti) lavoratore
Selivanova si è esposta personalmente alla forza della società. Dopo aver utilizzato la rete intranet
della società per indire una manifestazione nella città, il suo accesso alla rete è stato bloccato. Un
portavoce della società ha difeso la sua azione, affermando che la Selivanova aveva diffuso
caricature che avevano “calunniato” la società.
La Federazione dei Sindacati Indipendenti della Russia (FNPR) si sono ora mobilitati a sostegno
della protesta a Perm. Nella conferenza stampa a Mosca, il sindacato FNPR guidato da Mikhail
Shmakov ha attaccato duramente la multinazionale, affermando che una società anti lavoratore
non ha posto in Russia. Ha spiegato che mentre la società svizzera aveva aumentato i dividendi
degli azionisti del 17.5%, ha lasciato i suoi lavoratori a mani vuote. Shmakov ha annunciato che ha
programmato di presentare una protesta all’OCSE ed ha dichiarato che, se necessario, il sindacato
indirà uno sciopero.
I lavoratori stanno ricevendo sostegno alla loro causa fuori la Russia, ad esempio dal sindacato
tedesco e dal sindacato internazionale degli alimentaristi. Per queste organizzazioni internazionali
la controversia affronta una questione fondamentale: temono che la Nestlé trasferisca in Russia
una produzione più alta se potranno far passare una politica del salario basso a Perm.
Sono i lavoratori locali che guidano la lotta. I lavoratori come Selivanova, che ha lavorato nella
fabbrica della Nestlé negli ultimi sette anni. La laureata ha iniziato a lavorare sulla linea di
18
assemblaggio prima di ricevere un lavoro come segretaria del sindacato. Inizialmente la società
aveva un’alta considerazione di lei, e “pensavano che sarei stata remissiva”. Ma le cose sono
andate diversamente. Grazie alle attività della Selivanova, il numero degli iscritti al sindacato in
fabbrica è raddoppiato.
Torna all’indice
19