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a cura del Dipartimento di Valorizzazione dei Beni Culturali dell’Istituto
N°14 DICEMBRE 2012
Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda - Piazza Arese, 12 Cesano Maderno (20811 MB) - Tel. 0362.52.81.18 - www.istitutoartelombarda.org
BIBLIOTECAnews
EDITORIALE
Una piccola storia e una
“rivoluzione” annunciata
Con questo numero di “ISAL
Magazine”, lo strumento gratuito di
diffusione culturale online dell’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda conclude il suo secondo anno di
pubblicazione. Al suo attivo ha 14
numeri, per un totale complessivo
di 127 pagine, 149 articoli, 14 editoriali e 230 fotografie pubblicate e
la segnalazione dell’uscita del
nuovo numero raggiunge ogni volta
quasi 30.000 persone. ISAL Magazine si è evoluto nel tempo e dalle
due pagine del primo numero, che
conteneva solamente due articoli,
due fotografie e l’editoriale, siamo
giunti al numero che avete ora tra
le mani. Siamo grati a tutti voi per
gli apprezzamenti espressi e per i
suggerimenti che ci avete voluto
inviare, per le e-mail di sostegno giunte persino dall’Africa - e per chi
ci spronava a non risparmiarsi in
questa nuova avventura, affrontando anche le numerose difficoltà
tecnologiche inevitabili quando una
ONLUS intraprende una tale
esperienza. L’intero Istituto è
dunque ben felice di annunciare
che già dal prossimo numero offrirà
a tutti voi uno strumento con una
foliazione e una grafica completamente rinnovata, in cui le fotografie
godranno di maggiore leggibilità ed
i testi possiederanno maggior
spazialità. Nel ringraziare nuovamente ciascuno di voi per aver
aiutato ISAL a diffondere presso i
propri contatti questo piccolo
strumento di comunicazione,
assicuriamo la medesima cura nel
riguardo dei contenuti, certi che,
come affermava M. L. Gatti Perer,
“la città è nostra se riusciamo ad
amarla, ossia a conoscerla […] La
città si avvilisce se viene ‘usata’ nei
suoi monumenti, nelle sue piazze,
distrattamente, peggio se viene
ridotta ad un concetto di valore
legato soltanto alle aree edificabili”.
Siamo certi di questo, anche perché, altrimenti, verrebbe rinnegata
la sua stessa funzione originaria:
costruire una sede per una comunità di uomini capaci di Incontrarsi
e di Vivere, secondo il valore
etimologico di queste parole.
MONUMENTI IN 2.000 BATTUTE
IL SANTUARIO DELLA
MADONNA DI SANTA VALERIA
A SEREGNO
L’origine di questo santuario è
legata ad un’antica immagine
cinquecentesca raffigurante la
Madonna con il Bambino
collocata originariamente su un
muro esterno dell’oratorio
campestre dedicato a Santa
Valeria, sposa di San Vitale e
madre di San Gervaso e San
Protaso. Il culto per questa
immagine fu particolarmente vivo
durante la pesta del 1630 e
attorno ad essa si strinse tutto il
paese per invocare la protezione
della Vergine. Cessata la
pestilenza gli abitanti di Seregno
decisero di edificare una nuova
chiesa che incorporasse l’antico
affresco e la sua realizzazione
venne terminata nel 1653. Un
rinnovato interesse popolare per
questa immagine devozionale si
ebbe intorno al 1731, quando si
verificarono numerose grazie e
guarigioni.
All’inizio del XX secolo la chiesa
era divenuta insufficiente ad
accogliere tutti i fedeli che vi
accorrevano e venne decretata la
costruzione di un grande
santuario. Il progetto fu affidato
all’ing. Spirito Maria Chiappetta,
che nel 1923 iniziò i lavori. Il
nuovo santuario fu consacrato il
29 settembre del 1930 dal
Cardinal Schuster ed al suo
interno venne inserito l’affresco
della Vergine proveniente
Ferdinando Zanzottera dall’antico oratorio. Le operazioni
di strappo dell’immagine furono
affidate a Francesco Annoni ed a
Carlo Pianca, e la Madonna di
Santa Valeria venne inserita nel
trittico di legno dorato collocato
sull’altare maggiore del santuario.
Ai fianchi dell’affresco Eugenio
Cisterna realizzò alcune figure
angeliche. L’attuale chiesa, che
sostituì l’edificio del 1653
abbattuto nel 1932, è in stile
gotico lombardo ed il suo interno
è scandito da tre navate e dal
transetto absidato. La decorazione del nuovo edificio è affidata
alla vetrate ideate dal Cisterna ed
agli affreschi strappati dall’antica
chiesa eseguiti da Luigi Sabatelli
nel 1839 raffiguranti Il roveto di
Mosè ed Abigail davanti a
Davide. All’interno del santuario,
inoltre, si conserva una tela
secentesca raffigurante L’Angelo
custode ed una raffigurazione di
Santa Valeria con San Gervaso e
San Protaso. Nel 1965 venne
decisa l’aggiunta del campanile,
alto 81 metri. La venerazione per
questa immagine offuscò la fama
taumaturgica dell’immagine della
Beata Vergine del Gonfalone
situata nella poco distante chiesa
parrocchiale di Sant’Ambrogio
che, secondo la tradizione,
avrebbe aperto e chiuso gli occhi
più volte in presenza di molti
fedeli raccolti in preghiera.
F. Z.
Anche quest’anno a fronte della
richiesta presentata ad oltre 70
istituti bancari italiani la biblioteca
ISAL sta ricevendo interessanti
volumi, che saranno inventariati,
catalogati in sbn e messi a
disposizione degli studiosi che
frequentano il nostro Istituto.
Questo mese segnaliamo in
particolare:
G. Fattorini (a cura di), Fondazione
Monte dei Paschi di Siena. Le arti
in cantiere, Fondazione Monte dei
Paschi di Siena, Siena, 2009;
R. Bartalini, Scultura gotica
senese (1260-1350), Fondazione
Monte dei Paschi di Siena, Siena,
2011.
ARCHIVIOnews
Il 4 dicembre una nuova cospicua
donazione di documenti archisticoiconografici ha uleriormente
ampliato il Fondo Lucio Franchini,
già docente del Politecnico di
Milano. Tra i nuovi documenti si
annoverano numerosi lucidi di
alcuni importanti monumenti siti
sul territorio lombardo, primi tra
tutti i disegni delle crociere della
Ca’ Granda dei Poveri di Dio, già
Ospedale Maggiore ed attuale
sede dell’Università Statale di
Milano, realizzati in occasione
della grande mostra curata dalla
prof. Liliana Grassi nel 1981. Tra i
documenti donati una copia originale del formulario impiegato nel
1756 dal cardinale Pozzobonelli
per effettuare le visite pastorali nel
territorio della Diocesi di Milano.
Come ricevere
ISAL
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ISAL Magazine è il nuovo
strumento di comunicazione
digitale ISAL inviato
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a chiunque lo desideri.
Se non lo ricevi ancora puoi
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o telefonando alla segreteria
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 14 Dicembre 2012
ANDAR PER ARTE INSIEME A MICHELE DOLZ
“GIOVANNI BELLINI. DALL’ICONA ALLA STORIA”
AL MUSEO POLDI PEZZOLI DI MILANO DAL 9 NOVEMBRE 2012 AL 25 FEBBRAIO 2013
Imperdibile nella stagione
invernale la raffinata mostra del
Museo Poldi Pezzoli (Milano)
intitolata Giovanni Bellini Dall'icona alla storia (fino al 25
febbraio 2013). Pochi dipinti ma
con un perfetto focus sul tema
della imago pietatis, più volte
trattato da Bellini e sempre con
risultati di eccellenza. S’intende
per imago pietatis la figura di
Cristo in piedi sul sepolcro, che
mostra le sue piaghe. Quasi
sempre è morto e incrocia le
braccia sul ventre. Il tema si ibrida
facilmente con l’introduzione di
elementi provenienti da altri
schemi iconografici, come l’uomo
dei dolori, il compianto di Cristo o
la stessa risurrezione. Ma ne viene
fuori un’immagine sempre
riconoscibile, destinata alla
devozione del fedele,
un’immagine per la preghiera e la
contemplazione.
Pezzo principale della mostra,
l’imago pietatis proprietà del
museo, che ha subito
recentemente un restauro a fondo
e ha guadagnato tanto in
leggibilità e splendore. Già a
Milano nella collezione di
Giuseppe Molteni, l’immagine fu
acquistata intorno alla metà
dell’Ottocento da Gian Giacomo
Poldi Pezzoli che ne affidò il
restauro allo stesso Molteni.
Recentemente è stata proposta la
provenienza del dipinto dalla
collezione di Borso d’Este, che fu
signore di Ferrara tra gli anni
Cinquanta e gli anni Settanta del
Quattrocento, sulla base di una
citazione in un inventario estense.
Il quadro, databile intorno agli
anni Sessanta del XV secolo,
appartiene al periodo giovanile
dell’artista, che appare ancora
influenzato dal Mantegna.
Il dipinto sprizza pietà, devozione
da ogni pennellata. È impossibile,
almeno per chi crede e prega,
non rimanere influenzati e perfino
rapiti da tanta potenza
espressiva. Si sa che Giovanni
Bellini fu uomo molto religioso e
che ha trasmesso alle sue figure
questo calore, che non è
devozionismo ma una forte
tensione al sacrificio redentore di
Cristo.
Bellini, come si diceva, riprese più
volte il tema della pietà, sotto
diverse varianti. Tra le più
commoventi, il Cristo morto
sostenuto e presentato da angeli.
E qui ci sono due famosi
esemplari, quello del Museo
Correr e quello del Museo di
Rimini.
La mostra, curata da Andrea De
Marchi, Andrea Di Lorenzo,
Lavinia Galli e Annalisa Zanni,
espone anche opere del
rinascimento veneto appartenenti
alla collezione del museo
(Madonna in trono con il Bambino
e angeli di Antonio Vivarini,
Deposizione dipinta su pergamena
di Lazzaro Bastiani e la
Crocefissione di Alvise Vivarini) a
dimostrazione di quanta influenza
ebbero la pittura e il linguaggio
artistico di Giovanni Bellini su
artisti suoi contemporanei.
Per maggiori informazioni:
www.museopoldipezzoli.it
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 14 Dicembre 2012
SCULTURE ITALIANE DEL BAMBINO GESÙ:
IL MUSEO DI GARDONE RIVIERA TRA STORIA DEL COSTUME,
CULTURA RELIGIOSA POPOLARE E RAFFINATE ARTI APPLICATE
raffigurazioni meno note nel
museo si annoverano le statuette
del “Bambino irrequieto nella
greppia”, il “Bambino dormiente
sulla croce” e Gesù assiso in
trono, raffigurato come re del
mondo che stringe tra le mani i
simboli della passione.
Queste opere, alcune delle quali
sicuramente connesse al mondo
monastico-religioso oltre che alla
cultura della nobiltà lombarda,
costituiscono una significativa
storia del costume e della moda
dei secoli passati, e della
religiosità popolare rivolta al culto
del Divino Infante, che proprio
dall'inizio del XVII secolo ha
conosciuto una forte diffusione in
tutta l'Europa cattolica.
L’originale museo ha affiancato
all’attività espositiva anche quella
Sulla sponda lombarda del lago di
Garda sorge una piccola ma
significativa realtà museale che nel
periodo natalizio gode di una
naturale rinomanza: il Divino
Infante Museo.
Aperto nel centro di Gardone
Riviera il museo ospita oltre
duecento statue di eterogenea
fattura appartenenti alla collezione
di Hiki Mayr,
Nelle sale, di recente allestimento,
sono conservate ed esposte al
pubblico le “piccole” sculture
raffiguranti Gesù Bambino
eseguite in oltre sei secoli di
storia dell’arte e dell’artigianato
italiano.
Le sculture più antiche, infatti,
risalgono al XVI secolo, e
affiancano ulteriori duecento figure
presepiali aggregate in
composizioni complesse, la
maggiore delle quali è costituita da
un scenografico presepe
napoletano settecentesco che
ricopre una superficie complessiva
di quasi 20 metri quadri.
La collezione ha avuto origine oltre
quarant’anni fa, quando Mayr ha
cominciato ad acquistare le
laboratoriale, offrendo periodicamente corsi per la realizzazione di
statuette e di presepi.
FZ
Per saperne di più:
Gardone Riviera (BS)
Via dei Colli, 34 - 25083
Tel. +39 0365 293105
[email protected]
www.il-bambino-gesu-com
I giorni e l’orario di apertura del
Museo variano in funzione del
periodo dell’anno e, in particolare,
in base all’afferenza a quattro
stagioni espositive (aprile-luglio,
luglio-agosto, settembre-ottobre,
dicembre-gennaio).
Per i costi del biglietto d’ingresso e
per gli orari specifici si consiglia di
contattare direttamente il museo.
sculture di Gesù Bambino quando
“andavano di moda” i putti e gli
angeli e in pochi si interessavano
del Divin infante. Con il passare
degli anni la raccolta si è
impreziosita e oggi costituisce la
più “vasta raccolta del mondo”
tematica.
Il museo,dunque, offre la
possibilità di spaziare
nell’immaginario presepiale
mostrando statue di Gesù
Bambino di dimensioni
eterogenee e realizzate con
differenti materiali, tra i quali il
legno, la cera, la terracotta, la
cartapesta, il tessuto e la
porcellana. Alcune statue si
presentano finite con materiali
molto poveri, mentre alcune
sculture sono ricoperte da
preziose vesti di antica foggia con
ricami in oro e argento, con pizzi,
con merletti, con perle di fiume e
magnifiche gemme.
La raccolta costituisce anche
un’importante testimonianza
figurativa della cultura
iconografica del presepe e della
cultura popolare legate alla figura
di Gesù Bambino. Tra le
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 14 Dicembre 2012
MOSTRE E CONVEGNI DI FOTOGRAFIA ( a cura della Fototeca ISAL)
“URBANTEXTURE_MILANO”
Milano – 7-20 dicembre 2012
La mostra, curata da Denis Curti,
raccoglie le fotografie di Andrea
Rovatti ed è stata voluta
dall’Assessorato all’urbanistica e
all’edilizia privata come omaggio
natalizio rivolto alla cittadinanza e
ai visitatori di tutto il mondo che in
questo periodo assiepano Milano.
La mostra, infatti, presenta la città
nelle sue poliedriche forme
attraverso gli scatti “visionari” e
immaginifici del grande fotografo
milanese che ha saputo spaziare
dalle singole manifestazioni
dell’arte alla “città della moda”,
senza dimenticarsi dell’edilizia
popolare, delle ristrutturazioni
post-industriali e delle antiche
case di ringhiera dei quartieri più
o meno periferici, riattualizzati e
reinterpretati attraverso le visioni
oniriche dell’obiettivo della sua
macchina fotografica.
Milanese di origine ma
cosmopolita per vocazione e
professione Andrea Rovatti ha
esposto in numerose realtà mu-
seali, tra le quali: il Grand Palais di
Parigi, il Palazzo Reale di Milano,
il Palazzo delle Nazioni Unite di
New York, l’Israel Museum di
Gerusalemme, la parigina Citè des
Sciences et de l'Industrie, l'Indian
Design Center di Mumbai, il MART
di Rovereto, il Centre de Design di
Montreal, il Macro a Roma e la
stessa Triennale di Milano. Delle
sue opere Roberta Valtorta ha
scritto: “Curiosamente simili a
opere di optical art, vicine alle
immagini create dal caleidoscopio,
le composizioni fotografiche di
Andrea Rovatti sono contemporaneamente rigorose registrazioni
meccaniche e trasfigurazioni
immaginarie di dettagli urbani.
Fortemente grafiche, sono al
tempo stesso profondamente
fotografiche. La ripetizione di un
dettaglio tratto dal paesaggio
urbano dà luogo a false sequenze
nelle quali il tempo è azzerato”.
Una mostra da non perdere.
Per ulteriori informazioni:
Urban Center
Galleria Vittorio Emanuele II
7-20 Dicembre 2012
Dal Lunedì al Sabato,
dalle h.9,00 alle h. 19,00
IL VOLTO DELLE PAROLE
ITALIA - BRASILE
Cuneo – 15 novembre - 30 dicembre 2012
A Milano le fotografie sulla città di San Paolo
Tra le molte mostre fotografiche
che si stanno svolgendo in questa
ultima frazione d’anno, di particolare interesse e valore è quella organizzata in occasione di
Scrittoriincittà 2012, che raccoglie
le fotografie di Paola Agosti e
Giovanna Borgese. Attraverso il
loro specifico linguaggio del ritratto, insieme hanno indagato
e impresso nella pellicola i principali esponenti del mondo intellettuale italiano del Novecento. La
mostra, curiosamente con lo stesso titolo dell’esposizione degli
scatti di Graziano Arici esposta
nei mesi di marzo e aprile di
quest’anno presso la Fondazione
Claudio Buziol di Venezia, raccoglie 50 ritratti di celebri scrittori
accompagnati da un piccolo brano
tratto da una loro opera letteraria.
Parole e immagini in questa mostra si intersecano e si fondono in
un’unica realtà creando un suggestivo percorso che coinvolge i
visitatori in maniera imprevista.
La mostra, infatti, è direttamente
connessa al mondo figurale e
immaginifico dei singoli “fruitori”,
che sono sollecitati ad interagire
con ogni singola fotografia o
parola esposta. Non si tratta
solamente di una mostra che vale
la pena vedere, ma di un viaggio
che vale la pena intraprendere.
Per ulteriori informazioni:
Tel: +39 0171 444640
Palazzo Samone, via Amedeo
Rossi 4, Cuneo
15 novembre - 30 dicembre 2012
Venerdì, Sabati e Domeniche
dalle h. 16,00 alle h. 19,00
In occasione del 50º anniversario
del gemellaggio fra le città di
Milano e San Paolo, l’Associazione Vagaluna in collaborazione con l’Assessorato
Cultura, Moda, Design
del Comune di Milano e
il Consolato Generale
del Brasile a Milano ha
organizzato la mostra
fotografica “PAULISTAS
PER AGENDA BRASIL
SÃO PAULO MILANO”.
La mostra raccoglie le
poetiche visioni realizzate dal fotografo e
compositore milanese
lazzo Morando.
http://www.costumemodaimmagin
e.mi.it/
Per ulteriori
informazioni:
Tel: +39 0171 444640
Palazzo Morando, Milano
Via Sant’Andrea 6
Dal 20 novembre 2012 al
6 gennaio 2013
Ingresso libero
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N° 14 Dicembre 2012
PATRIMONIO PITTORICO DA CONOSCERE O DA “RISCOPRIRE”
“BRERA MAI VISTA”
UN’OCCASIONE PER VEDERE OPERE MAI ESPOSTE E OPERE CON NUOVE ATTRIBUZIONI
Brera mai vista. Una nuova ipotesi
per un dipinto di Girolamo Mazzola
Bedoli.
Fino al 13 dicembre 2012 si può
visitare nella Pinacoteca di Brera,
nell’ambito della iniziativa “Brera
mai vista”, inaugurata nel 2001 e
volta a presentare, con il sussidio
di apparati didascalici e di opere di
confronto, dipinti meno conosciuti
del museo, una piccola
esposizione dedicata a un dipinto
di Girolamo Mazzola Bedoli,
sofisticato esponente del
manierismo parmense, parente e
allievo del più celebre
Parmigianino. Il dipinto, restaurato
da Delfina Sesti e Roberto Buda
grazie al contributo di Intesa
Sanpaolo, raffigura un frate
domenicano in veste di san
Tomaso d’Aquino. Sulla base
anche dei risultati del restauro, che
hanno rimosso vecchie ridipinture
che mortificavano la raffinata
qualità pittorica e ne ostacolavano
la lettura iconografica, Emanuela
Daffra, curatrice del catalogo, ha
avanzato la suggestiva proposta di
riconoscere nel frate effigiato il
ritratto di un secondo celebre
domenicano, Michele Ghislieri,
salito al pontificato nel 1566 col
nome di Pio V, la cui fama è legata
soprattutto alla crociata contro i
Turchi conclusasi con la vittoria
navale di Lepanto nel 1571.
Simonetta Coppa
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N° 14 Dicembre 2012
MOSTRE ED EVENTI DA NON PERDERE
Il segreto dei segreti. I tarocchi quattrocenteschi di Sola Busca
Milano – Pinacoteca di Brera (13 novembre 2012 - 17 febbraio 2013)
La mostra, curata da Laura
Gnaccolini, è dedicata al mazzo
di tarocchi Sola Busca (così
denominato dagli ultimi proprietari,gli eredi Sola Busca), acquistato
dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali nel 2009 con l’esercizio del diritto di prelazione e destinato alla Pinacoteca di Brera. Si
tratta del più antico mazzo di
tarocchi completo : è composto
da 78 carte, costituite da stampe
su carta da incisioni a bulino,
successivamente miniate a tempera e oro, e montate su cartoncino. I tarocchi sono indagati nel
contesto culturale di riferimento e
nella complessa e insolita iconografia, che sottintende riferimenti
al mondo alchemico ed ermetico.
L’autore viene identificato nel pittore anconetano Nicola di maestro Antonio ( cui è dedicato un
saggio in catalogo di Andrea De
Marchi, e del quale vengono
esposte opere di confronto,dipinti
e incisioni), e viene proposto come ideatore del programma iconografico l’umanista marchigiano
Ludovico Lazzarelli; frequentatore
della corte papale di Sisto IV e di
quella napoletana di Ferdinando
d’Aragona, è uno degli esponenti
della corrente dell’ermetismo
cristiano, mirante alla fusione fra
il sapere classico,ermetico e il
cristianesimo. Il mazzo, da poco
stampato, fu miniato a Venezia
nel 1491, e suo committente (sulla base della identificazione degli
stemmi) dovrebbe essere stato
probabilmente il celebre storico e
cronista veneziano Marin Sanudo. A corredo delle carte dei tarocchi, vengono esposte incisioni,
monete, manoscritti, dipinti,
provenienti da musei , raccolte ,
biblioteche italiane e straniere,
per una migliore contestualizzazione sia del mazzo Sola Busca,
sia della personalità artistica di
Nicola di maestro Antonio, formatosi nell’ambiente squarcionesco
di Marco Zoppo e Giorgio
Schiavone, vicino ai raffinati
grafismi di Carlo Crivelli pur se
dotato di una vena più corrosiva
con esiti quasi espressionistici.
Simonetta Coppa
UN “NUOVO” RENATO GUTTUSO
MUTAZIONI PLASTICHE
Materiali inediti della sua opera varesina
Milano - 29 novembre 2012
In occasione del centenario della
nascita di Renato Guttuso
l’Associazione varesina “Amici di
Piero Chiara” ha organizzato
La Mostra “Il Capolavoro ritrovato.
Renato Guttuso e la Fuga in
Egitto. La mostra, organizzata in
collaborazione con l’amministrazione comunale, si propone il fine
di offrire al grande pubblico una
“rilettura” culturale e scientifica
dell’opera “Fuga in Egitto”, eseguita dal grande artista siciliano nel
1983. in quell’anno, infatti al pittore
fu commissionata l’esecuzione
dell’opera decorativa della III
Cappella del Sacro Monte di
Varese. In mostra è esposto in
prima assoluta anche il cartone
originale usato da Guttuso per
realizzare il disegno dell’opera,
oltre che innumerevoli studi
preparatori, schizzi e bozzetti in
questi ultimi anni confluito nelle
raccolte di collezionisti privati.
Correda la mostra una sezione
fotografica e un video apposita-
mente realizzato, che presenta
alcune interviste d’epoca e altri
documenti che aiutano il visitatore
a comprendere la figura complessa di Guttuso. Numerosi gli eventi
collaterali.
Per ulteriori informazioni:
Villa Mirabello – Varese
Museo Civico di Villa Mirabello
Piazza della Motta, 4
Dal 24 novembre 2012 al
3 febbraio 2013
Da martedì a domenica
h. 9,30-12.30 e h. 14,00-18,00
Ingresso libero
La mostra personale di Caterina
Tosoni, allestita allo Spazio
Oberdan della Provincia di Milano
dal 29 novembre 2012 al 6
gennaio 2013, è curata da Milo
Goj con un contributo critico di
Luca Beatrice.
L’artista ha scelto la plastica per
la realizzazione delle opere
esposte, dipinte con pittura
acrilica monocromatica. La
plastica con cui sono composte le
opere tridimensionali, appare con
significati ambivalenti, negativa
nella sua accezione inquinante di
plastic trash, e positiva per l’utilità
degli oggetti che consente di
costruire su larga scala. Ogni sala
della mostra è caratterizzata da
una tematica. Si susseguono “le
mutazioni plastiche” che danno il
titolo alla mostra stessa, “le
metamorfosi”, e “le emergenze”.
Sensibile ai problemi dettati
dall’attuale crisi economica attuali
Caterina Tosoni ha presentato
un’opera intitolata “N-euro”.
Per ulteriori informazioni:
www.provincia.milano.it
Tel. 02.7740.6302 / 6381
Dal 29 novembre al 6 gennaio
2013: mercoledì, venerdì, sabato e
domenica, ore 10.00 – 19.30;
martedì e giovedì fino alle ore
22.00. Catalogo CDA
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N° 14 Dicembre 2012
PATRIMONIO DEGLI ENTI SANITARI LOMBARDI DA SCOPRIRE
I BASSORILIEVI DELL’AZIENDA OSPEDALIERA DI LEGNANO
Tra le molte opere d’arte
contemporanea presenti all’interno
degli Enti Sanitari della Regione
Lombardia degno di nota, anche in
funzione della ricerca figurativa e
dell’indagine artistica compiuta, è il
bassorilievo che decora l'interno
dell'attuale Centro Psico Sociale
dell’Azienda Ospedaliera
Ospedale Civile di Legnano, un
edificio afferente all'ex Centro di
rieducazione per motulesi da
infortunio sul lavoro sorto, a sua
volta, nell'area della ex Colonia
elioterapica di Legnano.
L'area della Colonia, progettata
dallo studio BBPR (Gian Luigi
Banfi, Ludovico Barbiano di
Belgiojoso, Enrico Peressutti,
Ernesto Natan Rogers) dal 1937 al
1938, fu scelta per essere riconvertita in un centro per motulesi a
partire dal 1952, anno della concessione dell'uso dell'area per tale
scopo da parte del Commissariato
Nazionale della Gioventù all'Ospedale di Legnano e della "Relazione
sanitaria" del professor Gherardo
Gerundini. Nel 1953 iniziarono i
lavori di ristrutturazione affidati
all'architetto Luigi Brusa che decise di edificare il nuovo edificio sulla base della vecchia struttura in
parte ristrutturata ed in parte
demolita. Nel 1955 iniziò l'attività
del Centro che rimase in funzione
fino al 1984. Oggi la struttura è
parzialmente occupata dal Centro
Psico Sociale. All’interno di esso si
conservano numerose opere scultoree parzialmente ignorate dalla
critica, che attendono di essere
comprese nel loro vero valore
figurativo-formale attraverso un
auspicabile processo di
valorizzazione ed aspettano che
ulteriori approfondimenti critici
possano “gettare” nuova luce
conoscitiva sui loro autori.
Tra le opere più interessanti vi è
una serie di quattro bassorilievi
che decorano i lati del vano
ascensore che raffigurano scene
dal “mondo del lavoro”. Sulle tre
facciate principali vi sono raffigurati: tre donne ed un uomo intenti
in attività legate al mondo della
tessitura, storicamente importante
per l'area; le attività edili, con un
architetto e tre operai, uno dei
quali con braccio infortunato e
legato al collo, che si stagliano di
fronte ad un'impalcatura stilizzata;
il mondo industriale rappresentato
da quattro uomini intenti in attività
di officina. Su questi tre lati, ai
piedi delle figure, sembrano
emergere dal sottosuolo elementi
simbolici: per la tessitura tre anfore; per l'edilizia attrezzi stilizzati,
un'anfora, una ruota dentata e dei
mattoni come resti architettonici;
per la fabbrica pistoni, fusibili e
ingranaggi. Il quarto lato, in cui si
apre la porta dell'ascensore, rievoca tralicci e impalcature. Le
figure umane sono corpi possenti
(in pieno debito da Novecento)
mentre gli elementi meccanici
rievocano il razionalismo italiano.
I bassorilievi risalgono al periodo
della riconversione in Centro motulesi del complesso ed è attribuibile allo stesso autore anonimo di
numerose altre sculture disseminate nell'edificio.
La decorazione presenta diverse
analogie, per la tematica legata al
mondo del lavoro, lo stile e alcuni
elementi iconografici ricorrenti,
con le decorazioni dell'adiacente
Chiesa, il cui altare venne inaugurato nel mese di luglio del 1961.
In queste opere scultoree l'artista
reinterpreta e semplifica la lezione accademica ottocentesca della
cultura del bassorilievo, che trova
in Adolfo Wildt uno dei suoi massimi maestri, rifiutando volutamente la tecnica dello stiacciato a
favore di una ricerca espressiva
che si colloca a metà strada tra i
bassorilievi all'egizia, nei quali il
senso del rilievo è determinato
dal contorno marcato e profondo
che finisce quasi "a spigolo" verso il fondo, e il sottoquadro, che
consiste nello scavare il contorno
della figura non solo "a squadra",
ma anche dietro i contorni della
figura. Il loro autore, dunque,
ricerca semplici ma evidenti effetti
chiaroscurali, accresciuti dalle
ombre ottenute dai soggetti
scolpiti con un lieve sottoquadra.
Tali effetti, tuttavia, sembrano
smorzati anche dal linguaggio
lirico-figurativo proprio di questi
bassorilievi, costruiti come una
sequenza autonoma di figure e
non come una articolata visione
scenico-prospettica. L'artista
sembra debitore anche della
lezione della grafica figurativa
della metà del XX secolo, che
pare come elemento ideale per
l'esaltazione quasi ieratica del
lavoro e per la valorizzazione
quasi metafisica del lavoratore.
Sebbene con valenze e risultati
estetico-compositivi differenti, la
presenza di questi bassorilievi in
un contesto originariamente progettato dal gruppo BBPR evoca
altri esempi architettonici nei quali
il gruppo stesso propose l'inserimento di opere scultoree realizzate con questa tecnica esecutiva.
Apice di questa ricerca dello studio
BBPR, ormai privato della presenza di Luigi Banfi, è il negozio Olivetti di New York, nel quale la decorazione a bassorilievo realizzata da Costantino Nivola si fonda
unitariamente con l'architettura,
elemento che non sempre avviene
nelle sculture del Centro Motulesi
da Infortunio sul lavoro. Unica eccezione, ma dalle differenziazioni
evidenti, è forse costituito da questi specifici bassorilievi, che assumono connotazioni inusuali all'interno della cultura figurativo-architettonica degli enti sanitari lombardi. In quest'opera, tuttavia, il lirismo evocativo dei bassorilievi, risulta di minore impatto rispetto alle
sculture di dimensioni più contenute. In questo caso la narrazione
appare fortemente dilatata negli
ampi spazi a disposizione nei quali
l'accento narrativo sottolinea
l'isolamento che l'uomo prova nei
confronti della macchina. Concetto
espresso anche attraverso
l'isolamento delle persone ritratte.
Ilaria Torelli
P. 7
Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 14 Dicembre 2012
IL CASVA COLPISCE ANCORA
UN CATALOGO DA NON PERDERE
Il volume costituisce il catalogo
della mostra allestita nella sala 38
dei Musei d’Arte del Castello
sforzesco di Milano tra il 6 luglio e
il 30 settembre 2012, dedicata
all’interessante personalità di Luigi
Vassalli Bey (1812-1887),
egittologo e patriota risorgimentale.
Le avventurose vicende
biografiche di Vassalli, le imprese
garibaldine e la partecipazione alle
Cinque Giornate milanesi, l’esilio
in Egitto e la collaborazione con il
francese Auguste Mariette per la
costituzione del Service de
Conservation des Antiquités de
l’Egypte e la fondazione del Museo
di Bulaq, primo museo egizio del
Cairo, sono elementi fondanti del
volume. Nel proprio testamento
lasciò al Comune di Milano, che ne
entrò definitivamente in possesso
nel 1899, molti preziosi documenti,
mentre altro materiale archivistico
(appunti, manoscritti, disegni,
fotografie), furono venduti alla
civica amministrazione, assieme
alla biblioteca personale di Vassalli,
dal Museum of Fine Arts di Boston
nel 1999. In qualità di Ispettore
degli scavi, tra il 1859 e il 1883
diresse ricerche archeologiche in
varie località dell’Egitto (Giza,
Saqqara, Meidum, Dra Abu
el-Naga, Tanis, Edfu, Shaluf,
Hawara). Fu anche, per un breve
periodo, Conservatore del Museo
Archeologico Nazionale di Napoli.
Il volume presenta un saggio di
Rina La Guardia, direttore del
Servizio Biblioteca Archeologica –
Biblioteca d’Arte - CASVA dal
titolo “Passione per l’egittologia e
amor di patria:la vita avventurosa
di Luigi Vassalli bey” che indaga il
profilo biografico di Vassalli, e un
contributo di Francesco Tiradritti,
docente di Egittologia presso
l’Università di Enna “Kore”, dal
titolo “Il ruolo di Luigi Vassalli
nell’egittologia del XIX secolo”.
Segue un ricco catalogo, in cui le
immagini sono corredate da
ampie ed esaurienti didascalie
che approfondiscono la vita, lo
studio dei manoscritti e l’attività di
Vassalli presso il Service de
Conservation des Antiquités de
l'Egypte, nonchè alcune delle
scoperte archeologiche, fondamentali per lo sviluppo dell’archeologia e della museografia in
Egitto nel XIX secolo. Il corposo
materiale scelto per la mostra è
per lo più inedito e di appartenenza del Comune di Milano.
Beatrice Bolandrini
FRANCESCO NUVOLONE:
GRANDE PITTORE BAROCCO
Presso Sala Veratti dei Musei
Civici di Varese è stata appena
inaugurata la mostra “Nuvolone
tra sacro e profano al Sacro
Monte sopra Varese” incentrata
su due dipinti realizzati da Carlo
Francesco Nuvolone (Milano
1609-1662), artista attivo in
numerosi cantieri della
Lombardia e, in particolare, in
numerosi prestigiosi centri del
barocco milanese. La mostra è
stata resa possibile dalla
collaborazione instaurata tra
Comune di Varese,
l’Associazione culturale
Varesevive, l’Accademia Tadini di
Lovere e numerosi partner privati,
tra i quali il Rotary Club. Nella
mostra sono esposti due dipinti
eseguiti dal Nuvolone in pendant
intorno al 1645 ed
originariamente destinati alla
quadreria privata di un facoltoso e
raffinato collezionista, confluendo
invece, all’inizio del XIX secolo,
nella raccolta che Luigi Tadini
andava costituendo nel suo
palazzo di Lovere e che ora
appartengono all’Accademia
Tadini. Queste due tele
rappresentano episodi tratti
dall’Antico Testamento (Giuseppe
e la moglie di Putifar e Susanna
al bagno) in cui il pittore anche
nell’illustrare scene sacre,
predilige un tipo di
rappresentazione melodrammatica e teatrale, a testimonianza del clima culturale
elegante e prezioso che si
respirava alla metà del XVII
secolo negli ambienti del
patriziato lombardo.
L'esposizione delle opere è
accompagnata da un percorso
didattico di approfondimento
dedicato ai due quadri e al
fondamentale ruolo che
Francesco Nuvolone ebbe a
Varese, dove eseguì tra 1650 e
1654 gli affreschi della III e della V
cappella del Sacro Monte
raffiguranti la Strage degli
innocenti e Gesù nel tempio
attorniato dai dottori.
Per maggiori informazioni:
www.comune.varese.it
www.varesecultura.it
Tel. 0332.820409
Sala Veratti - Varese
Via Veratti, 20
Dal 10 novembre 2012 al
20 gennaio 2013
Da martedì a domenica h. 9,30 12,30 e 14,00 – 18,00
Ingresso gratuito
P. 8
Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 14 Dicembre 2012
MONUMENTI DA SCOPRIRE
PITTURA RELIGIOSA DI SILVIO CONSADORI
GLI AFFRESCHI CEL CIMITERO DI PADERNO
Dal catalogo della mostra al
Museo Diocesano di Milano per il
centenario della nascita, curata da
Flaminio Guandoni e Anna Maria
Consadori, trascriviamo una frase
di Paolo Biscottini, direttore del
Museo che sottolinea il rapporto di
Consadori (1909-1994) con l’arte a
tema religioso:
“In un’epoca in cui si torna a
parlare di arte sacra in forma più
libera, asserendo che essa è tale
non per il tema che tratta, ma in
virtù di una tensione spirituale
verso il mistero dell’arte e della
vita e infine di Dio, è bene tornare
a questi artisti che
coraggiosamente han sostenuto
ragioni iconografiche e la
necessità di non eliminare anche
© Per gentile concessione di Luciano Bissoli
dal sacro la questione del corpo.”
Tale concetto ci sembra calzante
con le opere che presentiamo,
rimaste un po’ in disparte. Ci
riferiamo agli affreschi realizzati
nel 1951 e 1962 in uno dei
cimiteri di Paderno Dugnano.
Quello di Paderno (oltre ad
accogliere le spoglie di Emilio De
Marchi in un'elegante tomba di
gusto neo-rinascimentale),
conserva, infatti, opere di
Consadori.
Una prima pittura murale, quasi
un fantasma (è poco protetta)
rappresenta un essenziale
Crocefisso, tra Maria e Giovanni e
decora la cappella pubblica.
La seconda, ancora una
crocifissione, ma più ampia e
articolata, orna la facciata interna
della Cappella Scaltrini, noti
industriali padernesi. La
costruzione, del 1951, fu
progettata dall’Arch. Mario
Bacciocchi, con linee razionali e
sobrie.
Un cancello, abitualmente
accostato, immette in un cortiletto
racchiuso da alte mura con
mattoni a vista. Sul fondo sorge la
Cappella, preceduta da un alto
portico sostenuto da due esili
pilastri in granito levigato. Sulla
facciata è dipinta una crocifissione. L’iconografia è tradizionale, ma ha un sentire moderno
che rifugge da enfasi pietista o
devozionale. La composizione è
serrata, incalzante e non
è priva di una certa
monumentalità.
Predominano intensi
colori terrigni che, come
ebbe a scrivere Raffaele
De Grada, sono “padroni
della struttura”. Infelici
restauri hanno un po’
alterato la figura di Cristo
e dei personaggi posti alla
sinistra e, probabilmente, la cromia
del fondale. La parte destra, in
condizioni migliori, è assai interessante. Vediamo tre donne e tre
uomini. Dolci e belli i profili femminili e marcati i tratti maschili. Una
donna ai piedi della croce, rivestita
da un mantello blu scuro, dalle
mani serrate e il bellissimo e intenso viso, si volge a Gesù. Alle spalle appare un viso in cui riconosciamo le fattezze di Consadori.
All’estremità, inserite in una
classica composizione piramidale,
sono dipinti quattro personaggi,
due maschili e due femminili tra
cui Maria, la figura più potente tra
tutte quelle raffigurate. È priva di
sensi ed è sostenuta da un uomo
dai forti lineamenti. Maria non ha
resistito al grande dolore che sta
vivendo. Il suo viso bello, tenero e
robusto insieme è efficacemente
dipinto di scorcio. In alto vediamo
Cristo in Croce (in parte rifatto) e,
ai lati, i due ladroni. Assai efficace
quello che vediamo a sinistra
anche se, è in parte, danneggiato.
Luciano Bissoli
© Per gentile concessione di Luciano Bissoli
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Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 14 Dicembre 2012
LA VILLA SFORZESCA DI VIGEVANO:
EDIFICIO SITO IN “INSIGNIFICANTE CAMPAGNA” DIVENUTA “RICCHISSIMA TERRA”
Tra i molti materiali recentemente
donati all'Istituto per la Storia
dell'Arte Lombarda dal prof. Lucio
Franchini esiste un piccolo
fascicolo dedicato alla Palazzina
Pusterla Busca Pozzi di Zibido
San Giacomo (Milano). Si tratta di
alcuni documenti manoscritti e
dattiloscritti afferenti alla ricerca
sull'architettura quattrocentesca
condotta negli anni settanta dalla
professoressa Liliana Grassi. Il
materiale consta in quattro fogli di
appunti manoscritti e in un
dattiloscritto di sei pagine custodito
in una busta di recupero intestata
International Book Information
Services di Rotterdam spedita in
epoca imprecisata alla Biblioteca
Ambrosiana di Milano. Il materiale
fu raccolto in quegli anni anche dai
suoi collaboratori e contribuisce a
chiarire il metodo di ricerca e di
© Archivio ISAL, Fondo Lucio Franchini
catalogazione impiegato
dall'importante storica
dell'architettura milanese, che
attorno a specifici temi
raccoglieva eterogenee
testimonianze storico critiche,
spesso inserite in apposite
trascrizioni, conservate in piccoli,
ma spesso esaurienti, fascicoli
tematici in cui confluivano anche
differenti documenti iconografici
che, in questo caso, costano in
tre cartoline e cinque stampe ai
sali d’argento impresse a colori
su carta Kodak. Le stampe, i cui
colori presentano irreversibili
viraggi, mostrano i differenti
prospetti del complesso
architettonico, a conclusione dei
restauri avvenuti negli anni
cinquanta-sessanta. Gli scatti
“animati” mostrano persone in
posa, probabilmente i proprietari,
intendi ad osservare il fotografo,
con lo sguardo pensieroso rivolto
verso l’infinito o concentrati a
compiere alcuni lavori meccanici
o rurali. Con ogni probabilità due
di queste fotografie furono
impiegate per una pubblicazione,
poiché a tergo conservano delle
scritte a matita con l’indicazione
di riprodurle in bianco e nero con
dimensioni di 12,5 centimetri. Le
fotografie, che anche in questa
sede si ripropongono trasformate
in b/n, rappresentano
un’importante testimonianza
iconografica dell’edificio che
appare in tutta la sua imponente
presenza e sebbene con qualche
problema conservativo, mostrano
i colori dei graffiti originari. Il
fotografo, che ha probabilmente
impiegato in fase di scatto una
pellicola 6x6, ha “costruito” gli
scatti con una certa ricercatezza
che potesse far risaltare le linee
geometrico-compositive
dell’architettura giocando anche
sulla profondità di campo (palese
nell’immagine dell’edificio ripreso
angolarmente con in primo piano
animali da cortile) senza tuttavia
ricercare l’assoluta naturalezza
delle persone ritratte.
L’edificio è definito nel volume di
Langè del 1972 come “un raro
esempio di residenza di campagna
rinascimentale ancora esistente in
Lombardia, anzi di quel primo
periodo rinascimentale lombardo
nel quale sono ancora vive le
esperienze gotiche”. La breve
scheda sottolinea che l’edificio
costituì il “casino di caccia dei
Pusterla” e che fu costruito tra il
1450 e il 1480, passando nel
tempo dalla famosa famiglia di
avvocati milanesi Pirovano ai
marchesi Busca, “che ne tennero
proprietà fino all'estinzione della
casa nel 1870”.
Descritta come costruzione a
pianta rettangolare “molto
semplice” con una sala grande ed
altri quattro locali minori, l'edificio
monoblocco mostra finestre ogivali
e quadrate giudicate “di rara
eleganza, distribuite senza ordine
apparente sulle quattro facciate”
intonacate.
La costruzione presenta numerosi
elementi decorativi tipici del XV
secolo, un tempo celati da
interventi a calce eseguiti sulle
facciate esterne, restaurate e
riportate agli antichi splendori in
occasione del restauro durato tre
anni, curato dall’architetto Nardis
della Soprintendenza milanese.
Un intervento che, come ha
ricordato lo stesso prof. Perogalli
nel suo volume dedicato alle
cascine lombarde del 1975, ha
saputo valorizzare anche gli interni,
“arredati con opere d'arte e mobili
antichi”. L’edificio, infatti, riveste
notevole importanza anche per il
pregevole ciclo di affreschi
quattrocenteschi custoditi al suo
interno, rappresentanti scene
campestri e venatorie che
ricordano il Casino di Caccia di
Oreno.
Benché in questa sede non sia
possibile ricostruire con dovizia di
particolari tutte le fasi costruttive di
P. 10
Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
N° 14 Dicembre 2012
© Archivio ISAL, Fondo Lucio Franchini
questo importante monumento
nazionale, si è ritenuto di offrire un
buon contributo proponendo la
trascrizione del dattiloscritto
anonimo e senza data conservato
nel menzionato fascicolo
dell’Archivio ISAL, qui riprodotto
con particolare rigore filologico. Si
è infatti deciso di riproporlo
lasciando le spaziature originarie,
le differenze cromatiche delle
scritte e gli errori di battitura o le
differenti modalità sono stati usati
alcuni lemmi, tra i quali lo stesso
edificio, citato apparentemente
indistintamente come Ca’ Grande
e Cha Grande. Non si sono invece
lasciati gli errori di battitura già
corretti dallo scrivente in fase
redazionale del dattiloscritto o
manualmente in fase di rilettura.
Inoltre solo in un caso si è ritenuto
opportuno precisare quanto scritto
nel testo attraverso un
piccolissimo intervento redazionale,
racchiudendo l’intervento tra
parentesi quadre.
Ferdinando Zanzottera
CENNI STORICI SULLA
CA’ GRANDE
Chi visita oggi la CA’ GRANDE
non può rendersi immediatamente
conto di quanti e quali lavori siano
stati necessari per ridare alla
costruzione l’unità e dignità di
stile originari.
Si trattava da un lato di porre
rimedio agli effetti della
trascuratezza dei proprietari più o
meno recenti, alla degradazione
subita dalla casa in tempo
padronale, poi ridotta ad
abitazione rurale e a deposito di
attrezzi; dall’altro, di risanare le
stesse murature, minate oltre che
dal tempo, dagli agenti
atmosferici anche dalle
infiltrazioni di umidità dovuta alla
natura del terreno.
Zibido San Giacomo è situato
infatti 14 km. a sud di Milano in
direzione di Pavia, dunque una
tipica zona irriguo, il cui
paesaggio agrario non deve aver
subito trasformazioni notevoli
dall’epoca di costruzione della CA’
GRANDE a oggi.
Va sottolineato però che il
restauro ha potuto dare risultati
tanto validi perché guidato e
illuminato dalle ricerche storiche
di cui ora daremo qualche cenno.
Ricerche difficili per la
frammentarietà e dispersione dei
fondi d’archivio utili, tali tuttavia
da fornire parecchie interessanti
notizie circa le vicende della CA’
GRANDE e dei terreni ad essa
annessi.
Zibido San Giacomo dipende
dalla pieve di Decimo fino al 1584,
anno in cui, per volere di San
Carlo Borromeo, la prepositura
passò da Decimo a Lacchiarella;
e faceva naturalmente parte dello
stato _ ducato dal 1395 _ di
Milano. Il nome potrebbe derivare
dal gruppo barbarico dei Gepidi,
giunti nella zona a seguito dei
Longobardi; non sembra infatti
accettabile la tradizione che lo
faceva da Zebedeo, padre di quel
San Giacomo, il cui corpo
sarebbe racchiuso nell’antico
sarcofago di serizzo conservato
appunto nella chiesa di origine
romanica di San Giacomo.
La data di costruzione della CA’
GRANDE non è esattamente
precisabile; è possibile però
collocarla nella seconda metà del
‘400.
In realtà, per quanto riguarda i
beni terrieri su cui sorgerà la casa,
abbiamo notizie già dalla prima
metà del ‘300.
In quell’epoca infatti un tal Gian
Ambrogio dell’Orto donava i
propri possedimenti in Zibido al
capitolo di San Giorgio al Palazzo
di Milano, a patto di continuare a
godere i frutti vita natural durante.
Alla sua morte, venuta poco
prima del 1350, il capitolo diede il
possedimento “…perticas 484
terrarum, cum sedimine…” cioè
con una costruzione insistente
sulle terre, in enfiteusi perpetua a
Giovanni Scaccabarozzi e i suoi
eredi, dai quali passò poi alla
famiglia Pusterla. Come
avvenisse però quest’ultimo
passaggio (i precedenti sono
testimoniati da atti notarili) non è
chiaro. Del resto non fu chiaro
neppure ai contemporanei, tanto
che nel 1841 il preposto di San
Giorgio al Palazzo, Giacomo
Fossati e canonico Gian Pietro
Terzaghi proposero una causa
contro i fratelli Francesco e
Giovanni Pusterla contestandone i
diritti sui beni di Zibido, diritti che il
tribunale ecclesiastico di Milano
però confermò.
L’enfiteusi dunque rimase alla
famiglia, tramandata per via
ereditaria attraverso i decenni
finché, morto nel 1573 Gio.
Antonio Pusterla, i figli Gian Pietro
e Ludovico si divisero l’eredità
paterna in modo che le proprietà di
Zibido vennero assegnate a
Ludovico.
La casa doveva essere sorta già
da tempo, come si è detto sopra,
ma solo in una ricognizione dei
beni lasciati da Gio. Antonio,
compiuta dal notaio ANtonio Maria
Visconti il 10 febbraio 1575,
troviamo notizie più precise, che ci
parlano di una parte padronale e di
una parte massaricia, sulla quale
cioè risiedevano i coloni (…de
sedimine uno a nobili et a
masario…) con edifici, tra cui una
casa con sala e cucina, un pozzo,
le colombaie, le stalle.
Intorno al 1590 il preposto di San
Giorgio al Palazzo volle rimettere
in discussione i diritti enfiteutici dei
Villa
Erba Odescalchi
Scotti
a Bovisio
Masciago (© Foto di F. Zanzottera)
©©
Fototeca
ISAL
(Foto
di L.
Franchini)
Archivio
ISAL,
Fondo
Lucio
Franchini
P. 11
Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda
Pusterla e riaprì la causa che il
suo predecessore don Fossati
aveva perso più di un secolo prima.
Ma i diritti dei Pusterla (o le
protezioni di cui la famiglia sembra
godere presso le alte gerarchie
ecclesiastiche) trionfarono
nuovamente ben tre volte: in prima
istanza dinanzi al tribunale
ecclesiastico di Milano, il secondo
dinanzi a quello di Pavia e in terza
(resta davvero ultima) a Lodi.
Nel 1591 Ludovico lasciava eredi
dei suoi beni le due figlie Bianca
Margherita e Ludovica Beatrice;
nel testamento nomina anche
Oriana Maggi, che portava il
cognome della moglie di Ludovico,
ma era con molta probabilità figlia
di entrambi, nata dalla relazione
dei due prima che potessero unirsi
in matrimonio; ciò che avvenne
solo dopo la morte del primo
marito della signora Maggi.
Malgrado Ludovico
raccomandasse di considerare
Oriana alla stregua delle
sorellastre o sorelle, sorse una lite
tra Oriana e il marito Gian
Ambrogio Racchi da una parte e
Ludovica Beatrice dall’altra.
La causa fu vinta dal Racchi ormai
vedovo, ma i beni di Zibido
andarono in pagamento
all’avvocato patrocinatore, Carlo
Piovano.
Le sue due figlie, Costanza e
Margherita, sposarono la prima un
conte Anguissola, la seconda il
marchese Ludovico Busca.
N° 14 Dicembre 2012
Nel 1661 divisero i beni lasciati
loro dal padre, in modo che le
proprietà di Zibido toccarono a
Margherita Busca Pirovano, e alla
famiglia Busca appartennero poi
per più di due secoli.
Questa divisione dell’asse
ereditario tra le due sorelle è
importante anche per un altro
motivo; l’atto infatti contiene
un’accurata, interessante
descrizione della CA’ GRANDE,
che mette conto di riportare
estesamente:
“… Seguono li beni che furono
delle sorelle Pusterla, tolte in
pagamento per il fu signor Carlo
Pirovano l’anno 1649, come da
istrumento rogato da Carlo
Castiglione notaio in Milano e che
tutti sono nel territorio di Zibido
pieve di Lattarelle nel vicariato di
Binasco: li due sedimi contigui
ISAL, Fondo
detti della© Fototeca
Cha Grande,
li Pacchioni
quali
consistono quello da Massaro
nella porta con andito tra due
archi, con sopra una camera con
celi e soli e sopra di essa la
colombara senza colombi, a
mano sinistra entrando per il
detto andito due luoghi in terra
con i suoi celi, uno dei quali serve
da bottega e sopra un solaro
coperto di tetto, ed un angolo
della corte e cioè tra essa corte
del campo giardino vi è l’edificio
della casa detta casagrande, che
consiste in un andito, nel quale
sono le scale di legno con a
banda dritta nel medesimo luogo
assai grande che serve per cuina
[cucina] e di dietro altro che serve
per stalla. Più a banda sinistra un
luogo assai grande, che alias si
diceva la saletta con suo cielo e
travi buono e cammino, e di dietro
del medesimo altro luogo che
serviva per canepa. In testa
all’andito suddetto con la prima
ondata della scala di legno si sale
ad una camera grande superiore
alla detta stalla, con il suolo
ruinoso, insieme con gli legnami
del cielo, il cielo della detta
camera è buono, con sue finestre
con ferrate, manca parte delle
ante e vi è un cammino alla
francese, di contro vi è l’altra
camera superiore alla canepa
della qualità suddetta ‘ con il
suolo migliore dello suddetto ed
in capo al medesimo andito vi è la
bussola per li necessari,, ma
ruinosa; salita la seconda andata
della detta scala vi sono due lu
luoghi superiori alla cucina,
saletta e parte dell’andito con li
suoli e celi, a’ quali vi vanno fatte
alcune riparazioni e vi è un
cammino e sopra detti celi, il tetto.
Salita la terza andata delle scale
si ritrovano lì due solari secondi
superiori alla stalla e alla canepa
con li suoli gramissimi…” (I)
Sarebbe lungo e in questa sede
inutile seguire tutte le successioni
mediante le quali la CA’ GRANDE
passò dall’una all’altra
generazione; si arrivò comunque
fino al 1870, anno in cui venne a
morte il marchese Antonio Busca
Arconati Visconti, lasciando eredi
le figlie Antonietta e Luigia, minori,
sotto la tutela del cavalier Gian
Giacomo Poldi Pezzoli.
Iniziò poco dopo una serie di
passaggi attraverso vari proprietari,
nessuno dei quali si curò di porre
un freno al processo di
degradazione della CA’ GRANDE,
iniziato certo da tempo, che aveva
trasformato la residenza
campestre signorile in un
trasandato cascinale.
Gli attuali proprietari, Erminio e
Rosalba Pozzi, acquistando la
casa e gli annessi terreni nel 1959,
diedero presto inizio i lavori di
restauro. Furono così riportate alla
luce le nobili linee
quattrocentesche dell’edificio, ora
reinserito nel paesaggio
circostante è riportato l’autentica
suggestiva dignità.
-------------------(I)
“1661 febbraio 19. Istrumento di
divisione tra la contessa Costanza
Anguissola e marchesa Margherita
Busca, sorelle Pirovano, della
eredità del loro padre, dottore
collegiato don Carlo Pirovano, dei
beni situati in Lomagna Cassina
de Braggi e in Zibido San Giacomo
del valore di L. 4802,10 rogato dal
notaio di Milano Antonio
Castiglione fu Carlo Federico.”
L’atto si trova in archivio storico
civico di Milano, Archivio Busca,
cartella 10.
© Archivio ISAL, Fondo Lucio Franchini
© Archivio ISAL, Fondo Lucio Franchini
P. 12