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a cura del Dipartimento di Valorizzazione dei Beni Culturali dell’Istituto N°14 DICEMBRE 2012 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda - Piazza Arese, 12 Cesano Maderno (20811 MB) - Tel. 0362.52.81.18 - www.istitutoartelombarda.org BIBLIOTECAnews EDITORIALE Una piccola storia e una “rivoluzione” annunciata Con questo numero di “ISAL Magazine”, lo strumento gratuito di diffusione culturale online dell’Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda conclude il suo secondo anno di pubblicazione. Al suo attivo ha 14 numeri, per un totale complessivo di 127 pagine, 149 articoli, 14 editoriali e 230 fotografie pubblicate e la segnalazione dell’uscita del nuovo numero raggiunge ogni volta quasi 30.000 persone. ISAL Magazine si è evoluto nel tempo e dalle due pagine del primo numero, che conteneva solamente due articoli, due fotografie e l’editoriale, siamo giunti al numero che avete ora tra le mani. Siamo grati a tutti voi per gli apprezzamenti espressi e per i suggerimenti che ci avete voluto inviare, per le e-mail di sostegno giunte persino dall’Africa - e per chi ci spronava a non risparmiarsi in questa nuova avventura, affrontando anche le numerose difficoltà tecnologiche inevitabili quando una ONLUS intraprende una tale esperienza. L’intero Istituto è dunque ben felice di annunciare che già dal prossimo numero offrirà a tutti voi uno strumento con una foliazione e una grafica completamente rinnovata, in cui le fotografie godranno di maggiore leggibilità ed i testi possiederanno maggior spazialità. Nel ringraziare nuovamente ciascuno di voi per aver aiutato ISAL a diffondere presso i propri contatti questo piccolo strumento di comunicazione, assicuriamo la medesima cura nel riguardo dei contenuti, certi che, come affermava M. L. Gatti Perer, “la città è nostra se riusciamo ad amarla, ossia a conoscerla […] La città si avvilisce se viene ‘usata’ nei suoi monumenti, nelle sue piazze, distrattamente, peggio se viene ridotta ad un concetto di valore legato soltanto alle aree edificabili”. Siamo certi di questo, anche perché, altrimenti, verrebbe rinnegata la sua stessa funzione originaria: costruire una sede per una comunità di uomini capaci di Incontrarsi e di Vivere, secondo il valore etimologico di queste parole. MONUMENTI IN 2.000 BATTUTE IL SANTUARIO DELLA MADONNA DI SANTA VALERIA A SEREGNO L’origine di questo santuario è legata ad un’antica immagine cinquecentesca raffigurante la Madonna con il Bambino collocata originariamente su un muro esterno dell’oratorio campestre dedicato a Santa Valeria, sposa di San Vitale e madre di San Gervaso e San Protaso. Il culto per questa immagine fu particolarmente vivo durante la pesta del 1630 e attorno ad essa si strinse tutto il paese per invocare la protezione della Vergine. Cessata la pestilenza gli abitanti di Seregno decisero di edificare una nuova chiesa che incorporasse l’antico affresco e la sua realizzazione venne terminata nel 1653. Un rinnovato interesse popolare per questa immagine devozionale si ebbe intorno al 1731, quando si verificarono numerose grazie e guarigioni. All’inizio del XX secolo la chiesa era divenuta insufficiente ad accogliere tutti i fedeli che vi accorrevano e venne decretata la costruzione di un grande santuario. Il progetto fu affidato all’ing. Spirito Maria Chiappetta, che nel 1923 iniziò i lavori. Il nuovo santuario fu consacrato il 29 settembre del 1930 dal Cardinal Schuster ed al suo interno venne inserito l’affresco della Vergine proveniente Ferdinando Zanzottera dall’antico oratorio. Le operazioni di strappo dell’immagine furono affidate a Francesco Annoni ed a Carlo Pianca, e la Madonna di Santa Valeria venne inserita nel trittico di legno dorato collocato sull’altare maggiore del santuario. Ai fianchi dell’affresco Eugenio Cisterna realizzò alcune figure angeliche. L’attuale chiesa, che sostituì l’edificio del 1653 abbattuto nel 1932, è in stile gotico lombardo ed il suo interno è scandito da tre navate e dal transetto absidato. La decorazione del nuovo edificio è affidata alla vetrate ideate dal Cisterna ed agli affreschi strappati dall’antica chiesa eseguiti da Luigi Sabatelli nel 1839 raffiguranti Il roveto di Mosè ed Abigail davanti a Davide. All’interno del santuario, inoltre, si conserva una tela secentesca raffigurante L’Angelo custode ed una raffigurazione di Santa Valeria con San Gervaso e San Protaso. Nel 1965 venne decisa l’aggiunta del campanile, alto 81 metri. La venerazione per questa immagine offuscò la fama taumaturgica dell’immagine della Beata Vergine del Gonfalone situata nella poco distante chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio che, secondo la tradizione, avrebbe aperto e chiuso gli occhi più volte in presenza di molti fedeli raccolti in preghiera. F. Z. Anche quest’anno a fronte della richiesta presentata ad oltre 70 istituti bancari italiani la biblioteca ISAL sta ricevendo interessanti volumi, che saranno inventariati, catalogati in sbn e messi a disposizione degli studiosi che frequentano il nostro Istituto. Questo mese segnaliamo in particolare: G. Fattorini (a cura di), Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Le arti in cantiere, Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Siena, 2009; R. Bartalini, Scultura gotica senese (1260-1350), Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Siena, 2011. ARCHIVIOnews Il 4 dicembre una nuova cospicua donazione di documenti archisticoiconografici ha uleriormente ampliato il Fondo Lucio Franchini, già docente del Politecnico di Milano. Tra i nuovi documenti si annoverano numerosi lucidi di alcuni importanti monumenti siti sul territorio lombardo, primi tra tutti i disegni delle crociere della Ca’ Granda dei Poveri di Dio, già Ospedale Maggiore ed attuale sede dell’Università Statale di Milano, realizzati in occasione della grande mostra curata dalla prof. Liliana Grassi nel 1981. Tra i documenti donati una copia originale del formulario impiegato nel 1756 dal cardinale Pozzobonelli per effettuare le visite pastorali nel territorio della Diocesi di Milano. Come ricevere ISAL Magazine ISAL Magazine è il nuovo strumento di comunicazione digitale ISAL inviato gratuitamente a chiunque lo desideri. Se non lo ricevi ancora puoi richiederlo inviando una semplice e-mail al seguente indirizzo di posta elettronica [email protected] o telefonando alla segreteria ISAL (Tel. 0362.528118). P. 1 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 14 Dicembre 2012 ANDAR PER ARTE INSIEME A MICHELE DOLZ “GIOVANNI BELLINI. DALL’ICONA ALLA STORIA” AL MUSEO POLDI PEZZOLI DI MILANO DAL 9 NOVEMBRE 2012 AL 25 FEBBRAIO 2013 Imperdibile nella stagione invernale la raffinata mostra del Museo Poldi Pezzoli (Milano) intitolata Giovanni Bellini Dall'icona alla storia (fino al 25 febbraio 2013). Pochi dipinti ma con un perfetto focus sul tema della imago pietatis, più volte trattato da Bellini e sempre con risultati di eccellenza. S’intende per imago pietatis la figura di Cristo in piedi sul sepolcro, che mostra le sue piaghe. Quasi sempre è morto e incrocia le braccia sul ventre. Il tema si ibrida facilmente con l’introduzione di elementi provenienti da altri schemi iconografici, come l’uomo dei dolori, il compianto di Cristo o la stessa risurrezione. Ma ne viene fuori un’immagine sempre riconoscibile, destinata alla devozione del fedele, un’immagine per la preghiera e la contemplazione. Pezzo principale della mostra, l’imago pietatis proprietà del museo, che ha subito recentemente un restauro a fondo e ha guadagnato tanto in leggibilità e splendore. Già a Milano nella collezione di Giuseppe Molteni, l’immagine fu acquistata intorno alla metà dell’Ottocento da Gian Giacomo Poldi Pezzoli che ne affidò il restauro allo stesso Molteni. Recentemente è stata proposta la provenienza del dipinto dalla collezione di Borso d’Este, che fu signore di Ferrara tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del Quattrocento, sulla base di una citazione in un inventario estense. Il quadro, databile intorno agli anni Sessanta del XV secolo, appartiene al periodo giovanile dell’artista, che appare ancora influenzato dal Mantegna. Il dipinto sprizza pietà, devozione da ogni pennellata. È impossibile, almeno per chi crede e prega, non rimanere influenzati e perfino rapiti da tanta potenza espressiva. Si sa che Giovanni Bellini fu uomo molto religioso e che ha trasmesso alle sue figure questo calore, che non è devozionismo ma una forte tensione al sacrificio redentore di Cristo. Bellini, come si diceva, riprese più volte il tema della pietà, sotto diverse varianti. Tra le più commoventi, il Cristo morto sostenuto e presentato da angeli. E qui ci sono due famosi esemplari, quello del Museo Correr e quello del Museo di Rimini. La mostra, curata da Andrea De Marchi, Andrea Di Lorenzo, Lavinia Galli e Annalisa Zanni, espone anche opere del rinascimento veneto appartenenti alla collezione del museo (Madonna in trono con il Bambino e angeli di Antonio Vivarini, Deposizione dipinta su pergamena di Lazzaro Bastiani e la Crocefissione di Alvise Vivarini) a dimostrazione di quanta influenza ebbero la pittura e il linguaggio artistico di Giovanni Bellini su artisti suoi contemporanei. Per maggiori informazioni: www.museopoldipezzoli.it P. 2 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 14 Dicembre 2012 SCULTURE ITALIANE DEL BAMBINO GESÙ: IL MUSEO DI GARDONE RIVIERA TRA STORIA DEL COSTUME, CULTURA RELIGIOSA POPOLARE E RAFFINATE ARTI APPLICATE raffigurazioni meno note nel museo si annoverano le statuette del “Bambino irrequieto nella greppia”, il “Bambino dormiente sulla croce” e Gesù assiso in trono, raffigurato come re del mondo che stringe tra le mani i simboli della passione. Queste opere, alcune delle quali sicuramente connesse al mondo monastico-religioso oltre che alla cultura della nobiltà lombarda, costituiscono una significativa storia del costume e della moda dei secoli passati, e della religiosità popolare rivolta al culto del Divino Infante, che proprio dall'inizio del XVII secolo ha conosciuto una forte diffusione in tutta l'Europa cattolica. L’originale museo ha affiancato all’attività espositiva anche quella Sulla sponda lombarda del lago di Garda sorge una piccola ma significativa realtà museale che nel periodo natalizio gode di una naturale rinomanza: il Divino Infante Museo. Aperto nel centro di Gardone Riviera il museo ospita oltre duecento statue di eterogenea fattura appartenenti alla collezione di Hiki Mayr, Nelle sale, di recente allestimento, sono conservate ed esposte al pubblico le “piccole” sculture raffiguranti Gesù Bambino eseguite in oltre sei secoli di storia dell’arte e dell’artigianato italiano. Le sculture più antiche, infatti, risalgono al XVI secolo, e affiancano ulteriori duecento figure presepiali aggregate in composizioni complesse, la maggiore delle quali è costituita da un scenografico presepe napoletano settecentesco che ricopre una superficie complessiva di quasi 20 metri quadri. La collezione ha avuto origine oltre quarant’anni fa, quando Mayr ha cominciato ad acquistare le laboratoriale, offrendo periodicamente corsi per la realizzazione di statuette e di presepi. FZ Per saperne di più: Gardone Riviera (BS) Via dei Colli, 34 - 25083 Tel. +39 0365 293105 [email protected] www.il-bambino-gesu-com I giorni e l’orario di apertura del Museo variano in funzione del periodo dell’anno e, in particolare, in base all’afferenza a quattro stagioni espositive (aprile-luglio, luglio-agosto, settembre-ottobre, dicembre-gennaio). Per i costi del biglietto d’ingresso e per gli orari specifici si consiglia di contattare direttamente il museo. sculture di Gesù Bambino quando “andavano di moda” i putti e gli angeli e in pochi si interessavano del Divin infante. Con il passare degli anni la raccolta si è impreziosita e oggi costituisce la più “vasta raccolta del mondo” tematica. Il museo,dunque, offre la possibilità di spaziare nell’immaginario presepiale mostrando statue di Gesù Bambino di dimensioni eterogenee e realizzate con differenti materiali, tra i quali il legno, la cera, la terracotta, la cartapesta, il tessuto e la porcellana. Alcune statue si presentano finite con materiali molto poveri, mentre alcune sculture sono ricoperte da preziose vesti di antica foggia con ricami in oro e argento, con pizzi, con merletti, con perle di fiume e magnifiche gemme. La raccolta costituisce anche un’importante testimonianza figurativa della cultura iconografica del presepe e della cultura popolare legate alla figura di Gesù Bambino. Tra le P. 3 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 14 Dicembre 2012 MOSTRE E CONVEGNI DI FOTOGRAFIA ( a cura della Fototeca ISAL) “URBANTEXTURE_MILANO” Milano – 7-20 dicembre 2012 La mostra, curata da Denis Curti, raccoglie le fotografie di Andrea Rovatti ed è stata voluta dall’Assessorato all’urbanistica e all’edilizia privata come omaggio natalizio rivolto alla cittadinanza e ai visitatori di tutto il mondo che in questo periodo assiepano Milano. La mostra, infatti, presenta la città nelle sue poliedriche forme attraverso gli scatti “visionari” e immaginifici del grande fotografo milanese che ha saputo spaziare dalle singole manifestazioni dell’arte alla “città della moda”, senza dimenticarsi dell’edilizia popolare, delle ristrutturazioni post-industriali e delle antiche case di ringhiera dei quartieri più o meno periferici, riattualizzati e reinterpretati attraverso le visioni oniriche dell’obiettivo della sua macchina fotografica. Milanese di origine ma cosmopolita per vocazione e professione Andrea Rovatti ha esposto in numerose realtà mu- seali, tra le quali: il Grand Palais di Parigi, il Palazzo Reale di Milano, il Palazzo delle Nazioni Unite di New York, l’Israel Museum di Gerusalemme, la parigina Citè des Sciences et de l'Industrie, l'Indian Design Center di Mumbai, il MART di Rovereto, il Centre de Design di Montreal, il Macro a Roma e la stessa Triennale di Milano. Delle sue opere Roberta Valtorta ha scritto: “Curiosamente simili a opere di optical art, vicine alle immagini create dal caleidoscopio, le composizioni fotografiche di Andrea Rovatti sono contemporaneamente rigorose registrazioni meccaniche e trasfigurazioni immaginarie di dettagli urbani. Fortemente grafiche, sono al tempo stesso profondamente fotografiche. La ripetizione di un dettaglio tratto dal paesaggio urbano dà luogo a false sequenze nelle quali il tempo è azzerato”. Una mostra da non perdere. Per ulteriori informazioni: Urban Center Galleria Vittorio Emanuele II 7-20 Dicembre 2012 Dal Lunedì al Sabato, dalle h.9,00 alle h. 19,00 IL VOLTO DELLE PAROLE ITALIA - BRASILE Cuneo – 15 novembre - 30 dicembre 2012 A Milano le fotografie sulla città di San Paolo Tra le molte mostre fotografiche che si stanno svolgendo in questa ultima frazione d’anno, di particolare interesse e valore è quella organizzata in occasione di Scrittoriincittà 2012, che raccoglie le fotografie di Paola Agosti e Giovanna Borgese. Attraverso il loro specifico linguaggio del ritratto, insieme hanno indagato e impresso nella pellicola i principali esponenti del mondo intellettuale italiano del Novecento. La mostra, curiosamente con lo stesso titolo dell’esposizione degli scatti di Graziano Arici esposta nei mesi di marzo e aprile di quest’anno presso la Fondazione Claudio Buziol di Venezia, raccoglie 50 ritratti di celebri scrittori accompagnati da un piccolo brano tratto da una loro opera letteraria. Parole e immagini in questa mostra si intersecano e si fondono in un’unica realtà creando un suggestivo percorso che coinvolge i visitatori in maniera imprevista. La mostra, infatti, è direttamente connessa al mondo figurale e immaginifico dei singoli “fruitori”, che sono sollecitati ad interagire con ogni singola fotografia o parola esposta. Non si tratta solamente di una mostra che vale la pena vedere, ma di un viaggio che vale la pena intraprendere. Per ulteriori informazioni: Tel: +39 0171 444640 Palazzo Samone, via Amedeo Rossi 4, Cuneo 15 novembre - 30 dicembre 2012 Venerdì, Sabati e Domeniche dalle h. 16,00 alle h. 19,00 In occasione del 50º anniversario del gemellaggio fra le città di Milano e San Paolo, l’Associazione Vagaluna in collaborazione con l’Assessorato Cultura, Moda, Design del Comune di Milano e il Consolato Generale del Brasile a Milano ha organizzato la mostra fotografica “PAULISTAS PER AGENDA BRASIL SÃO PAULO MILANO”. La mostra raccoglie le poetiche visioni realizzate dal fotografo e compositore milanese lazzo Morando. http://www.costumemodaimmagin e.mi.it/ Per ulteriori informazioni: Tel: +39 0171 444640 Palazzo Morando, Milano Via Sant’Andrea 6 Dal 20 novembre 2012 al 6 gennaio 2013 Ingresso libero P. 4 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 14 Dicembre 2012 PATRIMONIO PITTORICO DA CONOSCERE O DA “RISCOPRIRE” “BRERA MAI VISTA” UN’OCCASIONE PER VEDERE OPERE MAI ESPOSTE E OPERE CON NUOVE ATTRIBUZIONI Brera mai vista. Una nuova ipotesi per un dipinto di Girolamo Mazzola Bedoli. Fino al 13 dicembre 2012 si può visitare nella Pinacoteca di Brera, nell’ambito della iniziativa “Brera mai vista”, inaugurata nel 2001 e volta a presentare, con il sussidio di apparati didascalici e di opere di confronto, dipinti meno conosciuti del museo, una piccola esposizione dedicata a un dipinto di Girolamo Mazzola Bedoli, sofisticato esponente del manierismo parmense, parente e allievo del più celebre Parmigianino. Il dipinto, restaurato da Delfina Sesti e Roberto Buda grazie al contributo di Intesa Sanpaolo, raffigura un frate domenicano in veste di san Tomaso d’Aquino. Sulla base anche dei risultati del restauro, che hanno rimosso vecchie ridipinture che mortificavano la raffinata qualità pittorica e ne ostacolavano la lettura iconografica, Emanuela Daffra, curatrice del catalogo, ha avanzato la suggestiva proposta di riconoscere nel frate effigiato il ritratto di un secondo celebre domenicano, Michele Ghislieri, salito al pontificato nel 1566 col nome di Pio V, la cui fama è legata soprattutto alla crociata contro i Turchi conclusasi con la vittoria navale di Lepanto nel 1571. Simonetta Coppa P. 5 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 14 Dicembre 2012 MOSTRE ED EVENTI DA NON PERDERE Il segreto dei segreti. I tarocchi quattrocenteschi di Sola Busca Milano – Pinacoteca di Brera (13 novembre 2012 - 17 febbraio 2013) La mostra, curata da Laura Gnaccolini, è dedicata al mazzo di tarocchi Sola Busca (così denominato dagli ultimi proprietari,gli eredi Sola Busca), acquistato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali nel 2009 con l’esercizio del diritto di prelazione e destinato alla Pinacoteca di Brera. Si tratta del più antico mazzo di tarocchi completo : è composto da 78 carte, costituite da stampe su carta da incisioni a bulino, successivamente miniate a tempera e oro, e montate su cartoncino. I tarocchi sono indagati nel contesto culturale di riferimento e nella complessa e insolita iconografia, che sottintende riferimenti al mondo alchemico ed ermetico. L’autore viene identificato nel pittore anconetano Nicola di maestro Antonio ( cui è dedicato un saggio in catalogo di Andrea De Marchi, e del quale vengono esposte opere di confronto,dipinti e incisioni), e viene proposto come ideatore del programma iconografico l’umanista marchigiano Ludovico Lazzarelli; frequentatore della corte papale di Sisto IV e di quella napoletana di Ferdinando d’Aragona, è uno degli esponenti della corrente dell’ermetismo cristiano, mirante alla fusione fra il sapere classico,ermetico e il cristianesimo. Il mazzo, da poco stampato, fu miniato a Venezia nel 1491, e suo committente (sulla base della identificazione degli stemmi) dovrebbe essere stato probabilmente il celebre storico e cronista veneziano Marin Sanudo. A corredo delle carte dei tarocchi, vengono esposte incisioni, monete, manoscritti, dipinti, provenienti da musei , raccolte , biblioteche italiane e straniere, per una migliore contestualizzazione sia del mazzo Sola Busca, sia della personalità artistica di Nicola di maestro Antonio, formatosi nell’ambiente squarcionesco di Marco Zoppo e Giorgio Schiavone, vicino ai raffinati grafismi di Carlo Crivelli pur se dotato di una vena più corrosiva con esiti quasi espressionistici. Simonetta Coppa UN “NUOVO” RENATO GUTTUSO MUTAZIONI PLASTICHE Materiali inediti della sua opera varesina Milano - 29 novembre 2012 In occasione del centenario della nascita di Renato Guttuso l’Associazione varesina “Amici di Piero Chiara” ha organizzato La Mostra “Il Capolavoro ritrovato. Renato Guttuso e la Fuga in Egitto. La mostra, organizzata in collaborazione con l’amministrazione comunale, si propone il fine di offrire al grande pubblico una “rilettura” culturale e scientifica dell’opera “Fuga in Egitto”, eseguita dal grande artista siciliano nel 1983. in quell’anno, infatti al pittore fu commissionata l’esecuzione dell’opera decorativa della III Cappella del Sacro Monte di Varese. In mostra è esposto in prima assoluta anche il cartone originale usato da Guttuso per realizzare il disegno dell’opera, oltre che innumerevoli studi preparatori, schizzi e bozzetti in questi ultimi anni confluito nelle raccolte di collezionisti privati. Correda la mostra una sezione fotografica e un video apposita- mente realizzato, che presenta alcune interviste d’epoca e altri documenti che aiutano il visitatore a comprendere la figura complessa di Guttuso. Numerosi gli eventi collaterali. Per ulteriori informazioni: Villa Mirabello – Varese Museo Civico di Villa Mirabello Piazza della Motta, 4 Dal 24 novembre 2012 al 3 febbraio 2013 Da martedì a domenica h. 9,30-12.30 e h. 14,00-18,00 Ingresso libero La mostra personale di Caterina Tosoni, allestita allo Spazio Oberdan della Provincia di Milano dal 29 novembre 2012 al 6 gennaio 2013, è curata da Milo Goj con un contributo critico di Luca Beatrice. L’artista ha scelto la plastica per la realizzazione delle opere esposte, dipinte con pittura acrilica monocromatica. La plastica con cui sono composte le opere tridimensionali, appare con significati ambivalenti, negativa nella sua accezione inquinante di plastic trash, e positiva per l’utilità degli oggetti che consente di costruire su larga scala. Ogni sala della mostra è caratterizzata da una tematica. Si susseguono “le mutazioni plastiche” che danno il titolo alla mostra stessa, “le metamorfosi”, e “le emergenze”. Sensibile ai problemi dettati dall’attuale crisi economica attuali Caterina Tosoni ha presentato un’opera intitolata “N-euro”. Per ulteriori informazioni: www.provincia.milano.it Tel. 02.7740.6302 / 6381 Dal 29 novembre al 6 gennaio 2013: mercoledì, venerdì, sabato e domenica, ore 10.00 – 19.30; martedì e giovedì fino alle ore 22.00. Catalogo CDA P. 6 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 14 Dicembre 2012 PATRIMONIO DEGLI ENTI SANITARI LOMBARDI DA SCOPRIRE I BASSORILIEVI DELL’AZIENDA OSPEDALIERA DI LEGNANO Tra le molte opere d’arte contemporanea presenti all’interno degli Enti Sanitari della Regione Lombardia degno di nota, anche in funzione della ricerca figurativa e dell’indagine artistica compiuta, è il bassorilievo che decora l'interno dell'attuale Centro Psico Sociale dell’Azienda Ospedaliera Ospedale Civile di Legnano, un edificio afferente all'ex Centro di rieducazione per motulesi da infortunio sul lavoro sorto, a sua volta, nell'area della ex Colonia elioterapica di Legnano. L'area della Colonia, progettata dallo studio BBPR (Gian Luigi Banfi, Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto Natan Rogers) dal 1937 al 1938, fu scelta per essere riconvertita in un centro per motulesi a partire dal 1952, anno della concessione dell'uso dell'area per tale scopo da parte del Commissariato Nazionale della Gioventù all'Ospedale di Legnano e della "Relazione sanitaria" del professor Gherardo Gerundini. Nel 1953 iniziarono i lavori di ristrutturazione affidati all'architetto Luigi Brusa che decise di edificare il nuovo edificio sulla base della vecchia struttura in parte ristrutturata ed in parte demolita. Nel 1955 iniziò l'attività del Centro che rimase in funzione fino al 1984. Oggi la struttura è parzialmente occupata dal Centro Psico Sociale. All’interno di esso si conservano numerose opere scultoree parzialmente ignorate dalla critica, che attendono di essere comprese nel loro vero valore figurativo-formale attraverso un auspicabile processo di valorizzazione ed aspettano che ulteriori approfondimenti critici possano “gettare” nuova luce conoscitiva sui loro autori. Tra le opere più interessanti vi è una serie di quattro bassorilievi che decorano i lati del vano ascensore che raffigurano scene dal “mondo del lavoro”. Sulle tre facciate principali vi sono raffigurati: tre donne ed un uomo intenti in attività legate al mondo della tessitura, storicamente importante per l'area; le attività edili, con un architetto e tre operai, uno dei quali con braccio infortunato e legato al collo, che si stagliano di fronte ad un'impalcatura stilizzata; il mondo industriale rappresentato da quattro uomini intenti in attività di officina. Su questi tre lati, ai piedi delle figure, sembrano emergere dal sottosuolo elementi simbolici: per la tessitura tre anfore; per l'edilizia attrezzi stilizzati, un'anfora, una ruota dentata e dei mattoni come resti architettonici; per la fabbrica pistoni, fusibili e ingranaggi. Il quarto lato, in cui si apre la porta dell'ascensore, rievoca tralicci e impalcature. Le figure umane sono corpi possenti (in pieno debito da Novecento) mentre gli elementi meccanici rievocano il razionalismo italiano. I bassorilievi risalgono al periodo della riconversione in Centro motulesi del complesso ed è attribuibile allo stesso autore anonimo di numerose altre sculture disseminate nell'edificio. La decorazione presenta diverse analogie, per la tematica legata al mondo del lavoro, lo stile e alcuni elementi iconografici ricorrenti, con le decorazioni dell'adiacente Chiesa, il cui altare venne inaugurato nel mese di luglio del 1961. In queste opere scultoree l'artista reinterpreta e semplifica la lezione accademica ottocentesca della cultura del bassorilievo, che trova in Adolfo Wildt uno dei suoi massimi maestri, rifiutando volutamente la tecnica dello stiacciato a favore di una ricerca espressiva che si colloca a metà strada tra i bassorilievi all'egizia, nei quali il senso del rilievo è determinato dal contorno marcato e profondo che finisce quasi "a spigolo" verso il fondo, e il sottoquadro, che consiste nello scavare il contorno della figura non solo "a squadra", ma anche dietro i contorni della figura. Il loro autore, dunque, ricerca semplici ma evidenti effetti chiaroscurali, accresciuti dalle ombre ottenute dai soggetti scolpiti con un lieve sottoquadra. Tali effetti, tuttavia, sembrano smorzati anche dal linguaggio lirico-figurativo proprio di questi bassorilievi, costruiti come una sequenza autonoma di figure e non come una articolata visione scenico-prospettica. L'artista sembra debitore anche della lezione della grafica figurativa della metà del XX secolo, che pare come elemento ideale per l'esaltazione quasi ieratica del lavoro e per la valorizzazione quasi metafisica del lavoratore. Sebbene con valenze e risultati estetico-compositivi differenti, la presenza di questi bassorilievi in un contesto originariamente progettato dal gruppo BBPR evoca altri esempi architettonici nei quali il gruppo stesso propose l'inserimento di opere scultoree realizzate con questa tecnica esecutiva. Apice di questa ricerca dello studio BBPR, ormai privato della presenza di Luigi Banfi, è il negozio Olivetti di New York, nel quale la decorazione a bassorilievo realizzata da Costantino Nivola si fonda unitariamente con l'architettura, elemento che non sempre avviene nelle sculture del Centro Motulesi da Infortunio sul lavoro. Unica eccezione, ma dalle differenziazioni evidenti, è forse costituito da questi specifici bassorilievi, che assumono connotazioni inusuali all'interno della cultura figurativo-architettonica degli enti sanitari lombardi. In quest'opera, tuttavia, il lirismo evocativo dei bassorilievi, risulta di minore impatto rispetto alle sculture di dimensioni più contenute. In questo caso la narrazione appare fortemente dilatata negli ampi spazi a disposizione nei quali l'accento narrativo sottolinea l'isolamento che l'uomo prova nei confronti della macchina. Concetto espresso anche attraverso l'isolamento delle persone ritratte. Ilaria Torelli P. 7 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 14 Dicembre 2012 IL CASVA COLPISCE ANCORA UN CATALOGO DA NON PERDERE Il volume costituisce il catalogo della mostra allestita nella sala 38 dei Musei d’Arte del Castello sforzesco di Milano tra il 6 luglio e il 30 settembre 2012, dedicata all’interessante personalità di Luigi Vassalli Bey (1812-1887), egittologo e patriota risorgimentale. Le avventurose vicende biografiche di Vassalli, le imprese garibaldine e la partecipazione alle Cinque Giornate milanesi, l’esilio in Egitto e la collaborazione con il francese Auguste Mariette per la costituzione del Service de Conservation des Antiquités de l’Egypte e la fondazione del Museo di Bulaq, primo museo egizio del Cairo, sono elementi fondanti del volume. Nel proprio testamento lasciò al Comune di Milano, che ne entrò definitivamente in possesso nel 1899, molti preziosi documenti, mentre altro materiale archivistico (appunti, manoscritti, disegni, fotografie), furono venduti alla civica amministrazione, assieme alla biblioteca personale di Vassalli, dal Museum of Fine Arts di Boston nel 1999. In qualità di Ispettore degli scavi, tra il 1859 e il 1883 diresse ricerche archeologiche in varie località dell’Egitto (Giza, Saqqara, Meidum, Dra Abu el-Naga, Tanis, Edfu, Shaluf, Hawara). Fu anche, per un breve periodo, Conservatore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Il volume presenta un saggio di Rina La Guardia, direttore del Servizio Biblioteca Archeologica – Biblioteca d’Arte - CASVA dal titolo “Passione per l’egittologia e amor di patria:la vita avventurosa di Luigi Vassalli bey” che indaga il profilo biografico di Vassalli, e un contributo di Francesco Tiradritti, docente di Egittologia presso l’Università di Enna “Kore”, dal titolo “Il ruolo di Luigi Vassalli nell’egittologia del XIX secolo”. Segue un ricco catalogo, in cui le immagini sono corredate da ampie ed esaurienti didascalie che approfondiscono la vita, lo studio dei manoscritti e l’attività di Vassalli presso il Service de Conservation des Antiquités de l'Egypte, nonchè alcune delle scoperte archeologiche, fondamentali per lo sviluppo dell’archeologia e della museografia in Egitto nel XIX secolo. Il corposo materiale scelto per la mostra è per lo più inedito e di appartenenza del Comune di Milano. Beatrice Bolandrini FRANCESCO NUVOLONE: GRANDE PITTORE BAROCCO Presso Sala Veratti dei Musei Civici di Varese è stata appena inaugurata la mostra “Nuvolone tra sacro e profano al Sacro Monte sopra Varese” incentrata su due dipinti realizzati da Carlo Francesco Nuvolone (Milano 1609-1662), artista attivo in numerosi cantieri della Lombardia e, in particolare, in numerosi prestigiosi centri del barocco milanese. La mostra è stata resa possibile dalla collaborazione instaurata tra Comune di Varese, l’Associazione culturale Varesevive, l’Accademia Tadini di Lovere e numerosi partner privati, tra i quali il Rotary Club. Nella mostra sono esposti due dipinti eseguiti dal Nuvolone in pendant intorno al 1645 ed originariamente destinati alla quadreria privata di un facoltoso e raffinato collezionista, confluendo invece, all’inizio del XIX secolo, nella raccolta che Luigi Tadini andava costituendo nel suo palazzo di Lovere e che ora appartengono all’Accademia Tadini. Queste due tele rappresentano episodi tratti dall’Antico Testamento (Giuseppe e la moglie di Putifar e Susanna al bagno) in cui il pittore anche nell’illustrare scene sacre, predilige un tipo di rappresentazione melodrammatica e teatrale, a testimonianza del clima culturale elegante e prezioso che si respirava alla metà del XVII secolo negli ambienti del patriziato lombardo. L'esposizione delle opere è accompagnata da un percorso didattico di approfondimento dedicato ai due quadri e al fondamentale ruolo che Francesco Nuvolone ebbe a Varese, dove eseguì tra 1650 e 1654 gli affreschi della III e della V cappella del Sacro Monte raffiguranti la Strage degli innocenti e Gesù nel tempio attorniato dai dottori. Per maggiori informazioni: www.comune.varese.it www.varesecultura.it Tel. 0332.820409 Sala Veratti - Varese Via Veratti, 20 Dal 10 novembre 2012 al 20 gennaio 2013 Da martedì a domenica h. 9,30 12,30 e 14,00 – 18,00 Ingresso gratuito P. 8 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 14 Dicembre 2012 MONUMENTI DA SCOPRIRE PITTURA RELIGIOSA DI SILVIO CONSADORI GLI AFFRESCHI CEL CIMITERO DI PADERNO Dal catalogo della mostra al Museo Diocesano di Milano per il centenario della nascita, curata da Flaminio Guandoni e Anna Maria Consadori, trascriviamo una frase di Paolo Biscottini, direttore del Museo che sottolinea il rapporto di Consadori (1909-1994) con l’arte a tema religioso: “In un’epoca in cui si torna a parlare di arte sacra in forma più libera, asserendo che essa è tale non per il tema che tratta, ma in virtù di una tensione spirituale verso il mistero dell’arte e della vita e infine di Dio, è bene tornare a questi artisti che coraggiosamente han sostenuto ragioni iconografiche e la necessità di non eliminare anche © Per gentile concessione di Luciano Bissoli dal sacro la questione del corpo.” Tale concetto ci sembra calzante con le opere che presentiamo, rimaste un po’ in disparte. Ci riferiamo agli affreschi realizzati nel 1951 e 1962 in uno dei cimiteri di Paderno Dugnano. Quello di Paderno (oltre ad accogliere le spoglie di Emilio De Marchi in un'elegante tomba di gusto neo-rinascimentale), conserva, infatti, opere di Consadori. Una prima pittura murale, quasi un fantasma (è poco protetta) rappresenta un essenziale Crocefisso, tra Maria e Giovanni e decora la cappella pubblica. La seconda, ancora una crocifissione, ma più ampia e articolata, orna la facciata interna della Cappella Scaltrini, noti industriali padernesi. La costruzione, del 1951, fu progettata dall’Arch. Mario Bacciocchi, con linee razionali e sobrie. Un cancello, abitualmente accostato, immette in un cortiletto racchiuso da alte mura con mattoni a vista. Sul fondo sorge la Cappella, preceduta da un alto portico sostenuto da due esili pilastri in granito levigato. Sulla facciata è dipinta una crocifissione. L’iconografia è tradizionale, ma ha un sentire moderno che rifugge da enfasi pietista o devozionale. La composizione è serrata, incalzante e non è priva di una certa monumentalità. Predominano intensi colori terrigni che, come ebbe a scrivere Raffaele De Grada, sono “padroni della struttura”. Infelici restauri hanno un po’ alterato la figura di Cristo e dei personaggi posti alla sinistra e, probabilmente, la cromia del fondale. La parte destra, in condizioni migliori, è assai interessante. Vediamo tre donne e tre uomini. Dolci e belli i profili femminili e marcati i tratti maschili. Una donna ai piedi della croce, rivestita da un mantello blu scuro, dalle mani serrate e il bellissimo e intenso viso, si volge a Gesù. Alle spalle appare un viso in cui riconosciamo le fattezze di Consadori. All’estremità, inserite in una classica composizione piramidale, sono dipinti quattro personaggi, due maschili e due femminili tra cui Maria, la figura più potente tra tutte quelle raffigurate. È priva di sensi ed è sostenuta da un uomo dai forti lineamenti. Maria non ha resistito al grande dolore che sta vivendo. Il suo viso bello, tenero e robusto insieme è efficacemente dipinto di scorcio. In alto vediamo Cristo in Croce (in parte rifatto) e, ai lati, i due ladroni. Assai efficace quello che vediamo a sinistra anche se, è in parte, danneggiato. Luciano Bissoli © Per gentile concessione di Luciano Bissoli P. 9 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 14 Dicembre 2012 LA VILLA SFORZESCA DI VIGEVANO: EDIFICIO SITO IN “INSIGNIFICANTE CAMPAGNA” DIVENUTA “RICCHISSIMA TERRA” Tra i molti materiali recentemente donati all'Istituto per la Storia dell'Arte Lombarda dal prof. Lucio Franchini esiste un piccolo fascicolo dedicato alla Palazzina Pusterla Busca Pozzi di Zibido San Giacomo (Milano). Si tratta di alcuni documenti manoscritti e dattiloscritti afferenti alla ricerca sull'architettura quattrocentesca condotta negli anni settanta dalla professoressa Liliana Grassi. Il materiale consta in quattro fogli di appunti manoscritti e in un dattiloscritto di sei pagine custodito in una busta di recupero intestata International Book Information Services di Rotterdam spedita in epoca imprecisata alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. Il materiale fu raccolto in quegli anni anche dai suoi collaboratori e contribuisce a chiarire il metodo di ricerca e di © Archivio ISAL, Fondo Lucio Franchini catalogazione impiegato dall'importante storica dell'architettura milanese, che attorno a specifici temi raccoglieva eterogenee testimonianze storico critiche, spesso inserite in apposite trascrizioni, conservate in piccoli, ma spesso esaurienti, fascicoli tematici in cui confluivano anche differenti documenti iconografici che, in questo caso, costano in tre cartoline e cinque stampe ai sali d’argento impresse a colori su carta Kodak. Le stampe, i cui colori presentano irreversibili viraggi, mostrano i differenti prospetti del complesso architettonico, a conclusione dei restauri avvenuti negli anni cinquanta-sessanta. Gli scatti “animati” mostrano persone in posa, probabilmente i proprietari, intendi ad osservare il fotografo, con lo sguardo pensieroso rivolto verso l’infinito o concentrati a compiere alcuni lavori meccanici o rurali. Con ogni probabilità due di queste fotografie furono impiegate per una pubblicazione, poiché a tergo conservano delle scritte a matita con l’indicazione di riprodurle in bianco e nero con dimensioni di 12,5 centimetri. Le fotografie, che anche in questa sede si ripropongono trasformate in b/n, rappresentano un’importante testimonianza iconografica dell’edificio che appare in tutta la sua imponente presenza e sebbene con qualche problema conservativo, mostrano i colori dei graffiti originari. Il fotografo, che ha probabilmente impiegato in fase di scatto una pellicola 6x6, ha “costruito” gli scatti con una certa ricercatezza che potesse far risaltare le linee geometrico-compositive dell’architettura giocando anche sulla profondità di campo (palese nell’immagine dell’edificio ripreso angolarmente con in primo piano animali da cortile) senza tuttavia ricercare l’assoluta naturalezza delle persone ritratte. L’edificio è definito nel volume di Langè del 1972 come “un raro esempio di residenza di campagna rinascimentale ancora esistente in Lombardia, anzi di quel primo periodo rinascimentale lombardo nel quale sono ancora vive le esperienze gotiche”. La breve scheda sottolinea che l’edificio costituì il “casino di caccia dei Pusterla” e che fu costruito tra il 1450 e il 1480, passando nel tempo dalla famosa famiglia di avvocati milanesi Pirovano ai marchesi Busca, “che ne tennero proprietà fino all'estinzione della casa nel 1870”. Descritta come costruzione a pianta rettangolare “molto semplice” con una sala grande ed altri quattro locali minori, l'edificio monoblocco mostra finestre ogivali e quadrate giudicate “di rara eleganza, distribuite senza ordine apparente sulle quattro facciate” intonacate. La costruzione presenta numerosi elementi decorativi tipici del XV secolo, un tempo celati da interventi a calce eseguiti sulle facciate esterne, restaurate e riportate agli antichi splendori in occasione del restauro durato tre anni, curato dall’architetto Nardis della Soprintendenza milanese. Un intervento che, come ha ricordato lo stesso prof. Perogalli nel suo volume dedicato alle cascine lombarde del 1975, ha saputo valorizzare anche gli interni, “arredati con opere d'arte e mobili antichi”. L’edificio, infatti, riveste notevole importanza anche per il pregevole ciclo di affreschi quattrocenteschi custoditi al suo interno, rappresentanti scene campestri e venatorie che ricordano il Casino di Caccia di Oreno. Benché in questa sede non sia possibile ricostruire con dovizia di particolari tutte le fasi costruttive di P. 10 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda N° 14 Dicembre 2012 © Archivio ISAL, Fondo Lucio Franchini questo importante monumento nazionale, si è ritenuto di offrire un buon contributo proponendo la trascrizione del dattiloscritto anonimo e senza data conservato nel menzionato fascicolo dell’Archivio ISAL, qui riprodotto con particolare rigore filologico. Si è infatti deciso di riproporlo lasciando le spaziature originarie, le differenze cromatiche delle scritte e gli errori di battitura o le differenti modalità sono stati usati alcuni lemmi, tra i quali lo stesso edificio, citato apparentemente indistintamente come Ca’ Grande e Cha Grande. Non si sono invece lasciati gli errori di battitura già corretti dallo scrivente in fase redazionale del dattiloscritto o manualmente in fase di rilettura. Inoltre solo in un caso si è ritenuto opportuno precisare quanto scritto nel testo attraverso un piccolissimo intervento redazionale, racchiudendo l’intervento tra parentesi quadre. Ferdinando Zanzottera CENNI STORICI SULLA CA’ GRANDE Chi visita oggi la CA’ GRANDE non può rendersi immediatamente conto di quanti e quali lavori siano stati necessari per ridare alla costruzione l’unità e dignità di stile originari. Si trattava da un lato di porre rimedio agli effetti della trascuratezza dei proprietari più o meno recenti, alla degradazione subita dalla casa in tempo padronale, poi ridotta ad abitazione rurale e a deposito di attrezzi; dall’altro, di risanare le stesse murature, minate oltre che dal tempo, dagli agenti atmosferici anche dalle infiltrazioni di umidità dovuta alla natura del terreno. Zibido San Giacomo è situato infatti 14 km. a sud di Milano in direzione di Pavia, dunque una tipica zona irriguo, il cui paesaggio agrario non deve aver subito trasformazioni notevoli dall’epoca di costruzione della CA’ GRANDE a oggi. Va sottolineato però che il restauro ha potuto dare risultati tanto validi perché guidato e illuminato dalle ricerche storiche di cui ora daremo qualche cenno. Ricerche difficili per la frammentarietà e dispersione dei fondi d’archivio utili, tali tuttavia da fornire parecchie interessanti notizie circa le vicende della CA’ GRANDE e dei terreni ad essa annessi. Zibido San Giacomo dipende dalla pieve di Decimo fino al 1584, anno in cui, per volere di San Carlo Borromeo, la prepositura passò da Decimo a Lacchiarella; e faceva naturalmente parte dello stato _ ducato dal 1395 _ di Milano. Il nome potrebbe derivare dal gruppo barbarico dei Gepidi, giunti nella zona a seguito dei Longobardi; non sembra infatti accettabile la tradizione che lo faceva da Zebedeo, padre di quel San Giacomo, il cui corpo sarebbe racchiuso nell’antico sarcofago di serizzo conservato appunto nella chiesa di origine romanica di San Giacomo. La data di costruzione della CA’ GRANDE non è esattamente precisabile; è possibile però collocarla nella seconda metà del ‘400. In realtà, per quanto riguarda i beni terrieri su cui sorgerà la casa, abbiamo notizie già dalla prima metà del ‘300. In quell’epoca infatti un tal Gian Ambrogio dell’Orto donava i propri possedimenti in Zibido al capitolo di San Giorgio al Palazzo di Milano, a patto di continuare a godere i frutti vita natural durante. Alla sua morte, venuta poco prima del 1350, il capitolo diede il possedimento “…perticas 484 terrarum, cum sedimine…” cioè con una costruzione insistente sulle terre, in enfiteusi perpetua a Giovanni Scaccabarozzi e i suoi eredi, dai quali passò poi alla famiglia Pusterla. Come avvenisse però quest’ultimo passaggio (i precedenti sono testimoniati da atti notarili) non è chiaro. Del resto non fu chiaro neppure ai contemporanei, tanto che nel 1841 il preposto di San Giorgio al Palazzo, Giacomo Fossati e canonico Gian Pietro Terzaghi proposero una causa contro i fratelli Francesco e Giovanni Pusterla contestandone i diritti sui beni di Zibido, diritti che il tribunale ecclesiastico di Milano però confermò. L’enfiteusi dunque rimase alla famiglia, tramandata per via ereditaria attraverso i decenni finché, morto nel 1573 Gio. Antonio Pusterla, i figli Gian Pietro e Ludovico si divisero l’eredità paterna in modo che le proprietà di Zibido vennero assegnate a Ludovico. La casa doveva essere sorta già da tempo, come si è detto sopra, ma solo in una ricognizione dei beni lasciati da Gio. Antonio, compiuta dal notaio ANtonio Maria Visconti il 10 febbraio 1575, troviamo notizie più precise, che ci parlano di una parte padronale e di una parte massaricia, sulla quale cioè risiedevano i coloni (…de sedimine uno a nobili et a masario…) con edifici, tra cui una casa con sala e cucina, un pozzo, le colombaie, le stalle. Intorno al 1590 il preposto di San Giorgio al Palazzo volle rimettere in discussione i diritti enfiteutici dei Villa Erba Odescalchi Scotti a Bovisio Masciago (© Foto di F. Zanzottera) ©© Fototeca ISAL (Foto di L. Franchini) Archivio ISAL, Fondo Lucio Franchini P. 11 Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda Pusterla e riaprì la causa che il suo predecessore don Fossati aveva perso più di un secolo prima. Ma i diritti dei Pusterla (o le protezioni di cui la famiglia sembra godere presso le alte gerarchie ecclesiastiche) trionfarono nuovamente ben tre volte: in prima istanza dinanzi al tribunale ecclesiastico di Milano, il secondo dinanzi a quello di Pavia e in terza (resta davvero ultima) a Lodi. Nel 1591 Ludovico lasciava eredi dei suoi beni le due figlie Bianca Margherita e Ludovica Beatrice; nel testamento nomina anche Oriana Maggi, che portava il cognome della moglie di Ludovico, ma era con molta probabilità figlia di entrambi, nata dalla relazione dei due prima che potessero unirsi in matrimonio; ciò che avvenne solo dopo la morte del primo marito della signora Maggi. Malgrado Ludovico raccomandasse di considerare Oriana alla stregua delle sorellastre o sorelle, sorse una lite tra Oriana e il marito Gian Ambrogio Racchi da una parte e Ludovica Beatrice dall’altra. La causa fu vinta dal Racchi ormai vedovo, ma i beni di Zibido andarono in pagamento all’avvocato patrocinatore, Carlo Piovano. Le sue due figlie, Costanza e Margherita, sposarono la prima un conte Anguissola, la seconda il marchese Ludovico Busca. N° 14 Dicembre 2012 Nel 1661 divisero i beni lasciati loro dal padre, in modo che le proprietà di Zibido toccarono a Margherita Busca Pirovano, e alla famiglia Busca appartennero poi per più di due secoli. Questa divisione dell’asse ereditario tra le due sorelle è importante anche per un altro motivo; l’atto infatti contiene un’accurata, interessante descrizione della CA’ GRANDE, che mette conto di riportare estesamente: “… Seguono li beni che furono delle sorelle Pusterla, tolte in pagamento per il fu signor Carlo Pirovano l’anno 1649, come da istrumento rogato da Carlo Castiglione notaio in Milano e che tutti sono nel territorio di Zibido pieve di Lattarelle nel vicariato di Binasco: li due sedimi contigui ISAL, Fondo detti della© Fototeca Cha Grande, li Pacchioni quali consistono quello da Massaro nella porta con andito tra due archi, con sopra una camera con celi e soli e sopra di essa la colombara senza colombi, a mano sinistra entrando per il detto andito due luoghi in terra con i suoi celi, uno dei quali serve da bottega e sopra un solaro coperto di tetto, ed un angolo della corte e cioè tra essa corte del campo giardino vi è l’edificio della casa detta casagrande, che consiste in un andito, nel quale sono le scale di legno con a banda dritta nel medesimo luogo assai grande che serve per cuina [cucina] e di dietro altro che serve per stalla. Più a banda sinistra un luogo assai grande, che alias si diceva la saletta con suo cielo e travi buono e cammino, e di dietro del medesimo altro luogo che serviva per canepa. In testa all’andito suddetto con la prima ondata della scala di legno si sale ad una camera grande superiore alla detta stalla, con il suolo ruinoso, insieme con gli legnami del cielo, il cielo della detta camera è buono, con sue finestre con ferrate, manca parte delle ante e vi è un cammino alla francese, di contro vi è l’altra camera superiore alla canepa della qualità suddetta ‘ con il suolo migliore dello suddetto ed in capo al medesimo andito vi è la bussola per li necessari,, ma ruinosa; salita la seconda andata della detta scala vi sono due lu luoghi superiori alla cucina, saletta e parte dell’andito con li suoli e celi, a’ quali vi vanno fatte alcune riparazioni e vi è un cammino e sopra detti celi, il tetto. Salita la terza andata delle scale si ritrovano lì due solari secondi superiori alla stalla e alla canepa con li suoli gramissimi…” (I) Sarebbe lungo e in questa sede inutile seguire tutte le successioni mediante le quali la CA’ GRANDE passò dall’una all’altra generazione; si arrivò comunque fino al 1870, anno in cui venne a morte il marchese Antonio Busca Arconati Visconti, lasciando eredi le figlie Antonietta e Luigia, minori, sotto la tutela del cavalier Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Iniziò poco dopo una serie di passaggi attraverso vari proprietari, nessuno dei quali si curò di porre un freno al processo di degradazione della CA’ GRANDE, iniziato certo da tempo, che aveva trasformato la residenza campestre signorile in un trasandato cascinale. Gli attuali proprietari, Erminio e Rosalba Pozzi, acquistando la casa e gli annessi terreni nel 1959, diedero presto inizio i lavori di restauro. Furono così riportate alla luce le nobili linee quattrocentesche dell’edificio, ora reinserito nel paesaggio circostante è riportato l’autentica suggestiva dignità. -------------------(I) “1661 febbraio 19. Istrumento di divisione tra la contessa Costanza Anguissola e marchesa Margherita Busca, sorelle Pirovano, della eredità del loro padre, dottore collegiato don Carlo Pirovano, dei beni situati in Lomagna Cassina de Braggi e in Zibido San Giacomo del valore di L. 4802,10 rogato dal notaio di Milano Antonio Castiglione fu Carlo Federico.” L’atto si trova in archivio storico civico di Milano, Archivio Busca, cartella 10. © Archivio ISAL, Fondo Lucio Franchini © Archivio ISAL, Fondo Lucio Franchini P. 12