Anteprima - Nutrizione e Salute
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Alberto Roggia IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA TESTO-ATLANTE DIAGNOSTICO Presentazione Presentazione Renzo Dionigi ALBERTO ROGGIA Primario U.O. di Urologia Unità Funzionale di Andrologia e di Urologia Pediatrica Ospedale “S.Antonio Abate” di Gallarate IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA TESTO-ATLANTE DIAGNOSTICO Presentazione di RENZO DIONIGI Ordinario di Chirurgia Generale Direttore della Clinica Chirurgica e della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale Facoltà di Medicina e Chirurgia Magnifico Rettore dell’Università degli Studi dell’Insubria - Varese Copyright ©2001 A. Roggia 1° Edizione: Ottobre 2001 Realizzazione editoriale: Pharma Project Group Edizioni Scientifiche Via Volonterio, 21 - 21047 Saronno (VA) www.ppg-edizioniscientifiche.com e-mail: [email protected] Finito di stampare nel mese di Ottobre 2001 da GECA SpA, Cesano Boscone (MI) I diritti di traduzione, di riproduzione, di memorizzazione elettronica, di adattamento totale e parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. NOTA: La Medicina è una scienza in continuo divenire. L’Autore e l’Editore di questa opera hanno posto ogni cura nel garantire la precisione dei dosaggi riportati, in accordo con le conoscenze scientifiche al momento della pubblicazione. Tuttavia, il medico dovrà sempre consultare le informazioni contenute nella scheda tecnica che accompagna ciascun prodotto farmaceutico citato, per assicurarsi che non siano sopraggiunte nuove controindicazioni e che i dosaggi raccomandati siano quelli realmente suggeriti dalle Aziende produttrici, in modo particolare per i farmaci di recente introduzione o raramente utilizzati. E’ obiettivo dell’Editore produrre nel massimo rispetto dell’ambiente. Questo volume è stato stampato su carta proveniente da foreste sostenibili e con tecnologie avanzate (CTP) che non necessitano della produzione di pellicole fotografiche. COLLABORATORI Dott. A.Goddi Medico Chirurgo – Specialista in Radiologia. Direttore del Centro di Diagnostica per Immagini-SME, Varese. Dott. E.Pozzi Medico Chirurgo – Specialista in Urologia e in Chirurgia Generale: indirizzo Oncologico. U.O. di Urologia con Unità Funzionale di Andrologia e Urologia Pediatrica – Ospedale di Gallarate. Dott. G.Magistretti Medico Chirurgo - Specialista in Radiologia Centro di Diagnostica per Immagini-SME, Varese. Dott. R.Novario Fisico - Specialista in Fisica Sanitaria. Servizio di Fisica Sanitaria - Ospedale di Circolo e Fondazione E.S.Macchi, Varese. INDICE PRESENTAZIONE: Prof. Renzo Dionigi, Ordinario di Chirurgia Generale, Direttore della Clinica Chirurgica e della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale - Facoltà di Medicina e Chirurgia, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi dell’Insubria - Varese ....................................................... V PREFAZIONE ................................................................................................................. VII 1. ANATOMIA ZONALE PROSTATICA ................................................................................. 1 2. NOTE STORICHE - ANATOMIA PATOLOGICA .................................................................. 3 3. SINTOMATOLOGIA E PUNTEGGIO DEI SINTOMI ........................................................... 7 4. METODICHE DIAGNOSTICHE ...................................................................................... 11 4.1. INTRODUZIONE ......................................................................................................................... 11 4.2. ANTIGENE PROSTATICO SPECIFICO (PSA) ................................................................................ 13 PSA e iperplasia prostatica benigna .................................................................................... 14 PSA e lesioni pre-neoplastiche prostatiche .......................................................................... 15 PSA nella diagnosi precoce del carcinoma della prostata ....................................................... 17 Fattori che influenzano i livelli di PSA .................................................................................. 19 PSA e indici di rischio neoplastico ...................................................................................... 20 PSA-libero (f-PSA), PSA-totale (t-PSA) e PSA-ratio (f/t PSA) ............................................................ 21 PSA-density (PSAD) .................................................................................................................... 24 PSA-density della zona di transizione (PSA-TZ o PSA-D-TZ) ............................................................. 25 Excess-PSA ............................................................................................................................... 25 PSA-velocity (PSA-V); PSA slope .................................................................................................. 25 PSA-età dipendente (Age-PSA; Age-Adjusted PSA) ......................................................................... 26 ProstAsure Index ........................................................................................................................ 27 PSA ultrasensibile ............................................................................................................ 27 Antigene di membrana prostato-specifico (P.S.M.A.) ............................................................ 28 4.3. DIAGNOSTICA PER IMMAGINI ................................................................................................... 29 Ecografia prostatica ......................................................................................................... 29 Tecniche d’esame ....................................................................................................................... 29 Ecografia transrettale .................................................................................................................. 30 Anatomia ecografica normale ....................................................................................................... 33 Biometria prostatica ................................................................................................................... 38 Iperplasia prostatica benigna: diagnosi ecografica .......................................................................... 38 Alterazioni associate all’iperplasia prostatica benigna ...................................................................... 43 Ago-biopsia prostatica ................................................................................................................. 46 Altre metodiche di imaging ............................................................................................... 50 Color/power doppler ................................................................................................................... 50 Tomografia computerizzata .......................................................................................................... 52 Risonanza magnetica .................................................................................................................. 53 Diagnostica tridimensionale ed endoscopia virtuale ......................................................................... 53 Radiologia convenzionale ............................................................................................................. 54 4.4 INDAGINI URODINAMICHE ........................................................................................................55 5. ALGORITMO DIAGNOSTICO ........................................................................................ 67 6. ADDENDUM: DIAGNOSTICA PER IMMAGINI DEL TERZO MILLENNIO ........................... 69 PRESENTAZIONE Ho il piacere e l’onore di presentare questa nuova opera di Alberto Roggia, eccellente ed affermato urologo la cui notorietà in questi ultimi anni è andata sempre crescendo, non solo per la grande esperienza clinica che ha saputo maturare con umiltà e tenacia, ma anche per essere stato capace di sperimentare ed applicare ogni innovazione che la ricerca clinica ha proposto in questo specifico settore in continua evoluzione e che egli qui riprende dopo una prima trattazione di grande successo. L’opera si giova dell’ausilio di validissimi collaboratori: Emilio Pozzi che con attenzione ha da sempre seguito l’insegnamento del maestro, ed Alfredo Goddi, radiologo di indiscussa competenza, appassionato cultore dell’ecografia e di ogni sua applicazione operativa. Un aggiornamento sulle più recenti acquisizioni in tema di diagnosi dell’ipertrofia prostatica benigna è quanto mai utile per portare chiarezza sul grado di affidabilità ed accuratezza delle metodiche proposte più recentemente. Questa valutazione, non sempre semplice, può essere credibile, e quindi accettata nella pratica clinica, solo se presentata da ricercatori clinici di provata esperienza e serietà, caratteristiche tipiche di Roggia e del suo gruppo. L’opera, rispetto alla precedente, si è notevolmente arricchita pur rimanendo snella, sintetica, di facile lettura e dotata di utilissime illustrazioni. E’ nel contempo esauriente e completa e costituisce un prezioso ausilio da conservare a scopo di consultazione ed aggiornamento. La sua lettura non è riservata ai soli urologi, ma sarà sicuramente apprezzata da studenti, specializzandi e medici generali, i quali potranno utilizzarla nella pratica quotidiana del loro lavoro. A Roggia ed ai suoi collaboratori va il mio apprezzamento e la riconoscenza dei più attenti professionisti della comunità medico-chirurgica. Renzo Dionigi Varese, Ottobre 2001 VII PREFAZIONE Propongo alla lettura questo Testo-Atlante di voluta e predeterminata sintesi per una patologia di elevata prevalenza e incidenza come la Iperplasia Prostatica Benigna, il cui percorso diagnostico è tutt’ora oggetto di discussione in quanto la diagnosi di ostruzione infra-vescicale, cervico-uretrale, da causa iperplastica prostatica, deve contestualmente escludere un processo neoplastico della ghiandola stessa. La diagnostica della iperplasia si embrica infatti tenacemente con le nuovissime acquisizioni, tutt’ora oggetto di controversie, in ambito di diagnostica del carcinoma prostatico, e richiede pertanto un rigoroso e preciso percorso metodologico. Dando per accreditato che l’esame clinico specialistico costituisca un elemento cardine di indubbio valore, negli ultimi anni si è verificato un rapido e poliedrico sviluppo di metodiche diagnostiche, ognuna della quali caratterizzata da sua propria accuratezza, specificità e sensibilità. Pertanto la ragionata lettura dell’esame clinico del paziente, unita al dosaggio sierico del PSA totale, delle sue frazioni molecolari (PSA-libero, PSA-ratio) e dei suoi indici o parametri di rischio neoplastico (PSA-density, PSA- density-area transizionale, PSA-excess, PSA-velocity, PSA-age) e alle attuali metodiche di imaging, non disgiunte dalle indagini radiologiche convenzionali e valutazione urodinamica, consentono al momento attuale di poter definire un razionale algoritmo diagnostico della iperplasia prostatica benigna. La concisione e la concettualizzazione di un tema così specifico è volutamente completata da una ricchissima iconografia, illustrata molto dettagliatamente nei vari particolari e con brevi didattiche didascalie ai fini di aumentare l’efficacia espositiva del testo. La documentazione radiologica è essenzialmente ecografica, ottenuta utilizzando apparecchi eco-color-doppler digitali di nuova generazione, dotati di un elevato numero di canali di elaborazione degli echi e di sonde endo-rettali “end-fire” con multifrequenza variabile da 6 a 9 MHz. La formazione del fascio ultrasuono emesso dai trasduttori è gestita in modo completamente digitale, dando vita a immagini di eccellente qualità ed elevato contenuto diagnostico. All’Urologo, specialista o in formazione, ed ai vari cultori della materia urologica, è oggigiorno richiesta una rigorosa disamina delle continue proposte innovative diagnostiche, ai fini di una corretta impostazione clinica, sempre supportata da una solida base critica, del percorso diagnostico, IX alla luce di una valutazione critica delle più attuali metodiche diagnostiche razionalmente tra di loro integrate. Ne deriva che il Testo-Atlante, come frutto di esperienza clinica cresciuta negli anni, è indirizzato al giovane Urologo e Radiologo-Ecografista in formazione, ai quali vengono proposte le più recenti acquisizioni scientifico-cliniche, atte anzitutto a incrementare il patrimonio culturale personale ma soprattutto a indirizzare verso la più rigorosa e corretta applicazione clinica nell’ambito di un preciso processo metodologico, ma vuole essere pure proposto, come opera di consultazione, anche ai colleghi Urologi in pratica clinica consolidata, agli specialisti Radiologi-Ecografisti, ai vari cultori della materia, che potranno confrontare criticamente l’algoritmo proposto con la propria esperienza clinica. Il testo si conclude con un Addendum sulla diagnostica per immagini del “terzo millennio” in cui sono prese in considerazione le più recenti evoluzioni delle metodiche di imaging: tecniche di ricostruzione multiplanare, tecniche di rappresentazione tridimensionale e tecniche di “realtà virtuale” come la endoscopia virtuale delle vie escretrici urinarie ed in particolare la cistoscopia virtuale. L’eccellente qualità delle immagini presentate è stata ottenuta grazie alla nuova generazione di apparecchiature TC spirali half-second che utilizzano detettori allo stato solido e grazie ad avanzati algoritmi di calcolo per le elaborazioni tridimensionali. Innanzi a tutto mi sorge spontanea la esigenza di rivolgere il mio stimatissimo ringraziamento al Prof. Renzo Dionigi, Magnifico Rettore della giovane e vitalissima Università degli Studi dell’Insubria di Varese, Professore Ordinario di Chirurgia Generale, Direttore della Clinica Chirurgica e della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale, promotore e fulcro delle principali iniziative scientifiche dell’Ateneo come di quelle culturali in città, dal quale ho l’onore di ricevere la presentazione a questo lavoro nel riconoscimento da parte mia del Suo professionale ed umano carisma. Una considerevole riconoscenza al Dott. Emilio Pozzi, mio collaboratore da molti anni, con il quale ho modo di gestire proficuamente le intuizioni clinico-scientifiche di un quotidiano percorso di sviluppo. Il testo ha richiesto un ampio supporto iconografico legato alla diagnostica per immagini ed è per me stato un privilegio potermi giovare della collaborazione di altissimo livello tecnico-scientifico del Dott. Alfredo Goddi, ottimo conoscitore e cultore della materia, Direttore del Centro di Diagnostica per Immagini-SME, in Varese. Per quanto riguarda l’Addendum sulla diagnostica tridimensionale del terzo millennio, il mio sentito ringraziamento oltre che al Dott. Alfredo Goddi, viene esteso anche ai suoi collaboratori Dott. Giovanni Magistretti, radiologo, e Dott. Raffaele Novario, fisico-sanitario, per le affascinanti immagini relative alle tecniche di rappresentazione tridimensionale e alle recentissime tecniche di realtà virtuale, quali la endoscopia virtuale delle vie escretrici urinarie. X Un doveroso ringraziamento alla Dott.ssa Maria Grazia Alberio e al Dott. Roberto Galozzi della U.O. di Urologia da me diretta, per la coordinazione del lavoro redazionale e correzione delle bozze. Per concludere sono grato ai Signori Marinella Pettinari e Massimiliano Girola, della segreteria del Centro di Diagnostica per Immagini-SME, per la meticolosa cura di definizione grafica relativa alla organizzazione del materiale iconografico e bibliografico, nonché alla casa editrice Pharma Project Group per l’impegno nella esecuzione di una pregevole veste editoriale. Alberto Roggia Settembre 2001 XI CAPITOLO 1 ANATOMIA L’apparato urogenitale maschile inizia a svilupparsi nell’embrione circa alla VIII settimana di gestazione1. L’intestino primitivo nella sua porzione più caudale dà origine al setto urorettale che raggiunge la membrana cloacale e dà origine alla formazione di una cavità rivestita da endoderma: posteriormente il retto, anteriormente il setto urogenitale primitivo2,3,4. A partire dalla XII settimana di vita la ghiandola prostatica si sviluppa da un insieme di gemme epiteliali a partenza dall’endoderma le quali penetrano, per lo stimolo del 5-alfa-diidrotestosterone (DHT)5, nel mesenchima che, a sua volta, si differenzia nello stroma fibromuscolare della prostata. Fino alla XXIV settimana i gettoni epiteliali rimangono solidi: in seguito divengono cavi e danno origine alle diramazioni dei dotti e delle ghiandole6,7,8. Tenendo conto dell’origine embriologica, Lowsley9 propose una suddivisione anatomotopografica che identificava cinque lobi prostatici derivati dalla porzione craniale del setto urogenitale: • lobo posteriore: situato posteriormente all’uretra e ai dotti eiaculatori • lobo medio: compreso tra uretra e dotti eiaculatori • lobi laterali: posti ai lati dell’uretra • lobo anteriore: posizionato anteriormente all’uretra. La suddivisione in lobi non riveste significato dal punto di vista funzionale, mentre ha un ruolo importante nella patologia neoplastica10,11. Mc Neal ha abbandonato il concetto lobare di Lowsley e ha descritto numerose aree anatomiche, ciascuna correlata a specifici settori dell’uretra prostatica e ai dotti eiaculatori. In base al modello tridimensionale della prostata di Mc Neal, l’uretra funge da punto anatomico di ZONALE PROSTATICA riferimento, dividendo la ghiandola in una porzione fibromuscolare anteriore ed una ghiandolare posteriore12,13,14. L’uretra forma un angolo di 35° aperto anteriormente a metà tra apice e base della prostata, dividendo la porzione prostatica dell’uretra stessa in un segmento prossimale ed in uno distale. Il tessuto ghiandolare costituisce i 2/3 della prostata ed è composto da quattro zone ghiandolari, ognuna con differente sistema duttale che drena in una parte specifica dell’uretra prostatica: • Zona periferica: costituisce circa il 70-75% del tessuto ghiandolare della prostata normale, circonda l’uretra lungo il verumontanum e distalmente ad esso; i suoi dotti drenano nella porzione distale dell’uretra compresa tra verumontanum e apice. La zona periferica è sede frequente di origine del carcinoma (circa 70%) mentre non è sede di ipertrofia benigna15. • Zona centrale: costituisce circa il 20-25% del tessuto ghiandolare della prostata normale: circonda i dotti eiaculatori per tutto il loro decorso nello spessore della ghiandola. Questa zona è sede del 10% dei carcinomi14,15 e non dà origine ad ipertrofia benigna; le funzioni biologiche delle zone centrale e periferica sono diverse perchè alcuni enzimi presenti nel liquido seminale vengono prodotti esclusivamente da cellule epiteliali della zona centrale. • Zona di transizione: circa il 5-10% del tessuto ghiandolare prostatico nell’uomo giovane fa parte di questa zona; il suo sistema duttale sbocca nel recesso postero-laterale della parete uretrale sopra e in continuità con i dotti della zona periferica. Questa zona è a stretto contatto con lo sfintere preprostatico mediante alcuni dotti che lo attraversano: è la zona in cui si riscontra l’iperplasia benigna e circa il 20% dei carcinomi. • Ghiandole periuretrali: costituiscono meno dell’1% di tutto il tessuto ghiandolare prostatico 1 e sono indovate nella parete muscolare liscia dell’uretra, all’interno dello sfintere preprostatico. I loro dotti si aprono lateralmente al recesso postero-laterale del segmento prossimale dell’uretra: possono rappresentare la sede di sviluppo dell’ipertrofia benigna dando luogo al cosiddetto “lobo medio”. BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. La zona periferica, la zona di transizione e le ghiandole periuretrali hanno aspetto istologico simile mentre la zona centrale è differente da un punto di vista istologico. Le strutture fibromuscolari costituiscono circa 1/3 della prostata e vengono distinte in stroma fibromuscolare anteriore e in sfintere preprostatico: • Stroma fibromuscolare anteriore: è composto principalmente da muscolatura liscia; prossimalmente è in continuità con le fibre del detrusore della parete vescicale anteriore e aprendosi a ventaglio lateralmente, a livello del collo vescicale, ricopre la faccia antero-laterale della prostata. Si assottiglia avvicinandosi all’apice della ghiandola e fondendosi con le fibre muscolari striate che circondano il segmento uretrale distale forma il cosiddetto sfintere “postprostatico”15. • Sfintere preprostatico: circonda il segmento prossimale dell’uretra, dal collo vescicale al verumontanum, ed è costituito da fibre muscolari lisce “ad anello” soprattutto lungo le superfici posteriore e laterali dell’uretra, anteriormente si unisce con lo stroma fibromuscolare anteriore. Lo sfintere preprostatico è in continuità con lo strato superficiale del trigono vescicale che a sua volta si continua con i muscoli longitudinali della porzione inferiore degli ureteri14. Questo sfintere, a differenza della restante muscolatura prostatica, è provvisto di innervazione e si ritiene impedisca il reflusso durante la eiaculazione. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. Il modello “zonale” di Mc Neal si è rivelato indicato come riferimento per le moderne metodiche di imaging diagnostico, con particolare riguardo all’ecografia transrettale. La conoscenza dell’anatomia zonale della prostata è considerata un presupposto fondamentale per l’interpretazione delle immagini ecografiche; verrà pertanto richiamata nel prosieguo del testo e nella descrizione iconografica. 2 Brandes D. Prostate gland: Embriology, Anatomy, and Histology. In: Hill GS (ed). Uropathology. Vol. 2, Churchill Livingston, New York, 1989:1165. Hamilton WJ, Boyd JD, Mossman HW. Human Embriology. 3rd Ed. Williams & Wilkins, Baltimore, 1962. Arey LB. Developmental Anatomy. 7th Ed. WB Saunders, Philadelphia, 1965. Narbaitz R. Embriology, anatomy and histology of the male sex accessory glands. In: Brandes D (ed). Males Accessory Sex Organs: Structures and Function in Mammals. Academic Press, Orlando, 1974:3. Coffey DS. The biochemistry and phisiology of the prostate and seminal vescicles. p. 233. In: PC Walsh, RF Gittes, AD Perlmutter, TA Stamey (ed): Campbell’s Urology. 5th Ed. WB Saunders, Philadelphia, 1986. Moore RA. The histology of the newborn and prepuberal prostate gland. Anat Rec 1936; 66:1. Brody H, Goldman SF. Metaplasia of the epithelium of the prostate glands, utricle and urethra of the fetus and newborn invant. Aech Pathol 1940; 29:494. Andrews GS. The histology of the uman fetal and prepuberal prostates. J Anat 1951; 84:44. Lowsley OS. The prostate gland. In: Lowsley OS, Hinman F, Smith DR, Gutierrez R (eds). The sexual glands of the male. Oxford University Press, New York, 1942. Mc Neal JE. Regional morphology and pathology of the prostate. Am J Clin Pathol 1968; 49:437. Mostofi FK, Price EB jr. Malignant tumors of the prostate. In: Firminger HI (ed). Tumor of the Male Genital System: Atlas of Tumor Pathology. Second Series, Fascicle 8. Armed Forces Institute of Pathology, Washington, DC, 1973:253. Mc Neal JE. Normal and pathologic anatomy of the prostate. Urology 1981; 17 (suppl):11. Mc Neal JE. The prostate gland: morphology and pathology. Monogr Urol 1983; 4:1. Mc Neal JE. The prostate gland: morphology and pathobiology. Urology 1988; 9:3. Kaye KW. Prostate ultrasound anatomy: normal and pathological. AUA Meeting, Dallas 1989, May 7-11. CAPITOLO 2 NOTE STORICHE ANATOMIA PATOLOGICA Sembra doversi a Erofilo, intorno al 300 a.C., la prima descrizione anatomica della prostata, identificata come Prostàtai adenoides e distinta in Prostàtae glandulosae e Prostatai cirsoides. In realtà Erofilo molto probabilmente confonde la prostata con le vescichette seminali (Prostàtae glandulosae) e con i dotti deferenti (Prostàtae cirsoides). Anche successivamente Aristotele e Rufo di Efeso non differenziano le vescicole seminali e l’epididimo dalla “Parastatae”. Galeno col termine di “Prostàtai” indica cumulativamente le vescicole seminali e la ghiandola prostatica1. Nella metà del ‘500 il medico veneziano Nicolò Massa conferisce alla prostata una sua identità anatomo-fisiologica nel significato più moderno2. E’ merito di Riolano, Bartholin, Santorini, Petit, identificare nella prostata le “carnosità” presenti sul collo vescicale. Giovan Battista Morgagni nel suo trattato “De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis” parla specificatamente di “rigonfiamento della prostata” che può interessare, negli anziani, sia la ghiandola in toto sia solo la porzione mediana, quest’ultima meglio descritta da Hunter e Home. Mercier, Thompson, Voillemier, Philips, e Freyer3 pubblicano lavori scientifici sulla ghiandola prostatica, ma è merito di Salvador Gil Vernet aver fornito importantissime nozioni embriologiche e strutturali della prostata che viene per la prima volta distinta in porzione caudale e porzione craniale. Gil Vernet4 infatti in una opera monumentale ha dimostrato che la prostata è costituita da una porzione caudale o inframontanale-retrospermatica ed una craniale o sopramontanale-prespermatica. Questa dualità spaziale si ritrova anche sul piano strutturale per una diversa ripartizione del tessuto ghiandolare e interstiziale: nella prostata craniale è l’elemento interstiziale che è predominante in rapporto all’elemento ghiandolare, mentre nella porzione caudale è il tessuto propriamente ghiandolare che domina. Deaver all’inizio del 1900 mantiene ancora il ter- mine aspecifico di aumento di volume (“enlargement”) della prostata5. I termini di “gonglement”, “enlargement”, “vergrosserung” delle Scuole Francesi, Inglesi e Tedesche lasciano lentamente il posto a quello più diffuso di ipertrofia prostatica, ma compaiono pure le definizioni di adenoma e iperplasia adenomatosa. Moore6, ai termini precedentemente usati di ipertrofia, adenoma e iperplasia adenomatosa, preferisce proporre quello di iperplasia nodulare che meglio caratterizza l’aspetto istologico strutturale. Così anche Franks7 nel 1976 descrive classicamente cinque tipi istologici di noduli prostatici: stromale, fibromuscolare, muscolare, fibroadenoma, e fibromioadenoma. Oggidì i vari Autori utilizzano pressochè indifferentemente ed in modo sinonimo i termini di ipertrofia e di iperplasia prostatica ma non manca chi sottolinea che si tratti di un processo essenzialmente iperplastico. Così la Scuola anatomo patologica Tedesca8 preferisce adottare il termine di “cosiddetta ipertrofia” prostatica, distinta poi da Tandler e Coll.9 in una forma episfinterica-intravescicale ed una sottosfinterica-sottovescicale. Anche Gallone10 mantiene il termine di “cosiddetta ipertrofia” prostatica, identificandola nell’adenomioma periuretrale. Sulla stessa posizione sono Reitano e Coll.11, per i quali il termine di ipertrofia è consacrato dall’uso ma non è esatto perchè il processo patologico è essenzialmente sostenuto dall’iperplasia di uno o più dei suoi principali elementi. Steg12 nell’ambito della ipertrofia prostatica preferisce distinguere l’“adenoma puro” dovuto a iperplasia privilegiata dell’elemento ghiandolare, dalla “fibromatosi periuretrale pura” per iperplasia del tessuto connettivo fibroso, anche se più frequentemente la struttura è mista adeno-fibromiomatosa. Di Silverio e Coll.13 mantengono il termine di ipertrofia prostatica, ma preferiscono precisare come si tratti di una iperplasia nodulare caratterizzata da 3 IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA proliferazione ghiandolare e dilatazione delle ghiandole stesse o da una iperplasia stromale, fibrosa o muscolare, mentre a volte si osserva una predominanza di iperplasia o ipertrofia fibromuscolare, da cui il termine di iperplasia fibromatosa o leiomiomatosa. Anche Walsh e Coll.14 nel classico trattato di Urologia di Campbell definisce come scorretto dal punto di vista anatomo-patologico il termine di ipertrofia, trattandosi di un processo iperplastico. ANATOMIA ED ISTOLOGIA PATOLOGICA Studi morfologici indicano che un aumento di volume della zona di transizione si ha già dopo i 40 anni15 e che le modificazioni istologiche tipiche dell’iperplasia nodulare si riscontrano in più del 50% dei soggetti dopo i 50 anni e nel 100% dopo i 9016, sebbene una sintomatologia ostruttiva compaia nel 10-25% dei casi17,18,19. Col termine di iperplasia nodulare della prostata si indica il complesso delle alterazioni strutturali che si verificano nella prostata, durante la vita adulta, a carico della zona di transizione e della regione periuretrale come conseguenza di un duplice processo di iperplasia-ipertrofia dei normali costituenti cellulari20. La iperplasia ha quasi sempre carattere circoscritto ed assume tipico aspetto “nodoso”. Tali noduli risultano per lo più a struttura fibro-mio-ghiandolare, con predominanza in genere della componente ghiandolare, mentre è spesso scarsa la componente muscolare-liscia. Assai di rado i nodi hanno struttura esclusivamente ghiandolare (adenoma puro) o esclusivamente muscolare o fibrosa. Gli studi di Mc Neal dimostrano che la maggioranza dei noduli periuretrali precoci è di carattere puramente stromale, mentre i noduli più precoci della zona di transizione rappresentano una proliferazione di tessuto ghiandolare. Si distingue una iperplasia prostatica microscopica da una macroscopica. La prima è processo proliferativo che inizia nella zona di transizione e nelle ghiandole periuretrali e che si identifica in processo proliferativo degli elementi stromali ed epiteliali della prostata. Il termine invece di iperplasia macroscopica descrive l’aumento volumetrico della prostata, per formazione dei noduli e loro incremento sia numerico che volumetrico stesso, che può determinare la iperplasia prostatica “clinica” con tutte le manifestazioni cliniche e sintomatologiche conseguenti, anche se manca una correlazione tra dimensioni della pro- 4 stata, gravità della ostruzione e severità dei sintomi21,22. Reperti anatomo-patologici • Macroscopici: l’organo appare aumentato di volume, peso e alterato nella forma per la presenza di noduli multipli e di dimensioni variabili, i più prominenti dei quali situati nella regione apicale, in relazione all’origine quasi esclusiva dell’iperplasia nodulare dalla zona di transizione e da quella sottomucosa periuretrale. La posizione dei noduli in queste aree rende conto della compressione esercitata sulle pareti laterali dell’uretra, il cui lume appare spesso ridotto ad una sottile fessura. La consistenza, il colore e la superficie di taglio dei noduli variano in rapporto alla loro costituzione istologica: fibromuscolare o ghiandolare. Nel primo caso sono di consistenza dura, di colorito grigiastro e non mostrano una netta demarcazione con il parenchima circostante, la superficie di taglio è asciutta e fibrosa; nel secondo caso i noduli sono soffici, rosa giallastri e ben distinti dal parenchima circostante, che appare compresso: la superficie di taglio mostra secrezioni e dilatazioni cistiche, aree verdastre di flogosi, calcoli e focolai biancastri di necrosi circondati da alone di emorragia. • Microscopici: le modificazioni istologiche dell’iperplasia consistono in un’iperplasia e ipertrofia caratteristicamente “nodulare” delle componenti ghiandolare e stromale (fibrosa e muscolare), che giustificano il termine di iperplasia fibro-adenoleiomiomatosa. Sebbene l’interessamento delle tre componenti sia contemporaneo, una di esse può prevalere dando così origine a varie combinazioni istologiche di scarso valore pratico. L’iperplasia ghiandolare coinvolge sia i dotti che gli acini e spesso sono presenti aree di metaplasia transizionale. L’iperplasia acinosa è caratterizzata dalla formazione di grappoli ghiandolari, con lumi di dimensioni variabili e spesso contenenti secreto ispessito misto a cellule desquamate e numerosi corpi amilacei. L’iperplasia stromale può essere diffusa o nodulare o entrambe le situazioni: lo stroma prostatico è normalmente ricco di fibre muscolari oltre che di fibroblasti e spesso è sede di infiltrati linfocitari, o mostra quadri di prostatite granulomatosa con reazione gigantocellulare da corpo estraneo. Altre modificazioni istologiche sono i focolai di metaplasia squamosa e le aree di necrosi infartuale. CAPITOLO 2. NOTE BIBLIOGRAFIA 1. Lawson RK. Storia della malattia prostatica. In: Lepor H, Lawson RK (eds). Malattie della prostata, Piccin Editore, 1995. 2. Venturini A. La prostata,una storia.Dalle antiche civiltà ai giorni nostri. Ediz. Medi, Parma, 1993. 3. Kuss R, Gregoir W. Storia illustrata dell’Urologia dall’antichità ai giorni nostri. Editiemme, 1989. 4. Gil Vernet S. In: Puigvert A (ed). Tratado de Operatoria Urologica. Editorial Labor Barcelona, 1971. 5. Deaver JB. Citato da Lawson. In: Lepor H, Lawson RK (eds), Piccin Editore, 1985. 6. Moore RA. Benign hypertrophy of the prostate: a morphological study. J Urol 1943; 50:680-710. 7. Franks LM. Benign prostatic hypertrophy : gross and microscopic anatomy. Dept. of Health Education and Welfare. NIH Publication No. 76-1113-63,1976. 8. Kaufmann E. Trattato di Anatomia Patologica Speciale vol.II°, Ed. Vallardi, 1964. 9. Tandler, Zuckerkandl: citati da Kaufmann E. Trattato di Anatomia Patologica Speciale - vol.II°, Ed. Vallardi, 1964. 10. Gallone L. Patologia Chirurgica, CEA Ambrosiana, 1991. 11. Reitano R, Lanza G. Manuale di Anatomia Patologica, Ed. Piccin, 1967. 12. Steg A. Basi anatomiche della ipertrofia benigna della prostata. New trends in andrological sciences, 1, 1985. STORICHE - ANATOMIA PATOLOGICA 13. Di Silverio F, Tenaglia R, Pavone Macaluso M. Ipertrofia Prostatica Benigna. In: Trattato di Urologia di Pavone Macaluso M, vol.II°, Ed. UTET, 1995. 14. Walsh PC, Retik AB, Vaughan ED, Wein AJ. Urologia di Campbell, Ed. Verduci, 1999. 15. Mc Neal JE. The pathobiology of nodular hyperplasia of the prostate. Chapter 3, Churchill Livingstone, NewYork, 1990. 16. Harbitz TB, Haugen OA. Histology of the prostate in elderly men. A study in autopsy series. Acta Pathol Microbiol Scand 1972; 80:956. 17. Lytton B, Emery JM, Harvard BM. The incidence of benign prostatic obstruction. J Urol 1968; 99:639. 18. Birkhoff JD. Natural history of benign prostatic hypertrophy. In: Hinman FJ, Boyarsky S (eds). Benign Prostatic Hypertrophy, Springer Verlag, New York, 1988. 19. Berry JJ, Coffey DS, Walsh PC, Ewing LL. The development of human benign prostatic hyperplasia with age. J Urol 1984; 132:474. 20. Mc Neal JE. Origin and evolution of prostatic enlargment. Invest Urol 1978; 15:340. 21. Yalla SV, Sullivan MP. Correlation of American Urological Association Symptom Index with obstructive and non obstructive prostatism. J Urol 1995; 153:674686. 22. Girman CJ, Jacobsen SJ, Guess HA. Natural history of prostatism: relationship among symptoms,prostate volume and peak urinary flow rate. J Urol 1995; 153:1510-1515. 5 CAPITOLO 3 SINTOMATOLOGIA E PUNTEGGIO DEI SINTOMI Alla fine del 1800, a Parigi, Felix Guyon1 introduce la cistomanometria nella routinaria indagine clinica e considera, nell’ambito della IPB, tre stadi sintomatologici: stadio iniziale (mitto astenico, disuria iniziale e pollachiuria notturna), stadio della ritenzione cronica incompleta (pollachiuria intensa anche diurna) e stadio della ritenzione cronica con distensione (iscuria paradossa). Successivamente la maggior parte degli Autori2,3,4 concorda nel distinguere da un lato una sintomatologia ostruttiva, causata dall’incremento delle resistenze uretrali e/o da una ipocontrattilità del detrusore e rappresentata da disuria iniziale, esitazione del mitto, diminuzione della forza e del calibro del mitto, sgocciolamento terminale e postminzionale, sensazione di svuotamento incompleto, e dall’altro lato sintomi irritativi (generalmente da instabilità detrusoriale) come la pollachiuria, la nicturia e l’urgenza minzionale, anche se spesse volte la sintomatologia è però mista, ostruttiva-irritativa, in un quadro clinico estremamente polimorfo. Generalmente in un primo tempo i sintomi sono prevalentemente irritativi, con andamento caratterizzato da periodi di progressione e periodi di latenza, ma successivamente compare la fase prevalentemente ostruttiva con sintomatologia varia legata alle capacità di compensazione ed adattamento della muscolatura vescicale, per poi passare successivamente alla fase della ritenzione urinaria (iscuria paradossa) e delle complicanze secondarie alla ostruzione stessa (diverticolosi vescicale, ureteroidronefrosi, reflusso vescico-renale). Micali e Coll.5 e Di Silverio e Coll.6 distinguono i sintomi e segni dipendenti dall’ostacolo cervicale (disuria, getto astenico, gocciolamento postminzionale), i segni e sintomi correlati ad esaurimento funzionale del detrusore (ritenzione incompleta e completa, distensione vescicale, iscuria paradossa) ed i sintomi a genesi diversa, generalmente di tipo irri- tativo (stimolo imperioso per instabilità detrusoriale, pollachiuria). Per una corretta misurazione della frequenza dei sintomi o L.U.T.S. (Lower Urinary Tract Symptoms) legati ad una patologia ostruttiva delle basse vie urinarie sono stati proposti numerosi metodi. I primi a tentare una quantificazione dei sintomi minzionali con un punteggio riproducibile sono stati Boyarsky e Coll.7 e Madsen e Coll.8: in entrambi i tipi di valutazione gruppi separati di sintomi a carattere irritativo ed ostruttivo venivano monitorati in base alla loro gravità. La scala di punteggio sintomatologico di Boyarsky distingue 5 sintomi ostruttivi (ritardo o incapacità ad iniziare la minzione, mitto intermittente, gocciolamento postminzionale, diminuzione del calibro e della forza del getto, sensazione di svuotamento incompleto) e 4 sintomi irritativi (nicturia, pollachiuria diurna, bisogno impellente di mingere, disuria). Ciascuno dei 9 sintomi suddetti viene graduato in base ad una scala a punti (da 0 = assente a 3 = grave), per uno score complessivo massimo di 27 punti. Mentre questi strumenti possono essere criticati sotto molti punti di vista, compresa la possibilità di perdita di dati clinici, o sulla loro realizzabilità e validità, è comunque importante riconoscere che sono concettualmente i precursori di tutti i moderni approcci per la misurazione dei sintomi legati ad una patologia delle basse vie urinarie. Tre sono i questionari che hanno ricevuto attenzione più recentemente per tale scopo: 1) International Prostate Symptom Score (I.P.S.S.) 2) Danish Prostate Symptom Score (DAN-PSS-1) 3) ICS male questionnaire International Prostate Symptom Score (I.P.S.S.) Barry e Coll.9 hanno proposto l’American Urological Association (A.U.A.) Symptom Score Index, or7 IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA ganizzato in sette punti che comprendono: • sintomi di svuotamento incompleto: nell’ultimo mese quante volte ha avvertito un senso di incompleto svuotamento al termine della minzione? • frequenza: nell’ultimo mese quante volte ha dovuto mingere nuovamente a meno di due ore dalla precedente minzione? • intermittenza: nell’ultimo mese quante volte la minzione si è ripetutamente interrotta e poi ha ripreso, per cui è avvenuta in più tempi? • urgenza: nell’ultimo mese quante volte ha trovato difficoltà a rinviare la minzione, essendo questa imperiosa? • indebolimento del mitto: nell’ultimo mese quante volte ha avuto un getto urinario che è parso debole? • esitazione: nell’ultimo mese quante volte ha dovuto comprimere o sforzarsi per iniziare la minzione? • nicturia: nell’ultimo mese quante volte si è alzato durante la notte per mingere? La frequenza di ogni sintomo è quantificata dal paziente stesso su una scala da 0 a 5, con un punteggio massimo pertanto di 35. Vengono di conseguenza identificate tre sottoclassi sintomatologiche: a) sintomi lievi: pazienti con punteggio totale inferiore o uguale a 7; b) sintomi moderati: pazienti con punteggio da 8 a 19; c) sintomi gravi: punteggio uguale o superiore a 20. Il Symptom Index dell’American Urological Association (AUA-SI), attualmente adottato anche dalla World Health Organization sotto il nome di International Prostate Symptom Score (IPSS), è lo strumento utilizzato per quantificare in modo standardizzato la gravità dei sintomi dell’apparato urinario inferiore, e torna oggidì di utile impiego nella valutazione pre- e post-terapeutica della IPB e negli studi clinici. A tale questionario si associa l’Impact Index della ipertrofia prostatica benigna (B.P.H. Impact Index) che valuta invece l’impatto dei sintomi sulla qualità di vita del paziente stesso. Danish Prostate Symptom Score (DAN-PSS-1) Questo questionario prende in esame i medesimi sintomi dell’I.P.S.S. ad eccezione della minzione in più tempi ma comprende sintomi come disuria, drib- 8 bling terminale e sforzo minzionale: tre domande inoltre categorizzano l’urgenza minzionale, l’incontinenza da stress ed altri tipi di incontinenza. Ogni domanda ha una struttura di risposta in rapporto all’insorgenza dello stimolo ed alla sua intensità e fastidio soggettivo: ogni tipo di risposta è divisa in quattro categorie in ordine di gravità (punteggio da 0 a 3). I proponenti tale questionario raccomandano di moltiplicare i punteggi della sintomatologia e della sua intensità per ogni voce (range da 0 a 9) fino ad ottenere una somma compresa tra 0 e 108. ICS male questionnaire E’ stato sviluppato più di recente per uno studio internazionale effettuato in 12 paesi allo scopo di correlare la sintomatologia a valutazioni anatomiche e di fisiopatologia presenti in uomini giunti all’osservazione dell’urologo e per esaminare i risultati della terapia sia considerando i sintomi che la situazione fisiopatologica. Nella sua prima fase di sviluppo questo questionario ha incluso 20 domande riguardanti sintomi urinari (5 di esse riguardanti problemi di incontinenza). 19 dei quesiti sui sintomi inoltre presentavano una ulteriore domanda riguardante la gravità del “fastidio” provocato dal sintomo stesso, inoltre vi erano altre domande riguardanti la funzione sessuale e la qualità della vita. Gli Autori che hanno proposto il presente questionario sottolineano che non si deve arrivare ad alcun punteggio finale ma la risposta a ciascuna domanda dovrebbe essere analizzata separatamente. Strumento di grande utilità è anche la redazione, da parte del paziente stesso, di un diario minzionale, la cosiddetta carta delle minzioni (Pagano e Coll.10) che, al di là di possibili imprecisioni ed incertezze nella raccolta anamnestica, permette, annotando per 4-7 giorni l’ora delle minzioni e ciascun volume vuotato, di obiettivare i disturbi minzionali: infatti quantifica la diuresi notturna e diurna, evidenzia la severità reale della incontinenza urinaria episodica transitoria o permanente, rileva la capacità vescicale spontanea attraverso i volumi vuotati. CAPITOLO 3. SINTOMATOLOGIA BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. Guyon F. Leçons cliniques sur les maladies de voies urinaires. Bailliere Edit, Paris, 1894. Pisani E, Montanari E, Trinchieri A. Aspects cliniques de l’hypertrophie prostatique benigne. J Urologie 1993; 99 (6):288-289. Christensen MM, Bruskewitz RRC. Clinical manifestation of benign prostatic hyperplasia and indication for therapeutic intervention. 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The measurement committee of the American Urological Association: the American Urological Symptom index for benign prostatic hyperplasia. J Urol 1992; 148:1549-1557. 10. Pagano F, Aragona F. Dal sintomo alla diagnosi in Urologia. Ediz Med Scientif, Pavia, 1994. 9 CAPITOLO 4. METODICHE 4.3. DIAGNOSTICA PER IMMAGINI Ecografia prostatica L’ecografia rappresenta a tutt’oggi la metodica di imaging più accurata per lo studio della prostata e costituisce un valido complemento all’esame clinico rettale e al dosaggio dell’Antigene Prostatico Specifico (PSA) nella diagnosi dell’iperplasia prostatica benigna e del cancro prostatico. L’uso dell’ecografia prostatica si è andato rapidamente diffondendo dall’inizio degli anni ‘90, in parte per le caratteristiche intrinseche della metodica ecografica, innocua e di costo relativamente basso, ma soprattutto grazie allo sviluppo di sonde endocavitarie ad alta frequenza che consentono un’analisi dettagliata dell’anatomia prostatica. Va ricordato che l’ecografia è metodica operatore dipendente; la qualità dell’esame non è pertanto legata solo alle caratteristiche tecniche dell’apparecchiatura utilizzata ma anche all’esperienza dell’operatore. DIAGNOSTICHE cato nei pazienti sottoposti a resezione addominoperineale del retto. La via transperineale non richiede particolare preparazione e può essere eseguita a vescica completamente vuota176. Ecografia transrettale. Lo studio della prostata con trasduttore endorettale consente la migliore visualizzazione della ghiandola sia per il calcolo della volumetria che per la ricerca del cancro prostatico (Figura 4.4). Viene inoltre usata di routine nella valutazione dell’iperplasia prostatica benigna, delle prostatiti e nei pazienti con infertilità. Figura 4.2. Ecografia transaddominale. La sonda è posizionata a livello sovrapubico ed angolata in senso cranio-caudale. In base all’orientamento della sonda si ottengono scansioni trasversali (A) o longitudinali (B) della prostata. (V = vescica; P = prostata; vs = vescicole seminali; sp = sinfisi pubica). A Tecniche d’esame Ecografia transaddominale. L’approccio transaddominale, il primo ad essere stato applicato per lo studio della prostata, può essere utilizzato per una prima stima delle dimensioni della ghiandola. La sonda viene posizionata a livello sovrapubico e angolata in senso cranio-caudale di circa 15° per ottenere delle sezioni trasversali della prostata (Figura 4.2). Il campo di vista della sonda può essere di 70° o 90° a seconda del tipo di trasduttore impiegato: convesso, settoriale o vettoriale. In non pochi casi risulta difficoltoso ottenere delle scansioni longitudinali adeguate per misurare correttamente l’asse longitudinale della ghiandola allo scopo di calcolarne il volume. L’esame con approccio transaddominale richiede un adeguato riempimento vescicale. Va ricordato che l’eccessiva distensione della vescica oltre a determinare disagio per il paziente riduce la qualità delle immagini: distanzia infatti il trasduttore dalla ghiandola e la comprime, deformandola. Lo stress cui viene sottoposto il muscolo detrusore, in caso di eccessivo riempimento vescicale, può inoltre alterare la dinamica della minzione creando dei possibili falsi residui176. Inoltre, la costituzione del paziente e lo spessore della parete addominale possono ulteriormente limitare la visualizzazione della prostata. Ecografia transperineale. Nei casi in cui non sia possibile visualizzare la prostata per via transaddominale si può ricorrere ad un approccio transperineale, ottenendo sia sezioni coronali che sagittali della ghiandola per il calcolo del volume (Figura 4.3). Questo approccio è particolarmente indi- sp V P vs B sp V P vs 29 IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA Figura 4.3. Ecografia transperineale. La sonda è posizionata a livello del perineo, posteriormente allo scroto. Si ottengono scansioni coronali e sagittali della prostata modificando l’orientamento della sonda. (V = vescica; P = prostata; vs = vescicole seminali; sp = sinfisi pubica). Figura 4.5. Sonde transrettali biplanari elettroniche. A)Sonda biconvex: due trasduttori convessi sono orientati secondo i due piani ortogonali per ottenere scansioni longitudinali e trasversali della prostata. B)Sonda lineare-convex: un trasduttore convesso, orientato ortogonalmente all’asse della sonda per ottenere scansioni trasversali, è abbinato ad un trasduttore lineare, orientato lungo l’asse della sonda per le scansioni longitudinali. sp V P vs Figura 4.4. Ecografia transrettale. La sonda è posizionata nel lume del retto. A seconda del tipo di sonda utilizzato si ottengono scansioni trasversali (A), longitudinali (B), o multiplanari. A B 30 Ecografia transrettale Evoluzione delle sonde. Dalla nascita delle prime sonde per ecografia endocavitaria ad oggi sono stati compiuti progressi imprevedibili nella tecnologia dei trasduttori. Le prime sonde erano dotate di un trasduttore monocristallo, rotante meccanicamente per 360° grazie ad un motore posizionato all’interno della sonda. Oggi si è passati a trasduttori con una cortina di cristalli fissi, a disposizione rettilinea o curvilinea, eccitati elettronicamente in modo sequenziale. Il campo di vista dei moderni trasduttori elettronici convessi è 140°-170°. I trasduttori meccanici rotanti hanno un campo di vista che può raggiungere 180° o 210°. Attualmente sono disponibili diversi tipi di sonde, ognuna finalizzata ad ottenere specifici risultati: a) sonde biplanari elettroniche con cristalli disposti sia in senso trasversale, per consentire le sezioni assiali della prostata, che in senso longitudinale per le sezioni cranio-caudali (Figura 4.5). b) sonde multiplanari meccaniche nelle quali l’operatore può orientare manualmente il piano di scansione facendolo ruotare sul proprio asse per ottenere sezioni trasverse, longitudinali od oblique (Figura 4.6). c) sonde multiplanari “end fire” nella quali la cortina dei cristalli è posizionata all’estremità della sonda; l’asse della sonda e il piano di scansione coincidono. Ruotando la sonda sul proprio asse si ottengono immagini multidirezionali (Figura 4.7). d) sonde per acquisizione tridimensionale. Prima di parlare di queste sonde sono necessari alcuni CAPITOLO 4. METODICHE cenni all’imaging 3D. L’ecografia 3D, di recente introdotta nella pratica clinica177,178,179, permette di superare alcune delle limitazioni delle tecniche bidimensionali sopracitate. L’esame viene inizialmente condotto secondo la tecnica tradizionale allo scopo di identificare eventuali alterazioni morfologiche e strutturali della ghiandola; successivamente si passa all’acquisizione volumetrica. La sonda ha una conformazione analoga a quelle delle altre sonde endocavitarie. Il volume 3D, generato dalla rotazione automatica del trasduttore per 360°, ha forma di tronco di cono con un angolo di 90°. Il tempo di acquisizione è di circa 10 secondi. I volumi ottenuti possono essere analizzati immediatamente o memorizzati per essere esaminati in un tempo successivo. Le sezioni planari riformattate, generate dal computer, sono simili a quelle ottenute dall’ecografia bidimensionale. Sul monitor dell’apparecchiatura vengono mostrati contemporaneamente tre piani di scansione tra loro ortogonali che consentono una facile comprensione dell’anatomia prostatica. Il nu- Figura 4.6. Sonda endorettale multiplanare meccanica. Il piano di scansione può essere orientato manualmente dall’operatore per un arco di 360°. In base alle necessità si ottengono scansioni trasverse, longitudinali ed oblique. Figura 4.7. Sonda endorettale multiplanare “end fire”. I cristalli del trasduttore, a disposizione convessa, sono posizionati all’estremità della sonda. Il campo di vista del trasduttore è di circa 170°. Ruotando la sonda sul proprio asse si ottengono scansioni secondo i diversi piani per un arco di 360°. DIAGNOSTICHE mero e l’orientamento dei piani ricostruiti elettronicamente non è limitato, anzi si possono visualizzare piani non ottenibili con le scansioni standard; tra questi il piano più utile è la sezione coronale dell’intera prostata, perpendicolare alla direzione del fascio di ultrasuoni (Figura 4.8). Utilizzando l’acquisizione volumetrica è inoltre possibile la ricostruzione tridimensionale dell’intera prostata. Il suo significato clinico è ancora da dimostrare; potrebbe essere utile in pazienti con patologie complesse o inusuali, oppure per meglio documentare i rapporti tra prostata e pavimento vescicale nelle ipertrofie trilobari (Figura 4.9). I tempi necessari per la ricostruzione 3D sono ancora lunghi e ne riducono l’applicazione; è presumibile che gli sviluppi dell’elettronica, con processori a maggior velocità di calcolo, consentano nel prossimo futuro di ottenere la ricostruzione tridimensionale quasi in tempo reale. Caratteristiche delle sonde endocavitarie. Le sonde endorettali utilizzano trasduttori ad alta frequenza, da 6 a 8 MHz; tra breve saranno disponibili anche trasduttori a 10 MHz, pertanto con caratteristiche di risoluzione spaziale ancora superiori a quelle attuali. I trasduttori più sofisticati, grazie all’utilizzo di ceramiche in materiali compositi, sono a multifrequenza o a larga banda di frequenze; questo permette all’operatore di selezionare la frequenza di lavoro del segnale ultrasonoro adattandola alle diFigura 4.8. Ecografia transrettale 3D. Vengono mostrati contemporaneamente tre piani di scansione tra loro ortogonali: A) piano longitudinale B) piano trasversale C) piano coronale. I riferimenti (punte di freccia) in A) evidenziano i punti nei quali sono state ottenute le sezioni planari riformattate visualizzate in B) e C). In B) si documenta ipoecogenicità, da lesione neoplastica (frecce), della zona periferica di entrambi i lobi. La scansione coronale C) della prostata, impossibile da ottenere se non grazie alla riformattazione elettronica, in quanto perpendicolare alla direzione degli US, documenta in modo ottimale lo sconfinamento extracapsulare (frecce) nel tessuto adiposo periprostatico. 31 IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA verse caratteristiche costituzionali dei pazienti. Ottimizzando tale parametro di controllo è possibile privilegiare a seconda dei casi la maggior penetrazione del segnale o in alternativa la miglior risoluzione spaziale dell’immagine ecografica. Preparazione della sonda. Prima di ogni esame la porzione di sonda che deve essere introdotta nel retto viene ricoperta con un profilattico allo scopo di proteggerla dalla contaminazione, garantendo al paziente un’adeguata sicurezza. Per alcune sonde il profilattico ha anche lo scopo di migliorare l’accoppiamento tra la sonda stessa e la parete rettale; in questi casi la sonda è provvista di un sistema per riempire con acqua l’intercapedine tra la sua superficie ed il profilattico, evitando il ristagno di bolle d’aria che possono interferire con la trasmissione degli ultrasuoni180. Preparazione del paziente. Affinché l’esame possa essere eseguito agevolmente è opportuno che l’ampolla rettale sia libera da residui fecali. Qualora il paziente abbia difficoltà ad ottenere un’adeguata toilette intestinale è consigliabile una preparazione mediante supposta di glicerina o un piccolo clistere di pulizia. L’esplorazione rettale rappresenta una tappa obbligata e deve essere eseguita dall’ecografista preliminarmente all’esame ecografico endorettale. Ogni irregolarità di forma, volume, simmetria e consistenza della prostata deve essere successivamente confrontata con il quadro ecografico176. Conduzione dell’esame. L’esame viene eseguito generalmente in decubito laterale sinistro nella classica posizione di Sims (Figura 4.10). La posizione litotomica, meno diffusa, è utilizzata prevalentemente in ambiente urologico176. La sonda, adeguatamente lubrificata, viene introdotta nel retto sino Figura 4.9. Ricostruzione tridimensionale dell’intera prostata visualizzata con elaborazione per trasparenza. L’entità dell’estensione della lesione neoplastica rispetto all’intero volume prostatico è ben rappresentata dall’ipoecogenicità della zona periferica ghiandolare (frecce grosse). 32 in prossimità della loggia prostatica. L’ecografia transrettale dovrebbe essere sempre eseguita con sonde che consentano scansioni nei due piani ortogonali: trasversale e longitudinale. Non dovrebbero più essere utilizzate sonde monoplanari radiali o lineari181. Scansioni trasversali. Le scansioni trasversali servono ad evidenziare la conformazione anatomica della ghiandola attraverso una rappresentazione analoga a quella ottenibile mediante TC o RM. Sono le prime ad essere ottenute in quanto consentono di valutare la morfologia e la simmetria ghiandolare, rilevando inoltre eventuali lesioni laterali, non identificabili nelle scansioni longitudinali180,181. L’esame viene condotto con piani di scansione continui, dalla base ghiandolare sino all’apice, muovendo lentamente la sonda lungo il proprio asse (Figura 4.11). Vengono contestualmente valutate anche le vescicole seminali. Si procede inoltre al rilevamento del diametro trasverso massimo della ghiandola. Sezione longitudinale. La scansione longitudinale è particolarmente utile per lo studio dell’iperplasia prostatica benigna, specie nelle forme trilobari, oltre che nella valutazione dell’apice e della base prostatica nei casi di neoplasia. Si ottiene innanzitutto una scansione mediana utilizzando l’uretra come repere e si procede alla valutazione biometrica degli assi longitudinale ed antero-posteriore. Successivamente si studiano i due lobi con scansioni longitudinali progressive, ottenute ruotando la sonda in senso orario ed antiorario, dalla linea mediana sino al margine laterale ghiandolare181 (Figura 4.12). Figura 4.10. Posizione del paziente per ecografia transrettale. Il paziente viene posto in decubito laterale sinistro, a gambe flesse, nella classica posizione di Sims. La sonda viene introdotta nel retto dopo adeguata lubrificazione. CAPITOLO 4. METODICHE Anatomia ecografica normale Lo studio ecografico della prostata si basa sull’analisi morfologica e sulla valutazione anatomica della ghiandola. Il criterio di valutazione più avanzato segue il modello anatomico basato sul “concetto zonale” descritto da Mc Neal nel 1968182,183. Il “concetto zonale” di Mc Neal divide la prostata in tre zone ghiandolari (zona transizionale, zona centrale e zona periferica) e in una regione non ghiandolare (stroma fibromuscolare anteriore); l’uretra ed i dotti eiaculatori attraversano queste zone (Figura 4.13). Questo tipo di descrizione anatomica, che supera quella convenzionale “lobare”, indirizza l’operatore nella valutazione della ghiandola secon- DIAGNOSTICHE do concetti istologici. Ai fini della diagnostica per immagini la divisione zonale migliora l’identificazione delle alterazioni patologiche. Più recentemente Rifkin ha proposto un altro tipo di suddivisione della prostata utile ai fini della diagnostica per immagini184; semplifica il concetto anatomico “zonale” suddividendo la ghiandola in tre porzioni: interna, esterna ed anteriore. La porzione interna è composta da: a) fibre muscolari dello sfintere interno; b) dalla mucosa dell’uretra prostatica Figura 4.12. Ecografia endorettale: sezione longitudinale. I due lobi prostatici vengono studiati con scansioni longitudinali progressive, ruotando la sonda in senso orario e antiorario dalla linea mediana sino al margine laterale della ghiandola. Figura 4.11. Ecografia endorettale: sezione trasversale. L’esame viene condotto muovendo la sonda lungo il proprio asse per ottenere piani di scansione continui dalla base all’apice ghiandolare. Figura 4.13. Schema dell’anatomia prostatica secondo il concetto “zonale” di Mc Neal. A) sezione trasversale; B) sezione longitudinale; C) sezione coronale. Zona periferica (ZP); zona centrale (ZC); zona transizionale (ZT); zona fibromuscolare anteriore (ZFA); uretra (U); vescicola seminale (VS); dotto eiaculatore (D); veru montanum (VM). A B C VS VS VS D D ZC ZC ZC U ZT ZT ZT ZT VM U ZC ZP VM VM ZFA ZFA ZP ZP ZP U 33
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