Rivista Diocesana Novarese
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R ivista D iocesana N ovarese Bollettino Ufficiale per gli Atti del Vescovo e della Curia di Novara Sommario ANNO XC - Nº 3 - MARZO 2005 Il corpo dato e il sangue sparso Ritiro quaresimale del Clero a Boca 163 “Questa è la vita eterna” Omilia per mons. L. Giussani “in die septima” 166 Dove si generano nuovi cristiani Omilia “in die trigesima” della morte di Mons. Del Monte 168 Coltivare il senso di responsabilità I fidanzati intervistano il Vescovo 171 VISITA PASTORALE DEL BORGOMANERESE Incontri di Visita nelle Unità Pastorali di Borgomanero e di Gozzano 180 LA PAROLA Messaggio per la Giornata Mondiale per le Vocazioni 182 Lettera Apostolica ai responsabili delle comunicazioni sociali 185 Il rito del matrimonio 193 Programma del Congresso Eucaristico Nazionale 213 LA PAROLA DEL VESCOVO DEL PAPA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA 161 Preghiera di Adorazione eucaristica per le vocazioni in preparazione al Congresso Eucaristico 205 Giornata di Fraternità Sacerdotale 218 UFFICIO MISSIONARIO Veglia di preghiera per i missionari martiri 220 UFFICIO PASTORALE DEL LAVORO Presentazione del compendio della Dottrina Sociale della Chiesa 221 UFFICIO BENI CULTURALI Servizi offerti alle parrocchie 223 INFORMAZIONI A Lourdes con l’Oftal 224 Corso di rinnovamento spirituale per sacerdoti a Gerusalemme 225 Programma gestione parrocchiale “SIPA.net” 226 Dioecesis 228 Don Gaudenzio Fusi 230 Don Giovanni Fornaroli 232 UFFICIO LITURGICO UFFICIO IN DEL MEMORIA CLERO Ufficiale per gli Atti di Curia Attività Pastorali in Diocesi Direttore Responsabile Mons. Giuseppe Cacciami Amministrazione Stampa Diocesana Novarese S.r.l. Vicolo Canonica, 9/15 Novara, • Tel. 0321/611077 • C.C.P. n. 15682289 Reg.Tribunale di Novara n. 4 del 18-08-1948 Per abbonamento: CANCELLERIA CURIA DIOCESANA Via Puccini 11 - 28100 NOVARA • Tel. 0321/661.661 • Fax 0321/661.662 Copia distribuita solo in abbonamento ABBONAMENTO PER IL 2005 €. 40 IN COPERTINA: ULTIMA CENA di Gaudenzio Ferrari (1525 ca.) - DUOMO di Novara Gesù porge il pane eucaristico a Giuda, mentre gli apostoli sono turbati dall’annuncio del tradimento Edizione della Stampa Diocesana Novarese - Fotocomposizione in proprio Stampa - Tipografia San Gaudenzio - Novara 162 LA PAROLA DEL VESCOVO Il corpo dato e il sangue sparso Adorazione eucaristica nel contesto del Ritiro quaresimale del Clero presso il Santuario di Boca 25 febbraio 2005 Vorrei che questo ritiro spirituale ci aiutasse a rendere fruttuoso l’«anno dell’Eucaristia» accogliendo con generosità gli inviti espressi dal Papa quando, nell’autunno scorso, lo propose a tutta la Chiesa cattolica. Gli auspici erano i seguenti: che l’Eucaristia continui a risplendere in tutto il fulgore del suo mistero; che si valorizzi, in questi mesi, l’occasione preziosa per una rinnovata consapevolezza del tesoro incomparabile che Cristo ha affidato alla sua Chiesa; che in tutte le nostre parrocchie si coltivi una celebrazione viva e sentita, dalla quale scaturisca un’esistenza cristiana trasformata dall’amore; che noi tutti riconosciamo nell’Eucaristia la radice e il segreto della vita spirituale dei fedeli, come anche di ogni iniziativa delle varie Chiese particolari sparse nel mondo (cfr EdE, 10; MDM, 5). Nel ritiro di oggi possiamo compiere una verifica su quanto queste indicazioni già trovano espressione nel nostro impegno pastorale; e possiamo esprimere qualche opportuno proposito per i prossimi mesi. 1. Il corpo e il sangue Vorrei dare evidenza alla celebrazione del sacrificio di Cristo: quello che venne compiuto da Gesù sulla croce e che ha trovato la sua anticipazione durante l’ultima cena. Il racconto evangelico mette sulla bocca di Gesù il riferimento al «corpo dato» e al «sangue sparso». Così si compì la “nuova ed eterna alleanza” (cfr Vangeli sinottici con il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia; Paolo in 1 Cor 11,23-34; 2 Cor 3,6; Gal 4,24; Ebrei, capitoli 8-9). Nell’anno del Giubileo, Giovanni Paolo II ha avuto la possibilità di celebrare l’Eucaristia nel Cenacolo. Paolo VI, nel pellegrinaggio compiuto nel 1964, non potè che pregare sulla nuda terra. La celebrazione della Santa Messa, da parte di Giovanni Paolo II, è stata dunque un’eccezione alla regola. Celebrando con evidente soddisfazione, insieme con altri Vescovi, in quel luogo così carico di memoria, egli disse: “In un certo senso, Pietro e gli Apostoli, nelle persone dei loro successori, sono tornati nella sala superiore, quella appunto, nella quale Gesù mangiò la sua ultima Pasqua”. Con questa gioia nel cuore il Papa ha poi parlato dell’Eucaristia. Due parole stavano in particolare evidenza in quel discorso: corpo e sangue. *** Ha commentato anzitutto le parole che ritroviamo nel racconto della prima lettera ai Corinti: “Questo è il mio corpo” (1 Cor 11,24). Sono le stesse parole che il sacerdote ripete nel momento culminante della celebrazione eucaristica, con la preghiera del canone: “Prendete e mangiate: questo è il mio corpo”. Il riferimento al corpo 163 LA PAROLA DEL VESCOVO conduce il Papa a pensare all’avvenimento che dà inizio alla vita di Gesù e a quello che la conclude, al mistero dell’Incarnazione e a quello della crocifissione, al corpo ricevuto da Maria e a quello offerto sul Calvario. Egli cita la lettera agli Ebrei, là dove si mette sulle labbra di Cristo questa preghiera: “Tu non hai voluto né sacrifici né offerta. Un corpo invece mi hai preparato. Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10,5-7). Commenta il Papa: “Nell’incarnazione, il Figlio di Dio è diventato uomo e ha ricevuto un corpo nella Vergine Maria. Nella notte prima della sua morte dice ai suoi discepoli: «Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi»”. *** Nella celebrazione eucaristica vissuta nel Cenacolo il Papa ha poi fatto eco alle altre parole di Paolo ai Corinti: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue” (1 Cor 11,25). Lo ha fatto citando ancora il canone eucaristico: “Questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza; versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me”. Qui il riferimento dominante è al sangue. Questo termine, che già al Sinai indicava per gli ebrei la sede della vita e che dà evidenza per loro e per tutti noi ai drammi della storia umana, conduce il Papa, celebrante nel Cenacolo, a ricordare la forza della salvezza che si racchiude nella passione e morte di Gesù. Con le parole della liturgia si rivolge a Gesù, dicendo: “Tu ci hai redenti con la tua croce e la tua resurrezione. Salvaci, o Salvatore del mondo”. E aggiunge: “In ogni Santa Messa, proclamiamo questo mistero di fede, che per duemila anni ha sostenuto la Chiesa mentre compie il suo pellegrinaggio tra le persecuzioni e le consolazioni di Dio, proclamando la croce e la morte del Signore fino a quando verrà” (cfr LG, n. 8). Forse è il caso di notare che la benedizione sopra il calice, mentre dice esplicitamente che è “il sangue dell’alleanza”, sembra esprimere una proposta molto più forte rispetto a quanto viene detto nel libro dell’Esodo. Nell’ultima cena si dice che occorre “bere”. “Aspergere” il sangue sull’altare e sul popolo, come avvenne al Sinai, ha un grande significato non soltanto di purificazione ma anche di comunione, e tuttavia “bere” indica quanto questa comunione può diventare profonda. Va poi ricordato un altro verbo, “versare”, riferito ancora al sangue che certamente indica la morte violenta di Gesù e, in maniera ancora più profonda, il suo sacrificio, l’obbedienza che egli realizza e la comunione che manifesta nei confronti del Padre: un culto spirituale e non semplicemente rituale. 2. Chiamati alla “consegna” di noi stessi Quanto ho accennato fin qui ci chiama in causa personalmente, anche perché noi siamo coloro che presiedono la celebrazione dell’Eucaristia. Si tratta di una cena, ma della cena del Signore; di un gesto di ubbidienza della Chiesa al comando del Signore; ci è richiesta l’accoglienza di un mistero che accade; presiediamo una celebrazione molto concentrata sulla consegna di sé da parte del Figlio di Dio. Noi pastori dovremo molto meditare questo mistero del “consegnarsi” totalmente da parte di Gesù al Padre per la nostra salvezza. Lo dobbiamo fare anche perché talvolta corriamo il rischio di lasciarci distrarre, persino durante la celebrazione eucaristica, dalle “cose da fare”, oppure da un programma da realizzare (magari ottimo) che vogliamo comunicare ai fedeli. Molte circostanze concrete e un diffuso 164 LA PAROLA DEL VESCOVO modo di pensare, che può raggiungere anche noi, ci possono talvolta distogliere da questa lettura essenziale della celebrazione. E invece la celebrazione eucaristica è estremamente concentrata sul consegnarsi, da parte del Figlio di Dio, al Padre per la nostra salvezza. Chiede dunque, per essere ben celebrata, il nostro “consegnarci” a Dio perché la nostra vita nel suo insieme esprima, dal mattino alla sera, tale “consegna”. Va approfondito, in modo particolare, un punto: occorre cioè comprendere debitamente in quale modo la celebrazione agisce su di noi. Voglio dire che la celebrazione può condurci a fare questo o quel proposito pratico, ma l’obiettivo vero al quale guardare è più segreto e disteso nel tempo. Il mistero che celebriamo nell’Eucaristia agisce su di noi al modo delle radici: fa salire nella nostra esistenza quotidiana la linfa di Cristo sacrificato per noi, plasmando così, dentro di noi, orientamenti di fondo ispirati al suo dono totale di sè. È questa plasmazione ciò che dobbiamo desiderare e coltivare in ogni celebrazione (cfr Giovanni Moioli, Il Salvatore divino, pag. 31-38). Conclusione Lascio la conclusione a una bella, ma esigente preghiera di Antonio Rosmini. Egli la propose ai membri dell’Istituto di Carità perché la esprimessero sull’inizio di ogni giornata come offerta del proprio sangue. “Mi prostro davanti a te, amorosissimo mio Dio, ti adoro profondamente e mi consacro interamente alla tua gloria. Disponi pure di me come più ti piace, perché non ho altro desiderio che compiere perfettamente la tua Volontà. Con tutta la fiducia nella tua Bontà infinita e nella Grazia del tuo amatissimo Figlio Gesù io mi offro a ricevere dalle tue mani qualunque genere di sofferenza e a sacrificare per tuo amore e per la salvezza delle anime, il sangue e la vita. Signore, accetta la mia offerta unita a quella del tuo divin Figlio Gesù, quando sulla croce ti offrì il suo preziosissimo Sangue e sacrificò la sua santissima Vita. Guarda in volto a questo tuo amatissimo Figlio, e per l’amore che gli porti, gradisci anche me, tuo servo indegno. Quanto sarei felice se mi fosse concesso di versare il mio sangue e di sacrificare la mia vita per confessare e praticare anche una sola delle verità che ci ha insegnato il tuo Figlio divino! Accendimi sempre più dell’amore di questo sacrificio, e fa’ che io diventi realmente una vittima perfetta di carità. Mi raccomando a te, Regina dei Martiri o dolcissima Madre mia Maria. Ottienimi la Grazia di partecipare degnamente alla Passione e Morte del tuo divin figlio. Amen”. 165 LA PAROLA DEL VESCOVO “Questa è la vita eterna” Omilia per monsignor Luigi Giussani “in die septima” Novara, Cattedrale, 1 marzo 2005 Saluto voi tutti. Celebro volentieri con voi la S. Messa “in die septima” per mons. Luigi Giussani. Mentre prego per lui, questo è un momento favorevole a ciascuno di voi perché rinnoviate la disponibilità e la decisione a far fruttificare nel tempo, lungo tutta la vostra vita, il dono di grazia che, attraverso di lui, il Signore ha fatto giungere al vostro cuore. Mi unisco a voi perché, là dove c’è un “carisma” dato dallo Spirito Santo, esso, come ci ricorda l’apostolo Paolo, è dato “per il bene comune”, e cioè in favore del cammino di tutta la Chiesa. Quando mi interrogo sugli aspetti fondamentali di questo carisma, mi trovo a pensare che lo caratterizza in modo speciale la rilevanza, e anzi la centralità, data al mistero dell’incarnazione: quell’avvenimento attraverso il quale Dio, come scrive Ireneo, Dio si è fatto partecipe di tutta la vita dell’uomo, tranne il peccato, perché l’uomo partecipasse alla vita di Dio”. E’ questo pensiero che mi ha condotto a scegliere, come letture di questa celebrazione, la prima pagina della prima lettera ai Corinti e un passo del Vangelo secondo Giovanni al cap. 17. 1. Scrive l’apostolo Paolo: “Voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione perché, come sta scritto: Chi si vanta, si vanti nel Signore”. Nulla di ciò che qui viene detto di Cristo e di ciò che egli ha fatto in nostro favore sarebbe possibile alle sole nostre forze e alla nostra buona volontà. E’ lui la sapienza, non noi. Senza di lui, che cosa sapremmo del senso della vita e del destino dell’uomo? Ma, per grazia, noi siamo sapienti perché “abbiamo il pensiero di Cristo”. E’ lui la giustizia e la santificazione per noi. Noi non siamo i salvatori di noi stessi. Ma, grazie a lui, tutta la nostra vita viene salvata dall’amore di Dio che ci protegge come il bambino non ancora nato è protetto e cresce nel grembo della madre. E’ lui la nostra redenzione: siamo stati comprati a prezzo del suo prezioso sangue. Davvero un caro prezzo. Per le sue piaghe – scrive l’apostolo Pietro – siete stati guariti. Sono mille le schiavitù che ci possono incatenare. Cristo è il liberatore. Come scrive Paolo ai Galati: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi”. E come dice 166 LA PAROLA DEL VESCOVO Agostino commentando la pagina delle tentazioni di Gesù nel deserto: “Egli ci ha come trasfigurati in sé, quando volle essere tentato da Satana. In Cristo eri tentato anche tu. Se siamo stati tentati in lui, sarà proprio in lui che vinceremo il diavolo” (Uff. delle Letture, Prima domenicadi Quaresima). Persuaso che Cristo è per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, giustamente don Giussani non vi ha parlato che di Cristo. E proprio in questo modo, da questa profondità vi ha parlato dell’uomo e del mistero di grazia che ne costituisce la sua vocazione grande e vera. 2. Se poi ci soffermiamo sulla pagina del Vangelo secondo Giovanni, quella che raccoglie il testamento di Gesù, non possiamo non leggere con stupore queste parole: “Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo”. La rivelazione portata da Gesù illumina e rinnova il nostro sguardo sull’intera esistenza. Permette di parlare non solo della vita, ma della “vita eterna”. Come diceva S. Atanasio, per colui che è in Cristo Gesù, morto e risorto per noi, la morte “è come una fogliolina secca sul fuoco”, e cioè nulla. E’ ciò che Gesù lasciava intuire alla donna samaritana quando le diceva (e l’abbiamo sentito nella liturgia di ieri, Terza domenica di Quaresima): “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice; “Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva”. E aggiunge poi : Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete; anzi, l’acqua che io gli darò, diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”. Gesù Cristo non soltanto ci disseta, ma diventa sorgente dentro di noi: una sorgente che, essendo divina e frutto di amore, è inesauribile. Tutto questo, in germe, è già realtà. La pienezza non c’è ancora, ma verrà. Don Giussani vi è già stato ammesso insieme con Maria, gli apostoli, i martiri, i santi. Ma a causa di ciò che già abbiamo ricevuto, noi siamo “beati”: uomini e donne che conoscono la felicità. *** Ieri la Liturgia delle Ore, nell’Uff. delle Lett (Terza settimana di Quaresima, lunedì) ci proponeva una bellissima pagina di S. Basilio. Ho annotato alcune parole che vi dono come consolazione in un momento nel quale non mancano tristezza e lacrime: “La grandezza dell’uomo, la sua gloria e la sua maestà consistono nel conoscere ciò che è veramente grande, nell’attaccarsi ad esso e nel chiedere la gloria dal Signore della gloria” (Omilia 20 sull’umiltà, cap.3). Non è quello che vi ha insegnato don Giussani? Sia dunque gioia nel vostro cuore e pienezza di speranza. Coraggio e gratitudine. 167 LA PAROLA DEL VESCOVO Dove si generano nuovi cristiani Omilia in “die trigesima” dalla morte di Mons. Aldo Del Monte Intra, San Vittore, 16 marzo 2005 Un mese fa, celebrando i funerali in cattedrale e poi anche all’Isola di San Giulio, abbiamo salutato con grande affetto Mons. Aldo Del Monte. Volentieri sono venuto qui a san Vittore per rinnovare con voi la nostra gratitudine a questo Vescovo che per due decenni ha guidato la nostra Chiesa, per pregare per lui, per rinnovare l’impegno a far tesoro della sua eredità. Ho scelto, per questa celebrazione, due pagine bibliche che parlano della Chiesa (1 Cor 4-11; Mt 16,13-19). L’ho fatto perché proprio il mistero divino e umano della Chiesa è stato costantemente in primo piano nelle parole e negli scritti di Mons. Del Monte. Vorrei lasciar svolgere da lui l’omilia. Ho preso in mano le sue Lettere Pastorali e mi sono soffermato in particolare su quella che ha per titolo La Chiesa Madre. È del 1976-77. La seconda parte è dedicata ai vari “luoghi” – più umani che topografici – della generazione di nuovi cristiani, dell’esprimersi della Chiesa come “madre” di nuovi figli: quelli che “non da carne e da sangue, ma da Dio sono nati” (cfr Gv 1,13). Questa infatti è la vocazione fondamentale della Chiesa. Il Vaticano II ne parla nel capitolo che la Lumen gentium ha dedicato a Maria: “La Chiesa, contemplando l’arcana santità di Maria, imitandone la carità e adempiendo fedelmente la volontà del Padre, per mezzo della Parola di Dio accolta con fedeltà diventa essa pure madre, poiché con la predicazione e il Battesimo genera a una vita nuova e immortale i figli, concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio” (n. 64). Quali sono dunque i luoghi che visibilizzano la maternità della Chiesa? Raccolgo alcune delle risposte offerte da Mons. Del Monte. La trama meravigliosa Egli si rivolge a tutti i battezzati. Li vede così: “Una trama meravigliosa di persone libere e pensanti, portanti dentro di sé il seme della stessa Parola, animate dallo stesso spirito e in crescita verso la pienezza di Cristo. Nessuno è sostituibile all’altro, e tuttavia tutti sono legati tra di loro da scambi, vincoli e comunicazioni spesso invisibili e segrete, per nascere, nutrirsi, vivere e generare spiritualmente” (n. 34). Ricorda santa Teresa di Gesù Bambino, notando che quanto avvenne attraverso di lei, semplice monaca, può avvenire attraverso ogni cristiano. Anzi, è proprio questo che ogni vero cristiano, a cominciare dai papà e dalle mamme, deve desiderare. 168 LA PAROLA DEL VESCOVO La nervatura essenziale Si rivolge, in particolare, alle famiglie, chiamandole la “nervatura essenziale della comunità cristiana” (n. 41): un modo bellissimo di chiamare la famiglia. Osserva che “il problema della famiglia nella Chiesa, riempie tutti di trepidazione”. Ma si domanda: “Chi aiuta i genitori ad aggiornare la propria fede e a incanalarla nella realtà delle situazioni moderne, in modo tale da diventare persuasivi presso i propri figlioli travolti dall’attuale terremoto culturale?” (n. 42). Di qui un invito pressante rivolto ai sacerdoti: “C’è da coinvolgere i genitori nella diretta educazione dei figli, specialmente della loro educazione religiosa, che non può fare a meno della presenza attiva dei genitori. È in quest’opera specifica di trasmissione della fede alle nuove generazioni, che i sacerdoti, i parroci in modo particolare, scoprono come una segreta parentela spirituale con le famiglie” (n. 43). Nessuna genericità con i giovani Si rivolge anche alle realtà dell’associazionismo cristiano, e lo fa in tempi difficili (non dimentichiamo che la Lettera Pastorale a cui faccio riferimento è del 1976). In termini forti rimarca alcune condizioni necessarie perché adolescenti e giovani, partecipando ad un’esperienza comunitaria cristiana, vengano da essa aiutati a crescere come figli di Dio: “La prima è che sia veramente disponibile al puro seme della parola evangelica, trasmesso da tutta la Chiesa in piena comunione con i pastori ed il loro magistero. Senza il carisma proprio dei pastori, la parola facilmente si inquina e diventa sterile. La seconda è che questa parola cresca attraverso la grazia di tutti i sacramenti, in modo particolare dell’Eucaristia, dove ogni membro della Chiesa cresce come parte viva dell’unico corpo di Cristo. Ci può essere pluralità di scelta nell’applicazione della parola alle varie situazioni storiche, ma ogni pluralità è legittima solo se non rompe la comunione ecclesiale e pastorale, altrimenti, mentre la comunità costruisce, il gruppo distrugge. La terza è questa: la carità che sgorga dall’Eucaristia non deve ridursi a semplice filantropia sociologica, ma deve crescere come espressione del più grande precetto dell’amore” (n. 36). In rapporto a un valido cammino delle associazioni cattoliche chiede ai sacerdoti di “evitare ogni genericità nell’avvicinare i giovani perché essa è fonte di ambiguità”. Aggiunge: “Presentate integralmente ed efficacemente il messaggio di Cristo: è anche per loro il segreto più affascinante”. Mi sembra da meditare ampiamente questo richiamo ad evitare la genericità con i giovani. L’incontro della comunità con il soffio dello Spirito Il Vescovo parla anche della Vita Consacrata affermando che “nella trama di grazia che compagina organicamente la Chiesa locale, le comunità di religiosi e religiose costituiscono il vertice dell’incontro delle comunità con il soffio dello Spirito che dà la vita. Delle comunità esse fanno parte, le rappresentano, si mettono a loro servizio, le ravvivano, sono l’espressione più concreta della nuzialità della Chiesa con il Cristo” (n. 38). Di qui l’invito, sempre attuale, perché tutti i membri della Chiesa, dai Vescovi ai più umili fedeli, “rinnovino la stima e la fede nel carisma della verginità come la più cospicua parentela ecclesiale all’azione vivificante dello Spirito. Di qui la necessità di parlare con più frequenza e con più fiducia della vocazione religiosa” (n. 40). 169 LA PAROLA DEL VESCOVO Quale comunità parrocchiale? Con riferimento alla parrocchia, illustra con ampiezza in che modo essa può diventare una comunità feconda. Lo sarà se sarà una vera comunione fraterna; se sarà una comunità che prega; se sarà una comunità che lotta contro il male e costantemente si converte; se affronta la croce, che sempre la vita comporta, insieme con Gesù crocifisso che, proprio per quella via, dona la salvezza; se prende il volto missionario di una Chiesa che testimonia il Vangelo e lo annuncia (cfr. nn. 4450). Sono indicazioni che io stesso ho ripreso nella Nota Pastorale Ecclesia Mater (1992, pp. 67-78), dedicata a offrire indicazioni utili per formulare un valido progetto pastorale parrocchiale. Mi sono lasciato ispirare, come mi sembra abbia fatto anche Mons. Del Monte, da alcune pagine di padre Y. Congar il quale, con riferimento alla pastorale come luogo dell’esprimersi della maternità della Chiesa, propone “un rinnovamento che, dal di dentro e a partire dal fondo, forma, al livello delle radici e dell’orientamento fondamentale, la nostra concezione della vita pastorale della Chiesa”. È proprio a partire da qui – aggiunge – che per una logica profonda, che trascende ogni programma formulato o formulabile, le maniere di fare ciò che noi facciamo si illumineranno e si orienteranno in una maniera nuova (predicazione, celebrazione liturgica, accompagnamento delle anime, amministrazione delle parrocchie, o direzione di gruppi). Per questa via, e solo per questa, avverrà una conversione: “Non per modi di programma, ma attraverso un irradiamento insensibile e progressivo, a partire da una nuova visione interiore”. Credo che ci sia sempre bisogno di questa conversione della pastorale a partire da quanto di più profondo vi è nella natura del mistero della Chiesa. *** Mons. Del Monte chiede dunque a tutti i membri della Chiesa, naturalmente anche a se stesso e a tutti i sacerdoti (cfr nn. 57-64), di esprimere, ciascuno secondo i propri doni e la sua responsabilità, la Chiesa madre. In verità, credo proprio che non vi sia nulla di più importante (oggi come ieri) che la Chiesa divenga strumento docile dello Spirito Santo perché i figli degli uomini divengano figli di Dio. È un compito che guiderà con sicurezza e sapienza tutto il lavoro educativo e pastorale nella nostra Diocesi. Tale lavoro sarebbe inevitabilmente impoverito e tradito se non fosse pensato e attuato come contributo alla fecondità della Chiesa. Penso perciò che il ricordo di Mons. Del Monte e del suo magistero diventa per noi un forte stimolo e incoraggiamento a dedicarci a ciò per cui la Chiesa è stata voluta dal Signore. Diventa anche un delicato invito (delicato come era Mons. Del Monte) a un esame di coscienza personale e comunitario. La celebrazione che stiamo vivendo può essere il momento per farlo. 170 LA PAROLA DEL VESCOVO Coltivare il senso di responsabilità I fidanzati intervistano il Vescovo Borgomanero, 13 marzo 2005 1. Sposarsi in Chiesa significa in certo senso rimanere nella Chiesa. Ma la vita quotidiana di lavoro, gli impegni di famiglia e tante altre occupazioni e preoccupazioni ci spingono nei nostri ambiti privati e spesso anche nella nostra solitudine. Come mantenere i collegamenti con la Chiesa? La domanda va spinta anche più avanti: come tenere i collegamenti con il Vangelo, con la fede, con Gesù Cristo? Va fatto perché le occupazioni e preoccupazioni dei cristiani laici possono portare altrove e far pensare o dire che il Vangelo è bello, anzi bellissimo, ma negli ambiti della vita quotidiana, con la logica del mondo che ci avvolge, il posto per il Vangelo non c’è. Ma il Vangelo è destinato alla vita dell’uomo concreta e reale, singolarmente considerato e considerato anche dentro il contesto sociale e culturale. Ha questa destinazione perché il cristianesimo è Dio fatto uomo per illuminare e salvare tutta la vita dell’uomo. Ai cristiani laici è data una responsabilità straordinaria: di essere luogo della sintesi tra il Vangelo e la vita di tutti i giorni; di essere sale e luce dentro l’umano di ogni giorno. E del collegamento con la Chiesa? Fate bene a porre la domanda e io la raccolgo anzitutto pensando a quello che la Chiesa, e in particolare le nostre parrocchie, sono chiamate a fare per tenere contatti con voi. La Parrocchia è chiamata ad essere “la Chiesa che vive tra le case della gente”, e ciò comporta l’attenzione a tutte le età, dai bambini ai nonni. Comporta, in particolare, l’attenzione ai giovani negli anni nei quali maturano gli orientamenti fondamentali per il loro futuro. E dunque, l’attenzione a voi soprattutto nel tempo in cui si entra nella professione e si matura la decisione di sposarsi. Affetti e lavoro sono due capitoli essenziali per la vita di un giovane perché lo toccano in profondità. A questo vostro cammino deve essere attenta la Chiesa: un compito arduo, ma doveroso e appassionante. Mi resta da aggiungere che anche voi avete la vostra parte da fare. Forse lungo l’adolescenza molti di voi hanno perso i contatti con la Chiesa. Per alcuni di voi il corso prematrimoniale è forse l’occasione provvidenziale per ritessere i rapporti con una comunità cristiana. Come dimenticare peraltro che è Gesù ad aver istituito la Chiesa, chiamando attorno a sé i discepoli e facendoli diventare una comunità? Come non tenere conto 171 LA PAROLA DEL VESCOVO che, già dal Battesimo, veniamo introdotti in questa comunità e che, lungo la storia, i discepoli del Signore sono la fondamentale “memoria vivente” del Signore? Come dimenticare che la fede cristiana, mentre chiama in causa la libertà di ciascuno, è un’esperienza comunitaria? Queste domande dicono che non si può scindere Cristo dalla Chiesa. Di qui il mio suggerimento: coltivare una buona e schietta relazione con qualche cristiano significativo; confrontarsi apertamente con qualche coppia di fidanzati o di giovani sposi cristiani; affrontare con loro tutte le questioni che vi toccano in profondità; rileggere con loro, o con un piccolo gruppo, o con la stessa comunità parrocchiale il Vangelo e le parole di vita che vi offre, soprattutto partecipando alla santa Messa nel “Giorno del Signore”. Di certo, mettendovi su questa strada, sarete molto aiutati a vivere, e soprattutto ad affrontare i momenti cruciali dell’esistenza: quelli che non mancano per nessuno. 2. Molte coppie arrivano oggi al matrimonio in Chiesa dopo anni di convivenza. I motivi di queste convivenze sono diversi: spesso gioca anche la paura e l’incertezza sul matrimonio per sempre. Ora che stiamo per sposarci, la Chiesa come ci giudica e come possiamo vincere la paura e guardare avanti con fiducia? Sono contento di affrontare questo problema: è sostanzialmente molto recente, ma coinvolge ormai molti giovani. Aggiungo subito che non intendo giudicare la situazione spirituale intima di nessuno: è Dio che solo conosce fino in fondo il cuore dell’uomo; da lui dobbiamo lasciarci giudicare. Ma credo sia importante analizzare i motivi di questa scelta. È stata ricordata la paura e l’incertezza sul matrimonio per sempre. Intravedo anche altre possibili cause. Una consiste nel giudicare irrilevante l’aspetto istituzionale del matrimonio: è un fatto del tutto privato, e basta! Vi sono certamente anche altre motivazioni possibili, che vanno dalla difficoltà di ordine economico alla maniera stessa di concepire la relazione uomo-donna e di intendere il peso, la nobiltà e la complessità del linguaggio della sessualità. Se voi mi chiedete come guardare avanti con fiducia, vi rispondo soprattutto in un modo: coltivate il senso di responsabilità. Ciò significa rendere possibile all’altro/a di pensare e dire: “Mi fido di te; ritengo di potermi affidare a te; sono certo/a che tu non ti prendi gioco di me; capisco che mi rispetti e che questo atteggiamento non è né formale né strumentale”. Naturalmente occorre essere realisti. Il senso di responsabilità matura esercitandolo nelle “piccole grandi cose” di ogni giorno, mantenendo la parola, parlando e agendo nella sincerità, allenandosi al sacrificio e anche a qualche rinuncia che l’attenzione all’altro ti chiede (e l’«altro» sarà domani un figlio: già oggi sei dentro a un «noi»; domani ancor più). Il realismo chiede che non si tratti mai alla leggera una relazione che, di fatto, è più importante di ogni altra e che, per di più, è sempre delicata come i petali di un fiore. Perciò la responsabilità è destinata a diventare la bussola per ogni giornata, dal mattino alla sera e impegno a camminare senza inge- 172 LA PAROLA DEL VESCOVO nuità dentro a circostanze previste e spesso impreviste, che chiedono la tua presa di posizione e che potrebbero anche trascinarti per vie non buone; facili, magari, ma non vere. Il senso di responsabilità e l’aiuto di Dio, ti permettono di dire (certo, con coraggio) nel giorno del matrimonio: “Puoi fidarti di me, nella buona e nella cattiva sorte. La stessa cosa io penso di te”. 3. Abbiamo riflettuto sui molti problemi che una giovane coppia si trova a dover affrontare nel momento in cui decide di sposarsi: difficoltà soprattutto economiche e lavorative. Cosa fa e cosa può fare la Chiesa novarese, come istituzione, per offrire un concreto aiuto? Mi viene alla mente una coppia, ormai anziana, di sposi incontrati nella Visita Pastorale in Valsesia. Anno del matrimonio: 1945. Chiesi: “Come vi trovavate, quanto a possibilità economiche, in quel momento?”. Risposta: “Non avevamo nulla, tranne la fede in Dio e il nostro amore”. Altri tempi, si dirà. E in effetti è così: un contadino povero, un lavoro e una casa ce l’ha. Altri tempi anche da un altro punto di vista: ci si accontentava di poco, non si spendeva un patrimonio per arredare la casa che spesso era la stessa casa paterna. Oggi chi non ha il lavoro ed è in una casa di affitto si trova in grave difficoltà. Avviene per le coppie giovani, ma non solo per loro. La situazione occupazionale attuale è veramente difficile. Recentemente ho partecipato a diverse riunioni dedicate alla “Bemberg”, un’azienda che ha una storia importante e che ha dato fin qui lavoro a moltissime famiglie. Ho voluto ascoltare la voce del sindacato, ho incontrato i responsabili dell’impresa, ho sollecitato le istituzioni civili, in particolare la Provincia, ho dialogato con l’Associazione Industriali, ne ho fatto parola a chi collabora con il Ministero delle Attività Produttive. Il problema è complesso. Spero che si arrivi a qualche buon risultato, per quanto difficile da ottenere, come emerge in questi stessi giorni. In questi anni sono stato vicino anche a qualche altra situazione critica. Ricordo il caso della SISMA di Villadossola. Evidentemente il Vescovo non ha gli strumenti per risolvere i problemi industriali. Tuttavia credo che una vicinanza della Chiesa nei momenti più difficili e la sollecitazione delle varie parti sociali sia da incoraggiare e trovi stima. La vostra domanda fa pensare a diversi fronti dell’azione: quello del costo della casa, quello del prezzo degli affitti, quello dei mutui bancari, quello delle regole commerciali. Su tutto questo la Chiesa non ha voce in capitolo in maniera diretta. Ma ci sono strade utilmente percorribili: la sollecitazione rivolta ai Comuni e alle Province sulla politica della casa e la regolamentazione degli affitti; la collaborazione di Associazioni (come le Acli) particolarmente sensibili in questo campo e che cercano di fare opinione e di svegliare l’attenzione di tutti sulle difficoltà delle giovani coppie; l’impegno dell’«Ufficio Diocesano per i problemi sociali e il lavoro» che, in nome della Diocesi, segue la situazione generale e le emergenze che si presentano, evidenziando i richiami etici che debbono guidare la politica del lavoro e della casa. 173 LA PAROLA DEL VESCOVO La domanda che oggi mi rivolgete diventa comunque stimolo per me, come Vescovo, a tenere sempre in evidenza il problema e a sollecitare, in tutte le sedi possibili, l’attenzione che vi si deve. 4. Per un cristiano oggi, qualunque scelta politica sembra compromet tente. Da un lato proviamo disagio davanti alla scelta elettorale, dall’altro sentiamo l’urgenza di un impegno costruttivo. Con quale scelta concreta possiamo esprimere questo stato d’animo? Certo la politica è compromettente. Ma non lo è solo da oggi: lo è sempre stata. Del resto anche l’economia è compromettente, la scienza lo è, i mass media lo sono. Una cosa è certa: soprattutto per voi, cristiani laici, occorre entrare in questo areopago. Le modalità sono molte. In questo momento ne ricordo due. La prima consiste nell’impegno politico diretto. Chiunque di voi lo voglia affrontare, trova il mio incoraggiamento. Ad una condizione: che non ci si improvvisi, ma si faccia un lavoro sodo di formazione etica e anche “professionale”. A un’altra condizione: che non lo si faccia mirando alla carriera, ma al servizio, guidati non dall’ideologia, bensì dal bene comune, da equità e da verità. C’è molto bisogno di giovani che facciano politica. La Pira è divenuto santo facendo il sindaco di Firenze ed il deputato al Parlamento italiano. Una seconda modalità è quella a cui è chiamato ogni cittadino, specialmente in occasione delle elezioni. Voi avete manifestato, a questo riguardo, due sentimenti: il disagio davanti alla scelta, l’urgenza di un impegno costruttivo. Due sentimenti che sembrano entrare in collisione. Come disinnescare la miccia? Un modo concreto è quello di informarsi sulle persone candidate: sulla loro competenza e la loro limpidezza sul fronte della responsabilità pubblica. Un altro modo riguarda la formazione politica: qual è il loro programma? Quali sono gli orientamenti e la spinta propulsiva che intendono dare al lavoro amministrativo o legislativo? Con la voce di Giovanni Paolo II, al Convegno ecclesiale di Palermo (1995), la Chiesa ha richiamato all’attenzione di tutti, e in particolare dei credenti, “i principi della dottrina sociale della Chiesa sulla persona e sul rispetto della vita umana, sulla famiglia, sulla libertà scolastica, la solidarietà, la promozione della giustizia e della pace. La potestà legislativa di cui godono i consigli regionali su materie anche molto importanti rendono questa attenzione particolarmente necessaria”. 5. Partecipando al “corso” di preparazione al matrimonio ci siamo resi conto di quanto i mass-media e la società in genere, influenzino le nostre decisioni e non ce ne rendiamo neanche conto. Ad esempio abbiamo scoperto che ciò che conoscevamo sui metodi naturali non era corretto. È vero che ciò dipende da una scarsa preparazione di chi dovrebbe proporli (ad esempio i ginecologi), dalla presenza di pochi insegnanti di metodi naturali, ma forse dipende anche dal fatto che la Chiesa fa sentire poco la sua voce in merito (sembra che alcuni sacerdoti abbiano timore di affrontare questo tema). Che cosa può suggerire alla nostra Diocesi ed in particolar modo a noi giovani affinché in un prossimo futuro ci sia un’informazione più corretta? 174 LA PAROLA DEL VESCOVO Mi fa piacere il giudizio positivo sui corsi di preparazione al matrimonio e ringrazio chi, non senza fatica, se ne fa carico cercando di svolgerli illuminando veramente le coscienze e coinvolgendo nella riflessione i giovani presenti. È anche vero che il condizionamento dei mass-media è molto forte. I momenti di incontro in preparazione al matrimonio, possono, in questo senso, essere degli autentici momenti di verità e di libertà. Il silenzio assoluto dei mass-media sui metodi naturali è un caso concreto per misurare in quale contesto culturale ci troviamo. Credo che questo contesto pesi negativamente sui diversi soggetti coinvolti, a vario titolo, nella formazione dei futuri sposi e delle giovani coppie. Può pesare sui medici ginecologi, sospinti a non approfondire il tema o a non parlarne. Può pesare anche sul contesto ecclesiale, facendo pensare che la proposta sia troppo controcorrente e che, perciò, non sia il caso di parlarne con coraggio e fiducia. Vorrei, in questo momento, ringraziare chi, nella nostra Diocesi, si fa carico di sviluppare il tema dei “metodi naturali” con competenza e chiarezza. Vorrei anche dire che vi può essere interesse per questo tema là dove la sessualità non è ricondotta alla semplice istintualità e dove la virtù cardinale della temperanza, nel cui quadro sta anche la castità, non viene disprezzata come proposta morale risibile per i nostri tempi. La domanda su quanto intende fare la nostra Diocesi a questo riguardo in futuro, mi porta a incoraggiare che in tutti i corsi per fidanzati si illustrino i “metodi naturali” e, ancor prima, che con gli adolescenti e i giovanissimi si affronti il tema della sessualità mostrando la profondità antropologica e il danno che deriva invece per la persona da una sua banalizzazione. 6. Pensavamo che il corso per i fidanzati fosse più noioso, mentre abbiamo innanzitutto trovato persone che ci hanno accolto e con cui potevamo dialogare e discutere liberamente su temi che spesso non abbiamo mai affrontato neanche con gli amici che frequentiamo. Perché invece nella nostra Parrocchia non è così? Perché spesso ci troviamo a Messa insieme a persone che neanche ci salutano…? Alcuni di noi si sono allontanati dalla Chiesa per brutti rapporti con essa o perché hanno riscontrato ipocrisia negli atteggiamenti di chi la frequenta… Anche questa domanda è incoraggiante per tutti gli operatori pastorali impegnati sul fronte dei fidanzati e delle giovani coppie. Gli aspetti positivi che vengono rimarcati sono due: l’accoglienza e il dialogo (che diventa confronto sincero e sereno). Credo che queste caratteristiche degli incontri vadano apprezzate. Ciò significa che gli operatori pastorali devono prepararsi o educarsi a questo stile e a questa metodologia. Significa anche che, al termine di ogni corso, sarebbe opportuna una verifica autentica dell’esperienza che si è proposta. E ancora significa mettere in conto di alimentare un contatto con i giovani incontrandoli e, se possibile, alimentando anche una certa amicizia che conduca a ritrovarsi per condividere qualche aspetto significativo del proprio cammino o per affrontare insieme qualche giornata o fase difficile della vita. 175 LA PAROLA DEL VESCOVO La critica alle Parrocchie – per la scarsità di accoglienza, di calore umano, di gentilezza nelle cose minime (come il saluto, un sorriso) e di sostegno nelle cose grandi e difficili – merita di essere considerata. Non credo che si possa generalizzare: esistono infatti delle comunità cristiane molto ricche a questo riguardo, e sacerdoti di grande umanità. E tuttavia propongo che, per esempio nei Consigli Pastorali Parrocchiali, non manchino momenti di verifica del clima umano che si respira e che si cerca di creare. Mi addolora il fatto che alcune persone si siano allontanate dalla Chiesa perché si sono sentite rifiutate. A queste persone vorrei suggerire di considerare un possibile chiarimento con quanti sono diventati per loro ostacolo alla partecipazione; vorrei anche augurare loro che qualche difficoltà nei rapporti con i cristiani impegnati in Parrocchia non metta in discussione qualcosa che è ben più grande e che va protetto come si fa con un tesoro. Qui il tesoro è il Signore da non abbandonare. È anche la vita nella Chiesa, fatta di santi e di peccatori, luogo della grazia di Dio, dell’annuncio della sua parola e della celebrazione dei sacramenti della sua grazia. 7. Circa la dimensione della fede non sempre nella coppia ci troviamo sulla stessa lunghezza d’onda o allo stesso livello. Come vivere questa diversità nella coppia? Come scambio, incontro-scontro o come faccenda privata di ciascuno? Altra questione delicata. Vorrei dire, anzitutto, che sul tema della religiosità e della fede occorre venire allo scoperto prima del matrimonio: troppe questioni rilevanti si legano alla concezione profonda della vita di due persone che vogliono unirsi in matrimonio. In secondo luogo, conviene riconoscere che una sintonia su ciò che poi, lungo la vita, apparirà determinante per le scelte più significative è da auspicare come un grande bene che facilita l’intesa, il dialogo, il sostegno vicendevole. Basti pensare all’educazione dei figli e ai valori fondamentali da proporre loro. Ma poi ci sono i casi in cui, mentre ci si ama e ci si sceglie per il matrimonio, si vive, a livello religioso, una diversa lunghezza d’onda. A questo proposito, mi pare che, in realtà, non ci sia nessuna coppia che non provi un’esperienza di questo genere: le persone che si sposano non sono delle “fotocopie”, ma esseri viventi, differenti per mille aspetti, continuamente cangianti. Ne deriva che non c’è coppia che non sia chiamata a trovare ogni giorno un equilibrio dentro la diversità: impresa non agevole, ma sicuramente arricchente. Talvolta le differenze possono essere profonde, e questo è un problema diverso dal precedente. Occorre essere consapevoli di questo dato e va previsto un impegno molto forte per trovare la strada di una giusta convivenza. C’è una scelta da confermare ogni giorno: quella di comunicare, non cedendo alla tentazione del mutismo. Ce n’è un’altra: quella del rispetto dell’altro, non cedendo alla prepotenza. Ce n’è un’altra ancora: quella di essere “una carne sola”, un vero “plurale” che tende all’unità, contro la deriva perniciosa di andare ognuno per la propria strada. Aggiungo infine che, quando le diversità sono troppo grandi, si deve considerare attentamente se sia opportuno e saggio fare il grande passo. Questa attenzione è oggi più rilevante di ieri, trovandoci in una società caratterizzata dal pluralismo 176 LA PAROLA DEL VESCOVO culturale e dalla compresenza di diverse religioni. Il relativismo etico e religioso non aiuta gli sposi, né favorisce la crescita dei figli perché si poggia sul nulla. Né aiuta il fatto che l’appartenenza a due religioni diverse porti a soggiogare la libertà dell’uno o dell’altro. In definitiva, chi si sposa deve pensarci bene. 8. Noi facciamo l’esperienza dell’amore fra di noi, ma come possiamo essere certi che Dio ci ama? Spesso siamo smarriti e senza risposte di fronte alle calamità naturali, gli incidenti e le violenze nel mondo. È giusto porre, come si fa in questa domanda, la questione dell’amore riferita all’amore di Dio per noi: come essere certi che Dio ci ama? Rispondo dicendo, in primo luogo, che lungo la storia dell’umanità a questa domanda l’uomo, da solo, non ha mai saputo dare una risposta adeguata. Di Dio si è soprattutto avuto paura. In secondo luogo, aprendo la Bibbia, trovo nei Salmi e negli altri libri (Giobbe, Qoelet, Geremia) il lamento: “Perché taci, Signore?”; “Perché gli ingiusti hanno fortuna?”; “Ti sei dimenticato del tuo popolo?”. In terzo luogo, se apro il Nuovo Testamento, leggo che “Dio ha tanto amato il mondo (e cioè l’umanità) da dare il suo Unigenito”. Leggo anche che l’amore di Dio per l’uomo ha trovato la cattedra della suprema rivelazione sulla croce: in Cristo che muore per la salvezza dell’uomo emerge che “Dio è amore”. Solo in Cristo, e Cristo crocifisso, conosciamo che Dio è amore. Decisivo è dunque l’avvenimento cristiano: la venuta di Dio tra noi in Cristo Gesù. Questa grande luce fa sì che noi cristiani, a differenza degli antici autori del teatro greco, non leggiamo la storia come una tragedia senza fine e che, dunque, sarebbe stato persino meglio che neppure iniziasse. Tuttavia questa grande luce non toglie che la storia dell’umanità rimanga immersa nel mistero e che debba dirsi un dramma. La vita stessa di Cristo non è stata una fiaba edulcorata, ma un aspro dramma. E però, il fatto che nella vita di Cristo la morte non abbia avuto l’ultima parola, perché Cristo è risorto, ci permette di guardare al presente e al futuro sapendo che anche per noi l’ultima parola non sarà della morte, bensì della vita: “Là dove sono io, sarete anche voi”. È con questa luce che si può affrontare la vicenda della creazione, con il suo continuo divenire che tocca evidentemente anche il globo terrestre con tutto ciò che lo caratterizza in terra, in mare, nell’atmosfera, in superficie e nella profondità degli abissi. Anche il male provocato dall’uomo, dal suo cuore duro, ci mette a durissima prova in ogni momento. Ma pure a questo riguardo Cristo ha molto da dirci e da donarci. Egli ci dà grazia e ci sospinge ad amare come egli ci ha amato; ad essere nella storia dei segni di un mondo nuovo, segnato dalla giustizia, dalla verità, dalla libertà, dall’amore, dal perdono. Come Cristo è colui nel quale Dio si rivela come amore per l’uomo, anche i discepoli di Cristo sono chiamati ad esserlo. Senza mai perdere la speranza. Sappiamo infatti che anche nel deserto ci sono fiumi sotterranei e che essi fanno fiorire le palme dove parrebbe impossibile. 177 LA PAROLA DEL VESCOVO 9. Perché si fanno i corsi di preparazione al matrimonio? La fede è un’esperienza molto semplice: i nostri genitori si sono sposati senza fare così; che cosa è cambiato nel mondo e nella Chiesa? Mi viene alla mente quanto avvenne in una Parrocchia della Brianza, tanti anni fa. Nasce un bambino. C’è pericolo, già da subito, che muoia. Il papà prende il neonato e va alla casa parrocchiale. Chiede il Battesimo. “Dove sono il padrino e la madrina?” – chiede il parroco. Il papà lascia il bambino sul tavolo della casa parrocchiale e va a cercare chi possa svolgere quel ruolo. Presto ritorna. È possibile celebrare il Battesimo. Quel bambino vivrà fino in tarda età. Sarà uno dei ragazzi del ’99, partito giovanissimo per la prima guerra mondiale. Diventerà prete e bravo parroco. Fu lui stesso a raccontarmi tutto questo. A quei tempi non c’era bisogno di incontri prebattesimali, né di corsi prematrimoniali. Oggi sì, e per molte ragioni. È vero che l’esperienza della fede è molto semplice, ma nel contesto socioculturale di oggi non è facile fare sintesi dentro di sé: lo vedo bene tra gli adolescenti e i giovani, come i diciotto-diciannovenni ai quali, la scorsa settimana, ho predicato gli esercizi spirituali. Anche l’esperienza dell’amore è molto semplice. Ma come dimenticare che anche a questo proposito è difficile fare sintesi, reggere agli scossoni, superare la confusione, uscire dallo spaesamento? A questo servono i corsi prematrimoniali: a favorire un reale approfondimento del senso e dell’implicanza di responsabilità che ci si assume con la scelta di sposarsi. Anzi, a ben vedere, occorre aggiungere che il corso prematrimoniale, da solo, non basta. C’è un lavoro che va fatto prima, nell’adolescenza e nella prima giovinezza, sapendosi fermare, leggendo in profondità se stessi, riflettendo sugli orientamenti fondamentali della propria vita. Di qui l’importanza dell’esperienza di gruppo che, in molte nostre Parrocchie, viene portata avanti ed è offerta a tutti i giovani. Poi c’è un lavoro che va fatto dopo, una volta sposati, mantenendo i contatti con la comunità cristiana, come ho già detto rispondendo alla prima domanda, per avere un termine di confronto, e anche un sostegno, in altri sposi cristiani, in papà e mamme impegnati nell’impresa della crescita dei figli. 10. Conosciamo il pensiero della Chiesa circa i rapporti prematrimoniali e l’uso dei contraccettivi. Questa posizione rigida è dettata dalla preoccupazione di difendere la famiglia in questa situazione culturale sfavorevole o è dettata da principi morali immutabili? L’altro giorno, viaggiando in aereo per Roma, si è seduta accanto a me una ragazza. Ad un certo punto del viaggio, mentre io stavo scrivendo, si è rivolta a me, riconoscendomi dall’abito come un sacerdote. Era una ragazza argentina. Era venuta a Milano per incontrare dal vivo il fidanzato, fin lì conosciuto solo via internet. Mi pose una domanda sui rapporti prematrimoniali e sulla posizione della Chiesa a questo riguardo. Più avanti aggiunse che questo “fidanzato” era già sposato religiosamente e separato. Domanda: potremo sposarci in Chiesa? 178 LA PAROLA DEL VESCOVO A questa seconda domanda rispondo che sarà necessario riconoscere la nullità del primo matrimonio. Alla prima domanda rispondo che l’indicazione della Chiesa nasce dalla persuasione che sia giusta una gradualità e che un rapporto sessuale completo è bene che si accompagni a quella assunzione di responsabilità nei confronti dell’altra persona che avviene con il matrimonio. Dietro a queste indicazioni della Chiesa ne sta un’altra che riguarda gli sposi: e cioè che l’atto coniugale, mentre manifesta e coltiva la comunione tra gli sposi, deve essere aperto alla vita, esprimendo così una paternità e una maternità responsabili (cfr. Enc. Humanae vitae, 10), consapevoli anche dell’opportunità offerta dai “metodi naturali” e dal ricorso ai periodi infecondi (cfr. HV, 16) di cui ho fatto cenno più sopra. Con le sue indicazioni morali “la Chiesa sa di contribuire all’instaurazione di una civiltà veramente umana; essa impegna l’uomo a non abdicare alla propria responsabilità per rimettersi ai mezzi tecnici; difende con ciò stesso la dignità dei coniugi” (cfr. HV, 18). Difende anche la famiglia chiedendo agli sposi di considerare la loro fedeltà vicendevole come il luogo più giusto nel quale esprimere pienamente la loro esperienza sessuale (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, “Persona humana”, 1975, n. 7). La Chiesa è ben consapevole di andare controcorrente e di chiedere ai giovani cristiani molto coraggio. Ma, forse più che il coraggio, la proposta della Chiesa invita a fare una lettura profonda della sessualità e del rapporto uomo-donna: fare la verità su questo capitolo significa riscoprire la propria dignità, e non accettare mai di fare della sessualità una banalità; anzi, volere che sia un grande “segno” di ciò che si è e si vuole essere l’uno per l’altro, nella distinzione e nella complementarietà. Conclusione Lascio l’ultima parola al primo libro della Bibbia: “Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne” (Gn 2,24). Auguri a tutti. Dio vi benedica e vi accompagni. 179 VISITA PASTORALE DEL BORGOMANERESE Incontri della Visita nell’Unità Pastorale di Borgomanero e di Gozzano da febbraio ad aprile 2005 GIOVEDÌ 24 FEBBRAIO Ore 21.00 Ospedale (Borgomanero) Incontro con il mondo della sanità VENERDÌ 25 FEBBRAIO Ore 21.00 Gargallo Assemblea Parrocchiale SABATO 26 FEBBRAIO Ore 10.30 Maggiora Incontro con i Sindaci e gli Amministratori dei Comuni di Maggiora – Boca - Cureggio SABATO 26 FEBBRAIO Ore 15.00 San Bartolomeo (Borgomanero) Incontro con le Associazioni di volontariato DOMENICA 27 FEBBRAIO Ore 11.00 Bolzano Novarese Ore 18.00 Gargallo Celebrazione Eucaristica Celebrazione Eucaristica SABATO 12 MARZO Ore 15.30 Pogno Incontro con i genitori e gli animatori dei ragazzi dell’iniziazione cristiana LUNEDÌ 14 MARZO Ore 20.45 Bolzano Novarese Assemblea Parrocchiale MARTEDÌ 15 MARZO Bolzano Novarese Ore 20.45 Incontro con i genitori e gli animatori dei ragazzi dell’iniziazione cristiana e i giovani GIOVEDÌ 17 MARZO Ore 20.45 S. Maurizio d’Opaglio Assemblea Parrocchiale 180 VISITA PASTORALE DEL VENERDÌ 18 MARZO Ore 20.45 Pogno BORGOMANERESE Assemblea Parrocchiale MARTEDÌ 5 APRILE Ore 20.45 Pella Assemblea Parrocchiale Incontro con i genitori e gli animatori dei ragazzi dell’iniziazione cristiana GIOVEDÌ 7 APRILE Ore 20.45 Briga Novarese Assemblea Parrocchiale SABATO 9 APRILE Ore 16.00 Briga Novarese Incontro con i genitori e gli animatori dei ragazzi dell’iniziazione cristiana DOMENICA 10 APRILE Ore 09.30 Auzate Ore 11.15 Invorio Inferiore Ore 15.30 Invorio Inferiore Celebrazione Eucaristica Celebrazione Eucaristica Incontro con i genitori e gli animatori dei ragazzi dell’iniziazione cristiana MARTEDÌ 12 APRILE Ore 20.30 Auzate Assemblea Parrocchiale GIOVEDÌ 14 APRILE Ore 20.45 Soriso Assemblea Parrocchiale VENERDÌ 15 APRILE Ore 18.30 Gargallo Incontro con i genitori e gli animatori dei ragazzi dell’iniziazione cristiana DOMENICA 17 APRILE Ore 09.00 Alpiolo Celebrazione Eucaristica Ore 11.00 S. Maurizio d’Opaglio Celebrazione Eucaristica GIOVEDÌ 28 APRILE Ore 09.00 Borgomanero (Salesiani) Ore 20.45 Soriso Incontro con gli studenti Incontro con i genitori e gli animatori dei ragazzi dell’iniziazione cristiana 181 LA PAROLA DEL PAPA “Chiamati a prendere il largo” Messaggio per la XLII Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni 17 aprile 2005, IV domenica di Pasqua Venerati Fratelli nell’Episcopato, carissimi Fratelli e Sorelle! 1. “Duc in Altum!” All’inizio della Lettera apostolica Novo millennio ineunte ho fatto riferimento alle parole con cui Gesù esorta i primi discepoli a gettare le reti per una pesca che si rivelerà prodigiosa. Dice a Pietro: “Duc in altum – Prendi il largo” (Lc 5, 4). “Pietro e i primi compagni si fidarono della parola di Cristo, e gettarono le reti” (Novo millennio ineunte, 1). Questa nota scena evangelica fa da sfondo alla prossima Giornata di Preghiera per le Vocazioni, che ha come tema: “Chiamati a prendere il largo”. Si tratta di un’occasione privilegiata per riflettere sulla vocazione a seguire Gesù e, in particolare, a seguirlo nella via del sacerdozio e della vita consacrata. 2. “Duc in altum! “ Il comando di Cristo è particolarmente attuale nel nostro tempo, in cui una certa mentalità diffusa favorisce il disimpegno personale davanti alle difficoltà. La prima condizione per “prendere il largo” è coltivare un profondo spirito di preghiera alimentato dal quotidiano ascolto della Parola di Dio. L’autenticità della vita cristiana si misura dalla profondità della preghiera, arte che va appresa umilmente “dalle labbra stesse del Maestro divino”, quasi implorando, “come i primi discepoli: ‘Signore, insegnaci a pregare!’ (Lc 11, 1). Nella preghiera si sviluppa quel dialogo con Cristo che ci rende suoi intimi: ‘Rimanete in me e io in voi’ (Gv 15, 4)” (Novo millennio ineunte, 32). L’orante legame con Cristo ci fa avvertire la sua presenza anche nei momenti d’apparente fallimento, quando la fatica sembra inutile, come avvenne per gli stessi Apostoli che dopo aver faticato tutta la notte esclamarono: “Maestro, non abbiamo preso nulla” (Lc 5, 5). È particolarmente in tali momenti che occorre aprire il cuore all’onda della grazia e consentire alla parola del Redentore di agire con tutta la sua potenza: “Duc in altum!” (cfr. Novo millennio ineunte, 38). 3. Chi apre il cuore a Cristo non soltanto comprende il mistero della propria esistenza, ma anche quello della propria vocazione, e matura splendidi frutti di grazia. Di questi il primo è la crescita nella santità in un cammino spirituale che, iniziato con il dono del Battesimo, prosegue sino al pieno raggiungimento della perfetta carità (cfr. ivi, 30). Vivendo il Vangelo “sine glossa”, il cristiano diventa sempre più capace di amare al modo stesso di Cristo, di cui accoglie l’esortazione: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5, 48). Egli si impegna a perseverare nell’unità con i fratelli entro la comunione della Chiesa, e si pone al servizio 182 LA PAROLA DEL PAPA della nuova evangelizzazione per proclamare e testimoniare la stupenda verità dell’amore salvifico di Dio. 4. Cari adolescenti e giovani, è a voi che, in modo particolare, rinnovo l’invito di Cristo a “prendere il largo”. Voi vi trovate a dover assumere decisioni importanti per il vostro futuro. Conservo nel cuore il ricordo delle numerose occasioni d’incontro che negli anni passati ho avuto con i giovani, oggi diventati adulti e forse genitori di alcuni di voi, o sacerdoti, religiosi e religiose, vostri educatori nella fede. Li ho visti allegri come devono essere i ragazzi, ma anche pensosi, perché presi dal desiderio di dare ‘senso’ pieno alla loro esistenza. Ho capito sempre più che è forte nell’animo delle nuove generazioni l’attrazione verso i valori dello spirito, è sincero il loro desiderio di santità. I giovani hanno bisogno di Cristo, ma sanno anche che Cristo ha voluto aver bisogno di loro. Carissimi ragazzi e ragazze! Fidatevi di Lui, mettetevi in ascolto dei suoi insegnamenti, fissate lo sguardo sul suo volto, perseverate nell’ascolto della sua Parola. Lasciate che sia Lui a orientare ogni vostra ricerca e aspirazione, ogni vostro ideale e desiderio del cuore. 5. Mi rivolgo ora a voi, cari genitori ed educatori cristiani, a voi cari sacerdoti, consacrati e catechisti. Dio vi ha affidato il compito peculiare di guidare la gioventù nel sentiero della santità. Siate per loro esempi di generosa fedeltà a Cristo. Incoraggiateli a non esitare nel “prendere il largo”, rispondendo senza indugio all’invito del Signore. Egli chiama alcuni alla vita familiare, altri alla vita consacrata o al ministero sacerdotale. Aiutateli a saper discernere quale sia la loro strada, e a diventare veri amici di Cristo e suoi autentici discepoli. Quando gli adulti credenti sanno render visibile il volto di Cristo con le loro parole e con il loro esempio, i giovani più facilmente sono pronti ad accogliere il suo esigente messaggio segnato dal mistero della Croce. Non dimenticate poi che anche oggi c’è bisogno di sacerdoti santi, di anime totalmente consacrate al servizio di Dio! Per questo vorrei ancora una volta ripetere: “È necessario ed urgente impostare una vasta e capillare pastorale delle vocazioni, che raggiunga le parrocchie, i centri educativi, le famiglie, suscitando una più attenta riflessione sui valori essenziali della vita, che trovano la loro sintesi risolutiva nella risposta che ciascuno è invitato a dare alla chiamata di Dio, specialmente quando questa sollecita la donazione totale di sé e delle proprie energie alla causa del Regno” (Novo millennio ineunte, 46). A voi, giovani, ripeto la parola di Gesù: “Duc in altum!”. Nel riproporre questa sua esortazione, penso al tempo stesso alle parole rivolte da Maria, sua Madre, ai servi a Cana di Galilea: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2, 5). Cristo, cari giovani, vi chiede di “prendere il largo” e la Vergine vi incoraggia a non esitare nel seguirlo. 6. Salga da ogni angolo della terra, sostenuta dalla materna intercessione della Madonna, l’ardente preghiera al padre celeste per ottenere “operai nella sua messe” (Mt 9, 38). Voglia Egli concedere ferventi e santi sacerdoti ad ogni porzione del suo gregge. Sostenuti da questa consapevolezza ci rivolgiamo a Cristo, Sommo Sacerdote, e Gli diciamo con fiducia rinnovata: 183 LA PAROLA DEL PAPA Gesù, Figlio di Dio, in cui dimora la pienezza della divinità, Tu chiami tutti battezzati “a prendere il largo”, percorrendo la via della santità. Suscita nel cuore dei giovani il desiderio di essere nel mondo di oggi testimoni della potenza del tuo amore. Riempili con il tuo Spirito di fortezza e di prudenza perché siano capaci di scoprire la piena verità di sé e della propria vocazione. Salvatore nostro, mandato dal Padre per rivelarne l’amore misericordioso, fa’ alla tua Chiesa il dono di giovani pronti a prendere il largo, per essere tra i fratelli manifestazione della tua presenza che rinnova e salva. Vergine Santa, Madre del Redentore, guida sicura nel cammino verso Dio e il prossimo, Tu che hai conservato le sue parole nell’intimo del cuore, sostieni con la tua materna intercessione le famiglie e le comunità ecclesiali, affinché aiutino gli adolescenti e i giovani a rispondere generosamente alla chiamata del Signore. Amen. Da Castel Gandolfo, 11 Agosto 2004 Giovanni Paolo II 42° Giornata Mondiale di Preghiera per le vocazioni - 17 Aprile 2005 Nel giorno del Signore …. i tuoi giorni Lo slogan per la Giornata Mondiale di Preghiera per le vocazioni fa esplicito riferimento al XXIV Congresso Eucaristico Nazionale, che si inserisce, per una provvidenziale coincidenza, nella stupenda cornice dell’Anno dell’Eucaristia, indetto dal Papa. :”Senza la domenica non possiamo vivere”. Il Centro Nazionale Vocazioni, inserendosi nel solco tracciato dalle indicazioni del Papa e dagli orientamenti dei Vescovi italiani, desidera offrire il suo specifico contributi alla riscoperta della centralità della Domenica, evidenziandone il dinamismo vocazionale. Sarebbe bello immaginare che tutte le nostre parrocchie vivano così la preparazione al Giorno del Signore che nella IV domenica di Pasqua accoglie una preghiera particolare per le vocazioni. Il Centro Diocesano Vocazioni ha inviato alle parrocchie i sussidi per l’animazione vocazionale della IV domenica di Pasqua. In Seminario si terrà una veglia di preghiera per le vocazioni il 17 aprile alle ore 21. 184 LA PAROLA DEL PAPA “Non abbiate paura di raccontare la verità” Lettera apostolica ai responsabili delle comunicazioni sociali 1. Il rapido sviluppo delle tecnologie nel campo dei media è sicuramente uno dei segni del progresso dell’odierna società. Guardando a queste novità in continua evoluzione, appare ancor più attuale quanto si legge nel Decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II Inter mirifica, promulgato dal mio venerato predecessore, il servo di Dio Paolo VI, il 4 dicembre 1963: «Tra le meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto ai nostri giorni, l’ingegno umano, con l’aiuto di Dio, ha tratto dal creato, la Madre Chiesa accoglie e segue con speciale cura quelle che più direttamente riguardano lo spirito dell’uomo e che hanno aperto nuove vie per comunicare, con massima facilità, notizie, idee e insegnamenti d’ogni genere»1 I. Un fecondo cammino sulla scia del Decreto Inter mirifica 2. Ad oltre quarant’anni dalla pubblicazione di quel documento appare quanto mai opportuno tornare a riflettere sulle «sfide» che le comunicazioni sociali costituiscono per la Chiesa, la quale, come fece notare Paolo VI, «si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi»2. La Chiesa, infatti, non è chiamata soltanto ad usare i media per diffondere il Vangelo ma, oggi più che mai, ad integrare il messaggio salvifico nella ‘nuova cultura’ che i potenti strumenti della comunicazione creano ed amplificano. Essa avverte che l’uso delle tecniche e delle tecnologie della comunicazione contemporanea fa parte integrante della propria missione nel terzo millennio. Mossa da questa consapevolezza, la comunità cristiana ha compiuto passi significativi nell’uso degli strumenti della comunicazione per l’informazione religiosa, per l’evangelizzazione e la catechesi, per la formazione degli operatori pastorali del settore e per l’educazione ad una matura responsabilità degli utenti e destinatari dei vari strumenti della comunicazione. 3. Molteplici sono le sfide per la nuova evangelizzazione in un mondo ricco di potenzialità comunicative come il nostro. In considerazione di ciò nella Lettera enciclica Redemptoris missio ho voluto sottolineare che il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione, capace di unificare l’umanità rendendola — come si suol dire — «un villaggio globale». I mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali. Si tratta di un 185 LA PAROLA DEL PAPA problema complesso, poiché tale cultura, prima ancora che dai contenuti, nasce dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con tecniche e linguaggi inediti. La nostra è un’epoca di comunicazione globale, dove tanti momenti dell’esistenza umana si snodano attraverso processi mediatici, o perlomeno con essi devono confrontarsi. Mi limito a ricordare la formazione della personalità e della coscienza, l’interpretazione e la strutturazione dei legami affettivi, l’articolazione delle fasi educative e formative, l’elaborazione e la diffusione di fenomeni culturali, lo sviluppo della vita sociale, politica ed economica. In una visione organica e corretta dello sviluppo dell’essere umano, i media possono e devono promuovere la giustizia e la solidarietà, riportando in modo accurato e veritiero gli eventi, analizzando compiutamente le situazioni e i problemi, dando voce alle diverse opinioni. I criteri supremi della verità e della giustizia, nell’esercizio maturo della libertà e della responsabilità, costituiscono l’orizzonte entro cui si situa un’autentica deontologia nella fruizione dei moderni potenti mezzi di comunicazione sociale. II. Discernimento evangelico e impegno missionario 4. Anche il mondo dei media abbisogna della redenzione di Cristo. Per analizzare con gli occhi della fede i processi e il valore delle comunicazioni sociali può essere di indubbio aiuto l’approfondimento della Sacra Scrittura, la quale si presenta come un «grande codice» di comunicazione di un messaggio non effimero ed occasionale, ma fondamentale per la sua valenza salvifica. La storia della salvezza racconta e documenta la comunicazione di Dio con l’uomo, comunicazione che utilizza tutte le forme e le modulazioni del comunicare. L’essere umano è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, per accogliere la rivelazione divina e per intessere un dialogo d’amore con Lui. A causa del peccato, questa capacità di dialogo a livello sia personale che sociale si è alterata, e gli uomini hanno fatto e continuano a fare l’amara esperienza dell’incomprensione e della lontananza. Dio però non li ha abbandonati e ha inviato loro il suo stesso Figlio (cfr Mc 12, 1-11). Nel Verbo fatto carne l’evento comunicativo assume il suo massimo spessore salvifico: è così donata all’uomo, nello Spirito Santo, la capacità di ricevere la salvezza e di annunciarla e testimoniarla ai fratelli. 5. La comunicazione tra Dio e l’umanità ha raggiunto dunque la sua perfezione nel Verbo fatto carne. L’atto d’amore attraverso il quale Dio si rivela, unito alla risposta di fede dell’umanità, genera un dialogo fecondo. Proprio per questo, facendo nostra, in un certo modo, la richiesta dei discepoli «insegnaci a pregare» (Lc 11,1), possiamo domandare al Signore di guidarci a capire come comunicare con Dio e con gli uomini attraverso i meravigliosi strumenti della comunicazione sociale. Ricondotti nell’orizzonte di tale comunicazione ultima e decisiva, i media si rivelano una provvidenziale opportunità per raggiungere gli uomini in ogni latitudine, superando barriere di tempo, di spazio e di lingua, formulando nelle modalità più diverse i contenuti della fede ed offrendo a chiunque è in ricerca approdi sicuri che permettano di entrare in dialogo con il mistero di Dio rivelato pienamente in Cristo Gesù. 186 LA PAROLA DEL PAPA Il Verbo incarnato ci ha lasciato l’esempio di come comunicare con il Padre e con gli uomini, sia vivendo momenti di silenzio e di raccoglimento, sia predicando in ogni luogo e con i vari linguaggi possibili. Egli spiega le Scritture, si esprime in parabole, dialoga nell’intimità delle case, parla nelle piazze, lungo le strade, sulle sponde del lago, sulle sommità dei monti. L’incontro personale con Lui non lascia indifferenti, anzi stimola ad imitarlo: «Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti» (Mt 10,27). Vi è poi un momento culminante in cui la comunicazione si fa comunione piena: è l’incontro eucaristico. Riconoscendo Gesù nella «frazione del pane» (cfr Lc 24,30-31), i credenti si sentono spinti ad annunciare la sua morte e risurrezione e a diventare coraggiosi e gioiosi testimoni del suo Regno (cfr Lc 24,35). 6. Grazie alla Redenzione, la capacità comunicativa dei credenti è sanata e rinnovata. L’incontro con Cristo li costituisce nuove creature, permette loro di entrare a far parte di quel popolo che Egli si è conquistato con il suo sangue morendo sulla Croce, e li introduce nella vita intima della Trinità, che è comunicazione continua e circolare di amore perfetto e infinito tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. La comunicazione permea le dimensioni essenziali della Chiesa, chiamata ad annunciare a tutti il lieto messaggio della salvezza. Per questo essa assume le opportunità offerte dagli strumenti della comunicazione sociale come percorsi dati provvidenzialmente da Dio ai nostri giorni per accrescere la comunione e rendere più incisivo l’annuncio3. I media permettono di manifestare il carattere universale del Popolo di Dio, favorendo uno scambio più intenso e immediato tra le Chiese locali, alimentando la reciproca conoscenza e la collaborazione. Rendiamo grazie a Dio per la presenza di questi potenti mezzi che, se usati dai credenti con il genio della fede e nella docilità alla luce dello Spirito Santo, possono contribuire a facilitare la diffusione del Vangelo e a rendere più efficaci i vincoli di comunione tra le comunità ecclesiali. III. Cambiamento di mentalità e rinnovamento pastorale 7. Nei mezzi della comunicazione la Chiesa trova un sostegno prezioso per diffondere il Vangelo e i valori religiosi, per promuovere il dialogo e la cooperazione ecumenica e interreligiosa, come pure per difendere quei solidi principi che sono indispensabili per costruire una società rispettosa della dignità della persona umana e attenta al bene comune. Essa li impiega volentieri per fornire informazioni su se stessa e dilatare i confini dell’evangelizzazione, della catechesi e della formazione e ne considera l’utilizzo come una risposta al comando del Signore: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15). Missione certamente non facile in questa nostra epoca, in cui va diffondendosi la convinzione che il tempo delle certezze sia irrimediabilmente passato: per molti l’uomo dovrebbe imparare a vivere in un orizzonte di totale assenza di senso, all’insegna del provvisorio e del fuggevole4 . In questo contesto, gli strumenti di comunicazione possono essere usati «per proclamare il Vangelo o per ridurlo al silenzio nei cuori degli uomini»5. Ciò rappresenta una sfida seria per i credenti, soprattutto genitori, famiglie e quanti sono responsabili della formazione dell’infanzia e della 187 LA PAROLA DEL PAPA gioventù. Con prudenza e saggezza pastorale vanno incoraggiati nella comunità ecclesiale coloro che hanno particolari doti per operare nel mondo dei media, perché diventino professionisti capaci di dialogare con il vasto mondo mass-mediale. 8. Valorizzare i media non tocca però solamente agli «addetti» del settore, bensì a tutta la Comunità ecclesiale. Se, come è stato già rilevato, le comunicazioni sociali interessano diversi ambiti dell’espressione della fede, i cristiani devono tenere conto della cultura mediatica in cui vivono: dalla liturgia, somma e fondamentale espressione della comunicazione con Dio e con i fratelli, alla catechesi che non può prescindere dal fatto di rivolgersi a soggetti che risentono dei linguaggi e della cultura contemporanei. Il fenomeno attuale delle comunicazioni sociali spinge la Chiesa ad una sorta di revisione pastorale e culturale così da essere in grado di affrontare in modo adeguato il passaggio epocale che stiamo vivendo. Di questa esigenza devono farsi interpreti anzitutto i Pastori: è infatti importante adoperarsi perché l’annuncio del Vangelo avvenga in modo incisivo, che ne stimoli l’ascolto e ne favorisca l’accoglimento6. Una particolare responsabilità, in questo campo, è riservata alle persone consacrate, che dal proprio carisma istituzionale sono orientate all’impegno nel campo delle comunicazioni sociali. Formate spiritualmente e professionalmente, esse «prestino volentieri il loro servizio, secondo le opportunità pastorali ... affinché da una parte siano scongiurati i danni provocati dall’uso viziato dei mezzi e dall’altra venga promossa una superiore qualità delle trasmissioni, con messaggi rispettosi della legge morale e ricchi di valori umani e cristiani»7. 9. È proprio in considerazione dell’importanza dei media che già quindici anni or sono giudicavo inopportuno lasciarli all’iniziativa di singoli o di piccoli gruppi, e suggerivo di inserirli con evidenza nella programmazione pastorale8. Le nuove tecnologie, in particolare, creano ulteriori opportunità per una comunicazione intesa come servizio al governo pastorale e all’organizzazione dei molteplici compiti della comunità cristiana. Si pensi, ad esempio, a come internet non solo fornisca risorse per una maggiore informazione, ma abitui le persone ad una comunicazione interattiva9. Molti cristiani stanno già utilizzando in modo creativo questo nuovo strumento, esplorandone le potenzialità nell’evangelizzazione, nell’educazione, nella comunicazione interna, nell’amministrazione e nel governo. Ma a fianco di internet vanno utilizzati altri nuovi media e verificate tutte le possibili valorizzazioni di strumenti tradizionali. Quotidiani e giornali, pubblicazioni di varia natura, televisioni e radio cattoliche rimangono molto utili in un panorama completo della comunicazione ecclesiale. Mentre i contenuti vanno naturalmente adattati alle necessità dei differenti gruppi, il loro scopo dovrebbe sempre essere quello di rendere le persone consapevoli della dimensione etica e morale dell’informazione10. Allo stesso modo, è importante garantire formazione ed attenzione pastorale ai professionisti della comunicazione. Spesso questi uomini e queste donne si trovano di fronte a pressioni particolari e a dilemmi etici che emergono dal lavoro quotidiano; molti di loro «sono sinceramente desiderosi di sapere e di praticare ciò che è giusto in campo etico e morale», e attendono dalla Chiesa orientamento e sostegno11. 188 LA PAROLA DEL PAPA IV. I media, crocevia delle grandi questioni sociali 10. La Chiesa, che in forza del messaggio di salvezza affidatole dal suo Signore è anche maestra di umanità, avverte il dovere di offrire il proprio contributo per una migliore comprensione delle prospettive e delle responsabilità connesse con gli attuali sviluppi delle comunicazioni sociali. Proprio perché influiscono sulla coscienza dei singoli, ne formano la mentalità e ne determinano la visione delle cose, occorre ribadire in modo forte e chiaro che gli strumenti della comunicazione sociale costituiscono un patrimonio da tutelare e promuovere. È necessario che anche le comunicazioni sociali entrino in un quadro di diritti e doveri organicamente strutturati, dal punto di vista sia della formazione e della responsabilità etica che del riferimento alle leggi ed alle competenze istituzionali. Il positivo sviluppo dei media a servizio del bene comune è una responsabilità di tutti e di ciascuno12. Per i forti legami che i media hanno con l’economia, la politica e la cultura, è necessario un sistema di gestione che sia in grado di salvaguardare la centralità e la dignità della persona, il primato della famiglia, cellula fondamentale della società, ed il corretto rapporto tra i diversi soggetti. 11. S’impongono alcune scelte riconducibili a tre fondamentali opzioni: formazione, partecipazione, dialogo. In primo luogo occorre una vasta opera formativa per far sì che i media siano conosciuti e usati in modo consapevole e appropriato. I nuovi linguaggi da loro introdotti modificano i processi di apprendimento e la qualità delle relazioni umane, per cui senza un’adeguata formazione si corre il rischio che essi, anziché essere al servizio delle persone, giungano a strumentalizzarle e condizionarle pesantemente. Questo vale, in modo speciale, per i giovani che manifestano una naturale propensione alle innovazioni tecnologiche, ed anche per questo hanno ancor più bisogno di essere educati all’utilizzo responsabile e critico dei media. In secondo luogo, vorrei richiamare l’attenzione sull’accesso ai media e sulla partecipazione corresponsabile alla loro gestione. Se le comunicazioni sociali sono un bene destinato all’intera umanità, vanno trovate forme sempre aggiornate per rendere possibile un’ampia partecipazione alla loro gestione, anche attraverso opportuni provvedimenti legislativi. Occorre far crescere la cultura della corresponsabilità. Da ultimo, non vanno dimenticate le grandi potenzialità che i media hanno nel favorire il dialogo, divenendo veicoli di reciproca conoscenza, di solidarietà e di pace. Essi costituiscono una risorsa positiva potente, se messi a servizio della comprensione tra i popoli; un’«arma» distruttiva, se usati per alimentare ingiustizie e conflitti. In maniera profetica il mio venerato predecessore, il Beato Giovanni XXIII, nell’Enciclica Pacem in terris, aveva già messo in guardia l’umanità da tali potenziali rischi13. 12. Grande interesse desta la riflessione sul ruolo «dell’opinione pubblica nella Chiesa» e «della Chiesa nell’opinione pubblica». Incontrando gli editori dei periodici cattolici, il mio venerato predecessore Pio XII ebbe a dire che qualcosa mancherebbe nella vita della Chiesa se non vi fosse l’opinione pubblica. Questo stesso con- 189 LA PAROLA DEL PAPA cetto è stato ribadito in altre circostanze14 e nel Codice di Diritto Canonico è riconosciuto, a determinate condizioni, il diritto all’espressione della propria opinione15. Se è vero che le verità di fede non sono aperte ad interpretazioni arbitrarie e il rispetto per i diritti degli altri crea limiti intrinseci all’espressione delle proprie valutazioni, non è meno vero che in altri campi esiste tra i cattolici uno spazio per lo scambio di opinioni, in un dialogo rispettoso della giustizia e della prudenza. Sia la comunicazione all’interno della comunità ecclesiale che quella della Chiesa con il mondo richiedono trasparenza e un modo nuovo di affrontare le questioni connesse con l’universo dei media. Tale comunicazione deve tendere a un dialogo costruttivo per promuovere nella comunità cristiana un’opinione pubblica rettamente informata e capace di discernimento. La Chiesa ha la necessità e il diritto di far conoscere le proprie attività, come altre istituzioni e gruppi, ma al tempo stesso, quando necessario, deve potersi garantire un’adeguata riservatezza, senza che ciò pregiudichi una comunicazione puntuale e sufficiente sui fatti ecclesiali. È questo uno dei campi dove maggiormente è richiesta la collaborazione tra fedeli laici e Pastori, giacché, come opportunamente sottolinea il Concilio, «da questi familiari rapporti tra i laici e i Pastori si devono attendere molti vantaggi per la Chiesa: in questo modo infatti si è fortificato nei laici il senso della loro responsabilità, ne è favorito lo slancio e le loro forze più facilmente vengono associate all’opera dei Pastori. E questi, aiutati dall’esperienza dei laici, possono giudicare con più chiarezza e più giustamente sia in materia spirituale che temporale, così che tutta la Chiesa, sostenuta da tutti i suoi membri, possa compiere con maggiore efficacia la sua missione per la vita del mondo»16. V. Comunicare con la forza dello Spirito Santo 13. Per i credenti e per le persone di buona volontà la grande sfida in questo nostro tempo è sostenere una comunicazione veritiera e libera, che contribuisca a consolidare il progresso integrale del mondo. A tutti è chiesto di saper coltivare un attento discernimento e una costante vigilanza, maturando una sana capacità critica di fronte alla forza persuasiva dei mezzi di comunicazione. Anche in questo campo i credenti in Cristo sanno di poter contare sull’aiuto dello Spirito Santo. Aiuto ancor più necessario se si considera quanto amplificate possano risultare le difficoltà intrinseche della comunicazione a causa delle ideologie, del desiderio di guadagno e di potere, delle rivalità e dei conflitti tra individui e gruppi, come pure a motivo delle umane fragilità e dei mali sociali. Le moderne tecnologie aumentano in maniera impressionante la velocità, la quantità e la portata della comunicazione, ma non favoriscono altrettanto quel fragile scambio tra mente e mente, tra cuore e cuore, che deve caratterizzare ogni comunicazione al servizio della solidarietà e dell’amore. Nella storia della salvezza Cristo si è presentato a noi come «comunicatore» del Padre: «Dio, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,2). Parola eterna fatta carne, Egli, nel comunicarsi, manifesta sempre rispetto per coloro che ascoltano, insegna la comprensione della loro situazione e dei loro bisogni, spinge alla compassione per la loro sofferenza e alla risoluta determinazione nel dire loro 190 LA PAROLA DEL PAPA quello che hanno bisogno di sentire, senza imposizioni o compromessi, inganno o manipolazione. Gesù insegna che la comunicazione è un atto morale: «L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive. Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio, poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato» (Mt 12,35-37). 14. L’apostolo Paolo ha un chiaro messaggio per quanti sono impegnati nella comunicazione sociale — politici, comunicatori professionisti, spettatori: «Bando alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membra gli uni degli altri ... Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli che ascoltano» (Ef 4,25.29). Agli operatori della comunicazione, e specialmente ai credenti che operano in questo importante ambito della società, applico l’invito che fin dall’inizio del mio ministero di Pastore della Chiesa universale ho voluto lanciare al mondo intero: «Non abbiate paura!». Non abbiate paura delle nuove tecnologie! Esse sono «tra le cose meravigliose» — «inter mirifica» — che Dio ci ha messo a disposizione per scoprire, usare, far conoscere la verità, anche la verità sulla nostra dignità e sul nostro destino di figli suoi, eredi del suo Regno eterno. Non abbiate paura dell’opposizione del mondo! Gesù ci ha assicurato «Io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33). Non abbiate paura nemmeno della vostra debolezza e della vostra inadeguatezza! Il divino Maestro ha detto: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Comunicate il messaggio di speranza, di grazia e di amore di Cristo, mantenendo sempre viva, in questo mondo che passa, l’eterna prospettiva del Cielo, prospettiva che nessun mezzo di comunicazione potrà mai direttamente raggiungere: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo: queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1Cor 2,9). A Maria, che ci ha donato il Verbo della vita e di Lui ha serbato nel cuore le imperiture parole, affido il cammino della Chiesa nel mondo d’oggi. Ci aiuti la Vergine Santa a comunicare con ogni mezzo la bellezza e la gioia della vita in Cristo nostro Salvatore. A tutti la mia Benedizione! Dal Vaticano, 24 gennaio 2005, memoria di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Giovanni Paolo II 191 LA PAROLA DEL PAPA NOTE 1 Decr. Inter mirifica, 1. 2 Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975): AAS 68 (1976), 35. 3 Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 18-24: AAS 81 (1989), 421-435; cfr Pont. Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. Ætatis novæ (22 febbraio 1992), 10: AAS 84 (1992), 454-455. 4 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14settembre 1998), 91: AAS 91 (1999), 76-77. 5 Pont. Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. Ætatis novæ (22 febbraio 1992), 4: AAS 84 (1992), 450. 6 Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale, Pastores gregis, 30: L’Osservatore Romano, 17 ottobre 2003, p.6. 7 Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale, Vita consecrata (25 marzo 1996), 99: AAS 88 (1996), 476. 8 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 37: AAS 83 (1991), 282-286. 9 Cfr Pont. Consiglio delle Comunicazioni Sociali, La Chiesa e internet (22 febbraio 2002), 6, Città del Vaticano, 2002, pp.13-15. 10 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Inter mirifica, 15-16; Pont. Commissione per le Comunicazioni Sociali, Istr. past. Communio et progressio (23 maggio 1971), 107: AAS 63 (1971), 631-632; Pont. Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. Ætatis novæ (22 febbraio 1992), 18: AAS 84 (1992), 460. 11 Cfr Pont. Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. Aetatis novae (22 febbraio 1992), 19: AAS 84 (1992), 460. 12 Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n.2494. 13 Cfr Giovanni Paolo II, Messaggio per la 37a Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2003): L’Osservatore Romano, 25 gennaio 2003, p.6. 14 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 37; Pont. Commissione per le Comunicazioni Sociali, Istr. past. Communio et progressio (23 maggio 1971),114-117: AAS 63 (1971), 634-635. 15 Can. 212, §3: «In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità della persona»; cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 15, §3. 16 Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 37. 192 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Il rito del matrimonio Il 28 novembre 2004, prima domenica di Avvento, è entrato in vigore il Rito del Matrimonio, versione italiana dell’editio typica altera dell’Ordo celebrandi Matrimonium. Questa versione italiana è il frutto di due distinte Assemblee Generali dei Vescovi italiani: la 48° Assemblea (Roma, 14-18 maggio 2001) aveva approvato quasi all’unanimità gli adattamenti all’Ordo, con l’eccezione del cap. IV a motivo di talune difficoltà interpretative, successivamente risolte dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti; la 50° Assemblea Generale aveva completato il lavoro approvando il capitolo mancante e concernente la celebrazione del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non cristiana. Il testo, ottenuta la prescritta recognitio della Santa Sede in data 29 aprile 2004, è stato pubblicato con decreto del Card. Camillo Ruini, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, in data 4 ottobre 2004. Si riporta la presentazione del Cardinale Presidente della CEI. PRESENTAZIONE Riferimenti 1. Con la celebrazione del sacramento del Matrimonio gli sposi cristiani partecipano all’alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa e ricevono la grazia di viverla e manifestarla nel loro rapporto di coppia e nella vita familiare. Si tratta di una celebrazione in cui si attua un evento salvifico. Per questo la Chiesa ha rivolto al sacramento del Matrimonio un’attenzione costante e premurosa. Di tale attenzione è espressione l’adattamento per la Chiesa italiana dell’Ordo celebrandi Matrimonium, promulgato nella seconda edizione tipica il 19 marzo 1990. 2. Nell’adattamento sono stati tenuti presenti i principi della riforma liturgica del Concilio Vaticano Il (Sacrosanctum Concilium, nn. 37-40), il capitolo “De aptationibus” (nn. 39-44) dell’Ordo celebrandi Matrimonium (1990), e la quarta Istruzione per una corretta applicazione della Costituzione conciliare sulla Sacra Liturgia La Liturgia romana e l’inculturazione (1994). Sono state rispettate le caratteristiche del Rito dell’edizione tipica del 1990, che è pensata e strutturata con contenuti e sequenze rituali essenziali proprio perché 193 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA le Chiese particolari procedano a una loro inculturazione. Si è voluto, però, anche rispondere a una rinnovata coscienza ecclesiale del Matrimonio, di cui fanno fede, tra gli altri documenti, l’Esortazione apostolica Familiaris consortio di Giovanni Paolo II (1981) e il Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia (1993). Sono state prese in considerazione inoltre le riflessioni e le osservazioni degli organismi competenti e dei fedeli, che è stato possibile raccogliere in circa trent’anni di esperienza celebrativa del sacramento del Matrimonio seguendo la traduzione della prima edizione dell’Ordo celebrandi Matrimonium (1969). La caratterizzazione di alcuni testi eucologici e di alcune sequenze rituali, e l’arricchimento del Lezionario tengono conto sia di istanze di natura teologica sia di necessità di ordine pastorale, fatta comunque salva la sostanziale unità del rito romano, nel rispetto della sua nobile semplicità, chiarezza, brevità. La ricchezza dei testi biblici ed eucologici e la varietà delle forme viene già incontro alle diversità delle situazioni e delle esigenze degli sposi, ed esclude pertanto il ricorso ad altri testi ed espressioni. 3. Il testo italiano non comprende al momento l’adattamento del capitolo terzo dell’edizione tipica latina del 1990 sul “Rito del Matrimonio con l’assistenza di un laico”. Criteri ispiratori dell’adattamento rituale 4. Il significato specificamente cristiano del Matrimonio. L’unione coniugale è un valore universale dell’umanità, costituisce il fondamento della famiglia, cellula originaria della società, e si collega intimamente al mistero stesso della vita. Deriva dalla volontà di Dio Creatore e da lui riceve benedizione e santità. Gesù Cristo da parte sua ha elevato il Matrimonio a sacramento; ne ha fatto il simbolo reale che contiene e manifesta la sua unione con la Chiesa, la nuova alleanza. Il Signore crocifisso e risorto, dopo aver inserito i credenti nel corpo ecclesiale con il Battesimo, li santifica anche come coppia; comunica agli sposi lo Spirito Santo per renderli capaci di amarsi l’un l’altro con amore di donazione che sia un riflesso del suo sacrificio pasquale e della comunione trinitaria. Nell’adattamento del Rito la peculiarità del Matrimonio cristiano è stata messa in risalto offrendo una scelta più ampia di testi e dando indicazioni perché l’inserimento nella Celebrazione eucaristica faccia risplendere nella pienezza del suo significato la dimensione pasquale del “mistero grande” (Ef 5,25). 5. La dimensione ecclesiale del sacramento del Matrimonio. La coppia e la famiglia, in virtù del sacramento, diventano immagine viva del mistero stesso della Chiesa e partecipano della sua fecondità. Attraverso la testimonianza di un amore oblativo, fedele, indissolubile e fecondo, accolgono e trasmettono in modo peculiare e insostituibile il dono della salvezza che viene da Cristo. La natura ecclesiale della celebrazione del Matrimonio risulta evidente soprattutto in alcuni momenti dell’azione rituale. Nei Riti d’ingresso è la Chiesa raccolta nel Signore che accoglie gli sposi: il saluto di colui che presiede e la monizione aiu- 194 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA tano fin dall’inizio a evitare che la celebrazione assuma un carattere privato. Il Matrimonio infatti non riguarda soltanto gli sposi, i parenti e gli amici, ma richiede la partecipazione di tutta la Chiesa. La memoria del Battesimo, collocata subito dopo il saluto, evidenzia il fondamento teologico dell’atto del consenso, elemento costitutivo del sacramento. In forza del sacerdozio battesimale gli sposi partecipano al mistero dell’alleanza pasquale e compiono un atto propriamente ecclesiale. Il consenso degli sposi è la risposta a una parola di amore che, in quanto proveniente da Dio, li precede. 6. La presenza dello Spirito nel Matrimonio cristiano. Come ogni celebrazione liturgica anche la celebrazione del Matrimonio è attuata “nello Spirito Santo”. Nei testi eucologici del Rito del Matrimonio è costante il riferimento al dono dello Spirito e alla sua grazia. Anche alcune scelte rituali, in particolare la possibilità di collocare la benedizione nuziale dopo il consenso, rivelano l’opera dello Spirito Santo nel Sacramento. La benedizione è infatti atto di riconoscenza al Dio della creazione e dell’alleanza, è memoria dell’opera di Cristo-sposo, è invocazione fiduciosa dello Spirito, nella cui forza soltanto il mistero si realizza nell’oggi celebrativo. L’epiclesi della preghiera eucaristica attua in pienezza l’appartenenza della nuova coppia all’unico corpo di Cristo. La possibilità di stendere il velo sugli sposi prima della benedizione nuziale, nei luoghi dove già esiste la consuetudine o altrove con il permesso dell’Ordinario, richiama, a sua volta, la presenza dello Spirito che, avvolgendo gli sposi con la sua ombra, dona loro una nuova comunione di vita. 7. La gradualità nel cammino di fede e nell’esperienza di Chiesa. Nell’esperienza pastorale italiana si verifica sempre di più il caso di coppie che, pur non avendo maturato un chiaro orientamento cristiano e non vivendo una piena appartenenza alla Chiesa, desiderano la celebrazione religiosa del Matrimonio essendo battezzati e non rifiutando esplicitamente la fede. Sembra opportuno in tali situazioni prevedere, come suggerisce l’edizione latina del 1990, la possibilità di celebrare il sacramento del Matrimonio “extra Missam” (Praenotanda, n. 29). Tuttavia, perché il Rito proposto per tali situazioni non venga percepito come una forma diminuita e debole, si è preferito dare al secondo capitolo, che nell’edizione tipica latina è denominato “Ordo celebrandi Matrimonium sine Missa”, il titolo positivo di “Celebrazione del Matrimonio nella liturgia della Parola”. Questo capitolo è articolato in una sequenza rituale più semplice e utilizza un linguaggio più immediato. Non si sono voluti però tralasciare gesti e testi significativi quali la memoria del Battesimo, lo scambio della pace e la consegna della Bibbia. Tali elementi rituali intendono orientare verso l’Eucaristia che rimane sempre fonte e culmine della celebrazione della Parola, del consenso dei coniugi e della benedizione degli sposi. 195 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA 8. La ministerialità degli sposi nella celebrazione. Gli sposi, nell’esprimere il loro consenso, sono ministri della grazia di Cristo. Essi vivono compiutamente la loro ministerialità partecipando in modo attivo ai diversi momenti della celebrazione. Nell’adattamento sono state messe in evidenza le diverse possibilità con cui gli sposi sono coinvolti in prima persona nell’azione rituale. In particolare ciò si attua con la loro partecipazione alla processione al fonte per la memoria del Battesimo, con la venerazione del Vangelo, con la scelta di formule diverse per esprimere il consenso e per invocare la benedizione e con la presentazione delle offerte all’altare. Dalla celebrazione del sacramento alla vita di coppia e di famiglia 9. Se il Matrimonio costituisce un momento propizio per riscoprire e sviluppare la vocazione battesimale, non si deve pensare che questo si esaurisca con la celebrazione. Esso investe tutta l’esistenza degli sposi, che sono chiamati, giorno dopo giorno, ad accogliere e valorizzare la grazia che scaturisce dal sacramento, traducendo nei gesti e nelle parole della vita quotidiana ciò che essi sono diventati in forza dell’intervento dello Spirito. La benedizione nuziale, vera epiclesi sugli sposi, li inserisce per tutta la vita nel circuito dell’amore trinitario. Prendere coscienza di questa partecipazione, esserne grati al Signore, esprimerla nella fedeltà quotidiana dell’amore, è il cammino mistagogico che caratterizza tutta la loro vita. Il Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia raccomanda che gli itinerari di fede per le giovani coppie “siano il più possibile impostati come riflessione mistagogica, cioè come proposta in grado di aiutare i giovani sposi a fare memoria del dono e della grazia ricevuti nel giorno del Matrimonio” (n. 103). L’accompagnamento mistagogico risulta dunque necessario per rafforzare la capacità di dialogo tra gli sposi, offrire occasioni di confronto e sostegno tra coppie di sposi, rendere gli sposi coscienti e responsabili del proprio ruolo nella Chiesa e aiutarli a vivere il loro ministero in armonica collaborazione con tutti gli altri ministeri. Lo strumento più adeguato per poter compiere un itinerario mistagogico, oltre ai testi eucologici e alle sequenze rituali del Rito del Matrimonio, risulta essere il Lezionario, arricchito di nuove pericopi sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. 10. La Chiesa italiana, nel riconoscere la missione affidatale dal suo Sposo e Signore, illuminata, guidata e sostenuta dallo Spirito Santo, in gioiosa fedeltà al mandato ricevuto, avverte con freschezza sempre rinnovata la responsabilità di annunciare nella celebrazione l’autentico “Vangelo del matrimonio e della famiglia”, per porre gli sposi in un costante stato di vita al servizio della comunità ecclesiale e sociale. Roma, 26 luglio 2002 Memoria dei santi Gioacchino e Anna 196 DOCUMENTAZIONE Celebrazione del matrimonio e gli adattamenti della Chiesa italiana Si è svolto a Grosseto dal 4 al 6 novembre un Convegno promosso da quattro Uffici nazionali CEI (Famiglia, Catechesi, Liturgia e Giovani) sul tema “Celebrare il mistero grande dell’amore”. Viene riportata la relazione di mons. Giuseppe Busani, Vicario per la pastorale della Diocesi di Piacenza sul tema: “Gli elementi di novità del nuovo rito del matrimonio”. La riflessione della mattinata si articola su di un unico tema: “Celebrare il matrimonio e gli adattamenti della Chiesa italiana”. Relativamente a questo a me è stato chiesto di mettere in evidenza gli elementi di novità. Si tratta perciò di una riflessione di carattere descrittivo; cercherò di indicare quali cambiamenti troviamo in questo libro liturgico che abbiamo per la prima volta fra le mani. Mi occuperò principalmente del ‘che cosa’ contiene di nuovo, aggiungendo solo poche annotazioni sul ‘come’ celebrare per il fatto che un libro liturgico è sempre un libro “da fare”, non semplicemente e solo da spiegare, permettendo al celebrante di sprigionare la sua bellezza. Questo libro liturgico è il primo significativo adattamento di un Ordo fatto dalla Chiesa italiana per la Chiesa italiana. Il libro infatti è nato da un’esigenza della prassi pastorale, dalle esperienze di tante coppie che, celebrando il loro matrimonio, essendo creative nel modo di fare, interpellavano il Rito precedente. Coppie che ponendo le loro domande al Rito, guidate dai pastori, ne offrivano una interpretazione creativa. Le intuizioni, sono state raccolte e interpretate con cura dalla Commissione Episcopale per la Liturgia in due fasi, la prima guidata da mons. Brandolini, l’attuale conclusiva guidata da mons. Caprioli, che dal 1996 ha lavorato insieme alla Commissione Episcopale per la Liturgia e alla Commissione Episcopale per pastorale della famiglia e la vita, guidata da mons. Lafranconi. Un gruppo di lavoro composto da dieci membri, coordinati dall’Ufficio liturgico e dall’Ufficio di pastorale familiare, ha lavorato concretamente sul testo. Tutti i Vescovi italiani lo hanno avuto tra le mani, hanno proposto e discusso significativi emendamenti e infine il testo è stato approvato dall’Assemblea Generale del maggio 2001. 197 DOCUMENTAZIONE Successivamente l’impegno della Presidenza della C.E.I. e in particolare del Segretario Generale mons. Betori, ha permesso di presentarlo per la recognitio che è avvenuta il 29 aprile 2004. 1. Senso e necessità dell’adattamento Nel 1990 è stato consegnato a tutta la Chiesa cattolica la seconda Editio Typica per la celebrazione del matrimonio, quindi un testo rinnovato rispetto alla prima edizione latina del 1975, ma ugualmente unico e stabilito per tutta la Chiesa. Nei Praenotanda di questa nuova edizione, c’è un capitolo, il quarto, in cui si dice che le Conferenze Episcopali possono operare degli adattamenti e perciò ne vengono presentati i criteri e definite le possibilità. La categoria di adattamento va interpretata. Non si tratta infatti semplicemente di adeguare un Rito alla situazione; si tratterebbe di un livellamento che inevitabilmente abbasserebbe la qualità della proposta. Il Rito tiene conto della situazione, ma opera contemporaneamente solidarietà, quindi ascolto, assunzione e differenza per operare trasfigurazioni nelle persone. Il Rito non è solo momento espressivo e rappresentativo, sarebbe troppo vicino e coincidente con la vita e con la realtà e impedirebbe l’irruzione di una novità. Il Rito è - o perlomeno dovrebbe essere! - azione che esercita una forza impressiva, istituisce una nuova realtà; quando celebri un sacramento sei battezzato, non sei più o meno battezzato. Se celebri il sacramento del matrimonio sei sposato, non sei più o meno sposato. Mentre sei più o meno preparato: questa è la differenza tra il livello espressivo o mentale e il livello impressivo o sacramentale. Quindi la finalità dell’adattamento è piuttosto quella di rivelare tutta la risorsa di quel Rito che è sempre più gioioso e generoso di noi, mostrare che la sua differenza è attendibile, cioè risponde alle attese, può essere intesa. L’adattamento si occupa di creare le condizioni di possibilità per la partecipazione. La forza persuasiva di un Rito è la sua capacità di coinvolgere tutti quelli che partecipano nell’azione; il criterio dell’adattamento è questo: muovendosi sempre sulla terra sacra di un Rito indisponibile ad ogni arbitraria e soggettiva manipolazione.. come credenti di un determinato momento e come questa assemblea può parteciparvi; si tiene conto del libro, ma non si dimenticano le persone. Quindi il senso della categoria “adattamento” è legato al criterio dell’attenzione alle persone e alle loro situazioni. Le persone e le loro situazioni Alcune persone che chiedono il matrimonio vivono un’esperienza di Chiesa come Chiesa eucaristica. Queste persone hanno recepito il percorso, le profondità e le aperture dello sviluppo della riflessione teologico-spirituale sul sacramento del matrimonio. 198 DOCUMENTAZIONE Leggendo i Praenotanda, il Direttorio di Pastorale Familiare e la Familiaris Consortio, si coglie tale ricchezza senza troppa difficoltà. Queste persone hanno frequentato percorsi biblici che reinterpretano il dato biblico secondo la categoria sponsale. Per queste persone finora avevamo un Rito che quasi costringeva a inserire questa ricchezza in modo scomposto e arbitrario, proprio perché era un Rito, tutto concentrato e risolto sul consenso. A fatica si lasciava abbracciare dalla Parola e dall’Eucaristia che sembrano giustapposte; non se ne coglie il legame a doppio filo tra il consenso e l’Eucaristia per cui il Concilio al n. 78 dice: “si celebri normalmente il matrimonio nella celebrazione eucaristica” (Sacrosanctum Concilium). Quindi quando c’è sproporzione tra forma celebrativa e esperienza, pensata a livello credente, la forma celebrativa rischia di essere usata come occasione per inserirvi le nostre idee, contenitore di insegnamenti ed esortazioni e succede una cosa grave: l’invasione del verbale, dell’esplicativo didattico e dell’esortativo moralistico. La Chiesa italiana ha adattato il primo capitolo proprio per queste persone, per far vivere l’intrinseca reciprocità fra matrimonio-consenso ed Eucaristia, perché il consenso appaia come abbracciato da una parte dalla Parola e toccato dall’altro dalla grazia dell’Eucaristia. Una forma rituale, quella del primo capitolo, in cui testi e gesti permettono di entrare in contatto con il paradosso dell’Amore crocifisso, quell’impensabile Amore che solo può essere incontrato e incarnato se è narrato, invocato, lodato. Memoria (Anamnesi), Epiclesi, Dossologia, Eucaristia. Questo è il motivo del primo capitolo. Però ci sono altre persone, perché, come dicono i Vescovi nell’ultima Nota Pastorale sulla parrocchia: “il mondo della fede non è più unitario” (n. 2). Ci sono altri, fra coloro che chiedono il matrimonio, che vivono una fede da rifondare perché il Battesimo è rimasto senza risposta, una fede da risvegliare perché sospesa e mai rinnegata, e hanno diritto al matrimonio: sono i non-praticanti. Esistono modi nuovi di vivere la fede che non sono più unitari. Per queste persone l’Eucaristia rischia di rimanere altra rispetto al consenso, vedono tutta la forza nel loro amore, nel sì libero, nella scelta e quindi l’Eucaristia rischia di essere giustapposta, un po’ ornamentale, la prendono, la smontano in modo che possa in un qualche modo rispecchiare quanto loro sentono, ma anche questa è un’operazione arbitraria, pericolosa. Nel secondo capitolo non è presente una medesima forma per diverse situazioni di fede, ma forme celebrative rispettose delle situazioni di fede. Il secondo capitolo si riferisce a chi sta sperimentando in modo diverso la fede, ma non propone una forma rituale debole. Si rivolge a persone che devono risvegliare la loro fede, ma facendo loro una proposta, un’offerta. Ciò vuol dire che il secondo capitolo non è una forma diminuita, una forma rituale debole, perché la sua struttura è forte, non toglie ma offre ospitalità e ricerca per il cammino. 199 DOCUMENTAZIONE • La Memoria del Battesimo con tutte le ricchezze testuali e gestuali del primo capitolo. • La Liturgia della Parola con cinque schemi per orientare la scelta tra le ottantadue pericopi offerte a tutti. • La Liturgia del matrimonio con due forme di manifestazione delle intenzioni, tre forme del consenso come nel primo capitolo. • La Preghiera dei fedeli qui senza litanie; non diciamo mai quindi senza Messa, ma nella liturgia della Parola. • Il Padre Nostro. • Lo scambio del dono della pace. • Una consegna ritualizzata della Bibbia con la sua parola e il suo gesto, da non confondere con il regalo che il prete fa eventualmente, tra i tanti regali, della Bibbia. Questa è una consegna ritualizzata, c’è un gesto e la sua parola. Il secondo capitolo quindi non è il Rito per i non-praticanti e i criteri di scelta sono quelli stabiliti o indicati dai documenti: la presentazione C.E.I. al n. 7, i Praenotanda al n. 29-36 e la Nota C.E.I. sulla Parrocchia al n. 13. Faccio una precisazione sul secondo capitolo, che è il più delicato da gestire pastoralmente: il fatto che si parli di Comunione, sia ben chiaro che si celebra la Comunione quando il motivo dell’uso del secondo capitolo non è la situazione di fede di coloro che chiedono il matrimonio, ma è l’assenza del presbitero e quindi presiede un diacono; solo in questo caso ha senso la Comunione. Il terzo capitolo è una traduzione di quello che nell’Ordo celebrandi matrimonium del 1990 riguarda il matrimonio fra un battezzato e una parte non battezzata o catecumeno. Poi c’è un quarto capitolo che presenta una delle ricchezze più belle del Rito adattato: il Lezionario arricchito con presentazione C.E.I. Presenta la traduzione di collette nuove, proposte di preghiere dei fedeli e, cosa ancora nuova e interessante, le melodie per il ringraziamento nella memoria del Battesimo, per il Salmo responsoriale, per l’acclamazione al Rito del matrimonio. Le novità del rito Ora proviamo ad analizzare le novità dopo averne detti i criteri, la forma e la struttura; le schematizzo a tre livelli: di struttura rituale, di gestualità e poi a livello di novità o arricchimenti o modificazioni testuali. Struttura rituale Nella struttura rituale ci sono quattro nuovi elementi Di grande valore, nel rito di ingresso, è la Memoria del Battesimo, dal n. 52 al n. 58. 2. Nella liturgia della Parola vi è la proposta di cinque schemi di Liturgia della Parola per orientare la scelta, al n. 62. 1. 200 DOCUMENTAZIONE 3. Le invocazioni litaniche dei Santi Sposi sono inserite nella preghiera dei fedeli. Questo nuovo elemento è significativo perché indica che il ministero degli sposi è considerato appunto tale, l’esperienza sponsale è considerata ministeriale ed è assunta nella ministerialità della Chiesa. Il Matrimonio edifica la Chiesa come le Professioni e Consacrazioni religiose e le Ordinazioni. Inoltre crea il legame tra la Chiesa della terra e la Chiesa del cielo. Purtroppo la collocazione e il legame con la preghiera dei fedeli che tenta di evitare l’imitazione dell’Ordinazione e di collegarsi a quella del Battesimo non è del tutto riuscita. Comunque esiste il fatto dell’invocazione dei Santi Sposi al n. 81. 4. Nel secondo capitolo, è presente la Consegna della Bibbia agli sposi con il suo testo. Letto questo testo segue il congedo (proprio nel Rito, prima della benedizione finale al n. 142): “Ricevete la Parola di Dio, risuoni nella vostra casa, riscaldi il vostro cuore, sia luce ai vostri passi, la sua forza custodisca il vostro amore nella fedeltà e vi accompagni nel cammino incontro al Signore”. 5. Ultimo elemento, ma non meno importante nella struttura rituale, è la possibilità di una diversa collocazione della Benedizione Rituale. La benedizione degli sposi è collocata come possibilità subito dopo lo scambio degli anelli e quindi nel Rito del matrimonio, però al n. 79, vi è solo un titolo e una rubrica e non i testi, che sono rimandati ai nn. 85-88, nel posto dove sono attualmente le Benedizioni. È presente la possibilità di una diversa collocazione della sequenza rituale della Benedizione nuziale, tra il consenso e lo scambio degli anelli e la preghiera dei fedeli e l’invocazione litanica. Poterla collocare nella liturgia del matrimonio illumina in modo significativo il senso del matrimonio cristiano. È adeguatamente numerata e titolata e si può realmente celebrare in quel momento. Quindi esiste la possibilità di una diversa collocazione. Gestualità Le novità gestuali danno rilievo all’importanza del “non verbale” nella celebrazione del matrimonio e sempre nelle celebrazioni in generale. • Nei Riti d’Ingresso che sono legati alla Memoria del Battesimo si può fare la processione al fonte battesimale e poi senz’altro si deve fare l’aspersione degli sposi e dell’assemblea. Si crea un movimento e una gestualità nuova. • Nella Liturgia della Parola, n. 63, gli sposi dopo il sacerdote venerano l’Evangeliario con un bacio. • Nella Liturgia del Matrimonio gli sposi durante il consenso possono eventualmente avvicinarsi all’altare, non occupandolo, e rivolgersi l’uno verso l’altro. Qui è molto importante indicare la collocazione degli sposi: io eviterei la collocazione che occupa l’altare o fa da barriera tra altare ed assemblea. Sarebbe migliore la collocazione che permette di avvicinarsi all’altare, di andare verso l’altare come dovremmo fare in ogni celebrazione. Nessuno dovrebbe occupare il centro dell’altare e divenirne padrone. 201 DOCUMENTAZIONE • Un altro gesto è previsto durante la benedizione nuziale; prima si diceva: “il sacerdote rivolto agli sposi con le braccia allargate”, ora: “il sacerdote tenendo stese le mani sugli sposi”. In questa maniera si evoca maggiormente l’invocazione dello Spirito, l’Epiclesi; gli sposi possono inginocchiarsi e si crea davvero un momento rituale di preghiera invocante. Arricchimento dei testi I testi nuovi sono arricchimenti di testi già esistenti e modifiche delle traduzioni. Testi nuovi sono certamente quelli per la Memoria del Battesimo perché è una sequenza rituale del tutto nuova (n. 54 e n. 56). La caratteristica di questi testi è che si tratta di una memoria riconoscente, come dire che è il Battesimo che fonda il consenso perché libera la libertà, è un sì fondato su un sì che ci è dato nel Battesimo, il sì di Dio, è una novità data ma da rinnovare “novitas innovanda”. Si ravviva il dono dell’inizio, della benedizione originaria ed è realizzato sul modello dell’aspersione domenicale. A livello di testi questo è proprio nuovo nella sua totalità, nella sua sequenza. Poi ci sono nuove monizioni, non le cito, però ce n’è una interessante che rischia di sfuggire e riguarda il secondo capitolo. Ho scelto finora i testi sempre dal secondo capitolo per evidenziare che è ricco, e non è una forma debole. Nel secondo capitolo, prima della Liturgia della Parola c’è una monizione del tutto nuova: “Fratelli e sorelle, dopo aver fatto Memoria del Battesimo (perché anche nel secondo capitolo si fonda tutto sul Battesimo) ascoltiamo in raccoglimento la Parola di Dio”. Accolta con fede, annuncia la presenza del Signore in questo momento di festa e di gioia, illumina il cammino dei coniugi, apre alla ricchezza della vita ecclesiale, rivela l’amore di Cristo Sposo per la Chiesa sua Sposa. La Parola è posta in evidenza sia quando è introdotta sia quando è proclamata e celebrata, sia quando è consegnata ai suoi testi e ai suoi gesti. Introduzione di nuove formule La seconda forma (questo vale per tutti i due capitoli) di manifestazione delle intenzioni, cioè quell’interrogativo che è uguale al testo precedente, prevede anche queste formule: “Compiuto il cammino del fidanzamento, illuminati dallo Spirito Santo e accompagnati dalla comunità cristiana siamo venuti...”. E conclude: “Chiediamo a voi, fratelli e sorelle, di pregare con noi e per noi perché la nostra famiglia diffonda nel mondo luce, pace e gioia”. Questo è l’incipit e la conclusione del n. 69. Li recitano insieme gli sposi. Poi c’è una seconda forma di manifestazione del consenso che è il n. 72 ed è la forma dialogica: “Vuoi unire la tua vita alla mia nel Signore che ci ha creati e redenti?”. “Sì, con la grazia di Dio lo voglio”. “E tu vuoi unire la tua vita alla mia nel Signore che ci ha creati e redenti?”. “Sì, con la grazia di Dio, lo voglio”. 202 DOCUMENTAZIONE È presente una terza forma di benedizione degli anelli. Poi ci sono arricchimenti nei testi già esistenti e modifica delle traduzioni. Molti arricchimenti riguardano la presenza o il riferimento all’opera dello Spirito Santo. Sarebbe interessante elencare come sono inclusi: “Accolgo te come mia sposa e con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre”. E qui mi permetto di farne l’ermeneutica che ritengo abbastanza adeguata per evitare le cattive interpretazioni diffuse a tutti i livelli. Il verbo “accogliere” Per taluni questo verbo è debole, accogli l’altro come si accoglie un extracomunitario che si ospita e poi si rinvia da dove è venuto; oppure come si accoglie una persona gentilmente nella hall di un albergo, ma è ospite momentaneo; manca la decisione, manca la scelta. Ecco: “accolgo te”. L’altro non è un possesso, ma un dono promettente: Dio consegna gli sposi l’uno all’altro, essi si ricevono dalle mani di Dio; io accolgo te dalle mani di Dio e ti accolgo non come un ospite qualsiasi ma come mia sposa, così c’è scritto. L’impegno, cioè la scelta e la responsabilità, non è escluso, non è indebolito, ma fondato sulla grazia di Cristo, con la grazia di Cristo. Perché la promessa sfida il tempo che include anche il tempo del deserto e della prova; deserto non attraversabile senza questa grazia che discende dall’alto come la manna. E fondata quindi, questa responsabilità e quest’impegno, sulla grazia del Padre che in Cristo ci ha dato proprio tutto. Benedizione nuziale La novità testuale più rilevante (per questo l’ho lasciato come mia conclusione) è la presenza di una nuova preghiera di benedizione nuziale degli sposi: la quarta formula al numero 88 e anche al 130. Ha una struttura abbastanza vicina a quella delle preghiere eucaristiche, cioè bipartita: la prima parte è anamnetico-celebrativa, cioè una narrazione riconoscente del mistero salvifico nella sua dimensione trinitaria ed è segnata da acclamazioni. Le acclamazioni sono: “Ti lodiamo, Signore, ti benediciamo - eterno è il tuo amore per noi” per tre volte: per il Padre, per il Figlio Gesù e lo Spirito Santo. Preghiera trinitaria anamnetico-celebrativa: acclamiamo l’amore. Mi permetto di leggervi il secondo momento, quello cristologico perché è la novità: mentre nelle altre preghiere di benedizione il cristologico c’è, ma è sacramentale, non è narrativo, non fa riferimento al Gesù di Nazareth, qui è chiaramente narrativo. Un po’ come nelle preghiere eucaristiche che ogni tanto inseriscono un momento narrativo. “Quando venne la pienezza dei tempi hai mandato il tuo Figlio, nato da donna, a Nazaret, gustando le gioie e condividendo le fatiche di ogni famiglia umana, è cresciuto in sapienza e grazia. A Cana di Galilea, cambiando l’acqua in vino, è divenuto presenza di gioia nella vita degli sposi. Nella croce, si è abbassato fin nell’e- 203 DOCUMENTAZIONE strema povertà dell’umana condizione, e tu, o Padre, hai rivelato un amore sconosciuto ai nostri occhi, un amore disposto a donarsi senza chiedere nulla in cambio”. Certamente questo momento cristologico è nuovo anche rispetto alle tre preghiere precedenti. La seconda parte invece è invocativo, di supplica. Difatti nell’acclamazione di risposta si dice: “Ti supplichiamo, Signore - ascolta la nostra preghiera”. Si prega che scenda lo Spirito a trasfigurare l’opera iniziata e la renda segno della carità “Scenda la tua benedizione su questi sposi, perché, segnati col fuoco dello Spirito, diventino Vangelo vivo tra gli uomini”. E nel secondo aspetto, quello esortativo, si riprende in preghiera (Romani 12, 9 ss): “Siano lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità. Non rendano a nessuno male per male, benedicano e non maledicano, vivano a lungo e in pace con tutti”. La conclusione è escatologica: “Il loro amore, Padre, sia seme del tuo regno. Custodiscano nel cuore una profonda nostalgia di te fino al giorno in cui potranno, con i loro cari, lodare in eterno il tuo nome”. L’andamento è trinitario ed escatologico, il contenuto della preghiera di benedizione colloca il sì degli sposi nella storia del dono originario, cioè in quell’impensabile e più grande reciprocità che è la storia della Trinità. Il contenuto, l’atto della benedizione è compiuto dal ministro ordinato ed è obbligatorio, contribuisce a mantenere vivo il fatto che il sacramento si riceve, non ci si dà il sacramento, neppure il matrimonio. Invocare la benedizione attesta che quello che avviene discende dall’alto e si riposa sopra. L’atto del benedire evoca questo movimento che è il movimento dell’evento storico salvifico, è una eterna provenienza, una destinazione e una personalizzazione. Dimori in noi quello che si vive; si vuole dire è un evento che si fa presente per noi quello che non è producibile da noi. Questo attesta l’invocazione benedicente. Conclusione A evitare il rischio che Dio e la relazione con Lui affoghi in un mare di parole, per lo più devocalizzate, la tradizione della Chiesa ci ha consegnato alcune forme di vita della fede in cui la parola non è mai sola, senza voce, senza suono, senza gesto, senza luce. La tradizione ha dato luce ad una poetica della fede, sia innalzando quegli inni di silenzio che sono le nostre cattedrali, le nostre basiliche, sia strutturando i riti. Essi appartengono alla poetica della fede, a quelle forme della relazione con Dio, in cui non si è più costretti a pensare il corpo come una morsa da cui la mente deve liberarsi, ma piuttosto occupate ad affinare i sensi per il tocco di Dio, adattando quindi l’occhio all’invisibile, l’orecchio all’ineffabile, il corpo all’abbraccio sponsale. A volte le nostre presunzioni didattiche o possessioni utilitaristiche ci fanno mancare all’appuntamento di una Chiesa che deve far trasparire la bellezza e la gioiosità del Vangelo per cui anche questo Rito può contribuire a vivere la dimensione missionaria della nostra pastorale. 204 UFFICIO LITURGICO Sine dominico non possumus Adorazione eucaristica per le vocazioni in preparazione al XXIV Congresso Eucaristico Nazionale In questo Anno dell’Eucaristia, mentre la Chiesa italiana è in cammino verso il Congresso Eucaristico Nazionale, che si svolgerà a Bari dal 21 al 29 maggio del 2005, la Congregazione per l’educazione cattolica ha invitato la Chiesa italiana a favorire nelle singole diocesi, per il prossimo mese di maggio, l’Adorazione Eucaristica per l’incremento e la santità delle vocazioni alla vita sacerdotale e alla vita consacrata. L’Ufficio Liturgico Nazionale e il Centro Nazionale Vocazioni hanno pensato di inserire questa preghiera vocazione nel cammino di avvicinamento al Congresso Eucaristico e nella stessa Settimana Congressuale. In particolare, nella prima settimana – dal 1 al 7 maggio – ciascuna delle diocesi del Nord dedicherà una giornata all’Adorazione Eucaristica vocazionale, nella seconda settimana – dal 8 al 14 maggio – saranno le diocesi del Centro a dedicare una giornata all’Adorazione Eucaristica vocazionale; mentre nella terza settimana – dal 15 al 21 maggio – saranno le diocesi del Sud e delle Isole. Nella quarta settimana – dal 22 al 28 maggio, che coincide con il Congresso Eucaristico Nazionale, vi sarà ogni giorno nella Cattedrale di Bari l’Adorazione Eucaristica Vocazionale. Preghiera di adorazione Eucaristica proposta alle Comunità parrocchiali (a cura del Centro Diocesano Vocazioni di Bari) Guida «Sine Dominico non possumus!» Senza il Dominicum non possiamo vivere! La testimonianza che i 49 martiri della cittadina africana di Abitene (nell’odierna Tunisia) resero a Cristo durante la persecuzione di Diocleziano nel 304, si può ricondurre tutta a questa confessione di fede: senza la celebrazione eucaristica domenicale non possiamo vivere. Il Dominicum - che significa insieme “il Risorto” - il Giorno del Signore” - “la celebrazione dell’Eucaristia” - “il luogo della celebrazione” - è l’unica loro ragion d’essere; e per averlo celebrato vengono torturati e messi a morte. Ci siamo raccolti in preghiera con la stessa intenzione dei Martiri di Abitene, con la stessa fede, intatta lungo i secoli, per adorare il Signore vivente e presente nel sacramento dell’Eucaristia: nella Celebrazione della Cena del Signore facciamo memoria dell’istituzione del sacramento dell’altare; ora ne contempliamo il frutto di amore che come uva nel torchio e grano nella macina è diventato per noi il Corpo e il Sangue di Cristo, nutrimento di salvezza. È il nostro “Dominicum”! 205 UFFICIO LITURGICO Ci accompagneranno nella preghiera alcuni testi. Ma al di là delle parole, è la Parola di Dio fattasi corpo preso, benedetto e poi spezzato e donato a riempire il nostro cuore e a dare nutrimento al nostro spirito. Siamo qui in ginocchio dinanzi al Signore immolato e risorto, come Maria di Betania dinanzi ai suoi piedi nell’atto di ungerli con il balsamo dell’adorazione: solo a Lui la nostra lode e il nostro ringraziamento. Siamo qui nella Casa dell’amore, il tempio che raccoglie la sua presenza: è Lui che riempie i nostri cuori e ci rende pietre vive, tempio spirituale, idonei per il sacrificio a lui gradito. Lui solo può dare senso e gioia piena ai nostri giorni terreni, rendendoli santi. Canto Iniziale ed esposizione del SS. Sacramento (scelto dal repertorio comunitario che sia adatto alla preghiera di adorazione) INVITO ALLA PREGHIERA Sac. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo Tutti Amen Sac. Il Signore sia con voi Tutti E con il tuo spirito Sac. Sia benedetto il nostro Dio in ogni tempo Tutti Ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen Sac. Venite, adoriamo Dio nostro Re Tutti Adoriamo te, o Cristo, risorto in mezzo a noi, nostro Re e nostro Dio Sac. Venite, inchiniamoci davanti al Signore, nostro Re e nostro Dio Tutti Dio santo, Dio forte, Dio immortale, abbi pietà di noi Sac. Signore Gesù, Tu sei l’Agnello, il Servo del Signore Tutti Con il tuo sangue versato togli il peccato del mondo Sac. Signore Gesù, Tu sei l’Agnello di Dio Tutti Fin dalla fondazione del mondo sei stato immolato Sac. Signore Gesù, Tu sei l’Agnello Pasquale Tutti Dal costato trafitto hai versato sangue e acqua Sac. Signore Gesù, Tu sei l’Agnello ritto sul trono Tutti Tu apri i sigilli del libro della prima alleanza Sac. Signore Gesù, Tu sei l’Agnello della nuova Gerusalemme Tutti Sua lampada e nuovo sole, Tu splendi in eterno Signore Gesù, Tu sei l’Inizio e la Fine e il Vivente Sac. Tutti Tu sei morto ma ora regni sulla morte e sull’inferno Sac. Preghiamo: Dio della luce, abbiamo accolto il tuo invito ed eccoci alla tua presenza: manda il tuo Spirito Santo su di noi perché attraverso l’ascolto delle Scritture riceviamo la tua Parola, attraverso la meditazione accresciamo la conoscenza di te e attraverso la preghiera contempliamo il Volto amato di tuo Figlio, Gesù Cristo nostro unico Signore. Tutti Amen. 206 UFFICIO LITURGICO Primo momento: ALLA MENSA DI BETANIA Guida La cena di Betania a casa di amici anticipa di qualche giorno la Cena pasquale e il cammino della Passione. Dinanzi a Marta, Lazzaro e i dodici, Maria, innamorata di Cristo, si china sui suoi piedi, li bacia, li cosparge di olio di nardo prezioso e li asciuga delicatamente con i suoi capelli. La bellezza del Maestro è irresistibile: senza il Signore non si può vivere. Dal Vangelo secondo Giovanni (12,1-8) Riflessione (É importante che le riflessioni siano lette lentamente, a voce chiara, precedute e seguite da ampi spazi di silenzio, che permettano la meditazione e la preghiera) Betania in ebraico vuol dire «casa del povero, dell’afflitto». Poveri e afflitti siamo senza Cristo! Ma a Betania l’afflizione si è mutata in gioia per il risveglio di Lazzaro dal sonno della morte. Un giorno rispondendo ai farisei, i quali rimproveravano i dodici perché non rispettavano i giorni di digiuno, disse che non potevano digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo era con loro. Avrebbero certo digiunato e fatto lutto quando lo sposo sarebbe stato loro tolto. Nella «casa dell’amicizia», insieme a Marta, Lazzaro, Maria e i Dodici, la compagnia di Gesù trasforma ogni afflizione in gioia. L’incontro con il Risorto riempie di gioia i nostri giorni. A mensa con Lui ci viene restituita la vita. É festa quando Lui abita la nostra casa, quando entra nel cuore e rimane con noi. Betania: piccola casa in cui si è accolti, non si è fraintesi, in cui si può assaporare sempre il profumo soave dell’amicizia. Betania: icona della Chiesa che immerge i suoi giorni nel Giorno del Signore! É presente Lazzaro, risorto dai morti, figura di tutti noi risorti con Cristo mediante il Battesimo. É presente Marta, icona della Chiesa che serve e si offre, che lavora e si dona per preparare la mensa dell’amore. È presente Maria, la Chiesa che contempla e che ama, che soffre e che spera, che prega e che tesse nel segreto trame di comunione con Dio e con i fratelli. Sono presenti i Dodici. Betania: Chiesa di amici e Tempio di Amicizia, un’amicizia vera, “balsamo di vita”, «olio profumato di vero nardo, assai prezioso» il cui prezzo può essere soltanto la vita dei due amici: Dio e l’uomo! Come è bella questa icona di Chiesa, l’Eucaristia alla mensa di Betania! Ti chiediamo, o Signore, di renderci sempre più chiesa così! La sera della Cena con i tuoi amici hai lavato loro i piedi per dare l’esempio. Hai lavato i piedi ai Dodici perché imparassero da te l’arte del servizio, da te che ti si è fatto servo per amore.A Betania, qualche giorno prima, fu una donna a insegnarci l’arte della tenerezza, piegandosi sui tuoi piedi, i piedi del Figlio di Dio. Li ha unti con il balsamo dell’amore, li ha accarezzati con i morbidi capelli e li ha baciati con la tenerezza della sposa. E tutta la casa si è riempita del profumo soave del vero nardo assai prezioso. Nel Cenacolo la tua compassione ci rende Chiesa del Servizio al prossimo. A Betania la testimonianza di amore e di gratitudine di Maria ci consegna a te, nostro Sposo. Insegnaci a riconoscere te nel prossimo e ad amare i fratelli perché amiamo te. Quando ci raduni la Domenica attorno alla mensa dell’amicizia e ti offri come cibo di salvezza, donaci l’audacia di Maria che, intrepida e traboccante di amore per te, 207 UFFICIO LITURGICO per il tuo corpo immolato, ti unge di nardo prezioso. Tu solo puoi trasformare quello che sarebbe dovuto essere il banchetto funebre in memoria di Lazzaro, in un banchetto di gioia per la risurrezione del fratello. Solo Tu, o Cristo, puoi trasformare il fetore insopportabile di un morto da quattro giorni nel profumo di letizia pasquale che inonda la casa. Noi ti cerchiamo o Signore: nelle esperienze contemplative o nel tempo feriale segnato dall’abitudine, ti chiediamo un pieno di gioia. Che lo splendore del tuo Volto divino illumini e sazi i nostri sguardi di carne. Ora ti contempliamo nell’Eucaristia e ti diciamo dal profondo del cuore: «Senza di te, o Cristo, non possiamo vivere!». Preghiamo Sac. Adoriamo il mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, Signore Gesù. A te rivolgiamo il nostro cuore ed eleviamo lo sguardo a Colui che hanno trafitto e innalzato da terra ci attira irresistibilmente a sè. Tutti: Lett. Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo! Verbo di Dio, olio dell’unzione, il tuo Nome è profumo che si espande. La tua amica ti offre l’olio profumato il discepolo ti vende per trenta denari. La tua amica ti riconosce come Signore, il discepolo si separa da te, suo Maestro. La peccatrice ti lava i piedi e li bacia, tu lavi i piedi al discepolo che con un bacio ti tradisce. Noi abbiamo peccato come la peccatrice, ti abbiamo tradito come il discepolo vinto da satana. Lett. Lett. Lett. Lett. Sac. O Signore, nostro Dio, noi ti benediciamo e ti rendiamo grazie, per il dono di Gesù Cristo tuo Figlio e nostro Signore. Ai «figli dell’olio», cioè ai consacrati con l’unzione perché portino lieti annunzi ai poveri, la «corona» dei fiori si addice più della «cenere», il profumo più dell’abito di lutto, e il «canto di lode» più del «cuore mesto». Preservaci, o Padre, dall’errore di Giuda il quale, insensibile al profumo di nardo, avverte solo il tintinnare dei soldi, e invece che percepire la lucentezza dell’olio, si lascia sedurre dallo scintillio dell’argento. Concedici, o Padre, che rinvigoriti dal tuo Spirito di Santità, diffondiamo nel mondo il buon profumo di Cristo. A te la lode e la gloria dalla Chiesa e dal creato per tutti i secoli dei secoli. Tutti Amen. Canto Secondo momento: RIMANETE NEL MIO AMORE Guida Agli apostoli nel cenacolo e a noi qui in preghiera nella memoria e nel rendimento di grazie del dono ricevuto, Gesù dice: «Rimanete in me e io in voi». La parola “rimanere - dimorare”, cara all’evangelista Giovanni, richiama relazioni, affetti, amore. L’uomo dimora dove ha il cuore: abita dove ama, è di casa in colui che ama. L’unione con Dio non è un vago affetto o una illuminazione intellettuale: è vita concreta, spesa nell’amore per i fratelli. Come Cristo! 208 UFFICIO LITURGICO Dal Vangelo secondo Giovanni (15,5-17) Riflessione: «Rimanete nell’amore, il mio!» A Giovanni è caro questo verbo: “Rimanere - dimorare”. La dimora di Nazaret con Maria e Giuseppe; l’abitazione di Cafarnao con i primi discepoli; la casa di Betania in compagnia degli amici più cari; il Cenacolo, dove si consegna nel pane e nel vino la sera del tradimento, dove ci consegna lo Spirito la sera di Pasqua, dove spalanca le porte e i cuori alla missione nel mattino di Pentecoste. Lui abita la “casa dell’amore” e ci chiede non solo di dimorare con Lui, ma di rimanere in Lui, nel suo amore. Questa è la nostra vera casa. Qui possiamo ritrovare la nostra identità. Dimorare nel suo amore ci fa diventare figli di Dio e ci rende capaci di portare frutto, molto frutto! Ci fa essere capace di amare i fratelli con il suo stesso amore perché l’amore è comunicazione di ciò che si ha e, ancor più, di ciò che si è. Non esitare ad amare, e ad amare profondamente. Potresti avere paura del dolore che un profondo amore può causare. Quando quelli che ami profondamente ti respingono, ti abbandonano o muoiono, ti si spezza il cuore. Ma questo non deve trattenerti dall’amare profondamente. Il dolore che viene da un amore profondo renderà il tuo amore ancora più fecondo. È come un aratro che spezza le zolle per consentire al seme di prendere radici e di crescere diventando una pianta robusta. Ogni volta che sperimenti il dolore del rifiuto, dell’assenza o della morte, ti trovi di fronte a una nuova scelta. Puoi diventare preda dell’amarezza e decidere di non amare più, oppure puoi rimanere in piedi nel tuo dolore e lasciare che il suolo su cui stai diventi più ricco e più capace di dare vita a nuovi semi. Quanto più hai amato e hai accettato di soffrire a causa del tuo amore, tanto più potrai lasciare che il tuo cuore diventi più ampio e più profondo. Quando il tuo amore è vero dare e vero ricevere, quelli che tu ami non lasceranno il tuo cuore anche quando se ne andranno via. Diventeranno parte del tuo io, costruendo così gradualmente una comunità dentro di te. Quelli che hai profondamente amato diventano parte di te. Più a lungo vivrai, più numerose saranno le persone che amerai e che diventeranno parte della tua comunità interiore. Più grande diventerà la tua comunità interiore, e più facilmente riconoscerai i tuoi fratelli e le tue sorelle negli estranei intorno a te. Quelli che sono vivi dentro di te riconosceranno quelli che sono vivi intorno a te. In questo modo il dolore del rifiuto, dell’assenza e della morte potrà diventare fecondo. Sì, se ami profondamente, il terreno del tuo cuore sarà sempre più frantumato, ma ti rallegrerai per l’abbondanza dei frutti che porterà. Preghiamo Lettore: Aiutami, Signore, a tenere lo sguardo fisso su di te. Tu sei l’incarnazione dell’Amore divino, tu sei l’espressione dell’infinita misericordia di Dio, tu sei la manifestazione visibile della santità del Padre, tu sei bellezza, bontà, dolcezza, perdono e grazia. Lettrice: In te si può trovare ogni cosa. Al di fuori di te nulla può essere trovato. Perché dovrei guardare altrove o andare altrove? 209 UFFICIO Tutti: LITURGICO Tu hai parole di vita eterna, tu sei cibo e bevanda, tu sei la luce che risplende nelle tenebre, la lampada sul lucerniere, la casa posta sul monte. Tu sei la perfetta icona di Dio. In te e attraverso te posso vedere il Padre, e con te posso trovare la via verso di Lui. O Santo, o Bello, o Glorioso, sei il mio Signore, il mio Salvatore, il mio Redentore, la mia Guida, il mio Consolatore, il mio Conforto, la mia Speranza, la mia Gioia e la mia Pace. A te voglio dare tutto ciò che sono. Lettore: Fa’ che io sia generoso, che non sia avaro né esitante. Lettrice: Fa’ che ti dia tutto: tutto ciò che ho, tutto ciò che penso, tutto ciò che faccio e che sento. Tutti: Tutto è tuo, Signore. Accettalo, ti prego, e rendilo pienamente tuo. Amen. Canto Terzo momento: RIMANI CON NOI , SIGNORE ! Guida Il dono dell’Eucaristia risplende in tutta la forza del suo mistero e nella potente eloquenza del segno del pane, segno di vita e di comunione. È il Papa a ricordarcelo con il suo magistero e con la testimonianza della sua vita e del suo apostolato. Ascoltiamolo nelle parole che lui ha consegnato alla Chiesa per questo anno dell’Eucaristia. Dalla Lettera Apostolica “Mane nobiscum Domine” di Papa Giovanni Paolo II (nn. 29-30-31) Riflessione O Signore, ora che sono qui dinanzi a te, presente nel sacramento dell’altare, nel dono dell’Eucaristia, penso alle innumerevoli persone che non credono in te, a quanti soffrono per mancanza di pane, a quanti soffrono per mancanza di amore. Mentre io sono qui e godo del dono della tua presenza e della comunità che ti ama, ti adora, ti celebra e si prende cura di me, dinanzi a te sono consapevole della povertà fisica e spirituale di tanti altri esseri umani. La mia fede nella tua presenza, quando il pane viene spezzato, non è forse tesa ad andare oltre la piccola cerchia dei fratelli, verso la cerchia più ampia dell’umanità, ad alleviare per quanto possibile la sua sofferenza? Se ti riconosco nel sacramento dell’Eucaristia, devo anche poterti riconoscere nei 210 UFFICIO LITURGICO tanti uomini, donne e bambini affamati del tuo e del mio amore. Se non so tradurre la mia fede nella tua presenza in azione per il mondo, sono ancora una persona senza fede. Ti prego, perciò, Signore: rendi più profonda la mia fede nella tua presenza eucaristica e fa’ che questa fede fecondi la vita di molti. Riempi i miei giorni di amore per te e di passione per il tuo popolo che è il tuo Corpo sparso nel mondo, perché il tuo Sangue prezioso pulsi nelle vene della storia e l’umanità intera creda che Tu sei l’unico Salvatore del mondo. Riflessione del Sacerdote (Dopo la riflessione del sacerdote, se lo si ritiene opportuno, si può cantare un canto di adorazione, prima delle preghiere che seguono). Preghiamo Sac. Il Signore Gesù ci insegna che amare è donare la vita. Solo la fedeltà a questa fondamentale vocazione può darci la gioia dell’incontro con Lui e la pace nei rapporti con gli altri. Preghiamo per essere degni della nostra chiamata: Tutti: Rimani con noi, Signore. Lettore: Ti preghiamo per il nostro Papa Giovanni Paolo II. Lettrice: Il tempo che passa segna inesorabilmente la sua persona, ma la forza del tuo Spirito gli imprime energie nuove per il compimento della missione apostolica. Grazie per avercelo dato come padre e conservacelo ancora come pastore e guida sicura per la tua Chiesa. Preghiamo. Lettore: Ti preghiamo per il nostro Vescovo. Renato Lettrice: Tu, che gli hai affidato la cura di questa eletta Chiesa di Novara , ispira le sue azioni e accompagnale con il tuo aiuto perché sia per tutti i tuoi figli segno del tuo amore e della tua sollecitudine di Padre. Preghiamo. Lettore: Ti preghiamo per il nostro parroco…, per tutti i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose, i consacrati, i missionari e per le comunità loro affidate. Lettrice: Con la loro testimonianza di vita diffondano nel mondo il buon profumo di Cristo. Preghiamo. Lettore: Ti preghiamo per la nostra comunità diocesana e per tutte le Chiese che sono in Italia. Lettrice: La celebrazione del prossimo Congresso Eucaristico faccia crescere tutti nel tuo amore. E ogni cristiano, contemplando la tua presenza nell’Eucaristia, si innamori sempre più di te e del tuo popolo. Preghiamo. Lettore: Ti preghiamo per i giovani. Lettrice: Suscita nel loro cuore il desiderio di te perchè prendano il largo sulla tua Parola. Riempili con il tuo Spirito di fortezza e di prudenza e siano capaci di scoprire la piena verità di sé e della loro vocazione. Preghiamo. Lettore: Ti preghiamo per il mondo intero. Lettrice: Ogni donna e ogni uomo da te creati e amati, vivano il cammino della pace negli umili e semplici gesti quotidiani. E noi cristiani, loro fratelli, attratti 211 UFFICIO LITURGICO irresistibilmente dal fascino della tua Presenza e nutriti dal tuo Corpo e dal tuo Sangue, possiamo essere per loro fermento di amore e di santità. Preghiamo. Sac. Dio onnipotente, creatore della luce e Signore dei giorni, quando il sole declina e la notte scende con la sua oscurità: rendi i nostri cuori come lampade ardenti affinché sappiamo attendere il tuo Giorno e discernere la luce nuova della Pasqua. Allora apparirà nella gloria il tuo Figlio unigenito, l’Agnello immolato, il vivente, il Signore del Giorno che non avrà tramonto. Egli ci attirerà tutti a sé nel regno eterno benedetto nei secoli dei secoli. Tutti: Amen Benedizione Eucaristica Prima di riporre il SS. Sacramento nel tabernacolo, si possono proclamare coralmente le “Acclamazioni alla SS. Trinità, alla B.V. Maria e ai Santi” secondo questa formula o altre conosciute dalla comunità. Benedetto il Dio dei nostri Padri Benedetto il Suo Nome Santo Benedetto Gesù, Misericordia del Padre Benedetto Gesù, Unico Salvatore Benedetto Gesù, Pane per il nostro viaggio Benedetto Gesù, Acqua per la nostra sete Benedetto Gesù, Eterno Riconciliatore Benedetto lo Spirito Santo, Sorgente di ogni ministero Benedetto lo Spirito Santo, Anima della Comunità Benedetta la Vergine Maria, Madre di Cristo e dei Popoli Benedetta la Vergine Maria, Modello dei Cristiani Benedetta la Vergine Maria, Sede della Sapienza Benedetti Voi, Uomini e Donne, Amici del Signore Il nostro Dio sia annunziato a tutti. Mentre il sacerdote o il diacono ripone il SS. Sacramento nel tabernacolo, si può concludere con un canto conosciuto dalla comunità. 212 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA XXIV Congresso Eucaristico Nazionale Bari, 21-29 maggio 2005 Lo snodarsi dei temi delle giornate ci offre il prisma dei contenuti del Congresso: due doni inseparabili: la domenica, il giorno del Signore ed il suo cuore, l’Eucaristia, conservando un occhio particolare per il rapporto tra Eucaristia e martirio testimoniato dai martiri di Abitine. La giornata-tipo del Congresso scandisce un ritmo che, avviato dall’Eucaristia mattutina e sostenuto dalla adorazione eucaristica continua diurna, si snoda attraverso i momenti dell’ANNUNCIO, della CELEBRAZIONE e della TESTIMONIANZA. PROGRAMMA QUOTIDIANO ore ore ore ore ore ore ore 8,30 9,30 10,30 13,00 16,00 19,00 21,30 LITURGIA EUCARISTICA Inizio della adorazione eucaristica ANNUNCIO (catechesi) pranzo/eventuali attività di animazione TESTIMONIANZA DI VITA CELEBRAZIONE Espressioni artistiche (alcune sere) PROGRAMMA DELLA SETTIMANA Sabato 21 Maggio SENZA LA DOMENICA NON POSSIAMO VIVERE È attesa una vasta e significativa presenza della Comunità ecclesiale, in ogni sua componente, e della Comunità civile. PIAZZA DELLA LIBERTÀ INAUGURAZIONE SOLENNE DEL CONGRESSO Accoglienza e saluto all’Inviato Speciale del Santo Padre, S.E. card. Camillo Ruini, ai Cardinali e ai Vescovi, alle Autorità e ai Congressisti convenuti. PREGHIERA (accompagnata da brani di musica sacra per coro e orchestra) Domenica 22 Maggio LA DOMENICA GIORNO DEL RISORTO L’Eucaristia, dono della Trinità È attesa una vasta e significativa presenza della Comunità ecclesiale, in ogni sua componente, e della Comunità civile. MATTINO PIAZZA DELLA LIBERTÀ: SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA presieduta dall’Inviato Speciale del Santo Padre, S.E. card. Camillo Ruini CATTEDRALE: Adorazione eucaristica continuata 213 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA POMERIGGIO FIERA DEL LEVANTE: RELAZIONE sul tema del giorno CELEBRAZIONE DEI VESPRI Rappresentazione teatrale: “Il primo giorno dopo il sabato” (Martiri di Abitene) Lunedì 23 Maggio LA DOMENICA GIORNO DELLA FESTA L’Eucaristia illumina la vita dell’uomo Sono attesi in particolare: animatori ed educatori, con i ragazzi, operatori del tempo libero, turismo e sport, operatori della cultura e della comunicazione, studenti ed universitari, artisti, comitati feste religiose. MATTINO CATTEDRALE: Santa Messa e Adorazione eucaristica continuata FIERA DEL LEVANTE: RELAZIONE sul tema del giorno POMERIGGIO FIERA DEL LEVANTE: INCONTRI-INTERVISTE in quattro grandi gruppi 1. Quale bellezza salverà il mondo? 2. Tra tempo e eternità 3. Lo sport accoglie, orienta ed educa alla festa 4. Nella festa riscopriamo lo stare insieme (animazione ragazzi) PREGHIERA Martedì 24 Maggio LA DOMENICA E LA CITTÁ DELL’UOMO L’Eucaristia sorgente di un mondo nuovo Sono attesi in particolare: il mondo del lavoro e dell’economia, mondo della politica e dell’amministrazione pubblica, delle forze armate e delle forze dell’ordine, mondo della giustizia e della magistratura, dell’immigrazione. MATTINO CATTEDRALE: Santa Messa e Adorazione eucaristica continuata FIERA DEL LEVANTE: RELAZIONE sul tema del giorno POMERIGGIO FIERA DEL LEVANTE: INCONTRI - INTERVISTE in quattro grandi gruppi 1. Tempo di lavoro, tempo di vita 2. Ecologia, pace e salvaguardia del creato 3. Una economia a misura della persona umana 4. Sviluppo nella solidarietà · PREGHIERA SERA PIAZZA DELLA LIBERTÀ: Spettacolo 214 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Mercoledì 25 Maggio LA DOMENICA GIORNO PER LA RICONCILIAZIONE DEI CRISTIANI San Nicola di Bari ponte tra oriente e occidente Sono attesi in particolare: fratelli e sorelle delle Chiese e Comunità cristiane, responsabili e operatori pastorali delle relazioni ecumeniche, comunità cristiane di immigrati. MATTINO CATTEDRALE: Santa Messa e Adorazione eucaristica continuata FIERA DEL LEVANTE: RELAZIONE sul tema del giorno POMERIGGIO FIERA DEL LEVANTE: TESTIMONIANZE ECUMENICHE sul valore della Domenica SERA BASILICA DI SAN NICOLA: PREGHIERA ECUMENICA. CONCERTO DI MUSICA SACRA: Messa in si minore di J.S. Bach Giovedì 26 Maggio LA DOMENICA GIORNO DELLA CARITÁ L’Eucaristia pane di fraternità Sono attesi in particolare: operatori pastorali (ospedali, carceri, ammalati, esperienze di frontiera), confraternite, mondo del volontariato e della solidarietà, ammalati. MATTINO CATTEDRALE: Lodi mattutine e Adorazione eucaristica continuata FIERA DEL LEVANTE: TAVOLA ROTONDA sul tema del giorno POMERIGGIO FIERA DEL LEVANTE: TESTIMONIANZE DI VITA SERA PIAZZA DELLA LIBERTÀ: SOLENNE CONCELEBRAZIONE e PROCESSIONE EUCARISTICA Venerdì 27 Maggio LA DOMENICA GIORNO DELLA CHIESA L’Eucaristia cuore della Domenica Sono attesi in particolare: il clero, i consacrati e le consacrate, i seminaristi, i novizi e le novizie, i giovani in ricerca vocazionale, il laicato (gli operatori pastorali e aggregazioni ecclesiali). MATTINO CATTEDRALE: Santa Messa e Adorazione eucaristica continuata FIERA DEL LEVANTE: INCONTRO SUL LAICATO Presiede l’Inviato del Santo Padre, S.E. card. Camillo Ruini 215 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA POMERIGGIO FIERA DEL LEVANTE: INCONTRI in tre grandi gruppi: Clero, Consacrati e Consacrate, Seminaristi, novizi e novizie, giovani in ricerca vocazionale SERA DAL POLICLINICO ALLA CASA CIRCONDARIALE CELEBRAZIONE DELLA VIA CRUCIS Sabato 28 Maggio LA DOMENICA GIORNO DELLA MISSIONE La Vergine Maria Odegitria e donna eucaristica È attesa una vasta e significativa presenza della Comunità ecclesiale, in ogni sua componente, e della Comunità civile. Particolare attesa di una notevole presenza di famiglie, di giovani e del mondo missionario. MATTINO CATTEDRALE: Santa Messa e Adorazione eucaristica continuata FIERA DEL LEVANTE: INCONTRO: “Nella famiglia, adulti e giovani in dialogo” POMERIGGIO FIERA DEL LEVANTE: TAVOLA ROTONDA con il mondo missionario Confessioni SERA SPIANATA DI MARISABELLA SOLENNE VEGLIA DI PREGHIERA E DI FESTA Domenica 29 Maggio RIUNITI DAL RISORTO INTORNO ALL’EUCARISTIA Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo È attesa una vasta e significativa presenza della Comunità ecclesiale, in ogni sua componente, e della Comunità civile. SPIANATA DI MARISABELLA SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA conclusiva del XXIV congresso eucaristico nazionale Prenotazioni e iscrizioni Ufficio per la Pastorale dei Pellegrinaggi, via Puccini 11 – 28100 NOVARA, tel/fax 0321.661633 dal lunedì al venerdì ore 9.30 / 11.30 – cell. 333.4713875 dal lunedì al venerdì ore 10.00 / 16.00 Responsabile Ufficio Pellegrinaggi: don Maurizio Gagliardini – cell. 338.5288679 216 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA Giovani al Congresso Eucaristico In collaborazione con il Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile il Congresso Eucaristico Nazionale 2005 intende offrire ai giovani, nell’ambito del programma generale, uno spazio di incontro, riflessione e preghiera. Il “Villaggio Giovani” presso la Fiera del Levante è un contenitore di esperienze di animazione giovanile, spazio per la preghiera eucaristica personale e comunitaria, luogo di incontri a tema, intrattenimento e ricreazione. Il “Villaggio Giovani” sarà inaugurato sabato 21 maggio alle ore 21.30. I giovani saranno particolarmente coinvolti nei seguenti momenti: - La celebrazione eucaristica in Cattedrale - L’incontro ragazzi e adolescenti di lunedì 23 maggio - L’incontro ecumenico di mercoledì 25 maggio - La processione eucaristica di giovedì 26 maggio - L’adorazione eucaristica notturna - La via crucis di venerdì 27 maggio - L’incontro di sabato 28 maggio: “Nella famiglia, adulti e giovani in dialogo” - La grande e solenne Veglia di preghiera e festa della sera del sabato 28 maggio - La solenne concelebrazione eucaristica conclusiva del XXIV Congresso Eucaristico Nazionale di domenica 29 maggio Le attività offerte ai giovani si articoleranno nel seguente modo: 1. Area, stand e meeting di Associazioni, Gruppi, Movimenti particolarmente vicini al mondo giovanile 2. Area – sala conferenze su tematiche legate alla vita e alle scelte dei giovani 3. Area – sala cineforum con rassegna di 8 film sul mondo giovanile 4. Area – animazione sportiva, ludica e musicale 5. Area – attività liturgica e spirituale con la celebrazione delle lodi mattutine, l’adorazione eucaristica continuata, confessioni e direzione spirituale presso la cappella del Congresso affidata ai giovani. Qui saranno collocati la croce di San Damiano e la Madonna di Loreto e all’ingresso sarà custodita la Fiaccola della Pace, simboli del cammino verso la Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia 2005. Le iscrizioni dei giovani, che chiedono ospitalità in famiglia o in parrocchia, devono essere accompagnate da un fax (080.5027.751) di presentazione del delegato diocesano per la pastorale giovanile. 217 UFFICIO DEL CLERO Giornata di fraternità sacerdotale Seminario San Gaudenzio Lunedì 9 maggio 2005 Lunedì 9 maggio, in Seminario, si terrà la Giornata di Fraternità Sacerdotale per festeggiare i sacerdoti che quest’anno ricordano il 25°, 50°,60°, 65° e 70° anniversario di ordinazione. Nel contesto della Giornata alcuni seminaristi dei primi anni di Teologia presenteranno al Vescovo la domanda di ammissione al Diaconato e al Presbiterato. Con questo gesto sono chiamati ad intensificare il cammino verso il sacramento dell’Ordine che riceveranno nei prossimi anni. La Giornata di Fraternità Sacerdotale 2005 si colloca in prossimità del 50° dell’inaugurazione del “Seminario nuovo” avvenuta nell’anno scolastico 1955-1956, e precisamente per la festa di San Gaudenzio ‘56. La ricorrenza giubilare offrirà una opportuna occasione per centrare la relazione della mattinata sul tema “Il Seminario e le vocazioni sacerdotali”. Relatore sarà mons. Diego Coletti, già Rettore dei Seminari milanesi e del Seminario Lombardo a Roma, e attuale Vescovo di Livorno. La Giornata, oltre che fare festa a chi ricorda un anniversario significativo della propria ordinazione, si propone anche di coinvolgere tutti sacerdoti in una attenta e responsabile pastorale vocazionale, aiutando i ragazzi e i giovani a scoprire una possibile chiamata al sacerdozio, e ad accompagnarli in una generosa risposta. PROGRAMMA 9.30 Accoglienza e preghiera iniziale 9.45 Relazione di mons. Diego Coletti, Vescovo di Livorno 11.30 Concelebrazione eucaristica dei vescovi con i sacerdoti che festeggiano il giubileo di ordinazione sacerdotale e con i presbiteri presenti (provvisti di camice e stola bianca). Durante la Messa alcuni seminaristi di Teologia presenteranno al vescovo la domanda di ammissione al Diaconato e al Presbiterato 13 Pranzo 218 UFFICIO DEL CLERO A N N I V E R S A R I 2005 75 anni di Messa (ordinati nel 1930) FERRARIS padre LAMBERTO UCCELLI padre GASPARE 70 anni di Messa (ordinati nel 1935) FRANCIONE don GIOVANNI 65 anni di Messa (ordinati nel 1940) GRANA don PIO RUGA don GIULIANO 60 anni di Messa (ordinati nel 1945) ANTONETTI S.E. mons. LORENZO BAMBERGA don UGO BOSCHI don ALBERTO CANTONETTI don SEVERINO DEL MONTE don MARIO MASSARA don GIUSEPPE 50 anni di Messa (ordinati nel 1955) BERGAMASCHI padre CIRILLO COLOGNI don PRIMO FORNARA don ANGELO GAMBARONI don GIANCARLO MENOTTI don PIERGIORGIO PETTINAROLI don GREGORIO SACCO don PIETRO TONETTI don IGNAZIO VANINI don MARIO ZANETTA don GIUSEPPE ZOLLA don GIOVANNI 25 anni di Messa (ordinati nel 1980) BOLZONI don GIORGIO COZZI don RENZO FRANZOSI don ALBERTO GIUDICE don FRANCO JULITA don GIANCARLO MANEA don COSTANTINO MIAZZA don ADRIANO PASTORE don GIUSEPPE REGALLI don GIANFRANCO RUGA don GIULIANO SALA don ENZO SEGATO don PIETRO TRENTANI don LUIGI —————In questo anno ricordano il 25° di ordinazione i Diaconi Permanenti MORETTI don GILBERTO e PIVI don ENNIO 219 UFFICIO MISSIONARIO Veglia di preghiera per i missionari martiri Nel 25° anniversario dell’assassinio di mons. Oscar Romero Cattedrale di Novara, 27 aprile 2005 Come ogni anno la grande famiglia missionaria italiana, fa memoria dei Missionari Martiri dell’anno precedente nella ricorrenza del 24 marzo, data dell’assasssinio di mons. Oscar Arnulfo Romero, presa come data simbolo per ricordare tutti i martiri moderni che hanno offerto la loro vita per l’annuncio del Vangelo, per la difesa dei diritti dell’uomo, per la pace, la giustizia, la libertà e la salvaguardia del creato. Dato che quest’anno, il 24 marzo coincide con il Giovedì Santo, risultava impossibile far confluire il ricordo dei Missonari Martiri nel contesto liturgico del Triduo Pasquale. D’altro canto, volendo sottolineare con una certa solennità il 25°anniversario dell’assassinio di mons. Romero, si è preferito rimandare a data più appropriata la celebrazione proprio per dare più risalto a chi, in maniera esemplare, ha offerto la propria vita per il Vangelo. Pertanto nella nostra Diocesi, il ricordo di mons. Romero e dei missionari Martiri, quest’anno si terrà mercoledì 27 aprile, alle ore 21.00, presso il Duomo di Novara, dove, nel contesto di una celebrazione liturgica, porteranno la loro testimonianza, Luigi Accattoli, vaticanista del Corriere della Sera e mons. Elìas Samuel Bolaños Avelar, Vescovo di Zacatecoluca (El Salvador). Il dott. Accattoli ha recentemente scritto un libro dove ha cercato di analizzare e capire la tragica realtà del martirio nella Chiesa e nella società civile, lungo tutto il secolo appena trascorso,- da lui definito secolo dei martiri. Il giornalista illustrerà come il martirio, non deve essere considerato un ricordo scolastico legato ai primi secoli della Chiesa, perché è tutt’oggi tragicamente presente in tanti paesi del mondo e costituisce un costante riferimento per molte Chiese che vivono sulla loro pelle questa drammatica realtà. Mons. Bolaños, giovane Vescovo salvadoregno, da molti osservatori definito il continuatore del cammino aperto da mons. Romero, illustrerà come la figura e l’opera del Vescovo martire, si sia inserita in maniera indelebile nella coscienza civile ed ecclesiale del piccolo paese centroamericano. Durante la celebrazione, sarà fatta lettura scandendo nome e cognome, dei Missionari uccisi nel 2004 nei diversi continenti. Mons. Renato Corti, Vescovo di Novara, concluderà la serata ricordando all’intera comunità novarese il fulgido esempio di questi Testimoni dei nostri tempi. Il Centro Missionario Diocesano, resta a completa disposizione per ogni chiarimento in merito, rendendosi inoltre disponibile per analoghe celebrazioni richieste in altri vicariati. 220 UFFICIO PASTORALE DEL LAVORO “Dottrina Sociale? Più evocata che conosciuta” (Giovanni Paolo II) Presentazione del compendio della Dottrina Sociale della Chiesa Venerdì 8 aprile, ore 21 a Novara - Convivio di S. Agabio (c.so Milano, 21/d) Nell’incontro verrà presentato il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, una guida preziosa per una società in crescita, pubblicato grazie all’impegno del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, quest’opera, elaborata su preciso incarico di Giovanni Paolo II, ha richiesto cinque anni di lavoro, ed ha cercato di dare forma sistematica ed unitaria all’insegnamento Sociale della Chiesa, dalla Rerum novarum (1891) ad oggi. Questo documento, è in pratica un aiuto per il discernimento morale e pastorale più che mai necessario per capire le mutate realtà sociali e per comprendere sotto una nuova luce il forte radicamento della Dottrina Sociale della Chiesa nella missione di questo inizio di terzo millennio. Il Compendio, non è una sorta di catechismo sociale, ma una poderosa opera che racchiude in se oltre dodici capitoli, con venticinque indici di riferimento tematico, per complessive cinquecentoventi pagine. Il volume si articola in tre parti, la prima contiene quattro capitoli e tratta i presupposti fondativi della Dottrina Sociale. La seconda parte, raggruppa in sette capitoli, gli ambiti classici del pensiero sociale: famiglia, lavoro, vita economica, comunità politica, comunità internazionale, salvaguardia dell’ambiente e promozione della pace. La terza parte, molto più breve, formata da un solo capitolo, presenta gli elementi per un’aggiornata e adeguata azione pastorale circa le mutate condizioni della realtà odierna. L’opera espone i contenuti della Dottrina Sociale, mettendoli a confronto con i temi e le questioni quotidiane dell’attuale dibattito etico-politico ed etico-sociale. I pronunciamenti del Magistero contenuti nel Compendio attingono alla vasta produzione del cammino della Chiesa, ma vengono riletti con novità di linguaggio. Il Compendio, fa emergere come sia forte la preoccupazione di creare una “comunità di fede” che non può essere estranea alla Storia, ma deve essere coinvolta nelle vicende delle persone, dei popoli, dei grandi problemi che toccano la vita dell’uomo e tutto ciò che riguarda l’esistenza stessa della vita quotidiana. Esso, è dunque un prezioso sussidio per tutti i cristiani ma anche per le persone di buona volontà, circa l’insegnamento della morale sociale di fronte alle sfide ed alle opportunità che la realtà presente pone davanti a tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’uomo. 221 UFFICIO PASTORALE DEL LAVORO In quella serata don Pier Mario Ferrari, Rettore dello Studentato Teologico di Novara, presenterà i temi contenuti nel Compendio nel quadro del più vasto filone della evoluzione teologica innestatasi a partire dal Concilio Vat. II. Mentre il dott. Luigi Bobba, Presidente Nazionale delle ACLI, sottolineerà il ruolo fondamentale dell’impegno dei fedeli laici nel mondo contemporaneo. Mons. Renato Corti, Vescovo di Novara, concluderà la serata. Riteniamo pertanto importante invitare gli operatori della pastorale, coloro che operano nel sociale ed in modo particolare gli iscritti alle ACLI a partecipare a questo incontro, sicuri che ne trarranno un ottimo giovamento e un forte impulso per continuare il loro servizio nei diversi settori della comunità novarese. Don Mario Bandera Responsabile dell’Ufficio per i problemi sociali e la pastorale del lavoro. 222 UFFICIO BENI CULTURALI Servizi offerti alle parrocchie dai responsabili dell’inventario dei beni culturali Il responsabile dell’Ufficio per l’inventario dei beni culturali della Diocesi informa di poter mettere a disposizione i macchinari e la professionalità degli addetti per eventuali servizi alle parrocchie: 1.Chi avesse necessità di scannerizzare diapositive 24 x 36 mm (formato Leica in telaietto) in misura professionale, per intenderci 5000 x 4000 dpi reali e non intende interpolarli, file di circa 56 mb, ed avere le scansioni in DVD per l’uso pastorale, può rivolgersi all’Ufficio per opportuni accordi. 2.È stato richiesto analogo intervento anche per i negativi in bianco e nero, formato Leica. 3.L’Ufficio è dotato di scanner professionale, a tamburo, sino al 20x30 cm che risolve i problemi di scansioni per diapositive/negativi tipo Hasselblad, Rolleiflex, 6x9, 10x12 ecc. che si usano da parte di professionisti e dilettanti evoluti. Anche in questo caso si può offrire un servizio sino a 4000 dpi reali con fotomoltiplicatore (non per interpolazione) che genera un file di circa 156 mb dal formato 6x6. 4.L’Ufficio è pure dotato di un BOOK-EYE (produzione tedesca) con area di scansione A2 plus su 300 dpi reali per la riproduzione di codici, registri di matrimoni antichi ed altro materiale di archivio da conservare in DVD, libri storici ecc…, a distanza, come richiesto professionalmente dalle Soprintendenze, non a sistema fotocopiatrice lineare. La riproduzione è bitonale, non a livelli di grigio, con algoritmo molto complesso (Tif 3) per grandi masse di dati. 5.Infine, chi avesse bisogno di riproduzioni di qualità, a colori, di antiche fotografie, codici, ecc… può trovare un servizio fatto con macchine digitali professionali da 14\16 mb (Kodak Pro Back e Kodak Pro Srl\N) oppure riproduzioni su diapositive Kodak 25 Asa, Agfa 50 Asa, secondo il metodo tradizionale e successivamente scannerizzabili. 223 INFORMAZIONI A Lourdes con l’Oftal Pellegrinaggio diocesano guidato da mons. Renato Corti Da lunedì 25 a domenica 31 luglio 2005 con due treni speciali In albergo tariffe a partire da euro 390,00, compresa la cuccetta in treno All’Accueil Notre Dame per le persone ammalate euro 322,00, compresa la cuccetta in treno. Per bambini, ragazzi e giovani un’offerta speciale LE ISCRIZIONI DOVRANNO PERVENIRE ENTRO IL 15 GIUGNO 2005 Per qualsiasi richiesta di suggerimenti o di illustrazioni di questo e degli altri pellegrinaggi Oftal e Sogevi è possibile contattare la Segreteria dell’Oftal Diocesana in largo Puccini, 11 – tel. 0321-626106. Le iscrizioni si ricevono presso i gruppi parrocchiali o direttamente presso la segreteria diocesana. Organizzazione tecnica del pellegrinaggio: Sogevi Tour - Vercelli 224 INFORMAZIONI CORSO DI RINNOVAMENTO SPIRITUALE PER SACERDOTI A GERUSALEMME 15 luglio – 3 agosto 2005 21 gennaio – 9 febbraio 2006 PROGRAMMA Seminario biblico di aggiornamento Antonio Izquierdo, Legionario di Cristo Cristo e Israele: storia e mistero Tirocinio di spiritualità sacerdotale Javier Garcia, Legionario di Cristo “Non vi chiamo più servi, ma amici” (Gv 15,15) L’amicizia personale con Cristo “Resta con noi, Signore” (Lc 24,29) L’Eucaristia, centro della vita del sacerdote “Signore, insegnaci a pregare” (Lc 11,1) La preghiera, scuola di vita sacerdotale Laboratorio di pastorale Dermot Ryan, Legionario di Cristo Attività Adorazione Eucaristica quotidiana – Celebrazioni liturgiche – Rinnovo delle promesse battesimali e sacerdotali – Visite guidate e concelebrazione nei Luoghi Santi – Incontri ecumenici – Studio personale di spiritualità. Quota di partecipazione 1.490.00 euro Pensione completa in camera doppia, visite a Gerusalemme, viaggio di tre giorni in Galilea. Non comprende viaggio in aereo dal proprio paese alla Terra Santa e ritorno, assicurazioni e spese mediche. Per informazioni: César Truqui, L.C. Istituto Sacerdos Ateneo Pontificio Regina Apostolorum Via degli Aldobrandeschi 190 – 00163 Roma tel e fax 06 66527917 225 INFORMAZIONI Programma gestione parrocchiale “SIPA.net” La C.E.I. offre gratuitamente a tutte le Parrocchie il SIPA.net, un sistema informativo parrocchiale, creato e diffuso dalla Unitelm di Padova. Tale programma si compone di due parti essenziali: • anagrafica, per l’archiviazione dei dati riguardanti persone, famiglie, gruppi, organismi parrocchiali, abbonati a bollettini, pratiche varie; • amministrativa per la gestione contabile della parrocchia (entrate/uscite, prima nota semplice oppure in partita doppia, scadenziario, clienti/fornitori), le stampe contabili (giornale, bilancio, bilancio consolidato, estratto conto, rendiconti…) e le elaborazioni (ricalcolo saldi, contropartite, piano dei conti…). Il programma può essere richiesto telefonicamente alla UNITELM S.p.A. al numero tel. 049-8271811 – fax 049-8271851 (maggiori informazioni sul sito internet www.unitelm.it – e-mail: [email protected]). Come si è detto il programma viene fornito gratuitamente, ma è possibile stipulare con la Unitelm un contratto di Assistenza e Supporto del costo di ¤ 35,00 + 20% di Iva = euro 42,00 annuo. Tale contratto – rinnovato annualmente salvo disdetta – prevede i seguenti vantaggi: • Assistenza sistemistica (configurazione PC, rete, scarico aggiornamenti da internet); • assistenza telefonica gratuita e supporto all’uso del programma (sia al modulo anagrafico che di tipo ragionieristico relativa ai moduli amministrativi del programma); • sconto del 25% sui prodotti del catalogo Unitelm di editoria elettronica. ACCORDO QUADRO PANDA SOFTWARE ITALIA – UNITELM Unitelm, con la supervisione del Servizio Informatico della CEI, ha siglato un accordo quadro con Panda Software per la distribuzione di un Antivirus PANDA SOFTWARE a prezzi competitivi. 226 INFORMAZIONI L’unico sistema di difesa è l’utilizzo di una buona soluzione antivirus, che si aggiorni quotidianamente, in grado di individuare e bloccare ogni tipo di minaccia. Prevenire l’attacco di virus e codici maligni è determinante per la salvaguardia dei dati archiviati. Con le soluzioni Panda Software tutti possono proteggersi in modo efficace dalle sempre nuove minacce che attaccano le reti ed i singoli personal computer. Soluzioni singolo utente – piccole reti: 1. Panda Antivirus Titanium 2005: per singolo pc del tipo “installa e dimentica” (integrato con Tecnologie TruPrevent, è in grado di identificare e bloccare minacce ancora sconosciute): EPAT4, retail box – 1 anno - euro 47,94. 2. Panda Platinum internet security 2005: antivirus, personal firewall, antispam, antidialer, ecc.: suite che include non solo la tecnologia più avanzata contro ogni tipo di virus, ma una protezione insuperabile contro tutte le minacce, conosciute e sconosciute, provenienti da Internet, in risposta alle reali necessità degli utenti: EPIS, retail box – 1 anno - euro 81,54. LISTINO ACCORDO-QUADRO CEI-MICROSOFT e CEI-ADOBE Consultando il sito della Unitelm S.p.A. (www.unitelm.it ) è possibile rintracciare tutti i prezzi vantaggiosi ottenuti dalla CEI con Microsoft e Adobe relativamente ai più utilizzati software in uso nelle nostre Parrocchie, Associazioni… 227 INFORMAZIONI DIOECESIS Cronaca breve del territorio gaudenziano NOMINE Con lettera dell’Ordinario diocesano in data 1 ° marzo 2005 Con decreto vescovile in data 1° marzo 2005 Padre Carlo Caroglio è stato nominato Collaboratore del Rettore del santuario del Sacro Monte di Varallo. Padre Carlo Caroglio è stato nominato Parroco della parrocchia San Gottardo in Civiasco. Con decreto vescovile in data 15 marzo 2005 Don Bruno Medina è stato nominato Rettore del Santuario della SS. Pietà di Cannobio La Sig.na Gabriella Salamina è stata confermata Presidente dell’Associazione Diocesana di Azione Cattolica. COSTITUZIONE DI UNITA’ PASTORALI NEL VICARIATO DELL’ARONESE Il Vescovo con Decreto in data 1° ottobre 2004 ha costituito l’Unità Pasto rale dell’Alto Vergante comprendente le parrocchie di: Brovello, Carpugnino-Stropino, Colazza, Dagnente, Ghevio, Gignese, Massino Visconti, Montrigiasco, Nebbiuno, Nocco, Pisano, Tapigliano-Fosseno, Vezzo. Coordinatore: don Massimo Minazzi Il Vescovo con Decreto in data 1 ° marzo 2005 ha costituito l’Unità Pasto rale del Basso Vergante comprendente le parrocchie di: Belgirate, Calogna, Lesa, Meina, Solcio e Villa Lesa Coordinatore: don Massimo Galbiati 228 INFORMAZIONI AGGIORNAMENTO INDIRIZZARIO GAVINELLI padre MASSIMO cell. 328/7017513 BRICCO don FRANCO cell. 347/4772558 – fax 0321/907612 INGEGNOLI don MICHELE Via Dosi, 14 28046 MEINA (NO) tel. 0322/65028 CAROGLIO padre CARLO Sacro Monte 13019 VARALLO (VC) tel. 0163/51131 MARTINI don GAUDENZIO cell. 328/3778950 MEDINA don MAURIZIO e-mail: [email protected] CHIESA don SERGIO tel. 0321/833503 MEDINA don BRUNO fax. 0323/738877 229 IN MEMORIA Don Gaudenzio Fusi dotale e per l’umana comprensione con cui condusse il suo ministero, ma pure per il suo impegno nei vari settori dell’attività sociale, nella scuola ed in campo letterario. Fu infatti tra i promotori della costruzione della carrozzabile della Colma; grazie a lui venne costituita nel 1963 la Pro loco di Civiasco, una delle prime sorte in Valsesia; costituì in Civiasco il Circolo Acli; avviò nel 1977, e seguì poi con entusiasmo, l’iniziativa del Presepio vivente; fu sempre presente e parte attiva nelle varie manifestazioni promosse dalle Associazioni locali. Insegnò per oltre un ventennio religione presso l’Istituto Tecnico Commerciale di Varallo; diresse per diversi anni il settimanale cattolico “Il Monte Rosa”; dal 1983 fino a pochi mesi prima della sua scomparsa, pubblicò il mensile di informazione religiosa e di cronaca locale “Vita Civiaschese”. Don Gaudenzio Fusi, parroco di Civiasco, si è spento la sera del 21 febbraio a Vespolate, nella casa dei parenti che l’avevano ospitato ed assistito nelle ultime settimane di malattia. Nato a Terdobbiate il 3 maggio 1920 e ordinato sacerdote il 27 maggio 1944, trascorse i primi tre anni del suo ministero a Cannero, sul lago Maggiore. Il Vescovo nel luglio del 1947 lo ha nominato parroco di Civiasco, ove rimase ininterrottamente per quasi 58 anni. Religioso per scelta vocazionale, ma anche uomo di cultura e di ampia apertura intellettuale, don Fusi ha lasciato un’impronta profonda nel tessuto della comunità civiaschese e della Valsesia, non solo per lo scrupolo sacer- Di solida formazione classica, espresse la sua fine e spesso arguta vena poetica nella raccolta di poesie “Futilia”; ma fu soprattutto nelle opere “Genesi” ed “Esodo” che egli diede il meglio delle sue doti di letterato e di poeta, traducendo in scorrevoli versi endecasillabi le vicende bibliche dei primi due libri dell’Antico Testamento. 230 IN MEMORIA La sua lunga permanenza alla guida della parrocchia di Civiasco fu punteggiata da significativi momenti che testimoniano la stima e la benevolenza di cui don Gaudenzio Fusi era circondato nella sua comunità. In particolare le solenni celebrazioni del 30° e del 50° di parrocchia e quelle del 50° e del 60° di sacerdozio; quest’ultima risalente al maggio dello scorso anno, accompagnata dal conferimento della presidenza onoraria della “Pro loco Civiasco” e dalla presentazione della sua più recente fatica letteraria, “Esodo”, che faceva seguito a “Genesi”, presentata nel 1994. parrocchiani e di tanti amici ed estimatori sia dei numerosi confratelli del Vicariato della Valsesia ed oltre, con la presenza di Mons. Renato Corti, Vescovo di Novara, che nell’omelia ha sottolineato con significative parole il valore dell’opera svolta da don Gaudenzio Fusi in tanti anni di ministero sacerdotale. Dei sentimenti della comunità civiaschese si è poi fatto interprete, nel corso della cerimonia funebre, il rappresentante del Consiglio Pastorale Giorgio Salina che così ha delineato la sua figura: “Don Gaudenzio è stato un sacerdote di antico stampo e di mentalità moderna insieme, che sapeva unire all’atteggiamento riservato, proprio della tradizione ecclesiastica, una grande apertura alle problematiche ed alle tensioni dei nostri giorni, comprese quelle del mondo giovanile”. I funerali hanno avuto luogo a Civiasco mercoledì 23 febbraio, mentre la sepoltura è avvenuta nella tomba di famiglia a Terdobbiate, paese di origine di don Fusi. Grande e commossa è stata la partecipazione da parte sia dei 231 IN MEMORIA Don Giovanni Fornaroli celebrata da una sessantina di sacerdoti, ha fatto uso di un termine chiave: “appassionato”: una parola che lo ritrae dal vero. Un uomo, un cristiano, un prete appassionato. Amava essere autentico e vero in tutto e non lesinava energie, dedizione, con tutta la sua grande carica emotiva. Un compagno di ordinazione nel suo saluto commosso ricordava in particolare la sua passione di laico impegnato per il lavoro, per la Chiesa, per le missioni, per la fraternità sacerdotale. Per 33 anni Giovanni, da laico, a Magenta, lavorò nel campo dell’edilizia, come amministratore nel consiglio dell’ospedale, nella politica, nel comune e nel sindacato. Nel contempo portava avanti una grande dedizione alla parrocchia e all’oratorio come educatore e valente catechista, diventando quasi per antonomasia “il catechista anziano” dei giovani e della gente, Don Giovanni Fornaroli, ordinato prete all’età di 60 anni nel 1990, è morto nella sua casa di Magenta, sabato 26 febbraio, dopo aver lottato per sette anni, con grande tenacia e lucidità, contro un male inesorabile. Aveva 75 anni, essendo nato a Magenta il 27 luglio 1929. Per parecchi anni dedicò il periodo delle ferie alla visita ad alcune missioni africane, specialmente in Kenya dove operava una zia suora insieme con i padri Passionisti. Viveva si può dire “sulla pelle” la passione per i poveri e i sofferenti, sostanziando la sua carità di assoluta concretezza lombarda. Chi lo ha commemorato con intensità e riconoscenza, a cominciare del vescovo Renato Corti, che lunedì 28 febbraio ha presieduto la commovente liturgia funebre nella luminosa e solenne Basilica di S.Martino di Magenta, con- 232 IN MEMORIA Questo suo ricco percorso umano e cristiano lo conduceva alle soglie dei sessant’anni a guardare al sacerdozio come sbocco opportuno della sua passione per Dio e per gli uomini. Don Giovanni in questa ultima stagione della sua esistenza intensissima continuava ad essere “il catechista”, con la testimonianza della vita, con quella concretezza e autorevolezza insuperabile che solo la condivisione della sofferenza può dare. Dopo un congruo tempo di preparazione nel seminario di Novara, dove non ha disdegnato di farsi discepolo tra i giovani seminaristi, con i quali, nonostante la differenza di età, è riuscito a stabilire un’immediata e straordinaria sintonia, fu ordinato sacerdote il 23 giugno del 1990 da mons. Aldo Del Monte. Gli fu affidata la parrocchia di Baraggia di Gozzano dal 1990 al 1996, occupandosi per qualche tempo, anche della parrocchia di Soriso; successivamente, divenne parroco di Garbagna fino al luglio del 2004, quando la malattia lo costrinse a ritirarsi presso i suoi parenti nell’amata Magenta. Don Giovanni ha sempre dato, coltivato e accolto amicizia, amicizia vera, affettuosa, costruttiva. Per questo la traiettoria della sua vita appassionata era definitivamente approdata alla fraternità sacerdotale, che sentiva come condizione essenziale per essere preti credibili per la gente. Una passione “patita”. Una passione maturata già da laico in una profonda, segreta condivisione dell’ideale dell’unità nel movimento dei Focolari, fino a diventare capo-nucleo della sua zona. Una passione vissuta poi da prete, amico del movimento, dove la comunione sacerdotale diventa il segreto prezioso per la presenza di Gesù risorto in mezzo ai suoi, perché il mondo creda. Il cappellano dell’ospedale giustamente poteva testimoniare che anche da malato don Giovanni non smise mai di essere e di fare il prete. Spesso confidava di sentirsi come una calamita: i malati, compagni di sala di attesa, di reparto o di camera di ospedale venivano a confidargli i loro travagli, le loro domande sul senso della vita, le angosce e le speranze. Il suo passaggio lascia l’impressione di un arcobaleno fra terra e cielo: un’esistenza viva, mai grigia o in bianco e nero: una vita a colori di un uomo-prete. don Dino Bottino 233