Rivista Diocesana Novarese

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Rivista Diocesana Novarese
R ivista D iocesana N ovarese
Bollettino Ufficiale per gli Atti del Vescovo e della Curia di Novara
Sommario
ANNO XC - Nº 3 - MARZO 2005
Il corpo dato e il sangue sparso
Ritiro quaresimale del Clero a Boca
163
“Questa è la vita eterna”
Omilia per mons. L. Giussani “in die septima”
166
Dove si generano nuovi cristiani
Omilia “in die trigesima” della morte di
Mons. Del Monte
168
Coltivare il senso di responsabilità
I fidanzati intervistano il Vescovo
171
VISITA PASTORALE
DEL BORGOMANERESE
Incontri di Visita nelle Unità Pastorali
di Borgomanero e di Gozzano
180
LA PAROLA
Messaggio per la Giornata Mondiale
per le Vocazioni
182
Lettera Apostolica ai responsabili delle
comunicazioni sociali
185
Il rito del matrimonio
193
Programma del Congresso Eucaristico
Nazionale
213
LA PAROLA
DEL VESCOVO
DEL
PAPA
CONFERENZA EPISCOPALE
ITALIANA
161
Preghiera di Adorazione eucaristica per le
vocazioni in preparazione al Congresso
Eucaristico
205
Giornata di Fraternità Sacerdotale
218
UFFICIO MISSIONARIO
Veglia di preghiera per i missionari martiri
220
UFFICIO PASTORALE
DEL LAVORO
Presentazione del compendio della Dottrina
Sociale della Chiesa
221
UFFICIO BENI CULTURALI
Servizi offerti alle parrocchie
223
INFORMAZIONI
A Lourdes con l’Oftal
224
Corso di rinnovamento spirituale
per sacerdoti a Gerusalemme
225
Programma gestione parrocchiale “SIPA.net”
226
Dioecesis
228
Don Gaudenzio Fusi
230
Don Giovanni Fornaroli
232
UFFICIO LITURGICO
UFFICIO
IN
DEL
MEMORIA
CLERO
Ufficiale per gli Atti di Curia Attività Pastorali in Diocesi
Direttore Responsabile Mons. Giuseppe Cacciami
Amministrazione Stampa Diocesana Novarese S.r.l.
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IN COPERTINA:
ULTIMA CENA di Gaudenzio Ferrari (1525 ca.) - DUOMO di Novara
Gesù porge il pane eucaristico a Giuda, mentre gli apostoli sono turbati dall’annuncio del tradimento
Edizione della Stampa Diocesana Novarese - Fotocomposizione in proprio
Stampa - Tipografia San Gaudenzio - Novara
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
Il corpo dato e il sangue sparso
Adorazione eucaristica nel contesto del Ritiro quaresimale
del Clero presso il Santuario di Boca
25 febbraio 2005
Vorrei che questo ritiro spirituale ci aiutasse a rendere fruttuoso l’«anno
dell’Eucaristia» accogliendo con generosità gli inviti espressi dal Papa quando, nell’autunno scorso, lo propose a tutta la Chiesa cattolica.
Gli auspici erano i seguenti: che l’Eucaristia continui a risplendere in tutto il fulgore del suo mistero; che si valorizzi, in questi mesi, l’occasione preziosa per una
rinnovata consapevolezza del tesoro incomparabile che Cristo ha affidato alla sua
Chiesa; che in tutte le nostre parrocchie si coltivi una celebrazione viva e sentita,
dalla quale scaturisca un’esistenza cristiana trasformata dall’amore; che noi tutti
riconosciamo nell’Eucaristia la radice e il segreto della vita spirituale dei fedeli,
come anche di ogni iniziativa delle varie Chiese particolari sparse nel mondo (cfr
EdE, 10; MDM, 5).
Nel ritiro di oggi possiamo compiere una verifica su quanto queste indicazioni già
trovano espressione nel nostro impegno pastorale; e possiamo esprimere qualche
opportuno proposito per i prossimi mesi.
1. Il corpo e il sangue
Vorrei dare evidenza alla celebrazione del sacrificio di Cristo: quello che venne
compiuto da Gesù sulla croce e che ha trovato la sua anticipazione durante l’ultima
cena. Il racconto evangelico mette sulla bocca di Gesù il riferimento al «corpo dato»
e al «sangue sparso». Così si compì la “nuova ed eterna alleanza” (cfr Vangeli sinottici con il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia; Paolo in 1 Cor 11,23-34; 2 Cor 3,6;
Gal 4,24; Ebrei, capitoli 8-9).
Nell’anno del Giubileo, Giovanni Paolo II ha avuto la possibilità di celebrare
l’Eucaristia nel Cenacolo. Paolo VI, nel pellegrinaggio compiuto nel 1964, non potè
che pregare sulla nuda terra. La celebrazione della Santa Messa, da parte di
Giovanni Paolo II, è stata dunque un’eccezione alla regola. Celebrando con evidente soddisfazione, insieme con altri Vescovi, in quel luogo così carico di memoria, egli
disse: “In un certo senso, Pietro e gli Apostoli, nelle persone dei loro successori, sono
tornati nella sala superiore, quella appunto, nella quale Gesù mangiò la sua ultima
Pasqua”. Con questa gioia nel cuore il Papa ha poi parlato dell’Eucaristia. Due
parole stavano in particolare evidenza in quel discorso: corpo e sangue.
***
Ha commentato anzitutto le parole che ritroviamo nel racconto della prima lettera ai Corinti: “Questo è il mio corpo” (1 Cor 11,24). Sono le stesse parole che il sacerdote ripete nel momento culminante della celebrazione eucaristica, con la preghiera del canone: “Prendete e mangiate: questo è il mio corpo”. Il riferimento al corpo
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
conduce il Papa a pensare all’avvenimento che dà inizio alla vita di Gesù e a quello che la conclude, al mistero dell’Incarnazione e a quello della crocifissione, al corpo ricevuto da Maria e a quello offerto sul Calvario. Egli cita la lettera agli Ebrei,
là dove si mette sulle labbra di Cristo questa preghiera: “Tu non hai voluto né sacrifici né offerta. Un corpo invece mi hai preparato. Ecco, io vengo per fare, o Dio, la
tua volontà” (Eb 10,5-7). Commenta il Papa: “Nell’incarnazione, il Figlio di Dio è
diventato uomo e ha ricevuto un corpo nella Vergine Maria. Nella notte prima della sua morte dice ai suoi discepoli: «Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per
voi»”.
***
Nella celebrazione eucaristica vissuta nel Cenacolo il Papa ha poi fatto eco alle
altre parole di Paolo ai Corinti: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue”
(1 Cor 11,25). Lo ha fatto citando ancora il canone eucaristico: “Questo è il calice del
mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza; versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me”. Qui il riferimento dominante è al
sangue. Questo termine, che già al Sinai indicava per gli ebrei la sede della vita e
che dà evidenza per loro e per tutti noi ai drammi della storia umana, conduce il
Papa, celebrante nel Cenacolo, a ricordare la forza della salvezza che si racchiude
nella passione e morte di Gesù. Con le parole della liturgia si rivolge a Gesù, dicendo: “Tu ci hai redenti con la tua croce e la tua resurrezione. Salvaci, o Salvatore del
mondo”. E aggiunge: “In ogni Santa Messa, proclamiamo questo mistero di fede, che
per duemila anni ha sostenuto la Chiesa mentre compie il suo pellegrinaggio tra le
persecuzioni e le consolazioni di Dio, proclamando la croce e la morte del Signore
fino a quando verrà” (cfr LG, n. 8).
Forse è il caso di notare che la benedizione sopra il calice, mentre dice esplicitamente che è “il sangue dell’alleanza”, sembra esprimere una proposta molto più forte rispetto a quanto viene detto nel libro dell’Esodo. Nell’ultima cena si dice che
occorre “bere”. “Aspergere” il sangue sull’altare e sul popolo, come avvenne al Sinai,
ha un grande significato non soltanto di purificazione ma anche di comunione, e
tuttavia “bere” indica quanto questa comunione può diventare profonda. Va poi
ricordato un altro verbo, “versare”, riferito ancora al sangue che certamente indica
la morte violenta di Gesù e, in maniera ancora più profonda, il suo sacrificio, l’obbedienza che egli realizza e la comunione che manifesta nei confronti del Padre: un
culto spirituale e non semplicemente rituale.
2. Chiamati alla “consegna” di noi stessi
Quanto ho accennato fin qui ci chiama in causa personalmente, anche perché noi
siamo coloro che presiedono la celebrazione dell’Eucaristia. Si tratta di una cena,
ma della cena del Signore; di un gesto di ubbidienza della Chiesa al comando del
Signore; ci è richiesta l’accoglienza di un mistero che accade; presiediamo una celebrazione molto concentrata sulla consegna di sé da parte del Figlio di Dio.
Noi pastori dovremo molto meditare questo mistero del “consegnarsi” totalmente
da parte di Gesù al Padre per la nostra salvezza. Lo dobbiamo fare anche perché
talvolta corriamo il rischio di lasciarci distrarre, persino durante la celebrazione
eucaristica, dalle “cose da fare”, oppure da un programma da realizzare (magari
ottimo) che vogliamo comunicare ai fedeli. Molte circostanze concrete e un diffuso
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
modo di pensare, che può raggiungere anche noi, ci possono talvolta distogliere da
questa lettura essenziale della celebrazione. E invece la celebrazione eucaristica è
estremamente concentrata sul consegnarsi, da parte del Figlio di Dio, al Padre per
la nostra salvezza. Chiede dunque, per essere ben celebrata, il nostro “consegnarci”
a Dio perché la nostra vita nel suo insieme esprima, dal mattino alla sera, tale
“consegna”.
Va approfondito, in modo particolare, un punto: occorre cioè comprendere debitamente in quale modo la celebrazione agisce su di noi. Voglio dire che la celebrazione
può condurci a fare questo o quel proposito pratico, ma l’obiettivo vero al quale guardare è più segreto e disteso nel tempo. Il mistero che celebriamo nell’Eucaristia agisce su di noi al modo delle radici: fa salire nella nostra esistenza quotidiana la linfa
di Cristo sacrificato per noi, plasmando così, dentro di noi, orientamenti di fondo
ispirati al suo dono totale di sè. È questa plasmazione ciò che dobbiamo desiderare
e coltivare in ogni celebrazione (cfr Giovanni Moioli, Il Salvatore divino, pag. 31-38).
Conclusione
Lascio la conclusione a una bella, ma esigente preghiera di Antonio Rosmini.
Egli la propose ai membri dell’Istituto di Carità perché la esprimessero sull’inizio
di ogni giornata come offerta del proprio sangue.
“Mi prostro davanti a te, amorosissimo mio Dio,
ti adoro profondamente
e mi consacro interamente alla tua gloria.
Disponi pure di me come più ti piace,
perché non ho altro desiderio
che compiere perfettamente la tua Volontà.
Con tutta la fiducia nella tua Bontà infinita
e nella Grazia del tuo amatissimo Figlio Gesù
io mi offro a ricevere dalle tue mani qualunque genere di sofferenza
e a sacrificare per tuo amore e per la salvezza delle anime,
il sangue e la vita.
Signore, accetta la mia offerta
unita a quella del tuo divin Figlio Gesù,
quando sulla croce ti offrì il suo preziosissimo Sangue
e sacrificò la sua santissima Vita.
Guarda in volto a questo tuo amatissimo Figlio,
e per l’amore che gli porti, gradisci anche me, tuo servo indegno.
Quanto sarei felice se mi fosse concesso
di versare il mio sangue e di sacrificare la mia vita
per confessare e praticare anche una sola delle verità
che ci ha insegnato il tuo Figlio divino!
Accendimi sempre più dell’amore di questo sacrificio,
e fa’ che io diventi realmente una vittima perfetta di carità.
Mi raccomando a te, Regina dei Martiri
o dolcissima Madre mia Maria.
Ottienimi la Grazia di partecipare degnamente
alla Passione e Morte del tuo divin figlio. Amen”.
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
“Questa è la vita eterna”
Omilia per monsignor Luigi Giussani “in die septima”
Novara, Cattedrale, 1 marzo 2005
Saluto voi tutti. Celebro volentieri con voi la S. Messa “in die septima” per mons.
Luigi Giussani. Mentre prego per lui, questo è un momento favorevole a ciascuno
di voi perché rinnoviate la disponibilità e la decisione a far fruttificare nel tempo,
lungo tutta la vostra vita, il dono di grazia che, attraverso di lui, il Signore ha fatto giungere al vostro cuore.
Mi unisco a voi perché, là dove c’è un “carisma” dato dallo Spirito Santo, esso,
come ci ricorda l’apostolo Paolo, è dato “per il bene comune”, e cioè in favore del
cammino di tutta la Chiesa. Quando mi interrogo sugli aspetti fondamentali di questo carisma, mi trovo a pensare che lo caratterizza in modo speciale la rilevanza, e
anzi la centralità, data al mistero dell’incarnazione: quell’avvenimento attraverso
il quale Dio, come scrive Ireneo, Dio si è fatto partecipe di tutta la vita dell’uomo,
tranne il peccato, perché l’uomo partecipasse alla vita di Dio”.
E’ questo pensiero che mi ha condotto a scegliere, come letture di questa celebrazione, la prima pagina della prima lettera ai Corinti e un passo del Vangelo secondo Giovanni al cap. 17.
1. Scrive l’apostolo Paolo:
“Voi siete in Cristo Gesù,
il quale per opera di Dio è diventato per noi
sapienza, giustizia, santificazione e redenzione
perché, come sta scritto:
Chi si vanta, si vanti nel Signore”.
Nulla di ciò che qui viene detto di Cristo e di ciò che egli ha fatto in nostro favore sarebbe possibile alle sole nostre forze e alla nostra buona volontà.
E’ lui la sapienza, non noi. Senza di lui, che cosa sapremmo del senso della vita e
del destino dell’uomo? Ma, per grazia, noi siamo sapienti perché “abbiamo il pensiero di Cristo”. E’ lui la giustizia e la santificazione per noi. Noi non siamo i salvatori di noi stessi. Ma, grazie a lui, tutta la nostra vita viene salvata dall’amore di
Dio che ci protegge come il bambino non ancora nato è protetto e cresce nel grembo della madre.
E’ lui la nostra redenzione: siamo stati comprati a prezzo del suo prezioso sangue.
Davvero un caro prezzo. Per le sue piaghe – scrive l’apostolo Pietro – siete stati guariti.
Sono mille le schiavitù che ci possono incatenare. Cristo è il liberatore. Come scrive Paolo ai Galati: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi”. E come dice
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
Agostino commentando la pagina delle tentazioni di Gesù nel deserto: “Egli ci ha
come trasfigurati in sé, quando volle essere tentato da Satana. In Cristo eri tentato anche tu. Se siamo stati tentati in lui, sarà proprio in lui che vinceremo il diavolo” (Uff. delle Letture, Prima domenicadi Quaresima).
Persuaso che Cristo è per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, giustamente don Giussani non vi ha parlato che di Cristo. E proprio in questo modo,
da questa profondità vi ha parlato dell’uomo e del mistero di grazia che ne costituisce la sua vocazione grande e vera.
2. Se poi ci soffermiamo sulla pagina del Vangelo secondo Giovanni, quella che raccoglie il testamento di Gesù, non possiamo non leggere con stupore queste parole:
“Questa è la vita eterna:
che conoscano te, l’unico vero Dio,
e colui che hai mandato, Gesù Cristo”.
La rivelazione portata da Gesù illumina e rinnova il nostro sguardo sull’intera
esistenza. Permette di parlare non solo della vita, ma della “vita eterna”. Come
diceva S. Atanasio, per colui che è in Cristo Gesù, morto e risorto per noi, la morte
“è come una fogliolina secca sul fuoco”, e cioè nulla.
E’ ciò che Gesù lasciava intuire alla donna samaritana quando le diceva (e l’abbiamo sentito nella liturgia di ieri, Terza domenica di Quaresima): “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice; “Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti
chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva”. E aggiunge poi : Chi beve dell’acqua che
io gli darò, non avrà più sete; anzi, l’acqua che io gli darò, diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”.
Gesù Cristo non soltanto ci disseta, ma diventa sorgente dentro di noi: una sorgente che, essendo divina e frutto di amore, è inesauribile. Tutto questo, in germe,
è già realtà.
La pienezza non c’è ancora, ma verrà. Don Giussani vi è già stato ammesso insieme con Maria, gli apostoli, i martiri, i santi. Ma a causa di ciò che già abbiamo ricevuto, noi siamo “beati”: uomini e donne che conoscono la felicità.
***
Ieri la Liturgia delle Ore, nell’Uff. delle Lett (Terza settimana di Quaresima,
lunedì) ci proponeva una bellissima pagina di S. Basilio.
Ho annotato alcune parole che vi dono come consolazione in un momento nel quale non mancano tristezza e lacrime:
“La grandezza dell’uomo,
la sua gloria e la sua maestà
consistono nel conoscere
ciò che è veramente grande,
nell’attaccarsi ad esso
e nel chiedere la gloria dal Signore della gloria”
(Omilia 20 sull’umiltà, cap.3).
Non è quello che vi ha insegnato don Giussani?
Sia dunque gioia nel vostro cuore e pienezza di speranza. Coraggio e gratitudine.
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
Dove si generano nuovi cristiani
Omilia in “die trigesima” dalla morte di Mons. Aldo Del Monte
Intra, San Vittore, 16 marzo 2005
Un mese fa, celebrando i funerali in cattedrale e poi anche all’Isola di San
Giulio, abbiamo salutato con grande affetto Mons. Aldo Del Monte. Volentieri sono
venuto qui a san Vittore per rinnovare con voi la nostra gratitudine a questo
Vescovo che per due decenni ha guidato la nostra Chiesa, per pregare per lui, per
rinnovare l’impegno a far tesoro della sua eredità.
Ho scelto, per questa celebrazione, due pagine bibliche che parlano della Chiesa
(1 Cor 4-11; Mt 16,13-19). L’ho fatto perché proprio il mistero divino e umano della
Chiesa è stato costantemente in primo piano nelle parole e negli scritti di Mons. Del
Monte. Vorrei lasciar svolgere da lui l’omilia. Ho preso in mano le sue Lettere
Pastorali e mi sono soffermato in particolare su quella che ha per titolo La Chiesa
Madre. È del 1976-77. La seconda parte è dedicata ai vari “luoghi” – più umani che
topografici – della generazione di nuovi cristiani, dell’esprimersi della Chiesa come
“madre” di nuovi figli: quelli che “non da carne e da sangue, ma da Dio sono nati”
(cfr Gv 1,13). Questa infatti è la vocazione fondamentale della Chiesa. Il Vaticano
II ne parla nel capitolo che la Lumen gentium ha dedicato a Maria: “La Chiesa, contemplando l’arcana santità di Maria, imitandone la carità e adempiendo fedelmente la volontà del Padre, per mezzo della Parola di Dio accolta con fedeltà diventa
essa pure madre, poiché con la predicazione e il Battesimo genera a una vita nuova e immortale i figli, concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio” (n. 64).
Quali sono dunque i luoghi che visibilizzano la maternità della Chiesa? Raccolgo
alcune delle risposte offerte da Mons. Del Monte.
La trama meravigliosa
Egli si rivolge a tutti i battezzati. Li vede così: “Una trama meravigliosa di persone libere e pensanti, portanti dentro di sé il seme della stessa Parola, animate
dallo stesso spirito e in crescita verso la pienezza di Cristo. Nessuno è sostituibile
all’altro, e tuttavia tutti sono legati tra di loro da scambi, vincoli e comunicazioni
spesso invisibili e segrete, per nascere, nutrirsi, vivere e generare spiritualmente”
(n. 34). Ricorda santa Teresa di Gesù Bambino, notando che quanto avvenne attraverso di lei, semplice monaca, può avvenire attraverso ogni cristiano. Anzi, è proprio questo che ogni vero cristiano, a cominciare dai papà e dalle mamme, deve
desiderare.
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LA PAROLA
DEL VESCOVO
La nervatura essenziale
Si rivolge, in particolare, alle famiglie, chiamandole la “nervatura essenziale
della comunità cristiana” (n. 41): un modo bellissimo di chiamare la famiglia.
Osserva che “il problema della famiglia nella Chiesa, riempie tutti di trepidazione”.
Ma si domanda: “Chi aiuta i genitori ad aggiornare la propria fede e a incanalarla
nella realtà delle situazioni moderne, in modo tale da diventare persuasivi presso i
propri figlioli travolti dall’attuale terremoto culturale?” (n. 42). Di qui un invito
pressante rivolto ai sacerdoti: “C’è da coinvolgere i genitori nella diretta educazione dei figli, specialmente della loro educazione religiosa, che non può fare a meno
della presenza attiva dei genitori. È in quest’opera specifica di trasmissione della
fede alle nuove generazioni, che i sacerdoti, i parroci in modo particolare, scoprono
come una segreta parentela spirituale con le famiglie” (n. 43).
Nessuna genericità con i giovani
Si rivolge anche alle realtà dell’associazionismo cristiano, e lo fa in tempi difficili (non dimentichiamo che la Lettera Pastorale a cui faccio riferimento è del 1976).
In termini forti rimarca alcune condizioni necessarie perché adolescenti e giovani,
partecipando ad un’esperienza comunitaria cristiana, vengano da essa aiutati a crescere come figli di Dio: “La prima è che sia veramente disponibile al puro seme della parola evangelica, trasmesso da tutta la Chiesa in piena comunione con i pastori ed il loro magistero. Senza il carisma proprio dei pastori, la parola facilmente si
inquina e diventa sterile. La seconda è che questa parola cresca attraverso la grazia di tutti i sacramenti, in modo particolare dell’Eucaristia, dove ogni membro della Chiesa cresce come parte viva dell’unico corpo di Cristo. Ci può essere pluralità
di scelta nell’applicazione della parola alle varie situazioni storiche, ma ogni pluralità è legittima solo se non rompe la comunione ecclesiale e pastorale, altrimenti,
mentre la comunità costruisce, il gruppo distrugge. La terza è questa: la carità che
sgorga dall’Eucaristia non deve ridursi a semplice filantropia sociologica, ma deve
crescere come espressione del più grande precetto dell’amore” (n. 36).
In rapporto a un valido cammino delle associazioni cattoliche chiede ai sacerdoti di “evitare ogni genericità nell’avvicinare i giovani perché essa è fonte di ambiguità”. Aggiunge: “Presentate integralmente ed efficacemente il messaggio di
Cristo: è anche per loro il segreto più affascinante”. Mi sembra da meditare ampiamente questo richiamo ad evitare la genericità con i giovani.
L’incontro della comunità con il soffio dello Spirito
Il Vescovo parla anche della Vita Consacrata affermando che “nella trama di
grazia che compagina organicamente la Chiesa locale, le comunità di religiosi e religiose costituiscono il vertice dell’incontro delle comunità con il soffio dello Spirito
che dà la vita. Delle comunità esse fanno parte, le rappresentano, si mettono a loro
servizio, le ravvivano, sono l’espressione più concreta della nuzialità della Chiesa
con il Cristo” (n. 38). Di qui l’invito, sempre attuale, perché tutti i membri della
Chiesa, dai Vescovi ai più umili fedeli, “rinnovino la stima e la fede nel carisma della verginità come la più cospicua parentela ecclesiale all’azione vivificante dello
Spirito. Di qui la necessità di parlare con più frequenza e con più fiducia della vocazione religiosa” (n. 40).
169
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Quale comunità parrocchiale?
Con riferimento alla parrocchia, illustra con ampiezza in che modo essa può
diventare una comunità feconda. Lo sarà se sarà una vera comunione fraterna; se
sarà una comunità che prega; se sarà una comunità che lotta contro il male e
costantemente si converte; se affronta la croce, che sempre la vita comporta, insieme con Gesù crocifisso che, proprio per quella via, dona la salvezza; se prende il volto missionario di una Chiesa che testimonia il Vangelo e lo annuncia (cfr. nn. 4450).
Sono indicazioni che io stesso ho ripreso nella Nota Pastorale Ecclesia Mater
(1992, pp. 67-78), dedicata a offrire indicazioni utili per formulare un valido progetto pastorale parrocchiale. Mi sono lasciato ispirare, come mi sembra abbia fatto
anche Mons. Del Monte, da alcune pagine di padre Y. Congar il quale, con riferimento alla pastorale come luogo dell’esprimersi della maternità della Chiesa, propone “un rinnovamento che, dal di dentro e a partire dal fondo, forma, al livello delle radici e dell’orientamento fondamentale, la nostra concezione della vita pastorale della Chiesa”. È proprio a partire da qui – aggiunge – che per una logica profonda, che trascende ogni programma formulato o formulabile, le maniere di fare ciò
che noi facciamo si illumineranno e si orienteranno in una maniera nuova (predicazione, celebrazione liturgica, accompagnamento delle anime, amministrazione
delle parrocchie, o direzione di gruppi).
Per questa via, e solo per questa, avverrà una conversione: “Non per modi di
programma, ma attraverso un irradiamento insensibile e progressivo, a partire da
una nuova visione interiore”.
Credo che ci sia sempre bisogno di questa conversione della pastorale a partire
da quanto di più profondo vi è nella natura del mistero della Chiesa.
***
Mons. Del Monte chiede dunque a tutti i membri della Chiesa, naturalmente
anche a se stesso e a tutti i sacerdoti (cfr nn. 57-64), di esprimere, ciascuno secondo i propri doni e la sua responsabilità, la Chiesa madre. In verità, credo proprio
che non vi sia nulla di più importante (oggi come ieri) che la Chiesa divenga strumento docile dello Spirito Santo perché i figli degli uomini divengano figli di Dio. È
un compito che guiderà con sicurezza e sapienza tutto il lavoro educativo e pastorale nella nostra Diocesi. Tale lavoro sarebbe inevitabilmente impoverito e tradito
se non fosse pensato e attuato come contributo alla fecondità della Chiesa.
Penso perciò che il ricordo di Mons. Del Monte e del suo magistero diventa per
noi un forte stimolo e incoraggiamento a dedicarci a ciò per cui la Chiesa è stata
voluta dal Signore. Diventa anche un delicato invito (delicato come era Mons. Del
Monte) a un esame di coscienza personale e comunitario. La celebrazione che stiamo vivendo può essere il momento per farlo.
170
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Coltivare il senso di responsabilità
I fidanzati intervistano il Vescovo
Borgomanero, 13 marzo 2005
1.
Sposarsi in Chiesa significa in certo senso rimanere nella Chiesa. Ma
la vita quotidiana di lavoro, gli impegni di famiglia e tante altre occupazioni e preoccupazioni ci spingono nei nostri ambiti privati e spesso anche nella nostra solitudine. Come mantenere i collegamenti con
la Chiesa?
La domanda va spinta anche più avanti: come tenere i collegamenti con il
Vangelo, con la fede, con Gesù Cristo? Va fatto perché le occupazioni e preoccupazioni dei cristiani laici possono portare altrove e far pensare o dire che il Vangelo è
bello, anzi bellissimo, ma negli ambiti della vita quotidiana, con la logica del mondo che ci avvolge, il posto per il Vangelo non c’è. Ma il Vangelo è destinato alla vita
dell’uomo concreta e reale, singolarmente considerato e considerato anche dentro il
contesto sociale e culturale. Ha questa destinazione perché il cristianesimo è Dio
fatto uomo per illuminare e salvare tutta la vita dell’uomo.
Ai cristiani laici è data una responsabilità straordinaria: di essere luogo della
sintesi tra il Vangelo e la vita di tutti i giorni; di essere sale e luce dentro l’umano
di ogni giorno.
E del collegamento con la Chiesa? Fate bene a porre la domanda e io la raccolgo
anzitutto pensando a quello che la Chiesa, e in particolare le nostre parrocchie,
sono chiamate a fare per tenere contatti con voi. La Parrocchia è chiamata ad essere “la Chiesa che vive tra le case della gente”, e ciò comporta l’attenzione a tutte le
età, dai bambini ai nonni. Comporta, in particolare, l’attenzione ai giovani negli
anni nei quali maturano gli orientamenti fondamentali per il loro futuro. E dunque,
l’attenzione a voi soprattutto nel tempo in cui si entra nella professione e si matura la decisione di sposarsi. Affetti e lavoro sono due capitoli essenziali per la vita di
un giovane perché lo toccano in profondità. A questo vostro cammino deve essere
attenta la Chiesa: un compito arduo, ma doveroso e appassionante.
Mi resta da aggiungere che anche voi avete la vostra parte da fare. Forse lungo
l’adolescenza molti di voi hanno perso i contatti con la Chiesa. Per alcuni di voi il
corso prematrimoniale è forse l’occasione provvidenziale per ritessere i rapporti con
una comunità cristiana.
Come dimenticare peraltro che è Gesù ad aver istituito la Chiesa, chiamando
attorno a sé i discepoli e facendoli diventare una comunità? Come non tenere conto
171
LA PAROLA
DEL VESCOVO
che, già dal Battesimo, veniamo introdotti in questa comunità e che, lungo la storia, i discepoli del Signore sono la fondamentale “memoria vivente” del Signore?
Come dimenticare che la fede cristiana, mentre chiama in causa la libertà di ciascuno, è un’esperienza comunitaria? Queste domande dicono che non si può scindere Cristo dalla Chiesa.
Di qui il mio suggerimento: coltivare una buona e schietta relazione con qualche
cristiano significativo; confrontarsi apertamente con qualche coppia di fidanzati o
di giovani sposi cristiani; affrontare con loro tutte le questioni che vi toccano in
profondità; rileggere con loro, o con un piccolo gruppo, o con la stessa comunità parrocchiale il Vangelo e le parole di vita che vi offre, soprattutto partecipando alla
santa Messa nel “Giorno del Signore”. Di certo, mettendovi su questa strada, sarete molto aiutati a vivere, e soprattutto ad affrontare i momenti cruciali dell’esistenza: quelli che non mancano per nessuno.
2. Molte coppie arrivano oggi al matrimonio in Chiesa dopo anni di convivenza. I motivi di queste convivenze sono diversi: spesso gioca anche
la paura e l’incertezza sul matrimonio per sempre. Ora che stiamo per
sposarci, la Chiesa come ci giudica e come possiamo vincere la paura
e guardare avanti con fiducia?
Sono contento di affrontare questo problema: è sostanzialmente molto recente,
ma coinvolge ormai molti giovani. Aggiungo subito che non intendo giudicare la
situazione spirituale intima di nessuno: è Dio che solo conosce fino in fondo il cuore dell’uomo; da lui dobbiamo lasciarci giudicare.
Ma credo sia importante analizzare i motivi di questa scelta. È stata ricordata
la paura e l’incertezza sul matrimonio per sempre. Intravedo anche altre possibili
cause. Una consiste nel giudicare irrilevante l’aspetto istituzionale del matrimonio:
è un fatto del tutto privato, e basta! Vi sono certamente anche altre motivazioni possibili, che vanno dalla difficoltà di ordine economico alla maniera stessa di concepire la relazione uomo-donna e di intendere il peso, la nobiltà e la complessità del linguaggio della sessualità.
Se voi mi chiedete come guardare avanti con fiducia, vi rispondo soprattutto in
un modo: coltivate il senso di responsabilità. Ciò significa rendere possibile all’altro/a di pensare e dire: “Mi fido di te; ritengo di potermi affidare a te; sono certo/a
che tu non ti prendi gioco di me; capisco che mi rispetti e che questo atteggiamento non è né formale né strumentale”.
Naturalmente occorre essere realisti. Il senso di responsabilità matura esercitandolo nelle “piccole grandi cose” di ogni giorno, mantenendo la parola, parlando e
agendo nella sincerità, allenandosi al sacrificio e anche a qualche rinuncia che l’attenzione all’altro ti chiede (e l’«altro» sarà domani un figlio: già oggi sei dentro a un
«noi»; domani ancor più). Il realismo chiede che non si tratti mai alla leggera una
relazione che, di fatto, è più importante di ogni altra e che, per di più, è sempre delicata come i petali di un fiore. Perciò la responsabilità è destinata a diventare la bussola per ogni giornata, dal mattino alla sera e impegno a camminare senza inge-
172
LA PAROLA
DEL VESCOVO
nuità dentro a circostanze previste e spesso impreviste, che chiedono la tua presa
di posizione e che potrebbero anche trascinarti per vie non buone; facili, magari, ma
non vere.
Il senso di responsabilità e l’aiuto di Dio, ti permettono di dire (certo, con coraggio) nel giorno del matrimonio: “Puoi fidarti di me, nella buona e nella cattiva sorte. La stessa cosa io penso di te”.
3. Abbiamo riflettuto sui molti problemi che una giovane coppia si trova
a dover affrontare nel momento in cui decide di sposarsi: difficoltà
soprattutto economiche e lavorative. Cosa fa e cosa può fare la Chiesa
novarese, come istituzione, per offrire un concreto aiuto?
Mi viene alla mente una coppia, ormai anziana, di sposi incontrati nella Visita
Pastorale in Valsesia. Anno del matrimonio: 1945. Chiesi: “Come vi trovavate,
quanto a possibilità economiche, in quel momento?”. Risposta: “Non avevamo nulla, tranne la fede in Dio e il nostro amore”. Altri tempi, si dirà. E in effetti è così:
un contadino povero, un lavoro e una casa ce l’ha. Altri tempi anche da un altro
punto di vista: ci si accontentava di poco, non si spendeva un patrimonio per arredare la casa che spesso era la stessa casa paterna. Oggi chi non ha il lavoro ed è in
una casa di affitto si trova in grave difficoltà. Avviene per le coppie giovani, ma non
solo per loro.
La situazione occupazionale attuale è veramente difficile. Recentemente ho partecipato a diverse riunioni dedicate alla “Bemberg”, un’azienda che ha una storia
importante e che ha dato fin qui lavoro a moltissime famiglie. Ho voluto ascoltare
la voce del sindacato, ho incontrato i responsabili dell’impresa, ho sollecitato le istituzioni civili, in particolare la Provincia, ho dialogato con l’Associazione Industriali,
ne ho fatto parola a chi collabora con il Ministero delle Attività Produttive. Il problema è complesso. Spero che si arrivi a qualche buon risultato, per quanto difficile da ottenere, come emerge in questi stessi giorni. In questi anni sono stato vicino
anche a qualche altra situazione critica. Ricordo il caso della SISMA di Villadossola.
Evidentemente il Vescovo non ha gli strumenti per risolvere i problemi industriali.
Tuttavia credo che una vicinanza della Chiesa nei momenti più difficili e la sollecitazione delle varie parti sociali sia da incoraggiare e trovi stima.
La vostra domanda fa pensare a diversi fronti dell’azione: quello del costo della
casa, quello del prezzo degli affitti, quello dei mutui bancari, quello delle regole
commerciali. Su tutto questo la Chiesa non ha voce in capitolo in maniera diretta.
Ma ci sono strade utilmente percorribili: la sollecitazione rivolta ai Comuni e alle
Province sulla politica della casa e la regolamentazione degli affitti; la collaborazione di Associazioni (come le Acli) particolarmente sensibili in questo campo e che
cercano di fare opinione e di svegliare l’attenzione di tutti sulle difficoltà delle giovani coppie; l’impegno dell’«Ufficio Diocesano per i problemi sociali e il lavoro» che,
in nome della Diocesi, segue la situazione generale e le emergenze che si presentano, evidenziando i richiami etici che debbono guidare la politica del lavoro e della
casa.
173
LA PAROLA
DEL VESCOVO
La domanda che oggi mi rivolgete diventa comunque stimolo per me, come
Vescovo, a tenere sempre in evidenza il problema e a sollecitare, in tutte le sedi possibili, l’attenzione che vi si deve.
4. Per un cristiano oggi, qualunque scelta politica sembra compromet tente. Da un lato proviamo disagio davanti alla scelta elettorale, dall’altro sentiamo l’urgenza di un impegno costruttivo. Con quale scelta
concreta possiamo esprimere questo stato d’animo?
Certo la politica è compromettente. Ma non lo è solo da oggi: lo è sempre stata.
Del resto anche l’economia è compromettente, la scienza lo è, i mass media lo sono.
Una cosa è certa: soprattutto per voi, cristiani laici, occorre entrare in questo areopago. Le modalità sono molte. In questo momento ne ricordo due.
La prima consiste nell’impegno politico diretto. Chiunque di voi lo voglia affrontare, trova il mio incoraggiamento. Ad una condizione: che non ci si improvvisi, ma
si faccia un lavoro sodo di formazione etica e anche “professionale”. A un’altra condizione: che non lo si faccia mirando alla carriera, ma al servizio, guidati non dall’ideologia, bensì dal bene comune, da equità e da verità. C’è molto bisogno di giovani che facciano politica. La Pira è divenuto santo facendo il sindaco di Firenze ed
il deputato al Parlamento italiano.
Una seconda modalità è quella a cui è chiamato ogni cittadino, specialmente in
occasione delle elezioni. Voi avete manifestato, a questo riguardo, due sentimenti:
il disagio davanti alla scelta, l’urgenza di un impegno costruttivo. Due sentimenti
che sembrano entrare in collisione. Come disinnescare la miccia? Un modo concreto è quello di informarsi sulle persone candidate: sulla loro competenza e la loro
limpidezza sul fronte della responsabilità pubblica. Un altro modo riguarda la formazione politica: qual è il loro programma? Quali sono gli orientamenti e la spinta
propulsiva che intendono dare al lavoro amministrativo o legislativo?
Con la voce di Giovanni Paolo II, al Convegno ecclesiale di Palermo (1995), la
Chiesa ha richiamato all’attenzione di tutti, e in particolare dei credenti, “i principi della dottrina sociale della Chiesa sulla persona e sul rispetto della vita umana,
sulla famiglia, sulla libertà scolastica, la solidarietà, la promozione della giustizia
e della pace. La potestà legislativa di cui godono i consigli regionali su materie
anche molto importanti rendono questa attenzione particolarmente necessaria”.
5. Partecipando al “corso” di preparazione al matrimonio ci siamo resi
conto di quanto i mass-media e la società in genere, influenzino le
nostre decisioni e non ce ne rendiamo neanche conto. Ad esempio
abbiamo scoperto che ciò che conoscevamo sui metodi naturali non
era corretto. È vero che ciò dipende da una scarsa preparazione di chi
dovrebbe proporli (ad esempio i ginecologi), dalla presenza di pochi
insegnanti di metodi naturali, ma forse dipende anche dal fatto che la
Chiesa fa sentire poco la sua voce in merito (sembra che alcuni sacerdoti abbiano timore di affrontare questo tema). Che cosa può suggerire alla nostra Diocesi ed in particolar modo a noi giovani affinché in
un prossimo futuro ci sia un’informazione più corretta?
174
LA PAROLA
DEL VESCOVO
Mi fa piacere il giudizio positivo sui corsi di preparazione al matrimonio e ringrazio chi, non senza fatica, se ne fa carico cercando di svolgerli illuminando veramente le coscienze e coinvolgendo nella riflessione i giovani presenti. È anche vero
che il condizionamento dei mass-media è molto forte. I momenti di incontro in preparazione al matrimonio, possono, in questo senso, essere degli autentici momenti
di verità e di libertà.
Il silenzio assoluto dei mass-media sui metodi naturali è un caso concreto per
misurare in quale contesto culturale ci troviamo. Credo che questo contesto pesi
negativamente sui diversi soggetti coinvolti, a vario titolo, nella formazione dei
futuri sposi e delle giovani coppie. Può pesare sui medici ginecologi, sospinti a non
approfondire il tema o a non parlarne. Può pesare anche sul contesto ecclesiale,
facendo pensare che la proposta sia troppo controcorrente e che, perciò, non sia il
caso di parlarne con coraggio e fiducia.
Vorrei, in questo momento, ringraziare chi, nella nostra Diocesi, si fa carico di
sviluppare il tema dei “metodi naturali” con competenza e chiarezza. Vorrei anche
dire che vi può essere interesse per questo tema là dove la sessualità non è ricondotta alla semplice istintualità e dove la virtù cardinale della temperanza, nel cui
quadro sta anche la castità, non viene disprezzata come proposta morale risibile per
i nostri tempi.
La domanda su quanto intende fare la nostra Diocesi a questo riguardo in futuro, mi porta a incoraggiare che in tutti i corsi per fidanzati si illustrino i “metodi
naturali” e, ancor prima, che con gli adolescenti e i giovanissimi si affronti il tema
della sessualità mostrando la profondità antropologica e il danno che deriva invece
per la persona da una sua banalizzazione.
6. Pensavamo che il corso per i fidanzati fosse più noioso, mentre abbiamo innanzitutto trovato persone che ci hanno accolto e con cui potevamo dialogare e discutere liberamente su temi che spesso non abbiamo mai affrontato neanche con gli amici che frequentiamo. Perché
invece nella nostra Parrocchia non è così? Perché spesso ci troviamo a
Messa insieme a persone che neanche ci salutano…? Alcuni di noi si
sono allontanati dalla Chiesa per brutti rapporti con essa o perché
hanno riscontrato ipocrisia negli atteggiamenti di chi la frequenta…
Anche questa domanda è incoraggiante per tutti gli operatori pastorali impegnati sul fronte dei fidanzati e delle giovani coppie. Gli aspetti positivi che vengono rimarcati sono due: l’accoglienza e il dialogo (che diventa confronto sincero e
sereno). Credo che queste caratteristiche degli incontri vadano apprezzate. Ciò
significa che gli operatori pastorali devono prepararsi o educarsi a questo stile e a
questa metodologia. Significa anche che, al termine di ogni corso, sarebbe opportuna una verifica autentica dell’esperienza che si è proposta. E ancora significa mettere in conto di alimentare un contatto con i giovani incontrandoli e, se possibile,
alimentando anche una certa amicizia che conduca a ritrovarsi per condividere
qualche aspetto significativo del proprio cammino o per affrontare insieme qualche
giornata o fase difficile della vita.
175
LA PAROLA
DEL VESCOVO
La critica alle Parrocchie – per la scarsità di accoglienza, di calore umano, di
gentilezza nelle cose minime (come il saluto, un sorriso) e di sostegno nelle cose
grandi e difficili – merita di essere considerata. Non credo che si possa generalizzare: esistono infatti delle comunità cristiane molto ricche a questo riguardo, e
sacerdoti di grande umanità. E tuttavia propongo che, per esempio nei Consigli
Pastorali Parrocchiali, non manchino momenti di verifica del clima umano che si
respira e che si cerca di creare.
Mi addolora il fatto che alcune persone si siano allontanate dalla Chiesa perché
si sono sentite rifiutate. A queste persone vorrei suggerire di considerare un possibile chiarimento con quanti sono diventati per loro ostacolo alla partecipazione; vorrei anche augurare loro che qualche difficoltà nei rapporti con i cristiani impegnati in Parrocchia non metta in discussione qualcosa che è ben più grande e che va
protetto come si fa con un tesoro. Qui il tesoro è il Signore da non abbandonare. È
anche la vita nella Chiesa, fatta di santi e di peccatori, luogo della grazia di Dio,
dell’annuncio della sua parola e della celebrazione dei sacramenti della sua grazia.
7. Circa la dimensione della fede non sempre nella coppia ci troviamo
sulla stessa lunghezza d’onda o allo stesso livello. Come vivere questa
diversità nella coppia? Come scambio, incontro-scontro o come faccenda privata di ciascuno?
Altra questione delicata. Vorrei dire, anzitutto, che sul tema della religiosità e
della fede occorre venire allo scoperto prima del matrimonio: troppe questioni rilevanti si legano alla concezione profonda della vita di due persone che vogliono unirsi in matrimonio. In secondo luogo, conviene riconoscere che una sintonia su ciò che
poi, lungo la vita, apparirà determinante per le scelte più significative è da auspicare come un grande bene che facilita l’intesa, il dialogo, il sostegno vicendevole.
Basti pensare all’educazione dei figli e ai valori fondamentali da proporre loro.
Ma poi ci sono i casi in cui, mentre ci si ama e ci si sceglie per il matrimonio, si
vive, a livello religioso, una diversa lunghezza d’onda. A questo proposito, mi pare
che, in realtà, non ci sia nessuna coppia che non provi un’esperienza di questo genere: le persone che si sposano non sono delle “fotocopie”, ma esseri viventi, differenti per mille aspetti, continuamente cangianti. Ne deriva che non c’è coppia che non
sia chiamata a trovare ogni giorno un equilibrio dentro la diversità: impresa non
agevole, ma sicuramente arricchente.
Talvolta le differenze possono essere profonde, e questo è un problema diverso
dal precedente. Occorre essere consapevoli di questo dato e va previsto un impegno
molto forte per trovare la strada di una giusta convivenza. C’è una scelta da confermare ogni giorno: quella di comunicare, non cedendo alla tentazione del mutismo. Ce n’è un’altra: quella del rispetto dell’altro, non cedendo alla prepotenza. Ce
n’è un’altra ancora: quella di essere “una carne sola”, un vero “plurale” che tende
all’unità, contro la deriva perniciosa di andare ognuno per la propria strada.
Aggiungo infine che, quando le diversità sono troppo grandi, si deve considerare attentamente se sia opportuno e saggio fare il grande passo. Questa attenzione
è oggi più rilevante di ieri, trovandoci in una società caratterizzata dal pluralismo
176
LA PAROLA
DEL VESCOVO
culturale e dalla compresenza di diverse religioni. Il relativismo etico e religioso
non aiuta gli sposi, né favorisce la crescita dei figli perché si poggia sul nulla. Né
aiuta il fatto che l’appartenenza a due religioni diverse porti a soggiogare la libertà
dell’uno o dell’altro.
In definitiva, chi si sposa deve pensarci bene.
8. Noi facciamo l’esperienza dell’amore fra di noi, ma come possiamo
essere certi che Dio ci ama? Spesso siamo smarriti e senza risposte di
fronte alle calamità naturali, gli incidenti e le violenze nel mondo.
È giusto porre, come si fa in questa domanda, la questione dell’amore riferita
all’amore di Dio per noi: come essere certi che Dio ci ama?
Rispondo dicendo, in primo luogo, che lungo la storia dell’umanità a questa
domanda l’uomo, da solo, non ha mai saputo dare una risposta adeguata. Di Dio si
è soprattutto avuto paura. In secondo luogo, aprendo la Bibbia, trovo nei Salmi e
negli altri libri (Giobbe, Qoelet, Geremia) il lamento: “Perché taci, Signore?”;
“Perché gli ingiusti hanno fortuna?”; “Ti sei dimenticato del tuo popolo?”. In terzo
luogo, se apro il Nuovo Testamento, leggo che “Dio ha tanto amato il mondo (e cioè
l’umanità) da dare il suo Unigenito”.
Leggo anche che l’amore di Dio per l’uomo ha trovato la cattedra della suprema
rivelazione sulla croce: in Cristo che muore per la salvezza dell’uomo emerge che
“Dio è amore”. Solo in Cristo, e Cristo crocifisso, conosciamo che Dio è amore.
Decisivo è dunque l’avvenimento cristiano: la venuta di Dio tra noi in Cristo Gesù.
Questa grande luce fa sì che noi cristiani, a differenza degli antici autori del teatro greco, non leggiamo la storia come una tragedia senza fine e che, dunque, sarebbe stato persino meglio che neppure iniziasse. Tuttavia questa grande luce non
toglie che la storia dell’umanità rimanga immersa nel mistero e che debba dirsi un
dramma. La vita stessa di Cristo non è stata una fiaba edulcorata, ma un aspro
dramma. E però, il fatto che nella vita di Cristo la morte non abbia avuto l’ultima
parola, perché Cristo è risorto, ci permette di guardare al presente e al futuro
sapendo che anche per noi l’ultima parola non sarà della morte, bensì della vita: “Là
dove sono io, sarete anche voi”.
È con questa luce che si può affrontare la vicenda della creazione, con il suo continuo divenire che tocca evidentemente anche il globo terrestre con tutto ciò che lo
caratterizza in terra, in mare, nell’atmosfera, in superficie e nella profondità degli
abissi. Anche il male provocato dall’uomo, dal suo cuore duro, ci mette a durissima
prova in ogni momento. Ma pure a questo riguardo Cristo ha molto da dirci e da
donarci. Egli ci dà grazia e ci sospinge ad amare come egli ci ha amato; ad essere
nella storia dei segni di un mondo nuovo, segnato dalla giustizia, dalla verità, dalla libertà, dall’amore, dal perdono. Come Cristo è colui nel quale Dio si rivela come
amore per l’uomo, anche i discepoli di Cristo sono chiamati ad esserlo. Senza mai
perdere la speranza. Sappiamo infatti che anche nel deserto ci sono fiumi sotterranei e che essi fanno fiorire le palme dove parrebbe impossibile.
177
LA PAROLA
DEL VESCOVO
9. Perché si fanno i corsi di preparazione al matrimonio? La fede è un’esperienza molto semplice: i nostri genitori si sono sposati senza fare
così; che cosa è cambiato nel mondo e nella Chiesa?
Mi viene alla mente quanto avvenne in una Parrocchia della Brianza, tanti anni
fa. Nasce un bambino. C’è pericolo, già da subito, che muoia. Il papà prende il neonato e va alla casa parrocchiale. Chiede il Battesimo. “Dove sono il padrino e la
madrina?” – chiede il parroco. Il papà lascia il bambino sul tavolo della casa parrocchiale e va a cercare chi possa svolgere quel ruolo. Presto ritorna. È possibile
celebrare il Battesimo. Quel bambino vivrà fino in tarda età. Sarà uno dei ragazzi
del ’99, partito giovanissimo per la prima guerra mondiale. Diventerà prete e bravo parroco. Fu lui stesso a raccontarmi tutto questo.
A quei tempi non c’era bisogno di incontri prebattesimali, né di corsi prematrimoniali. Oggi sì, e per molte ragioni. È vero che l’esperienza della fede è molto semplice, ma nel contesto socioculturale di oggi non è facile fare sintesi dentro di sé: lo
vedo bene tra gli adolescenti e i giovani, come i diciotto-diciannovenni ai quali, la
scorsa settimana, ho predicato gli esercizi spirituali. Anche l’esperienza dell’amore
è molto semplice. Ma come dimenticare che anche a questo proposito è difficile fare
sintesi, reggere agli scossoni, superare la confusione, uscire dallo spaesamento? A
questo servono i corsi prematrimoniali: a favorire un reale approfondimento del
senso e dell’implicanza di responsabilità che ci si assume con la scelta di sposarsi.
Anzi, a ben vedere, occorre aggiungere che il corso prematrimoniale, da solo, non
basta. C’è un lavoro che va fatto prima, nell’adolescenza e nella prima giovinezza,
sapendosi fermare, leggendo in profondità se stessi, riflettendo sugli orientamenti
fondamentali della propria vita. Di qui l’importanza dell’esperienza di gruppo che,
in molte nostre Parrocchie, viene portata avanti ed è offerta a tutti i giovani.
Poi c’è un lavoro che va fatto dopo, una volta sposati, mantenendo i contatti con
la comunità cristiana, come ho già detto rispondendo alla prima domanda, per avere un termine di confronto, e anche un sostegno, in altri sposi cristiani, in papà e
mamme impegnati nell’impresa della crescita dei figli.
10. Conosciamo il pensiero della Chiesa circa i rapporti prematrimoniali
e l’uso dei contraccettivi. Questa posizione rigida è dettata dalla preoccupazione di difendere la famiglia in questa situazione culturale sfavorevole o è dettata da principi morali immutabili?
L’altro giorno, viaggiando in aereo per Roma, si è seduta accanto a me una
ragazza. Ad un certo punto del viaggio, mentre io stavo scrivendo, si è rivolta a me,
riconoscendomi dall’abito come un sacerdote. Era una ragazza argentina. Era venuta a Milano per incontrare dal vivo il fidanzato, fin lì conosciuto solo via internet.
Mi pose una domanda sui rapporti prematrimoniali e sulla posizione della Chiesa
a questo riguardo. Più avanti aggiunse che questo “fidanzato” era già sposato religiosamente e separato. Domanda: potremo sposarci in Chiesa?
178
LA PAROLA
DEL VESCOVO
A questa seconda domanda rispondo che sarà necessario riconoscere la nullità
del primo matrimonio. Alla prima domanda rispondo che l’indicazione della Chiesa
nasce dalla persuasione che sia giusta una gradualità e che un rapporto sessuale
completo è bene che si accompagni a quella assunzione di responsabilità nei confronti dell’altra persona che avviene con il matrimonio.
Dietro a queste indicazioni della Chiesa ne sta un’altra che riguarda gli sposi: e
cioè che l’atto coniugale, mentre manifesta e coltiva la comunione tra gli sposi, deve
essere aperto alla vita, esprimendo così una paternità e una maternità responsabili (cfr. Enc. Humanae vitae, 10), consapevoli anche dell’opportunità offerta dai
“metodi naturali” e dal ricorso ai periodi infecondi (cfr. HV, 16) di cui ho fatto cenno più sopra.
Con le sue indicazioni morali “la Chiesa sa di contribuire all’instaurazione di
una civiltà veramente umana; essa impegna l’uomo a non abdicare alla propria
responsabilità per rimettersi ai mezzi tecnici; difende con ciò stesso la dignità dei
coniugi” (cfr. HV, 18). Difende anche la famiglia chiedendo agli sposi di considerare
la loro fedeltà vicendevole come il luogo più giusto nel quale esprimere pienamente la loro esperienza sessuale (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede,
“Persona humana”, 1975, n. 7).
La Chiesa è ben consapevole di andare controcorrente e di chiedere ai giovani
cristiani molto coraggio. Ma, forse più che il coraggio, la proposta della Chiesa invita a fare una lettura profonda della sessualità e del rapporto uomo-donna: fare la
verità su questo capitolo significa riscoprire la propria dignità, e non accettare mai
di fare della sessualità una banalità; anzi, volere che sia un grande “segno” di ciò
che si è e si vuole essere l’uno per l’altro, nella distinzione e nella complementarietà.
Conclusione
Lascio l’ultima parola al primo libro della Bibbia: “Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne”
(Gn 2,24). Auguri a tutti. Dio vi benedica e vi accompagni.
179
VISITA PASTORALE
DEL
BORGOMANERESE
Incontri della Visita nell’Unità Pastorale
di Borgomanero e di Gozzano
da febbraio ad aprile 2005
GIOVEDÌ 24 FEBBRAIO
Ore 21.00
Ospedale
(Borgomanero)
Incontro con il mondo della sanità
VENERDÌ 25 FEBBRAIO
Ore 21.00
Gargallo
Assemblea Parrocchiale
SABATO 26 FEBBRAIO
Ore 10.30
Maggiora
Incontro con i Sindaci e
gli Amministratori dei Comuni
di Maggiora – Boca - Cureggio
SABATO 26 FEBBRAIO
Ore 15.00
San Bartolomeo
(Borgomanero)
Incontro con le Associazioni
di volontariato
DOMENICA 27 FEBBRAIO
Ore 11.00
Bolzano Novarese
Ore 18.00
Gargallo
Celebrazione Eucaristica
Celebrazione Eucaristica
SABATO 12 MARZO
Ore 15.30
Pogno
Incontro con i genitori e gli animatori
dei ragazzi dell’iniziazione cristiana
LUNEDÌ 14 MARZO
Ore 20.45
Bolzano Novarese
Assemblea Parrocchiale
MARTEDÌ 15 MARZO
Bolzano Novarese
Ore 20.45
Incontro con i genitori e gli animatori
dei ragazzi dell’iniziazione cristiana
e i giovani
GIOVEDÌ 17 MARZO
Ore 20.45
S. Maurizio d’Opaglio Assemblea Parrocchiale
180
VISITA PASTORALE
DEL
VENERDÌ 18 MARZO
Ore 20.45
Pogno
BORGOMANERESE
Assemblea Parrocchiale
MARTEDÌ 5 APRILE
Ore 20.45
Pella
Assemblea Parrocchiale
Incontro con i genitori e gli animatori
dei ragazzi dell’iniziazione cristiana
GIOVEDÌ 7 APRILE
Ore 20.45
Briga Novarese
Assemblea Parrocchiale
SABATO 9 APRILE
Ore 16.00
Briga Novarese
Incontro con i genitori e gli animatori
dei ragazzi dell’iniziazione cristiana
DOMENICA 10 APRILE
Ore 09.30
Auzate
Ore 11.15
Invorio Inferiore
Ore 15.30
Invorio Inferiore
Celebrazione Eucaristica
Celebrazione Eucaristica
Incontro con i genitori e gli animatori
dei ragazzi dell’iniziazione cristiana
MARTEDÌ 12 APRILE
Ore 20.30
Auzate
Assemblea Parrocchiale
GIOVEDÌ 14 APRILE
Ore 20.45
Soriso
Assemblea Parrocchiale
VENERDÌ 15 APRILE
Ore 18.30
Gargallo
Incontro con i genitori e gli animatori
dei ragazzi dell’iniziazione cristiana
DOMENICA 17 APRILE
Ore 09.00
Alpiolo
Celebrazione Eucaristica
Ore 11.00
S. Maurizio d’Opaglio Celebrazione Eucaristica
GIOVEDÌ 28 APRILE
Ore 09.00
Borgomanero
(Salesiani)
Ore 20.45
Soriso
Incontro con gli studenti
Incontro con i genitori e gli animatori
dei ragazzi dell’iniziazione cristiana
181
LA PAROLA
DEL
PAPA
“Chiamati a prendere il largo”
Messaggio per la XLII Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni
17 aprile 2005, IV domenica di Pasqua
Venerati Fratelli nell’Episcopato,
carissimi Fratelli e Sorelle!
1. “Duc in Altum!” All’inizio della Lettera apostolica Novo millennio ineunte ho
fatto riferimento alle parole con cui Gesù esorta i primi discepoli a gettare le reti
per una pesca che si rivelerà prodigiosa. Dice a Pietro: “Duc in altum – Prendi il largo” (Lc 5, 4). “Pietro e i primi compagni si fidarono della parola di Cristo, e gettarono le reti” (Novo millennio ineunte, 1).
Questa nota scena evangelica fa da sfondo alla prossima Giornata di Preghiera
per le Vocazioni, che ha come tema: “Chiamati a prendere il largo”. Si tratta di
un’occasione privilegiata per riflettere sulla vocazione a seguire Gesù e, in particolare, a seguirlo nella via del sacerdozio e della vita consacrata.
2. “Duc in altum! “ Il comando di Cristo è particolarmente attuale nel nostro tempo, in cui una certa mentalità diffusa favorisce il disimpegno personale davanti alle
difficoltà. La prima condizione per “prendere il largo” è coltivare un profondo spirito di preghiera alimentato dal quotidiano ascolto della Parola di Dio. L’autenticità
della vita cristiana si misura dalla profondità della preghiera, arte che va appresa
umilmente “dalle labbra stesse del Maestro divino”, quasi implorando, “come i primi discepoli: ‘Signore, insegnaci a pregare!’ (Lc 11, 1). Nella preghiera si sviluppa
quel dialogo con Cristo che ci rende suoi intimi: ‘Rimanete in me e io in voi’ (Gv 15,
4)” (Novo millennio ineunte, 32).
L’orante legame con Cristo ci fa avvertire la sua presenza anche nei momenti
d’apparente fallimento, quando la fatica sembra inutile, come avvenne per gli stessi Apostoli che dopo aver faticato tutta la notte esclamarono: “Maestro, non abbiamo preso nulla” (Lc 5, 5). È particolarmente in tali momenti che occorre aprire il
cuore all’onda della grazia e consentire alla parola del Redentore di agire con tutta
la sua potenza: “Duc in altum!” (cfr. Novo millennio ineunte, 38).
3. Chi apre il cuore a Cristo non soltanto comprende il mistero della propria esistenza, ma anche quello della propria vocazione, e matura splendidi frutti di grazia. Di questi il primo è la crescita nella santità in un cammino spirituale che, iniziato con il dono del Battesimo, prosegue sino al pieno raggiungimento della perfetta carità (cfr. ivi, 30). Vivendo il Vangelo “sine glossa”, il cristiano diventa sempre più capace di amare al modo stesso di Cristo, di cui accoglie l’esortazione: “Siate
perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5, 48). Egli si impegna a perseverare nell’unità con i fratelli entro la comunione della Chiesa, e si pone al servizio
182
LA PAROLA
DEL
PAPA
della nuova evangelizzazione per proclamare e testimoniare la stupenda verità dell’amore salvifico di Dio.
4. Cari adolescenti e giovani, è a voi che, in modo particolare, rinnovo l’invito di
Cristo a “prendere il largo”. Voi vi trovate a dover assumere decisioni importanti
per il vostro futuro. Conservo nel cuore il ricordo delle numerose occasioni d’incontro che negli anni passati ho avuto con i giovani, oggi diventati adulti e forse genitori di alcuni di voi, o sacerdoti, religiosi e religiose, vostri educatori nella fede. Li
ho visti allegri come devono essere i ragazzi, ma anche pensosi, perché presi dal
desiderio di dare ‘senso’ pieno alla loro esistenza. Ho capito sempre più che è forte
nell’animo delle nuove generazioni l’attrazione verso i valori dello spirito, è sincero
il loro desiderio di santità. I giovani hanno bisogno di Cristo, ma sanno anche che
Cristo ha voluto aver bisogno di loro.
Carissimi ragazzi e ragazze! Fidatevi di Lui, mettetevi in ascolto dei suoi insegnamenti, fissate lo sguardo sul suo volto, perseverate nell’ascolto della sua Parola.
Lasciate che sia Lui a orientare ogni vostra ricerca e aspirazione, ogni vostro ideale e desiderio del cuore.
5. Mi rivolgo ora a voi, cari genitori ed educatori cristiani, a voi cari sacerdoti, consacrati e catechisti. Dio vi ha affidato il compito peculiare di guidare la gioventù nel
sentiero della santità. Siate per loro esempi di generosa fedeltà a Cristo.
Incoraggiateli a non esitare nel “prendere il largo”, rispondendo senza indugio
all’invito del Signore. Egli chiama alcuni alla vita familiare, altri alla vita consacrata o al ministero sacerdotale. Aiutateli a saper discernere quale sia la loro strada, e a diventare veri amici di Cristo e suoi autentici discepoli. Quando gli adulti
credenti sanno render visibile il volto di Cristo con le loro parole e con il loro esempio, i giovani più facilmente sono pronti ad accogliere il suo esigente messaggio
segnato dal mistero della Croce.
Non dimenticate poi che anche oggi c’è bisogno di sacerdoti santi, di anime totalmente consacrate al servizio di Dio! Per questo vorrei ancora una volta ripetere: “È
necessario ed urgente impostare una vasta e capillare pastorale delle vocazioni, che
raggiunga le parrocchie, i centri educativi, le famiglie, suscitando una più attenta
riflessione sui valori essenziali della vita, che trovano la loro sintesi risolutiva nella risposta che ciascuno è invitato a dare alla chiamata di Dio, specialmente quando questa sollecita la donazione totale di sé e delle proprie energie alla causa del
Regno” (Novo millennio ineunte, 46).
A voi, giovani, ripeto la parola di Gesù: “Duc in altum!”. Nel riproporre questa sua
esortazione, penso al tempo stesso alle parole rivolte da Maria, sua Madre, ai servi
a Cana di Galilea: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2, 5). Cristo, cari giovani, vi chiede
di “prendere il largo” e la Vergine vi incoraggia a non esitare nel seguirlo.
6. Salga da ogni angolo della terra, sostenuta dalla materna intercessione della
Madonna, l’ardente preghiera al padre celeste per ottenere “operai nella sua messe” (Mt 9, 38). Voglia Egli concedere ferventi e santi sacerdoti ad ogni porzione del
suo gregge. Sostenuti da questa consapevolezza ci rivolgiamo a Cristo, Sommo
Sacerdote, e Gli diciamo con fiducia rinnovata:
183
LA PAROLA
DEL
PAPA
Gesù, Figlio di Dio,
in cui dimora la pienezza della divinità,
Tu chiami tutti battezzati “a prendere il largo”,
percorrendo la via della santità.
Suscita nel cuore dei giovani il desiderio
di essere nel mondo di oggi
testimoni della potenza del tuo amore.
Riempili con il tuo Spirito di fortezza e di prudenza
perché siano capaci di scoprire la piena verità
di sé e della propria vocazione.
Salvatore nostro,
mandato dal Padre per rivelarne l’amore misericordioso,
fa’ alla tua Chiesa il dono
di giovani pronti a prendere il largo,
per essere tra i fratelli manifestazione
della tua presenza che rinnova e salva.
Vergine Santa, Madre del Redentore,
guida sicura nel cammino verso Dio e il prossimo,
Tu che hai conservato le sue parole nell’intimo del cuore,
sostieni con la tua materna intercessione
le famiglie e le comunità ecclesiali,
affinché aiutino gli adolescenti e i giovani
a rispondere generosamente alla chiamata del Signore.
Amen.
Da Castel Gandolfo, 11 Agosto 2004
Giovanni Paolo II
42° Giornata Mondiale di Preghiera per le vocazioni - 17 Aprile 2005
Nel giorno del Signore …. i tuoi giorni
Lo slogan per la Giornata Mondiale di Preghiera per le vocazioni fa esplicito riferimento al XXIV Congresso Eucaristico Nazionale, che si inserisce, per una provvidenziale coincidenza, nella stupenda cornice dell’Anno dell’Eucaristia, indetto
dal Papa. :”Senza la domenica non possiamo vivere”.
Il Centro Nazionale Vocazioni, inserendosi nel solco tracciato dalle indicazioni del
Papa e dagli orientamenti dei Vescovi italiani, desidera offrire il suo specifico contributi alla riscoperta della centralità della Domenica, evidenziandone il dinamismo vocazionale. Sarebbe bello immaginare che tutte le nostre parrocchie vivano
così la preparazione al Giorno del Signore che nella IV domenica di Pasqua accoglie una preghiera particolare per le vocazioni.
Il Centro Diocesano Vocazioni ha inviato alle parrocchie i sussidi per l’animazione vocazionale della IV domenica di Pasqua.
In Seminario si terrà una veglia di preghiera per le vocazioni il 17 aprile alle ore 21.
184
LA PAROLA
DEL
PAPA
“Non abbiate paura
di raccontare la verità”
Lettera apostolica ai responsabili delle comunicazioni sociali
1. Il rapido sviluppo delle tecnologie nel campo dei media è sicuramente uno dei
segni del progresso dell’odierna società. Guardando a queste novità in continua evoluzione, appare ancor più attuale quanto si legge nel Decreto del Concilio
Ecumenico Vaticano II Inter mirifica, promulgato dal mio venerato predecessore, il
servo di Dio Paolo VI, il 4 dicembre 1963: «Tra le meravigliose invenzioni tecniche
che, soprattutto ai nostri giorni, l’ingegno umano, con l’aiuto di Dio, ha tratto dal
creato, la Madre Chiesa accoglie e segue con speciale cura quelle che più direttamente riguardano lo spirito dell’uomo e che hanno aperto nuove vie per comunicare, con massima facilità, notizie, idee e insegnamenti d’ogni genere»1
I. Un fecondo cammino sulla scia del Decreto Inter mirifica
2. Ad oltre quarant’anni dalla pubblicazione di quel documento appare quanto
mai opportuno tornare a riflettere sulle «sfide» che le comunicazioni sociali costituiscono per la Chiesa, la quale, come fece notare Paolo VI, «si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi»2. La Chiesa,
infatti, non è chiamata soltanto ad usare i media per diffondere il Vangelo ma, oggi
più che mai, ad integrare il messaggio salvifico nella ‘nuova cultura’ che i potenti
strumenti della comunicazione creano ed amplificano. Essa avverte che l’uso delle
tecniche e delle tecnologie della comunicazione contemporanea fa parte integrante
della propria missione nel terzo millennio.
Mossa da questa consapevolezza, la comunità cristiana ha compiuto passi significativi nell’uso degli strumenti della comunicazione per l’informazione religiosa, per
l’evangelizzazione e la catechesi, per la formazione degli operatori pastorali del settore e per l’educazione ad una matura responsabilità degli utenti e destinatari dei
vari strumenti della comunicazione.
3. Molteplici sono le sfide per la nuova evangelizzazione in un mondo ricco di
potenzialità comunicative come il nostro. In considerazione di ciò nella Lettera enciclica Redemptoris missio ho voluto sottolineare che il primo areopago del tempo
moderno è il mondo della comunicazione, capace di unificare l’umanità rendendola
— come si suol dire — «un villaggio globale». I mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali. Si tratta di un
185
LA PAROLA
DEL
PAPA
problema complesso, poiché tale cultura, prima ancora che dai contenuti, nasce dal
fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con tecniche e linguaggi inediti.
La nostra è un’epoca di comunicazione globale, dove tanti momenti dell’esistenza
umana si snodano attraverso processi mediatici, o perlomeno con essi devono confrontarsi. Mi limito a ricordare la formazione della personalità e della coscienza,
l’interpretazione e la strutturazione dei legami affettivi, l’articolazione delle fasi
educative e formative, l’elaborazione e la diffusione di fenomeni culturali, lo sviluppo della vita sociale, politica ed economica.
In una visione organica e corretta dello sviluppo dell’essere umano, i media possono e devono promuovere la giustizia e la solidarietà, riportando in modo accurato e veritiero gli eventi, analizzando compiutamente le situazioni e i problemi, dando voce alle diverse opinioni. I criteri supremi della verità e della giustizia, nell’esercizio maturo della libertà e della responsabilità, costituiscono l’orizzonte entro
cui si situa un’autentica deontologia nella fruizione dei moderni potenti mezzi di
comunicazione sociale.
II. Discernimento evangelico e impegno missionario
4. Anche il mondo dei media abbisogna della redenzione di Cristo. Per analizzare
con gli occhi della fede i processi e il valore delle comunicazioni sociali può essere
di indubbio aiuto l’approfondimento della Sacra Scrittura, la quale si presenta come
un «grande codice» di comunicazione di un messaggio non effimero ed occasionale,
ma fondamentale per la sua valenza salvifica.
La storia della salvezza racconta e documenta la comunicazione di Dio con l’uomo, comunicazione che utilizza tutte le forme e le modulazioni del comunicare.
L’essere umano è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, per accogliere la
rivelazione divina e per intessere un dialogo d’amore con Lui. A causa del peccato,
questa capacità di dialogo a livello sia personale che sociale si è alterata, e gli uomini hanno fatto e continuano a fare l’amara esperienza dell’incomprensione e della
lontananza. Dio però non li ha abbandonati e ha inviato loro il suo stesso Figlio (cfr
Mc 12, 1-11). Nel Verbo fatto carne l’evento comunicativo assume il suo massimo
spessore salvifico: è così donata all’uomo, nello Spirito Santo, la capacità di ricevere la salvezza e di annunciarla e testimoniarla ai fratelli.
5. La comunicazione tra Dio e l’umanità ha raggiunto dunque la sua perfezione
nel Verbo fatto carne. L’atto d’amore attraverso il quale Dio si rivela, unito alla
risposta di fede dell’umanità, genera un dialogo fecondo. Proprio per questo, facendo nostra, in un certo modo, la richiesta dei discepoli «insegnaci a pregare» (Lc 11,1),
possiamo domandare al Signore di guidarci a capire come comunicare con Dio e con
gli uomini attraverso i meravigliosi strumenti della comunicazione sociale.
Ricondotti nell’orizzonte di tale comunicazione ultima e decisiva, i media si rivelano una provvidenziale opportunità per raggiungere gli uomini in ogni latitudine,
superando barriere di tempo, di spazio e di lingua, formulando nelle modalità più
diverse i contenuti della fede ed offrendo a chiunque è in ricerca approdi sicuri che
permettano di entrare in dialogo con il mistero di Dio rivelato pienamente in Cristo
Gesù.
186
LA PAROLA
DEL
PAPA
Il Verbo incarnato ci ha lasciato l’esempio di come comunicare con il Padre e con
gli uomini, sia vivendo momenti di silenzio e di raccoglimento, sia predicando in
ogni luogo e con i vari linguaggi possibili. Egli spiega le Scritture, si esprime in
parabole, dialoga nell’intimità delle case, parla nelle piazze, lungo le strade, sulle
sponde del lago, sulle sommità dei monti. L’incontro personale con Lui non lascia
indifferenti, anzi stimola ad imitarlo: «Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella
luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti» (Mt 10,27).
Vi è poi un momento culminante in cui la comunicazione si fa comunione piena: è
l’incontro eucaristico. Riconoscendo Gesù nella «frazione del pane» (cfr Lc 24,30-31),
i credenti si sentono spinti ad annunciare la sua morte e risurrezione e a diventare coraggiosi e gioiosi testimoni del suo Regno (cfr Lc 24,35).
6. Grazie alla Redenzione, la capacità comunicativa dei credenti è sanata e rinnovata. L’incontro con Cristo li costituisce nuove creature, permette loro di entrare
a far parte di quel popolo che Egli si è conquistato con il suo sangue morendo sulla
Croce, e li introduce nella vita intima della Trinità, che è comunicazione continua e
circolare di amore perfetto e infinito tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
La comunicazione permea le dimensioni essenziali della Chiesa, chiamata ad
annunciare a tutti il lieto messaggio della salvezza. Per questo essa assume le
opportunità offerte dagli strumenti della comunicazione sociale come percorsi dati
provvidenzialmente da Dio ai nostri giorni per accrescere la comunione e rendere
più incisivo l’annuncio3. I media permettono di manifestare il carattere universale
del Popolo di Dio, favorendo uno scambio più intenso e immediato tra le Chiese
locali, alimentando la reciproca conoscenza e la collaborazione.
Rendiamo grazie a Dio per la presenza di questi potenti mezzi che, se usati dai
credenti con il genio della fede e nella docilità alla luce dello Spirito Santo, possono
contribuire a facilitare la diffusione del Vangelo e a rendere più efficaci i vincoli di
comunione tra le comunità ecclesiali.
III. Cambiamento di mentalità e rinnovamento pastorale
7. Nei mezzi della comunicazione la Chiesa trova un sostegno prezioso per diffondere il Vangelo e i valori religiosi, per promuovere il dialogo e la cooperazione ecumenica e interreligiosa, come pure per difendere quei solidi principi che sono indispensabili per costruire una società rispettosa della dignità della persona umana e
attenta al bene comune. Essa li impiega volentieri per fornire informazioni su se
stessa e dilatare i confini dell’evangelizzazione, della catechesi e della formazione e
ne considera l’utilizzo come una risposta al comando del Signore: «Andate in tutto
il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15).
Missione certamente non facile in questa nostra epoca, in cui va diffondendosi la
convinzione che il tempo delle certezze sia irrimediabilmente passato: per molti
l’uomo dovrebbe imparare a vivere in un orizzonte di totale assenza di senso, all’insegna del provvisorio e del fuggevole4 . In questo contesto, gli strumenti di comunicazione possono essere usati «per proclamare il Vangelo o per ridurlo al silenzio nei
cuori degli uomini»5. Ciò rappresenta una sfida seria per i credenti, soprattutto
genitori, famiglie e quanti sono responsabili della formazione dell’infanzia e della
187
LA PAROLA
DEL
PAPA
gioventù. Con prudenza e saggezza pastorale vanno incoraggiati nella comunità
ecclesiale coloro che hanno particolari doti per operare nel mondo dei media, perché diventino professionisti capaci di dialogare con il vasto mondo mass-mediale.
8. Valorizzare i media non tocca però solamente agli «addetti» del settore, bensì a
tutta la Comunità ecclesiale. Se, come è stato già rilevato, le comunicazioni sociali
interessano diversi ambiti dell’espressione della fede, i cristiani devono tenere conto della cultura mediatica in cui vivono: dalla liturgia, somma e fondamentale
espressione della comunicazione con Dio e con i fratelli, alla catechesi che non può
prescindere dal fatto di rivolgersi a soggetti che risentono dei linguaggi e della cultura contemporanei.
Il fenomeno attuale delle comunicazioni sociali spinge la Chiesa ad una sorta di
revisione pastorale e culturale così da essere in grado di affrontare in modo adeguato il passaggio epocale che stiamo vivendo. Di questa esigenza devono farsi
interpreti anzitutto i Pastori: è infatti importante adoperarsi perché l’annuncio del
Vangelo avvenga in modo incisivo, che ne stimoli l’ascolto e ne favorisca l’accoglimento6. Una particolare responsabilità, in questo campo, è riservata alle persone
consacrate, che dal proprio carisma istituzionale sono orientate all’impegno nel
campo delle comunicazioni sociali. Formate spiritualmente e professionalmente,
esse «prestino volentieri il loro servizio, secondo le opportunità pastorali ... affinché
da una parte siano scongiurati i danni provocati dall’uso viziato dei mezzi e dall’altra venga promossa una superiore qualità delle trasmissioni, con messaggi rispettosi della legge morale e ricchi di valori umani e cristiani»7.
9. È proprio in considerazione dell’importanza dei media che già quindici anni or
sono giudicavo inopportuno lasciarli all’iniziativa di singoli o di piccoli gruppi, e
suggerivo di inserirli con evidenza nella programmazione pastorale8. Le nuove tecnologie, in particolare, creano ulteriori opportunità per una comunicazione intesa
come servizio al governo pastorale e all’organizzazione dei molteplici compiti della
comunità cristiana. Si pensi, ad esempio, a come internet non solo fornisca risorse
per una maggiore informazione, ma abitui le persone ad una comunicazione interattiva9. Molti cristiani stanno già utilizzando in modo creativo questo nuovo strumento, esplorandone le potenzialità nell’evangelizzazione, nell’educazione, nella
comunicazione interna, nell’amministrazione e nel governo. Ma a fianco di internet
vanno utilizzati altri nuovi media e verificate tutte le possibili valorizzazioni di
strumenti tradizionali. Quotidiani e giornali, pubblicazioni di varia natura, televisioni e radio cattoliche rimangono molto utili in un panorama completo della comunicazione ecclesiale.
Mentre i contenuti vanno naturalmente adattati alle necessità dei differenti
gruppi, il loro scopo dovrebbe sempre essere quello di rendere le persone consapevoli della dimensione etica e morale dell’informazione10. Allo stesso modo, è importante garantire formazione ed attenzione pastorale ai professionisti della comunicazione. Spesso questi uomini e queste donne si trovano di fronte a pressioni particolari e a dilemmi etici che emergono dal lavoro quotidiano; molti di loro «sono sinceramente desiderosi di sapere e di praticare ciò che è giusto in campo etico e morale», e attendono dalla Chiesa orientamento e sostegno11.
188
LA PAROLA
DEL
PAPA
IV. I media, crocevia delle grandi questioni sociali
10. La Chiesa, che in forza del messaggio di salvezza affidatole dal suo Signore è
anche maestra di umanità, avverte il dovere di offrire il proprio contributo per una
migliore comprensione delle prospettive e delle responsabilità connesse con gli
attuali sviluppi delle comunicazioni sociali. Proprio perché influiscono sulla
coscienza dei singoli, ne formano la mentalità e ne determinano la visione delle
cose, occorre ribadire in modo forte e chiaro che gli strumenti della comunicazione
sociale costituiscono un patrimonio da tutelare e promuovere. È necessario che
anche le comunicazioni sociali entrino in un quadro di diritti e doveri organicamente strutturati, dal punto di vista sia della formazione e della responsabilità etica che del riferimento alle leggi ed alle competenze istituzionali.
Il positivo sviluppo dei media a servizio del bene comune è una responsabilità di
tutti e di ciascuno12. Per i forti legami che i media hanno con l’economia, la politica
e la cultura, è necessario un sistema di gestione che sia in grado di salvaguardare
la centralità e la dignità della persona, il primato della famiglia, cellula fondamentale della società, ed il corretto rapporto tra i diversi soggetti.
11. S’impongono alcune scelte riconducibili a tre fondamentali opzioni: formazione, partecipazione, dialogo.
In primo luogo occorre una vasta opera formativa per far sì che i media siano
conosciuti e usati in modo consapevole e appropriato. I nuovi linguaggi da loro
introdotti modificano i processi di apprendimento e la qualità delle relazioni umane, per cui senza un’adeguata formazione si corre il rischio che essi, anziché essere
al servizio delle persone, giungano a strumentalizzarle e condizionarle pesantemente. Questo vale, in modo speciale, per i giovani che manifestano una naturale
propensione alle innovazioni tecnologiche, ed anche per questo hanno ancor più
bisogno di essere educati all’utilizzo responsabile e critico dei media.
In secondo luogo, vorrei richiamare l’attenzione sull’accesso ai media e sulla partecipazione corresponsabile alla loro gestione. Se le comunicazioni sociali sono un
bene destinato all’intera umanità, vanno trovate forme sempre aggiornate per rendere possibile un’ampia partecipazione alla loro gestione, anche attraverso opportuni provvedimenti legislativi. Occorre far crescere la cultura della corresponsabilità.
Da ultimo, non vanno dimenticate le grandi potenzialità che i media hanno nel
favorire il dialogo, divenendo veicoli di reciproca conoscenza, di solidarietà e di
pace. Essi costituiscono una risorsa positiva potente, se messi a servizio della comprensione tra i popoli; un’«arma» distruttiva, se usati per alimentare ingiustizie e
conflitti. In maniera profetica il mio venerato predecessore, il Beato Giovanni
XXIII, nell’Enciclica Pacem in terris, aveva già messo in guardia l’umanità da tali
potenziali rischi13.
12. Grande interesse desta la riflessione sul ruolo «dell’opinione pubblica nella
Chiesa» e «della Chiesa nell’opinione pubblica». Incontrando gli editori dei periodici cattolici, il mio venerato predecessore Pio XII ebbe a dire che qualcosa mancherebbe nella vita della Chiesa se non vi fosse l’opinione pubblica. Questo stesso con-
189
LA PAROLA
DEL
PAPA
cetto è stato ribadito in altre circostanze14 e nel Codice di Diritto Canonico è riconosciuto, a determinate condizioni, il diritto all’espressione della propria opinione15. Se
è vero che le verità di fede non sono aperte ad interpretazioni arbitrarie e il rispetto per i diritti degli altri crea limiti intrinseci all’espressione delle proprie valutazioni, non è meno vero che in altri campi esiste tra i cattolici uno spazio per lo scambio di opinioni, in un dialogo rispettoso della giustizia e della prudenza.
Sia la comunicazione all’interno della comunità ecclesiale che quella della Chiesa
con il mondo richiedono trasparenza e un modo nuovo di affrontare le questioni connesse con l’universo dei media. Tale comunicazione deve tendere a un dialogo
costruttivo per promuovere nella comunità cristiana un’opinione pubblica rettamente informata e capace di discernimento. La Chiesa ha la necessità e il diritto di
far conoscere le proprie attività, come altre istituzioni e gruppi, ma al tempo stesso, quando necessario, deve potersi garantire un’adeguata riservatezza, senza che
ciò pregiudichi una comunicazione puntuale e sufficiente sui fatti ecclesiali. È questo uno dei campi dove maggiormente è richiesta la collaborazione tra fedeli laici e
Pastori, giacché, come opportunamente sottolinea il Concilio, «da questi familiari
rapporti tra i laici e i Pastori si devono attendere molti vantaggi per la Chiesa: in
questo modo infatti si è fortificato nei laici il senso della loro responsabilità, ne è
favorito lo slancio e le loro forze più facilmente vengono associate all’opera dei
Pastori. E questi, aiutati dall’esperienza dei laici, possono giudicare con più chiarezza e più giustamente sia in materia spirituale che temporale, così che tutta la
Chiesa, sostenuta da tutti i suoi membri, possa compiere con maggiore efficacia la
sua missione per la vita del mondo»16.
V. Comunicare con la forza dello Spirito Santo
13. Per i credenti e per le persone di buona volontà la grande sfida in questo
nostro tempo è sostenere una comunicazione veritiera e libera, che contribuisca a
consolidare il progresso integrale del mondo. A tutti è chiesto di saper coltivare un
attento discernimento e una costante vigilanza, maturando una sana capacità critica di fronte alla forza persuasiva dei mezzi di comunicazione.
Anche in questo campo i credenti in Cristo sanno di poter contare sull’aiuto dello
Spirito Santo. Aiuto ancor più necessario se si considera quanto amplificate possano risultare le difficoltà intrinseche della comunicazione a causa delle ideologie, del
desiderio di guadagno e di potere, delle rivalità e dei conflitti tra individui e gruppi, come pure a motivo delle umane fragilità e dei mali sociali. Le moderne tecnologie aumentano in maniera impressionante la velocità, la quantità e la portata della comunicazione, ma non favoriscono altrettanto quel fragile scambio tra mente e
mente, tra cuore e cuore, che deve caratterizzare ogni comunicazione al servizio della solidarietà e dell’amore.
Nella storia della salvezza Cristo si è presentato a noi come «comunicatore» del
Padre: «Dio, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,2). Parola
eterna fatta carne, Egli, nel comunicarsi, manifesta sempre rispetto per coloro che
ascoltano, insegna la comprensione della loro situazione e dei loro bisogni, spinge
alla compassione per la loro sofferenza e alla risoluta determinazione nel dire loro
190
LA PAROLA
DEL
PAPA
quello che hanno bisogno di sentire, senza imposizioni o compromessi, inganno o
manipolazione. Gesù insegna che la comunicazione è un atto morale: «L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro
trae cose cattive. Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno
conto nel giorno del giudizio, poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in
base alle tue parole sarai condannato» (Mt 12,35-37).
14. L’apostolo Paolo ha un chiaro messaggio per quanti sono impegnati nella
comunicazione sociale — politici, comunicatori professionisti, spettatori: «Bando
alla menzogna: dite ciascuno la verità al proprio prossimo; perché siamo membra gli
uni degli altri ... Nessuna parola cattiva esca più dalla vostra bocca; ma piuttosto
parole buone che possano servire per la necessaria edificazione, giovando a quelli
che ascoltano» (Ef 4,25.29).
Agli operatori della comunicazione, e specialmente ai credenti che operano in questo importante ambito della società, applico l’invito che fin dall’inizio del mio ministero di Pastore della Chiesa universale ho voluto lanciare al mondo intero: «Non
abbiate paura!».
Non abbiate paura delle nuove tecnologie! Esse sono «tra le cose meravigliose» —
«inter mirifica» — che Dio ci ha messo a disposizione per scoprire, usare, far conoscere la verità, anche la verità sulla nostra dignità e sul nostro destino di figli suoi,
eredi del suo Regno eterno.
Non abbiate paura dell’opposizione del mondo! Gesù ci ha assicurato «Io ho vinto
il mondo!» (Gv 16,33).
Non abbiate paura nemmeno della vostra debolezza e della vostra inadeguatezza!
Il divino Maestro ha detto: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»
(Mt 28,20). Comunicate il messaggio di speranza, di grazia e di amore di Cristo,
mantenendo sempre viva, in questo mondo che passa, l’eterna prospettiva del Cielo,
prospettiva che nessun mezzo di comunicazione potrà mai direttamente raggiungere: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di
uomo: queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1Cor 2,9).
A Maria, che ci ha donato il Verbo della vita e di Lui ha serbato nel cuore le imperiture parole, affido il cammino della Chiesa nel mondo d’oggi. Ci aiuti la Vergine
Santa a comunicare con ogni mezzo la bellezza e la gioia della vita in Cristo nostro
Salvatore.
A tutti la mia Benedizione!
Dal Vaticano, 24 gennaio 2005, memoria di San Francesco di Sales,
patrono dei giornalisti.
Giovanni Paolo II
191
LA PAROLA
DEL
PAPA
NOTE
1 Decr. Inter mirifica, 1.
2 Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975): AAS 68 (1976), 35.
3 Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre
1988), 18-24: AAS 81 (1989), 421-435; cfr Pont. Consiglio delle Comunicazioni
Sociali, Istr. past. Ætatis novæ (22 febbraio 1992), 10: AAS 84 (1992), 454-455.
4 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14settembre 1998), 91: AAS 91
(1999), 76-77.
5 Pont. Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. Ætatis novæ (22 febbraio
1992), 4: AAS 84 (1992), 450.
6 Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale, Pastores gregis, 30: L’Osservatore
Romano, 17 ottobre 2003, p.6.
7 Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale, Vita consecrata (25 marzo 1996), 99:
AAS 88 (1996), 476.
8 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 37: AAS
83 (1991), 282-286.
9 Cfr Pont. Consiglio delle Comunicazioni Sociali, La Chiesa e internet (22 febbraio 2002), 6, Città del Vaticano, 2002, pp.13-15.
10 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Inter mirifica, 15-16; Pont. Commissione per le
Comunicazioni Sociali, Istr. past. Communio et progressio (23 maggio 1971),
107: AAS 63 (1971), 631-632; Pont. Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr.
past. Ætatis novæ (22 febbraio 1992), 18: AAS 84 (1992), 460.
11 Cfr Pont. Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. Aetatis novae (22 febbraio 1992), 19: AAS 84 (1992), 460.
12 Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n.2494.
13 Cfr Giovanni Paolo II, Messaggio per la 37a Giornata mondiale delle
Comunicazioni Sociali (24 gennaio 2003): L’Osservatore Romano, 25 gennaio
2003, p.6.
14 Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 37; Pont. Commissione per le
Comunicazioni Sociali, Istr. past. Communio et progressio (23 maggio
1971),114-117: AAS 63 (1971), 634-635.
15 Can. 212, §3: «In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio
di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di
renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi
e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità
della persona»; cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 15, §3.
16 Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 37.
192
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Il rito del matrimonio
Il 28 novembre 2004, prima domenica di Avvento, è entrato in vigore il Rito
del Matrimonio, versione italiana dell’editio typica altera dell’Ordo celebrandi
Matrimonium.
Questa versione italiana è il frutto di due distinte Assemblee Generali dei
Vescovi italiani: la 48° Assemblea (Roma, 14-18 maggio 2001) aveva approvato
quasi all’unanimità gli adattamenti all’Ordo, con l’eccezione del cap. IV a motivo
di talune difficoltà interpretative, successivamente risolte dalla Congregazione
per il culto divino e la disciplina dei sacramenti; la 50° Assemblea Generale aveva completato il lavoro approvando il capitolo mancante e concernente la celebrazione del matrimonio tra una parte cattolica e una parte catecumena o non
cristiana.
Il testo, ottenuta la prescritta recognitio della Santa Sede in data 29 aprile
2004, è stato pubblicato con decreto del Card. Camillo Ruini, Presidente della
Conferenza Episcopale Italiana, in data 4 ottobre 2004. Si riporta la presentazione del Cardinale Presidente della CEI.
PRESENTAZIONE
Riferimenti
1. Con la celebrazione del sacramento del Matrimonio gli sposi cristiani partecipano all’alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa e ricevono la grazia di viverla e
manifestarla nel loro rapporto di coppia e nella vita familiare. Si tratta di una celebrazione in cui si attua un evento salvifico. Per questo la Chiesa ha rivolto al sacramento del Matrimonio un’attenzione costante e premurosa.
Di tale attenzione è espressione l’adattamento per la Chiesa italiana dell’Ordo
celebrandi Matrimonium, promulgato nella seconda edizione tipica il 19 marzo
1990.
2. Nell’adattamento sono stati tenuti presenti i principi della riforma liturgica
del Concilio Vaticano Il (Sacrosanctum Concilium, nn. 37-40), il capitolo “De aptationibus” (nn. 39-44) dell’Ordo celebrandi Matrimonium (1990), e la quarta
Istruzione per una corretta applicazione della Costituzione conciliare sulla Sacra
Liturgia La Liturgia romana e l’inculturazione (1994).
Sono state rispettate le caratteristiche del Rito dell’edizione tipica del 1990, che
è pensata e strutturata con contenuti e sequenze rituali essenziali proprio perché
193
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
le Chiese particolari procedano a una loro inculturazione. Si è voluto, però, anche
rispondere a una rinnovata coscienza ecclesiale del Matrimonio, di cui fanno fede,
tra gli altri documenti, l’Esortazione apostolica Familiaris consortio di Giovanni
Paolo II (1981) e il Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa in Italia (1993).
Sono state prese in considerazione inoltre le riflessioni e le osservazioni degli
organismi competenti e dei fedeli, che è stato possibile raccogliere in circa trent’anni di esperienza celebrativa del sacramento del Matrimonio seguendo la traduzione della prima edizione dell’Ordo celebrandi Matrimonium (1969).
La caratterizzazione di alcuni testi eucologici e di alcune sequenze rituali, e l’arricchimento del Lezionario tengono conto sia di istanze di natura teologica sia di
necessità di ordine pastorale, fatta comunque salva la sostanziale unità del rito
romano, nel rispetto della sua nobile semplicità, chiarezza, brevità.
La ricchezza dei testi biblici ed eucologici e la varietà delle forme viene già incontro alle diversità delle situazioni e delle esigenze degli sposi, ed esclude pertanto il
ricorso ad altri testi ed espressioni.
3. Il testo italiano non comprende al momento l’adattamento del capitolo terzo
dell’edizione tipica latina del 1990 sul “Rito del Matrimonio con l’assistenza di un
laico”.
Criteri ispiratori dell’adattamento rituale
4. Il significato specificamente cristiano del Matrimonio. L’unione coniugale è un
valore universale dell’umanità, costituisce il fondamento della famiglia, cellula originaria della società, e si collega intimamente al mistero stesso della vita. Deriva
dalla volontà di Dio Creatore e da lui riceve benedizione e santità.
Gesù Cristo da parte sua ha elevato il Matrimonio a sacramento; ne ha fatto il
simbolo reale che contiene e manifesta la sua unione con la Chiesa, la nuova alleanza. Il Signore crocifisso e risorto, dopo aver inserito i credenti nel corpo ecclesiale
con il Battesimo, li santifica anche come coppia; comunica agli sposi lo Spirito Santo
per renderli capaci di amarsi l’un l’altro con amore di donazione che sia un riflesso
del suo sacrificio pasquale e della comunione trinitaria.
Nell’adattamento del Rito la peculiarità del Matrimonio cristiano è stata messa
in risalto offrendo una scelta più ampia di testi e dando indicazioni perché l’inserimento nella Celebrazione eucaristica faccia risplendere nella pienezza del suo
significato la dimensione pasquale del “mistero grande” (Ef 5,25).
5. La dimensione ecclesiale del sacramento del Matrimonio. La coppia e la famiglia, in virtù del sacramento, diventano immagine viva del mistero stesso della
Chiesa e partecipano della sua fecondità. Attraverso la testimonianza di un amore
oblativo, fedele, indissolubile e fecondo, accolgono e trasmettono in modo peculiare
e insostituibile il dono della salvezza che viene da Cristo.
La natura ecclesiale della celebrazione del Matrimonio risulta evidente soprattutto in alcuni momenti dell’azione rituale. Nei Riti d’ingresso è la Chiesa raccolta
nel Signore che accoglie gli sposi: il saluto di colui che presiede e la monizione aiu-
194
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
tano fin dall’inizio a evitare che la celebrazione assuma un carattere privato. Il
Matrimonio infatti non riguarda soltanto gli sposi, i parenti e gli amici, ma richiede la partecipazione di tutta la Chiesa.
La memoria del Battesimo, collocata subito dopo il saluto, evidenzia il fondamento teologico dell’atto del consenso, elemento costitutivo del sacramento. In forza del sacerdozio battesimale gli sposi partecipano al mistero dell’alleanza pasquale e compiono un atto propriamente ecclesiale. Il consenso degli sposi è la risposta
a una parola di amore che, in quanto proveniente da Dio, li precede.
6. La presenza dello Spirito nel Matrimonio cristiano. Come ogni celebrazione
liturgica anche la celebrazione del Matrimonio è attuata “nello Spirito Santo”. Nei
testi eucologici del Rito del Matrimonio è costante il riferimento al dono dello
Spirito e alla sua grazia.
Anche alcune scelte rituali, in particolare la possibilità di collocare la benedizione nuziale dopo il consenso, rivelano l’opera dello Spirito Santo nel Sacramento. La
benedizione è infatti atto di riconoscenza al Dio della creazione e dell’alleanza, è
memoria dell’opera di Cristo-sposo, è invocazione fiduciosa dello Spirito, nella cui
forza soltanto il mistero si realizza nell’oggi celebrativo. L’epiclesi della preghiera
eucaristica attua in pienezza l’appartenenza della nuova coppia all’unico corpo di
Cristo. La possibilità di stendere il velo sugli sposi prima della benedizione nuziale, nei luoghi dove già esiste la consuetudine o altrove con il permesso dell’Ordinario, richiama, a sua volta, la presenza dello Spirito che, avvolgendo gli sposi con la sua ombra, dona loro una nuova comunione di vita.
7. La gradualità nel cammino di fede e nell’esperienza di Chiesa. Nell’esperienza
pastorale italiana si verifica sempre di più il caso di coppie che, pur non avendo
maturato un chiaro orientamento cristiano e non vivendo una piena appartenenza
alla Chiesa, desiderano la celebrazione religiosa del Matrimonio essendo battezzati e non rifiutando esplicitamente la fede.
Sembra opportuno in tali situazioni prevedere, come suggerisce l’edizione latina
del 1990, la possibilità di celebrare il sacramento del Matrimonio “extra Missam”
(Praenotanda, n. 29). Tuttavia, perché il Rito proposto per tali situazioni non venga percepito come una forma diminuita e debole, si è preferito dare al secondo capitolo, che nell’edizione tipica latina è denominato “Ordo celebrandi Matrimonium
sine Missa”, il titolo positivo di “Celebrazione del Matrimonio nella liturgia della
Parola”.
Questo capitolo è articolato in una sequenza rituale più semplice e utilizza un
linguaggio più immediato. Non si sono voluti però tralasciare gesti e testi significativi quali la memoria del Battesimo, lo scambio della pace e la consegna della
Bibbia. Tali elementi rituali intendono orientare verso l’Eucaristia che rimane sempre fonte e culmine della celebrazione della Parola, del consenso dei coniugi e della
benedizione degli sposi.
195
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
8. La ministerialità degli sposi nella celebrazione. Gli sposi, nell’esprimere il loro
consenso, sono ministri della grazia di Cristo. Essi vivono compiutamente la loro
ministerialità partecipando in modo attivo ai diversi momenti della celebrazione.
Nell’adattamento sono state messe in evidenza le diverse possibilità con cui gli
sposi sono coinvolti in prima persona nell’azione rituale. In particolare ciò si attua
con la loro partecipazione alla processione al fonte per la memoria del Battesimo,
con la venerazione del Vangelo, con la scelta di formule diverse per esprimere il consenso e per invocare la benedizione e con la presentazione delle offerte all’altare.
Dalla celebrazione del sacramento alla vita di coppia e di famiglia
9. Se il Matrimonio costituisce un momento propizio per riscoprire e sviluppare
la vocazione battesimale, non si deve pensare che questo si esaurisca con la celebrazione. Esso investe tutta l’esistenza degli sposi, che sono chiamati, giorno dopo
giorno, ad accogliere e valorizzare la grazia che scaturisce dal sacramento, traducendo nei gesti e nelle parole della vita quotidiana ciò che essi sono diventati in forza dell’intervento dello Spirito.
La benedizione nuziale, vera epiclesi sugli sposi, li inserisce per tutta la vita nel
circuito dell’amore trinitario. Prendere coscienza di questa partecipazione, esserne
grati al Signore, esprimerla nella fedeltà quotidiana dell’amore, è il cammino
mistagogico che caratterizza tutta la loro vita. Il Direttorio di pastorale familiare
per la Chiesa in Italia raccomanda che gli itinerari di fede per le giovani coppie “siano il più possibile impostati come riflessione mistagogica, cioè come proposta in grado di aiutare i giovani sposi a fare memoria del dono e della grazia ricevuti nel giorno del Matrimonio” (n. 103).
L’accompagnamento mistagogico risulta dunque necessario per rafforzare la
capacità di dialogo tra gli sposi, offrire occasioni di confronto e sostegno tra coppie
di sposi, rendere gli sposi coscienti e responsabili del proprio ruolo nella Chiesa e
aiutarli a vivere il loro ministero in armonica collaborazione con tutti gli altri ministeri.
Lo strumento più adeguato per poter compiere un itinerario mistagogico, oltre
ai testi eucologici e alle sequenze rituali del Rito del Matrimonio, risulta essere il
Lezionario, arricchito di nuove pericopi sia dell’Antico che del Nuovo Testamento.
10. La Chiesa italiana, nel riconoscere la missione affidatale dal suo Sposo e
Signore, illuminata, guidata e sostenuta dallo Spirito Santo, in gioiosa fedeltà al
mandato ricevuto, avverte con freschezza sempre rinnovata la responsabilità di
annunciare nella celebrazione l’autentico “Vangelo del matrimonio e della famiglia”, per porre gli sposi in un costante stato di vita al servizio della comunità ecclesiale e sociale.
Roma, 26 luglio 2002
Memoria dei santi Gioacchino e Anna
196
DOCUMENTAZIONE
Celebrazione del matrimonio
e gli adattamenti della Chiesa italiana
Si è svolto a Grosseto dal 4 al 6 novembre un Convegno promosso da quattro Uffici nazionali CEI (Famiglia, Catechesi, Liturgia e Giovani) sul tema
“Celebrare il mistero grande dell’amore”.
Viene riportata la relazione di mons. Giuseppe Busani, Vicario per la
pastorale della Diocesi di Piacenza sul tema: “Gli elementi di novità del
nuovo rito del matrimonio”.
La riflessione della mattinata si articola su di un unico tema: “Celebrare il
matrimonio e gli adattamenti della Chiesa italiana”.
Relativamente a questo a me è stato chiesto di mettere in evidenza gli elementi
di novità. Si tratta perciò di una riflessione di carattere descrittivo; cercherò di indicare quali cambiamenti troviamo in questo libro liturgico che abbiamo per la prima
volta fra le mani. Mi occuperò principalmente del ‘che cosa’ contiene di nuovo,
aggiungendo solo poche annotazioni sul ‘come’ celebrare per il fatto che un libro
liturgico è sempre un libro “da fare”, non semplicemente e solo da spiegare, permettendo al celebrante di sprigionare la sua bellezza.
Questo libro liturgico è il primo significativo adattamento di un Ordo fatto dalla Chiesa italiana per la Chiesa italiana.
Il libro infatti è nato da un’esigenza della prassi pastorale, dalle esperienze di
tante coppie che, celebrando il loro matrimonio, essendo creative nel modo di fare,
interpellavano il Rito precedente. Coppie che ponendo le loro domande al Rito, guidate dai pastori, ne offrivano una interpretazione creativa.
Le intuizioni, sono state raccolte e interpretate con cura dalla Commissione
Episcopale per la Liturgia in due fasi, la prima guidata da mons. Brandolini, l’attuale conclusiva guidata da mons. Caprioli, che dal 1996 ha lavorato insieme alla
Commissione Episcopale per la Liturgia e alla Commissione Episcopale per pastorale della famiglia e la vita, guidata da mons. Lafranconi. Un gruppo di lavoro composto da dieci membri, coordinati dall’Ufficio liturgico e dall’Ufficio di pastorale
familiare, ha lavorato concretamente sul testo. Tutti i Vescovi italiani lo hanno avuto tra le mani, hanno proposto e discusso significativi emendamenti e infine il testo
è stato approvato dall’Assemblea Generale del maggio 2001.
197
DOCUMENTAZIONE
Successivamente l’impegno della Presidenza della C.E.I. e in particolare del
Segretario Generale mons. Betori, ha permesso di presentarlo per la recognitio che
è avvenuta il 29 aprile 2004.
1. Senso e necessità dell’adattamento
Nel 1990 è stato consegnato a tutta la Chiesa cattolica la seconda Editio Typica
per la celebrazione del matrimonio, quindi un testo rinnovato rispetto alla prima
edizione latina del 1975, ma ugualmente unico e stabilito per tutta la Chiesa. Nei
Praenotanda di questa nuova edizione, c’è un capitolo, il quarto, in cui si dice che
le Conferenze Episcopali possono operare degli adattamenti e perciò ne vengono
presentati i criteri e definite le possibilità.
La categoria di adattamento va interpretata. Non si tratta infatti semplicemente di adeguare un Rito alla situazione; si tratterebbe di un livellamento che inevitabilmente abbasserebbe la qualità della proposta.
Il Rito tiene conto della situazione, ma opera contemporaneamente solidarietà,
quindi ascolto, assunzione e differenza per operare trasfigurazioni nelle persone. Il
Rito non è solo momento espressivo e rappresentativo, sarebbe troppo vicino e coincidente con la vita e con la realtà e impedirebbe l’irruzione di una novità.
Il Rito è - o perlomeno dovrebbe essere! - azione che esercita una forza impressiva, istituisce una nuova realtà; quando celebri un sacramento sei battezzato, non
sei più o meno battezzato. Se celebri il sacramento del matrimonio sei sposato, non
sei più o meno sposato. Mentre sei più o meno preparato: questa è la differenza tra
il livello espressivo o mentale e il livello impressivo o sacramentale.
Quindi la finalità dell’adattamento è piuttosto quella di rivelare tutta la risorsa
di quel Rito che è sempre più gioioso e generoso di noi, mostrare che la sua differenza è attendibile, cioè risponde alle attese, può essere intesa. L’adattamento si
occupa di creare le condizioni di possibilità per la partecipazione. La forza persuasiva di un Rito è la sua capacità di coinvolgere tutti quelli che partecipano nell’azione; il criterio dell’adattamento è questo: muovendosi sempre sulla terra sacra di
un Rito indisponibile ad ogni arbitraria e soggettiva manipolazione.. come credenti di un determinato momento e come questa assemblea può parteciparvi; si tiene
conto del libro, ma non si dimenticano le persone.
Quindi il senso della categoria “adattamento” è legato al criterio dell’attenzione
alle persone e alle loro situazioni.
Le persone e le loro situazioni
Alcune persone che chiedono il matrimonio vivono un’esperienza di Chiesa come
Chiesa eucaristica. Queste persone hanno recepito il percorso, le profondità e le
aperture dello sviluppo della riflessione teologico-spirituale sul sacramento del
matrimonio.
198
DOCUMENTAZIONE
Leggendo i Praenotanda, il Direttorio di Pastorale Familiare e la Familiaris
Consortio, si coglie tale ricchezza senza troppa difficoltà. Queste persone hanno frequentato percorsi biblici che reinterpretano il dato biblico secondo la categoria
sponsale.
Per queste persone finora avevamo un Rito che quasi costringeva a inserire questa ricchezza in modo scomposto e arbitrario, proprio perché era un Rito, tutto concentrato e risolto sul consenso.
A fatica si lasciava abbracciare dalla Parola e dall’Eucaristia che sembrano giustapposte; non se ne coglie il legame a doppio filo tra il consenso e l’Eucaristia per
cui il Concilio al n. 78 dice: “si celebri normalmente il matrimonio nella celebrazione eucaristica” (Sacrosanctum Concilium).
Quindi quando c’è sproporzione tra forma celebrativa e esperienza, pensata a
livello credente, la forma celebrativa rischia di essere usata come occasione per
inserirvi le nostre idee, contenitore di insegnamenti ed esortazioni e succede una
cosa grave: l’invasione del verbale, dell’esplicativo didattico e dell’esortativo moralistico.
La Chiesa italiana ha adattato il primo capitolo proprio per queste persone, per
far vivere l’intrinseca reciprocità fra matrimonio-consenso ed Eucaristia, perché il
consenso appaia come abbracciato da una parte dalla Parola e toccato dall’altro dalla grazia dell’Eucaristia.
Una forma rituale, quella del primo capitolo, in cui testi e gesti permettono di
entrare in contatto con il paradosso dell’Amore crocifisso, quell’impensabile Amore
che solo può essere incontrato e incarnato se è narrato, invocato, lodato.
Memoria (Anamnesi), Epiclesi, Dossologia, Eucaristia. Questo è il motivo del
primo capitolo.
Però ci sono altre persone, perché, come dicono i Vescovi nell’ultima Nota
Pastorale sulla parrocchia: “il mondo della fede non è più unitario” (n. 2). Ci sono
altri, fra coloro che chiedono il matrimonio, che vivono una fede da rifondare perché il Battesimo è rimasto senza risposta, una fede da risvegliare perché sospesa e
mai rinnegata, e hanno diritto al matrimonio: sono i non-praticanti.
Esistono modi nuovi di vivere la fede che non sono più unitari. Per queste persone l’Eucaristia rischia di rimanere altra rispetto al consenso, vedono tutta la forza nel loro amore, nel sì libero, nella scelta e quindi l’Eucaristia rischia di essere
giustapposta, un po’ ornamentale, la prendono, la smontano in modo che possa in
un qualche modo rispecchiare quanto loro sentono, ma anche questa è un’operazione arbitraria, pericolosa.
Nel secondo capitolo non è presente una medesima forma per diverse situazioni
di fede, ma forme celebrative rispettose delle situazioni di fede.
Il secondo capitolo si riferisce a chi sta sperimentando in modo diverso la fede,
ma non propone una forma rituale debole. Si rivolge a persone che devono risvegliare la loro fede, ma facendo loro una proposta, un’offerta.
Ciò vuol dire che il secondo capitolo non è una forma diminuita, una forma rituale debole, perché la sua struttura è forte, non toglie ma offre ospitalità e ricerca per
il cammino.
199
DOCUMENTAZIONE
•
La Memoria del Battesimo con tutte le ricchezze testuali e gestuali del primo
capitolo.
•
La Liturgia della Parola con cinque schemi per orientare la scelta tra le ottantadue pericopi offerte a tutti.
•
La Liturgia del matrimonio con due forme di manifestazione delle intenzioni,
tre forme del consenso come nel primo capitolo.
•
La Preghiera dei fedeli qui senza litanie; non diciamo mai quindi senza
Messa, ma nella liturgia della Parola.
•
Il Padre Nostro.
•
Lo scambio del dono della pace.
•
Una consegna ritualizzata della Bibbia con la sua parola e il suo gesto, da non
confondere con il regalo che il prete fa eventualmente, tra i tanti regali, della
Bibbia.
Questa è una consegna ritualizzata, c’è un gesto e la sua parola. Il secondo capitolo quindi non è il Rito per i non-praticanti e i criteri di scelta sono quelli stabiliti
o indicati dai documenti: la presentazione C.E.I. al n. 7, i Praenotanda al n. 29-36
e la Nota C.E.I. sulla Parrocchia al n. 13.
Faccio una precisazione sul secondo capitolo, che è il più delicato da gestire
pastoralmente: il fatto che si parli di Comunione, sia ben chiaro che si celebra la
Comunione quando il motivo dell’uso del secondo capitolo non è la situazione di fede
di coloro che chiedono il matrimonio, ma è l’assenza del presbitero e quindi presiede un diacono; solo in questo caso ha senso la Comunione.
Il terzo capitolo è una traduzione di quello che nell’Ordo celebrandi matrimonium del 1990 riguarda il matrimonio fra un battezzato e una parte non battezzata o catecumeno.
Poi c’è un quarto capitolo che presenta una delle ricchezze più belle del Rito
adattato: il Lezionario arricchito con presentazione C.E.I.
Presenta la traduzione di collette nuove, proposte di preghiere dei fedeli e, cosa
ancora nuova e interessante, le melodie per il ringraziamento nella memoria del
Battesimo, per il Salmo responsoriale, per l’acclamazione al Rito del matrimonio.
Le novità del rito
Ora proviamo ad analizzare le novità dopo averne detti i criteri, la forma e la
struttura; le schematizzo a tre livelli: di struttura rituale, di gestualità e poi a livello di novità o arricchimenti o modificazioni testuali.
Struttura rituale
Nella struttura rituale ci sono quattro nuovi elementi
Di grande valore, nel rito di ingresso, è la Memoria del Battesimo, dal n. 52 al
n. 58.
2. Nella liturgia della Parola vi è la proposta di cinque schemi di Liturgia della
Parola per orientare la scelta, al n. 62.
1.
200
DOCUMENTAZIONE
3.
Le invocazioni litaniche dei Santi Sposi sono inserite nella preghiera dei fedeli. Questo nuovo elemento è significativo perché indica che il ministero degli
sposi è considerato appunto tale, l’esperienza sponsale è considerata ministeriale ed è assunta nella ministerialità della Chiesa. Il Matrimonio edifica la
Chiesa come le Professioni e Consacrazioni religiose e le Ordinazioni.
Inoltre crea il legame tra la Chiesa della terra e la Chiesa del cielo. Purtroppo
la collocazione e il legame con la preghiera dei fedeli che tenta di evitare l’imitazione dell’Ordinazione e di collegarsi a quella del Battesimo non è del tutto
riuscita. Comunque esiste il fatto dell’invocazione dei Santi Sposi al n. 81.
4.
Nel secondo capitolo, è presente la Consegna della Bibbia agli sposi con il suo
testo. Letto questo testo segue il congedo (proprio nel Rito, prima della benedizione finale al n. 142): “Ricevete la Parola di Dio, risuoni nella vostra casa,
riscaldi il vostro cuore, sia luce ai vostri passi, la sua forza custodisca il vostro
amore nella fedeltà e vi accompagni nel cammino incontro al Signore”.
5.
Ultimo elemento, ma non meno importante nella struttura rituale, è la possibilità di una diversa collocazione della Benedizione Rituale.
La benedizione degli sposi è collocata come possibilità subito dopo lo scambio
degli anelli e quindi nel Rito del matrimonio, però al n. 79, vi è solo un titolo e
una rubrica e non i testi, che sono rimandati ai nn. 85-88, nel posto dove sono
attualmente le Benedizioni.
È presente la possibilità di una diversa collocazione della sequenza rituale della Benedizione nuziale, tra il consenso e lo scambio degli anelli e la preghiera
dei fedeli e l’invocazione litanica.
Poterla collocare nella liturgia del matrimonio illumina in modo significativo il
senso del matrimonio cristiano. È adeguatamente numerata e titolata e si può
realmente celebrare in quel momento.
Quindi esiste la possibilità di una diversa collocazione.
Gestualità
Le novità gestuali danno rilievo all’importanza del “non verbale” nella celebrazione del matrimonio e sempre nelle celebrazioni in generale.
•
Nei Riti d’Ingresso che sono legati alla Memoria del Battesimo si può fare la
processione al fonte battesimale e poi senz’altro si deve fare l’aspersione degli
sposi e dell’assemblea. Si crea un movimento e una gestualità nuova.
•
Nella Liturgia della Parola, n. 63, gli sposi dopo il sacerdote venerano
l’Evangeliario con un bacio.
•
Nella Liturgia del Matrimonio gli sposi durante il consenso possono eventualmente avvicinarsi all’altare, non occupandolo, e rivolgersi l’uno verso l’altro.
Qui è molto importante indicare la collocazione degli sposi: io eviterei la collocazione che occupa l’altare o fa da barriera tra altare ed assemblea. Sarebbe
migliore la collocazione che permette di avvicinarsi all’altare, di andare verso
l’altare come dovremmo fare in ogni celebrazione. Nessuno dovrebbe occupare
il centro dell’altare e divenirne padrone.
201
DOCUMENTAZIONE
•
Un altro gesto è previsto durante la benedizione nuziale; prima si diceva: “il
sacerdote rivolto agli sposi con le braccia allargate”, ora: “il sacerdote tenendo
stese le mani sugli sposi”. In questa maniera si evoca maggiormente l’invocazione dello Spirito, l’Epiclesi; gli sposi possono inginocchiarsi e si crea davvero
un momento rituale di preghiera invocante.
Arricchimento dei testi
I testi nuovi sono arricchimenti di testi già esistenti e modifiche delle traduzioni.
Testi nuovi sono certamente quelli per la Memoria del Battesimo perché è una
sequenza rituale del tutto nuova (n. 54 e n. 56).
La caratteristica di questi testi è che si tratta di una memoria riconoscente,
come dire che è il Battesimo che fonda il consenso perché libera la libertà, è un sì
fondato su un sì che ci è dato nel Battesimo, il sì di Dio, è una novità data ma da
rinnovare “novitas innovanda”. Si ravviva il dono dell’inizio, della benedizione originaria ed è realizzato sul modello dell’aspersione domenicale. A livello di testi questo è proprio nuovo nella sua totalità, nella sua sequenza. Poi ci sono nuove monizioni, non le cito, però ce n’è una interessante che rischia di sfuggire e riguarda il
secondo capitolo. Ho scelto finora i testi sempre dal secondo capitolo per evidenziare che è ricco, e non è una forma debole.
Nel secondo capitolo, prima della Liturgia della Parola c’è una monizione del
tutto nuova: “Fratelli e sorelle, dopo aver fatto Memoria del Battesimo (perché anche
nel secondo capitolo si fonda tutto sul Battesimo) ascoltiamo in raccoglimento la
Parola di Dio”.
Accolta con fede, annuncia la presenza del Signore in questo momento di festa e
di gioia, illumina il cammino dei coniugi, apre alla ricchezza della vita ecclesiale,
rivela l’amore di Cristo Sposo per la Chiesa sua Sposa. La Parola è posta in evidenza sia quando è introdotta sia quando è proclamata e celebrata, sia quando è
consegnata ai suoi testi e ai suoi gesti.
Introduzione di nuove formule
La seconda forma (questo vale per tutti i due capitoli) di manifestazione delle
intenzioni, cioè quell’interrogativo che è uguale al testo precedente, prevede anche
queste formule: “Compiuto il cammino del fidanzamento, illuminati dallo Spirito
Santo e accompagnati dalla comunità cristiana siamo venuti...”.
E conclude: “Chiediamo a voi, fratelli e sorelle, di pregare con noi e per noi perché la nostra famiglia diffonda nel mondo luce, pace e gioia”. Questo è l’incipit e la
conclusione del n. 69. Li recitano insieme gli sposi.
Poi c’è una seconda forma di manifestazione del consenso che è il n. 72 ed è la
forma dialogica: “Vuoi unire la tua vita alla mia nel Signore che ci ha creati e redenti?”. “Sì, con la grazia di Dio lo voglio”. “E tu vuoi unire la tua vita alla mia nel
Signore che ci ha creati e redenti?”. “Sì, con la grazia di Dio, lo voglio”.
202
DOCUMENTAZIONE
È presente una terza forma di benedizione degli anelli. Poi ci sono arricchimenti nei testi già esistenti e modifica delle traduzioni. Molti arricchimenti riguardano
la presenza o il riferimento all’opera dello Spirito Santo.
Sarebbe interessante elencare come sono inclusi: “Accolgo te come mia sposa e
con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre”.
E qui mi permetto di farne l’ermeneutica che ritengo abbastanza adeguata per
evitare le cattive interpretazioni diffuse a tutti i livelli.
Il verbo “accogliere”
Per taluni questo verbo è debole, accogli l’altro come si accoglie un extracomunitario che si ospita e poi si rinvia da dove è venuto; oppure come si accoglie una
persona gentilmente nella hall di un albergo, ma è ospite momentaneo; manca la
decisione, manca la scelta.
Ecco: “accolgo te”.
L’altro non è un possesso, ma un dono promettente: Dio consegna gli sposi l’uno
all’altro, essi si ricevono dalle mani di Dio; io accolgo te dalle mani di Dio e ti accolgo non come un ospite qualsiasi ma come mia sposa, così c’è scritto.
L’impegno, cioè la scelta e la responsabilità, non è escluso, non è indebolito, ma
fondato sulla grazia di Cristo, con la grazia di Cristo. Perché la promessa sfida il
tempo che include anche il tempo del deserto e della prova; deserto non attraversabile senza questa grazia che discende dall’alto come la manna.
E fondata quindi, questa responsabilità e quest’impegno, sulla grazia del Padre
che in Cristo ci ha dato proprio tutto.
Benedizione nuziale
La novità testuale più rilevante (per questo l’ho lasciato come mia conclusione)
è la presenza di una nuova preghiera di benedizione nuziale degli sposi: la quarta
formula al numero 88 e anche al 130.
Ha una struttura abbastanza vicina a quella delle preghiere eucaristiche, cioè
bipartita: la prima parte è anamnetico-celebrativa, cioè una narrazione riconoscente del mistero salvifico nella sua dimensione trinitaria ed è segnata da acclamazioni. Le acclamazioni sono: “Ti lodiamo, Signore, ti benediciamo - eterno è il tuo amore per noi” per tre volte: per il Padre, per il Figlio Gesù e lo Spirito Santo.
Preghiera trinitaria anamnetico-celebrativa: acclamiamo l’amore. Mi permetto
di leggervi il secondo momento, quello cristologico perché è la novità: mentre nelle
altre preghiere di benedizione il cristologico c’è, ma è sacramentale, non è narrativo, non fa riferimento al Gesù di Nazareth, qui è chiaramente narrativo. Un po’
come nelle preghiere eucaristiche che ogni tanto inseriscono un momento narrativo.
“Quando venne la pienezza dei tempi hai mandato il tuo Figlio, nato da donna,
a Nazaret, gustando le gioie e condividendo le fatiche di ogni famiglia umana, è cresciuto in sapienza e grazia. A Cana di Galilea, cambiando l’acqua in vino, è divenuto presenza di gioia nella vita degli sposi. Nella croce, si è abbassato fin nell’e-
203
DOCUMENTAZIONE
strema povertà dell’umana condizione, e tu, o Padre, hai rivelato un amore sconosciuto ai nostri occhi, un amore disposto a donarsi senza chiedere nulla in cambio”.
Certamente questo momento cristologico è nuovo anche rispetto alle tre preghiere precedenti.
La seconda parte invece è invocativo, di supplica. Difatti nell’acclamazione di
risposta si dice: “Ti supplichiamo, Signore - ascolta la nostra preghiera”. Si prega
che scenda lo Spirito a trasfigurare l’opera iniziata e la renda segno della carità
“Scenda la tua benedizione su questi sposi, perché, segnati col fuoco dello Spirito,
diventino Vangelo vivo tra gli uomini”.
E nel secondo aspetto, quello esortativo, si riprende in preghiera (Romani 12, 9
ss): “Siano lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera,
solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità. Non rendano a nessuno male per male, benedicano e non maledicano, vivano a lungo e in pace con tutti”.
La conclusione è escatologica: “Il loro amore, Padre, sia seme del tuo regno.
Custodiscano nel cuore una profonda nostalgia di te fino al giorno in cui potranno,
con i loro cari, lodare in eterno il tuo nome”.
L’andamento è trinitario ed escatologico, il contenuto della preghiera di benedizione colloca il sì degli sposi nella storia del dono originario, cioè in quell’impensabile e più grande reciprocità che è la storia della Trinità.
Il contenuto, l’atto della benedizione è compiuto dal ministro ordinato ed è obbligatorio, contribuisce a mantenere vivo il fatto che il sacramento si riceve, non ci si
dà il sacramento, neppure il matrimonio. Invocare la benedizione attesta che quello che avviene discende dall’alto e si riposa sopra. L’atto del benedire evoca questo
movimento che è il movimento dell’evento storico salvifico, è una eterna provenienza, una destinazione e una personalizzazione. Dimori in noi quello che si vive; si
vuole dire è un evento che si fa presente per noi quello che non è producibile da noi.
Questo attesta l’invocazione benedicente.
Conclusione
A evitare il rischio che Dio e la relazione con Lui affoghi in un mare di parole,
per lo più devocalizzate, la tradizione della Chiesa ci ha consegnato alcune forme di
vita della fede in cui la parola non è mai sola, senza voce, senza suono, senza gesto,
senza luce.
La tradizione ha dato luce ad una poetica della fede, sia innalzando quegli inni
di silenzio che sono le nostre cattedrali, le nostre basiliche, sia strutturando i riti.
Essi appartengono alla poetica della fede, a quelle forme della relazione con Dio, in
cui non si è più costretti a pensare il corpo come una morsa da cui la mente deve
liberarsi, ma piuttosto occupate ad affinare i sensi per il tocco di Dio, adattando
quindi l’occhio all’invisibile, l’orecchio all’ineffabile, il corpo all’abbraccio sponsale.
A volte le nostre presunzioni didattiche o possessioni utilitaristiche ci fanno
mancare all’appuntamento di una Chiesa che deve far trasparire la bellezza e la
gioiosità del Vangelo per cui anche questo Rito può contribuire a vivere la dimensione missionaria della nostra pastorale.
204
UFFICIO
LITURGICO
Sine dominico non possumus
Adorazione eucaristica per le vocazioni
in preparazione al XXIV Congresso Eucaristico Nazionale
In questo Anno dell’Eucaristia, mentre la Chiesa italiana è in cammino verso il
Congresso Eucaristico Nazionale, che si svolgerà a Bari dal 21 al 29 maggio del
2005, la Congregazione per l’educazione cattolica ha invitato la Chiesa italiana a
favorire nelle singole diocesi, per il prossimo mese di maggio, l’Adorazione
Eucaristica per l’incremento e la santità delle vocazioni alla vita sacerdotale e alla
vita consacrata.
L’Ufficio Liturgico Nazionale e il Centro Nazionale Vocazioni hanno pensato di
inserire questa preghiera vocazione nel cammino di avvicinamento al Congresso
Eucaristico e nella stessa Settimana Congressuale.
In particolare, nella prima settimana – dal 1 al 7 maggio – ciascuna delle diocesi
del Nord dedicherà una giornata all’Adorazione Eucaristica vocazionale, nella
seconda settimana – dal 8 al 14 maggio – saranno le diocesi del Centro a dedicare
una giornata all’Adorazione Eucaristica vocazionale; mentre nella terza settimana
– dal 15 al 21 maggio – saranno le diocesi del Sud e delle Isole.
Nella quarta settimana – dal 22 al 28 maggio, che coincide con il Congresso
Eucaristico Nazionale, vi sarà ogni giorno nella Cattedrale di Bari l’Adorazione
Eucaristica Vocazionale.
Preghiera di adorazione Eucaristica
proposta alle Comunità parrocchiali
(a cura del Centro Diocesano Vocazioni di Bari)
Guida
«Sine Dominico non possumus!» Senza il Dominicum non possiamo vivere!
La testimonianza che i 49 martiri della cittadina africana di Abitene (nell’odierna Tunisia) resero a Cristo durante la persecuzione di Diocleziano nel 304, si può
ricondurre tutta a questa confessione di fede: senza la celebrazione eucaristica
domenicale non possiamo vivere.
Il Dominicum - che significa insieme “il Risorto” - il Giorno del Signore” - “la
celebrazione dell’Eucaristia” - “il luogo della celebrazione” - è l’unica loro ragion
d’essere; e per averlo celebrato vengono torturati e messi a morte.
Ci siamo raccolti in preghiera con la stessa intenzione dei Martiri di Abitene, con
la stessa fede, intatta lungo i secoli, per adorare il Signore vivente e presente nel
sacramento dell’Eucaristia: nella Celebrazione della Cena del Signore facciamo
memoria dell’istituzione del sacramento dell’altare; ora ne contempliamo il frutto
di amore che come uva nel torchio e grano nella macina è diventato per noi il Corpo
e il Sangue di Cristo, nutrimento di salvezza. È il nostro “Dominicum”!
205
UFFICIO
LITURGICO
Ci accompagneranno nella preghiera alcuni testi. Ma al di là delle parole, è la
Parola di Dio fattasi corpo preso, benedetto e poi spezzato e donato a riempire
il nostro cuore e a dare nutrimento al nostro spirito.
Siamo qui in ginocchio dinanzi al Signore immolato e risorto, come Maria di
Betania dinanzi ai suoi piedi nell’atto di ungerli con il balsamo dell’adorazione:
solo a Lui la nostra lode e il nostro ringraziamento.
Siamo qui nella Casa dell’amore, il tempio che raccoglie la sua presenza: è Lui
che riempie i nostri cuori e ci rende pietre vive, tempio spirituale, idonei per il
sacrificio a lui gradito.
Lui solo può dare senso e gioia piena ai nostri giorni terreni, rendendoli santi.
Canto Iniziale ed esposizione del SS. Sacramento
(scelto dal repertorio comunitario che sia adatto alla preghiera di adorazione)
INVITO ALLA PREGHIERA
Sac.
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo
Tutti
Amen
Sac.
Il Signore sia con voi
Tutti
E con il tuo spirito
Sac.
Sia benedetto il nostro Dio in ogni tempo
Tutti
Ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen
Sac.
Venite, adoriamo Dio nostro Re
Tutti
Adoriamo te, o Cristo, risorto in mezzo a noi, nostro Re e nostro Dio
Sac.
Venite, inchiniamoci davanti al Signore, nostro Re e nostro Dio
Tutti
Dio santo, Dio forte, Dio immortale, abbi pietà di noi
Sac.
Signore Gesù, Tu sei l’Agnello, il Servo del Signore
Tutti
Con il tuo sangue versato togli il peccato del mondo
Sac.
Signore Gesù, Tu sei l’Agnello di Dio
Tutti
Fin dalla fondazione del mondo sei stato immolato
Sac.
Signore Gesù, Tu sei l’Agnello Pasquale
Tutti
Dal costato trafitto hai versato sangue e acqua
Sac.
Signore Gesù, Tu sei l’Agnello ritto sul trono
Tutti
Tu apri i sigilli del libro della prima alleanza
Sac.
Signore Gesù, Tu sei l’Agnello della nuova Gerusalemme
Tutti
Sua lampada e nuovo sole, Tu splendi in eterno
Signore Gesù, Tu sei l’Inizio e la Fine e il Vivente
Sac.
Tutti
Tu sei morto ma ora regni sulla morte e sull’inferno
Sac. Preghiamo: Dio della luce, abbiamo accolto il tuo invito ed eccoci alla tua
presenza: manda il tuo Spirito Santo su di noi perché attraverso l’ascolto delle
Scritture riceviamo la tua Parola, attraverso la meditazione accresciamo la conoscenza di te e attraverso la preghiera contempliamo il Volto amato di tuo Figlio,
Gesù Cristo nostro unico Signore.
Tutti
Amen.
206
UFFICIO
LITURGICO
Primo momento: ALLA MENSA DI BETANIA
Guida
La cena di Betania a casa di amici anticipa di qualche giorno la Cena pasquale e
il cammino della Passione. Dinanzi a Marta, Lazzaro e i dodici, Maria, innamorata
di Cristo, si china sui suoi piedi, li bacia, li cosparge di olio di nardo prezioso e li
asciuga delicatamente con i suoi capelli. La bellezza del Maestro è irresistibile: senza il Signore non si può vivere.
Dal Vangelo secondo Giovanni (12,1-8)
Riflessione
(É importante che le riflessioni siano lette lentamente, a voce chiara, precedute e
seguite da ampi spazi di silenzio, che permettano la meditazione e la preghiera)
Betania in ebraico vuol dire «casa del povero, dell’afflitto». Poveri e afflitti siamo
senza Cristo! Ma a Betania l’afflizione si è mutata in gioia per il risveglio di Lazzaro
dal sonno della morte. Un giorno rispondendo ai farisei, i quali rimproveravano i
dodici perché non rispettavano i giorni di digiuno, disse che non potevano digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo era con loro. Avrebbero certo digiunato e fatto lutto quando lo sposo sarebbe stato loro tolto.
Nella «casa dell’amicizia», insieme a Marta, Lazzaro, Maria e i Dodici, la compagnia di Gesù trasforma ogni afflizione in gioia. L’incontro con il Risorto riempie di
gioia i nostri giorni. A mensa con Lui ci viene restituita la vita. É festa quando Lui
abita la nostra casa, quando entra nel cuore e rimane con noi.
Betania: piccola casa in cui si è accolti, non si è fraintesi, in cui si può assaporare sempre il profumo soave dell’amicizia. Betania: icona della Chiesa che immerge
i suoi giorni nel Giorno del Signore! É presente Lazzaro, risorto dai morti, figura di
tutti noi risorti con Cristo mediante il Battesimo. É presente Marta, icona della
Chiesa che serve e si offre, che lavora e si dona per preparare la mensa dell’amore.
È presente Maria, la Chiesa che contempla e che ama, che soffre e che spera, che
prega e che tesse nel segreto trame di comunione con Dio e con i fratelli. Sono presenti i Dodici. Betania: Chiesa di amici e Tempio di Amicizia, un’amicizia vera, “balsamo di vita”, «olio profumato di vero nardo, assai prezioso» il cui prezzo può essere soltanto la vita dei due amici: Dio e l’uomo!
Come è bella questa icona di Chiesa, l’Eucaristia alla mensa di Betania! Ti chiediamo, o Signore, di renderci sempre più chiesa così! La sera della Cena con i tuoi
amici hai lavato loro i piedi per dare l’esempio. Hai lavato i piedi ai Dodici perché
imparassero da te l’arte del servizio, da te che ti si è fatto servo per amore.A Betania,
qualche giorno prima, fu una donna a insegnarci l’arte della tenerezza, piegandosi
sui tuoi piedi, i piedi del Figlio di Dio. Li ha unti con il balsamo dell’amore, li ha accarezzati con i morbidi capelli e li ha baciati con la tenerezza della sposa. E tutta la
casa si è riempita del profumo soave del vero nardo assai prezioso. Nel Cenacolo la
tua compassione ci rende Chiesa del Servizio al prossimo. A Betania la testimonianza di amore e di gratitudine di Maria ci consegna a te, nostro Sposo. Insegnaci a riconoscere te nel prossimo e ad amare i fratelli perché amiamo te.
Quando ci raduni la Domenica attorno alla mensa dell’amicizia e ti offri come cibo
di salvezza, donaci l’audacia di Maria che, intrepida e traboccante di amore per te,
207
UFFICIO
LITURGICO
per il tuo corpo immolato, ti unge di nardo prezioso. Tu solo puoi trasformare quello che sarebbe dovuto essere il banchetto funebre in memoria di Lazzaro, in un banchetto di gioia per la risurrezione del fratello. Solo Tu, o Cristo, puoi trasformare il
fetore insopportabile di un morto da quattro giorni nel profumo di letizia pasquale
che inonda la casa. Noi ti cerchiamo o Signore: nelle esperienze contemplative o nel
tempo feriale segnato dall’abitudine, ti chiediamo un pieno di gioia. Che lo splendore del tuo Volto divino illumini e sazi i nostri sguardi di carne. Ora ti contempliamo nell’Eucaristia e ti diciamo dal profondo del cuore: «Senza di te, o Cristo,
non possiamo vivere!».
Preghiamo
Sac.
Adoriamo il mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, Signore Gesù. A te
rivolgiamo il nostro cuore ed eleviamo lo sguardo a Colui che hanno trafitto e innalzato da terra ci attira irresistibilmente a sè.
Tutti:
Lett.
Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo!
Verbo di Dio, olio dell’unzione,
il tuo Nome è profumo che si espande.
La tua amica ti offre l’olio profumato
il discepolo ti vende per trenta denari.
La tua amica ti riconosce come Signore,
il discepolo si separa da te, suo Maestro.
La peccatrice ti lava i piedi e li bacia,
tu lavi i piedi al discepolo che con un bacio ti tradisce.
Noi abbiamo peccato come la peccatrice,
ti abbiamo tradito come il discepolo vinto da satana.
Lett.
Lett.
Lett.
Lett.
Sac.
O Signore, nostro Dio, noi ti benediciamo e ti rendiamo grazie, per il dono
di Gesù Cristo tuo Figlio e nostro Signore. Ai «figli dell’olio», cioè ai consacrati con
l’unzione perché portino lieti annunzi ai poveri, la «corona» dei fiori si addice più
della «cenere», il profumo più dell’abito di lutto, e il «canto di lode» più del «cuore
mesto». Preservaci, o Padre, dall’errore di Giuda il quale, insensibile al profumo di
nardo, avverte solo il tintinnare dei soldi, e invece che percepire la lucentezza dell’olio, si lascia sedurre dallo scintillio dell’argento. Concedici, o Padre, che rinvigoriti dal tuo Spirito di Santità, diffondiamo nel mondo il buon profumo di Cristo. A
te la lode e la gloria dalla Chiesa e dal creato per tutti i secoli dei secoli.
Tutti
Amen.
Canto
Secondo momento: RIMANETE NEL MIO AMORE
Guida
Agli apostoli nel cenacolo e a noi qui in preghiera nella memoria e nel rendimento di grazie del dono ricevuto, Gesù dice: «Rimanete in me e io in voi». La parola
“rimanere - dimorare”, cara all’evangelista Giovanni, richiama relazioni, affetti,
amore. L’uomo dimora dove ha il cuore: abita dove ama, è di casa in colui che ama.
L’unione con Dio non è un vago affetto o una illuminazione intellettuale: è vita concreta, spesa nell’amore per i fratelli. Come Cristo!
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UFFICIO
LITURGICO
Dal Vangelo secondo Giovanni (15,5-17)
Riflessione:
«Rimanete nell’amore, il mio!» A Giovanni è caro questo verbo: “Rimanere - dimorare”. La dimora di Nazaret con Maria e Giuseppe; l’abitazione di Cafarnao con i
primi discepoli; la casa di Betania in compagnia degli amici più cari; il Cenacolo,
dove si consegna nel pane e nel vino la sera del tradimento, dove ci consegna lo
Spirito la sera di Pasqua, dove spalanca le porte e i cuori alla missione nel mattino
di Pentecoste. Lui abita la “casa dell’amore” e ci chiede non solo di dimorare con
Lui, ma di rimanere in Lui, nel suo amore. Questa è la nostra vera casa. Qui possiamo ritrovare la nostra identità. Dimorare nel suo amore ci fa diventare figli di
Dio e ci rende capaci di portare frutto, molto frutto! Ci fa essere capace di amare i
fratelli con il suo stesso amore perché l’amore è comunicazione di ciò che si ha e,
ancor più, di ciò che si è.
Non esitare ad amare, e ad amare profondamente. Potresti avere paura del dolore che un profondo amore può causare. Quando quelli che ami profondamente ti
respingono, ti abbandonano o muoiono, ti si spezza il cuore. Ma questo non deve
trattenerti dall’amare profondamente. Il dolore che viene da un amore profondo
renderà il tuo amore ancora più fecondo. È come un aratro che spezza le zolle per
consentire al seme di prendere radici e di crescere diventando una pianta robusta.
Ogni volta che sperimenti il dolore del rifiuto, dell’assenza o della morte, ti trovi
di fronte a una nuova scelta. Puoi diventare preda dell’amarezza e decidere di non
amare più, oppure puoi rimanere in piedi nel tuo dolore e lasciare che il suolo su
cui stai diventi più ricco e più capace di dare vita a nuovi semi. Quanto più hai amato e hai accettato di soffrire a causa del tuo amore, tanto più potrai lasciare che il
tuo cuore diventi più ampio e più profondo.
Quando il tuo amore è vero dare e vero ricevere, quelli che tu ami non lasceranno il tuo cuore anche quando se ne andranno via. Diventeranno parte del tuo io,
costruendo così gradualmente una comunità dentro di te. Quelli che hai profondamente amato diventano parte di te. Più a lungo vivrai, più numerose saranno le
persone che amerai e che diventeranno parte della tua comunità interiore. Più
grande diventerà la tua comunità interiore, e più facilmente riconoscerai i tuoi fratelli e le tue sorelle negli estranei intorno a te. Quelli che sono vivi dentro di te riconosceranno quelli che sono vivi intorno a te. In questo modo il dolore del rifiuto, dell’assenza e della morte potrà diventare fecondo. Sì, se ami profondamente, il terreno del tuo cuore sarà sempre più frantumato, ma ti rallegrerai per l’abbondanza dei
frutti che porterà.
Preghiamo
Lettore: Aiutami, Signore, a tenere lo sguardo fisso su di te. Tu sei l’incarnazione
dell’Amore divino, tu sei l’espressione dell’infinita misericordia di Dio, tu sei la
manifestazione visibile della santità del Padre, tu sei bellezza, bontà, dolcezza, perdono e grazia.
Lettrice: In te si può trovare ogni cosa. Al di fuori di te nulla può essere trovato.
Perché dovrei guardare altrove o andare altrove?
209
UFFICIO
Tutti:
LITURGICO
Tu hai parole di vita eterna,
tu sei cibo e bevanda,
tu sei la luce che risplende nelle tenebre,
la lampada sul lucerniere,
la casa posta sul monte.
Tu sei la perfetta icona di Dio.
In te e attraverso te posso vedere il Padre,
e con te posso trovare la via verso di Lui.
O Santo, o Bello, o Glorioso,
sei il mio Signore, il mio Salvatore,
il mio Redentore, la mia Guida,
il mio Consolatore, il mio Conforto,
la mia Speranza,
la mia Gioia e la mia Pace.
A te voglio dare tutto ciò che sono.
Lettore: Fa’ che io sia generoso, che non sia avaro né esitante.
Lettrice: Fa’ che ti dia tutto: tutto ciò che ho, tutto ciò che penso, tutto ciò che faccio e che sento.
Tutti:
Tutto è tuo, Signore. Accettalo, ti prego, e rendilo pienamente tuo.
Amen.
Canto
Terzo momento: RIMANI CON NOI , SIGNORE !
Guida
Il dono dell’Eucaristia risplende in tutta la forza del suo mistero e nella potente
eloquenza del segno del pane, segno di vita e di comunione. È il Papa a ricordarcelo con il suo magistero e con la testimonianza della sua vita e del suo apostolato.
Ascoltiamolo nelle parole che lui ha consegnato alla Chiesa per questo anno
dell’Eucaristia.
Dalla Lettera Apostolica “Mane nobiscum Domine” di Papa Giovanni
Paolo II (nn. 29-30-31)
Riflessione
O Signore, ora che sono qui dinanzi a te, presente nel sacramento dell’altare, nel
dono dell’Eucaristia, penso alle innumerevoli persone che non credono in te, a quanti soffrono per mancanza di pane, a quanti soffrono per mancanza di amore.
Mentre io sono qui e godo del dono della tua presenza e della comunità che ti ama,
ti adora, ti celebra e si prende cura di me, dinanzi a te sono consapevole della
povertà fisica e spirituale di tanti altri esseri umani.
La mia fede nella tua presenza, quando il pane viene spezzato, non è forse tesa
ad andare oltre la piccola cerchia dei fratelli, verso la cerchia più ampia dell’umanità, ad alleviare per quanto possibile la sua sofferenza?
Se ti riconosco nel sacramento dell’Eucaristia, devo anche poterti riconoscere nei
210
UFFICIO
LITURGICO
tanti uomini, donne e bambini affamati del tuo e del mio amore. Se non so tradurre la mia fede nella tua presenza in azione per il mondo, sono ancora una persona
senza fede.
Ti prego, perciò, Signore: rendi più profonda la mia fede nella tua presenza eucaristica e fa’ che questa fede fecondi la vita di molti.
Riempi i miei giorni di amore per te e di passione per il tuo popolo che è il tuo
Corpo sparso nel mondo, perché il tuo Sangue prezioso pulsi nelle vene della storia
e l’umanità intera creda che Tu sei l’unico Salvatore del mondo.
Riflessione del Sacerdote
(Dopo la riflessione del sacerdote, se lo si ritiene opportuno, si può cantare un canto di adorazione, prima delle preghiere che seguono).
Preghiamo
Sac. Il Signore Gesù ci insegna che amare è donare la vita. Solo la fedeltà a questa fondamentale vocazione può darci la gioia dell’incontro con Lui e la pace nei
rapporti con gli altri. Preghiamo per essere degni della nostra chiamata:
Tutti:
Rimani con noi, Signore.
Lettore: Ti preghiamo per il nostro Papa Giovanni Paolo II.
Lettrice: Il tempo che passa segna inesorabilmente la sua persona, ma la forza del
tuo Spirito gli imprime energie nuove per il compimento della missione apostolica.
Grazie per avercelo dato come padre e conservacelo ancora come pastore e guida
sicura per la tua Chiesa. Preghiamo.
Lettore: Ti preghiamo per il nostro Vescovo. Renato
Lettrice: Tu, che gli hai affidato la cura di questa eletta Chiesa di Novara , ispira
le sue azioni e accompagnale con il tuo aiuto perché sia per tutti i tuoi figli segno
del tuo amore e della tua sollecitudine di Padre. Preghiamo.
Lettore: Ti preghiamo per il nostro parroco…, per tutti i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose, i consacrati, i missionari e per le comunità loro affidate.
Lettrice: Con la loro testimonianza di vita diffondano nel mondo il buon profumo
di Cristo. Preghiamo.
Lettore: Ti preghiamo per la nostra comunità diocesana e per tutte le Chiese che
sono in Italia.
Lettrice: La celebrazione del prossimo Congresso Eucaristico faccia crescere tutti
nel tuo amore. E ogni cristiano, contemplando la tua presenza nell’Eucaristia, si
innamori sempre più di te e del tuo popolo. Preghiamo.
Lettore: Ti preghiamo per i giovani.
Lettrice: Suscita nel loro cuore il desiderio di te perchè prendano il largo sulla tua
Parola. Riempili con il tuo Spirito di fortezza e di prudenza e siano capaci di scoprire la piena verità di sé e della loro vocazione. Preghiamo.
Lettore: Ti preghiamo per il mondo intero.
Lettrice: Ogni donna e ogni uomo da te creati e amati, vivano il cammino della
pace negli umili e semplici gesti quotidiani. E noi cristiani, loro fratelli, attratti
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UFFICIO
LITURGICO
irresistibilmente dal fascino della tua Presenza e nutriti dal tuo Corpo e dal tuo
Sangue, possiamo essere per loro fermento di amore e di santità. Preghiamo.
Sac. Dio onnipotente, creatore della luce e Signore dei giorni, quando il sole
declina e la notte scende con la sua oscurità: rendi i nostri cuori come lampade
ardenti affinché sappiamo attendere il tuo Giorno e discernere la luce nuova della
Pasqua. Allora apparirà nella gloria il tuo Figlio unigenito, l’Agnello immolato, il
vivente, il Signore del Giorno che non avrà tramonto. Egli ci attirerà tutti a sé nel
regno eterno benedetto nei secoli dei secoli.
Tutti:
Amen
Benedizione Eucaristica
Prima di riporre il SS. Sacramento nel tabernacolo, si possono proclamare coralmente le “Acclamazioni alla SS. Trinità, alla B.V. Maria e ai Santi” secondo
questa formula o altre conosciute dalla comunità.
Benedetto il Dio dei nostri Padri
Benedetto il Suo Nome Santo
Benedetto Gesù, Misericordia del Padre
Benedetto Gesù, Unico Salvatore
Benedetto Gesù, Pane per il nostro viaggio
Benedetto Gesù, Acqua per la nostra sete
Benedetto Gesù, Eterno Riconciliatore
Benedetto lo Spirito Santo, Sorgente di ogni ministero
Benedetto lo Spirito Santo, Anima della Comunità
Benedetta la Vergine Maria, Madre di Cristo e dei Popoli
Benedetta la Vergine Maria, Modello dei Cristiani
Benedetta la Vergine Maria, Sede della Sapienza
Benedetti Voi, Uomini e Donne, Amici del Signore
Il nostro Dio sia annunziato a tutti.
Mentre il sacerdote o il diacono ripone il SS. Sacramento nel tabernacolo, si può
concludere con un canto conosciuto dalla comunità.
212
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
XXIV Congresso Eucaristico Nazionale
Bari, 21-29 maggio 2005
Lo snodarsi dei temi delle giornate ci offre il prisma dei contenuti del Congresso:
due doni inseparabili: la domenica, il giorno del Signore ed il suo cuore,
l’Eucaristia, conservando un occhio particolare per il rapporto tra Eucaristia e
martirio testimoniato dai martiri di Abitine. La giornata-tipo del Congresso
scandisce un ritmo che, avviato dall’Eucaristia mattutina e sostenuto dalla adorazione eucaristica continua diurna, si snoda attraverso i momenti
dell’ANNUNCIO, della CELEBRAZIONE e della TESTIMONIANZA.
PROGRAMMA QUOTIDIANO
ore
ore
ore
ore
ore
ore
ore
8,30
9,30
10,30
13,00
16,00
19,00
21,30
LITURGIA EUCARISTICA
Inizio della adorazione eucaristica
ANNUNCIO (catechesi)
pranzo/eventuali attività di animazione
TESTIMONIANZA DI VITA
CELEBRAZIONE
Espressioni artistiche (alcune sere)
PROGRAMMA DELLA SETTIMANA
Sabato 21 Maggio
SENZA LA DOMENICA NON POSSIAMO VIVERE
È attesa una vasta e significativa presenza della Comunità ecclesiale, in ogni sua
componente, e della Comunità civile.
PIAZZA DELLA LIBERTÀ
INAUGURAZIONE SOLENNE DEL CONGRESSO
Accoglienza e saluto all’Inviato Speciale del Santo Padre, S.E. card. Camillo Ruini,
ai Cardinali e ai Vescovi, alle Autorità e ai Congressisti convenuti.
PREGHIERA (accompagnata da brani di musica sacra per coro e orchestra)
Domenica 22 Maggio
LA DOMENICA GIORNO DEL RISORTO
L’Eucaristia, dono della Trinità
È attesa una vasta e significativa presenza della Comunità ecclesiale, in ogni sua
componente, e della Comunità civile.
MATTINO
PIAZZA DELLA LIBERTÀ: SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
presieduta dall’Inviato Speciale del Santo Padre, S.E. card. Camillo Ruini
CATTEDRALE: Adorazione eucaristica continuata
213
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
POMERIGGIO
FIERA DEL LEVANTE: RELAZIONE sul tema del giorno
CELEBRAZIONE DEI VESPRI
Rappresentazione teatrale: “Il primo giorno dopo il sabato” (Martiri di Abitene)
Lunedì 23 Maggio
LA DOMENICA GIORNO DELLA FESTA
L’Eucaristia illumina la vita dell’uomo
Sono attesi in particolare: animatori ed educatori, con i ragazzi, operatori del tempo libero, turismo e sport, operatori della cultura e della comunicazione, studenti ed
universitari, artisti, comitati feste religiose.
MATTINO
CATTEDRALE: Santa Messa e Adorazione eucaristica continuata
FIERA DEL LEVANTE: RELAZIONE sul tema del giorno
POMERIGGIO
FIERA DEL LEVANTE:
INCONTRI-INTERVISTE in quattro grandi gruppi
1. Quale bellezza salverà il mondo?
2. Tra tempo e eternità
3. Lo sport accoglie, orienta ed educa alla festa
4. Nella festa riscopriamo lo stare insieme (animazione ragazzi)
PREGHIERA
Martedì 24 Maggio
LA DOMENICA E LA CITTÁ DELL’UOMO
L’Eucaristia sorgente di un mondo nuovo
Sono attesi in particolare: il mondo del lavoro e dell’economia, mondo della politica
e dell’amministrazione pubblica, delle forze armate e delle forze dell’ordine, mondo
della giustizia e della magistratura, dell’immigrazione.
MATTINO
CATTEDRALE: Santa Messa e Adorazione eucaristica continuata
FIERA DEL LEVANTE: RELAZIONE sul tema del giorno
POMERIGGIO
FIERA DEL LEVANTE:
INCONTRI - INTERVISTE in quattro grandi gruppi
1. Tempo di lavoro, tempo di vita
2. Ecologia, pace e salvaguardia del creato
3. Una economia a misura della persona umana
4. Sviluppo nella solidarietà
·
PREGHIERA
SERA
PIAZZA DELLA LIBERTÀ: Spettacolo
214
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Mercoledì 25 Maggio
LA DOMENICA GIORNO PER LA RICONCILIAZIONE DEI CRISTIANI
San Nicola di Bari ponte tra oriente e occidente
Sono attesi in particolare: fratelli e sorelle delle Chiese e Comunità cristiane, responsabili e operatori pastorali delle relazioni ecumeniche, comunità cristiane di immigrati.
MATTINO
CATTEDRALE: Santa Messa e Adorazione eucaristica continuata
FIERA DEL LEVANTE: RELAZIONE sul tema del giorno
POMERIGGIO
FIERA DEL LEVANTE:
TESTIMONIANZE ECUMENICHE sul valore della Domenica
SERA
BASILICA DI SAN NICOLA: PREGHIERA ECUMENICA.
CONCERTO DI MUSICA SACRA: Messa in si minore di J.S. Bach
Giovedì 26 Maggio
LA DOMENICA GIORNO DELLA CARITÁ
L’Eucaristia pane di fraternità
Sono attesi in particolare: operatori pastorali (ospedali, carceri, ammalati, esperienze di frontiera), confraternite, mondo del volontariato e della solidarietà, ammalati.
MATTINO
CATTEDRALE: Lodi mattutine e Adorazione eucaristica continuata
FIERA DEL LEVANTE: TAVOLA ROTONDA sul tema del giorno
POMERIGGIO
FIERA DEL LEVANTE: TESTIMONIANZE DI VITA
SERA
PIAZZA DELLA LIBERTÀ:
SOLENNE CONCELEBRAZIONE e PROCESSIONE EUCARISTICA
Venerdì 27 Maggio
LA DOMENICA GIORNO DELLA CHIESA
L’Eucaristia cuore della Domenica
Sono attesi in particolare: il clero, i consacrati e le consacrate, i seminaristi, i novizi e le novizie, i giovani in ricerca vocazionale, il laicato (gli operatori pastorali e
aggregazioni ecclesiali).
MATTINO
CATTEDRALE: Santa Messa e Adorazione eucaristica continuata
FIERA DEL LEVANTE: INCONTRO SUL LAICATO
Presiede l’Inviato del Santo Padre, S.E. card. Camillo Ruini
215
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
POMERIGGIO
FIERA DEL LEVANTE:
INCONTRI in tre grandi gruppi: Clero, Consacrati e Consacrate, Seminaristi,
novizi e novizie, giovani in ricerca vocazionale
SERA
DAL POLICLINICO ALLA CASA CIRCONDARIALE
CELEBRAZIONE DELLA VIA CRUCIS
Sabato 28 Maggio
LA DOMENICA GIORNO DELLA MISSIONE
La Vergine Maria Odegitria e donna eucaristica
È attesa una vasta e significativa presenza della Comunità ecclesiale, in ogni sua
componente, e della Comunità civile. Particolare attesa di una notevole presenza di
famiglie, di giovani e del mondo missionario.
MATTINO
CATTEDRALE: Santa Messa e Adorazione eucaristica continuata
FIERA DEL LEVANTE: INCONTRO: “Nella famiglia, adulti e giovani in dialogo”
POMERIGGIO
FIERA DEL LEVANTE: TAVOLA ROTONDA con il mondo missionario
Confessioni
SERA
SPIANATA DI MARISABELLA SOLENNE VEGLIA DI PREGHIERA E DI FESTA
Domenica 29 Maggio
RIUNITI DAL RISORTO INTORNO ALL’EUCARISTIA
Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo
È attesa una vasta e significativa presenza della Comunità ecclesiale, in ogni sua
componente, e della Comunità civile.
SPIANATA DI MARISABELLA
SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
conclusiva del XXIV congresso eucaristico nazionale
Prenotazioni e iscrizioni
Ufficio per la Pastorale dei Pellegrinaggi, via Puccini 11 – 28100 NOVARA, tel/fax
0321.661633 dal lunedì al venerdì ore 9.30 / 11.30 – cell. 333.4713875 dal lunedì al
venerdì ore 10.00 / 16.00
Responsabile Ufficio Pellegrinaggi: don Maurizio Gagliardini – cell. 338.5288679
216
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Giovani al Congresso Eucaristico
In collaborazione con il Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile il Congresso
Eucaristico Nazionale 2005 intende offrire ai giovani, nell’ambito del programma
generale, uno spazio di incontro, riflessione e preghiera. Il “Villaggio Giovani” presso la Fiera del Levante è un contenitore di esperienze di animazione giovanile, spazio per la preghiera eucaristica personale e comunitaria, luogo di incontri a tema,
intrattenimento e ricreazione.
Il “Villaggio Giovani” sarà inaugurato sabato 21 maggio alle ore 21.30.
I giovani saranno particolarmente coinvolti nei seguenti momenti:
- La celebrazione eucaristica in Cattedrale
- L’incontro ragazzi e adolescenti di lunedì 23 maggio
- L’incontro ecumenico di mercoledì 25 maggio
- La processione eucaristica di giovedì 26 maggio
- L’adorazione eucaristica notturna
- La via crucis di venerdì 27 maggio
- L’incontro di sabato 28 maggio: “Nella famiglia, adulti e giovani in dialogo”
- La grande e solenne Veglia di preghiera e festa della sera del sabato 28 maggio
- La solenne concelebrazione eucaristica conclusiva del XXIV Congresso
Eucaristico Nazionale di domenica 29 maggio
Le attività offerte ai giovani si articoleranno nel seguente modo:
1. Area, stand e meeting di Associazioni, Gruppi, Movimenti particolarmente vicini al mondo giovanile
2. Area – sala conferenze su tematiche legate alla vita e alle scelte dei giovani
3. Area – sala cineforum con rassegna di 8 film sul mondo giovanile
4. Area – animazione sportiva, ludica e musicale
5. Area – attività liturgica e spirituale con la celebrazione delle lodi mattutine, l’adorazione eucaristica continuata, confessioni e direzione spirituale presso la cappella del Congresso affidata ai giovani.
Qui saranno collocati la croce di San Damiano e la Madonna di Loreto e all’ingresso sarà custodita la Fiaccola della Pace, simboli del cammino verso la Giornata
Mondiale della Gioventù a Colonia 2005.
Le iscrizioni dei giovani, che chiedono ospitalità in famiglia o in parrocchia, devono
essere accompagnate da un fax (080.5027.751) di presentazione del delegato diocesano per la pastorale giovanile.
217
UFFICIO
DEL
CLERO
Giornata di fraternità sacerdotale
Seminario San Gaudenzio
Lunedì 9 maggio 2005
Lunedì 9 maggio, in Seminario, si terrà la Giornata di Fraternità Sacerdotale per
festeggiare i sacerdoti che quest’anno ricordano il 25°, 50°,60°, 65° e 70° anniversario di ordinazione.
Nel contesto della Giornata alcuni seminaristi dei primi anni di Teologia presenteranno al Vescovo la domanda di ammissione al Diaconato e al Presbiterato. Con
questo gesto sono chiamati ad intensificare il cammino verso il sacramento
dell’Ordine che riceveranno nei prossimi anni.
La Giornata di Fraternità Sacerdotale 2005 si colloca in prossimità del 50° dell’inaugurazione del “Seminario nuovo” avvenuta nell’anno scolastico 1955-1956, e
precisamente per la festa di San Gaudenzio ‘56.
La ricorrenza giubilare offrirà una opportuna occasione per centrare la relazione
della mattinata sul tema “Il Seminario e le vocazioni sacerdotali”. Relatore
sarà mons. Diego Coletti, già Rettore dei Seminari milanesi e del Seminario
Lombardo a Roma, e attuale Vescovo di Livorno.
La Giornata, oltre che fare festa a chi ricorda un anniversario significativo della
propria ordinazione, si propone anche di coinvolgere tutti sacerdoti in una attenta
e responsabile pastorale vocazionale, aiutando i ragazzi e i giovani a scoprire una
possibile chiamata al sacerdozio, e ad accompagnarli in una generosa risposta.
PROGRAMMA
9.30
Accoglienza e preghiera iniziale
9.45
Relazione di mons. Diego Coletti, Vescovo di Livorno
11.30 Concelebrazione eucaristica dei vescovi con i sacerdoti che festeggiano il
giubileo di ordinazione sacerdotale e con i presbiteri presenti (provvisti di
camice e stola bianca).
Durante la Messa alcuni seminaristi di Teologia presenteranno al vescovo la
domanda di ammissione al Diaconato e al Presbiterato
13
Pranzo
218
UFFICIO
DEL
CLERO
A N N I V E R S A R I 2005
75 anni di Messa (ordinati nel 1930)
FERRARIS padre LAMBERTO
UCCELLI padre GASPARE
70 anni di Messa (ordinati nel 1935)
FRANCIONE don GIOVANNI
65 anni di Messa (ordinati nel 1940)
GRANA don PIO
RUGA don GIULIANO
60 anni di Messa (ordinati nel 1945)
ANTONETTI S.E. mons. LORENZO
BAMBERGA don UGO
BOSCHI don ALBERTO
CANTONETTI don SEVERINO
DEL MONTE don MARIO
MASSARA don GIUSEPPE
50 anni di Messa (ordinati nel 1955)
BERGAMASCHI padre CIRILLO
COLOGNI don PRIMO
FORNARA don ANGELO
GAMBARONI don GIANCARLO
MENOTTI don PIERGIORGIO
PETTINAROLI don GREGORIO
SACCO don PIETRO
TONETTI don IGNAZIO
VANINI don MARIO
ZANETTA don GIUSEPPE
ZOLLA don GIOVANNI
25 anni di Messa (ordinati nel 1980)
BOLZONI don GIORGIO
COZZI don RENZO
FRANZOSI don ALBERTO
GIUDICE don FRANCO
JULITA don GIANCARLO
MANEA don COSTANTINO
MIAZZA don ADRIANO
PASTORE don GIUSEPPE
REGALLI don GIANFRANCO
RUGA don GIULIANO
SALA don ENZO
SEGATO don PIETRO
TRENTANI don LUIGI
—————In questo anno ricordano il 25° di ordinazione i Diaconi Permanenti
MORETTI don GILBERTO e PIVI don ENNIO
219
UFFICIO MISSIONARIO
Veglia di preghiera
per i missionari martiri
Nel 25° anniversario dell’assassinio di mons. Oscar Romero
Cattedrale di Novara, 27 aprile 2005
Come ogni anno la grande famiglia missionaria italiana, fa memoria dei Missionari
Martiri dell’anno precedente nella ricorrenza del 24 marzo, data dell’assasssinio di
mons. Oscar Arnulfo Romero, presa come data simbolo per ricordare tutti i martiri
moderni che hanno offerto la loro vita per l’annuncio del Vangelo, per la difesa dei
diritti dell’uomo, per la pace, la giustizia, la libertà e la salvaguardia del creato.
Dato che quest’anno, il 24 marzo coincide con il Giovedì Santo, risultava impossibile far confluire il ricordo dei Missonari Martiri nel contesto liturgico del Triduo
Pasquale.
D’altro canto, volendo sottolineare con una certa solennità il 25°anniversario dell’assassinio di mons. Romero, si è preferito rimandare a data più appropriata la celebrazione proprio per dare più risalto a chi, in maniera esemplare, ha offerto la propria vita per il Vangelo.
Pertanto nella nostra Diocesi, il ricordo di mons. Romero e dei missionari Martiri,
quest’anno si terrà mercoledì 27 aprile, alle ore 21.00, presso il Duomo di
Novara, dove, nel contesto di una celebrazione liturgica, porteranno la loro testimonianza, Luigi Accattoli, vaticanista del Corriere della Sera e mons. Elìas Samuel
Bolaños Avelar, Vescovo di Zacatecoluca (El Salvador).
Il dott. Accattoli ha recentemente scritto un libro dove ha cercato di analizzare e
capire la tragica realtà del martirio nella Chiesa e nella società civile, lungo tutto il
secolo appena trascorso,- da lui definito secolo dei martiri. Il giornalista illustrerà
come il martirio, non deve essere considerato un ricordo scolastico legato ai primi
secoli della Chiesa, perché è tutt’oggi tragicamente presente in tanti paesi del mondo
e costituisce un costante riferimento per molte Chiese che vivono sulla loro pelle questa drammatica realtà.
Mons. Bolaños, giovane Vescovo salvadoregno, da molti osservatori definito il continuatore del cammino aperto da mons. Romero, illustrerà come la figura e l’opera del
Vescovo martire, si sia inserita in maniera indelebile nella coscienza civile ed ecclesiale del piccolo paese centroamericano.
Durante la celebrazione, sarà fatta lettura scandendo nome e cognome, dei
Missionari uccisi nel 2004 nei diversi continenti.
Mons. Renato Corti, Vescovo di Novara, concluderà la serata ricordando all’intera comunità novarese il fulgido esempio di questi Testimoni dei nostri tempi.
Il Centro Missionario Diocesano, resta a completa disposizione per ogni chiarimento in merito, rendendosi inoltre disponibile per analoghe celebrazioni richieste in altri
vicariati.
220
UFFICIO PASTORALE
DEL
LAVORO
“Dottrina Sociale?
Più evocata che conosciuta” (Giovanni Paolo II)
Presentazione del compendio della Dottrina Sociale della Chiesa
Venerdì 8 aprile, ore 21 a Novara - Convivio di S. Agabio (c.so Milano, 21/d)
Nell’incontro verrà presentato il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa,
una guida preziosa per una società in crescita, pubblicato grazie all’impegno del
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, quest’opera, elaborata su preciso
incarico di Giovanni Paolo II, ha richiesto cinque anni di lavoro, ed ha cercato di
dare forma sistematica ed unitaria all’insegnamento Sociale della Chiesa, dalla
Rerum novarum (1891) ad oggi.
Questo documento, è in pratica un aiuto per il discernimento morale e pastorale
più che mai necessario per capire le mutate realtà sociali e per comprendere sotto
una nuova luce il forte radicamento della Dottrina Sociale della Chiesa nella missione di questo inizio di terzo millennio.
Il Compendio, non è una sorta di catechismo sociale, ma una poderosa opera che
racchiude in se oltre dodici capitoli, con venticinque indici di riferimento tematico,
per complessive cinquecentoventi pagine. Il volume si articola in tre parti, la prima
contiene quattro capitoli e tratta i presupposti fondativi della Dottrina Sociale. La
seconda parte, raggruppa in sette capitoli, gli ambiti classici del pensiero sociale:
famiglia, lavoro, vita economica, comunità politica, comunità internazionale, salvaguardia dell’ambiente e promozione della pace. La terza parte, molto più breve, formata da un solo capitolo, presenta gli elementi per un’aggiornata e adeguata azione pastorale circa le mutate condizioni della realtà odierna.
L’opera espone i contenuti della Dottrina Sociale, mettendoli a confronto con i
temi e le questioni quotidiane dell’attuale dibattito etico-politico ed etico-sociale. I
pronunciamenti del Magistero contenuti nel Compendio attingono alla vasta produzione del cammino della Chiesa, ma vengono riletti con novità di linguaggio.
Il Compendio, fa emergere come sia forte la preoccupazione di creare una “comunità di fede” che non può essere estranea alla Storia, ma deve essere coinvolta nelle vicende delle persone, dei popoli, dei grandi problemi che toccano la vita dell’uomo e tutto ciò che riguarda l’esistenza stessa della vita quotidiana. Esso, è dunque
un prezioso sussidio per tutti i cristiani ma anche per le persone di buona volontà,
circa l’insegnamento della morale sociale di fronte alle sfide ed alle opportunità che
la realtà presente pone davanti a tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’uomo.
221
UFFICIO PASTORALE
DEL
LAVORO
In quella serata don Pier Mario Ferrari, Rettore dello Studentato
Teologico di Novara, presenterà i temi contenuti nel Compendio nel quadro del
più vasto filone della evoluzione teologica innestatasi a partire dal Concilio Vat. II.
Mentre il dott. Luigi Bobba, Presidente Nazionale delle ACLI, sottolineerà
il ruolo fondamentale dell’impegno dei fedeli laici nel mondo contemporaneo.
Mons. Renato Corti, Vescovo di Novara, concluderà la serata.
Riteniamo pertanto importante invitare gli operatori della pastorale, coloro che
operano nel sociale ed in modo particolare gli iscritti alle ACLI a partecipare a questo incontro, sicuri che ne trarranno un ottimo giovamento e un forte impulso per
continuare il loro servizio nei diversi settori della comunità novarese.
Don Mario Bandera
Responsabile dell’Ufficio per i problemi sociali
e la pastorale del lavoro.
222
UFFICIO BENI CULTURALI
Servizi offerti alle parrocchie
dai responsabili dell’inventario
dei beni culturali
Il responsabile dell’Ufficio per l’inventario dei beni culturali della Diocesi
informa di poter mettere a disposizione i macchinari e la professionalità degli
addetti per eventuali servizi alle parrocchie:
1.Chi avesse necessità di scannerizzare diapositive 24 x 36 mm (formato
Leica in telaietto) in misura professionale, per intenderci 5000 x 4000 dpi reali e non intende interpolarli, file di circa 56 mb, ed avere le scansioni in DVD
per l’uso pastorale, può rivolgersi all’Ufficio per opportuni accordi.
2.È stato richiesto analogo intervento anche per i negativi in bianco e nero,
formato Leica.
3.L’Ufficio è dotato di scanner professionale, a tamburo, sino al 20x30 cm che
risolve i problemi di scansioni per diapositive/negativi tipo Hasselblad,
Rolleiflex, 6x9, 10x12 ecc. che si usano da parte di professionisti e dilettanti
evoluti. Anche in questo caso si può offrire un servizio sino a 4000 dpi reali con
fotomoltiplicatore (non per interpolazione) che genera un file di circa 156 mb
dal formato 6x6.
4.L’Ufficio è pure dotato di un BOOK-EYE (produzione tedesca) con area di
scansione A2 plus su 300 dpi reali per la riproduzione di codici, registri di
matrimoni antichi ed altro materiale di archivio da conservare in DVD, libri
storici ecc…, a distanza, come richiesto professionalmente dalle
Soprintendenze, non a sistema fotocopiatrice lineare. La riproduzione è bitonale, non a livelli di grigio, con algoritmo molto complesso (Tif 3) per grandi
masse di dati.
5.Infine, chi avesse bisogno di riproduzioni di qualità, a colori, di antiche
fotografie, codici, ecc… può trovare un servizio fatto con macchine digitali professionali da 14\16 mb (Kodak Pro Back e Kodak Pro Srl\N) oppure riproduzioni su diapositive Kodak 25 Asa, Agfa 50 Asa, secondo il metodo tradizionale
e successivamente scannerizzabili.
223
INFORMAZIONI
A Lourdes
con l’Oftal
Pellegrinaggio diocesano guidato da mons. Renato Corti
Da lunedì 25 a domenica 31 luglio 2005
con due treni speciali
In albergo
tariffe a partire da euro 390,00, compresa
la cuccetta in treno
All’Accueil Notre Dame
per le persone ammalate euro 322,00, compresa
la cuccetta in treno.
Per bambini, ragazzi e giovani un’offerta speciale
LE
ISCRIZIONI DOVRANNO PERVENIRE
ENTRO IL
15 GIUGNO 2005
Per qualsiasi richiesta di suggerimenti o di illustrazioni di questo e degli
altri pellegrinaggi Oftal e Sogevi è possibile contattare la Segreteria
dell’Oftal Diocesana in largo Puccini, 11 – tel. 0321-626106.
Le iscrizioni si ricevono presso i gruppi parrocchiali o direttamente presso la segreteria diocesana.
Organizzazione tecnica del pellegrinaggio: Sogevi Tour - Vercelli
224
INFORMAZIONI
CORSO DI RINNOVAMENTO SPIRITUALE
PER SACERDOTI A GERUSALEMME
15 luglio – 3 agosto 2005
21 gennaio – 9 febbraio 2006
PROGRAMMA
Seminario biblico di aggiornamento
Antonio Izquierdo, Legionario di Cristo
Cristo e Israele: storia e mistero
Tirocinio di spiritualità sacerdotale
Javier Garcia, Legionario di Cristo
“Non vi chiamo più servi, ma amici” (Gv 15,15)
L’amicizia personale con Cristo
“Resta con noi, Signore” (Lc 24,29)
L’Eucaristia, centro della vita del sacerdote
“Signore, insegnaci a pregare” (Lc 11,1)
La preghiera, scuola di vita sacerdotale
Laboratorio di pastorale
Dermot Ryan, Legionario di Cristo
Attività
Adorazione Eucaristica quotidiana – Celebrazioni liturgiche – Rinnovo delle promesse battesimali e sacerdotali – Visite guidate e concelebrazione nei Luoghi
Santi – Incontri ecumenici – Studio personale di spiritualità.
Quota di partecipazione
1.490.00 euro
Pensione completa in camera doppia, visite a Gerusalemme,
viaggio di tre giorni in Galilea.
Non comprende viaggio in aereo dal proprio paese
alla Terra Santa e ritorno, assicurazioni e spese mediche.
Per informazioni:
César Truqui, L.C.
Istituto Sacerdos
Ateneo Pontificio Regina Apostolorum
Via degli Aldobrandeschi 190 – 00163 Roma
tel e fax 06 66527917
225
INFORMAZIONI
Programma gestione parrocchiale
“SIPA.net”
La C.E.I. offre gratuitamente a tutte le Parrocchie il SIPA.net, un sistema
informativo parrocchiale, creato e diffuso dalla Unitelm di Padova.
Tale programma si compone di due parti essenziali:
• anagrafica, per l’archiviazione dei dati riguardanti persone, famiglie,
gruppi, organismi parrocchiali, abbonati a bollettini, pratiche varie;
• amministrativa per la gestione contabile della parrocchia (entrate/uscite, prima nota semplice oppure in partita doppia, scadenziario, clienti/fornitori), le stampe contabili (giornale, bilancio, bilancio consolidato, estratto conto,
rendiconti…) e le elaborazioni (ricalcolo saldi, contropartite, piano dei conti…).
Il programma può essere richiesto telefonicamente alla UNITELM S.p.A. al
numero tel. 049-8271811 – fax 049-8271851 (maggiori informazioni sul sito internet www.unitelm.it – e-mail: [email protected]).
Come si è detto il programma viene fornito gratuitamente, ma è possibile stipulare con la Unitelm un contratto di Assistenza e Supporto del costo di ¤ 35,00 + 20%
di Iva = euro 42,00 annuo.
Tale contratto – rinnovato annualmente salvo disdetta – prevede i seguenti vantaggi:
• Assistenza sistemistica (configurazione PC, rete, scarico aggiornamenti da
internet);
• assistenza telefonica gratuita e supporto all’uso del programma (sia al
modulo anagrafico che di tipo ragionieristico relativa ai moduli amministrativi
del programma);
• sconto del 25% sui prodotti del catalogo Unitelm di editoria elettronica.
ACCORDO QUADRO PANDA SOFTWARE ITALIA – UNITELM
Unitelm, con la supervisione del Servizio Informatico della CEI, ha siglato
un accordo quadro con Panda Software per la distribuzione di un Antivirus PANDA SOFTWARE a prezzi competitivi.
226
INFORMAZIONI
L’unico sistema di difesa è l’utilizzo di una buona soluzione antivirus, che si
aggiorni quotidianamente, in grado di individuare e bloccare ogni tipo di minaccia.
Prevenire l’attacco di virus e codici maligni è determinante per la salvaguardia dei
dati archiviati.
Con le soluzioni Panda Software tutti possono proteggersi in modo efficace
dalle sempre nuove minacce che attaccano le reti ed i singoli personal computer.
Soluzioni singolo utente – piccole reti:
1. Panda Antivirus Titanium 2005: per singolo pc del tipo “installa e dimentica” (integrato con Tecnologie TruPrevent, è in grado di identificare e bloccare
minacce ancora sconosciute): EPAT4, retail box – 1 anno - euro 47,94.
2. Panda Platinum internet security 2005: antivirus, personal firewall, antispam, antidialer, ecc.: suite che include non solo la tecnologia più avanzata contro ogni tipo di virus, ma una protezione insuperabile contro tutte le minacce,
conosciute e sconosciute, provenienti da Internet, in risposta alle reali necessità
degli utenti: EPIS, retail box – 1 anno - euro 81,54.
LISTINO ACCORDO-QUADRO
CEI-MICROSOFT e CEI-ADOBE
Consultando il sito della Unitelm S.p.A. (www.unitelm.it ) è possibile rintracciare tutti i prezzi vantaggiosi ottenuti dalla CEI con Microsoft e Adobe relativamente ai più utilizzati software in uso nelle nostre Parrocchie, Associazioni…
227
INFORMAZIONI
DIOECESIS
Cronaca breve
del territorio gaudenziano
NOMINE
Con lettera dell’Ordinario diocesano in data 1 ° marzo 2005
Con decreto vescovile
in data 1° marzo 2005
Padre Carlo Caroglio è stato nominato
Collaboratore del Rettore del santuario
del Sacro Monte di Varallo.
Padre Carlo Caroglio è stato nominato
Parroco della parrocchia San Gottardo
in Civiasco.
Con decreto vescovile
in data 15 marzo 2005
Don Bruno Medina è stato nominato
Rettore del Santuario della SS. Pietà di
Cannobio
La Sig.na Gabriella Salamina è stata
confermata Presidente dell’Associazione Diocesana di Azione Cattolica.
COSTITUZIONE DI UNITA’ PASTORALI
NEL VICARIATO DELL’ARONESE
Il Vescovo con Decreto in data 1° ottobre 2004 ha costituito l’Unità Pasto rale dell’Alto Vergante comprendente le parrocchie di:
Brovello, Carpugnino-Stropino, Colazza, Dagnente, Ghevio, Gignese, Massino
Visconti, Montrigiasco, Nebbiuno, Nocco, Pisano, Tapigliano-Fosseno, Vezzo.
Coordinatore: don Massimo Minazzi
Il Vescovo con Decreto in data 1 ° marzo 2005 ha costituito l’Unità Pasto rale del Basso Vergante comprendente le parrocchie di:
Belgirate, Calogna, Lesa, Meina, Solcio e Villa Lesa
Coordinatore: don Massimo Galbiati
228
INFORMAZIONI
AGGIORNAMENTO
INDIRIZZARIO
GAVINELLI padre MASSIMO
cell. 328/7017513
BRICCO don FRANCO
cell. 347/4772558 – fax 0321/907612
INGEGNOLI don MICHELE
Via Dosi, 14
28046 MEINA (NO)
tel. 0322/65028
CAROGLIO padre CARLO
Sacro Monte
13019 VARALLO (VC)
tel. 0163/51131
MARTINI don GAUDENZIO
cell. 328/3778950
MEDINA don MAURIZIO
e-mail: [email protected]
CHIESA don SERGIO
tel. 0321/833503
MEDINA don BRUNO
fax. 0323/738877
229
IN
MEMORIA
Don Gaudenzio Fusi
dotale e per l’umana comprensione con
cui condusse il suo ministero, ma pure
per il suo impegno nei vari settori dell’attività sociale, nella scuola ed in
campo letterario.
Fu infatti tra i promotori della
costruzione della carrozzabile della
Colma; grazie a lui venne costituita nel
1963 la Pro loco di Civiasco, una delle
prime sorte in Valsesia; costituì in
Civiasco il Circolo Acli; avviò nel 1977,
e seguì poi con entusiasmo, l’iniziativa
del Presepio vivente; fu sempre presente e parte attiva nelle varie manifestazioni promosse dalle Associazioni locali. Insegnò per oltre un ventennio religione
presso
l’Istituto
Tecnico
Commerciale di Varallo; diresse per
diversi anni il settimanale cattolico “Il
Monte Rosa”; dal 1983 fino a pochi
mesi prima della sua scomparsa, pubblicò il mensile di informazione religiosa e di cronaca locale “Vita Civiaschese”.
Don Gaudenzio Fusi, parroco di
Civiasco, si è spento la sera del 21 febbraio a Vespolate, nella casa dei parenti che l’avevano ospitato ed assistito
nelle ultime settimane di malattia.
Nato a Terdobbiate il 3 maggio 1920
e ordinato sacerdote il 27 maggio 1944,
trascorse i primi tre anni del suo ministero a Cannero, sul lago Maggiore.
Il Vescovo nel luglio del 1947 lo ha
nominato parroco di Civiasco, ove
rimase ininterrottamente per quasi 58
anni. Religioso per scelta vocazionale,
ma anche uomo di cultura e di ampia
apertura intellettuale, don Fusi ha
lasciato un’impronta profonda nel tessuto della comunità civiaschese e della
Valsesia, non solo per lo scrupolo sacer-
Di solida formazione classica, espresse la sua fine e spesso arguta vena poetica nella raccolta di poesie “Futilia”;
ma fu soprattutto nelle opere “Genesi”
ed “Esodo” che egli diede il meglio delle sue doti di letterato e di poeta, traducendo in scorrevoli versi endecasillabi le vicende bibliche dei primi due libri
dell’Antico Testamento.
230
IN MEMORIA
La sua lunga permanenza alla guida
della parrocchia di Civiasco fu punteggiata da significativi momenti che
testimoniano la stima e la benevolenza
di cui don Gaudenzio Fusi era circondato nella sua comunità. In particolare
le solenni celebrazioni del 30° e del 50°
di parrocchia e quelle del 50° e del 60°
di sacerdozio; quest’ultima risalente al
maggio dello scorso anno, accompagnata dal conferimento della presidenza
onoraria della “Pro loco Civiasco” e dalla presentazione della sua più recente
fatica letteraria, “Esodo”, che faceva
seguito a “Genesi”, presentata nel
1994.
parrocchiani e di tanti amici ed estimatori sia dei numerosi confratelli del
Vicariato della Valsesia ed oltre, con la
presenza di Mons. Renato Corti,
Vescovo di Novara, che nell’omelia ha
sottolineato con significative parole il
valore dell’opera svolta da don
Gaudenzio Fusi in tanti anni di ministero sacerdotale.
Dei sentimenti della comunità civiaschese si è poi fatto interprete, nel corso della cerimonia funebre, il rappresentante del Consiglio Pastorale
Giorgio Salina che così ha delineato la
sua figura: “Don Gaudenzio è stato un
sacerdote di antico stampo e di mentalità moderna insieme, che sapeva unire
all’atteggiamento riservato, proprio
della tradizione ecclesiastica, una
grande apertura alle problematiche ed
alle tensioni dei nostri giorni, comprese
quelle del mondo giovanile”.
I funerali hanno avuto luogo a
Civiasco mercoledì 23 febbraio, mentre
la sepoltura è avvenuta nella tomba di
famiglia a Terdobbiate, paese di origine
di don Fusi. Grande e commossa è stata la partecipazione da parte sia dei
231
IN
MEMORIA
Don Giovanni Fornaroli
celebrata da una sessantina di sacerdoti, ha fatto uso di un termine chiave:
“appassionato”: una parola che lo
ritrae dal vero.
Un uomo, un cristiano, un prete
appassionato. Amava essere autentico
e vero in tutto e non lesinava energie,
dedizione, con tutta la sua grande carica emotiva. Un compagno di ordinazione nel suo saluto commosso ricordava
in particolare la sua passione di laico
impegnato per il lavoro, per la Chiesa,
per le missioni, per la fraternità sacerdotale.
Per 33 anni Giovanni, da laico, a
Magenta, lavorò nel campo dell’edilizia, come amministratore nel consiglio
dell’ospedale, nella politica, nel comune e nel sindacato. Nel contempo portava avanti una grande dedizione alla
parrocchia e all’oratorio come educatore e valente catechista, diventando
quasi per antonomasia “il catechista
anziano” dei giovani e della gente,
Don Giovanni Fornaroli, ordinato
prete all’età di 60 anni nel 1990, è morto nella sua casa di Magenta, sabato 26
febbraio, dopo aver lottato per sette
anni, con grande tenacia e lucidità,
contro un male inesorabile. Aveva 75
anni, essendo nato a Magenta il 27
luglio 1929.
Per parecchi anni dedicò il periodo
delle ferie alla visita ad alcune missioni africane, specialmente in Kenya
dove operava una zia suora insieme
con i padri Passionisti. Viveva si può
dire “sulla pelle” la passione per i poveri e i sofferenti, sostanziando la sua
carità di assoluta concretezza lombarda.
Chi lo ha commemorato con intensità
e riconoscenza, a cominciare del vescovo Renato Corti, che lunedì 28 febbraio
ha presieduto la commovente liturgia
funebre nella luminosa e solenne
Basilica di S.Martino di Magenta, con-
232
IN
MEMORIA
Questo suo ricco percorso umano e
cristiano lo conduceva alle soglie dei
sessant’anni a guardare al sacerdozio
come sbocco opportuno della sua passione per Dio e per gli uomini.
Don Giovanni in questa ultima stagione della sua esistenza intensissima
continuava ad essere “il catechista”,
con la testimonianza della vita, con
quella concretezza e autorevolezza
insuperabile che solo la condivisione
della sofferenza può dare.
Dopo un congruo tempo di preparazione nel seminario di Novara, dove
non ha disdegnato di farsi discepolo tra
i giovani seminaristi, con i quali, nonostante la differenza di età, è riuscito a
stabilire un’immediata e straordinaria
sintonia, fu ordinato sacerdote il 23
giugno del 1990 da mons. Aldo Del
Monte. Gli fu affidata la parrocchia di
Baraggia di Gozzano dal 1990 al 1996,
occupandosi per qualche tempo, anche
della parrocchia di Soriso; successivamente, divenne parroco di Garbagna
fino al luglio del 2004, quando la
malattia lo costrinse a ritirarsi presso i
suoi parenti nell’amata Magenta.
Don Giovanni ha sempre dato, coltivato e accolto amicizia, amicizia vera,
affettuosa, costruttiva. Per questo la
traiettoria della sua vita appassionata
era definitivamente approdata alla fraternità sacerdotale, che sentiva come
condizione essenziale per essere preti
credibili per la gente. Una passione
“patita”. Una passione maturata già da
laico in una profonda, segreta condivisione dell’ideale dell’unità nel movimento dei Focolari, fino a diventare
capo-nucleo della sua zona. Una passione vissuta poi da prete, amico del
movimento, dove la comunione sacerdotale diventa il segreto prezioso per la
presenza di Gesù risorto in mezzo ai
suoi, perché il mondo creda.
Il cappellano dell’ospedale giustamente poteva testimoniare che anche
da malato don Giovanni non smise mai
di essere e di fare il prete. Spesso confidava di sentirsi come una calamita: i
malati, compagni di sala di attesa, di
reparto o di camera di ospedale venivano a confidargli i loro travagli, le loro
domande sul senso della vita, le angosce e le speranze.
Il suo passaggio lascia l’impressione
di un arcobaleno fra terra e cielo: un’esistenza viva, mai grigia o in bianco e
nero: una vita a colori di un uomo-prete.
don Dino Bottino
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