Comune di CASTELLETTO CERVO

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Comune di CASTELLETTO CERVO
CASTELLETTO CERVO:
CENNI STORICI
IL PERIODO ROMANO E LE INVASIONI GERMANICHE
L’Alto Piemonte fu abitato anticamente da scarse popolazioni di ceppo Ligure, dedite a caccia e
pesca, raccolta di frutta e vegetali, pastorizia, allevamento ed un’agricoltura primitiva.
Successivamente (secoli VI-V a.C.) si insediarono popolazioni di ceppo Celtico. La dominazione
romana definitiva ebbe inizio dopo la battaglia dei Campi Raudii del 101 a.C. in cui Mario aveva
sbaragliato i Cimbri- e durò oltre 5 secoli.
Ci sono prove certe di insediamenti romani a Castelletto.
Nei pressi del torrente Cervo (anticamente Servo), tra l’Ostola (anticamente Avostola) e il
Monastero, sono stati rinvenuti i resti di due necropoli, databili al I-III secolo d.C.: decine di urne
cinerarie, terrecotte, resti di fondamenta di antiche abitazioni, che testimoniano la presenza di un
piccolo villaggio o di casali sparsi.
Tra il IV e il V secolo l’Impero decade e crolla.
Nel 476 con la deposizione di Romolo Augustolo da parte di Odoacre, capo degli Eruli, si estingue
ufficialmente l’Impero Romano d’Occidente. Saranno secoli bui di razzie e lunghe guerre,
epidemie, carestie, fame. Nel 493 Teodorico sconfigge Odoacre e fonda il regno dei Goti,
contrastato dai Bizantini.
Il 568 è l’anno della storica invasione dei Longobardi: un intero popolo, un’orda di forse 300.000
persone, tra uomini e donne, vecchi e bambini, guerrieri e servi, con una moltitudine di armenti,
cala dalla Pannonia e conquista mezza Italia, un Paese ridotto allora a non più di 4 o 5 milioni di
abitanti, dividendosi e ripopolando lande disabitate, abbandonate da tempo a boscaglie, roveti,
foreste impenetrabili, paludi.
Nel 774 è la volta dei Franchi: Carlomagno sconfigge i Longobardi ed annette il loro regno. Nasce il
Sistema feudale medievale.
CASTELLETTO DAL X AL XIII SECOLO
I primi documenti attendibili sull’esistenza di Castelletto sono del 950, anno in cui è citato tra i
possedimenti di Aymone di Mosezzo, Feudatario di Vercelli fino al 966. Castelletto prendeva
chiaramente il nome dalla presenza di un piccolo fortilizio o semplice roccaforte sull’antica “Via
Lexonasca”(dal Vercellese verso Lessona e le montagne biellesi) nei pressi di un guado transitabile
sul torrente Cervo.
Sono ben nove in Piemonte, più uno in provincia di Pavia, i comuni con toponimo Castelletto.
Faceva parte del Comitato di Vercelli. Per “comitato” si intendeva un territorio sotto la
giurisdizione di un Conte, dal Latino “comes- comitis”= conte.
Già nel’882 Carlo il Grosso aveva conferito al vescovo Liutwardo, cancelliere imperiale, ampi poteri
su numerose località del Vercellese, tra cui l’intera “Silva Rovaxinda”, un’estesa foresta
impenetrabile e molto ricca di selvaggina che occupava gran parte degli attuali comuni di
Castelletto, Masserano, Brusnengo, Roasio, Rovasenda, San Giacomo Vercellese e Buronzo.
Poteri destinati ad accrescersi, grazie a donazioni, conferme imperiali e soprattutto la confisca di
molte proprietà e beni di Arduino, Marchese di Ivrea, campione della feudalità laica, proclamatosi
Re d’Italia e sconfitto nel 1014. Due Diplomi imperiali (il primo di Ottone III del 999, il secondo di
Enrico II del 1014) certificano la dipendenza di Castelletto dalla Chiesa di Vercelli. Per Diploma si
intendeva un documento attestante diritti e privilegi emessi dalla massima autorità politica (Papi,
Imperatori, Re).
Nel 1027 l’imperatore Corrado II riconferma al Vescovo la piena giurisdizione del Comitato, che si
estende in molte località comprese nel quadrilatero tra la Sesia, il Po, la Dora Baltea e la Serra di
Ivrea.
Il fenomeno della presenza di potenti Vescovi-Conti è dovuto sia alla crescente influenza della
Chiesa sia al tentativo imperiale di ostacolare l’ereditarietà delle Contee.
Da Aymone di Mosezzo Castelletto passa ai figli Manfredo di Cavaglià e Ildebrando di Caltignaga.
La parte di Manfredo passa al pronipote Adalberto, che la cede ad Ardizzone di Castelletto, che a
sua volta nel 1070 la vende a Guido II, Conte di Pombia. La parte di Ildebrando passa ai figli Rozone
e poi Riccardo. Una figlia di Riccardo porta la sua parte ai Conti di Pombia, che assumono
successivamente il titolo di Conti del Canavese.
Nel 1141 i Conti del Canavese ne cedono la “superiorità”(ovvero sottomettono Castelletto) al
Comune di Vercelli, in piena espansione in quei decenni, che si contrappone al potere del VescovoConte. È la prima località, con Maglione, a passare sotto il controllo del Comune di Vercelli.
Nel 1180 il Comune di Vercelli ne reinveste Roberto, Conte del Canavese, da cui discende il ramo
dei Conti di San Martino.
IL BORGO FRANCO
Il 1254 è l’anno importante e decisivo: con un “Atto di Affrancamento” del 4 settembre il Comune
di Vercelli, che da decenni sta contrastando il Vescovo nella giurisdizione dei territori tra la Dora
Baltea e la Sesia, erige Castelletto a “borgo franco”, ovvero villaggio ingrandito, fortificato e libero
da dazi e gabelle per quanti vi si stabilivano e la popolazione dell’allora piccolo paese aumenta
decisamente.
Era un’iniziativa per località poste in posizioni strategiche (per il controllo del territorio) che
diventavano centri di attrazione per le popolazioni circostanti, offrendo privilegi fiscali , maggiori
diritti e sicurezza, indebolendo sia il piccolo feudatario locale, cui si toglievano diritti
giurisdizionali, sia soprattutto i feudatari rivali, spopolandone le terre.
Con la maggiore sicurezza che offre, con le franchigie ed altri vantaggi economici, il “borgo franco”
o “borgo nuovo”, vale a dire un borgo fondato in una località non ancora abitata, attira molti
contadini semi-liberi dei dintorni, porta all’abbandono di poveri cascinali isolati, sottrae braccia di
lavoro e di difesa ai Castelli vicini, indebolisce il sistema feudale vigente.
In pochi decenni Vercelli fonda ben 22 borghi franchi, molti più di Asti (15), Alessandria (5), Novara
(3), Chieri e Mondovì (2), Alba (1).
Nel caso di Castelletto Cervo la trasformazione in borgo franco era stata espressamente richiesta
dai capifamiglia con una petizione avanzata dopo violente proteste contro i carichi fiscali eccessivi.
Il borgo nasce sul poggio già occupato dal piccolo castello, in accordo con il feudatario Conte di San
Martino e solo allora la località comincia ad assumere una certa dimensione ed importanza.
Scrive il Prof. Rosaldo Ordano: «Nella prima metà del Duecento Vercelli è una grande protagonista
della storia subalpina. Pur nei contrasti politici e nelle lotte armate per oltrepassare la linea del Po
e della Dora da una parte e quella della Sesia dalla parte opposta, la Repubblica comunale sa
conseguire momenti di prosperità. I borghi franchi, che incominciano a costellare sempre più il suo
agro, sono una tangibile prova dei rilevanti mezzi finanziari di chi li istituisce; in uno stesso anno,
nel 1242, ne sono fondati due su terreno vergine: Crescentino e Gattinara. La basilica di S. Andrea,
fatta erigere proprio allora da un privato cittadino, assurge così a simbolo di uno dei momenti più
prosperi della storia vercellese. Poi, dopo il 1243, squassata dalle lotte civili, la città si avvia ad una
lenta decadenza, che proseguirà inesorabilmente sotto la signoria viscontea e che diverrà infine
precipitosa sotto il dominio dei Savoia».
SOTTO I VISCONTI DI MILANO
Nella prima metà del Trecento i Visconti, Signori di Milano, estendono i propri possedimenti anche
nel Biellese e Vercellese. Nel 1335 il Comune di Vercelli –lacerato da lotte intestine tra le famiglie
più potenti- si assoggetta, con i suoi vasti possedimenti, ad Azzone Visconti.
Ai confini di Castelletto i Biandrate di Montebelluardo (che dipendono ancora dal Vescovo-Conte)
tentano di opporsi alle bande di Azzone Visconti. Vengono costretti alla resa: l’antico Feudo viene
espropriato e passa ad un ramo della famiglia Alciati, che ne muta il nome in Motta Alciata. Il
piccolo fortilizio della famiglia, già presente, viene ampliato e trasformato nel castello che ancora
oggi è esistente.
Gli Alciati avranno per decenni ampie proprietà e diritti feudali anche a Castelletto Cervo.
IL MONASTERO DELLA GARELLA
Il monastero ebbe origine da una cella monastica
sorta forse nel IX secolo per ospitare i viandanti che
transitavano
sull’antica
“Via
Lexonasca”.
L’etimologia del toponimo “Garella” è incerta: forse
dal Latino medievale “garrelle”-“quadrellae”,
riferito a terreno disboscato e diviso in lotti
quadrangolari.
Nel 1083 i nobili Guido di Pombia e Ardizzone di
Castelletto cedono al monastero una parte dello
loro proprietà terriere (prati, campi, pascolo, selve)
e dei loro beni.
Nel 1086 passa alle dipendenze di Cluny. L’abbazia
era stata fondata nel 909, a Cluny di Borgogna,
quando Guglielmo III, Duca di Aquitania, aveva fatto
dono ai monaci benedettini di un grande possesso fondiario e nei secoli era diventata la guida del
Monachesimo.
Nel 1127 il marchese Oberto fa altre donazioni al priorato clunaciense della Garella. Gli Imperatori
Enrico V (1106-1125) e Lotario (1134-1137) prendono il monastero sotto la loro protezione.
Nel 1155 Federico I “Barbarossa” concede ai Biandrate, Signori di Montebelluardo, il patronato
(diritto di designare il priore) del Monastero. In un documento del 1184 risulta impressionante
l’elenco delle proprietà fondiarie del Monastero, che decade però nei secoli successivi. Nel 1335 il
patronato passa agli Alciati della Motta. Infine nel 1593 il Vescovo di Vercelli erige la chiesa in
Parrocchia, San Pietro alla Garella.
NOTA: per il Monastero rimandiamo agli ampi studi dei Prof. Gabriele Ardizio ed Eleonora
Destefanis.
L’ASCESA DI CASA SAVOIA
Nella seconda metà del Trecento e nel Quattrocento declina in Piemonte la potenza dei Visconti di
Milano, dei Marchesi del Monferrato, di Saluzzo e dei Signori feudali minori, di fronte alla
progressiva ascesa di Casa Savoia. Lentamente in alcuni decenni anche il Vercellese e quasi l’intero
Biellese passano ai Savoia.
Nel 1373 si sottomettono Magnano e Verrone.
Nel 1374 Candelo e Castellengo.
Nel 1377 Balocco, Buronzo, Carisio e Santhià.
Nel 1378 Biella e Occhieppo Superiore.
Nel 1379 Andorno, Bioglio, Graglia, Miagliano, Mortigliengo (che comprendeva gli attuali Comuni
di Casapinta, Crosa, Mezzana, Soprana, Strona), Pollone, Sordevolo, Tollegno e Zumaglia.
Nel 1403 Lessona.
Nel 1404 Borriana, Cerreto, Cossato, Gaglianico, Massazza, Mottalciata, Mosso, Netro, Occhieppo
Inferiore, Piatto, Ponderano, Sandigliano, Sostegno, Valdengo, Vigliano, Villanova e Viverone.
Nel 1407 Mongrando.
Nel 1413 Rovasenda.
Nel 1421 Trivero.
Nel 1427 Cavaglià, Salussola e Serravalle Sesia.
Nel 1431 - per ultimo- Castelletto.
Resta autonomo solo il Principato di Masserano e Marchesato di Crevacuore dei Ferrero-Fieschi
(comprende Ailoche, Brusnengo, Crevacuore, Curino, Guardabosone, Masserano e Postua) che
solo secoli dopo, nel 1741, passerà ai Savoia tramite convenzione siglata in Vaticano.
Tranne questo Feudo indipendente, Biellese e Vercellese sono in mano dei Savoia e tali resteranno
fino all’Unità d’Italia, nonostante tutte le successive e numerose guerre con le Signorie rivali, i
Francesi, gli Spagnoli e gli Austriaci. Fatta eccezione naturalmente per il Periodo Napoleonico
quando l’intero Piemonte sarà annesso dal 1802 al 1814 alla Repubblica (poi Impero) Francese.
Nel Quattrocento si indebolisce anche il potere degli Alciati della Motta. In un documento del 1446
risulta che godono ancora di alcune concessioni, come la gabella sul vino, ma nel 1461 gli Alciati
vendono la metà del Castello e del Feudo di Castelletto Cervo di loro proprietà.
GLI ULTIMI CONTI
Nel 1569 Emanuele Filiberto, Duca di Savoia, infeuda Pietro Liato, controllore generale delle
Finanze.
La figlia Margherita Liato va in sposa a Cesare Nomis di Pianezza ed alla sua morte nel 1620 il figlio
Lorenzo assume il titolo di Conte di Castelletto. Lorenzo Nomis (1590-1670) è una figura rilevante
del Seicento sabaudo, più volte ministro e ambasciatore del Duca Carlo Emanuele II. I Nomis, oltre
a Castelletto, saranno Conti di Cossila, Pollone, Valfenera (prov. di Asti) e Villanova Solaro (prov. di
Cuneo).
Estinto il ramo maschile con Francesco, nel 1716 ne viene investita con il titolo di Contessa la figlia
Anna Felicia Nomis che ha sposato Ignazio Balbis di Vernone, che attualmente è frazione di
Marentino (prov. di Torino) di cui erano feudatari dal Cinquecento, e ne ha una figlia, Teresa Maria
Gabriella, a lei premorta, sposata a Giuseppe Francesco Morozzo, Marchese di Bianzè.
Anna Nomis in Balbis muore nel 1756 ed eredita la nipote Anna Felicita Morozzo – Contessa di
Castelletto Cervo e di Valfenera- che muore nubile nel 1783.
Nel 1792 il Castello ed il Feudo di Castelletto vengono venduti dall’erede Gaspare Filippo Morozzo
alla ricca famiglia Ranzoni di Cossato.
Nel Settecento il capofamiglia Benedetto Felice Ranzoni (1722-1790) era stato celebre ed illustre
luminare a Torino, Professore di Medicina ed Archiatra (primo medico di corte) di Casa Savoia. I
Ranzoni saranno gli ultimi Conti di Castelletto, un titolo ormai più che altro onorifico e di prestigio.
Villa Ranzoni, la principale abitazione della famiglia, è tuttora esistente ed attualmente di
proprietà del Comune di Cossato.
Già nel Settecento erano andati declinando potenza e privilegi dei Signori feudali. Il colpo di grazia
definitivo lo dà la Rivoluzione Francese del 1789, che abbatte l’ “Ancien Régime” e poi le
Campagne militari di Napoleone Bonaparte che incendiano e rivoluzionano l’intera Europa. Il
Piemonte è annesso all’Impero Francese e per alcuni anni Castelletto annette il confinante piccolo
borgo di Gifflenga.
Nel 1815 la sconfitta di Napoleone Bonaparte a Waterloo riporta temporaneamente sul trono le
antiche dinastie regnanti, ma privilegi e diritti feudali vanno scemando, come pure il potere
temporale della Chiesa, di fronte all’avanzata sociale e politica della borghesia mercantile, terriera,
finanziaria e manifatturiera e poi –tra fine Ottocento e Novecento- delle masse popolari.
TRA BIELLA E VERCELLI
Quasi a metà distanza chilometrica tra Biella e Vercelli, Castelletto Cervo sotto i Savoia ha fatto
riferimento amministrativo soprattutto a Vercelli. Nel 1626 Carlo Emanuele I istituisce la provincia
di Biella, ma Castelletto non ne fa parte e resta sotto Vercelli anche nel Settecento, a differenza di
tutti gli altri Comuni biellesi.
Nel periodo napoleonico (1800-1814) viene costituito il Dipartimento della Sesia con Vercelli
capoluogo, che comprende Vercellese, Valsesia, Novarese, Vigevanese e Biellese
(“Arrondissement” cui Castelletto è aggregato). La Restaurazione del 1815 crea ben 21 province,
raggruppate nelle 5 “Divisioni” di Torino, Cuneo, Alessandria, Vercelli e Novara: Castelletto è in
provincia di Biella, Divisione di Vercelli.
Dal 1859 al 1927 passa sotto Novara: i Comuni del Piemonte vengono raggruppati nelle quattro
province di Torino, Cuneo, Alessandria e Novara, che comprende Novarese, Vercellese, Biellese,
Valsesia e Ossola.
Dal 1927 al 1992 Castelletto è con l’intero Biellese nella ricostituita provincia di Vercelli. Dal 1992
ad oggi passa alla nuova piccola provincia di Biella.
BIBLIOGRAFIA
TORRIONE, Pietro - CROVELLA, Virgilio. “Il Biellese. Ambiente, uomini, opere”. Biella, 1963.
SOMMO, Giovanni. “Luoghi fortificati tra Dora, Sesia e Po”. Vercelli, 1987.
GUASCO di BISIO, Francesco. “Dizionario feudale degli antichi Stati Sardi e della Lombardia”. Pinerolo, 1911.
CODA BERTETTO, Andrea. “ Biella e il Biellese tra il Primo e il Secondo Millennio”. Biella 1999.
DONATI, Vittorio. “Biellese nei secoli. Atlante di storia biellese”. Biella, 1979.
AA.VV. (Società Storica Vercellese). “Vercelli nel secolo XIII”. Vercelli, 1984.