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rivista del
M E N S I L E N . 5 M A G G I O 2 0 1 1 € 3,50
dal 1928
fondazione ente™
dello spettacolo
SPECIALE
Fior di Croisette
EVENTI E STAR:
LA STRATEGIA DI
FREMAUX
ONORE A
BERTOLUCCI
LA PALMA ALLA
CARRIERA E LA
RETROSPETTIVA
A PESARO
INCONTRI
D’AUTORE
BRADLEY COOPER
CAROLINA CRESCENTINI
ZOE KRAVITZ
EMIR KUSTURICA
DOPPIA SFIDA PER SEAN PENN: IN CONCORSO
A CANNES CON THIS MUST BE THE PLACE DI PAOLO
SORRENTINO E TREE OF LIFE DI TERRENCE MALICK
Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003
(conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Nuova serie - Anno 81 n. 5 maggio 2011
In copertina Sean Penn
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Dario Edoardo Viganò
CAPOREDATTORE
Marina Sanna
La Palma e l’alloro
REDAZIONE
Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio Sammarco
CONTATTI
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PROGETTO GRAFICO
P.R.C. - Roma
ART DIRECTOR
Alessandro Palmieri
HANNO COLLABORATO
Alberto Barbera, Orio Caldiron, Gianluigi Ceccarelli, Pietro
Coccia, Monica De Luca, Steve Della Casa, Bruno Fornara,
Antonio Fucito, Michela Greco, Shekhar Kapur, Massimo
Monteleone, Franco Montini, Morando Morandini, Valentina
Neri, Peppino Ortoleva, Luca Pellegrini, Manuela Pinetti, Giorgia
Priolo, Angela Prudenzi, Marco Spagnoli, Chiara Supplizi
REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA
N. 380 del 25 luglio 1986 Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007
STAMPA
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Finita di stampare nel mese di aprile 2011
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PROPRIETA’ ED EDITORE
PRESIDENTE
Dario Edoardo Viganò
DIRETTORE
Antonio Urrata
UFFICIO STAMPA
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Malick, Dardenne, Almodovar, von Trier e
Kaurismaki. Non è una squadra di calcio a 5 ma
alcuni dei grandi nomi che si contenderanno
sulla Croisette la Palma d’Oro. Cannes ha fatto
il pieno di maestri. In concorso, fuori, persino
nelle sezioni collaterali. Quale altro festival
potrebbe permettersi di riservare “solo” il
Certain Regard a registi di fama internazionale
come Gus Van Sant (Restless), Bruno Dumont
(Hors Satan) e Kim Ki-duk (Arirang)? Festival
onnivoro quello francese, sul piatto il “grande
cinema” e agli altri le briciole.
alla platea transalpina
la probabile passerella
di Sarkozy e signora) e
il quarto Pirati dei
Caraibi di Rob
Marshall, che
sbarcherà sulla
Croisette con Johnny Depp al seguito. E che
dire dei giurati De Niro (Presidente), Uma
Thurman e Jude Law, corpo hollywoodiano a tre
teste con la mente al verdetto e il resto offerto
ai fotografi? Fremaux e Jacob hanno disegnato
un’edizione che sembra una formula
matematica per come bilancia innovazione (due
esordienti in gara – Julia Leigh e Markus
Schleinzer – più il Premio alla Carriera conferito
ex novo: destinatario per primo il nostro
Bernardo Bertolucci) e tradizione, eccellenza e
immaginario pop. Sulla carta è
l’equazione da grande festival.
La qualità sempre servita con popolarità: così
meno rischi rispetto all’anno scorso e puntate
sicure su Moretti (Habemus Papam),
Sorrentino (This Must Be The Place), Takashi
Miike (Ichimei ), Nicolas Winding Refn (Drive),
Nuri Bilge Ceylan (Bir
Zamanlar Anadolu’Da) e Radu
Mihaileanu (La source des
“Cannes 64, ovvero
La parola passa ora ai film e alla
femmes), tutti in competizione
l’equazione per un grande critica. E a proposito di critici, se
ufficiale, ciascuno a suo modo
non lo siete ma sognate di
già dentro l’empireo della
festival: innovazione e
settima arte, perché pupillo dei
tradizione, arte e grande diventare “scrittori di cinema”,
dal 6 al 10 giugno la Fondazione
cinefili, fenomeno alla moda o
pubblico”
Ente dello Spettacolo e la Rivista
beniamino di un consorzio di
fan. L’arte del cinema, certo,
del Cinematografo (in
ma anche il suo volto
collaborazione con la Film
luccicante, il glamour, la spendibilità presso il
Commission Torino Piemonte e il Museo
grande pubblico. Un mix che è già tutto nella
Nazionale del Cinema) hanno qualcosa per voi:
scelta della madrina, la brava e splendida
lo Stage di Critica Cinematografica, con la
Melanie Laurent. Ma non solo: fuori concorso
sesta edizione che torna a Torino e sarà tutta
troviamo Woody Allen (che per il cameo di
dedicata alla commedia. Iscrizioni aperte fino al
Carla Bruni nel suo Midnight in Paris regalerà
13 maggio (www.entespettacolo.org).
COMUNICAZIONE E SVILUPPO
Franco Conta - [email protected]
COORDINAMENTO SEGRETERIA
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Iniziativa realizzata con il contributo della Direzione Generale
Cinema - Ministero per i Beni e le Attività Culturali
La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge
7 agosto 1990, n. 250
maggio 2011
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
5
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32
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sommario
n.5
maggio 2011
PERSONAGGI
20 Fenomeno Bradley
Cooper “senza limiti”: dalla droga
per finzione alla Thailandia da leoni
FILM DEL MESE
25 Mi manda Lenny
56 Habemus Papam
60 Source Code
61 Red
61 Beastly
62 Hai paura del buio
62 Uomini senza legge
64 Thor
66 Cirkus Columbia
66 The Housemaid
68 Bronson
Astro emergente, per Zoe Kravitz
non solo X-Men, è l’ora di Mad Max
54 Il Senso di Alida
Ritratto della Valli, bellezza glaciale
SERVIZI
28 Pirati alla ribalta
Arriva la quarta avventura
dei Caraibi: con Depp c’è la Cruz
32 In cerca d'autore
Tête-à-tête con Carolina
Crescentini: dopo Boris sogna il
grande salto
John Malkovich in una
scena di Red. A sinistra
Zoe Kravitz
COVER STORY
36 Sean Sean
In gara per Malick e Sorrentino,
Penn divo tra i divi sulla Croisette.
Onore a Bertolucci, Kubrick
restaurato, De Niro e Kusturica
presidenti
Uma Thurman tra
i giurati al Festival di
Cannes
10
Morandini in pillole
Criteri di voto, critici
senza biglietto
12
Circolazione
extracorporea
Friday: cliccare per
distruggere
14
Glamorous
News e tendenze:
Cage in the cage
16
Colpo d’occhio
Abbie Cornish: stella
nascente
18
La posta di Shekhar
Le caste indiane: sistema
di oppressione
72
Dvd & Satellite
Megamind si fa in tre,
grandi classici in Blu-ray
78
Borsa del cinema
Allarme incassi USA,
montare il suono
80
Libri
Taylor, Cardinale e zombie
82
Colonne sonore
Playlist senza tempo:
The Dilemma
28
Penélope
Cruz
Star sulla Walk
of Fame e new entry
per i Pirati dei
Caraibi
pensieri e parole
Quello che gli altri non dicono: riflessioni a posteriori di
un critico DOC
MORANDINI in pillole
di Morando Morandini
I due criteri – Esiste un criterio attendibile per giudicare il verdetto di una giuria a un festival del cinema? Generalmente si
ricorre a quello della consonanza: se i premi coincidono con le
scelte di chi scrive o, comunque, della maggioranza dei critici,
il verdetto è buono. E viceversa. Si può seguire, però, un altro
criterio: vedere se nella distribuzione dei premi la giuria abbia
seguito un metodo che la renda in qualche modo l’espressione
coerente di una tendenza, di un atteggiamento. Scrissi queste
righe sul Giorno del 16 settembre 1990, all’indomani di una
Mostra di Venezia dove l’annuncio del Leone d’Oro a Rosencrantz e Guildestern di Tom Stoppard (opera prima) fu fischiatissimo. La giuria, presieduta da Gore Vidal, comprendeva
quattro donne. Come la maggior parte dei miei colleghi, anch’io non condivisi quel premio, ma cercai di applicare il secondo criterio, e conclusi che quel verdetto era coerente e
omogeneo, spiegandone le ragioni.
Giudizio e successo – Dalla fine degli anni ’90 il mio lavoro
principale è la compilazione del Dizionario dei film Zanichelli.
E’ l’unico cinedizionario in Italia (probabilmente in Europa, forse nel mondo) che al segno grafico per il giudizio critico (le famigerate “stellette”) segue un altro segno che stabilisce il
successo di pubblico. In base a che cosa? Gli incassi, ovviamente, ma anche le vendite all’estero, i passaggi nei festival, la
resistenza al tempo, le repliche sul mercato dell’home video e
su Internet.
Pagare il
biglietto
offrirebbe al
critico
soddisfazioni
che non si può
permettere,
quella di
fischiare per
esempio
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Torre d’avorio – Il 9 aprile 1976 sul Giorno ebbi una quieta polemica con Oreste Del Buono che, fraintendendo una mia frase
sul film Qualcuno volò sul nido del cuculo di Milos Forman, mi
aveva esortato a rinunciare alla tessera di ingresso gratuito e a
pagare anch’io il biglietto, cioè a vedere il film col pubblico.
Per ignoranza o per polemica, Del Buono si era fatto un’idea
un po’ mitica e, comunque, sbagliata della torre d’avorio in cui
vivrebbero i cinecritici dei quotidiani, chiusi in una saletta privata a godersi in silenzio i film da recensire. Gli replicai che pagare il biglietto offrirebbe al critico soddisfazioni che non si
può permettere, almeno se è bene educato: quella di fischiare,
per esempio. Come l’applauso, il fischio è un modo di far critica, ma il critico ha il modo di esprimere, scrivendo, i suoi dissensi o consensi. Quella dei critici che pagano è un’utopia che,
messa in pratica, provocherebbe una piccola rivoluzione. “Riesci a immaginare, caro Del Buono – conclusi – che cosa succederebbe se i critici letterari
dovessero pagare di tasca
propria i libri che recensiscono? Eh, si, perché come diceva
Brecht – nessuno o tutti”. Sono passati quasi 40 anni: sono
considerazioni che valgono
anche oggi, no?
maggio 2011
FINE PEN(N)A MAI
VISIONI FORZATE E INDULTI
CRITICI
Tira più una piuma che una tiara. Rio
batte Habemus Papam, ma Nanni promette: la Messa non è finita. #### Faccio un salto all’Avana. Ecco, facci un favore: restaci. #### Galan ritrova il Fus:
76 milioni al cinema. Bondi sentitamente
ringrazia #### Arnold Schwarzenegger
in lizza per Terminator 5: ma non l’aveva
già fatto da governatore della California?
#### Bucare lo schermo: dopo Fuori
Vena, Tekla Taidelli a Cannes con il narcotraffico messicano di Dias de gracia.
#### La combustibile leggerezza dell’essere: eravamo alla canna del gas, ora
siamo alla pompa di benzina. #### Il
softcore Sex and Zen trionfa in Estremo
Oriente. Principianti: noi abbiamo
(H)Ar(D)core, vuoi mettere? #### Mr.
Beaver: Mel Gibson è l’uomo che sussurrava ai castori (di pezza, per giunta).
ALMOST (IN)FAMOUS: DALLE
STALLE ALLE STARLETTE
Special Guest: Enrico Lucherini. “Ruby
Rubacuori: sotto il vestito gente”. STOP
Cappuccetto Rosso : il Sangue è del
pubblico. STOP Goodbye Bonev: al terzo
weekend solo 190mila euro, nemmeno
il product placement di Papi poté nulla.
STOP The Eternal Sunshine of an Addicted Mind. E Bradley Cooper si calò il
film. STOP Elisabetta Rocchetti debutta
alla regia con Diciottanni: non era l’età
della maturità? STOP Riccardo Scamarcio supplente d’italiano, ma Giuseppe
Piccioni giura non trattarsi di fantascienza.
Federico Pontiggia
MEDUSA FILM
PRESENTA
MEL
GIBSON
JODIE
FOSTER
Mr. BEAVER
SUMMIT ENTERTAINMENT E PARTICIPANT MEDIA PRESENTANO IN ASSOCIAZIONE CON IMAGENATION ABU DHABI UNA PRODUZIONE ANONYMOUS CONTENT UN FILM DI JODIE FOSTER MEL GIBSON JODIE FOSTER “THE BEAVER” ANTON YELCHIN JENNIFER LAWRENCE
MUSICHE DI MARCELO ZARVOS SUPERVISORE ALLE MUSICHE ALEXANDRA PATSAVAS MONTAGGIO LYNZEE KLINGMAN, A . C . E. COSTUMI SUSAN LYALL SCENOGRAFIA MARK FRIEDBERG DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA HAGEN BOGDANSKI PRODUTTORI ESECUTIVI JEFF SKOLL MOHAMMED MUBARAK AL MAZROUEI
PRODOTTO DA STEVE GOLIN KEITH REDMON ANN RUARK SCRITTO DA KYLE KILLEN DIRETTO DA JODIE FOSTER
DAL 20 MAGGIO AL CINEMA
mrbeaver.yahoo.it
PAUL GREEN JONATHAN KING
circolazione extracorporea
Fruizioni multiple nell’era della riproducibilità
a cura di Peppino Ortoleva
BRUTTO?
E ALLORA?
FENOMENO FRIDAY: QUANDO L’ESALTAZIONE
È TESA VERSO NON CIÒ CHE È BELLO, MA VERSO CIÒ
CHE SI SENTE PROPRIO
120 MILIONI DI CLICK
La ragazzina che ha postato il video
su YouTube, Rebecca Black. Sotto, la
schermata di Friday
In queste esplorazioni sulla vita del film fuori dal cinema ci siamo confrontati più
volte con l’estetica del cult, con la tendenza diffusa tra i frequentatori della rete a
esaltare non ciò che giudicano bello ma ciò che sentono proprio. Un recente e importante libro di Patrice Flichy parla di “amatori”: nel senso di “dilettanti” ma anche di
persone che sovrappongono al piacere della fruizione una forma di
adesione affettiva, simile a quella che lega i tifosi alla loro squadra. Una
categoria trasversale ai media e ai generi: che mette in circolazione
film e canzoni, programmi TV e tranche de vie.
Non è casuale che le radici del cult moderno stiano nel gusto camp,
oggetto già negli anni ‘60 di un magnifico saggio di Susan Sontag
(Contro l’interpretazione, 1966): un gusto che preparava lo “snobismo
di massa”, innamorato come diceva Sontag non del bello ma della stilizzazione. E’ l’amore dell’eccesso (ama i fratelli Marx, non Chaplin;
Totò, non Eduardo, Comunardo Niccolai non Gigi Riva), e non solo esalta le citazioni in quanto citazioni, ma ancora con Sontag “vede tutto tra
virgolette”, esalta la distanza tra chi guarda, legge o ascolta, e il suo
oggetto. Esalta la soggettività, e favorisce il formarsi e il riformarsi
delle mode. E questo ci aiuta a comprendere un fenomeno proprio dell’estetica della rete: il senso del gesto di chi immette online i suoi brani
“preferiti”, e di chi li rielabora. Che non è un “dono”, ma una sottolineatura del carattere personale, e affettivo del suo rapporto con quei brani.
Se teniamo in mente il gusto camp, capiamo anche fenomeni stupefacenti e un po’ misteriosi, come il successo riscosso da prodotti che vengono da tutti, inclusi i loro “amatori”, definiti orrendi. Per esempio la canzone Friday
cantata da Rebecca Black, che in poco tempo ha superato i 120 milioni di ascolti. Che
cosa la rende così “attraente”? Di sicuro il carattere paradigmatico ed eccessivo
insieme: una musica banale e ripetitiva, dei versi che sembrano scritti per parodiare
le canzoni per adolescenti e che invece a quanto pare fanno sul serio, un videoclip
che sembra una parodia al quadrato, con la retorica dei programmi TV per teenager
profusa a piene mani. E il piacere una volta visto il
video di poterne dire tutto il male possibile. Un
successo solo in apparenza paradossale, perché
la logica dei numeri posti sotto il video ci dice,
comunque, che di successo si tratta. Guardare
per credere.
E naturalmente il cult genera le rielaborazioni.
Fermiamoci un attimo però: c’è anche una versione “as performed by Bob Dylan”. Non il Dylan
70enne di ora: quello 20enne tutto acustico. Una
messa in scena accurata, con l’immagine di un 45 giri inesistente ma plausibile, e
un’esecuzione con quella voce. L’icona sonora del forever young della canzone del
‘900, alle prese con una melodia da supermercato e con parole idiote, va per qualche
aspetto oltre la parodia. Ci dà l’impressione di salto nel tempo, di incontro paradossale tra generazioni ormai lontane, che non lascia indifferenti.
Che cosa la rende
così “attraente”?
Soprattutto il carattere
paradigmatico ed
eccessivo insieme
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rivista del cinematografo
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maggio 2011
I LEONI SONO TORNATI
UN FILM DI TODD PHILLIPS
www.unanottedaleoni2.it
BANGKOK LI HA STESI
25 · 5 · 2011
glamorous
Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze
IL TRAMONTO DI
MADONNA
Madonna sul Viale del
tramonto. Non è un
auspicio, ma un rumor
clamoroso: la pop star sarà
Norma Desmond nel
remake del capolavoro di
Billy Wilder, ovvero la diva
vanesia, decaduta e
psicotica che fu
magistralmente
interpretata dalla mitica
Gloria Swanson nella
pellicola del 1950.
A trascinare la Ciccone nel
progetto Andrew Lloyd
Webber, già autore delle
musiche di Evita. Ma le
notizie riguardo a Madonna
non finiscono qui: la
scandalosa interprete di
Papa Don’t Preach
abbandona la Kabbala per
abbracciare l’Opus Dei.
Che suona quasi come un
ritorno a casa.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
a cura di
Gianluca Arnone
IN THE CAGE
Volendo emulare Mel
Gibson, Nicolas Cage ha
picchiato la moglie,
distrutto casa e si è fatto
arrestare. Era ubriaco.
Una volante della polizia
di New Orleans - accorsa
sul posto dopo una
telefonata del solito vicino
- avrebbe preferito
riportarlo dentro,
metterlo a letto e
rimboccargli le coperte.
Ma l’attore ha insistito.
Continuava a urlare:
“Perché non mi
arrestate?”. Per non farlo
dispiacere troppo, allora,
lo hanno accompagnato in
prigione, dove ha
trascorso una notte
tranquilla. Il giorno dopo,
svegliatosi con il mal di
testa, Nick ha però di
nuovo fatto i capricci.
Voleva tornare a casa. Lo
hanno rassicurato. Poteva
andarsene una volta
pagata la tariffa dovuta.
Fortemente contrariato pare abbia lamentato la
grettezza della città di
New Orleans, accusata di
aver perso il senso
d’ospitalità – la star ha
alla fine acconsentito. Ma
che faccia ha fatto quando
di fuori non ha trovato
nemmeno la moglie ad
aspettarlo!
maggio 2011
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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c olpo d’occhio
FE ST IVAL DE L M ES E
di Massimo Monteleone
Riflettori su Cannes. Poi Seattle e
ambiente a Torino
BLACK INTERNATIONAL
1 CINEMA
(BERLIN)
KRAKOWSKI FESTIWAL
5 FILMOWY
XXVI edizione della rassegna
competitiva annuale di film e
video a carattere interculturale e
interdisciplinare.
LI edizione dello “storico” festival
polacco dedicato ai
cortometraggi. In concorso opere
di fiction, documentari,
sperimentali, d’animazione,
anche realizzate nelle scuole.
Località Cracovia, Polonia
Periodo 23-29 maggio
tel. (0048-12) 2946945
Sito web www.kff.com.pl
E-mail [email protected]
Resp. Krzysztof Gierat
FESTIVAL DE CANNES
LXIV edizione del festival
cinematografico per eccellenza,
noto in tutto il mondo. Novità
internazionali in concorso per la
Palma d’Oro, più le consuete
sezioni collaterali.
Contemporaneamente ospita il
Marché dove si svolge la
compravendita internazionale
delle case di distribuzione.
6
Località Berlino, Germania
Periodo 4-8 maggio
tel. (0049-30) 7821621
Sito web www.blackinternational-cinema.com
E-mail [email protected]
Resp. Angela Kramer, Marion
Kramer
B r ig h t S ta r
INTERNATIONALE
KURZFILMTAGE
OBERHAUSEN
LVII edizione di uno fra i più
autorevoli e “storici” festival
europei dedicati al
cortometraggio di ogni genere e
formato, compreso il video.
Prevede un concorso e un Market
di settore.
Località Oberhausen, Germania
Periodo 5-10 maggio
tel. (0049-208) 8252652
Sito web www.kurzfilmtage.de
E-mail [email protected]
Resp. Lars Henrik Gass
2
L’ascesa di Abbie
Cornish, da musa di
John Keats a protetta di
Madonna: la nuova
Nicole Kidman?
La “nuova Nicole Kidman” l’hanno
ribattezzata. Perché con la divina
condivide natali australiani - è
cresciuta nelle sterminate vallate
del Nuovo Galles - la bellezza
diafana e la faccia opalescente degli
illuminati zen. Il bagliore cristallino
negli occhi, l’ossessione per il set.
La recitazione, una droga: “Quando
recito sono completamente
consumata dal ruolo, vivo come in
16
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
VALDARNO CINEMA FEDIC
XXIX edizione del festival
competitivo per i filmaker FEDIC
e per gli indipendenti. Il Concorso
Nazionale ha tre sezioni
(lungometraggi di fiction, “corti”
di fiction, documentari).
Località San Giovanni Valdarno
(Arezzo), Italia
Periodo 10-14 maggio
tel. (055) 940943
Sito web www.cinemafedic.it
E-mail
[email protected]
Resp. Francesco Calogero
3
un tempo sospeso: è un’esperienza
stupefacente”. A proposito di
sostanze psicotrope, Abbie Cornish
ne assumeva una molto particolare
in Limitless, dove era la donna di
Bradley Cooper e l’invidia di tante
altre. Ma a lanciarla è Snyder con
Sucker Punch, dove resiste a tutto,
persino al regista. Presto la
vedremo in W.E. di Madonna (sarà
Wallis Simpson, amante di
Edoardo VIII), mentre all’origine fu
Fanny Brawne, amante e musa del
grande John Keats nel biopic
firmato da Jane Campion. Quasi
una predizione in versi per la
sfolgorante ascesa della Cornish:
Bright Star.
G.A.
SIFF - SEATTLE
4 INTERNATIONAL
FILM
FESTIVAL
XXXVII edizione del più grande
festival cinematografico degli
Stati Uniti. In concorso
lungometraggi e corti,
documentari e produzioni
indipendenti. Altre sezioni
riguardano registi esordienti e
talenti emergenti.
Località Seattle (Washington),
USA
Periodo 19 maggio - 12 giugno
tel. (001-206) 4645830
Sito web www.seattlefilm.org
E-mail [email protected]
Resp. Deborah Person
Località Cannes, Francia
Periodo 11-22 maggio
tel. (0033-1) 53596100
(riferimento a Parigi)
Sito web www.festivalcannes.com
E-mail [email protected]
Resp. Gilles Jacob
MOUNTAINFILM IN
7 TELLURIDE
XXXIII edizione del festival
competitivo dedicato ai temi della
montagna (avventura, cultura,
etnografia).
Località Telluride (Colorado), USA
Periodo 27-30 maggio
tel. (001-970) 7284123
Sito web www.mountainfilm.org
E-mail
[email protected]
Resp. David Holbrooke
CINEMAMBIENTE
XIV edizione di
CinemAmbiente, il più
importante festival di film a
tematica ambientale. Circa 100
film, tra sezioni competitive e
non, che aiutano ad
approfondire tematiche legate
allo stato di salute del nostro
pianeta.
8
Località Torino, Italia
Periodo 31 maggio - 5 giugno
tel. (011) 8138860
Sito web www.cinemambiente.it
E-mail
[email protected]
Resp. Gaetano Capizzi
La po sta di SHE KHA R KA PUR
Pensieri in libertà: lo sguardo globale del cineasta indiano
“CONOSCEVO IL SISTEMA INDIANO DELLE CASTE, MA TOCCARLO CON MANO È UNO
Il villaggio dove ho girato molte delle scene
di Bandit Queen (1994) era diviso in Caste Superiori
e Inferiori. Le abitazioni della Casta Inferiore si
trovavano ai piedi di un lieve pendio, erano fatte di
fango e rametti d’albero, cespugli e ogni altro
materiale che si può lavorare con le mani. Erano
molto fatiscenti. Sulla vetta della collina si ergeva
invece il villaggio della Casta Superiore. Le persone
vestivano meglio e sembravano molto più in salute.
Più nutrite, dalla carnagione tipica
dei proprietari terrieri, che è meno
scura di quella dei contadini. Un
giorno che faceva molto caldo, ero
in giro in cerca di location nella
parte del villaggio riservata alla Casta Inferiore.
Avevo la gola secca quando mi affacciai su un
arbusto spinoso che recintava una casa. C’era una
donna e le chiesi un po’ d’acqua. Ma lei esitava. Mi
guardava imbarazzata, e all’improvviso andò a
chiamare il marito. Rifeci a lui la stessa domanda.
Come la moglie, esitava. Alla fine si scusarono e
mi dissero di non potermi dare dell’acqua da
bere. Naturalmente ho chiesto perché.
“Dopo andrai a mangiare in una casa
sulla collina”, risposero. Il pranzo
per la troupe veniva generalmente
servito in una delle famiglie della
Casta Superiore, dall’altra parte
del villaggio. Lo sapevano tutti.
IL VILLAGGIO
DEI DANNATI
18
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
Ma la sua risposta mi spiazzò ugualmente.
- “Insomma, non posso avere dell’acqua prima di
andare?”.
- “Signore, apparteniamo a una Casta Inferiore”,
rispose il marito.
- “E allora?”.
- “I membri della Casta Superiore non vogliono
che si entri nelle loro case dopo aver bevuto
dell’acqua offerta da noi”.
Ero scioccato. Conoscevo il sistema delle caste in
India, ma trovarsi faccia a faccia era come ricevere
una scossa.
- “Beh, non è un problema per me e, se vuoi, non
lo dirò a nessuno”.
- “Lo sapranno. E’ nostro dovere avvisarla”.
SHOCK”. APPUNTI DI VIAGGIO DA UN LUOGO CHIAMATO OPPRESSIONE
In quel momento ho capito quanto fosse difficile
rompere una tradizione secolare che ha fatto
prigioniera persino la mente. Paura del castigo.
Paura di un ipotetico peccato.
Alla fine ho avuto il mio piccolo bicchiere d’acqua
per placare la sete con la promessa che, prima di
entrare nell’altra casa, avrei riferito da chi l’avevo
preso. Mentre stavo andando a pranzo con la
troupe cercavo di dimenticare l’incidente ma,
avendo fatto una promessa, informai i padroni di
casa che avevo bevuto dell’acqua offerta da una
famiglia della Casta Inferiore. Si guardavano l’un
l’altro non sapendo bene come affrontare la cosa.
Dopotutto ero un filmaker conosciuto che veniva
dalla città, un ospite importante. Li avevo messi in
una situazione imbarazzante. Il capofamiglia la
risolse così: “Nessun problema. Solo lavati le mani
prima di entrare”.
Ricordo con precisione che la loro giovane figlia
venne fuori con una piccola brocca d’acciaio e
mi versò dell’acqua sulle mani prima di
farmi entrare in casa.
Un piccolo gesto simbolico che
confermava secoli di oppressione.
Avevo già affrontato il tema
delle caste in un piccolo
racconto scritto per una
pubblicazione della
National Geographic, Written on Water. Mi vennero
fatte alcune critiche sul modo in cui avevo
affrontato il problema e per il fatto che apparivo
contro gli Indù e a favore dei Musulmani. Ho
trovato questi argomenti pretestuosi. I miei
genitori erano rifugiati dal Lahore durante la
Separazione. Ma mio padre era un dottore e,
onorando il giuramento medico, era tornato nel
Lahore per curare i feriti. Solo poche volte nella
vita sono riuscito a farmi raccontare delle orrende
violenze a cui aveva assistito. “Vivevamo come
fratelli e rispettavamo le loro feste come loro
rispettavano le nostre. Fino alla Separazione,
regnava solo l’armonia tra le nostre comunità”.
Questa fu la sola cosa che gli abbia mai sentito
dire a proposito.
(TRADUZIONE A CURA DI GIANLUCA ARNONE)
"Ho capito quanto fosse
difficile rompere una
tradizione secolare che
ha fatto prigioniera
persino la mente”
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rivista del cinematografo
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fenomeni
“ME LA PRENDEREI!”, MA FORSE
NON NE HA BISOGNO: LA SUA DROGA
SI CHIAMA BRADLEY. CHIEDETE A DE
NIRO
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Maxi
Cooper
DI FEDERICO PONTIGGIA
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fenomeni
Bradley Cooper uno e
bino: pagine precedenti,
tra Limitless e Una notte
da leoni 2. Qui, con
l’idolo Robert De Niro
attribuitigli (“Magari ne fosse vero solo
“NON CI PENSEREI UN SECONDO: me
uno!”), e un sorriso con surplus di occhi
la prenderei!”. No, non è la parte della
verdi che ti scioglie. Disarmante? Sì, la
vita, né un’attrice super, né una femme
bellezza ha pagato, ma solo “dopo
fatale: più prosaicamente, è droga. E
migliaia di provini senza successo: per
che droga: capace di farti utilizzare la
anni, ho vissuto di rifiuti”. C’è da
mente al 100%, e trasformarti in genio.
credergli anche qui, perché Maxi
A vedere la sua carriera, c’è da
Cooper ha le idee chiare, e poco
credergli: quella droga, Bradley Cooper
adulterate: “Se si prendono scorciatoie
l’ha presa sul serio, e ancor prima di
c’è sempre un prezzo da pagare, ed è
Limitless, la sua ultima “stupefacente”
un rischio che non fa per me”.
performance. Last but not least, in
Dritto per dritto, come dicono a Roma,
realtà, perché sballato e rintronato lo
posando una prova
ritroveremo presto
dopo l’altra su titoli di
anche nel sequel Una
successo - La verità è
notte da leoni 2 (vedi
che non gli piaci
QR):“Non mi ricordo
abbastanza, A-Team
che è successo (ovvio, era Sberla) e,
ironizza sull’esilarante
appunto, Hangover 1 &
dittico di Todd Phillips
2 – ma con l’Italia non
- ma dalle foto che ho
finisce qui: nonna
visto deve essere stato
materna abruzzese,
fantastico”.
nonno materno
D’altronde, nemmeno
napoletano, Cooper ci
fuori dal set Bradley
ha nel sangue. E anche
se la passa male:
INQUADRA IL CODICE QR
CON IL TELEFONINO
per modello, in mix
innumerevoli i flirt
PER VISUALIZZARE IL TRAILER
DEL FILM
22
rivista del cinematografo
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maggio 2011
italoamericano, quello di Robert De
Niro, che ha scoperto collega per
Limitless: “Sono stato cresciuto dai mie
genitori nel suo mito, ho visto tutti i
suoi film, lo ammiro a dismisura”. A tal
punto da fargli da assaggiatore
personale: “Era ossessionato dal
trovare la miglior mozzarella
(tormentone già per Manuale d’amore
3, NdR) di Philadelphia, e visto che è la
mia città ho dovuto scovargliela io,
provandone tre ogni giorno…”.
Non è una bufala, l’alchimia tra Bob e
Bradley esiste e si vede a tutto
schermo, complice quella pillola NZT
che, però, solo uno dei due – sì, Cooper
– riuscirà a fare propria, sintetizzandola
in testa: “Lui è il diavolo, ma alla fine
riesco a batterlo per furbizia e
intelligenza”. Badate bene, potrebbe
non essere (solo) una battuta diegetica:
cresciuto a pane ed Elephant Man
(bontà del papà irlandese), Cooper vede
in grande, e i prossimi progetti
confermano. Con Anne Hathaway, lo
attende David O. Russell, il regista di
The Fighter, per The Silver Linings
Playbook , e poi un altro scrittore – si
spera non dopato come quello di
Limitless – in The Words, al fianco di
Jeremy Irons.
%
Un tranquillo weekend di paura
Tornano i quattro amici di Una notte da leoni. E stavolta il fattaccio si
consuma in Thailandia
Un successo così non se l’aspettava
nessuno: oltre 100 milioni di dollari in
10 giorni. Neanche il regista Todd
Phillips, che l’anno scorso ci
raccontava: “Se anche negli altri
paesi il film incasserà penso proprio
che metteremo in cantiere una
seconda puntata”. Ed eccolo puntuale:
il 27 maggio arriverà nelle sale The
Hangover Part II, ossia Una notte da
Leoni 2, distribuzione Warner Bros.
Il meccanismo è lo stesso del
precedente, ma se nel primo la storia
si svolgeva a Las Vegas, stavolta
siamo in Thailandia. C’è sempre un
matrimonio in arrivo: quello di Stu (Ed
Helms), il più imbranato del gruppo,
professione dentista. Gli amici sono
ancora loro: oltre a Bradley Cooper,
l’esilarante Zach Galifianakis e Justin
Bartha. Nessuna follia in programma
eppure il giorno dopo una sorpresa:
qualcosa è successo. E non sono solo
i postumi di una sbronza colossale
(The Hangover, titolo originale),
soprattutto di una nottata di cui
nessuno conserva memoria.
Da segnalare la scimmietta, new
entry, che promette una performance
da Oscar.
(M.S.)
Il trio è tornato,
la sbornia è servita.
Sopra, con Abbie
Cornish in Limitless
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ANCORA ARMATI. ANCORA PERICOLOSI.
ANCORA SULLA CRESTA.
SUMMIT ENTERTAINMENT PRESENTA UNA PRODUZIONE DI BONAVENTURA PICTURES UN FILM DI ROBERT SCHWENTKE BRUCE WILLIS MORGAN FREEMAN JOHN MALKOVICH E HELEN MIRREN “RED”
KARL URBAN MARY-LOUISE PARKER BRIAN COX JULIAN MCMAHON CON RICHARD DREYFUSS CASTING DEBORAH AQUILA, C.S.A. E TRICIA WOOD, C.S.A.
MUSICHE CHRISTOPHE BECK SUPERVISORE MUSICALE JULIANNE JORDAN SUPERVISORE EFFETTI VISIVI JAMES MADIGAN COSTUMI SUSAN LYALL MONTAGGIO THOM NOBLE
SCENOGRAFIA ALEC HAMMOND DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA FLORIAN BALLHAUS PRODUTTORI ESECUTIVI GREGORY NOVECK JAKE MYERS PRODOTTO DA LORENZO DI BONAVENTURA MARK VAHRADIAN
TRATTO DA THE GRAPHIC NOVEL DI WARREN ELLIS E CULLY HAMNER SCENEGGIATURA JON HOEBER & ERICH HOEBER DIRETTO DA ROBERT SCHWENTKE
TRATTO DALL’OMONIMO FUMETTO PUBBLICATO IN ITALIA DALLA MAGIC PRESS EDIZIONI SRL
DALL’ 11 MAGGIO AL CINEMA
http://red.libero.it
personaggi
La piccola Kravitz sta
per esplodere sullo
schermo con X-Men:
l’inizio e Mad Max:
Fury Road. “Sono
diventata un’action
woman”, racconta.
“Ma nella vita mi
sento una mutante”
di Michela Greco
My name is
ZOE
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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personaggi
Una scena di XMen: l'inizio. Pagina
precedente: Zoe
Kravitz
“QUANDO ERO BAMBINA ero una nerd,
mi mascheravo e cantavo ‘Somewhere
over the Rainbow’ ai miei nonni. Sono
sempre stata un’intrattenitrice, al liceo
partecipavo ai musical e facevo teatro, poi
ho fatto l’Acting Conservatory e dopo poco
l’ho lasciato: avevo già un agente e facevo
dei provini”. Non stupisce che Zoe Kravitz
abbia lo spettacolo nel sangue, e anche
qualche porta aperta per mettere a frutto
il suo talento: figlia di tanto padre, Lenny
Kravitz, e tanta madre, Lisa Bonet, dai
genitori la ventiduenne newyorchese ha
ereditato una bellezza intrigante e
sensuale, ma anche la determinazione
giusta per seguire il suo sogno in barba a
pregiudizi e commenti malevoli. “Penso
che tante persone siano incuriosite da me
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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e dal mio ingresso nel mondo del cinema
e vogliano essere critiche, pronte a
verificare se ho talento o meno”. Ma la
piccola Kravitz sembra non
preoccuparsene più di tanto: quando ha
presentato in concorso un’opera prima
indipendente di cui è protagonista –
Yelling to the Sky di Victoria Mahoney, in
cui recita accanto a Gabourey “Precious”
Sidibe - ha chiacchierato con noi in
assoluto relax. Piedi scalzi, gambe
incrociate sulla sedia, t-shirt bianca. A
nemmeno vent’anni ha recitato al fianco
di Aaron Eckart e Catherine Zeta-Jones
in Sapori e dissapori, di Jodie Foster in
The Brave One, e di Kiefer Sutherland in
Twelve di Joel Schumacher. Piccoli ruoli,
certo, ma quanto basta per aprirle la
strada della Hollywood che conta, che ora
la aspetta al varco con due attesi
blockbuster d’azione: X-Men: L’inizio e
Mad Max: Fury Road. “Yelling to the Sky è
un film, diciamo, ‘low profile’ – dice - ma
penso che sarà importante per
dimostrare alle persone dell’industria
cosa sono capace di fare. X-Men lo sarà
altrettanto, perché lì ho la possibilità di
dimostrare un altro tipo di appeal”, dice.
E così Zoe si trasforma in un’Action
Woman, profilo che rischia di rimanerle
tatuato sulla pelle, ma anche di
consacrarla nello star system mondiale.
“Mad Max doveva essere fatto tanto
tempo fa, ma lo gireremo l’anno prossimo
in Australia; non sarà un remake, ma un
reboot, e nel cast ci saranno, tra gli altri,
“Il mio agente
ha dovuto insistere
per farmi fare i
provini: pensavo
non mi avrebbero
presa. Sono diversa
da come appaio”
Charlize Theron e Tom Hardy - racconta - .
Questo nuovo film avrà più azione degli
altri Mad Max: sono passati anni e ora
siamo capaci di fare cose più spettacolari,
cerchiamo di spingere i limiti più lontano.
Il mio provino è stato un workshop di
cinque ore, ho incontrato George Miller
diverse volte e ho avuto la parte un anno
fa, tanto che ho perso altre occasioni
perché dovevo girare Mad Max”. Intanto,
però, una pellicola che deve ancora girare
l’ha catapultata sul set di X Men: L’inizio:
Qui e in alto, Zoe Kravitz in Yelling to the Sky
“Penso che mi abbiano scelto perché ero
già sull’orizzonte dell’action movie grazie
a Mad Max. Sto diventando un’action
woman, ma è una dimensione che non
c’entra molto con quello che sono
davvero. Il mio agente ha dovuto insistere
per farmi fare questi provini: pensavo non
mi avrebbero mai presa perché non sono
così, e non pensavo di avere la minima
possibilità di avere nessuno dei due
ruoli”. In X-Men: L’inizio Zoe sarà Angel
Salvadore, “una mutante con le ali da
insetto, per sintetizzare: una bella e
cattiva”. Diretto da Matthew Vaughn, il
film ha nel cast James McAvoy, Michael
Fassbender e Jennifer Lawrence, nuova
stella del firmamento hollywoodiano
grazie all’exploit di Un gelido inverno, e
amica del cuore della “piccola” Kravitz:
“Mentre facevamo X-Men dovevamo fare
tanta palestra e seguire una dieta, cosa
che non abbiamo mai fatto prima, anzi
abbiamo sempre mangiato ciò che
volevamo. Eravamo insieme a Londra, ci
siamo ritrovate a mangiare tanta frutta e
a dirci che morivamo dalla voglia di
mangiare un hamburger e dei biscotti. E’
stato divertente rendersi conto insieme
che, cavolo, siamo diventate quel tipo di
attrici!”. Una vera mutante, insomma, che
passa dal dramma super-indie
minimalista diretto e interpretato da
(quasi) solo donne al filmone da major
tutto azione ed effetti visivi. Chissà cosa
ne pensano mamma e papà... “Loro in
qualche modo hanno ispirato le mie
scelte, ma non mi giudicano. Sono
entrambi artisti. Sono cresciuta in un
ambiente creativo, ma ho imparato a non
prendere mai nulla troppo sul serio”. %
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rivista del cinematografo
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anteprima
All’arrem
I PIRATI SBARCANO SULLA CROISETTE: AL COMANDO
JOHNNY “JACK SPARROW” DEPP, CON PENÉLOPE CRUZ
MISTERIOSA NEW ENTRY E ROB MARSHALL IN REGIA
DI VALENTINA NERI
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baggio!
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anteprima
E’ DAVVERO LUNGO e avventuroso il
viaggio dei pirati targati Disney. Doveva
essere una trilogia ed ecco arrivare nei
cinema - e in premiere a Cannes - il IV
capitolo mentre il produttore Jerry
Bruckheimer ha già annunciato che un
quinto episodio è in fase di sviluppo e
un sesto non è da escludere. Del resto i
numeri sono dalla parte del produttore:
la saga finora ha guadagnato nel
mondo la bellezza di 2 miliardi e 68
milioni di dollari, e ai profitti del box
office vanno aggiunti quelli del
merchandising, ovvero 1,6 miliardi di
dollari. Lunga vita dunque al Capitano
Jack Sparrow che con la faccia di
Johnny Depp e le movenze di Keith
Richards, non può far a meno di
conquistare l’audience di tutto il
mondo. E il cuore di qualche fanciulla.
Ovviamente, non di una qualunque,
vista la presenza in questo episodio
della fascinosa Penélope Cruz, felice
neo mamma (ha da poco avuto un
bimbo col collega Javier Bardem) e
stella a tutto tondo di Hollywood da
quando ha il suo nome sulla Walk of
Fame. Ma andiamo con ordine: dopo La
maledizione della prima luna (2003), La
maledizione del forziere fantasma
(2006), Ai confini del mondo (2007),
esce ora Oltre i confini del mare. Scritto
ancora una volta dal duo Ted Elliott e
Terry Rossio, affiancati da Stuart
Beattie e Jay Wolpert, il film s’ispira al
Johnny Depp
e Penélope Cruz.
Sopra Geoffrey
Rush, è Barbossa
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rivista del cinematografo
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Italia chiama
Imax
libro per ragazzi “Mari stregati” di Tim
Powers, che vede al centro della
vicenda un periglioso viaggio alla
ricerca della Fonte della giovinezza.
Molto popolare nel mondo
anglosassone, il romanzo di Powers è
stato opzionato dalla Disney nel 2007,
subito dopo che la compagnia aveva
ricevuto la disponibilità di Depp a
tornare nei panni di Capitan Sparrow.
L’attore infatti è l’unico del vecchio trio
di protagonisti, formato da lui, Orlando
Bloom (Will Turner) e Keira Knightley
E’ un’inaugurazione col botto
quella del formato Imax in Italia
fissata per il 18 maggio con
l’uscita di Pirati dei caraibi: Oltre i
confini del mare.
Gli spettatori della sala UCI
Cinemas di Pioltello (Milano)
potranno gustare le avventure di
Capitan Sparrow nella prima sala
digitale Imax nostrana, istallata
grazie alla joint venture siglata tra
IMAX Corporation e il Gruppo
Odeon & UCI, nel 2010.
Un’esperienza unica, registrata
sotto il marchio The IMAX
Experience, che scaturisce dalla
combinazione di immagini dotate
di una risoluzione e una nitidezza
senza precedenti, date dall’utilizzo
di due proiettori digitali, e da un
impianto surround digitale ad
allineamento laser. A rendere
ancora più particolare la visione
c’è poi la conformazione speciale
della sala: progettata per
abbracciare tutto il campo visivo
dello spettatore con uno schermo
più grande e curvo.
(Elizabeth Swann) ad aver voluto dare
un seguito alla storia.
Anche il regista dei primi tre capitoli,
La sala UCI
Cinemas di Pioltello
(MI), prima IMAX in
Italia. In basso
Astrid BergesFrisbey, Depp e
Bruckheimer
Gore Verbinski, ha lasciato la saga,
passando il testimone a Rob Marshall,
noto più come autore di film musical
come Chicago e Nine, che non di
avventura. Ma come lui stesso ha avuto
modo di dichiarare, “in fondo non c’è
molta differenza tra un duello piratesco
e un balletto: in entrambi c’è bisogno di
qualcuno che inventi passi e
movimenti”. In Oltre i confini del mare
Jack Sparrow si lancerà alla ricerca
della Fonte della giovinezza ma non da
solo: con lui il coprotagonista Barbossa,
al secolo Geoffrey Rush, e Angelica
(Penélope Cruz), focosa donna latina
che torna dal suo passato e vanta natali
prestigiosi in ambito piratesco perché
figlia del temibile Barbanera (Ian
McShane). Cosa vorrà veramente da
Sparrow, se sia amore o la strada
spianata verso la Fonte, al momento
nessuno sa dirlo. Quello che la
produzione ha lasciato trapelare è che
la struttura del film sarà divisa in tre
parti principali con le ambientazioni a
fare da spartiacque.
La prima sezione si svolgerà nella
Londra del XVIII secolo perfettamente
ricostruita, la seconda, che pare
ricorderà molto il primo episodio della
saga, vedrà il nostro eroe Jack in mare
aperto, mentre la terza ci porterà nella
giungla… tra le braccia degli zombie!
Dettaglio non secondario, quello degli
ambienti, considerato che questo ì
capitolo è anche il primo dei Pirati dei
caraibi ad essere girato in 3D. Il
formato stereoscopico ultimamente
non ha dato grandi soddisfazioni agli
spettatori neanche con film attesissimi
come Alice in Wonderland, peraltro
sempre un titolo Disney: si spera che
stavolta l’istrionico Depp armato di
spada e 3D buchi lo schermo come non
mai.
%
Jerry Bruckheimer ha annunciato che
è in sviluppo un quinto episodio e che il
sesto non è da escludere
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FOTO: PIETRO COCCIA
intervista
Voglia
d’autore
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“Sorrentino mi chiamerà”, promette Carolina
Crescentini. Nel frattempo, si riscopre innamorata
di Giuliano Montaldo
di Federico Pontiggia
PER I “GENERAZIONALI” era il sogno di Notte prima
degli esami, per i “borisiani” è la Cagna maledetta,
per il cinema italiano una certezza: Carolina
Crescentini. Bella e bionda, ma con “le occhiaie e un
destino da stro...”, si confessa a tutto campo: dal nudo a Sorrentino, fino al “grande amore” Montaldo.
Carolina, per fare la Cagna ci vuole coraggio.
O devi essere pazza. La cagna imposta è nel linguaggio degli attori, già la conosci: dal 2005, Corinna è una
mia grande amica, ma rappresenta una mentalità
terribile e diffusa.
Perché?
Negli ultimi 20 anni, nell’ambiente dello spettacolo
sono entrati tanti non professionisti: non so fare niente, ma sono videogenico. I famosi 15 minuti di popolarità hanno creato dei mestieri: prima c’erano attori
più o meno bravi e aspiranti con qualche possibilità,
ora si sono aggiunti i senza competenza.
Qual è il rimedio?
Il primo ad arrabbiarsi dovrebbe essere il pubblico:
gli stanno mancando di rispetto. Entrando in sala si
sceglie: se un personaggio popola gli schermi è perché il pubblico ne è incuriosito, i produttori fanno ragionamenti da slot-machine. Ma lo star-system non
esiste più: provare a fare i divi non ha senso e infatti
io faccio Corinna. Oggi un attore può essere ornamentale per la scenografia: comici a parte, non abbiamo alcun tipo di peso.
Appunto, i comici.
Fino a due anni fa, era loro la croce: “Lui è un comico, non può”. Un gioco strano, in Italia andiamo a
mode, cicli: io ho fatto i generazionali, ora tocca ai
comici. Non voglio fare la commedia a tutti i costi,
ma quella intelligente: sono comica di mio, ma finora
ho fatto solo Corinna.
Risate a parte, dove ti ritroveremo?
Nel film-tv di Marco Pontecorvo, Il segreto del web:
interpreto una webcam-girl che diventa escort, do-
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rivista del cinematografo
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intervista
vrebbe andare in autunno su RaiUno.
Ho avuto un rapporto conflittuale col
personaggio: non ne sapevo abbastanza, ho visto, letto e mi ha preso un senso di squallore totale. Ho fatto qualunque cosa: barista, gelataia, ma non m’è
mai venuto in mente di pagarmi l’affitto
con strip sul web.
Ti sei spogliata?
Ero molto imbarazzata. Se fai una scena
di passione è più facile: c’è un altro, un
minimo scarichi. Il nudo non mi spaventa,
ma qui mi sentivo merce. E’ un mercato
incredibile: noi siamo delle fragole per degli uomini assorbiti dal lavoro - dicono
queste ragazze - a cui diamo un’ora della
nostra vita perché si sentano amati. Ma se
c’è uno schermo, un filtro: che amore è?
Oltre alla webcam c’è di più: la macchina
da presa.
Mi piace tanto lavorare, è una droga: è
uno strambo gioco tra te, l’attore e la camera. Ed è lei l’amante.
Chi ti piace tra le colleghe?
La Golino, Licia Maglietta, la Ramazzotti.
E Julianne Moore, una signora attrice che
può fare film drammatici e Boogie Nights
con la stessa forza.
E Laura Chiatti? Ha lavorato con Sorrentino.
Chiedilo a lui... Avevamo fatto due proposte diverse di personaggi (per L’amico di
famiglia, NdR), ha scelto quello più in linea con quanto aveva immaginato. Ma voglio fare l’attrice per l’intera vita, non ho
fretta di spararmi tutte le cartucce: voglio
lavorare con Sorrentino perché lo stimo
molto, lo vado a vedere e lo rivedo.
Nel frattempo, Ti amo troppo per dirtelo
di Marco Ponti.
Il classico triangolo e io sono la stro...: mi
vedono così, non si sa perché, avendo una
“Lo star system non esiste più: fare la
primadonna non ha senso, io infatti
gioco con Corinna, la Cagna maledetta”
vita tanto sobria. Saranno le occhiaie?
E poi, sempre a Torino, L’industriale.
Montaldo è il mio primo grande amore (I
Demoni di San Pietroburgo, NdR).
Interpreto la moglie di un industriale in
crisi e, finite le riprese, ho sentito una
privazione sconvolgente: non volevo abbandonarla, nonostante non mi assomigliasse.
Il merito?
Del regista più giovane con cui abbia mai
lavorato: Montaldo è una rockstar, il divo
del set.
Infine, Davide Marengo: Breve storia di
lunghi tradimenti.
Un thriller grottesco, che ruota intorno
allo sfruttamento di un giacimento di litio
in Colombia, con Maya Sansa, Caprino,
Pannofino e Fantastichini. Io sono l’ad di
una banca d’affari internazionale.
E?
Sì, è un’altra stro...
%
Qui e sopra in Boris Il film; a lato, con Marchioni in 20 sigarette; pagina
precedente, Carolina Crescentini è la Cagna maledetta
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rivista del cinematografo
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11 MAGGIO 2011
VAI SU WWW.BEASTLY-ILFILM.COM E VINCI FANTASTICI PREMI
INFO E REGOLAMENTI INTEGRALI DISPONIBILI SUL SITO
sulla croisette
Selezione corazzata. Divi di ogni grandezza e omaggi
imperdibili: la strategia vincente di Thierry Fremaux
di Marina Sanna
Cannes
senza
frontiere
Sean Penn in
Tree of Life di
Terrence Malick
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rivista del cinematografo
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maggio 2011
rivista del cinematografo
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sulla croisette
BISOGNA RICONOSCERLO: Cannes
pensa in grande. Non è solo una
questione di titoli e di budget (per
quanto 20 milioni di euro siano circa il
doppio di quello di Venezia), è la visione
di insieme che suscita ammirazione e
un po’ di invidia. La strategia di
calibrare l’attenzione su eventi diversi,
senza indebolire lo spirito del festival,
la qualità delle selezione. Ed ecco che
la Palma alla carriera a Bernardo
Bertolucci e la festa per Jean-Paul
Belmondo possono convivere con la
quarta puntata dei Pirati dei Caraibi in
3D e la lista di pesi massimi in
cartellone. Woody Allen in apertura
(Midnight in Paris) con la moglie del
presidente Carla Bruni, e in ordine
sparso: Johnny Depp, Penelope Cruz,
Brad Pitt, Sean Penn, Jodie Foster, Mel
Gibson, Charlotte Rampling e Robert
De Niro con la sua giuria di pezzi grossi.
Almeno 10 big in concorso: dalla
sorpresa Almodóvar (La piel que
habito) al fantascientifico Lars von Trier
(Melancholia) ai fratelli Dardenne (Le
Sean Penn in This
Must Be the Place,
sopra una scena di Le
gamin au velo
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rivista del cinematografo
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gamin au velo), Nanni Moretti
(Habemus Papam), Alain Cavalier
(Pater), Aki Kaurismaki (Le Havre),
Radu Mihaileanu (La source des
femmes) e Takashi Miike (Ichimei).
Esordienti e storie che faranno
scalpore: l’erotico La bella
addormentata di Julia Leigh e We Need
to Talk About Kevin di Lynne Ramsay.
Dal libro omonimo, lettera aperta di
una madre straziata dalle mostruosità
commesse dal figlio. Gus Van Sant
(Restless), Robert Guédiguain (Les
neiges du Kilimandjaro) e Kim Ki-duk
(Arirang) nella sezione parallela Un
Certain Regard. E Terrence Malick,
ovviamente. In competizione con Tree
of Life, uno dei film più attesi degli
We Need to Talk About Kevin di Lynne
Ramsay: lettera aperta di una
madre straziata dai crimini del figlio
Banderas nella Piel que
habito, sotto Kirsten
Dunst in Melancholia e
Carla Bruni guest star di
Midnight in Paris
In corsa per
un premio
Da Nuri Bilge Ceylan a Lars von
Trier e Almodóvar: posti in piedi
per la Palma
ultimi anni al di là di ogni immaginabile
risultato. Se il quinto lavoro di Malick è
l’evento annunciato, non c’è dubbio che
la star di Cannes 2011 sia Sean Penn. In
una duplice prova di attore, accanto a
Pitt in Tree of Life e protagonista
assoluto di This Must Be the Place di
Paolo Sorrentino. Due opere
difficilmente accostabili, se non per la
ricerca condivisa di inedite soluzioni
formali, che nel caso specifico hanno
come trait d’union, oltre allo stesso
Penn, anche uno spunto narrativo:
l’elaborazione del rapporto padre-figlio.
Propedeutico per l’indagine
filosofico-mistica di Malick, che esplora
le fasi della vita: infanzia, adolescenza e
maturità a cui fanno da
contraltare innocenza, disincanto e
consapevolezza. Pilastro
drammaturgico per Sorrentino: qui
Sean Penn è l’asso nella manica, il
personaggio con la storia sulle spalle,
nelle vesti dark di Cheyenne, ex rock
star degli anni ottanta in declino, simile
come una goccia d’acqua a Robert
Smith, il leader dei Cure. Che ha
raggiunto la fama ed è diventato un
rottame in attesa di uno scopo, la villa
dove vive con la moglie Jane (Frances
McDormand) richiama i fasti precedenti
e la desolazione di oggi, l’enorme
piscina senza acqua trasformata in un
campo personale di squash. La notizia
dell’agonia paterna, lo porta da Dublino
a New York e New Mexico, per scovare,
tra inerzia e vendetta, il criminale
nazista che ha torturato e umiliato il
padre. Coraggioso e speriamo
all’altezza delle aspettative, Sorrentino
è una delle scommesse della 64ma
edizione, mai come quest’anno tanto
azzeccata.
Per essere un buon direttore di festival,
ci aveva detto Thierry Fremaux in
un’intervista esclusiva, bisogna
conoscere il cinema ed essere aperti al
mondo e alla gente. Saper stare al
vertice di un’equipe e avere coraggio
politico. Essere diplomatici e
dimenticare a volte di avere una vita
privata. Flessibilità, abnegazione e
lungimiranza: le parole chiave di una
dirigenza illuminata.
%
CONCORSO
Pedro Almodóvar La piel que habito
Bertrand Bonello L’apollonide souvenirs de la maison close
Alain Cavalier Pater
Joseph Cedar Hearat Shulayim
Nuri Bilge Ceylan Bir zamanlar
Anadolu’da
Jean-Pierre et Luc Dardenne Le gamin
au vélo
Aki Kaurismäki Le Havre
Naomi Kawase Hanezu no tsuki
Julia Leigh Sleeping Beauty
Maïwenn Polisse
Terrence Malick Tree of Life
Radu Mihaileanu La source des femmes
Takashi Miike Ichimei
Nanni Moretti Habemus Papam
Lynne Ramsay We Need to Talk About
Kevin
Markus Schleinzer Michael
Paolo Sorrentino This Must Be the Place
Lars von Trier Melancholia
Nicolas Winding Refn Drive
UN CERTAIN REGARD
Gus Van Sant Restless
Bakur Bakuradze The Hunter
Andreas Dresen Halt auf freier strecke
Bruno Dumont Hors satan
Sean Durkin Martha Marcy May Marlene
Robert Guédiguian Les neiges du
Kilimandjaro
Oliver Hermanus Skoonheid
Hong Sangsoo The Day He Arrives
Cristián Jiménez Bonsái
Eric Khoo Tatsumi
Kim Ki-duk Arirang
Nadine Labaki Et maintenant on va ou?
Catalin Mitulescu Loverboy
Na Hong-jin Yellow Sea
Gerardo Naranjo Miss Bala
Juliana Rojas, Marco Dutra Trabalhar
cansa
Pierre Schoeller L’exercice de l’etat
Ivan Sen Toomelah
Joachim Trier Oslo, August 31st
maggio 2011
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
39
sulla croisette
Alle origini della vita con Tree of
Life. Filosofia ed etica del regista più
misterioso dei nostri tempi
di Alberto Barbera
Inside
IN UN FESTIVAL di Cannes che si
annuncia particolarmente ricco di
grandi autori e prodigo di opere molto
più che promettenti, il primato del film
più atteso va senz’altro a Tree of Life di
Terrence Malick. Non tanto per la
consueta gestazione lunga e laboriosa,
alla quale siamo nel caso suo in
40
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
qualche modo abituati. E non solo
perché - dopo la sorprendente assenza
dalla Croisette dello scorso anno, dove i
più lo davano per certo – ne avevamo
sospirato e previsto più volte l’epifania,
a ogni successivo appuntamento
festivaliero di un certo rilievo (Venezia,
Berlino). Il vero motivo della nostra
comprensibile impazienza va piuttosto
ricercato nel fatto che Malick è, tra i
registi in attività, un cineasta immenso,
da pochi eguagliato in grandezza e
peculiarità. Ciascuno dei suoi film
rappresenta un limite estremo per il
genere al quale rinvia, ogni volta
travalicato in virtù di un approccio
Malick
radicalmente innovatore e di un punto
di vista profondamente originale. Il suo
primo film, Badlands (in italiano, La
rabbia giovane, del 1974), è
un’insuperata riflessione sul disagio
giovanile e il volto oscuro del sogno
americano, un road movie talmente
singolare da far sembrare gli altri film
‘di strada’ banali resoconti di vacanze
piccolo-borghesi in cerca di evasione
dalla noia quotidiana. Di quattro anni
successivo, I giorni del cielo è un
insolito melodramma rurale
ambientato nei primi anni del ‘900, che
non mancò di suscitare riserve per una
pretesa subordinazione delle emozioni
alla dittatura di una fotografia sontuosa
(in 70mm) che il geniale Nestor
Almendros caricò di preziose valenze
pittoriche. La sottile linea rossa realizzato vent’anni dopo il suo secondo
film: un interminabile buco nero nella
vita e nella carriera del cineasta che
rimane tuttora un mistero irrisolto,
maggio 2011
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
41
sulla croisette
dal comune di un cineasta irriducibile ad
ogni schematica classificazione. Si
potrebbe dire, come in alcuni casi è stato
fatto, che nessun film di Malick è
“perfetto”, ammesso che
quest’affermazione abbia un significato al
di là del rimando a una compiutezza
formale classica alla quale evidentemente
il regista non ha mai aspirato. Nessuno
dei suoi film fa eccezione a questa regola
di apparente incompiutezza. Chi ne
lamenta le manchevolezze sembra non
aver capito, in sostanza, che l’impeto
lirico e la ricerca assoluta del sublime e
del mai visto – caratteristiche
fondamentali dell’inesausta aspirazione
dell’autore – finiscono ogni volta per
travalicare i valori puramente visivi delle
straordinarie inquadrature malickiane
nonostante si abbiano notizie della
sua attività di sceneggiatore e
produttore, che non ci dicono nulla delle
autentiche ragioni di un incomprensibile
silenzio autoimposto - è il film di guerra
insieme più realistico e onirico al tempo
stesso che sia mai stato realizzato, in
assoluto uno dei più grandi film di un
genere che pure conta nelle sue file
alcuni autentici capolavori come
Apocalypse Now, Il cacciatore, Obiettivo
Burma e (più di recente) il dittico
eastwoodiano dedicato alla battaglia di
Iwo Jima.
L’ultimo film di Malick, infine, è The New
World - Il nuovo mondo (2006), forse la più
visionaria e sconcertante riflessione
storica sulla nascita della civiltà
americana, che conferma il talento fuori
Sean Penn. Sopra e a
sinistra Jessica
Chastain con Brad Pitt
in Tree of Life
Ben Affleck e Rachel
McAdams nel prossimo
film di Malick, ancora
senza titolo
42
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
per incarnarsi in una trasfigurazione
fantastica e mitologica del reale dove la
natura, solitamente relegata a ruolo di
semplice sfondo sul quale si muovono i
personaggi dei film americani, è invece
protagonista assoluta. Del nuovo film,
poco o nulla sinora è trapelato. Le poche,
straordinarie immagini circolate su
internet lasciano presagire un nuovo
traguardo nella ricerca di un’intensità
visiva senza precedenti. Così come i
rarissimi commenti filtrati fanno
intendere che Malick si sia spinto molto
di là dalla frontiera che separa il cinema
narrativo da qualcos’altro che forse non
esiste ancora. Per esplorare (si ipotizza)
gli inediti territori, dove la riflessione
filosofica sull’origine e il mistero
dell’esistenza non si era ancora mai
spinta. Non al cinema, perlomeno.
%
NICOLA GIULIANO
FRANCESCA CIMA
PRESENTANO
UN FILM DI
MASSIMO COPPOLA
CON
ALEXANDRA PIRICI
ERICA FONTANA
ANTONELLA ATTILI ALFIO SORBELLO
MANRICO GAMMAROTA LIA BUGNAR
ANDRA BOLEA CON MARCELLO MAZZARELLA
E CON ANGELA GOODWIN
BARBARA BRACONI AIUTO REGIA BERENICE SIMONA VIGNOLI
GENNARO FORMISANO MONTAGGIO DEL SUONO RICCARDO SPAGNOL
EMANUELE CECERE (AITS) COSTUMI ROBERTA NICODEMO
SCENOGRAFIA PAOLO BONFINI MONTAGGIO CRISTIANO TRAVAGLIOLI
FOTOGRAFIA DARIA D’ANTONIO PRODUTTORE ESECUTIVO VIOLA PRESTIERI
PRODUTTORE ASSOCIATO CARLOTTA CALORI FILM RICONOSCIUTO DI INTERESSE CULTURALE CON SOSTEGNO DEL
MINISTERO PER BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI - DIREZIONE GENERALE PER IL CINEMA
REALIZZATO ANCHE GRAZIE ALL’UTILIZZO DEL CREDITO DI IMPOSTA PREVISTO DALLA LEGGE 24 DICEMBRE 2007, N° 244
REALIZZATO CON IL SOSTEGNO DEL PROGRAMMA MEDIA DELL’UNIONE EUROPEA
UNA PRODUZIONE INDIGO FILM IN ASSOCIAZIONE CON MTV ITALIA
IN COLLABORAZIONE CON BIM DISTRIBUZIONE
UN FILM PRODOTTO DA NICOLA GIULIANO FRANCESCA CIMA
SCRITTO E DIRETTO DA MASSIMO COPPOLA
CASTING
ORGANIZZATORE
SUONO IN PRESA DIRETTA
www.indigofilm.it
www.bimfilm.com www.facebook.com/bimfilm
DAL 6 MAGGIO AL CINEMA
sulla croisette
Magnifica
ossessione
A Bertolucci la Palma d’Oro alla carriera del
Festival. Dopo Cannes in retrospettiva a Pesaro,
attendendo le riprese di Io e te in 3D
di Luca Pellegrini
LA NUOVA “PALMA D’ORO D’ONORE”
a Cannes gli viene consegnata per una
magnifica ossessione. Si chiama
cinema. Ha soppiantato, fin dai primi
anni, la poesia che è rimasta nelle
mani del padre Attilio, ma ne ha
permeato la tecnica: “Montare
inquadrature in sequenza è come
infilare parole in un verso”. Il grande
cinema di Bernardo Bertolucci - tra
immagini e parole - ha svelato molto di
questi suoi settant’anni di vita, un gioco
dell’inconscio teorizzato a partire dalla
Strategia del ragno. Piuttosto riottoso
nel parlare di sé agli altri, ha deciso molto scettico all’inizio, molto felice poi
- di raccogliere i suoi scritti
cinematografici grazie alla pazienza e
alla perseveranza di Piero Spila e Fabio
Francione (La mia magnifica
ossessione. Scritti, ricordi, interventi,
Garzanti, 296 pagine ricchissime, cui fa
da agile compendio il volumetto La
certezza e il dubbio a cura di Fabien S.
Gerard, ed. Cinemazero).
E’ l’anno, senza dubbio, di Bertolucci.
Anche lui, come Kit all’inizio del Tè nel
deserto, “a metà” tra l’essere turista e
viaggiatore, ossia sempre in dubbio se
proseguire o tornare a casa.
sulla croisette
Dopo l’omaggio di Cannes affollato di
mondanità internazionale, ne troverà,
infatti, un secondo, più riflessivo, al
Festival di Pesaro nel mese di giugno,
con una retrospettiva completa. Anno
partito con l’annuncio del nuovo film (in
3D!) tratto dal romanzo breve di
Ammanniti Io e te, nuova e perfetta
ossessione, cupa e claustrofobica.
Bertolucci, come se lui chiedesse lo
sforzo, doveroso e faticoso, di espellere
dopo una rivoluzione, un tango
francese, un’epopea italiana o cinese,
un tè sulle dune, una tragedia paterna,
un assedio in metafora o una fugace
illusione giovanile, tutti i veleni instillati
dalla borghesia, dalle privazioni, dalle
differenze, dai privilegi obsoleti e
Pochi autori sono stati così legati al
proprio cuore, al sangue che pulsa. In
lui c’è una totale sincerità
Dovremmo ora forse parlare dei
progetti che aspettano ancora di essere
realizzati? Del “Gesualdo da Venosa”,
che sta a Bertolucci come il mitico “San
Francesco” sta a Antonioni? A proposito
del quale - “autore diverso e grande”,
come lui lo ricorda - mostra
ammirazione soprattutto per la messa
a fuoco sul non detto e il non
raccontato, che diventa con L’Avventura
una specie di “intossicazione”. Ma lo
spettatore ha ricevuto la stessa,
catartica sorte, anche da parte di
sfacciati, dalle convenzioni bigotte,
dagli ideali scadenti, dai sentimenti
repressi, dai tradimenti della storia e
delle persone e delle ideologie, e
diventare - perdonerà il termine migliori.
Per questo Bertolucci è, nel suo
pensiero e nel suo cinema, piena
espressione del Novecento (ben al di là
e oltre l’omonimo film) e ancora una
formidabile, potenziale espressione del
Millennio nuovo, quando deciderà di
averne captato tutti gli umori e i
dissapori.
Ha un cuore, confessa il regista, che nel
suo ritmo gli condiziona le scelte. Ed è
vero. Pochi autori sono stati così legati
al proprio cuore, al sangue che pulsa,
che assicura la vita, anche nella sua
fisicità, nei suoi impulsi primari, nella
sua torbidezza e nella sua lucentezza.
In lui troverete sempre una totale
sincerità - che non è mistica, retorica,
finzione, mezzo - ma forza morale. Con
questa combatte il mondo amorale in
cui siamo tutti costretti a vivere.
Oltre questo mondo fisico, si spalanca
l’inconscio. Che prende il tono del
melodramma nella Luna, dove musica
possibile e desiderio impossibile
sfociano, oltre La forza del destino (o
dell’inconscio, per lui) di Verdi,
nell’amara constatazione mozartiana apice del film: Così fan tutte.
Bertolucci con
Thandie Newton e
David Thewlis sul
set di L’assedio
John Malkovich e Debra Winger nel Tè nel
deserto. Accanto Peter O’Toole in L’ultimo
imperatore; sopra Claudio Santamaria nell’Assedio
e una scena corale di Io ballo da sola
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
Dinnanzi alla planetaria consacrazione
avvenuta con L’ultimo imperatore (ma è
stata incoronazione più americana che
europea) e ai suoi set così imponenti e
assediati da attori, comparse, tecnici e
amici, è un altro Assedio, minuscolo e
romano, quello che svela il vero sorriso
di Bernardo: un pianoforte venduto per
una notte d’amore. La certezza della
musica (ancora) contro l’incertezza di
una donna. E del mondo che lo
circonda.
%
FILMS PRODUCTIONS SA
sulla croisette
Blue Gipsy, episodio del
collettivo All the Invisible
Children. Accanto Emir
Kusturica, nella pagina che
segue Faye Dunaway e
Johnny Depp in Arizona
Dream
A tu per tu con il presidente
di giuria di Un Certain
Regard. Tra ricordi, politica
e tanti film
di Steve Della Casa
In viaggio con
Kusturica
“DOVE SONO IN QUESTA STORIA è un
racconto in parte autobiografico e in
parte immaginario. Sono angosciato dal
pensiero di quando non ci sarò più e la
memoria di quello che ho fatto andrà
persa per sempre o reinterpretata da
persone che non mi hanno mai
conosciuto bene. I fatti della mia vita
saranno interpretati da altre persone,
che aggiungeranno i loro pensieri, le
loro fantasie. Così ho pensato che forse
era meglio se le fantasie erano le mie.
Io non amo la narrazione realista,
quella la fanno gli storici e io non sono
uno storico. Se devo raccontare la
storia di me stesso, sono più importanti
le emozioni che ho vissuto rispetto ai
fatti nudi e crudi”.
A parlare è Emir Kusturica, il regista
che ha vinto innumerevoli premi e oggi
è presidente di giuria di Un Certain
Regard a Cannes e da tempo è stato
48
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
“Mi angoscia il
pensiero di quando
non ci sarò più e
andrà persa la
memoria di ciò che
ho fatto”
soprannominato “il Fellini serbo”. Ma il
paese della sua infanzia ricorda assai
poco la Rimini di Fellini. C’è un clima
diverso, al confine tra sogno e
incubo…“Certo il mio paese aveva un
modo di vivere molto diverso da quello
della Romagna a cavallo della guerra.
Noi amiamo molto gli scherzi e i giochi,
e nel romanzo che ho appena scritto
(Dove sono in questa storia, ndr) ne
racconto un po’. Ma vivevamo in un
regime, che non era paragonabile a
quelli del patto di Varsavia (infatti Tito
entrò ben presto in conflitto con l’URSS)
ma era pur sempre un regime. Mio
padre, che era stato partigiano, non
perdeva occasione per criticare Tito,
guadagnandosi i rimbrotti di mia
madre. Io capivo che c’era una
situazione difficile. Giocavo come tutti
gli altri bambini, ma il senso di un
profondo disagio mi accompagna già
dai primi anni di vita”.
Nella tua infanzia c’è anche molto
cinema…
Tanto, tanto cinema. Le case del popolo
proiettavano molto spesso film italiani,
maggio 2011
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
49
sulla croisette
per quelli americani bisognava invece
andare nei cinema in centro città.
I miei primi ricordi riguardano Le fatiche
di Ercole con Steve Reeves. Dopo averlo
visto, per più di un anno con i miei amici
abbiamo giocato a legarci i polsi con
delle corde per poi distruggere le
colonne del tempio. Mi piaceva
l’immediatezza di quelle storie così
manichee: i buoni erano molto buoni, i
cattivi davvero cattivi. Non ho mai trovato
un altro cinema nel quale i valori fossero
così evidenti. Adesso li chiamano film
trash: non mi stupisce, hanno detto lo
stesso anche di alcune situazioni dei miei
film. Per quanto riguarda i film
americani i miei preferiti erano le
commedie e l’attore preferito Cary Grant.
Quelli erano film che si vedevano anche
con le ragazze. Gli Ercole e i western
invece si guardavano con una compagnia
maschile. La lotta dei sessi passa anche
attraverso le prime scelte di film.
Anche se vivevi al di là della cortina di
ferro c’è nel tuo DNA un altro
elemento oltre al cinema che ti
accomuna con i tuoi coetanei
occidentali. La passione per i viaggi.
Ne racconti molti, e quando inizi a
parlare di viaggi sembra anche
cambiare la persona che li racconta…
I viaggi sono fondamentali se sai dove
andare e soprattutto se sai dove tornare.
Per me il viaggio è molto affascinante
ma deve avere un inizio e una fine. Poi
può succedere di tutto, puoi cambiare
tu, possono mutare le persone di fronte
a te. Ma è sempre bene avere un tuo
posto, una base. A causa dei viaggi ho
anche dovuto fare delle scelte. Quando
ero in Germania a studiare cinema ho
dovuto scegliere tra vedere in Germania
Amarcord di Fellini (che non avevo mai
visto) e tornare a casa per vedere una
ragazza che mi interessava. Sono
andato a casa, scoprendo poi che lei non
poteva vedermi per questioni familiari.
Sono allora tornato in Germania e ho
scoperto che quindici giorni dopo
avrebbero riproiettato il film. Era
proprio il fine settimana in cui quella
ragazza mi aveva dato appuntamento.
Scelsi di nuovo di andare da lei e di non
vedere il film. Quando arrivai ci
salutammo e lei mi disse: ho appena
visto un film stupendo di Fellini, si
intitola Amarcord. Tu che ti occupi di
cinema lo conosci sicuramente, vero?
Capii che dovevo mentire. E anche che
quella donna sarebbe diventata mia
moglie.
Nel libro parli anche senza peli sulla
lingua delle polemiche che hanno
accompagnato alcune tue prese di
posizione sulla politica nel tuo paese.
Sei stato accusato di essere
nazionalista…
Il mio paese ha conosciuto guerre e
bombardamenti che dovevano essere
umanitari ma che sinceramente non mi
sembra lo siano stati. Io mi considero
un anarchico al quale non è estraneo il
concetto di patria intesa come
appartenenza. Lo so che è un ossimoro.
Ma la cosa bella della vita sono proprio
gli ossimori.
%
Robert De Niro,
presidente di giuria
della 64ma edizione
del Festival di
Cannes
Nel segno
Robert De Niro e Kusturica:
NELLE PASSATE 63 EDIZIONI il festival
di Cannes ne ha visti di tutti i tipi:
intransigenti, originali, trasgressivi,
accomodanti, presuntuosi, isterici,
disponibili, sorridenti, burberi. Non c’è
stato presidente di giuria che non si sia
fatto ricordare per un lato del carattere
oltre che per la caratura artistica. Di
solito le personalità con la P maiuscola
sono a capo della giuria del concorso,
ma quest’anno i mattatori sono due: re
della sezione ufficiale è Robert De Niro,
mentre capitano incontrastato del
Certain Regard l’effervescente Emir
Kusturica. Un’accoppiata da ricordare.
Se infatti uno è attore straordinario con
all’attivo due Oscar, regista di innegabile
professionalità, produttore accorto,
inventore e animatore del Tribeca, l’altro
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
del potere
un’accoppiata indelebile
di Angela Prudenzi
gli rende la pariglia in qualità di regista
pluripremiato, attore occasionale,
produttore, musicista e pure lui direttore
del festival di Kustendorf. Ma le analogie
finiscono qua, perché almeno
all’apparenza i due sembrano avere
caratteri assai diversi. De Niro è uomo di
poche parole, laconico nelle occasioni
pubbliche e di lavoro. Inoltre è schivo, e
non ama avere addosso gli sguardi degli
altri, nemmeno quelli dei colleghi sui set.
A maggio, invece, gli occhi di tutto il
mondo saranno puntati su di lui e sarà
improbabile che possa sottrarsi ai riti
mondani e ai bagni di folla. Idiosincrasie
personali a parte, non è peregrino
chiedersi che tipo di presidente sarà.
Perfezionista di sicuro, e c’è da
scommettere che ai giurati chiederà il
massimo. Autoritario? Più che credibile.
Del resto è uno abituato a fidarsi molto
delle proprie capacità. E chi non lo
farebbe dopo aver lavorato in ben otto
film al fianco di Martin Scorsese, uno che
quanto a mania di perfezione non lo batte
nessuno e che pure lo ha sempre
lasciato libero di costruire i personaggi.
L’altro, Kusturica, ha fama di irrequieto,
amante delle feste e impermeabile a
qualsivoglia imbrigliamento.
Sicuramente dotato della giusta
personalità per segnalare le opere più
inventive e fuori dagli schemi della
sezione Un Certain Regard. La sua linea
potrebbe essere una: astenersi giurati
amanti del cinema tradizionale.
Due uomini di cultura non meno che di
polso, abituati ad assumere su di sé il
peso delle scelte. Naturale che
individualità e carisma li portino a far
sentire con forza la propria voce, così
come le esperienze professionali faranno
loro avere una risposta pronta per ogni
obiezione. Da sceneggiatori e registi
sapranno analizzare ogni piega delle
singole opere; da produttori non si
troveranno in difficoltà a calibrare il
giudizio in rapporto al budget; da
curatori di festival non dimenticheranno
le differenze di background tra un
lungometraggio americano e uno
messicano. Insomma, De Niro e
Kusturica si presentano sulla Croisette
come presidenti in grado di lasciare il
segno. Se in positivo o in negativo lo
sapremo solo il 22 maggio. Per il
momento, prepariamoci alle sorprese.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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sulla croisette
Succo d’Arancia
Viva, vegeta e restaurata: che sarebbe dei supereroi senza la Meccanica di Kubrick?
di Federico Pontiggia
“LE AVVENTURE DI UN GIOVANE i cui
principali interessi sono lo stupro,
l’ultra-violenza e Beethoven”. Mai
tagline fu più esplicita, più
sconvolgente, più duratura: Arancia
meccanica (Clockwork Orange) arrivò
sugli schermi nel ’71, e il cinema,
almeno certo cinema, non fu più uguale.
Quanti, tra epigoni e cultori, geni (in
tono decisamente minore) e copioni,
quell’arancia l’hanno spremuta, sorbita
e invano provato a imitarla, manco fosse
Coca-Cola? No, era Lattepiù, e che
celasse quel segno di addizione ce lo
disse lo stesso Kubrick, già affezionato
agli ordigni Fine di Mondo: “L’uomo deve
poter scegliere tra bene e male, anche
se sceglie il male. Se gli viene tolta
questa scelta egli non è più un uomo,
ma un’arancia meccanica”. Non ditelo
al buon Alexander DeLarge, a cui il
quotidiano, il Formicaio
elevato a categoria
esistenziale, guerra a
parte.
E quante di quelle
formiche uscite
dall’Arancia ancora
percorrono i nostri
schermi? Hanno preso
traiettorie schizzate ma,
infine, convergenti nel
“genere supereroico”,
che nella mise (en
abyme) dei Drughi
avrebbe trovato il
modello per
calzamaglie di tutte le fogge. D’accordo
con Kubrick, la costumista Milena
Canonero optò per un incrocio tra la
divisa di un poliziotto e quella di un
supereroe malato: un bianco
“Piacere impiacentito e divenuto carne”: 40 anni
dopo, torna l’Alex di Malcolm McDowell
contenimento della violenza tolse,
meccanicamente tolse, perfino il battito
delle ciglia: la famigerata cura
Ludovico, che Stanley ci rifilò per
metterci al corrente di un altro, più
infido e artistico vulnus. La pop art per
spia scoperta - proprio in quel fare di
vox pop(uli) vox Dei (l’Autore demiurgo) –
e poi le parole di Achille Bonito Oliva a
mettere l’occhio nella piaga estetica:
“Kubrick profetizza anche la
pericolosità di una violenza
“estetizzante”, anzi, la rappresenta, ce
la mette sotto gli occhi, utilizzando la
Nona di Beethoven e Rossini: una
violenza a ritmo di musica”. Che il
grande schermo ci riconsegnò grande e
angolare come una pietra scartata dai
costruttori di immagini e suoni: il
grandangolo, iterato e tirato alle
estreme conseguenze, non per
deformare la realtà, ma per
stigmatizzarne l’iperrealtà già fatta
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
abbacinante, nutriente come il latte e
mortuario come le maschere di altre
latitudini, lindo e asettico, immacolato e
nazista, come prima solo nelle orde
“sacre” dell’Aleksandr
Nevsky. Davvero, un
film sinistramente
multivitaminico, che
riequilibrò la dieta
progressista e, in
effetti, ottimista del
’68: arte-vita sensuale
e sessista (di fallo qui
si muore, nel libro di
Burgess a colpire era il
busto di Beethoven),
pre-punk e postreazionaria, comunque
laicissima, tutta
giocata nella società
dello spettacolo del capocomico Alex.
Così potente, che a sentire Singin’ in the
rain oggi non viene in mente Gene Kelly,
ma la (ri)partitura a calci e bastonate dei
Drughi, scandalosa sinfonia di egotismo
animale e iniziativa privata, musical
sottratto alla politica del sottotesto
hollywoodiano e reificato dal genio
ultrapolitico di Kubrick. In altre parole,
“piacere impiacentito e divenuto carne”
di cinema. Lo ritroviamo restaurato a
Cannes: proiezione il 19 maggio, alla
presenza di Malcolm McDowell. 40 anni
(dopo), e non sentirli.
%
ritratti
Dal Caso Paradine al
Terzo uomo, per arrivare
a Senso: il cammino di
Alida Valli, trasformata
da Soldati
BELLEZZA
GLACIALE
di Orio Caldiron
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
Alida Valli in una scena
di Senso. In basso e in
apertura altre immagini
dell'attrice
Alida Valli, forte della sua strepitosa
fotogenia, attraversa il primo tempo della
carriera come in trance nel sogno a occhi
aperti di un divismo a portata di mano,
casalingo e autarchico, apparendo in una
trentina di titoli che accompagnano il
cinema di regime dalla nascita di
Cinecittà ai tempestosi anni di guerra. Sul
set fin da giovanissima – è nata a Pola il
31 maggio 1921, giusti novant’anni fa, se
ne è andata il 22 aprile 2006 a Roma – nel
cambiare dei ruoli resta sempre la
ragazza borghese in bilico tra
integrazione e rifiuto, ingenuità e malizia,
a cui è difficile attribuire un passato.
Soltanto Mario Soldati in Piccolo mondo
antico (1941) riesce a farla diventare
personaggio nel ruolo vibrante di Luisa in
ansia per il marito e angosciata per la
perdita della figlia: un’immagine
indimenticabile del cinema italiano in
cerca d’identità.
Se nel dopoguerra la trasferta
hollywoodiana è deludente, merita una
prova d’appello Il caso Paradine (1947), il
misconosciuto capolavoro di Alfred
Hitchcock che punta tutto sulla bellezza
glaciale dell’attrice, sulla sua fascinosa
impassibilità nello spettacolo voyeuristico
del tribunale, per trasformare il processo
nello scontro tra ambiguità e colpi bassi,
sospetti e reticenze, in cui l’intricato gioco
di coppie si risolve in un’implacabile
discesa agli inferi. Barocco e ridondante,
Il terzo uomo (1949) di Carol Reed si
muove senza illusioni nella Vienna
occupata, tra le rovine, i vicoli, le fogne
della città, nel labirinto psicologico e
sociale di un mondo in stato d’assedio,
dove il genio del male Orson Welles si
sottrae a una Alida in gran forma.
Nessun altro film nella sua lunga
carriera è importante come Senso (1954)
di Luchino Visconti, in cui sullo sfondo
della vicenda risorgimentale vista come
rivoluzione tradita si rivela grandissima
attrice nella parte della contessa Livia
Serpieri, fulcro palpitante del
melodramma di dannazione e di morte,
scambiato all’epoca per passaggio dal
neorealismo al realismo. “Lontana e
aristocratica nel palco del teatro La
Fenice, maliziosa e regale nel corso della
passeggiata notturna, infuocata,
seducente, desiderabile nella scena in
cui, lisciandosi i lunghi capelli sciolti,
divora con gli occhi il giovane ufficiale,
lascia germogliare in sé lentamente
l’inquietudine che la conduce dalla
debolezza alla bassezza” (Freddy
Buache). Sfigurata dalla follia, dopo aver
denunciato l’amante al comando
austriaco, si trascina lungo le mura di
Verona invocando il suo nome nel cupo
finale che suggella il suo disperato
viaggio verso l’abisso. Nonostante le
numerose apparizioni cinematografiche,
la sua ultima stagione la vive a teatro,
animando intense figure femminili al
limite, madri che divorano i figli con il
loro amore, mogli cieche che vedono nel
cuore degli uomini. Nel corso degli anni,
i testi di Pirandello, Ibsen, Osborne,
Cocteau, Wedekind, Cechov, O’Neill
sanno dare all’attrice versatile, alla
donna tenace e indistruttibile, quello che
il cinema da tempo non sapeva più
offrirle.
%
Nella sua lunga carriera la collaborazione più
importante è quella con Visconti
maggio 2011
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
55
OTTIMO
BUONO
SUFFICIENTE
MEDIOCRE
SCARSO
Habemus
Mai nessuno ha raccontato così bene la solitudine
e la paura del Pontefice. Bravo Moretti,
artefice di un’opera equilibrata e sospesa
i film del mese
in sala
LE CASULE ROSSE AL VENTO, una bara
povera. Le immagini di repertorio sono
quelle dei funerali di Giovanni Paolo II.
E’ la storia. Si chiarisce fin da subito
che il tempo è reale e anche quello che
succede dopo potrebbe esserlo. Moretti
ricostruisce con grande fedeltà ogni
56
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
particolare, ogni ambiente,
attraversato dai cardinali elettori
al conclave. Nessuna ironia, tutto
molto umano, così come
profondamente umano è lo
sbigottimento generale che assale il
Sacro Collegio quando, dopo l’atteso
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Nanni Moretti
Michel Piccoli, Nanni Moretti
Commedia, Colore
01 Distribution
104’
Habemus Papam, l’eletto e anziano
Cardinale Melville ha paura, si rifiuta di
Michel Piccoli è
il Cardinale
Melville
Papam
aprile 2011
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
57
i film del mese
apparire al balcone della Basilica di San
Pietro, si rifugia di nuovo in Cappella
Sistina, prega, piange, è nervoso, non
parla. Da qui in poi Nanni Moretti, che ha
voluto, come dalle sue parole, soltanto
raccontare l’inadeguatezza e la fragilità
che il nuovo Papa - il bravissimo,
vulnerabile Michel Piccoli - come tanti
altri uomini, potrebbe sentire di fronte al
mondo, al ruolo e alle responsabilità
enormi di cui è stato investito, lascia la
storia e entra in un tempo sospeso,
tempo di prova, di riflessione, di attesa,
un tempo tutto cinematografico. Chiede
agli spettatori la capacità critica di
andare oltre ciò che si narra, oltre le
convenzioni e oltre la realtà. Il regista si
ritaglia a questo punto il ruolo di uno
psicanalista che avvicina, senza
successo, il Papa, e questa volta lo fa con
pudore, con equilibrio e con qualche
divertente osservazione, che tocca
addirittura l’impotenza della psicanalisi
davanti a un paziente e in un contesto
così complessi. I toni diventano quelli di
una commedia che spera sempre di non
precipitare in tragedia. E così avviene:
con leggerezza e stupore infantile il
protagonista esce dalle mura del
Vaticano e penetra la realtà quotidiana
Margherita Buy.
Sotto Nanni Moretti
durante il torneo di
pallavolo
della vita romana, degli uomini, di
Margherita Buy, analista ed ex-moglie di
Moretti, alla quale il nuovo Papa riserva
la confessione di parte dei suoi tormenti
- ma lo fa anche ad una compagnia
Uno dei suoi film migliori, scritto e
girato per il gusto di raccontare una
storia diversa e delicata
58
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
teatrale che sta recitando Il gabbiano di
Cechov e fa riemergere in lui, con
rimpianto, la passione per un diverso
palcoscenico. Mentre i Cardinali (scelti
con una cura ammirevole), tenuti a bada
da Jerzy Stuhr che del Pontefice è il
portavoce (quanto è bravo l’attore
polacco) e si dispera, sono tutti molto
comprensivi della situazione di assoluta
novità, addirittura affettuosi con il Papa
in crisi e decidono poi di aspettare, come
tutto il mondo fa: chi giocando a carte,
chi cercando di concludere un puzzle, chi
prendendo tranquillanti, molti
organizzando un torneo di pallavolo,
l’unico sguardo forse troppo compiaciuto
e lungo di Moretti, per una situazione
dalle chiare tentazioni felliniane.
Il film, sicuramente uno dei suoi
migliori, avvolto dalle belle musiche di
Franco Piersanti, è stato prima di tutto
scritto e girato per il gusto di raccontare
una storia diversa e delicata. Certo per
porre anche qualche riflessione, che
risale ai tempi della morettiana La
messa è finita: là un sacerdote in crisi
rinnovava la sua fiducia nel sacerdozio pur fuggendo in Patagonia -; qui un Papa
in crisi rinuncia al suo Papato e fugge
verso un futuro, un luogo, un destino
ignoti. Moretti, liberamente, come laico,
si ferma prima - anche prima della fede.
Si ferma alla solitudine e alla paura del
Papa. Che mai nessuno ha raccontato
così bene.
LUCA PELLEGRINI
%
MATT DAMON
EMILY BLUNT
HANNO RUBATO IL SUO FUTURO. ORA VUOLE RIPRENDERSELO.
UNIVERSAL PICTURES E MEDIA RIGHTS CAPITAL PRESENTANO UNA PRODUZIONE GAMBIT PICTURES CASTIN ASSOCIAZIONE CON ELECTRIC SHEPHERD PRODUCTIONS UN FILMSUPERVISORE
DI GEORGE NOLFI MATT DAMON “I GUARDIANI DEL DESTINO” [THE ADJUSTMENT BUREAU]
COMUSICHE
PRODUTTORE
EMI
L
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BLUNT
ANTHONY
MACKI
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JOHN
SLATTERY
MI
C
HAEL
KELLY
E TERENCE STAMP DI AMANDA MACKEY & CATHY SANDRICH GELFOND AGLI EFFETTI VISIVI MARK RUSSELL ASSOCIATO ERIC KRIPKE PRODUTTORE JOEL VIERTEL
DI THOMAS NEWMAN
BASATO SUL RACCONTO
SCENOGRAFIE
DIRETTORE
PRODUTTORI
MONTAGGIO
PRODOTTO
DI JAY RABINOWITZ ACE
DA MICHAEL HACKETT GEORGE NOLFI BILL CARRARO CHRIS MOORE “I GUARDIANI DEL DESTINO” DI PHILIP K. DICK
DI KEVIN THOMPSON DELLA FOTOGRAFIA JOHN TOLL ASC ESECUTIVI ISA DICK HACKETT JONATHAN GORDON
SCENEGGIATURA
DIRETTO
DI GEORGE NOLFI DA GEORGE NOLFI
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DAL 17 GIUGNO AL CINEMA
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i film del mese
Source Code
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
J. Gyllenhaal, M. Monaghan
Sci-fi, Colore
01 Distribution
Thriller in salsa sci-fi per Duncan Jones. Che
perde le atmosfere di Moon e mira allo spettacolo
93’
DALL’AFGHANISTAN ad un treno di
pendolari con destinazione Chicago. Il
risveglio del capitano Colter Stevens
(Gyllenhaal) non è dei più morbidi: di
fronte a sé trova una sconosciuta
(Monaghan) che continua a chiamarlo
Sean e il volto che incrocia nello specchio
del bagno non è il suo. Dopo 8 minuti quel
treno esplode, e lui si sveglierà di nuovo.
Stavolta in una sorta di capsula hi-tech,
con un monitor dove appare una donna in
uniforme (Vera Farmiga): la missione di
Stevens è appena iniziata, “tornare” su
quel treno per i soliti 8 minuti potrebbe
servire per trovare la bomba e identificare
l’attentatore. Ma sarà impossibile salvare
tutte le vittime, cambiare il corso degli
eventi. Perché il Source Code,
programma militare segreto e
sperimentale che dà il titolo all’opera
seconda di Duncan Jones (Moon), “non è
60
in sala
Duncan Jones
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
un viaggio nel tempo, piuttosto un
qualcosa che agisce sulla riassegnazione
del tempo”: ed è insistendo su questo
aspetto – portando a livelli quasi
nauseanti la coazione a ripetere di un
passato “immodificabile”, seppur
“indagabile” – che tanto lo script di Ben
Ripley quanto la regia di Jones agiscono
per andare in cerca dell’estrema empatia
tra lo spettatore e il povero soldato,
INQUADRA IL CODICE QR
CON IL TELEFONINO
PER VISUALIZZARE IL
CONTRIBUTO VIDEO SUL FILM
chiamato a rivivere in modo estenuante
gli ultimi 8 minuti di vita di uno sventurato
passeggero e a confrontarsi
ripetutamente con la morte, rivivendo in
questo modo – seppur diversamente –
anche la propria. Le atmosfere lunari e il
trip ipnotico di Moon (anche sonoro,
grazie all’indimenticabile soundtrack di
Clint Mansell) sono lontani, e il tessuto
fantascientifico del film deve più volte
districarsi tra dramma e love story, ma
rimane comunque lampante il talento di
Jones, bravo a confezionare un prodotto
destinato più del precedente ad un largo
consumo e che, a modo suo, ragiona
ancora sul trauma post 11/9. Peccato non
aver saputo però premere il bottone sul
fermo immagine che meglio di altri
avrebbe dato il giusto senso al The End:
la “sorprendente”, scorretta coda finale
rischia sì di lasciare a bocca aperta, ma
per l’ambiguità di una “speranza” che è
impossibile fare propria.
VALERIO SAMMARCO
%
Beastly
Red
Scordatevi Die Hard: Bruce Willis si dà
all’action geriatrico. Tra ironia e rovelli,
semaforo verde
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
in sala
C’era una volta
La Bella e la bestia,
i sogni e i bambini. A Hollywood sono rimasti
il college e il denaro
PIÙ CHE UNA LIBERA RIVISITAZIONE della Bella e la
bestia, è una scaltra variante del teen movie americano.
Prima su carta (romanzo di Alex Flinn), poi su grande
schermo (regia di Daniel Barnz), Beastly opta
furbescamente per la traslitterazione dei topoi fiabeschi
nei codici della narrativa adolescenziale. Così il principe
viziato è diventato lo studente fascinoso e spocchioso
(Alex Pettyfer), la strega una biondina cinerea e
darkettona (Mary-Kate Olsen), la bella la star di High
School Musical, Vanessa Hudgens. C’era una volta la
fiaba, oggi il college. Prima erano mostri che divoravano
bambini, ora padri che si sbarazzano dei propri figli. La
maledizione è una cultura che trabocca di estetismi ma
manca di bellezza. L’America. Nessun problema però se
contro il culto dell’immagine si propina un immaginario
di plastica. Se all’osanna della forma fisica risponde
l’eloquenza del bel corpo, nel quale il film inscrive
strategie comunicative e grammatica emozionale. E poi i
ciechi vedono, gli storpi vengono sanati, il juke-box
suona una scena sì e l’altra pure. Hollywood non fa
miracoli ma è capace come sempre di esercitare il
monopolio della fantasia spacciandolo per fantasia al
potere. La favola continua, a letto i bambini.
GIANLUCA ARNONE
%
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Robert Schwentke
Bruce Willis, Helen Mirren
Azione, Colore
Medusa
111’
C’ERA UNA VOLTA l’eroe con qualche macchia e senza
paura di Die Hard, ma anche per Bruce Willis le primavere
passano, e il mood tende al rossastro. No, non è il tramonto,
ma Red, “action geriatrico” diretto da Robert Schwentke
(Flightplan) e tratto dai comics di Warren Ellis e Cully
Hamner. Willis è Frank Moses, ex agente CIA in pensione:
una vita che non deve chiedere mai, tranne qualche
tenerezza telefonica all’impiegata Sarah (Mary-Louise
Parker). Ma non è d’avorio la sua torre: un gruppo di fuoco
cerca di farlo secco, e il nostro Mosè chiama a sé i vecchi
colleghi, da Marvin (John Malkovich) a Victoria (Helen
Mirren), fino all’ospitalizzato Joe (Morgan Freeman).
Insomma, il mondo va ancora salvato, ma le ricadute sono
tanto centrifughe – la cornice è action e, data l’età media del
cast (63 anni), nemmeno troppo al ralenti – quanto
centripete: come mettere a riposo anni di servizi e segreti,
come darsi pace se là fuori ancora si cospira? Interrogativi
buoni per un buon film, che mixa ironia sui generis (l’action
movie) e rovelli interiori, sventagliate di mitra (la Mirren è
cult) e genuini imbarazzi. Per questi eroi acciaccati e
indolenti il semaforo è sempreverde, ma canaglia è la
nostalgia di Hollywood.
FEDEICO PONTIGGIA
%
in uscita
Daniel Barnz
Vanessa Hudgens, Alex Pettyfer
Fantastico, Colore
Videa-CDE
86’
maggio 2011
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
61
Uomini
senza legge
Hai paura
del buio
Da Bucarest a Melfi: Coppola
“studia” rumeno per raccontare l’incrocio di
due operaie alla ricerca di sé
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
in uscita
Quarant’anni di storia algerina
nell’impianto poco convincente di Bouchareb:
sembra una fiction
ALGERIA, 1925. Sono poco più che bambini i tre fratelli
Abdelkader, Saïd e Messaoud, quando scoprono sulla
propria pelle cosa sia un sopruso: al padre viene sottratta
la terra che appartiene alla famiglia da generazioni. La
promessa di un riscatto si amplificherà nella lotta per
l’indipendenza di una nazione intera.
Il regista francese Rachid Bouchareb sintetizza
quarant’anni di storia della propria patria d’origine,
l’Algeria, in un dramma epico soltanto nelle intenzioni, in
realtà fin troppo calcolato: i tre protagonisti prendono
parte puntualmente quanto forzatamente agli eventi più
rilevanti (come il massacro di Sétif l’8 maggio 1945 o
quello di Parigi del 1961), e a risentirne è soprattutto la
scorrevolezza dell’impianto. L’interpretazione statica
degli attori (già nel precedente Days of Glory, di cui
Uomini senza legge è una sorta di ideale sequel) rende
indigeste molte scene portanti, e la ricerca di un
impossibile equilibrio politicamente corretto rende il
prodotto più televisivo che cinematografico. Il coraggio e
la fierezza del popolo algerino sono messi in scena con
autenticità e sincera partecipazione, ed è forse l’unico
elemento di interesse, troppo poco per riscattare un film.
MANUELA PINETTI
%
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
62
Rachid Bouchareb
Jamel Debbouze, Roschdy Zem
Storico, Colore
Eagle Pictures
138’
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
Massimo Coppola
Alexandra Pirici, Erica Fontana
Drammatico, Colore
BIM
90’
SCADUTO IL CONTRATTO in fabbrica, Eva (Pirici) parte da
Bucarest alla volta di Melfi, paesino del sud Italia, da dove
qualcuno continua a scriverle cartoline. La prima persona che
incontra è Anna (Fontana), giovane operaia FIAT, con padre
disoccupato, mamma tuttofare e nonna allettata.
Probabilmente per fretta, la ragazza offre ospitalità ad Eva.
Che è arrivata fino lì per mettersi sulle tracce di una donna,
spiandone dall’indomani ogni movimento. Fino alla resa dei
conti. Esordio al film di finzione per Massimo Coppola, già noto
vj di Mtv e documentarista (Bianciardi!), Hai paura del buio
sembra rifarsi all’insegnamento dell’ultimo cinema rumeno
(da Mungiu a Puiu, passando per Paunescu), puntando su
essenzialità e rigore per “tentare di mettere ordine nel caos”,
come sottolineato dal regista stesso. Fatti salvi alcuni snodi
forzati (perché Anna offre ospitalità così sbrigativamente alla
sconosciuta?) e insistenti sottolineature musicali, quello che
resta è la solidità di un racconto che, anche grazie alle due
protagoniste, tende a dimostrare come alcuni percorsi si
intreccino: da un lato affrontando a muso duro un’assenza
durata 20 anni, dall’altro riflettendo sul peso di un’esistenza
gravata da responsabilità prese forse troppo presto.
VALERIO SAMMARCO
%
in sala
Thor
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
C. Hemsworth, N. Portman
Action, Colore
Universal Pictures
Il più “Bardo” dei registi per l’epopea
Marvel più shakespeariana: un equivoco in tre atti
130’
DELLE DUE L’UNA: o Thor diventava
Amleto, o Branagh Stan Lee.
Metamorfosi che nemmeno ad Ovidio
sarebbe venuta in mente, ma che
Marvel e Paramount credevano
evidentemente possibile. L’equivoco
nasceva sulla carta, il peccato era
dietro la macchina da presa. Poteva il
regista innamorato di Shakesperare
salvare l’eroe rozzo avvezzo alla rissa?
Lui giurava e spergiurava (“The Mighty
Thor era tra i comic Marvel quello che
mi piaceva di più”), e a noi la scelta:
fidarci ingenuamente o,
maliziosamente, non fidarci affatto.
Vero però che tra i supereroi a fumetti
Thor era quello a vantare maggiori
affinità col Bardo. La sua storia
attingeva dalla mitologia norrena ricca
di intrighi e conflitti archetipici, ma poi
il fumetto se ne discostava, virava verso
64
in sala
Kenneth Branagh
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
l’action. Il film invece dura trenta
minuti, il tempo della tragedia tra i reali
palazzi di un pianeta sconosciuto –
Asgard – dove si consuma la classica
faida familiare, con due fratelli in
conflitto per il trono di re Odino
(Anthony Hopkins, ovviamente).
Shakesperare certo, ma anche la
Bibbia, perché Loki (Tom Hiddleston) e
Thor (l’energumeno Chris Hemsworth)
INQUADRA IL CODICE QR
CON IL TELEFONINO
PER VISUALIZZARE IL
TRAILER DEL FILM
somigliano a Caino e Abele, con surplus
di steroidi e occhialini 3D (a proposito:
cui prodest?). Fin qui le cose migliori, a
conferma di come Branagh non solo
prediliga muoversi tra le corti e gli
inganni, ma sia un’abile fabbricatore di
“altri mondi” e un pessimo illustratore
del suo: così, posta la premessa, è nello
svolgimento che Thor si affloscia, dal
momento cioè in cui il vanaglorioso
principe viene bandito dal regno e
cacciato sulla terra a rieducarsi. Allora
il regista irlandese s’incarta, perde il
filo tra parabole del buon selvaggio
(Thor alle prese con gli esseri umani),
riedizioni da La Bella e la Bestia
(l’amore che sboccia tra l’intelligente
astrofisica Natalie Portman e il
troglodita palestrato venuto dallo
spazio) e Macbeth ultragalattici. Tre
atti, pochi applausi, una sola tragedia:
la metamorfosi (sic!) del martello del re
nella bottiglia di Tafazzi.
GIANLUCA ARNONE
%
AARON JOHNSON ANNE-MARIE DUFF
E
KRISTIN SCOTT THOMAS
LA STRAORDINARIA STORIA DI JOHN LENNON MAI RACCONTATA
UN FILM DI
SAM TAYLOR-WOOD
"...GENESI DI UN ARTISTA GENIALE" ( LA REPUBBLICA )
DALL'11 MAGGIO IN VENDITA IN
DVD E BLU-RAY DISC
www.01distribution.it
i film del mese
Cirkus
Columbia
The
Housemaid
Im Sang-soo
realizza un remake
decostruzionista e cinefilo. Elegante, ma freddo
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
anteprima
Riflessione
dolente sul conflitto
serbo-bosniaco-croato: Tanovic torna ad
inquadrare temi a lui più congeniali
TANOVIĆ torna indietro nel tempo, a temi a lui congeniali
dopo il deludente Triage, con una riflessione dolente,
pacata, ben distante dal grottesco urlato e sopravvalutato
di No Man’s Land. Torna in Jugoslavia, nel 1991,
nell’Erzegovina meridionale teatro degli avvenimenti e
patria in cui fa ritorno l’esule Divko Buntić. Per lui
sembra essere arrivata l’ora delle rivincite, in
prim’ordine sulla ex moglie. Il tempo, e i soldi, sembrano
essere dalla sua parte: ma la guerra serbo - bosniaca croata incombe, e tutto sta per cambiare radicalmente.
Odio e intolleranza minano ogni apparente certezza, e chi
era amico non lo è più nell’arco di una notte. E forse, la
famiglia che credevi perduta è l’unica certezza che resta.
Tanović, al solito, è piuttosto didascalico e di grana grossa
nella formulazione delle sue allegorie (la famiglia con cui
Divko si riconcilia è un atto di amore e riconoscimento
verso la patria da lui rigettata, proprio adesso che sta
andando incontro allo sfascio). Ma gli va riconosciuto,
nell’adattare il romanzo di Ivica Dikic, l’equilibrio e il
lirismo di chi ha vissuto il fratricidio, e non si limita a
descriverlo. E il cast, Manojlović in testa, gli dà più di una
mano.
GIANLUIGI CECCARELLI
%
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
66
Danis Tanović
Miki Manojlović, Mira Furlan
Drammatico, Colore
Archibald Enterprise
113’
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
Im Sang-soo
Jeon Do-youn, Lee Jung-jae
Noir, Colore
Fandango
107’
ALL’INIZIO UN SUICIDIO, il presagio. Poi la scena si sposta tra
le quinte di una casa-castello, dimora di un ricco uomo
d’affari e della sua eccentrica famiglia. Lì si consuma la via
crucis di una giovane balia (Jeon Do-youn, già premiata a
Cannes nel 2007 per Secret Sunshine) precettata per accudire
signora e figlia – una in dolce attesa, l’altra di belle speranze ma impiegata poi per soddisfare vizi e capricci del suo
padrone. Il coreano Im Sang-soo realizza con The Housemaid
il remake di un celebre film degli anni ‘60, senza preoccuparsi
troppo di aggiornare una storia che ruota attorno al quadrato
semiotico potere/sesso, corruzione/morte. Allora c’era un
paese sotto scacco dei militari, oggi dei businessmen, ma Im
Sang-soo (era suo l’ottimo La moglie dell’avvocato) lavora
soprattutto sul décor e sulla decostruzione dell’originale,
realizzando un noir strutturalmente ineccepibile – ci sono tutti
gli ingredienti del genere: lo spazio chiuso come deflagratore
dei conflitti, la scala, gli specchi, l’attrazione per le ombre,
l’ambiguità dei primi piani, la vecchia governante che si
aggira come un fantasma - ma irrimediabilmente freddo. Un
divertimento per cinefili e una perdita di tempo per tutti gli
altri.
GIANLUCA ARNONE
%
in uscita
i film del mese
Bronson
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Tom Hardy
Drammatico, Colore
One Movie
In cattività è meglio: il genietto Refn “libera”
lo straordinario Tom Hardy. Ed è poesia
92’
NICOLAS WINDING REFN presenta… il
detenuto più cattivo delle carceri
britanniche, Michael Petersen.
Condannato a 7 anni per rapina e poi
asceso a fenomeno coatto (reclusione,
ma non solo...), perché quella pena è
levitata a 34 anni, di cui 30 in
isolamento, causa irrefrenabili
“intemperanze” dietro le sbarre. Circola
una petizione per liberarlo, ma
difficilmente il non-biopic del genietto
danese contribuirà al riesame:
Bronson – il nickname con cui fu
ribattezzato dal manager di street boxe
– è un’iradiddio che butteresti via la
chiave. Crasi di Vin Diesel e Aldo
Baglio, è lo straordinario Tom Hardy,
con surplus di muscolatura, a dargli
replica: non c’è trama, non c’è
narrazione, piuttosto, rudi, crudi ma
immaginifici tableaux vivants in prima
persona singolare. In breve, che cinema
68
in uscita
Nicolas Winding Refn
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
è? Non un prison-break, perché il
carcere è l’hortus conclusus di
Bronson, che fuori è un disadattato
imbelle, né uno slasher-movie, poiché
le sparute efferatezze sono esternalità,
né, ovviamente, cinema d’essai buono
per (quasi) tutti i palati e i paraocchi:
Refn sintetizza una molecola aliena,
una scrittura privata da leggere tra le
Il regista Nicolas Winding Refn
righe dei generi e l’interpunzione di un
“cinema” altrove occhiuto e
pastorizzato. Al suo
(metacinematografico) Bronson
concede magnanimo il tu per tu con la
camera, lo mette perfino sul palco di un
music hall travestito da clown, ma c’è
di più: in libera uscita è una splendida
rappresentazione di un criminale e del
suo habitat d’elezione, che la fotografia
di Larry Smith sa accordare tra poesia e
lirismo. Scorre il sangue e non si lesina
sulle botte, ma questo calcolo
agiografico (sui generis) ha per
risultato un’iperrealistica catarsi, un
affrancamento dalla prigionia
audiovisiva ultima scorsa. A portarlo in
sala è la benemerita One Movie (farà lo
stesso con Valhalla Rising, sempre di
Refn?), allo spettatore il gradito
compito di togliersi le fette di cinemino
dagli occhi e riscoprirsi giustizieri per
immagini e suoni: in cattività è meglio.
Almeno, per Bronson
FEDERICO PONTIGGIA
%
PRESENTA
STAGE
DI CRITICA
ciNEMA-TOGRAFICA
2011
6/10 giugno
(Non) è la
solita
commedia
da Hollywood
all'Italia, da Wilder a
Zalone, viaggio nel
tempo di un genere
senza tempo
Invio candidatura su
www.entespettacolo.org
sezione Educational
Requisiti diploma di laurea di primo livello di qualsiasi disciplina,
sono favoriti i laureati DAMS e Università di Cinema
Età massima 30 anni / Impegno Full Time ore 9.30-13.00; 14.30-17.30
in collaborazione con
teratura: novità e bilanci
Homevideo, musica, industria e let
DVD
Megamind da non
perdere, Silvio Forever
e Il discorso del re
Borsa del Cinema
Hollywood non è
più d’oro
Libri
Il Po sullo schermo,
Liz Taylor e
Cardinale
Colonne sonore
Hit evergreen per
il nuovo Ron Howard
La sottile linea Blu
Il capolavoro di Malick in alta definizione.
Poi Eva contro Eva e Furyo
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
DVD
di Valerio Sammarco
E’ l’ora di
Megamind!
Tre edizioni e
fantastici contenuti
speciali per il genio
del male targato
DreamWorks
72
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
Tra i lavori più convincenti
sfornati da DreamWorks
Animation, Megamind diretto da
Tom McGrath arriva in homevideo in tre differenti edizioni:
dvd disco singolo, doppio
disco e Blu-ray.
Con quest’ultima ovviamente
consigliabile, in primo luogo
per poter apprezzare al meglio
l’enorme qualità estetica del
film, in seconda battuta per
l’infinita lista di extra, tutti in
HD: dall’inedita avventura
“Megamind: il bottone col
botto” (con il protagonista e
l’inseparabile Minion chiamati
a combattere un nemico ancora più temibile…) fino
all’Angolo degli Animatori: una
guida per migliorare la visione
del film grazie a storyboard,
filmati dietro le quinte e interviste approfondite. Spazio poi
ai quiz e le curiosità pop-up
per conoscere altri aneddoti su
Megamind, possibilità di “ritoccare” alcune scene grazie al
Creatore di Fumetti interattivo
e disegnare il proprio
Megamind. Senza dimenticare
le Scene eliminate, il Cast del
film, e la possibilità di entrare
nel Covo di Megamind, vivere
il Regno del protagonista nel
Video-Fumetto e capire come
gli animatori abbiano dato vita
all’irresistibile “genio del
male”. Previsti anche i commenti dei realizzatori e tanti
altri giochi divertenti.
DISTR. UNIVERSAL PICTURES HOME
ENTERTAINMENT
maggio 2011
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
73
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
DVD
Capolavori HD
La sottile linea rossa,
Furyo, Eva contro Eva
La grande prova di Colin Firth, ma
non solo. Il discorso del re, vincitore
di 4 premi Oscar (film, regia, attore
protagonista, sceneggiatura), arriva
in Blu-ray con 86’ di contenuti speciali: oltre alle interviste al cast tecnico (tra cui il regista Tom Hooper) e
ai protagonisti (straordinari anche la
moglie Helena Bonham Carter e il
logopedista del re Geoffrey Rush), il
dietro le quinte e soprattutto il
making of “Guerra di parole”, per
comprendere ancora di più il lavoro
realizzato per riportare in vita
Giorgio VI e la sua balbuzie. Nella
confezione anche la riproduzione di
un’affissione dell’epoca e la storia
della propaganda voluta dal re in
occasione della II Guerra Mondiale.
DISTR. EAGLE PICTURES
Atteso a Cannes con il suo
nuovo The Tree of Life,
Terrence Malick “torna” in
homevideo con un altro dei
suoi capolavori, La sottile linea
rossa, finalmente disponibile in
alta definizione: negli extra, da
non perdere, “Il punto di vista
degli attori” e “Dare forma al
film di Terrence Malick”.
Sempre la 20th Century Fox
Home Entertainment propone
in Blu-ray un altro classico del
cinema mondiale: Eva contro
Eva, con i retroscena del film di
Mankiewicz e le interviste
promozionali d’epoca a Bette
Davis e Anne Baxter,
fantastiche protagoniste. Batte
bandiera nipponica invece
Furyo (Merry Christmas Mr.
Lawrence), apologo pacifista di
Nagisa Oshima passato alla
storia per le interpretazioni di
David Bowie e Riuyichi
Sakamoto, quest’ultimo autore
dell’indimenticabile colonna
sonora che accompagna il film
(distr. Videa CDE – Eagle
Pictures).
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
Discorso!
Discorso!
Anche in Blu-ray il Re degli Oscar.
Con 90’ di extra
Laclassedeiclassici
a cura di Bruno Fornara
REGIA Tod Browning
CON Lon Chaney,
Priscilla Dean
GENERE Poliziesco
(1921)
DISTR. DCult, CG Home
Video
Uomini nella notte
Tod Browning fu regista ossessionato da personaggi con
menomazioni e mutilazioni fisiche, morali, sessuali.
Emarginazione e vendetta: i
temi prediletti. La verità umana
dei diversi: il cuore del suo
cinema. Sono suoi il Dracula
con Bela Lugosi (1931) e Freaks
(1932). Suo attore di culto fu
Lon Chaney, inquietante interprete di personaggi martoriati,
deformi, orripilanti: soli. In
questo Uomini nella notte (Outside
the Law), Chaney fa due parti: il
ghignante gangster Black
Mike, “topo avvoltoio e serpente, temuto dai suoi stessi
compagni”, e Ah Ming, cinese
dai dentoni enormi, servo
fedele del maestro Chang Low
che usa Confucio per riportare
sulla retta via ladri e criminali.
Nella Chinatown di San
Francisco si scontrano perfidi
gangster, fuorilegge incalliti e
una coppia di delinquenti
disposti alla fine a pentirsi.
Anomalo e aurorale film di
gangster che si trasforma in
melodramma
familiare.
Splendide scenografie art déco,
sparatorie caotiche, inquadrature dal vero di strade e vicoli
di San Francisco. Scena memorabile con l’ombra di una
croce sul tappeto, ombra che
porta al pentimento anche se
in realtà è soltanto lo scheletro
di un aquilone.
Fi lm in or bi ta
a cura di Federico Pontiggia
Francesco Nuti
(Premium Cinema Emotion)
56 candeline per Francesco Nuti il 17 maggio: per
festeggiarlo, Stregati, Willy Signori e vengo da
lontano e Tutta colpa del paradiso. Risate, e tanta
nostalgia.
Gary Cooper
(Studio Universal)
A 50 anni dalla scomparsa (13 maggio), SU gli
dedica un tributo con 5 film: da La conquista del
West a Mezzogiorno di fuoco, passando per il
Lubitsch de L’ottava moglie di Barbablù.
Fuga da Hollywood
(Studio Universal)
Omaggio allo scomparso Dennis Hopper, il 30
maggio, con Fuga da Hollywood (v.o.
sottotitolata), il film negletto che girò nel 1970
dopo il successo di Easy Rider. Da non perdere.
Trilogia Fotter
Ben Stiller e De Niro a raccolta:
“presentazioni” da ridere
Si parte dall’ultimo arrivato, Vi presento i nostri, terzo
capitolo dell’irresistibile saga comica con Ben Stiller e
Robert De Niro, genero e suocero questa volta ai ferri
corti per le differenti metodologie educative da attuare per i piccoli gemelli, new entry in casa Fotter.
Disponibile anche in Blu-ray, con divertenti contenuti
speciali: dagli esclusivi “Bob e Ben” & “Ben e Owen”,
passando per le papere del film, con prologo e finale
alternativi, fino alle scene inedite e La genesi del Don
Fotter. Ma non finisce qui: per l’occasione Universal
propone per la prima volta in Blu-ray anche i primi
due capitoli della serie (Ti presento i miei e Mi presenti i
tuoi), singolarmente o raccolti in uno speciale cofanetto DVD che contiene tutti i 3 film: “Vi presentiamo i
Fotter – La Collezione”.
DISTR. UNIVERSAL PICTURES HOME ENTERTAINMENT
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fondazione ente dello spettacolo
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Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
DVD
Arrivano anche...
L’inedito Blindness,
Vallanzasca e The
Tourist
Silvio
Forever
In DVD l’autobiografia
non autorizzata di
Berlusconi: lo script
tra gli extra
CHI LO AMA CONTINUERA’ AD AMARLO, chi
lo disprezza non cambierà idea: Silvio Forever di
Roberto Faenza e Filippo Macelloni – “autobiografia non autorizzata di Silvio
Berlusconi” scritta da Gian Antonio
Stella e Sergio Rizzo (autori de “La
casta”) – non pretende di cambiare
l’opinione di chi guarda, ma ragiona
sul fatto che “poi, col tempo, tutto ha
cominciato a ruotare sempre di più
intorno a lui. Solo a lui.
Ossessivamente a lui: Silvio Berlusconi. Che,
comunque la si pensi, al di là dei meriti per cui
lo osannano e dei demeriti per cui lo disprezzano, è uno strepitoso personaggio della commedia dell’arte, capace di offrire miriadi di spunti
per un’avventura cinematograficamente immaginabile”. Negli extra Rizzo e Stella commentano i giornali, il finale alternativo e la sceneggiatura (in dvd rom).
DISTR. LUCKY RED
Inve stig are a Holl ywo od
L.A. Noire
Casi intricati nella Città degli Angeli
anni ’40. Per PS3 e Xbox 360
Può un videogioco avere una recitazione degna
di Hollywood? Assolutamente sì, come nel caso
di L.A. Noire, avventura che mette il giocatore nei
panni di un investigatore affermato, che all’interno di una Los Angeles di fine anni ‘40 deve risolvere una serie di casi altamente rischiosi che talvolta si concludono con scontri a fuoco o sane
scazzottate. Un’altra componente importante del
titolo è rappresentata dal comparto grafico, che
ha permesso di riprodurre la città americana alla
perfezione con tutti i dettagli dell’epoca, e la recitazione dei personaggi, i cui dialoghi sono in per-
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
fetto sincrono con il labiale e assolutamente
credibili. L.A. Noire è in uscita il 20 maggio su
PlayStation 3 e Xbox 360.
Per saperne di più visitate www.multiplayer.it
ANTONIO FUCITO
L’abbuffata di Blu-ray
continua: finalmente
in Italia (mai in sala),
ecco Blindness di
Fernando Meirelles,
tratto da “Cecità” di
Saramago.
Distribuisce CG
Homevideo, che
propone anche (in
versione dvd), il film
vincitore allo scorso
Festival di Roma: Kill
Me Please di Olias
Barco. Sempre dalla
kermesse capitolina
arriva We Want Sex,
che Lucky Red
distribuisce anche in
alta definizione (negli extra
l’incontro con le vere operaie,
le interviste alle attrici e il
making of). Dalla Mostra di
Venezia arriva Vallanzasca di
Michele Placido (Fox), con il
commento audio del regista e
le scene inedite. Sony
propone l’esordio
hollywoodiano di Michel
Gondry, il fumettistico The
Green Hornet, anche in
versione Blu-ray 3D con
ricchissimi extra. Mentre 01
distribution punta sul glamour
di The Tourist (“Destinazione
Venezia”, “Quattro
chiacchiere tra i canali” e “Le
scene d’azione” tra gli extra) e
sulla nostalgia con Nowhere
Boy di Sam Taylor Wood, che
racconta l’adolescenza di
John Lennon.
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
Borsa del cinema
di Franco Montini
Una scena di
2012, regia di
Roland Emmerich
Non solo in Italia: le
produzioni USA
perdono pubblico e
incassi. Ecco perché
Crollo americano
NEL MERCATO ITALIANO si sta registrando un’autentica rivoluzione copernicana. Nel breve volgere di dodici
mesi, i rapporti di forza fra cinema Usa
e produzione nazionale si sono capovolti. Nel primo trimestre del 2010 in Italia
si erano staccati 23,5 milioni di biglietti
per film americani; quest’anno il numero
di spettatori per produzioni Usa è più
che dimezzato: solo 11,3 milioni. La
quota di mercato del cinema americano
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
maggio 2011
è precipitata dal 66,6% al 33%. Nella top
ten 2011, dominata dai film italiani, che
occupano le prime quattro posizioni, si
contano, come non accadeva da tempo
immemorabile, solo tre presenze americane e tutt’altro che ai primissimi posti.
Se nel confronto 2010/2011, pur con
qualche arretramento, il mercato sta
complessivamente reggendo, il merito è
del cinema italiano, che, con 21 milioni
di biglietti venduti, ha visto la propria
quota di mercato schizzare dal 28,7% al
56,7%.
“Oggi – ha commentato il presidente dei
produttori Anica Riccardo Tozzi - una
commedia italiana che incassa 7 milioni
di euro è spesso giudicata un mezzo
flop, mentre un film americano che arriva a questa cifra è considerato un insperato successo. Paradossalmente dovremo
cominciare a preoccuparci dello stato di
salute del cinema Usa, perché la crisi
Cast & Crew
di Marco Spagnoli
A B e a u ti fu l Sound
Da Reds a Ron Howard: il montatore del suono Harry Peck Bolles
della produzione americana rischia di bloccare la
crescita complessiva del
consumo di cinema su
grande schermo”.
Per il cinema americano si
tratta di un vero e proprio
tracollo, che non riguarda
solo l’esito sul nostro mercato, perché i film Usa perdono terreno, pur se per
ora in misura più contenuta, anche negli altri mercati
europei e perfino in patria.
Nel primo trimestre 2011
gli incassi sul territorio Usa
sono, infatti, diminuiti di
oltre il 20% rispetto all’analogo periodo 2010.
Se può sorprendere la rapidità del fenomeno, non c’è
dubbio che l’inevitabilità
Il suono di un film va oltre la musica e i dialoghi. Da sempre il cinema americano ha curato
il rumore di fondo, gli effetti sonori, costruendo degli intarsi audio straordinari. Una scuola
e un team di professionisti che annovera
anche il newyorkese Harry Peck Bolles, montatore del suono di grandi film quali Reds, Il
colore dei soldi, Apollo 13 e A Beautiful Mind,
al lavoro su grandi produzioni per registi
come Scorsese, Lumet, Beatty e Forman.
Chi è il montatore del suono?
Di solito una persona con un ego enorme: si
sente migliore degli altri nel realizzare un
lavoro di cui, in genere, non si accorge quasi
nessuno.
Un esempio del suo lavoro?
Ne Le regole della casa del sidro c’è una battaglia con le palle di neve e io ho messo insieme tutte le singole voci dei ragazzi, amalgamandole per renderle credibili e divertenti. Lo
stesso accade spesso con i dialoghi degli attori, che devi alleggerire e “ripulire”. Il nostro è
un lavoro importante, ma invisibile. Se si vede
significa che “non funziona”.
Un consiglio a chi vuole seguire le sue orme?
Di lasciar perdere: oggi il computer ha reso
tutti quanti una sorta di “one man band”, con
più ego e meno divertimento. Se proprio non
se ne può fare a meno, allora è importante
avere chiara la propria linea di carriera e
seguire i propri colleghi con cui, però, si interagisce sempre meno. E attenersi alle indicazioni dei sindacati contro i continui tentativi
di sfruttamento da parte delle produzioni.
Essere solidali e fermi su dei principi è fondamentale per non “perdersi”.
Il trionfo della tecnologia ha distrutto la narrazione
e ridimensionato la forza attrattiva del divismo
della crisi del cinema Usa era un evento
annunciato. Si sta infatti concludendo un
percorso che ha preso il via a metà
degli anni ‘70, quando Hollywood ha
scelto di puntare decisamente verso un
cinema di meraviglia, sorprese, mostri,
supereroi ed effetti speciali ad alto tasso
spettacolare per un pubblico di
adulti/bambini.
Il percorso iniziato con film come Lo
squalo, Guerre stellari, ET, si è successiva-
mente sviluppato nel cinema tridimensionale ed ha celebrato, in attesa di
nuove e per ora improbabili rivoluzioni
tecnologiche, la definitiva apoteosi con
Avatar. Impensabile, al momento, immaginare un ulteriore approdo in questo
percorso e di conseguenza, inevitabile,
come si è detto, un ripiegamento e una
crisi di contenuti, di spettacolarità e di
pubblico.
Il trionfo della tecnologia ha distrutto la
narrazione e ridimensionato fortemente
anche la forza attrattiva del divismo. Il
grande cinema americano d’autore sembra scomparso con la morte di Altman e
resiste, non senza difficoltà, solo grazie
alla presenza dell’ultraottantenne Clint
Eastwood, mentre anche le ultime prove
di un cineasta prestigioso quale Martin
Scorsese appaiono decisamente opache.
Come già accaduto ad intervalli regolari
nella storia del cinema, come successo,
ad esempio, all’inizio degli anni sessanta, ad Hollywood si avverte oggi l’urgente necessità di rifondare un’industria e di
reinventare un nuovo modo di fare cinema. Sarà una bella sfida.
box office (aggiornato al 25 aprile)
1 Rio .............................................................. €
2 Faccio un salto all’Avana ....................... €
3 Habemus Papam ..................................... €
4 Limitless ..................................................... €
5 Cappuccetto Rosso Sangue .................. €
4,338,618
1,400,792
3,408,566
2,518,288
910,584
6 The Next Three Days .............................. €
7 World Invasion: Battle Los Angeles ..... €
8 Scream 4 ................................................... €
9 C’è chi dice no ......................................... €
10 Nessuno mi può giudicare..................... €
2,689,384
474,678
1,100,328
1,678,511
7,715,190
N.B. Le posizioni sono da riferirsi all’ultimo weekend preso in esame. Gli incassi sono complessivi
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Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
Libri
Quando il più importante
corso fluviale italiano
si è vestito da protagonista.
E poi grandi stelle
e l’analisi del testo
Fiume di storie
Un Po di opere
Pap à chi am a zom bie
Per il suo ultimo lavoro Paolo Micalizzi prende in prestito il
titolo da un film di Anthony Mann del ‘52. Là dove scende il
fiume (Aska, pagg. 368, € 25,00), frutto di quindici anni di
ricerche e letture, ci conduce sulle rive del Po: è
sorprendente il numero di film, documentari e cortometraggi
che negli anni si sono ispirati al Grande Fiume. L’intento è
quello di dimostrare come il Po non abbia fatto da mero
sfondo alle storie di grandi registi come Rossellini, Visconti e
Soldati, ma scorrendo tra le vite dei
personaggi abbia finito per ritagliarsi ruoli
propri. Il volume, impreziosito da un valido
impianto fotografico, appassionerà di certo
chi ha impresse nella mente immagini
memorabili come quelle della mondina
Silvana Mangano immersa fino alle
ginocchia in Riso amaro di Giuseppe De
Santis.
Padri, voci e… zombie: cine qua non. Sono le voci
dell’Apocalisse dell’esalogia di George Romero ad animare
L’alba degli zombie di Danilo Arona, Selene Pascarella e
Giuliano Santoro (Gargoyle, pagg. 272, € 17,00), saggio dotto
e appassionato sulle ricadute sociopolitiche di morti viventi
e mai così vegeti nell’immaginario collettivo. Altre voci, non
meno affascinanti, quelle raccolte da Massimo Giraldi,
Enrico Lancia e Fabio Melelli ne Il doppiaggio nel cinema
italiano (Bulzoni, pagg. 336, € 30,00), che abbina cronologia
e curiosità, elenchi ragionati e interviste, analizzando in
profondità una (quasi) peculiarità tricolore. Tocca a
Mario Dal Bello, infine, segnalare
I ricercati, ovvero Padri e figli nel
cinema italiano del Duemila
(Effatà, pagg. 176, € 12,50),
con un passo doppio umano,
mai paternalistico.
MONICA DE LUCA
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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FEDERICO PONTIGGIA
Liz, non solo diva
Con la morte di Liz Taylor se ne è andata una diva planetaria
come solo i migliori anni di Hollywood hanno creato. Eppure
su questa attrice, capace di far scorrere fiumi di inchiostro
sulle riviste di gossip, poco rimane di scritto sugli scaffali
delle librerie italiane. La ricordiamo per i matrimoni
numerosi, le amicizie con Montgomery Clift e Michael
Jackson, le cure di disintossicazione, ma degli oltre 60 film
che interpretò forse ci vengono in mente La gatta sul tetto che
scotta, Cleopatra e pochi altri. E’ molto interessante allora
sfogliare un volume di Gremese di recente
pubblicazione, I film di Elizabeth Taylor
(pagg. 175, € 27,00), biofilmografia illustrata
completa che ci guida alla riscoperta della
Taylor attrice e di capolavori ormai invisibili
come Improvvisamente l’estate scorsa o di
strani film dimenticati come Cerimonia
segreta di Losey.
Conversazioni
sul tema
Polisemia di voci intorno ad una macrodomanda:
che cos’è il cinema? di Chiara Supplizi
GIORGIA PRIOLO
Punto Cardinale
Negli anni 50, in un’Italia in balia di continue trasformazioni,
il cinema cerca nuovi volti per le strade, sui palcoscenici dei
teatri di rivista e sulle passerelle dei concorsi di bellezza. Ed
è proprio in una serata di beneficenza che i riflettori
convergono sul volto di una ragazza confusa tra la folla. Una
rivelazione. Nasce così Claudia Cardinale, diva sfuggente,
infelice principessa da liberare dall’antro in cui è rinchiusa,
fanciulla nascosta dietro un broncio
puerile, ma anche donna prorompente e
‘selvaggia’, difficile da addomesticare. In
Claudia Cardinale (L’Epos, pagg. 257, €
23,80) Simona Previti ne ripercorre il mito,
la straordinaria presenza capace di
riempire lo spazio scenico e di togliere il
fiato a generazioni di spettatori, donna
sempre diversa, ma in sintonia con l’Italia
che cambia.
AA.VV.
Conversazioni
sul cinema
Ed. Luigi
Pellegrini
€ 20,00
Pagg. 416
CHIARA SUPPLIZI
Tris di capolavori
Cosa pensarono de La dolce vita Pasolini, Simenon o Franco
Fortini? Dal paragone con il “lessico pasticciato” di Gadda
fatto da Pasolini, all’“autoritratto agghiacciante” ravvisato nel
film da Montanelli: è una miniera di stimoli interpretativi
l’“Antologia di commenti” che chiude il saggio di Costa sul
capolavoro di Fellini (La dolce vita, Lindau, pagg. 216, € 18,00).
Le nuove uscite della collana Universale Film di Lindau non
sono solo analisi monografiche di film capolavoro, ma
riservano qualche chicca che rende il discorso ancora nuovo e
stimolante. Come lo script di scene mai girate che troviamo
nel volume di Vitella su
L’Avventura (pagg. 250, €
19,00) o l’appendice “La
musica organica” nel
saggio di Lucilla Albano su
Fanny e Alexander (pagg.
220, € 18,00).
GIORGIA PRIOLO
Tra gli autori
anche Werner
Herzog
Che cos’è il cinema? Strumento di immortalità o di
vampirizzazione? Quale il suo vero scopo?
L’inseguimento di una jouissance o la perfetta
riproducibilità del reale? Queste sono solo alcune
delle domande che attraversano Conversazioni sul
cinema (Pellegrini, pagg. 416, € 20,00), volume
bilingue in italiano e inglese, in cui si susseguono
undici conversazioni con altrettanti pensatori e
registi contemporanei – da Julio Bressane a JeanLouis Comolli, Georges Didi-Huberman Roberto
Esposito, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi,
Werner Herzog, Paolo Jedlowski, Jean-Luc Nancy,
Jacques Rancière, Paul Schrader e Slavoj Žižek.
Undici conversazioni tratte da altrettanti numeri del
quadrimestrale “Fata Morgana”, nato nel 2006 con
l’intento di raccogliere al suo interno una polisemia
di voci – da filosofi a registi, sociologi, antropologi,
e studiosi di cinema – in grado di far riflettere i loro
lettori sulla contemporaneità. Sulle pagine della
rivista il cinema diventa così occasione per
indagare il mondo e chiave con cui decifrare il
moderno, senza cadere in una specificità settoriale
che stringerebbe come una morsa il reale,
privandolo dell’eterogeneità delle prospettive più
diverse. Undici conversazioni su un tema – dal Bíos
al Sacro – ma anche sul cinema, altrettanti punti
luminosi in grado di segnalare un percorso, ma agli
occhi dei più attenti, anche di “disegnare una
costellazione”.
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
di Gianluigi Ceccarelli
Colonne Sonore
Visti da vicino
Che Dilemma!
Soundtrack o playlist? Dal Grande Freddo
a Pulp Fiction, quando vince l’evergreen
LA
CONSACRAZIONE
della playlist da affiancare
allo score (quando non a
soppiantarlo) ha tra i suoi
responsabili Kasdan e il
suo Grande freddo, esempio
lampante (secondo solo al
caso di Pulp Fiction) di come
l’evergreen da riscoprire
possa rendere unica la
sequenza della pellicola
che accompagna. Oltre, va
da sé, ad avere maggiori
possibilità di guadagno
una volta sul mercato
rispetto allo score di un
compositore, per quanto
affermato. The Dilemma,
incursione nella comedy
da parte di Ron Howard,
al contrario punta poco
sull’effetto nostalgia: con
l’eccezione dei Kiss più
“seventies” (Detroit Rock
City), della splendida Don’t
Do It della Band e di Sticks
and Stones di Ray Charles, la
scaletta mostra una spicca-
ta propensione per l’indierock degli ultimi cinque sei anni, sofisticato e non
scontato se escludiamo i
Fratellis con l’iperdigerita
Chelsea Dagger. Ecco allora il
rock rétro degli australiani
Wolfmother e degli Hold
Steady, specialisti nel
riproporre in chiave attuale gli old sounds dei numi
tutelari anni ’70; il duo dei
Black Keys col loro robusto, immarcescibile repertorio rock blues, le incursioni pop rock dei Virgins
e il crossover dei Neon
Plastix, ammiccante al pop
anni ‘80.
Uno sguardo al presente
con un occhio al passato,
con una semplicità che
non fa stancare, ascolto
dopo ascolto. Perla finale:
Damien Jurado, songwriter
rampollo di Cohen e
Drake, un’emozione “in
levare” che resta.
Per tut ti i gus ti
a cura di Federico Pontiggia
Machete
Robert Rodriguez
se la canta e se la
suona. E’ lui a impreziosire la OST di questo
trailer espanso, ma non cercatela: per
sentire le sue divagazioni sullo spartito
supersplatter, l’unica possibilità è la sala.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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Source Code
Effetti ed effettacci
per Chris Bacon,
che mette rumori e sintetizzatore al servizio
dell’eroe dei due mondi Jake Gyllenhaal.
Purtroppo per noi e Duncan Jones, in Moon
c’era Clint Mansell: tutta un’altra musica.
I baci mai dati
Eccessiva, pop e
variopinta:
Roberta Torre bacia ancora, ma soddisfa
meno. Stesso discorso per la soundtrack
sbaciucchiata, che evoca e invoca, ma non
va Oltre con Erica Mou.