IL CIPE Il Comitato interministeriale per la programmazione

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IL CIPE Il Comitato interministeriale per la programmazione
IL CIPE
Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) venne istituito il 14 aprile
1965 con deliberazione del Consiglio dei Ministri ed iniziò ad operare come organo di governo dal
settembre del 1965. Sin dalla sua istituzione assunse il ruolo di sede decisionale in merito alle più
rilevanti questioni di politica economica e finanziaria del paese.
Tale ruolo fu poi riconosciuto ed istituzionalizzato con la legge 27 febbraio 1967 n.48 e permane
tuttora.
In base all’art.16 di tale legge, il CIPE:
predispone gli indirizzi della politica economica nazionale;
indica le linee generali per l’elaborazione del programma economico nazionale e per la
impostazione del progetto di bilancio di previsione dello Stato;
indica le direttive generali intese alla attuazione del programma economico nazionale e alla
promozione e al coordinamento della relativa attività della pubblica amministrazione e degli enti
pubblici.
Indubbia è quindi la natura di organo di decisione politica svolta dal CIPE, cui viene affidato
l’intero settore della politica del governo nella materia economica e finanziaria.
L’azione politica del comitato si svolge in tre tempi essenziali:
nel momento della predisposizione degli indirizzi;
in quello della realizzazione degli stessi con l’inserimento degli stessi nel programma pluriennale e
nelle sue fasi annuali costituite dai vari bilanci di previsione;
nella fase più propriamente esecutiva, con facoltà di dirigere l’azione della pubblica
amministrazione e degli enti pubblici, promuovendone e coordinandone l’attività, al fine di attuare
le decisioni politiche del CIPE stesso adottate nella materia economica e finanziaria.
Le origini del CIPE sono ispirate al principio di autoorganizzazione del potere esecutivo, che
costituisce uno dei principi basilari della struttura costituzionale. E’ lo stesso Governo, infatti, che,
considerando inadeguata la propria organizzazione rispetto ai propri nuovi complessi compiti nel
campo economico e finanziario, e particolarmente nel settore della programmazione economica,
genera spontaneamente un nuovo organo che possa affiancarsi ad esso per esercitare tali funzioni in
modo adeguato e che goda di piena fiducia. In questo modo, il CIPE, da un lato, esprime
l’orientamento della maggioranza politica espressa dal governo e, dall’altro, grazie ad una struttura
elastica e specializzata, decide e dirige la politica economica e finanziaria dello stesso.
Con la riforma del 1967-68, quindi, il CIPE viene a sostituirsi ai numerosi comitati di ministri che
erano stati istituiti nel tempo e che erano competenti in settori specifici dell’azione politicoeconomica del governo. Con l’istituzione del CIPE termina quindi, o almeno si attenua fortemente,
il policentrismo del sistema dei comitati economici a favore dell’accentramento di tutte le
competenze in una struttura unitaria e omogenea.
Il CIPE si pone come un vero e proprio gabinetto economico sulla scia delle esperienze europee
della Germania, della Gran Bretagna e del Belgio.
In Germania, in data 20 marzo 1951, fu istituito un comitato di coordinamento della politica
economica costituito da otto ministri: il ministro dell’economia, delle finanze, dell’alimentazione,
del lavoro, del commercio, dell’edilizia, dell’energia atomica e del tesoro. Nel tempo le funzioni del
Comitato evolsero, andando ben oltre la semplice attività di coordinamento e di risoluzione delle
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controversie tra i ministri e portando alla configurazione di un organo di direzione politica,
subordinato solo al Cancelliere.
Per quanto riguarda la Gran Bretagna, la prima esperienza di un gabinetto economico risale alla
prima guerra mondiale con la creazione della Home Affair Committee, organo a competenza
generale politica e amministrativa per gli affari ordinari. Nel 1940 fu creato il Lord President’s o
Steering Committee, che divenne il più importante organo di coordinamento per gli affari interni e
per la politica economica, con competenza inerente tutte le funzioni di governo, salvo la condotta
della guerra e la cura degli affari esteri. Nel 1947 il comitato fu sostituito da un Comitato per la
Politica Economica, competente per tutta la sfera degli affari economici del paese, tuttora operativo.
In Belgio, il Comitè ministeriel de coordination economique (C.M.C.E.), nato nel 1938 ed investito
di competenza generale in campo economico, è stato sostituito nel 1961 dal Comitè ministeriel de
coordination èconomique et sociale (C.M.C.E.S.). Mentre il C.M.C.E. non aveva poteri deliberativi
e l’importanza delle sue decisioni dipendeva solo dal fatto che ne facevano parte ben due terzi dei
membri del gabinetto, sicché l’approvazione delle deliberazione dell’organo da parte del consiglio
dei ministri poteva considerarsi un fatto del tutto formale, la decisione del C.M.C.E.S., come
stabilito dall’ordinanza reale 4 ottobre 1961, può sostituire la deliberazione del consiglio dei
ministri. Il C.M.C.E.S. è tenuto ad assicurare le direttive generali della politica economica,
finanziaria e sociale del governo e a darne esecuzione, con l’assistenza dei comitati.
Composizione e struttura del CIPE.
Ai termini dell’art.16, 2° comma, della legge n.48 del 1967, il CIPE è presieduto dal presidente del
consiglio che assicura il perfetto coordinamento delle decisioni del comitato con l’azione politica
del consiglio dei ministri. Presso tale organo il presidente del consiglio è in grado di far valere la
propria volontà politica ancora più efficacemente, data la natura specializzata dello stesso, rispetto
allo stesso consiglio dei ministri. Nella prassi la presidenza del CIPE è spesso assunta, per delega
del presidente del consiglio, dal dell’economia, vicepresidente del comitato. La legge non prevede
la possibilità di delegare la presidenza ma, in virtù dei principi di funzionalità e di economicità
dell’organizzazione del governo, tale delega si configura come una prassi legittima basata su un
rapporto di fiducia fra presidente e ministro. L’attribuzione al ministro dell’economia della carica
della vicepresidenza ha una duplice valenza: da un lato contribuisce a rinforzarne la posizione
politica, dall’altro è valida riprova del ruolo primario che l’organo viene ad assumere fra quelli che
compongono il governo.
A comporre il CIPE sono i c.d. ministri “economici” il cui numero si è dimostrato nel tempo
variabile. La legge istitutiva del CIPE nel individuava quattordici ma oggi il numero è
sensibilmente ridotto.
Molteplici sono i vantaggi presentati dalla previsione di una composizione ristretta:
alleggerimento del compito del singolo ministro;
direzione politica stabile e permanente del settore affidato al comitato;
maggiore esperienza e competenza tecnica delle sue decisioni politiche rispetto a quelle del
gabinetto.
La legge prevede comunque che altri ministri possano essere chiamati a partecipare alle riunioni del
CIPE, quando vengano trattate questioni riguardanti i settori di rispettiva concorrenza. Inoltre, per la
tutela di interessi specifici è ammessa la partecipazione al comitato di rappresentanti di organismi
regionali e provinciali e dei presidenti delle giunte regionali e delle province autonome di Trento e
di Bolzano.
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Punto focale dell’esperienza del CIPE, come di altri comitati, è la previsione dell’integrazione
dell’organo con tecnici ed esperti: in base all’art. 16, 7° comma, della legge n.48, alle sedute del
CIPE possono essere invitati ad intervenire il governatore della Banca d’Italia, il presidente
dell’Istituto centrale di statistica e il segretario della programmazione. Si deve rilevare che il
legislatore ha disciplinato con estrema e forse eccessiva cautela l’integrazione del CIPE a livello
tecnico, prevedendo solo quattro tecnici accanto ai ministri. Si tratta di soggetti altamente qualificati
per la loro esperienza e posizione di preminenza nel campo della programmazione economica, della
ricerca scientifica, del credito e, in generale, nel campo economico e finanziario.
Attribuzioni del CIPE.
Le attribuzione del CIPE vanno distinte in:
Attribuzioni ad esso direttamente conferite dalla l. n.48 del 1967;
Attribuzioni trasferite al CIPE in quanto erede dei numerosi comitati di ministri soppressi dalla
riforma del 1967-68;
Attribuzioni esercitate dai sottocomitati del CIPE o da altri comitati di ministri che sono sottoposti
alle direttive generali da esso impartite;
Altre attribuzioni conferite da leggi successive.
Nel complesso le principali funzioni del CIPE sono:
Predisposizione degli indirizzi della politica economica nazionale;
Indicazione, su relazione del ministro dell’economia, delle linee generali per la elaborazione del
programmo economico nazionale;
Indicazione, su relazione del ministro dell’economia, delle linee generali per la impostazione del
progetto di bilancio di previsione dello stato;
Indicazione delle direttive generali intese all’attuazione del programma economico nazionale ed a
promuovere e coordinare a tale scopo l’attività della pubblica amministrazione e degli enti pubblici:
Esame della situazione economica generale ai fini dell’adozione di provvedimenti congiunturali.
Promozione dell’azione necessaria per l’armonizzazione della politica economica nazionale con le
politiche economiche degli altri paesi dell’Unione europea e dell’EURATOM.
Approvazione del programma annuale di attività dell’ISTAT per quanto concerne le rilevazioni
interessanti la programmazione economica.
Le competenze attribuite al CIPE dalla numero 1 alla 4 sono quelle che giustificano la definizione
del comitato come “gabinetto economico”, in quanto presentano una portata di carattere così
generale e al tempo stesso così penetrante da consentire ad esso la fondamentale funzione di
decisione politica nel campo economico e finanziario. A tal fine, il CIPE ha un proprio ruolo
nell’utilizzo di due strumenti essenziali che, nel loro raccordo, rappresentano la sintesi di tutta
l’azione del governo nel campo economico-finanziario: l’azione normativa, nelle sue varie forme, e
la funzione amministrativa, con interventi diretti da parte delle amministrazioni centrali e locali
dello stato e con interventi da parte degli enti pubblici.
Il principale atto normativo in materia economico-finanziaria è la legge di bilancio e gli atti
normativi collegati (legge finanziaria e decreti collegati alla finanziaria). Nella fase di elaborazione
degli obiettivi (prima dell’approvazione degli stessi da parte del Consiglio dei Ministri) e nella fase
di implementazione di quanto approvato dal Parlamento.
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E’ importante sottolineare che le decisioni del CIPE in ordine al programma non sono preparatorie
ed ausiliarie rispetto a quelle del consiglio dei ministri, ma costituiscono una fase autonoma del
procedimento prescritto per la formazione della legge-programma. Dovrà poi naturalmente
pronunziarsi il consiglio dei ministri, la cui deliberazione dovrebbe andare, tuttavia, poco al di là di
una semplice ratifica, di un’approvazione formale.
Al fine di garantire l’effettiva attuazione del programma economico nazionale, il CIPE opera
mediante direttive generali; strumento utilizzato anche per promuovere e coordinare l’attività della
pubblica amministrazione e degli enti pubblici.
Al comitato sono anche conferiti gli strumenti concreti necessari all’esercizio della funzione di
controllo permanente della situazione economica generale e della funzione di decisione della
politica congiunturale. Si tratta dei c.d. provvedimenti congiunturali. Questi provvedimenti sono
adottati, se di interesse particolare e settoriale, con atti dei singoli ministri finanziari; se di portata
generale o molto importanti, invece, sono adottati con legge ordinaria del parlamento o, se urgenti,
con decreto legge dal consiglio dei ministri.
In quanto successore dei numerosi comitati di ministri soppressi dalla riforma del 1967-68, al CIPE:
Sono demandati tutti i compiti già affidati al comitato interministeriale per la ricostruzione,
soppresso dall’art. 18 della l. n.48/1967, ivi compresi i compiti previsti in ordine al potenziamento e
al coordinamento dei programmi relativi alla ricerca scientifica;
Sono trasferite le attribuzioni del soppresso comitato di ministri per l’ENEL, ad eccezione di quelle
conferite al ministro per l’industria, il commercio e l’artigianato;
Viene attribuita la competenza a fissare le direttive generali per il comitato nazionale per l’energia
nucleare (CNEN);
Vengono devolute le attribuzioni dei soppressi comitati di ministri per le partecipazioni statali e per
gli interventi nel mezzogiorno.
Posizione costituzionale del CIPE: fondamento ed aspetti problematici
L’attribuzione al CIPE di rilevanti funzioni di decisione politica in materia economica e finanziaria
e il trasferimento ad esso di gran parte di quelle in precedenza esercitate dal consiglio dei ministri è
avvenuto per volontà di quest’ultimo, al fine di non oberare ulteriormente la propria agenda con
l’esercizio di una funzione troppo complessa e gravosa per poter essere adeguatamente svolta nel
poco tempo a disposizione nelle riunioni di gabinetto. Il CIPE opera come organo del governo,
delibera in modo definitivo nelle materie attribuite alla sua competenza ed è indipendente rispetto a
tutti gli altri organi che compongono l’esecutivo, compreso il consiglio dei ministri, al quale è
legato da un rapporto di fiducia e di identità di indirizzo. Tale rapporto è dovuto al fatto che i due
organi hanno lo stesso presidente, il presidente del consiglio, e di un numero rilevante di ministri
che siedono in entrambi gli organi, e che in seno al CIPE rappresentano in ogni caso la
maggioranza.
In considerazione di ciò può dirsi che esiste un rapporto diretto di responsabilità politica fra il CIPE
e il parlamento relativamente all’elaborazione dell’indirizzo politico economico da esso posta in
essere. In particolare, esiste una responsabilità politica collegiale davanti al parlamento di tutti i
ministri che compongono il CIPE o che hanno partecipato alle sue deliberazioni. Esiste poi, come
sempre, la responsabilità politica generale del presidente del consiglio, in quanto presidente del
CIPE. Non sussiste invece una responsabilità individuale dei singoli ministri che compongono il
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comitato. La previsione, da parte di alcuni autori, di questa responsabilità è fondata sulla falsa idea
che la partecipazione del ministro al lavoro del comitato sia una specie di estensione della
competenza del ministero.
Strettamente legato al problema della posizione costituzionale del CIPE rispetto al consiglio dei
ministri e agli atri organi che compongono il governo è quello della legittimità costituzionale del
suo inserimento nel sistema degli organi dell’esecutivo. Già prima della sua istituzione nel 1965, era
stata espressa l’opinione che un comitato di ministri incaricato di funzioni di indirizzo e di
coordinamento politico nel campo della pianificazione economica sarebbe stato costituzionalmente
illegittimo, in quanto tale organo avrebbe finito per sostituirsi al consiglio dei ministri e al
presidente del consiglio, invadendone le rispettive sfere di competenze.
I dubbi sulla legittimità costituzionale del CIPE sono stati superati dalla dottrina sulla base delle
seguenti considerazioni:
Il sistema degli organi del governo si presenta storicamente in continua evoluzione e gli organi
enumerati della costituzione non possono e non vogliono rappresentare un numerus clausus;
Non esiste una funzione di indirizzo politico in senso astratto e generale, riservata al consiglio dei
ministri, in virtù della quale sarebbe incostituzionale ogni competenza a prendere decisioni politiche
che non sia inquadrata fra quelle del consiglio dei ministri e quindi rientrante nel c.d. indirizzo
politico generale;
Le competenze del consiglio dei ministri non sono enumerate dalla costituzione, ma risultano da
testi legislativi e dalla prassi, e pertanto è possibile attribuire ad altri organi dell’esecutivo
competenze nuove o spettanti in precedenza al consiglio dei ministri;
I comitati di ministri, per i principi che regolano la loro struttura, svolgono le funzioni di governo
ad essi attribuite senza turbare l’omogeneità dell’azione politica del governo nel suo insieme e
senza invadere la sfera di competenza degli altri organi dell’esecutivo, se non nella misura in cui
questi stessi organi intendano rinunziarvi.
Alla luce di questi principi, non vi è dubbio che l’inserimento del CIPE nel sistema degli organi di
governo come gabinetto economico risulti perfettamente compatibile con la costituzione: tale
inserimento rappresenta un’evoluzione utile per la funzionalità dell’esecutivo, come sembrano tra
l’altro dimostrare numerose analoghe esperienze estere . Inoltre, è bene sottolineare che si è trattata
di un’evoluzione spontanea, perché il CIPE è sorto in seno al consiglio dei ministri per esclusiva
volontà di quest’ultimo, che ne ha determinato le attribuzioni, limitando la propria sfera di
competenza politica.
L’approvazione con legge (la l. 48/1967) della stabilizzazione del CIPE non ha avuto, quindi, la
funzione di legittimare l’esistenza di tale organo bensì di consentire allo stesso di svolgere anche
funzioni amministrative, in ossequio a quanto previsto dall’art. 97 della Costituzione, laddove
dispone che le funzioni amministrative possono essere attribuite solo con legge.
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