Cons. di Stato n. 5201 del 22.10.2014

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Cons. di Stato n. 5201 del 22.10.2014
MASSIMA - L’informativa in questione invero, per la sua natura cautelare e preventiva, non
richiede la prova di un fatto ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia
illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di infiltrazioni o collegamenti con organizzazioni
mafiose o di un condizionamento da parte di queste, per cui gli elementi raccolti non vanno
riguardati in modo atomistico bensì nel loro insieme ed unitariamente esplicitandosi in una
valutazione nella quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri, non con
finalità di accertamento di responsabilità, ma di massima anticipazione dell’azione di prevenzione,
rispetto alla quale risultano rilevanti anche fatti e vicende solo sintomatiche o indiziarie, al di là
delle individuazioni delle responsabilità penali.
Ne consegue che la valutazione relativa al pericolo di infiltrazione mafiosa si configuri quale tutela
avanzata nei riguardi di tale di criminalità organizzata, tanto da operare anche quando non si sono
ancora concretizzati elementi certi di collusione o di cointeressenza, proprio per la funzione di
deterrenza anticipata, ma inevitabile, che questo tipo di valutazione viene a svolgere nell’ambito
ordinamentale.
Consiglio di Stato n. 5201 del 22/10/2014
N. 05201/2014REG.PROV.COLL.
N. 03487/2014 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso
numero
di
registro
generale
3487
del
2014,
proposto
da:
Industrie Elettromeccaniche Europee srl con sede in Napoli, rappresentata e difesa dagli avv. Orazio
Abbamonte e Carlo Malinconico, con domicilio eletto presso lo Studio Abbamonte-Titomanlio in
Roma, via Terenzio, 7;
contro
U.T.G. - Prefettura di Caserta, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello
Stato,
domiciliata
in
Roma,
via
dei
Portoghesi,
12;
Metronapoli spa, rappresentata e difesa dagli avv. Severino Grassi e Loredana Milone, con
domicilio eletto presso il primo in Roma, via San Tommaso D'Aquino, 80;
nei confronti di
Elettromeccanica PM srl;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI - SEZIONE I n. 01579/2014, resa tra le parti,
concernente revoca aggiudicazione gara per il servizio di revisione motori di trazione della linea 1
per interdittiva antimafia
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ U.T.G. - Prefettura di Caserta e della Metro Napoli spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2014 il Cons. Vittorio Stelo e uditi per le parti
gli avvocati Abbamonte, Malinconico, Milone e l’avvocato dello Stato Soldani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Tribunale amministrativo regionale della Campania – Napoli – Sezione I, con sentenza n. 1579
del 12 marzo 2014 depositata il 19 marzo 2014, ha respinto, con compensazione delle spese, il
ricorso proposto da Industrie Elettromeccanica Europee s.r.l. (di seguito, I.E.E.), con sede in Napoli,
avverso la nota n. 12b.16 dell’8 maggio 2013 con cui la Prefettura di Caserta ha comunicato che nei
confronti della A.E.G.- Applicazioni Elettroniche Generali s.r.l. (di seguito A.E.G.), con sede in
Marcianise (CE) e già cedente alla ricorrente il ramo d’azienda interessato all’appalto di cui trattasi,
sussistevano le cause interdittive di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 490/1994, nonché avverso il
provvedimento n. 232 del 23 settembre 2013, con cui la Metronapoli s.p.a., con sede in Napoli, ha
di conseguenza revocato l’aggiudicazione dell’appalto all’IEE del “Servizio di Revisione Motori di
Trazione della linea 1” della Metropolitana di Napoli affidandolo alla seconda classificata
Elettromeccanica PM srl.
Il giudice di prime cure ha ritenuto che l’interdittiva antimafia fosse correttamente sostenuta dal
reato di favoreggiamento personale ascritto a tre persone collegate alla A.E.G., in quanto soci
maggioritari, e quindi alla sua derivazione societaria, la IEE, appartenente allo stesso gruppo
familiare (i due figli di due soci della AEG sono soci maggioritari della IEE), con condotta e legame
che hanno trasceso l’iniziativa del singolo amministratore per coinvolgere più persone della società,
che erano quindi direttamente collegate all’attività commerciale con l’illecita finalità di protezione
di un noto esponente di locale clan camorristico, tratto in arresto in una specifica operazione..
2. La I.E.E. s.r.l., con atto notificato il 16 aprile 2014 e depositato il 26 aprile 2014, ha interposto
appello, con domanda di sospensiva, ribadendo il difetto di istruttoria, di motivazione e dei
presupposti dell’interdittiva prefettizia e deducendo l’error in iudicando nonché il difetto e
l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata, fondata anche sul travisamento delle
risultanze processuali in sede cautelare.
Nello specifico si sostiene che il processo per favoreggiamento personale riguardava un rapporto
commerciale per la vendita di materiale ferroso da parte dell’A.E.G. per il quale i tre soci
maggioritari non avevano emesso regolari fatture ma avevano incassato alcuni assegni circolari,
asserendo poi di non ricordare il nominativo di chi, poi sospettato e inquisito per associazione
camorristica, glieli aveva consegnati, giustificandosi con una comprensibile dimenticanza a distanza
di tre anni dopo.
Inoltre, è estranea alla criminalità organizzata e alla fattispecie de qua l’indagine in corso a Firenze
a carico di due soci per reati comuni di turbativa d’asta mediante associazione a delinquere per
appalti delle ferrovie statali.
Detti procedimenti riguardano comunque soggetti estranei all’aggiudicataria I.E.E., di cui sono soci
di maggioranza i figli di due soci della A.E.G., affatto coinvolti data la separatezza della gestione a
seguito di tipico passaggio generazionale.
Non rilevano quindi i procedimenti suddetti né il mero rapporto di parentela, per cui la Prefettura
avrebbe dovuto approfondire in sede istruttoria l’asserito tentativo d’infiltrazione per pervenire ad
un’autonoma valutazione circa la concretezza di quell’infiltrazione.
Quanto alla sentenza impugnata, l’appellante sostiene che il T.A.R. ha ignorato l’ordinanza
cautelare della Sezione n. 4776/2013, che, in riforma dell’ordinanza cautelare del T.A.R. Campania
n. 1694/2013, aveva accolto l’istanza sospensiva, posto che il provvedimento prefettizio si
incentrava, senza alcuna autonoma valutazione, sulla pericolosità derivante dall’unico episodio
relativo al ridetto “favoreggiamento”.
Il giudice di primo grado si sarebbe sostanzialmente sostituito all’Amministrazione integrandone la
motivazione per di più su un solo episodio “insignificante” e apprezzato in astratto.
3. La Prefettura – Ufficio Territoriale di Governo di Caserta si è costituita con mero atto formale
dell’Avvocatura generale dello Stato depositato il 21 maggio 2014.
4. L’Azienda Napoletana Mobilità s.p.a. (che ha incorporato la Metronapoli s.p.a., di seguito
A.N.M.), si è costituita con memoria depositata il 19 maggio 2014, con cui si comunica di aver
eseguito dapprima il provvedimento prefettizio anche in attuazione dell’art. 29 del contratto
d’appalto, che prevede nel caso di specie la facoltà di avvalersi della clausola risolutiva espressa,
con la conseguente revoca dell’appalto in capo alla A.E.G. e l’aggiudicazione alla Elettromeccanica
PM s.r.l., seconda classificata; poi, alla luce della citata ordinanza di questo Collegio n. 4776/2013
ha assegnato l’appalto di nuovo all’A.E.G.; quindi, dopo la sentenza del T.A.R., ha richiesto
aggiornate informazioni sulle due concorrenti alla Prefettura, senza esito.
5. Con ordinanza n. 2142 del 22 maggio 2014 il Collegio ha respinto, con condanna alle spese,
l’istanza cautelare volta alla sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.
6.1. L’A.N.M. di Napoli ha depositato altra memoria in data 18 settembre 2014 a sostegno del
carattere e del contenuto della nota interdittiva prefettizia nonché della sentenza impugnata, e al
contempo documentazione secondo cui nel luglio 2014 è stato di nuovo formalmente affidato
l’appalto alla seconda, Elettromeccanica PM s.r.l., previa risoluzione del contratto con la I.E.E.
s.r.l..
6.2. L’appellante, con memoria depositata il 27 settembre 2014 ha replicato alle controdeduzioni
dell’Azienda, ribadendo i motivi dell’impugnativa.
7. La causa, all’udienza pubblica del 9 ottobre 2014, è stata trattenuta in decisione.
8.1. L’appello è infondato e la sentenza merita conferma.
8.2. Sul piano generale la Sezione intende conformarsi agli orientamenti ormai consolidati e quindi
richiamarsi, per esigenze anche di economia processuale, alle motivazioni già svolte in subiecta
materia anche con proprie sentenze, che hanno fra l’altro sottolineato la specifica valenza degli
accertamenti disposti dal Prefetto e delle conseguenti valutazioni formulate sulla base di un quadro
indiziario nel quale assumono valore preponderante fatti e circostanze di varia natura da prendere in
considerazione non isolatamente ma nella loro globalità (cfr. da ultimo, fra le altre, III, nn. 287 e
2290/2014).
L’informativa in questione invero, per la sua natura cautelare e preventiva, non richiede la prova di
un fatto ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile
ritenere la sussistenza di infiltrazioni o collegamenti con organizzazioni mafiose o di un
condizionamento da parte di queste, per cui gli elementi raccolti non vanno riguardati in modo
atomistico bensì nel loro insieme ed unitariamente esplicitandosi in una valutazione nella quale ogni
elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri, non con finalità di accertamento di
responsabilità, ma di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, rispetto alla quale risultano
rilevanti anche fatti e vicende solo sintomatiche o indiziarie, al di là delle individuazioni delle
responsabilità penali.
Ne consegue che la valutazione relativa al pericolo di infiltrazione mafiosa si configuri quale tutela
avanzata nei riguardi di tale di criminalità organizzata, tanto da operare anche quando non si sono
ancora concretizzati elementi certi di collusione o di cointeressenza, proprio per la funzione di
deterrenza anticipata, ma inevitabile, che questo tipo di valutazione viene a svolgere nell’ambito
ordinamentale.
In sostanza, si tratta, come detto, del più avanzato livello di protezione dell’ordinamento da
fenomeni particolarmente pericolosi ed aggressivi per la vita della collettività, rimesso alla
valutazione prefettizia sulla base delle informative rese dalle forze di polizia e che, proprio per tale
sua connotazione, non necessita del supporto di elementi contraddistinti da certezza ed univocità,
operando in un ambito di prevenzione che, in quanto tale, deve potersi fondare anche su meri
elementi indiziari non assurgenti al rango di prova.
8.3. Alla stregua di tali premesse la Sezione ritiene quindi, che nel caso di specie gli elementi
indiziari e le valutazioni che giustificano la informativa antimafia superino, come sottolineato anche
dal T.A.R., il vaglio della congruità, logicità e ragionevolezza e che nessuno dei rilievi mossi rivesta
consistenza tale da incidere sulla sua legittimità, non sussistendo in effetti il lamentato difetto dei
presupposti, di istruttoria e di motivazione né altre carenze, omissioni e violazioni vuoi nella
sentenza impugnata che negli atti impugnati in primo grado.
Il T.A.R. invero si è limitato a sottoporre al suo esame il solo episodio del favoreggiamento
personale ritenendolo di per sé sufficiente in proposito con motivazione immune da macroscopici
vizi di illogicità e irrazionalità.
Detto elemento è senza dubbio particolarmente grave e sintomatico di per sé dell’infiltrazione, ed è
fuori di luogo l’assunto dell’appellante che qualifica lo stesso come “insignificante”, né quindi il
giudice di prime cure risulta aver travisato le risultanze processuali o financo essersi sostituito
all’Amministrazione integrando la motivazione del provvedimento che, in effetti, come detto, era
sorretto dalla valutazione di più indizi.
In effetti l’interdittiva antimafia contiene gli elementi indispensabili per configurare, in fatto e in
diritto, la fattispecie all’esame, sottolineando il legame di contiguità, supportato dai rapporti delle
forze dell’ordine e della D.I.A., fra i soci di maggioranza della A.E.G. e i figli di alcuni di quei soci
e soci di maggioranza dell’I.E.E., nata per scissione dall’A.E.G. nel medesimo periodo e successore
nel ramo d’azienda interessato all’appalto.
Si fa riferimento in tale contesto al processo per favoreggiamento personale in corso a Napoli a
carico dei tre soci dell’A.E.G. in favore di esponente di clan camorristico nonché, inoltre, alle
indagini in corso a Firenze nel 2010 a carico di due soci per associazione per delinquere e turbata
libertà degli incanti.
Può quindi affermarsi che l’interdittiva non si collega automaticamente al mero rapporto di
parentela né ai fatti oggetto di approfondimento in sede penale, bensì a una specifica valutazione,
basata su diversi parametri sul piano amministrativo, delle stesse emergenze giudiziarie, degli
indizi, dei collegamenti societari e degli intrecci imprenditoriali ed economici, contatti e
frequentazioni (con esponente del clan), e in definitiva a un quadro che, nel complesso degli
elementi e prescindendo dalle singole circostanze, rende plausibile e giustifica l’adozione
dell’interdittiva quale specifica misura di tutela anticipata volta a prevenire e/o stroncare ogni
possibile “inquinamento” delle aziende, degli appalti pubblici e quindi dell’attività della P.A., posto
in essere notoriamente anche attraverso operazioni apparentemente legittime ma fittizie tipiche delle
organizzazioni mafiose.
In effetti il giudizio prognostico non deve essere riguardato solo sul dato della parentela, del
favoreggiamento personale e delle indagini ex artt. 416 e 353 c.p., come sostenuto assertivamente
con l’appello all’esame che si limita a rappresentare i detti elementi in modo asettico e atomistico,
bensì sul loro “intreccio” e contenuto sostanziale, non potendosi giustificare il comportamento
“omissivo” della “dimenticanza” della persona cui sono stati consegnati gli assegni per di più senza
regolare fatturazione, né può farsi ricorso al “tipico passaggio generazionale” riguardo a cessione,
nello stesso periodo, di ramo d’azienda per l’appunto interessato all’appalto ai figli di due soci di
maggioranza dell’A.E.G..Si tratta in effetti di più “sintomi” sia pure relativi ad un cosiddetto
“singolo episodio”, ma di per sé significativo e probatorio di un comportamento e di un
collegamento censurabili secondo la previsione normativa in questione e la disamina prefettizia.
A ciò si aggiunga anche l’indagine svolta a Firenze, citata nel provvedimento (“inoltre”), elemento
che, a prescindere dalla asserita natura cd. “comune” dei reati ascritti, anche per il carattere
particolare di quei reati ben può ad abundantiam concorrere nella valutazione della prefetura.
Nel complesso possono così evincersi una complessa attività e contatti anche finanziari e
commerciali tali da rendere evidente l’intrusione e il condizionamento criminosi in potenza e in
atto, anche nella gestione della società appellante.
8.4. All’infondatezza dell’appello consegue la legittimità della revoca dell’appalto disposto infine
dall’Amministrazione, che, per giurisprudenza costante, era a ciò tenuta non potendo sindacare la
valutazione prefettizia e dovendo per di più dare attuazione a clausola risolutiva espressa (art. 29
contratto).
9. L’appello va quindi respinto e la sentenza va confermata con la più estesa motivazione di cui
sopra.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto,
conferma la sentenza impugnata.
Condanna parte appellante al pagamento delle spese di giudizio da liquidarsi in € 2000,00 (duemila)
a favore di ANM spa (già Metronapoli spa) e in € 1000,00 (mille) a favore dell’UTG-Prefettura di
Caserta,oltre agli accessori dovuti per legge, per complessivi € 3000,00 (tremila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nell’udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere, Estensore
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)