1 Le fonti internazionali e sovranazionali del diritto del lavoro

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1 Le fonti internazionali e sovranazionali del diritto del lavoro
1 Le fonti internazionali e sovranazionali del diritto del lavoro
Alla produzione del diritto del lavoro concorrono, con peso crescente, anche il diritto
internazionale e il diritto dell’Unione europea.
L’art. 35 della Costituzione dispone, al comma 3, che la Repubblica «promuove e favorisce
gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del
lavoro».
Le norme internazionali di origine consuetudinaria sono fonti dirette del diritto del lavoro per effetto dell’art. 10 Cost. (l’ordinamento si conforma alle norme di d. internazionale generalmente riconosciute).
Le norme internazionali di natura pattizia (cioè i trattati) sono considerate, invece, fonti indirette in quanto devono essere ratificate con legge dello Stato per entrare a far
parte dell’ordinamento giuridico italiano e ad esse deve essere data esecuzione (in genere ciò avviene con la stessa legge che ne autorizza la ratifica) affinché diventino applicabili e vincolanti per i singoli individui.
Tra i più importanti trattati internazionali, sottoscritti anche dall’Italia, ricordiamo la
Carta Internazionale del Lavoro (Versailles, 1919), aggiornata dalla Dichiarazione di
Filadelfia (1944), la Carta sociale europea (Torino, 1961), sottoscritta dai membri del
Consiglio d’Europa i quali ne hanno ribadito i criteri minimi applicativi nel Codice europeo di sicurezza sociale (1964).
Non va dimenticato il Patto delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali,
approvato il 16-11-1966 dall’Assemblea generale dell’ONU e ratificato dall’Italia con L.
25-10-1977 n. 881. Esso si occupa, tra l’altro, di diritto del lavoro, equa retribuzione,
assicurazioni e altre forme di assistenza sociale, sindacati e diritto di sciopero.
Tra le convenzioni più rilevanti vi sono quelle stipulate dall’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro), concernenti le condizioni di lavoro, le libertà sindacali, la sicurezza sociale.
Il diritto dell’Unione Europea è costituito dalle disposizioni dei trattati istitutivi dell’Unione Europea, così come integrati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e da atti
successivi, da ultimo dal Trattato di Lisbona (firmato il 13-12-2007 ed entrato in vigore
il 1°-12-2009) che ha modificato il trattato sull’Unione Europea (TUE) e il Trattato istitutivo della Comunità europea ridenominato Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), nonché dagli atti emanati dalle istituzioni dell’Unione (regolamenti, direttive
e decisioni) (cd. diritto derivato).
Il diritto dell’Unione Europea ha acquisito sempre più importanza come fonte del diritto
del lavoro, anche in considerazione della notevolissima ricaduta delle direttive sullo sviluppo della legislazione nazionale in materia.
Gran parte dei provvedimenti adottati negli ultimi anni — ad esempio in materia di lavoro a tempo determinato, part time, tutela delle lavoratrici madri, tutela contro le discriminazioni, sicurezza del lavoro e orario di lavoro etc. — costituisce «attuazione» di
direttive cui l’Italia è tenuta in forza dell’appartenenza all’Unione Europea.
Il recepimento di tale normativa nella legislazione interna deve avvenire salvaguardando
il livello di tutela dei lavoratori già esistente nel Paese, per cui dall’attuazione delle direttive comunitarie non può derivare un arretramento del livello generale di protezione in un
determinato ambito (cd. principio di non regresso).
Necessitando di adattamento per produrre effetti nel diritto interno, le direttive devono
essere recepite. Ciò avviene trasponendone il contenuto in un atto interno (legge, decreto legislativo, decreto legge, atto amministrativo) secondo criteri e modalità procedurali
oggi disciplinate dalla L. 4-2-2005, n. 11 (che ha sostituito la L. 86/1989, cd. legge «La
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Pergola»); il Governo ogni anno presenta al Parlamento un disegno di legge per l’attuazione, appunto, delle norme dell’Unione Europea.
2 Le «riforme» del lavoro
Mercato del lavoro: è il luogo ideale dove si incontrano
la domanda di lavoro (proveniente dalle imprese) e l’offerta di lavoro (proveniente dai lavoratori). L’espressione «mercato del lavoro», propria dell’analisi
economica, è ormai in uso anche nelle scienze giuridiche; il diritto regola il funzionamento di questo particolare mercato non solo con il fine di favorire l’incontro tra
domanda e offerta, ma anche al fine di tutelare la libertà
e la dignità dei lavoratori.
Nella materia del lavoro, oltre alle numerose
leggi succedutesi nel tempo, concernenti aspetti specifici, si contano diverse «riforme» che
toccano più aspetti e che sono finalizzate ad
intervenire in modo significativo sul funzionamento del mercato del lavoro. Tale principali
riforme degli ultimi anni, ricordiamo:
• la riforma del mercato del lavoro attuata con
il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, che ha
Ammortizzatori sociali: con tale espressione si fa riferiguardato i servizi privati e pubblici per l’imrimento a misure di natura economica, che sono erogate
piego e le tipologie contrattuali cd. speciali;
dallo Stato al fine di fornire una tutela del reddito ai
• le riforme adottate che hanno riguardato il
lavoratori che si trovano a dover affrontare, nel corso
sistema pensionistico (D.L. 201/2011 conv.
della loro vita lavorativa, periodi più o meno lunghi
in L. 214/2011, cd. decreto Salva Italia) e il
senza lavoro per riduzione o cessazione dell’attività lamercato del lavoro e ammortizzatori sociavorativa.
li (L. 92/2012, cd. legge Fornero), con
l’obiettivo di adattare le regole esistenti alle esigenze di competitività delle imprese e
di accrescere l’occupazione.
Un’ulteriore importante riforma in campo sociale è stata realizzata con il cd. Jobs Act (L.
183/2014) con cui si intende conferire maggiore flessibilità ai rapporti di lavoro, con la
garanzia, per i lavoratori, della continuità del reddito e di un investimento sull’efficace
riqualificazione delle persone che per qualsiasi motivo perdano un lavoro. La riforma prevede:
• il riordino degli ammortizzatori sociali, sia relativamente agli interventi in costanza
di rapporto, come la cassa integrazione guadagni, sia relativamente agli interventi in
caso di disoccupazione;
• il potenziamento dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, con la finalità di
fornire assistenza materiale ai lavoratori nel passaggio da un’occupazione all’altra;
• la revisione dei rapporti di lavoro, per renderli più rispondenti alle esigenze dell’attuale contesto produttivo;
• il rafforzamento dell’attività ispettiva, anche al fine di coordinare le funzioni svolte
dai vari organismi con competenze in materia;
• l’emanazione di nuove regole per favorire migliori opportunità di conciliazione tra
esigenze di vita e di lavoro.
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