RISK MANAGEMENT News
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RISK MANAGEMENT News 02 04 08 10 12 Il punto di Alessandro De Felice Più sicurezza alla Qualità con la Gestione del rischio Un Pool per i Pension Bond di Pirelli Il clima cambia, riduciamo i rischi La globalizzazione della tutela ambientale 14 15 16 18 19 I nuovi rischi nell’Europa che cambia Un nuovo modo di fare recall Risk management: what sort of journey! Horizon scanning Smart factory, new risks and smart solutions Il nuovo paradigma della Business Resilience 21 22 23 24 Un approccio globale al Cyber Risk Andare all’estero con la giusta protezione Aziende consapevoli dei rischi in viaggio ANRA Informa Periodico d’informazione a cura di #48 // DICEMBRE 2016 1 RMNews 48 - Novembre 2016 IL PUNTO DI ALESSANDRO DE FELICE Cari Amici, non potevamo concludere questo meraviglioso 2016 di ANRA in maniera migliore! Abbiamo completato l’iter di certificazione ISO9001 della nostra formazione, persino in anticipo sulla tabella di marcia, annunciata durante il Convegno Annuale, che prevedeva la conclusione entro il mese di gennaio 2017. Mi riempie d’orgoglio l’essere riusciti in 8 mesi a creare il percorso formativo ALP, ottenere l’accreditamento Rimap (primi in Europa!) aver registrato circa 70 partecipanti nei 5 moduli svolti fra maggio e dicembre e ottenuto la certificazione ISO9001. Il merito di questa incredibile capacità di fare va all’amico Maurizio Castelli, che ha curato per conto di ANRA la progettazione e l’organizzazione, al prezioso lavoro svolto dal Consigliere Fabrizio Sechi, agli altri membri del comitato formazione (i Consiglieri Carlo Cosimi, Paolo Lionetti e Marco Terzago), oltre al supporto In 8 mesi abbiamo creato il percorso formativo ALP, ottenuto l’accreditamento Rimap (primi in Europa!), registrato circa 70 partecipanti nei 5 moduli svolti e ottenuto la certificazione ISO9001 per la nostra formazione. di Annita Pappagallo e della Segreteria. Grazie di cuore a tutti: la forza di ANRA è tutta nella passione e nell’altissimo valore professionale che ciascuno riesce ad esprimere. Da oggi ANRA si pone al massimo livello della formazione professionale dei Risk Manager, con un corpo docenti formato da grandi professionisti, con una visione pratica e con un programma didattico ricco di casi aziendali e best practices nel quadro di quelli che sono alcuni degli obiettivi fondamentali della nostra Associazione: diffondere la cultura del rischio ed esserne il principale punto di riferimento. Nel 2017 saranno proposti, oltre al percorso ALP – Rimap, nuovi corsi di natura tecnica e soft skills, primi fra tutti un corso sulla Normativa Appalti a gennaio ed uno su elementi di Finanza Aziendale a febbraio. Ve ne daremo notizie dettagliate. Stiamo lavorando anche su un altro importante obiettivo della nostra Associazione: contribuire ad affermare e valorizzare la figura del Risk Manager. In quest’ambito stiamo completando l’accreditamento presso il Ministero dello Sviluppo Economico 2 RMNews 48 - Novembre 2016 Stiamo completando l’iter per l’accreditamento presso il Ministero dello Sviluppo Economico come Associazione Professionale non organizzata in ordini o collegi ai sensi della Legge 4/2013: un grande valore aggiunto per i nostri Soci. come Associazione Professionale non organizzata in ordini o collegi ai sensi della Legge 4/2013, che ha riformato le Professioni. In essa si prevede che le associazioni possano autorizzare i propri iscritti ad utilizzare il riferimento all’iscrizione all’associazione stessa come marchio/attestato di qualità dei propri servizi, sulla base del regolamento già pubblicato sul nostro sito. Sarà questo un grande valore aggiunto, principalmente per quei nostri soci che svolgono attività di consulenza. Il 29 novembre abbiamo brindato all’inaugurazione della nuova sede in Via Albricci, che è già pienamente operativa: rinnovo l’invito a chi non ha potuto partecipare all’evento di venire a visitarla, e a tutti di sentirla come casa propria. È intenzione del Consiglio e mia di promuovere nel 2017 alcune occasioni sociali d’incontro, per conoscersi meglio e stimolare la partecipazione attiva alla vita sociale che è la linfa vitale di ANRA. Non mi resta che lasciarvi alla lettura di questo numero di Risk Management News e augurare a tutti Buone Feste ed un prosperoso 2017! 3 RMNews 48 - Novembre 2016 Più sicurezza alla Qualità con la Gestione del rischio La revisione delle Norme sui sistemi di gestione prevede un approccio aziendale orientato all’analisi dei rischi. Questo può rivelarsi un valore aggiunto per le imprese, anche se molte Norme già includono forme di gestione del rischio. Il tema è stato al centro di un workshop al Convegno Annuale di ANRA L a gestione del rischio nelle aziende e i sistemi di gestione per la qualità sono approcci di tutela dell’impresa e del suo business con più di un punto di contatto, basti pensare alla centralità di temi come ambiente, salute e sicurezza, riservatezza delle informazioni, business continuity. Su questi temi, la produzione di norme ha determinato una stratificazione che richiede riordino e semplificazione. Con tale scopo, da circa tre anni sono in via di elaborazione le revisioni delle Norme utilizzabili per la certificazione delle organizzazioni: questo riordino ha introdotto il concetto del Risk Based Thinking, cioè dell’approccio basato sul rischio. Le nuove revisioni sono organizzate secondo una struttura definita come High Level Structure (HLS), stabilita da ISO con lo scopo di garantire la coerenza formale tra tutte le Norme utilizzabili per la certificazione: l’introduzione di una medesima struttura permette di uniformare e di estendere i principi che stanno alla base dell’applicazione delle singole norme. L’utilizzo per la prima volta del concetto di Risk Based Thinking è una novità che ai professionisti del Risk management appare come una presa d’atto delle affinità tra i due metodi, in considerazione del fatto che ad una visione ampia del concetto di gestione non sfugge la com- plementarietà tra sistemi qualità e gestione del rischio. Il rapporto tra Rischio e Sistemi di Gestione Qualità (SGQ) Volendo analizzare la relazione tra il Risk Management e i Sistemi di Gestione (SdG), in particolare quelli per la Qualità, occorre sottolineare come in un’azienda il concetto di qualità vada inteso in ottica di approccio globale, non solo quindi come rispetto dei requisiti oggetto di certificazione (normati dalla ISO 9001), ma anche dei requisiti impliciti che riguardano ad esempio liability, privacy, sicurezza delle informazioni, servizi informatici, ambiente, sicurezza e business continuity1. Da questa considerazione appare evidente come, dato il suo carattere generale, il concetto di “rischio” investa praticamente tutte le componenti di un Sistema di Gestione. A ben guardare il concetto di RBT non può essere considerato una novità assoluta: infatti nei SdG sono sempre stati presenti elementi di identificazione e mitigazione del rischio come la correzione delle non conformità, l’analisi delle cause radice e la ricerca delle azioni correttive, così come si è da sempre richiesto che venissero pre- 4 disposte le cosiddette “azioni preventive”. Alcune novità rispetto al passato comunque si possono rilevare: ad esempio nella Norma ISO 9001:2015, è stato eliminato uno degli otto principi della Qualità, nello specifico il concetto di “approccio sistemico alla gestione”, in considerazione del fatto che lo si ritiene ormai connaturato al sistema stesso. Un’altra modifica di concetto amplia lo spettro dei referenti dell’impresa, sostituendo nei “Rapporti di reciproco beneficio con i fornitori”, la parola “fornitori” con il termine più vasto di “stakeholders “, ovvero “portatori di interesse”. Il “Risk Based Thinking” (RBT) Come anticipato, le revisioni delle Norme utilizzabili per la certificazione delle organizzazioni sono da qualche anno in rielaborazione. Nella revisione in atto secondo la struttura cosiddetta High Level Structure, con Risk Based Thinking (RBT) viene inteso un nuovo modo di affrontare la gestione per la qualità, basato sulla capacità di ogni componente dell’organizzazione aziendale di assumere decisioni e intraprendere azioni non in modo meccanico e acritico, pur nel rispetto delle procedure previste, ma come effetto di una valutazione raziona- RMNews 48 - Novembre 2016 zione del Sistema di Gestione, a partire dalla comprensione del contesto e delle sue sollecitazioni attuali e potenziali sull’organizzazione; • nell’identificazione degli elementi da tenere sotto controllo nell’ambito dei processi; • nella determinazione del “modo” in cui tali elementi andranno tenuti sotto controllo (inclusa la definizione dei supporti documentali, delle competenze, ecc.). le delle possibili conseguenze, positive o negative, delle proprie scelte. Queste valutazioni si inseriscono nell’Approccio per Processi tipico dell’organizzazione che segue un sistema di gestione qualità, approccio che le consente di pianificare i propri processi e le loro interazioni: • il sistema Plan-Do-Check-Act (PDCA) si applica per ottenere che i processi siano adeguatamente alimentati e gestiti e che siano identificate le opportunità di miglioramento; • il Risk Based Thinking permette all’organizzazione di determinare i fattori che potrebbero rendere inefficaci i processi e il Sistema di Gestione Qualità, e di porre preventivamente in atto i controlli necessari ad assicurare che questo non accada. L’interazione tra SGQ e “Ragionamento in ottica di rischio” si esplica nell’individuare i fattori di rischio che potrebbero causare una deviazione dell’impresa dagli obiettivi di processo e sistemici pianificati, così da poter mettere in atto azioni preventive (come venivano chiamate nelle edizioni precedenti della ISO 9001) o di massimizzazione delle opportunità che si possono presentare. Il RBT agisce a tutti i livelli decisionali di un SdG: strategico, tattico, operativo e in particolare: • nella definizione del campo di applica- Analisi del contesto esterno e interno Per definire il campo di applicazione del Sistema di Gestione in ottica di certificazione, si dovrà sempre partire dall’analisi del contesto, e a tale scopo il R.B.T può essere utilizzato per la comprensione dell’organizzazione e del suo ambito di riferimento. Ogni organizzazione deve infatti: • individuare gli aspetti esterni e interni pertinenti alle sue finalità e che influenzano la sua capacità di conseguire gli obiettivi previsti per il proprio S.G.Q.; • analizzare, valutare, monitorare e riesaminare periodicamente tutte le informazioni che riguardano tali questioni. Per essere più precisi, si definiscono come “ambiente esterno” i contesti politico, economico, sociale, tecnologico, legale, ambientale (environment) e d’integrazione salute e sicurezza (Health&Safety) in cui l’azienda opera. La definizione di “ambiente interno” include l’analisi di molteplici aspetti organizzativi e relazionali: • governance, struttura organizzativa, ruoli e responsabilità • politiche già esistenti, obiettivi e relative strategie • “capability”, intesa come risorse disponibili e competenze (nonché clima aziendale interno) • flussi informativi e processi decisionali 5 • relazioni con le parti interessate e cultura organizzativa • regole scritte (norme, regolamenti, “documented informations”) • relazioni contrattuali • 8M (Manpower, Materials, Maintenance, Methods, Means, Money, Mood, Management/Leadership). L’analisi SWOT (nota anche come matrice SWOT, definita in ISO/IEC 31010:2009) è uno strumento che può essere utile per valutare i punti di forza (Strengths), i punti di debolezza (Weaknesses) dell’ambiente interno, oppure le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) provenienti dall’ambiente esterno all’organizzazione. Un’adeguata analisi di contesto renderà palesi quali sono le Parti Interessate pertinenti (relevant), cioè in diversi modi interessate alla buona gestione dell’organizzazione: la valutazione dei rischi potrà essere condotta soltanto a partire da questo output, che rappresenta un dato significativo di governo dell’organizzazione sia per l’alta direzione, sia per il management. Come e quanto strutturare la gestione del rischio La norma non richiede alle organizzazioni di adottare un approccio di tipo formale alla gestione del rischio, né di applicare tecniche o linee guida specifiche a tale riguardo. Le organizzazioni sono libere di sviluppare un approccio al rischio più o meno approfondito e codificato: questo dipende dal diverso grado di complessità del sistema aziendale, dalla natura dei prodotti e servizi che l’impresa offre, dalle caratteristiche del contesto e dalle effettive criticità che ogni organizzazione deve affrontare. Esemplificando: organizzazioni semplici, di piccole dimensioni, con operatività consolidata, caratterizzate da un contesto esterno/interno ragionevolmente stabile, o prevedibile quanto a natura e RMNews 48 - Novembre 2016 rilevanza delle aspettative, non necessiteranno di strumenti sofisticati per mettere in pratica il Risk Based Thinking. In tutti gli altri casi, le seguenti Norme e report tecnici ISO costituiscono un valido riferimento per implementare questo “nuovo” approccio: • ISO/IEC 31000:2009, Risk management — Principles and guidelines • ISO/IEC 31010:2009, Risk management — Risk assessment techniques • ISO Guide 73:2009, Risk management — Vocabulary • ISO/TR 31004:2013, Risk management — Guidance for the implementation of ISO 31000 Anche rispetto alle altre Norme sui sistemi di gestione, diverse dalla ISO 9001:2015, non sussistono particolari differenze logiche. Nelle Norme in precedente revisione il concetto di valutazione dei rischi era già presente in modo esplicito (ne sono esempio le norme per i Sistemi di Gestione di Salute e Sicurezza sul Lavoro, quella per l’Ambiente e quella per la Sicurezza delle Informazioni). Anche la Norma ISO 27001:2005 che concerne i requisiti per il Sistema di Gestione della Sicurezza delle Informazioni ha da sempre indirizzato una serie di controlli operativi in risposta alle possibili minacce esterne e ad alcune vulnerabilità interne. Inoltre, esiste una serie significativa di Norme della serie 270XX che indirizzano le buone pratiche di gestione, e in particolare: • l’esecuzione della valutazione dei rischi • la gestione della Continuità Operativa • la gestione degli Incidenti • la gestione delle metriche di valutazione dell’efficacia dei controlli operativi • l’esecuzione degli audit al sistema di gestione • l’esecuzione degli audit ai controlli operativi • l’integrazione con la Norma ISO/IEC 20000-1. Per specifiche categorie di prestatori di servizi, i cosiddetti TSP, Trust Service Provider, le Norme applicabili appartengono alla famiglia ETSI EN 319 4XX e riguardano le modalità gestionali per garantire la sicurezza nella gestione dei servizi fiduciari di Posta Elettronica, Firma Digitale, Sigilli Elettronici, Sigilli Temporali, Conservazione di Firme e Sigilli. Si tratta di un settore specifico, disciplinato dal Regolamento UE 910/2014, denominato eIDAS, che fornisce aspetti robustissimi di valutazione dei rischi e di gestione delle misure necessarie a garantire il cittadino che usufruisce di tali servizi. Nell’ambito della gestione della salute e sicurezza sul lavoro e della gestione ambientale la situazione è simile, ad eccezione del fatto che negli ultimi quindici anni la norma di riferimento per gli aspetti di salute e sicurezza sul lavoro non è stata una Norma ISO bensì uno standard inglese (BS OHSAS 18001): in ogni caso, sia la Norma ISO 14001, sia la BS OHSAS 18001, indirizzano gli aspetti relativi alla valutazione e alla gestione efficace dei rischi. L’applicazione di sistemi di gestione strutturati sulla base delle Norme ISO o ISO/ IEC porta all’ottenimento di una “qualità di sistema” basata sul rispetto delle norme cogenti e con obiettivi ulteriori discrezionali dell’organizzazione, che debbono andare oltre la stretta conformità legislativa. I sistemi di gestione impegnano l’organizzazione a conseguire obiettivi non solo di business o di conformità, ma anche di miglioramento continuo delle prestazioni ambientali, di salute e sicurezza sul lavoro, di qualità di prodotto e servizio, di Security. Tale precisazione è utile per ricordare che questi obiettivi sono sempre affetti da un’incertezza legata sostanzialmente alla mancata conoscenza di tutte le informazioni possibili. Infatti, se si fosse in possesso di tutte le infor- 6 mazioni che servono, quando si prende una decisione o si gestisce una situazione aziendale - ma anche privata - forse oggi noi risk manager saremmo a fare altro e non esisterebbe in assoluto il mondo così come lo conosciamo. I requisiti di qualità su questi temi sono così stabiliti: - Norme Cogenti: ISO 9001 - Requisiti di Liability: ISO 9001 - Regolamenti sulla Privacy: ISO 9001 ÷ ISO 27001 - Regolamenti sulla Sicurezza delle Informazioni: ISO/IEC 27001 - Requisiti dei Servizi Informatici: ISO/IEC 200001 - Requisiti Ambientali: ISO 14001 ÷ EMAS - Requisiti di Safety: BS OHSAS 18001 – ISO 45001 1 - Requisiti di Business Continuity: ISO/IEC 22301 MARCO TERZAGO, Head of Group Risk Engineering - Area Risk Managers Global Coordinatori, SKF RMNews 48 - Novembre 2016 Lucio Casati, Head of Risk Engineering Zurich Global Corporate Italy Il risk management in molte aziende tuttora si presenta “segmentato”, con tanti silos di gestione del rischio (H&S, prodotti, legale, credito, ambiente etc) e poca sinergia. L’integrazione e raccordo avviene storicamente attraverso due vie: collegamento “verticale” con una figura specifica di coordinamento (funzione risk manager) o coordinamento “orizzontale” tra le figure responsabili della gestione di specifici rischi. La nuova versione ISO 9001-2015 può essere il volano che aggrega e raccorda questi silos, con vantaggi in termini di miglioramento continuo (serve uno stretto collegamento tra le varie funzioni aziendali per cogliere gli obiettivi stabiliti), migliore comprensione della ramificazione degli scenari possibili, migliore identificazione di priorità e allocazione delle risorse. La aziende sono, in questo modo, più consapevoli dei rischi e più resilienti, apparendo sotto una luce positiva per il mondo assicurativo. La gestione del rischio crea e protegge il valore di un’azienda consentendole di raggiungere i suoi obiettivi di business, ottimizzando i processi chiave e migliorandone concretamente le prestazioni e l’operatività. La possibilità di portare a fattor comune rischi provenienti da ambiti diversi, attraverso le competenze del risk manager e le conoscenze specialistiche dell’ente certificatore, amplifica il valore aggiunto che l’impresa è in grado di mostrare al suo mercato. Attraverso l’applicazione e l’integrazione dei sistemi di gestione, un’azienda salvaguarda se stessa e gli interessi dei suoi stakeholder. Nello specifico Solutions 30 – specialista nel mercato dei servizi a supporto delle nuove tecnologie – ha scelto un approccio che, a partire dalla certificazione dei processi (ISO 9001), si è arricchito nel tempo In questo scenario, la vera sfida è quella di far percepire ai portatori di interesse coinvolti nelle dinamiche di una realtà aziendale, ad esempio banche e assicurazioni, il valore strategico di questo nuovo approccio. GIOVANNI RAGUSA, Direttore Operations Solutions 30 Italia FABRIZIO Capaccioli, Managing Director di Asacert 7 attraverso l’implementazione di un sistema di gestione della continuità operativa (ISO 22301) e di sicurezza delle informazioni e protezione dei dati (ISO 27001). Mettendo in atto un circolo virtuoso finalizzato alla protezione del business e, attraverso di essa, al suo sviluppo. RMNews 48 - Novembre 2016 Un Pool per i Pension Bond di Pirelli L’operazione di Credit Support Guarantees avviata da Pirelli per due società del gruppo ha dato vita ad un’iniziativa di co-assicurazione che non ha precedenti simili in Europa e che potrebbe rappresentare un caso di studio replicabile È nata tutta in Italia una delle maggiori operazioni di Credit Support Guarantees (CSG) che siano mai state realizzate: la più grande del 2016 in Europa, e seconda per dimensioni tra quelle che hanno avuto luogo dopo l’ultima riforma del Pension Act inglese del 2014. L’operazione, che si è conclusa nello scorso mese di settembre, è partita per richiesta di Pirelli e ha coinvolto il broker Aon e un pool di sette compagnie assicurative. Lo scopo era il reperimento di capacità sul mercato assicurativo per 300 milioni di sterline finalizzati all’emissione di CSG, necessarie per garantire i fondi pensione di due società Pirelli del Regno Unito, la Pirelli UK Limited e la Pirelli Tyres Limited. La tutela assicurativa concordata copre un orizzonte temporale di circa 42 mesi, da settembre 2016 a marzo 2020. L’operazione si è svolta in contemporanea con la ristrutturazione finanziaria del gruppo Pirelli, a seguito dell’acquisizione da parte di ChemChina, che si è svolta tra febbraio e luglio 2016: la concomitante emissione delle garanzie assicurative ha reso necessario che queste seguissero le condizioni del rifinanziamento del gruppo, ragione che ha reso più complessa l’operatività e ne ha allungato i tempi di esecuzione (alla fine quasi nove mesi di lavoro). “Il significativo ammontare necessario a garantire i fondi pensione inglesi ci ha fatto inizialmente valutare anche la soluzione bancaria”, racconta Andrea Dozzi, Business Continuity & Insurance Programs nel gruppo Pirelli, “ma l’analisi ci ha fatto propendere per una diversificazione delle fonti di copertura dei rischi, decidendo così di intraprendere la strada della copertura assicurativa, che ha offerto peraltro condizioni economicamente più favorevoli”. La scelta di questa via ha portato al primo coinvolgimento del broker Aon e alla successiva costituzione di un pool di compagnie: inizialmente è stata contattata una serie di compagnie assicurative tra le più affidabili del mercato, e con sette di esse è stato reperito il massimale richiesto. Il vantaggio di un pool La struttura del pool vede Zurich in qualità di leader del panel e fronter delle garanzie, affiancata in co-assicurazione da Swiss Re, Euler Hermes, Liberty Mutual, Chubb, AXA e Tokio Marine HCC. “L’idea di creare un collettore, invece della tradizionale struttura di dialogo one-to-one, è nata di fronte alla palese complessità di dover trattare singolarmente con sette compagnie tre tipologie di garanzie a favore dei due fondi pensione interessati” spiega Dozzi. “La proposta del pool rispondeva quindi, oltre che all’ottenimento di un livello di pricing competitivo, all’esigenza di 8 razionalizzazione della trattativa: all’inizio la novità ha fatto nascere qualche perplessità da parte degli assicuratori, poi ha prevalso lo stimolo di essere protagonisti di un’operazione nuova, una case history che lascerà traccia”. A differenza dei pension bond di dimensioni simili, nel caso di Pirelli il coinvolgimento delle compagnie è superiore, perché prevede anche un sistema solidale in base al quale è possibile sostituire il leader del panel assicurativo e fronter delle garanzie in caso di perdita del requisito del credit rating minimo richiesto dai beneficiari. RMNews 48 - Novembre 2016 Gli elementi di un’operazione complessa In queste complessità, Dozzi riconosce l’apporto fornito da Aon: “Il suo ruolo è stato importante nel reperimento della capacità e nella negoziazione con le compagnie. La complessità dell’operazione ha necessitato di un’attività negoziale e di un lavoro con le parti coinvolte molto più lungo rispetto alla media di una singola operazione surety, basti sapere che, a differenza dei pension bond assicurativi degli ultimi anni, che utilizzano testi di garanzia standard (i Pension Protection Fund Compliant), per l’operazione Pirelli sono stati utilizzati anche testi concordati ad hoc tra le parti e con i beneficiari”. “Per dare una misura della complessità del lavoro svolto, posso dire che in una comune polizza surety si produce una documentazione contrattuale di 30-40 pagine, in questo caso siamo arrivati a quasi 500, coinvolgendo studi legali internazionali e una decina nei paesi dove Pirelli ha proprie affiliate” racconta Ruggero Nicodemo, Unit Director International Bonding di Aon, che continua: “In questi casi normalmente ci si rivolge a compagnie del proprio paese, mi fa piacere invece affermare che noi abbiamo unito compagnie italiane, inglesi, o con base in Italia ma sedi in altri paesi, mettendo in rete specialisti di tutta Europa. Un caso inconsueto nel nostro settore: poter unire alcune tra le expertise migliori è stato un punto di forza, ma che ha presentato la difficoltà di mediare tra visioni e necessità differenti. In questo il contributo di Zurich, come compagnia leader, è stato importante”. Unicità e replicabilità del caso Dall’ultima riforma pensionistica nel Regno Unito ci sono state una decina di operazioni simili ma quella conclusa da Pirelli è la seconda per valore e la prima per complessità. “É un caso che ha avuto un risalto europeo nel nostro settore, quindi partecipare al pool è stato importante. Per gli aspetti innovativi che racchiude, questa esperienza ha rappresentato una sfida nuova”, sottolinea Luca Kovatsch, Country Manager Italy di Swiss Re Corporate Solutions. “La complessità dell’operazione è stata data dalla presenza di una serie di requisiti particolari, i quali hanno reso necessaria la soluzione che poi si è andata a delineare. L’iniziativa ha richiesto una costante collaborazione tra broker, cliente, legali e assicuratori che ha pochi precedenti e che si è concretamente realizzata in teleconferenze settimanali per definire lo schema operativo necessario a soddisfare le specifiche esigenze del cliente, che hanno sempre goduto della massima considerazione. Direi che è un precedente sicuramente replicabile, ma più nel concetto di collaborazione su progetti complessi che nella specifica impostazione contrattuale assicurativa” conclude Kovatsch. 9 Particolarità del momento storico di Pirelli e volume finanziario da garantire hanno rappresentato le principali complessità dell’operazione: sono specificità che la rendono unica, anche se, nell’opinione dei partecipanti, origine di un modello replicabile. “Euler Hermes ha già avuto modo di approfondire la tematica dei Fondi Pensione e le criticità relative, ma questo è stato un deal molto elaborato che ritengo possa considerarsi il primo per un gruppo industriale italiano di questo livello” commenta Dario Locatelli, Head of Bonding Italy di Euler Hermes, “La soluzione del pool si è resa necessaria sulla base degli importi dell’operazione, ma l’operatività non ne è stata agevolata. Anzi, fino all’ultimo è stato complesso da parte della leader del panel, alla quale volgo i miei complimenti per la gestione, declinare e far approvare condizioni che a volte avevano aspetti più o meno commerciali oltre che tecnici. Ritengo in ogni caso che, su deal di questa complessità, un pool di tecnici sia utile al fine di condividere know-how, expertise locale e pareri legali. Ciò ci ha dato modo di gestire un’operazione complessa, normalmente più nelle corde di un panel bancario, con competenza e capacità oltre che elasticità. Del resto, come sempre avviene, si deve creare un precedente al fine di sondare le opportunità che un mercato offre, ricordandoci sempre che il mercato italiano delle cauzioni è il primo per raccolta premi in Europa”. RMNews 48 - Novembre 2016 Il clima cambia, riduciamo i rischi www.unipolsai.it I dati a disposizione ci raccontano dell’Italia come uno dei Paesi europei più vulnerabili agli impatti attesi dai cambiamenti climatici. Le proiezioni dei modelli climatici regionali indicano che gli eventi estremi di precipitazioni, venti, alluvioni o temperatura potranno diventare più intensi e frequenti durante il resto del XXI secolo, con impatti negativi sotto il profilo economico oltre che sulla sicurezza e salute pubblica. Purtroppo gli ultimi eventi alluvionali in Piemonte, Liguria, Sicilia e Calabria non fanno altro che testimoniare come tutta la Penisola è esposta a questa problematica. Un rapporto pubblicato da Legambiente a maggio 2016 ha messo in evidenza che circa 7 milioni di cittadini italiani si trovano in zone esposte al pericolo alluvionale. L’indagine svolta su oltre 1.400 comuni, in cui sono presenti aree ad “elevata criticità idrogeologica”, indica che nel 77% dei casi sono presenti abitazioni in zone a rischio e nel 51% dei casi impianti industriali. Questi dati allarmanti si scontrano inoltre con una scarsa conoscenza dei rischi legati agli eventi climatici estremi (quali alluvione, frana, ondate di caldo o di gelo...) e degli strumenti volti a valutarli e gestirli, sia da parte dei cittadini che delle PMI o della Pubblica Amministrazione stessa. Sono queste alcune delle considerazioni che hanno portato alla nascita di un progetto basato su un modello innovativo Il Progetto Derris si propone di realizzare un sistema di valutazione che aiuti le PMI a gestire in modo proficuo il rischio derivante dai cambiamenti climatici. Attraverso la collaborazione con la Pubblica Amministrazione si punta a creare un nuovo modello assicurativo di natura pubblico-privata di collaborazione multi-stakeholder che coinvolge Assicurazione, Pubblica Amministrazione, mondo della ricerca ed imprese, con l’obiettivo di fornire alle PMI gli strumenti necessari per valutare e ridurre i rischi legati ai cambiamenti climatici e per gestirne le possibili emergenze: si tratta del progetto DERRIS, primo progetto europeo specifico per la riduzione dei rischi causati da eventi climatici straordinari. Avviato a settembre 2015, DERRIS, acronimo di Disaster Risk Reduction Insurance, si propone di offrire competenze e strumenti alle PMI per misurare e gestire il rischio derivante da calamità naturali ed eventi catastrofici. Il progetto è co-finanziato dal programma europeo Life e insieme al Gruppo Unipol, vede coinvolti numerosi partner, tra i quali Città di Torino, Cineas, Anci e Coordinamento Agende 21 Locali Italiane. Un progetto pilota già avviato Il modello, costruito per identificare e misurare i rischi, è stato realizzato basandosi sulle conoscenze e competenze sviluppate nel mondo assicurativo in anni di attività ed ha l’obiettivo di definire procedure specifiche per la gestione dei rischi rilevati, riducendo al minimo i danni derivanti dalla business interruption. 10 Questo know-how verrà condiviso con la Pubblica Amministrazione per la realizzazione di politiche di prevenzione sul territorio e l’aumento della resilienza attraverso la stesura di un piano di adattamento di distretto. Scopo ultimo del progetto è infatti la costruzione di un modello assicurativo innovativo di natura pubblico-privata che inneschi comportamenti virtuosi di tutela, prevenzione e adattamento e accresca la resilienza dei territori, riducendo al contempo i costi legati agli eventi catastrofali che ricadono sulla spesa pubblica, e quindi sui cittadini in modo più ampio. La sperimentazione pilota, che è stata avviata a Torino, coinvolge circa 30 aziende di target PMI del territorio comunale in un percorso che prevede formazione e supporto tecnico per valutare e ridurre la propria esposizione al rischio meteo-climatico; la sperimentazione verrà poi estesa ad altre 10 città italiane. Ma quali sono gli output di DERRIS? L’obiettivo principale del progetto è quello di fornire alle PMI gli strumenti necessari per ridurre i rischi, trasferendo le conoscenze in tema di risk assessment e risk management di eventi legati al cambiamento climatico. Dovrebbero così essere adottate misure di prevenzione e di gestione delle emergenze, con un incremento della tutela del territorio e della RMNews 48 - Novembre 2016 resilienza, e studiati strumenti finanziari innovativi che permettano di individuare capitali dedicati alla riduzione dei rischi stessi. Per raggiungere tale obiettivo il gruppo di progetto sta lavorando alla stesura di uno strumento di auto-valutazione del rischio, il CRAM tool, necessariamente semplice e comprensibile, adatto alle PMI, avente come risultato finale una serie di suggerimenti, con specifiche misure di prevenzione e di gestione delle emergenze: il tool verrà reso pubblico nel corso del 2017. Come misurare l’esposizione al rischio In tale strumento i perils presi in considerazione sono sette: alluvione, pioggia/ allagamento, vento, fulminazione, grandine, temperatura e frana, oltre ad alcuni approfondimenti inerenti la sostenibilità e l’efficienza idrica. Per ognuno di questi, attraverso la georeferenziazione puntuale, l’azienda riceverà delle indicazioni relative al livello di pericolosità dell’area in cui è collocata. Parallelamente sono stati individuati una serie di quesiti volti ad indagare la vulnerabilità dell’impresa rispetto a ciascuno dei sette pericoli di cui sopra. A questi sono stati legati, in relazione alla possibile risposta fornita, oltre 70 suggerimenti in merito alle azioni da implementare per mitigare o gestire il rischio riguardanti le infrastrutture, le procedure, gli interventi per le infrastrutture verdi o per un utilizzo efficiente delle risorse idriche ed infine procedure di emergenza e di disaster recovery. Un altro output del progetto DERRIS è l’individuazione di uno strumento finanziario innovativo che permetta di mobili- 11 tare capitali per la riduzione dei rischi legati al cambiamento climatico. Naturalmente in tutto ciò si inseriranno le attività di monitoraggio degli impatti del progetto, la mappatura del territorio, la valutazione e replicabilità dello stesso e la realizzazione di un network con altri progetti europei. Si ritiene quindi che i benefici per le aziende che parteciperanno al progetto potranno essere di diversa tipologia, in particolare legati all’individuazione dei principali rischi meteo-climatici ai quali sono esposte, alla definizione delle possibili azioni per ridurre tale esposizione, alla partecipazione ad un percorso di formazione destinato a trasferire competenze, alla prevenzione e alla gestione dei rischi, alla comprensione ed elaborazione di procedure specifiche per la gestione delle emergenze (recovery plan) riducendo al minimo anche i danni derivanti dalla interruzione di esercizio. Il progetto, iniziato a dicembre 2015 si concluderà a giugno 2018. Per maggiori informazioni: www.derris. eu. Il clima cambia, proviamo a ridurre i rischi. RMNews 48 - Novembre 2016 Ombretta Martinelli , Senior Environmental Underwriter, Insurance xlcatlin.it LA GLOBALIZZAZIONE DELLA TUTELA AMBIENTALE In passato, lo sviluppo economico ha spesso avuto la priorità sulla tutela ambientale. Oggigiorno, la tutela ambientale nei paesi sviluppati è caratterizzata da leggi e pene più severe L ’interesse per la tutela dell’ambiente inizia quasi sempre dall’accadimento di un disastro ambientale devastante che riesce a catalizzare l’attenzione pubblica e stimolare reazioni da parte dei governi. Nel corso del tempo, le leggi e le normative si sono ampliate e le società industriali sono diventate più attente alle loro responsabilità in tema di tutela dell’ambiente, portando a tentativi più efficienti e sofisticati di gestire e mitigare il rischio ambientale. La medesima dinamica si è ripetuta anche nei paesi dalle economie emergenti, sebbene con tempi più lunghi. Con l’affermarsi della Globalizzazione negli anni ‘90, molti paesi in via di sviluppo hanno dato priorità allo sviluppo economico a discapito della tutela ambientale. Veniva, infatti, lasciato in capo ai paesi industrializzati, ritenuti responsabili della contaminazione ambientale, il compito di farsi carico della tutela ambientale ( vedasi “Il principio numero 7 sulle Responsabilità differenziate, della Dichiarazione di Rio della Conferenza ONU del 1992”). La globalizzazione ha profondamente migliorato le condizioni di vita in molti paesi emergenti, portando però ad un peggioramento delle condizioni di degrado ambientale. Tuttavia si sta cercando al tempo stesso un accordo tra legislazione ambientale e meccanismi di applicazione correlati; si sta diffondendo sia nei paesi sviluppati che nei paesi emergenti il concetto del “chi inquina paga”. Per molte multinazionali industriali, un programma di responsabilità ambientale globale, adeguatamente strutturato con polizze conformi anche alle normative locali, può contribuire a mitigare le conseguenze di un possibile incidente ambientale. Non vi è dubbio che la tutela ambientale resterà prioritaria su scala globale: 12 leggi e normative continueranno a diventare più severe e l’applicazione sarà più rigorosa; stare al passo con la mutevolezza dei requisiti sarà sempre più arduo. I team XL Catlin di tutto il mondo sono in costante contatto per tenersi aggiornati su tendenze e sviluppi a livello locale, al fine di garantire ai nostri clienti polizze sulla responsabilità ambientale sempre in linea con le normative e i requisiti legali delle aree in cui operano. Per questo XL Catlin ha recentemente potenziato in Italia il ramo Environmental. Qui fuori, l’impegno è tutto Soluzioni assicurative Property su scala globale AIG Global Property Division è leader mondiale nel settore assicurativo, e offre servizi di risk management e loss control in tutto il mondo per i settori Commercial Property ed Energy. Oggi pensiamo ancora più in grande con il forte incremento della capacità assuntiva disponibile per rischi ovunque ubicati. Per ogni necessità di copertura locale o globale, i nostri tecnici esperti possono fornire assistenza e costruire le migliori soluzioni assicurative specifiche per le necessità del cliente, coordinando un servizio di risk engineering, gestione sinistri o trasferimento rischi. Per saperne di più visita il nostro sito www.AIG.com/globalproperty Insieme verso il domani AIG Europe Limited Rappresentanza Generale per l’Italia è la sede Secondaria di AIG Europe Limited - Registrata in Inghilterra e nel Galles con il numero 01486260 con sede legale in: The AIG Building, 58 Fenchurch Street, Londra EC3M 4AB, Regno Unito - Capitale Sociale Sterline 197.118.478. American International Group, Inc. (AIG) è una compagnia di assicurazione leader mondiale con clienti in oltre 130 paesi e giurisdizioni. Le compagnie del gruppo AIG servono clienti commerciali, istituzionali e individuali attraverso uno dei più estesi network assicurativi al mondo nel ramo Danni. Negli Stati Uniti le compagnie del gruppo offrono inoltre servizi assicurativi nei rami Vita e Previdenza. Le azioni ordinarie di AIG sono quotate sulle Borse valori di New York e di Tokyo. AIG è il nome commerciale delle imprese di assicurazione che fanno capo ad American International Group, Inc. e che operano in tutto il mondo nei rami Danni, Vita e Previdenza e Assicurazione generale. Per ulteriori informazioni, visitate il nostro sito web all’indirizzo www.aig.com. I prodotti e i servizi assicurativi sono emessi o prestati da società controllate o collegate di American International Group, Inc. In Europa la principale impresa che eroga le coperture assicurative è AIG Europe Limited. La presente documentazione è fornita a scopo informativo. In alcuni paesi, determinati prodotti e servizi potrebbero non essere disponibili; la copertura assicurativa è soggetta ai termini e alle condizioni della polizza o del contratto di assicurazione. Alcuni prodotti e servizi potranno essere forniti da soggetti terzi indipendenti. I prodotti assicurativi potranno essere distribuiti attraverso società collegate o non collegate. RMNews 48 - Novembre 2016 I nuovi rischi nell’Europa che cambia www2.chubb.com “ L’Europa cambia: gli impatti per i risk manager e le coperture multinazionali”: questo il focus della terza edizione del “Multinational Risk Forum”, evento annuale organizzato da Chubb il 14 ottobre scorso a Londra, che ha visto la partecipazione di circa 80 risk manager di clienti global account provenienti da vari settori industriali e diversi paesi europei. Nel corso della giornata è emerso che le imprese europee dovrebbero iniziare a prepararsi ai livelli più alti di rischio connessi alla privacy e alle persone, tema che rispecchia in parte un contesto geopolitico sempre più complesso e la possibilità di un’ulteriore frattura all’interno della zona europea nel corso del tempo. Si è discusso anche dell’evoluzione del ruolo del risk manager e delle implicazioni della Brexit sui programmi assicurativi multinazionali. Di particolare interesse il sondaggio live condotto durante l’evento, da cui sono emersi i seguenti spunti: 1. Programma Multinational: la struttura potrebbe aver bisogno di essere modificata a seguito della Brexit, tuttavia il risultato per gli assicurati europei dovrebbe rimanere sostanzialmente invariato. Nel sondaggio live, il 95% dei partecipanti si dichiara abbastanza I cambiamenti che riguardano il Vecchio Continente, in primis la Brexit, non sfuggono ai Risk Manager: Chubb ne ha raccolto le tendenze ad un recente Forum a Londra, in cui si è parlato anche di coperture multinazionali o molto fiducioso del fatto che il settore assicurativo saprà gestire efficacemente l’impatto della Brexit. 2. Rischi collegati alla privacy, all’inquinamento e alle persone: sono rischi globali e il loro impatto sulla reputazione è ormai di gran lunga superiore rispetto ai rischi tradizionali. Il 45% dei delegati intervistati indica il rischio privacy come il rischio maggiore per la reputazione della propria azienda, mentre il 38% lo pensa del rischio legato alle persone. 3. I risk manager auspicano che il settore assicurativo investa di più in soluzioni di enterprise risk management: il 44% dei delegati considera la valutazione dei rischi e la prevenzione dei danni come l’area principale su cui le compagnie dovrebbero focalizzarsi. Altre aree in cui l’offerta potrebbe essere migliorata nel contesto dei programmi multinazionali sono il policy wording (24%) e i servizi specialistici nella gestione e mitigazione degli eventi di danno (13%). 4. Chubb sta investendo fortemente in servizi per la gestione delle emergenze post evento, in particolare nelle aree di rischio informatico (cyber), ambientale e connesso ai viaggi di lavoro. Nel sondaggio, l’87% dei risk manager esprime la necessità che sia sviluppato 14 un servizio per la gestione delle crisi, in particolare per i danni da terrorismo e Political Violence. 5. Il risk management è una professione in forte cambiamento e crescita: si è discusso di numerose sfide e opportunità per i risk manager - che sempre più ricoprono un ruolo di forte influenza nelle aziende - tra le quali: • appoggiare pienamente la certificazione, creando così un contesto che definisca gli standard a livello internazionale e permetta ai risk manager di lavorare più facilmente in altri paesi; • collaborare più strettamente nella gestione del rischio con le altre funzioni aziendali apicali, tra cui l’IT; • individuare quali sono le preoccupazioni in primo piano per il Board in ambito assicurativo, come ad esempio la D&O, per poi affrontare altre problematiche di risk management e le possibili soluzioni assicurative. In chiusura Jeff Moghrabi, Regional President Continental Europe, Chubb, ha sottolineato che comunque l’Europa cambierà nel corso dei prossimi anni, Chubb è pronta e ben posizionata per aiutare le aziende multinazionali a sfruttare le opportunità che si presenteranno. RMNews 48 - Novembre 2016 Enrica Sampietri, Medical Recall Manager www.crawfordandcompany.it C on il Dlg. 6/9/2005 nr. 206 viene stabilita la differenza tra ritiro e recall di un prodotto. Il ritiro è una qualsiasi azione volta a impedire la distribuzione e l’esposizione di un prodotto pericoloso, nonché la sua offerta al consumatore, mentre il richiamo (o recall) è l’insieme delle misure volte a ottenere la restituzione di un prodotto pericoloso, che il produttore/distributore ha già fornito, o reso disponibile, al consumatore. Diversamente dal ritiro, che resta fine a se stesso, il mondo del recall è in continua evoluzione. Osservando, nello specifico, i recall medicali si nota come l’accento sia posto sulla necessità di trasformare questo evento inatteso in un’occasione di studio per il produttore e per chi gestisce il recall, evidenziando che esso e le procedure di rimborso non sono necessariamente un’ammissione di responsabilità, ma un’azione preventiva volta all’approfondimento di tematiche utili all’intero settore. Questo è uno dei punti di forza del recall, che diventa per il produttore un elemento di distinzione dal punto di vista etico, insieme alla possibilità di demandare la gestione operativa a terzi, con la garanzia di imparzialità e professionalità. Dal punto di vista del liquidatore è l’occasione, invece, per accrescere competenze e risultati. In questi ultimi anni Crawford & Company ha consolidato la capacità di gestire i recall di alto impatto con mentalità vincente e precise competenze. Un nuovo modo di fare recall Un richiamo di prodotto può diventare l’occasione di un caso di studio positivo con ritorno reputazionale: per ottenere questo servono flessibilità e competenze specifiche I cardini della nostra gestione sono riassumibili nei tre punti che seguono: 1. Conoscenza del prodotto: permette di fare un’analisi accurata del problema, di prevedere il maggior numero di casistiche possibili e ridurre al minimo gli imprevisti. Briefing con cliente e studio del caso sono alla base della preparazione. Continui aggiornamenti, anche normativi, permettono di essere pronti in caso di nuove problematiche, o di anticiparle. 2. Team competenti: un team esperto e preparato, che conosce il prodotto ed è efficace nel gestire il contatto con i vari interlocutori, offrendo professionalità e attenzione agli interessi di tutti gli stakeholders coinvolti nei sinistri; che ha una visione globale del recall dal primo contatto all’eventuale accordo transattivo, in concertazione con la mandante. 3. Flessibilità: qualità imprescindibile nel nostro lavoro, soprattutto in presenza di procedure internazionali che devono armonizzarsi con le normative in vigore, risultare comprensibili al danneggiato e poter essere applicabili all’interno degli ambienti del SSN. In conclusione, la reattività di fronte agli imprevisti e il know-how acquisito negli anni sono applicabili trasversalmente al settore medicale e, con gli stessi presupposti, ad altri ambiti e settori. 15 APERTURE SINISTRI 1.413 1.281 349 472 227 59 2010 2011 Fig. 1 2012 2013 2014 35 2015 2016 NUMERI RIMBORSI PER ANNO Fig. 2 8.847 6.535 4.754 1.777 2.147 2011 2012 4.359 0 2010 2013 2014 2015 2016 COMPENSATION CLAIMS GESTITI Fig. 3 84 59 51 17 0 0 4 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 Nei tre grafici di questa pagina si notano le variabili dell’andamento dei recall campionati. È palese la disomogeneità temporale con cui si sviluppano le richieste di registrazione dei sinistri (fig.1). Di contro, le fig. 2 e 3 evidenziano che l’andamento delle richieste di rifusione delle spese non è speculare a tali registrazioni. Pertanto, la flessibilità di gestione nei recall è un requisito indispensabile. RMNews 48 - Novembre 2016 Daniele Ortelli, Head of Loss Prevention Global Corporate & Commercial Italy www.generali.it L e recenti ricerche presentate in occasione del Convegno Nazionale ANRA, confermano che dalla crisi del 2008 sono aumentati i rischi per le imprese e, parallelamente, percezione, consapevolezza e prevenzione, da parte di chi nelle imprese gestisce i rischi. Il contesto di riferimento è mutato, i mercati sono globali, anche sul versante della competizione, della presenza, della filiera produttiva e dei fornitori, per il consolidamento di canali distributivi relativamente recenti quali internet. L’innovazione è sempre più rapida, si riduce il ciclo dei business model e di vita dei prodotti. I profili legislativi e normativi ai quali fare riferimento sono su scala internazionale. Inoltre, sempre maggiore è il peso delle catastrofi naturali e delle conseguenze dei cambiamenti climatici. Si evolve il ruolo del Risk Manager e delle strutture di Loss Prevention: da supporto verso i rischi puri, quali ad esempio l’incendio, si aprono nuovi percorsi condivisi verso i rischi operativi e strategici, in armonia con i sistemi di Enterprise Risk Management. Temi di business continuity, ritiro prodotti e tampering, crisis management, entrano nel processo continuo del risk manage- RISK MANAGEMENT: WHAT SORT OF JOURNEY! Lo scenario economico mondiale ha visto una svolta nel 2008, e da allora il cambiamento non si è arrestato. Segno di un’evoluzione complessiva che richiede a imprese e compagnie un importante e strutturale adeguamento ment, e sono solo alcune delle possibilità dove la Loss Prevention, oltre a favorire il processo di sottoscrizione assicurativa, può fornire supporto ai clienti da una differente prospettiva. Si ampliano gli ambiti di azione, in relazione alle Lines of Business nelle quali i risk engineer sono a fianco delle aziende, costruendo mappe dei rischi con rating e scenari di danno, aiutando a determinare le priorità e ad accrescere consapevolezza nelle criticità, suggerendo azioni per la mitigazione. Conoscenza e competenza sono così a fattor comune, aiutando il processo di risk management. Riduzione dei tassi d’interesse e volatilità dei mercati azionari hanno favorito il processo nelle compagnie assicurative. Generali Global Corporate & Commercial dal 2013 ha spinto l’acceleratore per seguire con una proposta di sempre maggior valore il business dei clienti per i quali, dal sopracitato 2008, il Gruppo si era riorganizzato. Abbiamo avuto così l’opportunità di gestire i profondi cambiamenti del periodo. Underwriting, Loss Prevention, Claims, Client & Broker Management, Operations, Planning & Control, giocano tutti la stessa partita, su scala internazionale; i ruoli sono diversi, ma è fondamentale il 16 contributo che ciascuno può offrire all’altro, la flessibilità per trovare insieme alle aziende le migliori soluzioni: “there is not a solution that fits all”. La sinergia tra Claims e Loss Prevention porta a formidabili risultati, tra questi la comprensione delle aree di rischio e le migliori pratiche percorribili per ridurlo, che sono posti a beneficio del cliente: “the sum of our strengths”. Disponibilità di esperienze pregresse e pianificazione aiutano le aziende ad essere pronte a reagire, favorendo la resilienza operativa anche nelle situazioni più complesse di crisi o emergenza. Grazie alla collaborazione interna abbiamo approcci nuovi sui rischi, anche emergenti: ad esempio per il Cyber Risk abbiamo sviluppato dei framework strutturati di analisi. Risk assessment, trattamento del rischio, monitoraggio, sono un ciclo continuo e in costante evoluzione, nel quale entrare con capacità di ascolto, comprensione del contesto di riferimento e con una comunicazione chiara, per aiutare il Risk Manager a gestire il rischio nel tempo, con successo. RMNews 45 - Giugno 2016 13 RMNews 48 - Novembre 2016 Lucio Casati , Head of Risk Engineering Zurich Global Corporate Italy www.zurich.it C apire cosa riserverà il futuro e come cambieranno gli scenari economici, sociali, tecnologici è qualcosa che interessa tutti i settori e tutti i manager ma nemmeno all’osservatore più distratto può sfuggire con quanta velocità l’internet delle cose stia invadendo il mondo reale. Robotica, «cognitive computing», algoritmi che auto-apprendono nonché mezzi «driverless», che parleranno e si interfacceranno con altre auto, con altri oggetti digitali, che freneranno quando devono, curveranno quando possono, rispettando tutte le regole e tutti i segnali. Pensiamo se l’auto fosse solo la metafora di qualcosa di molto più grande, ovvero un processo industriale, un’azienda che possa “guidarsi” da sola sulla base delle informazioni date, delle istruzioni fornite e degli algoritmi studiati. L’intelligente utilizzo dei dati deve diventare lo strumento principe per creare valore. Non solo robots che sostituiscono il lavoro manuale umano quindi, ma la quarta rivoluzione industriale richiede sensori e sistemi di controllo tra i macchinari, big-data per monitorare l’andamento della produzione, ottimizzare le risorse e garantire estrema flessibilità e personalizzazione del prodotto. La potenza della filosofia dell’Industry 4.0 permette di immaginare cambi di paradigma, si parla di «reshoring» quan- Horizon scanning Smart factory, new risks and smart solutions Territorio Industry 4.0, ovvero l’applicazione dell’Internet of Things alla produzione industriale, collegamento in rete in tempo reale di esseri umani, macchine e oggetti per la gestione intelligente dei sistemi complessi. Come cambia l’assicurazione do Adidas decide di tornare a produrre in Germania grazie alla tecnologia o di “smart factory” se Audi immagina la fabbrica del futuro come un sistema modulare armonico ed efficiente, come un’orchestra governata da una “torre di controllo” centrale. Trarre vantaggi competitivi richiede un grande sforzo di innovazione per non limitarsi solo ad ottimizzare costi e risorse, ma per immaginare nuovi modelli di business, dal ricavo centrato sul «prodotto» a modelli orientati al «servizio». Con l’Industry 4.0 il rischio non scompare, ma cambia fisionomia. Una realtà dove macchine, sistemi e algoritmi dialogano tra loro senza soluzione di continuità mostra una estrema interconnessione basata su infrastrutture complesse ma vulnerabili, elevatissimi potenziali di «business interruption» poiché in un business guidato dai dati, ogni interruzione, anche breve, potrebbe avere impatti di rilievo. In caso di incidente appare complicata l’allocazione delle responsabilità tra i tanti attori coinvolti in attività intellettuali, così come la protezione dei dati sensibili e la difesa di questi da cyber attack. Ci si aspetterebbero scenari di bassa frequenza ma con elevata o elevatissima magnitudo che non ricadono più negli 18 approcci tradizionali sia di gestione che di trasferimento del rischio. Nella smart factory, meno personale significa meno infortuni, processi automatizzati «fail safe» un minore impatto verso terzi così come una produzione «guidata e monitorata» da algoritmi garanzia di ridotta difettosità e minore impatto verso consumatori e mercato. Alcune coperture potranno diventare di minore importanza mentre altre cresceranno di valenza strategica. Sarà necessario pensare, ma è già realtà in Zurich, a risposte assicurative innovative, in termini sia di servizio (risk analysis) che di trasferimento, a coperture professional liability a protezione dei complessi possibili errori professionali, polizze cyber security di solida configurazione, coperture supply chain di ampia portata, ma anche nuove coperture più orientate alla “performance” e ai danni finanziari correlati a errori o negligenze. I concetti di Industry 4.0 o “smart factory” sono per tutti gli attori una discontinuità, una sfida al cambiamento e ai modi consolidati. L’esperienza passata potrebbe essere meno rappresentativa dei potenziali di danno futuri, e al mondo assicurativo è richiesto uno sforzo di adattamento prospettico e di innovazione nella comprensione dei nuovi bisogni e nella proposta di risposte innovative e calibrate. RMNews 48 - Novembre 2016 Il nuovo paradigma della Business Resilience www.marsh.it D a qualche tempo si è fatto strada un concetto di resilienza che si rivolge alle imprese e si riferisce alla capacità dell’azienda di imparare dall’evento catastrofico e di adattarsi a una nuova realtà. La business resilience può, infatti, essere definita, come l’insieme delle pratiche, misure e servizi che consentono alle aziende di adattarsi e reagire efficacemente a eventi di business interruption, garantendo la continuità dei servizi e strutture operative/produttive. A mettere a rischio la continuità di un business non sono solo le calamità naturali, ma anche la progressiva dematerializzazione della catena del valore, la modifica degli equilibri internazionali, la crescente delocalizzazione della catena di fornitura, la generale frammentazione delle filiere produttive, la volatilità della domanda e le richieste di consumatori sempre più esigenti. A questi si aggiungono la limitatezza delle risorse tangibili, le variazioni normative, la competizione internazionale, le pressioni di prezzo etc. Un evento avverso, in una parte del mondo apparentemente lontana, può significare per un’azienda uno scenario di crisi che – se non previsto e gestibile – può comprometterne addirittura la sopravvivenza. Sono molti i rischi che possono influenzare il buon andamento dell’operatività delle aziende e riguardano ogni aspetto dell’attività. Per questo è opportuno che le imprese sviluppino la capacità di essere resilienti di fronte agli imprevisti. In particolare se si parla di rischio cyber All’interno di un’azienda, la funzione business resilience agisce a tutti i livelli e coinvolge, in particolare, l’erogazione dei servizi, le infrastrutture critiche, i dati, la supply chain e il personale delle linee produttive. L’approccio strategico per lo sviluppo della business resilience prevede (si veda figura 1) le seguenti macro-attività: • analisi dell’attuale livello di resilienza (anticipate): identificazione dei sottosistemi critici aziendali (servizi/prodotti, patrimonio informativo, infrastrutture ICT, supply chain, dipendenti, etc.) e valutazione degli impatti che eventuali condizioni critiche potrebbero determinare su tali sottosistemi. È di fondamentale importanza durante tale fase la corretta mappatura delle interrelazioni tra sottosistemi interni al fine di identificare sequenze critiche di eventi alla cui gestione dovrà essere data priorità, e individuare i KPI (key perfomance indicator) per la misurazione delle attuali prestazioni (per esempio prodotti/minuti, disponibilità servizi, etc.); • definizione delle misure di mitigazione (resist, absorb): l’obiettivo è misurare la capacità di resistere o di assorbire gli effetti di eventi critici, andando a 19 valutare/simulare l’andamento dei KPI in condizioni normali e in condizioni critiche. In tale fase vengono valutati altresì piani di business continuity definiti per misurare la capacità massima e il tempo di sopportazione degli eventi critici prima del verificarsi di degradi produttivi e per quantificare l’andamento del degrado; • sviluppo della resilience (respond, adapt): sulla base dei risultati ottenuti, vengono identificate le aree di criticità che determinano il degrado prestazionale e vengono definite contromisure in grado di ostacolarlo, oppure condizioni di operatività alternative per far fronte agli eventi critici; • adozione di meccanismi di recovery (recover): le contromisure identificate vengono innestate sui singoli sottosistemi e si simula la velocità di ripristino dell’operatività, misurando lo scarto tra condizioni ex-ante e post evento critico, per valutare l’effetto sulla resilienza del sistema. RMNews 48 - Novembre 2016 te della strategia aziendale di gestione dei rischi. Per quanto riguarda invece la business continuity, le aziende mantengono ancora un approccio verticale nella definizione di piani di continuità, non integrando per esempio le valutazioni della business impact analysis con l’analisi dei rischi cyber e, viceversa, la definizione della strategia di gestione e trattamento dei rischi cyber non sempre si riflette sui piani di business continuity. Figura 1 – US Department of Energy – Resilience: Theory and Practice Una maggiore sinergia tra cyber risk e business continuity La business resilience rappresenta anche l’evoluzione degli aspetti tradizionali della information security, necessaria per governare le mutate condizioni in cui operano le aziende, sia in termini di attività produttive (supply chain / servizi offerti) sia in termini di innovazione tecnologica (tecnologie digitali abilitanti i processi business critical). L’aspetto innovativo del paradigma della business resilience è rappresentato dalla focalizzazione non soltanto sulla protezione del patrimonio informativo aziendale, ma soprattutto sullo sviluppo di nuove competenze, quali la capacità di riconoscere e adeguarsi a condizioni critiche (presenza di un attacco cyber, esecuzione di un data breach, etc.) e reagire per il ripristino dell’operatività. Nel mutato scenario di attacchi cyber e minacce rivolte ai servizi/beni e patrimonio informatico delle aziende, la business resilience costituisce una nuova forma di “difesa attiva” basata sull’accettazione che potenziali eventi futuri danneggino l’operatività aziendale e sulla capacità di prepararsi a gestire tali condizioni critiche, minimizzando i danni e migliorando la capacità di ripristino operativo. L’applicazione del framework generale all’ambito delle minacce cyber, mette in rilievo due aspetti rilevanti e strettamente legati: la permeabilità di un sistema a scenari di attacco cyber che possano minare l’operatività dei sottosistemi critici (dati, servizi, prodotti, infrastrutture ICT, etc.), la capacità di assicurare la continuità operativa in condizioni critiche. Sebbene l’attenzione sul cyber risk rimanga alta e sia stata confermata una graduale e continua presa di consapevolezza da parte dei decisori aziendali (CEO, risk manager, membri del consiglio di amministrazione) sul tema della cyber security, è ancora esiguo il numero di aziende che ha riconosciuto il cyber risk facente par- 20 La nuova sfida della business resilience è quindi affrontare il tema delle minacce informatiche (principalmente cyber) attraverso una maggiore sinergia tra le discipline del cyber risk e business continuity in modo da assicurare: • il pieno coinvolgimento del top management nella valutazione dell’esposizione aziendale agli scenari di rischio cyber in termini di business continuity/ loss of profit; • la partecipazione estesa da parte delle funzioni Risk, CFO e IT al processo di analisi e valutazione dei rischi cyber, all’identificazione delle singolarità soggette a degrado e alla revisione delle soluzioni di continuità; • la definizione di una strategia di business resilience, basata su un adeguato modello di governance dei cyber risk e su un piano di business continuity che sostenga e supporti l’azienda nella gestione operativa di eventi critici. Una corretta strategia di business resilience deve sapere coniugare un approccio risk-driven degli scenari di rischio (cyber), applicabili al contesto aziendale, con un approccio operational-driven legato al piano di continuità operativa, verificando la coerenza rispetto alle minacce applicabili. RMNews 48 - Novembre 2016 Un approccio globale al Cyber Risk www.gruppolercari.com Di fronte alle minacce legate alle tecnologie web, si stanno implementando servizi sempre più mirati alla difesa “su misura” dei sistemi digitali I n un mondo in vorticoso cambiamento, nel quale nulla è né sarà mai più come prima, anche il Risk Management sta attraversando una fase fortemente evolutiva. Tutti gli attori del processo sono chiamati a rivedere radicalmente il proprio approccio, processi e strutture in qualunque fase della filiera si collochino. Cambiano gli uomini, cambiano le strutture ma anche i rischi da gestire. L’impetuoso sviluppo tecnologico e dei nuovi sistemi informativi e di comunicazione di massa ha sicuramente contribuito alla creazione di valore ma ha portato con sé anche una crescita esponenziale di rischi prima nemmeno immaginati. Diventa, quindi, fattore chiave operare un monitoraggio dei cyber risk, dotarsi di strumenti e piani di azione per fronteggiare questo rischio emergente di cui molto si parla ma che è ancora in gran parte inesplorato. Sono ancora una maggioranza i soggetti pubblici e privati che non si tutelano o sottovalutano tali minacce, come quelle connesse alla perdita o sottrazione dei dati (data breach) che stanno crescendo in modo esponenziale. La superficie di attacco complessivamente esposta dalla nostra civiltà digitale cresce più velocemente della nostra capacità di proteggerla. In una continua rincorsa fra “guardie e ladri”, i difensori hanno difficoltà nel fronteggiare il problema: nonostante i crescenti investimenti in sicurezza informatica, numero e gravità degli attacchi continuano ad aumentare. Si stima che 2/3 degli incidenti non vengano nemmeno rilevati dalle vittime perché i dati vengono semplicemente clonati dagli assalitori senza che la vittima se ne accorga. Ciò impone l’implementazione di un approccio completamente innovativo alla gestione della sicurezza, non più basato sulla compliance ma su un’attenta analisi dei rischi che consenta di applicare misure di sicurezza mirate. In tale prospettiva, Lercari ha sviluppato una gamma di servizi - non solo peritali - per accompagnare la clientela attraverso l’intero processo di gestione del rischio. Fra questi ha realizzato, in collaborazione con il partner iberico Lazarus - Clinica de datos di Madrid (leader nei servizi di protezione informatica per il recupero dei dati, assistenza pre e post cyber attack, informatica forense) un pacchetto innovativo - presentato in occasione del tradizionale cocktail natalizio 21 del 24 novembre scorso - che si articola in servizi preventivi e di assistenza in caso di attacco cyber (quali un call center 24/24, recupero dei dati, spese per il riavvio dei sistemi informatici coinvolti) e servizi preventivi per l’analisi e la correzione delle vulnerabilità, assistenza tecnologica, configurazione sicura dei sistemi (wifi, router, passwords, etc …). È poi prevista un’applicazione Anti Sequestro di informazioni (Anti Ramsomware) progettata per prevenire l’infezione ransomware attraverso regole del sistema operativo e il monitoraggio di attività sospette. Ciò impedisce fin dall’inizio di eseguire il ransomware e crittografare i dati del computer o del sistema vittime di attacco. Il pacchetto è integrato da una “cassaforte virtuale” con tecnologia cloud e crittografia di livello militare, per disporre in modo facile e intuitivo di uno spazio sicuro da 512 Gb online, automatico e di facile utilizzo da PC. RMNews 48 - Novembre 2016 Andare all’estero con la giusta protezione www.QBEitalia.com Le imprese italiane vanno sempre di più all’estero per cercare nuove opportunità di crescita. Con effetti rilevanti sul loro profilo di rischio. È per questo il momento di rivedere l’approccio al risk management in termini di organizzazione e soluzioni, anche di natura assicurativa G li imprenditori italiani, si sa, sono sempre stati grandi viaggiatori, capaci di fare business ovunque nel mondo. Nell’epoca dell’economia globalizzata questa vocazione si è trasformata in un imperativo categorico: è lontano da casa che si devono trovare le soluzioni per dare un futuro alle proprie imprese, per farle crescere e prosperare. Una necessità, quindi. La crescente operatività internazionale ha cambiato il profilo di rischio, sicuramente più elevato. Colpa delle complesse situazioni politiche ed economiche in cui vivono molti paesi, delle diversità normative e, in generale, delle difficoltà ambientali alle quali adeguarsi. Estendere l’attività in nuovi mercati aumenta il potenziale di crescita ma espone a rischi nuovi, di diversa natura. Per tutte le imprese quindi, grandi o piccole, s’impone un nuovo approccio al risk management che implica rivedere organizzazione e procedure, dotarsi di strumenti per monitorare costantemente l’evoluzione dei rischi e prevenire i danni. Vuol dire adeguare le coperture assicurative. Se questo è lo scenario, è chiaro che quando si parla di assicurazione le imprese non hanno bisogno solo di polizze, ma di un interlocutore con una visione ampia dell’operatività aziendale e con un raggio d’azione globale. Un partner che sappia verse aree di business, in grado per questo di assistere un’impresa su scala globale. La combinazione tra expertise locale e competenze di business è la miglior garanzia per ottimizzare la gestione del rischio sotto il profilo tecnico. A questo si uniscono l’approccio al cliente e le caratteristiche dell’offerta rispetto alle quali QBE ha definito una propria proposta al mercato. tradurre le varietà delle nuove esigenze in soluzioni con il giusto equilibrio tra efficacia (copertura puntuale delle aree di rischio) ed efficienza (aderenza alle condizioni in cui l’azienda opera nei diversi paesi). È questa la value proposition di QBE Insurance Group, compagnia con 130 anni di storia (è nata nel 1886 a Sidney), oggi tra i primi venti assicuratori nel mondo con una raccolta premi di 14,7 miliardi di dollari nel 2015. QBE è presente in 37 Paesi (in Italia opera dai primi anni ‘90 e dal 2007 attraverso una Rappresentanza Generale) con oltre 14.500 dipendenti e un network di filiali e partner distributivi molto esteso. Un’organizzazione che offre una conoscenza diretta delle realtà locali e delle di- 22 L’approccio al cliente segue rigorosamente il principio del case by case. Ogni azienda è, in altre parole, un caso da studiare per il quale trovare una soluzione unica. Analisi dei paesi di riferimento, risk assessment complessivo, costruzione delle coperture: tutti interventi che sono poi inquadrati nel più generale sistema aziendale di controllo del rischio. Anche nelle condizioni di polizza QBE ha costruito un proprio posizionamento distintivo nel segmento delle assicurazioni multinazionali. L’offerta, che include tutti i rami rilevanti per un’impresa (dal property, che include anche gli eventi catastrofali e il rischio terrorismo, alla responsabilità civile), si distingue per la competitività dei massimali e delle coperture. È, soprattutto, un’offerta flessibile capace d’incontrare la diversità della domanda delle imprese italiane in termini di rischiosità dei business, dimensione e organizzazione. RMNews 48 - Novembre 2016 AZIENDE CONSAPEVOLI DEI RISCHI IN VIAGGIO La “Travel risk map 2017”, realizzata da International Sos e Control Risks, fa il punto sui rischi collegati ai viaggi di lavoro in tutto il mondo. È stata presentata insieme ad un sondaggio dell’ente di ricerca Ipsos MORI, che rivela come si muovono i manager nel trovare soluzioni di mitigazione per un rischio multiforme e in continua evoluzione www.internationalsos.com L ’edizione 2016 della Travel Risk Map ha raggiunto un importante obiettivo: il 32% dei manager ha modificato i piani di viaggio aziendali sulla base delle indicazioni del report. La mappa fornisce una panoramica dei rischi a seconda delle destinazioni e aiuta le aziende nel trovare soluzioni di mitigazione del rischio. Charline Gelin, Security specialist di International SOS e Control Risks, ha commentato: “Gli attachi terroristici del 2016 hanno aumentato la sensibilità sul tema della sicurezza in viaggio. Temi come l’assistenza sanitaria e gli incidenti stradali, che rappresentano il 70% dei servizi assistenziali che abbiamo fornito nell’anno passato, possono essere messi in ombra da problemi che hanno più risonanza ma sono molto meno frequenti. È essenziale Le azioni di mitigazione più diffuse: Rinforzo delle misure di sicurezza in viaggio 50% Aggiornamento delle polizze rischio viaggio 45% Diffusione via email di avvertenze e consigli, prima dei viaggi 39% Introduzione di programmi di formazione sulla sicurezza in viaggio 32% Implementazione di sistemi per la localizzazione dei dipendenti all’estero 25% per i manager poter contare su una fonte che dia informazioni obiettive e che li possa aiutare a implementare polizze travel risk e piani di viaggio costruiti individualmente. L’esame di tutti i fattori di rischio permetterà ai viaggi lavorativi di svolgersi agevolmente, con il risultato di una forza lavoro protetta e la garanzia della business continuity”. Il sondaggio Ipsos MORI è stato condotto su oltre 1000 decision-maker aziendali, responsabili delle politiche di mitigazione dei rischi di viaggio in oltre 75 paesi e rappresentanti di circa 500.000 lavoratori. Malgrado una maggiore percezione del rischio (per il 72% degli intervistati i rischi sono aumentati negli ultimi anni), il 44% ha dichiarato un aumento nelle attività di business travelling e oltre la metà si aspetta un’ulteriore crescita nel 2017. L’80% delle aziende ha modificato gli itinerari di viaggio, nell’anno passato, per precauzioni di salute e sicurezza. Inoltre, il 48% degli intervistati dichiara che la propria azienda ha aumentato gli investimenti destinati alla mitigazione dei rischi di viaggio, e il 47% ritiene che questo trend crescente continuerà nel prossimo anno. A livello globale, le preoccupazioni maggiori sono i potenziali attacchi terroristici (71%), seguiti dal virus Zika (49%) e dai disordini sociali (46%), con il rischio di un’inadeguata assistenza sanitaria e di in- 23 Le maggiori sfide nella mitigazione dei travel risks per i manager: Formare i dipendenti sui rischi in viaggio 49% Comunicare durante una situazione di crisi 47% Localizzare il lavoratore durante il viaggio 42% Avere la certezza che i dipendenti abbiano letto le avvertenze pre viaggio 37% La compliance delle polizze travel risk 31% Gestire una crisi 31% cidenti stradali entrambi al 15%: sebbene meno considerati, gli ultimi due sono i più comuni e non possono essere trascurati. Philippe Biberson, Medical Director, ha dichiarato: “È vitale che le imprese e i dipendenti familiarizzino con i rischi sanitari associati ai viaggi e prendano adeguate misure per ridurli. Al di là della notorietà del virus Zika, sono i problemi sanitari più comuni, come i disordini gastrointestinali o la non disponibilità di medicinali in loco, che possono rovinare un viaggio di lavoro. Anche gli incidenti stradali sono tra le prime 5 cause di rimpatrio per motivi medici: le aziende dovrebbero tenere a mente che rimane uno dei rischi più probabili”. La Travel Risk Map 2017 è disponibile al link https://www.internationalsos.com/ travelriskmap RMNews 48 - Novembre 2016 ANRA INFORMA Queste le date già programmate per gli appuntamenti organizzati da ANRA: • 25 Gennaio 2017 Corso “Nuovo Codice Appalti”, organizzato da ANRA in partnership con Asacert, a Milano • 07/09 Febbario 2017 I° modulo ALP “Fondamenti di Risk ed Insurance Management”, organizzato da ANRA, a Milano • 14/16 Marzo 2017 II° modulo ALP “Risk e Insurance Management Avanzato”, organizzato da ANRA, a Milano • 10/12 Aprile 2017 III° modulo ALP “Tecniche di Controllo, Mitigazione e Trattamento dei Rischi”, organizzato da ANRA, a Milano • 23/25 Maggio 2017 IV° modulo ALP “Enterprise Risk Management e Strumenti Avanzati di Risk Management”, organizzato da ANRA, a Milano • 13/15 Giugno 2017 V° modulo ALP “Prima e dopo il Sinistro: Claim management. Crisi management. Disaster Recovery. Comunicazione”, organizzato da ANRA, a Milano Per informazioni sugli eventi: [email protected] 24 RMNews 48 - Novembre 2016 Chi è Anra ANRA è l’associazione che dal 1972 raggruppa i Risk Manager e i Responsabili delle Assicurazioni Aziendali. Ad oggi l’associazione conta oltre 280 soci e svolge un importante ruolo per la creazione in Italia di una cultura della gestione dei rischi e delle forme più adeguate per assicurarli. In ANRA sono rappresentati i Risk Manager e i Responsabili Assicurativi Aziendali: i primi monitorano ed esaminano tutti i rischi, ordinari e straordinari, correlati all’attività aziendale, li condividono con il top management e formulano, con il loro accordo, un piano operativo per la gestione dei rischi; i secondi, invece, impostano, realizzano e gestiscono il piano assicurativo dell’azienda. Ifrima ANRA fa parte dell’IFRIMA (International Federation of Risk and Insurance Management Associations), l’organizzazione, la cui attività può essere fatta risalire al 1930, che raccoglie sotto di sé le associazioni internazionali di gestione del rischio, in rappresentanza di 23 organizzazioni e 30 Paesi di tutto il mondo. L’obiettivo primario di IFRIMA è quello di fornire un forum per l’interazione e il confronto tra le varie associazioni di categoria e i membri che ne fanno parte. FERMA ANRA è iscritta a FERMA (Federation of European Risk Management Associations), l’organizzazione che attualmente riunisce le associazioni nazionali di Risk Management di 22 nazioni europee. Essa rappresenta oltre 4800 professionisti che operano nei più svariati campi, dall’industria alla finanza passando per la sanità, presso organismi statali, privati o enti benefici. Scopo del FERMA è promuovere la cultura della prevenzione rischio e favorire il networking tra i propri associati. Per maggiori informazioni: Anra, Via del Gonfalone 3 - 20123 Milano T +39 02.58.10.33.00 F +39 02.58.10.32.33 - www.anra.it - [email protected] Seguici anche su: Per approfondire i temi trattati in questo notiziario, vi invitiamo a consultare la pagina dei link consigliati da Anra. Risk Management News è un notiziario periodico dell’associazione Anra. [email protected] 25