Il trasporto marittimo - CREA 121 ON-LINE
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Il trasporto marittimo - CREA 121 ON-LINE
Studi e Analisi Finanziaria Studi di Settore Evoluzione dei servizi di trasporto marittimo containerizzato: il caso del mediterraneo Settembre2002 Indice Introduzione 2 La redditività 3 Lo sviluppo dei traffici nel Mediterraneo 8 Il mutamenti dell’orizzonte strategico delle grandi compagnie di navigazione 13 Settembre 2002 A cura di Marco Mutti Tel.: 028850 7174 e-mail: [email protected] Studi e Analisi Finanziaria 1 Settembre2002 Introduzione Il settore dei traffici containerizzati è particolarmente interessato da un lato da fenomeni di innovazione tecnologica, dall’altro da uno sviluppo dei traffici dinamico ma instabile, che impongono alle compagnie di verificare costantemente le proprie strategie. L’orientamento delle compagnie navali attive nei traffici containerizzati al fine di mantenere un livello sufficiente dei propri margini si è dapprima indirizzato al conseguimento di maggiori economie di scala e, in seguito, ha visto un crescente interesse per lo sviluppo di servizi a maggiore valore aggiunto e un più attivo coinvolgimento dei vettori marittimi nelle attività logistiche terrestri. Da parte dei soggetti chiamati a finanziare i nuovi investimenti richiesti dal settore marittimo containerizzato si pone dunque il problema di analizzare e comprendere le cause che sottostanno ai cambiamenti di indirizzo delle compagnie per meglio valutarne le decisioni di investimento. La prima sezione del lavoro è dedicata all’analisi delle condizioni di redditività tipiche delle grandi compagnie di navigazione container, al fine di evidenziare la necessità da parte di queste ultime di ricorrere a strategie per elevare il valore aggiunto dei propri servizi; successivamente viene esaminata la recente evoluzione dei traffici dell’area mediterranea, cercando di evidenziare in particolare i legami tra lo sviluppo del transhipment e le implicazioni in termini di qualità del servizio dell’intera catena di trasporto; infine, nella terza sezione vengono svolte alcune riflessioni sull’interesse da parte delle compagnie a sviluppare attività landbased e sui nuovi interrogativi che questo processo pone per i soggetti finanziatori. Studi e Analisi Finanziaria 2 Settembre2002 La redditività La forte concorrenza che si è sviluppata nel corso degli anni ’90 nel settore dei traffici containerizzati ha indotto le imprese a intraprendere strategie orientate al contenimento dei costi, ricercando maggiori economie di scala attraverso l’utilizzo di naviglio di dimensioni maggiori. CONTAINERSHIP FLEET BY SIZE 6000 5000 (OOO TEUs) 4000 3000 2000 >4000 3000-3999 2000-2999 1000-1999 500-999 100-499 1000 19 80 19 81 19 82 19 83 19 84 19 85 19 86 19 87 19 88 19 89 19 90 19 91 19 92 19 93 19 94 19 95 19 96 19 97 19 98 19 99 20 00 20 01 20 02 0 Source: Clarkson Research Ciò ha richiesto l’aumento dei volumi che ciascuna compagnia deve essere in grado di gestire per assicurare il soddisfacimento dei load factors e sostenere il crescente fabbisogno di risorse richiesto dagli investimenti navali, stimolando un processo di crescita della concentrazione degli operatori e lo sviluppo di accordi strategici con lo scopo di mettere in comune, in tutto o in parte, i fattori di produzione. Seguendo un percorso tipico delle industrie mature, il settore ha così attraversato durante lo scorso decennio una fase di forte selezione del mercato degli operatori, che ha visto ridursi il numero dei soggetti capaci di coniugare le esigenze di crescita del proprio business su scala globale con il mantenimento dell’equilibrio economico-patrimoniale. CONSOLIDATION OF CONTAINERLINES INDUSTRY 1993 APL Cosco DSR Evergreen Hanjin Hapag-Lloyd Hyundai K Line Maersk MOL MSC Nedlloyd NOL NYK OOCL P&O Sea-Land UASC Yang Ming ZIM 2001 Maersk-Sealand Grand Alliance: Hapag-Lloyd / MISC / NYK / OOCL / P&O Nedlloyd / CP Ships United Alliance: UASC / Hanjin + DSR Senator / Cho Yang Lines New World Alliance: APL / Hyundai / Mitsui OSK Lines / MOL Evergreen (+ Uniglory Marine + Lloyd Triestino + Hatsu Marine) Cosco / Yang Ming / K Line Studi e Analisi Finanziaria 3 Settembre2002 Studi recenti1 hanno tuttavia evidenziato come le economie di scala conseguibili dalla crescita del naviglio siano decrescenti all’aumentare della stazza e tendano ad azzerarsi una volta raggiunta la soglia dei 6.000 Teus/nave. In particolare, è tato osservato come la crescita dimensionale delle navi oltre certe soglie comporta l’insorgere di diseconomie connesse alla congestione delle strutture terminalistiche, ai costi logistici del ciclo di raccolta/distribuzione dei carichi e alla riduzione della flessibilità operativa del naviglio in termini di routing patterns. Secondo le analisi, i margini più consistenti di ottimizzazione dei costi nave sarebbero invece concentrati nel range 500-2.000 Teus/nave e significativi incrementi di efficienza possono essere conseguiti da parte delle compagnie che riescano a soddisfare le richieste di maggiore capacità sostituendo il naviglio di dimensione minore (< 1.000 teus) con mezzi di media capacità (1.500-2000 teus). ECONOMIES OF SCALE BY SIZE OF CONTAINERSHIP USED (ATLANTIC ROUTE) 750 Cost/Teu ($) - Atlantic route 700 650 600 550 500 450 0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 16000 18000 20000 Size of containership Source: adapted from M.Stopford Esaminando inoltre le strutture tipiche dei costi delle compagnie di navigazione container si può osservare che gli oneri direttamente attribuibili alla nave (ammortamento del capitale, costi operativi e combustibile), ossia la componente che beneficia delle economie di scala ottenibili dalla crescita dimensionale delle navi, rappresenta in media una percentuale variabile intorno al 20%-25% dei ricavi, mentre una quota mediamente superiore al 50% è riferibile alle spese sostenute per la logistica terrestre dei carichi (terminalizzazioni e inoltri). 1 M.Stopford: Is the Drive for ever bigger Containership irresistible?, Lloyds List Shipping Forecasting Conference, 2002 Studi e Analisi Finanziaria 4 Settembre2002 P&L OF AN INTERNATIONAL CONTAINER SHIPPING COMPANY Gross Revenue 100% Cargo Handling Costs 50%-60% of which: terminals 23%-27% of which: inland 27%-33% Vessel & Voyage Costs 20%-25% Equipment and Repositioning Costs 15%-20% Gross Profit (5%)-15% Business & Administrative Expenses 10%-20% Operating Results (25%)-5% Source: Container Cargo Alliance L’osservazione di questi dati sembra dunque indicare che la strategia del “gigantismo navale”, perseguita da molte delle maggiori compagnie, non possa più offrire margini apprezzabili di miglioramento della redditività, sia a causa della progressiva erosione delle economie di scala conseguibili, sia per l’elevata incidenza dei costi che non pertengono alla nave; questi ultimi, inoltre, possono risultare aggravati dalla crescita dimensionale del naviglio per effetto di diseconomie gestionali e/o di strozzature infrastrutturali lato terra. Esaminando il fronte delle entrate per le compagnie, l’analisi dei dati sull’andamento storico dei noli evidenzia la tendenziale riduzione che questi hanno registrato lungo gli anni ’90. La ragione principale di questo processo è da ricercarsi, anche in questo caso, nella continua crescita della capacità di stiva in rapporto alla domanda di traffico containerizzato, sebbene quest’ultima abbia rappresentato la componente più dinamica dei traffici marittimi, facendo registrare nell’ultimo decennio una crescita complessiva delle tonnellate movimentate su scala mondiale pari al 143%. CONTAINER FREIGHT RATES – TRANSPACIFIC ROUTE 2500 2000 US$/Teu 1500 Eastbound Westbound 1000 500 01 01 2Q 4Q 00 00 4Q 99 2Q 99 4Q 98 2Q 98 2Q 4Q 97 97 4Q 96 4Q Studi e Analisi Finanziaria 2Q 95 96 2Q 95 2Q 4Q 94 94 4Q 2Q 4Q 93 0 5 Settembre2002 CONTAINER FREIGHT RATES – TRANSATLANTIC ROUTE 1800 1600 1400 US$/Teu 1200 1000 Eastbound Westbound 800 600 400 200 01 01 4Q 00 4Q 2Q 00 99 4Q 2Q 98 99 2Q 98 2Q 4Q 97 97 4Q 96 4Q 2Q 95 96 2Q 95 2Q 4Q 94 94 4Q 2Q 4Q 93 0 CONTAINER FREIGHT RATES – ASIA-EUROPE-ASIA ROUTE 1800 1600 1400 US$/Teu 1200 1000 Eastbound Westbound 800 600 400 200 01 01 4Q 00 2Q 4Q 00 99 4Q 2Q 98 99 2Q 98 2Q 4Q 97 97 4Q 96 4Q 2Q 95 96 2Q 95 2Q 4Q 94 94 4Q 2Q 4Q 93 0 Source: Clarkson Research La consistente crescita dei traffici, unita alle considerazioni sulle economie di scala svolte in precedenza, ha infatti indotto le compagnie ad accrescere l’offerta di capacità (sia attraverso navi proprie, sia con il crescente ricorso a navi charter), più che proporzionalmente: a fronte del 143% di crescita fatta registrare dalle tonnellate movimentate per container, la disponibilità di slot offerta dalla flotta mondiale di navi container2 è infatti cresciuta del 167%. Il gap tra domanda e offerta si è ulteriormente ampliato a partire dal 2001, allorchè il massiccio flusso di consegne di nuove navi ordinate negli anni precedenti si è accompagnato alla pesante riduzione dei traffici generata dalla fase recessiva dell’economia mondiale. Lo squilibrio dei mercati si trova attualmente nel pieno della sua fase e potrebbe cominciare a ridursi solo a partire dal prossimo anno, nell’ipotesi di una accelerazione delle demolizioni e di un sensibile miglioramento della congiuntura internazionale. In ogni caso, la forte incertezza che ancora 2 Il dato si riferisce alle sole navi specializzate tutto container ed esclude l’offerta di slot riferibile alle navi miste. Studi e Analisi Finanziaria 6 Settembre2002 grava sulle prospettive di una ripresa del ciclo economico e i dati sulle consegne previste di nuovo naviglio (salvo cancellazioni di ordini, le stime di Clarkson Research indicano in circa 1,3 milioni di Teus l’incremento di capacità per i prossimi 18 mesi generato da nuove navi portacontainer, ossia un volume pari a circa il 27% della capacità della flotta mondiale registrata a fine 2001) è fortemente improbabile che il mercato riuscirà ad assorbire massicci aumenti di nuova capacità, continuando ad alimentare la pressione verso l’ulteriore riduzione del livello dei noli. DEMAND-SUPPLY IN WORLD CONTAINER MARKET 25.0% 20.0% 15.0% 5.0% 2003(e) 2002(e) 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 -5.0% 1991 0.0% 1990 growth % 10.0% -10.0% -15.0% -20.0% % container seatrade % container fleet gap Source: our estimates on Clarkson Research data Un secondo fattore di cambiamento del mercato discende dall’approvazione negli USA dell’Ocean Shipping Reform Act (OSRA) nel 1988. Con questo provvedimento è stata eliminata la possibilità alle compagnie di costituire cartelli per il controllo del livello dei noli (fino ad allora a loro permessa in deroga alle norme USA per il rispetto della concorrenza) ed è stata legittimata la negoziazione individuale e confidenziale dei noli tra caricatori e vettori navali. E’ stato osservato come l’introduzione del principio della libera negoziazione abbia avuto il duplice effetto di stimolare dapprima la formazione di vesselsharing agreements (VSA, mediante i quali due o più diverse compagnie raggiungono intese per l’utilizzazione reciproca della capacità navale offerta da ciascun vettore al fine di ottimizzare i collegamenti offerti) che si sono in seguito estese all’utilizzo congiunto di equipment e dell’offerta dei servizi logistici terrestri; la seconda conseguenza, ancora più importante, riguarda il mutamento dei rapporti tra compagnie navali e caricatori (siano essi spedizionieri marittimi o grandi clienti industriali), dal momento che la diffusione di contratti personalizzati tra caricatori e compagnie ha permesso di includere, oltre al valore del nolo marittimo, anche le condizioni di fornitura dei servizi (ad es. garanzie di imbarco preferenziale in caso di overbooking, pianificazione congiunta degli inoltri terrestri, consolidamento/deconsolidamento dei carichi, ecc.), aprendo la strada ad una maggiore attenzione da parte delle compagnie alle esigenze della clientela. La liberalizzazione del mercato USA, favorendo la fissazione dei noli in base alle leggi della domanda-offerta e lasciando libero gioco alla Studi e Analisi Finanziaria 7 Settembre2002 competizione basata sul prezzo, ha dunque reso più acuta la necessità da parte degli operatori di diversificare il business navale, ormai giunto alle soglie della maturità tecnologica e sempre più simile ad una commodity, al fine di trovare nuovi spazi per aumentare la competitività attraverso la fornitura di servizi a valore aggiunto che consentano il recupero dei margini operativi. Lo sviluppo dei traffici nel Mediterraneo L’area mediterranea rappresenta un punto di osservazione particolarmente interessante per comprendere come le compagnie di navigazione vanno reinterpretando il loro ruolo nel quadro dell’evoluzione del mercato del trasporto marittimo. GROWTH % OF CONTAINER LIFTS BY REGION Mediterranenan Europe - Northern Range N.America - West Coast N.America - East Coast Other Asia Singapore & Hong Kong Japan 0% 20% 40% 60% 80% 100% 120% 140% 160% 180% Esaminando più in dettaglio la distribuzione regionale dei traffici durante il periodo 1994-2000, (misurata dalla movimentazione di container presso i porti), si può osservare come sia l’area atlantica che quella asiatica mostrino tassi di crescita allineati intorno alla media mondiale - circa il 60%3 - ; l’area mediterranea mostra invece tassi di crescita dei Teus movimentati pari intorno al 170%. Le cause di questo rapido incremento vanno cercate nel profondo mutamento dei traffici che ha fatto seguito allo sviluppo dei servizi di transhipment e della portualità mediterranea. L’attività di transhipment, almeno nella sua configurazione hub & spoke, consiste nel trasferimento dei contenitori da navi di grandi dimensioni transoceaniche (navi madri o liners) a navi di minori dimensioni (e viceversa) al fine di soddisfare l’esigenza di minimizzare i costi e sfruttare le economie di scala conseguibili con le navi di grande dimensione, pur continuando a disporre di flussi di carico adeguati. 3 Nella regione asiatica ai massicci incrementi presso i porti cinesi e dei paesi emergenti del Sud Est asiatico si è contrapposta la staticità della movimentazione della portualità giapponese. Studi e Analisi Finanziaria 8 Settembre2002 E’ possibile riconoscere tre differenti schemi operativi di transhipment: · Schema hub & spoke, attraverso cui i carichi con origine/destinazione in diversi porti regionali vengono raccolti presso un unico scalo mediante collegamenti effettuati con navi di piccole dimensione (feeder) e da qui trasferiti su navi di grande dimensione che effettuano il trasporto lungo le direttrici principali. · Schema relay, attraverso il quale viene effettuato il trasferimento di carico tra servizi differenti operati su rotte che si intersecano. Il fine di queste operazioni consiste nella possibilità di interconnettere servizi operati sulle direttrici principali; ne consegue che il trasbordo dei carichi non avviene necessariamente tra tipologie di navi di diversa dimensione. · Schemi di interlining, che consentono di interconnettere una molteplicità di servizi in determinati scali comuni a tutti allo scopo di moltiplicare gli abbinamenti origine/destinazione. Operazioni di interlining sono frequenti nell’ambito delle coalizioni strategiche tra compagnie diverse che gestiscono servizi nelle stesse aree geografiche. A differenza degli schemi precedenti, inoltre, ai porti che svolgono attività di interlining non sono richieste particolari condizioni di baricentricità rispetto alle grandi direttrici di traffico; la loro localizzazione ottimale dipende infatti dalla tipologia dei servizi operati dalle compagnie che fanno parte dell’alleanza. Mediante le varie tipologie di transhipment, dunque, le compagnie hanno progressivamente ristrutturato i propri servizi e sviluppato accordi con altri operatori al fine di: · aggregare la domanda; · ottimizzare gli itinerari delle navi madre; · sfruttare le economie di scopo possibili mediante la produzione congiunta di alcune tratte del servizio; · incrementare le occasioni di carico lungo le rotte principali; · conquistare nuovi mercati senza impiegare naviglio addizionale. Quanto detto aiuta a comprendere l’evoluzione dei traffici marittimi nel Mediterraneo avvenuta nella seconda metà degli anni ’90 e le cui caratteristiche sono state ampiamente analizzate dalla recente ricerca condotta dal CNEL (Consiglio Nazionale dell Economia e del Lavoro)4, da cui sono tratti molti dei dati presentati in questa sezione. L’incremento della movimentazione di container nel Mediterraneo è la conseguenza dello sviluppo degli hub di transhipment che ha da un lato alimentato i volumi di movimentazione portuale della nuova componente dei trasbordi nave-nave, e dall’altro ha sostenuto la crescita dei traffici attraverso un netto incremento dei collegamenti con le principali aree geoeconomiche disponibili nei porti regionali. Entrambi questi fenomeni sono evidenziati dal confronto dei dati relativi agli anni 1994 e 2001: 4 CNEL “2^ Rapporto sui traffici marittimi e Mediterraneo”, 2002. Studi e Analisi Finanziaria 9 Settembre2002 CONTAINER TRAFFIC BY MAIN TRANSHIPMENT HUBS (000 TEUS) 1994 1,003 383 571 (a) Algeciras (SP) Marsaxlokk (MO) Gioia Tauro (IT) Taranto (IT) Port Said (EG) Damietta (EG) 183 510 2,079 Total (a): 2001 2,151 1,165 2,448 186 544 696 7,190 % 114.5% 204.2% 328.7% n.a. 197.3% 36.5% 245.8% 1996; Source: CNEL CONTAINER TRAFFIC BY MAIN MEDITERRANEAN PORTS EXCLUDING TRANSHIPMENT (000 TEUS) 1994 2001 % 1,925 725 2,650 3,451 1,209 4,660 79.3% 66.8% 75.8% 1,072 146 1,218 2,918 305 3,223 172.2% 108.9% 164.6% Total Greece + Turkey 785 503 1,288 1,626 1,215 2,841 107.1% 141.6% 120.6% Grand Total 5,156 10,724 108.0% Italy 4 ports > 200,000 TEUs 11 ports < 200,000 TEUs Total Italy Spain 2 ports > 200,000 TEUs 4 ports < 200,000 TEUs Total Spain Greece + Turkey 2 ports > 200,000 TEUs 6 ports < 200,000 TEUs Source: CNEL Più interessanti ancora dei dati sulla movimentazione sono le informazioni relative al numero di collegamenti ai porti, che permettono di valutare l’ampliamento della copertura geografica dei servizi marittimi operati dalle compagnie per mezzo dell’adozione di schemi hub&spoke ad aree prima marginalizzate del Mediterraneo. No. OF MEDITERRANEAN PORTS WITH AL LEAST 1 WEEKLY SERVICE TO: transhipment+direct 1998 South-East Asia West Med East Med N. Africa only direct calls 2001 1998 2001 15 19 6 40 22 24 14 60 9 6 3 18 10 5 2 17 Total USA East Coast 16 18 5 39 18 23 10 51 11 4 1 16 12 5 2 19 Grand Total 79 111 34 36 Total South East Asia USA East Coast West Med East Med N. Africa Source: CNEL E’ immediato osservare come l’offerta complessiva di collegamenti dai porti del Mediterraneo sulle direttrici Est-Ovest sia aumentata del 40% e ciò sia stato possibile grazie ai servizi di transhipment, dal momento che il numero di servizi diretti è rimasto pressochè stabile (in taluni casi è persino Studi e Analisi Finanziaria 10 Settembre2002 diminuito). Viceversa, non mostrati in tabella, si è verificata una sensibile diminuzione dei collegamenti Nord-Sud con i porti dell’Africa non mediterranea e con il Sud America, da mettere in relazione con la scarsa dinamica della domanda dei traffici per queste due aree. Tutte le aree del Mediterraneo appaiono aver beneficiato dell’incremento dell’offerta di servizi, la cui disponibilità è più che raddoppiata nel caso dei porti nordafricani. Va infine sottolineato che, contrariamente a quanto previsto da molti osservatori, lo sviluppo dei servizi ha riguardato non solo le rotte con l’area del Sud Est Asiatico, ma anche quelle sulla direttrice atlantica con la costa orientale USA, che, nelle aspettative, avrebbero dovuto svilupparsi principalmente con servizi diretti serviti da/per i porti nordeuropei. L’ultima considerazione tocca una questione ampiamente dibattuta riguardo alle modalità di competizione tra i porti del Northern Range e quelli del Mediterraneo come effetto dello sviluppo del transhipment. Prendendo come esempio i collegamenti tra porti mediterranei e Benelux, nel triennio ‘98-2001 il numero dei porti che offrivano servizi tra le due aree sono aumentati da 39 (di cui 25 con servizio diretto) a 59 (di cui 30 con servizio diretto). Le ragioni di uno sviluppo così massiccio di collegamenti su questa direttrice possono essere molteplici: · una crescente integrazione di sistema fra le due aree gestita dalle compagnie di navigazione e dai grandi gestori terminalistici. In questo caso, più che competizione tra porti nordeuropei e porti mediterranei si tratterebbe di una competizione tra reti di porti - comprensivi sia di porti del Northern Range, sia Mediterranei – che si sviluppa sulla base delle strategie aziendali dei grandi operatori che ne detengono il controllo: un esempio è fornito dalla società Eurogate, che gestisce importanti terminal ad Amburgo, Brema, Bremerhaven, ma anche a La Spezia, Livorno e Gioia Tauro, opera servizi di feederaggio in tutta la portualità europea e fornisce servizi di inoltro terrestre, perseguendo una strategia intesa ad offrire una molteplicità di soluzioni logistiche a scala continentale per le compagnie di navigazione che intendono servirsi dei suoi terminals. · Una seconda ragione potrebbe consistere nella inferiorità dei servizi logistici terrestri offerti dai porti del Mediterraneo rispetto al livello offerto dai porti nordeuropei: in questo caso gli operatori potrebbero aver intensificato l’offerta di collegamenti per raccogliere merce nell’area mediterranea, trasferirla nelle piattaforme logistiche del NordEuropa ed eventualmente reindirizzarla verso il Mediterraneo una volta compiute le operazioni a maggiore valore aggiunto. Sebbene quest’ultima ragione non appaia come la più credibile (l’inferiorità logistica del Mediterraneo nella maggior parte dei casi non è tale da giustificare un dirottamento dei flussi di questa portata), essa segnala comunque come l’aspetto della localizzazione geografica di un porto sia un fattore competitivo che deve essere considerato alla luce del sistema di servizi complessivo che esso può attivare. Lo sviluppo del transhipment ha comportato la rivitalizzazione della portualità mediterranea in termini di infrastrutture terminalistiche e di servizi di collegamento marittimo, mentre ancora insufficiente appare la dotazione di collegamenti terrestri e di infrastrutture logistiche distributive: pur non essendo aumentato il numero di porti capaci di offrire servizi diretti per le principali aree geoeconomiche rispetto agli inizi degli anni ’90, l’ultimo Studi e Analisi Finanziaria 11 Settembre2002 decennio ha visto lo sviluppo di una rete che conta attualmente una quarantina di porti minori, di cui 18 attivati tra il ’98 e il 2001, collegati sulle principali aree intercontinentali attraverso regolari collegamenti feeder. Parallelamente, si è assistito alla crescita dei servizi feeder e alcune importanti operazioni di consolidamento tra gli operatori del settore5. I fenomeni di progressivo (ma ancora scarso) consolidamento del settore, insieme alla necessità di una maggiore rapidità e affidabilità dei servizi hanno stimolato l’impiego di navi più moderne e di maggiori dimensioni (da navi di classe feeder a navi di classe feedermax). La preferenza delle compagnie che svolgono servizi di feeder “puro” verso un’ampia flessibilità operativa spiega comunque la scelta prevalente di operare con navi a noleggio per periodi brevi (6-12 months timecharter) e con naviglio di capacità unitaria non superiore agli 800 Teus: in questo modo l’aumento della domanda tende ad essere soddisfatto attraverso un aumento delle frequenze operate con navi di dimensione contenuta piuttosto che con l’utilizzo di navi più grandi. Attualmente nei servizi feeder mediterraneo sono attive 20 compagnie marittime (di cui 5 per servizi dedicati per conto esclusivo) che svolgono servizi su 70 itinerari di cui 50 di feederaggio puro; la flotta complessiva comprende circa un centinaio di navi. L’efficienza e l’affinamento degli schemi operativi dei servizi di transhipment possono essere apprezzati anche in relazione alla diminuzione dei transit time richiesti: il confronto tra i tempi richiesti dai servizi diretti e quelli operati con transhipment mette in luce la maggiore competitività di questi ultimi nelle relazioni con il continente asiatico e nelle relazioni atlantiche con origine/destinazione nei porti dell’East Med. TRANSIT TIME (MIN./AVERAGE) FROM SOME SELECTED MEDITERRANEAN PORTS New York Singapore direct transhipment direct transhipment Barcelona 8/12 14/19 17/18 16/20 Genua 10/13 13/15 18/20 17/20 Naples 11/12 13/14 17/19 15/16 18/21 18/21 18/20 Triest Istambul Haifa Alexandria 14 13/15 19/22 14/25 21 14/25 13/16 14/18 17/19 Tunis 17/1 17 13/19 Source: CNEL 5 Ad es. United Feeder Service L.P. (UFS), nata nel ’99 dalla fusione delle attività di Camou Marine, Mediterranean Feeders e Medexpress Italia. Attualmente UFS dispone di una flotta di 41 navi di capacità unitaria compresa tra 200 e 1.200 Teus, per un totale di 23.800 Teus; Studi e Analisi Finanziaria 12 Settembre2002 Il mutamenti dell’orizzonte strategico delle grandi compagnie di navigazione I fenomeni fin qui descritti con riferimento al Mediterraneo chiariscono come lo sviluppo del transhipment risponda alla duplice esigenza di contenere le diseconomie associate alla crescita della capacità del naviglio e di esercitare una maggiore pressione commerciale, sia dal punto di vista geografico (conquista di mercati in nuove aree), sia migliorando la qualità del servizio (partenze più frequenti, minori transit time). Meno evidente appare il legame tra lo sviluppo del transhipment e l’esigenza delle compagnie di offrire servizi a maggiore valore aggiunto, per cui valgono le seguenti considerazioni: a) nella scelta degli itinerari e delle toccate delle navi madri, le compagnie sono sempre più orientate a disegnare un’offerta di collegamenti strutturata su macroaree e non su singoli porti, affidando ai servizi di feederaggio il compito di colmare il fitto reticolo dei collegamenti con i porti regionali e alle infrastrutture terrestri quello di provvedere alle esigenze di inoltro ai punti di origine/destinazione finale. Il perimetro di queste macroaree non è predeterminato, ma dipende dai diversi fattori che legano il porto ai mercati: efficienza del terminal, disponibilità di aree retroportuali e di magazzini, accessibilità e dimensione dei bacini di utenza, ecc.. La determinazione dei routing patterns delle navi madri avviene dunque considerando anche l’insieme delle sinergie o delle criticità che si sviluppano lungo tutta la catena di fornitura per arrivare al cliente finale. In base alla propria strategia commerciale (copertura del mercato, qualità del servizio) può ad esempio perdere rilevanza la tradizionale distinzione tra Mediterraneo Orientale e Occidentale se l’offerta di feederaggi consente una maggiore rapidità/frequenza del ciclo di raccolta/distribuzione tra hub di transhipment e porti regionali, così come può scomparire la necessità di effettuare una distinzione tra porti tirrenici e porti adriatici qualora i collegamenti terrestri consentano di saldare i rispettivi hinterland; b) L’hub dove svolgere i trasbordi connessi al transhipment è il perno dell’organizzazione a cui è affidato il compito di ottimizzare i servizi “lato mare”. E’ quindi fondamentale che esso possa assicurare da un lato lo sviluppo di collegamenti frequenti e regolari con le aree economiche intercontinentali attraverso i grandi liner e dall’altro permetta i collegamenti feeder con un ampio insieme di porti regionali a costi contenuti. D’altro canto, dato l’elevato livello di sofisticazione ormai raggiunto dai cicli operativi nave-banchina delle grandi compagnie – , rispetto degli standard di efficienza prefissati per le operazioni, rispetto degli appuntamenti fra navi, sia nave madre/ feeders e nave madre/nave madre – diventa sempre più importante per la compagnia disporre del controllo dell’intero ciclo operativo attraverso l’impiego di infrastrutture fisiche ed informatiche presso il porto. c) La scelta dei porti serviti è effettuata in ottica di servizio complessivo che, come detto, comprende i servizi svolti “lato terra”, al fine di ampliare l’integrazione fra servizi marittimi e logistica. Una volta assicurata l’efficienza delle operazioni di trasporto marittimo, la qualità dei servizi offerti al cliente dipende in larga misura dalla diponibilità presso il porto di infrastrutture e servizi di alto livello, come ad es. spazi retroportuali in cui effettuare le operazioni accessorie legate ai carichi e all’equipment, dogane, buona accessibilità stradale e ferroviaria, Studi e Analisi Finanziaria 13 Settembre2002 strutture per l’equipment (lavaggio e riparazione dei containers, ecc.) che, come si è visto, rappresentano più della metà dei costi delle compagnie; Queste considerazioni spiegano l’esigenza sempre più sentita delle società di esercitare un forte controllo delle operazioni terminalistiche e di disporre di aree e strutture dedicate attraverso accordi operativi strutturati con gli operatori dei terminal e/o con la gestione diretta degli scali mediante acquisizione delle concessioni terminalistiche. D’altra parte, l’esigenza di ampliare il proprio business dal puro handling dei contenitori ad un insieme più ampio di servizi logistici è avvertita anche dai gestori dei grandi hub di transhipment, che hanno visto indebolire la propria posizione competitiva nei confronti delle grandi compagnie navali. Tra le ragioni di questo indebolimento si deve considerare che: · la clientela rappresentata dei grandi carriers si rapporta al mercato con strategie diverse e risorse strettamente connesse alla funzione che il porto assolve nei confronti dell’intera catena di trasporto; ciò spiega l’interesse sia del terminalista, sia della compagnia a esercitare su di essa il maggior grado di controllo possibile; · il gigantismo navale impone a cascata continue esigenze di adeguamento dimensionale ai porti, che si traducono nella necessità di continui investimenti da parte delle Autorità portuali e dei gestori dei terminals (per l’approfondimento dei fondali, per l’allargamento dei bacini di evoluzione, per lo sviluppo dei sistemi informatici, per l’adeguamento degli spazi di accosto, per il potenziamento e la modernizzazione delle gru, ecc.). Tutto ciò irrigidisce la struttura dei costi e limita il cash flow dei terminalisti; · i fenomeni di consolidamento e di alleanze nel settore containeristico hanno finito per limitare la competizione sulle grandi rotte transoceaniche a 8-10 grandi contendenti, ciascuno dei quali è in grado di movimentare enormi volumi di traffico. Ciò determina una forte concentrazione del portafoglio clienti dei grandi hub, con conseguenze negative sul potere negoziale di questi ultimi. Inoltre, le compagnie possono velocemente modificare le proprie scelte localizzative riguardo gli hub di transhipment, dirottando i loro traffici verso altri hub concorrenti e/o mutando la struttura dei propri servizi, con la conseguenza di aumentare l’incertezza sulla stabilità dei ricavi6 dei terminalisti. Il quadro relativo alle forme di governance dei terminal marittimi europei e mediterranei è descritta dalla tabella seguente. 6 Solo per citare alcuni esempi: nel corso del 2002 la Grand Alliance ha deciso di rilocalizzare il proprio hub mediterraneo dal Malta Freeport a Gioia Tauro, determinando per il porto maltese la perdita di circa 200.000 Teu, una quota pari al 15-20% del totale movimentato (ciò avrebbe significato così l’azzeramento dei profitti del Malta Freeport.). Tra le ragioni della decisione vanno indicate la maggior disponibilità di spazi offerta dallo scalo calabrese in seguito alla decisione di Evergreen di abbandonare Gioia Tauro per utilizzare invece il nuovo hub dedicato recentemente realizzato a Taranto e la maggiore disponibilità offerta di servizi feeder rispetto al Malta Freeport, quest’ultimo, dal canto suo, è riuscito a compensare parzialmente la perdita dei traffici Grand Alliance riuscendo ad attrarre i traffici del consorzio K-Line e Yang Ming. Nello stesso periodo la New World Alliance ha dirottato su Anversa i proprio servizio China Express (ca. 90.000 Teus), precedentemente gestito nello scalo di Rotterdam. Anche la compagnia MSC ha di recente preferito il porto di Anversa per svolgere le proprie attività di transhipment (ca. 150.000 Teus) prima effettuate a Felixstowe. Studi e Analisi Finanziaria 14 Settembre2002 MAJOR EUROPEAN AND MEDITERRANEAN CONTAINER TERMINALS (1) TERMINAL GOVERNANCE OPERATOR USE Belgium Antwerp (Noordzeeterminal + Europaterminal + Delwaide Dock Quay 702-730) independent global terminal operator group PSA-HNN public Antwerp (Delwaide Dock Quay 732-748) international containerline Group (JV) P&O Group dedicated Antwerp (Deurganck dock A, under development) independent global terminal operator group + international containerline Group PSA-HNN, MSC dedicated (?) Antwerp (Deurganck dock B, under development) independent global terminal operator group PSA - HNN public Antwerp (Deurganck dock C, under development) independent global terminal operator group PSA - HNN public Zeebrugge (OCHZ) independent global terminal operator group PSA - HNN public Aahrus (Container Terminal North) local private operator Århus Stevedore Kompagni A/S public Aahrus (Container Terminal East) international containerline Group APM Terminals - Maersk Sealand Denmark dedicated Cyprus Larnaca State/local authorities public Limassol State/local authorities public Egypt Alexandria (Alexandria Port + El Dekheila Port) State/local authorities ACHC public Damietta State/local authorities DCHC public Port Said State/local authorities PSCCHC public Port Said East (SCCT, under development) independent global terminal operator group + international containerline Group APM Terminals/Maersk Sealand public + ECT/Hutchinson France Le Havre (Port du Havre) State/local authorities+private local Generale de la Manutention operator Portuaire public Le Havre (Terminaux de Normandie) private local operator Terminaux de Normandie public Le Havre (Port 2000 terminals, under development) international containerline Group +local logistic operators interests expressed from MSC, CMA-CGM, Marsk Sealand n.a. Marseille (FOS) State/local authorities Eurofos public Marseille (FOS 2XL, under development) logistic operator + international containerline Group + rail operator consortium CMA-CGM + Egis Port/CNC-IFB n.a. Bremerhaven (North Sea Terminal) independent global terminal operator group + international containerline Group Eurokai Group + APM Terminals/Maersk Sealand public Bremerhaven (BCT) independent global terminal operator group + international logistic operator Eurokai Group + BLG public Hamburg (HHLA terminals) State/local authorities Hamburger Hafen und Lagerhaus public Hamburg (ECTH) independent global terminal operator group + international logistic operator Eurokai Group + BLG public Bremerhaven (NSTB) international containerline Group (JV) APM Terminals - Maersk Sealand dedicated Germany Greece Piraeus (Hercules container terminal) State/local authorities Studi e Analisi Finanziaria public 15 Settembre2002 MAJOR EUROPEAN AND MEDITERRANEAN CONTAINER TERMINALS (2) TERMINAL GOVERNANCE OPERATOR USE Italy Cagliari (CITC, liquidated) international containerline Group (JV with local private operators) P&O Group public Genoa (SECH) local private operators Genoa (VTE) independent global terminal operator group PSA public public Gioia Tauro (Medcenter) independent global terminal operator group (JV with APM Terminals - Maersk Sealand) Eurokai Group public La Spezia (LSCT) independent global terminal operator group Eurokai Group public Leghorn (TDT) independent global terminal operator group Eurokai Group public Naples (CoNaTeCo) local private operators (JV with Coscos) public Naples (Darsena di Levante, under development) State/local authorities n.a. n.a. Salerno (CTS) independent global terminal (JV with local private operators) Eurokai Group public Taranto (TICT) international containerline Group Evergreen partly open to third parties Trieste (quay VII) local and foreign operators TICT public Venice (Vecon) independent global terminal operator group PSA public State/local authorities (to be privatised) Malta Freeport Corp. Public independent global terminal operator group Hutchinson Port Holdings public Rotterdam (Euromax, under development) independent global terminal operator group in JV with international containerline Group Hutchinson + P&O Nedlloyd n.a. Rotterdam (Maersk Delta Terminal) international containerline Group (JV) APM Terminals - Maersk Sealand partly open to third parties Rotterdam (Uniport) logistic operator Morcon public independent global terminal operator group PSA public international containerline Group APM Terminals - Maersk Sealand dedicated international containerline Group APM Terminals - Maersk Sealand dedicated TCB Group public Malta Malta Freeport Netherlands Rotterdam (ECT Delta terminals) Portugal Sines (SCT, under development) Romania Constantza Spain Algeciras (Terminal 2000) Algeciras (Isla Verde) local private operators Barcelona (TCB) independent global terminal operator group public Barcelona (Terminal Catalunya) local private operators Valencia local private operators Maritima Valenciana public Felixstowe independent global terminal operator group Hutchinson Port Holdings public London Thamesport independent global terminal operator group Hutchinson Port Holdings public London Thurrock (under development) international containerline Group (JV) P&O Group dedicated public UK Studi e Analisi Finanziaria 16 Settembre2002 MAJOR EUROPEAN AND MEDITERRANEAN CONTAINER TERMINALS (3) TERMINAL GOVERNANCE OPERATOR USE Southampton (SCT) independent local terminal operator P&O Group, ABP group in JV with international containerline Group public Tilbury (TCS) international containerline Group (JV) dedicated P&O Group Source: IntesaBci Research Pur senza arrivare ad una analisi dettagliata, il panorama della portualità mostra alcuni fenomeni interessanti: · espansione: la capacità portuale nell’area considerata è destinata a crescere per tutto il prossimo quinquennio sia per effetto delle nuove megastrutture in corso di realizzazione (Rotterdam, Marseille, Port Said, Sines, Antwerp, Le Havre, Naples), sia per effetto dei numerosi progetti di espansione (non menzionati in tabella) perseguiti da parte dei terminal esistenti; · governance pubblica/privata: Il controllo da parte pubblica delle operazioni terminalistiche è concentrato nei porti dell’Europa orientale, mentre nelle restanti fasce di costa è ormai affermato il modello della gestione privata ad operatori titolari di concessioni; · tipologie degli operatori privati: si possono distinguere tre categorie di operatori: · a) operatori locali: è il caso che ricorre con maggiore frequenza nel caso di porti di dimensione inferiore in cui la funzione di porto regionale prevale su quella di hub di transhipment e/o di grande collettore di traffici verso l’entroterra. La loro presenza avviene spesso sotto forma di JV minoritarie. · b) grandi società terminalistiche inserite in network internazionali: è il caso di Eurokai, di Hutchinson e di PSA (gli ultimi due detengono importanti infrastrutture in tutti i principali continenti), che uniscono alla gestione delle operazioni terminalistiche un insieme vasto di competenze e di servizi in campo logistico e di trasporo terrestre e marittimo (feederaggi). La localizzazione dei terminal gestiti dalla medesima società è in genere orientata a coprire le aree logisticamente più rilevanti a scala continentale e/o a sviluppare network integrati con strategie di leadership su specifiche aree paese. · c) società terminaliste controllate da grandi compagnie di navigazione: anche in questo caso la localizzazione dei terminal gestiti risponde, come nel caso b) a disegnare un network per la copertura commerciale delle maggiori aree logistiche; in questo caso tuttavia le relazioni tra porti assumono sempre una scala transcontinentale e si sviluppano in coerenza con gli obiettivi dei servizi marittimi offerti dalle compagnie controllanti (e/o dalle loro alleanze). Si deve comunque osservare che le differenze tra gli orientamenti strategici dei terminalisti nel caso b) e c) tendono via via a ridursi per effetto dell’ampiezza delle alleanze ormai raggiunta dalle compagnie di navigazione (ragione per cui anche i terminal controllati dalle compagnie di navigazione hanno obiettivi sempre meno vincolati agli interssi di una sola linea) e dalla portata sempre più ampia degli accordi strategici che i grandi operatori terminalistici sviluppano con le grandi alleanze (sebbene, come già rilevato, questi possano spesso rilevarsi instabili). Studi e Analisi Finanziaria 17 Settembre2002 Sono inoltre frequenti i casi in cui i maggiori gruppi armatoriali hanno dato loro stessi origine a società del tipo b) – ad es. P&O Neddloyd con P&O Ports e Maersk Sealand con APM Terminals, nell’ottica di un ampliamento strategico del proprio business orientato a sviluppare un’offerta di servizi logistici ben oltre i confini del trasporto marittimo in senso stretto. Infine, indipendentemente dalla natura della governance che li caratterizza, pressochè tutti gli operatori terminalistici si sono impegnati negli anni più recenti a sviluppare in modo massiccio la gamma dei servizi logistici offerti dal porto. Questa tendenza si realizza attraverso tre tipi di iniziative: · sviluppo dei servizi di feederaggio realizzata mediante la partecipazione societaria in compagnie del settore (frequente soprattutto nel caso di terminal con gestione del tipo b) o c); · sviluppo dei servizi di stevedoring e di logistica distributiva, mediante la realizzazione e la gestione di distripark e di magazzini presso le aree retroportuali; · sviluppo dell’offerta di servizi di trasporto intermodale disponibili presso il porto, realizzata attraverso la partecipazione societaria o lo sviluppo di Joint Ventures e di accordi con vettori terrestri, stradali e ferroviari7 (nonché fluviali nel caso dei porti del Northern Range) e di inland terminal. In conclusione, l’analisi svolta finora ha tentato di mettere in luce i profondi rapporti che si stabiliscono tra grandi compagnie di navigazione e i porti e, a cascata, i legami che si strutturano tra porti ed entroterra. La necessità da parte delle compagnie di elevare la propria redditività ha accelerato un processo di ridefinizione degli obiettivi strategici che ha finito per anteporre la necessità di integrazionedei servizi offerti lungo tutta la catena logistica alle ragioni della pura gestione navale. Ciò non manca di sollevare alcune nuove questioni: Come inciderà ad es. lo sviluppo del transhipment sul processo di razionalizzazione e di consolidamento nel comparto delle compagnie che offrono servizi feeder e che effetti ciò potrà avere sulla domanda di navi di portacontainer inferiore ai 1.000 Teus? Quali effetti può avere lo sviluppo dell’offerta portuale mediterranea conseguente al transhipment sullo sviluppo dei servizi di short-sea (non solo feeder) ? Come cambia il profilo di rischio di una compagnia navale che accresce la propria quota di asset non footloose? In altre parole, per capire le ragioni delle scelte delle compagnie in relazione agli investimenti navali è sempre più necessario analizzare quali progetti esse stiano perseguendo a terra. Ma quanto è pronto il mondo dello shipping finance ad assecondare questo mutamento di rotta? 7 In questa direzione si deve segnalare il ruolo significativo svolto a partire dalla metà degli anni ’90 dalla Unione Europea per favorire il processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario, che ha tra l’altro permesso la nascita di vettori ferroviari privati indipendenti. Studi e Analisi Finanziaria 18 Settembre2002 La presente pubblicazione è stata prodotta da IntesaBci e da Caboto IntesaBci Group*. Le informazioni qui contenute sono state ricavate da fonti ritenute da IntesaBci e Caboto IntesaBci affidabili, ma non sono necessariamente complete, e l’accuratezza delle stesse non può essere in alcun modo garantita. La presente pubblicazione viene a Voi fornita per meri fini di informazione ed illustrazione, ed a titolo meramente indicativo, non costituendo pertanto la stessa in alcun modo una proposta di conclusione di contratto o una sollecitazione all’acquisto o alla vendita di qualsiasi strumento finanziario. Il documento può essere riprodotto in tutto o in parte solo citando il nome Caboto IntesaBci. La presente pubblicazione è destinata all’utilizzo e alla consultazione da parte della clientela professionale e commerciale del Gruppo IntesaBci e del Gruppo Caboto IntesaBci, ma non si propone di sostituire il giudizio personale dei soggetti ai quali si rivolge. IntesaBci, Caboto IntesaBci Group e le rispettive controllate e/o qualsiasi altro soggetto ad esse collegato hanno la facoltà di agire in base a/ovvero di servirsi di qualsiasi materiale sopra esposto e/o di qualsiasi informazione a cui tale materiale si ispira prima che lo stesso venga pubblicato e messo a disposizione della clientela. IntesaBci, Caboto IntesaBci e le rispettive controllate e/o qualsiasi altro soggetto ad esse collegato possono occasionalmente assumere posizioni lunghe o corte nei summenzionati prodotti finanziari. * Il gruppo Caboto IntesaBci comprende Caboto IntesaBci, Caboto Securities Ltd e Caboto USA. Caboto Securities Ltd è regolata da FSA ed è membro del LIFFE. Caboto IntesaBci è parte del Gruppo IntesaBci. IntesaBci è regolata da FSA per l'attività nel Regno Unito ed è membro del LIFFE.. Studi e Analisi Finanziaria 19
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