NEL DISASTRO_scheda+recensioni_ITA

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NEL DISASTRO_scheda+recensioni_ITA
Ro be rto Cas te llo
foto di ROBERTO CASTELLO
NEL DISASTRO
parte VIII de IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI
p r o g e t t o , r e g i a , c o r e o g r a f i a R O B E R TO C A S T E L L O
interpreti
disegno luci
video e testi
materiali scenici e costumi
produzione
con il sostegno di
C AT E R I N A
B A S S O / M A R TA
BEVILACQUA,
R O B E R TO
C A S T E L L O , C L A U D I A C ATA R Z I , A L E S S A N D R A M O R E TT I ,
M A R I A N O N I E D D U / M A R I O G H E Z Z I , S T E FA N O Q U E S TO R I O ,
B A R B A R A TO M A / A M B R A S E N ATO R E
GIANNI POLLINI
ALDES
GIULIA RONCUCCI
A L D E S e S PA M !
MINISTERO per i Ben i e le Attività Cu ltura li / Dip.
S p e t t a c o l o , R E G I O N E TO S C A N A / S i s t e m a R e g i o n a l e d e l l o
Spettacolo, Provincia di Lucca
durata 1h 30' ca.
“ N e l D i s a s t r o ” è l ' o t t a v o c a p i t o l o d e “ I l m i g l i o r e d e i m o n d i p o s s i b i l i ”, q u e l l o d e d i c a t o
alle vite degli individui. Di qui il titolo.
E' uno spettacolo corale che attraverso la danza, la voce e la paro la da vita ad una
s u r r e a l e e g r o t t e s c a ra p p r e s e n t a z i o n e d e l l e t r a g e d i a i n d i v i d u a l e e d e l d i s a s t r o
collettivo di un tempo e di un paese sconcertanti.
Con autoiron ia feroce “Nel disastro” deride la fallocentric ità dei rapport i. Attraverso
un meccanismo di amplificazione di dati autobiografic i e int imità svelate, gli
interpreti danno vita, non a personaggi, ma alle ansie, inquietudini, fragilità,
debolezze, desideri, inadeguatezze, dolore e nevrosi di questo tempo.
Una riflessione sul senso del vive re contemporaneo, o forse più esattamente, su lla
s u a a s s e n z a , s t r u t t u r a t a i n u n a s e q u e n z a d i a s s o l i i n t e r va l l a t i d a b r e v i s c e n e
collettive.
ALDES
s e d e o p e r a t i va > S PA M ! r e t e p e r l e a r t i c o n t e m p o r a n e e
v i a D o n M i n z o n i 3 4 - 5 5 0 1 6 Po r c a r i ( L U - I TA )
t e l . + 3 9 0 5 8 3 . 9 7 5 0 8 9 f a x + 3 9 0 5 8 3 . 5 7 2 9 6 5 i n f o @ a l d e s w e b . o r g w w w. a l d e s w e b . o r g
p r o m o z i o n e : C a t e r i n a Pa s q u i o r g a n i z z a z i o n e @ a l d e s w e b . o r g c e l l . + 3 9 3 4 8 . 3 2 1 3 5 0 4
DELTEATRO.it
(26 novembre 2009)
NEL DISASTRO
di ANDREA PORCHEDDU
S e s i d o v e s s e t r o va r e u n ' i m m a g i n e , u n s i m b o l o , u n o g g e t t o c h e p o s s a r a p p r e s e n t a r e
al meglio questi anni bui di celoduristi e menefreghisti, di arrivisti e truffatori, di
razzisti e picch iatori, di cocainoman i e trans, di arrogant i e vo lgarotti, non ci sono
dubbi: cosa meglio del "cazzo" può incarnare e rappresentare questa situazione?
Pe r Ro b e r t o C a s t e l l o , c h e h a p r e s e n t a t o a l Te a t r o E r a d i Po n t e d e r a i l n u o v o c a p i t o l o
di Il migliore de i mondi poss ibili, viviamo Nel disastro - questo il titolo del lavo ro. È
un disastro generalizzato e spiazzante, incontrovertibile e totalizzante: un disastro
che proprio nel "cazzo" si rappresenta e si incarna, visto che attravers iamo un
momento del "cazzo", e troppo spesso viviamo una vita del "cazzo".
Q u e s t o q u a n t o ra c c o n t a l o s t e s s o C a s t e l l o , c o n t a g l i e n t e i r o n i a , i n a p e r t u r a d e l l o
spettacolo: il coreografo si mette là, in un angolo, con un leggio, e in tono garbato
parla di sé, dell'impossibilità di essere normali, ossia di vivere de l proprio lavoro
ne lla nostra Italia. Non si vive con la danza, e allora questo spettacolo, a part ire dal
suo assolo, Castello non può che raccontarlo, accennarlo in evidente contraddizione:
essere costretti a dare spettacolo nella impossibilità materiale di farlo. "Qui avrei
f a t t o q u e s t o , d i q u a a v r e s t e s e n t i t o q u e s t a m u s i c a , p o i s a r e i a r r i va t o a q u e s t o
punto...".
Ro b e r t o C a s t e l l o d a n z a l ' i m p o s s i b i l i t à d e l l a d a n z a , c o n s t r a n i a m e n t o s u r r e a l e p o r t a
lo spettatore ne lla vert igine della contraddizione sociale, politica, economica, umana
d i u n Pa e s e c h e n o n f a v o r i s c e ( p e r u s a r e u n e u f e m i s m o ) l e a r t i e l a c u l t u r a . D o p o
una apertura tanto fragorosa, in un susseguirsi di quadri e assoli affidati ai
danzatori e alle danzatrici del gruppo, arriva anche lu i: il "cazzo" appunto, ad
i n va d e r e l a s c e n a . Fa l l i d i p l a s t i c a , c h e s b u c a n o o v u n q u e : a n c h e r i p e t u t a m e n t e d a l l e
mutande di un nerboruto e nervosiss imo uomo, che ghigna e ringhia peggio di Hu lk.
Eccolo là il mito palestrato, forzista-durista, ridotto a grottesca e tragicomica
caricatura. Oppure ecco la danzatrice in cerca di conferme, costretta a dialogare con
u n u o m o - c o m p a g n o e v i d e n t e m e n t e a s s e n t e e d i s t r a t t o . Tr a v o l t i d a u n i n g l e s e
p e r va s i v o , s i i n s e g u o n o i p r o t a g o n i s t i , s i s f i o r a n o i n s o l i t u d i n i e s a s p e r a t e : n o n c i
sono coreografie per il gruppo, ma assoli a sottolineare quanto l'individualità sia
amara condizione umana. Ecco il ritmo folle di chi è costretto a saltare e girare a
vuoto, ecco il travo lgente assolo di una danzatrice commentato con pat inata e vuota
" c o m p e t e n z a " d a p s e u d o - s p e a k e r t v.
N e l l e r a r e v o l t e i n c u i i l g r u p p o s i i n c o n t r a p r e va l e l a s i t u a z i o n e , i l r a c c o n t o s u l l a
coreografia: come nella amabile conversazione da cocktail mondano che si trasforma
in fretta in una rissa per futili motivi o nel quadretto disarmante delle coppie dal
va g o a c c e n t o n o r d e s t , c h e p o r t a n o a v a n t i u n a v i t a d a r o u t i n e , i l s e s s o l a d o m e n i c a ,
la cena in pizzeria e si dicono felici. È una uman ità spaventata, che ha paura del
futuro. A vent i, trenta o cinquanta anni, il timore è lo stesso: che cosa ci aspetta?
Così "nel disastro", che è quello di ogni giorno, si insinua una angoscia profonda, un
malessere che è umano ed esistenziale: dopo la risata, dopo la feroce ironia, resta
q u e l l o s p a e s a m e n t o , q u e l l a p a u r a c o n d i v i s a , q u e l t i m o r e d i n o n a r r i va r e a f i n e m e s e .
Problemi concreti cui non danno risposte le tante vie di fuga, catalogate in una
es ilarante sequenza: dallo yoga al pilates, dal buddismo allo shopping, dagli sms
alle chat, dal tantra all'ayurveda, dallo shiatzu al tango, dall'acquagym all'h appy
h o u r, d a i t a r o c c h i a i t a t u a g g i , d a l M d M a a l l e s a u n e , d a l l ' a s t r o l o g i a a l l a s c r i t t u r a
c r e a t i va , d a l l e c a n n e a l f e t i s h , d a l l e t e r m e a l l a p o r n o g r a f i a . . .
N o n s e r v e , n o n s e r v e f u g g i r e . N i e n t e m e t t e a t a c e r e l ' a n s i a . L' a n s i a c o m e
superpotere, dice sornione Castello, degna di un supereroe, capace di travo lgere
chiunque. E alla fine, mentre il coreografo canta mestamente alla chitarra che
"death is not the end", l'ult ima struggente immagine: con vo lti mesti, spent i, i
protagonist i cercano l'ennesima avventura tra sesso estremo e sadomaso. Stan là,
quegli esserini, tra borchie e catene, forse perché devono, forse perché non hanno
altro, in una illusione di libertà irriverente e orgogliosa sfrontataggine. Non resta
che il disastro: ma le rovine, stavolta, siamo noi.
Bravissimi gli interpreti, in una compagine estremamente compatta e di eccellente
qualità: oltre al coreografo, in scena Caterina Basso, Claudia Catarzi, Alessandra
M o r e t t i , M a r i a n o N i e d d u , S t e f a n o Q u e s t o r i o , B a r b a r a To m a . C a l d i e g e n e r o s i a p p l a u s i
del pubblico.
HYSTRIO ( g e n n a i o / m a r z o 2 0 1 0 )
“Supereroi del sesso”
Nel Disastro - Prima nazionale: 12 novembre 2009
Teatro Era, Pontedera (PI)
d i TO M M A S O C H I M E N T I
Il mondo fallocratico e fallocentrico di oggi è un percorso ad ostacoli, come marines
s t r i s c i a n d o d i e t r o l e l i n e e n e m i c h e , a s c a n s a r e , s c h i va r e , f o r s e s f i o r a r e , l a v e r t i c a l e
d u r e z z a d e l m e m b r o c h e d i v i e n e p o s s e s s o m a c h i s t a . M a n o n s i f e r m a q u a . Tr a va l i c a ,
esonda come polluzione, invadendo tutti i gangli, colando negli antri, sporcando gli
angoli e gli spigoli del sistema, oltre i generi ed i sessi.
S i a m o “ N e l d i s a s t r o ”, o t t a v o s p o t d e l d e c a l o g o s u l M i g l i o r e d e i M o n d i Po s s i b i l i
i n i z i a t o d a Ro b e r t o C a s t e l l o e A l d e s n e l ’ 0 2 .
Ognuno ha i propri disastri che si sommano, si aggrovigliano, si crepano gli uni sugli
altri, aumentando il caos, alimentando la confusione.
E ’ i l t e m p o c h e n o n h a p i ù a l c u n va l o r e i n q u e s t i a n n i a l s a p o r e d i v i a g r a .
Ed il sesso, mercificato, mostrato, esposto, svenduto, stereotipato, dal bondage
all’insoddisfazione frustrata, forse rimane l’ultima soluzione per sentirsi vivi
attraverso que ll’organo che ci precede, che poco dipende dalla nostra vo lontà.
Il celodurismo è dentro ognuno di noi, col fazzoletto verde o meno stretto al co llo, è
un movimento, un’idea, un modo di essere, di porsi.
E sull’estetica dei comportamenti, che si accompagnano con la propria superficialità,
Castello e soci innalzano le barriere della derisione dal di dentro. Siamo in crisi e
non vediamo la via d’uscita.
Quadri, scene e gag si affastellano: c’è chi cerca rass icurazion i, nel lavoro e nel
rapporto di coppia, chi è insicuro del proprio fisico e lo scolpisce e lo modella con
muscoli d’aria. In una parola siamo racchiusi dentro quel sentore d’ansia da
prestazione, sempre vicino, latente, palpabile. Siamo handicappati, prima o poi lo
dovremo ammettere. Non siamo perfetti, né immortali, né invincibili.
Chi ce lo ha fatto credere?
E’ una commedia pop disperata, esasperata, agitata dove si ride delle comuni
mancanze, di quel baratro solcato, in quella perenne condizione di sconfitta e
perdita d’identità e di autostima perché il modello da soddisfare e raggiungere è il
supereroe. Batman e Superman sono cartoni animati, al massimo celluloide. Non
p r o va n o d o l o r e . Pe r q u e s t o n o n p o s s o n o p r o va r e g i o i a . L a g i o i a c h e t i d à l a
consapevo lezza della fine.
IL SOLE 24 ORE ( 1 1 a p r i l e 2 0 1 0 )
Danz a comica di un disastro
d i M A R I N E L L A G U ATT E R I N I
Il Migliore dei mondi possibili : da l 2002 il coreografo Roberto Castello si avvale di
questa frase monca (l'originale è “Viviamo nel migliore dei mondi possibili”) ed
e s p u n t a d a l l a Te o d i c e a d e l f i l o s o f o L e i b n i z , p e r r a c c o n t a r e , c o n l a s u a c o m p a g n i a
Aldes, le nefandezze odierne da angolature sempre diverse.
N e l d i s a s t r o , l a t a p p a n u m e r o o t t o d e l l a s u a f o r t u n a t a “ d e c a l o g i a ”, a f f r o n t a l a
grettezza e vo lgarità de i nostri tempi pecorecc i dal punto di vista de ll'individuo. Il
dilagante horror vacui verrebbe colmato da yoga, pilates, buddismo, shopping, sms,
c h a t , t a n t r a , s h a t z u , t a n g o , a c q u a g y m , h a p p y h o u r, t a r o c c h i , t a t u a g g i , s a u n e ,
a s t r o l o g i e , s c r i t t u r a c r e a t i va , c a n n e a l f e t i s h e s o p r a t t u t t o p o r n o g r a f i a .
L' i n c i p i t d e l l a p i è c e , a c c o l t a a l C r t d i M i l a n o , è r i s e r va t o a l l o s t e s s o c a s t e l l o : d a va n t i
a un leggio, questo storico pioniere della nuova danza italiana anni Ottanta,- si
getta in una esilarante e fresch issima descrizione verbal-movimentata dell'assolo
che avrebbe vo luto presentare, se le mo lteplic i att ività “altre” e spesso solo
burocratiche, di lui - coreografo in un paese poco incline (è un eufemismo) a
sostenere art i e cultura - glie lo avessero consent ito. La spiegazione inc lude i
dettagli di un immaginario costume cosparso di “cazzi”: simboli assoluti, secondo
l'autore, del nostro Zeitgeist.
Gli asso li e le scene corali successive sono discontinui. Sorprendenti le danze soliste
f e m m i n i l i , o v e s i p r o va a d a b b i n a r e g l i s l a n c i d e l m o v i m e n t o , o l e v i b r a z i o n i d e l l a
stasi, a curiose smorfie e deformazioni facciali. Riusciti i balzi maschili senza
tregua, storditi da heavy metal e luci stroboscopiche, e le lente e sofferte pose di
un supereroe in gimkana tra i falli, nel frattempo gettati alla rinfusa sulla scena.
I n v e c e l ' e s u b e r a n t e e s i b i z i o n e d i u n a s e x y- s v i t a t a c o n t e m p o r a n e a , b r a m o s a d i t u t t o ,
il talk show in cui tre esperti “stile Amici” montano sul trono della loro ignoranza,
interpretando le evoluzioni acrobatiche di una collega, e infine il racconto di una
felicità di coppia regolata da funebre routine, sollecitano le corde del riso.
Pa r a d o s s a l m e n t e p r o p r i o i l d i v e r t i m e n t o a p r e s a d i r e t t a c o s t i t u i s c e i l p r e g i o e i l
limite di Nel disastro.
L' a s p r a i n v e t t i va c r i t i c a e l a r a z i o n a l i t à “ a l l a Vo l t a i r e ” d i C a s t e l l o s i a d d i c o n o i n f a t t i
alle punzecchiature della parola (tradotta in un irridente inglese che scorre pure in
video) ma non si trasfigurano sempre o quanto si vorrebbe, nei misteri di una danza
di ricerca..
“ N e l d i s a s t r o – p a r t e V I I I d e I l m i g l i o r e d e i m o n d i p o s s i b i l i ”, A l d e s , S a l o n e C R T,
M i l a n o , d a m a g g i o i n t o r u n è e a To r i n o “ I n t e r p l a y ”, C u n e o , N a p o l i .
PERSINSALA.it ( 3 1 m a g g i o 2 0 1 0 )
Nel disastro: danza comica per un mondo ridicolo sul ciglio
del precipizio
di GIANCARLO CHIARIGLIONE
«Il migliore dei mondi possibili». O meglio «Viviamo nel migliore dei mondi
p o s s i b i l i » . Pa r t e n d o d a q u e s t a f r a s e c h e s i n t e t i z z a l a t e o d i c e a d e l m a t e m a t i c o ,
filosofo e scienziato tedesco Gottfried Wilhe lm von Leibniz, il coreografo torinese
Ro b e r t o C a s t e l l o e l a s u a c o m p a g n i a A L D E S , n a r r a n o d a l 2 0 0 2 l a d e g e n e r a z i o n e
inarrestabile del mondo che ci circonda, l’inferno dei nostri sociali.
L e i b n i z , s u l l a b a s e d e l p r i n c i p i o d i ra g i o n s u f f i c i e n t e r i u s c i v a a t r o va r e u n a
giustificazione ai mali che affliggono il mondo (e per questo fu oggetto di attacchi e
d i s c h e r n o d a p a r t e d i a l c u n i s u o i c o n t e m p o r a n e i c o m e Vo l t a i r e ) , m e n t r e C a s t e l l o ,
n e l l ’ o t t a va p u n t a t a d e l l a s u a o r m a i n o t a “ d e c a l o g i a ”, n o n p u ò c h e r i m e s t a r e N e l
d i s a s t r o ( i l t i t o l o d e l l o s p e t t a c o l o p r e s e n t a t o i l 2 5 m a g g i o a l F e s t i va l I n t e r p l a y d i
To r i n o ) i n d i v i d u a l e e c o l l e t t i v o p r o d o t t o d a u n a s o c i e t à c o s ì a p p i a t t i t a s u l
consumismo e su lla tecn ica che si sta autodivorando. Acc larare lo spossessamento
del soggetto ridotto ad oggetto senza più redenzioni e trascendenze possibili.
Questo è quanto ci dice lo stesso coreografo sin nell’incipit dello spettacolo; quando
con una graffiante ironia ci racconta davant i ad un leggio de lle enormi diffico ltà che
d e v e a f f r o n t a r e p e r s vo l g e r e i l s u o m e s t i e r e . N o n s i c a m p a o g g i g i o r n o d i d a n z a ( e
più in generale di arte e cultura) nel nostro paese, pertanto a Castello non resta che
profonders i in un vibrante asso lo per descrivere lo spettaco lo che avrebbe fatto se
solo ne avesse avuto i mezzi. Egli danza l’impossibilità della danza (e qu indi di una
qualche forma di vitalità o spiritualità), in questo in izio secolo divenuto al contempo
onnipolitano e post-industriale, ossess ionato da un oscuro tedium vitae e da un
sempre più percepibile desiderio individuale e collettivo di catastrofe. Segnato da un
i m p e r v e r s a n t e h o r r o r va c u i c h e v i e n e a l t e r n a t i va m e n t e c o l m a t o d a s m s , c h a t ,
f a c e b o o k , b r u n c h , h a p p y h o u r, s h o p p i n g , y o g a , s h a t z u , c a n n e a l f e t i s h , t a n g o ,
tatuaggi, saune, body building e soprattutto pornografia.
Dopo quest’apertura pirotecnica, caratterizzata da un succedersi di quadri e assoli
affidati ai danzatori e alle danzatrici del gruppo, fa infatti il suo ingresso in scena il
“ c a z z o ”, s t a t u s - s y m b o l d i u n a s o c i e t à v o l g a r e e a r r o g a n t e , f a l s a m e n t e p a c i f i c a t a
dalla tecnologia e da tutti i comfort disponibili. Disperatamente individualista, come
dimostrano gli emblematici assoli in cui i protagonisti si inseguono, si sfiorano,
girano a vuoto nell’attesa di consumare una vita da spot pubblicitario (la cena
romantica in pizzeria il tal giorno, la gita con gli amici il tal altro, il sesso la
domenica…) che brucia ciascun mondo interiore, che estingue ogni residua
istintività.
Pe r u n o d e i c l a s s i c i p a r a d o s s i d e l l a s t o r i a , l a b o r g h e s i a c h e o p p o s t a a l l a d e c a d e n t e
aristocrazia ha edificato la propria rispettabilità “congelando” in modo repress ivo
l’e ros, avversando la sua propensione alla libertà, al disordine, allo sperpero che
infrange l’ordine morale del consorzio civile, è ora in balia del sesso mercificato,
mostrato, svenduto. Ma i falli di plastica che in scena sbucano ovunque non
incarnano il vigore sessuale maschile, la nobile fertilità della natura: sono solo delle
effigi, dei simbo li, dato che la nostra società pare aver risolto in modo autonomo
ogni necessità dell’uomo, in primis quella della riproduzione. Il “cazzo” ci dice
Castello, diventa allora il totem de ll’oblio di ogni preoccupazione per le sort i umane,
ha marxianamente incorporato il suo possessore, come dimostra il grottesco
p a l e s t r a t o f o r z i s t a - d u r i s t a c h e r i n g h i a d a va n t i a g l i s p e t t a t o r i .
Le danze soliste femminili, dove si fondono gli slanc i de l movimento o le vibrazioni
della stasi a curiose deformazioni facciali, fanno da perfetto contrappunto estetico a
quadri, scene e gag che si accumu lano nel segno de lla beffarda consapevolezza che
tutto sarà demolito dalla nostra stupidità. Dopo le risate e la feroce ironia, non
rimane, infatti, che lo smarrimento, l’ansia (moderno superpotere, ci dice Castello,
capace di travolgere chiunque), generati dalla perdita della realtà a favore del
mondo, che il filosofo francese Jean Baudrillard recentemente scomparso, ci ha
i n s e g n a t o a c h i a m a r e d e i “ s i m u l a c r i ”. N e l d i s a s t r o . M a l e m a c e r i e , q u e s t a v o l t a ,
siamo noi.
TEATROECRITICA.net
(9 settembre 2010)
Short Theatre 2010 schiude La Peland a: la città recuperata
dalla città
Diario dell’ 8 settembre 2010 - La Pelanda / Short Theatre
di SIMONE NEBBIA
“ C o s ’ è , c o s ’ è c h e f a a n d a r e a l l a P e l e n d a è c h i a r a l a f a c c e n d a …”. È d a s t a m a t t i n a c h e m i g i r a i n
mente questa canzone , mi pare di Milva, avevo giurato di non scriverla, che non ne avrei
avut o il coragg i o, p oi n on ce l’ ho f at t a a ce n surar mi. Pe r c hé q ue st ’ anno S hor t The at re sp ost a
la sua seconda settimana in questo nuovo spazio recuperato alla città dalla città: splendida
dicotomia che lascia intendere molto di quanto gli eventi culturali innestino nello spazio
urbano, ma la città delle poltrone non se ne accorge mai; bello che sia il teatro a farlo, l’arte
in genere: riprendersi spazi, riconquistare terreno nella battaglia al consumismo e alle mode
del capitale, riannettere territori come a Risiko, battaglie sul confine con i carri armati rossi
contro i blu, il colore dell’arte contro quello delle auto del privilegio, gli investimenti tolti ai
primi contro quelli confermati ai secondi. A volte va così, cominciare un articolo.
Sorprendersi a canticchiare una piccola canzone che si trasforma e diventa un concetto.
La prima cosa che si incontra è l’operosità: in questo spazio è tutto in fase embrionale,
incontro Miguel Acebes dell’organizzazione con la maglietta sporca di segatura, come un
operaio, perché questa è la strada: se vogliamo esistere bisogna fare, sporcarsi mani e
sudarsi la maglietta. Short Theatre è allora il festival con il martello in mano, e tanti ne
servono per far diventare le ve cchie stalle del mattatoio testaccino una biglietteria, un box,
un centro accoglienza, addirittura un centro massaggi Shiatsu: massaggio di prova a offerta
libera, l’ha fatto una ragazza che credo sia ancora lì a girare, scossa e un po’ infreddolita,
m’ha detto. La seconda cosa che si incontra sono gli amici: è una riunione collettiva, una
festa di famiglia questa. Ed è l’unico luogo il teatro dove questo accade, dove sai bene perché
gli altri sono lì e loro lo sanno di te.
La terza cosa sono gli spettacoli: il primo è l’atteso Pinter’s Anatomy del duo più
e spre s sio nist a d e lla s ce na: R icci/ Fort e . Il lor o lavor o è pe r 15 sp e tt at ori alla vo lt a, in l oop
fino a sabato ogni mezz’ora. Quando entro i biglietti sono esauriti fino all’ultimo giorno. La
loro è una sorta di sovra impressi one del corpo alla fragilità dell’an ima, attraverso il corpo ne
rintracciano l’esposizione e la denudano: in questo è il lor o teatro, mi ricorda l’uomo
muscolare che c’è appeso negli studi dei medici, quella figura filamentosa che fa vedere un
u o m o s o t t o p e l l e , t u t t o q u e l c h e c ’ è f i n o a d a r r i v a r e a l l o s c h e l e t r o . “ W r o n g ”, c a n t a n o i
Depeche Mode nel loro spettacolo, e sento che c’è qualcosa di sbagliato, ma è proprio quel
che vogliono, che sia un errore quel che stiamo vedendo, che in quell’errore però ci si
riconosca con tutti i nostri sentimenti e quel che usiamo per coprirli. La loro violenza –
pinteriana – è espressa, frontale, con una intenzione decisamente drammaturgida (!), perché
c’è la volontà di sconvolgere e aprire la percezione dalle porte meno aperte e quindi dove è
più destabilizzante: la sessualità. Ci sono due momenti che riconosco geniali a rintracciare la
sequenzialità della morte in contrasto con l’unicità dell’uomo vivo e la violenza che lascia il
timbro sul corp o. Meno convincenti le parti legate al realismo, quelle più specificamente
narrative. E infine un dubbio che pone riflessione: sicuri che non stia diventando maniera
anche questa loro alta riconoscibilità? Lì il confine è piuttosto labile. Segue confront o.
--------> Daniele ed Elvira mi portano a vedere Aldes, non ho mai visto nulla
di Roberto Castello, lo ammetto. Elvira mi dice trattarsi di danza “un po’più di
Ka t a k l i s m a u n p o ’ m e n o d i V i r g i l i o S i e n i ”, e h o c a p i t o m e n o d i p r i m a . M a t e m o . I o
con la danza mi prendo poco. E invece questo qu i è teatro, ma non per dire non è
danza quindi è altro, no no, è proprio il teatro punto e basta, è quell’emozione di
raccordo, que llo stupore a stare nello stesso posto e viversi qualcosa insieme,
qualcosa che non credevi. Nel disastro il loro spettacolo, e infatti nel disastro
e s i s t o n o i l o r o c o r p i , l a l o r o v i b r a n t e i r o n i a . L’ i n t r o d u z i o n e d i C a s t e l l o è
gustosissima, la danza mi piace davvero molto quando fa cose serie ma non si
prende così sul serio, quando c’è in gioco anche che il danzatore non è dio in terra
ma un uomo come quelli che guardano. Ecco in questo tipo di rapporto mi pare che
le emozioni siano più dirette. Quindi uno spettacolo comico, tutto sommato, per
mezzo di coreografia. Un po’ come ho visto fare ad Ambra Senatore a Bassano
qualche giorno fa con Nel lago (de i cigni). Il lavo ro di Aldes è inte lligente e
costruttivo, il loro des iderio di dissociazione accade con poch i e precis i elementi,
s p o s a n o l a s e m p l i c i t à e s p r e s s i va e n e f a n n o u n a d e n u n c i a s o c i a l e e a r t i s t i c a .
Geniale la scena del commento agli esercizi da parte della schiera critica da
conferenza, che cerca un senso bislacco a tutti i suoi movimenti palesemente fuori
fuoco; la scena ha quel gusto satireggiante che mi ricorda tanto da vicino il Rewind
d i D e f l o r i a n / Ta g l i a r i n i , d i q u a l c h e a n n o f a . I l l o r o p o n t i f i c a r e s u l n u l l a s t i m o l a
davvero a grandi riflessioni. Lo spettacolo ha dalla sua soprattutto una delicatezza
di tocco, una sapienza di dolcezza che diventa determinante ed efficace: indagano in
90 minuti l’umanità nei suoi rapporti fra individui, la reiterazione dei forzati
all’unione, il timore della solitudine, l’ansia di coprire il difetto di un amore finito,
la pantagrue lic a manifestazione di una fe lic ità di coppia che sve la irrimediabilmente
il contrario.
Pau sa. L omb ar d i e L at i ni ne l Pirande ll o de L’ uo mo d al fior e in b oc ca li v id i a Fir e nze , al
Bargello. Allego recensione. Ne ricordo la scelta felice di ambientare tutto in un dialogo fra
clown. Anche se a ripensarlo oggi forse lo spettacolo è vittima di una verbosità eccessiva.
Va d o q u i n d i a v e d e r e I l g i o c o d e l g r e g g e d i c a p r e d i Fa b r i z i o Fa v a l e L e S u p p l i c i . S i t r a t t a d i
danza e subito mi viene chiaro che ne vorrei chiedere qualcosa ai critici di Aldes, visto che
dopo lo spettacolo mi sono seduti accanto in platea. Rimando. Il primo danzatore vorrebbe
e l a b o r a r e l e i m m a g i n i d i “ p a e s a g g i a r c a i c i e c o n t a d i n i ”, l e g g o d a l l a s c h e d a , r i e v o c a r e g r e g g i
di capre in Italia e in Grecia. Il secondo è il pastore. Mi sembra un po’complicato ma aspetto.
Alcune suggestioni rimandano a certi paesaggi più nordici che mediterranei, direi Finlandia.
Rintraccio nei due danzatori forse l’opportunità di far vivere due sentimenti opposti:
costrizione e libertà. Insomma l’intento drammaturgico c’è, fra i m ovi menti, la musi ca e le
luci, però mi sembra un po’ sterile il risultato complessivo, pur salvando alcune scelte
stilistiche semplici e precise. Segue il progetto internazionale IYME con l’olandese Hiske Eriks
c o n i l s u o W a c h t ! E m i c h i e d o i l d i r e t t o r e Fa b r i z i o A r c u r i d o v e l ’ a b b i a s c o v a t a … C i s i a s p e t t a
qualcosa di concettuale, visivo, inve ce sorprende che si tratti di una gag di umorismo
n o r d i c o , c h e r i c o r d a u n p o ’ l e s i t u a z i o n i t e l e v i s i v e a l l a M r. B e a n . L a s t a n z a è v u o t a , u n q u a d r o
appeso, una hostess annoiata e scomoda sul suo sgabello. Le pr ova tutte: canticchia, balla,
poi si accorge fondamentalmente di due cose: non c’è nessuno e il quadro è l’unica presenza
viva lì attor no. Ecco che allora inizia una sorta di dialogo muto con lui, lo tocca, lo interroga,
finisce per essere il quadro. Finché arriva il colpo di scena, ovvio: entra qualcuno. Una
ragazza, un critico anche qui: deve analizzare il quadro e si sofferma a guardare invece lei
diventata quadro. Un attacco alla percezione critica, in generale all’arte contemporanea, ma
sotto forma di una gag divertente e raffinata che n on chiede più di quel che con cede.
N e l p a l c o a p e r t o G i o r g i o B a r b e r i o C o r s e t t i , Fa t t o r e K , h a g i à c o m i n c i a t o l a s u a C o m m e d i a . U n
suo testo in lettura, per sua voce e corp o. Negli ultimi anni il regista osannato all’estero e
meno in Italia, nel nostro paese ci è tornato con una voglia di incidere e rimettersi
pe sant e me nte in g io co. Pe r que st o l o amo, al d i là d e i r i sult at i immed iat ame nte r ic ono sc ib ili
di una lettura che seguo per metà e con grande confusione attorno, quindi capendo davvero
poco. Quel che mi interessa è vederlo lì, non tanto perché come ha detto qualcuno ieri è il
s e g n o c h e “ c ’ è d a v v e r o g r o s s a c r i s i ”, m a p e r i l s u o d e s i d e r i o d i e s s e r e p r e s e n t e : q u a n d o
ballano gli eserciti per le montagne si sperdono gli eroi, Corsetti si candida come uno dei
c o n d o t t i e r i . L’ h a f a t t o c o n V e r t i g i n e e i l d e s i d e r i o d i s e n s o , d i d r a m m a t u r g i a , l o f a a d e s s o
nudo in mezzo a questa folla agguerrita: il pubblico.
Il dopofestival in questo spazio trasandato e aperto, che sembra sia figlio di una
devastazione, dà un tocco post-industriale che ci fa davvero bene, un gusto amaro e dolce
insieme che è tutto da ricostruire ma ci siamo e in tanti col martello e le parole per farlo. La
città recuperata dalla città, dovrebbe essere questo il nome di qualche grande evento, e a
questo festival ce lo metto io. Così se io adesso d ove ssi ricominciare a dire: “cos’è, cos’è che
f a a n d a r e a l l a P e l a n d a …”, a d e s s o s a p p i a m o t u t t i c h e c i a n d i a m o p e r v e d e r e , v i v e r e , s e n t i r s i
sul viso quel vent o sottile, ma che non smette di soffiare: il teatro sui tetti dismessi, di
questa intimorita città.
h t t p : / / w w w. t e a t r o e c r i t i c a . n e t / 2 0 1 0 / 0 9 / s h o r t - t h e a t r e - 2 0 1 0 - s c h i u d e - l a - p e l a n d a - l a citta-recuperata-dalla-citta/
CARTA
(17 settembre 2010)
Gli elementi del disastro. Aldes a Short Theatre
di GRAZIANO GRAZIANI
Tr a i l l a v o r i p i ù i n t e r e s s a n t i p a s s a t i a S h o r t T h e a t r e – i l f e s t i va l r o m a n o a p p e n a
concluso – c’è sicuramente «Nel disastro» di Aldes. La compagnia di danza
c o n t e m p o r a n e a g u i d a t a d a Ro b e r t o C a s t e l l o h a d a t o v i t a a u n o s p e t t a c o l o c o r a l e
veramente universale, che coniuga cioè paro la e movimento così come fa con i temi
del presente e i linguaggi della ricerca, con naturalezza e profonda capacità
e s p r e s s i va , c h e f a d i « N e l d i s a s t r o » u n o s p e t t a c o l o p e r o g n i t i p o d i p u b b l i c o .
Il filo conduttore è l’ironia, l’iperbole gustosamente grottesca che la compagna di
Castello serve con precis ione, mettendo in luce que lle crepe de l vivere sociale, della
relazione tra individu i, delle derive narc isistiche de ll’io che sono il panorama di
macerie sulle quale ci troviamo a compiere il nostro cammino.
L’ e f f e t t o c o m i c o è a v o l t e p e r f i n o d i r o m p e n t e , d a l l a s c e n a c h e i n t r e c c i a s a d o m a s o e
discorsi di coppia dalla sessualità spenta, imbarazzata e borghese, a quella del
macho che scritta un gramelot guerresco esibendo dei falli di gomma che squillano
c o m e p a p e r e l l e d a b a g n o – q u e i f a l l i c h e d i v e n t a n o p o ’ i l s i m b o l o d e l “ d i s a s t r o ”, u n
s i m b o l o u n p o ’ n a i f e u n p o ’ a g g r e s s i v o , e s i t ra s f o r m a p e r s i n o i n u n i c o p a e s a g g i o
(in uno spettacolo senza scenografia) quando i falli spuntano letteralmente come
funghi.
È l’introduz ione d i Roberto Caste llo, sottile e tagliente e dec isamente gustosa, a
dare il là e a spiegare il contesto dell’elaborazione, il sentimento disperato ma
anche un po’ guascone con cui il gruppo di artisti si è confrontato con il tema dello
spettacolo – che è l’ VIII parte di un progetto intitolato, guarda caso, «Il migliore
d e i m o n d i p o s s i b i l i » . E q u e s t a l e t t u r a “ s e n z a g i u d i z i o m o r a l e ”, c o m e a f f e r m a
Castello, ma acuta nello sguardo e che si scioglie in risa, mostra allo spettatore la
cappa asfittica del presente dandogli finalmente modo di respirare.