Dal marketing all`impresa sociale.

Transcript

Dal marketing all`impresa sociale.
#cambiovita
#cambiovita
Dieci storie di donne alla svolta della loro carriera
Dieci storie di donne alla svolta della loro carriera
Indice
Introduzione
•3•
Dall’archeologia ai Big Data. Una laurea “debole” il punto di forza
•6•
Una PR col pallino della medicina cinese.
E la maternità ha acceso la miccia
•8•
Scarti della lana, vinacce, miele.
Un’insegnante di musica sfonda nella Green Economy
• 11 •
Ciao ciao ufficio! Quando la celiachia diventa un lavoro
• 13 •
Dal marketing all’impresa sociale. Per amore di mio figlio
• 16 •
Diecimila euro di budget. Così è iniziata la mia vita da gallerista
• 18 •
Troppo qualificata per la moda? E io avvio una startup nel food
• 21 •
Pet therapy per bambini e anziani. Una passione cominciata dal dentista
• 23 •
Da Terni a New York sola andata. Come diventare architetto di lusso
• 26 •
Combinavo matrimoni, ora allevo lumache:
il business della lentezza (e della bellezza)
• 28 •
Cambio vita: 10 siti per dare una svolta (senza fare un salto nel buio)
• 31 •
2
Introduzione
I
l banker che apre una gelateria. La conduttrice di tg che si dedica al volontariato. La manager che lancia una linea di moda tutta sua. L’avvocato che
apre un maneggio. Storie di cambio vita che leggiamo sulle riviste, in rete o fra
le notizie di un quotidiano. Storie che attirano la nostra attenzione, ci incuriosiscono e ci trascinano lontano. Perché, in qualche modo, aprono una porta,
quella che teniamo solitamente ben chiusa. La porta che dà sui nostri sogni.
Coraggio e incoscienza. Intraprendenza e sicurezza in se stessi. Sono queste le sfumature che leggiamo fra le righe e che ammiriamo. Perché, in fondo,
chi non ha desiderato, prima o poi, di cambiare vita? Magari non tutto: il lavoro, la relazione, la città, la casa. Cambiare fuori per cambiare anche dentro
oppure cambiare fuori perché si è già cambiati dentro.
Per poter cambiare, in qualunque ambito, dobbiamo lasciare che le opportunità ci possano avvicinare e perché succeda è necessario fare spazio attorno a noi e avere tempo. Per questo diventa fondamentale essere selettivi e
la tecnologia ci viene incontro, se la dominiamo e non ci lasciamo dominare.
La tecnologia può fare la differenza. Prendiamo ad esempio le persone che
frequentiamo: prima si era vicini a chi ci era più prossimo, ora si può essere
vicini a chi vive molto distante da noi. Questo ci permette di scegliere a chi
dedicare il nostro tempo e come dedicarlo agli altri.
Lo spazio, il tempo, le persone. Tre elementi che ci possono aiutare nel
cambiamento. E le persone di cui ci circondiamo non sono affatto un dettaglio. Nelle storie di cambio vita si incontra spesso l’Ispirazione, quella che viene da una persona speciale che ci ha aperto uno spiraglio su un mondo nuovo.
E avere una persona che ci ispiri è una potente spinta verso il nuovo.
Tutto semplice, quindi? Affatto. Il cambiamento è frutto di tormenti ed
è figlio di chi si pone delle domande. Il cambiamento richiede davvero coraggio, sicurezza in se stessi, intraprendenza e anche incoscienza. In un mondo
sempre più veloce, però, sta diventando quasi inevitabile assecondare il cambiamento. Un po’ come è successo per i software: prima il processo portava
alla creazione di un master, in colore oro, per la riproduzione in serie. Oggi,
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con internet, di quel master non si parla più: i software vengono aggiornati di
continuo e si parla di Beta permanente. Dovremmo tutti sentirci in uno stato
di Beta Permanente, come diceva il fondatore di LinkedIn, Reid Hoffman. E
forse è proprio così. Cambiamo, anche nostro malgrado, allora perché non
fare che il cambiamento giochi a nostro favore? Perché non gestirlo e indirizzarlo perché ci porti ad essere felici?
Alley Oop cerca di cogliere il cambiamento: che si tratti della carriera
delle donne, dei nuovi papà, del successo per i millennials, dei nuovi diritti
degli Lgbt, delle opportunità nella disabilità, delle seconde generazioni dei
migranti. Per questo primo ebook abbiamo scelto di raccogliere dieci storie di
#cambiovita relative al lavoro, fra le più lette di questo primo anno del blog.
Ve lo regaliamo perché siano di ispirazione che decidiate di cambiare città,
casa, Paese o anche semplicemente sorriso.
Monica
D’Ascenzo
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“
Cambiamo,
anche nostro malgrado,
allora perché non fare
che il cambiamento
giochi a nostro favore?
—Monica D’Ascenzo
„
Dall’archeologia ai Big Data.
Una laurea “debole” il punto di forza
Nome » Marialuisa
Cognome»
Barachetti
Età »27
Ero » archeologa
Sono » analista di Big Data
Dove vivo» Milano
A
rcheologa per passione e studi e oggi assunta a tempo indeterminato in
una importante società il cui core business sono i big data. Punto di svolta per Marialuisa Barachetti, 27 anni, è stata la partecipazione alla “Palestra
delle professioni digitali”, progetto promosso dall’Associazione Prospera in
collaborazione con Accenture Italia e Fondazione Italiana Accenture.
Si tratta di un percorso formativo gratuito, della durata di circa quattro settimane, che ha l’obiettivo di indirizzare alle professioni digitali giovani disoccupati o inoccupati laureati prevalentemente in materie umanistiche per
trovare loro lavoro nell’ambito del digital marketing. Fino a oggi il progetto
ha formato 232 giovani, di cui la maggioranza donne (64% donne). Di questi,
oltre il 70% ha trovato lavoro a tre mesi dalla fine del percorso formativo.
Marialuisa Barachetti, originaria della provincia di Bergamo, si è laureata al corso di laurea triennale in Scienze dei Beni culturali di Milano e poi
ha conseguito la laurea magistrale in Archeologia e Culture del mondo antico
a Bologna. Ha lavorato in Italia e in Oman, assunta dal ministero dei Beni
Culturali del Paese, e ha preparato la tesi della magistrale tra Siria e Turchia,
discutendola a marzo 2015.
“Volevo continuare nell’archeologia di ricerca, ma l’ambito universitario non mi permetteva di portare avanti la mia attività come avrei voluto
– spiega. Un giorno ho ricevuto dall’università di Bologna una mail informativa sulla Palestra delle Professioni Digitali di Accenture. Ho pensato che
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sarebbe stata una buona occasione per acquisire conoscenze nuove e spendibili sul mercato del lavoro. Ho passato la selezione e ho iniziato un percorso
che mi ha portato al colloquio con Weborama, che mi ha assunto a tempo
indeterminato”. Qui si occupa di data driven marketing, sia in ambito display
sia programmatic per clienti di diversi settori, dal food all’automotive, fino
alle assicurazioni.
Quali sono i punti di forza di chi si è laureato in facoltà umanistiche? “La
forma mentale che si costruisce quando, come spesso capita a chi studia materie letterarie, ti trovi da solo a organizzare una grande mole di lavoro a
dover risolvere problemi, come quelli legati alla programmazione degli esami. Mi sono resa conto che questa autonomia mi ha permesso di sviluppare
soft skill che sono utilissime nel mondo del lavoro”.
E i punti di debolezza? “Sono legati più a come le lauree umanistiche
vengono comunicate, anche dai media, che a una debolezza sostanziale. Ai
giovani studenti di facoltà come la mia vorrei dire di non lasciarsi scoraggiare e di coltivare la complessità di pensiero che gli studi umanistici forgiano. È quello che si trasforma in una marcia in più nel mondo del lavoro, che
si debbano analizzare resti di ossa o big data”.
Elena
Delfino
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Una PR col pallino della medicina cinese.
E la maternità ha acceso la miccia
Nome » Antonella
Cognome»
Capasso
Età »37
Ero » imprenditrice nelle pubbliche relazioni
Sono » studente di medicina cinese
Dove vivo» Milano
U
na società di comunicazione, ben avviata, realizzata assieme al marito.
Tanti clienti importanti, Abramovich, Lvmh, Bmw, solo per citarne alcuni, il tutto frutto di una scelta professionale dettata da una passione: quella
di creare eventi. Poi, nel 2014, Antonella Capasso, napoletana di origine ma
radicata a Milano con la famiglia da quando aveva 10 anni, è diventata mamma e per lei è stata una vera e propria trasformazione.
Una molla che l’ha spinta a rivedere il suo stile di vita: “Ho trovato assurdo
passare in ufficio tutte quelle ore lontano da lui, per farlo crescere alla tata e
al nido, c’era qualcosa che non andava in quel sistema”. Ma c’è di più, qualcosa è cambiato: “Mutano le prospettive, i bisogni, i desideri, la gestione del
tempo, gli obiettivi di vita, è come se per me ci fosse stato un prima e un dopo
parto, si è rivelato un evento talmente potente e meraviglioso da generare
una formidabile rivoluzione interiore”.
Rivoluzione che, dopo 12 anni nel mondo della comunicazione, l’ha portata a svestire i vecchi panni per infilarsi in un abito tutto nuovo: “Con spontaneità ho deciso di lasciare il lavoro per dedicarmi a mio figlio e a una nuova grande passione che, tra l’altro, permette di avere ritmi lavorativi più
umani”.
Antonella ora studia medicina cinese. “Già conoscevo l’agopuntura, ma
quando è nato Pietro ho scoperto la medicina tradizionale cinese per l’infanzia e le sue tecniche naturali basate sulla capacità di prevenire e curare
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qualsiasi disturbo del bambino, dalla colica, alla stipsi, alla febbre, al raffreddore. Questo mondo mi ha completamente affascinata, così ho cominciato un corso triennale in medicina tradizionale cinese e nelle sue tecniche
complementari (Auricoloterapia, moxa, Tuina, coppettazione, riflessologia
viso, mtc per l’infanzia) utili a ripristinare lo stato di benessere e molto altro”.
Una nuova professione che esercita però in un modo del tutto particolare, almeno per ora: “Ho attivato una rete di scambi perché credo fortemente
nella magia che può nascere da una relazione umana sincera e disinteressata, infatti sto creando sinergie meravigliose basate su esigenze reali e sul
buon senso”. Una sorta di baratto che non contempla la valutazione economica della dazione: “Utilizzo un loft per le consulenze e i trattamenti, frequento
un corso yoga come ‘contropartita’ di una precedente prestazione, un’altra
mamma mi cura ogni tanto il bimbo. Sono tutte risposte a bisogni reali nati
con naturalezza e con la gratitudine che ognuno di noi esprime in modo personale”.
Certo, il cambiamento comporta qualche sacrificio: “Mentre lancio la
mia nuova professione, mi dedico alle cose che contano di più, come mio figlio che cresce così in fretta ed è piccolo solo una volta nella vita. In questo
momento di passaggio oriento i miei investimenti emotivi, economici e di
tempo nel valore umano della mia famiglia e della mia formazione per un
approccio più gratificante alla vita”.
E riguardo a quella precedente, di vita, nulla è stato buttato via. Quanto costruito in quei 12 anni, la Listen Agency, è ora saldamente nelle mani del marito.
Laura
Galvagni
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“
Coltivare la complessità
di pensiero degli studi
umanistici è un punto
di forza anche se
si decide di fare altro
—Marialuisa Barachetti
„
Scarti della lana, vinacce, miele.
Un’insegnante di musica sfonda nella Green Economy
Nome » Daniela
Cognome»
Ducato
Età »57
Ero » insegnante di musica
Sono » innovatrice nelle biotecnologie
Dove vivo» Guspini (provincia Medio Campidano)
D
aniela Ducato ha vinto diversi premi internazionali (tra i tanti, miglior
innovatrice d’Europa nell’edilizia verde). Ha creato opportunità di lavoro in un’area con uno dei tassi di disoccupazione più alta d’Italia, in Sardegna.
È stata menzionata dal World Economic Forum che ha collocato la sua Edizero nella top ten delle eccellenze tecnologiche mondiali. Si potrebbe chiamare
Daniela Ducato imprenditrice. Ma forse sarebbe riduttivo. Daniela Ducato,
classe 1960, mamma di due figli che oggi hanno 18 e 22 anni, vive e lavora a
Guspini, nel Sud-Ovest della Sardegna. Ha avuto l’intuizione di recuperare
gli scarti della lavorazione di lana, vinacce, latte, miele, formaggi, olio d’oliva,
potature e posidonia per ottenere prodotti isolanti, pitture e intonaci ecologici che vengono utilizzati per una bioedilizia carbon free, il risparmio energetico, le bonifiche e il disinquinamento ambientale, tutti prodotti dalla filiera
made in Italy di Edizero. I fornitori di scarti sono piccole e medie aziende, i
clienti ovunque. Di fronte a risultati del genere in un campo come quello delle
biotecnologie, niente lascerebbe sospettare che Daniela Ducato era un’insegnante di musica. Che il dolore è stata la sorgente di questa idea di impresa.
E che nulla sarebbe stato senza s’aggiudu torrau. Come ha fatto? “Ho sempre
avuto a cuore Guspini e il suo territorio. Alla fine degli anni ’90 mi sono fatta
promotrice di una Banca del tempo, una delle prime in Italia, una libera associazione tra persone che si auto-organizzano e si scambiano tempo e competenze. La traduzione moderna del tradizionale s’aggiudu torrau, l’aiuto
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ricambiato o buon vicinato. Insieme avevamo realizzato una iniziativa che
aveva ricevuto anche un riconoscimento ministeriale per il progetto Le città
invisibili, recuperando a giardini aree urbane dismesse o dove si spacciava
droga”.
Ma qualcosa non andò per il verso giusto. “Arrivò un finanziamento pubblico molto importante incompatibile con questi giardini tematici e, per usufruirne, il Comune decise di rimuovere anche tutti gli arredi che erano stati
realizzati. Il 21 marzo 2004 arrivarono le ruspe. Caddero gli alberi e caddero i nidi. Fu un dolore inspiegabile, rimasi come immobilizzata per tanto tempo. Poi, piano piano, affiorarono nella mia mente alcuni ricordi. Gli
anziani che utilizzavano le bucce di pomodoro come antiruggine, l’utilizzo
degli scarti di lana per proteggere le piante… quei due nidi caduti che una
bambina mi aveva messo sulle orecchie perché io quel giorno soffrivo troppo
per guardarli”.
Prevalse il desiderio di trasformare il dolore in qualcosa di utile e che fosse portatore dei saperi della comunità. “Ripresi in mano un nido, lo guardai
con gli stessi occhi dei bambini: era un’architettura perfetta realizzata con
materiali di scarto. Parlai di quella intuizione con mio marito, titolare di una
impresa distributrice di prodotti per l’edilizia. Ma le idee da sole non bastano, e io ho avuto la fortuna di collaborare da subito all’interno di un grande
team, perché Edizero è un’espressione corale. Il passo successivo fu creare la
sinergia con un’azienda tessile sarda di veri maestri del settore. Iniziammo
a fare ricerca con i migliori laboratori per tradurre gli esiti della sperimentazione in tecnologie di produzione industriale: i nostri prodotti per essere competitivi dovevano avere una resa altissima. Nel 2008 entrammo sul
mercato e vincemmo l’importante premio Innovazione Amica dell’Ambiente
di Legambiente”. E questo fu l’inizio.
Elena
Delfino
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Ciao ciao ufficio!
Quando la celiachia diventa un lavoro
Nome » Valentina
Cognome»
Palamara
Età »38
Ero » consulente del lavoro
Sono » importatrice di prodotti alimentari
Dove vivo» Livorno
L
ivornese, 38 anni: “Sono entrata in uno studio professionale appena diplomata, nel 1997, e per quasi vent’anni non ne sono uscita; prima il
praticantato presso un Consulente del Lavoro, dopo negli studi commerciali
come impiegata e poi come lavoratrice autonoma, fino alla società con un
commercialista a Prato. Ma da giugno 2015 è iniziata la mia nuova avventura”.
Valentina Palamara ha cercato su internet che cosa fare della sua vita: “Lavorare negli studi commerciali è diventato molto sfibrante sotto molti aspetti. Gli adempimenti sono moltissimi, sono in continua mutazione, arrivano
norme e cambiamenti all’ultimo minuto, non abbiamo un supporto da parte
degli enti pubblici, perché ormai è diventato impossibile comunicare con addetti diretti alle pratiche ma solo con centralini che ti rispondono da mezza
Italia e che ne sanno meno di noi. Il tutto guadagnando praticamente la
metà di quando ho iniziato, perché i clienti sono in difficoltà nel pagare il
compenso pattuito. Ho pensato alla mia propensione a viaggiare, alla possibilità di lavorare con l’estero, per decidere cosa fare”.
Navigando sul web Valentina trova il sito mollotutto.net e inizia a valutare di
andare a vivere all’estero. Dove? Le ricerche e i consigli di Manuela Forzani la
portano verso il Paraguay: “Ho messo in vendita la mia casa, e ho trovato un
appartamento in condivisione giusto per avere una base dove tornare ogni
tanto”. In realtà, quel biglietto non è mai servito, perché solo avere guarda13
to al di fuori dei propri confini ha creato opportunità alle quali dare ora una
chance, qui, in Italia: “Un’indagine di mercato sul Paraguay mi ha indicato
su quali prodotti italiani puntare. Una volta fatta la lista mi sono messa a
cercare contatti con aziende e a luglio sono partita insieme a Manuela, la
persona che mi aveva aiutato all’inizio. Siamo state a una fiera, ho creato un
sito, un logo, biglietti da visita, una pagina Facebook”. In quei Paesi si trovano – a prezzi convenienti – molti prodotti che possono servire a chi è intollerante al glutine, “Proprio come me – spiega Valentina – Qui da noi anche al
supermercato la quinoa costa un delirio, e in generale i prodotti per celiaci
sono limitati”.
La prima attività è ora l’importazione di prodotti agroalimentari biologici senza glutine e senza zuccheri per celiaci e diabetici, dal Perù e dall’Argentina:
“Questa è una attività che svolgerò con l’aiuto di un imprenditore esperto di
biologico e di prodotti naturali, Gianni Gatti. Sto scoprendo prodotti naturali preziosi, sconosciuti o poco utilizzati in Italia”.
Ma i lavori sono di fatto due: “Ho scelto due strade, che sono le mie due passioni. Oltre al cibo sano, l’altra mia attività, totalmente diversa dalla prima,
è l‘intermediazione per uno studio di progettazione e design, uno studio di
architettura di sole donne, forti e dinamiche. Io mi sono proposta come intermediaria per l’America Latina, e per altri Paesi dove ho contatti, nei giorni scorsi ho partecipato alla fiera del Salone del Mobile con loro e ho fissato
appuntamenti con imprenditori dell’America Latina. Nei Paesi in crescita
c’è richiesta di progetti chiavi in mano”.
E quel biglietto per il Paraguay? “Al momento vedo come si sviluppano i miei
progetti, qui. Per partire c’è sempre tempo”. Quella di Valentina è una delle
storie raccontate dalla regista Roberta Zanzarelli nel progetto “Solandata”.
Barbara
Ganz
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“
Le idee da sole
non bastano.
Il team può fare
la differenza
—Daniela Ducato
„
Dal marketing all’impresa sociale.
Per amore di mio figlio
Nome » Francesca
Cognome»
Fedeli
Età »47
Ero » resp. marketing brand internazionali
Sono » imprenditrice sociale
Dove vivo» Milano
D
ue professionisti quarantenni di Milano, Francesca e Roberto. Un bimbo
cercato a lungo. Una gravidanza complessa. La gioia della nascita il 13
gennaio 2011. Test neonatali perfetti e poi, dopo dieci giorni, la scoperta che
il piccolo Mario ha avuto un ictus, con conseguente paresi del lato sinistro del
corpo. E il verdetto: Mario non camminerà e non parlerà mai.
“È l’inizio di un tunnel nero”, racconta Francesca Fedeli, mamma di Mario. “Solo che poi, quando vedi tuo figlio triste negli occhi perché legge la tristezza nei tuoi, rivoluzionare il tuo punto di vista è l’unica opzione possibile”.
Francesca lascia il suo lavoro nel marketing e con il marito Roberto D’Angelo
comincia a lottare.
“Non soddisfatti dalle terapie disponibili, in Internet abbiamo trovato
un centro in Toscana dove si stavano sperimentando nuove tecniche riabilitative basate sui neuroni specchio, scoperti vent’anni fa dal neuroscienziato
Giacomo Rizzolatti”.
In pratica, guardando qualcuno che alza un braccio, i nostri neuroni specchio riescono a stimolare il sistema motorio per replicare quel movimento, e
con appositi esercizi, è possibile acquisire e fissare quella competenza. Anche
se, come nel caso delle persone colpite da ictus, il cervello non è più in grado
di fare eseguire il comando a un arto. “Negli anni abbiamo continuato a studiare per integrare questa conoscenza in una metodica utile a tutti i giovani
sopravvissuti all’ictus insieme alle famiglie e agli esperti della nostra rete”.
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Nel 2014 Francesca e Roberto fondano Fightthestroke.org, associazione
di promozione sociale che supporta la causa dei giovani sopravvissuti all’ictus,
prima fellow Italia del sistema internazionale di imprenditori sociali Ashoka.
Poco dopo nasce la piattaforma Mirrorable, la prima piattaforma di apprendimento motorio basata sui neuroni specchio, dove l’abbinamento ideale
dei bambini consente loro di imparare tra “par” e non solo dai “grand”. La
piattaforma è stata sviluppata grazie a Microsoft, lavora sulla consolle giochi
Kinect e integra le metodiche tradizionali. Alla base c’è sorprendentemente
“Swiping right”, il movimento che si fa per mostrare apprezzamento per un
appuntamento sul sito di incontri più famoso al mondo, Tinder. II bambino,
in un ambiente favorevole come quello di casa propria, è di fronte alla tv e visiona, per esempio, un mago che esegue determinati movimenti per sessioni
di 45 minuti. Dopo può fare gli esercizi interagendo con altri bimbi collegati
in cloud.
“Con il movimento delle famiglie, grazie ai partner e al team del CNR di
Parma abbiamo avviato il primo Progetto Pilota per validare Mirrorable:
nel 2017 avremo i primi risultati e da lì il prossimo passo sarà replicare la
soluzione a livello globale e su altri target”, prosegue Francesca Fedeli.
Grazie alla Fondazione Vodafone, alla Fondazione Only The Brave della
Diesel di Renzo Rosso e al supporto di Ashoka, l’associazione ha raccolto i
fondi necessari per mettere a punto prototipo e modello distributivo. “L’idea
è vendere questa piattaforma agli adulti con gli stessi problemi e con il ricavato sostenere il modello per i bambini”. E Mario? “È ancora debole sulla
mano, ma ha recuperato gamba e linguaggio. E, soprattutto, sorride”.
Elena
Delfino
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Diecimila euro di budget.
Così è iniziata la mia vita da gallerista
Nome » Patricia
Cognome»
Armocida
Età »39
Ero » assistente
Sono » gallerista
Dove vivo» Milano
D
ieci mila euro di budget e una passione, l’arte, che Patricia Armocida voleva a tutti i costi far diventare un mestiere. È con questo bagaglio che nel
2007 la gallerista, all’epoca nemmeno trentenne, è partita per Glasgow per
convincere Os Gemeos, impegnati a dipingere la facciata di un castello, a fare
una personale firmata da lei in Italia. In quel momento la galleria di fatto non
esisteva ma il via libera di Os Gemeos, pseudonimo dei due fratelli brasiliani
Gustavo e Otàvio Pandolfo che proprio in queste ore stanno completando la
loro opera (Efìmero) su un muro esterno dell’Hangar Bicocca per il programma Outside the Cube, ha dato il via al sogno. “In pochi giorni abbiamo fatto
sold out – racconta Patricia – e tutto quello che ho raccolto l’ho reinvestito
nel progetto”.
Un progetto che in nove anni è cresciuto enormemente: oggi la Galleria
Patricia Armocida ha un portafoglio di una quarantina di artisti, ha trattato
nomi come Blu, Ericailcane, Todd James, Steve Powers e ha inaugurato da
poco un nuovo spazio in zona Navigli (il primo l’aveva aperto in Piola, poi si è
spostata in via Lattanzio). Ha raggiunto il risultato grazie a un mix di talento,
intuito e capacità imprenditoriali. Ha saputo leggere il mercato: all’epoca non
c’era di fatto nessuno a Milano che intermediava questo genere di artisti. Ha
saputo scegliere le “firme” giuste.
“La qualità della selezione è stata fondamentale”, ha sottolineato più volte in
questo colloquio con Alley Oop. E infine ha saputo mettere a frutto un talento
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che evidentemente aveva innato: saper trasmettere l’importanza e il valore
delle opere.
“Sono cresciuta sulla scena indipendente di Milano, ho sempre masticato e respirato questo genere di arte e così, dopo essermi laureata in arte
contemporanea a Bologna, ho partecipato al progetto Urban Edge. Era il
2004, di fatto mi occupavo di illustrare le opere che erano esposte. E proprio in quell’occasione, casualmente, ho venduto il mio primo pezzo, era di
Shepard Fairey, tutti lo conoscono come Obey: tremila euro. Oggi il valore
di quella stampa unica e originale, raffigurava Noam Chomsky, è almeno
decuplicato”. È stato in quel momento che Patricia Armocida ha capito che
voleva fare la gallerista, chiudere quella transazione le ha dato quel brivido,
quell’adrenalina che ancora oggi ricorda e che è stata la molla che l’ha spinta
a dare il via al sogno. Prima di realizzarlo ha fatto un po’ di gavetta, qualche
mese a imparare tra le mura della Galleria Emi Fontana (trasferita definitivamente a Pasadena nel 2010) e tre anni da Giuseppe Pero.
Poi l’intuizione. “Ho visto Os Gemeos dal vivo per la prima volta nel
2005 e poi nella mostra Beautiful Losers alla Triennale, ho pensato che avrei
voluto dargli una personale dove poter mostrare la loro arte in tutte le più
differenti espressioni”. Così è stato. Ora la Galleria Patricia Armocida è più
che avviata. A maggio 2016 ha chiuso una personale di Mode 2 e poi ha ospitato una collettiva di quattro artisti: Maya Hayuk, Cleon Peterson, Revok e
Francesco Igory Deiana. A gennaio 2017 è stato il momento di Objecthood,
la mostra personale dell’artista coreana Jukhee Kwon. Tagliuzzando a mano
con grande precisione e pazienza le pagine dei libri, crea sculture sospese che
si aprono e cadono come cascate. Sono i libri abbandonati e inutilizzati che
attirano l’attenzione di Jukhee. L’atto di espansione del libro allude all’affermazione di libertà e di movimento con cui l’artista parla della sua esperienza
personale di migrazione. Patricia Armocida ha realizzato l’idea di trattare “in
maniera professionale” quel segmento di arte contemporanea a lei caro.
Laura
Galvagni
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“
A volte rivoluzionare
il tuo punto di vista
è l’unica opzione possibile
—Francesca Fedeli
„
Troppo qualificata per la moda?
E io avvio una startup nel food
Nome » Monica
Cognome»
Cabras
Età »fortysomething
Ero » fashion designer
Sono » startupper con un food truck
Dove vivo» Milano
“
Dopo l’ennesimo no a un colloquio perché mi ritenevano troppo qualificata, ho deciso di investire in qualcosa di mio. E da fashion designer ho reso
glamour il truck food”.
Monica Cabras ha inaugurato a giugno del 2015 El Caminante, un ristorante
su ruote e itinerante a Milano, che propone cucina fusion a base di arepas,
focaccine di mais bianco originarie del Venezuela, all’insegna “del fresh and
healthy di alta qualità e al giusto prezzo”.
Poco più di quarant’anni, una vita professionale precedente in tutt’altro settore, una nuova azienda in fase di avvio, Monica Cabras rispecchia fedelmente
il profilo tipico dello startupper italiano che, secondo una recente ricerca del
“Sole 24 Ore” per il 66 per cento ha un’età compresa tra i 30 e i 49 anni e tendenzialmente è stato impegnato in un’altra attività.
Insomma, è la conferma che sempre più spesso startup può anche essere sinonimo di nuovo inizio.
Nata in Sardegna, ad Alghero, diplomata in lingue, folgorata dalla moda
durante un soggiorno a Londra, laureata all’istituto Marangoni di Milano, a
25 anni Monica Cabras è un talento che ha già una collezione con un proprio brand, venduta nei negozi multimarca top nel mondo, da Milano a Hong
Kong.
“Ma dopo circa dieci anni – racconta – la situazione mi è sfuggita di mano.
Mi sono ritrovata a fare il recupero crediti invece del mio vero mestiere, la
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creativa. I livelli di stress erano diventati insostenibili e io ho deciso di fermarmi”.
Monica si prende un anno sabbatico e decide di mettere la propria professionalità e il proprio estro al servizio di altri stilisti, da Dolce&Gabbana a
Jil Sander, ad altri nomi noti della moda, per cui lavora tuttora. Si specializza
tra l’altro sia nel disegno sia nella lavorazione e produzione di capi in maglia
e cashmere e nella realizzazione di abiti su misura da uomo nel mondo del
luxury, diventa personal stylist.
Ma di fronte alla difficoltà di valorizzare la propria esperienza in modo
adeguato, l’esigenza di rimettersi in gioco cresce giorno dopo giorno.
Il progetto di El Caminante prende corpo con il suo compagno, Pedro
Hernandez, modello originario del Venezuela con master in business administration al MIP Politecnico di Milano. Insieme a loro c’è lo chef Mattia Chiesa
(Four Season Hotel Milano, Gli orti di Leonardo, La Brisa, Paradosso, Enocratia).
Lo studio di fattibilità dura circa un anno, trovano il capitale per partire mettendo insieme i risparmi e il finanziamento di una società di microcredito
specializzata in startup che crede nel loro business plan, a differenza delle
banche. Oggi il truck food El Caminante è una realtà riconosciuta nel capoluogo lombardo. Ogni giorno sul web e sui social network dell’insegna è possibile scoprire con anticipo le tappe del truck.
Della sua precedente vita da imprenditrice della moda, Monica Cabras ha
capitalizzato soprattutto una lezione: imparare a delegare.
E poi tre regole d’oro per ogni startupper: avere un’idea di business chiara
che punti alla redditività, lavorare con una squadra di professionisti per ogni
competenza che il progetto richiede, armarsi di tanta, tantissima tenacia.
Elena
Delfino
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Pet therapy per bambini e anziani.
Una passione cominciata dal dentista
Nome » Katia
Cognome»
Bertoldi
Età »44
Ero » odontotecnico e igienista dentale
Sono » pet therapist
Dove vivo» Milano
I
l primario di Pediatria Annunziata Di Palma, la pediatra oncologa Linda
Meneghello, la psicologa Sara Bellone. E Poi Katia Bertoldi, che è stata
odontotecnico e igienista dentale prima di lasciare un lavoro “tradizionale”
per creare qualcosa di grande a partire dall’amore per gli animali. Sta succedendo a Trento: una pet therapy allargata, che un passo dopo l’altro sta conquistando i pazienti, le famiglie e i medici, tanto che oggi chiede nuovi spazi e
nuove applicazioni.
Katia guida una tribù di quattrozampe alquanto varia: c’è la cucciola Margot (un Bouledogue francese), Elettra (Labrador Retriever cioccolato), Midnight (American Miniature Horse), Zaira (Labrador Retriever nero), Cocò
Chanel (gatto razza Rag Doll), Bluebelle (Labrador Retriever), Thor (American Bully), Carol (razza Shih Tzu), alcuni coniglietti razza “Ariete Nano” (in
particolare lavorano in pediatria Penelope e Teodora) e porcellini d’India. C’è
perfino un asinello.
Che effetto ha un animale su un bambino ricoverato? “Tranquillizza,
rende meno nemico un ambiente come quello ospedaliero, distrae – spiega
Linda Meneghello, pediatra – I bambini vedono l’animale indifeso come loro,
ci giocano e si lasciano fare le cure necessarie: a volte sono perfino contenti
di doversi recare in reparto sapendo che ritrovano un amico”. Un effetto che
si allarga alle famiglie: vedere i figli più sereni fa respirare anche mamme e
papà. Il risultato è un’alleanza – animali, piccoli pazienti, genitori – che rende
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meno pesante il percorso di cura.
Al day hospital del Santa Chiara di Trento sono in cura circa 530 bambini,
il 70% ha una patologia cronica e appuntamenti ripetuti con l’ospedale: oltre
duemila accessi all’anno vengono registrati. “La proposta è arrivata dall’associazione – spiega il primario Annunciata Di Palma – Dopo avere risolto
un problema di spazi e di accessi siamo partiti con l’oncoematologia, dove
i bambini cronici hanno un carico di accertamenti e di terapie da seguire
davvero severo. Ma l’esperimento si è allargato, ad esempio alle ragazzine
con disturbi alimentari, che hanno personalità complesse, spesso rigide, e
vivono una grande difficoltà: anche qui sono arrivati gli animali, con il loro
carico di serenità e lo scambio di emozioni che riescono a trasmettere. Ora
siamo alla sperimentazione in ulteriori servizi di cura”.
Zampa amica, l’associazione di Katia, fa anche formazione, ad esempio
con i corsi che insegnano ai bambini come rapportarsi con i cani senza il rischio di incidenti. La tribù a quattro zampe entra regolarmente anche nelle
case di riposo per anziani: “Nel 2007 un’amica mi ha invitata per un corso
di interventi assistiti dagli animali, così per curiosità. Sono rimasta entusiasta, soprattutto la bravura di Debra Buttram che ha saputo trasmettere
tanto entusiasmo e capacità professionale. Da quel momento è nata in me la
passione e la curiosità di approfondire questa terapia nuova, ancora poco
conosciuta ma di grandi prospettive. Ho seguito vari corsi di formazione,
anche all’ospedale Meyer di Firenze con l’associazione Antropozoa”.
L’associazione ora si occupa settimanalmente di progetti specifici di attività assistita dall’animale in nove Rsa (Residenze sanitarie per anziani), al
“centro infanzia” di Trento, nelle scuole primarie, in ospedale: “L’intervento
che particolarmente mi sta a cuore è quello che svolgo a favore dei bambini
affetti da neoplasie cerebrali. Nonostante la grande difficoltà nell’approcciarsi a queste patologie, la soddisfazione mia più grande è quella di regalare un momento gioioso e un grande sorriso grazie agli incontri con i nostri
quattrozampe”.
Barbara
Ganz
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“
Il segreto?
Buttarsi,
si può sempre
tornare indietro
—Deborah Mariotti
„
Da Terni a New York sola andata.
Come diventare architetto di lusso
Nome » Deborah
Cognome»
Mariotti
Età »46
Ero » architetto in Italia
Sono » architetto a New York
Dove vivo» New York
D
a Terni a Milano, da Milano a New York. Con una strategia che non si
vede, ma ci deve essere. Perché se giovane donna a poco più di trent’anni
hai aperto un tuo studio di architettura nella Grande Mela e hai progettato e
realizzato store e showroom per clienti del calibro di Moschino, Emilio Pucci,
Roger Vivier, Max Mara, per citare qualche esempio tra i tanti del luxury, non
si può parlare solo di caso. Anche se l’aggettivo che Deborah Mariotti utilizza
più spesso per descrivere la sua storia è “fortunata”.
Deborah Mariotti, dopo il diploma si trasferisce a Milano da Terni per
iscriversi alla Facoltà di Architettura del Politecnico. Dopo l’Erasmus a Madrid, inizia subito a lavorare in un piccolo studio di Milano. “È stata la mia
fortuna, ho avuto tante responsabilità da subito”. Nel 2005 Deborah seguiva
la realizzazione dei negozi di Emilio Pucci in tutto il mondo, dal Giappone,
alla Russia e anche negli Stati Uniti. “A NY per caso ho conosciuto dei designer che avevano uno studio a Soho e che cercavano persone con esperienza di lavoro nell’ambito del retail di lusso per seguire il progetto dei negozi
Tod’s in città. Mi hanno fatto una proposta, sono tornata in Italia, mi sono
presa un mese per decidere. Ho dato le dimissioni e sono partita”.
Qual è stato il fattore determinante per trasferirti? “Curiosità di provare
una nuova esperienza e desiderio di vedere se un altro Paese avrebbe offerto
delle possibilità diverse a una donna. In quegli anni i clienti a Milano erano
per la maggior parte uomini ed era più facile per un architetto uomo strin26
gere relazioni. Adesso le cose sono cambiate, ci sono molte più donne CEO
anche nel retail”. Dopo tre anni nello studio di Soho, Deborah riceve dal suo
ex titolare la proposta di collaborare alla realizzazione del negozio di Moschino a New York.
È l’occasione per fare il grande salto e aprire il proprio studio a Dumbo,
un quartiere di Brooklyn, lo studio è a un isolato dal famoso ponte. “Ho dovuto imparare a fare tutto, dalle pubbliche relazioni alla contabilità. Negli
anni ho diversificato l’attività, dalle ristrutturazioni di townhouse e appartamenti, alle spa di lusso, alla realizzazione di un nuovo concept di ufficio
per una startup. Negli Stati Uniti gli architetti sono molto specializzati, fanno i disegni e non vanno quasi mai in cantiere. Io ho l’approccio europeo per
cui andare in cantiere e seguire tutte le fasi, dalla progettazione all’esecuzione, fa sempre parte del nostro lavoro. Molti dei miei clienti sono europei,
proprio perché si riconoscono di più in questo modo di gestire il progetto”. Il
segreto del tuo successo? “Buttarsi, si può sempre tornare indietro!”.
Difficoltà legate alla lingua o alla burocrazia? “Le vere difficoltà qui sono
dovute alla diversa impostazione e organizzazione del lavoro, che per noi italiani non è facile cogliere subito, c’è una forma mentis molto diversa. La lingua non è un ostacolo, la maggior parte delle persone con cui si lavora non è
nata negli USA. Per quanto riguarda il visto, mia madre è di New York e non
ho dovuto farlo”. E almeno per questo aspetto la parola fortuna si può usare.
Elena
Delfino
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Combinavo matrimoni, ora allevo lumache:
il business della lentezza (e della bellezza)
Nome » Catia
Cognome»
Accadia
Età »49
Ero » agente matrimoniale
Sono » allevatrice di lumache
Dove vivo» Roma
N
on avete idea di quanti prodotti si possano fare con la bava di lumaca:
integratori, creme, sciroppi. Perfino rimedi per quel problema maschile tipicamente associato a pasticche blu. Catia Accadia, 49 anni, è una socia
fondatrice di Geonature, base a Roma, cooperativa che conta ormai circa 400
associati su tutto il territorio nazionale. Il 70% sono giovani, che si sono fatti
tentare dalla elicicoltura: “Ma non è mica così semplice”, racconta.
Catia aveva una agenzia matrimoniale: “In 12 anni di onorato servizio ho
messo insieme circa 800 coppie e sono ancora in contatto con tantissimi di
loro”, racconta. Ha anche scritto un libro, Dio li fa – Io li accoppio. “Il lavoro
mi piaceva, poi è arrivato un colosso come Meetic, online, un canone bassissimo che mi metteva fuori mercato”.
Le lumache sono semplici, e si vendono, le avevano detto: “Abbiamo iniziato con i metodi tradizionali, e le cose andavano malissimo: allevare all’aperto può essere un incubo, soprattutto se arriva un’estate caldissima e gli
animali muoiono”. Catia e i suoi soci hanno deciso di imparare, e sono andati
direttamente alla fonte: Francia, Italia, Spagna, Lituania, Polonia: “In Francia abbiamo visto piccole fattorie autosufficienti grazie a più prodotti, bava
e caviale di lumaca, ad esempio. Altri Paesi sono forti sulla gastronomia,
dove arrivi a 2, 2,5 euro al chilo. La bava, invece, era il vero business, con un
valore fino a 250 euro al chilo”.
Rientrati in Italia, Catia e soci hanno progettato una macchina – il mi28
crophil – che raccoglie e microfiltra la bava prodotta dalle lumache che procedono su una sorta di pedana vibrante (non elettrificata). Con una marcia
in più rispetto alla bava liofilizzata, ben più diffusa. Oggi Geonature progetta
impianti, tipicamente destinati a chi ha già avviato l’attività e si è trovato nei
guai perché le lumache (riproduttori) sono scappate, o sono arrivati topi e uccelli, o una bomba d’acqua ha rovinato tutto. Bava (richiesta a fini farmaceutici e cosmetici) e caviale (molto apprezzato all’estero) si producono invece al
chiuso, usando vecchie stalle, box, casali.
La cooperativa si è attrezzata con un laboratorio che studia e mette a punto una quantità di prodotti diversi: anche per i disturbi maschili (impotenza)
e femminili (menopausa), e poi per la gastrite e per la dieta, contro l’insonnia
e per alleviare la depressione, per le ragadi e le vene varicose. E poi creme cosmetiche di ogni genere: “Nel team oggi abbiamo 12 persone, 8 sono addette alla ricerca e alla messa a punto dei prodotti, oltre che ai test necessari.
Ora produciamo anche per conto terzi: creiamo la formula e la registriamo.
Sempre più farmacie acquistano i nostri kit per produrre direttamente la
bava: il resto del nostro mercato è all’estero, dove chi acquistava merce liofilizzata dall’Asia oggi cerca le proprietà assicurate da una lavorazione più
rispettosa”. E il business procede, tanto lento quanto solido.
Barbara
Ganz
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“
Ho incontrato chi
mi ha trasmesso
passione e curiosità
—Katia Bertoldi
„
Cambio vita: 10 siti per dare una svolta
(senza fare un salto nel buio)
M
ollo tutto, cambio vita, ricomincio da zero (o da me): a molti è capitato
di dirlo, magari solo come sfogo, E poi c’è chi lo ha messo in pratica,
come nelle storie scelte per questo ebook. Come matura una decisione così
radicale? Come si sceglie se andare all’estero o restare? E nel caso in quale
Paese è meglio trasferirsi e come organizzare tutte le cose pratiche, dai documenti all’assicurazione? E il gatto, posso portarlo con me? In molti casi alla
base delle scelte c’è la conoscenza diretta di qualcuno che ha già percorso una
strada simile. Altre volte è fondamentale il consiglio di persone conosciute
grazie alla rete.
Essere informati è fondamentale per non rischiare di fare un salto nel
buio. Si può iniziare a raccogliere qualche idea sulla rete. Per questo abbiamo
selezionato dieci siti, fra i più gettonati, da chi progetta di cambiare vita.
mollotutto.com
È un sito suddiviso per aree geografiche, che spiega come cercare lavoro ai
Caraibi o partire per una nuova vita in Sud America. Ci sono i consigli (come
evitare le truffe, qual è il costo della vita nelle mete prescelte, come trasferire
contanti o avere assistenza sanitaria all’estero) e le offerte di lavoro, oltre alle
storie di chi è partito.
voglioviverecosiworld.com
Anche su Facebook, con le informazioni per chi sogna di cambiare vita. L’ideatore è Alessandro Castagna, nato a Verona nel 1964. Dopo la laurea in Scienze
politiche e un master in marketing turistico, ha lavorato in azienda per cinque
anni. Si è licenziato nel 1996 ed è diventato co-fondatore di una società che si
occupa di importare e distribuire gioielli etnici provenienti da tutto il mondo.
Nel maggio del 2011 ha ceduto la sua quota e da allora si dedica a tempo pieno
al sito “Voglio vivere così”, creato nel 2007 per raccontare le esperienze di chi,
spinto da un sogno o stanco della propria quotidianità, ha deciso di cambiare
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vita. E’ autore del libro “Come lasciare tutto e cambiare vita”. Fra i collaboratori Nicole Cascione, autrice di “Vado a Vivere in Canada – Guida pratica per
chi sogna di trasferirsi nel Nord America”.
solandata
Sito e pagina Facebook per la webserie dellarRegista Roberta Zanzarelli, che
racconta gli ultimi sette giorni di chi ha deciso di lasciare l’Italia, fra grandi
entusiasmi e distacchi dolorosi. I protagonisti non hanno limiti di età: giovani e pensionati, con uno sguardo a metà fra la documentazione e la denuncia
sociale di un Paese che vede tanti partire per mancanza di alternative e non fa
nulla per trattenerli.
Just Australia
Agenzia fondata da due giovani udinesi – Stefano Riva e Ilaria Gianfagna – a
Melbourne, spiega come lavorare, studiare o trasferirsi qui, con una premessa: “Per vivere in Australia è indispensabile vantare un buon livello d’inglese,
una qualifica ed esperienza nel proprio settore. Se manca tutto ciò, niente
paura, in Australia ci sono le migliore scuole d’inglese, istituti professionali e
atenei d’eccellenza, oltre che tante occasioni di lavoro”.
nuovavita.com
Da viaggiatori dilettanti e quasi sempre per vacanze, durante un viaggio alle
Canarie gli ideatori raccontano di essersi resi conto “di quanti pensionati italiani vivano molto bene all’estero e di quanti ancora non sanno delle splendide opportunità che ci sono per vivere meglio fuori dall’Italia, sia a livello di
clima e sia economico, senza oltretutto allontanarsi più di tanto”. Così, tramite amicizie e contatti sparsi per il mondo, è stato creato un gruppo specifico e
dedicato al trasferimento dei pensionati, con collaboratori italiani nella località d’arrivo, per poter accompagnare e assistere nel miglior modo possibile il
pensionato che intendesse spostarsi a vivere in un altro paese o quantomeno
volesse conoscere questo nuovo luogo prima di decidere.
vadovia.it
Riporta informazioni utili per programmare al meglio dal semplice viaggio al
trasferimento in Tunisia ,in Portogallo o in Bulgaria. “Le informazioni fornite
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sono state assunte da fonti ufficiali e dalla realtà quotidiana vissuta dai nostri
collaboratori che vivono nei Paesi di destinazione – spiega il sito – La nostra
società è divenuta in pochi anni leader nelľassistenza ai pensionati italiani
che decidono di trasferire la residenza all’estero”. Adesso il target sono anche
imprenditori e famiglie che non possono permettersi “errori grossolani che
potrebbero pregiudicare la riuscita di un progetto così importante”.
mollaretutto.com
Propone una panoramica, “il più completa possibile, sui Paesi esteri dove è
possibile trasferirsi a vivere, lavorare o fare impresa”. Pubblica settimanalmente una “Scheda-Paese” con informazioni di carattere generale sulle nazioni più interessanti dove è possibile ricominciare una nuova vita da soli o con
la famiglia. Inoltre la pagina Facebook viene aggiornata con offerte di lavoro,
siti utili, annunci immobiliari, e quant’altro può essere di interesse per chi
sogna di Mollare Tutto e trasferirsi all’estero.
italiansinfuga
Con tanto di newsletter e forum per scambiare opinioni o cercare informazioni, riporta notizie sulle aziende all’estero che pubblicano regolarmente annunci di lavoro, per i quali è richiesta la conoscenza dell’Italiano. C’è anche la
sezione Homestay, un sito che permette di trovare sistemazione presso famiglie residenti all’estero.
cambiarevita.eu
È organizzato con un database in ogni città costruito da italiani che vivono già
all’estero e conoscono a fondo le diverse realtà in giro per il mondo: “Il blog
serve a leggere le ultime notizie e le storie di chi ha già cambiato vita, e la tabella delle destinazioni monitora parametri quali costi, sicurezza, qualità della vita, trasporti, affitti e stipendi”. Il curatore, Gianluca Orlandi, nel 2009 ha
iniziato il suo percorso di italiano all’estero; ha vissuto in città come Londra,
Tenerife, Cancun e Playa del Carmen in Messico, Chiang Mai e Bangkok, dove
racconta di essere arrivato “sempre da solo, senza conoscere nessuno e senza
avere nessun tipo di contatto”: ha scritto una guida al “cambio vita”.
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Gruppi Facebook
Alcuni sono aperti, altri chiusi.
◊Italiani a Miami, con miniguida gratuita per scoprire come le persone
sono arrivate e rimaste a Miami.
◊Italiani a Londra ha anche un comparatore di prezzi sugli appartamenti
per trovare il più economico.
◊Italiani a Berlino ha appuntamenti fissi come la “parola del giorno” per
iniziare a fare pratica con lingua e modi di dire.
Ora largo ai vostri sogni!
Barbara
Ganz
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Alley Oop - L'altra metà del Sole
è il blog multifirma del Sole 24 Ore dedicato alla diversity.
Nato nel febbraio del 2016 su iniziativa di Monica D'Ascenzo,
Alley Oop ospita contributi di giornalisti del Gruppo 24 Ore
e di autori esterni in tema di lavoro, politica,
imprenditoria, istruzione, Stem, cultura, sport, arte e società.
alleyoop.ilsole24ore.com
Seguici su Facebook, Twitter e Instagram
@AlleyOop24 #cambiovita
#cambiovita
Dieci storie di donne alla svolta della loro carriera
è un ebook di Alley Oop, L’altra metà del Sole
prima edizione febbraio 2017
da un’idea di Monica D’Ascenzo
testi di Monica D’Ascenzo, Elena Delfino,
Laura Galvagni, Barbara Ganz
editing Stefania Vadrucci
graphic design Ilaria Defilippo
del team Alley Oop
Cover photo: Edu Lauton
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