Una stazione meteo a 8000 metri d`altezza - SOGEST

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Una stazione meteo a 8000 metri d`altezza - SOGEST
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30-01-2007
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diario
Benoit Chamoux, il retaggio di un mito
montagnanews
DI PAOLO
Benoit Chamoux è stato il più grande himalaysta francese. Saliva in solitaria, con record di
velocità. Scomparve tra le nevi del
Kanchenjunga nel 1995, a 34 anni e a pochi
metri dal suo quattordicesimo ottomila. In sua
memoria è stata creata una Fondazione che si
occupa dell'educazione scolastica di bimbi
Sherpa che hanno perso il padre sulle montagne. Oggi, la Fondazione che porta il suo nome
compie dieci anni. Ai festeggiamenti di
Chamonix c’erano i fondatori Fabienne
Chamoux e Agostino Da Polenza, rispettivamente moglie e inseparabile compagno di cordata di Benoit. C’era Ang Rita Sherpa, una
delle più alte autorità nepalesi in fatto di
GENNAIO 2007
Detto fra noi
La torre sul Piccolo Cervino?
Una formidabile provocazione
di AGOSTINO DA POLENZA
Una formidabile provocazione. Come non si era
mai vista nella storia delle montagne e del loro
sviluppo più o meno sostenibile. Trent’anni di
dibattiti, workshop, conferenze; decine di accordi bi e multilaterali, di memorandum; la
Convenzione delle Alpi e tonnellate di carta,
fiumi di parole che la “bibbia” dei montanari
politically correct hanno suscitato: tutto sembra
finire in un’enorme cestino della spazzatura.
Tanto per usare un esempio in tema, è come se
gli svizzeri ci avessero infilati dritto su una lama
di ghiaccio lungo la quale procedere, con attorno l’infinito blu del cielo (quante volte ci è capitato) e sotto, da una parte e dall’altra l’orrido
abisso.
Sì, sto parlando della “Tour Eiffel della
Svizzera”, ovviamente. L’idea - ma è già qualcosa di concreto che assomiglia a molto più che un
progetto - è quella di realizzare, a scopo turistico, una torre alta 117 metri e di piazzarla, bella
bella, sulla vetta del Piccolo Cervino.
Se lo avessero proposto quei “bru bru” della
Valtellina, ma persino quei “mangiafontina” di
valdostani, vi immaginate le reazioni? Apriti
cielo.
Ma qui sono gli svizzeri, quelli che la montagna
è loro. Non solo fisicamente ma da sempre culturalmente. La diplomazia internazionale attorno al mondo delle alte quote è una prerogativa
svizzera, le loro università si occupano di soldi,
cioccolato, orologi e montagne a tempo pieno.
Ogni atto politico e legislativo svizzero è impregnato di montagna e, da vent’anni, di ambiente,
salvaguardia, sviluppo, valorizzazione, tutto
condito con l’aggettivo: sostenibile.
A Zermatt mica ci vai in auto , siamo matti, per
pagare 1000 franchi svizzeri a notte, perché gli
euri non sono proprio così graditi (più delle vecchie lire comunque), ci vai in carrozza trainata
dal cavallo. No, lì è tutto (almeno all’apparenza) ordinato ed ecologico.
C’è rispetto, ci dicono, per la natura e l’ambiente, anche se qualche volta ci è venuto il dubbio che forse ce n’era anche per il business che,
legittimo lo è ancor più se fa anche gli interessi
della natura e della cultura , nel caso, alpini.
L’icona della montagna buona e pulita ora però
ci sbatte in faccia una torre d’acciaio di 117
metri. Ci vengono i dubbi. Non sarà come la
mucca del Milka, che certo è viola ed esteticamente poco ecologica, ma il latte lo fa bianco e
il cioccolato è buono? Ma una “mucca” di un
centinaio di metri che si affaccia sui ghiacciai
del Matterhorn (a me piace di più Cervino), è
inquietante. Se è una burla, significa che i
“cambiamenti globali” sono per davvero
preoccupanti se sono riusciti a far diventare
così spiritosi gli svizzeri.
(segue a pagina 2)
tutte le notizie della montagna
le trovi su
PINGITORE
cooperazione, che si occupa dei progetti della
Fondazione seguendoli di persona in Nepal.
C’era anche una leggenda dell'alpinismo: Kurt
Dimberger primo alpinista vivente a vantare
due prime ascensioni assolute su ottomila, ed
esperto assoluto di cultura di montagna.
Tutto il ricavato della serata è stato devoluto
all'attività della Fondazione, che dal 1996 ad
oggi mantiene agli studi 21 bambini Sherpa. I
ragazzi sono seguiti singolarmente con attenzione, sia a distanza sia con incontri e visite in
loco. L'idea è nata in ricordo del legame che
ha sempre unito Benoit Chamoux alle genti
dell'Himalaya, dove ha passato tanta parte
della sua vita e dove, alla fine, l'ha lasciata.
i portali internet
della montagna
www.montagna.org
direttore responsabile Wainer Preda
Il Comitato Ev-K2-Cnr la installerà al Colle Sud dell’Everest nella tarda primavera. E’ la più alta mai realizzata
Una stazione meteo
a 8000 metri d’altezza
di WAINER PREDA
in questo numero
Interviste
Simone Moro
Erminio Quartiani
Gianni Alemanno
L
a data giusta sarà intorno alla fine di maggio. Quando il jet stream
invernale avrà placato il suo soffio impetuoso e il monsone sarà
ancora di là da venire. Allora toccherà a Silvio Gnaro Mondinelli,
uno degli alpinisti italiani più famosi, salire agli 8000 metri del Colle sud
dell’Everest e piazzare lassù una preziosa centralina meteorologica, che
sarà la più alta mai realizzata sul suolo terrestre.
E’ un progetto ambizioso quello che il Comitato Ev-K2-Cnr intende realizzare la prossima primavera. Mettendo in campo tutta l’esperienza accumulata in questi anni di scienza e alpinismo, il Comitato italiano spingerà
ancora più in là il limite delle rilevazioni scientifiche effettuate sulle catene montuose più alte del mondo.
L’annuncio della nuova sfida è stato dato dal presidente del Comitato EvK2-Cnr Agostino Da Polenza a margine della mostra fotografica sulla
ricerca scientifica in alta quota, che si è tenuta il mese scorso al Palamonti
di Bergamo. Le prove dell’apparecchiatura, che sarà pronta per i primi
mesi del 2007, si terranno sulle Alpi, probabilmente a Capanna
Margherita o dalla parti del Monte Rosa.
Ma a cosa serve la nuova stazione di rilevamento a 8000 metri? A misurare direttamente sul campo i dati che finora sono stati solo dedotti attraverso calcoli probabilistici e osservazioni incrociate che, per quanto affidabili, non rappresentavano comunque le cifre reali.
La stazione installata sull’Everest registrerà i parametri meteorologici
standard: temperatura, umidità, pressione, radiazione solare, intensità e
direzione del vento. Dovrà essere talmente affidabile da superare le terribili bufere a oltre 200 chilometri orari che schiaffeggiano le pareti della
montagna più alta delle Terra in pieno inverno.
I dati raccolti verranno trasmessi in tempo reale ad un altro gioiello della
tecnologia italiana: la Piramide dell’Everest che si trova circa 3000 metri
più in basso ed è anch’essa gestita dal Comitato Ev-K2-Cnr.
www.montagna.tv
alle pagine 5, 8
Scienza
Crutzen
buco dell’ozono
chiuso nel 2050
a pagina 4
Turismo
Passo Tonale
la cabinovia
dei record
a pagina 7
Alpinismo
Mondinelli fa
tredici: Ottomila
L’Everest (a sinistra) e il Lhotse, (a destra), nel mezzo la sella del Colle sud:
qui verrà installata la stazione meteo italiana
a pagina 8
Napolitano: l’Italia deve guardare a Oriente
Alla Giornata dell’Asia e Pacifico, il presidente della Repubblica, in accordo con D’Alema, traccia la rotta della politica estera
"Dobbiamo confrontarci
con le sfide che vengono
dall'Oriente, senza rinunciare ai nostri valori, ma
senza vecchie presunzioni
e devianti e paralizzanti
timori". E’ il messaggio
lanciato dal presidente
della Repubblica Giorgio
Napolitano alla “Giornata
dell'Asia e Pacifico” tenutasi il mese scorso a
Palazzo Madama (Roma).
Un messaggio in linea con
l'impegno del ministro
degli Esteri Massimo
D'Alema per un rafforzamento delle relazioni fra
l’Italia e quest’area del
mondo.
"Questo impegno - ha
detto sempre il presidente
della Repubblica - non
deve essere solo l'impegno
di un governo, ma l'impegno permanente e di lungo
periodo cui è chiamata
l'Italia nel suo complesso.
Non possono esservi a
questo proposito contrapposizioni di parte".
Insomma, il nostro paese
deve guardare sempre più
all’Asia. Sia dal punto di
visto commerciale, sia da
quello della cooperazione
allo sviluppo.
Alla Giornata dell’Asia e
del Pacifico sono stati
invitati
a partecipare
anche Agostino Da
Polenza, presidente dell’Associazione Comitato
Ev-K2-Cnr e Valerio
Pietrangelo, coordinatore
del progetto Karakorum
Trust. Da ormai vent’anni
il Comitato Ev-K2-Cnr
gioca un ruolo di primo
piano nella ricerca scientifica e nella cooperazione
allo sviluppo nel panorama asiatico. Il Comitato è
presente con diversi pro-
L’eccellenza Ev-K -Cnr sbarca all’Onu
2
Dal 30 aprile all'11 maggio 2007 il Palazzo di Vetro dell’Onu
ospiterà la 15esima riunione della Commissione sullo sviluppo sostenibile. Le aree tematiche saranno l'energia per lo sviluppo sostenibile, lo sviluppo industriale, l'inquinamento dell'aria e dell'atmosfera e il cambiamento climatico. Argomenti
che rientrano nella sfera di competenza del Comitato Ev-K2Cnr, che per l'occasione ha deciso di prendere parte alla
riunione di New York, proponendo un “side event” che descriva le peculiarità del suo “sistema d'eccellenza”. Il cammino
del Comitato Ev-K2-Cnr verso la realizzazione del “sistema d'eccellenza” ha inizio da
alcune considerazioni innovative sul mondo della montagna: la passione per l'alta quota,
per la sfida, per l'ambiente hanno fatto sì che non ci si fermasse a un approccio superficiale. Ma conoscendo a fondo questa realtà e comprendendone il potenziale si è andati
oltre, si è deciso di affrontare la sfida. Le montagne sono le testimoni più antiche e ricche:
il Comitato Ev-K2-Cnr ne ha fatto un prezioso bacino da cui attingere informazioni nel
campo delle scienze della Terra, ambiente, medicina e fisiologia, scienze antropologiche,
tecnologie ecoefficienti e sistemi di gestione ambientale. Da oltre 20 anni, con la sua presenza costante e attenta in Hindu Kush, Karakorum, Himalaya, Nepal, Pakistan, Cina,
India e Bhutan, il Comitato Ev-K2-Cnr è diventato sinonimo di ricerca scientifica ad alta
quota, distinguendosi per la specificità dei risultati conseguiti nel panorama internazionale. Il forte legame con il territorio e le popolazioni, la conoscenza profonda delle realtà e
delle necessità di queste terre, e l'efficace e attenta competenza scientifica, hanno fatto sì che, quasi per un processo naturalmente osmotico, il Comitato Ev-K2-Cnr utilizzasse le sue competenze, i suoi strumenti e la sua metodologia, nel campo della cooperazione. Una cooperazione che, senza mai prescindere dal connubio tra la ricerca
scientifica e le potenzialità locali, ha come obbiettivo lo
sviluppo sostenibile delle zone interessate. Una cooperazione consapevole, forte di una competenza unica e di
altissimo livello. Vivendo e interagendo in queste realtà,
in maniera sempre più cosciente, grazie a un approccio
sistemico, che parte dall'osservazione e dall'analisi puntuale dei territori e delle popolazioni locali e forte anche
di alcune considerazioni promosse durante l'Anno internazionale delle Montagne (2002) e il Vertice mondiale
sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg, dello stesso
anno, il Comitato Ev-K2-Cnr ha compreso la valenza e
la forza di questo suo nuovo e unico modo di fare cooperazione, che ha nella ricerca scientifica il suo presupposto
d'essere. Partendo dalla valutazione di alcuni dei problemi ambientali di questo millennio (cambiamenti climati-
getti nelle zone dell’ Hindu
Kush, del Karakorum,
dell’Himalaya, in Nepal,
Pakistan, Cina (Regione
Autonoma del Tibet),
India e Bhutan.
L’impegno del Comitato
Ev-K2-Cnr in queste zone
ha assunto una valenza che
ormai va oltre la ricerca
scientifica,
legandosi
ancor più saldamente a
questi territori grazie alle
sue attività di cooperazione. Karakorum Trust è
appunto un esempio
emblematico di come la
ricerca e la conoscenza
possano essere la base di
interventi innovativi a
favore dello sviluppo.
Un nuovo modo di fare
cooperazione. Sinergie di
forze, interdisciplinarietà,
lavoro di squadra che coinvolge vari soggetti, dal
pubblico al privato andando oltre i confini: è quanto
il Comitato Ev-K2-Cnr
mette in campo nelle sue
attività nel contesto asiatico. Ed è quanto il ministro
D’Alema, con il suo intervento ha affermato. Sostenendo che “il multilateralismo non si deve inten-
ci, inquinamento, energia, sviluppo industriale) si è passati, nell'ambito della cooperazione, da un approccio classico
di tipo verticale a uno di tipo trasversale e integrato, da un
approccio di tipo assistenzialistico ad uno di tipo sistemico
che racchiudesse alcune caratteristiche fondamentali: multidisciplinarità, specializzazione, eccellenza nelle aree di
competenza, partnership, senza mai prescindere dal contesto socio-geografico. Il Comitato Ev-K2-Cnr non si è fermato qui, ma è andato oltre, comprendendo che un'ulteriore garanzia di successo e di sostenibilità duratura sarebbe
stata fornita dallo sviluppo economico e dalla creazione di
competenze imprenditoriali locali. Singole iniziative mirate, ma inserite nel quadro dei progetti di cooperazione, sono
state concepite nell'ottica di creare competenze gestionali e
promuovere iniziative commerciali durevoli, destinate a
trasformarsi in stabili fonti di produzione e ricchezza locale. Anche dopo questo passo, il ruolo della scienza non è
diventato meno importante: iniziative commerciali più
sicure e oculate possono infatti essere determinate solo da
studi scientifici autorevoli e approfonditi. La ricchezza prodotta dalle attività imprenditoriali, infine, può essere reinvestita nella ricerca scientifica, creando un circolo virtuoso
garanzia di sostenibilità e vero sviluppo in aree finora
caratterizzate da estrema povertà.
dere come fine in sé, ma
come uno strumento per
affrontare in maniera tempestiva ed efficace le grandi questioni globali, dalle
sfide della sicurezza a
quelle dello sviluppo economico, dalla salvaguardia
dell'ambiente alla lotta
contro le pandemie, da cui
dipende il futuro del nostro
pianeta”.
Questo messaggio diventa
ancora più incisivo pensando alla presenza dell’Italia nel Consiglio di
sicurezza delle Nazioni
Unite per i prossimi due
anni.
Le parole del Presidente
Napolitano mettono in evidenza come l’apertura a
quest'area però, non può
essere limitata al piano
esclusivamente economico
e tecnologico. "Si sbaglierebbe a non dare il giusto
peso all'esigenza di un
pieno riconoscimento dei
paesi di questa fondamentale regione come protagonisti della politica internazionale, come attori di
prima grandezza delle
relazioni fra gli Stati del
mondo".
Sound’s seeds,
musica dall’Himalaya
Una straordinaria collana di musica etnica
registrata direttamente
sulle montagne
dell’Himalaya.
I canti di caccia dei
Kulunge Rai.
Le musiche
laotiane.
Suoni, canti,
rumori che
parlano di
popoli indigeni
lontani anni luce dalle
tradizioni musicali
occidentali, ma per
questo affascinanti e
imperdibili.
Frutto del lavoro del-
l’antropologo del
Comitato Ev-K2-Cnr
Martino Nicoletti e
del musicista e fonico
Roberto
Passutti, i
brani registrati e digitalizzati in
formato
mp3 sono
disponibili
sul sito del
Comitato:
www.evk2cnr.org.
Si tratta di un archivio
unico nel suo genere.
Accessibile a studiosi,
ricercatori o semplici
appassionati.
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mappamondo
cinema & montagna
lo sostengono gli scienziati del Colorado
Detto fra noi
Eiger, l’odissea del
1957 diventa un film
Ricerca Usa:
enorme riserva d’energia
sotto l’Himalaya
La torre sul Piccolo Cervino?
Che si tratti di una
formidabile provocazione?
di SARA SOTTOCORNOLA
di VALENTINA CORTI
(continua dalla prima)
Se la torre sul Piccolo Cervino è una provocazione per riportare alla
ribalta il dibattito sullo sviluppo sostenibile, sulla sostenibilità del turismo, dei grandi impianti e strutture c’è da fare i complimenti agli svizzeri: una provocazione di maggiore impatto non potevano trovarla. Se poi
pensano davvero di realizzare la torre sul Piccolo Cervino facendolo crescere di 117 metri allora forse è il caso di parlarne. Forse è questa la
nuova frontiera dell’ambientalismo e dello sviluppo montano. O forse no.
Duemila metri di ghiaccio e roccia insidiosi e
strapiombanti. Una parete terribile, che ha stregato alpinisti di tutte le epoche, chiesto loro
sforzi immani e troppi sacrifici. Due alpinisti
italiani alla ricerca del primato nazionale, due
tedeschi con cui stringere una sfortunata
alleanza. E poi la tragedia, l’operazione di soccorso più imponente del secolo e le polemiche.
L’avvincente storia del 1957 di Claudio Corti e
Stefano Longhi sulla Nord dell’Eiger sta per
trasformarsi in un kolossal del grande schermo.
La sceneggiatura porta la firma inglese di Bill
Beech, docente di fotografia all’Università di
Brighton e già autore della pellicola “Silent
scream”, premiata al Festival di Berlino nel
1990. Una bozza è già stata depositata ed è
pronto lo screenplay. Un magico incontro di
immagini d’epoca, spettacolari riprese d’oggigiorno che tolgono il fiato.
Il film verrà proposto a Martin Campbell, regista di “Vertical Limit”, Kevin McDonald di
“Touching the Void” e perfino Ron Howard,
del “Codice Da Vinci”. Ma anche a produttori
italiani e tedeschi. Alla ricerca di un alleato per
una delle realizzazioni più spettacolari del cinema internazionale.
Nei mesi scorsi, Beech si è recato a Lecco,
patria di Corti e Longhi, per effettuare un
sopralluogo sulla Grigna e sul Resegone. Si è
incontrato con Alberto Pirovano, presidente dei
Ragni di Lecco. E soprattutto con Claudio
Corti, unico sopravvissuto di quella tragica
avventura, fatta di sfortuna, errori, ritardi.
Scariche di sassi, notti al gelo, ferite laceranti.
Soccorsi che durarono 9 giorni e coinvolsero i
più grandi scalatori del mondo. Per una settimana tutti gli occhi era puntati lassù, su quel
terribile gigante svizzero di 3.970 metri per cui
tutti gli alpinisti perdevano la testa.
Per Longhi e i due tedeschi non ci fu nulla da
fare. Morirono lì, e i loro corpi, inghiottiti dal
ghiaccio, furono recuperati solo negli anni successivi. Per Corti si trattò di un vero miracolo:
per la prima volta un uomo veniva salvato su
quella micidiale parete. Non è ancora un lieto
fine. Perché per Corti l’incubo non finì, ma si
trasformò in un vortice di veleni e perfino di
accuse d’omicidio provenienti dai cugini d’oltralpe. Polemiche che coinvolsero anche la
terra lecchese, non ancora del tutto sopite. Su
cui forse arriverà a far luce questo straordinario
film, la cui sceneggiatura porta anche l’esclusiva firma del protagonista: Claudio Corti.
Una colossale riserva di energia si nasconderebbe sotto il
plateau tibetano e solo un fortissimo terremoto potrebbe
liberarla. E' quanto sostengono i ricercatori dell'Università
del Colorado.
La tecnologia GPS ha consentito di individuare il fenomeno che ha determinato l'accumulo energetico: vale a dire
il movimento e la collissione
tra il subcontinente indiano e
l'Asia. Il bagaglio energetico
è così vasto a causa della
natura delle due placche:
sono entrambe continentali e
quindi costituite da rocce a
bassa densità. Ciò significa
che la placca più leggera si è
posizionata ad una profondità
minore rispetto a quella più
pesante (un pò com'è avvenuto per la crosta oceanica che si
è immersa sotto la placca continentale). L'attrito tra le due
grosse masse terrestri ha provocato la formazione di un
enorme quantitativo energetico immagazzinato sotto il
Tibet. Non è poi così facile
che la potenza collocata sotto
lo stato asiatico si sprigioni:
servirebbe infatti una scossa
compresa tra gli 8,4 e 8,6
della scala Richter, cosa che si
verifica soltanto ogni 1000
anni.
In realtà nella regione
dell'Himalaya centrale ci sono
stati catastrofici terremoti
negli ultimi 200 anni, ma tali
scosse non sono state abbastanza forti per liberare l'energia stoccata nella catena montuosa.
Solo nel Medioevo la Terra ha
tremato così forte da devastare
l'Himalaya. Nel 1100 è stato
colpito il Nepal. La stessa regione ha oscillato nel 1833 arrivando a un'intensità di magnitudo
7,8. Dopo un centinaio di anni
una scossa ancora più forte
della precedente. Era il 1934
quando un sisma di 8,2 gradi
della scala Richter provocò la
morte di 13mila persone. Ma il
terremoto non fu abbastanza
violento da liberare l'energia del
sottosuolo.
Questo non fa altro che avvalorare la tesi di Roger Musson, un
sismologo della società geologica britannica. Musson ha precisato che il fatto che si verifichi un grande terremoto, non
esclude che in futuro non possa
avvenirne uno di portata maggiore. Insomma, il rischio di
catastofi di grande portata
non è scongiurato.
Roger Bilham, capo dei ricercatori e il suo collega Nicole
Feldl's precisano che è essenziale che ogni 1000 anni ci
siano dei mega-terremoti per
far defluire il serbatoio magmatico. Anche se non si può
stabilire il periodo, Bilham e
Feldl's pensano che ci siano
enormi possibilità che si verifichi un gigantesco terremoto
sul Tetto del mondo.
"Come sempre, in questi casi
occorre vedere l'effettiva corrispondenza tra lo studio
scientifico e la rappresentazione giornalistica” commenta Michele Comi, geologo del
Comitato Ev-K2-Cnr.
"Nel caso specifico - continua Comi - le cime himalayane sono il risultato di un meccanismo di collisione crostale
tuttora attivo, le straordinarie
altezze della catena rispecchiano un "meccanismo di
spinta" proporzionalmente
dimensionato, tale da accumulare quantità enormi di
energia che vengono rilasciate sotto forma di energia
sismica quando si arriva a
rottura”.
“I terremoti, anche particolarmente distruttivi - conclude il
geologo - sono una costante
nelle zone di collisione crostale. Al momento però è
ancora impossibile prevederne con certezza magnitudo
(energia) ed epicentro o collocazione superficiale".
Buon Natale
E' alto quasi 33 metri l'abete che fa da albero di Natale in Piazza
San Pietro a Roma. L'abete bianco donato dalla Regione Calabria
al Papa è stato tagliato e prelevato con un elicottero dalla foresta
del Massiccio del Garaglione, sulla Sila.
Golfo: la ricerca scientifica portabandiera del “sistema Italia”
E’ stata un primo passo, ma molto significativo. La conferenza internazionale "EuroArab" 2006, tenutasi il mese scorso a Kuwait
City, presso il Kuwait Institute for Reaserch,
ha aperto la via alla definizione di una più
ampia collaborazione tra l’Italia e i paesi del
Golfo Persico in materia di ricerca scientifica e monitoraggio ambientale.
Tant’è che il 18 dicembre il ministro degli
esteri Massimo D´Alema ha inaugurato alla
Farnesina il "Tavolo Golfo". All'evento
hanno partecipato il ministro del Commercio
internazionale e delle Politiche Europee
Emma Bonino, il ministro per gli Affari
regionali e le autonomie locali Linda
Lanzillotta, l'ambasciatore Giorgio Di
Pietrogiacomo, rappresentanti del sistema
bancario e industriale, esponenti del Cnr e il
presidente del Comitato Ev-K2-Cnr Agostino
Da Polenza.
Obiettivo dell'incontro: mettere a punto una
coerente strategia di promozione del "sistema Italia" nei sei Paesi membri del Consiglio
di cooperazione del Golfo. Grazie all'impegno congiunto delle amministrazioni pubbliche, delle autonomie locali e dell'imprenditoria privata.
L'iniziativa mette l’accento sull'importanza
di una penetrazione scientifica italiana nell'a-
MN montagnanews
rea, valorizzando soprattutto il settore dell’ambiente e sottolineando il ruolo primario
del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche)
in questo settore. All’orizzonte infatti si è
prospettata una collaborazione alla pari,
unendo le diverse competenze scientifiche in
un'iniziativa di scambio/interscambio nell'ambito di un sistema di monitoraggio climatico/ambientale che potesse garantire
anche sbocchi imprenditoriali.
Il Cnr si è già messo al lavoro, convocando
per il giorno seguente, una riunione per fare
il punto sulla situazione e stilare una carta dei
possibili interventi per un sistema di monitoraggio climatico e ambientale in Kuwait e
nella regione del Golfo. La ricerca italiana ad
alto livello c'è. E nonostante crisi e polemiche, si muove nel contesto internazionale
portando un plus di sicuro valore.
www.montagna.org www.montagna.tv
via San Bernardino 145 - 24122 Bergamo
tel. +39 035 3230511 - Fax +39 035 3230551
e-mail: [email protected]
Periodico del Comitato Ev-K2-Cnr
ideato e realizzato da Wainer Preda
sorprese
stravaganze
Idiozie
Elefanti terrorizzano il Nepal
E Spiderman scala la Torre Vasco de Gama
Cacciatore ferisce
un’aquila reale
pachiderma che l'ha calpestata
senza lasciarle scampo.
Altri incidenti sono avvenuti nella
stessa zona nelle scorse settimane
vicino a Sunsari, dove gli elefanti
selvatici hanno saccheggiato i villaggi di Paanchkanya, Dharan,
Pakali, Hansposa e tutta la foresta
di Itahari.
Le notizie parlano di due dozzine
Gli elefanti selvaggi stanno terro- di elefanti fuggiti dalla Parsa Wild
rizzando il Nepal. Nelle ultime Life Reserve, che hanno distrutto
settimane almeno 10 persone le coltivazioni e terrorizzato gli
hanno perso la vita, calpestate abitanti del distretto del Sarhahi.
dagli animali. L'ultimo incidente Ora, la gente è costretta a vegliare
è avvenuto nei pressi della cittadi- sul paese con falò e torce per
na di Ithari, vicino al confine con tenere lontano i pachidermi. E
l'India. Lila Pandey stava tornan- minaccia le autorità: se non farando a casa dopo aver raccolto legna no qualcosa per risolvere la situanella foresta di Taltalaiya, quando zione, si troveranno costretti ad
si è imbattuta in un gigantesco uccidere gli elefanti.
Lui si chiama Alain Robert. Ma, ai più, è
meglio noto con il soprannome di "Spiderman"
per le sue scalate da brivido sugli edifici più alti
del mondo. Ebbene, quel piccolo
francese ce l'ha fatta di nuovo. Il
mese scorso ha scalato la Torre
Vasco de Gama, la più alta del
Portogallo. Ha faticato un po'
per raggiungere i 145 metri d'altezza, visto il forte vento che tira
a Lisbona. Ma, stavolta, alla fine
della scalata non ha trovato ad
attenderlo la polizia (Robert è
già stato arrestato più volte in
Francia, negli Stati Uniti e nel
resto del mondo per le sue
imprese). La scalata era autorizzata, ed è servita anche per girare un film pubblicitario per una
compagnia di telecomunicazioni.
Robert, ormai quarantenne, è fra i fondatori del
Un cacciatore ha sparato a
un'aquila reale ferendola,
per fortuna non a morte.
L'episodio è accaduto
sulle montagne della
Valseriana (Bergamo).
L'animale è stato soccorso
e ora si trova in cura presso il Centro recupero animali selvatici dell'oasi
Wwf di Val Predina. Il
rapace - che è specie protetta da caccia, ribadiamo è stato trovato domenica
nel territorio comunale di Leffe.
Veemente la reazione dell'assessore provinciale all'Agricoltura, Caccia e Pesca Luigi Pisoni,
di solito parco nei commenti. ''Con gesti come
questo - ha commentato - rischiamo di compromettere il faticoso cammino di recupero
dell'immagine del mondo venatorio”.
movimento "urban climbing", ovvero quel tipo
di arrampicatori che si divertono a scalare
strutture urbane di ogni genere, dagli edifici ai
monumenti. E che sta trovando
un numero crescente di appassionati in tutto il mondo. Certo
non tutti potranno emulare le
grandi arrampicate di Spiderman. Con l'impresa sulla Torre
Vasco de Gama (nella foto
accanto) lo scalatore transalpino
supera i 70 fra grattacieli e strutture giganti scalate in tutto il
mondo. Fra le sue arrampicate ci
sono quelle memorabili alla
Torre Agbar di Barcellona, la
Torre di Cristallo, la Torre di
Montparnasse e la Torre Eiffel a
Parigi, lo Houston center one di
Houston e la Sears Tower di Chicago e la Torre
di Canary Wharf, a Londra.
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cooperazione
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Il parco nazionale del K2 si fa strada
La jeep con bandiera italiana
inaugura la nuova strada
Il Parco del K2 inizia a prender forma.
Nei giorni scorsi é stata inaugurata la
strada che collega il villaggio storico di
Askole - ultimo insediamento urbano
sulla via che porta al K2 - con il nuovo
campsite che diventerà uno degli ingressi del Parco e ospiterà, tra le altre cose,
strutture per l’accoglienza dei trekkers e
per lo smaltimento dei rifiuti.
Si tratta dell’ennesimo successo conseguito da Karakorum Trust, il progetto di
cooperazione tra Italia e Pakistan promosso dal Comitato Ev-K2-Cnr che da un
anno si occupa della tutela dell’ambiente e della cultura delle montagne del
Karakorum.
Tutta Askole si è riunita attorno al tricolore italiano, bandiera ormai ben nota
fra le genti della Valle grazie alle iniziative di Karakorum Trust. L'evento, infatti, segna il coronamento di tutta una
serie di attività condotte nella zona, fra
le quali spiccano la sistemazione dell'impianto idrico del villaggio e il rilevamento planimetrico di tutte le unità abitative in vista di successivi interventi di
recupero. I lavori per la costruzione
della strada, che ora è agibile a tutte le
auto, sono terminati il 18 novembre.
Avevano subito una battuta d'arresto a
causa delle difficoltà legate al superamento della gola in cui scorre un
affluente del Braldo e sopra la quale
passa la strada.
Proprio da quel corso d'acqua partirà, la
prossima primavera, la pipeline che for-
nirà l'acqua a tutta la piana, dove sorgerà un'area attrezzata per l'accoglienza di
spedizioni e trekking: la cosiddetta
“Porta del Baltoro”, che in futuro sarà
uno degli ingressi del parco del K2.
Un’altra parte della spianata sarà destinata al rimboschimento e a nuove coltivazioni delle popolazioni locali.
Per ora, lì sorge la piattaforma ecologica
dove sono depositate le oltre tre tonnellate di rifiuti raccolti nei mesi scorso sul
ghiacciaio del Baltoro dalla “Baltoro
Clean Up Expedition”, che attendono
l'installazione di Earth, il rivoluzionario
sistema di smaltimento dei rifiuti presentato per la prima volta da Falck e
Comitato Ev-K2-Cnr la scorsa estate a
Cervinia.
Karakorum
Trust
Il duro inverno
sulle montagne
del Karakorum
Uno straordinario reportage dal nord del Pakistan,
dove si sta muovendo la cooperazione italiana
di MAURIZIO GALLO
U
ltimo villaggio prima di entrare nel
cuore del Karakorum, 3.050 metri di
quota. Stare ad Askole in novembre permette di vedere da vicino come ci si prepara,
quassù, ad affrontare l’inverno.
Le donne partono alla mattina verso le quattro
- continua Gallo - al buio, in gruppetti di 4 o 5,
e si avviano (senza pila, ovviamente) verso i
ripidi ghiaioni che salgono sopra la piana dove
stiamo progettando la "porta di entrata" del
futuro Parco del Karakorum. Verso le undici le
vedo scendere dalle rocce più alte, sulle spalle
hanno enormi gerle piene di legna, o meglio di
arbusti spinosi. Cantano e riempono di suoni il
solito silenzio che regna nella valle. Sembra
impossibile che possano tornare a casa scendendo da lassù, ma riescono sempre a trovare
un passaggio fra i salti di roccia, seguendo a
memoria improbabili tracce. Alcuni uomini
partono per la caccia degli ibex (stambecchi).
Sono anche loro un gruppo di cinque o sei, staranno via per una settimana e andranno a trovare il cibo sul ghiacciaio Biafo, la riserva di
Askole, così come il Baltoro è la riserva del villaggio di Teste e il Pagma sopra Youla lo è per
il villaggio di Tongo. Terreni di caccia diversi,
stabiliti centinaia di anni fa. Comincia a nevicare, ma non è un problema per loro.
Dormiranno come al solito fra le pietre, con
solo una coperta oltre il loro vestito, quello che
usano anche d’estate quando lavorano per i
turisti. Oggi cacciano con i fucili. Mi hanno
raccontato come facevano prima: creavano nei
canaloni fra le rocce delle specie di imbuti spostando grossi massi con al centro una rudimentale tagliola coperta dal ghiaino. Poi correndo
sulle creste a quasi 5.000 metri spaventavano il
branco di ibex e li facevano scappare nella direzione voluta, inseguendoli per incanalarli nella
trappola. Dopo una settimana con la neve fino
al ginocchio tornano al villaggio portando sulle
spalle mezzo ibex a testa, 40 chili di peso, e
lasciando in apposite buche scavate fra i sassi
gli altri ibex cacciati, per poi andarli a prende-
re in primavera ancora congelati. Poi tutti,
attrezzano il “kaza”, la casa sotterranea dove
staranno chiusi per tre mesi. Le donne coprono
il soffitto con arbusti e fieno in modo da creare un ulteriore isolamento termico. I bambini
preparano le stalle sotterranee dove faranno
entrare le capre, come riscaldamento continuo
e latteria. Tutti giocano e si muovono il più possible, con una frenesia che prelude alla lunga
immobilità dell'inverno. Siamo scesi anche noi
nei "kaza". E nel buio abbiamo trovato una
pelle di capra scuoiata e gonfiata che viene utilizzata per preparare lo yogurt. Più in là, una
pietra scavata e una palla di pietra serviranno
per ridurrre in polvere un miscuglio di salgemma e chili usato per preparare la minestra. Lì
vicino, una trappola per topi scavata dentro un
sasso: davvero incredibile. Il lavoro di questi
giorni per rilevare tutte le case del vecchio villaggio sta coinvolgendo e divertendo anche gli
anziani. Abbiamo portato palloni da riempire
con l’elio per realizzare delle foto ”aeree” che
porteranno a una planimetria del villaggio.
Poi alcuni bambini ci hanno chiesto del gas per
giocare con i preservativi fatti distribuire dalle
autorità sanitarie locali, ma all’apparenza scarsamente compresi e apprezzati. Così, dopo un
po’, il cielo di Askole si è riempito di improbabili “palloncini”.
Un gioco che ci ha mostrato quanto possa essere delicato rapportarsi con popolazioni, certamente povere, ma di antica tradizione e cultura.
Una complessità non solo loro ma anche per i
governi locali, le Ngo e le organizzazioni come
Karakorum Trust. Piccoli segni, ma grandi
lezioni nel cielo di Askole.
Corso di “trekking leaders”
Si è tenuto a dicembre, presso la sede dell’Alpine Club of
Pakistan di Islamabad, il corso per “Trekking leaders”,
organizzato dal Comitato Ev-K2-Cnr all’interno del progetto Karakorum Trust. Obiettivo del seminario, le tecniche di gestione dei flussi turistici. Sono stati 24 in tutto i
partecipanti. Fra le materie analizzate: inglese, gestione
turistica, pronto soccorso in aree montane, conservazione
ambientale. In programma per gennaio altri due corsi
nelle Northern Areas del Pakistan.
Tre tonnellate di rifiuti via dal Baltoro
Oltre tre tonnellate di rifiuti tra il campo
base del K2 e quello del Gasherbrum II. E' il
carico trovato e rimosso dalla squadra della
Baltoro Clean Up Expedition, impegnata in
un progetto di riqualificazione ambientale
che vede coinvolti il Comitato Ev-K2-Cnr e il
Pakistan Alpine Club. Il progetto fa parte di
Karakorum Trust, grande iniziativa di
cooperazione internazionale promossa dallo
stesso Comitato.
La squadra, formata da due guide del
Pakistan Alpine Club e tredici portatori, era
partita lo scorso 5 settembre da Askole, circa
tremila metri di quota, l'ultimo villaggio
sulla via di accesso al K2. E sino ad oggi ha
già raccolto 160 carichi di spazzatura da 20
chilogrammi ciascuno.
I carichi erano stati depositati provvisoriamente presso le apposite stazioni di raccolta
al Circo Concordia (4.687 metri). Nei giorni
scorsi, 50 portatori sono saliti a recuperarli e
trasportarli ad Askole, dove la spazzatura, in
attesa di essere smaltita, verrà stoccata in un
deposito ad hoc, in fase di ultimazione.
I rifiuti verranno smaltiti nelle prossime settimane da Earth, innovativo sistema di trattamento termico dei rifiuti brevettato dal
Comitato Ev-K2-Cnr e da Actelios (società
del Gruppo Falck), in grado di operare ad
alta quota, in assenza di energia elettrica e di
ossigeno. Earth sarà in grado di ridurre del
97 per cento la massa dei rifiuti, in piena
compatibilità con l’assai delicato ambiente
circostante nel pieno rispetto delle normative vigenti nazionali e internazionali.
La Baltoro Clean Up Expedition, iniziativa
che avrà carattere periodico e permanente, è
stata organizzata dal Comitato Ev-K2-Cnr in
collaborazione con il Pakistan Alpine Club e
il patrocinio del Ministero del Turismo
Pakistano.
Chakothi e il Pakistan, un anno dopo il terremoto
Balakot, dopo il terremoto
E passato poco più di un
anno dal terremoto che ha
sconvolto le Northern
Areas pakistane e sta arrivando un nuovo inverno.
In anticipo rispetto al solito, con previsioni piuttosto negative e con temperature molto inferiori a
quelle dell’anno scorso.
La situazione dei 3 milioni di senzatetto è ancora
drammatica. Per certi
versi peggiore dell’anno
scorso. Le enormi tendopoli attrezzate dall’esercito e dalle Ong di tutto il
mondo sono state tutte
smantellate. Rimangono
distese vuote dove si
scorgono resti e rifiuti di
una forte presenza
umana. Nelle località più
importanti la ricostruzione è partita. Superata la
fase di emergenza, la vita
è ripresa seppur fra mille
difficoltà. Diverse scuole
e ospedali sono stati terminati quest’autunno. Ma
nei villaggi di montagna,
isolati da ore di cammino,
la situazione è drammatica. Qui di aiuti ne sono
sempre arrivati pochi. Al
massimo qualche lamiera
per una capanna e qualche coperta. L’economia
qui è basata sulla pastorizia. Non è ancora ripartita, perché nel terremoto
sono morti anche un gran
numero di animali.
Mentre i viveri dell’anno
scorso sono andati esauriti. Insomma, la situazione
in montagna è molto delicata e potrebbe precipitare di nuovo. Le cose
vanno meglio in altre
zone. A Chakothi (dove
sta intervenendo anche il
Comitato Ev-K2-Cnr con
il Cesvi), sono stati avviati anche corsi di informatica per i giovani. E’ stato
anche deciso dove ricostruire la nuova Balakot
(la cittadina quasi completamente rasa al suolo).
Peccato che i pochi abitanti rimasti, non abbiano
nessuna intenzione di
allontanarsi dalla vecchia
città. Per sostenere la
ricostruzione delle scuole, lo scorso ottobre è
uscito il libro fotografico
di Giovanni Diffidenti
"La scuola nel cielo". Un
reportage fotografico,
edito
grazie
a
Mediamarket, che documenta il dramma del terremoto e gli sforzi di
Cesvi, Mgpo e Comitato
Ev-K2-Cnr per la ricostruzione.
C’è ancora molto da fare
in Pakistan. L’impegno
del progetto Karakorum
Trust promosso dal
Comitato Ev-K2-Cnr che
da un anno si occupa
della tutela dell’ambiente
e della cultura delle montagne del Karakorum, va
proprio in questa direzio-
ne. Per accompagnare il
Pakistan nel lungo tragitto verso il suo futuro
autosviluppo.
Isiao, 50 anni d’archeologia
Si è celebrato nei giorni scorsi a Islamabad, il 50esimo
anniversario dell’Isiao (l’Istituto italiano per l’Africa e
l’Oriente) in Pakistan. L’Isiao è un ente pubblico che
risponde al ministero degli Affari Esteri. L’Istituto opera
nel campo della promozione culturale. E ha come obiettivo il rafforzamento delle relazioni tra l’Italia e i paesi
dell’Africa e dell’Asia. In Pakistan ha festeggiato i cinquant’anni della missione archeologica italiana nello
Swat, valle fluviale a nord dell’antico Gandhara.
Molte le autorità intervenute alla cerimonia.
L’ambasciatore italiano in Pakistan Roberto Mazzotta,
Pier Francesco Callieri, Umberto Sinatti e Daniela
Razzola per l’Isiao, Valerio Pietrangelo e Maurizio Gallo
del Comitato Ev-K2-Cnr.
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scienza
Ramanathan: gas serra e nubi marroni uccidono i raccolti
Lo scienziato V. Ramanathan
Fino ad oggi le ricerche scientifiche avevano sostenuto che l'effetto serra e le nubi marroni si compensassero a vicenda, riducendo i danni provocati dall'inquinamento. Ebbene, pare invece
che non sia così: i due fenomeni combinati sarebbero rovinosi
per l'agricoltura. Lo sostengono alcuni scienziati americani che
hanno studiato le coltivazioni di riso in India, dimostrando che
la produzione degli ultimi vent'anni è diminuita di circa il 15 per
cento.
Lo studio di Maximilian Auffhammer, Veerabhadran
Ramanathan e Jeffrey R. Vincent è stato pubblicato nei giorni
scorsi da una delle più note riviste scientifiche del mondo: l'americana "Proceedings of the National Academy of Sciences".
La ricerca si basa sull'analisi storica dei raccolti di riso in 9 stati
indiani. L'andamento elle coltivazioni viene collegato con l'evoluzione degli scenari climatici nella regione, dove si concentrano le due principali piaghe climatiche: l'effetto serra e le atmospheric brown clouds (Abc) o nubi marroni. Ebbene, gli effetti
combinati dei due fenomeni non possono essere scissi, si legge
nell'articolo. Sia perchè hanno origine comune (entrambi derivano dall'uso di combustibili fossili e biomasse), sia perchè
insieme affliggono le coltivazioni, in primis quelle di riso, particolarmente sensibili alla variazione delle piogge.
L'analisi ha dimostrato l'esistenza di complesse interazioni il cui
risultato finale è un deleterio "effetto combinato", senza il quale
la coltura del riso andrebbe molto meglio. I numeri: senza i due
fenomeni, i raccolti di riso in India sarebbero stati più alti del
6,18 per cento tra il 1966 e l’84. E ben del 14,4 per cento tra l’85
e il ’98.
La ricerca parte dagli anni Sessanta. Quelli della cosiddetta
"green revolution", l'avvento dell’agricoltura meccanizzata nel
sub-continente indiano che ha permesso un boom della produzione di riso. Una crescita rallentata - e di molto - negli anni
Ottanta e ridotta praticamente a zero intorno al 2000. La ricerca americana è uno dei pochi studi che analizzano la correla-
zione degli effetti dell'Abc con l'agricoltura, ed è l'unico che lo
correla all'effetto serra.
Di origine indiana, Veerabhadran Ramanathan è docente
all'Università della California ed è uno tra i maggiori esperti
mondiali di climatologia.
Lo scorso 2 novembre è stato in Italia, ospite del Comitato EvK2-Cnr al quale è stato affidato il monitoraggio delle aree montane nell'ambito del progetto Atmospheric Brown Clouds delle
Nazioni Unite, di cui Ramanathan è il responsabile internazionale.
In quell'occasione Ramanathan ha presentato i risultati di 6
mesi di misurazioni dell'Abc Pyramid, la stazione di monitoraggio atmosferico più alta del mondo, installata dal Comitato
Ev-K2-Cnr e dall'Isac-Cnr a 5.079 metri presso la Piramide
dell'Everest. Dopo essersi complimentato per i risultati ottenuti, Ramanathan ha chiesto ufficialmente l'entrata di un esperto
del Comitato Ev-K2-Cnr nel team scientifico del progetto Abc.
ABC
atmospheric brown clouds
Il premio Nobel Paul Crutzen alla mostra del Comitato Ev-K2-Cnr
di WAINER PREDA
"I
l buco dell'Ozono si chiuderà nel
2050". Lo ha detto il mese scorso
il premio Nobel per la chimica
Paul Crutzen in un incontro con giornalisti, esperti scientifici e scolaresche, organizzato dal Comitato Ev-K2-Cnr al
Palamonti di Bergamo, a margine della
mostra sulla "Ricerca in alta quota" inserita nell'ambito di Bergamoscienza.
Sala gremita nella sede del Cai bergamasco per registrare le impressioni di Crutzen
sui grandi temi che riguardano l'ambiente
e il pianeta. E le attese non sono andate
deluse. Crutzen (nella foto di Massimo
Cappon) ha lanciato un segnale di speranza: "La situazione del pianeta è preoccupante, ma i catastrofismi non servono. Per
invertire la rotta servono interventi mirati".
"L'umanità - ha proseguito il premio nobel
- può plasmare il suo
futuro in maniera consapevole. Ma per farlo
dovrà risolvere i problemi attuali dell'inquinamento, non sprecare
risorse e sviluppare tecnologie ecocompatibili
che ci liberino dall'uso di
combustibili fossili".
La vera lotta in questo
momento è contro le
immissioni provocate
dai combustibili fossili,
sempre più diffusi nelle
economie emergenti
dell'Asia. Quelle stesse immissioni che
sono all'origine dell'atmosfera di brown
clouds, meglio nota come nube marrone
dell'Asia, di cui Crutzen è un grande
esperto. Si tratta di un gigantesco ammasso di aerosol e particelle inquinanti che
impedisce alla luce solare di raggiungere
la superficie terrestre, minando così i cicli
naturali, precipitazioni comprese.
"Gli effetti della nube marrone - ha detto il
presidente del Comitato Ev-K2-Cnr
Agostino Da Polenza - sono stati rilevati
anche dagli strumenti del nostro laboratorio, la Piramide dell'Everest che si trova a
5050 metri di quota sull'Himalaya". Il
laboratorio più alto del mondo ha individuato depositi di pulviscoli e tracce di
inquinanti generati da attività umane a
6000 metri d'altezza. Inquinanti che, depositandosi sulla neve, ne favoriscono lo
scioglimento provocando l'arretramento
dei ghiacciai a la diminuzione delle risorse
idriche a lungo termine.
Un problema che gli scienziati del
Comitato Ev-K2-Cnr stanno analizzando
attraverso una stazione dedicata che si
trova nei pressi della Piramide. E che è
inserita nel progetto Abc (Atmospheric
brown clouds) dell'Unep (il programma
per la protezione dell'ambiente delle
Nazioni Unite).
I dati rilevati vengono messi a disposizione degli scienziati di tutto il mondo.
Attraverso i suoi studi Crutzen ha stabilito
che l'anidride carbonica presente nell'atmosfera e prodotta dalle attività umane è
cresciuta del 30 per cento dagli anni
Sessanta ad oggi, facendo aumentare
parallelamente l'effetto serra.
Per questo Crutzen parla di "era dell'antropocene", ovvero di un'epoca caratterizzata
dall'impronta dell'uomo. "L'impatto delle
attività umane sul pianeta è impressionante - ha spiegato il premio Nobel -. Negli
ultimi tre secoli la popolazione umana è
aumentata di dieci volte. Il resto l'hanno
fatto l'urbanizzazione, i consumi energetici destinati ad aumentare anche nel prossimo periodo, i consumi
delle risorse idriche.
Parallelamente abbiamo
avuto una crescita del
riscaldamento del pianeta e una crescita esponenziale dell'estinzione
delle specie viventi,
soprattutto negli ultimi
anni".
"Il buco dell'ozono è
stato una sorpresa - confessa Crutzen che nel
1995 ha vinto il premio
nobel per i suoi studi sull'argomento -. Non poteva essere previsto dagli scienziati. Ci sono
voluti anni di studi per capire cosa era successo".
Ma alla fine la scoperta ha portato a un
cambiamento epocale. Le grandi aziende
produttrici di spray e frigoriferi hanno
ridotto drasticamente le produzioni. "Oggi
- ha detto Crutzen - la massa di cloruri,
fosfati e carburi nell'atmosfera ha subito
una notevole contrazione. Ma ci vorranno
ancora decine di anni, almeno fino al
2050, perchè lo strato di ozono possa rigenerarsi completamente".
"Ma per trovare le soluzioni giuste servono più ricerca scientifica e più informazioni", ha concluso il premio Nobel. Ed è
stato proprio Crutzen a inaugurare un
innovativo collegamento di webcam con la
Piramide dell'Everest. Collegamento che
permetterà di tenere sotto controllo gli
strumenti della stazione Abc che si trova ai
piedi dell'Everest, direttamente dall'Italia. I
dati vengono spediti in tempo reale, via
satellite, all'Isac-Cnr di Bologna. E nel giro
di pochi minuti messi in internet, e visibili
da tutti sui siti web www.evk2cnr.org e
montagna.org.
“Per risolveri i
guai del pianeta
serve più ricerca
scientifica e
informazione.
L’umanità può
plasmare il suo
futuro in maniera
consapevole”
Crutzen
buco dell’ozono
chiuso nel 2050
Africa: ghiacciai a rischio estinzione in pochi decenni
La stazione meteo installata dal
Comitato Ev-K2-Cnr sul Ruwenzori
Negli ultimi tempi l’attenzione degli esperti di montagna si è
soffermata sulla vulnerabilità dei ghiacciai africani e del loro
veloce scioglimento a causa del cambiamento climatico.
Secondo quanto riferito da diversi scienziati africani, infatti, nel
giro di pochi decenni le masse glaciali del continente potrebbero scomparire.
Un allarme condiviso anche da esperti internazionali: “Le precipitazioni nevose sulle montagne del Rwuenzori sono diminuite del 60 per cento negli ultimi 100 anni”, spiega Claudio
Smiraglia, glaciologo dell’Università di Milano e collaboratore
del Comitato Ev-K2-Cnr.
“Gli esperti ugandesi - prosegue Smiraglia - prevedono la scomparsa totale dei massicci glaciali in Africa, nel giro di pochi
decenni. Questo comporterebbe un grave problema alle risorse
idriche africane, che hanno proprio nei ghiacciai una cruciale
fonte d’acqua”.
Il Comitato Ev-K2-Cnr studia già da tempo i problemi ambientali e climatici delle montagne africane. Tanto che, la scorsa primavera, in contemporanea al centesimo anniversario della
prima ascesa al Ruwenzori, ha installato una stazione meteorologica a 4.500 metri di quota, nei pressi di punta Margherita, la
vetta più alta del massiccio.
“Le notizie riportate dal Mountain Forum Africa non rappresentano una novità per noi - racconta sempre Smiraglia - E' noto,
da qualche anno, che i ghiacciai africani si stanno ritirando con
ritmi sempre più accelerati (si veda il bel volume di Kaser e
Olmaston, Tropical Glaciers, pubblicato nel 2002 dalla
Cambridge University Press- ndr) e che i modelli revisionali,
indicano tempi di sopravvivenza dei ghiacciai del Kilimangiaro,
del Ruwenzori e del Kenya limitati a pochi decenni”.
La speranza è che agli allarmi seguano azioni concrete per contrastare un fenomeno che potrebbe rilevarsi pericolosamente
significativo per tutto il continente africano e l’habitat naturale
dell’intera regione.
”E' in ogni caso positivo - prosegue Smiraglia - che ci sia una
presa di coscienza del problema a livello locale. E' altrettanto
noto che il regresso glaciale in Africa sia uno dei sintomi più
appariscenti dei mutamenti climatici in atto e della desertifica-
zione che si sta diffondendo”.
Ma quali sono le ragioni di questa repentina accelerazione dello
scioglimento delle masse glaciali? E soprattutto, si tratta di un
fenomeno irreversibile?
“Questo fenomeno non va attribuito solo a un incremento termico - spiega il glaciologo del Comitato Ev-K2-Cnr - ma anche
ad una riduzione delle precipitazioni e ad una riduzione della
copertura nuvolosa che permette un incremento della radiazione solare in arrivo sulla superficie terrestre”.
Secondo diversi studi, le regioni più colpite dell’Africa rischiano di diventare deserto in pochi anni. Con tutte le conseguenze
del caso: “Gli effetti del fenomeno, l'estinzione delle masse glaciali africane, date le loro dimensioni comunque limitate, creerebbe problemi di approvvigionamento idrico solo a livello locale. Sta tuttavia sicuramente cambiando il paesaggio delle alte
terre africane e il turista che cerca sulla scia di Hemingway le
nevi del Kilimangiaro resterà purtroppo deluso”, conclude
Smiraglia.
Alessandra Grassi
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dal parlamento
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Alemanno: questa Finanziaria non aiuta i territori montani
Gianni Alemanno
On. Alemanno, questa Finanziaria porta
cambiamenti positivi per la montagna?
Assolutamente no. Ritengo che si tratti di una
serie di misure frammentarie e di scarso impatto rispetto ad un sistema delicato come quello
della montagna. In realtà è necessario approvare una nuova legge quadro sulla montagna che
preveda sistemi decisi di sostegno delle economie locali, ma non legati alla fiscalità generale
dello stato, bensì a una serie di automatismi
basati sulla valorizzazione delle risorse che la
montagna dona a tutta la comunità nazionale,
in particolare acqua ed energia. Bisogna dunque stabilire una diretta relazione tra queste
risorse e la gestione del territorio che soltanto il
mantenimento in vita dell’economia e del lavoro in montagna possono garantire. In sintesi,
molto poco si può risolvere in Finanziaria se
non c'è una riforma strutturale che valorizzi
questi territori.
Il governo di cui faceva parte aveva preparato una Legge per la montagna.
Era una buona legge, ma non siamo mai riusciti a completarla con questo tipo di meccanismo
né a dargli lo spessore adeguato. Io sono disponibile ad un impegno bipartisan per dare
delle risposte alle esigenze della montagna.
Lavoriamoci insieme e facciamone il grande
obiettivo del Gruppo amici della montagna.
Così forse potremmo creare una bella legge,
solida, che nessuno potrà più smantellare.
Molti ritengono che questa Finanziaria inciderà sui consumi e di conseguenza sul turismo. Un danno per le montagne italiane?
Il problema è stato in larga parte superato con
l'abolizione della tassa di scopo che rischiava di
essere un duro colpo per l'economia in ogni
contesto territoriale. L'Italia dovrebbe in realtà
mettere in atto politiche di incentivazione per il
turismo, ma purtroppo il governo Prodi pensa
ad ostacolare questa attività con nuove tasse e
balzelli. Lo sviluppo di questi anni dell'agriturismo legato alle attività di montagna turistiche
e paesaggistiche dimostra che il turismo intrapreso in maniera adeguata può essere strumento di valorizzazione delle vastissime aree
coperte dalle nostre comunità montane.
Per promuovere il turismo in Svizzera
vogliono costruire una torre sul Piccolo
Cervino...
La cosa mi spaventa, ma prima di dare un giudizio vorrei capire bene di cosa si tratta. Se noi
guardiamo l'Aiguille de Midi, sul ghiacciaio
del Bianco, c'è una costruzione che a suo
tempo è stata un'opera molto ardita. E' lì, su un
picco che domina il ghiacciaio, ma è stata
costruita in maniera architettonicamente compatibile. Forse quando è stata fatta quella
costruzione hanno protestato, ma oggi fa parte
del panorama. Nessuno protesta e tutti ci
vanno. Bisognerebbe vedere la torre, perché in
assoluto non voglio escludere niente. Se c'è una
tensione artistica, se non c'è un meccanismo di
deturpamento, l'intervento può anche accrescere la ricchezza dell'ambiente: pensiamo ai
castelli in montagna, ai grandi borghi.
Lei è un appassionato di alpinismo. Ci tolga
una curiosità, qual è l'ultima via che ha scalato?
La Rebuffat all'Aiguille du Midi. Una via di
granito, classica, del Monte Bianco, Mi sono
anche fatto un po' male e poi mi sono fermato.
Nuovo governo
vecchi problemi
Lo Stato investa
nuove risorse
sulla montagna
Intervista esclusiva a Erminio Quartiani presidente
del Gruppo interparlamentare Amici della montagna
di SARA SOTTOCORNOLA
O
norevole Quartiani, la Finanziaria 2007 è
in dirittura d’arrivo. Quali misure contiene
a favore dela montagna?
Ci sono alcune misure che riguardano il Fondo ordinario per la montagna, che aumenta di 5 milioni di
euro segnando un'inversione di tendenza rispetto al
passato (si era ridotto a 20 milioni partendo cinque
anni fa da 61 milioni). Si tratta forse di pochi soldi ma
che vogliono dare un segnale significativo. Il testo,
comunque, conteneva già degli incentivi per il gasolio
e il riscaldamento in montagna: cose che il Gruppo
amici della montagna aveva sempre dovuto conquistare in aula, con iniziative emendative. Ci sono poi
circa 50 milioni di euro destinati ai piccoli comuni
associati anche nelle comunità montane, un aumento
della dotazione per il Cai e 1,5 milioni di euro per il
Soccorso Alpino in tre anni.
Queste misure aiuteranno le montagne italiane?
Sono piccoli passi avanti fatti grazie all'insistenza con
la quale il Gruppo amici della montagna svolge - indipendentemente dalla collocazione politica - la propria
attività al governo. E' importante, comunque, tener
presente che la finanziaria non è un treno a cui si
attaccano tutti i vagoni e non può essere il luogo dove
facciamo la riforma complessiva della legge sulla
montagna.
Volete rivedere la legge sulla montagna preparata
dal governo precedente?
Il Gruppo amici della montagna si sta impegnando
per avviare un lavoro parlamentare congiunto per un
testo di legge concordato al Senato, che dovrebbe
garantire l'avvio entro l'anno di un progetto di legge
che sia una revisione complessiva di quella dell'anno
scorso. La montagna non è solo una "questione"
nazionale ma anche una "risorsa" nazionale.
Quali sono i primi passi da fare?
E’ fondamentale ridefinire - in modo concorde a livello centrale (governo, parlamento) ma anche a livello
locale (regione, comuni) - una nuova classificazione
dei comuni montani. Non possiamo andare avanti con
un "indistinto" per il quale ci sono comuni che rice-
vono soldi dal Fondo per la montagna e
contemporaneamente magari dal Fondo
per la pesca marittima. Bisogna ridefinirli,
in una concezione di "montanità" nuova,
che identifichi la montagna non solo nella
montuosità del territorio ma anche nell'identità culturale.
E il secondo?
Il Fondo per la montagna dovrebbe essere
ridefinito in termini di risorse che dal centro vanno alla periferia e in termini di automatismi. Il fondo dovrebbe essere alimentato da una quota di risorse collegate all'uso del territorio: la montagna è ormai una
fonte di risorse che servono alla vita delle
altre aree. Bisogna riconoscerlo anche dal punto di
vista della fiscalità generale. Quindi il fondo dovrebbe, in parte, ridestinare le risorse da cui viene alimentato per realizzare le grandi opere, per l'uso dell'acqua
o per i boschi o le foreste, per il rilancio delle biomasse e delle energie rinnovabili che salvaguardano
l'ambiente.
Che cosa significa in soldoni?
Vuol dire che la montagna dev'essere abitata. Che lì
bisogna rilanciare l'industria ecosostenibile e l'agricoltura. E occorre che lo Stato investa nuove risorse,
rendendosi conto che in alcune realtà il mercato non
può arrivare. E dove non arriva quello, serve l’intervento dello Stato.
Vorrebbe, insomma, invertire il flusso che porta i
giovani verso le città...
Sì. Le montagne devono essere vissute in modo permamente. E questa possibilità dev'essere garantita da
un impegno forte dello Stato e dell'Europa attraverso
la destinazione di risorse che facciano tornare i giovani a vivere e lavorare in montagna, non solo a fini
puramente turistici ma soprattutto per l'interesse
nazionale.
La montagna è fonte di ricchezza per il paese?
In questi giorni le statistiche del Censis hanno provato che la montagna italiana ha implementato dello 0,8
% il Pil (dal 16.1 al 16.%): ciò significa che la montagna ha risorse in sé per poter crescere e far crescere
Erminio Quartiani durante un’escursione alpinistica sulla Marmolada
la nazione. Penso che la montagna possa dare molto,
anche dal punto di vista della realizzazione di grandi
opere viabilistiche, con la consapevolezza che uno
sviluppo dei trasporti potrebbe avere ricadute positive
sulle popolazioni montane, non solo dal punto di vista
economico ma anche della vivibilità e dell'ambiente.
E' inevitabile pensare alla Tav. Che peso hanno gli
ambientalisti sulle vostre scelte?
Non è tanto un problema di ambientalisti. Si tratta dell'impegno del nostro paese a realizzare ciò che è stato
concordato in sede europea, cominciando dal
Corridoio 5. Compatibilmente con le condizioni
ambientali e il consenso delle popolazioni, si tratta di
un'opera fondamentale che dovrà essere realizzata,
anche sul territorio montano.
La montagna ha dunque grandi potenzialità...
E’ una risorsa nazionale a disposizione di tutti. Una
montagna abitata, lavorata, vissuta. La salvaguardia di
boschi, pascoli, dell'agricoltura. Lo sfruttamento
sostenibile delle Alpi e degli Appennini. Sono tutte
condizioni che garantiscono in primo luogo la salute
anche delle aree di pianura (niente alluvioni, inondazioni, condizioni climatiche negative). E in secondo
luogo rappresentano un grande incentivo al turismo.
Come vede lo sviluppo turistico delle nostre montagne?
Sicuramente è una delle attività più importanti, che
deve andare oltre le realtà d'elite come Cortina o
Courmayeur. Ci dobbiamo occupare soprattutto di
"Cortesani", cioè di quel paese che Bepi De Marzi
dice essere "il luogo in cui si è fermato il tempo, è
sempre inverno, non torna più la primavera, non vive
più l'amore". Dobbiamo far tornare la vita in queste
realtà perché una montagna vissuta è una montagna
che serve al paese, che fa innamorare di nuovo gli italiani, che non è arretrata ma è a disposizione del paese
per un futuro a misura d'uomo.
Lei è un appassionato di montagna?
Certamente. Sono iscritto al Cai sin da quando ero
bambino, sono uno dei fondatori di una sezione del
mio paese (Melegnano), e canto in un coro di montagna. La mia canzone preferita è “Beni a ca’ la storia”
di Bepi De Marzi.
Qual è la montagna che ha nel cuore?
Le montagne che amo di più sono quelle che ho frequentato nella mia adolescenza, dove ho imparato a
fare alpinismo con le vecchie guide stampo anni
Cinquanta come mio padre: la Valmalenco, il Bernina
e l'Ortles-Cevedale. Anche se non disdegno le montagne della Val d'Aosta e del Piemonte.
Quali discipline alpinistiche pratica?
Amo moltissimo il misto, sono un normalista. Forse
dovrei dire "ero" un normalista, perché adesso sono
costretto a fare più Montecitorio che montagna vera.
Ma appena posso torno sui sentieri, cammino e qualche volta mi butto ancora a fare qualche cima.
Tav, tira e molla a caccia di finanziamenti Ue
"La decisione è stata presa: la Torino-Lione sarà realizzata". Lo ha confermato il mese scorso il ministro
delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, a margine del
vertice italo-francese che si è tenuto a Lucca.
"Abbiamo ribadito il nostro impegno - ha aggiunto
sempre Di Pietro - come del resto aveva già detto nella
scorsa estate il presidente Prodi in Parlamento: la
Torino-Lione è una priorità per il governo italiano"'.
Nell'incontro bilaterale con il suo collega francese, il
ministro delle infrastrutture italiano è poi arrivato a un
accordo per una richiesta comune di cofinanziamento
all'Unione Europea per la tratta di confine dell'alta
velocità ferroviaria.
Insomma, avanti Savoia: la Tav si farà. Ora, vai a farla
ingoiare ai residenti della Val di Susa e zone limitrofe.
Prodi tenta un'alchimia politica: "La Tav Torino-Lione
è fondamentale per la nostra economia - ha detto il
premier - ma deve avvenire con il maggior confronto
possibile".
Il presidente del Consiglio, ai microfoni della Rai, ha
precisato che: "intendiamo realizzare la Torino-Lione.
Da entrambi i paesi è ritenuta un legame fondamentale per il futuro delle nostre economie".
"L'Italia - ha assicurato Prodi - sta lavorando perché
questo possa avvenire con il dialogo con le popolazioni interessate come bisogna fare in questi casi. Io infatti ho voluto riprendere un dialogo serio e trasparente in
materia - ha sottolineato il professore -. Anche ieri c'è
stata una riunione in proposito e noi intendiamo adempiere a questo compito con il massimo dialogo possibile".
Ora, in Val di Susa proprio non ne vogliono sapere. E
allora ecco spuntare un percorso alternativo. La nuova
proposta viene del presidente della Regione Piemonte,
Mercedes Bresso: la linea ad alta velocità potrebbe
passare per un lungo tratto in Val Sangone per poi terminare in Val di Susa. Un’alternativa per salvare capra
e cavoli. Anche se il nodo del problema rimane.
Comunque, non si escludono difficoltà e proteste nei
confronti della proposta appena nata. Infatti, anche
partendo dalla Val Sangone, la linea ferroviaria
dovrebbe per forza passare, sebbene per un breve tratto, in Val di Susa, una zona in cui sono ancora molto
vive le correnti anti-Tav.
Gli scontri ideologici sulla questione sono lontani
dalla soluzione: da una parte il presidente della
Regione Piemonte Mercedes Bresso, Pininfarina, il
sindaco di Torino Sergio Chiamparino, il ministro Di
Pietro e il presidente torinese di Confindustria Tazzetti
considerano sempre di più la possibilità di concludere
il progetto. Le loro opinioni sono conformi a quelle
del governo, della Regione e della Provincia di Torino.
Anche perchè, all’orizzonte è spuntata la possibilità
che, con un colpo di mano , la Svizzera scippi il progetto all’Italia e faccia passare la discussa linea ferroviaria sul suo territorio.
Dall'altra parte però abbiamo le amministrazioni
comunali e i cittadini della Valle che non sono proprio
così propensi all'idea di vedere realizzato il temuto
progetto.
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il caso
Di Simine (Legambiente): la Cervinia di oggi sembra Disneyland
di ALBERTO CONFALONIERI
Il neopresidente di Legambiente Lombardia
Damiano di Simine, promotore della
Carovana delle Alpi
"Il Cervino non può diventare il parco dei divertimenti
delle Alpi, è un luogo con un importante valore simbolico e naturalistico che sta subendo aggressioni su più
fronti" ha dichiarato Damiano Di Simine, presidente di
Legambiente Lombardia, ai microfoni di Montagna.tv,
commentando la costruzione della torre-centro commerciale sul Piccolo Cervino, a 3.883 metri di quota.
"Premetto che non conosco i dettagli di tutta l'operazione, poichè si tratta di un progetto svizzero che riguarda
un territorio sul quale ufficialmente Legambiente non
può prendere posizioni. Ma questa mi sembra l'ennesima aggressione alla montagna”.
“Per quel che ne so - prosegue Di Simine - si tratta di
un'operazione di dimensioni gigantesche fatta in un
luogo che di aggressioni ne ha già subite abbastanza.
Penso alla funivia che arriva sulla vetta (nella foto), ma
forse la più grossa è sul versante italiano e si chiama
Cervinia. Sopra il paese, adesso, stanno addirittura
costruendo, per esempio, un gigantesco campo da golf".
"Danni in quel contesto sono già stati fatti in maniera
eccessiva - continua Di Simine -. Il turismo, che oggi
cerca nuove formule per continuare ad essere competitivo, soprattutto in Svizzera dove, secondo le ultime statistiche ministeriali, le presenze invernali sono stabili.
La Svizzera poi ha prezzi altissimi, è una destinazione
d'elite e questo la porta a fare degli sforzi straordinari
come il centro commerciale di Zermatt. Ma credo che
questa sia la direzione sbagliata.
Le Alpi sono un patrimonio strategico per la comunità
anche per quanto riguarda il contenimento degli inquinanti e la connettività degli ecosistemi. Più aumenta l'urbanizzazione delle aree attorno alle Alpi più emerge che
sono un'area di cui l'Europa non può fare a meno, proprio per la sua naturalità. La Convenzione delle Alpi,
oggi, è più attuale di quando è stata concepita, e deve
essere sicuramente rafforzata".
Di Simine promette l’intervento di Legambiente per il
prossimo futuro. "In tempo recente purtroppo non
abbiamo fatto manifestazioni su questo - ha detto il presidente di Legambiente Lombardia - ma sarà sicuramente un tema della Carovana delle alpi dell'anno prossimo".
Di Simine è diventato presidente di legambiente
Lombardia nel 2006, coronando una vita di impegno
per i temi della tutela del territorio e dei parchi naturali.
E' uno dei più affermati conoscitori dell'ambiente alpino, avendo ricoperto anche l'incarico di presidente della
Commissione Internazionale per la Protezione delle
Alpi (Cipra Italia).
Un progetto
che fa inorridire
ambientalisti e non
Svizzera: una
Torre Eiffel sul
Piccolo Cervino
La struttura “acchiappaturisti” sarà visibile anche
dall’Italia. Sarà dotata di centro shopping, ristorante e
albergo. Messner: meglio lassù che in luogo incontaminato
U
na piramide in vetro e acciaio alta 117 metri,
costruita in cima al Piccolo Cervino. Da cui si
potrà godere, attraverso una piattaforma panoramica, lo scenario mozzafiato delle Alpi. Facendo magari
shopping nel centro commerciale annesso. E' lo straordinario progetto che le autorità svizzere cominceranno a
realizzare, dai prossimi giorni, sopra Zermatt.
Sarà il punto panoramico più alto d’Europa (nella foto
simulazione fornita da www.zermatt.ch)raggiungibile da
chiunque in funivia, ossigeno permettendo. Da qui, dal
Matterhorn glacier paradise - questo il nome dell’area già
usufruibile da alpinisti e sciatori che ospiterà la struttura si potranno ammirare ben 38 quattromila delle Alpi.
Si tratta di un progetto faraonico che qualcuno ha già
soprannominato la "Tour Eiffel" della Svizzera. Per
ammirarla, gli italiani non dovranno andare oltreconfine.
Basterà andare sul Plateau di Cervinia per vedere quest'opera destinata a entrare nel Guinness dei primati.
In pratica, sulla vetta del Piccolo Cervino sarà costruita
una piramide in vetro e acciaio alta quasi 120 metri che
terminerà con una piattaforma panoramica a 4.000 metri
sul livello del mare. Nella piramide ci saranno ristoranti,
spazi multimediali, e successivamente anche un albergo.
Vista la rarefazione dell'ossigeno, per entrare in questa
sorta di universo chiuso gli ospiti dovranno passare in
camere di compensazione. Sulle pareti esterne della piramide ci saranno poi gli ascensori panoramici che la percorreranno fino a raggiungere la piattaforma finale, circondata da vetrate.
Grazie alla leggera inclinazione della costruzione, la piattaforma sembrerà quasi sospesa. Da qui si vedrà lo straordinario spettacolo delle Alpi. Ma sarà anche possibile
guardare - sotto i propri piedi attraverso un'altra piattaforma alla base - crepacci e ghiacciai.
L'idea della piramide è nata nel 2004 quando la società
Zermatt Bergbahnen ha bandito un concorso per la riorganizzazione del Matterhorn glacier paradise. Dei cinque
progetti presentati è stato scelto quello di Heinz Julen e
Ueli Lehmann.
La piramide sarà, secondo i costruttori, un altro punto di
forza della cittadina svizzera di Zermatt. Che si aggiunge
ai panorami mozzafiato sulle tre aree sciistiche che la circondano (Sunnega Rotorn; Klein Matterhorn e
Schwarzsee). E all'aria "più pura" delle Alpi, visto che da
quelle parti le auto non possono circolare.
Nel corso di questo autunno è previsto l’inizio dei lavori
per la costruzione dei ristoranti sul ghiacciaio, dei negozi,
degli alloggi per gli alpinisti e dell’accesso sotterraneo al
palazzo di Ghiaccio. Poi toccherà alla piramide vera e
propria.
Intanto fra gli amanti della montagna si è scatenata la
polemica soprattutto sul versante italiano. Mentre le organizzazioni ambientaliste faticano a raccapezzarsi, la posta
elettronica di montagna.tv è stata letteralmente tempestata di messaggi di protesta da parte dei lettori. I toni sono
piuttosto accesi. E la parola d’ordine che circola fra gli aficionados delle vette e frai i semplici appassionati della
montagna è: “boicottiamo questo scempio”.
In controtendenza, seppur con qualche riserva, invece
Reinhold Messner. “Meglio aggiungere una nuova
costruzione dove l'uomo è già intervenuto alterando la
natura, piuttosto che continuare a costruire nuovi impianti di risalita in luoghi ancora vergini" ha dichiarato il celebre alpinista in una recente intervista.
Qui Cervinia
Qui Zermatt
Zanetti: la torre?
Buona per attrarre i turisti
"Il progetto svizzero potrebbe anche essere una buona
carta per lo sviluppo turistico. Teniamo conto che stiamo
parlando di una zona compromessa, dove gli impianti di
risalita ci sono già". E' il commento dell'assessore al turismo di Cervinia Valtournanche Matteo Zanetti alla
costruzione di una torre panoramica sul Piccolo Cervino.
"Per ora del progetto conosco solo quello che è uscito sui
giornali - continua Zanetti -, non ho visto documentazione dettagliata, ma non mi sento di penalizzare eventuali
progetti che riguardano e potrebbero favorire entrambe le
località. Tantopiù che non ho sentito ancora nessuna protesta degli ambientalisti svizzeri".
"E' chiaro - spiega Zanetti - che se si parla di una torre di
200 metri, con un night o un centro commerciale all'interno, di primo acchito rimango basito. Ma se il progetto
risponde a regolamentazioni ambientali e in più favorisce
il turismo potrebbe anche andar bene".
Zanetti ricorda l'antico legame tra Cervinia e Zermatt
“Noi siamo per l'integrazione dei due comprensori e per
la valorizzazione del territorio. Mi sembra strano che gli
svizzeri, sempre molto attenti all'aspetto paesaggistico,
vogliano fare uno scempio delle montagne. Ribalterei la
domanda che tutti si fanno: è vero che sarà uno scempio
o, visti i precedenti, non lo sarà ?".
Zanett rispondendo alle provocazioni di Di Simine: "Mi
dispiace che il presidente di Legambiente citi Cervinia in
questi termini. In passato sono stati fatti molti errori. Ma
negli ultimi dieci o vent'anni la situazione è migliorata.
La vocazione di Cervinia è turistica, commerciale, non si
può pretendere che diventi un'oasi naturalistica”.
Una simulazione al computer della megastruttura che verrà costruita sulla vetta del Piccolo Cervino
Cipra Svizzera: il soldo conta più dell’ambiente
L’amara constatazione viene
dai rappresentanti elvetici
della Commissione internazionale per la protezione
delle Alpi, che confessano la
loro impotenza di fronte a
progetti come quello in atto
sul Piccolo Cervino
di PAOLA SANPIETRO
"Purtroppo anche in Svizzera è l'economia a
dettar legge, e l'ambiente ha poco valore. Ma
deturpare le montagne non è la soluzione per il
nostro sviluppo turistico". E' il duro commento
di Christine Neff, presidente della Cipra
Svizzera (Commissione Internazionale per la
Protezione delle Alpi), al progetto del comune
di Zermatt di costruire, a scopo turistico, un centro divertimenti sulla vetta del Piccolo Cervino
(3.883 metri). Un progetto che, in Italia, ha
suscitato grande clamore.
Signora Neff, qual è il suo parere sulla questione "Tour Eiffel sul Piccolo Cervino"?
All'inizio, quando abbiamo sentito di questo
progetto, pensavamo fosse uno scherzo. Ma
dobbiamo prenderlo sul serio: il comune di
Zermatt e anche le istituzioni turistiche sostengono questa idea con convinzione. Per noi è
assolutamente assurdo. Realizzarlo significherebbe perdere tutto il rispetto verso la natura e il
paesaggio. Sembra che la tecnologia debba servire a realizzare tutti i progetti, anche quelli
pazzi e inadatti all'ambiente.
E' così che ritiene il progetto di Zermatt?
Quella torre è il primo passo per creare un centro di divertimento sulla cima del Klein
Matterhorn (Piccolo Cervino), per creare un'infrastruttura complessa e intercambiabile che si
trova anche nelle zone urbane in Svizzera. Così
le particolarità e il carattere del paesaggio vengono distrutte. Davvero non riusciamo a capire
la strategia dei risponsabili del progetto che, con
questa idea, è come se vendessero tutto il capitale (paesaggio, natura) di Zermatt. Senza contare che non si sa se questo centro funzionerà
anche del punto di visto economico.
Come mai un progetto del genere è nato proprio in Svizzera, conosciuta in tutto il mondo
per la sua attenzione all'ambiente?
Le assicuro, noi che lavoriamo e abitiamo in
Svizzera non vediamo così positivamente il
ruolo della Svizzera nella protezione dell'ambiente. Oggi, nella politica, è dappertutto l'economia che conta. Paesaggio e natura non hanno
un gran valore. Lo dimostrano tutti i progetti
ideati nelle zone alpine: sono progetti per promuovere uno sviluppo turistico non sostenibile,
di grandi dimensioni, che crea tanto traffico,
distrugge zone protette, e via dicendo. D'altro
canto devo specificare che, nel caso di Zermatt,
non si può parlare di "Svizzera", perchè si tratta
del Cantone Vallese. I nostri cantoni hanno
ampia autonomia nella pianificazione regionale. Le decisioni dipendono quindi dalla politica
del cantone e dalle amministrazioni locali.
Secondo lei, è questa la miglior direttrice per
lo sviluppo turistico del vostro paese?
Come ho già accennato, per noi non è il modo
giusto per cercare di aumentare il turismo in
Svizzera. Siamo troppo piccoli per realizzare
tali progetti. Non possiamo costruire le stesse
cose che troviamo nelle zone urbane in cima
alle montagne. Secondo noi la gente cerca esperienze particolari per le proprie vacanze, come
ad esempio un panorama indisturbato, una vista
di montagne pure e incontaminate. Gli altri
divertimenti si possono trovare nella vita quotidiana. Si dovrebbero realizzare per lo più progetti che servono come modelli per uno sviluppo sostenibile delle Alpi.
La Cipra Svizzera sta facendo qualcosa per
questa situazione?
La Cipra non ha le risorse e gli strumenti per
intervenire: devono essere i diversi membri a
reagire. Queste organizzazioni possono intervenire anche a livello legale, se si trovano aspetti
contradittori.
VOCABOLARIO
Cipra è l’acronimo di Convenzione
internazionale per la Protezione delle
Alpi
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turismo invernale
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Ski pass, come orientarsi in una selva di offerte
Diciamolo con onestà: andare a sciare, non è roba da tutti.
Fare una settimana bianca, poi, lo è ancor di meno. Sì perchè
sciare comporta una spesa non indifferente, soprattutto per
famiglie consistenti. La situazione italiana è migliore rispetto agli altri paesi dell'arco alpino. Ma anche in Italia da quest'anno una giornata sui campi di sci è arrivata al fatidico
tetto dei 40 euro. Accade nel comprensorio Dolomiti
Superski. Dove il 00ticket omnicomprensivo costa 40 euro,
appunto. Si tratta di un aumento di un euro rispetto allo scorso anno. Ma tale da far scattare la percezione di una soglia
abbattuta.
Consoliamoci, pensando che le austriache St. Anton e
Sölden sono superiori di mezzo euro. Mentre a St. Moritz si
arriva a 44,33 euro, e Chamonix siamo a 46 euro.
Per ovviare al problema, i gestori degli impianti di risalita
hanno aumentato l'offerta dei listini, in modo che gli sciatori possano scegliere la formula più adatta alle loro esigenze
(sportive, familiari,o di budget).
Soluzioni miste che si aggiungono ad interessanti offerte,
sconti, agevolazioni e benefit come assicurazioni, skipass
con altri comprensori gemellati, talvolta oltreconfine. E' il
caso sempre di Dolomiti Superki che, per esempio, garantisce settimanali a metà prezzo a Vail (Stati Uniti), Bariloche
(Argentina), Queenstown (Nuova Zelanda). Forse un po'
troppo lontani per l'utente medio.
Una formula che sembra piacere molto è quella degli skipass
familiari. Ovvero, biglietto intero per un adulto, forti riduzioni o addirittura la gratuità per i bambini. E fino ai 12 anni
forti sconti in ogni valle. Insomma, si investe nel futuro del
turismo invernale.
Poi ci sono offerte del tutto particolari. Come quella della
Riserva Bianca di Limone Piemonte che ha introdotto lo
«Stagionale triennale finanziato» (c’è anche biennale). In
cosa consiste? Nell'acquisto di uno skipass annuale per le
prossime tre stagioni.Con questa formula si risparmia molto:
si pagano 1350 euro invece di 1890. Si è al riparo
dagli aumenti e la società capitalizza. Ma è ovvio che stiamo
parlando di prezzi e cadenze accessibili solo a persone piuttosto facoltose.
Infine, a Madesimo si sono inventati il ticket da 60, 90, 120
giorni. In pratica ministagionali. La frammentazione del
tempo è ancora più spinta In Friuli. Nei comprensori di
Piancavallo, Tarvisio,Ravascello-Zoncolan c’è lo skipass ad
ore: con validità solo giornaliera quelli da 2 a 5 ore. Mentre
quello da 30 ore ha durata stagionale. Il conto alla rovescia
scatta al primo passaggio al tornello.
A Madonna di Campiglio ci sono anche le tessere a
tempo. Ovvero 1, 2 o 3 ore a scelta nella giornata.
Costano meno rispetto al "mattutino" e al "pomeridiano
Insomma, tutte formule molte elastiche per venire
incontro ai portafogli più variegati.
STAZIONI
SCIISTICHE
Il nuovo impianto a fune,
che parte da Ponte di
Legno, è il più lungo
d’Italia. Consentirà di
raggiungere il Tonale in
meno di un quarto d’ora.
Investimento: 54 milioni
di euro
di RICCARDO SCARDOVA
C
on i suoi 5 chilometri nuovi di zecca è l’impianto di risalita più lungo d'Italia. Pronto per portare
migliaia di turisti in quota in meno di 15 minuti.
E’ stata inaugurata all’inizio di dicembre la cabinovia dei
record che collega Ponte di Legno (in Alta Val
Camonica) con il Passo del Tonale. La funivia parte dai
1260 metri del centro turistico bresciano per arrivare ai
1884 del Passo, con una stazione intermedia a 1600
metri.
Il tutto inizia da Ponte di Legno nei pressi degli impianti di risalita già esistenti, e arriva nel cuore della skiarea
del Passo Tonale, vicino alla seggiovia "Serodine" e di
fronte alla cabinovia Presena inaugurata non più tardi
dello scorso anno.
L’infrastruttura è un concentrato di tecnologia. Le cabine
accolgono 8 persone alla volta per una portata di circa
1.800 turisti l’ora.
La cabinovia è servita dalla lunga pista da discesa della
Val Sozzine. Partendo poi dalla Cima Presena per arrivare a Temù, gli appassionati potranno godere di una
discesa lunga ben undici chilometri.
Con questa cabinovia e gli impianti di risalita ultramoderni aperti negli anni scorsi, il comprensorio Adamello
Ski (che comprende la nuova skiarea di Temù con le sue
otto piste, e Ponte di Legno-Tonale) è oggi una delle più
ampie e affascinanti aree sciistiche d'Italia. Nella parte
bassa, le sue piste si snodano tra i boschi del Parco
dell'Adamello. Nella parte alta, invece, si sviluppano tra
le cime che incorniciano il ghiacciaio Presena, intorno ai
tremila metri di quota.
Il progetto - che in Val Camonica è già stato soprannominato il "grande sogno" - è il fiore all'occhiello del turismo invernale targato Regione Lombardia. Realizzato a
tempi di record (tre soli anni, rispettando i tempi di
costruzione previsti) l’intero impianto è costato 54 milioni di euro, di cui 20 ottenuti attraverso un fondo regionale. Il resto è stato finanziato grazie alla collaborazione
con i Comuni dell'Alta Valle, la Provincia di Brescia, la
Comunità montana di Valle Camonica e della Camera di
Commercio di Brescia.
“La nuova cabinovia proietta il comprensorio di
Adamello Ski nel gotha delle destinazioni turistiche a
livello italiano ed europeo” ha detto con soddisfazione il
direttore del consorzio, Francesco Bosco.
“Questo impianto - ha aggiunto Bosco - rappresenta una
grandissima opportunità per il turismo in Alta Valle
Al Passo del Tonale
la cabinovia dei record
Camonica, che già conta grande affluenza turistica italiana e straniera. Contiamo così di attrarre ancor più visitatori già da questa stagione".
Grande soddisfazione anche nelle parole del sindaco di
Temù Corrado Tomasi che intravede ottime prospettive
per il futuro e punta a ulteriori incrementi .“Lo sviluppo
turistico dell'Alta Valle Camonica - ha detto ai giornalisti - ora ha bisogno che si sviluppino altri tasselli oltre al
demanio sciabile. Bisogna puntare sulla valorizzazione
del territorio, promuovendo i prodotti locali, la filiera
bosco-legno. E poi sulla destagionalizzazione del turismo, recuperando i sentieri della Grande Guerra e sviluppando l'offerta per le mountain bike".
Case in montagna: 11mila euro al metro quadro a Madonna di Campiglio
Va a gonfie vele il mercato immobiliare nelle zone del
turismo invernale e non solo. Crescono le quotazioni
delle case in montagna. Secondo una recente indagine
dell’Ufficio studi di Tecnocasa, in gran parte delle
località sciistiche dell'arco alpino i prezzi delle case nel
primo semestre dell'anno scorso sono cresciuti del 3
per cento.
I migliori risultati si sono avuti in Valle d'Aosta (+3,8
per cento) e Trentino Alto Adige (+3,5). Mentre in
Piemonte, scemato l'effetto trainante delle Olimpiadi
invernali, si sono registrate alcune lievi flessioni rispet-
I PREZZI AL MQ
(appartamento nuovo signorile)
Bardonecchia
Sauze d'Oulx
Sestriere
Cervinia
Courmayeur
Gressoney
M.Campiglio
Pinzolo
Madesimo
Ponte di Legno
6000 euro
3500 euro
6000 euro
5000 euro
9500 euro
7000 euro
11000 euro
4600 euro
6500 euro
4500 euro
Fonte Tecnocasa
to alla stagione precedente.
Nella speciale classifica delle stazioni sciistiche più
esclusive per prezzi al metro quadro, in testa c'é
Madonna di Campiglio. Dove un appartamento nuovo
costa 11mila euro al metro quadrato. Prezzi molto alti
anche a Courmayeur dove un metro quadrato può
costare fino a 9.500 euro. Seguono Gressoney-Saint
Jean (7.000 euro al mq), Madesimo (6.500) e Sestriere
e Bardonecchia (6.000). Sempre stando all'indagine, le
tipologie di appartamente più ricercate sono i bilocali e
trilocali non oltre gli 80 metri quadrati.
Valle d’Aosta: vacanze sulle neve per tutti
Val d’Aosta, grande successo
del turismo nei rifugi
Nonostante l’apertura della stagione invernale sia
cominciata a rilento, un po ‘ su tutto l’arco alpino per
mancanza di neve, la Valle d'Aosta offre sempre opportunità uniche e adatte a tutti gli sciatori. Dalle famiglie
ai giovani, dagli sportivi agli amanti della tranquillità.
Se volete soggiornare a Gressoney Saint-Jean e LaTrinité, nella valle del Lys, le strutture alberghiere
accolgono il cliente, per una settimana, a partire da 840
euro. Per chi ama sciare, i prezzi degli skipass nel comprensorio 'Monterosa Ski' variano dai 182 euro per sei
giorni ai 201 per sette giorni. Per chi vuole approfondire le tecniche di sci, le lezioni impartite da maestri professionisti, costano 140 euro per sei giorni e 12 ore
complessive.
In altre due celebri località valdostane, Breuil-Cervinia
e Valtournenche, i prezzi degli skipass sono rispettivamente di 182 euro e 131 euro per sei giorni. Per gli
alberghi, la scelta è vasta. Si va dai 220 euro in hotel
due stelle per pernottamento e prima colazione, ai 2450
euro a notte per una suite in hotel quattro stelle Pila,
altra località rinomata per lo sci, offre soggiorni a partire da 180 euro, fino a raggiungere i 740 euro per per-
Buone notizie sul fronte del turismo estivo.
Sempre più turisti scelgono i rifugi alpini valdostani. Lo dimostrano i dati dell’accoglienza dell'estate 2006 nelle varie strutture, diffusi ieri
dall'Assessorato regionale del turismo. Oltre
62mila arrivi che segnano il miglior risultato
degli ultimi cinque anni.
L'assessore regionale al turismo, Ennio Pastoret,
si è detto molto soddisfatto delle cifre raggiunte. Un aumento del 4,26 per cento degli arrivi e
del 4,93 per cento delle presenze (68.880 unità),
sono risultati ottenuti anche grazie al buon esito
del progetto Interregionale "Una montagna di
rifugi".
L'iniziativa, che coinvolge Valle d'Aosta, Savoia
e Alta Savoia, consiste in un'attività di promozione per lo sviluppo dell'accoglienza in montagna. Numerosi rifugi propongono al turista
tante attività tra arrampicate, gite a cavallo,
musica e danze. Non resta che incrementare
l’offerta dei servizi e provare il bis con la prossima stagione estiva....
nottamento e prima colazione. Lo skipass per sei giorni costa 150 euro, fino al 21 gennaio. Per le lezioni di
sci, i maestri costano tra i 115 e i 155 euro.Spostandosi
nel comprensorio del Monte Bianco, a La Thuile, lo
ski-pass che garantisce la libera circolazione su tutti gli
impianti dell''Espace San Bernardo' (La Thuile e La
Rosiere, in Francia) costa 161 euro per sette giorni. Per
gli appassionati dello snowboard, cinque giorni di
lezioni collettive costano 140 euro. Le tariffe alberghiere, a La Thuile, spaziano dai 770 euro per la mezza pensione in hotel tre stelle, ai 240 della più economica
sistemazione con pernottamento e prima colazione in
hotel due stelle.
Courmayeur offre al cliente lo skipass internazionale
che consente di sciare due giorni negli altri comprensori della Valle d'Aosta, un giorno a Chamonix e un giorno a Flaine Grand Massif, al prezzo di 220 euro. I maestri di sci costano dai 165 ai 180 euro a seconda del
periodo. E per quanto riguarda le strutture alberghiere
c'è l'imbarazzo della scelta. Si va dai 196 euro per pernottamento e prima colazione, ai 1540 euro per la
mezza pensione in hotel quattro stelle.
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alpinismo
Da Polenza: la sfida al K2
fa bene all’alpinismo
LA SCHEDA
In passato Simone
Moro ha già salito il Broad
Peak nell’estate 2003, in poco
più di 24 ore. Tuttavia nessuno è mai riuscito a scalare la
montagna d’inverno, nonostante due tentativi nel
1987/88 e 2002/03.
Il K2 è considerato a livello
planetario il simbolo delle difficoltà e della bellezza delle
montagne. Nel 2003, Moro
ha interrotto il suo tentativo a
quota 7600 metri per le avverse condizioni meteo. Anche
in questo caso, nessun tentativo d’invernale è mai andato a
buon fine.
Agostino Da Polenza, è stato il primo italiano a raggiungere la vetta del K2 dallo spigolo nord, nel 1983.
Che ne pensa della spedizione di Simone Moro?
Beh, in ogni caso è una grande sfida. Il Broad e il K2
in invernale sono fra le imprese più difficili dell’alpinismo odierno. Le difficoltà tecniche e le condizioni ambientali, già estreme in stagione favorevole,
sul K2 rischiano di diventare mortali d’inverno. Una
sfida umana ma anche tecnologica sul filo di cresta.
Perchè ha detto "in ogni caso"?
Dico “in ogni caso” perché tra quello che si annuncia
e quello che si vuol fare, e si riesce poi a fare, passa
la differenza tra “peracottai” e sportivi seri.
L’annuncio di Simone è serio, prudente, attento.
Certo il gioco d’effetto c’è tutto, ma credo che così
vada bene, sia onesto.
Lei è uno l'unico al mondo ad aver resistito per
una notte in vetta. Il K2 non è "roba" da tutti i
giorni. Soprattutto in invernale...
Le possibilità di raggiungere la vetta si contano sulle
dita di una mano, ma qualcuno che pensa a un azzardo simile ci vuole. Qualcuno che osa sfidare il conformismo alpinistico delle vie normali con ossigeno
ci voleva da un pezzo. E questo va ad onore di
Simone, dell’intelligente capacità d’inventare
comunque obiettivi forti e nuovi anche se antichi
come un’invernale al K2, di creare pathos.
Quanto c'è di mediatico in questo tentativo?
Qualcuno dirà che si tratta del solito annuncio sbruffone, lo specchietto delle allodole per giornalisti e
sponsor. Forse, ma ci vuole coraggio anche solo a
pensarlo il K2 d’inverno. Ci vuole coraggio a incamminarsi verso campo base, a mettere mani e piedi su
quella montagna d’inverno.
Immagino che le condizioni siano, se possibile,
ancor più proibitive...
E' una montagna terribilmente gelida e “ventata”,
come hanno testimoniato i russi che lì si sono avventurati in quella stagione. Già questo annuncio, con
l’umiltà che il caso richiede e che Simone ha espresso, è una provocazione propulsiva per l’alpinismo. Se
poi gli servirà per trovare sponsor ne sono proprio
contento perché le idee, le sfide, i nuovi eroi, il
coraggio e gli sponsor sono proprio gli ingredienti di
cui l’alpinismo ha bisogno.
Simone Moro
A un passo
dalla storia
L’alpinista va a
caccia di un’impresa
senza precedenti.
Pochi hanno tentato
e nessuno è mai
riuscito a scalare le
due montagne del
Pakistan in condizioni
invernali: troppo alti
i rischi.
Simone Moro, invernale al Broad Peak e K2
di S.SOTTOCORNOLA
"I
n un'invernale
tutto si amplifica
all'ennesima
potenza. Infernali tempeste di neve, venti a 200
chilometri orari, temperature a 40 gradi sottozero". Così Simone Moro
parla della sua “The
North face Baltoro winter expedition”. E’ partito la vigilia di Natale,
diretto verso Broad Peak
e K2. E sarà da solo.
Scalare un ottomila in
invernale è una sfida che
non ha paragoni. Non ci
sono spit, gradi, traversate o nuove vie che tengano. Le condizioni generali in cui viene fatta
chiedono un livello di
resistenza, tecnica, preparazione e volontà che
supera il limite umano
nel 95% dei casi. Tant'è
che dei 14 ottomila della
Terra, solo 8 sono stati
saliti d’inverno, tra il
1980 e il 1988. Le firme
di queste scalate sono
quasi tutte polacche.
Tranne una, ancora
Simone Moro sullo
Shisha Pangma, il 14
gennaio 2005 insieme al
Polacco Piotr Morawski.
Ma per capire meglio
quale sia il gelido e terribile significato di quelle
che per noi sono solo
parole, ma che per
Simone Moro tra qualche giorno saranno realtà, abbiamo chiesto direttamente al protagonista
di spiegare che cosa vuol
dire.
Moro, cosa significa
affrontare un'invernale
sugli ottomila?
Basti dire che allo Shisha
la temperatura più alta
era di 17 gradi sottozero.
Tre settimane fa, dal
Karakorum mi sono arrivate notizie che a 6000
metri c'erano -39 gradi.
"Invernale" significa che
tutto si amplifica all'ennesima potenza, e che le
antenne non le devi alzare solo durante la scalata
ma devi sempre soffrire.
Operazioni semplici,
come l'igiene personale,
la preparazione del materiale, diventano complicatissime. Hai sempre,
sempre i guanti. E magari le moffole, non quelli
con le 5 dita, anche al
campo base, dove in
estate si gira anche in
maglietta. Preparare da
mangiare non è semplice, i corsi d'acqua sono
ghiacciati e devi spaccare e sciogliere neve e
ghiaccio. In alta quota
servono i fornelli a benzina. Veramente un altro
pianeta.
Che condizioni troverà
lassù?
D'inverno c'è un vento
che fa paura, che abbassa
ancor di più le temperature percepite. Un vento
che va tranquillamente
oltre i cento chilometri
orari e che, quando c'è
tempesta, arriva anche a
duecento all'ora. E quand'è così sulla montagna
non resiste niente e nessuno, i campi vengono
distrutti. Il Karakorum,
poi, è ancora più freddo
dell'Himalaya, ecco perchè i 5 ottomila non sono
ancora stati saliti nonostante vari tentativi di
gruppi tra i più forti alpinisti. La differenza è
come scalare un ottomila
con o senza ossigeno,
molto più difficile.
I giorni sono più corti?
Sì, ci sono meno ore di
luce quindi la fase attiva
è ridotta ad uno spazio di
tempo minore. Non si
può partire a mezzanotte
dal campo, bisogna farlo
quando il sole è arrivato
se no crepi di freddo,
solo che così ovviamente
devi salire più veloce.
Un vero inferno. Perchè
continua a scegliere le
invernali?
E' l'unico gioco leale
rimasto nell'himalaysmo,
oggi, accanto all'apertura
di vie nuove. Una solitaria come questa è quasi
impossibile, una vera
sfida. In altre stagioni le
solitarie sono improponibili perchè ci sono
sempre altre spedizioni,
d'inverno invece non si
bara. Non c'è nessuno
che t'aiuta, nessuno che ti
fa la traccia, nessuno che
ha già montato campi
alti, nessuno con cui
dividere gli sforzi. E' difficile ma è così che io
vedo l'alpinismo.Ogni
volta che entro in queste
invernali rivivo l'alpinismo che sognavo e ritrovo l'himalaya di cinquanta, cento, mille anni fa,
correndo gli stessi rischi
dei primi esploratori.
Non mi interessa fare
collezioni di montagne
come di francobolli. Ho
poche possibilità, mi
costa molti soldi, ma
sono i miei e sono su una
montagna che vivo come
dico io. Che non "imbragano" gli altri.
Qual è il suo stato d’animo alla vigilia di una
spedizione così importante e rischiosa?
E' una delle rarissime
volte che sono poco nervoso, poco teso. Mi
sento lucido e consapevole,
probabilmente
anche per la meticolosa
preparazione - atletica e
psicologica - che ho
affrontato negli ultimi sei
mesi. Per dare un parametro, facevo 140 km di
corsa alla settimana e
continui allenamenti di
arrampicata. Forse, è
anche perchè ormai ho
fatto 7 spedizioni invernali tra le Ande e
l'Himalaya e so cosa
aspettarmi. So quanto
siano basse le possibilità
di riuscita e le affronterò
in maniera sportiva. Il
Broad Peak è una montagna difficile, ma perlo-
Alex Busca
meno a differenza
dei Gasherbrum non
dovrebbero esserci troppe insidie legate a crepacci o seracchi che ti
vengono in testa, che
sono le cose che mi
fanno più paura.
Sarà solo?
Con me ci sarà un pakistano che si occuperà di
girare delle immagini e
scattare fotografie. La
ritengo una cosa importante perchè non c'è
quasi nulla in letteratura
che racconta le invernali
con libri o film. Avevo
chiesto a 5-6 fotografi e
registi, anche polacchi,
di accompagnarmi, ma
quando realizzavano ciò
che significava questo
viaggio, rinunciavano. E
così ho ingaggiato un
pakistano: è un alpinista
molto in gamba, ha già
salito tutti e 5 gli ottomila del Pakistan e, ci tengo
a sottolinearlo, non sarà
un portatore d'alta quota
ma un compagno di cordata che si occuperà
delle immagini. Mi
seguirà fin dove vorrà,
fin dove decideremo
insieme.
Quante sono le possibilità di portare a termine quest’impresa?
Direi il 10 per cento. Di
riuscire solo sul Broad,
invece, intorno al 20 per
cento. Tutto dipenderà
dalle condizioni meteorologiche.
Com'è il programma
dei primi giorni di viag-
gio? Partirò la Vigilia, e
farò Natale in cielo. Oggi
come oggi, però, non so
ancora come arrivare al
base. Avevo mandato su
del materiale quando le
condizioni erano migliori, ma si è fermato ad
Urdukas a 3 giorni di
cammino dal base. Ora
vedrò, se trovo dei portatori attrezzati salirò con
loro, altrimenti valuterò
il noleggio di un elicottero dell'esercito. In quel
caso dovrò risolvere il
problema dell'acclimatamento; non è escluso che
vada a trovare gli amici
polacchi al Nanga
Parbat.
Cosa pensa delle nomination al Piolet d'Or
2006?
Secondo me sono meritevoli. Riguardo l'assenza dell'alpinismo italiano, non penso che "faccia ridere" come ho letto
su qualche blog (mi piacerebbe ricordare a chi
scrive queste cose quello
che ho vissuto e quello
che si vive, in generale,
in alta quota). Ma è un
alpinismo che va "in
fila", che sta dietro. Con
o senza portatori o ossigeno, si tratta sempre di
vie normali che non
meritano spazio come
"salite storiche". Io forse
avrei potuto sperarci se
avessi realizzato la traversata senza ossigeno.
In passato avrebbero
potuto valere la nomination la mia invernale
Shisha Pangma o la via
nuova al Baruntse, con
cui ho vinto il campionato d'alpinismo in Russia,
da dove provengono i
nominati di quest'anno.
La sua sfida è stata
definita "una delle più
difficili e audaci degli
ultimi
trent’anni".
Basterà per finire nelle
nomination del Piolet
d'Or?
Forse, anche riuscendo
nell'invernale, non mi
inserirebbero, semplicemente perchè si tratta di
un premio francese. Ma
non importa, non vado
mica al Broad Peak per
quello, anche se non
nascondo che un giorno
mi piacerebbe rientrare
nelle nomination...
Grand Jorasses: 3 nuove vie per l’esercito
Panzeri lascia i Ragni
Tre nuove vie di arrampicata per il Gruppo di alta montagna degli Alpini di Aosta
su un pilastro di granito di 3.466 metri, tra i ghiacciai delle Grandes Jorasses. Il
capolavoro è dei valdostani Alex Busca e Marco Farina. Le vie si snodano su un
pilastro a sinistra della Tour des Jorasses. Le prime due hanno uno sviluppo di 350
metri: si chiamano Vecchio Jim (difficoltà fino al 7a+) e Horizon Vertical (6c).
"Abbiamo aperto entrambe le vie dal basso in tre giorni totali di parete - spiega il
maresciallo degli Alpini Busca -, la chiodatura è a vista; sulle placche più difficili,
dove c'è da proteggersi, abbiamo usato friend e nuts. Le soste sono a spit con due
anelli di calata". La terza via, I-Nery, è più recente ed ha uno sviluppo di circa 430
metri e difficoltà 6b+. La punta raggiunta è stata battezzata dai due alpinisti "Punta
Massimo", in ricordo del fratello di Marco Farina, alpinista dell'esercito scomparso a soli 24 anni su una cascata di ghiaccio in Val di Rhemes.
"Le mie dimissioni dai Ragni di Lecco sono state
accettate nei giorni scorsi. Ne prendo atto. La mia
attività alpinistica continuerà come prima". Così
Mario Panzeri, uno dei migliori himalaysti italiani, ha
messo fine al suo rapporto con il gruppo alpinistico
lecchese. Un addio amaro. Panzeri ha rasseganto le
dimissioni dai Ragni al rientro dalla trascorsa stagione alpinistica, durante la quale ha inanellato due
splendidi successi sul Makalu (8.473 m) e sul
Gasherbrum II (8.035 m).Dietro la scelta, l'insoddisfazione dell'alpinista rispetto al supporto del gruppo
alle attività alpinistiche.
E Mondinelli fa 13 sull’Annapurna
In una splendida mattina di ottobre Silvio
"Gnaro" Mondinelli ha portato a termini
un’altra grande impresa raggiungendo la
vetta del suo tredicesimo ottomila sugli
8.091 metri del terribile Annapurna. Erano
circa le otto del mattino (ora italiana) del 12
ottobre quando il "Gnaro" ha toccato il cielo
con un dito - è il caso di dirlo - poi ha cominciato la discesa.
Un paio d’ore più tardi è toccato a Marco
Confortola e Marco Camandona arrivare
sulla cima.
Mondinelli è giunto sulla vetta della montagna, come sempre senza ossigeno, alle 11.30
nepalesi, insieme allo Sherpa Phemba.
Partendo dai 6.600 metri di campo III e
salendo dal tracciato individuato nei giorni
scorsi, ha percorso la cresta sommitale del
massiccio dell'Annapurna, toccando la cima
principale e le cime minori. Il tempo è bello
e la bufera di vento che ieri sembrava minacciare il successo della spedizione, è fortunatamente calato.
"Ho iniziato a scendere perchè il pendio è in
condizioni pessime - racconta Mondinelli
dalla cima - e non è attrezzato nè con le
corde nè con i fittoni. E' tutto un crepo, un
seracco: devo riuscire a tornare a campo III
con la luce del giorno".
Confortola e Camandona sono rimasti indietro poco dopo la partenza per la cima, avvenuta all'una di questa notte. Nel momento in
cui Mondinelli raggiungeva la cima, si trovavano a circa due ore di distanza.
Aggiornamenti sono attesi nelle prossime
ore.
E intanto, in redazione piovevano messaggi
di complimenti per Mondinelli. Tra i tanti,
un bellissimo saluto dell'alpinista Mario
Merelli, che da Lizzola scriveva, con il cuore
in mano: "Complimenti, amico mio. O,
come si dice in bergamasco: braooo!!".
Per l’alpinista originario di Gardone
Valtrompia (in provincia Brescia) e trapiantato ad Alagna Valsesia (Verbania) i tratta del
13esimo ottomila in carriera. Ora manca
solo il Broad Peak. E in preparazione la spedizione per la prossima primavera.
Gnaro in vetta all’Annapurna