Una stazione meteo a 8000 metri d`altezza - SOGEST
Transcript
Una stazione meteo a 8000 metri d`altezza - SOGEST
MN3 News.qxd 30-01-2007 17:34 Pagina 1 diario Benoit Chamoux, il retaggio di un mito montagnanews DI PAOLO Benoit Chamoux è stato il più grande himalaysta francese. Saliva in solitaria, con record di velocità. Scomparve tra le nevi del Kanchenjunga nel 1995, a 34 anni e a pochi metri dal suo quattordicesimo ottomila. In sua memoria è stata creata una Fondazione che si occupa dell'educazione scolastica di bimbi Sherpa che hanno perso il padre sulle montagne. Oggi, la Fondazione che porta il suo nome compie dieci anni. Ai festeggiamenti di Chamonix c’erano i fondatori Fabienne Chamoux e Agostino Da Polenza, rispettivamente moglie e inseparabile compagno di cordata di Benoit. C’era Ang Rita Sherpa, una delle più alte autorità nepalesi in fatto di GENNAIO 2007 Detto fra noi La torre sul Piccolo Cervino? Una formidabile provocazione di AGOSTINO DA POLENZA Una formidabile provocazione. Come non si era mai vista nella storia delle montagne e del loro sviluppo più o meno sostenibile. Trent’anni di dibattiti, workshop, conferenze; decine di accordi bi e multilaterali, di memorandum; la Convenzione delle Alpi e tonnellate di carta, fiumi di parole che la “bibbia” dei montanari politically correct hanno suscitato: tutto sembra finire in un’enorme cestino della spazzatura. Tanto per usare un esempio in tema, è come se gli svizzeri ci avessero infilati dritto su una lama di ghiaccio lungo la quale procedere, con attorno l’infinito blu del cielo (quante volte ci è capitato) e sotto, da una parte e dall’altra l’orrido abisso. Sì, sto parlando della “Tour Eiffel della Svizzera”, ovviamente. L’idea - ma è già qualcosa di concreto che assomiglia a molto più che un progetto - è quella di realizzare, a scopo turistico, una torre alta 117 metri e di piazzarla, bella bella, sulla vetta del Piccolo Cervino. Se lo avessero proposto quei “bru bru” della Valtellina, ma persino quei “mangiafontina” di valdostani, vi immaginate le reazioni? Apriti cielo. Ma qui sono gli svizzeri, quelli che la montagna è loro. Non solo fisicamente ma da sempre culturalmente. La diplomazia internazionale attorno al mondo delle alte quote è una prerogativa svizzera, le loro università si occupano di soldi, cioccolato, orologi e montagne a tempo pieno. Ogni atto politico e legislativo svizzero è impregnato di montagna e, da vent’anni, di ambiente, salvaguardia, sviluppo, valorizzazione, tutto condito con l’aggettivo: sostenibile. A Zermatt mica ci vai in auto , siamo matti, per pagare 1000 franchi svizzeri a notte, perché gli euri non sono proprio così graditi (più delle vecchie lire comunque), ci vai in carrozza trainata dal cavallo. No, lì è tutto (almeno all’apparenza) ordinato ed ecologico. C’è rispetto, ci dicono, per la natura e l’ambiente, anche se qualche volta ci è venuto il dubbio che forse ce n’era anche per il business che, legittimo lo è ancor più se fa anche gli interessi della natura e della cultura , nel caso, alpini. L’icona della montagna buona e pulita ora però ci sbatte in faccia una torre d’acciaio di 117 metri. Ci vengono i dubbi. Non sarà come la mucca del Milka, che certo è viola ed esteticamente poco ecologica, ma il latte lo fa bianco e il cioccolato è buono? Ma una “mucca” di un centinaio di metri che si affaccia sui ghiacciai del Matterhorn (a me piace di più Cervino), è inquietante. Se è una burla, significa che i “cambiamenti globali” sono per davvero preoccupanti se sono riusciti a far diventare così spiritosi gli svizzeri. (segue a pagina 2) tutte le notizie della montagna le trovi su PINGITORE cooperazione, che si occupa dei progetti della Fondazione seguendoli di persona in Nepal. C’era anche una leggenda dell'alpinismo: Kurt Dimberger primo alpinista vivente a vantare due prime ascensioni assolute su ottomila, ed esperto assoluto di cultura di montagna. Tutto il ricavato della serata è stato devoluto all'attività della Fondazione, che dal 1996 ad oggi mantiene agli studi 21 bambini Sherpa. I ragazzi sono seguiti singolarmente con attenzione, sia a distanza sia con incontri e visite in loco. L'idea è nata in ricordo del legame che ha sempre unito Benoit Chamoux alle genti dell'Himalaya, dove ha passato tanta parte della sua vita e dove, alla fine, l'ha lasciata. i portali internet della montagna www.montagna.org direttore responsabile Wainer Preda Il Comitato Ev-K2-Cnr la installerà al Colle Sud dell’Everest nella tarda primavera. E’ la più alta mai realizzata Una stazione meteo a 8000 metri d’altezza di WAINER PREDA in questo numero Interviste Simone Moro Erminio Quartiani Gianni Alemanno L a data giusta sarà intorno alla fine di maggio. Quando il jet stream invernale avrà placato il suo soffio impetuoso e il monsone sarà ancora di là da venire. Allora toccherà a Silvio Gnaro Mondinelli, uno degli alpinisti italiani più famosi, salire agli 8000 metri del Colle sud dell’Everest e piazzare lassù una preziosa centralina meteorologica, che sarà la più alta mai realizzata sul suolo terrestre. E’ un progetto ambizioso quello che il Comitato Ev-K2-Cnr intende realizzare la prossima primavera. Mettendo in campo tutta l’esperienza accumulata in questi anni di scienza e alpinismo, il Comitato italiano spingerà ancora più in là il limite delle rilevazioni scientifiche effettuate sulle catene montuose più alte del mondo. L’annuncio della nuova sfida è stato dato dal presidente del Comitato EvK2-Cnr Agostino Da Polenza a margine della mostra fotografica sulla ricerca scientifica in alta quota, che si è tenuta il mese scorso al Palamonti di Bergamo. Le prove dell’apparecchiatura, che sarà pronta per i primi mesi del 2007, si terranno sulle Alpi, probabilmente a Capanna Margherita o dalla parti del Monte Rosa. Ma a cosa serve la nuova stazione di rilevamento a 8000 metri? A misurare direttamente sul campo i dati che finora sono stati solo dedotti attraverso calcoli probabilistici e osservazioni incrociate che, per quanto affidabili, non rappresentavano comunque le cifre reali. La stazione installata sull’Everest registrerà i parametri meteorologici standard: temperatura, umidità, pressione, radiazione solare, intensità e direzione del vento. Dovrà essere talmente affidabile da superare le terribili bufere a oltre 200 chilometri orari che schiaffeggiano le pareti della montagna più alta delle Terra in pieno inverno. I dati raccolti verranno trasmessi in tempo reale ad un altro gioiello della tecnologia italiana: la Piramide dell’Everest che si trova circa 3000 metri più in basso ed è anch’essa gestita dal Comitato Ev-K2-Cnr. www.montagna.tv alle pagine 5, 8 Scienza Crutzen buco dell’ozono chiuso nel 2050 a pagina 4 Turismo Passo Tonale la cabinovia dei record a pagina 7 Alpinismo Mondinelli fa tredici: Ottomila L’Everest (a sinistra) e il Lhotse, (a destra), nel mezzo la sella del Colle sud: qui verrà installata la stazione meteo italiana a pagina 8 Napolitano: l’Italia deve guardare a Oriente Alla Giornata dell’Asia e Pacifico, il presidente della Repubblica, in accordo con D’Alema, traccia la rotta della politica estera "Dobbiamo confrontarci con le sfide che vengono dall'Oriente, senza rinunciare ai nostri valori, ma senza vecchie presunzioni e devianti e paralizzanti timori". E’ il messaggio lanciato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla “Giornata dell'Asia e Pacifico” tenutasi il mese scorso a Palazzo Madama (Roma). Un messaggio in linea con l'impegno del ministro degli Esteri Massimo D'Alema per un rafforzamento delle relazioni fra l’Italia e quest’area del mondo. "Questo impegno - ha detto sempre il presidente della Repubblica - non deve essere solo l'impegno di un governo, ma l'impegno permanente e di lungo periodo cui è chiamata l'Italia nel suo complesso. Non possono esservi a questo proposito contrapposizioni di parte". Insomma, il nostro paese deve guardare sempre più all’Asia. Sia dal punto di visto commerciale, sia da quello della cooperazione allo sviluppo. Alla Giornata dell’Asia e del Pacifico sono stati invitati a partecipare anche Agostino Da Polenza, presidente dell’Associazione Comitato Ev-K2-Cnr e Valerio Pietrangelo, coordinatore del progetto Karakorum Trust. Da ormai vent’anni il Comitato Ev-K2-Cnr gioca un ruolo di primo piano nella ricerca scientifica e nella cooperazione allo sviluppo nel panorama asiatico. Il Comitato è presente con diversi pro- L’eccellenza Ev-K -Cnr sbarca all’Onu 2 Dal 30 aprile all'11 maggio 2007 il Palazzo di Vetro dell’Onu ospiterà la 15esima riunione della Commissione sullo sviluppo sostenibile. Le aree tematiche saranno l'energia per lo sviluppo sostenibile, lo sviluppo industriale, l'inquinamento dell'aria e dell'atmosfera e il cambiamento climatico. Argomenti che rientrano nella sfera di competenza del Comitato Ev-K2Cnr, che per l'occasione ha deciso di prendere parte alla riunione di New York, proponendo un “side event” che descriva le peculiarità del suo “sistema d'eccellenza”. Il cammino del Comitato Ev-K2-Cnr verso la realizzazione del “sistema d'eccellenza” ha inizio da alcune considerazioni innovative sul mondo della montagna: la passione per l'alta quota, per la sfida, per l'ambiente hanno fatto sì che non ci si fermasse a un approccio superficiale. Ma conoscendo a fondo questa realtà e comprendendone il potenziale si è andati oltre, si è deciso di affrontare la sfida. Le montagne sono le testimoni più antiche e ricche: il Comitato Ev-K2-Cnr ne ha fatto un prezioso bacino da cui attingere informazioni nel campo delle scienze della Terra, ambiente, medicina e fisiologia, scienze antropologiche, tecnologie ecoefficienti e sistemi di gestione ambientale. Da oltre 20 anni, con la sua presenza costante e attenta in Hindu Kush, Karakorum, Himalaya, Nepal, Pakistan, Cina, India e Bhutan, il Comitato Ev-K2-Cnr è diventato sinonimo di ricerca scientifica ad alta quota, distinguendosi per la specificità dei risultati conseguiti nel panorama internazionale. Il forte legame con il territorio e le popolazioni, la conoscenza profonda delle realtà e delle necessità di queste terre, e l'efficace e attenta competenza scientifica, hanno fatto sì che, quasi per un processo naturalmente osmotico, il Comitato Ev-K2-Cnr utilizzasse le sue competenze, i suoi strumenti e la sua metodologia, nel campo della cooperazione. Una cooperazione che, senza mai prescindere dal connubio tra la ricerca scientifica e le potenzialità locali, ha come obbiettivo lo sviluppo sostenibile delle zone interessate. Una cooperazione consapevole, forte di una competenza unica e di altissimo livello. Vivendo e interagendo in queste realtà, in maniera sempre più cosciente, grazie a un approccio sistemico, che parte dall'osservazione e dall'analisi puntuale dei territori e delle popolazioni locali e forte anche di alcune considerazioni promosse durante l'Anno internazionale delle Montagne (2002) e il Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg, dello stesso anno, il Comitato Ev-K2-Cnr ha compreso la valenza e la forza di questo suo nuovo e unico modo di fare cooperazione, che ha nella ricerca scientifica il suo presupposto d'essere. Partendo dalla valutazione di alcuni dei problemi ambientali di questo millennio (cambiamenti climati- getti nelle zone dell’ Hindu Kush, del Karakorum, dell’Himalaya, in Nepal, Pakistan, Cina (Regione Autonoma del Tibet), India e Bhutan. L’impegno del Comitato Ev-K2-Cnr in queste zone ha assunto una valenza che ormai va oltre la ricerca scientifica, legandosi ancor più saldamente a questi territori grazie alle sue attività di cooperazione. Karakorum Trust è appunto un esempio emblematico di come la ricerca e la conoscenza possano essere la base di interventi innovativi a favore dello sviluppo. Un nuovo modo di fare cooperazione. Sinergie di forze, interdisciplinarietà, lavoro di squadra che coinvolge vari soggetti, dal pubblico al privato andando oltre i confini: è quanto il Comitato Ev-K2-Cnr mette in campo nelle sue attività nel contesto asiatico. Ed è quanto il ministro D’Alema, con il suo intervento ha affermato. Sostenendo che “il multilateralismo non si deve inten- ci, inquinamento, energia, sviluppo industriale) si è passati, nell'ambito della cooperazione, da un approccio classico di tipo verticale a uno di tipo trasversale e integrato, da un approccio di tipo assistenzialistico ad uno di tipo sistemico che racchiudesse alcune caratteristiche fondamentali: multidisciplinarità, specializzazione, eccellenza nelle aree di competenza, partnership, senza mai prescindere dal contesto socio-geografico. Il Comitato Ev-K2-Cnr non si è fermato qui, ma è andato oltre, comprendendo che un'ulteriore garanzia di successo e di sostenibilità duratura sarebbe stata fornita dallo sviluppo economico e dalla creazione di competenze imprenditoriali locali. Singole iniziative mirate, ma inserite nel quadro dei progetti di cooperazione, sono state concepite nell'ottica di creare competenze gestionali e promuovere iniziative commerciali durevoli, destinate a trasformarsi in stabili fonti di produzione e ricchezza locale. Anche dopo questo passo, il ruolo della scienza non è diventato meno importante: iniziative commerciali più sicure e oculate possono infatti essere determinate solo da studi scientifici autorevoli e approfonditi. La ricchezza prodotta dalle attività imprenditoriali, infine, può essere reinvestita nella ricerca scientifica, creando un circolo virtuoso garanzia di sostenibilità e vero sviluppo in aree finora caratterizzate da estrema povertà. dere come fine in sé, ma come uno strumento per affrontare in maniera tempestiva ed efficace le grandi questioni globali, dalle sfide della sicurezza a quelle dello sviluppo economico, dalla salvaguardia dell'ambiente alla lotta contro le pandemie, da cui dipende il futuro del nostro pianeta”. Questo messaggio diventa ancora più incisivo pensando alla presenza dell’Italia nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per i prossimi due anni. Le parole del Presidente Napolitano mettono in evidenza come l’apertura a quest'area però, non può essere limitata al piano esclusivamente economico e tecnologico. "Si sbaglierebbe a non dare il giusto peso all'esigenza di un pieno riconoscimento dei paesi di questa fondamentale regione come protagonisti della politica internazionale, come attori di prima grandezza delle relazioni fra gli Stati del mondo". Sound’s seeds, musica dall’Himalaya Una straordinaria collana di musica etnica registrata direttamente sulle montagne dell’Himalaya. I canti di caccia dei Kulunge Rai. Le musiche laotiane. Suoni, canti, rumori che parlano di popoli indigeni lontani anni luce dalle tradizioni musicali occidentali, ma per questo affascinanti e imperdibili. Frutto del lavoro del- l’antropologo del Comitato Ev-K2-Cnr Martino Nicoletti e del musicista e fonico Roberto Passutti, i brani registrati e digitalizzati in formato mp3 sono disponibili sul sito del Comitato: www.evk2cnr.org. Si tratta di un archivio unico nel suo genere. Accessibile a studiosi, ricercatori o semplici appassionati. MN3 News.qxd 30-01-2007 17:34 Pagina 2 MN montagnanews 2 mappamondo cinema & montagna lo sostengono gli scienziati del Colorado Detto fra noi Eiger, l’odissea del 1957 diventa un film Ricerca Usa: enorme riserva d’energia sotto l’Himalaya La torre sul Piccolo Cervino? Che si tratti di una formidabile provocazione? di SARA SOTTOCORNOLA di VALENTINA CORTI (continua dalla prima) Se la torre sul Piccolo Cervino è una provocazione per riportare alla ribalta il dibattito sullo sviluppo sostenibile, sulla sostenibilità del turismo, dei grandi impianti e strutture c’è da fare i complimenti agli svizzeri: una provocazione di maggiore impatto non potevano trovarla. Se poi pensano davvero di realizzare la torre sul Piccolo Cervino facendolo crescere di 117 metri allora forse è il caso di parlarne. Forse è questa la nuova frontiera dell’ambientalismo e dello sviluppo montano. O forse no. Duemila metri di ghiaccio e roccia insidiosi e strapiombanti. Una parete terribile, che ha stregato alpinisti di tutte le epoche, chiesto loro sforzi immani e troppi sacrifici. Due alpinisti italiani alla ricerca del primato nazionale, due tedeschi con cui stringere una sfortunata alleanza. E poi la tragedia, l’operazione di soccorso più imponente del secolo e le polemiche. L’avvincente storia del 1957 di Claudio Corti e Stefano Longhi sulla Nord dell’Eiger sta per trasformarsi in un kolossal del grande schermo. La sceneggiatura porta la firma inglese di Bill Beech, docente di fotografia all’Università di Brighton e già autore della pellicola “Silent scream”, premiata al Festival di Berlino nel 1990. Una bozza è già stata depositata ed è pronto lo screenplay. Un magico incontro di immagini d’epoca, spettacolari riprese d’oggigiorno che tolgono il fiato. Il film verrà proposto a Martin Campbell, regista di “Vertical Limit”, Kevin McDonald di “Touching the Void” e perfino Ron Howard, del “Codice Da Vinci”. Ma anche a produttori italiani e tedeschi. Alla ricerca di un alleato per una delle realizzazioni più spettacolari del cinema internazionale. Nei mesi scorsi, Beech si è recato a Lecco, patria di Corti e Longhi, per effettuare un sopralluogo sulla Grigna e sul Resegone. Si è incontrato con Alberto Pirovano, presidente dei Ragni di Lecco. E soprattutto con Claudio Corti, unico sopravvissuto di quella tragica avventura, fatta di sfortuna, errori, ritardi. Scariche di sassi, notti al gelo, ferite laceranti. Soccorsi che durarono 9 giorni e coinvolsero i più grandi scalatori del mondo. Per una settimana tutti gli occhi era puntati lassù, su quel terribile gigante svizzero di 3.970 metri per cui tutti gli alpinisti perdevano la testa. Per Longhi e i due tedeschi non ci fu nulla da fare. Morirono lì, e i loro corpi, inghiottiti dal ghiaccio, furono recuperati solo negli anni successivi. Per Corti si trattò di un vero miracolo: per la prima volta un uomo veniva salvato su quella micidiale parete. Non è ancora un lieto fine. Perché per Corti l’incubo non finì, ma si trasformò in un vortice di veleni e perfino di accuse d’omicidio provenienti dai cugini d’oltralpe. Polemiche che coinvolsero anche la terra lecchese, non ancora del tutto sopite. Su cui forse arriverà a far luce questo straordinario film, la cui sceneggiatura porta anche l’esclusiva firma del protagonista: Claudio Corti. Una colossale riserva di energia si nasconderebbe sotto il plateau tibetano e solo un fortissimo terremoto potrebbe liberarla. E' quanto sostengono i ricercatori dell'Università del Colorado. La tecnologia GPS ha consentito di individuare il fenomeno che ha determinato l'accumulo energetico: vale a dire il movimento e la collissione tra il subcontinente indiano e l'Asia. Il bagaglio energetico è così vasto a causa della natura delle due placche: sono entrambe continentali e quindi costituite da rocce a bassa densità. Ciò significa che la placca più leggera si è posizionata ad una profondità minore rispetto a quella più pesante (un pò com'è avvenuto per la crosta oceanica che si è immersa sotto la placca continentale). L'attrito tra le due grosse masse terrestri ha provocato la formazione di un enorme quantitativo energetico immagazzinato sotto il Tibet. Non è poi così facile che la potenza collocata sotto lo stato asiatico si sprigioni: servirebbe infatti una scossa compresa tra gli 8,4 e 8,6 della scala Richter, cosa che si verifica soltanto ogni 1000 anni. In realtà nella regione dell'Himalaya centrale ci sono stati catastrofici terremoti negli ultimi 200 anni, ma tali scosse non sono state abbastanza forti per liberare l'energia stoccata nella catena montuosa. Solo nel Medioevo la Terra ha tremato così forte da devastare l'Himalaya. Nel 1100 è stato colpito il Nepal. La stessa regione ha oscillato nel 1833 arrivando a un'intensità di magnitudo 7,8. Dopo un centinaio di anni una scossa ancora più forte della precedente. Era il 1934 quando un sisma di 8,2 gradi della scala Richter provocò la morte di 13mila persone. Ma il terremoto non fu abbastanza violento da liberare l'energia del sottosuolo. Questo non fa altro che avvalorare la tesi di Roger Musson, un sismologo della società geologica britannica. Musson ha precisato che il fatto che si verifichi un grande terremoto, non esclude che in futuro non possa avvenirne uno di portata maggiore. Insomma, il rischio di catastofi di grande portata non è scongiurato. Roger Bilham, capo dei ricercatori e il suo collega Nicole Feldl's precisano che è essenziale che ogni 1000 anni ci siano dei mega-terremoti per far defluire il serbatoio magmatico. Anche se non si può stabilire il periodo, Bilham e Feldl's pensano che ci siano enormi possibilità che si verifichi un gigantesco terremoto sul Tetto del mondo. "Come sempre, in questi casi occorre vedere l'effettiva corrispondenza tra lo studio scientifico e la rappresentazione giornalistica” commenta Michele Comi, geologo del Comitato Ev-K2-Cnr. "Nel caso specifico - continua Comi - le cime himalayane sono il risultato di un meccanismo di collisione crostale tuttora attivo, le straordinarie altezze della catena rispecchiano un "meccanismo di spinta" proporzionalmente dimensionato, tale da accumulare quantità enormi di energia che vengono rilasciate sotto forma di energia sismica quando si arriva a rottura”. “I terremoti, anche particolarmente distruttivi - conclude il geologo - sono una costante nelle zone di collisione crostale. Al momento però è ancora impossibile prevederne con certezza magnitudo (energia) ed epicentro o collocazione superficiale". Buon Natale E' alto quasi 33 metri l'abete che fa da albero di Natale in Piazza San Pietro a Roma. L'abete bianco donato dalla Regione Calabria al Papa è stato tagliato e prelevato con un elicottero dalla foresta del Massiccio del Garaglione, sulla Sila. Golfo: la ricerca scientifica portabandiera del “sistema Italia” E’ stata un primo passo, ma molto significativo. La conferenza internazionale "EuroArab" 2006, tenutasi il mese scorso a Kuwait City, presso il Kuwait Institute for Reaserch, ha aperto la via alla definizione di una più ampia collaborazione tra l’Italia e i paesi del Golfo Persico in materia di ricerca scientifica e monitoraggio ambientale. Tant’è che il 18 dicembre il ministro degli esteri Massimo D´Alema ha inaugurato alla Farnesina il "Tavolo Golfo". All'evento hanno partecipato il ministro del Commercio internazionale e delle Politiche Europee Emma Bonino, il ministro per gli Affari regionali e le autonomie locali Linda Lanzillotta, l'ambasciatore Giorgio Di Pietrogiacomo, rappresentanti del sistema bancario e industriale, esponenti del Cnr e il presidente del Comitato Ev-K2-Cnr Agostino Da Polenza. Obiettivo dell'incontro: mettere a punto una coerente strategia di promozione del "sistema Italia" nei sei Paesi membri del Consiglio di cooperazione del Golfo. Grazie all'impegno congiunto delle amministrazioni pubbliche, delle autonomie locali e dell'imprenditoria privata. L'iniziativa mette l’accento sull'importanza di una penetrazione scientifica italiana nell'a- MN montagnanews rea, valorizzando soprattutto il settore dell’ambiente e sottolineando il ruolo primario del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) in questo settore. All’orizzonte infatti si è prospettata una collaborazione alla pari, unendo le diverse competenze scientifiche in un'iniziativa di scambio/interscambio nell'ambito di un sistema di monitoraggio climatico/ambientale che potesse garantire anche sbocchi imprenditoriali. Il Cnr si è già messo al lavoro, convocando per il giorno seguente, una riunione per fare il punto sulla situazione e stilare una carta dei possibili interventi per un sistema di monitoraggio climatico e ambientale in Kuwait e nella regione del Golfo. La ricerca italiana ad alto livello c'è. E nonostante crisi e polemiche, si muove nel contesto internazionale portando un plus di sicuro valore. www.montagna.org www.montagna.tv via San Bernardino 145 - 24122 Bergamo tel. +39 035 3230511 - Fax +39 035 3230551 e-mail: [email protected] Periodico del Comitato Ev-K2-Cnr ideato e realizzato da Wainer Preda sorprese stravaganze Idiozie Elefanti terrorizzano il Nepal E Spiderman scala la Torre Vasco de Gama Cacciatore ferisce un’aquila reale pachiderma che l'ha calpestata senza lasciarle scampo. Altri incidenti sono avvenuti nella stessa zona nelle scorse settimane vicino a Sunsari, dove gli elefanti selvatici hanno saccheggiato i villaggi di Paanchkanya, Dharan, Pakali, Hansposa e tutta la foresta di Itahari. Le notizie parlano di due dozzine Gli elefanti selvaggi stanno terro- di elefanti fuggiti dalla Parsa Wild rizzando il Nepal. Nelle ultime Life Reserve, che hanno distrutto settimane almeno 10 persone le coltivazioni e terrorizzato gli hanno perso la vita, calpestate abitanti del distretto del Sarhahi. dagli animali. L'ultimo incidente Ora, la gente è costretta a vegliare è avvenuto nei pressi della cittadi- sul paese con falò e torce per na di Ithari, vicino al confine con tenere lontano i pachidermi. E l'India. Lila Pandey stava tornan- minaccia le autorità: se non farando a casa dopo aver raccolto legna no qualcosa per risolvere la situanella foresta di Taltalaiya, quando zione, si troveranno costretti ad si è imbattuta in un gigantesco uccidere gli elefanti. Lui si chiama Alain Robert. Ma, ai più, è meglio noto con il soprannome di "Spiderman" per le sue scalate da brivido sugli edifici più alti del mondo. Ebbene, quel piccolo francese ce l'ha fatta di nuovo. Il mese scorso ha scalato la Torre Vasco de Gama, la più alta del Portogallo. Ha faticato un po' per raggiungere i 145 metri d'altezza, visto il forte vento che tira a Lisbona. Ma, stavolta, alla fine della scalata non ha trovato ad attenderlo la polizia (Robert è già stato arrestato più volte in Francia, negli Stati Uniti e nel resto del mondo per le sue imprese). La scalata era autorizzata, ed è servita anche per girare un film pubblicitario per una compagnia di telecomunicazioni. Robert, ormai quarantenne, è fra i fondatori del Un cacciatore ha sparato a un'aquila reale ferendola, per fortuna non a morte. L'episodio è accaduto sulle montagne della Valseriana (Bergamo). L'animale è stato soccorso e ora si trova in cura presso il Centro recupero animali selvatici dell'oasi Wwf di Val Predina. Il rapace - che è specie protetta da caccia, ribadiamo è stato trovato domenica nel territorio comunale di Leffe. Veemente la reazione dell'assessore provinciale all'Agricoltura, Caccia e Pesca Luigi Pisoni, di solito parco nei commenti. ''Con gesti come questo - ha commentato - rischiamo di compromettere il faticoso cammino di recupero dell'immagine del mondo venatorio”. movimento "urban climbing", ovvero quel tipo di arrampicatori che si divertono a scalare strutture urbane di ogni genere, dagli edifici ai monumenti. E che sta trovando un numero crescente di appassionati in tutto il mondo. Certo non tutti potranno emulare le grandi arrampicate di Spiderman. Con l'impresa sulla Torre Vasco de Gama (nella foto accanto) lo scalatore transalpino supera i 70 fra grattacieli e strutture giganti scalate in tutto il mondo. Fra le sue arrampicate ci sono quelle memorabili alla Torre Agbar di Barcellona, la Torre di Cristallo, la Torre di Montparnasse e la Torre Eiffel a Parigi, lo Houston center one di Houston e la Sears Tower di Chicago e la Torre di Canary Wharf, a Londra. MN3 News.qxd 30-01-2007 17:34 Pagina 3 MN montagnanews cooperazione 3 Il parco nazionale del K2 si fa strada La jeep con bandiera italiana inaugura la nuova strada Il Parco del K2 inizia a prender forma. Nei giorni scorsi é stata inaugurata la strada che collega il villaggio storico di Askole - ultimo insediamento urbano sulla via che porta al K2 - con il nuovo campsite che diventerà uno degli ingressi del Parco e ospiterà, tra le altre cose, strutture per l’accoglienza dei trekkers e per lo smaltimento dei rifiuti. Si tratta dell’ennesimo successo conseguito da Karakorum Trust, il progetto di cooperazione tra Italia e Pakistan promosso dal Comitato Ev-K2-Cnr che da un anno si occupa della tutela dell’ambiente e della cultura delle montagne del Karakorum. Tutta Askole si è riunita attorno al tricolore italiano, bandiera ormai ben nota fra le genti della Valle grazie alle iniziative di Karakorum Trust. L'evento, infatti, segna il coronamento di tutta una serie di attività condotte nella zona, fra le quali spiccano la sistemazione dell'impianto idrico del villaggio e il rilevamento planimetrico di tutte le unità abitative in vista di successivi interventi di recupero. I lavori per la costruzione della strada, che ora è agibile a tutte le auto, sono terminati il 18 novembre. Avevano subito una battuta d'arresto a causa delle difficoltà legate al superamento della gola in cui scorre un affluente del Braldo e sopra la quale passa la strada. Proprio da quel corso d'acqua partirà, la prossima primavera, la pipeline che for- nirà l'acqua a tutta la piana, dove sorgerà un'area attrezzata per l'accoglienza di spedizioni e trekking: la cosiddetta “Porta del Baltoro”, che in futuro sarà uno degli ingressi del parco del K2. Un’altra parte della spianata sarà destinata al rimboschimento e a nuove coltivazioni delle popolazioni locali. Per ora, lì sorge la piattaforma ecologica dove sono depositate le oltre tre tonnellate di rifiuti raccolti nei mesi scorso sul ghiacciaio del Baltoro dalla “Baltoro Clean Up Expedition”, che attendono l'installazione di Earth, il rivoluzionario sistema di smaltimento dei rifiuti presentato per la prima volta da Falck e Comitato Ev-K2-Cnr la scorsa estate a Cervinia. Karakorum Trust Il duro inverno sulle montagne del Karakorum Uno straordinario reportage dal nord del Pakistan, dove si sta muovendo la cooperazione italiana di MAURIZIO GALLO U ltimo villaggio prima di entrare nel cuore del Karakorum, 3.050 metri di quota. Stare ad Askole in novembre permette di vedere da vicino come ci si prepara, quassù, ad affrontare l’inverno. Le donne partono alla mattina verso le quattro - continua Gallo - al buio, in gruppetti di 4 o 5, e si avviano (senza pila, ovviamente) verso i ripidi ghiaioni che salgono sopra la piana dove stiamo progettando la "porta di entrata" del futuro Parco del Karakorum. Verso le undici le vedo scendere dalle rocce più alte, sulle spalle hanno enormi gerle piene di legna, o meglio di arbusti spinosi. Cantano e riempono di suoni il solito silenzio che regna nella valle. Sembra impossibile che possano tornare a casa scendendo da lassù, ma riescono sempre a trovare un passaggio fra i salti di roccia, seguendo a memoria improbabili tracce. Alcuni uomini partono per la caccia degli ibex (stambecchi). Sono anche loro un gruppo di cinque o sei, staranno via per una settimana e andranno a trovare il cibo sul ghiacciaio Biafo, la riserva di Askole, così come il Baltoro è la riserva del villaggio di Teste e il Pagma sopra Youla lo è per il villaggio di Tongo. Terreni di caccia diversi, stabiliti centinaia di anni fa. Comincia a nevicare, ma non è un problema per loro. Dormiranno come al solito fra le pietre, con solo una coperta oltre il loro vestito, quello che usano anche d’estate quando lavorano per i turisti. Oggi cacciano con i fucili. Mi hanno raccontato come facevano prima: creavano nei canaloni fra le rocce delle specie di imbuti spostando grossi massi con al centro una rudimentale tagliola coperta dal ghiaino. Poi correndo sulle creste a quasi 5.000 metri spaventavano il branco di ibex e li facevano scappare nella direzione voluta, inseguendoli per incanalarli nella trappola. Dopo una settimana con la neve fino al ginocchio tornano al villaggio portando sulle spalle mezzo ibex a testa, 40 chili di peso, e lasciando in apposite buche scavate fra i sassi gli altri ibex cacciati, per poi andarli a prende- re in primavera ancora congelati. Poi tutti, attrezzano il “kaza”, la casa sotterranea dove staranno chiusi per tre mesi. Le donne coprono il soffitto con arbusti e fieno in modo da creare un ulteriore isolamento termico. I bambini preparano le stalle sotterranee dove faranno entrare le capre, come riscaldamento continuo e latteria. Tutti giocano e si muovono il più possible, con una frenesia che prelude alla lunga immobilità dell'inverno. Siamo scesi anche noi nei "kaza". E nel buio abbiamo trovato una pelle di capra scuoiata e gonfiata che viene utilizzata per preparare lo yogurt. Più in là, una pietra scavata e una palla di pietra serviranno per ridurrre in polvere un miscuglio di salgemma e chili usato per preparare la minestra. Lì vicino, una trappola per topi scavata dentro un sasso: davvero incredibile. Il lavoro di questi giorni per rilevare tutte le case del vecchio villaggio sta coinvolgendo e divertendo anche gli anziani. Abbiamo portato palloni da riempire con l’elio per realizzare delle foto ”aeree” che porteranno a una planimetria del villaggio. Poi alcuni bambini ci hanno chiesto del gas per giocare con i preservativi fatti distribuire dalle autorità sanitarie locali, ma all’apparenza scarsamente compresi e apprezzati. Così, dopo un po’, il cielo di Askole si è riempito di improbabili “palloncini”. Un gioco che ci ha mostrato quanto possa essere delicato rapportarsi con popolazioni, certamente povere, ma di antica tradizione e cultura. Una complessità non solo loro ma anche per i governi locali, le Ngo e le organizzazioni come Karakorum Trust. Piccoli segni, ma grandi lezioni nel cielo di Askole. Corso di “trekking leaders” Si è tenuto a dicembre, presso la sede dell’Alpine Club of Pakistan di Islamabad, il corso per “Trekking leaders”, organizzato dal Comitato Ev-K2-Cnr all’interno del progetto Karakorum Trust. Obiettivo del seminario, le tecniche di gestione dei flussi turistici. Sono stati 24 in tutto i partecipanti. Fra le materie analizzate: inglese, gestione turistica, pronto soccorso in aree montane, conservazione ambientale. In programma per gennaio altri due corsi nelle Northern Areas del Pakistan. Tre tonnellate di rifiuti via dal Baltoro Oltre tre tonnellate di rifiuti tra il campo base del K2 e quello del Gasherbrum II. E' il carico trovato e rimosso dalla squadra della Baltoro Clean Up Expedition, impegnata in un progetto di riqualificazione ambientale che vede coinvolti il Comitato Ev-K2-Cnr e il Pakistan Alpine Club. Il progetto fa parte di Karakorum Trust, grande iniziativa di cooperazione internazionale promossa dallo stesso Comitato. La squadra, formata da due guide del Pakistan Alpine Club e tredici portatori, era partita lo scorso 5 settembre da Askole, circa tremila metri di quota, l'ultimo villaggio sulla via di accesso al K2. E sino ad oggi ha già raccolto 160 carichi di spazzatura da 20 chilogrammi ciascuno. I carichi erano stati depositati provvisoriamente presso le apposite stazioni di raccolta al Circo Concordia (4.687 metri). Nei giorni scorsi, 50 portatori sono saliti a recuperarli e trasportarli ad Askole, dove la spazzatura, in attesa di essere smaltita, verrà stoccata in un deposito ad hoc, in fase di ultimazione. I rifiuti verranno smaltiti nelle prossime settimane da Earth, innovativo sistema di trattamento termico dei rifiuti brevettato dal Comitato Ev-K2-Cnr e da Actelios (società del Gruppo Falck), in grado di operare ad alta quota, in assenza di energia elettrica e di ossigeno. Earth sarà in grado di ridurre del 97 per cento la massa dei rifiuti, in piena compatibilità con l’assai delicato ambiente circostante nel pieno rispetto delle normative vigenti nazionali e internazionali. La Baltoro Clean Up Expedition, iniziativa che avrà carattere periodico e permanente, è stata organizzata dal Comitato Ev-K2-Cnr in collaborazione con il Pakistan Alpine Club e il patrocinio del Ministero del Turismo Pakistano. Chakothi e il Pakistan, un anno dopo il terremoto Balakot, dopo il terremoto E passato poco più di un anno dal terremoto che ha sconvolto le Northern Areas pakistane e sta arrivando un nuovo inverno. In anticipo rispetto al solito, con previsioni piuttosto negative e con temperature molto inferiori a quelle dell’anno scorso. La situazione dei 3 milioni di senzatetto è ancora drammatica. Per certi versi peggiore dell’anno scorso. Le enormi tendopoli attrezzate dall’esercito e dalle Ong di tutto il mondo sono state tutte smantellate. Rimangono distese vuote dove si scorgono resti e rifiuti di una forte presenza umana. Nelle località più importanti la ricostruzione è partita. Superata la fase di emergenza, la vita è ripresa seppur fra mille difficoltà. Diverse scuole e ospedali sono stati terminati quest’autunno. Ma nei villaggi di montagna, isolati da ore di cammino, la situazione è drammatica. Qui di aiuti ne sono sempre arrivati pochi. Al massimo qualche lamiera per una capanna e qualche coperta. L’economia qui è basata sulla pastorizia. Non è ancora ripartita, perché nel terremoto sono morti anche un gran numero di animali. Mentre i viveri dell’anno scorso sono andati esauriti. Insomma, la situazione in montagna è molto delicata e potrebbe precipitare di nuovo. Le cose vanno meglio in altre zone. A Chakothi (dove sta intervenendo anche il Comitato Ev-K2-Cnr con il Cesvi), sono stati avviati anche corsi di informatica per i giovani. E’ stato anche deciso dove ricostruire la nuova Balakot (la cittadina quasi completamente rasa al suolo). Peccato che i pochi abitanti rimasti, non abbiano nessuna intenzione di allontanarsi dalla vecchia città. Per sostenere la ricostruzione delle scuole, lo scorso ottobre è uscito il libro fotografico di Giovanni Diffidenti "La scuola nel cielo". Un reportage fotografico, edito grazie a Mediamarket, che documenta il dramma del terremoto e gli sforzi di Cesvi, Mgpo e Comitato Ev-K2-Cnr per la ricostruzione. C’è ancora molto da fare in Pakistan. L’impegno del progetto Karakorum Trust promosso dal Comitato Ev-K2-Cnr che da un anno si occupa della tutela dell’ambiente e della cultura delle montagne del Karakorum, va proprio in questa direzio- ne. Per accompagnare il Pakistan nel lungo tragitto verso il suo futuro autosviluppo. Isiao, 50 anni d’archeologia Si è celebrato nei giorni scorsi a Islamabad, il 50esimo anniversario dell’Isiao (l’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente) in Pakistan. L’Isiao è un ente pubblico che risponde al ministero degli Affari Esteri. L’Istituto opera nel campo della promozione culturale. E ha come obiettivo il rafforzamento delle relazioni tra l’Italia e i paesi dell’Africa e dell’Asia. In Pakistan ha festeggiato i cinquant’anni della missione archeologica italiana nello Swat, valle fluviale a nord dell’antico Gandhara. Molte le autorità intervenute alla cerimonia. L’ambasciatore italiano in Pakistan Roberto Mazzotta, Pier Francesco Callieri, Umberto Sinatti e Daniela Razzola per l’Isiao, Valerio Pietrangelo e Maurizio Gallo del Comitato Ev-K2-Cnr. MN3 News.qxd 30-01-2007 17:34 Pagina 4 MN montagnanews 4 scienza Ramanathan: gas serra e nubi marroni uccidono i raccolti Lo scienziato V. Ramanathan Fino ad oggi le ricerche scientifiche avevano sostenuto che l'effetto serra e le nubi marroni si compensassero a vicenda, riducendo i danni provocati dall'inquinamento. Ebbene, pare invece che non sia così: i due fenomeni combinati sarebbero rovinosi per l'agricoltura. Lo sostengono alcuni scienziati americani che hanno studiato le coltivazioni di riso in India, dimostrando che la produzione degli ultimi vent'anni è diminuita di circa il 15 per cento. Lo studio di Maximilian Auffhammer, Veerabhadran Ramanathan e Jeffrey R. Vincent è stato pubblicato nei giorni scorsi da una delle più note riviste scientifiche del mondo: l'americana "Proceedings of the National Academy of Sciences". La ricerca si basa sull'analisi storica dei raccolti di riso in 9 stati indiani. L'andamento elle coltivazioni viene collegato con l'evoluzione degli scenari climatici nella regione, dove si concentrano le due principali piaghe climatiche: l'effetto serra e le atmospheric brown clouds (Abc) o nubi marroni. Ebbene, gli effetti combinati dei due fenomeni non possono essere scissi, si legge nell'articolo. Sia perchè hanno origine comune (entrambi derivano dall'uso di combustibili fossili e biomasse), sia perchè insieme affliggono le coltivazioni, in primis quelle di riso, particolarmente sensibili alla variazione delle piogge. L'analisi ha dimostrato l'esistenza di complesse interazioni il cui risultato finale è un deleterio "effetto combinato", senza il quale la coltura del riso andrebbe molto meglio. I numeri: senza i due fenomeni, i raccolti di riso in India sarebbero stati più alti del 6,18 per cento tra il 1966 e l’84. E ben del 14,4 per cento tra l’85 e il ’98. La ricerca parte dagli anni Sessanta. Quelli della cosiddetta "green revolution", l'avvento dell’agricoltura meccanizzata nel sub-continente indiano che ha permesso un boom della produzione di riso. Una crescita rallentata - e di molto - negli anni Ottanta e ridotta praticamente a zero intorno al 2000. La ricerca americana è uno dei pochi studi che analizzano la correla- zione degli effetti dell'Abc con l'agricoltura, ed è l'unico che lo correla all'effetto serra. Di origine indiana, Veerabhadran Ramanathan è docente all'Università della California ed è uno tra i maggiori esperti mondiali di climatologia. Lo scorso 2 novembre è stato in Italia, ospite del Comitato EvK2-Cnr al quale è stato affidato il monitoraggio delle aree montane nell'ambito del progetto Atmospheric Brown Clouds delle Nazioni Unite, di cui Ramanathan è il responsabile internazionale. In quell'occasione Ramanathan ha presentato i risultati di 6 mesi di misurazioni dell'Abc Pyramid, la stazione di monitoraggio atmosferico più alta del mondo, installata dal Comitato Ev-K2-Cnr e dall'Isac-Cnr a 5.079 metri presso la Piramide dell'Everest. Dopo essersi complimentato per i risultati ottenuti, Ramanathan ha chiesto ufficialmente l'entrata di un esperto del Comitato Ev-K2-Cnr nel team scientifico del progetto Abc. ABC atmospheric brown clouds Il premio Nobel Paul Crutzen alla mostra del Comitato Ev-K2-Cnr di WAINER PREDA "I l buco dell'Ozono si chiuderà nel 2050". Lo ha detto il mese scorso il premio Nobel per la chimica Paul Crutzen in un incontro con giornalisti, esperti scientifici e scolaresche, organizzato dal Comitato Ev-K2-Cnr al Palamonti di Bergamo, a margine della mostra sulla "Ricerca in alta quota" inserita nell'ambito di Bergamoscienza. Sala gremita nella sede del Cai bergamasco per registrare le impressioni di Crutzen sui grandi temi che riguardano l'ambiente e il pianeta. E le attese non sono andate deluse. Crutzen (nella foto di Massimo Cappon) ha lanciato un segnale di speranza: "La situazione del pianeta è preoccupante, ma i catastrofismi non servono. Per invertire la rotta servono interventi mirati". "L'umanità - ha proseguito il premio nobel - può plasmare il suo futuro in maniera consapevole. Ma per farlo dovrà risolvere i problemi attuali dell'inquinamento, non sprecare risorse e sviluppare tecnologie ecocompatibili che ci liberino dall'uso di combustibili fossili". La vera lotta in questo momento è contro le immissioni provocate dai combustibili fossili, sempre più diffusi nelle economie emergenti dell'Asia. Quelle stesse immissioni che sono all'origine dell'atmosfera di brown clouds, meglio nota come nube marrone dell'Asia, di cui Crutzen è un grande esperto. Si tratta di un gigantesco ammasso di aerosol e particelle inquinanti che impedisce alla luce solare di raggiungere la superficie terrestre, minando così i cicli naturali, precipitazioni comprese. "Gli effetti della nube marrone - ha detto il presidente del Comitato Ev-K2-Cnr Agostino Da Polenza - sono stati rilevati anche dagli strumenti del nostro laboratorio, la Piramide dell'Everest che si trova a 5050 metri di quota sull'Himalaya". Il laboratorio più alto del mondo ha individuato depositi di pulviscoli e tracce di inquinanti generati da attività umane a 6000 metri d'altezza. Inquinanti che, depositandosi sulla neve, ne favoriscono lo scioglimento provocando l'arretramento dei ghiacciai a la diminuzione delle risorse idriche a lungo termine. Un problema che gli scienziati del Comitato Ev-K2-Cnr stanno analizzando attraverso una stazione dedicata che si trova nei pressi della Piramide. E che è inserita nel progetto Abc (Atmospheric brown clouds) dell'Unep (il programma per la protezione dell'ambiente delle Nazioni Unite). I dati rilevati vengono messi a disposizione degli scienziati di tutto il mondo. Attraverso i suoi studi Crutzen ha stabilito che l'anidride carbonica presente nell'atmosfera e prodotta dalle attività umane è cresciuta del 30 per cento dagli anni Sessanta ad oggi, facendo aumentare parallelamente l'effetto serra. Per questo Crutzen parla di "era dell'antropocene", ovvero di un'epoca caratterizzata dall'impronta dell'uomo. "L'impatto delle attività umane sul pianeta è impressionante - ha spiegato il premio Nobel -. Negli ultimi tre secoli la popolazione umana è aumentata di dieci volte. Il resto l'hanno fatto l'urbanizzazione, i consumi energetici destinati ad aumentare anche nel prossimo periodo, i consumi delle risorse idriche. Parallelamente abbiamo avuto una crescita del riscaldamento del pianeta e una crescita esponenziale dell'estinzione delle specie viventi, soprattutto negli ultimi anni". "Il buco dell'ozono è stato una sorpresa - confessa Crutzen che nel 1995 ha vinto il premio nobel per i suoi studi sull'argomento -. Non poteva essere previsto dagli scienziati. Ci sono voluti anni di studi per capire cosa era successo". Ma alla fine la scoperta ha portato a un cambiamento epocale. Le grandi aziende produttrici di spray e frigoriferi hanno ridotto drasticamente le produzioni. "Oggi - ha detto Crutzen - la massa di cloruri, fosfati e carburi nell'atmosfera ha subito una notevole contrazione. Ma ci vorranno ancora decine di anni, almeno fino al 2050, perchè lo strato di ozono possa rigenerarsi completamente". "Ma per trovare le soluzioni giuste servono più ricerca scientifica e più informazioni", ha concluso il premio Nobel. Ed è stato proprio Crutzen a inaugurare un innovativo collegamento di webcam con la Piramide dell'Everest. Collegamento che permetterà di tenere sotto controllo gli strumenti della stazione Abc che si trova ai piedi dell'Everest, direttamente dall'Italia. I dati vengono spediti in tempo reale, via satellite, all'Isac-Cnr di Bologna. E nel giro di pochi minuti messi in internet, e visibili da tutti sui siti web www.evk2cnr.org e montagna.org. “Per risolveri i guai del pianeta serve più ricerca scientifica e informazione. L’umanità può plasmare il suo futuro in maniera consapevole” Crutzen buco dell’ozono chiuso nel 2050 Africa: ghiacciai a rischio estinzione in pochi decenni La stazione meteo installata dal Comitato Ev-K2-Cnr sul Ruwenzori Negli ultimi tempi l’attenzione degli esperti di montagna si è soffermata sulla vulnerabilità dei ghiacciai africani e del loro veloce scioglimento a causa del cambiamento climatico. Secondo quanto riferito da diversi scienziati africani, infatti, nel giro di pochi decenni le masse glaciali del continente potrebbero scomparire. Un allarme condiviso anche da esperti internazionali: “Le precipitazioni nevose sulle montagne del Rwuenzori sono diminuite del 60 per cento negli ultimi 100 anni”, spiega Claudio Smiraglia, glaciologo dell’Università di Milano e collaboratore del Comitato Ev-K2-Cnr. “Gli esperti ugandesi - prosegue Smiraglia - prevedono la scomparsa totale dei massicci glaciali in Africa, nel giro di pochi decenni. Questo comporterebbe un grave problema alle risorse idriche africane, che hanno proprio nei ghiacciai una cruciale fonte d’acqua”. Il Comitato Ev-K2-Cnr studia già da tempo i problemi ambientali e climatici delle montagne africane. Tanto che, la scorsa primavera, in contemporanea al centesimo anniversario della prima ascesa al Ruwenzori, ha installato una stazione meteorologica a 4.500 metri di quota, nei pressi di punta Margherita, la vetta più alta del massiccio. “Le notizie riportate dal Mountain Forum Africa non rappresentano una novità per noi - racconta sempre Smiraglia - E' noto, da qualche anno, che i ghiacciai africani si stanno ritirando con ritmi sempre più accelerati (si veda il bel volume di Kaser e Olmaston, Tropical Glaciers, pubblicato nel 2002 dalla Cambridge University Press- ndr) e che i modelli revisionali, indicano tempi di sopravvivenza dei ghiacciai del Kilimangiaro, del Ruwenzori e del Kenya limitati a pochi decenni”. La speranza è che agli allarmi seguano azioni concrete per contrastare un fenomeno che potrebbe rilevarsi pericolosamente significativo per tutto il continente africano e l’habitat naturale dell’intera regione. ”E' in ogni caso positivo - prosegue Smiraglia - che ci sia una presa di coscienza del problema a livello locale. E' altrettanto noto che il regresso glaciale in Africa sia uno dei sintomi più appariscenti dei mutamenti climatici in atto e della desertifica- zione che si sta diffondendo”. Ma quali sono le ragioni di questa repentina accelerazione dello scioglimento delle masse glaciali? E soprattutto, si tratta di un fenomeno irreversibile? “Questo fenomeno non va attribuito solo a un incremento termico - spiega il glaciologo del Comitato Ev-K2-Cnr - ma anche ad una riduzione delle precipitazioni e ad una riduzione della copertura nuvolosa che permette un incremento della radiazione solare in arrivo sulla superficie terrestre”. Secondo diversi studi, le regioni più colpite dell’Africa rischiano di diventare deserto in pochi anni. Con tutte le conseguenze del caso: “Gli effetti del fenomeno, l'estinzione delle masse glaciali africane, date le loro dimensioni comunque limitate, creerebbe problemi di approvvigionamento idrico solo a livello locale. Sta tuttavia sicuramente cambiando il paesaggio delle alte terre africane e il turista che cerca sulla scia di Hemingway le nevi del Kilimangiaro resterà purtroppo deluso”, conclude Smiraglia. Alessandra Grassi MN3 News.qxd 30-01-2007 17:34 Pagina 5 MN montagnanews dal parlamento 5 Alemanno: questa Finanziaria non aiuta i territori montani Gianni Alemanno On. Alemanno, questa Finanziaria porta cambiamenti positivi per la montagna? Assolutamente no. Ritengo che si tratti di una serie di misure frammentarie e di scarso impatto rispetto ad un sistema delicato come quello della montagna. In realtà è necessario approvare una nuova legge quadro sulla montagna che preveda sistemi decisi di sostegno delle economie locali, ma non legati alla fiscalità generale dello stato, bensì a una serie di automatismi basati sulla valorizzazione delle risorse che la montagna dona a tutta la comunità nazionale, in particolare acqua ed energia. Bisogna dunque stabilire una diretta relazione tra queste risorse e la gestione del territorio che soltanto il mantenimento in vita dell’economia e del lavoro in montagna possono garantire. In sintesi, molto poco si può risolvere in Finanziaria se non c'è una riforma strutturale che valorizzi questi territori. Il governo di cui faceva parte aveva preparato una Legge per la montagna. Era una buona legge, ma non siamo mai riusciti a completarla con questo tipo di meccanismo né a dargli lo spessore adeguato. Io sono disponibile ad un impegno bipartisan per dare delle risposte alle esigenze della montagna. Lavoriamoci insieme e facciamone il grande obiettivo del Gruppo amici della montagna. Così forse potremmo creare una bella legge, solida, che nessuno potrà più smantellare. Molti ritengono che questa Finanziaria inciderà sui consumi e di conseguenza sul turismo. Un danno per le montagne italiane? Il problema è stato in larga parte superato con l'abolizione della tassa di scopo che rischiava di essere un duro colpo per l'economia in ogni contesto territoriale. L'Italia dovrebbe in realtà mettere in atto politiche di incentivazione per il turismo, ma purtroppo il governo Prodi pensa ad ostacolare questa attività con nuove tasse e balzelli. Lo sviluppo di questi anni dell'agriturismo legato alle attività di montagna turistiche e paesaggistiche dimostra che il turismo intrapreso in maniera adeguata può essere strumento di valorizzazione delle vastissime aree coperte dalle nostre comunità montane. Per promuovere il turismo in Svizzera vogliono costruire una torre sul Piccolo Cervino... La cosa mi spaventa, ma prima di dare un giudizio vorrei capire bene di cosa si tratta. Se noi guardiamo l'Aiguille de Midi, sul ghiacciaio del Bianco, c'è una costruzione che a suo tempo è stata un'opera molto ardita. E' lì, su un picco che domina il ghiacciaio, ma è stata costruita in maniera architettonicamente compatibile. Forse quando è stata fatta quella costruzione hanno protestato, ma oggi fa parte del panorama. Nessuno protesta e tutti ci vanno. Bisognerebbe vedere la torre, perché in assoluto non voglio escludere niente. Se c'è una tensione artistica, se non c'è un meccanismo di deturpamento, l'intervento può anche accrescere la ricchezza dell'ambiente: pensiamo ai castelli in montagna, ai grandi borghi. Lei è un appassionato di alpinismo. Ci tolga una curiosità, qual è l'ultima via che ha scalato? La Rebuffat all'Aiguille du Midi. Una via di granito, classica, del Monte Bianco, Mi sono anche fatto un po' male e poi mi sono fermato. Nuovo governo vecchi problemi Lo Stato investa nuove risorse sulla montagna Intervista esclusiva a Erminio Quartiani presidente del Gruppo interparlamentare Amici della montagna di SARA SOTTOCORNOLA O norevole Quartiani, la Finanziaria 2007 è in dirittura d’arrivo. Quali misure contiene a favore dela montagna? Ci sono alcune misure che riguardano il Fondo ordinario per la montagna, che aumenta di 5 milioni di euro segnando un'inversione di tendenza rispetto al passato (si era ridotto a 20 milioni partendo cinque anni fa da 61 milioni). Si tratta forse di pochi soldi ma che vogliono dare un segnale significativo. Il testo, comunque, conteneva già degli incentivi per il gasolio e il riscaldamento in montagna: cose che il Gruppo amici della montagna aveva sempre dovuto conquistare in aula, con iniziative emendative. Ci sono poi circa 50 milioni di euro destinati ai piccoli comuni associati anche nelle comunità montane, un aumento della dotazione per il Cai e 1,5 milioni di euro per il Soccorso Alpino in tre anni. Queste misure aiuteranno le montagne italiane? Sono piccoli passi avanti fatti grazie all'insistenza con la quale il Gruppo amici della montagna svolge - indipendentemente dalla collocazione politica - la propria attività al governo. E' importante, comunque, tener presente che la finanziaria non è un treno a cui si attaccano tutti i vagoni e non può essere il luogo dove facciamo la riforma complessiva della legge sulla montagna. Volete rivedere la legge sulla montagna preparata dal governo precedente? Il Gruppo amici della montagna si sta impegnando per avviare un lavoro parlamentare congiunto per un testo di legge concordato al Senato, che dovrebbe garantire l'avvio entro l'anno di un progetto di legge che sia una revisione complessiva di quella dell'anno scorso. La montagna non è solo una "questione" nazionale ma anche una "risorsa" nazionale. Quali sono i primi passi da fare? E’ fondamentale ridefinire - in modo concorde a livello centrale (governo, parlamento) ma anche a livello locale (regione, comuni) - una nuova classificazione dei comuni montani. Non possiamo andare avanti con un "indistinto" per il quale ci sono comuni che rice- vono soldi dal Fondo per la montagna e contemporaneamente magari dal Fondo per la pesca marittima. Bisogna ridefinirli, in una concezione di "montanità" nuova, che identifichi la montagna non solo nella montuosità del territorio ma anche nell'identità culturale. E il secondo? Il Fondo per la montagna dovrebbe essere ridefinito in termini di risorse che dal centro vanno alla periferia e in termini di automatismi. Il fondo dovrebbe essere alimentato da una quota di risorse collegate all'uso del territorio: la montagna è ormai una fonte di risorse che servono alla vita delle altre aree. Bisogna riconoscerlo anche dal punto di vista della fiscalità generale. Quindi il fondo dovrebbe, in parte, ridestinare le risorse da cui viene alimentato per realizzare le grandi opere, per l'uso dell'acqua o per i boschi o le foreste, per il rilancio delle biomasse e delle energie rinnovabili che salvaguardano l'ambiente. Che cosa significa in soldoni? Vuol dire che la montagna dev'essere abitata. Che lì bisogna rilanciare l'industria ecosostenibile e l'agricoltura. E occorre che lo Stato investa nuove risorse, rendendosi conto che in alcune realtà il mercato non può arrivare. E dove non arriva quello, serve l’intervento dello Stato. Vorrebbe, insomma, invertire il flusso che porta i giovani verso le città... Sì. Le montagne devono essere vissute in modo permamente. E questa possibilità dev'essere garantita da un impegno forte dello Stato e dell'Europa attraverso la destinazione di risorse che facciano tornare i giovani a vivere e lavorare in montagna, non solo a fini puramente turistici ma soprattutto per l'interesse nazionale. La montagna è fonte di ricchezza per il paese? In questi giorni le statistiche del Censis hanno provato che la montagna italiana ha implementato dello 0,8 % il Pil (dal 16.1 al 16.%): ciò significa che la montagna ha risorse in sé per poter crescere e far crescere Erminio Quartiani durante un’escursione alpinistica sulla Marmolada la nazione. Penso che la montagna possa dare molto, anche dal punto di vista della realizzazione di grandi opere viabilistiche, con la consapevolezza che uno sviluppo dei trasporti potrebbe avere ricadute positive sulle popolazioni montane, non solo dal punto di vista economico ma anche della vivibilità e dell'ambiente. E' inevitabile pensare alla Tav. Che peso hanno gli ambientalisti sulle vostre scelte? Non è tanto un problema di ambientalisti. Si tratta dell'impegno del nostro paese a realizzare ciò che è stato concordato in sede europea, cominciando dal Corridoio 5. Compatibilmente con le condizioni ambientali e il consenso delle popolazioni, si tratta di un'opera fondamentale che dovrà essere realizzata, anche sul territorio montano. La montagna ha dunque grandi potenzialità... E’ una risorsa nazionale a disposizione di tutti. Una montagna abitata, lavorata, vissuta. La salvaguardia di boschi, pascoli, dell'agricoltura. Lo sfruttamento sostenibile delle Alpi e degli Appennini. Sono tutte condizioni che garantiscono in primo luogo la salute anche delle aree di pianura (niente alluvioni, inondazioni, condizioni climatiche negative). E in secondo luogo rappresentano un grande incentivo al turismo. Come vede lo sviluppo turistico delle nostre montagne? Sicuramente è una delle attività più importanti, che deve andare oltre le realtà d'elite come Cortina o Courmayeur. Ci dobbiamo occupare soprattutto di "Cortesani", cioè di quel paese che Bepi De Marzi dice essere "il luogo in cui si è fermato il tempo, è sempre inverno, non torna più la primavera, non vive più l'amore". Dobbiamo far tornare la vita in queste realtà perché una montagna vissuta è una montagna che serve al paese, che fa innamorare di nuovo gli italiani, che non è arretrata ma è a disposizione del paese per un futuro a misura d'uomo. Lei è un appassionato di montagna? Certamente. Sono iscritto al Cai sin da quando ero bambino, sono uno dei fondatori di una sezione del mio paese (Melegnano), e canto in un coro di montagna. La mia canzone preferita è “Beni a ca’ la storia” di Bepi De Marzi. Qual è la montagna che ha nel cuore? Le montagne che amo di più sono quelle che ho frequentato nella mia adolescenza, dove ho imparato a fare alpinismo con le vecchie guide stampo anni Cinquanta come mio padre: la Valmalenco, il Bernina e l'Ortles-Cevedale. Anche se non disdegno le montagne della Val d'Aosta e del Piemonte. Quali discipline alpinistiche pratica? Amo moltissimo il misto, sono un normalista. Forse dovrei dire "ero" un normalista, perché adesso sono costretto a fare più Montecitorio che montagna vera. Ma appena posso torno sui sentieri, cammino e qualche volta mi butto ancora a fare qualche cima. Tav, tira e molla a caccia di finanziamenti Ue "La decisione è stata presa: la Torino-Lione sarà realizzata". Lo ha confermato il mese scorso il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, a margine del vertice italo-francese che si è tenuto a Lucca. "Abbiamo ribadito il nostro impegno - ha aggiunto sempre Di Pietro - come del resto aveva già detto nella scorsa estate il presidente Prodi in Parlamento: la Torino-Lione è una priorità per il governo italiano"'. Nell'incontro bilaterale con il suo collega francese, il ministro delle infrastrutture italiano è poi arrivato a un accordo per una richiesta comune di cofinanziamento all'Unione Europea per la tratta di confine dell'alta velocità ferroviaria. Insomma, avanti Savoia: la Tav si farà. Ora, vai a farla ingoiare ai residenti della Val di Susa e zone limitrofe. Prodi tenta un'alchimia politica: "La Tav Torino-Lione è fondamentale per la nostra economia - ha detto il premier - ma deve avvenire con il maggior confronto possibile". Il presidente del Consiglio, ai microfoni della Rai, ha precisato che: "intendiamo realizzare la Torino-Lione. Da entrambi i paesi è ritenuta un legame fondamentale per il futuro delle nostre economie". "L'Italia - ha assicurato Prodi - sta lavorando perché questo possa avvenire con il dialogo con le popolazioni interessate come bisogna fare in questi casi. Io infatti ho voluto riprendere un dialogo serio e trasparente in materia - ha sottolineato il professore -. Anche ieri c'è stata una riunione in proposito e noi intendiamo adempiere a questo compito con il massimo dialogo possibile". Ora, in Val di Susa proprio non ne vogliono sapere. E allora ecco spuntare un percorso alternativo. La nuova proposta viene del presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso: la linea ad alta velocità potrebbe passare per un lungo tratto in Val Sangone per poi terminare in Val di Susa. Un’alternativa per salvare capra e cavoli. Anche se il nodo del problema rimane. Comunque, non si escludono difficoltà e proteste nei confronti della proposta appena nata. Infatti, anche partendo dalla Val Sangone, la linea ferroviaria dovrebbe per forza passare, sebbene per un breve tratto, in Val di Susa, una zona in cui sono ancora molto vive le correnti anti-Tav. Gli scontri ideologici sulla questione sono lontani dalla soluzione: da una parte il presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso, Pininfarina, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, il ministro Di Pietro e il presidente torinese di Confindustria Tazzetti considerano sempre di più la possibilità di concludere il progetto. Le loro opinioni sono conformi a quelle del governo, della Regione e della Provincia di Torino. Anche perchè, all’orizzonte è spuntata la possibilità che, con un colpo di mano , la Svizzera scippi il progetto all’Italia e faccia passare la discussa linea ferroviaria sul suo territorio. Dall'altra parte però abbiamo le amministrazioni comunali e i cittadini della Valle che non sono proprio così propensi all'idea di vedere realizzato il temuto progetto. MN3 News.qxd 30-01-2007 17:34 Pagina 6 MN montagnanews 6 il caso Di Simine (Legambiente): la Cervinia di oggi sembra Disneyland di ALBERTO CONFALONIERI Il neopresidente di Legambiente Lombardia Damiano di Simine, promotore della Carovana delle Alpi "Il Cervino non può diventare il parco dei divertimenti delle Alpi, è un luogo con un importante valore simbolico e naturalistico che sta subendo aggressioni su più fronti" ha dichiarato Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia, ai microfoni di Montagna.tv, commentando la costruzione della torre-centro commerciale sul Piccolo Cervino, a 3.883 metri di quota. "Premetto che non conosco i dettagli di tutta l'operazione, poichè si tratta di un progetto svizzero che riguarda un territorio sul quale ufficialmente Legambiente non può prendere posizioni. Ma questa mi sembra l'ennesima aggressione alla montagna”. “Per quel che ne so - prosegue Di Simine - si tratta di un'operazione di dimensioni gigantesche fatta in un luogo che di aggressioni ne ha già subite abbastanza. Penso alla funivia che arriva sulla vetta (nella foto), ma forse la più grossa è sul versante italiano e si chiama Cervinia. Sopra il paese, adesso, stanno addirittura costruendo, per esempio, un gigantesco campo da golf". "Danni in quel contesto sono già stati fatti in maniera eccessiva - continua Di Simine -. Il turismo, che oggi cerca nuove formule per continuare ad essere competitivo, soprattutto in Svizzera dove, secondo le ultime statistiche ministeriali, le presenze invernali sono stabili. La Svizzera poi ha prezzi altissimi, è una destinazione d'elite e questo la porta a fare degli sforzi straordinari come il centro commerciale di Zermatt. Ma credo che questa sia la direzione sbagliata. Le Alpi sono un patrimonio strategico per la comunità anche per quanto riguarda il contenimento degli inquinanti e la connettività degli ecosistemi. Più aumenta l'urbanizzazione delle aree attorno alle Alpi più emerge che sono un'area di cui l'Europa non può fare a meno, proprio per la sua naturalità. La Convenzione delle Alpi, oggi, è più attuale di quando è stata concepita, e deve essere sicuramente rafforzata". Di Simine promette l’intervento di Legambiente per il prossimo futuro. "In tempo recente purtroppo non abbiamo fatto manifestazioni su questo - ha detto il presidente di Legambiente Lombardia - ma sarà sicuramente un tema della Carovana delle alpi dell'anno prossimo". Di Simine è diventato presidente di legambiente Lombardia nel 2006, coronando una vita di impegno per i temi della tutela del territorio e dei parchi naturali. E' uno dei più affermati conoscitori dell'ambiente alpino, avendo ricoperto anche l'incarico di presidente della Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi (Cipra Italia). Un progetto che fa inorridire ambientalisti e non Svizzera: una Torre Eiffel sul Piccolo Cervino La struttura “acchiappaturisti” sarà visibile anche dall’Italia. Sarà dotata di centro shopping, ristorante e albergo. Messner: meglio lassù che in luogo incontaminato U na piramide in vetro e acciaio alta 117 metri, costruita in cima al Piccolo Cervino. Da cui si potrà godere, attraverso una piattaforma panoramica, lo scenario mozzafiato delle Alpi. Facendo magari shopping nel centro commerciale annesso. E' lo straordinario progetto che le autorità svizzere cominceranno a realizzare, dai prossimi giorni, sopra Zermatt. Sarà il punto panoramico più alto d’Europa (nella foto simulazione fornita da www.zermatt.ch)raggiungibile da chiunque in funivia, ossigeno permettendo. Da qui, dal Matterhorn glacier paradise - questo il nome dell’area già usufruibile da alpinisti e sciatori che ospiterà la struttura si potranno ammirare ben 38 quattromila delle Alpi. Si tratta di un progetto faraonico che qualcuno ha già soprannominato la "Tour Eiffel" della Svizzera. Per ammirarla, gli italiani non dovranno andare oltreconfine. Basterà andare sul Plateau di Cervinia per vedere quest'opera destinata a entrare nel Guinness dei primati. In pratica, sulla vetta del Piccolo Cervino sarà costruita una piramide in vetro e acciaio alta quasi 120 metri che terminerà con una piattaforma panoramica a 4.000 metri sul livello del mare. Nella piramide ci saranno ristoranti, spazi multimediali, e successivamente anche un albergo. Vista la rarefazione dell'ossigeno, per entrare in questa sorta di universo chiuso gli ospiti dovranno passare in camere di compensazione. Sulle pareti esterne della piramide ci saranno poi gli ascensori panoramici che la percorreranno fino a raggiungere la piattaforma finale, circondata da vetrate. Grazie alla leggera inclinazione della costruzione, la piattaforma sembrerà quasi sospesa. Da qui si vedrà lo straordinario spettacolo delle Alpi. Ma sarà anche possibile guardare - sotto i propri piedi attraverso un'altra piattaforma alla base - crepacci e ghiacciai. L'idea della piramide è nata nel 2004 quando la società Zermatt Bergbahnen ha bandito un concorso per la riorganizzazione del Matterhorn glacier paradise. Dei cinque progetti presentati è stato scelto quello di Heinz Julen e Ueli Lehmann. La piramide sarà, secondo i costruttori, un altro punto di forza della cittadina svizzera di Zermatt. Che si aggiunge ai panorami mozzafiato sulle tre aree sciistiche che la circondano (Sunnega Rotorn; Klein Matterhorn e Schwarzsee). E all'aria "più pura" delle Alpi, visto che da quelle parti le auto non possono circolare. Nel corso di questo autunno è previsto l’inizio dei lavori per la costruzione dei ristoranti sul ghiacciaio, dei negozi, degli alloggi per gli alpinisti e dell’accesso sotterraneo al palazzo di Ghiaccio. Poi toccherà alla piramide vera e propria. Intanto fra gli amanti della montagna si è scatenata la polemica soprattutto sul versante italiano. Mentre le organizzazioni ambientaliste faticano a raccapezzarsi, la posta elettronica di montagna.tv è stata letteralmente tempestata di messaggi di protesta da parte dei lettori. I toni sono piuttosto accesi. E la parola d’ordine che circola fra gli aficionados delle vette e frai i semplici appassionati della montagna è: “boicottiamo questo scempio”. In controtendenza, seppur con qualche riserva, invece Reinhold Messner. “Meglio aggiungere una nuova costruzione dove l'uomo è già intervenuto alterando la natura, piuttosto che continuare a costruire nuovi impianti di risalita in luoghi ancora vergini" ha dichiarato il celebre alpinista in una recente intervista. Qui Cervinia Qui Zermatt Zanetti: la torre? Buona per attrarre i turisti "Il progetto svizzero potrebbe anche essere una buona carta per lo sviluppo turistico. Teniamo conto che stiamo parlando di una zona compromessa, dove gli impianti di risalita ci sono già". E' il commento dell'assessore al turismo di Cervinia Valtournanche Matteo Zanetti alla costruzione di una torre panoramica sul Piccolo Cervino. "Per ora del progetto conosco solo quello che è uscito sui giornali - continua Zanetti -, non ho visto documentazione dettagliata, ma non mi sento di penalizzare eventuali progetti che riguardano e potrebbero favorire entrambe le località. Tantopiù che non ho sentito ancora nessuna protesta degli ambientalisti svizzeri". "E' chiaro - spiega Zanetti - che se si parla di una torre di 200 metri, con un night o un centro commerciale all'interno, di primo acchito rimango basito. Ma se il progetto risponde a regolamentazioni ambientali e in più favorisce il turismo potrebbe anche andar bene". Zanetti ricorda l'antico legame tra Cervinia e Zermatt “Noi siamo per l'integrazione dei due comprensori e per la valorizzazione del territorio. Mi sembra strano che gli svizzeri, sempre molto attenti all'aspetto paesaggistico, vogliano fare uno scempio delle montagne. Ribalterei la domanda che tutti si fanno: è vero che sarà uno scempio o, visti i precedenti, non lo sarà ?". Zanett rispondendo alle provocazioni di Di Simine: "Mi dispiace che il presidente di Legambiente citi Cervinia in questi termini. In passato sono stati fatti molti errori. Ma negli ultimi dieci o vent'anni la situazione è migliorata. La vocazione di Cervinia è turistica, commerciale, non si può pretendere che diventi un'oasi naturalistica”. Una simulazione al computer della megastruttura che verrà costruita sulla vetta del Piccolo Cervino Cipra Svizzera: il soldo conta più dell’ambiente L’amara constatazione viene dai rappresentanti elvetici della Commissione internazionale per la protezione delle Alpi, che confessano la loro impotenza di fronte a progetti come quello in atto sul Piccolo Cervino di PAOLA SANPIETRO "Purtroppo anche in Svizzera è l'economia a dettar legge, e l'ambiente ha poco valore. Ma deturpare le montagne non è la soluzione per il nostro sviluppo turistico". E' il duro commento di Christine Neff, presidente della Cipra Svizzera (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi), al progetto del comune di Zermatt di costruire, a scopo turistico, un centro divertimenti sulla vetta del Piccolo Cervino (3.883 metri). Un progetto che, in Italia, ha suscitato grande clamore. Signora Neff, qual è il suo parere sulla questione "Tour Eiffel sul Piccolo Cervino"? All'inizio, quando abbiamo sentito di questo progetto, pensavamo fosse uno scherzo. Ma dobbiamo prenderlo sul serio: il comune di Zermatt e anche le istituzioni turistiche sostengono questa idea con convinzione. Per noi è assolutamente assurdo. Realizzarlo significherebbe perdere tutto il rispetto verso la natura e il paesaggio. Sembra che la tecnologia debba servire a realizzare tutti i progetti, anche quelli pazzi e inadatti all'ambiente. E' così che ritiene il progetto di Zermatt? Quella torre è il primo passo per creare un centro di divertimento sulla cima del Klein Matterhorn (Piccolo Cervino), per creare un'infrastruttura complessa e intercambiabile che si trova anche nelle zone urbane in Svizzera. Così le particolarità e il carattere del paesaggio vengono distrutte. Davvero non riusciamo a capire la strategia dei risponsabili del progetto che, con questa idea, è come se vendessero tutto il capitale (paesaggio, natura) di Zermatt. Senza contare che non si sa se questo centro funzionerà anche del punto di visto economico. Come mai un progetto del genere è nato proprio in Svizzera, conosciuta in tutto il mondo per la sua attenzione all'ambiente? Le assicuro, noi che lavoriamo e abitiamo in Svizzera non vediamo così positivamente il ruolo della Svizzera nella protezione dell'ambiente. Oggi, nella politica, è dappertutto l'economia che conta. Paesaggio e natura non hanno un gran valore. Lo dimostrano tutti i progetti ideati nelle zone alpine: sono progetti per promuovere uno sviluppo turistico non sostenibile, di grandi dimensioni, che crea tanto traffico, distrugge zone protette, e via dicendo. D'altro canto devo specificare che, nel caso di Zermatt, non si può parlare di "Svizzera", perchè si tratta del Cantone Vallese. I nostri cantoni hanno ampia autonomia nella pianificazione regionale. Le decisioni dipendono quindi dalla politica del cantone e dalle amministrazioni locali. Secondo lei, è questa la miglior direttrice per lo sviluppo turistico del vostro paese? Come ho già accennato, per noi non è il modo giusto per cercare di aumentare il turismo in Svizzera. Siamo troppo piccoli per realizzare tali progetti. Non possiamo costruire le stesse cose che troviamo nelle zone urbane in cima alle montagne. Secondo noi la gente cerca esperienze particolari per le proprie vacanze, come ad esempio un panorama indisturbato, una vista di montagne pure e incontaminate. Gli altri divertimenti si possono trovare nella vita quotidiana. Si dovrebbero realizzare per lo più progetti che servono come modelli per uno sviluppo sostenibile delle Alpi. La Cipra Svizzera sta facendo qualcosa per questa situazione? La Cipra non ha le risorse e gli strumenti per intervenire: devono essere i diversi membri a reagire. Queste organizzazioni possono intervenire anche a livello legale, se si trovano aspetti contradittori. VOCABOLARIO Cipra è l’acronimo di Convenzione internazionale per la Protezione delle Alpi MN3 News.qxd 30-01-2007 17:34 Pagina 7 MN montagnanews turismo invernale 7 Ski pass, come orientarsi in una selva di offerte Diciamolo con onestà: andare a sciare, non è roba da tutti. Fare una settimana bianca, poi, lo è ancor di meno. Sì perchè sciare comporta una spesa non indifferente, soprattutto per famiglie consistenti. La situazione italiana è migliore rispetto agli altri paesi dell'arco alpino. Ma anche in Italia da quest'anno una giornata sui campi di sci è arrivata al fatidico tetto dei 40 euro. Accade nel comprensorio Dolomiti Superski. Dove il 00ticket omnicomprensivo costa 40 euro, appunto. Si tratta di un aumento di un euro rispetto allo scorso anno. Ma tale da far scattare la percezione di una soglia abbattuta. Consoliamoci, pensando che le austriache St. Anton e Sölden sono superiori di mezzo euro. Mentre a St. Moritz si arriva a 44,33 euro, e Chamonix siamo a 46 euro. Per ovviare al problema, i gestori degli impianti di risalita hanno aumentato l'offerta dei listini, in modo che gli sciatori possano scegliere la formula più adatta alle loro esigenze (sportive, familiari,o di budget). Soluzioni miste che si aggiungono ad interessanti offerte, sconti, agevolazioni e benefit come assicurazioni, skipass con altri comprensori gemellati, talvolta oltreconfine. E' il caso sempre di Dolomiti Superki che, per esempio, garantisce settimanali a metà prezzo a Vail (Stati Uniti), Bariloche (Argentina), Queenstown (Nuova Zelanda). Forse un po' troppo lontani per l'utente medio. Una formula che sembra piacere molto è quella degli skipass familiari. Ovvero, biglietto intero per un adulto, forti riduzioni o addirittura la gratuità per i bambini. E fino ai 12 anni forti sconti in ogni valle. Insomma, si investe nel futuro del turismo invernale. Poi ci sono offerte del tutto particolari. Come quella della Riserva Bianca di Limone Piemonte che ha introdotto lo «Stagionale triennale finanziato» (c’è anche biennale). In cosa consiste? Nell'acquisto di uno skipass annuale per le prossime tre stagioni.Con questa formula si risparmia molto: si pagano 1350 euro invece di 1890. Si è al riparo dagli aumenti e la società capitalizza. Ma è ovvio che stiamo parlando di prezzi e cadenze accessibili solo a persone piuttosto facoltose. Infine, a Madesimo si sono inventati il ticket da 60, 90, 120 giorni. In pratica ministagionali. La frammentazione del tempo è ancora più spinta In Friuli. Nei comprensori di Piancavallo, Tarvisio,Ravascello-Zoncolan c’è lo skipass ad ore: con validità solo giornaliera quelli da 2 a 5 ore. Mentre quello da 30 ore ha durata stagionale. Il conto alla rovescia scatta al primo passaggio al tornello. A Madonna di Campiglio ci sono anche le tessere a tempo. Ovvero 1, 2 o 3 ore a scelta nella giornata. Costano meno rispetto al "mattutino" e al "pomeridiano Insomma, tutte formule molte elastiche per venire incontro ai portafogli più variegati. STAZIONI SCIISTICHE Il nuovo impianto a fune, che parte da Ponte di Legno, è il più lungo d’Italia. Consentirà di raggiungere il Tonale in meno di un quarto d’ora. Investimento: 54 milioni di euro di RICCARDO SCARDOVA C on i suoi 5 chilometri nuovi di zecca è l’impianto di risalita più lungo d'Italia. Pronto per portare migliaia di turisti in quota in meno di 15 minuti. E’ stata inaugurata all’inizio di dicembre la cabinovia dei record che collega Ponte di Legno (in Alta Val Camonica) con il Passo del Tonale. La funivia parte dai 1260 metri del centro turistico bresciano per arrivare ai 1884 del Passo, con una stazione intermedia a 1600 metri. Il tutto inizia da Ponte di Legno nei pressi degli impianti di risalita già esistenti, e arriva nel cuore della skiarea del Passo Tonale, vicino alla seggiovia "Serodine" e di fronte alla cabinovia Presena inaugurata non più tardi dello scorso anno. L’infrastruttura è un concentrato di tecnologia. Le cabine accolgono 8 persone alla volta per una portata di circa 1.800 turisti l’ora. La cabinovia è servita dalla lunga pista da discesa della Val Sozzine. Partendo poi dalla Cima Presena per arrivare a Temù, gli appassionati potranno godere di una discesa lunga ben undici chilometri. Con questa cabinovia e gli impianti di risalita ultramoderni aperti negli anni scorsi, il comprensorio Adamello Ski (che comprende la nuova skiarea di Temù con le sue otto piste, e Ponte di Legno-Tonale) è oggi una delle più ampie e affascinanti aree sciistiche d'Italia. Nella parte bassa, le sue piste si snodano tra i boschi del Parco dell'Adamello. Nella parte alta, invece, si sviluppano tra le cime che incorniciano il ghiacciaio Presena, intorno ai tremila metri di quota. Il progetto - che in Val Camonica è già stato soprannominato il "grande sogno" - è il fiore all'occhiello del turismo invernale targato Regione Lombardia. Realizzato a tempi di record (tre soli anni, rispettando i tempi di costruzione previsti) l’intero impianto è costato 54 milioni di euro, di cui 20 ottenuti attraverso un fondo regionale. Il resto è stato finanziato grazie alla collaborazione con i Comuni dell'Alta Valle, la Provincia di Brescia, la Comunità montana di Valle Camonica e della Camera di Commercio di Brescia. “La nuova cabinovia proietta il comprensorio di Adamello Ski nel gotha delle destinazioni turistiche a livello italiano ed europeo” ha detto con soddisfazione il direttore del consorzio, Francesco Bosco. “Questo impianto - ha aggiunto Bosco - rappresenta una grandissima opportunità per il turismo in Alta Valle Al Passo del Tonale la cabinovia dei record Camonica, che già conta grande affluenza turistica italiana e straniera. Contiamo così di attrarre ancor più visitatori già da questa stagione". Grande soddisfazione anche nelle parole del sindaco di Temù Corrado Tomasi che intravede ottime prospettive per il futuro e punta a ulteriori incrementi .“Lo sviluppo turistico dell'Alta Valle Camonica - ha detto ai giornalisti - ora ha bisogno che si sviluppino altri tasselli oltre al demanio sciabile. Bisogna puntare sulla valorizzazione del territorio, promuovendo i prodotti locali, la filiera bosco-legno. E poi sulla destagionalizzazione del turismo, recuperando i sentieri della Grande Guerra e sviluppando l'offerta per le mountain bike". Case in montagna: 11mila euro al metro quadro a Madonna di Campiglio Va a gonfie vele il mercato immobiliare nelle zone del turismo invernale e non solo. Crescono le quotazioni delle case in montagna. Secondo una recente indagine dell’Ufficio studi di Tecnocasa, in gran parte delle località sciistiche dell'arco alpino i prezzi delle case nel primo semestre dell'anno scorso sono cresciuti del 3 per cento. I migliori risultati si sono avuti in Valle d'Aosta (+3,8 per cento) e Trentino Alto Adige (+3,5). Mentre in Piemonte, scemato l'effetto trainante delle Olimpiadi invernali, si sono registrate alcune lievi flessioni rispet- I PREZZI AL MQ (appartamento nuovo signorile) Bardonecchia Sauze d'Oulx Sestriere Cervinia Courmayeur Gressoney M.Campiglio Pinzolo Madesimo Ponte di Legno 6000 euro 3500 euro 6000 euro 5000 euro 9500 euro 7000 euro 11000 euro 4600 euro 6500 euro 4500 euro Fonte Tecnocasa to alla stagione precedente. Nella speciale classifica delle stazioni sciistiche più esclusive per prezzi al metro quadro, in testa c'é Madonna di Campiglio. Dove un appartamento nuovo costa 11mila euro al metro quadrato. Prezzi molto alti anche a Courmayeur dove un metro quadrato può costare fino a 9.500 euro. Seguono Gressoney-Saint Jean (7.000 euro al mq), Madesimo (6.500) e Sestriere e Bardonecchia (6.000). Sempre stando all'indagine, le tipologie di appartamente più ricercate sono i bilocali e trilocali non oltre gli 80 metri quadrati. Valle d’Aosta: vacanze sulle neve per tutti Val d’Aosta, grande successo del turismo nei rifugi Nonostante l’apertura della stagione invernale sia cominciata a rilento, un po ‘ su tutto l’arco alpino per mancanza di neve, la Valle d'Aosta offre sempre opportunità uniche e adatte a tutti gli sciatori. Dalle famiglie ai giovani, dagli sportivi agli amanti della tranquillità. Se volete soggiornare a Gressoney Saint-Jean e LaTrinité, nella valle del Lys, le strutture alberghiere accolgono il cliente, per una settimana, a partire da 840 euro. Per chi ama sciare, i prezzi degli skipass nel comprensorio 'Monterosa Ski' variano dai 182 euro per sei giorni ai 201 per sette giorni. Per chi vuole approfondire le tecniche di sci, le lezioni impartite da maestri professionisti, costano 140 euro per sei giorni e 12 ore complessive. In altre due celebri località valdostane, Breuil-Cervinia e Valtournenche, i prezzi degli skipass sono rispettivamente di 182 euro e 131 euro per sei giorni. Per gli alberghi, la scelta è vasta. Si va dai 220 euro in hotel due stelle per pernottamento e prima colazione, ai 2450 euro a notte per una suite in hotel quattro stelle Pila, altra località rinomata per lo sci, offre soggiorni a partire da 180 euro, fino a raggiungere i 740 euro per per- Buone notizie sul fronte del turismo estivo. Sempre più turisti scelgono i rifugi alpini valdostani. Lo dimostrano i dati dell’accoglienza dell'estate 2006 nelle varie strutture, diffusi ieri dall'Assessorato regionale del turismo. Oltre 62mila arrivi che segnano il miglior risultato degli ultimi cinque anni. L'assessore regionale al turismo, Ennio Pastoret, si è detto molto soddisfatto delle cifre raggiunte. Un aumento del 4,26 per cento degli arrivi e del 4,93 per cento delle presenze (68.880 unità), sono risultati ottenuti anche grazie al buon esito del progetto Interregionale "Una montagna di rifugi". L'iniziativa, che coinvolge Valle d'Aosta, Savoia e Alta Savoia, consiste in un'attività di promozione per lo sviluppo dell'accoglienza in montagna. Numerosi rifugi propongono al turista tante attività tra arrampicate, gite a cavallo, musica e danze. Non resta che incrementare l’offerta dei servizi e provare il bis con la prossima stagione estiva.... nottamento e prima colazione. Lo skipass per sei giorni costa 150 euro, fino al 21 gennaio. Per le lezioni di sci, i maestri costano tra i 115 e i 155 euro.Spostandosi nel comprensorio del Monte Bianco, a La Thuile, lo ski-pass che garantisce la libera circolazione su tutti gli impianti dell''Espace San Bernardo' (La Thuile e La Rosiere, in Francia) costa 161 euro per sette giorni. Per gli appassionati dello snowboard, cinque giorni di lezioni collettive costano 140 euro. Le tariffe alberghiere, a La Thuile, spaziano dai 770 euro per la mezza pensione in hotel tre stelle, ai 240 della più economica sistemazione con pernottamento e prima colazione in hotel due stelle. Courmayeur offre al cliente lo skipass internazionale che consente di sciare due giorni negli altri comprensori della Valle d'Aosta, un giorno a Chamonix e un giorno a Flaine Grand Massif, al prezzo di 220 euro. I maestri di sci costano dai 165 ai 180 euro a seconda del periodo. E per quanto riguarda le strutture alberghiere c'è l'imbarazzo della scelta. Si va dai 196 euro per pernottamento e prima colazione, ai 1540 euro per la mezza pensione in hotel quattro stelle. MN3 News.qxd 30-01-2007 17:34 Pagina 8 MN montagnanews 8 alpinismo Da Polenza: la sfida al K2 fa bene all’alpinismo LA SCHEDA In passato Simone Moro ha già salito il Broad Peak nell’estate 2003, in poco più di 24 ore. Tuttavia nessuno è mai riuscito a scalare la montagna d’inverno, nonostante due tentativi nel 1987/88 e 2002/03. Il K2 è considerato a livello planetario il simbolo delle difficoltà e della bellezza delle montagne. Nel 2003, Moro ha interrotto il suo tentativo a quota 7600 metri per le avverse condizioni meteo. Anche in questo caso, nessun tentativo d’invernale è mai andato a buon fine. Agostino Da Polenza, è stato il primo italiano a raggiungere la vetta del K2 dallo spigolo nord, nel 1983. Che ne pensa della spedizione di Simone Moro? Beh, in ogni caso è una grande sfida. Il Broad e il K2 in invernale sono fra le imprese più difficili dell’alpinismo odierno. Le difficoltà tecniche e le condizioni ambientali, già estreme in stagione favorevole, sul K2 rischiano di diventare mortali d’inverno. Una sfida umana ma anche tecnologica sul filo di cresta. Perchè ha detto "in ogni caso"? Dico “in ogni caso” perché tra quello che si annuncia e quello che si vuol fare, e si riesce poi a fare, passa la differenza tra “peracottai” e sportivi seri. L’annuncio di Simone è serio, prudente, attento. Certo il gioco d’effetto c’è tutto, ma credo che così vada bene, sia onesto. Lei è uno l'unico al mondo ad aver resistito per una notte in vetta. Il K2 non è "roba" da tutti i giorni. Soprattutto in invernale... Le possibilità di raggiungere la vetta si contano sulle dita di una mano, ma qualcuno che pensa a un azzardo simile ci vuole. Qualcuno che osa sfidare il conformismo alpinistico delle vie normali con ossigeno ci voleva da un pezzo. E questo va ad onore di Simone, dell’intelligente capacità d’inventare comunque obiettivi forti e nuovi anche se antichi come un’invernale al K2, di creare pathos. Quanto c'è di mediatico in questo tentativo? Qualcuno dirà che si tratta del solito annuncio sbruffone, lo specchietto delle allodole per giornalisti e sponsor. Forse, ma ci vuole coraggio anche solo a pensarlo il K2 d’inverno. Ci vuole coraggio a incamminarsi verso campo base, a mettere mani e piedi su quella montagna d’inverno. Immagino che le condizioni siano, se possibile, ancor più proibitive... E' una montagna terribilmente gelida e “ventata”, come hanno testimoniato i russi che lì si sono avventurati in quella stagione. Già questo annuncio, con l’umiltà che il caso richiede e che Simone ha espresso, è una provocazione propulsiva per l’alpinismo. Se poi gli servirà per trovare sponsor ne sono proprio contento perché le idee, le sfide, i nuovi eroi, il coraggio e gli sponsor sono proprio gli ingredienti di cui l’alpinismo ha bisogno. Simone Moro A un passo dalla storia L’alpinista va a caccia di un’impresa senza precedenti. Pochi hanno tentato e nessuno è mai riuscito a scalare le due montagne del Pakistan in condizioni invernali: troppo alti i rischi. Simone Moro, invernale al Broad Peak e K2 di S.SOTTOCORNOLA "I n un'invernale tutto si amplifica all'ennesima potenza. Infernali tempeste di neve, venti a 200 chilometri orari, temperature a 40 gradi sottozero". Così Simone Moro parla della sua “The North face Baltoro winter expedition”. E’ partito la vigilia di Natale, diretto verso Broad Peak e K2. E sarà da solo. Scalare un ottomila in invernale è una sfida che non ha paragoni. Non ci sono spit, gradi, traversate o nuove vie che tengano. Le condizioni generali in cui viene fatta chiedono un livello di resistenza, tecnica, preparazione e volontà che supera il limite umano nel 95% dei casi. Tant'è che dei 14 ottomila della Terra, solo 8 sono stati saliti d’inverno, tra il 1980 e il 1988. Le firme di queste scalate sono quasi tutte polacche. Tranne una, ancora Simone Moro sullo Shisha Pangma, il 14 gennaio 2005 insieme al Polacco Piotr Morawski. Ma per capire meglio quale sia il gelido e terribile significato di quelle che per noi sono solo parole, ma che per Simone Moro tra qualche giorno saranno realtà, abbiamo chiesto direttamente al protagonista di spiegare che cosa vuol dire. Moro, cosa significa affrontare un'invernale sugli ottomila? Basti dire che allo Shisha la temperatura più alta era di 17 gradi sottozero. Tre settimane fa, dal Karakorum mi sono arrivate notizie che a 6000 metri c'erano -39 gradi. "Invernale" significa che tutto si amplifica all'ennesima potenza, e che le antenne non le devi alzare solo durante la scalata ma devi sempre soffrire. Operazioni semplici, come l'igiene personale, la preparazione del materiale, diventano complicatissime. Hai sempre, sempre i guanti. E magari le moffole, non quelli con le 5 dita, anche al campo base, dove in estate si gira anche in maglietta. Preparare da mangiare non è semplice, i corsi d'acqua sono ghiacciati e devi spaccare e sciogliere neve e ghiaccio. In alta quota servono i fornelli a benzina. Veramente un altro pianeta. Che condizioni troverà lassù? D'inverno c'è un vento che fa paura, che abbassa ancor di più le temperature percepite. Un vento che va tranquillamente oltre i cento chilometri orari e che, quando c'è tempesta, arriva anche a duecento all'ora. E quand'è così sulla montagna non resiste niente e nessuno, i campi vengono distrutti. Il Karakorum, poi, è ancora più freddo dell'Himalaya, ecco perchè i 5 ottomila non sono ancora stati saliti nonostante vari tentativi di gruppi tra i più forti alpinisti. La differenza è come scalare un ottomila con o senza ossigeno, molto più difficile. I giorni sono più corti? Sì, ci sono meno ore di luce quindi la fase attiva è ridotta ad uno spazio di tempo minore. Non si può partire a mezzanotte dal campo, bisogna farlo quando il sole è arrivato se no crepi di freddo, solo che così ovviamente devi salire più veloce. Un vero inferno. Perchè continua a scegliere le invernali? E' l'unico gioco leale rimasto nell'himalaysmo, oggi, accanto all'apertura di vie nuove. Una solitaria come questa è quasi impossibile, una vera sfida. In altre stagioni le solitarie sono improponibili perchè ci sono sempre altre spedizioni, d'inverno invece non si bara. Non c'è nessuno che t'aiuta, nessuno che ti fa la traccia, nessuno che ha già montato campi alti, nessuno con cui dividere gli sforzi. E' difficile ma è così che io vedo l'alpinismo.Ogni volta che entro in queste invernali rivivo l'alpinismo che sognavo e ritrovo l'himalaya di cinquanta, cento, mille anni fa, correndo gli stessi rischi dei primi esploratori. Non mi interessa fare collezioni di montagne come di francobolli. Ho poche possibilità, mi costa molti soldi, ma sono i miei e sono su una montagna che vivo come dico io. Che non "imbragano" gli altri. Qual è il suo stato d’animo alla vigilia di una spedizione così importante e rischiosa? E' una delle rarissime volte che sono poco nervoso, poco teso. Mi sento lucido e consapevole, probabilmente anche per la meticolosa preparazione - atletica e psicologica - che ho affrontato negli ultimi sei mesi. Per dare un parametro, facevo 140 km di corsa alla settimana e continui allenamenti di arrampicata. Forse, è anche perchè ormai ho fatto 7 spedizioni invernali tra le Ande e l'Himalaya e so cosa aspettarmi. So quanto siano basse le possibilità di riuscita e le affronterò in maniera sportiva. Il Broad Peak è una montagna difficile, ma perlo- Alex Busca meno a differenza dei Gasherbrum non dovrebbero esserci troppe insidie legate a crepacci o seracchi che ti vengono in testa, che sono le cose che mi fanno più paura. Sarà solo? Con me ci sarà un pakistano che si occuperà di girare delle immagini e scattare fotografie. La ritengo una cosa importante perchè non c'è quasi nulla in letteratura che racconta le invernali con libri o film. Avevo chiesto a 5-6 fotografi e registi, anche polacchi, di accompagnarmi, ma quando realizzavano ciò che significava questo viaggio, rinunciavano. E così ho ingaggiato un pakistano: è un alpinista molto in gamba, ha già salito tutti e 5 gli ottomila del Pakistan e, ci tengo a sottolinearlo, non sarà un portatore d'alta quota ma un compagno di cordata che si occuperà delle immagini. Mi seguirà fin dove vorrà, fin dove decideremo insieme. Quante sono le possibilità di portare a termine quest’impresa? Direi il 10 per cento. Di riuscire solo sul Broad, invece, intorno al 20 per cento. Tutto dipenderà dalle condizioni meteorologiche. Com'è il programma dei primi giorni di viag- gio? Partirò la Vigilia, e farò Natale in cielo. Oggi come oggi, però, non so ancora come arrivare al base. Avevo mandato su del materiale quando le condizioni erano migliori, ma si è fermato ad Urdukas a 3 giorni di cammino dal base. Ora vedrò, se trovo dei portatori attrezzati salirò con loro, altrimenti valuterò il noleggio di un elicottero dell'esercito. In quel caso dovrò risolvere il problema dell'acclimatamento; non è escluso che vada a trovare gli amici polacchi al Nanga Parbat. Cosa pensa delle nomination al Piolet d'Or 2006? Secondo me sono meritevoli. Riguardo l'assenza dell'alpinismo italiano, non penso che "faccia ridere" come ho letto su qualche blog (mi piacerebbe ricordare a chi scrive queste cose quello che ho vissuto e quello che si vive, in generale, in alta quota). Ma è un alpinismo che va "in fila", che sta dietro. Con o senza portatori o ossigeno, si tratta sempre di vie normali che non meritano spazio come "salite storiche". Io forse avrei potuto sperarci se avessi realizzato la traversata senza ossigeno. In passato avrebbero potuto valere la nomination la mia invernale Shisha Pangma o la via nuova al Baruntse, con cui ho vinto il campionato d'alpinismo in Russia, da dove provengono i nominati di quest'anno. La sua sfida è stata definita "una delle più difficili e audaci degli ultimi trent’anni". Basterà per finire nelle nomination del Piolet d'Or? Forse, anche riuscendo nell'invernale, non mi inserirebbero, semplicemente perchè si tratta di un premio francese. Ma non importa, non vado mica al Broad Peak per quello, anche se non nascondo che un giorno mi piacerebbe rientrare nelle nomination... Grand Jorasses: 3 nuove vie per l’esercito Panzeri lascia i Ragni Tre nuove vie di arrampicata per il Gruppo di alta montagna degli Alpini di Aosta su un pilastro di granito di 3.466 metri, tra i ghiacciai delle Grandes Jorasses. Il capolavoro è dei valdostani Alex Busca e Marco Farina. Le vie si snodano su un pilastro a sinistra della Tour des Jorasses. Le prime due hanno uno sviluppo di 350 metri: si chiamano Vecchio Jim (difficoltà fino al 7a+) e Horizon Vertical (6c). "Abbiamo aperto entrambe le vie dal basso in tre giorni totali di parete - spiega il maresciallo degli Alpini Busca -, la chiodatura è a vista; sulle placche più difficili, dove c'è da proteggersi, abbiamo usato friend e nuts. Le soste sono a spit con due anelli di calata". La terza via, I-Nery, è più recente ed ha uno sviluppo di circa 430 metri e difficoltà 6b+. La punta raggiunta è stata battezzata dai due alpinisti "Punta Massimo", in ricordo del fratello di Marco Farina, alpinista dell'esercito scomparso a soli 24 anni su una cascata di ghiaccio in Val di Rhemes. "Le mie dimissioni dai Ragni di Lecco sono state accettate nei giorni scorsi. Ne prendo atto. La mia attività alpinistica continuerà come prima". Così Mario Panzeri, uno dei migliori himalaysti italiani, ha messo fine al suo rapporto con il gruppo alpinistico lecchese. Un addio amaro. Panzeri ha rasseganto le dimissioni dai Ragni al rientro dalla trascorsa stagione alpinistica, durante la quale ha inanellato due splendidi successi sul Makalu (8.473 m) e sul Gasherbrum II (8.035 m).Dietro la scelta, l'insoddisfazione dell'alpinista rispetto al supporto del gruppo alle attività alpinistiche. E Mondinelli fa 13 sull’Annapurna In una splendida mattina di ottobre Silvio "Gnaro" Mondinelli ha portato a termini un’altra grande impresa raggiungendo la vetta del suo tredicesimo ottomila sugli 8.091 metri del terribile Annapurna. Erano circa le otto del mattino (ora italiana) del 12 ottobre quando il "Gnaro" ha toccato il cielo con un dito - è il caso di dirlo - poi ha cominciato la discesa. Un paio d’ore più tardi è toccato a Marco Confortola e Marco Camandona arrivare sulla cima. Mondinelli è giunto sulla vetta della montagna, come sempre senza ossigeno, alle 11.30 nepalesi, insieme allo Sherpa Phemba. Partendo dai 6.600 metri di campo III e salendo dal tracciato individuato nei giorni scorsi, ha percorso la cresta sommitale del massiccio dell'Annapurna, toccando la cima principale e le cime minori. Il tempo è bello e la bufera di vento che ieri sembrava minacciare il successo della spedizione, è fortunatamente calato. "Ho iniziato a scendere perchè il pendio è in condizioni pessime - racconta Mondinelli dalla cima - e non è attrezzato nè con le corde nè con i fittoni. E' tutto un crepo, un seracco: devo riuscire a tornare a campo III con la luce del giorno". Confortola e Camandona sono rimasti indietro poco dopo la partenza per la cima, avvenuta all'una di questa notte. Nel momento in cui Mondinelli raggiungeva la cima, si trovavano a circa due ore di distanza. Aggiornamenti sono attesi nelle prossime ore. E intanto, in redazione piovevano messaggi di complimenti per Mondinelli. Tra i tanti, un bellissimo saluto dell'alpinista Mario Merelli, che da Lizzola scriveva, con il cuore in mano: "Complimenti, amico mio. O, come si dice in bergamasco: braooo!!". Per l’alpinista originario di Gardone Valtrompia (in provincia Brescia) e trapiantato ad Alagna Valsesia (Verbania) i tratta del 13esimo ottomila in carriera. Ora manca solo il Broad Peak. E in preparazione la spedizione per la prossima primavera. Gnaro in vetta all’Annapurna