Processi di recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani

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Processi di recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani
Processi di recupero e
smaltimento dei rifiuti
solidi urbani
Sistema integrato di raccolta e smaltimento
Produzione
RU
Raccolta
differenziata
Carta, vetro,
plastica, alluminio,
ingombranti
Raccolta
indifferenziata
Organico
Recupero di
materia,
riutilizzo
Compostaggio
Pretrattamenti
meccanici di
selezione
Frazione
organica
Trattamenti
biologici di
stabilizzazione
Metalli
Frazione
combustibile
Inerti
Smaltimento finale
Produzione
CDR
Trattamento
termico
Recupero di
energia
Pretrattamenti meccanici di
selezione
Fasi principali di un sistema di pre-trattamento meccanico:
→ Riduzione dimensionale, operata mediante trituratori;
→ Separazione delle componenti secondo diverse
caratteristiche:
Dimensioni (vagli);
Proprietà gravimetriche (classificatori e separatori
balistici);
Proprietà magnetiche (separatori magnetici ed
elettrostatici).
→ Compattazione.
Riduzione dimensionale
L’operazione di riduzione dimensionale ha lo scopo di diminuire ed
uniformare la pezzatura iniziale dei materiali costituenti il rifiuto in ingresso
ad un processo di trattamento, contenendola entro definiti intervalli.
L’operazione di riduzione dimensionale, pur garantendo il contenimento
delle dimensioni all’interno di un intervallo prefissato, modifica anche la
distribuzione dimensionale all’interno di tale intervallo, in funzione delle
caratteristiche del materiale, del tipo di macchinario utilizzato e della durata
del trattamento.
Se tale operazione viene eseguita al fine di agevolare le successive fasi
del trattamento, occorre considerare che, dando luogo alla modifica dei
caratteri dimensionali tipici delle diverse frazioni, influenza in modo
determinante la scelta ed i criteri di dimensionamento delle successive
unità di processo.
Riduzione dimensionale
In luogo del termine riduzione dimensionale vengono spesso
utilizzati indistintamente quali sinonimi quelli di triturazione,
macinazione o frantumazione, pur avendo gli stessi significato diverso;
infatti, l’effetto di diminuzione della pezzatura iniziale di un materiale è
da correlare alle caratteristiche di questo ed a quelle degli utensili
propri dei macchinari utilizzati, nonché alle modalità di applicazione
delle azioni meccaniche.
La riduzione dimensionale di un rifiuto viene ottenuta quasi
esclusivamente per via meccanica con l’ausilio di apparecchiature
specifiche denominate comunemente trituratori; questi macchinari
sono dotati di appositi utensili in grado di trasferire sui materiali
costituenti il rifiuto azioni meccaniche di diversa entità e natura (taglio,
impatto, ecc.), ed in grado di dar luogo alla comminuzione di questi.
Dette apparecchiature si differenziano prevalentemente in relazione
al diverso tipo di utensili di cui sono dotate, al diverso numero di questi
e alla rispettiva velocità di movimentazione. I più comuni trituratori
sono dotati di martelli, cesoie o coltelli
Riduzione dimensionale
100
90
Trattenuto percentuale cumulato [%]
RU tal quali
80
70
Rifiuti solidi tal quali
da attività commerciali
60
50
40
Rifiuti solidi
dopo triturazione
30
20
10
0
0
5
10
15
20
25
Dimensione [cm]
30
35
40
45
Mulini a martelli
I mulini a martelli sono dispositivi in grado di esercitare una efficace
azione di triturazione del rifiuto, ad opera di masse fissate su di un albero
rotante dette appunto martelli.
In tal modo, i martelli colpiscono ripetutamente i materiali costituenti il
rifiuto determinandone la progressiva riduzione dimensionale.
I mulini possono essere di tipo verticale od orizzontale, a seconda della
direzione dell’asse su cui sono montati gli utensili.
Mulini a martelli
La velocità di rotazione dell’asse su cui sono montati i martelli varia tra
1000 e 1500 giri/min
Mulino ad asse orizzontale
Mulino ad asse verticale
Trituratore a coltelli
Nel trituratore a coltelli, la riduzione dimensionale viene ottenuta a mezzo
di una serie di lame montate su uno o più (fino a tre) alberi orizzontali
rotanti, che si muovono ad una velocità angolare relativamente bassa
(circa 50÷200 giri/min) ed in verso contrario.
Il materiale, introdotto nella tramoggia di
carico, viene in contatto con tali lame
subendo un’azione di lacerazione e
triturazione. La pezzatura del materiale in
uscita dalla macchina dipende dalla
distanza tra gli alberi rotanti e tra i singoli
utensili, e generalmente varia tra 30 e
300 mm.
Trituratore a coltelli
Per l’azione di taglio esercitata e l’elevata forza rotante, i trituratori a
coltelli sono impiegati preferibilmente per ridurre dimensionalmente i
materiali difficili da triturare, come ad esempio i pneumatici.
La loro efficienza risulta
inferiore quando vengono
alimentati con materiali che
tendono ad avvolgersi attorno
ai coltelli.
Questi
vengono,
impiegati
anche
rompisacchi
peraltro,
come
Separazione
A seguito della riduzione dimensionale, i materiali presenti
nel rifiuto vengono tra loro separati sfruttando le diverse
proprietà fisiche da essi possedute, quali:
•
•
•
•
dimensioni
densità, resistenza aerodinamica, inerzia
magnetismo, conduttività elettrica
proprietà ottiche.
Sottoponendo il rifiuto a successive selezioni tra loro in
cascata, si tende ad isolare i suoi componenti al fine di
ottenere singoli prodotti con accettabili gradi di purezza.
Separazione dimensionale
L’operazione di separazione dimensionale viene comunemente definita
“vagliatura” e si basa sulle differenti dimensioni che caratterizzano i
materiali contenuti nel rifiuto trattato.
I vagli separano i materiali per pezzatura, attraverso il passaggio
attraverso uno o più corpi dotati di fori appositi (si hanno quindi vagli
mono- o pluri-stadio). Le apparecchiature di vagliatura più diffuse
sono i vagli a tamburo, i vibrovagli ed i vagli a dischi.
Il flusso entrante in un separatore dimensionale (vaglio), viene
suddiviso in due flussi distinti chiamati:
• sottovaglio: è il materiale raccolto nelle tramogge sottostanti il
separatore
• sopravaglio: è la parte di materiale che rimane sopra le “maglie” di
separazione e giunge dall’estremità della macchina.
Separazione dimensionale
Nel trattamento dei rifiuti indifferenziati, risultano
particolarmente efficienti i vagli a tamburo rotante e quelli a
dischi. Tra questi, l’ultima tipologia mostra un’elevata
efficienza di separazione nel trattamento dei rifiuti misti ed
anche di miscele diverse, contenenti materiali di forma sottile
(ad es. di carta) o aggregati (ad es. frammenti di vetro).
Per i rifiuti da raccolta differenziata, invece, si impiegano
preferibilmente i vagli vibranti a letto piano e quelli a tamburo.
Vibrovaglio
I vagli vibranti o vibrovagli sono costituiti
da una intelaiatura fissa di sostegno e da
una cassa oscillante dotata di una griglia
forata posta alla base.
Al di sotto di questa sono presenti una o
più piastre forate ulteriori, disposte sullo
stesso piano oppure su piani sfalsati, con
relative tramogge di raccolta del materiale,
e dotate di fori con diametro crescente da
monte verso valle, rispetto alla direzione
data
dall’inclinazione
del
piano
di
vagliatura.
La distribuzione dimensionale del
prodotto separato dipende dall’ampiezza e
dalla
frequenza
delle
oscillazioni,
dall’inclinazione del piano di vagliatura e
dalla dimensione dei suoi fori (solitamente
variabile da 20 a 100 mm).
Vaglio rotativo (trommel)
La superficie vagliante è costituita da una griglia o da una
piastra di forma cilindrica forata (tamburo).
Il tamburo risulta inclinato rispetto all’orizzontale e ruota attorno
al suo asse longitudinale. Il materiale da separare viene introdotto
nell’estremità frontale a quota superiore e, a seguito del moto
rotatorio, avanza venendo periodicamente in contatto con la
superficie vagliante mentre procede verso l’estremità opposta del
tamburo.
Vaglio rotativo (trommel)
Le particelle più piccole (di dimensione solitamente variabile tra
20 e 100 mm, a seconda del diametro dei fori delle maglie)
passano attraverso le aperture del vaglio e finiscono in una
tramoggia inferiore di raccolta, venendo a costituire il sottovaglio.
Le particelle aventi dimensioni superiori vengono trattenute
all’interno del tamburo e raggiungono quindi l’altra estremità dello
stesso (sopravaglio).
Il cilindro dei vagli a
tamburo
può
essere
composto
di
sezioni
contigue ciascuna con
maglie di apertura di
diverse dimensioni, così
da
consentire
al
contempo la separazione
di frazioni di materiale a
diversa granulometria.
Vagli a dischi
I vagli a dischi consistono di più assi rotanti, orizzontali e fra loro
paralleli, muniti di dischi eccentrici opportunamente sagomati (ovali,
esagonali, ecc.) che si compenetrano.
Lo spazio tra i dischi funge da dimensione discriminante nella
vagliatura dei materiali: quelli di maggiori dimensioni vengono sospinti
dalla rotazione dei dischi lungo il piano di vagliatura verso l’uscita della
macchina, mentre i materiali più fini e pesanti passano attraverso il
setaccio cadendo in un apposito vano di raccolta.
Separazione gravimetrica
A valle della separazione dimensionale può essere presente un
trattamento di separazione su base gravimetrica: tale operazione viene
effettuata su un materiale sminuzzato e già distinto nelle sue frazioni
principali.
La separazione gravimetrica si basa sulla diversa densità e resistenza
aerodinamica dei materiali costituenti il rifiuto solido.
permette un’ulteriore separazione, ottenuta sfruttando le differenti
caratteristiche del rifiuto, in termini di densità, resistenza
aerodinamica, inerzia.
I principali sistemi di separazione gravimetrica sono costituiti da:
classificatori ad aria e separatori balistici.
Classificatori ad aria
La classificazione ad aria è un’operazione unitaria utilizzata per
separare a mezzo di una corrente gassosa i materiali leggeri (ad
es. carta e plastica) da quelli pesanti (ad es. vetro), in base alle
differenti caratteristiche aerodinamiche dipendenti principalmente
dalla dimensione, geometria e densità delle particelle.
Per tale motivo, questi dispositivi vengono anche chiamati
classificatori aeraulici.
La frazione che rimane in sospensione viene generalmente
indicata, con riferimento all’effetto prodotto dalla classificazione
ad aria, come frazione leggera, mentre quella più pesante che
sedimenta è considerata frazione pesante.
Classificatori ad aria
Separatori balistici
I separatore balistici effettuano la separazione del rifiuto nelle sue diverse
componenti sfruttando le differenze di densità e di elasticità di queste.
Il rifiuto da trattare viene caricato in una tramoggia, da cui viene poi prelevato con
continuità da un dispositivo rotante.
Questo imprime una forte accelerazione alle componenti del rifiuto, e le proietta al di sopra
di alcune tramogge poste alla base di una camera chiusa.
Gli elementi dotati di maggiore
densità e di forma compatta,
seguiranno una traiettoria cui
corrisponderà una maggiore
gittata, rispetto agli elementi
leggeri, caratterizzati da una
minore densità e, generalmente,
da forme che offrono maggiore
resistenza al moto.
Separatori balistici
Ulteriori configurazioni si basano sul movimento ciclico di elementi
posti su un piano inclinato che risultano dotati di artigli, i quali
imprimono un movimento di avanzamento verso l’alto, per successivi
moti balistici della componente leggera; al contempo, le frazioni
pesanti tendono a rotolare verso il basso, sul piano inclinato.
rifiuti
triturati
a nastro
trasportatore
particelle
elastiche
pesanti
particelle
anelastiche
leggere
Separatori balistici
Altre configurazioni sfruttano le proprietà elastiche delle diverse
componenti del rifiuto. Un nastro trasportatore, movendosi ad alta
velocità tra alcune pulegge, lancia il rifiuto contro una parete elastica
costituita da un disco ricoperto di gomma e ruotante in un piano
ortogonale alla direzione di lancio: a seguito dell’urto contro la superficie
del disco, le componenti del rifiuto rimbalzano seguendo traiettorie
differenti a seconda dell’elasticità propria, potendo così venire separate e
raccolte in diversi vani posti alla base di tale struttura.
rifiuti
triturati
piastra per
rimbalzo
cilindro
a rimbalzo
particelle
elastiche
pesanti
particelle
anelastiche
leggere
Separazione magnetica
La frazione di materiale ferroso presente in un insieme di diversi
materiali (rifiuti tal quali o pretrattati, residui di incenerimento,
prodotti provenienti da raccolta differenziata…) può essere separata
per mezzo di magneti permanenti o elettromagneti. La tecnica è
impiegata ampiamente, e permette efficienze di separazione superiori
al 95%.
Le apparecchiature più note in tal senso possono essere
principalmente del tipo a tamburo oppure a nastro.
Oltre alla separazione dei metalli ferrosi dal rifiuto, è possibile
recuperare i metalli non ferrosi, quali l’alluminio, il rame, l’acciaio
inox puro, l’ottone, ecc... tramite un separatore detto “a correnti
indotte” o ECS (Eddy Current System).
Separazione magnetica
Nel separatore magnetico a tamburo, il magnete è posto all’interno
di una delle due pulegge tra cui scorre un nastro dentato.
A causa della presenza del magnete, la componente ferrosa
presente all’interno del rifiuto trattato rimane adiacente al tamburo
per un tratto superiore rispetto alla rimanente parte di rifiuto che
quindi, lasciata libera di cadere, seguirà una diversa traiettoria.
Il materiale ferroso così estratto
solitamente risulta non essere
perfettamente pulito (specie se ci si
riferisce alla deferizzazione del rifiuto
solido indifferenziato), per cui può
risultare necessario procedere ad
un’ulteriore fase di separazione dei
metalli ferrosi, al fine di eliminare le
componenti indesiderate presenti
(carta, sacchetti di plastica, ecc.).
Separatori magnetici
Nel caso del separatore magnetico a nastro, il magnete è inserito tra le
due pulegge di un nastro trasportatore palettato. Tale dispositivo viene
collocato al di sopra del nastro su cui scorre il rifiuto, perpendicolarmente
all’asse di questo. Le frazioni dotate di proprietà magnetiche presenti
all’interno del rifiuto vengono attratte e quindi trasferite lontano dal nastro
trasportatore. Al contrario, quelle non magnetiche cadono in una
direzione differente sotto l’effetto del peso proprio.
Separatori magnetici
Separatori a correnti indotte o Eddy Current System
Un qualsiasi corpo metallico che attraversa un campo magnetico variabile è
soggetto ad una forza che tende a respingerlo dalla fonte del campo medesimo;
perciò, convogliando del materiale composto da un insieme di metalli non ferrosi e
corpi non metallici attraverso un campo magnetico variabile, le due frazioni che
compongono il flusso tenderanno a venire separate l’una dall’altra.
In un separatore ECS è presente un rotore magnetico con linee di campo a
polarità alternata (nord – sud) attorno alla propria circonferenza; questo è posto in
rotazione ad alta velocità all’interno di un tamburo attorno a cui scorre un nastro
trasportatore, generando così un campo magnetico alternato rotante ed a elevata
frequenza (350-1000Hz). Quando il materiale posto sul nastro raggiunge
l’estremità in cui è sito il rotore, le componenti metalliche non ferrose in esso
presenti, risentendo della forza di repulsione indotta dal campo magnetico che
stanno attraversando, vengono allontanate dal rimanente materiale.
Separatori a correnti indotte o Eddy
Current System
Compattazione
Alcuni dei differenti materiali ottenuti dai rifiuti sono sottoposti a
operazioni di compattazione, al fine di agevolare operazioni di
trasporto, immagazzinamento o riutilizzo.
I sistemi più comuni prevedono la riduzione dei materiali in balle,
bricchette (blocchetti) o pellets (cilindretti).
La compattazione in balle è particolarmente utile negli impianti di
trattamento di materiali selezionati (cartoni, giornali, contenitori di
plastica, lattine di alluminio, cassette di legno, ecc...); infatti, le
balle possono essere facilmente movimentate con semplici carrelli,
e permettono di facilitare le operazioni di stoccaggio in magazzini
e mezzi di trasporto (camion, treno..)
Essa viene utilizzata anche per compattare i rifiuti secchi non
riciclabili da conferire in discarica: vengono razionalizzati così la
movimentazione, il trasporto e il conferimento.
Compattazione
La compattazione dei rifiuti in forma di bricchette o pellets si
esegue in particolare per materiale combustibile, da utilizzarsi ad
esempio negli impianti di termovalorizzazione.
La riduzione in blocchetti viene maggiormente sfruttata per
produrre CDR compatto, da impiegarsi in seguito come
combustibile presso impianti di termovalorizzazione sia
tradizionali, sia di gassificazione e pirolisi.
In base alle pressioni di esercizio delle tecnologie impiegate, la
percentuale di riduzione del volume del materiale può superare
l’80%.
La densità ottenibile può essere nell’ordine di 1 t/m3.
Compattazione
Stabilizzazione biologica
I processi di trattamento biologico dei rifiuti consistono
nella degradazione biologica della frazione organica del
rifiuto da parte di microrganismi. Lo scopo del processo è
la mineralizzazione delle componenti organiche
maggiormente degradabili e l’igienizzazione.
Definizioni (art. 183 D.Lgs 152/06)
Rifiuto organico: Rifiuti biodegradabili di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina
prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti
simili prodotti dall’industria alimentare raccolti in modo differenziato.
Autocompostaggio: compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da
utenze domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito del materiale prodotto.
Rifiuto biostabilizzato: rifiuto ottenuto dal trattamento biologico aerobico o anaerobico di rifiuti
indifferenziati, nel rispetto di apposite norme tecniche, da adottarsi a cura dello Stato, finalizzate
a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a
definirne i gradi di qualità.
Compost di qualità: prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti
separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall’allegato 2 del D.Lgs 29
Aprile 2010, e successive modificazioni.
Digestato di qualità: prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti
separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali.
Degradazione aerobica
Si parla di COMPOSTAGGIO quando la matrice organica
sottoposta al trattamento biologico è costituita da frazioni
organiche selezionate alla fonte (raccolta differenziata); in
tal caso il processo permette l’ottenimento finale di un
prodotto – il compost – che può essere utilizzato in
agricoltura come ammendante del terreno.
Degradazione aerobica
Nel caso in cui si sottoponga al processo di biodegradazione aerobica
una frazione organica derivante da selezione meccanica del rifiuto
ottenuto dalla raccolta indifferenziata, non è possibile ottenere un
prodotto adatto all’uso agricolo.
In questo caso lo scopo del processo è la stabilizzazione della
frazione organica (riduzione della fermentescibilità) insieme alla
riduzione dei patogeni (igienizzazione) e dell’umidità del prodotto.
Non si parla più di compostaggio, ma di
Stabilizzazione Biologica Aerobica (SBA).
Il prodotto finale che si ottiene in questo caso viene chiamato
Frazione Organica Stabilizzata (FOS) ed ha il vantaggio di essere
più facilmente gestibile rispetto al rifiuto organico di partenza.
Degradazione aerobica
RUI
RD organico
COMPOSTAGGIO
Compost
SELEZIONE
FORSU
BIOSTABILIZZAZIONE
FOS
Mercato
“Capping”
discarica
Ripristini
ambientali
CDR: Definizioni (Abrogato)
Il D.Lgs. 152/06 definisce il Combustibile da Rifiuti (CDR)
come: “Il combustibile classificabile, sulla base delle norme
tecniche Uni 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni,
come Rdf di qualità normale, che è recuperato dai rifiuti
urbani e speciali non pericolosi mediante trattamenti
finalizzati a garantire un potere calorifico adeguato al suo
utilizzo, nonché a ridurre e controllare:
1) il rischio ambientale e sanitario;
2) la presenza di materiale metallico, vetri, inerti, materiale
putrescibile e il contenuto di umidità;
3) la presenza di sostanze pericolose, in particolare ai fini della
combustione.”
E’ invece definito Combustibile da rifiuti di qualità elevata
(Cdr-Q): “il combustibile classificabile, sulla base delle
norme tecniche Uni 9903-1 e successive modifiche ed
integrazioni, come Rdf di qualità elevata, cui si applica
l’articolo 229”.
CDR caratteristiche (Abrogato)
La distinzione fra Cdr e Cdr-Q si basa sulle caratteristiche chimico/fisiche dei
materiali; in particolare esso viene classificato in base al contenuto in
materiali inerti ed inquinanti:
CSS: Combustibile Solido Secondario
Tra le modifiche apportate al D.Lgs 152/10 dal D.Lgs 205/10, vi è
l’eliminazione della definizione del combustibile da rifiuti (CDR) e il
relativo art. 229 e l’introduzione della definizione di un nuovo
combustibile da rifiuti - il combustibile solido secondario (CSS) le cui specifiche non si rifanno più alla norma UNI 9903 ma alla UNI
CEN/TS 15359.
La nuova norma europea apporta sostanziali novità rispetto alla
precedente norma UNI 9903-1 in quanto prevede, per la
classificazione del combustibile, unicamente una griglia di tre
parametri (cloro, mercurio e potere calorifico) per cinque classi. A
questi si aggiungono ulteriori parametri (obbligatori e non) che
rappresentano le specifiche tecniche da definirsi tra il produttore e
l’utilizzatore.
CSS: Definizione (Art. 183)
Combustibile Solido Secondario (CSS):
«il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le
caratteristiche di classificazione e di specificazione
individuate dalle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e
successive modifiche ed integrazioni; fatta salva
L’applicazione dell’art. 184-ter, il combustibile solido
secondario è classificato come rifiuto speciale.»
CSS: Caratteristiche di qualità (UNI CEN/TS 15359)
Produzione di CDR
Il CDR viene prodotto da impianti di valorizzazione energetica del
rifiuto secco. Tali impianti possono trattare sia il materiale di
sopravaglio delle linee di selezione del rifiuto indifferenziato che il
secco eterogeneo da raccolta differenziata.
Il materiale da trattare è costituito principalmente da carta,
cartoni, plastiche, stracci, gomme, poliaccoppiati ma anche da
residui metallici e inerti, considerati come impurezza del CDR.
Produzione di CDR
A seconda del tipo di forno a cui è destinato il Cdr può essere prodotto
come Fluff (materiale costituito da particelle sfuse e sottili di
pezzatura dell’ordine di 2-3 cm, destinato a forni a griglia o a letto
fluido circolante), pressato in bricchette (CDR tipo fluff a cui si fa
seguire un trattamento di addensamento per migliorare stoccaggio e
trasporto), oppure essere addensato in balle.