Espoarte - Collezione Maramotti

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Espoarte - Collezione Maramotti
Kaarina
Kaikkonen
intervista di daniela trincia
La memoria degli oggetti
Finlandia, Cile, Francia, Stati Uniti, Italia, Grecia, Polonia, Inghilterra e Russia sono questi
solo alcuni dei Paesi che, negli ultimi due
anni, hanno ospitato Kaarina Kaikkonen.
Capelli lunghi segnati dagli anni, occhi
scuri, viso solare e incarnato bianco, con
l’espressione gioiosa dei tipici troll, l’artista
– che ha esposto pressoché nei quattro
angoli dell’emisfero con collettive e importanti personali in prestigiose sedi museali
– resta tuttavia legata alla sua terra natia,
la Finlandia. Nata nel 1952 e diplomata
nell’83 al Finnish Academy of Fine Arts, è
difatti reduce dalla partecipazione al Wa-
shington Festival Nordic Cool 2013, che
ha visto la presenza di oltre settecentocinquanta artisti di diverse discipline, dal teatro alla musica, dalla cucina alle arti visive.
Con Are We Still Afloat?, un’installazione
che assume la forma di una barca, che si
estende per sessanta metri, con un’altezza di tredici e larghezza di sei e realizzata,
come sua prassi artistica, con milleduecento camicie donate, Kaarina ha occupato la hall principale del Kennedy Center in una versione più imponente, e con
ulteriori sfumature di significato, di quella
proposta, fino al 21 aprile, alla Collezione
Maramotti di Reggio Emilia (Are We Still
Going On?). Titanica impresa alla quale ha
seguito l’altra importante personale suddivisa tra le sedi del Museo della Memoria
e dei Diritti Umani e del Museo delle Belle
Arti di Santiago del Cile. Prediligendo vestiti, scarpe, posate, carta e, in generale,
semplici elementi di uso quotidiano, Kaarina si contraddistingue anche per concepire i suoi lavori esclusivamente per il luogo
ospitante. Perché per lei ogni oggetto ha
un indiscusso valore...
In queste pagine: Kaarina Kaikkonen, Are We Still Going On?, 2012, installazione site specific, Collezione Maramotti, Reggio Emilia. Foto: Dario Lasagni
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all’interno del Museo della Memoria e dei Diritti Umani?
L’idea di questa collaborazione è emersa anni fa quando, nel 2003, la curatrice Julia
Herzberg vide le mie opere alla Biennale dell’Avana. Mi sono posta umilmente davanti
a questa sfida. Un museo che custodisce le tracce delle persone nella storia, nella memoria: mi sento sempre molto vicina a questi soggetti. La sala nel museo MNBA ha una
cupola in vetro molto bella attraverso la quale si può vedere il cielo. Io ho tentato di creare
un dialogo tra il cielo e le persone.
Nel lavoro per il MAXXI di Roma hai coinvolto anche gli abitanti, invitandoli a consegnare abiti di bambini. Come mai chiedi di portare degli indumenti che non hanno una
Kaarina Kaikkonen, Me and Others, 2012, camicie e
giacche da uomo, cm 183x232. Courtesy: z2o Galleria | Sara
Zanin. Foto: Giorgio Benni
Daniela Trincia: Per te è molto importante la memoria...
Kaarina Kaikkonen: Al principio era una sorta di auto terapia: il lavoro racchiudeva la
memoria di mio padre che scomparve improvvisamente davanti ai miei occhi, per un
attacco cardiaco, quando ero bambina. Grazie al lavoro mi sentivo più al sicuro come
persona. In seguito, le mie opere hanno iniziato a parlare sempre più di me stessa, del
mio atteggiamento nei confronti della vita, dell’esistenza in generale.
Il site-specific regola ogni tuo lavoro. Quale valore ha per te il luogo?
Vado sempre a vedere e “sentire” lo spazio in anticipo. Rifletto sulla storia e sul significato
del luogo, e su cosa sono io in quel momento. L’opera finale è sempre una combinazione
di me e della mia storia attuale con il contenuto (compresi forme, materiali, colori) e la
storia del luogo nel quale intervengo. Sono molto incuriosita dalla percezione: ciò che si
avverte è relazionato allo stato attuale della propria vita e alle esperienze precedenti. Le
persone vedono cose differenti nelle opere d’arte, dando interpretazioni differenti. Nei
miei lavori, presento un personale punto di vista con il quale il pubblico può interagire.
È un dialogo. In questo modo anche lo spettatore è un artista, creiamo l’opera d’arte
insieme.
Ultimamente hai creato grandi installazioni in Italia, Stati Uniti e Cile, tre paesi diversi
per i quali hai realizzato opere in contesti differenti. Cosa ti ha guidato nel lavoro
Kaarina Kaikkonen, Towards Tomorrow, 2012, installazione
site-specific, MAXXI, Roma
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Kaarina Kaikkonen, Are We Still Afloat, 2013, installazione
site-specific, Nordic Cool Festival, Kennedy Center,
Washington DC
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memoria a te direttamente collegata?
Ho riflettuto su come un piccolo essere umano sia molto simile ad altri. Penso sia interessante coinvolgere nel mio lavoro anche le memorie di altre persone. Inizialmente
lavoravo soltanto con giacche appartenute a mio padre o con altre che fossero molto
simili. Lavoravo anche con scarpe appartenute a mia madre. Ma ora credo che la mia
memoria personale non sia importante. Mi sento più libera adesso, posso lavorare anche
con i ricordi di altre persone, non soltanto con i miei... [sorride, n.d.r.]. Penso che ogni
camicia usata nel mio lavoro abbia avuto al suo interno un cuore ardente di amore. Così,
ogni camicia porta ancora una piccola parte dell’energia della persona... e io rispetto
tutte le camicie!
Fino ad oggi, qual è il lavoro più impegnativo che hai realizzato?
Forse è stato Way, nel 2000, un lavoro sui gradini della Cattedrale di Helsinki. Ero molto
spaventata al principio – non riuscivo a dormire – e il lavoro si è rivelato molto più potente
di quanto avessi potuto immaginare all’inizio. Anche il riscontro è stato molto forte: le
persone ancora ricordano il lavoro, nonostante sia stato lì solo per dieci giorni, tredici
anni fa.
Ritratto di Kaarina Kaikkonen con Are We Still Going On?,
2012, installazione site specific, Collezione Maramotti, Reggio
Emilia. Foto: Dario Lasagni
E il colore, ha per te una certa fascinazione?
Sì, all’inizio ho studiato pittura e il colore è per me interessante.
Hai già in programma dei lavori per il 2014, nel tuo Paese: come ti senti quando torni a
“lavorare in casa” dopo tanto vagare?
Quando torno a casa, la prima sera ho sempre bisogno di andare nella mia incantevole
sauna e rilassarmi. Mi chiedo sempre come si possa vivere senza sauna. Provo pena per
chi non ha una sauna: se non si è finlandesi è difficile da capire. Ho inoltre bisogno di
stare con la mia famiglia, incontrare i miei amici, mangiare e dormire bene. Poi devo pulire
molte cose. E iniziare a lavorare su nuove idee.
Quanto sei credente? E nel caso, qual è la religione che ti offre più risposte?
Ho iniziato a credere in molte cose. Penso che tutte le religioni siano interessanti e siano
state importanti, anche se oggigiorno in Europa non sono molto popolari. Anche l’idea
di Anima lo è.
In Are We Still Going On? presentato a Reggio Emilia c’è una sorta di contrapposizione
e complementarità tra uomo/donna: senti forte quest’opposizione?
In questo lavoro, Uomo e Donna sono su lati opposti ma hanno bisogno l’uno dell’altra;
sono diversi ma molto uguali; si guardano l’un l’altro, in calma e tranquillità. Quest’opera
è stata una sorpresa: una volta terminata, ho avuto la sensazione di trovarmi in un luogo
tranquillo e molto sicuro. Allora il lavoro si è voltato verso di me sussurrando: “sono qui,
guardami, ascoltami e impara”.
Kaarina Kaikkonen è nata nel 1952 a
Lisalmi (Finlandia). Vive e lavora ad
Helsinki.
Evento in corso:
Kaarina Kaikkonen. Are We Still Going
On?
Collezione Maramotti
Via Fratelli Cervi 66, Reggio Emilia
Fino al 21 aprile 2013
Kaarina Kaikkonen. Dos proyectos:
Huellas y Diálogos
Huellas
Museo de la Memoria y los Derechos
Humanos
Matucana 501, Santiago, Chile
19 marzo - 30 giugno 2013
Diálogos
Museo Nacional de Bellas Artes
Parque Forestal s/n, Santiago, Chile
21 marzo - 26 maggio 2013
Galleria di riferimento:
z2o Galleria Sara Zanin, Roma
Galerie Forsblom, Helsinki
Kaarina Kaikkonen, Way, 2000, maglioni da uomo,
Cattedrale di Helsinki
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Kaarina Kaikkonen, I try to fly, 2012, camicie da uomo,
cm 104x241x47. Courtesy: z2o Galleria | Sara Zanin.
Foto: Giorgio Benni
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