1 Il decreto-legge tra Corte costituzionale e Presidente della

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1 Il decreto-legge tra Corte costituzionale e Presidente della
Il decreto-legge tra Corte costituzionale e Presidente della Repubblica dopo la “seconda svolta”
Angioletta Sperti
1. Premessa.
Nel 2006, a dieci anni dalla sent. n. 360/1996 della Corte costituzionale,1 tracciando un
bilancio sullo stato della decretazione di urgenza e sulle prospettive della giurisprudenza
costituzionale, la dottrina, pur apprezzando il superamento della prassi della reiterazione, osservò
come fosse rimasto pressoché immutato il tasso “strutturale” di ricorso alla decretazione di
urgenza nel nostro Paese2.
Il ricorso al decreto-legge in relazione con i dati complessivi della legislazione consentì infatti
di ritenere che “l’emergenza nel nostro ordinamento fosse ancora infinita”: accanto infatti al
consolidarsi della prassi secondo cui “quando il Governo esercita la sua iniziativa legislativa
parlamentare, lo fa attraverso un (d.l. e relativo) disegno di conversione”3 si osservò, sul piano più
della giurisprudenza costituzionale, l’assenza di una garanzia effettiva di legittimità della
decretazione di urgenza.4
È noto infatti, come, dopo la sent. n. 360 del 1996, potesse ritenersi consolidata l’insufficienza
della mancanza dei requisiti di cui all’art. 77 Cost. ai fini della incostituzionalità del d.l. Solo
un’“evidente” mancanza dei presupposti avrebbe, infatti, potuto condurre ad una dichiarazione di
incostituzionalità5 poiché la Corte aveva valorizzato quel passaggio della sentenza n. 29 del 1995 in
cui si ravvisava proprio nella evidente mancanza dei requisiti prescritti dall’art. 77 Cost. tanto un
vizio di legittimità costituzionale del d.l. che un vizio in procedendo della l. di conv .6
Per questo motivo - si concludeva - “l’apertura della Corte operata attraverso la stessa sent.
n. 29 del 1995 “[era] poi risultata più apparente che reale e si [era] immediatamente richiusa” e si
osservava come la Corte avesse dunque, nel complesso, preferito limitarsi “ad un intervento solo
in casi del tutto patologici e lasciando invece che il problema [venisse] affrontato e risolto nei
rapporti tra poteri”.7
Sent. n. 360/1996 in Giur. cost., 1996, 3147 ss., con nota di SORRENTINO, La reiterazione dei decreti-legge di fronte
alla Corte costituzionale, 3157 ss.
2 A. SIMONCINI, Tendenze recenti della decretazione di urgenza in Italia, in A. SIMONCINI (a cura di), L’emergenza
infinita. La decretazione di urgenza in Italia, Macerata, 2004, p. 35 secondo cui “al di là di variazioni trascurabili,
[tale “tasso strutturale” di ricorso alla decretazione di urgenza] non risente dei cambiamenti di maggioranza
politica o dei periodi storici”. L’entità del tasso fu calcolata intorno ai 4 dd.ll. al mese; essa, più precisamente,
non presenta – secondo la ricostruzione di SIMONCINI - una variazione significativa dagli anni Settanta al
decennio successivo alla sent. n. 360/1996.
3 SIMONCINI, ibidem, p. 37.
4 R. ROMBOLI, Le vicende della decretazione di urgenza negli anni 1995-97 tra Corte costituzionale ed ipotesi di
revisione dell’art. 77 Cost., in Studi Elia, II, Giuffrè, 1999, 1480 ss. in part. 1487 ss.
5 R. ROMBOLI, Decreto-legge e giurisprudenza costituzionale, in L’emergenza infinita, cit., 111.
6 Sent. n. 29 /1995 (in part. § 2 cons. dir.) in Giur. It., 1995, 394 con nota di A. CELOTTO, Rilevanti aperture della
Corte costituzionale sulla sindacabilità dei dd.ll .
7 ROMBOLI, D.l. e giurisprudenza costituzionale, cit., pp. 115-6.
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Trascorsi oggi quindici anni dalla sent. n. 360 del 1996, ed intervenuta una nuova svolta
“storica”8 nella giurisprudenza costituzionale grazie alle sentt. n. 171 del 20079 e 128 del 200810,ci
proponiamo di approfondire l’analisi dei più recenti sviluppi giurisprudenziali per valutare –
anche alla luce delle tendenze più recenti della decretazione di urgenza e della ricostruzione della
funzione oggi assolta da tale fonte del diritto – quanto efficaci possano ritenersi le nuove risposte
offerte dalla Corte costituzionale. Tuttavia, come si dirà, l’esame dei test articolati dalla Corte per
giudicare della legittimità dei d.l. e delle difficoltà interpretative da essi posti, non può esser
condotto senza guardare, al tempo stesso, alle tendenze della decretazione di urgenza degli ultimi
anni, nonché agli interventi che, soprattutto dal 2007, sono stati svolti dal Presidente della
Repubblica sulle distorsioni delle prassi applicative dell’art. 77, secondo comma, Cost.
2.1 Il quadro generale: le tendenze della decretazione di urgenza nelle ultime due legislature
a) Occorre innanzitutto ricordare che un’analisi meramente quantitativa del ricorso al d.l.
nella XV e XVI legislatura rileva la persistenza di un andamento sostanzialmente costante
del numero assoluto dei decreti emanati11 che sembra attestarsi su una media mensile di
circa 2 dd.ll. nell’attuale legislatura.12 Si tratta di un dato analogo a quello della precedente
legislatura e più basso rispetto a quello relativo alle precedenti XIII e XIV legislatura.13
b) Tuttavia, come già rilevato in passato, il numero assoluto di dd.ll. non fornisce un quadro
sufficientemente significativo della reale entità del ricorso alla decretazione di urgenza e
delle sue implicazioni. La relazione 2010 al Comitato per la legislazione della Camera dei
deputati del suo Presidente evidenzia, infatti, che non tutti i dd.ll. hanno eguale “peso”: a
fronte di numero di dd.ll. dal contenuto circoscritto ed omogeneo o parzialmente
omogeneo, se ne contano altrettanti il cui contenuto incide su settori più o meno
eterogenei.14 Fra questi il massimo livello di eterogeneità si riscontra nei decreti cd. mille
proroghe15, ma non mancano esempi significativi nei decreti adottati per fronteggiare la
crisi economica e favorire lo sviluppo, nonché nelle “catene” di decreti per fronteggiare
situazioni di emergenza (quali l’emergenza rifiuti in Campania).
R. ROMBOLI, Una sentenza «storica»: la dichiarazione di incostituzionalità di un d.l. per evidente mancanza dei
presupposti di necessità ed urgenza, in Foro It., 2007, I, 1986 e ss.
9 Sent. n. 171/2007 in Giur. Cost., 2007, 1676 ss. con nota di F. SORRENTINO, Ancora sui rapporti tra d.l. e l. di
conv.: sino a che punto i vizi del primo possono essere sanati dalla seconda?
10 Sent. n. 128/2008 in Foro It., 2008, I, 3044 con nota di R. ROMBOLI, Ancora una dichiarazione di
incostituzionalità di un d.l. (e della l. di conv.) per evidente mancanza dei presupposti: qualche interrogativo sul
significato e sugli effetti di alcune affermazioni della Corte.
11 Relazione al Comitato per la legislazione del Presidente On. Lino Duilio (31 dicembre 2009).
12 I dd.ll., a partire dal 1 maggio 2008 sino al 15 maggio 2011, sono in totale 75 per una media approssimativa
di 2 d.l. al mese. Ad essi potrebbe aggiungersi il d.l. approvato (ma non emanato) per la dolorosa vicenda di
E. Englaro.
13 Il dato della precedente legislatura risulta infatti essere di circa 2 dd.ll. mensili, a fronte di una media di
3,36 e di 3, 66 rispettivamente nella XIII e nella XIV legislatura. Si v. i dati del Rapporto 2010 dell’Osservatorio
sulla legislazione della Camera dei Deputati (29 aprile 2010) e quelli forniti dall’Osservatorio sulle fonti (a
cura di A. SIMONCINI e E. LONGO) e relativi, per la XVI legislatura, al periodo 1 maggio 2010 -14 luglio 2010.
14 Si v. in particolare i dati riportati nella relazione dell’On. Duilio il quale al 31 dicembre 2009 rilevava che
solo un 56,82% dei dd.ll. poteva propriamente qualificarsi come omogeneo (a fronte di un tasso di
omogeneità molto più alto nella precedente legislatura, pari al 70%).
15 In particolare i d.l. 97/2008; 113/2008; 207/2008; 78/2009; 194/2009; 225/2010.
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c) La quasi totalità dei dd.ll. viene convertita in legge con modificazioni16. Tuttavia anche
questo dato – valutato isolatamente – non è significativo della reale entità del ricorso alla
decretazione di urgenza. Se poste in relazione con il quadro complessivo dell’attività
legislativa, le leggi di conversione rappresentano nella XVI legislatura circa il 29% del totale
delle leggi approvate.17
d) Un ulteriore elemento rilevante ai fini dell’inquadramento delle tendenze complessive del
ricorso al d.l. attiene all’incremento quantitativo che i decreti subiscono nel procedimento
di conversione. Sebbene alcuni decreti presentino già un testo iniziale molto corposo (si
pensi a quelli attinenti alla materia economica),18 dai dati raccolti ed analizzati in più
ricerche recenti, emerge come “la lunghezza media degli articoli (computata attraverso un
conteggio di commi ed articoli) esploda nel successivo procedimento di conversione”.19 Il
dato appare significativo soprattutto per i cd. decreti mille proroghe che equivalgono
oramai a vere proprie “leggi finanziarie” a cadenza tendenzialmente semestrale.20
Sebbene, dunque, il numero complessivo delle leggi di conversione approvate
nell’attuale legislatura non sia più elevato del passato, il mero dato quantitativo non può
ritenersi significativo: l’eterogeneità del d.l. emerge o si accentua nel corso dell’iter
parlamentare, soprattutto al Senato dove la prassi parlamentare in merito alla
presentazione di emendamenti è più tollerante. Un esempio può darsi per tutti: il d.l.
contenente la cd. manovra di estate (d.l. n. 112/2008) il cui testo, già inizialmente
contenente 490 commi, è divenuto di oltre 700 commi al momento della conversione.
e) La difficoltà di gestione del procedimento di conversione da parte delle commissioni, date
la ristrettezza dei tempi dell’esame e l’eterogeneità di decreti e leggi di conversione, è
accresciuta dai frequenti accorpamenti tra dd.ll. Si tratta di un escamotage cui si ricorre per
rispettare la data di scadenza del termine per la conversione soprattutto per i dd.ll.
approvati a ridosso della pausa estiva.21
f) Rilevante è poi il fenomeno delle già richiamate “catene” di dd.ll. disciplinanti lo stesso
ambito materiale. La dottrina ha evidenziato come, in alcuni ambiti tematici, più dd.ll. si
succedano nell'arco di pochi mesi ridisciplinando la stessa materia anche durante la fase di
conversione dei precedenti decreti della catena. 22
g) L’incertezza prodotta dalla sovrapposizione di tali provvedimenti è accresciuta dal
fenomeno dei cd. “decreti-legge a perdere”: come nel caso dei decreti relativi alla vicenda
Alitalia, dopo un primo intervento con d.l., il Governo ha perfezionato nel tempo gli
accordi politici sulla questione oggetto di un primo d.l. e, al fine di dare seguito ad essi, ha
optato per l’adozione di ulteriori decreti i quali, quasi paradossalmente, sono poi lasciati
decadere per mancata conversione per essere da ultimo recuperati – nel loro contenuto
Dei 75 dd.ll. adottati nell’attuale legislatura, 58 sono stati convertiti in legge con modificazioni, 5 sono
attualmente all’esame del Parlamento, 8 sono decaduti, mentre 2 sono stati respinti.
17 V. appunti del Comitato per la legislazione del 15 maggio 2011, cit., p. 8.
18 Cfr. relazione Duilio, cit., in part. p. 20 ss. la quale menziona, fra i decreti il cui testo iniziale supera i 40.000
caratteri a stampa, il d.l. Bersani (n. 223/2006); i collegati alla finanziaria 2007 e 2008 (dd.ll. n. 262/2006 e
159/2007) e nell’attuale legislatura il d.l. n. 112/2008 (cd. manovra d’estate) che contava all’origine 490
commi (poi diventati 702 in sede di conversione).
19 Cfr. relazione Duilio, p. 15 ss., da cui emerge che un tasso di incremento nel passaggio alla l. di conv. del
45% e del 64% nella XVI legislatura se computato, rispettivamente sulla base del numero degli articoli o dei
commi. I dati rilevano dunque, stando al rapporto, che questo dato sembra accelerare nell’ultima legislatura
rispetto alla precedente in cui gli incrementi quantitativi, misurati su articoli e commi, erano rispettivamente
del 15% e del 44,5%. Sul tema anche R. ZACCARIA – E. ALBANESI, Il d.l. tra teoria e prassi, in
www.forumcostituzionale.it (22 giugno 2009), p. 4 ss.
20 Si v. la lettera del Presidente Napolitano del 22 febbraio 2011 ai Presidenti delle Camere ed al Presidente
del consiglio.
21 Relazione Duilio, cit., p. 25 ss.
22 ZACCARIA – ALBANESI, cit., § 2 ss.
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normativo - nella veste di emendamenti al d.d.l. di conversione del primo d.l. della
catena.23 In altri casi – come nella vicenda delle cd. quote latte - il d.l. è decaduto, ma il suo
contenuto normativo è stato poi recepito nella veste di emendamento alla l. di conv. di un
altro d.l. non attinente allo stesso ambito materiale.24
Si deve inoltre osservare che il mancato o il minimo avvio del procedimento di conversione
dei dd.ll. “a perdere” faccia sì che gli atti ed effetti da essi prodotti vengano fatti salvi da
clausole di sanatoria non approvate ai sensi dell'art. 77, ultimo comma, Cost., ma contenute
– come nel caso del d.l. sulle quote latte – nella l. di conv. del secondo d.l. oppure – come
nel caso dei d.l. Alitalia – in leggi di sanatoria dei decreti della catena.25
h) Il quadro deve poi essere completato richiamando le dimensioni che assume il ricorso alla
questione di fiducia che – com’è stato sottolineato dal Comitato per la legislazione della
Camera dei Deputati – può ritenersi una costante in tutti casi in cui il “il prodotto del
procedimento di conversione supera una certa dimensione”, mentre è da considerarsi
“altamente probabile” nel caso di dd.ll. dalla natura intersettoriale o approvati a ridosso
della pausa estiva dei lavori parlamentari. 26
i) Il voto di fiducia riguarda generalmente un cd. maxiemendamento volto, com’è noto, ad
ampliare il contenuto del provvedimento così dando seguito a nuovi accordi intercorsi
nell’ambito della stessa maggioranza parlamentare.27
j) In taluni casi il d.l è intervenuto su materie già oggetto di leggi di delega: ne sono un
esempio le disposizioni del d.l. n. 112/2008 e del d.l. n. 200/2008 (cd. “taglia-leggi”) che
hanno operato una riduzione della normazione vigente quando ancora era aperta la delega
conferita con legge n. 246/2005 (con cui il Governo era stato delegato ad adottare d.lgs. che
individuassero le disposizioni “vecchie” di cui si riteneva indispensabile la permanenza in
vigore).28
2.2 La “funzione” dei decreti-legge nell’esperienza più recente
Il d.l. si conferma, anche nell’esperienza più recente, come “strumento ordinario” di azione
di Governo. Rappresenta, infatti, un dato consolidato anche nell’attuale legislatura la tendenza –
Sul tema, ZACCARIA – ALBANESI, § 2 ss. i quali ricordano come, sulla vicenda Alitalia, il Governo Prodi
intervenne inizialmente nell’aprile 2008 con il d.l. n. 80/2008 cui hanno fatto seguito nel maggio dello stesso
il d.l. n. 93/2008; nel mese di giugno il d.l. n. 97/2008 ed infine nel mese di agosto, il d.l. n. 134/2008. Si v.
anche A. RUGGERI, A proposito di dd.ll. abrogati, “sanati” (ancorchè non decaduti …) da leggi non adottate ai sensi
dell'art. 77 ult. co., Cost. e, infine, sostanzialmente riprodotti da leggi comunque diverse da quelle di conversione (a
margine di Corte cost., n. 443 del 2005), in www.forumcostituzionale.it.
24 È quanto avvenuto per il cd. d.l. sulle quote latte (d.l. n. 4/2009) decaduto ed i cui contenuti sono stati
recepiti in alcuni articoli riproduttivi del suo contenuto contenuti in un emendamento alla l. di conv. del dl
cd. incentivi (d.l. n. 5/2009 e relativa l. di conv. 9 aprile 2009, n. 33). La stessa l. di conv. ha poi provveduto
ad introdurre una clausola di sanatoria degli atti e degli effetti prodotti dal d.l. n. 4 del 2009. Si v. in
proposito, ZACCARIA – ALBANESI, cit., p. 19 ss.
25 Cfr. sul punto ZACCARIA – ALBANESI, cit., p. 11 ss.
26 V. rapporto Duilio, cit., in particolare p. 27 ss. dai cui dati raccolti emerge che nell’attuale legislatura circa
il 31% delle leggi di conversione è approvata mediante ricorso alla questione di fiducia.
27 Si v. Osservatorio per la legislazione, Rapporto 2010 sullo stato della legislazione, cit., in part. p. 331 ss.
secondo cui “una quota rilevante (il 67.74%) dei casi in cui il Governo ha posto la questione di fiducia su
progetti di legge all’esame delle Camera (21 questioni di fiducia su 31) è relativa a leggi di conversione di
dd.ll. ”.
28 N. LUPO, B.G. MATTARELLA, La codificazione e il taglia-leggi a livello statale: Immagine o sostanza?, in
www.astrid.eu. Sulle “interferenze” tra d.l. e delega per tutti, A. PACE, Sull’uso “alternativo” del decreto legge, in
luogo del decreto delegato, per eludere i principi della delega, in Giur. cost., 1992, p. 1786 s.; SIMONCINI, Le funzioni
del decreto-legge, cit., p. 411 s.
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già rilevata in passato29 – secondo cui “una volta su tre in cui il Governo esercita la sua iniziativa
legislativa parlamentare, lo fa attraverso (un d.l. e relativo) disegno di legge di conversione”.
Questo dato assume maggiore significato se letto congiuntamente all’incidenza dei decreti e delle
relative leggi di conversione sul totale delle leggi approvate dal Parlamento.30
Interrogarsi sulle ragioni del perdurare di un consistente ricorso ad una fonte che – nelle
parole di MORTATI – avrebbe dovuto rappresentare uno strumento cui il Governo «sia costretto in
casi eccezionali e straordinarissimi»31 ed esaminare le funzioni oggi in concreto assolte dal d.l.,
richiederebbe l’analisi degli equilibri complessivi della forma di governo e delle trasformazioni,
intervenute negli ultimi quindici anni, “nel modo di conformarsi della rappresentanza politica e
del progressivo abbandono di vecchie e consolidate regole e prassi parlamentari relative al
rapporto maggioranza-opposizione”32.
È sufficiente tuttavia osservare come, oltre alla finalità del d.l. di predisporre “strumenti di
manutenzione legislativa” (ossia una serie di misure – quale le proroghe di scadenze legislative –
che hanno una funzione accessoria rispetto a norme preesistenti33), si riscontra nelle ultime
legislature un ampio ricorso al d.l. per fronteggiare emergenze ambientali o singoli eventi che
suscitano particolare allarme sociale.34 In questi ambiti, in cui il ricorso al d.l. potrebbe apparire più
giustificato, i dd.ll. rappresentano tuttavia uno strumento con cui il Governo spesso attua rilevanti
disposizioni del programma di governo. “Non è raro che i decreti «sicurezza» si presentino come
anticipazione delle disposizioni politicamente più sensibili, all’interno di un più generale intento
riformatore che segue le vie dell’iniziativa ordinaria o della delega”.35
Inoltre, sia in materia di sicurezza che per i dd.ll. adottati per fronteggiare situazioni di
emergenza, la disciplina introdotta dai dd.ll. non è tecnicamente di natura eccezionale o
emergenziale, “ma destinata ad incidere stabilmente e a regime sul quadro normativo
preesistente” tanto che i dd.ll. si collocano talvolta all’interno di una catena di decreti incidenti sul
medesimo ambito normativo.
In materia economica e finanziaria, la crisi degli ultimi anni ha indotto il Governo
all’adozione di molti dd.ll. volti al rilancio dell’economia. Tuttavia, mentre in passato – a partire
dalla XIV legislatura, ossia con i primi decreti formalmente collegati alla finanziaria36 - il rapporto
tra leggi finanziarie e dd.ll. collegati si poneva nettamente a favore della prima (per cui tali decreti
apparivano come dotati di una funzione accessoria rispetto alla manovra finanziaria) il dato si è
invertito nella XVI legislatura. Le manovre sono state, infatti, anticipate da corposi decreti (per
tutti il d.l. n. 112 del 2008 – cd. “manovra d’estate”- ed il d.l. n. 78 del 2009 – cd. “decreto
anticrisi”), nonché affiancati da un consistente numero di decreti non collegati, né sostitutivi della
legge finanziaria.37
SIMONCINI, L’emergenza infinita, cit. p. 37.
Supra, § 2.1, sub c).
31 Seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, seduta del 21 settembre 1946.
32 CARETTI, Maxiemendamenti e questione di fiducia: una grave prassi discorsiva di difficile contrasto, in N. LUPO,
Maxiemendamenti, questioni di fiducia, nozione costituzionale di articolo, Cedam, 2010, p. 13 ss.
33 SIMONCINI, L’emergenza infinita, cit., p. 49, ma anche ID., Le funzioni del d.l . La decretazione d’urgenza dopo la
sentenza n. 360/1996 della Corte costituzionale, Milano, Giuffrè, 2003, p. 343 ss.
34 È il caso dei dd.ll. in materia di sicurezza quali, nell’attuale legislatura, il d.l. n. 92/2008 (recante misure
urgenti in materia di sicurezza pubblica); il d.l. n. 151/2008 (Misure urgenti in materia di prevenzione e
accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all’immigrazione clandestina) ed infine il d.l.
n. 11/2009 (misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in
tema di atti persecutori).
35 Rapporto Duilio, cit., p. 37 sulla cd. “aggravante di clandestinità” cui è seguita la previsione del reato di
soggiorno irregolare, nel d.d.l. ordinario presentato con A.C. 2180 .
36 D.l. n. 263/2003 presentato contestualmente alla disegno di legge finanziaria del 2004 cui faranno seguito,
nello stesso anno, il d.l. 282/2004 e, nel 2005, il d.l. 203/2005.
37 Rapporto Duilio, cit., p. 43 ss. in cui si citano 17 dd.ll. – contro i 5 emanati nella precedente legislatura –
non collegati né sostitutivi della legge finanziaria ed aventi ad oggetto la materia economica e finanziaria.
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Tali decreti, pur ispirati dalla omogenea finalità di prevedere interventi tesi al rilancio
dell’economia o di stimolo della domanda interna, presentano disposizioni attinenti ad ambiti
normativi molto eterogenei fra loro; inoltre, anche con riferimento ad essi, non sono infrequenti i
casi di accorpamento o di concatenazione tra più decreti volti a stabilizzare o a completare i
contenuti di accordi politici nel frattempo intervenuti tra il governo e i destinatari interessati.
Questo quadro delle finalità del ricorso alla decretazione di urgenza consente di assumere
che la funzione del d.l. vada oggi, in primo luogo, ricondotta all’esigenza dell’esecutivo di
compattare maggioranze parlamentari, pur numericamente consistenti, ma tuttora percorse da
forti tensioni e disomogeneità politiche al loro interno. Tuttavia, il ricorso al d.l. unitamente alla
prassi dei maxi-emendamenti interamente sostitutivi, nonché al ricorso alla questione di fiducia su
di essi, confermano altresì la funzione del d.l. come mezzo per aggirare le più volte denunciata
assenza di “corsie preferenziali” per i d.d.l. governativi.38
Ciò può dirsi anche per i decreti collegati alla manovra finanziaria: sebbene decretazione di
urgenza e legge finanziaria appaiano nel complesso come strumenti fungibili (in quanto per
entrambi sono previsti termini predefiniti di conclusione dell’iter parlamentare) il ricorso al d.l.
nell’ultima legislatura “permette da un lato di controllare il processo emendativo rispetto ad un
disegno di legge e dall’altro di evitare il frequente slittamento dei tempi di approvazione oltre la
fine dell’anno” senza che “la quantità della complessiva regolazione economica finanziaria muti
drasticamente”.39
Nell’attuale spinta verso una “democrazia decidente”,40 il ricorso al d.l. è, dunque, preferito
dal Governo non solo per il carattere proprio di tale fonte – capace di produrre immediatamente i
propri effetti normativi – ma anche per i tempi certi di approvazione che esso assicura, sia in
termini di “controllo” sulla stessa maggioranza che sostiene il Governo, che di “tutela” nei
confronti di spinte ostruzionistiche dell’opposizione.
2.3 Le tendenze della decretazione di urgenza e le loro conseguenze sulla forma di governo. Gli
ammonimenti del Capo dello Stato
Il quadro complessivo delle tendenze della decretazione di urgenza che si è sopra tracciato
rende opportuna una sintetica illustrazione dell’incidenza del ricorso al d.l. sugli equilibri
complessivi della forma di governo ed in particolare, sul ruolo del Parlamento e del Capo dello
Stato.
Un d.l. particolarmente corposo e caratterizzato da notevole eterogeneità dei contenuti
rende, infatti, in primo luogo, lungo e complesso il lavoro delle Commissioni chiamate ad
esaminarlo soprattutto in considerazione della ristrettezza dei tempi in cui esse sono chiamate ad
esprimersi.41 Un d.l. di ampie dimensioni è, infatti, spesso anche un d.l. dal contenuto eterogeneo
che necessita pertanto dell’ esame – in sede consultiva o referente – di un elevato numero di
commissioni parlamentari. “Nelle ultime due legislature sommando le sedi consultive e referenti
nessuna commissione si situa al di sotto della soglia delle 10 assegnazioni” e “mediamente per
Cfr. ZACCARIA – ALBANESI, cit., p. 8 . Si v. sul tema anche A. RUGGERI, In tema di norme intruse e questioni di
fiducia, ovverossia della disomogeneità dei testi di legge e dei suoi possibili rimedi, in LUPO (a cura di),
Maxiemendamenti, questioni di fiducia, nozione costituzionale di articolo, cit., p. 27. Sulle riforme regolamentari A.
PERTICI, La riforma dei regolamenti parlamentari a costituzione invariata nelle proposte della XVI legislatura in
www.osservatoriosullefonti.it, n. 1/2009
39 Rapporto Duilio, cit., pp. 44-45.
40 CARETTI, Maxiemendamenti e questione di fiducia, cit., p. 16.
41 Cfr. relazione Duilio, cit., 21 ss., che mette in evidenza un “indice di criticità” “quando il testo del d.l.
presentato alle Camere per la conversione superi i 40.000 caratteri a stampa”.
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ogni d.l. sono coinvolte almeno otto commissioni nella XV legislatura e almeno 9 commissioni
nella XVI”.42
Il protrarsi poi della durata dell’esame di una delle due assemblee tanto da esaurire quasi del
tutto i tempi per l’esame del provvedimento a disposizione dell’altro ramo del Parlamento – anche
al fine di “forzarne” l’esame -, comprime ulteriormente il ruolo delle assemblee e limita fortemente
i poteri presidenziali in sede di promulgazione della l. di conv .
Questi fattori, uniti alla distanza tra prassi e quadro costituzionale che si è evidenziata nelle
pagine precedenti, hanno stimolato un più incisivo controllo del Capo dello Stato che del rispetto
degli equilibri costituzionali rappresenta il primo garante. La valutazione del grado di effettività
del sindacato di legittimità costituzionale svolto dalla Corte nell’esperienza più recente deve
dunque essere letta congiuntamente all’esame dei controlli che il Presidente esercita sulla
decretazione di urgenza preventivamente, nella emanazione, e successivamente al momento
dell’autorizzazione alla presentazione del d.d.l. di conversione alle Camere, ma soprattutto all’atto
della promulgazione della l. di conversione.
È infatti, soprattutto dalla presidenza Ciampi, che si registra una maggiore incisività degli
interventi presidenziali sul d.l., nel quadro di quella ben nota accentuazione del ruolo garantista
del Presidente nei confronti della maggioranza che è stata ampiamente discussa dalla dottrina.43 In
questa fase si fanno più frequenti i richiami al Governo all’osservanza dei presupposti straordinari
di necessità ed urgenza prescritti dalla Costituzione, sebbene il dissenso presidenziale venga
espresso per lo più in maniera informale, attraverso colloqui riservati con esponenti del Governo e
quindi attraverso l’esercizio di un’attività di moral suasion di cui trapelano solo alcune indiscrezioni
giornalistiche.
Ciampi oppose infatti, la mancanza dei requisiti del d.l. spingendo il Governo a ripiegare
sulla presentazione di un d.d.l. alle Camere;44 in seguito richiamò il Governo al rispetto del
requisito della omogeneità del d.l. di cui all’art. 15 della legge n. 400/198845, nonché all’osservanza
di quella regola di mera correttezza – invalsa dalla presidenza Pertini, ma poi rinnovata dal
Scalfaro nel 1998 – secondo cui i dd.ll. devono essere trasmessi alla Presidente almeno cinque
giorni prima dell’esame in Consiglio.
Ma è con il Presidente Napolitano, in conseguenza del persistere di una prassi governativa
poco rispettosa dei presupposti costituzionali o tendente ad ampliare fortemente il contenuto del
d.l. (anche a seguito del frequente ricorso a maxi-emendamenti ed alla fiducia) che più insistenti
divengono i rilievi presidenziali. Essi tendono peraltro a non essere più riservati, ma assumono la
veste di comunicati ufficiali della Presidenza che riproducono le missive del Presidente ai vertici di
Parlamento e Governo.
Sinteticamente, il “confronto” del Presidente Napolitano con il Governo sulla decretazione
prende avvio nel 2007 con un comunicato il cui il Capo dello Stato sollecita una rapida conclusione
dei lavori avviati nelle giunte per il regolamento di Camera e Senato, ai fini di una armonizzazione
Relazione Duilio, cit., p. 21 ss.
Sul tema, per tutti, M.C. GRISOLIA, Alla ricerca di un nuovo ruolo del Capo dello Stato nel sistema maggioritario,
in BRUNELLI, PUGIOTTO, VERONESI (a cura di), Scritti in onore di Lorenza Carlassare. Il diritto costituzionale come
regola e limite al potere, Jovene, 2009; M. MANETTI, I due Presidenti. Il settennato di Ciampi alla prova del
bipolarismo della Repubblica tra diritto e storia, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, in particolare il § 4;
ID., Procedimenti, controlli costituzionali e conflitti nella formazione degli atti legislativi, relazione alla Convegno
AIC 2010, in particolare pp. 9 ss. del dattiloscritto. Cfr. inoltre, G. CAPORALI, Il Presidente della Repubblica e
l’emanazione degli atti con forza di legge, Giappichelli, 2000.
44 In occasione dello scandalo del 2005 per la scalata ad alcuni istituti bancari e le relative intercettazioni
Ciampi respinse il d.l. sottopostogli dal Governo in tema di intercettazioni facendo trapelare – come ricorda
MANETTI, cit. – il suo dissenso sulla restrizione del ricorso a tale strumento investigativo nonché
all’introduzione di misure detentive per il giornalisti rei di aver diffuso il contenuto di conversazioni
telefoniche. Successivamente, Ciampi respinse un d.l. teso a dettare nuove modalità di nomina del
Governatore della Banca d’Italia, inducendo così il Governo a riversare il contenuto di tale d.l. in un d.d.l.
45 Cfr. MANETTI, I due Presidenti, cit.
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43
7
e messa a punto delle prassi seguite nei due rami del Parlamento per la valutazione di
ammissibilità degli emendamenti in sede di conversione dei dd.ll .46 “L’adozione di criteri rigorosi
diretti ad evitare sostanziali modificazioni del contenuto dei dd.ll. è infatti indispensabile – scrive
il Presidente – perché sia garantito, in tutte le fasi del procedimento (dalla iniziale emanazione alla
definitiva conversione in legge – il rispetto dei limiti posti dall’art. 77 Cost. alla utilizzazione di
una fonte normativa connotata da evidenti caratteristiche di straordinarietà e che incide su delicati
profili del rapporto Governo- Parlamento e maggioranza-opposizione”.47
In seguito può leggersi nei rilievi presidenziali una maggiore attenzione non solo per il
rispetto dei presupposti costituzionali per l’adozione dei dd.ll., ma anche per la qualità dei testi
normativi.
Nell’aprile 2009 - in occasione della promulgazione del cd. d.l. anticrisi48 - il Presidente
sottolinea la necessità che “l’emendabilità dei decreti-legge nel corso dell'iter di conversione si
mantenga rigorosamente nei limiti imposti dalla natura straordinaria della fonte prevista dall'art.
77 della Costituzione” e richiama il Governo sulle conseguenze che la sottoposizione di una l. di
conv. in prossimità della scadenza dei termini comporta per lo stesso esercizio dei poteri
presidenziali.49
Non mancano neppure numerosi rilievi critici che lasciano trasparire anche un dissenso nel
merito, tanto che la dottrina ha ravvisato in queste dichiarazioni chiari esempi di promulgazione
con motivazione contraria50 o dissenziente51. Alcuni di essi, precisa il Capo dello Stato, «potrebbero
giustificare il ricorso alla facoltà attribuita al Presidente della Repubblica dall’art. 74 della
Costituzione di chiedere alle Camere una nuova deliberazione […]. Tuttavia, trattandosi di una l.
di conversione, sono consapevole che tale richiesta, in considerazione della prossima scadenza del
termine stabilito dall’art. 77 Cost., comporta il rischio della decadenza del d.l., che contiene
disposizioni di indubbia utilità, come quelle relative al contrasto dell’evasione fiscale ed al
reperimento di nuove risorse finanziarie”.
In assenza, dunque, di alternative - quali il rinvio parziale delle leggi di conversione o la
rimessione in termini delle Camere in caso di richiesta presidenziale di riesame52 - , il Capo dello
Stato si è risolto a rivolgere ammonimenti al Governo, chiarendo che in futuro, «ove si persista
nella tendenza a caricare di contenuti impropri i disegni di l. di conv. dei d.l.» eserciterà la facoltà
di rinvio alle Camere.
Comunicato del 18 maggio 2007.
Si v. anche il comunicato del 25 giugno 2008 relativo del n. 112/2008.
48 Lettera del 9 aprile 2009 ai Presidenti di Camera e Senato con riferimento alla promulgazione della l. di
conv. del d.l. n. 5/2009 recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi e nota del Quirinale
del 17 aprile 2009.
49 “Sottoporre al Presidente della Repubblica per la promulgazione, in prossimità della scadenza del termine
costituzionalmente previsto, una legge che converte un d.l. notevolmente diverso da quello a suo tempo
emanato, non gli consente l'ulteriore, pieno esercizio dei poteri di garanzia che la Costituzione gli affida, con
particolare riguardo alla verifica sia della sussistenza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza sia
della correttezza della copertura delle nuove o maggiori spese, ai sensi degli artt. 77 e 81 Cost. per la
necessità di tenere conto di tutti gli effetti della possibile decadenza del d.l. in caso di esercizio del potere di
rinvio ai sensi dell'art. 74 Cost.”.
L’appello è poi rinnovato il 15 luglio 2009, in occasione della promulgazione della l. di conv. del d.l. in
materia di pubblica sicurezza49 e, ancora, nel maggio 2010 per la promulgazione della l. di conv. del cd. “d.l.
incentivi.
50 RUGGERI, Verso una prassi di leggi promulgate con "motivazione" . contraria? in www.forumcostituzionale.it
51 DE FIORES, Il rinvio delle leggi, 214 ss. Sul tema, GALLIANI, Il rinvio delle leggi, vol. I e II, 2011; R. ROMBOLI, Il
rinvio delle leggi, atti del Convegno di Messina- Siracusa, 19-20 novembre 2010, Torino, 2011, p. 39 ss. in part.
p. 59.
52 Sulle risposte offerte dalla dottrina in merito al rinvio parziale delle leggi i contributi di V. ANGIOLINI – A.
CERRI - V. FIORILLO – S. BARTOLE - E. CHELI – V. ONIDA – A. MANZELLA – A. PACE – C. FUSARO - S. CECCANTI –
A. PINELLI – A. RUGGERI - G. SERGES - S. STAMMATI – F. SORRENTINO in www.astrid-online.it.
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Meritano, infine, un cenno non solo i chiarimenti resi dal Presidente delle ragioni della
emanazione del cd. d.l. salva-liste (d.l. n. 29 del 2010)53 – in riferimento al quale si rileva l’assenza
di motivi di “evidente incostituzionalità” o “di sospetta violazione dei principi fondamentali della
Costituzione”, nonché di carenza dei presupposti di necessità ed urgenza – ma soprattutto il rifiuto
di emanazione del d.l. varato dal Governo in occasione della dolorosa vicenda di Eluana Englaro54
in cui, ritenendo di non poter dar corso al d.l., il Presidente chiarisce che il proprio rifiuto era “il
risultato di una valutazione globale” che teneva conto di elementi di merito, collegati alla specifica
vicenda, ed al tempo stesso di motivi di illegittimità connessi all’assenza dei presupposti per
l’adozione del d.l . 55
In conclusione, è sullo sfondo di questo articolato confronto tra Presidente e Governo che
deve essere letto l’ultimo intervento presidenziale del febbraio 2011 in merito alla l. di conv. del d.l.
n. 225/2010 (cd. mille proroghe),56 in cui, nel segnalare, in particolare, il perdurare della grave
compressione del ruolo delle Commissioni parlamentari e delle proprie attribuzioni per il
persistere del ricorso a maxiemendamenti al d.d.l. di conversione, nonché alla successiva questione
di fiducia, il Presidente suggerisce al Governo di procedere alla modifica del testo del d.d.l.
approvato in prima lettura del Senato, prospettando il rinvio della l. di conv. alle Camere.
Tuttavia, consapevole delle conseguenze del rinvio sul piano della decadenza delle
disposizioni contenute nel d.l., suggerisce al Governo la regolamentazione con legge dei rapporti
giuridici sorti sulla base del testo originario del d.l. e, dunque, la riproposizione con
provvedimenti legislativi, anche di urgenza, di quelle disposizioni introdotte in sede di
conversione che si ritengano conformi ai principi costituzionali” nonché la possibilità di “una
parziale reiterazione del d.l.” (non ravvisandosi – si comprende dal testo della lettera – un ostacolo
nelle indicazioni della Corte nella sent. n. 360/1996 “quando la decadenza del d.l. sia riconducibile
al rinvio del disegno di l. di conv. ai sensi dell’art. 74 Cost.”).
L’epilogo della vicenda è rappresentato – com’è noto - dal comunicato ufficiale del 26
febbraio 2011 che accompagna la promulgazione della l. di conv. del cd. d.l. mille proroghe in cui il
Presidente, «preso atto dell’impegno assunto dal Governo e dai presidenti dei gruppi parlamentari
di attenersi sin d’ora in avanti al criterio della sostanziale inemendabilità dei decreti-legge” giudica
questo sviluppo come “un’affermazione di grande rilevanza istituzionale che vale – insieme alla
sent. n. 360/1996 a ricondurre la decretazione di urgenza nell’ambito proprio di una fonte
normativa straordinaria ed eccezionale”.
3.1 La seconda “svolta” della giurisprudenza costituzionale del 2007-08 e gli sviluppi più
recenti. Premessa sul controllo dei presupposti straordinari di necessità ed urgenza.
Prima della sentenza n. 29/1995, il controllo sulla sussistenza degli straordinari motivi di
necessità ed urgenza era, com’è noto, di difficile attuazione, in ragione dei tempi e dei modi del
controllo sulle leggi. Il d.l., infatti, difficilmente avrebbe potuto essere sottoposto all’esame della
Corte prima della sua conversione, mentre – una volta intervenuta la l. di conv. – per
giurisprudenza costituzionale consolidata, si ritenevano sanate le censure di illegittimità dedotte
nei confronti dei presupposti per l’adozione del d.l. da parte del governo. 57
Lettera del 6 marzo 2010 su cui B. BARBISAN, L’emanazione del decreto cd. salva-liste da parte del Capo dello
Stato: brevi cenni, in www.osservatoriosullefonti.it
54 Lettera del 6 febbraio 2009. A commento del rifiuto presidenziale di emanazione del d.l. nella vicenda
Englaro, v. per tutti inoltre gli interventi nel Seminario di Astrid del 5 marzo 2009 sul tema Il potere, le regole, i
controlli: la Costituzione e la vicenda Englaro, in www.astrid-online.it.
55 ROMBOLI, op. ult. cit.
56 Lettera del 22 febbraio 2011.
57 Per tutti, A. CONCARO, Il sindacato di costituzionalità del decreto legge, Milano, 2000, p. 84 ss.
53
9
La sent. n. 29/199558 , inaugurando “un nuovo approccio alla problematica derivante dalla
decretazione di urgenza”59, rappresenta dunque la prima, significativa svolta nella giurisprudenza
costituzionale circa la verifica della sussistenza dei casi straordinari di necessità ed urgenza per
l’adozione del d.l . Vi si afferma, infatti, com’è ben noto, la possibilità di sindacare un d.l. legge in
caso di “eventuale evidente mancanza” e si aggiunge che l’assenza dei presupposti del d.l.
“configura tanto un vizio di legittimità costituzionale del d.l., in ipotesi adottato al di fuori
dell'ambito delle possibilità applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo
della stessa l. di conv., avendo quest'ultima, nel caso ipotizzato, valutato erroneamente l'esistenza
di presupposti di validità in realtà insussistenti e, quindi, convertito in legge un atto che non
poteva essere legittimo oggetto di conversione”. La pronuncia nega, pertanto, efficacia sanante alla
conversione e ricostruisce il vizio da carenza dei presupposti come vizio formale, tale da inficiare
la stessa l. di conv .
Questa scelta interprativa della Corte fu ribadita in altre pronunce dello stesso anno sia con
riferimento a decreti in corso di conversione60 che per decreti convertiti61, ma fu esclusa - come si
dirà in seguito - per le disposizioni aggiunge in sede di conversione62.
I punti fermi della più risalente giurisprudenza in cui si colloca la “svolta” della Corte del
2007/08 possono dunque così essere sintetizzati: in primo luogo, la giurisprudenza successiva alla
sent. n. 29/1995 aveva valorizzato il limite “dell’evidente mancanza” dei presupposti di necessità
ed urgenza del d.l.63 ai fini della dichiarazione di illegittimità costituzionale del d.l. (e della l. di
conv.) con la conseguenza che la dichiarazione di illegittimità costituzionale per difetto dei
presupposti appariva un’ipotesi meramente teorica64, motivata dalla particolare difficoltà di
valutare in sede giurisdizionale i presupposti di fatto del ricorso da parte del Governo allo
strumento del d.l. Si era dunque delineata con chiarezza la distinzione tra il vizio consistente nella
“semplice” mancanza di necessità e urgenza (rilevante sul piano politico) e quello da “evidente”
mancanza dei presupposti della decretazione (in astratto censurabile dal giudice costituzionale).65
Più incerta appariva invece la posizione della Corte rispetto al principio dell’efficacia sanante
della l. di conv.: il superamento di questo assunto, nella sent. n. 29/1995, sembrò infatti presto
contraddetto dalla sent. n. 360/1996 la quale, pur affermando – com’è ben noto - l’illegittimità
costituzionale della prassi della reiterazione dei d.l., tuttavia faceva “salvi gli effetti dei decretilegge iterati o reiterati già convertiti in legge (o in corso di conversione)” dal momento che “tale
vizio può ritenersi sanato quando le Camere, attraverso la l. di conv. (o di sanatoria), abbiano
assunto come propri i contenuti o gli effetti della disciplina adottata dal Governo in sede di
decretazione d'urgenza”.66
Questa affermazione, anche a seguito di non sempre univoche pronunce successive, 67 aveva
così indotto una parte della dottrina a distinguere il vizio da reiterazione da quello di “evidente”
mancanza quanto agli effetti sananti (o meno) della successiva conversione (o sanatoria)68.
Sent. n. 29 /1995, § 2 cons. dir.
FERRI, La giustizia costituzionale nel 1995, in Giur. Cost., 1996, 564.
60 Sentt. n. 161/1995 e 270/1996.
61 Sent. n. 330/1996.
62 Sent. n. 391/1995.
63 Cfr. sentt. n. 270; 330/96; 398/998; 16/02; 341/03; 6 e 178/04.
64 CELOTTO, L”abuso” del decreto legge, Cedam, 1997, 433.
65 Alla distinzione dovrebbe poi aggiungersi il vizio da reiterazione - su cui la ben nota sent. n. 360/1996 con riferimento al quale la Corte sembrò attribuire una diversa efficacia della l. di conv. rispetto a quanto
affermato nella sent. n. 29/1995 (in tema, ROMBOLI, Decreto legge e giurisprudenza costituzionale, cit., p. 120 ss.).
66 Sent. n. 360/1996, § 6 cons. dir.
67 Sent. n. 194/1998 in Giur. Cost., 1998, p. 1559 con nota di A. CELOTTO; sent. n. 419/2000, ibidem, 2000, p.
3117 con nota di A. CELOTTO; sent. n. 376/2001, ibid., 2001, p. 3735 con note di R. PINARDI, M. ESPOSITO, D.
SARANDREA; sentt. n. 16 e 29 del 2002, ibid., p. 130 con nota di A. CELOTTO.
68 In questo senso, ROMBOLI, L’efficacia sanante dei vizi formali del decreto-legge da parte della l. di conv.: è davvero
cancellata la sent. n. 29 del 1995?, in Giur. Cost., 1997, p. 910 ss.
58
59
10
Tuttavia, con riferimento alla giurisprudenza più recente, chi soprattutto aveva posto l’accento
sulle incertezze della Corte, constatava come esse apparissero superate nel senso di una
riaffermazione del sindacato sui presupposti di necessità ed urgenza del d.l. nei limiti dell’evidente
mancanza, anche dopo la l. di conv . 69
È quindi sullo sfondo di questo percorso non sempre lineare della giurisprudenza
costituzionale che viene a collocarsi la seconda svolta “storica” sul controllo dei presupposti della
decretazione di urgenza: nella sent. n. 171 del 2007, la Corte, ammettendo le precedenti oscillazioni
giurisprudenziali, per la prima volta annulla per carenza dei presupposti costituzionali di cui
all’art. 77, secondo comma, Cost. una disposizione cd. “intrusa” contenuta nel d.l. n. 80 del 2004 (in
seguito convertito in legge n. 140/2004) la quale escludeva che la condanna per il peculato d’uso
costituisse causa di incandidabilità alla carica di sindaco e poi di decadenza dalla stessa 70.
La sent. n. 128/2008 ha in seguito confermato «l’orientamento chiaro della Corte teso a
controllare direttamente i presupposti del d.l »71 dichiarando incostituzionale due artt. del d.l. n.
262/2006 che disponeva l’esproprio del teatro Petruzzelli di Bari a favore del Comune. La
disposizione – occorre sottolineare – non era stata propriamente convertita in legge, bensì
propriamente riprodotta, in analogo testo, in un allegato alla l. di conv. dello stesso d.l. Si
configurava dunque in questo caso un’ipotesi di cd. “conversione mascherata”.72
3.2 L’«evidente» mancanza dei presupposti e le precisazioni della Corte in merito alla loro
interpretazione.
In entrambe le pronunce, in primo luogo, la Corte ribadisce come, «per giurisprudenza
costante dal 1995» l’esistenza dei requisiti del d.l. possa essere oggetto di scrutinio di
costituzionalità. Tuttavia la natura di tale controllo che non può per la Corte sovrapporsi alle
valutazioni di natura politica che hanno indotto il Governo all’adozione del d.l., né a quelle
successive del Parlamento in sede di conversione. L’esame del giudice costituzionale, infatti, «deve
svolgersi su un piano diverso, con la funzione di preservare l'assetto delle fonti normative e, con
esso, il rispetto dei valori a tutela dei quali detto compito è predisposto».73
Se dunque, non può negarsi secondo la Corte il carattere «singolare» del potere del Governo
di «emanare norme primarie, ancorché provvisorie» «rispetto alla disciplina delle fonti di una
Repubblica parlamentare», è attraverso il controllo di l.c. che possono assicurarsi la tutela dei
valori e diritti fondamentali cui, in generale, lo stesso assetto delle fonti normative è correlato,
nonché il rispetto dei complessivi equilibri della nostra forma di governo. 74 Inoltre, in
considerazione della pluralità di situazioni che potrebbero giustificare il ricorso alla decretazione
di urgenza - «in relazione alle quali non sono configurabili rigidi parametri, valevoli per ogni
ipotesi» - la Corte delinea i contorni del proprio sindacato evidenziando quel «largo margine di
elasticità» con cui i presupposti del d.l. devono essere valutati75.
Cfr. sentt. n. 341/2003; n. 6, 178, 196, 285, e 299/2004; 2, 62 e 272/2005, su cui CELOTTO, Una sentenza
«storica», cit., ma anche la stessa ord. n. 2/2005 con cui la Corte provvedeva a restituire al giudice a quo gli
atti relativi alla medesima questione risolta con la sent. n. 171/2007 (su cui ROMBOLI, op. ult. cit. ).
70 In particolare, la “sconfessione” della Corte riguarda le sentt. n. 330/1996, n. 419/2000 e n. 29/2002 e
“sotto un particolare profilo”, la sent. 360/1996.
71 A. CELOTTO, Carlo Esposito, le «condiscendenti elaborazioni dei costituzionalisti» e il sindacato sui presupposti del
decreto legge, in Giur. Cost., 2008, 1502 ss.
72 CHINNI, Un passo avanti (con salto dell’ostacolo) nel sindacato della Corte costituzionale sui presupposti della
decretazione d’urgenza, in Giur. It., 2008, 2670.
73 Sent. n. 171/2007, § 4 cons. dir.
74 Ivi, § 4 cons. dir.
75 Ibidem.
69
11
Nella sent. n. 171/2007 – ma l’affermazione è fedelmente richiamata anche nella sent. n.
128/200876 da queste premesse la Corte fa discendere l’opportunità che le proprie valutazioni
siano limitate all’accertamento della sussistenza di un’«evidente» mancanza dei presupposti del
d.l.77
Quanto alla interpretazione del riferimento ai “casi straordinari di necessità ed urgenza”
dell’art. 77 Cost. – senza ripercorrere il vasto dibattito circa la corretta interpretazione di questa
formula78 - la Corte in entrambe le pronunce propende per un’interpretazione di esse in senso
soggettivo, parlando di “straordinarietà del caso di necessità e d’urgenza di provvedere”
avallando pertanto la lettura in senso estensivo dei presupposti legittimanti il d.l., peraltro
prevalente in dottrina.
È invece, a nostro parere, probabilmente da non enfatizzare la precisazione, contenuta nella
sent. 128/2008 - secondo cui nel caso di specie - “la titolarità di beni immobili utilizzati per lo
svolgimento delle attività teatrali [su cui interviene la disposizione censurata] non appare
collegata, quanto meno secondo un rapporto di immediatezza qualificabile in termini di urgenza,
sia pure relativa, alla titolarità di beni immobili utilizzati per lo svolgimento delle attività teatrali”. Il
riferimento alle ben note categorie proposte da Esposito79 sembra infatti piuttosto dovuto alla
riproduzione testuale di una considerazione contenuta nell’ordinanza di rimessione già riportata
nel “ritenuto in fatto” della pronuncia. 80
3.3 I criteri per la valutazione dell’”evidente” mancanza dei presupposti del d.l. ed il rilievo che
assume la valutazione della sua disomogeneità.
Occorre considerare attraverso quali indici la Corte abbia valutato, nella giurisprudenza più
recente, la sussistenza dell’’”evidente” mancanza dei presupposti del d.l . Sia nella sent. n.
171/2007 che nella sent. n. 128/2008, la Corte dichiara che tale verifica deve essere condotta
attraverso “indici intrinseci ed estrinseci alla disposizione impugnata”81, ossia attraverso elementi
contenuti nel testo normativo o estranei ad esso.82 In sintonia con la precedente giurisprudenza83,
tali indici sono ravvisati nell’epigrafe del d.l. (ed in particolare nella «intestazione»), nel preambolo (o
premessa) del d.l., nonché nella relazione al d.d.l. di conversione.
Più precisamente, nella sent. n. 171 la Corte non ravvisa alcuna attinenza della disposizione
censurata con gli ambiti normativi indicati nel preambolo e nell’epigrafe. Ne emerge dunque
“l’evidente estraneità rispetto alla materia disciplinata dalle altre disposizioni del d.l.” della norma
impugnata, la quale al tempo stesso non appare sorretta da alcuna giustificazione in ordine alla
ragioni di necessità ed urgenza. Le indicazioni contenute, infatti, nella relazione al d.d.l. di
conversione “non rend[ono] ragione della necessità ed urgenza di intervenire sulla norma”. La
Sent. n. 128/2008, § 8.1 cons. dir.
CONCARO, Il sindacato di costituzionalità del decreto-legge, cit., 24 ss.
78 Per il quale, com’è noto possono individuarsi due fondamentali orientamenti, un primo che propende per
una lettura restrittiva della locuzione cui viene attribuito essenzialmente un significato oggettivo (si v.
LAVAGNA, Istituzioni di diritto pubblico, p. 292; VIESTI, Il decreto-legge, Napoli, 19967, p. 118) ed un’altra
corrente che invece legge anche in senso soggettivo i presupposti rimettendo al Governo e al Parlamento la
valutazione circa la loro sussistenza (cfr. C. ESPOSITO, voce Decreto-legge, in Encicl. Dir.,XI, p. 835).
79 ESPOSITO, cit., 844, nota 46.
80 Cfr. §2 rit. in fatto. Sul rilievo di questa precisazione, CELOTTO, Carlo Esposito, le «condiscendenti elaborazioni
dei costituzionalisti» e il sindacato sui presupposti del d.l., cit., 1504 .
81 Sent. n. 171/2007, §6 cons. dir.; sent. n. 128/2008, § 8.2 cons. dir.
82 V. BOCCALATTE, Tra norma e realtà: riflessioni sulla motivazione del decreto-legge alla luce della sentenza n.
171/2007, in www.federalismi.it, p. 6 ss.
83 CELOTTO, L’abuso del decreto-legge, cit., 425 ss. che ricostruisce l’emergere di test di verifica per il controllo a
partire dalle sentt. 270 e 330 del 1996, ma anche A. CELOTTO – E. DI BENEDETTO, Art. 77, in Commentario alla
Costituzione, a cura di R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI, Utet, 2006, 1511.
76
77
12
“evidente estraneità” della disposizione funge, dunque, secondo la Corte, da sintomo
dell’”evidente mancanza dei presupposti del d.l .84 La Corte, dichiarando l’incostituzionalità della
disposizione del d.l. impugnata, conclude pertanto che “l’utilizzazione del d.l. […] non può essere
sostenuta dall’apodittica enunciazione dell’esistenza delle ragioni di necessità ed urgenza, né può
esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della disciplina che è stata introdotta”.
Nella sent. n. 128/2008 in cui, al contrario, non veniva in considerazione una «norma
intrusa», la Corte prende dapprima in considerazione l’epigrafe e il preambolo rilevando
soprattutto la mancanza di congruenza tra i fini in essi indicati e la previsione dell’esproprio del
teatro Petruzzelli. Passa, quindi, all’esame della relazione di accompagnamento del d.d.l. di
conversione, rinvenendovi solo un cenno alla norma censurata e conclude, pertanto, che «il
collegamento formale dell’esproprio alle tematiche della finanza pubblica” oggetto del d.l. e della l.
di conv. “non solo non è individuabile, ma neppure è in un modo o nell’altro, indicato”.
È, tuttavia, a questo punto che la valutazione della Corte sembra farsi più penetrante ed
investire l’esame dei presupposti di fatto che hanno condotto il Governo all’adozione del d.l.: la
Corte infatti, muovendo dall’intento dichiarato della disposizione di «garantire la celere ripresa
delle attività culturali di pubblico interesse presso il teatro Petruzzelli di Bari», osserva come «la
riorganizzazione dell’attività della fondazione lirica che intervenga anche sul regime della
titolarità degli immobili adibiti a teatro non presenta di per sé il carattere della straordinaria
necessità ed urgenza» ed, inoltre, che la ripresa dell’attività culturale non appare collegata alla
titolarità dei beni immobili «quanto meno secondo un rapporto di immediatezza qualificabile in
termini di urgenza, sia pure relativa».
In questa pronuncia, dunque, l’eterogeneità delle norme del d.l. - intesa come assenza di un
collegamento formale tra le tematiche oggetto di esso e la disposizione censurata – costituisce
l’argomento da cui la Corte muove per desumere l’assenza di “ogni carattere di indispensabilità ed
urgenza della disposizione con riguardo alla finalità pubblica dichiarata”. 85
La ricostruzione delle argomentazioni svolte nelle sentenze per la valutazione dell’evidente
mancanza dei presupposti del d.l. consente dunque di svolgere alcune considerazioni.
La Corte dunque articola con chiarezza un test valutativo in cui risiede – com’è stato scritto –
«la valenza pedagogica e didattica» delle pronunce.86 In entrambe le sentenze, tuttavia, la volontà
della Corte di circoscrivere il controllo di costituzionalità «alle violazioni più macroscopiche
emergenti dalla palese mancanza dei “casi straordinari di necessità e urgenza”87 si scontra con la
concreta difficoltà di limitare il controllo ai soli profili di legittimità senza sconfinare nel merito. La
Corte è consapevole della difficoltà che in concreto la valutazione dell’«evidente mancanza» dei
presupposti ponga, tanto da ricordare che, proprio in ragione di essa, è in passato «intervenuta
positivamente soltanto una volta in presenza dello specifico fenomeno, divenuto cronico, della
reiterazione dei d.l. non convertiti (sent. n. 360 del 1996)»88.
Tutto ciò risulta ancor più evidente se si tiene conto del rilievo che in concreto assume nella
sent. n. 171/2007, l’osservazione circa il carattere “intruso” della disposizione oggetto del controllo
di l.c.: è dalla constatazione dell’”evidente estraneità” della norma censurata rispetto dalla materia
disciplinata dal d.l. e, quindi, dall’impossibilità di estendere ad essa la motivazione in ordine alla
necessità ed urgenza che la Corte fonda la propria conclusione nel senso della incostituzionalità.
MONACO, Decreto-legge, l. di conv. e legge di sanatoria di fronte al sindacato della Corte costituzionale, in Dir.
Pubbl., 2007, 581; ROMBOLI, Una sentenza “storica”: la dichiarazione di incostituzionalità di un decreto legge per
evidente mancanza dei presupposti di necessità e urgenza, in Foro It., 1986 ss. Perplessità sul rilievo che assume
l’eterogeneità in rapporto con la sussistenza dei presupposti, esprime RUGGERI, Ancora una stretta, cit., p. 4.
85 Parla di eterogeneità come argomento ad adiuvandum, CHINNI, cit.
86 CARNEVALE, Il vizio di “evidente mancanza” dei presupposti al debutto quale causa di declaratoria di
incostituzionalità di un decreto-legge. Il caso della sentenza n. 171 del 2007, in Giur. It., 2007, 2675.
87 CELOTTO, L’«abuso» del decreto-legge, cit., p. 422.
88 Sent. n. 171/2007, § 4 cons. dir.
84
13
La disomogeneità del d.l. consente, dunque, alla Corte di contenere il più possibile il proprio
sindacato; è infatti, grazie al rilievo circa il carattere “intruso” della disposizione e l’impossibilità di
estendere ad essa le motivazioni sulla sussistenza dei presupposti addotte per altre disposizioni
del d.l., che la Corte riesce ad evitare valutazioni “scomode” e di «sanzionare una norma che per le
circostanze, in cui interveniva, si prestava a più di un rilievo di carattere sostanziale».89 Se la Corte
non avesse valorizzato l’”evidente estraneità” della disposizione, avrebbe infatti dovuto
esplicitamente riconoscere l’assenza di necessità ed urgenza di una previsione che, modificando
l’art. 59 comma 6 del TUEL, aveva come proprio, unico scopo quello di escludere la sopravvenuta
condanna per peculato d’uso come causa di decadenza dalla carica del già eletto sindaco di
Messina.
Al contrario, nella sent. n. 128/2008, in cui la Corte non può valersi dell’argomento della
«norma intrusa», la valutazione dell’assenza dei presupposti, muovendo dalla ricostruzione della
congruenza tra fini e mezzi appare nel complesso più penetrante.
Inoltre, l’indagine a tutto tondo90 che la Corte articola, proprio in quanto aperta alla
valutazione non solo di elementi intrinseci, ma anche estrinseci dell’atto, sarà tanto più penetrante
quanto più la Corte concentrerà l’analisi sugli elementi estrinseci al d.l. (ed in particolare alla
motivazione della l. di conv.) e tanto più limitata quanto più l’accertamento dei presupposti sarà
ricavato da elementi interni allo stesso d.l .91
Laddove invece la Corte passa all’esame dello scopo della disposizione come indicato nei
lavori preparatori della l. di conv. diviene evidente come il controllo la spinga a non limitarsi ad
accertare se in essa vi sia giustificazione della necessità ed urgenza, ma anche ad operare una
correlazione tra fini e mezzi ed a concludere, in base ad essa, che la valutazione del legislatore
poteva dirsi «corretta» dal momento che se la disciplina non fosse intervenuta essa «non
implausibilmente avrebbe potuto influire negativamente sulla funzionalità dell’attività
dell’Istat».92 La valutazione dell’«urgenza del provvedere» sembra pertanto strettamente connessa
alla stessa ragionevolezza della disciplina introdotta.
Non possono infine sottacersi le difficoltà che il test articolato dalla Corte solleva con
riferimento alla stessa ambiguità del requisito di omogeneità delle norme. RUGGERI, con ricche
argomentazioni, ha sottolineato l’ambiguità di tale nozione, non solo in senso assoluto (ossia con
riferimento a ciò che debba intendersi per omogeneità), ma anche in senso relativo (ossia quanto al
modo in cui tale carattere debba essere ricostruito in relazione alle altre disposizioni del d.l.).93 Ne
può ritenersi di immediata evidenza il rapporto che lega omogeneità ed assenza dei presupposti.
Sul primo punto la giurisprudenza più recente non offre particolare indicazioni e la dottrina ha
proposto varie soluzioni fra cui il ricorso a “ipotesi sintomatiche” di tale vizio,94 nonché, sul
modello di quanto la Corte afferma nel giudizio di ammissibilità del referendum, di una “matrice
sostanzialmente unitaria” del d.l.95
Un’osservazione conclusiva ci sembra che possa tuttavia trarsi: in primo luogo, la
disomogeneità non assurge, nelle sentt. del 2007-08, ad autonomo vizio del d.l.96 e ciò sebbene la
SORRENTINO, Ancora sui rapporti tra d.l. e l. di conv., cit., 1679.
Il vizio di “evidente mancanza” dei presupposti al debutto, cit.
91 Ne è conferma la sent. n. 93/2011 avente ad oggetto l’art. 47 del d.l. n. 248/2007 convertito con
modificazioni in l. n. 31/2008 in cui la Corte si trova ad approfondire anche in questo caso il carattere
“dissonante” della disposizione cenurata rispetto al resto del d.l., quale sintomo dell’evidente mancanza dei
presupposti; a tal fine essa guarda dapprima all’epigrafe ed al preambolo in cui rinviene indicazioni circa il
carattere omogeneo del d.l .
92 Sent. n. 93/2011, in part. §4.1 cons. dir.
93 RUGGERI, Evidente mancanza dei presupposti fattuali e disomogeneità del decreto legge, in Foro It., 2008, I, e in
www.associazionedeicostituizonalisti.it .
94 MONACO, ivi, p. 593.
95 CELOTTO, L’«abuso» del decreto-legge, cit., p. 448 ss.
96 ROMBOLI, Una sentenza “storica”: la dichiarazione di incostituzionalità di un decreto-legge per evidente mancanza
dei presupposti di necessità e di urgenza, in Foro It., 2007, I, 1986 ss.
89
90CARNEVALE,
14
stessa Corte sembri, nella successiva ord. n. 294/2008, contraddire se stessa elevando la
disomogeneità ad autonomo vizio.97 La disomogeneità, piuttosto, «finisce per innescare il bisogno
di un più articolato e, quindi, più esigente corredo di presupposti giustificativi»,98 sebbene la
motivazione attenga al solo d.l. in considerazione – come sottolineato anche nelle stesse premesse
della sent. n. 171/2007 – del fatto che Governo si trova in questo caso ad esercitare una funzione
normativa primaria che non è sua propria99.
L’ obbligo di motivazione non sussiste, com’è noto, per il legislatore la cui valutazione (in
merito alla sussistenza dei presupposti che hanno indotto il Governo all’adozione del d.l.) “non
deve tradursi in una motivazione espressa che sarebbe incompatibile con le caratteristiche del
procedimento di formazione legislativa”100 nonché con la stessa natura politica della valutazione.101
Si può dunque, in conclusione su questo profilo, ritenere che l’accertamento della Corte circa
la sussistenza dei presupposti e la loro eventuale evidente mancanza, non si risolva più in una
mera clausola di stile, come accadeva in passato?102 La ritrosia della Corte a sindacare scelte di
natura politica che le sentt. del 2007-08 ribadiscono, non consente a nostro parere di escludere che
la Corte possa riservarsi anche in futuro, nell’applicazione dei suoi test valutativi, una certa
flessibilità. Ciò sembra potersi desumere anche dalla sent. n. 83 del 2010 avente ad oggetto una
disposizione del dl n. 172 del 2008 sull’emergenza rifiuti a Napoli in cui la Corte si limita, infatti,
ad una valutazione del preambolo in cui genericamente il Governo si riferiva alla straordinaria
necessità ed urgenza di consolidare i risultati positivi ottenuti nel fronteggiare in prima battuta la
situazione di emergenza.
Ancor più stringato è l’accertamento condotto nella sent. n. 52/2010 ed in cui non vi è traccia
degli indici intrinseci ed estrinseci dal momento che la Corte si limita a chiarire che, tenuto conto
del fine perseguito dal dl, «sussistono pertanto oggettivamente le ragioni di straordinarietà e
urgenza».103
3.4 Il rapporto tra decreto-legge e legge di conversione e l’esclusione dell’efficacia sanante di
essa.
Assume particolare rilievo nella sent. n. 171/2007 e nella sent. n. 128/2008 la chiara
esclusione da parte della Corte dell’efficacia sanante della l. di conv.104 Ammettendo le oscillazioni
della propria giurisprudenza, la Corte ritiene infatti di accogliere in via definitiva il principio, già
posto nella sent. n. 29 /1995, secondo cui “il difetto dei requisiti del «caso straordinario di necessità
e urgenza», una volta intervenuta la conversione, si traduce in vizio in procedendo della relativa
legge”.
Ord. n. 294/2008, in Giur. Cost., 2008, p. 3978, con nota di S. BOCCALATTE, La Corte manipola se stessa: la
disomogeneità (evidente?) come motivo di illegittimità costituzionale.
98 CARNEVALE, cit. Anche su questo profilo conferme sembrano trarsi dalla citata sent. n. 93/2011. Sulla
rilevanza della disomogeneità del d.l. si v. anche MONACO, Decreto-legge, l. di conv. e legge di sanatoria, cit., in
part. 593 ss.
99 BOCCALATTE, Tra norma e realtà, cit., p. 11.
100 Sent. n. 355/2010, § 8 cons. dir.
101 Sul tema, BOCCALATTE, La motivazione della legge. Profili teorici e giurisprudenziali, Cedam, 2008, in part. 124
ss. e 345 ss.; G. LOMBARDI, Motivazione (diritto costituzionale), in Noviss. Dig. It., X, Utet, 1975, p. 956 ss.; L.
PALADIN, Legittimità e merito delle leggi nel processo costituzionale, in Riv. Dir. Proc. Civ., 1964, p. 304 ss.;
SALAZAR, La motivazione nella più recente produzione legislativa: niente di nuovo sotto il sole?, in Rass. Parl., 1996,
418 ss.
102 CELOTTO, ivi, p. 171.
103 Esclude tuttavia che in questi casi la Corte abbia inteso operare un controllo di natura oggettiva circa la
sussistenza dei presupposti, D. CHINNI, La Corte, i presupposti del decreto-legge e le tortuose vie per il sindacato.
Riflessioni a margine della sent. n. 52 del 2010, in Giur. It., 2010 e in www.giurcost.org.
104 Sent. n. 171/2007, § 5 cons. dir.; sent. n. 128/2008, § 8.1 cons. dir.
97
15
Al tempo stesso la Corte ribadisce che d.l. e l. di conv. costituiscono un’unica sequenza
procedimentale, per cui le disposizioni della seconda “non possono essere valutate, sotto il profilo
della legittimità costituzionale autonomamente da quelle del decreto”. L’emanazione del d.l.,
dunque, “condiziona nel contempo l’attività del Parlamento in sede di conversione in modo
particolare rispetto all’ordinaria attività legislativa”. “Il Parlamento si trova a compiere le proprie
valutazioni e a deliberare con riguardo ad una situazione modificata da norme poste da un organo
cui di regola, quale titolare del potere esecutivo, non spetta emanare disposizioni aventi efficacia di
legge”.105
La tesi secondo cui, invece, la l. di conversione opererebbe una “novazione della fonte” - in
passato accolta dalla prevalente dottrina - è dunque respinta dalla Corte; né può conciliarsi con le
affermazioni della sent. n. 171/2007 la ricostruzione che vede il d.l. come atto di per sé invalido e
sottolinea, accogliendo la tesi della novazione, che i limiti del d.l. siano limiti della stessa l. di
conv.106 in quanto essa finisce per ammettere che il controllo della Corte possa esplicarsi soltanto
nei confronti di quest’ultima107 quando invece, come si è detto, essa costituisce per la Corte un atto
inscindibile dal d.l .108
La Corte non approfondisce, tuttavia, la natura del vizio che inficerebbe la l. di conv. ed
omette anche quella controversa precisazione, espressa nella sent. n. 29/1995, secondo cui esso
discenderebbe dall’avere la l. di conv. “valutato erroneamente l’esistenza dei presupposti di
validità in realtà insussistenti e quindi convertito in legge un atto che non poteva essere legittimo
oggetto di conversione”.109
Rispetto alla sent. n. 29/1995, la motivazione della sent. n. 171/2007 si sofferma soprattutto
sulle ragioni che sorreggono la tesi dell’esclusione dell’efficacia sanante della conversione
rinvenute, oltre che nel nesso che lega il d.l. alla l. di conv., nella considerazione di quanto la
disciplina delle fonti primarie sia funzionale alla tutela dei diritti e «caratterizzi la configurazione
del sistema costituzionale nel suo complesso». Ne discende, in particolare, che l’accoglimento
dell’opposto principio dell’efficacia sanante si risolverebbe nell’”attribuire in concreto al legislatore
ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del
Governo quanto alla produzione delle fonti primarie».110
Il profilo relativo alla tutela della forma di stato si intreccia, dunque, nella pronuncia con
quello concernente gli equilibri complessivi della forma di governo;111 è peraltro ben noto come la
ricostruzione dell’assetto del nostro sistema delle fonti (e la disciplina dei controlli su di esse) non
possano essere correttamente impostate senza aver riguardo al concreto atteggiarsi dei rapporti tra
gli organi costituzionali ed alla tutela dei diritti.112 In questa prospettiva, è dunque senz’altro da
apprezzare l’enfasi che la Corte pone sul controllo parlamentare e che dimostra, come già fu
Sent. n. 171/2007, § 5 cons. dir.
SORRENTINO, Fonti del diritto, Cedam, 2009, p. 194 ss.
107 CONCARO, op. ult. cit., p. 96.
108 Cfr. DICKMANN, Il decreto-legge come fonte del diritto e strumento di governo in www.federalismi.it, p. 10 che
sottolinea come sia “l’«atto complesso» formato dal d.l. e dalla l. di conv. che va sottoposto al vaglio
ordinario di legittimità costituzionale, non già l’uno o l’altro dei due”.
109 Sent. n. 29/1995, § 2 cons. dir. su cui, per tutti, le osservazioni critiche di L. PALADIN, Atti legislativi del
Governo e rapporti fra poteri, p. 24. In merito alla natura del vizio che inficerebbe la l. di conv., si v. in
particolare ROMBOLI, Ancora una dichiarazione di incostituzionalità di un decreto legge, cit., il quale sottolinea
come “nella logica seguita dal giudice costituzionale, il vizio consisterebbe nel fatto che la legge, nell’ambito
del procedimento speciale di conversione del d.l., ha superato i limiti ad essa consentiti, determinando una
sorta di eccesso di potere del legislatore (in sede di conversione)”. Sulla natura del vizio si v. inoltre
PIZZORUSSO, Ripensando i controlli sui dd.ll. alla luce dell’esperienza recente, in Pol. Dir., 1995, 380.
110 Sent. n. 171/2007, § 5 cons. dir.
111 RUGGERI, Ancora una stretta (seppur non decisiva) ai dd.ll., suscettibili di ulteriori, ad oggi per vero imprevedibili,
implicazioni a più largo raggio (a margine di Corte cost. n. 171 del 2007), in Foro It., 2007, 2664 .
112 PIZZORUSSO, Sistema delle fonti e forma di stato e di governo, in Quad. Cost., 1986, 217 ss.
105
106
16
sottolineato a commento della sent. n. 29/1995, la volontà di abbandonare quell’ atteggiamento
«velatamente sanzionatorio» nei confronti del solo esecutivo che essa aveva mostrato in passato.113
Tuttavia – come sarà ancor più evidente laddove si dirà di come la Corte abbia in realtà
trascurato il problema dell’introduzione in sede parlamentare di emendamenti, spesso eccentrici
rispetto al contenuto del d.l. – i contorni di tale potere di controllo appaiono pur sempre alquanto
indefiniti: la valutazione delle Camere rappresenta, infatti, come si è detto, una valutazione di
natura politica; inoltre, la motivazione della sent. n. 171/2007 sembra porre l’accento soprattutto
sui condizionamenti che “l’immediata efficacia [del d.l.] - che lo rende idoneo a produrre
modificazioni anche irreversibili sia della realtà materiale, sia dell’ordinamento”- abbiano sul
successivo esame parlamentare. Si tratta di considerazioni essenzialmente funzionali alla
ricostruzione del rapporto tra dl e l. di conv. nei termini di unicità procedimentale, ma non vi è
ancora chiarezza su quanto penetrante debba essa il sindacato parlamentare sulla sussistenza dei
presupposti.
È peraltro evidente quanto siano difficilmente definibili a priori i contorni del controllo sui
requisiti per l’emanazione del d.l. e ciò è particolarmente vero per l’esame parlamentare dove
valutazioni squisitamente politiche (o concernenti il merito del provvedimento) finiscono per
assumere un preminente rilievo.114 È ben nota la ritrosia della Corte nell’”intervenire sui gangli
nodali del rapporto Parlamento – Governo in tema di fonti” e, quindi, la sua tendenza a censurare
solo casi di macroscopiche (o a lungo ripetute) violazioni del dettato costituzionale al fine di “non
interferire sul circuito politico”.115
Quanto all’argomento della tutela dei diritti si è detto di come esso rappresenti “il punto di
forza” della giurisprudenza più recente116. Come in passato nella sent. n. 360/1996,117 si tratta di un
argomento che la Corte spende laddove intende giustificare una maggiore incisività del proprio
intervento appunto nei «gangli nodali» della nostra forma di governo. Il solo richiamo, nella
motivazione, ai rapporti tra gli organi costituzionali ed in particolare alla separazione dei poteri
avrebbe infatti reso l’argomentazione meno persuasiva dato il carattere assorbente che – sembra
evincersi dalla sent. n. 171/2007118 - potrebbe avere, secondo la tesi della novazione della fonte,
l’avallo successivo del Parlamento.
L’argomento della tutela dei diritti non solo, dunque, assume particolare rilievo nel caso
risolto con la sent. n. 171/2007 poiché in essa veniva in considerazione un intervento sulla legge
elettorale, ma al tempo stesso consente alla Corte di respingere con più efficacia la tesi dell’efficacia
sanante della l. di conv. contribuendo a rendere meno politico il proprio controllo. Tuttavia, – per
riportarsi al ben noto divario tra la portata teorica ed l’effetto pratico delle decisioni in tema di
d.l.119 – si ha la sensazione che quello della tutela dei diritti sia soprattutto un sostegno
argomentativo120.
CONCARO, op. cit. Su come nella pronuncia sia ridimensionato l’argomento per il quale l’esecutivo “può
tutto”, DICKMANN, cit., p. 10.
114 Con riferimento ai limiti del controllo parlamentare sui d.l., PIZZORUSSO, I controlli sul decreto legge in
rapporto al problema della forma di governo, in Pol. Dir., 1981, 301 ss. in part. 312 ss.
115 Per tutti, CELOTTO, La «storia infinita»: ondivaghi e contraddittori orientamenti sul controllo dei presupposti del
decreto-legge, in Giur. Cost., 2002, p. 137.
116 GUAZZAROTTI, Il rigore della Consulta sulla decretazione d’urgenza: una camicia di forza per la politica?, in
www.forumcostituzionale.it; p. 2.
117 Sent. n. 360/1996, § 4 cons. dir.
118 Sent. n. 171/2007, § 5 cons. dir.
119 SIMONCINI, Le funzioni del decreto-legge, cit., 250, 294 ss.
120 Sottolinea come la Corte con ord. che ha preceduto la sent. n. 171/2005 avrebbe potuto evitare di restituire
gli atti al giudice a quo per una nuova valutazione della rilevanza, compiendola direttamente al fine di non
arrecare ulteriore pregiudizio alla tutela dei diritti dei soggetti interessati, GUAZZAROTTI, op. ult. cit. Sul
punto anche CARNEVALE, Il vizio di “evidente mancanza” dei presupposti al debutto, cit.
113
17
Ma, per chiarire ulteriormente le perplessità sollevate dalla ricostruzione del rapporto tra d.l.
e l. di conv. è necessario a questo punto guardare al connesso tema della natura della l. di conv.,
nonché agli effetti della dichiarazione di illegittimità costituzionale.
3.5 La natura “atipica” della l. di conv. e la questione delle disposizioni “nuove” introdotte in
sede di conversione
Nella sent. n. 171/2007 il tema dell’efficacia sanante della l. di conv. e la configurazione del
d.l. e della l. di conv. quali momenti di un iter procedimentale unitario, si saldano strettamente con
le considerazioni concernenti la natura della l. di conv .
La Corte configura, infatti, tale legge come “atipica”, in primo luogo, in quanto essa
presuppone un d.l. da convertire.121 «A conferma di ciò – si aggiunge - si può notare che la l. di
conv. è caratterizzata nel percorso parlamentare da una situazione tutta particolare” non solo in
ragione di quanto esplicitamente previsto a livello costituzionale circa i tempi per la presentazione
alle Camere (art. 77, secondo comma, Cost.), ma anche in forza di precise disposizioni dei
regolamenti parlamentari (art. 96-bis Reg. Cam.; art. 78, comma 4, reg. Sen.).
Sulla persuasività di queste ultime considerazioni sono probabilmente da condividersi le
perplessità espresse da quella parte della dottrina che ha sottolineato l’inidoneità della fonte
regolamentare nel condizionare il regime formale della l. di conv.122. Tuttavia si tratta, come si è
detto, di argomenti addotti dalla Corte a sostegno della tesi dell’unicità procedimentale da cui non
possono trarsi ulteriori implicazioni.
Un’ulteriore conferma di questa tesi è rinvenuta dalla dottrina nelle considerazioni con cui,
nella sent. n. 128/2008, la Corte respinge i rilievi dell’Avvocatura dello Stato concernenti
l’inammissibilità della q.l.c. essendo, la disposizione del d.l. oggetto del giudizio, di fatto stata
abrogata (sebbene poi riprodotta, in identico testo, in un allegato della l. di conv.). La Corte osserva
in proposito che il nuovo testo «fa comunque parte delle modificazioni apportate in sede di
conversione». 123. È parso dunque che, con questa considerazione, la Corte abbia voluto, pur senza
approfondire le peculiarità del caso di specie, equiparare di fatto la conversione “mascherata” ad
una vera e propria conversione e, quanto agli effetti della dichiarazione di illegittimità
costituzionale, chiarire che “nessun appunto sarebbe potuto essere mosso al legislatore qualora il
d.l. fosse stato fatto decadere per decorrenza dei termini di conversione ed il suo contenuto fosse
stato poi riprodotto in una legge che avesse seguito nell’approvazione il normale iter
parlamentare”.124
Una parte della dottrina, tuttavia, muovendo dalla lettura isolata della precisazione della
Corte125, ne ha tratto rilevanti conclusioni anche in merito all’emendabilità del d.l. da parte della l.
di conv. sostenendo che la Corte abbia inteso rilevare che “ogni disposizione ulteriore aggiunta al
testo del d.l. deve essere motivata da ragioni di straordinaria necessità ed urgenza”. La Corte
avrebbe così sconfessato la precedente sent. n. 391/1995 in cui esplicitamente aveva affermato che
“la valutazione preliminare dei presupposti della necessità ed urgenza investe […] soltanto la fase
della decretazione di urgenza e non si estende alle norme che le Camere in sede di conversione del
d.l. possano avere introdotto come disciplina aggiunta a quella dello stesso d.l.”126 (e in base alla
quale era ragionevole presumere che la Corte avesse inteso escludere che l’eventuale vizio da
Per tutti, PITRUZZELLA, La l. di conv., cit., p. 127 ss.
DICKMANN, op. cit., 6.
123 Sent. n. 128/2008, § Sul punto, ampiamente, ROMBOLI, op. ult. cit.; CHINNI, Un passo avanti, cit.
124 ROMBOLI, op. ult. cit.
125 In cui appunto la Corte sottolineava che: a) la l. di conv. riproduce testualmente la disposizione del d.l.
impegnata; b) l’efficacia della stessa è fatta retroagire alla data di entrata in vigore del d.l.
126 Sent. n. 391/1995, § 4 cons. dir.
121
122
18
evidente mancanza dei presupposti potesse travolgere anche al disciplina introdotta in sede di
conversione).
In realtà, sebbene l’affermazione della natura “atipica” della l. di conv. vincolata dal
precedente d.l., avrebbe potuto condurre la Corte ad escludere che il legislatore possa valersi del
procedimento di conversione per apportare delle novità al d.l.,127 non riteniamo che nella stessa
sent. n. 171/2007 la Corte abbia voluto trarre ulteriori conclusioni in merito all’emendabilità in
sede di conversione. Un fugace passaggio della sentenza precisa, infatti, che “le disposizioni della
l. di conv. in quanto tali – nei limiti in cui non incidano in modo sostanziale sul contenuto normativo del
decreto […] – non possono essere valutate sotto il profilo della legittimità costituzionale
autonomamente da quelle del decreto.128
Il rilievo di quest’ultima affermazione e la considerazione secondo cui la Corte avesse in
realtà inteso evitare di “affrontare il vero e proprio punto di snodo delle relazioni caratterizzanti le
fonti, la forma di governo e la forma di Stato”129 (e, forse, si potrebbe congetturare, addirittura
lasciare aperta la questione dei limiti del proprio sindacato quando vengano in considerazione
modifiche sostanziali del testo del d.l.)130 sono ora confermati dalla recente sent. n. 355/2010131 in
cui, in un giudizio in via incidentale, si affronta espressamente la questione della mancanza dei
presupposti del d.l. relazione alle norme introdotte solo in sede di conversione.
Dalle affermazioni della Corte sembra possano trarsi le seguenti affermazioni di principio: a)
la sent. n. 391/1995 la quale escluse il sindacato sulle disposizioni aggiunte in sede di conversione,
deve ritenersi superata in virtù dell’esclusione dell’efficacia sanante della l. di conv. e delle
considerazioni, della sent. n. 171/2007, nonché del rapporto che lega il d.l. a quest’ultima; b)
tuttavia, l’affermazione della Corte circa l’impossibilità “di valutare autonomamente” sotto il
profilo della legittimità costituzionale le disposizioni della l. di conv. rispetto a quelle del d.l.,
implica che il sindacato sulla sussistenza dei presupposti deve essere “indirettamente effettuato
per quelle norme aggiunte alla l. di conv. che non siano del tutte estranee rispetto al contenuto
della decretazione di urgenza”. c) Diversamente, “tale valutazione non è richiesta quando la
norma aggiunta sia eterogenea rispetto a tale contenuto”. Con riferimento alle norme aggiunte in
sede di conversione, dunque, la Corte dovrà valutare “la condizione di totale eterogeneità rispetto al
contenuto del d.l.” ossia che “la norma stessa non sia del tutto dissonante” rispetto ad esso.132
Si può, pertanto, osservare che “la Corte avalla oggi “la prassi degenere che vede il decreto
assumere la qualità di disegno di legge “motorizzato”133, sempre più strumento di colegislazione e
di codecisione politica, ma al tempo stesso momento di negoziazione tra maggioranza e
opposizione al quale – grazie al ricorso a maxi-emendamenti e questioni di fiducia – viene spesso
Sulle ricostruzioni in merito al potere di emendamento in sede di conversione in rapporto con la natura
stessa della l. di conv. – una tendente ad ammetterlo, essendo la l. di conv. espressione dell’ordinario potere
legislativo delle Camere, l’altra favorevole ad una limitazione di tale potere in considerazione della
limitazione della potenzialità della l. di conv. rispetto all’oggetto del d.l. - si v., per tutti, PALADIN, La
formazione delle leggi, cit., 76 e contra, CONCARO, Il sindacato di costituzionalità del decreto-legge, cit., 114 ss. Sul
tema cfr. inoltre SORRENTINO, Le fonti del diritto italiano, cit., 217 ss.
128 Sent. n. 171/2007, § 5 cons. dir. V. anche DICKMANN, cit., p. 9,. nt. 15; GUAZZAROTTI, cit., p. 6 (il quale rileva
peraltro come tale precisazione “conferma la tesi della l. di conv. come legge “sostanziale”, priva di
atipicità”), nonché RUGGERI, Ancora una stretta, cit.
129 RUGGERI, op. ult. cit., p. 2.
130 Legge invece nella sent. n. 355/2010 la volontà della Corte di “correggere il tiro” rispetto alle pronunce
del 2007-08 “alludendo alla possibile introduzione, nel procedimento legislativo di conversione di modifiche
del tutto eterogenee rispetto all’oggetto disciplinato dall’atto governativo”, Q. CAMERLENGO, Il decreto-legge e
le disposizioni “eccentriche” introdotte in sede di conversione, in Rass. Parl., 2011, I, in part. § 6.
131 Sent. n. 355/2010 con nota di CELOTTO, “Come la tela di Penelope”. Ulteriori tortuosità nella giurisprudenza sui
decreti-legge, in Giur. Cost., 2010, ; A. RUGGERI, Ancora in tema di dd.ll. e leggi di conversione, ovverosia di taluni usi
impropri (e non sanzionati) degli strumenti di normazione (a margine di Corte cost. nn. 355 e 367/2010).
132 Sent. n. 355/2010, § 8 cons. dir.
133 RUGGERI, Ancora in tema di decreti legge e leggi di conversione, cit.
127
19
aggiunto un numero di disposizioni tale da condurre ad considerevole incremento del testo
iniziale.
Tuttavia, se con il ricorso al d.l. “il Governo non si limita ad anticipare l’esercizio della
funzione legislativa del Parlamento mediante atti provvisori”134, da ciò non consegue che al
Parlamento non possa riconoscersi un potere di “aggiungere modifiche e aggiustamenti parziali,
tesi a correggere e a perfezionare il contenuto del provvedimento governativo”. Diverse però le
modifiche volte a “stravolgere radicalmente la portata precettiva o a consentire l’inserzione di
discipline ad esse estranee e frutto di contrattazioni fra le parti politiche e che venga in tal modo
sottratte alle normale procedure di approvazione della legge”.135
Ammettendo, invece, anche quest’ultimo genere di emendamenti, la Corte finisce per
ribadire la propria ritrosia a sindacare la discrezionalità politica di Parlamento e Governo, e per
contraddire le stesse premesse da cui essa era partita con le due sentt. del 2007/2008, quanto al suo
proposito di assicurare, attraverso l’assetto delle fonti de diritto, il rispetto dei caratteri della nostra
forma di Stato e di governo: nulla si dice, infatti, delle pur rilevantissime conseguenze che la
disomogeneità originaria dei d.l e o dei maxiemendamenti in sede di conversione hanno sullo
stesso ruolo del Parlamento ed in particolare su quello delle commissioni parlamentari che vedono
sottrarsi la possibilità di un adeguato esame dei testi in sede referente.
Si comprende in conclusione come ogni valutazione in merito alla legittimità
dell’emendamento introdotto (e circa la possibilità di estendere ad essi il requisito della
straordinarietà della necessità ed urgenza) si giochi nella definizione di eterogeneità che l’interprete
intenda accogliere. Essa potrebbe derivare sia da modifiche pur sempre riconducibili del contenuto
del d.l. (ossia del suo ambito materiale di intervento) sia da modifiche che esorbitano da esso,
incidendo invece sul suo oggetto. A ciò si aggiunga che la Corte introduce anche una graduazione
dell’eterogeneità delle modifiche136.
La problematicità della nozione di eterogeneità e la difficoltà di una sua graduazione sono
rese evidenti dal caso risolto con la sent. n. 367/2010: la q.l.c. aveva ad oggetto una disposizione
del d.l. n. 39/2009 la quale, in sede di conversione, era stata modificata grazie ad un emendamento
solo formalmente aggiuntivo, ma che in realtà, scrive la Corte, «nella sostanza, implica[va] una
drastica limitazione della sfera di applicabilità del regime derogatorio» introdotto dalla
disposizione nella sua originaria formulazione.137
La Corte ricorda come in passato essa abbia sostenuto che “al d.l. non convertito debba
essere equiparato il d.l. convertito in legge con modificazioni che implichino mancata conversione
in parte qua”.138 Pertanto, nel caso in esame, risultano astrattamente ipotizzabili due alternative
ermeneutiche: che l’emendamento “implichi la conversione della norma del decreto censurata e la
sua contestuale modifica con effetti ex nunc”, o che “al contrario, l’emendamento equivalga un
rifiuto parziale di conversione che avrebbe travolto ex tunc la norma emendata nella parte non
convertita”.139 La Corte conclude, in base ad un precedente della Corte di Cassazione avente ad
oggetto un caso analogo, che in questo caso dovesse accogliersi la seconda delle soluzioni. Avendo,
quindi, “omesso di compiere una indagine ermeneutica doverosa” ritiene in conclusione la
PIZZORUSSO, La manutenzione del libro delle leggi ed altri studi sulla legislazione, Torino, 1999, p. 50.
CONCARO, op. ult. cit., 119. Sul punto, nella letteratura più recente, CAMERLENGO, Il decreto-legge e le
disposizioni eccentriche, cit., in part. p. 11 del dattiloscritto.
136 RUGGERI, Ancora in tema di dd.ll. e leggi di conversione, cit.
137 Sent. n. 367/2010, § 5.1 cons. dir.
138 Sent. n. 51/1985. Sul dibattito in merito all’efficacia degli emendamenti soppressivi, prima che
intervenisse l’art. 15 legge n. 400/88 (il quale com’è noto assegna a tali emendamenti in linea generale
efficacia ex nunc salvo che la legge non disponga diversamente), A. PIZZORUSSO, Sull’efficacia nel tempo degli
emendamenti soppressivi inclusi nelle leggi di conversione, in Giur. Cost., 1968, 2553 ss. Nella dottrina successiva,
per tutti, V. ANGIOLINI, Attività legislativa del governo e giustizia costituzionale, cit., 240; CONCARO, Il sindacato di
costituzionalità del decreto-legge, cit., 117-8; PITRUZZELLA, La l. di conv., cit., 287
139 Sent. n. 367/2010, idibem.
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motivazione del giudice a quo priva di congruità in ordine alla rilevanza della questione, nonché
alla sua manifesta infondatezza. 140
La Corte in questo caso ritiene che l’emendamento abbia comportato un “mutamento della
stessa ratio della disposizione censurata”141; sembrerebbe dunque descrivere una modifica tesa ad
incidere sul solo contenuto, tuttavia non è del tutto chiaro se, attraverso una lettura congiunta
della pronuncia con la sent. n. 355/2010, il mutamento della portata precettiva possa consentire di
concludere che, in questo caso, l’emendamento potrebbe (o meno) essere qualificato come
“eterogeneo”. Probabilmente sì, se, come a chi scrive sembra preferibile - tenuto conto del fatto che
la Corte nella sent. n. 355/2010, nell’esame concreto del caso di specie abbia valutato la “totale
eterogeneità” e la natura “non del tutto dissonante”142 – si pone l’accento sulla gravità
dell’eterogeneità. Probabilmente no, se invece si accede ad una diversa ricostruzione che pone
piuttosto l’accento sul legame tra l’emendamento e l’oggetto regolato dal d.l. al fine di valutare la
sussistenza d un “rapporto di continuità materiale” tra di essi143.
Quale che sia la soluzione cui si ritenga di aderire, può rilevarsi, in primo luogo, quanto la
Corte sia ancora distante dalla valorizzazione del requisito dell’omogeneità quale “tratto
identificante (e perciò indisponibile) della funzione di normazione”144 e inoltre come la mancanza
di una chiara definizione delle distinzioni introdotte sarà probabilmente in futuro foriera di nuove
incertezze risolvendosi, di fatto, in una nuova “via di fuga” per il Governo che intenda persistere
nella prassi delle modifiche sostanziali al d.l. in sede di conversione.
4. Recenti sviluppi in merito all’art. 77 Cost. come parametro nel giudizio in via principale.
Merita infine alcune riflessioni la recente sent. n. 52/2010 in cui la Corte è parsa manifestare
alcune aperture nei confronti della possibilità per le Regioni di prospettare, nell’ambito del
giudizio in via d’azione, censure relative alla violazione dell’art. 77 Cost. È noto come la
giurisprudenza – pur non priva, anche in passato, di oscillazioni145 - abbia limitato la possibilità
per le Regioni di addurre la violazione dell’art. 77 Cost. in quanto norma non attributiva di
competenze, a meno che tale violazione non implichi anche una menomazione delle competenze
regionali.146
Nella sent. n. 52/2010, la Corte dichiara non fondata la questione di l.c. dell’art. 62 del d.l.
n. 112/2008 senza tuttavia argomentare in merito alla cd. “triangolazione”, ossia sulla lesione delle
competenze regionali attraverso la violazione dell’art. 77 Cost . Né la Corte giudica carente la
motivazione su questo punto da parte della regione ricorrente, sebbene essa fosse piuttosto
sintetica al pari di quella su altre censure, invece dichiarate inammissibili. Ciò ha fatto supporre
una maggiore apertura della Corte dinanzi a un ricorso regionale che prospetti la violazione
Sent. n. 367/2010, § 6 cons. dir.
Sent. n. 367/2010, § 5.1 cons. dir.
142 Sent. n. 355/2010, § 8 cons. dir.
143 CAMERLENGO, Il decreto-legge e le disposizioni eccentriche, cit., in part.p. . Per la tesi che limita la “potenzialità
normativa della l. di conv.” circoscrivendola all’oggetto del d.l. PITRUZZELLA, La l. di conv., cit., p. 194.
144 RUGGERI, Ancora una stretta, cit., pp. 4-5, anche per le interessanti condizioni circa la mancanza, nella sent.
n. 171/2007, di una distinzione tra omogeneità originaria del decreto e omogeneità sopravvenuta in sede
parlamentare.
145 Cfr. E. ROSSI, Il giudizio in via principale, in R. ROMBOLI (a cura di), Aggiornamenti in tema di processo
costituzionale, in particolare (1990-92), p. 182 ss. e (1999-2001) p. 135, nonché le successive edizioni anche a
cura di DAL CANTO; E. LAMARQUE, Gli artt. 76 e 77 Cost. come parametri nel giudizio in via principale, Le
oscillazioni della giurisprudenza costituzionale, in COCOZZA- STAIANO, I rapporti tra Parlamento e Governo
attraverso le fonti del diritto, Torino, 2001, p. 513 ss.
146 Cfr. sentt. n. 116/2006; 62 e 272/2005; 6 e 196/2004
140
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dell’art. 77 Cost. “che si sarebbe tradotta in una valutazione sull’ammissibilità della censura meno
rigida di quanto non sia stata con riferimento invece agli altri parametri”.147
In realtà le incertezze della giurisprudenza costituzionale su questo punto, non consentono
di ritenere che il parametro possa davvero avere influito sugli esiti del giudizio, né che questi
sviluppi possano essere posti in rapporto di continuità con il maggior rigore che la Corte ha
dimostrato con la svolta giurisprudenziale del 2007-08.
Ciò risulta anche dalla più recente sent. n. 79/2011 in cui la Corte perviene ad un esame nel
merito della censura riferita all’art. 77 Cost., pur rigettandola. Tuttavia, in questo caso, non solo la
motivazione della Regione non era carente, ma al tempo stesso la Corte approfondisce la
sussistenza dei presupposti per l’adozione del d.l. come risultante dal titolo stesso dell’atto.
5. Alcune riflessioni sul rapporto tra i due garanti ed uno spunto per una possibile
soluzione.
È opportuno chiedersi, in conclusione, in quale rapporto si ponga oggi il controllo della
Corte sulla decretazione di urgenza rispetto a quello svolto dal Capo dello Stato e ciò anche al fine
di chiarire se nei numerosi interventi presidenziali sulla decretazione di urgenza si possa ravvisare
un tentativo di colmare alcuni silenzi della giurisprudenza costituzionale o se, soprattutto in
alcune più recenti dichiarazioni presidenziali, non possa piuttosto leggersi anche uno stimolo al
giudice costituzionale per una maggiore incisività del suo controllo.
È noto come il controllo del Presidente possa intervenire in momenti diversi – al momento
dell’emanazione del d.l., dell’autorizzazione alla presentazione del d.d.l. di conversione alle
Camere e infine, della promulgazione della l. di conv. Tali momenti non possono essere assimilati
tra loro e ciò in ragione di una molteplicità di considerazioni che in questa sede non è possibile
richiamare compiutamente, ma che attengono non solo alla diversa efficacia di tali tipi di atti, ma
anche alla stessa natura del loro oggetto, più o meno dotato di capacità di incidere sugli stessi
equilibri costituzionali148.
La prassi recente sembra peraltro confermare la tesi favorevole alla distinzione tra i vari
momenti del controllo per intensità e per finalità connesse ai vari istituti (non solo per quanto
attiene alla distinzione tra l’autorizzazione alla presentazione al d.d.l. alle Camere rispetto alle
successive emanazione e promulgazione,149 ma anche fra questi due ultimi momenti del
controllo150).
La ricostruzione del rapporto tra i due garanti rende necessario guardare in primo luogo alle
tipologie di censure rivolte dal Capo dello Stato. La lettura dei comunicati presidenziali rileva
come pressoché tutte abbiano affrontato il tema delle modifiche introdotte nella fase parlamentare
al testo del d.l. per non accrescerne o stravolgerne i contenuti. È questa la censura che, a nostro
giudizio, sembra più saliente poiché è da essa che il Presidente fa discendere, a cascata, tutta una
serie di rilievi ulteriori concernenti la tutela degli equilibri complessivi della nostra forma di
governo (in particolare della violazione del principio della separazione dei poteri nei rapporti tra
CHINNI, La Corte, i presupposti del decreto-legge e le tortuose vie per il sindacato, cit. p. 3.
Per tutti, LUCIANI, L’emanazione presidenziale dei decreti legge (spunti a partire dal caso E.), seminario di Astrid
Il potere, le regole, i controlli: la Costituzione e la vicenda Englaro, cit.
149 Si pensi ad esempio al caso Englaro, in cui il Presidente pur rifiutando l’emanazione del d.l., tuttavia
autorizzò la presentazione del d.d.l. alle Camere di identico contenuto.
150 Come sembrerebbe desumersi, ad esempio, dalla lettera del 22 febbraio 2011 relativa alla conversione in
legge del d.l. n. 225/2010 (cd. d.l. mille proroghe), in cui il Presidente, dopo aver suggerito al Governo di
apportare modifiche al testo del decreto, conclude riservandosi, nel caso in cui non sia possibile venire
incontro alle sue indicazioni, “di suggerire l’opportunità di adottare successivamente possibili norme
interpretative e correttive” qualora ritenesse di procedere alla promulgazione, lasciando così sottintendere la
possibilità di riservarsi una successiva e diversa valutazione.
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potere legislativo ed esecutivo, della tutela delle attribuzioni costituzionali delle Camere, di quelli
riservati alle commissioni competenti, nonché delle stesse prerogative della presidenza della
Repubblica).
Dall’eterogeneità il Presidente muove, in talune occasioni, anche per svolgere considerazioni
circa “la dubbia coerenza con i principi e le norme della Costituzione” per quanto attiene ai
requisiti di necessità ed urgenza.
Se, dunque, si escludono alcuni specifici rilievi sostanziali rivolti in taluni comunicati, le
dichiarazioni presidenziali che si succedono dal maggio 2007 ravvisano tutte nella ampiezza ed
eterogeneità dei dd.ll.,, ma soprattutto delle l. di conv., la causa delle violazioni del dettato
costituzionale, nonché della legge n. 400/1988.
Se dunque questo rilievo costituisce, a nostro parere, la novità della prassi dell’attuale
presidenza in tema di decretazione di urgenza è da esso che il Presidente muove per ricercare
anche delle soluzioni, non solo attraverso costanti richieste di impegno da parte del Governo e dei
gruppi parlamentari per un’inversione di tendenza, ma anche – visto il perdurare della prassi dei
maxiemendamenti –attraverso proposte concrete per ovviare alle conseguenze di una decadenza
dei dd.ll. a seguito del rinvio alle Camere della l. di conv . L’ultima dichiarazione del febbraio 2011
– che può essere letta come una sintesi delle precedenti – richiama in definitiva il Governo ad
osservare una “sostanziale inemendabilità” dei dd.ll. Tale richiamo non va tuttavia inteso in senso
assoluto, ma probabilmente nel senso di un impegno – già suggerito in passato dal Capo dello
Stato – affinché “l’emendabilità dei decreti legge nel corso dell’iter di conversione si mantenga
rigorosamente nei limiti imposti dalla natura straordinaria delle fonti prevista dall’art. 77 Cost.
della Cost. e dello stesso procedimento parlamentare di conversione in legge” e nel rispetto delle
linee tracciate dalla Corte.
È innegabile che l’inemendabilità, come richiesta dal Capo dello Stato, possa comportare il
rischio di una futura “frammentazione” dei dd.ll. ed incontri, al tempo stesso, quegli stessi limiti e
quelle difficoltà che sollevano anche le distinzioni della Corte circa il modo in cui debba essere
valutata l’eterogeneità degli emendamenti e la stessa omogeneità del d.l .
Tuttavia, pur nelle difficoltà ricostruttive della nozione di eterogeneità, essa dimostra una
certa efficacia sul piano argomentativo perché consente al Presidente di porre l’accento su quei vizi
di costituzionalità – concernenti l’alterazione degli equilibri della forma di governo e di stato che,
invece, nelle argomentazioni della Corte, tutte incentrate sulla ricostruzione della evidente
mancanza dei presupposti, trovano invece spazio marginale nelle premesse generali circa la
ricostruzione dei caratteri della fonte d.l. Da questo punto di vista, chi scrive condivide pertanto le
considerazioni di chi in dottrina ha sottolineato nei messaggi presidenziali più recenti il richiamo
all’art. 72 Cost. evidenziando come “proprio quello della procedura parlamentare, per come
scolpita in Costituzione, potrebbe risultare il terreno comune su cui far leva per pretendere
l’omogeneità del d.l. non meno che della sua l. di conv.”.151
È forse in questo spunto che possono trarsi indicazioni che consentano in futuro di contenere
o addirittura eliminare le prassi distorsive del ricorso alla decretazione di urgenza. Nella difficile
praticabilità di soluzioni fondate su riforme legislative o su riforme costituzionali, nell’attuale
contingenza politica ed istituzionale, forse è proprio nella valorizzazione di nuovi parametri e
nell’assunzione di una nuova prospettiva per la valutazione della legittimità costituzionale dei
dd.ll. da parte della giurisprudenza costituzionale che potrebbe passare – in linea con quanto
avvenuto in passato per la reiterazione – un rafforzamento dell’incisività del controllo di
legittimità costituzionale.
CARNEVALE-CHINNI, C’è posta per tre. Prime osservazioni a margine della lettera del Presidente Napolitano inviata
ai presidenti delle Camere ed al Presidente del Consiglio in ordine alla conversione del cd. decreto mille proroghe, in
Rivista AIC, n. 2/2011 del 19.04.2011, in part. p. 7 ss.
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Non può tuttavia, al momento, che constatarsi – soprattutto alla luce delle precisazioni che la
sentenza n. 171/2007 ha ricevuto nella sent. n. 355/2010 – una distanza tra la prospettiva accolta
dal Capo dello Stato e quella della Corte. 152
D’altro canto talune differenze tra i due garanti, come rilevato con riferimento alla
promulgazione del d.l. sicurezza del luglio 2009, derivano dallo stesso ruolo presidenziale cui si
addice innanzitutto un’opera di bilanciamento complessivo con riguardo a tutti i valori in gioco153.
Inoltre – si è osservato anche recentemente154 - i profili relativi alla tecnica legislativa ed a regole di
buona legislazione ed in particolare alle prescrizioni della legge n. 400/1988 su cui opposte sono le
posizioni della Corte e del Capo dello Stato, si prestano difficilmente ad essere rilevati nell’ambito
di un giudizio di legittimità costituzionale.
Si rinvia alle riflessioni da noi espresse in
RUGGERI, Ancora un caso di promulgazione con “motivazione” … contraria, cit.
154 ROMBOLI, Il rinvio delle leggi, cit., p. 54.
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