Le ricette di Rocco De Santis Vistamare

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Le ricette di Rocco De Santis Vistamare
IT
€ 4,90
Bimestrale - N. 150 Aprile - Maggio 2016
E N O G A S T R O N O M I A
•
A T T U A L I T À
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C U L T U R A
•
D A L
1 9 9 9
POSTE ITALIANE S.p.a. spedizione in a.p. D.L.353/03 (conv. in L.27/02/2004 N°46) ART.1 COMMA 1 AUT.C/RM/101/2010
Le ricette di
Rocco De Santis
Vistamare
L’Umbria e il Grechetto • Liguria, Rossese di Dolceacqua
Jutland meridionale • Extravergine, assaggi dall’ultima raccolta
Roma, Brasserie 28 Caulier • Cronache di cucina
s o m m a r i o
numero 150 - aprile - maggio 2016
03 Qualità e tracciabilità
EDITORIALE
06
di Francesco D’Agostino
04 dell’enogastronomia
Notizie dal mondo
NEWS
a cura di Valentina Venturato
06 inGrechetto,
presente e futuro
bianco dell’Umbria
VINI E TERRE
di Francesco D’Agostino
e Fabio De Raffaele
20 Jutland meridionale
FOOD & TRAVEL
di Patrizia Cantini
32 Brasserie 28 Caulier
BERE BIRRA
di Henry Ross
44 Lucera,
La cucina a Il Cortiletto di
Fonte La Tavola di
38 extravergine
Notizie dal mondo dell’olio
di oliva
CRONACHE DI CUCINA
EXTRAVERGINE
Oricola, Retrobottega di
Roma
di Antonio Marcianò
a cura di Enofollia
50
20
CUCINA&VINI 3
s o m m a r i o
numero 150 - aprile - maggio 2016
50 Rossese di Dolceacqua
VINI E TERRE
di Alessandra Piubello
Ad ogni vino il suo bicchiere
61 Etichette sotto i riflettori
PROFILI DIVINI
a cura di Enofollia
Vini rossi
66 ...dalle aziende
BUONE & NUOVE
a cura di Cucina & Vini promotion
72 dell’Agro
Rocco De Santis, il vento nuovo
Pontino
1 2 3 4 5 6 7
CONVERSANDO CON LO CHEF
di Valentina Venturato
76 LeRistorante
ricette del
Vistamare
MANI IN PASTA
a cura di Valentina Venturato
94 Appuntamenti enogastronomici
AGENDA GOLOSA
a cura di Valentina Venturato
76
4 CUCINA&VINI
1 - Spumanti
2 - Vini bianchi
3 - Vini bianchi strutturati
3 - Vini rossi giovani
3 - Vini rosati
4 - Vini rossi
5 - Vini rossi importanti da invecchiamento
6 - Vini rossi da grande invecchiamento
7 - Vini da dessert
7 - Spumanti dolci
Vini bianchi
Vini rosati
Vini spumanti
(rossi,
bianchi
o rosati)
Per ogni ricetta consigliamo un vino (nome, produttore, prezzo, regione)
e il tipo di bicchiere ideale per degustarlo al meglio. Ecco la scala dei bicchieri con i riferimenti alle diverse tipologie di vino. Il colore all’interno del
bicchiere indica il colore del vino (rosso, bianco, rosato); la presenza di
un pallino all’interno del bicchiere indica che il vino è spumante.
Il prezzo riportato per ciascun vino deve intendersi come medio.
E d i t o r i a l e
Qualità
e tracciabilità
■ La copertina rivela che siamo in festa: il centocinquantesimo numero è figlio di una storia nata nel 1999 proprio in aprile e alla fiera del Vinitaly. È anche il nostro diciassettesimo compleanno. Insomma iniziamo a essere una realtà senior
nel contesto dell’editoria enogastronomica che ha sempre sostenuto l’eccellenza agroalimentare raccontandone quotidianamente il suo successo planetario: quando cominciammo l’export italiano di cibo e vino era a quota sedici miliardi di euro, nel 2015 abbiamo chiuso a quasi trentasette, segnando un incremento superiore al 230% in questi straordinari diciassette anni di crescita qualitativa. Oggi l’italian sounding, ovvero il valore di mercato dei prodotti che si rifanno a nomi o colori dell’Italia per invitare all’acquisto consumatori poco avveduti all’estero che pensano di comprare italiano, vale sessanta miliardi di euro ed è un fenomeno sempre esistito, probabilmente legato all’emigrazione; la dimensione raggiunta però oggigiorno è colossale ed è senza dubbio legata al miglioramento generale dell’immagine dell’agroalimentare italiano, divenuto ormai oggetto del desiderio dei tantissimi appassionati di cultura enogastronomica che popolano i Paesi ricchi. Siamo sempre molto stupiti dal fatto che i numeri del nostro export siano inferiori di quelli delle “imitazioni” (non parliamo di frode) e siamo parimenti consapevoli che per combattere il mercato delle patacche le strategie da mettere in campo siano essenzialmente due, diffondere in modo planetario la cultura del cibo italiano, come hanno fatto i francesi da sempre, oppure certificare veramente tutto ciò che viene prodotto realmente in Italia. Sul primo aspetto
siamo partiti con un ritardo colossale e la dimensione del mercato italian sounding lo dimostra inequivocabilmente; un’attività da perseguire, su cui investire molto a livello istituzionale. Le uniche vie che le aziende possono perseguire con le
proprie forze sono quella della produzione a indicazione geografica, la cui protezione è nei temi discussi all’interno dei
trattati internazionali, e quella della certificazione di prodotto nato e cresciuto in Italia da parte di organismi di certificazione privati, riconosciuti a livello internazionale, come il caso del marchio Food Italy. Dove non è possibile creare una
Dop o una Igp o è troppo oneroso, le aziende individualmente possono ricorrere a questa certificazione per assicurare
il cliente straniero, ovunque si trovi, che il prodotto è realmente italiano. Ecco per il prossimo futuro abbiamo intenzione di dare il nostro contributo in questa ottica. Infatti, l’italian sounding non si può combattere con trattati internazionali: immaginate quanto american sounding gli Usa tollerano nel mondo, basti pensare al mercato del jeans in cui l’Italia
è leader con nomi che si rifanno tutti all’America! Entriamo nel diciottesimo anno di vita augurandocene almeno altri diciassette e promettendo di continuare a raccontare il bello e il buono del nostro Paese, aggiungendo al valore della qualità, che promuoviamo da sempre, quello della produzione interamente italiana, come per le nostre Dop, certificabile oggi per qualsiasi bene agroalimentare.
In questo
numero
Festeggiamo il centocinquanta con una nuova rubrica che speriamo apprezzerete: Cronache di cucina racconta un certo tipo di ristorazione molto curata che sta sostituendo quello che era la trattoria trenta anni fa che oggi troppo spesso
vuole competere nei prezzi col fast food, con ovvi compromessi a scapito della qualità. Questo nuovo modello di ristorazione attenta, curata, ricca di inventiva, rispettosa delle tradizioni e delle produzioni locali sta prendendo piede e noi la
racconteremo attraverso la sua cucina, per darvi degli elementi che possano invitarvi a visitare il locale, riproponendone
in famiglia e agli amici le ricette. Siamo andati in Puglia, in Abruzzo e nel Lazio. Tempo di Vinitaly, il vino ha uno spazio importante che abbiamo voluto dedicare a due vitigni italiani che stanno attirando i riflettori, il grechetto in Umbria, il rossese in Liguria. Non manca uno spazio dedicato all’oro verde italiano, l’olio extravergine di oliva che fa sempre discutere e che raccontiamo con numerosi assaggi in lungo e in largo per l’Italia. La birra raccontata focalizza su una nuova realtà
romana che porta nella Capitale la cultura brassicola belga. Passando al turismo goloso, il suggerimento del numero porta in Danimarca, nel meraviglioso Jutland meridionale dove l’ostrica è un prodotto popolare, di cui ci si può cibare anche gratuitamente. Le ricette di questo numero sono figlie della passione e dell’estro di Rocco De Santis che ha portato a Latina una nuova atmosfera gastronomica nel ristorante Vistamare, all’interno del fascinoso hotel Il Fogliano.
Buona lettura dalla nostra redazione in festa.
Francesco D’Agostino
CUCINA&VINI 3
News
A CURA DI VALENTINA VENTURATO
TENUTA ESDRA, LA NUOVA META DI
CHARME NELLA CAMPAGNA CIOCIARA
di un Paese dalla ricchezza gastronomica
sterminata, spesso non del tutto nota. È
Siamo esattamente a Pontecorvo in
provincia di Frosinone, sud del Lazio. In
questa porzione di campagna ciociara sorge
Tenuta Esdra, un agriturismo con Spa dove
si possono coniugare tutti i piacere del fisico
e della mente. Tra boschi e colline è infatti
possibile, con partenza dalla tenuta,
effettuare ben cinque percorsi differenti tra i
dieci e quindici chilometri, per confrontarsi
con la natura a piedi o in bici grazie
all’associazione Animafamily Asd che
accompagna i visitatori lungo i tracciati
prestabiliti. Le visite, che partono dal mese
di aprile, vanno prenotate sul sito
www.animabike.it, dove si possono anche
scaricare le mappe dei singoli circuiti. Uno
chef di livello nazionale garantisce una
proposta gastronomica di altissima qualità
ben radicata nella tradizione culinaria
ciociara e realizzata con prodotti locali. Per
chi necessita di un po’ di relax e di
rigenerare il corpo è a disposizione un
centro benessere con Spa termale e
personale specializzato.
Tenuta Esdra
Contrada Sant’Esdra - 03034 Pontecorvo (Fr)
Info line 345.7168723 - www.tenutaesdra.it
stato questo il leit motiv di “L’Italiano in
cucina”, il seminario svoltosi nel 2015 a
Parigi, voluto da Massimo Bottura al quale
hanno preso parte molti dei nostri chef
nazionali come Heinz Beck, Pino Cuttaia,
Carlo Cracco, Moreno Cedroni e molti altri.
Ed è proprio a questo seminario che si
ispira l’omonimo volume pubblicato da
Skira editore in cui sfilano le oltre sessanta
ricette realizzate a Parigi dagli chef e che in
queste pagine vengono immortalate dai
bellissimi scatti di Francesca Brambilla,
Ennio Calice, Riccardo Marcialis, Andrea
Federici e molti altri.
Editore: Skira
Prezzo: € 42,00
L’ITALIANO IN CUCINA
DI MARIANNA VALENSISE
Venti cuochi stellati, fra i migliori al mondo,
riuniti per la prima volta a Parigi da tutta
Italia, ci guidano alla scoperta della cucina
4 CUCINA&VINI
COLAZIONE A LETTO
DI ANDREA GOLINO
La colazione è il pasto più importante
della giornata, è fatto noto ai più. Ma è
anche quello che, se realizzato con cura
e offerto alla persona che amiamo, può
rappresentare un autentico segno
d’amore. È questo il messaggio che
Andrea Golino - chef e volto noto del
Gambero Rosso Channel - ha voluto
trasmettere con questo bel volume edito
da Giunti. Organizzato in ventiquattro
menu, Colazione a letto contiene oltre
settanta ricette per preparare con le
vostre mani breakfast speciali e
conquistare definitivamente l’anima
gemella. Un invito al relax senza
rinunciare alla buona cucina italiana ma
non solo, è un invito a divertirsi ai
fornelli, ispirati dalla passione per il cibo
e dall’ironia di un personal chef
d’eccezione.
Editore: Giunti
Prezzo: € 16,50
IL PANE VIOLA CHE FA BENE ALLA
SALUTE
Il pane non è uno dei migliori alleati
delle diete, anzi nella maggioranza dei
casi è la prima cosa che viene
razionata! Ma, in aiuto degli amanti dei
carboidrati, arriva Zhou Weibiao
ricercatore dell’università di Singapore,
che assicura di essere riuscito a mettere
a punto un tipo di pane che non
espone a questi rischi, mantenendo la
News
dell’attività, ma anche dopo avere
ottenuto una serie di deroghe che hanno
consentito di vendere prodotti scaduti.
Se il successo del supermercato durerà
nel tempo, gli ideatori hanno già
annuncitato che ne saranno aperti altri
nel Paese. Speriamo che presto anche in
Italia nascano iniziative commerciali di
questo tipo.
ULTIM’ORA
CUCINA & VINI RICEVE IL PREMIO
GIORNALISTICO NERO DI TROIA DAL
MOVIMENTO TURISMO VINO PUGLIA
consistenza e il sapore dell’alimento
naturale, con un solo, piccolo, neo: le
pagnotte infatti sono viola. Il colore
viola è frutto dell’unione
dell’antocianina - un antiossidante
ottemuto dal riso nero - con la farina
del normale pane. Ed è proprio
l’antocianina ad agire direttamente sul
processo digestivo del pane
rallentandolo, appunto. Questo è un
passaggio fondamentale, perchè ciò
che rende il pane un nemico della
forma fisica è proprio la velocità in cui
viene digerito e dunque l’amido viene
convertito rapidamente in zuccheri che
finiscono velocemente nel flusso
sanguigno... e anche sulla bilancia,
aggiungiamo noi!
scadenza o appena scaduti, oppure il cui
aspetto estetico non è di prima scelta. Il
supermercato si chiama WeFood e
l’inaugurazione è stata un evento
nazionale, con la partecipazione anche
della principessa Maria e dell’ex ministro
per l’agricoltura e ambiente Eva Kjer
Hansen. WeFood è gestito
esclusivamente da volontari, ed è nato
dopo che una campagna di
crowdfunding ha permesso di
raccogliere i fondi necessari all’avvio
Raramente lo facciamo, ma questa volta
vogliamo condividere con voi lettori che
da ormai centocinquanta numeri ci
seguite fedelmente, la gioia e il piacere
per aver ricevuto un importante
riconoscimento giornalistico. La giuria
del Movimento Turismo del Vino Puglia
per l’assegnazione del Premio
Giornalistico Nero di Troia, ha
riconosciuto nel nostro servizio
giornalistico un valido contributo alla
valorizzazione e alla divulgazione di
questo vitigno simbolo dell’enologia
pugliese. La consegna del premio ai
nostri autori, Francesco D’Agostino e
Antonio Pellegrino, avverrà lunedì 11
aprile nel corso della cinquantesima
edizione del Vinitaly, ovviamente nel
padiglione della regione Puglia.
WEFOOD: IL SUPERMERCATO CHE
VENDE CIBI “SCADUTI”
Quello dello spreco alimentare è un
problema noto a molti Paesi occidentali.
Seguendo rigide norme, spesso i
supermercati sono costretti a buttare il
cibo perchè vicino alla data di scadenza
oppure perchè la confezione è
leggermente rovinata. In Danimarca, per
affrontare la questione, è stato aperto il
primo supermercato che vende prodotti
alimentari e cosmetici prossimi alla
CUCINA&VINI 5
Grechetto,
presente e futuro in bianco
dell’Umbria
6 CUCINA&VINI
VINI E TERRE
DI FRANCESCO D’AGOSTINO
E FABIO DE RAFFAELE
Antico vitigno
tradizionale, sta
conquistando spazi
importanti nella
campagna umbra a
partire dalle zone di
Orvieto e Todi, dove è
diventato attore
protagonista nella scia
di una sua diffusione
generale in regione.
Tavola rotonda con tre
enologi di territorio:
Riccardo Cotarella,
Maurilio Chioccia,
Nicola Tantini
FOTO DI ELENA SHCHIPKOVA - FOTOLIA.COM
Q
uanto grechetto ci fosse nel mitico bianco di Orvieto che viene
cantato a partire dal medioevo non è
noto; certo è che il vino facesse parte
del tessuto sociale intorno alla rupe
tufacea della città sin dall’epoca etrusca: molti i ritrovamenti di oggetti, pitture e addirittura di grotte e gallerie
scavate nel tufo dove avveniva la vinificazione di un vino color dell’oro.
Certamente i romani fecero commercio
del vino, tanto che sul fiume Paglia,
che percorre la valle ai piedi di Orvieto,
affluente del Tevere, costruirono un
porto per rifornirne Roma. Ma il mito
dell’oro liquido torna con le invasioni
barbariche; una leggenda infatti racconta che i barbari durante il saccheggio assaggiarono il nobile vino ubriacandosi poiché non riuscivano a smettere di berlo, tanto era buono, consentendo così alla popolazione di scacciarli. Dal Pinturicchio che affrescando il
CUCINA&VINI 7
VINI E TERRE
uomo esigeva di poter bere tanto
vino d’Orvieto quanto ne volesse,
alle tantissime storie e leggende che
hanno coinvolto papi, re, principi e uomini potenti, interessante menzionare
le parole del famoso fisiologo e antropologo Paolo Mantegazza che nell’Ottocento così lo descrive: “Il vino d’Orvieto, vero oro liquido, è noto anche ai
profani dell’enologia”. Insomma, nei
secoli il mito del vino dorato non si è
mai perso, probabilmente perché gran
parte delle uve era raccolta tradizionalmente in surmaturazione per produrre un vino dolce, ma a noi piace
pensare che quel giallo dorato dipendesse da una forte presenza di uva grechetto che, come abbiamo potuto riscontrare nella degustazione delle tante etichette che trovate più avanti, rende i vini di un colore particolarmente
intenso, poco diffuso nei bianchi commercializzati nella primavera successiva alla vendemmia.
Parlando di storia recente, negli anni
Settanta gli unici vini tipici che pre-
D
In apertura e nella pagina a fianco,
paesaggi umbri con vigneti;
sotto,Riccardo Cotarella e Maurilio
Chioccia
8 CUCINA&VINI
vedevano una presenza massiccia del
vitigno erano il Greco di Todi e il Vin
Santo d’Umbria, unico prodotto di territorio basato su grechetto in purezza;
è sempre stato nell’uvaggio della Doc
Orvieto, ma con un profilo “basso” che
gli consentiva di partecipare con la
quantità massima del 30%; la recente
modifica del disciplinare ha portato
questo limite al 60%.
Tavola rotonda
Per parlare di grechetto abbiamo coinvolto tre esperti che si confrontano frequentemente con questa uva, autori di
numerose etichette. Oggi il grechetto in
purezza (ovvero minimo all’85%) è previsto in molte denominazioni geografiche umbre (nelle otto Doc Amelia, Assisi, Colli Altotiberini, Colli del Trasimeno,
Colli Martani, Colli Perugini, Lago di
Corbara, Todi, e nelle sei Igt Umbria, Allerona, Bettona, Cannara, Narni, Spello), diversamente dal passato, quale riflesso di una tendenza generale a sposare questa uva per vini che siano
produrre vini dolci in blend con altre
uve”. La sensazione di saporito, che abbiamo riscontrato moltissimo negli assaggi è una dote, ma forse può anche
diventare un difetto. “Tutti i greco riprende Cotarella - hanno un aspetto
tannico che non è alto, ma superiore
agli altri bianchi, una caratteristica che
dà spessore, graffia. Il tannino è anche nella polpa dove è più fine e dolce.
Il Grechetto è un vino tipico, che lascia
una traccia di sé molto personalizzante.
Io ritengo che non sia adatto alla produzione in legno salvo non sia in blend
con lo chardonnay”. Insomma, i tratti
del vitigno importante ci sono, ma in
realtà la sua ampia diffusione è un fatto recente. “Ha una produzione piuttosto bassa rispetto agli altri vitigni
usati in Umbria - riprende - e tra i bianchi italiani è forse quello che marca di
più il territorio. Dobbiamo però riconoscere che nei vini bianchi è più facile distinguersi perché in Italia abbiamo
poco”. Parliamo ora del G109 che è un
vitigno “a maturazione più tardiva, è
FOTO DI BUFFY 1982 - FOTOLIA.COM
VINI E TERRE
espressione univoca del territorio.
“Dopo il sangiovese la famiglia dei greco è la più numerosa in termini di nomi,
ma si tratta spesso di varietà dissimili”,
spiega Riccardo Cotarella. “I grechetti umbri sono due storicamente, oggi
conosciuti come G109 e G5 (sono i nomi dei cloni catalogati dall’università di
Perugia, ndr). Hanno caratteristiche totalmente diverse: morfologicamente il
G5 ha grappolo compatto, piccolo, il
G109 allungato e spargolo. Il G5 è precoce, va a ridosso dello chardonnay,
matura subito dopo. Ha gradazione zuccherina spinta, arriva facilmente fino a
24 brix (ventiquattro grammi di zucchero su cento di mosto, ndr), essendo
compatto nelle annate umide può essere attaccato da muffa, la sua acidità è
medio-bassa se la maturazione si spinge. Organoletticamente possiamo dire
che è un vitigno saporito, nel mondo
dei bianchi italiani è uno dei quelli più
caratterizzanti, quasi un rosso, dà vini
molto consistenti ma non molto longevi. Una volta era un’uva destinata a
CUCINA&VINI 9
VINI E TERRE
Nicola Tantini
10 CUCINA&VINI
cia più dura del G5 una delle più dure
dei bianchi italiani. È resistente e ha
un’acidità più alta del G5, quindi si presta molto alla surmaturazione e storicamente ha prodotto molti vinsanto, è
eccellente anche per dei blend, mentre
in purezza preferisco il G5. Non si deve
trascurare però che oggi il clima più
caldo favorisce la sua maturazione ed è
un bene, perché in questo caso si esprime meglio, quando si fa rosa diventa
caratterizzante”.
Dello stesso parere è l’enologo Nicola
Tantini, giovane come età anagrafica,
classe 1985, ma con già alle spalle sette vendemmie: “Il grechetto identificato con il clone G5, crea sicuramente
meno difficoltà nella vinificazione, anche se, essendo molto serrato, necessita di grandi attenzioni in pianta. Lo
stretto contatto tra gli acini non favorisce l’areazione del frutto ed è proprio
lì che si possono creare insidiose muffe,
mentre il G109, essendo leggermente
più spargolo, riserva meno sorprese in
questo senso. Per contro, quest’ultimo
ha una buccia più spessa e come si sa è
proprio in questa che si concentra la
maggiore quantità di tannini, ecco
quindi l’obbligo di pressature più soffici, quindi minor resa, in parte compensata dalla maggior produttività della
pianta. I risultati in cantina sono evidentemente diversi e l’ideale - conclude
Nicola - è realizzare un taglio per poter
ottenere le note fruttate dell’uno e la
struttura dell’altroˮ.
La diffusione ampia del grechetto, dicevamo, è un fatto recente, che risale al
periodo da metà anni Novanta all’inizio
dei Duemila: “C’è stato un nuovo rinascimento - racconta Cotarella -, giovani enologi in collaborazione con giovani produttori hanno approfondito la
materia vino, basandosi su supporti
scientifici, è aumentata la cultura del
vino e questi vitigni caratterizzanti,
accantonati per un periodo, sono stati
apprezzati, diffondendosi”. Certo, al di
là della produzione del vinsanto, il grechetto non aveva una storia produttiva
recente in assolo, ma l’assaggio attuale rivela che in poco tempo si sono raggiunti livelli importanti. “Da qualche
tempo - ci dice Maurilio Chioccia - i vini prodotti con il grechetto in purezza
sono migliorati moltissimo e trovo che
siano più in linea di altri con il gusto
del consumatore attuale. Oggi siamo
tutti molto più attenti ai consigli salutistici e sempre di più alla forma fisica;
specialmente i giovani mangiano poco, senza grassi e nel loro menu trovano sempre meno spazio le pietanze salsate, ecco quindi che il Grechetto, con
la sua giusta dose di freschezza e la
sua sapidità spiccata, si abbina perfettamente con ciò che mangiano di solitoˮ. Effettivamente ha tutte le caratteristiche per piacere sia ai neofiti, sia a
chi ha un palato più attento: è un vino
bianco da bere fresco, piacevole ma
VINI E TERRE
se anche in fermentazione l’estrazione
degli aromi continua”.
“La sua acidità leggermente più bassa
di altri vitigni - riprende Cotarella non lo rende più difficile in vinificazione quanto piuttosto successivamente, in evoluzione. Ha acido malico più
basso di altri vitigni e se si cerca un vino molto fresco, poco zuccherino basta
anticipare la vendemmia, ma si perde la
sua capacità di dare carattere al vino”.
“È comunque un vitigno estremamente
eclettico - interviene Maurilio Chioccia
- che consente la produzione di vini di
gradazione media, freschi e beverini,
ma anche vini più complessi e strutturati. A mio avviso è un vitigno che si
presta bene anche alla spumantizzazioneˮ.
Dalla cantina la discussione ci porta in
vigna e ovviamente viene ribadito quanto nel vino di qualità di oggi sia importante avere una grande uva, ma
quanto sia altrettanto importante il
gioco di squadra tra tutti gli attori
chiamati a produrli: “Oggi l’enologo - ri-
I cloni Vcr2 e Vcr3 isolati dai Vivai
Cooperativi Rauscedo, equivalenti
rispettivamente a G109 e G5
FOTO DI VIVAI COOPERATIVI RAUSCEDO
nello stesso tempo di buon carattere,
non ha un tenore alcolico eccessivo,
un vino quindi dalla grande versatilità.
In questa tipologia si potrebbe annoverare anche l’Orvieto, denominazione
nella quale il grechetto come dicevamo
può arrivare al 60% della quantità totale di uve, ma evidentemente i giovani
sono sempre in cerca di novità e una
volta identificatane una riescono a fare
tendenza.
“È comunque un vitigno - continua
Chioccia - che richiede molte attenzioni perché è delicato e si ossida molto
facilmente e, come abbiamo ormai capito da molto tempo, per fare un gran
vino ci vuole un frutto in forma eccellente. Ecco quindi la necessità di una
raccolta manuale, una cantina poco distante dai vigneti, l’utilizzo dell’anidride carbonica per evitare ossidazioni,
breve macerazione sulle bucce, stiamo
parlando di poche ore, e quindi una
pressatura soffice, che a bassa temperatura fa sprigionare tutti i profumi del
frutto; mantenendo le temperature bas-
CUCINA&VINI 13
Panorama di Orvieto
14 CUCINA&VINI
FOTO DI MI.TI. - FOTOLIA.COM
VINI E TERRE
prende Chioccia - deve essere anche
un po’ agronomo, deve dialogare con
l’addetto alla cura del vigneto e trovare con lui la giusta soluzione per ottenere il miglior frutto. È importante
anche il cantiniere, perché puoi portare le uve migliori in cantina, ma se all’interno di queste non regna la pulizia
sarà molto difficile ottenere grandi vini. Checché se ne dica il brett non può
essere considerato una tipicità!ˮ. Il
brett, così chiamato “amichevolmenteˮ
da chi frequenta il mondo del vino,
non è altro che il 4-etilfenolo, un composto chimico che si sviluppa in presenza dei brettanomyces, lieviti che
appartengono alla famiglia dei saccaromiceti, che dà al vino quel caratteristico sentore di aia o meglio ancora di
stalla di cavalli. Tornando alla vigna,
“il grechetto sulle zone argillose va
meno bene - spiega Chioccia -, si ottengono grappoli ancor più piccoli e il
vino è un po’ nervoso; in quelli sciolti
si manifesta meglio. Oggi che la parte
agronomica ha finalmente peso e c’è
sincronizzazione con quella enologica, vitigni come il grechetto sono usciti bene. Perché ben conosciuto, prima era stato messo da parte, si cerca-
vano vini semplici e uve produttive e
quindi oggi, che si dà finalmente adeguata importanza alla vigna, questi
vitigni sono diventati importanti. Infatti, in Umbria, su dodicimila ettari
credo ci siano circa mille ettari a grechetto per la maggioranza del clone
G5. Mentre nella zona di Orvieto è sempre stato nel blend con altre uve, nell’area di Perugia si è prodotto anche in
assolo”.
Certamente in passato il grechetto
quando entrava in bottiglia nella maggior parte dei casi era in uvaggio, ovvero le diverse varietà erano raccolte e
vinificate insieme. Oggi che la cultura
del vino ha fatto passi da gigante, in vigna si dedicano appezzamenti adatti al
grechetto e anche se l’etichetta finale
sarà un blend, si tenderà nella maggior
parte dei casi ha fare un “vinaggio” ovvero a realizzare dei vini monovarietali
che successivamente sono assemblati.
“Lo trovo un perfetto vitigno da blend riprende Riccardo Cotarella -, eccellente anche in assolo, magari con un leggero contributo di altre uve. Il G109 si
sta diffondendo di nuovo a Orvieto, poiché il disciplinare prevede una fetta importante di grechetto e se si usasse tut-
VINI E TERRE
riguardava un grechetto storico, anche
perché le piante avevano fino a centoventi anni. Todini decise di mettere i
risultati a disposizione del territorio e fu
così che vari enologi, insieme con altrettante cantine, operarono per farlo diventare il Grechetto di Todi. È un grechetto
simile al G5 - continua Maurilio - però
leggermente meno serrato nel grappolo,
lievemente più produttivo, con una fascia di maturazione interessante che
permette una raccolta diversificata, così da ottenere in alcune l’acidità, in altre il frutto, capaci quindi di dare vini
polposi ma nello stesso di grande beva e
piacevolezzaˮ.
“Attualmente - conclude Maurilio Chioccia - il Grechetto non ha ancora il giusto
riscontro commerciale, ma il mercato del
vino è sempre pronto a riservarci grandi
sorprese, e questo prodotto merita tutta
l’attenzione possibileˮ.
Alla luce dei tanti assaggi che seguono,
noi possiamo affermare di aver riscontrato un ampia gamma di etichette interessanti, caratterizzate da un rapporto
qualità prezzo molto buono, in qualche
caso quasi imbattibile. Il futuro dell’Umbria è anche nelle mani del Grechetto.
Panorama di Todi
FOTO DI HAL_PAND_108 - FOTOLIA.COM
to G5 (meno generoso, ndr) si perderebbe molto quantità. I due vitigni sono
stati codificati moltissimi anni fa dai
vignaioli e molto prima che si parlasse di
cloni preferivano ovviamente quello che
poi è stato codificato come G109 al G5
solo per la sua maggiore produttività.
Quest’ultimo è figlio della cultura e
quindi è diventato un’identità regionale; la voglia di scoprire e di conoscere da
parte dei consumatori ne chiede la produzione. Come per esempio avviene per
il grillo in Sicilia”.
“Ai fini dell’affermazione del grechetto riprende Maurilio - fu molto importante
la ricerca fatta a fine anni Novanta nell’area di Todi”, che portò alla denominazione d’origine controllata Grechetto di
Todi circa dieci anni dopo. “La storia
ha inizio nell’azienda di Franco Todini
che, una volta estirpati buona parte dei
suoi vigneti, decise di andare dalle suore di Collevalenza a visitare i loro vigneti. Ci colpirono alcune viti che la
persona addetta alla loro cura chiamò
grechetto, tra queste ve ne era anche
una a bacca rossa; con l’ausilio di Leonardo Valenti (docente della facoltà di
agraria di Milano, ndr), giungemmo alla
conclusione che il materiale ritrovato
CUCINA&VINI 15
La degustazione
COLLI MARTANI
GRECHETTO DOC 2015
Antonelli San Marco
14% vol - € 8,00
Giallo dorato chiaro, è intenso e fresco al naso nel
miscelare il frutto mediterraneo e tropicale con
toni vegetali di salvia e
timo: cedro, pera, ananas, pesca, banana,
nocciola, kumquat e arancia, con sfumature
di frutti in gelatine, sono percorsi da nuance
di zenzero e pietra pomice. Fresco, vibrante,
sapido, bilanciato, di trama media, è dotato
di una vena tannica delicata e invitante, in
grado di ribadire il frutto del naso in una
veste ancora più croccante, con cenni vegetali e la potente progressione minerale.
UMBRIA GRECHETTO IGT 2015
Barberani
12% vol - € 15,00
Di colore giallo chiaro luminoso, è fresco, nitido e gentile al
naso nel fondere le dolcezze
di frutto della passione e della nocciola con decisi toni di
fieno, timo e salvia, accompagnati da aromi di cedro ancora arancia, mandarancio, mela e pera, mentre cenni di fiori di
campo sfumano l’insieme. Bocca molto fresca,
sapida, immediata, di tessitura leggera e grande beva, dichiara subito il frutto polposo per
poi convergere su toni agrumati e vegetali.
STROZZAVOLPE 2015
UMBRIA GRECHETTO IGT
Bigi
Prova di botte - € 8,00
Di un bel giallo, accoglie polposo di fiori e frutti, percorsi
da vivaci toni di macchia mediterranea aromatica: glicine e
rosa bianchi e artemisia secca
si fondono con pesca, mela,
susina, nespola, mentre si avverte la nota di
cera d’api con pasticceria al burro e ancora
arancia, albicocca, pera, frutto della passione
e cenni di nocciola. Ingresso morbido e invitante, poi la freschezza diventa protagonista
con la sapidità sulla trama media e la decisa
florealità lascia spazio agli agrumi.
nea, con cenni di
nespola e mandorla
e l’immancabile nota di nocciola. Fresco e vivace al palato, è morbido e
percorso da una delicata nota tannica per
un insieme appena irruente. Si ritrova la polpa del frutto appena il vino è in bocca poi
prevale la nota agrumata e in progressione i
toni vegetali sulla spinta sapida e tannica.
schezza accompagnata
dalla componente tannica, mentre la morbidezza è leggermente in
affanno, sostenuta a fatica dalla tessitura leggera. Subito si ritrova la
polpa fruttata, poi il palato si asciuga leggermente e il vino serra su vegetali e agrumi.
BIANCO DEL CAVALIERE 2014
GRECHETTO DI TODI SUPERIORE
Cantina Todini
13,5% vol - € 8,00
12,5% vol - € 9,00
Di un bel giallo carico
luminoso, è dolce e
gentile al naso, subito su toni di pasticceria soffice che ricorda il panettone accompagnati da miele d’acacia, giustapposti al frutto di pesca, albicocca,
susina, pera, arancia, con cenni di frutti disidratati e in gelatine, mentre la dolcezza ricorda la glassa alle mandorle, sfumata da toni minerali di salgemma e selce, con percezioni
intriganti di sandalo. Pieno all’ingresso, bilanciato, di bella freschezza e morbidezza, in
progressione la delicata tensione tannica e
l’acidità rendono molto teso il finale che focalizza su agrumi, vegetali e minerali,... e si
riassaggia.
GRECHETTO DI TODI DOC 2014
Cantina Todini
COL MARINELLO 2014
COLLI ALTOTIBERINI DOC
Castello di Solfagnano
12,5% vol - € 15,00
Giallo pieno, conferma l’impressione
visiva con un naso
dolce e goloso che
presenta floreali di
glicine e ro-sa anche
legger-mente appassi-ti, fusi con frutto invitante che sa di dattero fresco, frutto della passione, fico anche
in confettura, albicocca e pesca, anche in
nettare, cedro e arancia dai risvolti freschi e
in gelatine, e ancora nocciola con sentori di
torta diplomatica. Passa in bocca senza soluzione di continuità poi la freschezza e il delicato tannino danno grande vivacità e le sensazioni golose si spostano su toni agrumati,
per un insieme di stile leggero e beverino.
Il calice giallo luminoso
sprigiona subito
toni di miele e
pappa reale insieme
sentori di pasticceria soffice con glassa al cioccolato
bianco che si fondono con gli agrumi freschi
in scorza e gelatine, con pesca, albicocca,
uva spina, pera, frutto della passione, ananas,
uva, tutto sfumato da cenni di rosolio e nuance di cenere. Fresco, leggero, sapido, di adeguata morbidezza e profilo più semplice e
immediato del naso, focalizza sul frutto con
gli agrumi in evidenza e finale minerale. Ancora da aspettare.
COLLE NOBILE 2014
GRECHETTO DI TODI SUPERIORE DOC
Cantina Tuderum
12% vol - € 10,00
13,5% vol - € 10,00
Giallo brillante, è dolce e gentile al naso nel
blend di fiori d’acacia con pesca, albicocca,
arancia bionda e susina, accompagnati da
toni vegetali ben definiti e integrati che
sanno di fieno, salvia e macchia mediterra-
Di un bel giallo deciso, al naso presenta da un
lato la dolcezza di frutto e fiore che si contrappone a toni vegetali di ortica. Riconosciamo
pesca, arancia, nespola, mela, percorse da
tratti vinosi, con nuance di fiori d’acacia e
nocciola. In bocca si avverte subito la fre-
16 CUCINA&VINI
Di un bel giallo, accoglie
dolce e goloso di agrumi
che sanno di arancia, mandaranci e kumquat, declinati anche in marmellata,
che dialogano con toni vivaci di fieno, salvia e fiori
di campo essiccati, timo e
maggiorana men-tre aromi di nocciola secca
diventano sempre più presenti. Ancora il frutto di susina, pesca, ananas, cedro in gelatina,
mandorla anche in confetto. Entra morbido,
fresco, sapido, di bel bilanciamento, in grado
di riprendere il discorso del naso, sulle stesse
strade, mentre si avverte una pennellata tannica che dà vigore all’assaggio e sembra voler
prevalere, ma viene di nuovo integrata e il
frutto vince in progressione.
12,5% vol - € 6,00
COLLI MARTANI
GRECHETTO DOC 2015
Cantina Fratelli Pardi
14% vol - € 7,00
MONTERONE 2015 COLLI DEL
TRASIMENO GRECHETTO DOC
Castello di Magione
ANTICELLO 2014
UMBRIA GRECHETTO IGT
Giovanni Cenci
Di un bel giallo deciso,
dopo attimi di esitazione presenta toni di pesca, nocciola, arancia, nespola e pera poco matura,
fusi con vegetali di macchia mediterranea secca
e con toni di miele di cor-
VIAGGI DI GOLA
bezzolo, tutti sfumati da note di panificazione.
Ingresso in bocca bilanciato, fresco e morbido,
di bella sapidità e tessitura; di slancio si avverte la tensione tannica che focalizza il frutto del
retrolfatto su toni agrumati e vegetali.
GRECHETTO DI TODI DOC 2014
Coste del Faena
13% vol - € 7,00
Giallo paglierino luminoso, accoglie intenso
e nitido di salvia, cedro, kumquat e mela
per insistere sul frutto
negli aromi di melone
bianco, arancia, pesca, susina, con mandorle
e nocciole, tutto sfumato da cenni di zenzero,
da note di macchia mediterranea e da avvolgenti aromi di mimosa. Bocca fresca e vivace,
di trama leggera e bella morbidezza, è provvista di una leggera dote sapida. Appena in
bocca conferma il frutto del naso insieme ai
fiori, mentre in progressione vince la nota di
mandorla fresca.
COLLI MARTANI
GRECHETTO DOC 2015
Di Filippo
13,5% vol - € 7,00
Calice giallo deciso che
rivela subito la polpa
fruttata di pesca, arancia, melone, albicocca
e nocciola che dialogano con dolcezze di
torta diplomatica e ancora miele, pera, frutti in gelatine e nuance di
fiori di acacia. In bocca è fresco, sapido, di leggera tensione tannica, bilanciato e di adeguata morbidezza, con la dote alcolica appena evidente in chiusura. Al palato riprende
subito lo spartito del naso per poi in progressione stringere leggermente su toni di frutta
secca.
SASSI D’ARENARIA 2014
COLLI MARTANI GRECHETTO DOC
Di Filippo
12,5% vol - € 12,50
Il calice di colore giallo pieno invitante anticipa la polpa olfattiva che sa di fiori e
frutti: acacia, con i suoi toni
melliti, pesca gialla, melone, nocciola, uva, ananas,
pera, susina, glicine, rosa
bianca sfumati da sentori di
vaniglia; poi note di pasticceria alla frolla e ancora
arancia e mandarancio con
le gelatine di scorza. Molto fresco, sapido,
di trama media e bel bilanciamento, è dotato
di un gradevole cenno tannico, per un insieme meno goloso del naso, dinamico e dai risvolti fruttati croccanti, agrumi in primis.
18 CUCINA&VINI
UMBRIA GRECHETTO IGP 2015
Falesco
UMBRIA GRECHETTO IGT 2015
Raìna
13% vol - € 5,00
14% vol - € 9,00
Di colore giallo
paglierino luminoso, è subito
disponibile e
caratterizzato al
naso nel fondere fiore e frutto:
riconosciamo
glicine, tiglio, ginestra che si alternano con
pesca, pera, mela, melone, limone e kumquat, freschi e in gelatine, con una bella nota di nocciole e mandorle fresche e secche. In
bocca è vivace e invitante nel confermare lo
stile immediato e subito espressivo del naso,
morbido, bilanciato, leggero, dotato di una
tensione tannica progressiva che da grip e il
frutto polposo del palato diventa sempre più
agrumato, percorso da toni di salgemma.
Giallo luminoso,
è dolce e invitante al naso di
fiori e frutto polposo e ricorda
acacia, mimosa e
ginestra che dialogano con pesca gialla, anche al vino, arancia bionda, banana, uva, ananas, melone, pera, mandarino,
sfumati da toni di nocciole secche con nuance
gentilmente tostate; ancora cenni di miele
d’acacia e di confetti, con ricordi di torrone
bianco che si confrontano con freschezze aromatiche di macchia mediterranea. La stessa
sensazione di polpa si ha in bocca dove c’è
freschezza e grande sapidità per un insieme di
grande bilanciamento e progressione nella dialettica tra morbidezza e dinamica, col retrolfatto sulle tonalità del naso, appena più agrumate, sostenuto da toni salini.
IL MOGGIO 2014
UMBRIA GRECHETTO IGT
Goretti
13% vol - € 13,00
Di un bel giallo luminoso, è dolce e intenso al
naso di fiori di acacia e
del suo miele, con pesca, nocciola, pera, mela, arancia, cedro, kumquat, anche in gelatine, albicocca e melone
mentre la dolcezza ricorda il torrone bianco e la pasticcera con
glassa. In bocca è morbido, fresco, di buona
tessitura e bilanciamento, percorso da un delicata pennellata tannica che da dinamica tensione all’assaggio. Il retrolfatto muove sullo
spartito del naso in dolcezza e frutto, con una
bella progressione agrumata.
FIERO 2014
UMBRIA BIANCO IGT
Margò
12,5% vol - € 13,80
Giallo dorato carico poco luminoso, esita leggermente appena versato, per poi aprirsi sul
frutto maturo di mela,
pera, pesca bianca,
uva, fuso con toni di
panificazione e tratti
vinosi, e ancora mandorle, nocciole e noci
brasiliane secche mentre la fragranza diventa mollica di pane. Fresco,
sapido e di medio corpo, è bilanciato e percorso da una sottile tessitura tannica che da gradevole grip; il frutto è più espresso del naso, rivelando bene anche le note agrumate, mentre
in progressione diventano protagonisti punti di
pietra pomice e di pane.
FIORDALISO 2015
UMBRIA GRECHETTO IGT
Roccafiore
13% vol - € 10,00
Di un bel dorato chiaro luminoso, è fresco e intenso,
invitante nel raccontare la
polpa di pesca, arancia, pera, ananas, che dialogano
con biancospino e mimosa,
tutti percorsi da toni vegetali di fieno, salvia e timo e
ancora mandorle e nocciole
mentre la componente
agrumata di cedro diventa
protagonista. Bocca fresca,
vitale, sapida, di trama leggera e invitante, percorsa da un delicato tannino per un insieme vibrante di frutto, leggermente salino, che conserva i floreali per dare
spazio in progressione alle note vegetali.
UMBRIA GRECHETTO IGP 2015
Saio
13% vol - € 5,50
Giallo paglierino, è gentile e nitido
di rosa e glicine bianchi,
con pesca
bianca, mela, susina, kumquat, lime, arancia,
uva spina, ananas e banana, sfumati da toni di
nocciole e mandorle e da nuance di timo. In
bocca è fresco, immediato, sapido, bilanciato,
progressivo nell’invitare alla beva, dotato di
una accennata presenza tannica per un insieme coerente e gradevole che riprende il
naso, focalizzando poi sul frutto con finale
di agrumi e minerali.
Jutland meridionale
20 CUCINA&VINI
FOOD & TRAVEL
DI PATRIZIA CANTINI
LE FOTO DEL SERVIZIO SONO DI STEFANO CELLAI
N
ello Jutland meridionale, i flussi
turistici stanno registrando aumenti piuttosto significativi, nell’ordine
del 7% in più solo nell’ultimo anno. L’interesse da parte di danesi, tedeschi e
olandesi principalmente - ma non mancano turisti di nazionalità diverse, compresa l’italiana - è dovuto a vari fattori.
Il mare e le spiagge rappresentano una
delle principali attrattive di questa parte di Danimarca, che offre anche alcune
isole bellissime e tranquille, che ben si
adattano anche al turismo familiare e
ai bambini piccoli. Ma mare, spiagge e
natura selvaggia non sono le uniche ragioni del successo turistico dello Jutland del Sud perché la zona, la più vicina al confine con la Germania, è diventata una sorta di scrigno del tesoro per
tutti gli chef del regno di Danimarca,
alla costante ricerca di prodotti biologici di elevata qualità. Se Sealand, l’isola
dove si trova Copenaghen, fornisce alcuni tra i migliori ortaggi, ricercatissimi dai
ristoratori della capitale, è dallo Jutland
meridionale che arriva la maggior parte
dei formaggi e delle carni utilizzati dagli
chef e commercializzati nei negozi di
specialità danesi.
Il turista che approda nello Jutland del
Sud dunque può dedicarsi ai bagni di
mare e agli sport acquatici, ma può anche regalarsi un percorso gastronomico
attraverso alcune tra le migliori produzioni del regno, oltre che una lunga serie
di soste gourmande nei tanti ristoranti
che si incontrano nelle cittadine e nei
villaggi, o anche isolati in mezzo alla
campagna.
La parte più spettacolare dello Jutland
del Sud si trova tutta lungo la costa occidentale, dove si apre il Parco Nazionale del Wadden Sea, il parco più grande d’Europa che abbraccia tre nazioni:
Olanda, Germania e Danimarca. Quello di
Wadden è una sorta di mare interno che
si estende da Den Helder in Olanda fino
CUCINA&VINI 21
FOOD & TRAVEL
In apertura, la spiaggia di Henne;
sopra, le ostriche di Jesper Voss; sotto,
la pesca alla ostriche a Rømø
22 CUCINA&VINI
a Esbjerg in Danimarca, caratterizzato
da bassi fondali fangosi simili a quelli
della laguna di Venezia. Il parco è tutelato dall’Unesco per il patrimonio di flora e fauna che racchiude. Le maree infatti lasciano sui fondali cibo abbondante
per gli uccelli migratori che vi sostano
per sfamarsi. Un terzo di tutti gli uccelli migratori del mondo arrivano nel Wadden Sea in cerca di cibo, mentre si deve
ai più piccoli storni il fenomeno del “sole nero”, visibile nei mesi di marzo-aprile e poi di settembre-ottobre, quando
migliaia di uccellini danzano nel cielo
oscurando il sole. Sembra che il paesaggio della parte danese del parco si sia
formato grazie al fenomeno delle maree
tra il decimo e il quattordicesimo secolo,
con la nascita delle isole di Rømø, Mandø e Fanø, che si sono staccate dalle dune costiere. A Rømø si trova la sede del
parco (www.nationalparkvadehavet.dk)
dove si possono prendere tutte le informazioni per le numerose escursioni da
fare. Una delle più attraenti, e anche
più golose, è il safari delle ostriche. A
Rømø, da settembre fino alla fine di
aprile, è infatti possibile andare con una
guida a caccia di ostriche lungo la costa
orientale dell’isola quando la marea è
bassa. Sui fondali fangosi le maree lasciano migliaia di ostriche che oggi possono essere prese liberamente senza li-
mitazioni. In passato invece le ostriche
appartenevano alla famiglia reale che
ne faceva lucrosi commerci soprattutto
con la Russia. Solo i pescatori autorizzati potevano prendere le ostriche, e alcuni documenti rivelano che nel Settecento i russi pagavano un chilo d’oro ogni
tre chili di ostriche. Fino agli anni Cinquanta la specie di ostriche presente nel
Wadden Sea era quella selvaggia europea
dalla forma tonda, poi scomparsa forse a
causa di una malattia. Per una ventina di
anni Rømø è rimasta totalmente priva di
ostriche, fino alla comparsa di quelle
del Pacifico, probabilmente arrivate dagli allevamenti delle isole del nord della Germania. Queste ostriche si sono
talmente moltiplicate a Rømø e nelle
vicinanze da diventare una minaccia per
altre specie come le cozze. Se ne possono trovare anche una tonnellata per ettaro e per questo il governo danese ha
deciso di lasciare libera la loro pesca.
L’unico limite è nella vendita: le ostriche
di Rømø infatti non possono essere
commercializzate in alcun modo e dunque non resta che prenotare un safari
per andarle a prendere direttamente. È
comunque importante sapere che avventurarsi da soli sui fondali di Rømø
può essere molto pericoloso, non soltanto per l’alta marea che può cogliere impreparati, ma anche per il rapido e improvviso formarsi di nebbie che causano
la perdita di orientamento, con il rischio di camminare verso il mare aperto
invece che verso la spiaggia.
Ma Rømø non è soltanto ostriche, perché
la costa orientale dell’isola vanta una
delle spiagge più grandi d’Europa, dove
si arriva direttamente in macchina. Nel
periodo estivo il parco organizza anche
escursioni ai branchi di foche, molte numerose nello Jutland meridionale e l’isola, che d’inverno non arriva ai mille abitanti, si riempie di vacanzieri che animano gli alberghi e le tante case estive. Ci
sono anche escursioni culturali come
quelle al Castello di Schackenborg, che
si trova sulla terraferma nel villaggio di
FOOD & TRAVEL
Tønder. Il secondogenito della regina
Margrethe ha vissuto nel castello fino a
due anni fa, e un’ala dell’edificio è rimasta di sua proprietà. Il principe Joachim
ha donato la restante parte a una fondazione che sta progettando il futuro del
castello.
ˇ Attualmente sono visitabili i
giardini e la parte non di proprietà del
principe, e a fianco del castello si apre
un piccolo albergo che fa parte dei Small
Danish Hotels. Il Schackenborg Slotskro
(www.slotskro.dk) offre un’ottima cucina locale, con lo chef Henning Kohl e il
suo aiuto Rasmus Lodahl che selezionano prodotti locali, a partire da quelli
che nascono all’interno della proprietà
del castello.
A nord di Tønder si trova Ribe, la più antica città della Danimarca, fondata dai
Vichinghi lungo il canale che porta al
mare aperto. Ribe ruota tutta intorno
alla bella cattedrale del dodicesimo secolo intitolata alla Vergine, che rappresenta il più importante esempio di romanico in Danimarca. Dalla sommità della
torre campanaria si gode un fantastico
panorama sul Wadden Sea, e si domina
l’isola di Fanø, la più grande del parco
nazionale. All’interno della cattedrale,
tra il 1983 e il 1987 l’artista Carl Henning Pedersen ha decorato l’abside con
sette grandi mosaici che riproducono altrettanti episodi biblici e che sono ancora oggi al centro di varie interpretazioni.
La cittadina è deliziosa, con le case in legno che si affacciano sui vicoli e sul canale. E proprio sul canale si apre anche il
ristorante Kolvigs (www.kolvig.dk), che
offre una perfetta introduzione ai tanti
prodotti del mare e della terra. Nello Jutland meridionale, infatti, tutti i risto-
Il ristorante del Schackenborg Slotskro
Il Castello di Schackenborg
CUCINA&VINI 23
FOOD & TRAVEL
Dall’alto, un formaggio della
Kristiansminde Dairy e il bakskuld; sullo
sfondo, il canale di Ribe
24 CUCINA&VINI
ranti di buon livello offrono un piatto
con assaggi di prodotti locali, dal salmone affumicato di Fanø all’agnello di Rømø, dai gamberetti del Wadden Sea al
salmone marinato nella bacca arancione
dell’olivello spinoso, che si trova un po’
ovunque lungo le coste della Danimarca.
Non mancano certo i formaggi, che sono tra i prodotti più interessanti di questa parte delle Jutland. Ottimi per esempio quelli biodinamici prodotti dalla Kristiansminde Dairy che si trova a Hodde,
una cittadina dell’interno a nord di
Esbjerg. Si tratta di una produzione familiare di formaggi a latte vaccino ben
presenti nei ristoranti e nei negozi della
regione. A Tistrup, a pochi chilometri
di distanza da Hodde, si trova invece
un’altra produzione di formaggi, che funziona anche da centro di affinaggio di
Unika, un progetto nato nel 2002 con
l’intento di dare ai ristoratori una selezione di formaggi di concezione moderna e di elevata qualità. La latteria fa
parte del gruppo Arla, e la sua produzione alterna dunque formaggi destinati
alla grande distribuzione - come il Dan-
bo che rappresenta il 75% del consumo
totale di formaggio in Danimarca - a
prodotti di nicchia come il Kry, formaggio a latte crudo. In Danimarca è ancora
molto difficile produrre formaggi a latte
crudo ed è necessaria una particolare
autorizzazione ministeriale. Il Kry dunque è uno dei pochi formaggi a latte
crudo del regno, ed è naturalmente destinato alla ristorazione e ai negozi di
specialità.
A Esbjerg, la punta settentrionale del
Parco Nazionale del Wadden Sea, si può
invece assaggiare un altro prodotto tipico, il bakskuld, un pesce dalla forma che
ricorda la sogliola e del quale le acque
tra Esbjerg e Fanø sono particolarmente
ricche. Il bakskuld ha per secoli rappresentato un caposaldo della dieta degli
abitanti di Fanø, ma nel diciannovesimo
secolo la sua produzione si è spostata a
Esbjerg, e presso il porto si trova l’Havnens Fiskehus dove il bakskuld viene lavorato e venduto nel negozio. Il pesce
viene prima lasciato due giorni in una
soluzione salina per poi passare all’affumicatura lenta con legna di faggio. Il
FOOD & TRAVEL
bakskuld viene cucinato in maniera molto semplice: si frigge nel burro per qualche minuto fino a quando non ha acquistato un colore dorato. Il suo sapore
forte e tipicamente nordico evoca la durezza della vita di questa gente che viveva isolata in piccole isole. Oggi invece
rappresenta una specialità ambita e difficilmente reperibile altrove, a parte
qualche ristorante top di Copenaghen.
Nei ristoranti dello Jutland del Sud invece il bakskuld è abbastanza frequente
nei menu. Ottimo quello dello chef Preben Madsen, il cui ristorante si trova
nel bel Castello di Sønderskov Hovedgård, a Brørup. Il castello è visitabile e
conserva arredi d’epoca, mentre il ristorante si apre al piano semi interrato ed è
caratterizzato da un grande camino e
dal pavimento in lastre di pietra. Preben Madsen si è specializzato in menu di
territorio, e come ogni chef danese che
si rispetti anche lui ha il suo orto personale che fornisce verdure ed erbe aromatiche (www.sonderskov.dk).
Ma la costa di Esbjerg propone anche
ricordi di anni felici, di quei primi del
Novecento che anche in Danimarca vedevano le famiglie ricche passare l’estate al
mare in quelli che erano chiamati Badehotel, ossia gli hotel dei bagni. E pro-
prio a Esbjerg se ne trova uno molto bello che è tra la ventina degli alberghi dei
bagni sopravvissuti in Danimarca. Lo
Hjerting Badehotel si affaccia sul lungo
mare e offre sia belle e ampie camere
che mini appartamenti con cucina. Il ristorante, ambientato in un’invidiabile
veranda panoramica, propone ottimi
piatti di cucina marinara spesso accompagnati da romantici tramonti sul mare.
L’albergo ha anche un bistrot, in modo
che gli ospiti possano scegliere anche
una formula più semplice (www.hjertingbadehotel.dk).
Dal porto di Esbjerg partono i traghetti
che portano a Fanø, l’isola più grande del
Parco Nazionale del Wadden Sea. Fanø è
Esbjerg
Lo Sønderskov Hovedgård
CUCINA&VINI 25
FOOD & TRAVEL
’
Scorcio di Nordby
Scorcio di Sønderho
26 CUCINA&VINI
un’isola deliziosa, divisa tra due comunità: quella di Nordby dove attraccano i
traghetti e quella di Sønderho, cittadina
più piccola e con ancora l’aspetto del
villaggio isolano. Nordby, la capitale di
Fanø, è un centro assai vivace, con negozi, locali e un piccolo museo dedicato alla civiltà locale (www.fanomuseum.dk).
Nel museo si possono ammirare le foto
delle donne in abiti tradizionali, gli stessi che ancora oggi le signore indossano
per cerimonie e ricorrenze. Magnifici sono i copricapo, che in occasioni speciali come le nozze e le feste vengono ornati da fiori freschi. Le tradizioni sono ancora molto vive nell’isola, e una di que-
ste è l’arte della maglia, per la quale è
stato inventato un festival che si tiene
ogni anno in settembre. Si tratta del più
grande festival della maglia al mondo,
che vede arrivare circa diecimila persone
armate di ferri e di gomitoli che lavorano ovunque. A giugno invece si tiene il
festival degli aquiloni, che vede il cielo
di Fanø riempirsi di colori. L’isola è lunga quindici chilometri e larga al massimo
cinque, e vi si trovano una settantina
di camere d’albergo e altrettante in B&B.
Anche qui, come a Rømø, i turisti preferiscono affittare case e godersi l’isola
in totale libertà. La bicicletta è senza
dubbio il mezzo migliore per muoversi a
Fanø, e permette di scoprire ogni angolo dell’isola. Tra i negozi di Nordby
vale la pena una lunga sosta da Christiansen, dove si può acquistare il famoso salmone di Fanø, prodotto sull’isola e di qualità eccellente. Ma ci sono
anche i prosciutti di produzione propria,
un misto tra il nostro Parma e la tradizione danese dell’affumicatura, e molte altre leccornie locali. Per un pranzo simpatico e informale invece l’indirizzo giusto
è quello di Rudbecks Ost & Deli, poco
fuori Nordby (www.rudbecks.dk). Si tratta di un piccolo locale con vendita di
prodotti e alcuni tavoli per assaggiare le
specialità. Edit e Niels Rudbeck sono
degli ex agricoltori che nel 2011 hanno
deciso di aprire questo negozio di delicatessen cercando di fare particolare attenzione alla sostenibilità dei prodotti. Notevoli le mostarde prodotte da Edit,
ma forse la sua specialità più nota è il
gelato fatto con crema di latte e acqua di
mare concentrata. Poi ci sono i pani e le
torte biologici per accompagnare una
gustosa merenda o un’abbondante colazione; il tutto in ambiente semplice con
mobili degli anni Cinquanta. Qui spesso
arriva Jesper Voss, il vero animatore dell’isola, che porta i turisti a caccia di
ostriche, e che si è inventato vari modi
di cucinarle visto che i danesi non sono
sempre propensi a mangiarle crude
(www.fanosportevent.dk). Nelle vicinan-
FOOD & TRAVEL
ze del locale si trova l’unico birrificio
dell’isola, la Fanø Bryghus (www.fanobryghus.dk). Si tratta di uno dei circa cinquanta birrifici artigianali del regno, ma
è senza dubbio tra i più famosi e apprezzati, tanto da essere stato scelto
dal celebre ristorante Noma di Copenaghen per la produzione di due birre in
esclusiva. Il Fanø Bryghus produce sei
diverse birre, tra le quali una scura studiata appositamente per l’abbinamento
con le ostriche, e due birre stagionali,
quella di primavera e quella di Natale. La
birra di Natale è scura con caffè, cannella e vaniglia. Al birrificio si sta inoltre lavorando alla selezione di un lievito tutto danese, proveniente dalla fermentazione di mele. L’intenzione dei proprietari è infatti quella di utilizzare sempre
più prodotti locali o al massimo nazionali, e offrire al pubblico delle vere e proprie “birre del Nord”.
Per andare da Nordby a Sønderho si può
prendere la strada oppure si può guidare
direttamente sulla spiaggia, visto che
in Danimarca non è proibito. Sønderho è
un villaggio delizioso, con un piccolo
museo che espone alcuni bei quadri dipinti sull’isola (www.fanoekunstmuseum.dk). Sønderho è sempre stato un
luogo per artisti, per quella sua atmosfera appartata e per quegli splendidi paesaggi che lo circondano: la palude e il
canale, il mare e - in lontananza - la
cattedrale di Ribe. Una passeggiata tra le
case del villaggio rivela i bei giardini, la
chiesa con l’interno decorato e alcuni
piccoli negozi tra i quali quello di Lis
Brink Jensen che dalla lana delle sue
pecore e con l’aiuto di alcune esperte
signore dell’isola confeziona splendide
coperte, cuscini e maglioni (www.uldsnedkeren.dk). A Sønderho si trova anche uno degli alberghi più graziosi dell’isola, la Sønder Ho Kro (www.sonderhokro.dk). Kro significa locanda, e veramente qui sembra di fare un tuffo nel
passato; in quel passato fatto da case
con soffitti bassi, pareti in legno colorato e il bric-à-brac tipico degli interni danesi. La cucina dell’albergo è un ottimo
esempio di tradizione locale, con i coni-
Sopra in senso orario, il ristorante della
Sønder Ho Kro; Claus Winther della
Fanø Bryghus; piatto di specialità di
Rudbecks Ost & Deli; sotto, relax a
Sønderho
CUCINA&VINI 29
FOOD & TRAVEL
Un cammeo in ambra al Museo di Varde
Foche sull’isola di Mandø
30 CUCINA&VINI
gli allevati sull’isola e le verdure dell’orto, le tartare d’agnello, i pesci e le immancabili ostriche.
Se Fanø è l’isola più grande del parco,
Mandø invece è la più piccola, e si raggiunge dalla terraferma attraverso una
strada che passa direttamente nel mare.
Naturalmente l’isola è raggiungibile solo quando la marea è bassa, e vi si può
arrivare anche per mezzo di un bus turistico. A Mandø i visitatori approdano
soprattutto per ammirare i branchi di
foche che riposano al sole lungo quell’incredibile fascia di sabbia che occupa la
parte orientale dell’isola. Qui il paesaggio è lunare, e lo si attraversa su dei
carri trainati da un trattore. Le persone
del posto conoscono la strada, e alcuni
alberi secchi sono posti a segnare la pista fino al mare. Se esistono ancora posti incredibili al mondo, Mandø è senza
dubbio uno di questi. Le foche bianche
non possono essere disturbate, ma ci si
può avvicinare abbastanza per vederle,
per osservarle quando camminano goffe
sulla spiaggia e per ammirarle quando invece si muovono armoniche e sinuose
nell’acqua.
Stiamo ormai per lasciare il regno del
Wadden Sea, ma prima bisogna aggiungere che tra le tante meraviglie che questo parco riserva c’è anche l’ambra, alla
quale nella cittadina di Varde è dedicato
un museo con magnifici gioielli e suppel-
lettili a partire dall’epoca vichinga
(www.vardemuseum.dk). L’ambra si trova ancora frequentemente sulle ampie
spiagge dello Jutland del Sud, soprattutto dopo le mareggiate che la depositano
sulla spiaggia, e naturalmente fa parte
dell’artigianato locale. A Nordby si trova
un negozio di ambra e anche lo shop del
museo offre alcuni gioielli, ma il mago
dell’ambra è Bjarke Holtzmann (www.ravhuset.com) che nel retro del suo atelier
di vendita compone gioielli con ambra
spesso da lui stesso trovata sulle spiagge, e che ne garantisce l’autenticità.
A nord di Esbjerg si apre un altro paesaggio meraviglioso, caratterizzato dalle alte dune lungo il litorale e che fa parte
del Parco Nazionale del Mare del Nord.
Il faro di Blåvand, che segna il punto
più occidentale della Danimarca, offre
una perfetta visione della zona. È sufficiente salire i centosettanta gradini per
arrivare a un’altezza di trentanove metri
e dominare terra e mare. Nella cittadina
di Blåvand Henny e Claus Skov hanno
aperto prima un negozio di delicatessen
e poi un ristorante. In realtà, anche nel
negozio si possono fare abbondanti
spuntini a base di formaggi e salumi accompagnati da salse. Una delle specialità del locale è la carne grigliata delle
mucche di razza Gallaway che vivono libere nei dintorni (è facile vederle brucare tranquillamente l’erba), che è partico-
FOOD & TRAVEL
larmente gustosa e morbida
(www.hrskov.dk). Se si vuole provare
l’incanto di queste dune, l’Henne Mølle Å
Badehotel di Henne, cittadina poco più
a nord sempre lungo la costa, offre una
destinazione romantica e appartata. Le
camere non sono particolarmente grandi, ma il paesaggio e l’atmosfera sono
unici, con lunghi tramonti tra le dune
(www.hennemoelleaa.dk).
Leggermente spostata nell’interno si trova invece la sosta gourmande forse più
interessante di questa parte dello Jutland, una sorta di enclave inglese nel
regno di Danimarca. Siamo alla Henne
Kirkeby Kro (www.hennekirkebykro.dk),
ma stavolta il titolo di locanda non deve
trarre in inganno, perché quella che un
tempo in effetti era una locanda oggi è
un hotel di charme di alto livello, suddiviso in vari edifici tutti intorno al corpo
centrale dove oltre ad alcune camere si
trova il ristorante. Il direttore della locanda è Garrey Dawson, un inglese approdato in Danimarca per amore, mentre
lo chef si chiama Paul Cunningham, anche lui arrivato prima a Copenaghen e
poi nello Jutland per questioni di cuore.
Insomma, sembra che i maschi inglesi si
innamorino spesso di femmine danesi.
Passeggiare nell’orto-giardino con Garrey
che ne illustra tutte le piante e il loro
utilizzo in cucina è un’esperienza veramente “british”, mentre sedersi alla tavola di Paul supera qualunque aspettativa. Paul è un genio imprestato alla cucina, un essere libero da etichette e da
conformismi. Si può entrare tranquillamente in cucina e trovarlo a ballare con
Garrey e la sua brigata, senza che il servizio in tavola e la preparazione dei piat’
ti ne risentano minimamente.
L’agnello è
allevato da loro, il settanta per cento
delle verdure utilizzate provengono dall’orto, i pesci sono acquistati direttamente dalle barche dei pescatori, una
fattoria biologica della zona provvede
alle carni: insomma, nella cucina di Paul
approdano soltanto prodotti super selezionati. I menu sono composti da mol-
te portate, e dunque non bisogna avere
fretta. I prodotti del mare precedono le
carni, in un tripudio ineguagliabile di
sapori e impossibile da descrivere a parole. Forse potremmo semplicemente dire che quella di Paul è una “cucina di
cuore”, perché con la sola tecnica non si
potrebbe arrivare a concepire piatti così perfetti. Non possiamo nel suo caso
parlare di cucina danese, ma neppure di
cucina inglese: è la cucina di Paul e basta. Il solo tributo alla sua patria avviene ogni venerdì per pranzo, quando
viene servito il più classico di Inghilterra: fish & chips. A volte conviene andare in Danimarca per mangiare pesce
fritto e patatine.
Paul Cunningham
Il faro di Blåvand
CUCINA&VINI 31
BERE BIRRA
DI HENRY ROSS
Brasserie 28 Caulier,
LE FOTO DEL SERVIZIO SONO DI ROSSELLA GARGIULO
il Belgio è sbarcato a Roma
con birre sugar free
La birra belga è un
eden di gusti e aromi
intensi e particolari.
Finalmente a Roma la
prima Brasserie 28
Caulier, birre super,
attente al benessere,
con proposte golose
e selezionate in
abbinamento
B
en McFarland, famoso giornalista
inglese esperto di birra, definisce i belgi i “punk” delle birra, trasgressivi e curiosi, capaci di creare
buonissime birre, innovative e singolari, considerate tra le migliori del mondo, sempre più originali e libere dai
vincoli della tradizione. E visto che anche noi italiani quanto a birra brilliamo
per fantasia, il feeling è immediato.
Difficile resistere al fascino delle birre
belghe, perché le sanno fare molto bene e perché, data l’abbondanza di stili
e suggestioni, si trova sempre quella
giusta. La buona notizia è che da pochi
mesi il Belgio è sbarcato a Roma, più
precisamente l’antica maison Caulier
ha aperto da qualche mese Brasserie
28, in via Flaminia, un bel locale a
corso Francia, (nei pressi di Ponte Milvio) che affianca a una ricca e ineccepibile proposta brassicola alla spina, in
bottiglia e anche a portar via, una valida e irresistibile cucina.
La ricetta segreta di
Caulier Sugar Free
L’interessante novità è che Caulier, antico marchio belga nato nel 1842, che
da sempre si è distinto per una produzione dal gusto intenso e a basso contenuto di zuccheri - cosa di per sé originale -, dopo alti e bassi grazie all’entrata
di nuove energie nell’azienda, dal 2008
ha rilanciato la produzione nella sede di
Ghislenghien in provincia di Hainaut,
spingendo proprio sulla ricerca e lo sviluppo della sua ricetta esclusiva naturalmente sugar free. Tanto per capirsi, la
birra in genere contiene un’importante
quantità di zuccheri, che ha il suo peso
sul piano calorico (un grammo per sette kcal) e Caulier è l’unica birra senza
zucchero naturale e senza zuccheri aggiunti dopo la fermentazione, perché
tutti i carboidrati presenti nella birra
vengono trasformati in alcol. Questo
particolare metodo di lavorazione innovativo e brevettato porta a una percentuale di zucchero vicina allo zero
(inferiore a 0,5 grammi per cento millilitri di prodotto), il che rende le birre
della maison particolarmente allettanti soprattutto per chi ha necessità dietetiche particolari, ma anche per chi
tiene al benessere e alla forma fisica
senza per questo doversi privare di un
buon bicchiere di birra. Il lungimirante
birrificio così attento agli aspetti salutistici, (ovviamente non usa conservanti né coloranti) si è anche lanciato
nella produzione di birre senza glutine
e a basso contenuto di carboidrati
(low carb), il che ha portato negli ultimi anni alla conquista di diversi premi
e riconoscimenti internazionali. Le birre Caulier Sugar Free sono declinate
in tre gamme: la 28, che fa riferimento
a Perle 28 Caulier, che ricorda il dosaggio di un tempo, ventotto grammi di
luppolo per litro, la Tradizione e l’Extra.
Alla luce del volume di vendite in Italia,
un trend in crescita che nel 2015 ha
toccato circa i tremilacinquecento ettolitri di birra, Caulier Sugar Free ha deciso di aprire il primo punto vendita a
Roma, capitale italiana della birra, con
l’inaugurazione ufficiale il 14 gennaio
scorso alla presenza dell’ambasciatore
del Belgio in Italia, Patrick Vercauteren
Drubbel.
BERE BIRRA
Caulier 28 Sugar Free nel
bicchiere
A cura di Henry Ross,
Antonio Marcianò
La grande lavagna sopra al bancone
(diciassette spine e tre pompe)
riporta nome e tipologia delle birre in
mescita con una suddivisione
volutamente semplificata in dolci e
amare, bionde, ambrate e scure, che
aiuta la scelta anche dei meno
esperti.
Pale Ale
5% vol
Color ambra chiaro dai riflessi
dorati, con schiuma
abbondante, bianca, cremosa
e persistente. Immediate
sensazioni di agrumi e
fieno, bocca piena,
corposa, bella carbonica,
grande equilibrio e
bevibilità con retrogusto
dolce e amaro e un
gradevole finale di luppolo.
White Oak Ipa
5,5% vol
Giallo opalescente, bella
spuma cremosa e tenace,
naso fresco e agrumato con
netti sentori vegetali e
speziati, intenso e
accattivante (arancia,
cedro, kumquat, frutto
della passione, pepe
bianco). Bocca fresca, di
carbonica vellutata,
corpo adeguato e buona
acidità integrata.
Retrolfatto agrumato e
speziato come il naso,
con finale dolce e amaro
molto persistente e
invitante.
Blonde
6,8% vol
Colore giallo oro nel bicchiere
con spuma bianca e olfattiva
ampia e fine, dominata da
sentori agrumati di zeste
d’arancia, cedro, e note
speziate di coriandolo. In
bocca è morbida e di buon
corpo, piacevole
carbonica, bella
freschezza e buona
complessità.
Decisamente scorrevole
nella beva.
34 CUCINA&VINI
Extra taste - extra fit anche a
portar via
Una location di design, in stile nord europeo, giocata su materiali e colori, grande e accogliente, articolata su due piani,
con tavoli singoli e sociali, divanetti e tavoli bassi, secondo uno stile moderno e
confortevole, con servizio giovane e affabile. La Brasserie 28 Caulier di via Flaminia offre tutta la gamma di birre di produzione propria, low carb e gluten free - dove la particolare lavorazione naturale nulla toglie alla rotondità e piacevolezza
del gusto nei diversi stili e nelle diverse
tipologie, tutte ben connotate invitanti più una rotazione di belghe e artigianali
italiane, oltre alla felice collaborazione
con l’ottimo birrificio Toccalmatto, ben
affine quanto a fantasia e gustosa bevibi-
lità. Tra le proposte beverage una vera
rarità, 28 Spirit Eau de Vie de Bière,
distillato di birra, progettato in collaborazione con la famosa distilleria vicentina Capovilla. Per chi volesse vino completano l’offerta due piccole e validissime
cantine italiane Zanchi e Ca’ dei Maghi.
Novità interessanti del locale una eccezionale e funzionale cella frigo al secondo piano, e lo speciale take away di tecnologia Growler filler, proprio all’entrata, che consente di imbottigliare e portare via tutta la gamma Caulier Sugar Free
in bottiglie stilizzate, che permettono la
conservazione della birra come appena
spillata.
Menu goloso attento alla
qualità
Anche la proposta gastronomica da accompagnare alle birre è attenta alla qualità delle materie prime e alle cotture,
in uno stile di vita orientato al benessere e al gusto. La sintesi del progetto
Brasserie 28 Caulier è infatti efficacemente espressa nello slogan extra taste
- extra fit, alta qualità e benessere senza rinunciare al gusto nelle birre ma anche nel cibo. A tal fine è stata coinvolta
nella selezione dei prodotti e nell’impostazione della cucina la collaborazione
di Paolo Parisi. Tutto quello che produce
e inventa nella sua cascina-officina in
provincia di Pisa il famoso e creativo allevatore, cowboy nell’animo, è oltre che
buono, sano e pieno di entusiasmo. La
BERE BIRRA
sua è una continua ricerca in simbiosi
con la natura. Non è un caso se fior di
chef utilizzano le sue uova, le sue carni,
i suoi salumi nei loro prestigiosi menu. E
a proposito di menu quello della Brasserie Caulier è davvero gustoso e invitante.
Tra gli antipasti, polpette di bollito di
scottona e salsa verde; baccalà croccante ai pistacchi, composta di pomodori
verdi alla birra 28 Pale Ale Caulier; panelle e felafel con mayo vegana alla curcuma. Polpette di melanzana e mentuccia
con crema di burrata. Poi si può optare
per una perfetta tartara di manzo battuta al coltello in tre versioni naturale con
olio sale Maldon e pepe Sechuan; classica con tuorlo d’uovo Parisi, erba cipollina, capperi, worchester e senape; romanesca con crudité di carciofi e citronette al
Parmigiano (o puntarelle secondo stagione); arriviamo all’uovo di Parisi assoluto: olio, Parmigiano stravecchio trenta mesi vacche rosse, pepe e verdure al
forno, servito nel suo speciale tegamino.
Come far tanto con poco - dice Polo Parisi. Uova di galline livornesi, libere e ben
nutrite con cereali e latte di capra. Risultato: uova bianchissime, con albume ricco, tuorli molli, grassi e leggeri, con un
leggero sentore di mandorla. (Se te lo
cucina lui è un piatto da re ma si può
provare a cavarsela da soli. Si fa scaldare
l’olio extravergine, si leva dal fuoco e si
mette l’albume, prima che diventi bianco
si aggiunge il Parmigiano Reggiano grattugiato, quindi si mette il tuorlo, pochi
secondi a fuoco alto e poi il pepe. Niente posate, possibilmente, solo buon pane,
magari bruscato). Tornando al menu, dal
forno Parisi - Lu furnu - alimentato con
carbonella di mangrovia indonesiana
biologica, che regala aromi unici a carni,
verdure ecc., si può scegliere tra tagliata
di controfiletto e verdura alla brace; spolpato di agnello al rosmarino e carciofo alla romana; tiella di verdure al forno con
humus. E ancora burger di manzo selezionato italiano, provola affumicata, cipolla agrodolce sfumata alla birra 28 brett
Caulier e guanciale croccante con panino
a lievitazione naturale ai semi dell’antico
forno Roscioli e patate al forno; burger di
baccalà e anche veggie, per arrivare all’Isola Belga: selezione di formaggi da
caseifici belgi con composta e frutta secca; carbonade flamande (spezzatino di
manzo) stufato alla triple Caulier e patate; per finire tra i dolci gaufre (speciali…) con sciroppo d’acero e frutti di bosco o cioccolato fuso e crema chantilly.
Triple
9% vol
Birra di colore dorato
carico, velata, con schiuma
beige, fine e persistente,
profumo intenso di miele
e frutti tropicali, con
tostature e frutti rossi,
lieve vegetale in
sottofondo. Bocca con
intenso sentore di
malti, fresca ed
equilibrata, di buon
corpo con finale
piacevole e pulito.
Grande bevibilità
nonostante la gradazione.
Dove siamo
Brasserie 28 Caulier
Via Flaminia, 525 - 00191 Roma
Tel. 06.99709481
Aperto tutti i giorni 12.30-24.00
In apertura, l’ingresso della brasserie;
in queste pagine, vedute dell’interno;
sotto, l’uovo assoluto di Parisi e il
gaufre ai frutti di bosco
CUCINA&VINI 37
Notizie dal mondo
dell’olio extravergine
di oliva
38 CUCINA&VINI
EXTRAVERGINE
DI ANTONIO MARCIANÒ
La nuova annata, il
caso dell’olio tunisino e
quello dell’olio di palma
FOTO DI ANTONIO MARCIANÒ
L
a campagna olearia 20152016, che in molti considerano
quella del riscatto, produrrà un quantitativo di olio che non coprirà il fabbisogno nazionale. La produzione è
sicuramente in netta ripresa, si parla
di cifre fra le trecento e le trecentocinquantamila tonnellate, quindi circa il doppio di quanto fatto nel 2014
ma sempre troppo poco. Fonti del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, valutano nel 40%
del fabbisogno italiano la quantità di
olio extravergine prodotta dai nostri
olivicoltori. Secondo le stesse fonti
avremmo bisogno di un milione di
tonnellate in più per coprire l’intero
fabbisogno nazionale e averne una
quantità discreta per l’export. Con il I
Piano Olivicolo Nazionale si darà
nuovo impulso al settore producendo
di più, senza alterare però la nostra
natura frutto di una cultura e una tradizione millenaria. Per tale ragione,
dovranno essere aiutati i giovani che
stanno investendo in nuove imprese,
sostenendoli nell’acquisto della terra, nella produzione e nella logistica
della rete di vendita.
Quello che negli ultimi tempi ha colpito di più l’opinione pubblica sono stati altri due temi, l’olio di palma e
l’olio tunisino.
L’olio di palma così pesantemente attaccato da varie direzioni, è un olio
vegetale (la pianta che lo produce rende moltissimo ed è il più usato al
mondo) che ha un notevole vantaggio, rende gli alimenti cremosi senza
alterarne il gusto. Non è tossico ed è
migliore di altri grassi utilizzati dalCUCINA&VINI 39
EXTRAVERGINE
In questa pagina, la raccolta; nella
pagina a fianco, piantagione per l’olio
di palma
40 CUCINA&VINI
l’industria alimentare, come i grassi
idrogenati. Il vero problema dell’olio
di palma è che è ricchissimo di acidi
grassi saturi (quasi il triplo di quelli
contenuti nell’olio di oliva, ma un po’
meno di quelli del burro) e quindi il rischio per l’organismo, soprattutto per
la circolazione del sangue e per il cuore, è del tutto evidente, ma solo se
assunto in grandi quantità. Il pericolo è evidente perché gran parte degli
alimenti confezionati contengono olio
di palma e quindi bambini, anziani,
obesi e persone con problemi cardiovascolari devono fare attenzione e seguire una dieta equilibrata e assumere calorie da olio di palma pari al massimo del 10% dell’apporto calorico
giornaliero (fonte Organizzazione Mondiale della Sanità). Quindi attenzione a seguire una dieta equilibrata e
non ci sarà alcun pericolo per la salute (ma questo vale sempre...).
Passiamo all’altra questione, l’olio
tunisino: dobbiamo subito dire che
non si tratta di cattivo olio, tra l’altro
quello che viene dal Nord del Paese
africano è di ottima qualità, ma è
chiaro che il consumatore deve sapere esattamente quale olio sta acquistando.
D’altro canto l’importazione di oli dall’estero è cresciuta nel 2014 del 45%
con olio proveniente dalla Spagna che
ha addirittura quasi triplicato le
quantità. Ma non solo, noi importiamo
olio, oltre che dalla Spagna, anche da
Tunisia, Grecia, Portogallo, Marocco,
Cile, Turchia, Perù, Malta, Stati Uniti,
Germania, ecc. E la quantità di olio
tunisino che l’Ue ha liberalizzato (settantamila tonnellate in due anni) è
pari solo al 3% dell’olio prodotto in
Europa.
Quindi, come diceva qualcuno prima di
noi, la domanda sorge spontanea: ma
è tutto olio italiano quello che acquistiamo, magari con diciture in etichetta tipo “Made in Italy” oppure
“100% Olio Italiano”? È importante
che l’Italia abbia ottenuto l’obbligo di
tracciabilità dell’olio tunisino, il divieto di proroga oltre i due anni previsti e una valutazione a medio termi-
EXTRAVERGINE
ne dell’esecutivo Ue, per verificare
eventuali danni ai produttori europei. E il ministro Martina ha affermato a tal proposito che “…se non avremo garanzie, continueremo a opporci
all’adozione del regolamento da parte
della Commissione” e comunque, nel
frattempo “gli organismi di controllo
del ministero, a partire da Capitanerie
di porto, Corpo Forestale e Ispettorato Repressioni Frodi, intensificheranno le ispezioni ai porti sul prodotto in arrivo”.
Dunque dicevamo tracciabilità e qualità e l’Italia è sicuramente il Paese
europeo che più di tutti fa controlli di
qualità e tracciabilità e allora non dovremmo spaventarci per l’olio tunisino, ma dobbiamo imbestialirci invece,
per notizie come quelle dei primi di
febbraio di quest’anno: “…a seguito
di una complessa attività di analisi e a
un minuzioso lavoro di ricostruzione
documentale, gli investigatori dell’Icqrf (ex Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e
della repressione frodi dei prodotti
agroalimentari) hanno accertato che,
negli anni 2014 e 2015, oltre duemila tonnellate di olio extravergine di
oliva proveniente da Spagna e Grecia
sono state commercializzate come olio
100% Italiano...”; oppure come la
truffa delle olive verniciate che ha
portato alla ribalta la notizia che “il
Corpo Forestale dello Stato ha sequestrato oltre ottantacinque tonnellate di olive colorate con solfato di
rame... I presunti responsabili dovranno rispondere di… detenzione di sostanze destinate all’alimentazione pericolose per la salute pubblica, visto
che il solfato di rame è bio-accumulabile dall’organismo e pertanto persiste
negli organi e come tutti i metalli è
difficilmente smaltibile… Il solfato
di rame nei campioni prelevati è stato
riscontrato in concentrazioni doppie
rispetto a quanto previsto dalla normativa che fissa il Limite massimo di
residuo (Lmr) in misura non superiore a trenta milligrammi per chilogrammo, quale risultanza sull’oliva del trattamento fatto sulla pianta per scopi
fitosanitari come ad esempio per contrastare attacchi fungini, tra cui la
peronospera”.
Potrebbe non bastare e allora noi
guardiamo con estremo interesse l’iniziativa di Slow Food con il Presidio
Olio Extravergine Italiano che prevede un’etichetta narrante per raccontare tecniche di produzione, concimazione, raccolta e lavorazione usate,
magari le cultivar utilizzate e quindi
garantire così l’assoluta trasparenza
del prodotto commercializzato. Molto va fatto da parte delle autorità e
dai mezzi di comunicazione di massa
per informare sempre di più e sempre
meglio il consumatore che anche da
parte sua deve però fare un piccolo
sforzo e informarsi in maniera più
completa su quello che sta acquistando. E con maggiore interesse al marchio Food Italy, una certificazione
volontaria dedicata all’agroalimentare italiano che ne certifica la tracciabilità dal campo al confezionamento,
garantendo il prodotto nato, cresciuto, manipolato e confezionato nel nostro Paese (www.fooditalycertification.it/).
La degustazione
In questi ultimi due mesi abbiamo assaggiato alcune produzioni di olio extravergine di oliva provenienti da varie regioni
italiane e prodotte anche con cultivar rare e quindi poco utilizzate per produzioni
di quantità apprezzabile. D’altronde è bene ricordare che in Italia, unica fra i Paesi del mondo, le cultivar superano le settecento specie, ma di queste solo centocentocinquanta vengono utilizzate per
produrre olio da immettere sul mercato.
Questa biodiversità, legata anche a microclimi e caratteristiche pedologiche diverse, riveste una grande importanza come
arma concorrenziale rispetto agli altri produttori (in primis gli spagnoli). Ne deriva
che anche per l’olio, come per il vino, il
concetto di terroir si sta facendo strada e
chi fa assaggi ripetuti se ne rende pienamente conto.
Liguria
Azienda Agricola Sommariva
Via G. Mameli, 7
17031 Albenga (Sv)
Tel. 0182.559222
www.oliosommariva.it
[email protected]
Fondata nel 1915 nella piana di Albenga,
nel 1960 Nino Sommariva subentra direttamente nel frantoio e nel 1972
l’azienda si converte al biologico (Sommariva è uno dei fondatori dell’associazione Suolo e Salute). Nel 1978 c’è stato
un ampliamento dell’azienda, compreso
un nuovo laboratorio e nuovi magazzini.
Nel 2004 un nuovo investimento in frantoio per la realizzazione di un prodotto
qualitativamente elevato e con attenzione all’ecosistema e nel 2010 l’apertura del Museo Sommariva - La Civiltà
dell’Olivo (dove si svolgono anche mostre
ed eventi).
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA
“CRU MAINA”
Da sola cultivar taggiasca, e prodotto in
quantità limitata, si
presenta di un bel color giallo dorato con
sentori medio - leggeri di vegetali (ortaggi, cicoria) accompagnati da note fruttate e di erbe aromatiche. In bocca è fine,
ampio con ritorni
delle note vegetali e
aromatiche accompagnate da nuance di
mandorla e pinolo.
CUCINA&VINI 41
L’amaro e il piccante sono presenti e armonici. Ottimo per la preparazione della
maionese o per accompagnare crostacei al
vapore o su pesci crudi e cotti.
Veneto
Azienda Agricola Marchese
Guidalberto di Canossa
Corso Cavour, 44
37121 Verona
www.marchesedicanossa.it
[email protected]
Discendenti dalla famosa famiglia dei
Canossa, fin dagli inizi del nono secolo, rappresentano una delle più antiche e illustri famiglie nella storia italiana. Si ricorda fra tutti il famoso episodio dell’umiliazione di Canossa
(1077 - Enrico IV di Franconia). Il Fondo Brè è un’azienda agricola di centosettanta ettari situata nei comuni di
Garda e Torri del Benaco in provincia
di Ve-rona. Qui vengono coltivati oltre
quattromila olivi prevalentemente di
varietà casaliva. Sono presenti anche
altre varietà come fort, leccino, moraiolo e pendolino. L’azienda, oltre
all’olio recensito, produce altri oli
extravergine: il Garda Dop Brè, il Garda
Dop Canossa 1077 e il Garda Dop
Marchese di Canossa.
MARCHESE DI CANOSSA
GARDA ORIENTALE DOP
Fruttato leggero da cultivar casaliva, leccino, pendolino, trepp si presenta
giallo con riflessi verdolini,
al naso è ampio e fine con
aromi fruttati e sentori floreali arricchiti da toni vegetali di cardo, erba fresca
e ortaggi di campo. In bocca è avvolgente ed elegante, con ritorni vegetali e
fruttati e finale di mandorla. L’amaro e il piccante
presenti e ben equilibrati.
Ideale su zuppe di legumi,
marinate di pesce e insalate di funghi.
Molise
Colonna
Masseria Bosco Pontoni
Marina Colonna Società Agricola srl
86046 San Martino in Pensilis (Cb)
Tel. 0875.603009/06
www.marinacolonna.it
[email protected]
Azienda storica e punto di riferimento
per i produttori di extravergine molisano
42 CUCINA&VINI
e non solo. La famiglia Colonna è una
famiglia storica italiana con origini presunte dalla Gens Julia e avrebbero preso
il nome dalla Colonna Traiana (ricordiamo, fra gli altri, Marcantonio Colonna,
grande condottiero, e Prospero Colonna,
per tre volte sindaco di Roma). Si deve a
Francesco Colonna la ristrutturazione e la
modernizzazione dell’azienda agricola di
famiglia, attualmente gestita con grande
lungimiranza dalla figlia donna Marina.
La filosofia produttiva è semplice: dare
importanza a ogni fase del ciclo produttivo, dalla cura della pianta fino all’estrazione dell’olio per ottenere un prodotto
di alta qualità che contenga tutte le
caratteristiche olfattive, gustative e salutistiche. Vari sono dunque gli accorgimenti adottati, dalla raccolta nel periodo
migliore (inizio ottobre) alla trasformazione entro le dodici ore e anche il controllo dei tempi di gramolatura e della
temperatura dell’acqua (sotto i 27 °C). Il
prodotto ottenuto è sicuramente di grandissima qualità e i sottoprodotti come la
sansa e l’acqua di vegetazione vengono
destinati rispettivamente alla formazione
del compost e ai terreni aziendali. Le produzioni di olio ottenute dalle diverse cultivar sono conservate separatamente,
fino alla creazione del blend finale, in
cisterne in acciaio inox con l’ausilio dell’azoto. L’azienda produce anche oli agrumati (le olive appena raccolte vengono
molite insieme alle scorze dei limoni biologici, mentre arance, mandarini e bergamotti sono invece frantumati e poi moliti con le olive. Lo stesso procedimento
viene adottato per mirto, zenzero e cardamomo e anche con foglie di basilico
biologico coltivato in azienda), oli a
infusione (a base di peperoncino, senape,
rosa e tartufo), olive (da varie cultivar in
salamoia o condite), conserve, pâté e
condimenti.
COLONNA OLIVA MOLISE DOP
Questo olio è considerato
il “gran cru” aziendale.
Prodotto da un blend
di leccino all’80% e
gentile di Larino, è
un fruttato medio e
si presenta di un bel
colore giallo dorato
intenso con riflessi
verdolini. Al naso è fine e potente nei sentori
vegetali e fruttati con toni
floreali e balsamici e nuance di pomodoro
verde. Alla gustativa è altrettanto fine e
complesso con ritorni olfattivi che si arricchiscono di sentori fruttati esotici (banana) e note speziate. L’amaro è spiccato e il
piccante piacevolmente equilibrato.
Ideale con zuppe di legumi, pesci alla griglia, crudo di gamberi, carne bianca arrosto.
COLONNA OLIO EXTRAVERGINE DI
OLIVA MONOVARIETALE PERANZANA
La peranzana è una cultivar importata dalla
Provenza nel Settecento dal duca di
Sangro. Alla vista
è di un giallo dorato intenso con
leggere tonalità
verdoline. Al naso
è fine, elegante,
potente e complesso nell’evidenziare
note verdi (erba, carciofo, ortaggi), fruttate e
nuance di erbe aromatiche e leggero pomodoro. In bocca entra dolce e morbido
diventando man mano sempre più complesso, ripercorrendo le note vegetali,
fruttate e balsamiche giungendo fino a
note di mandorla e spezie. Equilibrati
l’amaro e il piccante. Decisamente strutturato e profumato, di grande armonia.
Perfetto con insalata di carciofi, marinate di pesce, cous cous di verdure, pesci
alla griglia e formaggi freschi a pasta
filata.
Oleificio Timperio Michele & Figli
Corso Vittorio Emanuele, 19
86044 Colletorto (Cb)
Tel. 0874.730191
www.otimperio.com
[email protected]
Azienda con una storia quasi centenaria, nei primi anni del nuovo secolo
costruisce un nuovo stabilimento di
produzione, completato da un modernissimo impianto Pieralisi a ciclo continuo a tre fasi che consente una lavorazione ottimale con olive molite nelle
dodici ore successive alla raccolta. Dal
1995 l’azienda ha un rapporto di collaborazione con il Dipartimento di scienze animali, vegetali e dell’ambiente
della facoltà di agraria dell’università
del Molise. L’azienda produce due oli,
sempre da cultivar gentile nera di
Colletorto, raccolte all’invaiatura
(nella prima-seconda decade di ottobre) o raccolte mature
(prima-seconda decade di
novembre) e inoltre produce oli al limone, al
peperoncino e al tartufo.
TIMPERIO OLIO
EXTRAVERGINE DI
OLIVA “NOBILE”
Si presenta alla vista di un
bel giallo dorato con sottili riflessi verdi. Al naso è
fine, elegante e intenso
con sentori vegetali (pra-
to, carciofo, cicoria di campo), fruttati e
floreali, il tutto accompagnato da piacevoli sensazioni balsamiche (menta, basilico, salvia). In bocca è avvolgente, di
carattere e armonico, con ritorni vegetali, note di mandorla e sentori speziati e
balsamici. Amaro e piccante ben presenti e armonici.
Accompagniamolo a zuppe di legumi,
primi piatti ai funghi, molluschi e crostacei in umido o anche alla piastra, coniglio e pollo al forno.
vegetali di erba e ortaggi, accompagnati da note fruttate di oliva e mandorla
fresca. Al gusto è armonico e fine con ingresso dolce e note di mandorla, ravvivato da una leggera piccantezza e una lieve percezione di amaro nel finale.
Abbiniamolo a verdure crude o grigliate,
crostacei, primi piatti a base di pomodoro fresco, carne bianca al forno.
TIMPERIO OLIO EXTRAVERGINE DI
OLIVA “CLASSICO”
Si presenta di un giallo dorato con intense
note verdi. Al naso è
deciso nei sentori erbacei di carciofo, cicoria, verdure di campo e nuance speziate.
Al gusto è deciso e
avvolgente nelle sensazioni vegetali di ortaggi, carciofo, cicoria che si ammorbidiscono in toni dolci di
mandorla. Amaro spiccato e piccante ben
presente.
Abbiniamolo a zuppe
tradizionali (pancotto) o zuppe di legumi, carne rossa alla brace, verdure di
campo alla griglia, carni bianche arrosto, formaggi caprini semistagionati.
Sempre da monocultivar, ma con
olive raccolte già
mature. Tutto l’esame gusto-olfattivo è simile al precedente con le
sensazioni parecchio smorzate, anche l’amaro e il
piccante sono molto al di sotto dello
standard. Comunque un buon olio che si può abbinare a
piatti leggeri come insalate, ortaggi lessi, pesce al forno.
Puglia
Agricola Gramazio Raffaele
Masseria Rodiano
Km 153+900 S.S. 89
71043 Manfredonia (Fg)
Cecilia Gramazio tel. 349.1282886
www.masseriarodiano.it
[email protected]
Azienda familiare attiva da oltre mezzo
secolo nella tradizione di un’antica
masseria. Gli oli sono prodotti esclusivamente da olive raccolte negli oliveti
di proprietà di Rodiano e di Signoritto e
lavorate entro le ventiquattro ore. A
Rodiano ci sono olivi
secolari di ogliarola
garganica mentre a
Signoritto c’è un uliveto più giovane, moderno e irriguo della
cultivar coratina.
OLIO
EXTRAVERGINE DI
OLIVA DA CULTIVAR
OGLIAROLA
GARGANICA
Si presenta alla vista
di un bel colore giallo
dorato intenso con tenui riflessi verdi. Al
naso si apre su sentori
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA DA
CULTIVAR CORATINA
Primolio di F. & S.
Via Napoli, 304
70123 Bari
Tel. 339.8210041
[email protected]
Azienda giovanissima il cui progetto è
nato tre anni fa quando Stefano Piatti
lascia Bracciano per amore di Francesca
Genchi e la raggiunge a Bari. Qui decidono di acquistare un fondo con circa
trecento piante nel comune di
Triggiano (Ba), proprietà pressoché
abbandonata e riportata a nuova vita
grazie anche all’aiuto di Nicola Nardulli
che si occupa ancora oggi della cura
delle piante. Attività costata fatica e
risorse continue, visto che molti alberi
nuovi appena messi a dimora, scomparivano durante la notte... Ma Stefano e
Francesca non si sono persi d’animo
visto l’amore per la natura e per il territorio e la ferma volontà di produrre
un olio extravergine di qualità che
fosse un prodotto genuino nel rispetto
della zona. Tanta fatica, confronto con
altri produttori, campagne informative,
fiere, incontri con mercanti e affaristi
fino alla consapevolezza che ciascuno
avesse un’idea diversa, frutto di esperienza, tradizioni, obiettivi. Quindi
decidono di seguire le loro idee e il loro
istinto, confortati e consigliati da
Salvatore Stellone del Frantoio Le Tre
Colonne di Giovinazzo (Ba), adottando
pratiche agricole a ridotto impatto
ambientale. Il loro uliveto ha una sola
cultivar, la ogliarola barese e, dopo la
disastrosa campagna olearia dello scorso anno, ecco finalmente presentato il
loro olio.
La raccolta delle olive è avvenuta tra il
16 e il 23 ottobre 2015, il campione N.
1 è stato prodotto con olive raccolte
all’inizio del periodo indicato (inizio
della invaiatura) e il N. 3 alla fine (invaiatura completa).
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA
CAMPIONE N. 1
Colore giallo
dorato con riflessi verdi. Olfattiva di bella intensità,
ampia su note
ver- di (foglia e
frut- to di olivo, ortaggi,
erbe di campo), pomodoro ed erbe aromatiche. Coinvolgente la gustativa, elegante e armonica su note vegetali che richiamano quelle della via diretta. Giusto
l’amaro e in buon equilibrio con il piccante anche se quest’ultimo è più deciso
e lungo.
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA
CAMPIONE N. 2
Colore giallo dorato con nuance verdi.
Profumo intenso con note vegetali, pomodoro ed erbe aromatiche. Bocca dall’ingresso morbido, principalmente su note
verdi, accompagnato da lievi tostature.
Poco l’amaro, lungo il piccante.
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA
CAMPIONE N. 3
Colore giallo dorato carico con riflessi
verdi. Olfattiva delicata da fruttato leggero con bella nota di verde maturo, ortaggi, erbe di campo. Gustativa armonica
con ritorno più intenso delle note di ortaggi (in primo piano sedano e carota).
Corretto l’equilibrio tra amaro e piccante
con bella chiusura.
In definitiva oli ben fatti, armonici ed
equilibrati che ben si accompagnano ai
piatti tipici e comunque più delicati per
il campione N. 3 (antipasti di crostacei, insalate di mare, verdure di campo al
vapore, zuppe) e più intensi per il campione N. 1 (pancotto, radicchio alla griglia, pescespada alla piastra, cacciagione alla brace, formaggi a pasta dura stagionati).
CUCINA&VINI 43
CRONACHE DI CUCINA
Sformato di verdure
su vellutata di
cicerchie di Faeto
con favette novelle,
fagioli cannellini e
pomodoro “prunill”
di Lucera
Ingredienti per 4 persone
Per la vellutata: g 200 di cicerchie di Faeto, una cipolla rossa, origano, olio extravergine di olive nasuta, sale, pepe. Per lo
sformato: 2 patate medie, g 200 di erbe
spontanee di stagione, un uovo, olio extravergine di olive nasuta, sale, pepe. Per
l’insalata di legumi e pomodori “prunill” di Lucera: 8 pomodori “prunill” di Lucera, g 100 di favette novelle sbollentate, g 100 di fagioli
cannellini cotti, prezzemolo, olio
extravergine di olive nasuta, sale,
pepe. Per la guarnizione: 8 cialde
di pane tostate, rucola, olio extravergine di olive nasuta.
Tritare la cipolla e farla appassire leggermente in una padella con un filo di olio extravergine di oliva. Unire le cicerchie, pre-
cedentemente tenute in ammollo per dodici ore, aggiustare di sale e profumare con
un poco di origano. Cuocere per circa quarantacinque minuti a fuoco medio coprendo con un coperchio e aggiungendo, se
necessario, un mestolo di acqua. A cottura ultimata frullare con un mixer a immersione ottenendo una vellutata; tenere da
parte.
Per lo sformato mondare e lavare accuratamente le erbe, sbollentarle per dieci minuti in abbondante acqua. Scolarle bene,
lasciarle raffreddare
poi tagliarle grossolanamente.
Sbollentare le
pa-
Il Cortiletto
Via De Nicastri, 26
71036 Lucera (Fg)
Tel. 0881.542554 - 347.1503403
www.ristoranteilcortiletto.it
[email protected]
Orario di apertura: a pranzo e cena
Giorno di chiusura: domenica a cena
Prezzo medio a persona € 35 bevande
escluse
Ferie variabili
Coperti: 36 interni oppure 36 esterni
Siamo in Capitanata, a diciotto
chilometri da Foggia. Lucera e il suo
cuore antico, fatto di palazzi storici,
di una cattedrale e della sua piazza
emozionante e ancora strade, vicoli e
piazze di una suggestione che dà
44 CUCINA&VINI
tate per circa dieci minuti, sbucciarle e
tagliarle a dadini. Versare un filo di olio extravergine di oliva sul fondo di una padella, versarvi le erbe e le patate; aggiustare di sale, pepe e cuocere a fuoco medio
per dieci minuti, finché le patate non saranno completamente cotte. A questo punto togliere dal fuoco e unire l’uovo precedentemente sbattuto con sale e pepe.
Amalgamare tutti gli ingredienti e
trasferire il composto all’interno
di quattro stampini monoporzione
precedentemente unti con dell’olio.
Cuocere in forno ventilato per otto
minuti a 180 °C.
Unire in una ciotola le favette, i fagioli cannellini e i pomodori tagliati a metà, condire con sale, pepe,
il prezzemolo tritato e olio
extravergine di oliva.
Disporre in ogni fondina
della vellutata di cicerchie, al centro adagiare lo sformato di verdure e di lato sistemare
l’insalata di legumi e pomodori. Guarnire con delle
foglie di rucola, due cialde di pane e terminare con un giro di olio extravergine di oliva.
serenità a chi li scopre o li ripercorre
dopo la scoperta. In una delle vie alle
spalle della Cattedrale, in un palazzo
nobiliare del Settecento, ha sede Il
Cortiletto, dove ci accolgono Paolo
Lascavj, chef e patron, con la moglie
Rosanna addetta all’accoglienza in
sala; un ambiente sobrio ed elegante,
curato nell’arredamento e nel
tovagliato, un raffinato e riservato
luogo di incontro. “Non aggredire il
tempo, ma vivilo intensamente e con
rispetto. Guai a farlo fuggire! Da
questo mio pensiero di vita - ci
racconta Paolo - e dalla voglia di
creare una nuova formula di
ristorazione nel mio territorio, dopo
aver lavorato per dodici anni in
un’azienda agroalimentare e
LE FOTO DEI PIATTI SONO DI WALTER DI GIOVINE ARDITO
A CURA DI ENOFOLLIA
CRONACHE DI CUCINA
Ingredienti per 4 persone: 4 medaglioni
di filetto di maiale, ml 800 di vino Cacc'e
Mmitte di Lucera, una cipolla piccola, farina, g 40 di pinoli, g 10 di burro, olio extravergine di oliva di peranzana, sale, pepe.
Per i fichi caramellati: 8 fichi piccoli, g
100 di zucchero di canna, il succo di mezzo limone, ml 20 di acqua. Per la guarnizione: g 40 di granella di pistacchi di
Bronte.
Tritare la cipolla finemente e farla appassire in una padella capiente con olio extravergine di oliva e burro. Infarinare i medaglioni e rosolarli nella padella per due minuti da ambo i lati. Unire i pinoli quindi
versare il vino fino a coprire la carne, lasciarlo sfumare a fuoco vivace per cinque
minuti. Continuare la cottura per altri sei
minuti a fiamma bassa coprendo con un coperchio.
un’esperienza all’estero dove ho
conosciuto cucine diverse, il 30 aprile
2003 nasce il ristorante Il Cortiletto.
Realizza una cucina raffinata,
ricercata e riflessiva, dove
l’equilibrio dei sapori e dei prodotti
legati al territorio, abbinati in modo
sapiente, rappresenta la filosofia del
nostro lavoro. Non mancano i piatti
vegetariani e quelli per le diverse
esigenze dietetiche frutto di una
grande varietà di ricette alcune delle
quali rispecchiano la cultura di tanti
popoli orientali e occidentali”.
L’impressione che abbiamo avuto è di
una piacevole cordialità unita a una
ineccepibile professionalità. In effetti
si rimane affascinati dal garbo di
Rosanna in sala, dalla cura dei piatti,
frutto di un’attenta ricerca della
materia prima sempre fresca, che i
tanti bravi produttori del territorio
provvedono a fornire e dalla presenza
affabile e discreta di Paolo, che gira
tra i tavoli in un’atmosfera di bella
convivialità. Il menu varia spesso,
seguendo la stagionalità degli
ingredienti e l’estro di Paolo. “Sono
riuscito a realizzare il mio sogno,
ricevendo un riconoscimento
regionale già nel 2007 - continua
Paolo -; coinvolgendo e stimolando
altri imprenditori locali e i singoli
cittadini abbiamo creato una
cooperativa di produttori e
un’associazione culturale per porre
maggiore attenzione alla qualità del
cibo e della vita”.
Filetto di maiale al
Cacc’e Mmitte di
Lucera con pinoli,
fichi caramellati e
pistacchi di Bronte
Aggiustare di sale e pepe. In una padella
antiaderente versare lo zucchero e farlo
sciogliere a fuoco basso aggiungendo l’acqua un poco alla volta. Unire il succo di limone e infine immergere nel caramello ottenuto i fichi precedentemente lavati e
ben asciugati. Con l’aiuto di una pinza togliere i fichi dal caramello e lasciali asciugare su un foglio di carta forno. Nel centro
di ogni piatto adagiare un medaglione di
maiale, napparlo con il suo fondo di cottura e completare con i fichi caramellati.
Guarnire con la granella di pistacchi e un
giro di olio extravergine di oliva.
CUCINA&VINI 45
CRONACHE DI CUCINA
Spaghettone, pesto
di fave e pistacchi
tutto ottenendo un pesto cremoso e denso. Aggiustare di sale e mettere da parte.
Cuocere la pasta in abbondante acqua salata, scolarla al dente e trasferirla in una
padella. Aggiungere il pesto di fave e mantecare a fuoco medio, unire il pecorino
grattugiato e un poco di acqua di cottura.
Disporre un nido di pasta in ogni piatto
e guarnire con granella di pistacchi, scaglie di pecorino di Farindola, fiori eduli
e un filo di olio extravergine di oliva.
LE FOTO SONO DI CORRADO DE SANTIS
Ingredienti per 4 persone: g 400 di
spaghettoni artigianali, g 30 di pecorino
di Farindola, sale. Per il pesto di fave:
kg 1,2 di fave, ml 70 di olio extravergine
di oliva, g 70 di pecorino di Farindola,
g 25 di pistacchi di Bronte, uno spicchio di aglio, menta, sale. Per la guarni-
zione: scaglie di pecorino di Farindola, g
20 di granella di pistacchi di Bronte, fiori eduli, olio extravergine di oliva.
Sgranare le fave, sbollentarle poi immergerle in acqua e ghiaccio. Lasciarle in
ammollo cinque minuti, quindi scolare e
sbucciarle. Trasferire le fave nel bicchiere di un mixer a immersione, aggiungere
il pecorino grattugiato, i pistacchi, la
menta, l’olio extravergine di oliva e due
cucchiai di acqua ghiacciata. Frullare
Fonte La Tavola
Moderna trattoria
Via Fonte La Tavola, 4
67063 Oricola (Aq)
Tel. 0863.900094 - 347.5454895
www.fontelatavola.it
[email protected]
www.facebook.com/fontelatavola/
Chiuso domenica a cena e
lunedì tutto il giorno
Prezzo medio a persona € 30 bevande
escluse
Facile da raggiungere, è a un chilometro
e mezzo dal casello di Carsoli-Oricola
sull’autostrada Roma-L’Aquila. Pagato il
pedaggio si prosegue in direzione
Roma; qui la ristorazione tradizionale,
qualche volta giocata sull’abbondanza,
46 CUCINA&VINI
ha sempre funzionato e sono numerosi i
locali che si incontrano. Giunti alla
rotatoria prima di Oricola si vede
l’insegna del ristorante, dotato di
parcheggio. Onestamente entrando si
percepisce subito un’atmosfera
riservata, accogliente e molto curata,
diversa dalla gran parte degli indirizzi
del territorio: arredi molto originali,
tovaglie di fiandra, apparecchiatura
minuziosa. Menu e carta dei vini
manifestano attenzione per il territorio,
ricerca di materia prima e un’adeguata
miscela di tradizione e creatività. Chef
proprietaria è Carola De Santis
coadiuvata dal marito Luca De Luca,
specializzato nella pasticceria; insieme
gestiscono e sono l’anima di questo
ristorante che amano definire una
CRONACHE DI CUCINA
Ingredienti per 4 persone : 4 uova fresche, g 50 di aceto di vino bianco, sale.
Per la crema di patate: g 300 di patate,
g 50 di cipolla, ml 50 di brodo vegetale,
g 2 di zafferano di Navelli in pistilli, olio
extravergine di oliva, sale. Per gli asparagi: 20 asparagi selvatici, burro, sale.
Per la guarnizione : g 50 di tartufo nero
pregiato, fior di sale.
Mondare e tritare la cipolla quindi
soffriggerla in un pentolino con un
filo di olio extravergine di oliva. Aggiungere le patate, precedentemente lavate, sbucciate e tagliate grossolanamente e rosolare molto brevemente poi allungare con acqua fino a
coprire. Aggiungere i pistilli di zafferano e mescolare facendoli sciogliere.
Unire il brodo vegetale e lasciar cuocere a fuoco medio finché le patate
non si sfalderanno. Aggiustare di sale e frullare tutto con il mixer a immersione ottenendo una crema liscia
e vellutata.
Lavare e mondare gli asparagi recuperando solo le punte, quindi sbollentarle per pochi minuti in acqua
“moderna trattoria”. Definizione
perfetta per sintetizzare la loro filosofia
rispettosa del passato e attenta alla
nuova concezione di cucina che
finalmente si sta diffondendo. A tavola
non si resta delusi, i sapori sono
definiti, la creatività ben dosata, tutto
è molto invitante e ci si alza leggeri e
soddisfatti. Un risultato non casuale ma
fondato sulla grande passione per la
cucina e per l’accoglienza che anima la
coppia; la loro storia infatti li ha portati
nel 2006 a lasciare il loro impegno
lavorativo nella post produzione
cinematografica a Roma per
assecondare la vocazione per la
gastronomia. Non solo, la sfida era
quella di proporre una cucina più
raffinata di quella più diffusa nel
territorio col rischio di non essere
capiti: amore e caparbietà hanno fatto
sì che avessero ragione e oggi Fonte La
Tavola è uno degli indirizzi più
interessanti della zona. Carola fa
esperienze in varie realtà, fra tutte
L’Angolo d’Abruzzo, affina la propria
tecnica presso la scuola Coquis di Roma
e si diploma anche sommelier Fisar.
Notizia dell’ultima ora, chef e ristorante
si sono classificati secondi nel concorso
gastronomico regionale Lu Carrature
d’Ore, istituito nel 1988
dall’Associazione Provinciale Cuochi di
Pescara con l’obiettivo di premiare chi
riscopre i piatti e le tipicità della
tradizione abruzzese, valorizzandoli
grazie alla propria creatività e
professionalità.
Uovo in camicia su
crema di patate
allo zafferano,
punte di asparagi
selvatici e tartufo
nero pregiato
bollente, scolarle e immergerle in acqua e ghiaccio. Scolare e saltare in
padella con una noce di burro e aggiustare di sale.
In un pentolino far bollire dell’acqua
salata, aggiungere l’aceto di vino
bianco, creare un vortice girando con
una frusta e in quel momento rompere l’uovo facendolo cadere proprio nel
centro del vortice. Lasciar cuocere tre
minuti poi scolare.
Disporre la crema di patate precedentemente scaldata all’interno di ogni
fondina, al centro adagiare molto delicatamente l’uovo in camicia e insaporirlo con del fior di sale. Guarnire
con le punte di asparago e delle lamelle di tartufo nero.
CUCINA&VINI 47
CRONACHE DI CUCINA
Spaghetti con
colatura di peperoni
Versare la pasta in una padella, aggiungere un filo di olio extravergine di oliva
e la colatura di peperoni quindi continuare la cottura a fuoco medio per altri
quattro minuti aggiungendo, se necessario, dell’acqua di cottura. In ultimo insaporire con un cucchiaino di salsa di
soia.
Disporre gli spaghetti nei piatti e cospargervi sopra le bucce grattugiate degli agrumi, il finocchietto fresco, pepe
nero e un battuto di olive e capperi.
LE FOTO SONO DI CARLOTTA BENVENUTI
Ingredienti per 4 persone: g 320 di
spaghetti, 3 peperoni rossi, salsa di soia,
un’arancia, un limone, 5 olive nere denocciolate, g 5 di capperi dissalati, finocchietto fresco, olio extravergine di oliva,
sale, pepe.
Lavare i peperoni e arrostirli in forno a
180 °C per venti minuti. Al termine del-
la cottura riporli in un barattolo a chiusura ermetica e lasciarli riposare per
una notte. Il giorno seguente, togliere i
peperoni dal barattolo, recuperare il liquido e trasferirli in un colapasta appoggiato sopra una fondina così da recuperare quanta più colatura possibile. Filtrare e unire quanto ricavato al
liquido precedente; tenere da parte.
Cuocere gli spaghetti in abbondante acqua salata, scolarli al dente e tenere da
parte due mestoli di acqua di cottura.
Retrobbottega
Via della Stelletta, 4 - 00186 Roma
Tel. 06.68136310
www.retro-bottega.com
[email protected]
Aperto dal martedì alla domenica
dalle 12.00 alle 00.00
Chiuso il lunedì
Prezzo medio a persona € 25 bevande
escluse
Divertente e informale,
Retrobbottega offre una bella cucina
di gran gusto. La mano è felice, i
piatti sono intriganti e la location
piccola ma accogliente. Siamo a via
della Stelletta a un passo dal
Pantheon e da piazza Navona, in
pieno centro di Roma. Il locale si
48 CUCINA&VINI
sviluppa in lunghezza e entrando si
respira una bell’aria stimolante e
creativa, da laboratorio
gastronomico. Il bancone è vista
cucina, quasi si partecipa alla
preparazione dei piatti, tanto si è
vicini allo chef che lavora. I tavoli
contengono nei cassetti tutto il
necessario per apparecchiarsi da
soli, posate e bicchieri non vengono
preparati dai bottegai, come amano
chiamarsi loro, ma dai singoli
clienti. Una formula che risulta
simpatica, giovane, inusuale e non
pesa affatto.
Stagionalità e recupero sono le
parole d’ordine! Il riutilizzo degli
scarti è il principio applicato non
solo nell’arredamento ma anche nei
CRONACHE DI CUCINA
Piccione intero
Ingredienti per 4 persone : 2 piccioni,
una cipolla bianca, 2 carote, un gambo di
sedano, soia, melassa, zucchero, burro, olio
extravergine di oliva, sale. Per il purè di patate dolci: 2 patate dolci, ml 30 di latte, g
25 di burro, sale, pepe. Per la guarnizione:
4 foglie di bieta, 4 foglie di rapa rossa, 5
mandorle grattugiate, erbe di campo, margherite di campo, olio extravergine di oliva,
sale, pepe.
Disossare i piccioni ricavando da ognuno
due petti e due coscette; condire queste
ultime con un cucchiaino di soia, uno di
zucchero, uno di melassa, sale e pepe e
trasferirle in un sacchetto per il sottovuoto,
eliminare l’aria con l’apposito strumento e
cuocere nel forno a vapore per tre
ore a 65 °C. Rompere le carcasse e
rosolarle a fuoco alto in padella con un filo di olio
piatti proposti, si tratta dell’antico
fondamento della civiltà contadina
dove lo spreco era bandito!
Il background d’autore si percepisce
subito assaggiando i piatti elencati
sulla lavagna. Giuseppe Lo Iudice
proviene da importanti e formative
esperienze al ristorante Bulgari di
Milano e al Pagliaccio di Roma.
Alessandro Miocchi invece ha
mosso i suoi primi passi nelle cucine
di Enrico Crippa, Antonio Guida e
Anthony Genovese. Gabriele Di
Lecce, ha uno sguardo privilegiato
verso la pasticceria ma anche lui ha
un passato, seppur breve, presso
chef stellati. Matteo Magagnini che
ha iniziato il suo percorso con
Antonello Migliore per proseguire
extravergine di oliva, sedano, cipolla e carote tritati grossolanamente. Quando saranno ben rosolate eliminare il grasso in
eccesso, bagnare con acqua fino a coprire e
aggiungere una decina di cubetti di ghiaccio. Far cuocere per un paio di ore poi filtrare, trasferire in un pentolino e ridurre a
fuoco medio sino a ottenere una consistenza sciropposa. Tenere da parte.
Bollire le patate, scolarle, sbucciarle e
schiacciarle con lo schiacciapatate. Aggiungere il latte caldo, il burro, sale e pepe
quindi amalgamare tutto ottenendo il purè;
tenere da parte.
Rosolare in
una padella i
pet-
ti dalla parte della pelle, con un filo di olio
extravergine di oliva. Continuare la cottura
in forno per due minuti a 180 °C e, una
volta sfornati, farli freddare su una griglia.
In un’altra padella rosolare velocemente le
cosce con un filo di olio extravergine di
oliva, una noce di burro e sale.
Spalmare del purè di patate dolci nel centro
di ogni piatto e sopra sistemarvi un petto di
piccione e accanto una coscia; laccare entrambi con il fondo di cottura delle carcasse poi cospargere la coscia con le mandorle
grattugiate e il petto con le erbe di campo.
Completare con una quenelle di purè guarnita con delle margherite di campo e
una foglia di bieta e una di rapa rossa condite con olio extravergine
di oliva, sale e pepe.
con Daniele Usai e Roy Caceres. Che
dire, il risultato complessivo è
felice, il locale infatti è pieno
sempre sia a pranzo che a cena,
offrendo un eccezionale rapporto
qualità-prezzo.
Delle due ricette che ci presentano i
bottegai una si ispira al riuso: gli
spaghetti con colatura di peperoni
consente di non buttar via la
colatura che solitamente invece non
viene utilizzata per altre
preparazioni. Due preparazioni non
complesse ma estremamente
piacevoli e intriganti.
Il locale convince... i piatti parlano
da soli e il passaparola è più
efficace di qualsiasi altra
comunicazione!
CUCINA&VINI 49
Rossese di
Dolceacqua
50 CUCINA&VINI
VINI E TERRE
DI ALESSANDRA PIUBELLO
“La bontà del Rossese,
come mi fece provare
mescendo dall’una e
dall’altra bottiglia, è
subito conclusa,
cosicché questo raro
vino (che ha un bel
colore rubino, un lieve
profumo di fragola e un
grandissimo gusto che
quando il liquido passa
sotto l’ugola si lascia
addietro un che di
amariccio) ha le
piacevolezze del vino
giovane, e tutte le
severe virtù di quello
invecchiato”.
da O.P. ossia Il vero
Bevitore,
di Paolo Monelli
FOTO DI ANDREA FEDERICI
P
iedi a mollo nell’onda argentea
del mar Ligure, testa nella fine
aria alpina: piglio nordico nell’abbraccio caldo del sole e del riverbero mediterraneo. Solcato da fiumi, torrenti e
rivi, punteggiato da fresche sorgenti e
fontanelle, il Rossese di Dolceacqua
è puro vino di confine, pathos di frontiera. Alla sua destra, il limite orientale dell’Occitania (siamo a quindici chilometri dalla Francia), alla sua sinistra quello occidentale dello Stivale,
sotto tocca il margine settentrionale
del Mediterraneo, in alto quello meridionale delle Alpi.
CUCINA&VINI 51
VINI E TERRE
L’inquadramento della Doc è previsto
su quattordici comuni (tutti in
provincia di Imperia) con diverse
frazioni, ma in realtà il vigneto
risulta essere concentrato
soprattutto in quattro comuni.
Dolceacqua si dimostra il più vitato
con il trentasette per cento delle
vigne, seguito da Soldano (ventuno
per cento), Camporosso (quindici per
cento), San Biagio alla Cima (tredici
per cento) e gli altri comuni di
Apricale, Baiardo, Castelvittorio,
Isolabona, Perinaldo, Pigna,
Rocchetta Nervina, Vallecrosia Alta,
Vallebona (solo la parte sulla riva
destra del torrente Borghetto)
insieme per la restante parte,
unitamente ad alcune frazioni del
comune di Ventimiglia. Un allegato
alla Doc comprende trentotto
Menzioni Geografiche Aggiuntive, a
testimonianza della storicità e
dell’importanza dei cru nell’areale,
espressione di una vocazione
pluricentenaria. Ecco allora alcune
tra le vigne più rinomate: Pian del
Vescovo, Arcagna, Morghe, Luvaira,
Armetta (tutte in val di Nervia),
Galeae, Beragna, Pini, Fulavin,
Posaù, Curli (in val Verbone).
La struttura geologica del territorio è
molto varia, anche se prevale il
“flysch”, il complesso degli
arenoscisti prealpini. Il flysch di
Ventimiglia, il più diffuso
componente delle vigne più
importanti, è costituito da
un’alternanza di arenarie grossolane
e fini, intercalate da argille, marne,
calcari e peliti di colore grigio
marrone (il tutto risalente al
priaboniano inferiore). Il meno
diffuso flysch di Baiardo (presente
per esempio nel cru Alpicella), giace
sovrapposto al flysch di Ventimiglia,
spesso in contatto tettonico, ed è
costituito prevalentemente da
arenarie fini e medie con
intercalazioni siltoso-argillose. Altra
matrice geologica, poco frequente
ma presente per esempio a Pian del
Vescovo, sono i conglomerati di
Monte Villa, che formano pareti
verticali alte fino a centinaia di
metri, composti da arenaria
grossolana, argille, silt, sabbia e
marne. Le argille di Ortovero invece,
presenti per esempio, insieme al
52 CUCINA&VINI
FOTO DI ANDREA FEDERICI
Rossese di Dolceaqua, la
denominazione
Madre vite qui si aggrappa ad alberello, spesso più che centenaria, su
terre verticali (l’acclività media oscilla tra il trentacinque e il cinquanta
per cento, ma ci sono picchi di settanta). Gli alberelli, con un’età media di
quarantacinque anni, custodiscono
uve dall’antica storia. Danno vita a
vini fatti di pietra, di sole, di montagna, di macchia mediterranea e dal
respiro del mare. “Dant animos vina”
scriveva Orazio nelle sue Metamorfosi,
i vini danno coraggio: ce n’è voluto
nell’azzurro ventoso per alzare tutti
questi muri, pietre su pietre. L’eroismo di chi ama la propria terra, difficile, rude, scoscesa, e il suo sangue.
L’attenzione continua al riposizionare
le pietre che si sfilano, formando falle da cui si innescano smottamenti.
Il vino della fatica di chi l’ha strappato alle rocce. Non a caso rossese plausibilmente deriva da “rocense” o “roccese”: succo di roccia, figlio di questo
territorio cismontano; non trae dunque origine dal colore. Oasi meteorolo-
gica, questa zona è l’unica che comprende ben cinque fasce climatiche in
appena venti chilometri di asse sud
nord (tra il mare e il monte Toraggio).
In questo esclusivo climat, protetto
a nord dagli alti rilievi delle Alpi, le
temperature sono miti, le precipitazioni scarse (con un picco nel mese di
febbraio) e le escursioni termiche elevate (fra giorno e notte, in settembre, attorno agli undici gradi di differenza). Un mondo a parte, sospeso tra
terra e mare, tra passato e presente.
Sorprendente come questa ristretta
zona sia scandita da microclimi e da
suoli geologicamente tanto diversi
quanto vicini. Il rossese è una lente
magnificatrice di questo microcosmo,
capace di leggere le differenze dei
terreni anche all’interno della stessa
vigna. Il cuore della denominazione
batte nelle due vallate principali (ma
non esclusive), attraversate dal Nervia
e dal Verbone. La val Nervia che sale
da Camporosso in direzione di Pigna, è
più aperta e più ventilata, mentre la
VINI E TERRE
di circa trecentomila bottiglie. Una
nicchia nella nicchia. Un tempo noto
come rossese di Ventimiglia, dovuto al
fatto che le prime testimonianze di
rossese nero (esiste pure un rossese
bianco, ormai scomparso, salvo tra
qualche filare, anche se ancora potete
assaggiare questa rarità da Tenuta Anfosso, l’unico che lo imbottiglia) risalenti al Settecento negli scritti di
Giorgio Gallesio, si riferiscono alle zone di Ventimiglia. A fine Ottocento è
invece ben delineata la maggior rilevanza qualitativa del comune di Dolceacqua rispetto a tutti gli altri comuni
vitati del comprensorio intemelio. A
risalire la storia del rossese lo si ritrova citato nel 1372 ma non v’è certezza che si stia parlando della stessa
uva giunta a noi. La Doc Rossese di
flysch di Ventimiglia, a Terrabianca,
sono marne blu, intercalate da
arenaria fine e sedimenti clastici
finissimi, di origine marina, che
affiorano con il caratteristico
paesaggio calanchivo. A detta dei
vignaioli anziani, il substrato
derivante dalla polverizzazione delle
rocce marnose, argillose e calcareomarnose, chiamato in dialetto
“sgruttu” è considerato il migliore
per il rossese: presenta il vantaggio
di essere drenante mantenendo però
sufficiente il livello di umidità nel
suolo anche in stagioni calde e aride.
In apertura, una veduta del borgo
medievale di Apricale e un particolare
della roccia di arenaria, matrice flysch
di Ventimiglia; nella pagina a fianco,
vigna in zona Galeae, comune di
Soldano, dell’azienda Foresti Marco; in
questa pagina, località di Terre
Bianche, comune di Camporosso
FOTO DI ANDREA FEDERICI
val Verbone, da Vallecrosia, San Biagio
alla Cima, Soldano è piuttosto stretta
e più mite, sia per l’influsso marino
sia per la presenza a nord del crinale
di Perinaldo, che si erge a barriera
contro l’aria fresca proveniente dall’interno. Le vigne partono da un chilometro dal bagnasciuga per arrivare
ai seicento metri d’altitudine (la maggior parte si arrocca fra i duecento e i
cinquecento metri), toccanti nella loro incontestabile bellezza testimonianze preziose resistite alle dimenticanze, al disincanto e agli abbandoni.
Nell’Ottocento si contavano tremila
ettari (l’incubo fillosserico arrivò abbastanza presto, nel 1880), oggi ne
sopravvivono ottantadue, estremamente parcellizzati, suddivisi fra una
trentina di produttori per un totale
CUCINA&VINI 53
FOTO DI ANDREA FEDERICI
VINI E TERRE
FOTO DI ANDREA FEDERICI
Sopra, una delle versioni del
conglomerato di Monte Villa; sotto,
Giovanna Maccario Dringenberg in
vigna
Dolceacqua o, forse più appropriatamente Dolceacqua, (così non si andrebbe a confondere con il Rossese di
Campochiesa, sotto la Doc Riviera di
Ponente, diffuso soprattutto nel Savonese, con esiti secondari) è la prima
della Liguria, nel 1972. Questo primato aiuta a capire l’importanza culturale di questo vitigno autoctono, di
fatto il più diffuso, nella viticoltura ligure.
“Qui tutti si occupano di vino - scrive
Mario Soldati nel suo Vino al vino ed esiste, da sempre, tra gli abitanti
del paese, un’insanabile controversia:
è meglio il Rossese delle vigne sulla
sinistra del Nervia, quelle che da Perinaldo raggiungono l’Addolorata, oppure il Rossese delle vigne sulla destra? Le prime prendono soprattutto il
sole del pomeriggio, le seconde quello del mattino... Ma la questione, secondo me, si risolve facilmente in favore delle vigne sulla destra: perché,
mentre le montagne di sinistra formano una cresta sottile che concede
poco o nessuno spazio alle vigne, le
montagne di destra in cima si espandono e tondeggiano con l’altipiano,
prendendo così il sole mattino e sera,
dal primo all’ultimo raggio della giornata”. Soldati assaggiò da uno dei padri sacri, Giobatta Mandino Cane, ritiratosi nel 2009. Altri sono stati Emilio
Croesi, sindaco di Perinaldo e produttore in un cru simbolo, Curli, definito
54 CUCINA&VINI
VINI E TERRE
vanta quintali, anche se in pratica si
arriva a settanta; stabilisce un novantacinque per cento di uve rossese,
con un cinque per cento di uve rosse
non aromatiche, anche se in realtà
quasi tutti lo imbottigliano in purezza.
Non impone l’uso del legno né per la
versione base (che i produttori preferiscono chiamare classico) né per
quella superiore, che per legge può
essere venduta solo a partire dal primo
novembre dell’anno successivo alla
vendemmia.
Il rossese fu anche protagonista di
leggende. Si narra che i Doria, signori
del castello di Dolceacqua, lo usassero in guerra per trarne l’ardore necessario. Si racconta anche che Napoleone, ospite dei marchesi Doria, lo apprezzò talmente tanto che provvide a
rifornire le proprie cantine parigine.
Persino papa Paolo III sembra esserne
stato un grande estimatore. Sicuramente ispirò Monelli, Soldati, Veronelli (che scrisse, tra l’altro: “Da anni
FOTO DI ANDREA FEDERICI
da Veronelli come la Romanée-Conti
d’Italia (abbandonato per anni, è stato ripreso nel 2012 da Maccario Dringenberg), Enzo Guglielmi, Nino Tornatore e l’attuale perno storico, ancora in attività, Antonio Perrino, detto
Nino Testalonga. Una denominazione
che resta fondamentalmente terra di
vignaioli, lontani dal jet set enologico,
fautori di un vino artigiano. Qui il legno per tradizione è sempre stato usato, probabilmente di castagno, sicuramente di piccolo formato, viste le anguste dimensioni dei carruggi e delle
cantine familiari. Attualmente è ancora impiegato da alcuni produttori, ma
la maggior parte usa i serbatoi di acciaio inox. Chissà, nel futuro sarebbe
utile sperimentare il cemento, vedremo. Storicamente si vinificavano i
grappoli interi, senza diraspare. Molti
produttori non diraspano tuttora,
mantenendo una consuetudine che è
sempre esistita.
Il disciplinare prevede una resa di no-
CUCINA&VINI 55
VINI E TERRE
delli dell’azienda Terre Bianche il punto di riferimento essenziale. Nel 2015,
insieme allo storico Alessandro Giacobbe, dopo tre anni di ricerche, stila
una lista di nomeranze, che in dialetto significa soprannome. Un lavoro di
zonazione sul dato storico, che ha evidenziato un’enorme quantità di parcelle vocate in una denominazione così
poco estesa. Filippo si dedica con
amore infinito al rossese e va ringraziato a chiare lettere per la sua opera
continua, altruistica e onesta per il
bene del suo territorio.
Rossese
Il vitigno, sensibile al marciume, all’odio, al mal dell’esca, alla colatura e
acinellatura ma non alla peronospora,
è piuttosto delicato e dalla resa incostante. La sua uva, dalla buccia sottile, viene raccolta normalmente a me-
FOTO DI AZIENDA ALTAVIA
Vigneti dell’azienda Altavia
sostengo che il rossese bene vinificato possa diventare il miglior vino
d’Italia”), Calvino. Un vino letterario,
ma anche estremamente intimo, con
una forte tensione nostalgica (forse
la macaia arriva anche qui?). I suoi
luoghi furono celebrati da Francesco
Biamonti, nato a San Biagio alla Cima,
dal dolceacquino Elio Lanteri. Dipinti
da Claude Monet, dal dolceacquino
Barbadirame, discepolo di Picasso.
Persino un film, Io sono l’amore diretto da Luca Guadagnino, con Tilda
Swinton, cerca di catturarne l’anima.
Un vino che parla molte lingue, ma
soprattutto quella della dignità. E dell’orgoglio ritrovato, in quella pattuglia
di quattordici produttori che fanno
parte dell’Associazione Vigne Storiche
del Rossese. Un gruppo compatto, nato nel 2009 per promuovere questo
vino antico, che trova in Filippo Ron-
56 CUCINA&VINI
FOTO DI AZIENDA MACCARIO DRINGENBERG
Sopra, quarzo in pietra matrice flysch
di Ventimiglia e un alberello di vite
centenaria; sotto, vigneti dell’azienda
Altavia
FOTO DI AZIENDA ALTAVIA
va coinvolgente. Olfattivamente c’è
da divertirsi: rosa, iris, glicine, fragolina di bosco, ribes, lampone, ciliegia,
profumi di sottobosco, terra umida,
muschio, macchia mediterranea, con
richiami marini, balsamici e speziati.
È un vino versatile e gourmand, che
ben si abbina alla tavola, capace com’è di valorizzarla senza imporsi. Da
provare con un semplice cibo da marinai, pane, burro e acciughe (che richiama le note di acciuga che ritroviamo nel vino) e con le ricette tipiche del territorio, come l’erbun (una
torta salata a base di zucca), il fugasun (un’altra torta salata fatta con
le erbe), i barbagiuai (fagottini fritti
nell’olio in padella), il brodu verdu,
(un passato di verdura), trofie al pesto, il branda-cujun (stoccafisso cotto ed emulsionato con noci, patate,
olio), capra e fagioli di Pigna o di
Badalucco o di Conio, il coniglio alla
ligure, il carteletu (carne di capretto
riempita con bietole, uova e formaggio), le tipiche michette dolceacquine e tanto altro. I prezzi? Variano dai
nove ai ventidue euro. Insomma, vale il viaggio terra-mare-incanto.
FOTO DI AZIENDA MACCARIO DRINGENBERG
VINI E TERRE
tà settembre. Essendo soggetto a riduzioni (quelle puzzette che si credevano tipiche non esistono praticamente
più), i produttori hanno imparato a
gestire bene i travasi. I cloni più diffusi, dei sei individuati dallo studio di
Schneider/Gerbi del Cnr di Torino, attualmente sono il cvt 37 e in minor
parte il cvt 1. Nella scelta dei portainnesti, ci si indirizza opportunamente e spesso verso il Rupestris Du
Lot (chiamato anche in zona “Monticolo”) e il 1103 Paulsen.
Recenti studi del Cnr di Torino, da
parte della nota ampelografa Maria
Schneider, hanno dimostrato che il
rossese e la francese tibouren (usata
in Provenza in blend per i rosati) sono identici dal punto di vista genetico. La forma della foglia del rossese e
i suoi lobi profondamente incisi fanno pensare a un’origine mediorientale, se non esattamente greca. Vino
atavico dunque, ma più che mai moderno. In sintesi, possiamo affermare che è tornato il tempo del rossese.
Di un vino ellittico, né tondo né dritto, che colpisce per le sue sfumature
delicate, per il suo equilibrio fra acidità (cinque grammi per litro) e alcol
(negli ultimi tre anni si attesta più
sui 13,5 ma precedentemente si caratterizzava per i 14 gradi stabili).
Fino a poco tempo fa sconosciuto
fuori dalla Liguria, da qualche anno
riscuote successi crescenti nel resto
d’Italia e soprattutto all’estero. Andrebbe bevuto fresco, minimo sui
quindici gradi. Le sue caratteristiche
principali? Si gode da subito ma possiede anche capacità di invecchiamento, come dimostrano gli assaggi
di vecchie annate di Nino Testalonga.
Colore poco carico, tannicità delicata
e soffusa. Presenta una morbidezza,
un’ampiezza setosa e una spiccata
sapidità. Snello, agile, leggiadro, colpisce per la sua finezza sussurrata,
per il gioco sapido-amaricante del finale, per la trama succosa, per la be-
CUCINA&VINI 57
La degustazione
POSAÙ 2014
ROSSESE DI DOLCEACQUA
SUPERIORE DOC
Maccario Dringenberg
13,5% vol - € 16,00
Giovanna Maccario, che
prende le redini dell’azienda con origini ottocentesche ventiquattro anni fa,
gestisce quattro ettari e
mezzo su tredici vigneti.
Appassionata, caparbia, preparata, Giovanna fu la prima della
denominazione a conquistarsi i Tre Bicchieri nel 2010. Fa filotto
con una serie di vini
identitari, caratteriali, intensi. Difficile optare per un’etichetta
(tutte 2014), fra il dinamismo di Posaù Biamonti, la fresca complessità del Curli, la
sottile finezza del
Brae, l’eleganza del
Luvaira... ma dobbiamo, e puntiamo sulla
profondità del Posaù,
lirico e carismatico.
GALEAE 2014
ROSSESE DI DOLCEACQUA DOC
Ka Manciné
13,5% vol - € 15,00
Maurizio Anfosso, dopo
aver lavorato per Altavia
e durante una collaborazione in essere con Terre
Bianche, inizia a imbottigliare le sue prime etichette nel 2006. Dal
2011 segue solo la
sua azienda, su tre
ettari e con due
cru importanti, Galeae e Beragna,
che gli sta dando
grandi e meritate
soddisfazioni, anche internazionali. Batteria di razza, fra Angé 2013,
Beragna 2014 e
Galeae 2014. Scegliamo la sapida
succosità, la croccante carnosità del
frutto, la luminosa energia e l’avvolgenza del solare, marino e speziato Galeae.
58 CUCINA&VINI
TERRABIANCA 2014
DOLCEACQUA DOC
Terre Bianche
13% vol - € 20,00
L’azienda nasce nel 1870 con
Tommaso Rondelli: ora a guidarla ci sono Filippo Rondelli e
Franco Laconi. Filippo, profondo conoscitore del territorio di cui è saggio ambasciatore di rara abnegazione, possiede vigne
di rossese ad Arcagna e
Terrabianca, due cru vocati. Bricco Arcagna 2014
si presenta comme il faut:
austero, strutturato,
complesso, dotato di notevole personalità. Il Terrabianca 2014, al suo primo anno di produzione
in cru, ci colpisce per la
sua immediata naturalezza, per la sua polpa, la
tensione gustativa, la vibrazione sapido-acida, la
beva coinvolgente.
DOLCEACQUA SUPERIORE DOC 2009
Altavia
13% vol - € 15,00
Altavia è il nome dello
splendido sentiero che attraversa tutte le Alpi Liguri,
da Ventimiglia a La Spezia,
offrendo dei paesaggi mozzafiato. Fondata dalla famiglia Formentini nel 2003
in società con Gianni Arlotti, Altavia possiede
cinque ettari vitati in località Arcagna. A coordinare i lavori in vigna e
in cantina è stato chiamato un professionista
ben noto nel mondo
enologico, Federico Curtaz. Nell’interessante
verticale, che ci ha permesso di capire la visione enologica e l’ottima
evoluzione di questi Rossese sui generis, strutturati ma dai tannini finissimi, ci ha colpito la
2009. Curtaz ha interpretato il territorio arricchendolo con la propria
esperienza. Al naso si
apre profondo e complesso, con note di macchia mediterranea.
La trama tannica è soffice e armoniosamente fusa. La forza espressiva emerge pur
nel sorso vellutato, richiamando memorie
sottili e vibrazioni intense. Beva piena,
sensuale e appagante.
PINI 2014
ROSSESE DI DOLCEACQUA
SUPERIORE DOC
Poggi dell’Elmo
14% vol - € 15,00
I Gugliemi, come tutti in
zona, coltivano le vigne
sin dall’Ottocento, poi, alla fine degli anni Settanta, con la crisi del comparto, la famiglia si
dedica alla floricoltura. Nel 2000 fondano l’azienda, dedicandola a Elmo, padre di Gianni, attuale
referente. Producono
quindicimila bottiglie, fra le quali abbiamo assaggiato
due annate 2014, un
Rossese di Dolceacqua speziato e
schietto, e un Superiore Pini (storico
cru, con vigne vecchie su diverse parcelle) dalle note calde di macchia mediterranea, con una
trascinante succulenza
balsamica.
DOLCEACQUA DOC 2014
Antonio Perrino
13,5% vol - € 16,00
Signor Nino è la memoria storica del Rossese,
anche se la prima etichetta risale al 1982.
Cinquantaquattro anni
di vendemmie alle
spalle, portati con
la saggezza di un
grande vecchio
del vino. Il suo è
un Rossese artigiano, diverso a
ogni bottiglia, fatto con i lieviti
indigeni, i raspi,
pigiato con i piedi, accolto da
vecchie botti di
rovere. Tradizionale e fiero di esserlo. Sorprendente la capacità di
invecchiamento
dei suoi vini.
Integro, vivo, dinamico e cangiante, questo Rossese gode di una
titillante sapidità che
spinge alla beva.
ROSSESE DI DOLCEACQUA DOC
2014
Rondelli
13,5% vol - € 14,00
ROSSESE DI DOLCEACQUA
SUPERIORE DOC 2014
Foresti
14% vol - € 15,00
14% vol - € 14,00
I Rondelli, chiusa la parentesi florovivaistica
durata più di un decennio, tornano a occuparsi
di vino e con Roberto,
nel 2008, comincia la
produzione. Due ettari abbondanti in
due cru, Migliarina
(unico produttore)
e Tramontina, ventimila bottiglie in
totale. Bella prova
per il Rossese fine
e garbato, slanciato e fresco che si
esprime con succosa piacevolezza. I
due Migliarina,
2013 e 2012, pur
in modo diverso,
sono segnati da un
legno un po’ ingombrante.
Da azienda imbottigliatrice nata nel
1979, nel corso degli anni e grazie a
Marco Foresti, a
produttrice di vini
derivanti almeno in parte da
vigneti di proprietà. I numeri (undici ettari per settantacinquemila
bottiglie) sono
considerevoli
per l’areale.
Note mediterranee e di sottobosco, in
bocca si esprime immediato,
dotato di freschezza e succosità nella
trama elegante ed equilibrata.
Dopo una vita trascorsa come chef de
cuisine all’hotel de
Paris di Monte Carlo,
Mario da pensionato
si dedica a quella che
in zona è sempre stata la passione dominante. Nel 2004,
con il suo ettaro scarso in zona Colla a seicento metri d’altitudine, fonda
un’azienda piccina e autentica, che attualmente produce
tremila bottiglie. Con la supervisione dell’enologo Walter
Bonetti, Mario
produce Rossesi
schietti, sottili,
spontanei anche
nelle note chiaroscurali.
ROSSESE DI
DOLCEACQUA DOC
2014
Tornatore
Giuseppina
ROSSESE DI
DOLCEACQUA
DOC 2014
Gajaudo - Cantina
del Rossese
FULAVIN 2014
ROSSESE DI DOLCEACQUA
SUPERIORE
Tenuta Anfosso
13,5% vol - € 16,00
Veder in quel di Poggio
Pini gli alberelli ultracentenari (quasi centotrent’anni) e le pendenze dove Alessandro Anfosso sfacchina quotidianamente, custode attento di quei
muretti che provvede a riassestare
non appena si sfila
qualche pietra, è
p rofo nda me nt e
toccante. Gli altri
campi sono a Luvaira, per un totale
di quattro ettari e
mezzo di proprietà. Dal 2002 Alessandro si dedica
completamente alla sua passione di
sempre. Con Fulavin restiamo impressionati da un
naso complesso,
profondo, stratificato. Generoso,
ampio, il liquido è
sollecito e fine, imprevedibile nella sua ritmicità, rimarchevole
nella spinta acida.
ROSSESE DI DOLCEACQUA DOC 2014
Mario Muratore
14% vol - € 12,00
12,5% vol - € 11,50
Realtà familiare,
guidata da Nuccio
Tornatore su un
ettaro di vigne
diviso fra la
zona di Armetta e Tramontina. La
prima etichetta è del
1987, a oggi
non producono più di duemilacinquecento bottiglie. Un Rossese che ha
tratti di spontanea rustica
artigianalità,
rugoso e ruspante, ma
fragrante nelle note fruttate e speziate e
sostenuto da
una rinfrescante
acidità.
È una delle realtà
più produttive, con
centocinquantamila bottiglie.
Giulio e Fulvio
son persone
concrete, affabili, con mente imprenditoriale. Ricchi
d’entusiasmo,
vinificano sia
uve di vignaioli conferenti
sia di vigneti
gestiti (due e
mezzo di proprietà, tre in
conduzione).
Il loro Dolceacqua ha note
di rosa canina
e fragoline di
bosco, in bocca è bilanciato e slanciato,
sapido e beverino.
CUCINA&VINI 59
Verdicchio di Matelica
Collestefano
Un sogno curato
con precisione
Attraversando l’Alta Valle del fiume Esino, tra campi di grano e girasoli, vigne,
grandi querce e sullo sfondo gli Appennini azzurri, giungiamo a Collestefano, nel
comune di Matelica. Non c’è nulla intorno,
solo una grande vallata, l’unica delle Marche che non segua la direzione ovest est
verso il mare, ma corra invece da nord a
sud, chiusa alle brezze marine e protetta
dai venti freschi del nord dagli Appennini.
I Marchionni giungono qui, a Rustano di
Castelraimondo, in provincia di Macerata,
intorno al 1960, riuscendo, dopo tante
fatiche, ad acquistare nel 1978 questo
piccolo borgo a circa quattrocentocinquanta metri di altitudine, chiamato Collestefano. Ma sarà solo nel 1998 che Fabio,
reduce da un’esperienza lavorativa in una
enoteca in Germania, imbottiglierà la prima annata di Verdicchio di Matelica, sempre affiancato dai genitori e dalla moglie
Silvia, che si divide tra la campagna e le figlie Elena e Serena. La storia di Fabio Marchionni sembra una favola: la scuola, l’università, l’incontro con sua moglie Silvia,
l’impresa agricola, i figli. Tanti piccoli
passi, mai avventati, come l’esperienza
contadina insegna, e con le idee sempre
chiare. Una storia abbastanza recente in
un piccolo podere delle Marche, un sogno, una piccola fattoria familiare in stile Alto Adige che oggi ha raggiunto una
produzione di centomila bottiglie di Verdicchio di Matelica a cui possiamo aggiungere due particolarità: un Marche Rosato Igt, in produzione dal 2009, ottenuto dalla vinificazione in bianco di sangiovese (in prevalenza) e cabernet sauvignon, vino immediato che esprime tutta la
freschezza del luogo, e una produzione
lilliput di spumante metodo classico (da
uve verdicchio provenienti dai vigneti più
freddi e raccolte in anticipo di maturazione), un vino teso e croccante.
PROFILI DIVINI
Il Verdicchio di Matelica Collestefano, prodotto in conduzione biologica, con fermentazione sempre e solo in acciaio, è
tenuto ai rigori invernali e, pur mantenendo la sua grande acidità (da sette a nove grammi per litro), è stabilizzato dalle
escursioni termiche. La vinificazione in
vasche piccole, di dieci-venti ettolitri,
nata per necessità poiché la cantina era
molto piccola, è stata poi conservata nei
nuovi spazi per scelta. In ogni vasca va
l’uva di ogni singolo appezzamento che
viene vinificata separatamente. Non viene
svolta la fermentazione malolattica e i
vini così ottenuti vengono assemblati per
un taglio finale unico. Un blend dove finiscono solo i vini migliori, come il nostro
Verdicchio di Matelica Collestefano Doc
2015. (L.N.)
A CURA DI ENOFOLLIA
VERDICCHIO DI MATELICA DOC
2015
12,5 % vol - €9,50
Uve: verdicchio
Bottiglie prodotte: 100.000
www.collestefano.com
Il colore è giallo dorato brillante.
Il naso mette in risalto le sue
grandi doti fruttate e floreali con
una rinfrescante e trasversale
vena minerale e vegetale. Mela, a
tratti anche matura, pesca gialla,
susina, arancia, cedro, ginestra,
gelsomino, timo serpillo, fieno,
note minerali calcaree e
mandorla anche in confetto. In
bocca è molto fresco, morbido e
sapido, dotato di tessitura ricca
che conduce l’assaggio verso
l’equilibrio, ferma restando la
verve acida che si mantiene
sempre alta; il retrolfatto è
coerente col naso e ritroviamo in
grande spolvero il frutto già
declinato, con l’agrume nel finale
sulla scia fresca.
Vivace e strutturato, è molto
versatile, noi lo abbiamo gustato
insieme a coniglio con olive,
pomodorini e finocchietto
selvatico.
CUCINA&VINI 61
PROFILI DIVINI
Delico
Sorelle Bronca
La mano gentile di chi fa
bollicine
Ci troviamo in Veneto nella provincia di
Treviso, nella zona Docg Colli di Conegliano, a cavallo tra le Dolomiti e il mare Adriatico. È qui che incontriamo
l’azienda Sorelle Bronca, con vigneti dominanti le alte e ripide colline. Da queste
campagne di proprietà e dalla cura attentissima che deriva dalla passione si
ottengono vini di grande pregio. C’è veramente da essere orgogliosi se Antonella ed Ersiliana hanno saputo realizzare
ciò che loro padre Livio aveva iniziato,
riuscendo anche ad andare oltre le sue
più rosee aspettative, basandosi solamente sull’esempio, lo spirito e la dedizione che egli aveva saputo trasmettere,
creando in loro l’aspirazione a trasformare questo profondo sentimento familiare
in progetto di vita. Una realtà che si è
concretizzata con un percorso tutto in
salita, come si conviene a vere donne
di collina.
In seguito si aggiunge alla squadra il
marito di Antonella, Piero, che mettendo in campo la sua profonda conoscenza
e innata passione per la coltura della
vite, apporta grande qualità al lavoro
fin li svolto.
Ma è in questi ultimi anni che il team
raggiunge il suo apice con l’ingresso in
azienda di Elisa, figlia di Ersiliana, giovane e appassionata enologa che si è unita
con entusiasmo a questo cammino di
donne condiviso da impareggiabili uomini. Tra i vari cru, affascinante è il “particella 68”, dove abbiamo avuto la fortuna di trascorre qualche ora di riposo tra
una degustazione e l’altra. Un vigneto
che guarda verso sud, in forte pendenza e
con un’ottima ventilazione, sempre soleggiato e con un substrato roccioso che
conferisce all’omonimo vino una qualità
particolare e percepibile, un Prosecco
Superiore diverso di anno in anno.
62 CUCINA&VINI
Ci fa sorridere ricordare alcuni aneddoti
dei primordi, quando il nome “Sorelle
Bronca” aveva creato all’estero qualche
malinteso. In Germania, ad esempio, un
cliente pensava che derivasse da una
congregazione di suore vignaiole, mentre
negli Stati Uniti si aspettavano di ricevere anziane signore contadine.
Siamo in terra di bollcine ma anche di
importanti vini fermi, come il Delico,
vino bianco molto interessante e di grande finezza. È figlio di vigne esposte a
sud a un’altitudine di oltre duecento
metri, che ospitano cinquemilacinquecento piante per ettaro potate a guyot,
che danno settantamila quintali d’uva
per unità di superficie. Le vigne sono in
conversione biologica. La vinificazione
avviene in acciaio termo controllato
mentre la maturazione di un anno per il
30% della massa in barrique, il resto in
acciaio. (L.N.)
DELICO 2014
COLLI DI CONEGLIANO DOCG
13,5% vol - €10,00
Uve: incrocio Manzoni 6.0.13,
pinot bianco e riesling renano
Bottiglie prodotte: 5.000
www.sorellebronca.com
Fine e delicato, avvolge
inizialmente con note fruttate e
floreali. Troviamo pera, mela
Granny Smith, note di mandarino,
tracce esotiche di licci, rosa e
petali di camomilla che vanno a
intrecciarsi a freschi toni vegetali
di salvia e ortica. In bocca
conferma la sua raffinatezza, fresco
e morbido, di buona sapidità, con
tessuto setoso ed equilibrato,
dotato di buon carattere, grazie
anche alla componente alcolica
importante che in finale di
assaggio rende più carnose le
percezioni di frutta e fiori tracciate
nella fase primaria, accompagnate
da leggerissime note di vaniglia e
mandorla.
Bello insieme a risotto Carnaroli
all’ortica, mantecato al Parmigiano
Reggiano stravecchio.
PROFILI DIVINI
Ottobre Rosso
Tenuta i Fauri
Nervosismo e piacevolezza
Che atmosfera si vive sulle colline vitate teatine quando lo skyline è disegnato dalla Majella interamente visibile!
Siamo tra la montagna e l’Adriatico,
poco a sud di Chieti, una zona dove la
viticoltura è vita quotidiana, dove la vigna e l’olivo occupano gran parte della
superficie collinare, creando uno spettacolo tutto italiano. Tenuta i Fauri è
una realtà familiare che nasce nel 1978
quando Domenico Di Camillo decide di
cambiare vita e di occuparsi delle terre
di famiglia, ma evidentemente ha radici agricole più lontane. Oggi Domenico
e Tiziana con i figli Valentina e Luigi
gestiscono in ogni aspetto l’azienda
avendo fatto tutti la scelta della terra a
scapito di un’altra attività, supportandola affrontando ulteriori studi adeguati, con la leggerezza di chi segue
l’amore e la passione e, perché no, a
suon di musica visto che Domenico è
un tenore e i figli sono entrambi diplomati in pianoforte al conservatorio. Vino quindi come cultura e stile
di vita che li ha portati a non seguire
mode e tendenza, ma a dare spazio al
proprio spirito “rivoluzionario”. Ottobre
Rosso incarna questo rispetto per sé
stessi e la terra e vuole portare allo
scoperto l’anima dell’uva montepulciano, facendo ritrovare nel calice il territorio di provenienza: “è un Montepulciano normale - afferma Valentina Di
Camillo -, fatto non per stupire o ingentilito da legni e dolcezze, ma che
non teme l’irruenza varietale donata
dal pedoclima e territorio teatino, un
Montepulciano tutto nervosismo e piacevolezza”. Il risultato è stato ottenuto con un ritorno alle origini studiato e
gestito, ovvero l’utilizzo in vinificazione del cemento, oggi tornato all’attenzione di tutti per la sua capacità
di isolare il vino termicamente ed elet-
tricamente. “Ai tempi dei nostri esordi
il cemento sapeva di povero, al contrario delle lunghe e costose barricaie
messe in mostra dalle cantine più prestigiose. Avevamo quasi vergogna a
mostrare quei serbatoi grigi che invece
oggi fanno tanto tradizione e territorio.
Nessuna retorica del legno, un vino di
grande struttura ma fresco e fruttato,
che macchia i denti e le tovaglie”. È
frutto di vigne poste su terreni di medio impasto e potate a cortina semplice, con una densità d’impianto di
tremila piedi per ettaro e centodieci
quintali di uva. La macerazione dura
fino a dieci giorni e, dopo la svinatura,
il vino matura per dodici mesi prima
dell’imbottigliamento. (F.D’A.)
OTTOBRE ROSSO 2014
MONTEPULCIAMO D’ABRUZZO
DOC
13,5% vol - €14,00
Uve: montepulciano
Bottiglie prodotte: 40.000
www.tenutaifauri.it
Vino aitante ed energico, da
vivere a tavola. Rubino violaceo
molto intenso e vivace,
impenetrabile, deciso al naso nel
fondere frutto e spezie, con
gentili accenni tostati: ciliegia,
amarena, mora, mirto, anche in
foglia, lampone, mirtillo
dialogano con sentori di
liquirizia, pepe, grafite, ardesia,
vaniglia, tabacco e noce moscata
in un gioco di chiaro scuri che
invita. Bocca di impatto
polposo, morbido, vellutato, di
grande verve dinamica, con una
componente tannica imponente
che manifesta la sua esuberanza
giovanile nel finale. Il frutto
denso si avverte subito, poi la
speziatura si fonde e nel finale
cresce la liquirizia e la grafite
sulla scia tannica, mentre in
persistenza torna una nota di
mora graffiante.
Bene in compagnia di un
piccione ai fegatini di pollo.
CUCINA&VINI 63
PROFILI DIVINI
Collepazzo
Piero Riccardi Lorella Reale
Autori e vignaioli
La nostra maggiore occupazione è quella
di andare a scovare i talenti laddove se ne
possano trovare. Così ci è capitato, quasi
per caso un vero e proprio colpo di fulmine. La “Piero Riccardi Lorella Reale” è
un’azienda di cinque ettari che abbraccia
i due comuni limitrofi di Bellegra e Olevano Romano, nata nel 2010 dal desiderio di conservare a Bellegra una terra di
famiglia, dei nonni prima e dei genitori di
Piero poi, di salvaguardarne la sua straordinaria biodiversità, oltre al sogno di produrre, nella campagna di Olevano Romano, il Cesanese, il vino rosso autoctono
più rappresentativo del Lazio. In campagna vengono seguiti i metodi dell’agricoltura biodinamica, con lo scopo di lasciare esprimere le piante nella loro peculiarità e nella convinzione di poter ottenere, così, vini non soltanto radicati nel loro territorio ma anche godibili e sani. Lei
siciliana, sommelier e laureata in filosofia applicata, svolge principalmente
la sua attività nel campo della letteratura e della televisione (suo è il
documentario Storia del movimento
femminista in Italia) e lui, da sempre studioso di agricoltura, da
trenta autore e regista televisivo
per la Rai (Mixer, La storia siamo
noi, Report), condividono sia la
passione per il vino che l’attività
professionale. A Olevano Romano, esattamente nella zona di Colle Pazzo, a trecento metri di altitudine, sono stati realizzati due vigneti della varietà cesanese di Affile. All’interno dei vigneti esistono due tipologie di terreno, uno di
natura vulcanica rossastro, l’altro
invece composto da arenarie
emerse nel cretaceo. Le uve vengono raccolte per zone e al termine di ogni affinamento si ottengono tre diversi tipi di Cesanese,
64 CUCINA&VINI
due che sono il risultato di ciascun terreno e uno che rappresenta il frutto dell’unione delle uve prodotte sulle due superfici. La raccolta manuale in più passaggi in vigna, per portare in cantina solo
uve alla giusta maturazione, ha dato vita
nel 2013 a due vini, il Collepazzo e il
Càlitro. Dopo una pigiatura soffice, la
fermentazione e la macerazione avvengono in vasche di cemento in circa due,
tre settimane, senza controllo della temperatura e con rimontaggi giornalieri.
Successivamente, in base a una valutazione dell’annata, gli affinamenti avvengono
in cemento, in acciaio oppure in legni
grandi e piccoli di rovere e di castagno.
Nasce così il Cesanese.
Altre sperimentazioni, in particolare su vitigni a bacca bianca come semillon, riesling renano, chenin blanc e rosciola,
stanno dando i loro frutti. (L.N.)
COLLEPAZZO 2013 OLEVANO
ROMANO CESANESE DOC
14,5% vol - €15,00
Uve: cesanese di Affile
Bottiglie prodotte: 3.700
www.cantinericcardireale.it
Di colore rosso rubino tendente al
porpora, al naso è intenso e ricco di
frutti rossi con interessanti note
speziate che si fanno sempre più
evidenti nel corso della
degustazione. Troviamo marasca,
prugna, mora e note di sottobosco.
Pepe nero, noce moscata,
cardamomo, bacche di mirto e
sentori di minerali lavici, toni dolci
di cacao e una curiosa nota fumé di
bella persistenza. Al palato è di
discreto spessore e di beva
invitante, a tratti si fa caldo per il
buon tenore alcolico. È di bella
dinamica, bilanciato, con un
tannino presente e levigato che
dona lunghezza ai ritorni fruttati
che si fondono con le percezioni
minerali e speziate trovate lungo il
percorso.
Bene insieme a un bel pollo
S. Bartolomeo con peperoni.
PROFILI DIVINI
Diciassettesalme
Cottanera
I linguaggi di Mongibello
Chi si trova a percorre la Sicilia etnea in
auto tradizionalmente, ovvero utilizzando
mappe cartacee per scoprire il territorio
non può non aver notato che accanto al
toponimo “Etna”, tra parentesi trovate
Mongibello. Senza andare a scomodare le
radici di questo nome che si muovono tra
storia, mitologia, cultura classica e tradizione volgare, il nome è ancora usato dagli anziani per identificare il grande vulcano: è certamente maestoso e bello, ma
per la popolazione agricola delle sue pendici quel bello significa anche buono, tanta è la sua generosità nei confronti delle
colture tradizionali su quelle terre. Non
è una questione di quantità, ma realmente di qualità del prodotto che qui ha carattere e personalità. L’uva è sempre stata favolosa e il vino un po’ meno, salvo eccezioni, ma è un prodotto di trasformazione
e la diffusione della competenza enologica è un fatto recente. Oggi Etna anche
nel mondo del vino è sinonimo di qualità,
carattere e personalità e Guglielmo Cambria ci credette già negli anni Novanta
quando col fratello Enzo estirpò un noccioleto per impiantare vigna (subito vitigni
internazionali e nel tempo gli autoctoni)
nella tenuta Cottanera, toponimo nei pressi di Castiglione di Sicilia, sulla costa nord
del vulcano. Corpo unico di cento ettari,
sessantacinque a vite, è poggiato su quella superficie lavica che tanto dà alle piante, amplificando inoltre i caratteri del sottosuolo. I Cambria insieme a gli altri produttori dell’Etna se ne sono accorti e da
qui la strategia di realizzare etichette dedicate a ciascun appezzamento uniforme
da un punto di vista pedologico: aspetto
non casuale, queste Contrade hanno tutte
un nome tradizionale, legato al territorio da tempo immemore; è proprio dell’uomo quello di dare un nome a ogni zona, ma qui sembra non trattarsi solo di
questioni amministrative ma anche di in-
dicazioni legate all’uniformità di comportamento colturale delle diverse aree. Dal
2011 il nome della Contrada è diventato
una menzione geografica aggiuntiva per la
Doc Etna, in ognuno dei comuni etnei ce
ne sono molte. E il nerello mascalese, l’uva
nera etnea per antonomasia, è un grande
interprete di ogni area. Siamo in Contrada
Diciassette Salme (la salma è un’antica
unità di misura agricola di territorio che
equivale a poco più di 1,7 ettari) a settecentocinquanta metri di altitudine, in
vigne di età media pari a dodici anni,
dotate di cinquemilasettecento piante
per ettaro, potate a cordone speronato.
Dopo la fermentazione a temperatura
controllata, il vino effettua la malolattica in botte di rovere francese, dove matura per otto mesi. (F.D’A.)
DICIASSETTESALME 2014
ETNA ROSSO DOC
13,5% vol - €18,00
Uve: nerello mascalese
Bottiglie prodotte: 6.000
www.cottanera.it
Elegante e avvolgente. Di un bel
rubino carico, è intenso e gentile al
naso nel porgere la sua ampia
gamma di aromi che accoglie con
viola e peonia, con cenni di fiori
bianchi di artemisia, mentre il frutto
va dalla visciola ad arancia rossa e
chinotto, passando per mora, gelso
nero, ciliegia, declinati anche in
confettura, e ancora vaniglia, pepe,
cardamomo, nocciole secche e
leggermente tostate molto definite,
pasticceria soffice al cacao con tratti
minerali scuri che non possono non
ricordare il suolo d’origine. Bocca di
grande bilanciamento ed eleganza,
dinamica, morbida, dall’alcol
perfettamente integrato e i tannini
importanti e fusi nella tessitura
media. Ritorna sui percorsi del naso
allargandosi a cenni di polvere di
caffè.
Eccellente con agnello arrosto e per
chi ama osare, insieme a tonno in
umido alla siciliana.
CUCINA&VINI 65
Buone&nuove
RONCADIN DÀ IL VIA ALLA NUOVA
LINEA PER LE PIZZE SENZA
GLUTINE
È cominciata la
produzione delle
pizze senza glutine
di Roncadin,
realizzate grazie
alla nuova linea
dedicata nello
stabilimento di
Genova. L’azienda
di Meduno (Pn),
diventata negli anni un punto di
riferimento nel settore delle pizze e
degli snack surgelati di alta qualità,
aveva annunciato a ottobre il progetto
per la nuova sede produttiva di
Genova, che ora è operativa. Roncadin
corona quindi un anno di crescita che
ha visto tra l’altro l’inaugurazione di
un’altra nuova linea di produzione, la
quinta, nello stabilimento principale in
Friuli, l’estate scorsa. Roncadin
attualmente produce
trecentonovantamila pizze al giorno e
ha l’obiettivo di arrivare a ottanta
milioni di pezzi prodotti in un anno,
per un totale di novanta milioni di
fatturato. A questi si aggiungeranno i
dieci milioni di pezzi l’anno che
Roncadin prevede di produrre nel
nuovo stabilimento ligure. “Abbiamo
deciso di realizzare una linea gluten
free per soddisfare le esigenze di una
nicchia del mercato, venendo incontro
a chi non può o non vuole consumare
prodotti contenenti glutine”, afferma
l’amministratore delegato Dario
Roncadin.
GUSTO DI BARBECUE CON LA
Il trend salutista non accenna a
66 CUCINA&VINI
promotion
fermarsi e così anche al ristorante sono
sempre di più le persone che preferisco
cotture leggere e sane come
certamente è quella alla griglia.
Rational, che è sempre attenta alle
tendenze alimentari, ha lanciato sul
mercato professionale CombiGrill®, la
griglia antiaderente rivestita in Trilax
brevettata dall’azienda. La nuova griglia
di carico è una graticola in acciaio che
permette di disporre i prodotti fuori dal
forno e inserirli a contatto con la
CombiGrill® in un solo gesto per
ottimizzare la grigliatura, in particolare
di quelle pietanze che richiedono un
tempo breve di cottura, come ad
esempio le bistecche o le verdure.
di Polli, salse per bruschette e sughi
vegan pronti da mangiare, capaci di
portare in cucina tutto il gusto genuino
delle verdure italiane. Polli infatti, oltre
a proporre le nuove “Vaschette per...
fette” per preparare gustose
bruschette classiche al pomodoro, ai
funghi, ai carciofi e alla siciliana con
tutto il sapore delle verdure italiane,
lancia sul mercato i primi sughi tipici in
chiave vegan pensati per la grande
distribuzione: il pesto alla genovese e
il pesto rosso, entrambi resi più leggeri
dal tofu, e l’immancabile ragù alla
bolognese, che viene reinterpretato
grazie a una ricetta basata sui germogli
di soia.
IL TRONCHETTO DI CAPRA MERCI
CHEF, ARRIVA IN ITALIA
FONTANELLA ROSSO, IL NUOVO
UMBRIA IGT DI GORETTI
Il brand francese Soignon, cambia
rotta. Nasce così Merci Chef la nuova
costola dell’azienda francesce che
lancia e distribuisce nella Gdo la
referenza più rappresentativa del
brand: il tronchetto di formaggio di
capra. Morbido e gustoso, il
tronchetto è ideale accompagnato a
una fresca insalata oppure mangiato
insieme a del miele o delle composte
di frutta. È disponibile nei migliori
supermercati al costo di € 3,20.
4 E 4 ORTO! LE NUOVE SALSE PER
BRUSCHETTA DI POLLI
NUOVA GRIGLIA RATIONAL
CUCINA&VINI
I sapori e i profumi dell’orto di casa
arrivano direttamente sulla tavola con
le nuovissime vaschette “4 e 4 Orto”
Novità dell’azienda della campagna
perugina. Alla quarta generazione
familiare coinvolta nella viticoltura,
Goretti presenta la linea di vini
Fontanella, un bianco, un rosato e un
rosso, tutti certificati Umbria Igt.
Restando nel solco della tradizione,
vero caposaldo familiare su cui
l’azienda ha costruito il suo successo,
la nuova linea ha uno stile più
immediato e disinvolto,
dedicato a tutti, ma anche ai
giovani troppo spesso catturati
da un bere non di qualità e
senza anima. Il Rosso, a base di
sangiovese e merlot in pari
quantità, è figlio di vigne di
quattromila piante per ettaro
potate a cordone speronato,
con una resa media di soli
settantacinque quintali per
unità di superficie. La
vinificazione è classica in
acciaio a temperatura
controllata, poi il vino
matura in vetro per cinque
mesi prima della
commercializzazione.
L’assaggio in anteprima è
stato molto interessante,
come invitante è annunciato
il prezzo.
...dalle aziende
Buone&nuove
CUCINA&VINI
promotion
Tenuta Moreno Masseria & Spa,
un’antica masseria del Settecento, è
un complesso architettonico che si
inserisce armoniosamente nella
tipica campagna pugliese, immerso
nei dodici ettari di un vasto uliveto. È
un luogo magico dove profumi e
colori tipicamente mediterranei
fanno da cornice a un comfort
d’eccellenza quale quello offerto da
una realtà alberghiera di prim’ordine.
A pochi chilometri dal mare, a
Mesagne, con le sue ottantasei
camere circondate dalle suggestioni
di giardini fioriti e di un romantico
uliveto, contraddistinte da uno stile
chic ma che non tralascia i dettagli
della tradizione locale - come le
splendide ceramiche di Grottaglie -,
costituisce la location ideale per
trascorrere esclusivi momenti di
relax.
La filosofia che anima l’incanto della
Tenuta è il rispetto per la natura che
si manifesta in tutti i suoi ambiti: il
consumo dell’acqua, la riduzione
68 CUCINA&VINI
TENUTA MORENO MASSERIA & SPA: CHARME ECO-FRIENDLY NELL’ALTO SALENTO
dolce di Carovigno ottimo con il purè
di fave, che potranno essere
assaporati dopo la trasformazione
delle sapienti mani dello chef.
Ulteriore peculiarità di Tenuta
Moreno Masseria & Spa è che vanta
il più ampio campo di fichi della
Puglia: raccoglie ben settanta varietà
di alberi provenienti da tutta la zona
mediterranea, dalla Francia al Nord
Africa. I frutti delle varietà locali
entrano anche nel ciclo produttivo
del presidio Slow Food del fico
mandorlato di S. Michele Salentino: i
fichi, essiccati al sole, vengono
aromatizzati con scorza di limone e
semi di finocchietto selvatico e
arricchiti con mandorle di coltivazioni
locali.
Tenuta Moreno Masseria & Spa
dispone inoltre di una splendida
piscina con annesso ristorante per
piacevoli light lunch a completare
momenti di autentica piacevolezza
davanti a un bicchiere di
Negroamaro, il tipico vino
dell’ospitalità. A bordo piscina, tra
palme e olivi secolari, è possibile
anche fruire di rilassanti trattamenti di
bellezza all’ombra dei bianchi gazebo
o seguire sessioni di yoga, tai chi e
pilates.
Imperdibile infine la Spa realizzata
con materiali naturali e
contraddistinta da ampie vetrate, con
vista panoramica sull’aranceto e sulla
piscina scavata nella roccia: utilizza
l’olio extravergine di oliva
proveniente dalla vicina riserva
marina di Torre Guaceto, lavanda e
rosmarino. Da provare, tra gli altri, il
massaggio con gli “shcantareddi” piccoli sassi arrotondati
opportunamente raffreddati - per
rigenerare il corpo e lo spirito.
Tenuta Moreno Masseria & Spa
Contrada Moreno
72023 Mesagne (Br)
Tel. 0831.774960
Fax 0831.721487
[email protected]
LE FOTO DEL SERVIZIO SONO DI ALESSANDRO CASTIGLIONI
dell’utilizzo di anidride carbonica, la
raccolta differenziata, la limitazione
degli ingombri, tutto all’insegna di
uno stile di vita sostenibile. Green è
anche la cucina capitanata dallo chef
Vincenzo Elia che trasforma i prodotti
a chilometro zero dell’eccellenza del
territorio (come i pesci che sono
forniti dalla Cooperativa dei Pescatori
di Torre Guaceto che è un presidio
Slow Food) in emozionanti
combinazioni e creazioni per
un’esperienza unica di tradizione e
originalità. Le proposte e gli
abbinamenti dei due ristoranti,
Aranceto e Sallentia, variano in
funzione della stagionalità e
dell’offerta dei produttori locali
riservando, di volta in volta, sapori
diversi.
Gli ospiti hanno la possibilità di
raccogliere ortaggi e verdure ottenute
dalle antiche sementi autoctone
dell’orto biodinamico della masseria,
come quelle del pomodoro
fiaschetto e regina o il peperoncino
CUCINA&VINI 69
Buone&nuove
Le Terme della Versilia, inaugurate nel
1998, rappresentano uno dei pochi
esempi di termalismo sul mare in Italia.
Immerse nel meraviglioso scenario
della Versilia, offrono una vasta
selezione di trattamenti termali,
benessere ed estetici. Le terme,
collegate all’Hotel Villa Undulna, sono
inserite in un giardino di oltre
trentamila metri quadrati e si trovano a
soli tre chilometri da Forte dei Marmi,
cuore della Versilia. A pochi metri si
può inoltre godere di un’attrezzatissima
spiaggia.
Le Terme della Versilia utilizzano le virtù
terapeutiche dell’acqua
salsobromoiodica e della torba,
preziosi elementi prodotti dalla
generosità della natura del territorio
circostante.
L’acqua salsobromoiodica ricchissima
di sali minerali, in particolare di iodio
(con una concentrazione dieci volte
70 CUCINA&VINI
superiore a quella dell’acqua di mare),
sodio, bromo, ferro, manganese, nichel
e zinco, viene impiegata nelle vasche
idromassaggio e nel percorso vascolare
Kneipp per le sue proprietà
miorilassanti, antinfiammatorie,
drenanti e stimolanti sulla circolazione
periferica.
La torba termale estratta dal bacino del
lago di Massaciuccoli è una sostanza
organica, risultato della trasformazione
millenaria di particolari specie vegetali.
Idratante, antisettica e
dermo-purificante la torba è
ricchissima di sostanze quali enzimi e
vitamine dalle incredibili virtù
mineralizzanti, restitutive e lenitive; è
benefica per la pelle e coadiuvante
nella cura di molti problemi
infiammatori e reumatici. Viene
applicata a temperatura corporea
mediante stesura sul corpo o sul viso
tramite spalmatura, illumina
CUCINA&VINI
promotion
l’epidermide esercitando l’azione di
un peeling naturale e apportando
preziosi sali minerali. Studi universitari
recenti hanno dimostrato anche la sua
utilità nel prevenire l’osteoporosi e nel
combattere la cellulite. Questa torba
preziosissima è disponibile
esclusivamente alle Terme della
Versilia.
Tutti i percorsi termali sono seguiti da
una qualificata équipe medica
composta da specialisti in idrologia
medica, dermatologia, endocrinologia
e osteopatia. Inoltre, una linea
cosmetica personalizzata consente di
proporre esclusivi trattamenti atti a
infondere profondo benessere.
Terme della Versilia arricchisce la
propria offerta e riapre totalmente
rinnovata: come fil rouge il rispetto
dell’ambiente e la sostenibilità. A
partire dai materiali utilizzati - solo
naturali come pietra, marmo bianco di
UN’OASI DI BENESSERE NEL CUORE DELLA VERSILIA
Carrara e legno - per proseguire con la
“tecnologia pulita” come il sistema di
adduzione dell’acqua termale,
sanificato senza solventi chimici ma
solo con vapore ad altissima pressione
e temperatura. Una nuova sauna, un
bagno turco con cromoterapia e
aromaterapia caratterizzano la nuova
Area benessere Undulna, la doccia
emozionale e quella a cascata
completano il percorso, per poi potersi
rilassare nell’ampliata area relax su
lettini riscaldati ad acqua.
Per arricchire le possibili modalità di
applicazione della torba, la sezione
termale è stata rinnovata con la
creazione della cabina per il bagno
torboso, ossia un bagno in acqua
termale salsobromoiodica della durata
di quindici-venti minuti, in una vasca
nella quale precedentemente sono
stati aggiunti circa due chilogrammi di
torba. Al bagno terapeutico segue la
cosiddetta fase di reazione con riposo
sul lettino della durata di venti minuti,
fase in cui il paziente viene avvolto in
una morbida coperta.
L’offerta termale si declina in tre
forme: beauty, benessere e termale,
su una base di servizi che possono
essere personalizzati dai clienti
secondo le proprie esigenze.
Terme della Versilia comprende anche
l’omonimo ristorante, dove la fantasia
e la maestria dello chef, Giuseppe
Fulco, deliziano tutti gli amanti del
bien vivre e del mangiar sano con una
varietà di piatti tipici regionali e
delicatezze italiane nonché
internazionali che privilegiano i
prodotti del territorio diviso tra mare e
monti.
Terme della Versilia rappresentano, in
sintesi, un’oasi dove convivono in
perfetto equilibrio eleganza, qualità e
contenuti.
Terme della Versilia
Viale Marina, 191
54030 Cinquale (Ms)
Tel. 0585.807788
Fax 0585.807791
CUCINA&VINI 71
Rocco De Santis,
LE FOTO DEL SERVIZIO SONO DI LUCIANO FURIA
il vento nuovo
dell’Agro
Pontino
72 CUCINA&VINI
S
iamo a Latina, cuore pulsante dell’Agro Pontino a sud del Lazio. La
città, che negli anni ha addolcito la sua
architettura “ammorbidendo” le linee di
futurista memoria, si abbandona alle acque marine da un lato e alla catena dei
monti Lepini dall’altro offrendo alla vista
un panorama unico nel suo genere. Suggestiva ed emozionante è la fusione del
rumore del mare con quello delle foglie e
che bello sarebbe unire a questo appagamento dell’anima e della vista anche
quello del palato concedendosi una grande esperienza gastronomica. Ma togliamo il condizionale e usiamo il presente,
perché da un anno a questa parte Latina
è entrata di diritto nell’elenco delle mete gourmet italiane grazie al ristorante
Vistamare dell’hotel Il Fogliano.
Lo chef
A capo della cucina del ristorante Vistamare c’è Rocco De Santis, uno chef tanto
brillante quanto umile. Nel corso di tutta
l’intervista, raccontando l’impegno al Vistamare non ha mai coniugato i verbi alla prima persona singolare, sottolineando
più e più volte che tutti i traguardi raggiunti in questo anno sono il frutto di
un lavoro di squadra, una grande squadra.
Ma noi con piacere accendiamo i riflettori su questo chef che ha molto da dire
attraverso i suoi piatti e non solo. Rocco
De Santis è un fiume in piena, si racconta con entusiasmo partendo ovviamente
dalle sue origini, dalle radici che affondano in terra campana, salernitana esattamente. “Sono nato in un paesino di duemila anime, Penta di Fisciano a due passi
da Salerno. A casa mia la cucina, il rito
della preparazione del pasto è sempre
stato sacro - racconta lo chef -, mia madre
era ed è una donna di casa, nei miei ricordi d’infanzia ci sono i profumi del ragù in
preparazione già dalle prime ore della domenica mattina, i pomeriggi invernali
trascorsi a casa a impastare pizza o pane
perché fuori era troppo freddo e al parco
non si poteva andare”. Considerate le premesse, la scelta di frequentare l’alber-
CONVERSANDO CON LO CHEF
ghiero è stata automatica, quasi naturale. Ha studiato sodo e lavorato con costanza Rocco e così, per tutta la durata
della scuola alberghiera, si sbrigava a sostenere prove e interrogazioni entro maggio così da poter partire immediatamente per la stagione estiva. Si è fatto le ossa nelle grandi cucine d’albergo quelle in
cui i coperti da servire non sono mai meno di mille e la palestra è di quelle intensive, dove si fatica e si suda parecchio. Nel
1999 arriva l’esperienza importante quella che per Rocco rappresenta il passaggio
da una cucina di quantità a una di qualità, in cui sono i dettagli a fare la differenza. Dunque, appena ventenne, arriva nella cucina di Gennaro Esposito a La Torre
del Saracino in quel di Vico Equense e si
avvicina alla cucina gourmet appassionandosene. Da questo momento in poi
la scelta dei luoghi in cui continuare la
sua formazione si è sempre concentrata su
posti in cui la grande cucina abbracciava
l’hotellerie di lusso. Approda nella cucina
dell’Eden di Roma ai tempi di Enrico Derflingher, segue poi una immancabile tappa francese che nel caso di Rocco De Santis sarà da George Blanc nel suo Village
Blanc. Rientra in Italia, a Palazzo Sasso da
Pino Lavarra a Ravello, per poi ritornare
da Gennaro come secondo. Ma voleva a
tutti i costi mettersi in gioco in prima
persona e così, quasi per caso, due anni fa
arriva la telefonata di un suo amico che
gli parla di questo posto di Latina che
ha bisogno di una sferzata di energia in
cucina. Rocco s’incuriosisce e senza pensarci due volte si mette in macchina verso Il Fogliano scoprendo un posto di rara
eleganza, una perla del litorale laziale.
Parla con i coniugi Gargiulo - la proprietà
- che hanno le idee chiarissime: vogliono
affidare il ristorante a uno chef preparato,
che sappia rinnovare la proposta gastronomica non banalizzandola. Quindi niente spaghetti con le vongole, niente frittura ma creatività, novità, sperimentazione.
Rocco accetta e a marzo del 2015 intraprende con entusiasmo questa nuova
esperienza.
DI VALENTINA VENTURATO
Estro e rigore i punti
cardini della proposta
gastronomica del
Vistamare
Chef: Rocco De Santis
Vistamare
Piazzale G. Loffredo - Strada Lungomare
Latina - Sabaudia - 04100 Latina
Tel. 0773.273418
www.ilfoglianohotel.it
[email protected]
Martedì chiuso tutto il giorno
CUCINA&VINI 73
CONVERSANDO CON LO CHEF
Carmine Robibaro, restaurant manager
Lo chef con la sua squadra
74 CUCINA&VINI
Il ristorante Vistamare, la sala
e la filosofia gastronomica
Non esiste nome migliore per questo ristorante la cui sala è completamente
avvolta dal colore del mare e dalla luce
del sole, grazie alle ampie e continue
vetrate che la circondano. L’arredamento è lineare di una eleganza essenziale
che non presta il fianco a inutili orpelli.
L’accoglienza così come la carta dei vini
e la direzione del servizio in sala sono
nelle mani sapienti di Carmine Robibaro, sommelier professionista nonché
memoria storica del ristorante e della
struttura tutta dove presta servizio dal
2011, anno dell’apertura dopo una lunga
e corposa ristrutturazione.
Carmine - supportato dalla validissima
Erica - rappresenta la concreta sintesi
di ciò che dovrebbe essere il servizio in
sala. Attento ma non invadente, professionale ma mai supponente, disponibile
e discreto.
La carta dei vini, aggiornata costantemente, guarda con attenzione alle proposte locali e nazionali appartenenti a
piccole realtà di pregio.
La cucina di Rocco De Santis esprime
nitidamente in ogni sua creazione le
tappe più significative del suo percorso
formativo che è riuscito a interiorizzare creando un personalissimo stile culinario.
La competenza nella lavorazione della
materia prima, si presenta immediatamente con l’arrivo del cestino del pane:
focaccia, grissini, sfoglie croccanti, casareccio. Tutte lavorazioni differenti perfettamente eseguite. Il percorso gastronomico che propone lo chef si compone
di molti piatti nuovi - li vedrete poi in
“Mani in Pasta” - intervallati da alcuni
suoi “classici” primo tra tutti la triglia.
Un piatto caratterizzato da un forte rigore estetico (proveniente forse dai trascorsi francesi) che certamente non sbiadisce l’esperienza gustativa, offrendo
una preparazione equilibrata in cui si
accavallano diverse consistenze e differenti sapori. Ben fatta anche la seppia
all’arrabbiata, un piatto che si presenta
morbido al palato grazie alla julienne
finissima in cui viene tagliato il mollusco
accompagnato da una salsa all’arrabbiata, concentrata e decisa. Se è vero che
per uno chef campano doc la lavorazione
della pasta non deve avere segreti, Rocco De Santis non delude le aspettative
proponendo delle fettuccelle condite
con un pesto al basilico che le avvolge
CONVERSANDO CON LO CHEF
completamente. Le briciole di biscotto di
arachidi e le vongole completano il piatto giocando intelligentemente con le
diverse consistenze. Senza dubbio la
mano sicura di Rocco De Santis vede la
massima espressione nei secondi piatti
sia di pesce che di carne. Lo sgombro
9.846 km (dove il numero sta a indicare
la distanza tra Roma e Tokyo. Un omaggio al Giappone ma anche alla bravura
dei due chef nipponici che fanno parte
della brigata) a prima vista sembra un
piatto fin troppo essenziale. Ma basterà
gustare anche un solo boccone per percepire che la morbidezza e la succosità
del pesce è dovuta a una cottura mirata
e capillare, che in questo caso avviene su
una piastra di sale capace di mantenere
intatti sapore e consistenza. Ancora conferme, semmai ce ne fosse il bisogno,
arrivano con l’agnello con salsa di fichi
secchi. Due lombi morbidissimi, un pezzo di coscia rigorosamente con la pelle a
fare una crosticina succulenta, da mangiare entrambi con la salsa di fichi. Golosi e generosi - forse anche troppo arrivano i dessert a chiudere il sipario su
questo percorso gastronomico che non
delude in nessuna delle sue tappe.
piacevoli ore all’insegna del relax o, perché no, gustare una ottima colazione in
camera preparata ovviamente dalla brigata di cucina del ristorante, utilizzando
tutti prodotti locali, dai latticini, ai salumi, alla frutta. A rendere ancora più
completa l’offerta di questo esclusivo
hotel ci pensa la terrazza posta al terzo
piano dell’edificio, in cui primeggia una
Jacuzzi a disposizione degli ospiti che al
mare preferiscono la tranquillità di un
bagno rilassante.
In questa pagina, due immagini della
sala con la suggestiva vista
L’hotel Il Fogliano
Dicevamo prima “perla rara”, parlando
dell’hotel Il Fogliano. Certamente è una
struttura molto diversa da quelle che
riempiono questo lembo di costa laziale.
Non si può non notare l’eleganza di questo edificio, grande, forse imponente,
ma che grazie alle rifiniture esterne, fatte di legno e vetro, diventa un tutt’uno
con l’ambiente circostante. L’hotel, di
proprietà della famiglia Gargiulo, ha
aperto i battenti nel 2011 dopo una consistente ristrutturazione che lo ha trasformato completamente, affidando agli
ospiti una dimora intima, elegante e di
grande charme. Le diciannove camere
sono dotate tutte dei migliori confort,
primo tra tutti la vista mare. Ogni stanza dispone di un comodo terrazzo proprio
di fronte al mare, dove poter trascorre
CUCINA&VINI 75
MANI IN PASTA
A CURA DI VALENTINA VENTURATO
Ingredienti per 4 persone
4 seppie medie
Maggiorana
Olio extravergine di oliva
Sale, pepe
Per le meringhe al peperoncino
g 200 di zucchero a velo
g 100 di albumi di uova
Peperoncino in polvere
Per la salsa all’arrabbiata
Un chilogrammo di pomodori San
Marzano
Olio al peperoncino
Per la mousse di pecorino
g 300 di pecorino
g 200 di panna
g 200 di latte
Per la polvere di brace
4 cipolle
4 carote
g 100 di pinoli tostati
g 30 di bucce di agrumi essiccate
Timo
Per la guarnizione
2 peperoncini freschi
4 fiori eduli
Germogli di insalata
Olio al prezzemolo
il vino
Trento Siris
prod.: Gaierhof
regione: Trentino
prezzo: € 15,80
76 CUCINA&VINI
Montare gli albumi, lo zucchero a velo e
il peperoncino in polvere; disporre il
composto in un sac à poche e distribuirne delle piccole gocce su un foglio
di silpat. Cuocere le meringhe in forno a
80 °C per tre ore.
Tagliare le seppie già pulite a julienne
finissima, condire con olio extravergine
di oliva, sale, pepe e maggiorana. Tenere da parte.
Per la salsa all’arrabbiata sbucciare i
pomodori, tritarli grossolanamente e
metterli in una padella con abbondante
olio al peperoncino. Cuocere a fuoco
medio finché i pomodori non saranno
ben asciutti. Tritare tutto con un mixer a immersione, trasferire la crema di
pomodoro su un foglio di silpat quindi
lasciar disidratare in forno a 90 °C per
novanta minuti.
Per la mousse di pecorino unire panna e
latte e farli ridurre della metà su fuoco
medio. Quando il composto raggiungerà
70 °C unire il pecorino grattugiato e
amalgamare lentamente sul fuoco fino a
ottenere una crema liscia e omogenea.
Mettere da parte.
Cuocere su una brace ardente le cipolle
e le carote sbucciate; lasciarle asciugare bene poi trasferirle nel bicchiere di
un frullatore. Aggiungere i pinoli tostati, per intensificare l’aroma di tostatura,
del timo e le bucce di agrumi essiccate;
frullare il tutto ottenendo una polvere
sottile.
Posizionare al centro di ogni piatto un
coppapasta tondo di medie dimensioni,
mettere al suo interno la julienne di
seppia premendo leggermente poi sfilarlo. Adagiare sulle seppie due quenelle di
salsa all’arrabbiata, qualche meringa al
peperoncino e gocce di mousse di pecorino. Completare con una striscia di polvere di brace, con gocce di olio al prezzemolo, mezzo peperoncino fresco, germogli di insalata e fiori eduli.
LE FOTO DEL SERVIZIO SONO DI LUCIANO FURIA
Seppia
all’arrabbiata
(brace/non brace)
CUCINA&VINI 77
MANI IN PASTA
Triglia in crosta di
pane, salsa
all’aglio di Nubia
e pesto di uvetta
e pinoli
Ingredienti per 4 persone
8 triglie
Limone
Finocchietto
Olio extravergine di oliva
Sale, pepe
Per la composta di Cipolla Rossa
di Tropea
Un chilogrammo di cipolle
g 100 di zucchero
g 100 di glucosio
g 50 di aceto di Sherry
Per il pane allo zafferano
g 600 di farina
g 250 di acqua
g 15 di pistilli di zafferano
g 15 di lievito di birra
g 10 di sale
g 10 di zucchero semolato
Olio extravergine di oliva
Per il pesto di menta
g 200 di foglie di menta
g 60 di olio extravergine di oliva
g 40 di mandorle tritate
g 40 di olio di semi
g 20 di basilico
Uno spicchio di aglio sbianchito
Per il pesto di uvetta e pinoli
g 150 di uvetta
g 140 di olio extravergine di oliva
g 50 di pinoli
g 50 di aceto di uva
g 50 di pane raffermo
g 30 di capperi finissimi dissalati
Un’acciuga dissalata
Menta
78 CUCINA&VINI
Per la salsa all’aglio rosso di Nubia
g 100 di spicchi di aglio sbucciati
e privati dell’anima
ml 50 di panna
ml 50 di latte
Per la guarnizione
4 ciuffi di menta
4 fiori di aglio
4 steli di erba cipollina
Sbucciare le cipolle, lavarle e tagliarle a
fette sottili con l’aiuto di una mandolina,
far bollire venti millilitri di acqua e l’aceto poi sbianchirvi le cipolle per pochi
minuti. Versare gli altri ingredienti in
una ciotola, unire le cipolle scolate, coprire con della pellicola e lasciare macerare per sei ore. Conclusa la macerazione, trasferire tutto in un tegame e far
bollire a fuoco basso finché non avranno
assunto la consistenza tipica della composta.
Per il pane allo zafferano versare la farina nel cestello di un’impastatrice, aggiungere il lievito sciolto in poca acqua
calda e lo zucchero. Iniziare a impastare
a velocità moderata quindi unire lo zafferano, diluito in un cucchiaio di acqua, e
il resto degli ingredienti; lavorare fino
a ottenere una massa morbida. Trasferire
l’impasto su un tavolo da lavoro in legno
spolverizzato con un poco di farina e lavorarlo a mano giusto il tempo di renderlo ancora più omogeneo, poi metterlo in
uno stampo da plum-cake unto con dell’olio extravergine di oliva. Lasciar lievitare per circa due ore poi cuocere in forno a 180 °C per quarantacinque minuti.
Una volta cotto, sformarlo, lasciarlo raffreddare quindi con un’affettatrice tagliarlo in fette spesse poco meno di tre
millimetri.
Sbianchire le foglie di menta e di basilico, raffreddarle in acqua e ghiaccio, strizzarle bene e amalgamarle al resto degli
ingredienti. Frullare tutto con un mixer a
immersione e riporre in freezer per circa
due ore. Mantecare energicamente rompendo i cristalli di ghiaccio fino a ottenere un pesto cremoso.
Lasciare ammorbidire l’uvetta in acqua
tiepida per circa venti minuti e mettere in
ammollo nell’aceto il pane raffermo; nel
frattempo tostare i pinoli in una padella
antiaderente. Quando l’uvetta sarà ben
idratata, strizzarla e versarla nel bicchiere di un mixer a immersione con il resto
degli ingredienti, frullare per pochi minuti ottenendo un composto omogeneo.
Far sbianchire per tre volte l’aglio partendo sempre da acqua fredda; versare la
panna e il latte in un pentolino, unire
l’aglio sbianchito e lasciare cuocere a
fuoco basso in infusione per circa venti
minuti. Frullare e tenere da parte.
Sfilettare le triglie eliminando la lisca
centrale ma avendo cura di lasciare le
due metà unite alla coda. Condire con
sale, pepe, la buccia del limone grattugiata e il finocchietto tritato. Spennellare la
pelle con un filo di olio extravergine di
oliva quindi adagiare un lato su una fetta di pane allo zafferano e, con la punta
di un coltello, ritagliare il pane seguendo la lunghezza del pesce arrivando all’attaccatura della coda. Procedere nella
stessa maniera per l’altro lato. Versare
un filo di olio extravergine di oliva sul
fondo di una padella, farlo scaldare e rosolare le triglie da entrambi i lati facendo dorare leggermente il pane in modo
che aderisca perfettamente alla pelle e risulti croccante.
Stendere con una spatola il pesto di menta sul fondo di ogni piatto, sopra disporre un cucchiaio di quello di uvetta e pinoli e su questo adagiarvi una triglia. Rifinire con alcune gocce di salsa all’aglio,
un poco di composta di cipolla rossa,
ciuffi di menta, erba cipollina e fiori di
aglio.
il vino
Alarosa Rosé Brut
prod.: Vigne del Patrimonio
regione: Lazio
prezzo: € 19,50
CUCINA&VINI 79
MANI IN PASTA
Polpo (c)³
croccante, caprino
e carota
Ingredienti per 4 persone
Un polpo da kg 1,5
Aneto
Uno spicchio di aglio
Olio extravergine di oliva
Sale
Per il purè di carote
kg 1,5 di carote
Uno scalogno
Uno spicchio di aglio
Aceto di mele
Salsa di soia
Olio extravergine di oliva
Sale, pepe
Per il caramello al rosmarino salato
g 200 di acqua
g 100 di aceto di vino bianco
g 100 di zucchero
Rosmarino
Sale
Per il soffice di caprino
g 100 di formaggio caprino
g 100 di robiola di capra langarola
Un limone
Sale, pepe
Per la guarnizione
Puntarelle
Buccia di limone
Colatura di alici
Aghi di rosmarino
Fiori eduli
Germogli
Olio extravergine di oliva
80 CUCINA&VINI
Pulire il polpo privandolo della testa e
facendo attenzione a eliminare tutta la
sabbia dai tentacoli, abbatterlo di temperatura portandolo a -18 °C per cinque-sei ore cosicché i microcristalli che
si formeranno all’interno della carne la
sfibrino. Questa tecnica renderà tenerissimo il polpo in cottura. Tagliare i
tentacoli scegliendone quattro grandi,
condirli con olio extravergine di oliva,
sale, lo spicchio di aglio schiacciato e
aneto. Riservare il resto del polpo per
un’altra preparazione. Inserire i tentacoli in una busta per il sottovuoto, aspirare l’aria con l’apposito attrezzo, sigillare
e cuocere a 72 °C per sei ore.
Per il purè lavare e sbucciare le carote,
tagliarle metà a dadini e il resto passarlo in una centrifuga ricavando il succo. Fare appassire in un poco di olio lo
scalogno tritato insieme allo spicchio
di aglio, poi unire le carote a dadini aggiustare di sale e pepe quindi bagnare
con il succo di carote. Coprire e cuocere
lentamente a fuoco basso finché le carote non saranno morbide e, a quel punto,
frullare tutto ottenendo una crema liquida. Stenderla su un foglio di silpat e
lasciare la crema a essiccare in forno a 90
°C per circa un’ora. Trascorso il tempo
trasferire la crema essiccata in un bicchiere da mixer a immersione e frullare
fino a ottenere una polvere sottile poi
montarla aggiungendo a filo dell’olio
extravergine, un goccio di aceto di mele
e uno di salsa di soia. Trasferire in un sac
à poche con becco medio la crema vellutata così ricavata e tenerla da parte.
Far caramellare in un pentolino lo zucchero, bagnarlo con l’acqua e l’aceto,
aggiungere un pizzico di sale e una decina di aghi di rosmarino. Continuare la
cottura a fuoco medio ottenendo un caramello liquido.
Per il soffice di caprino, setacciare il
formaggio e lavorarlo con una frusta per
renderlo spumoso. Aggiustare di sale e
pepe, aggiungere qualche goccia di succo di limone e la buccia grattugiata del
limone. Amalgamare bene e trasferire la
crema in un sac à poche con becco medio.
Togliere i tentacoli dal sacchetto del
sottovuoto e rosolarli in una padella
di ghisa rovente in modo da renderli
croccanti da tutti i lati. Togliere dal
fuoco e bagnare con il caramello al rosma-
rino caramellandoli in modo omogeneo.
Colorare i piatti con la crema di carote e
quella di caprino alternandole in strisce parallele, sistemare in ognuno un
tentacolo di polpo e accompagnare con
una julienne di puntarelle romane, condite con olio extravergine di oliva e colatura di alici. Rifinire con aghi di rosmarino, buccia di limone grattugiata, fiori
eduli e germogli.
il vino
Verdicchio dei Castelli di Jesi
Classico Superiore
Casal di Serra
prod.: Umani Ronchi
regione: Marche
prezzo: € 10,50
CUCINA&VINI 81
MANI IN PASTA
Bottoni capresi
con cavolo
cimoso,
calamaretti alla
provola,
emulsione di
piselli
Ingredienti per 4 persone
g 450 di farina
g 250 di acqua
g 250 di latte
3 tuorli di uova
g 50 di parmigiano
g 25 di burro
Sale
Per la farcia di cavolo cimoso
Un cavolo cimoso (broccolo
romanesco)
Un broccolo barese
ml 200 di brodo vegetale
Peperoncino
Uno spicchio di aglio
Olio extravergine di oliva
Sale
Per l’emulsione
g 500 di piselli freschi
ml 200 di brodo vegetale
Un cipollotto
Mentuccia
Olio extravergine di oliva
Sale
Per i calameretti
8 calamaretti spillo puliti
g 200 di latte
g 100 di provola affumicata
g 25 di farina
g 25 di burro
La buccia grattugiata di un limone
Sale, pepe
82 CUCINA&VINI
Per la guarnizione
g 100 di lumachine di mare
g 100 di vongole
Germogli di piselli
Mentuccia
Fiori eduli
Olio extravergine di oliva
Versare in una pentola capiente acqua,
latte, burro, quindici grammi di sale e portare a ebollizione. Abbassare il fuoco e
unire a pioggia la farina poco per volta
mescolando energicamente. Quando l’impasto si staccherà dalla pentola sarà pronto quindi spengere il fuoco e lasciarlo raffreddare. In seguito, trasferirlo in una planetaria, incorporare i tuorli e il parmigiano grattugiato e, azionando il macchinario
a velocità media, impastare fino a ottenere un composto liscio e omogeneo. A questo punto avvolgerlo con della pellicola
e lasciare riposare trenta minuti.
Per la farcia lavare e mondare le due varietà di broccoli, tagliarli a pezzi e sbollentarli in acqua salata. Scolare e rosolare in
padella con olio extravergine di oliva, peperoncino e aglio. Aggiustare di sale, bagnare con il brodo vegetale e cuocere a
fuoco medio finché i broccoli non saranno
morbidi ma non stracotti. Frullare tutto
con un mixer a immersione e trasferire la
crema ottenuta in un sac à poche. Riporre
in frigorifero.
Liberare i piselli dal baccello, tenerne da
parte ottanta grammi circa che serviranno
per la decorazione e sbollentare il resto per
cinque minuti in acqua bollente. Scolare e
privarli della buccia. Tritare finemente il cipollotto e farlo appassire in una padella
con un filo di olio extravergine di oliva
fino a caramellarlo. Unire i piselli, bagnare con il brodo vegetale e cuocere un paio
di minuti a fuoco medio. Togliere dal fuoco, frullare tutto con un mixer a immersione e stendere la crema ottenuta su un foglio di silpat. Lasciare asciugare in forno a
90 °C per trenta minuti. Trascorso il tempo trasferire la crema di piselli in una ciotola e montare con olio extravergine di
oliva a filo, ottenendo un’emulsione cremosa e non troppo liquida.
Realizzare un roux amalgamando su fuoco
medio la farina e il burro; stemperare con
il latte e lavorare energicamente con una
paletta di legno. Aggiungere la provola
tagliata a cubetti e mescolare continua-
mente finché il formaggio non si sarà completamente sciolto. Profumare con la buccia di limone e aggiustare di sale e pepe.
Disporre i calamaretti spillo sul fondo di un
tegame di coccio irrorato con un filo di
olio extravergine di oliva e cuocerli coperti a fuoco dolce per circa otto minuti.
In una padella aprire al naturale le vongole e le lumachine di mare, quando saranno
tutte aperte, recuperare il liquido di cottura, sgusciarle e mettere tutto da parte.
Stendere la pasta in due sfoglie spesse
circa due millimetri, su una distribuire dodici mucchietti di farcia poi sovrapporre
l’altra e, con l’aiuto di un coppapasta circolare di piccole dimensioni, ottenere i
bottoni. Cuocerli in abbondante acqua salata, scolarli e saltarli in padella con un
mestolo di acqua di cottura delle vongole
e delle lumachine.
Aiutandosi con una spatola dentellata colorare il fondo di ogni piatto con l’emulsione di piselli. Adagiare i bottoni, decorare
con i piselli freschi precedentemente messi da parte, conditi con olio extravergine di
oliva e mentuccia. Aggiungere le lumachine di mare, le vongole e due calamaretti spillo farciti con la mousse di provola.
Completare con fiori eduli e germogli di piselli.
il vino
Collio Bianco
Selezione 50° Anniversario
prod.: Livon
regione: Friuli Venezia Giulia
prezzo: € 55,00
CUCINA&VINI 83
MANI IN PASTA
Fettuccia al pesto
di basilico,
vongole,
carpaccio di
gamberi rossi e
briciole di arachidi
Ingredienti per 4 persone
4 gamberi rossi medi
g 320 di fettucce
g 300 di vongole
Uno spicchio di aglio
Peperoncino
Olio extravergine di oliva
Sale
Per il pesto
Un chilogrammo di basilico
g 100 di pinoli tostati
g 100 di parmigiano
g 50 di pecorino romano
ml 20 di latte
Uno spicchio di aglio sbianchito
Olio extravergine di oliva
Sale, pepe
Per il biscotto
g 500 di farina 00
g 275 di burro
g 175 di farina di arachidi salati
g 110 di uova
g 75 di zucchero a velo
Per la guarnizione
Fiori eduli
Germogli di insalata
il vino
Trebbiano d’Abruzzo
Altare
prod.: Marramiero
regione: Abruzzo
prezzo: € 15,00
84 CUCINA&VINI
Sbollentare le foglie di basilico in acqua
salata per sei minuti, raffreddarle con
acqua e ghiaccio quindi scolare, strizzarle e asciugarle bene. Unire tutti gli
ingredienti e frullare con un mixer a immersione aggiungendo l’olio extravergine
a filo in modo da emulsionare bene e ottenere un composto cremoso.
Pulire i gamberi eliminando il carapace, la
testa e l’intestino, tagliarli in due e disporli tra due fogli di carta acetata. Con
un batticarne esercitare una lieve pressione ottenendo uno strato spesso circa un
millimetro e mezzo. Abbattere di temperatura raggiungendo -18 °C .
Mescolare in una planetaria il burro a
pomata con lo zucchero a velo e le uova,
unire le farine e lavorare a media velocità fino a che il composto risulterà omogeneo. Lasciar riposare per trenta minuti poi stendere e cuocere in forno a 170
°C per dieci minuti.
Far aprire le vongole in una padella con
olio extravergine di oliva, aglio e peperoncino. Nel frattempo cuocere la pasta
in abbondante acqua salata. Togliere le
vongole, lasciando l’acqua di cottura nella padella; scolare la pasta al dente e
completare la cottura nella padella. Togliere dal fuoco, aggiungere il pesto di
basilico e amalgamare.
Su ogni piatto sistemare un nido di fettucce, adagiarvi sopra le vongole sgusciate e spolverare con il biscotto di arachidi sbriciolato. Completare disponendo
a lato una striscia di carpaccio di gamberi, altre vongole e guarnire con fiori eduli e germogli di insalata.
CUCINA&VINI 85
MANI IN PASTA
Palamita cotta e
cruda, asparagi,
salsa tonnata,
panna all’agro e
confettura di
albicocche
Ingredienti per 4 persone
Una palamita media
Olio extravergine di oliva
Fior di sale
Per la confettura
g 200 di albicocche secche
g 100 di aceto
g 100 di acqua
Una cipolla rossa
g 70 di zucchero
Per la panna all’agro
g 100 di panna
Un limone non trattato
g 40 di yogurt magro
Per la salsa
g 300 di maionese
g 130 di tonno sott’olio
Una cipolla rossa piccola
g 25 di aceto
g 20 di capperi
Uno spicchio di aglio
Un chicco di caffè tostato
Olio extravergine di oliva
Sale
Per la guarnizione
4 asparagi cotti al vapore
2 asparagi crudi
Germogli di insalata
fiori eduli
Versare in una ciotola di medie dimensioni l’aceto, l’acqua, lo zucchero, la cipolla rossa tagliata grossolanamente e in
ultimo le albicocche disponendo queste
ultime in modo tale che siano completamente ricoperte dal liquido. Lasciare macerare per tre ore poi trasferire tutto,
senza scolare, all’interno di una pentola
capiente con i bordi alti e cuocere a fuoco medio per novanta minuti e comunque
finché le albicocche non saranno completamente morbide e tutto avrà assunto la
consistenza tipica della confettura.
Spellare ed eviscerare con cura la palamita, sfilettarla ottenendo due filetti e da
questi ricavare dodici cubi. Tenere da
parte.
Per la panna all’agro, lavare accuratamente il limone e grattugiarne la buccia sulla metà della superficie e metterla
da parte. Spremerlo e mettere da parte il
succo. Versare la panna in una ciotola,
aggiungere la buccia grattugiata del limone, il succo e lo yogurt magro. Montare utilizzando delle fruste elettriche e
conservare in frigorifero.
Tritare finemente la cipolla e rosolarla
in una padella con un filo di olio extravergine di oliva e i capperi interi; aggiungere il tonno sgocciolato, l’aceto,
aggiustare di sale e continuare a cuocere per dieci minuti. Togliere dal fuoco, lasciar raffreddare quindi aggiungere la
maionese, lo spicchio di aglio sbianchito
tre volte, e il chicco di caffe. Frullare
tutto con un mixer a immersione sino a
ottenere una salsa liscia.
Cuocere otto cubi di palamita secondo la
tecnica di cottura giapponese tataki, vale a dire cuocendo il pesce su una piastra
rovente per circa dieci secondi per lato: i
cubi di palamita dovranno essere leggermente arrostiti all’esterno e totalmente rosa all’interno.
In ciascun piatto adagiare su un letto
di panna all’agro due cubi di palamita
cotti e uno crudo, condire i primi con
dei ciuffi di salsa tonnata e quelli crudi
con un filo di olio extravergine di oliva e
granelli di fior di sale. Completare con la
confettura di albicocche, punte di asparagi cotti al vapore e lamelle di asparagi
crudi, fiori eduli e germogli di insalata.
il vino
Gavi dei Gavi D’Antan
prod.: La Scolca
regione: Piemonte
prezzo: € 55,00
86 CUCINA&VINI
CUCINA&VINI 87
MANI IN PASTA
Sgombro
9.846 km
Ingredienti per 4 persone
Un chilogrammo di sale grosso
2 sgombri medi
g 100 di provola di Agerola
Zucchero di canna
Per la salsa ai friarielli
g 800 di friarielli
Uno spicchio di aglio
Peperoncino
Olio extravergine di oliva
Sale
Per la maionese di miso
g 100 di maionese
g 80 di miso
ml 50 di vino bianco
g 20 di senape di Dijon
Per l’alga kombu candita
Un litro di dashi
g 50 di alga kombu
Per la guarnizione
2 funghi champignon
Fiori eduli
Foglie di friarielli fresche
Fior di sale
il vino
Colli di Conegliano Rizzardo
prod.: Masottina
regione: Veneto
prezzo: € 23,00
88 CUCINA&VINI
Eviscerare i pesci, eliminare la testa, la
coda, le squame e lavarli sotto acqua
corrente; tagliarli a metà ottenendo
quattro filetti. Distribuire su una piastra rovente il sale grosso formando una
base rettangolare alta circa tre centimetri, lasciarla scaldare bene poi sovrapporvi una griglia sottile a maglia fine. Quando si sarà scaldata anch’essa
posizionarvi sopra i filetti di sgombro, irrorare con dell’acqua per generare il vapore che cuocerà il pesce. Cuocere il pesce in questo modo per circa quattro minuti per lato.
Per la salsa lavare e mondare i friarielli
eliminando i gambi più duri. Sbollentare le foglie e i gambi teneri in abbondante acqua, scolare e strizzare bene, dopodiché saltarli in padella con olio extravergine di oliva, aglio, peperoncino e
sale. Quando saranno ben insaporiti frullare con un mixer a immersione e mettere da parte.
Cuocere il miso con il vino bianco giusto
il tempo per far evaporare completamente quest’ultimo poi togliere dal fuoco, aggiungere la maionese, la senape e
montare con una frusta elettrica. Tenere
da parte.
Cuocere l’alga kombu nel dashi finché il
brodo non si sarà ridotto di tre quarti,
quindi prendere l’alga, tagliarla a listarelle sottili e metterle da parte.
Tagliare la provola in cubi di circa due
centimetri per lato, spolverizzare una
superficie con lo zucchero di canna e
bruciarlo con un cannello.
Da un lato di ogni piatto disegnare una
striscia con la salsa di friarielli poi disporre un filetto di sgombro tagliato a
metà insaporiti con fior di sale; nappare
i piatti e il pesce stesso con delle gocce
di maionese al miso. Decorare con striscioline di alga kombu, fiori eduli, foglie
di friarielli fresche e lamelle di funghi
champignon.
CUCINA&VINI 89
MANI IN PASTA
Agnello salsa di
fichi secchi del
Cilento, patata
affumicata e
lampone
Ingredienti per 4 persone
Kg 1,5 di coscia di agnello
g 500 di lombo di agnello
ml 200 di fondo di cottura di
agnello
Uno spicchio di aglio
Timo
Sale, pepe
Per la salsa di fichi secchi
g 500 di fichi secchi del Cilento
ml 200 di brodo di carne
Una cipolla
Una carota
Mezza costa di sedano
g 50 di pane grattugiato
Olio extravergine di oliva
Per l’agretto di lamponi
g 250 di lamponi freschi
g 100 di glucosio
g 15 di pectina
Per le patate
g 500 di patate di Avezzano
Trucioli di faggio
Sale, pepe
Per la guarnizione
4 cipollotti grigliati
4 lamponi
Bucce di patata fritte
Erbette
Fiori eduli
Fior di sale
90 CUCINA&VINI
Pulire la coscia di agnello, eliminare la
cartilagine presente e disossarla accuratamente ottenendo solo la polpa. Condire con sale e pepe, massaggiare la carne
poi metterla in un sacchetto adatto al
sottovuoto, unire l’aglio sbucciato e
schiacciato e un rametto di timo. Eliminare l’aria e sigillare con l’apposito
strumento. Cuocere in forno a vapore a
62 °C per trentasei ore.
Pulire le verdure e tagliarle a mirepoix finissima. Rosolarle in una padella con
un poco olio extravergine di oliva finchè
non saranno ben dorate. Unire i fichi
secchi tagliati a cubetti, il pane grattugiato e bagnare con il brodo di carne. Far
cuocere a fuoco medio fino a che i fichi e
le verdure non saranno morbidi, dopodiché frullare con un mixer a immersione
ottenendo una crema omogenea.
Per l’agretto centrifugare i lamponi ed
estrarne il succo, versarlo in un pentolino e aggiungere la pectina e il glucosio.
Amalgamare bene e cuocere a fuoco medio fino a farlo addensare. Conservare
in frigo.
Lavare accuratamente le patate e cuocerle al vapore con tutta la buccia. Tagliarle a metà, sistemarle all’interno di un
affumicatore insieme a dei trucioli di
faggio e avviare il macchinario. Quando
le patate saranno affumicate, passarle allo schiacciapatate e condire con sale e
pepe.
Estrarre la coscia dal sacchetto per il
sottovuoto, porzionare la carne ottenendo quattro cubi di quattro centimetri
per lato, rosolarli in una padella antiaderente cuocendo leggermente di più la
parte della pelle così da ottenere una
crosticina croccante. Ottenere dal lombo
otto cilindri alti circa quattro centimetri,
scottarli in una padella ben calda per
circa due minuti per lato e completare la
cottura in forno a 180 °C per due minuti. Sfornare e lasciare riposare.
Disporre su ciascun piatto un cubo di
coscio di agnello glassato con il fondo,
due lombi conditi con del fior di sale e su
uno di questi adagiare una quenelle di
agretto di lamponi. Di fianco sistemare
una quenelle di patate affumicate guarnita con una buccia fritta, e un poco di
salsa di fichi. Completare colorando i
piatti con una goccia di fondo di cottura di agnello, un lampone, fiori eduli,
erbette e un cipollotto grigliato.
il vino
Chianti Classico
prod.: Le Cinciole
regione: Toscana
prezzo: € 18,00
CUCINA&VINI 91
MANI IN PASTA
Cremino al
cioccolato, burro
salato e sorbetto
all’arancia e pepi
Ingredienti per 4 persone
g 300 di cioccolato fondente
ml 100 di crema pasticciera
g 100 di burro salato
Per il sorbetto
5 arance
g 500 di acqua
g 250 di zucchero
g 10 di pepe bianco
g 10 di pepe nero
g 10 di pepe di Sichuan
Per la mousse al cioccolato
g 250 di panna
g 150 di cioccolato fondente
g 125 di latte
g 50 di tuorli di uova
g 50 di zucchero
g 30 di burro
Per i riccioli di lingue di gatto
g 100 di zucchero a velo
g 100 di albumi di uova
g 100 di burro
g 80 di farina
g 20 di cacao
Per la guarnizione
Buccia di arancia
Fiori eduli
il vino
Breganze Torcolato
prod.: Maculan
regione: Veneto
prezzo: € 15,50 (0,375 l)
92 CUCINA&VINI
Spremere le arance e ottenerne il succo,
versarlo in una pentola, aggiungere l’acqua, lo zucchero e i tre pepi. Portare a
ebollizione, filtrare e riporre in freezer
per due ore; di tanto in tanto toglierlo
dal freezer, mescolare per rompere i cristalli di ghiaccio e riporre in freezer.
Per la mousse amalgamare i tuorli con lo
zucchero ottenendo un composto spumoso, aggiungere il latte a 60 °C e portare il composto a 82 °C. Unire il cioccolato tritato finemente, amalgamare fino
a che non si sarà sciolto completamente
e infine aggiungere il burro; far raffreddare. Legare infine la panna semi-montata e conservare in frigorifero.
Lavorare il burro salato a pomata, quindi unire la crema pasticcera e trasferire il
composto ben amalgamato in un sac à
poche; conservare in frigorifero.
Preparare le lingue di gatto versando
tutti gli ingredienti in una planetaria,
azionarla a velocità media e amalgamare bene. Stendere il composto su un foglio di silpat in uno strato di circa un
centimetro e mezzo. Cuocere in forno a
200 °C per venti minuti quindi sfornare
e, con la cialda ancora calda, ricavare
delle striscioline larghe mezzo centimetro e lunghe dieci. Arrotolarle intorno
a dei coni e lasciarle raffreddare cosicché
ne prendano la forma.
Fondere il cioccolato fondente a bagnomaria portandolo a 50 °C, trasferirlo su
un piano di marmo e iniziare il temperaggio ossia, con una spatola di acciaio
mescolare il cioccolato fuso da sinistra
verso destra facendo scendere la temperatura. Il temperaggio sarà concluso
quando il cioccolato avrà raggiunto i
27-28 °C. Trasferire il cioccolato temperato su un foglio di silpat, lasciarlo solidificare poi con la punta di un coltello ricavare otto quadrati da otto centimetri
per lato.
Farcire con la mousse due quadrati di
cioccolato, livellare i bordi e sistemarne
uno al centro di ogni piatto. Stendere al
centro del cremino tre strisce di crema al
burro salato e adagiarvi sopra una quenelle di sorbetto all’arancia guarnita con
un ricciolo di lingua di gatto al cioccolato. Decorare con fiori eduli e bucce di
arancia tagliate a julienne finissima.
CUCINA&VINI 93
Agenda golosa
LAGO DI GARDA
Dal 21 al 27 aprile
ROMA
24 e 25 aprile
FISH & CHEF
COUNTRY FOOD
Cene stellate in alcuni dei più
esclusivi hotel e ristoranti del Garda
ma anche street food, street art e
street music. Tutto questo e molto
altro per l’edizione 2016 di Fish &
Chef, la manifestazione in
programma dal 21 al 27 aprile in
alcune delle più belle località del
Garda. Sono sei le cene gourmet. A
fare da cornice panorami mozzafiato
come quelli di Malcesine, Gardone
Riviera, Garda, Bardolino e
Costermano. Tra i protagonisti alcuni
dei più importanti chef internazionali
come Luca Marchini (1 stella
Michelin) dell’Erba del Re di
Modena, Peter Brunel (1 stella
Michelin) del ristorante Borgo San
Jacopo di Firenze, Andrea Berton (1
stella Michelin) del ristorante Berton
di Milano, Andrea Aprea (1 stella
Michelin) del ristorante Vun di
Milano, Valentino Palmisano e Kido
Toshimizu del Ritz-Carlton di Kyoto,
in Giappone. La conclusione
dell’edizione 2016 sarà invece
affidata al Dream Team Lake Garda
composto dai top chef del Garda
che giocheranno in casa per
interpretare i prodotti del loro
territorio.
INFO: www.fishandchef.it
È alla sua seconda edizione l’evento
voluto ed organizzato da Sarti del
Gusto, che si propone di spiegare e
raccontare l’agricoltura sociale,
soprattutto ai più giovani. L’evento si
svolgerà a Roma nel Parco della Mistica
dove, domenica 24 e lunedì 25 aprile,
si daranno appuntamento 15 espositori
di food & beverage che proporranno
oltre cento sfiziosità da gustare. Tanti i
A CURA DI VALENTINA VENTURATO
nomi di rilievo della realtà gastronomica
capitolina, come La Gatta Mangiona,
Bottega Liberati, Pastificio Secondi,
Birrificio Pontino, Rec 23, Sapori di
Gaeta e molti altri. Il programma di
questa due giorni romana è ricco di
tante attività ludico ricreative, che
terranno impegnati grandi e piccoli.
L’ingresso è gratuito e per il pagamento
delle consumazioni basterà recarsi alle
casse per l’acquisto dei gettoni.
INFO: www.countryfoodmistica.it
NAPOLI
Dal 6 al 25 maggio
WINE&THECITY
“Coltiviamo ebbrezza creativa”, è questo
il claim della nona edizione di
Wine&Thecity®, la rassegna in
movimento che dal 6 al 25 maggio
invaderà la città di Napoli in una staffetta
di appuntamenti che combinano
cultura del vino e creatività diffusa. Venti
giorni, circa cento location coinvolte e
più di cento vini da degustare
provenienti da tutta Italia. Una grande
festa mobile che si reinventa ogni anno
nei luoghi e nei contenuti, che sono
performance e installazioni sul tessuto
urbano. L’edizione 2016 si apre
ufficialmente il 6 maggio con la
performance di Dj DonPasta, che si
esibirà, per la prima volta a Napoli, in un
singolare cooking Dj set nel
94 CUCINA&VINI
monumentale cortile dell’hotel Palazzo
Caracciolo: vinili e padelle, mixer e
farina, sonorità speziate dal mondo
intero per seicento ospiti. E ancora
poesia, arte, musica, alta cucina e street
food, danza e performance teatrali sono
gli ingredienti di questa nona edizione.
Ma è il buon vino italiano il motore di
tutto, il filo che lega in una trama gioiosa
tutti gli appuntamenti della rassegna
che toccano musei e palazzi storici,
boutique e giardini, case private, gallerie
d’arte e design, gli spazi di transito
dell’aeroporto internazionale di Napoli e
delle metropolitane dell’arte, le barche a
vela nel golfo.
INFO: www.wineandthecity.it
TREVISO
Dal 14 al 16 maggio
LIDO DI CAMAIORE (LU)
15 e 16 maggio
GOURMANDIA
VINI D’AUTORE - TERRE D’ITALIA
Si svolgerà negli gli spazi dell’ex
Filanda di Santa Lucia Piave,
dal 14 al 16 maggio, la prima
edizione di Gourmandia la nuova
tre giorni dedicata al cibo
organizzata da Davide Paolini. La
scelta della ex filanda come luogo di
svolgimento dell’evento non è
certamente casuale, infatti
sottolinea un aspetto spesso
dimenticato del mondo
gastronomico, quello appunto
artigianale. Ci saranno tanti artigiani
del gusto: panettieri, pasticceri,
salumai, casari, cioccolatieri,
vignaioli provenienti da tutta Italia.
Un racconto artigiano che sarà
anche occasione di dialogo alla
presenza dei maestri della più alta
gastronomia del Paese tra cui
Gualtiero Marchesi, Iginio Massari,
Renato Bosco, Davide Oldani. E sarà
proprio Oldani, il sabato, a dare il via
alla manifestazione con la sua
presenza all’apertura. La domenica
si continua con Massari che si farà
portavoce dell’arte della pasticceria,
mentre il lunedì sarà la volta di
Marchesi per il mondo dell’alta
ristorazione, e di Bosco, a cui si
aggiungeranno altri nomi prestigiosi.
INFO: www.gourmandia.gastronauta.it
È nel prestigioso Una Hotel del Lido di
Camaiore che si svolgerà questa quarta
edizione di Vini d’Autore. Domenica 15 e
lunedì 16 maggio, si daranno
appuntamento in questa parte della
Versilia un’ottantina di aziende vinicole
italiane che porteranno nel bicchiere il
meglio della produzione nazionale,
proponendo al pubblico presente oltre
quattrocento etichette in assaggio. La
manifestazione, sin dalla sua prima
edizione, è frutto dell’idea e del lavoro
della squadra di professionisti che nel
1999 ha dato vita ad Acquabuona, la
testata online specializzata
nell’informazione e
nell’approfondimento di temi riguardanti
il mondo dell’enogastronomia. Ingresso
a pagamento: € 25,00 (€ 20,00 ridotto)
INFO: [email protected]
ROMA
28 e 29 maggio
THIS IS FOOD
Torna anche quest’anno This is Food la
manifestazione dedicata alla cucina “pop”
di qualità. L’evento si svolgerà come di
consueto negli ampi spazi delle Officine
Farneto sabato 28 e domenica 29 dando
voce e visibilità alle nuove star- up legate
al mondo del food capitolino e non solo.
Un grande palcoscenico del cibo, dove si
esibiranno le realtà di successo come
pure le piccole matricole emergenti in cui
cibo, design, cultura e comunicazione si
fondono creando un unico progetto.
INFO: www.thisisfood.it
CUCINA&VINI 95
E N O G A S T R O N O M I A
•
A T T U A L I T À
Solo per veri
appassionati!
•
C U L T U R A
DIRETTORE RESPONSABILE: Francesco D’Agostino
[email protected]
CAPOREDATTORE: Alessandra Marzolini
[email protected]
IN REDAZIONE: Rosa Capece - [email protected]
Fabio De Raffaele - [email protected]
Rossella Gargiulo - [email protected]
Antonio Marcianò - [email protected]
Luciano Nebbia - [email protected]
Simone Nebbia - [email protected]
Antonio Pellegrino - [email protected]
Enrico Pozza - [email protected]
Annelise Schmidt - [email protected]
Susanna Varano - [email protected]
Valentina Venturato - [email protected]
CORREZIONE DI BOZZE: Raffaella Pisacane - [email protected]
IMPAGINAZIONE: Progetti Visivi
Abbonati!
Annuale - sei numeri a 20 €
(sconto 32%)
Biennale - dodici numeri a 35 €
FOTO DI COPERTINA: Luciano Furia
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: Ludovico Alfani, Patrizia Cantini, Violante Di
Palma, Nicola Grassi, Henry Ross, Alessandra Piubello
FOTOGRAFIE: Azienda Altavia, Carlotta Benvenuti, Buffy 1982 , Stefano Cellai,
Corrado De Santis, Walter Di Giovine Ardito, Andrea Federici, Luciano Furia,
Hal_Pand_108 - Fotolia.com, Azienda Maccario Dringenberg,
Mi.Ti. - Fotolia.com, Elena Shchipkova, Vivai Cooperativi Rauscedo
(sconto 40%)
info: 06.98872584
[email protected]
Cucina & Vini: Aprile - Maggio 2016 - Numero 150
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