Le ricette di Rocco De Santis Vistamare
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Le ricette di Rocco De Santis Vistamare
IT € 4,90 Bimestrale - N. 150 Aprile - Maggio 2016 E N O G A S T R O N O M I A • A T T U A L I T À • C U L T U R A • D A L 1 9 9 9 POSTE ITALIANE S.p.a. spedizione in a.p. D.L.353/03 (conv. in L.27/02/2004 N°46) ART.1 COMMA 1 AUT.C/RM/101/2010 Le ricette di Rocco De Santis Vistamare L’Umbria e il Grechetto • Liguria, Rossese di Dolceacqua Jutland meridionale • Extravergine, assaggi dall’ultima raccolta Roma, Brasserie 28 Caulier • Cronache di cucina s o m m a r i o numero 150 - aprile - maggio 2016 03 Qualità e tracciabilità EDITORIALE 06 di Francesco D’Agostino 04 dell’enogastronomia Notizie dal mondo NEWS a cura di Valentina Venturato 06 inGrechetto, presente e futuro bianco dell’Umbria VINI E TERRE di Francesco D’Agostino e Fabio De Raffaele 20 Jutland meridionale FOOD & TRAVEL di Patrizia Cantini 32 Brasserie 28 Caulier BERE BIRRA di Henry Ross 44 Lucera, La cucina a Il Cortiletto di Fonte La Tavola di 38 extravergine Notizie dal mondo dell’olio di oliva CRONACHE DI CUCINA EXTRAVERGINE Oricola, Retrobottega di Roma di Antonio Marcianò a cura di Enofollia 50 20 CUCINA&VINI 3 s o m m a r i o numero 150 - aprile - maggio 2016 50 Rossese di Dolceacqua VINI E TERRE di Alessandra Piubello Ad ogni vino il suo bicchiere 61 Etichette sotto i riflettori PROFILI DIVINI a cura di Enofollia Vini rossi 66 ...dalle aziende BUONE & NUOVE a cura di Cucina & Vini promotion 72 dell’Agro Rocco De Santis, il vento nuovo Pontino 1 2 3 4 5 6 7 CONVERSANDO CON LO CHEF di Valentina Venturato 76 LeRistorante ricette del Vistamare MANI IN PASTA a cura di Valentina Venturato 94 Appuntamenti enogastronomici AGENDA GOLOSA a cura di Valentina Venturato 76 4 CUCINA&VINI 1 - Spumanti 2 - Vini bianchi 3 - Vini bianchi strutturati 3 - Vini rossi giovani 3 - Vini rosati 4 - Vini rossi 5 - Vini rossi importanti da invecchiamento 6 - Vini rossi da grande invecchiamento 7 - Vini da dessert 7 - Spumanti dolci Vini bianchi Vini rosati Vini spumanti (rossi, bianchi o rosati) Per ogni ricetta consigliamo un vino (nome, produttore, prezzo, regione) e il tipo di bicchiere ideale per degustarlo al meglio. Ecco la scala dei bicchieri con i riferimenti alle diverse tipologie di vino. Il colore all’interno del bicchiere indica il colore del vino (rosso, bianco, rosato); la presenza di un pallino all’interno del bicchiere indica che il vino è spumante. Il prezzo riportato per ciascun vino deve intendersi come medio. E d i t o r i a l e Qualità e tracciabilità ■ La copertina rivela che siamo in festa: il centocinquantesimo numero è figlio di una storia nata nel 1999 proprio in aprile e alla fiera del Vinitaly. È anche il nostro diciassettesimo compleanno. Insomma iniziamo a essere una realtà senior nel contesto dell’editoria enogastronomica che ha sempre sostenuto l’eccellenza agroalimentare raccontandone quotidianamente il suo successo planetario: quando cominciammo l’export italiano di cibo e vino era a quota sedici miliardi di euro, nel 2015 abbiamo chiuso a quasi trentasette, segnando un incremento superiore al 230% in questi straordinari diciassette anni di crescita qualitativa. Oggi l’italian sounding, ovvero il valore di mercato dei prodotti che si rifanno a nomi o colori dell’Italia per invitare all’acquisto consumatori poco avveduti all’estero che pensano di comprare italiano, vale sessanta miliardi di euro ed è un fenomeno sempre esistito, probabilmente legato all’emigrazione; la dimensione raggiunta però oggigiorno è colossale ed è senza dubbio legata al miglioramento generale dell’immagine dell’agroalimentare italiano, divenuto ormai oggetto del desiderio dei tantissimi appassionati di cultura enogastronomica che popolano i Paesi ricchi. Siamo sempre molto stupiti dal fatto che i numeri del nostro export siano inferiori di quelli delle “imitazioni” (non parliamo di frode) e siamo parimenti consapevoli che per combattere il mercato delle patacche le strategie da mettere in campo siano essenzialmente due, diffondere in modo planetario la cultura del cibo italiano, come hanno fatto i francesi da sempre, oppure certificare veramente tutto ciò che viene prodotto realmente in Italia. Sul primo aspetto siamo partiti con un ritardo colossale e la dimensione del mercato italian sounding lo dimostra inequivocabilmente; un’attività da perseguire, su cui investire molto a livello istituzionale. Le uniche vie che le aziende possono perseguire con le proprie forze sono quella della produzione a indicazione geografica, la cui protezione è nei temi discussi all’interno dei trattati internazionali, e quella della certificazione di prodotto nato e cresciuto in Italia da parte di organismi di certificazione privati, riconosciuti a livello internazionale, come il caso del marchio Food Italy. Dove non è possibile creare una Dop o una Igp o è troppo oneroso, le aziende individualmente possono ricorrere a questa certificazione per assicurare il cliente straniero, ovunque si trovi, che il prodotto è realmente italiano. Ecco per il prossimo futuro abbiamo intenzione di dare il nostro contributo in questa ottica. Infatti, l’italian sounding non si può combattere con trattati internazionali: immaginate quanto american sounding gli Usa tollerano nel mondo, basti pensare al mercato del jeans in cui l’Italia è leader con nomi che si rifanno tutti all’America! Entriamo nel diciottesimo anno di vita augurandocene almeno altri diciassette e promettendo di continuare a raccontare il bello e il buono del nostro Paese, aggiungendo al valore della qualità, che promuoviamo da sempre, quello della produzione interamente italiana, come per le nostre Dop, certificabile oggi per qualsiasi bene agroalimentare. In questo numero Festeggiamo il centocinquanta con una nuova rubrica che speriamo apprezzerete: Cronache di cucina racconta un certo tipo di ristorazione molto curata che sta sostituendo quello che era la trattoria trenta anni fa che oggi troppo spesso vuole competere nei prezzi col fast food, con ovvi compromessi a scapito della qualità. Questo nuovo modello di ristorazione attenta, curata, ricca di inventiva, rispettosa delle tradizioni e delle produzioni locali sta prendendo piede e noi la racconteremo attraverso la sua cucina, per darvi degli elementi che possano invitarvi a visitare il locale, riproponendone in famiglia e agli amici le ricette. Siamo andati in Puglia, in Abruzzo e nel Lazio. Tempo di Vinitaly, il vino ha uno spazio importante che abbiamo voluto dedicare a due vitigni italiani che stanno attirando i riflettori, il grechetto in Umbria, il rossese in Liguria. Non manca uno spazio dedicato all’oro verde italiano, l’olio extravergine di oliva che fa sempre discutere e che raccontiamo con numerosi assaggi in lungo e in largo per l’Italia. La birra raccontata focalizza su una nuova realtà romana che porta nella Capitale la cultura brassicola belga. Passando al turismo goloso, il suggerimento del numero porta in Danimarca, nel meraviglioso Jutland meridionale dove l’ostrica è un prodotto popolare, di cui ci si può cibare anche gratuitamente. Le ricette di questo numero sono figlie della passione e dell’estro di Rocco De Santis che ha portato a Latina una nuova atmosfera gastronomica nel ristorante Vistamare, all’interno del fascinoso hotel Il Fogliano. Buona lettura dalla nostra redazione in festa. Francesco D’Agostino CUCINA&VINI 3 News A CURA DI VALENTINA VENTURATO TENUTA ESDRA, LA NUOVA META DI CHARME NELLA CAMPAGNA CIOCIARA di un Paese dalla ricchezza gastronomica sterminata, spesso non del tutto nota. È Siamo esattamente a Pontecorvo in provincia di Frosinone, sud del Lazio. In questa porzione di campagna ciociara sorge Tenuta Esdra, un agriturismo con Spa dove si possono coniugare tutti i piacere del fisico e della mente. Tra boschi e colline è infatti possibile, con partenza dalla tenuta, effettuare ben cinque percorsi differenti tra i dieci e quindici chilometri, per confrontarsi con la natura a piedi o in bici grazie all’associazione Animafamily Asd che accompagna i visitatori lungo i tracciati prestabiliti. Le visite, che partono dal mese di aprile, vanno prenotate sul sito www.animabike.it, dove si possono anche scaricare le mappe dei singoli circuiti. Uno chef di livello nazionale garantisce una proposta gastronomica di altissima qualità ben radicata nella tradizione culinaria ciociara e realizzata con prodotti locali. Per chi necessita di un po’ di relax e di rigenerare il corpo è a disposizione un centro benessere con Spa termale e personale specializzato. Tenuta Esdra Contrada Sant’Esdra - 03034 Pontecorvo (Fr) Info line 345.7168723 - www.tenutaesdra.it stato questo il leit motiv di “L’Italiano in cucina”, il seminario svoltosi nel 2015 a Parigi, voluto da Massimo Bottura al quale hanno preso parte molti dei nostri chef nazionali come Heinz Beck, Pino Cuttaia, Carlo Cracco, Moreno Cedroni e molti altri. Ed è proprio a questo seminario che si ispira l’omonimo volume pubblicato da Skira editore in cui sfilano le oltre sessanta ricette realizzate a Parigi dagli chef e che in queste pagine vengono immortalate dai bellissimi scatti di Francesca Brambilla, Ennio Calice, Riccardo Marcialis, Andrea Federici e molti altri. Editore: Skira Prezzo: € 42,00 L’ITALIANO IN CUCINA DI MARIANNA VALENSISE Venti cuochi stellati, fra i migliori al mondo, riuniti per la prima volta a Parigi da tutta Italia, ci guidano alla scoperta della cucina 4 CUCINA&VINI COLAZIONE A LETTO DI ANDREA GOLINO La colazione è il pasto più importante della giornata, è fatto noto ai più. Ma è anche quello che, se realizzato con cura e offerto alla persona che amiamo, può rappresentare un autentico segno d’amore. È questo il messaggio che Andrea Golino - chef e volto noto del Gambero Rosso Channel - ha voluto trasmettere con questo bel volume edito da Giunti. Organizzato in ventiquattro menu, Colazione a letto contiene oltre settanta ricette per preparare con le vostre mani breakfast speciali e conquistare definitivamente l’anima gemella. Un invito al relax senza rinunciare alla buona cucina italiana ma non solo, è un invito a divertirsi ai fornelli, ispirati dalla passione per il cibo e dall’ironia di un personal chef d’eccezione. Editore: Giunti Prezzo: € 16,50 IL PANE VIOLA CHE FA BENE ALLA SALUTE Il pane non è uno dei migliori alleati delle diete, anzi nella maggioranza dei casi è la prima cosa che viene razionata! Ma, in aiuto degli amanti dei carboidrati, arriva Zhou Weibiao ricercatore dell’università di Singapore, che assicura di essere riuscito a mettere a punto un tipo di pane che non espone a questi rischi, mantenendo la News dell’attività, ma anche dopo avere ottenuto una serie di deroghe che hanno consentito di vendere prodotti scaduti. Se il successo del supermercato durerà nel tempo, gli ideatori hanno già annuncitato che ne saranno aperti altri nel Paese. Speriamo che presto anche in Italia nascano iniziative commerciali di questo tipo. ULTIM’ORA CUCINA & VINI RICEVE IL PREMIO GIORNALISTICO NERO DI TROIA DAL MOVIMENTO TURISMO VINO PUGLIA consistenza e il sapore dell’alimento naturale, con un solo, piccolo, neo: le pagnotte infatti sono viola. Il colore viola è frutto dell’unione dell’antocianina - un antiossidante ottemuto dal riso nero - con la farina del normale pane. Ed è proprio l’antocianina ad agire direttamente sul processo digestivo del pane rallentandolo, appunto. Questo è un passaggio fondamentale, perchè ciò che rende il pane un nemico della forma fisica è proprio la velocità in cui viene digerito e dunque l’amido viene convertito rapidamente in zuccheri che finiscono velocemente nel flusso sanguigno... e anche sulla bilancia, aggiungiamo noi! scadenza o appena scaduti, oppure il cui aspetto estetico non è di prima scelta. Il supermercato si chiama WeFood e l’inaugurazione è stata un evento nazionale, con la partecipazione anche della principessa Maria e dell’ex ministro per l’agricoltura e ambiente Eva Kjer Hansen. WeFood è gestito esclusivamente da volontari, ed è nato dopo che una campagna di crowdfunding ha permesso di raccogliere i fondi necessari all’avvio Raramente lo facciamo, ma questa volta vogliamo condividere con voi lettori che da ormai centocinquanta numeri ci seguite fedelmente, la gioia e il piacere per aver ricevuto un importante riconoscimento giornalistico. La giuria del Movimento Turismo del Vino Puglia per l’assegnazione del Premio Giornalistico Nero di Troia, ha riconosciuto nel nostro servizio giornalistico un valido contributo alla valorizzazione e alla divulgazione di questo vitigno simbolo dell’enologia pugliese. La consegna del premio ai nostri autori, Francesco D’Agostino e Antonio Pellegrino, avverrà lunedì 11 aprile nel corso della cinquantesima edizione del Vinitaly, ovviamente nel padiglione della regione Puglia. WEFOOD: IL SUPERMERCATO CHE VENDE CIBI “SCADUTI” Quello dello spreco alimentare è un problema noto a molti Paesi occidentali. Seguendo rigide norme, spesso i supermercati sono costretti a buttare il cibo perchè vicino alla data di scadenza oppure perchè la confezione è leggermente rovinata. In Danimarca, per affrontare la questione, è stato aperto il primo supermercato che vende prodotti alimentari e cosmetici prossimi alla CUCINA&VINI 5 Grechetto, presente e futuro in bianco dell’Umbria 6 CUCINA&VINI VINI E TERRE DI FRANCESCO D’AGOSTINO E FABIO DE RAFFAELE Antico vitigno tradizionale, sta conquistando spazi importanti nella campagna umbra a partire dalle zone di Orvieto e Todi, dove è diventato attore protagonista nella scia di una sua diffusione generale in regione. Tavola rotonda con tre enologi di territorio: Riccardo Cotarella, Maurilio Chioccia, Nicola Tantini FOTO DI ELENA SHCHIPKOVA - FOTOLIA.COM Q uanto grechetto ci fosse nel mitico bianco di Orvieto che viene cantato a partire dal medioevo non è noto; certo è che il vino facesse parte del tessuto sociale intorno alla rupe tufacea della città sin dall’epoca etrusca: molti i ritrovamenti di oggetti, pitture e addirittura di grotte e gallerie scavate nel tufo dove avveniva la vinificazione di un vino color dell’oro. Certamente i romani fecero commercio del vino, tanto che sul fiume Paglia, che percorre la valle ai piedi di Orvieto, affluente del Tevere, costruirono un porto per rifornirne Roma. Ma il mito dell’oro liquido torna con le invasioni barbariche; una leggenda infatti racconta che i barbari durante il saccheggio assaggiarono il nobile vino ubriacandosi poiché non riuscivano a smettere di berlo, tanto era buono, consentendo così alla popolazione di scacciarli. Dal Pinturicchio che affrescando il CUCINA&VINI 7 VINI E TERRE uomo esigeva di poter bere tanto vino d’Orvieto quanto ne volesse, alle tantissime storie e leggende che hanno coinvolto papi, re, principi e uomini potenti, interessante menzionare le parole del famoso fisiologo e antropologo Paolo Mantegazza che nell’Ottocento così lo descrive: “Il vino d’Orvieto, vero oro liquido, è noto anche ai profani dell’enologia”. Insomma, nei secoli il mito del vino dorato non si è mai perso, probabilmente perché gran parte delle uve era raccolta tradizionalmente in surmaturazione per produrre un vino dolce, ma a noi piace pensare che quel giallo dorato dipendesse da una forte presenza di uva grechetto che, come abbiamo potuto riscontrare nella degustazione delle tante etichette che trovate più avanti, rende i vini di un colore particolarmente intenso, poco diffuso nei bianchi commercializzati nella primavera successiva alla vendemmia. Parlando di storia recente, negli anni Settanta gli unici vini tipici che pre- D In apertura e nella pagina a fianco, paesaggi umbri con vigneti; sotto,Riccardo Cotarella e Maurilio Chioccia 8 CUCINA&VINI vedevano una presenza massiccia del vitigno erano il Greco di Todi e il Vin Santo d’Umbria, unico prodotto di territorio basato su grechetto in purezza; è sempre stato nell’uvaggio della Doc Orvieto, ma con un profilo “basso” che gli consentiva di partecipare con la quantità massima del 30%; la recente modifica del disciplinare ha portato questo limite al 60%. Tavola rotonda Per parlare di grechetto abbiamo coinvolto tre esperti che si confrontano frequentemente con questa uva, autori di numerose etichette. Oggi il grechetto in purezza (ovvero minimo all’85%) è previsto in molte denominazioni geografiche umbre (nelle otto Doc Amelia, Assisi, Colli Altotiberini, Colli del Trasimeno, Colli Martani, Colli Perugini, Lago di Corbara, Todi, e nelle sei Igt Umbria, Allerona, Bettona, Cannara, Narni, Spello), diversamente dal passato, quale riflesso di una tendenza generale a sposare questa uva per vini che siano produrre vini dolci in blend con altre uve”. La sensazione di saporito, che abbiamo riscontrato moltissimo negli assaggi è una dote, ma forse può anche diventare un difetto. “Tutti i greco riprende Cotarella - hanno un aspetto tannico che non è alto, ma superiore agli altri bianchi, una caratteristica che dà spessore, graffia. Il tannino è anche nella polpa dove è più fine e dolce. Il Grechetto è un vino tipico, che lascia una traccia di sé molto personalizzante. Io ritengo che non sia adatto alla produzione in legno salvo non sia in blend con lo chardonnay”. Insomma, i tratti del vitigno importante ci sono, ma in realtà la sua ampia diffusione è un fatto recente. “Ha una produzione piuttosto bassa rispetto agli altri vitigni usati in Umbria - riprende - e tra i bianchi italiani è forse quello che marca di più il territorio. Dobbiamo però riconoscere che nei vini bianchi è più facile distinguersi perché in Italia abbiamo poco”. Parliamo ora del G109 che è un vitigno “a maturazione più tardiva, è FOTO DI BUFFY 1982 - FOTOLIA.COM VINI E TERRE espressione univoca del territorio. “Dopo il sangiovese la famiglia dei greco è la più numerosa in termini di nomi, ma si tratta spesso di varietà dissimili”, spiega Riccardo Cotarella. “I grechetti umbri sono due storicamente, oggi conosciuti come G109 e G5 (sono i nomi dei cloni catalogati dall’università di Perugia, ndr). Hanno caratteristiche totalmente diverse: morfologicamente il G5 ha grappolo compatto, piccolo, il G109 allungato e spargolo. Il G5 è precoce, va a ridosso dello chardonnay, matura subito dopo. Ha gradazione zuccherina spinta, arriva facilmente fino a 24 brix (ventiquattro grammi di zucchero su cento di mosto, ndr), essendo compatto nelle annate umide può essere attaccato da muffa, la sua acidità è medio-bassa se la maturazione si spinge. Organoletticamente possiamo dire che è un vitigno saporito, nel mondo dei bianchi italiani è uno dei quelli più caratterizzanti, quasi un rosso, dà vini molto consistenti ma non molto longevi. Una volta era un’uva destinata a CUCINA&VINI 9 VINI E TERRE Nicola Tantini 10 CUCINA&VINI cia più dura del G5 una delle più dure dei bianchi italiani. È resistente e ha un’acidità più alta del G5, quindi si presta molto alla surmaturazione e storicamente ha prodotto molti vinsanto, è eccellente anche per dei blend, mentre in purezza preferisco il G5. Non si deve trascurare però che oggi il clima più caldo favorisce la sua maturazione ed è un bene, perché in questo caso si esprime meglio, quando si fa rosa diventa caratterizzante”. Dello stesso parere è l’enologo Nicola Tantini, giovane come età anagrafica, classe 1985, ma con già alle spalle sette vendemmie: “Il grechetto identificato con il clone G5, crea sicuramente meno difficoltà nella vinificazione, anche se, essendo molto serrato, necessita di grandi attenzioni in pianta. Lo stretto contatto tra gli acini non favorisce l’areazione del frutto ed è proprio lì che si possono creare insidiose muffe, mentre il G109, essendo leggermente più spargolo, riserva meno sorprese in questo senso. Per contro, quest’ultimo ha una buccia più spessa e come si sa è proprio in questa che si concentra la maggiore quantità di tannini, ecco quindi l’obbligo di pressature più soffici, quindi minor resa, in parte compensata dalla maggior produttività della pianta. I risultati in cantina sono evidentemente diversi e l’ideale - conclude Nicola - è realizzare un taglio per poter ottenere le note fruttate dell’uno e la struttura dell’altroˮ. La diffusione ampia del grechetto, dicevamo, è un fatto recente, che risale al periodo da metà anni Novanta all’inizio dei Duemila: “C’è stato un nuovo rinascimento - racconta Cotarella -, giovani enologi in collaborazione con giovani produttori hanno approfondito la materia vino, basandosi su supporti scientifici, è aumentata la cultura del vino e questi vitigni caratterizzanti, accantonati per un periodo, sono stati apprezzati, diffondendosi”. Certo, al di là della produzione del vinsanto, il grechetto non aveva una storia produttiva recente in assolo, ma l’assaggio attuale rivela che in poco tempo si sono raggiunti livelli importanti. “Da qualche tempo - ci dice Maurilio Chioccia - i vini prodotti con il grechetto in purezza sono migliorati moltissimo e trovo che siano più in linea di altri con il gusto del consumatore attuale. Oggi siamo tutti molto più attenti ai consigli salutistici e sempre di più alla forma fisica; specialmente i giovani mangiano poco, senza grassi e nel loro menu trovano sempre meno spazio le pietanze salsate, ecco quindi che il Grechetto, con la sua giusta dose di freschezza e la sua sapidità spiccata, si abbina perfettamente con ciò che mangiano di solitoˮ. Effettivamente ha tutte le caratteristiche per piacere sia ai neofiti, sia a chi ha un palato più attento: è un vino bianco da bere fresco, piacevole ma VINI E TERRE se anche in fermentazione l’estrazione degli aromi continua”. “La sua acidità leggermente più bassa di altri vitigni - riprende Cotarella non lo rende più difficile in vinificazione quanto piuttosto successivamente, in evoluzione. Ha acido malico più basso di altri vitigni e se si cerca un vino molto fresco, poco zuccherino basta anticipare la vendemmia, ma si perde la sua capacità di dare carattere al vino”. “È comunque un vitigno estremamente eclettico - interviene Maurilio Chioccia - che consente la produzione di vini di gradazione media, freschi e beverini, ma anche vini più complessi e strutturati. A mio avviso è un vitigno che si presta bene anche alla spumantizzazioneˮ. Dalla cantina la discussione ci porta in vigna e ovviamente viene ribadito quanto nel vino di qualità di oggi sia importante avere una grande uva, ma quanto sia altrettanto importante il gioco di squadra tra tutti gli attori chiamati a produrli: “Oggi l’enologo - ri- I cloni Vcr2 e Vcr3 isolati dai Vivai Cooperativi Rauscedo, equivalenti rispettivamente a G109 e G5 FOTO DI VIVAI COOPERATIVI RAUSCEDO nello stesso tempo di buon carattere, non ha un tenore alcolico eccessivo, un vino quindi dalla grande versatilità. In questa tipologia si potrebbe annoverare anche l’Orvieto, denominazione nella quale il grechetto come dicevamo può arrivare al 60% della quantità totale di uve, ma evidentemente i giovani sono sempre in cerca di novità e una volta identificatane una riescono a fare tendenza. “È comunque un vitigno - continua Chioccia - che richiede molte attenzioni perché è delicato e si ossida molto facilmente e, come abbiamo ormai capito da molto tempo, per fare un gran vino ci vuole un frutto in forma eccellente. Ecco quindi la necessità di una raccolta manuale, una cantina poco distante dai vigneti, l’utilizzo dell’anidride carbonica per evitare ossidazioni, breve macerazione sulle bucce, stiamo parlando di poche ore, e quindi una pressatura soffice, che a bassa temperatura fa sprigionare tutti i profumi del frutto; mantenendo le temperature bas- CUCINA&VINI 13 Panorama di Orvieto 14 CUCINA&VINI FOTO DI MI.TI. - FOTOLIA.COM VINI E TERRE prende Chioccia - deve essere anche un po’ agronomo, deve dialogare con l’addetto alla cura del vigneto e trovare con lui la giusta soluzione per ottenere il miglior frutto. È importante anche il cantiniere, perché puoi portare le uve migliori in cantina, ma se all’interno di queste non regna la pulizia sarà molto difficile ottenere grandi vini. Checché se ne dica il brett non può essere considerato una tipicità!ˮ. Il brett, così chiamato “amichevolmenteˮ da chi frequenta il mondo del vino, non è altro che il 4-etilfenolo, un composto chimico che si sviluppa in presenza dei brettanomyces, lieviti che appartengono alla famiglia dei saccaromiceti, che dà al vino quel caratteristico sentore di aia o meglio ancora di stalla di cavalli. Tornando alla vigna, “il grechetto sulle zone argillose va meno bene - spiega Chioccia -, si ottengono grappoli ancor più piccoli e il vino è un po’ nervoso; in quelli sciolti si manifesta meglio. Oggi che la parte agronomica ha finalmente peso e c’è sincronizzazione con quella enologica, vitigni come il grechetto sono usciti bene. Perché ben conosciuto, prima era stato messo da parte, si cerca- vano vini semplici e uve produttive e quindi oggi, che si dà finalmente adeguata importanza alla vigna, questi vitigni sono diventati importanti. Infatti, in Umbria, su dodicimila ettari credo ci siano circa mille ettari a grechetto per la maggioranza del clone G5. Mentre nella zona di Orvieto è sempre stato nel blend con altre uve, nell’area di Perugia si è prodotto anche in assolo”. Certamente in passato il grechetto quando entrava in bottiglia nella maggior parte dei casi era in uvaggio, ovvero le diverse varietà erano raccolte e vinificate insieme. Oggi che la cultura del vino ha fatto passi da gigante, in vigna si dedicano appezzamenti adatti al grechetto e anche se l’etichetta finale sarà un blend, si tenderà nella maggior parte dei casi ha fare un “vinaggio” ovvero a realizzare dei vini monovarietali che successivamente sono assemblati. “Lo trovo un perfetto vitigno da blend riprende Riccardo Cotarella -, eccellente anche in assolo, magari con un leggero contributo di altre uve. Il G109 si sta diffondendo di nuovo a Orvieto, poiché il disciplinare prevede una fetta importante di grechetto e se si usasse tut- VINI E TERRE riguardava un grechetto storico, anche perché le piante avevano fino a centoventi anni. Todini decise di mettere i risultati a disposizione del territorio e fu così che vari enologi, insieme con altrettante cantine, operarono per farlo diventare il Grechetto di Todi. È un grechetto simile al G5 - continua Maurilio - però leggermente meno serrato nel grappolo, lievemente più produttivo, con una fascia di maturazione interessante che permette una raccolta diversificata, così da ottenere in alcune l’acidità, in altre il frutto, capaci quindi di dare vini polposi ma nello stesso di grande beva e piacevolezzaˮ. “Attualmente - conclude Maurilio Chioccia - il Grechetto non ha ancora il giusto riscontro commerciale, ma il mercato del vino è sempre pronto a riservarci grandi sorprese, e questo prodotto merita tutta l’attenzione possibileˮ. Alla luce dei tanti assaggi che seguono, noi possiamo affermare di aver riscontrato un ampia gamma di etichette interessanti, caratterizzate da un rapporto qualità prezzo molto buono, in qualche caso quasi imbattibile. Il futuro dell’Umbria è anche nelle mani del Grechetto. Panorama di Todi FOTO DI HAL_PAND_108 - FOTOLIA.COM to G5 (meno generoso, ndr) si perderebbe molto quantità. I due vitigni sono stati codificati moltissimi anni fa dai vignaioli e molto prima che si parlasse di cloni preferivano ovviamente quello che poi è stato codificato come G109 al G5 solo per la sua maggiore produttività. Quest’ultimo è figlio della cultura e quindi è diventato un’identità regionale; la voglia di scoprire e di conoscere da parte dei consumatori ne chiede la produzione. Come per esempio avviene per il grillo in Sicilia”. “Ai fini dell’affermazione del grechetto riprende Maurilio - fu molto importante la ricerca fatta a fine anni Novanta nell’area di Todi”, che portò alla denominazione d’origine controllata Grechetto di Todi circa dieci anni dopo. “La storia ha inizio nell’azienda di Franco Todini che, una volta estirpati buona parte dei suoi vigneti, decise di andare dalle suore di Collevalenza a visitare i loro vigneti. Ci colpirono alcune viti che la persona addetta alla loro cura chiamò grechetto, tra queste ve ne era anche una a bacca rossa; con l’ausilio di Leonardo Valenti (docente della facoltà di agraria di Milano, ndr), giungemmo alla conclusione che il materiale ritrovato CUCINA&VINI 15 La degustazione COLLI MARTANI GRECHETTO DOC 2015 Antonelli San Marco 14% vol - € 8,00 Giallo dorato chiaro, è intenso e fresco al naso nel miscelare il frutto mediterraneo e tropicale con toni vegetali di salvia e timo: cedro, pera, ananas, pesca, banana, nocciola, kumquat e arancia, con sfumature di frutti in gelatine, sono percorsi da nuance di zenzero e pietra pomice. Fresco, vibrante, sapido, bilanciato, di trama media, è dotato di una vena tannica delicata e invitante, in grado di ribadire il frutto del naso in una veste ancora più croccante, con cenni vegetali e la potente progressione minerale. UMBRIA GRECHETTO IGT 2015 Barberani 12% vol - € 15,00 Di colore giallo chiaro luminoso, è fresco, nitido e gentile al naso nel fondere le dolcezze di frutto della passione e della nocciola con decisi toni di fieno, timo e salvia, accompagnati da aromi di cedro ancora arancia, mandarancio, mela e pera, mentre cenni di fiori di campo sfumano l’insieme. Bocca molto fresca, sapida, immediata, di tessitura leggera e grande beva, dichiara subito il frutto polposo per poi convergere su toni agrumati e vegetali. STROZZAVOLPE 2015 UMBRIA GRECHETTO IGT Bigi Prova di botte - € 8,00 Di un bel giallo, accoglie polposo di fiori e frutti, percorsi da vivaci toni di macchia mediterranea aromatica: glicine e rosa bianchi e artemisia secca si fondono con pesca, mela, susina, nespola, mentre si avverte la nota di cera d’api con pasticceria al burro e ancora arancia, albicocca, pera, frutto della passione e cenni di nocciola. Ingresso morbido e invitante, poi la freschezza diventa protagonista con la sapidità sulla trama media e la decisa florealità lascia spazio agli agrumi. nea, con cenni di nespola e mandorla e l’immancabile nota di nocciola. Fresco e vivace al palato, è morbido e percorso da una delicata nota tannica per un insieme appena irruente. Si ritrova la polpa del frutto appena il vino è in bocca poi prevale la nota agrumata e in progressione i toni vegetali sulla spinta sapida e tannica. schezza accompagnata dalla componente tannica, mentre la morbidezza è leggermente in affanno, sostenuta a fatica dalla tessitura leggera. Subito si ritrova la polpa fruttata, poi il palato si asciuga leggermente e il vino serra su vegetali e agrumi. BIANCO DEL CAVALIERE 2014 GRECHETTO DI TODI SUPERIORE Cantina Todini 13,5% vol - € 8,00 12,5% vol - € 9,00 Di un bel giallo carico luminoso, è dolce e gentile al naso, subito su toni di pasticceria soffice che ricorda il panettone accompagnati da miele d’acacia, giustapposti al frutto di pesca, albicocca, susina, pera, arancia, con cenni di frutti disidratati e in gelatine, mentre la dolcezza ricorda la glassa alle mandorle, sfumata da toni minerali di salgemma e selce, con percezioni intriganti di sandalo. Pieno all’ingresso, bilanciato, di bella freschezza e morbidezza, in progressione la delicata tensione tannica e l’acidità rendono molto teso il finale che focalizza su agrumi, vegetali e minerali,... e si riassaggia. GRECHETTO DI TODI DOC 2014 Cantina Todini COL MARINELLO 2014 COLLI ALTOTIBERINI DOC Castello di Solfagnano 12,5% vol - € 15,00 Giallo pieno, conferma l’impressione visiva con un naso dolce e goloso che presenta floreali di glicine e ro-sa anche legger-mente appassi-ti, fusi con frutto invitante che sa di dattero fresco, frutto della passione, fico anche in confettura, albicocca e pesca, anche in nettare, cedro e arancia dai risvolti freschi e in gelatine, e ancora nocciola con sentori di torta diplomatica. Passa in bocca senza soluzione di continuità poi la freschezza e il delicato tannino danno grande vivacità e le sensazioni golose si spostano su toni agrumati, per un insieme di stile leggero e beverino. Il calice giallo luminoso sprigiona subito toni di miele e pappa reale insieme sentori di pasticceria soffice con glassa al cioccolato bianco che si fondono con gli agrumi freschi in scorza e gelatine, con pesca, albicocca, uva spina, pera, frutto della passione, ananas, uva, tutto sfumato da cenni di rosolio e nuance di cenere. Fresco, leggero, sapido, di adeguata morbidezza e profilo più semplice e immediato del naso, focalizza sul frutto con gli agrumi in evidenza e finale minerale. Ancora da aspettare. COLLE NOBILE 2014 GRECHETTO DI TODI SUPERIORE DOC Cantina Tuderum 12% vol - € 10,00 13,5% vol - € 10,00 Giallo brillante, è dolce e gentile al naso nel blend di fiori d’acacia con pesca, albicocca, arancia bionda e susina, accompagnati da toni vegetali ben definiti e integrati che sanno di fieno, salvia e macchia mediterra- Di un bel giallo deciso, al naso presenta da un lato la dolcezza di frutto e fiore che si contrappone a toni vegetali di ortica. Riconosciamo pesca, arancia, nespola, mela, percorse da tratti vinosi, con nuance di fiori d’acacia e nocciola. In bocca si avverte subito la fre- 16 CUCINA&VINI Di un bel giallo, accoglie dolce e goloso di agrumi che sanno di arancia, mandaranci e kumquat, declinati anche in marmellata, che dialogano con toni vivaci di fieno, salvia e fiori di campo essiccati, timo e maggiorana men-tre aromi di nocciola secca diventano sempre più presenti. Ancora il frutto di susina, pesca, ananas, cedro in gelatina, mandorla anche in confetto. Entra morbido, fresco, sapido, di bel bilanciamento, in grado di riprendere il discorso del naso, sulle stesse strade, mentre si avverte una pennellata tannica che dà vigore all’assaggio e sembra voler prevalere, ma viene di nuovo integrata e il frutto vince in progressione. 12,5% vol - € 6,00 COLLI MARTANI GRECHETTO DOC 2015 Cantina Fratelli Pardi 14% vol - € 7,00 MONTERONE 2015 COLLI DEL TRASIMENO GRECHETTO DOC Castello di Magione ANTICELLO 2014 UMBRIA GRECHETTO IGT Giovanni Cenci Di un bel giallo deciso, dopo attimi di esitazione presenta toni di pesca, nocciola, arancia, nespola e pera poco matura, fusi con vegetali di macchia mediterranea secca e con toni di miele di cor- VIAGGI DI GOLA bezzolo, tutti sfumati da note di panificazione. Ingresso in bocca bilanciato, fresco e morbido, di bella sapidità e tessitura; di slancio si avverte la tensione tannica che focalizza il frutto del retrolfatto su toni agrumati e vegetali. GRECHETTO DI TODI DOC 2014 Coste del Faena 13% vol - € 7,00 Giallo paglierino luminoso, accoglie intenso e nitido di salvia, cedro, kumquat e mela per insistere sul frutto negli aromi di melone bianco, arancia, pesca, susina, con mandorle e nocciole, tutto sfumato da cenni di zenzero, da note di macchia mediterranea e da avvolgenti aromi di mimosa. Bocca fresca e vivace, di trama leggera e bella morbidezza, è provvista di una leggera dote sapida. Appena in bocca conferma il frutto del naso insieme ai fiori, mentre in progressione vince la nota di mandorla fresca. COLLI MARTANI GRECHETTO DOC 2015 Di Filippo 13,5% vol - € 7,00 Calice giallo deciso che rivela subito la polpa fruttata di pesca, arancia, melone, albicocca e nocciola che dialogano con dolcezze di torta diplomatica e ancora miele, pera, frutti in gelatine e nuance di fiori di acacia. In bocca è fresco, sapido, di leggera tensione tannica, bilanciato e di adeguata morbidezza, con la dote alcolica appena evidente in chiusura. Al palato riprende subito lo spartito del naso per poi in progressione stringere leggermente su toni di frutta secca. SASSI D’ARENARIA 2014 COLLI MARTANI GRECHETTO DOC Di Filippo 12,5% vol - € 12,50 Il calice di colore giallo pieno invitante anticipa la polpa olfattiva che sa di fiori e frutti: acacia, con i suoi toni melliti, pesca gialla, melone, nocciola, uva, ananas, pera, susina, glicine, rosa bianca sfumati da sentori di vaniglia; poi note di pasticceria alla frolla e ancora arancia e mandarancio con le gelatine di scorza. Molto fresco, sapido, di trama media e bel bilanciamento, è dotato di un gradevole cenno tannico, per un insieme meno goloso del naso, dinamico e dai risvolti fruttati croccanti, agrumi in primis. 18 CUCINA&VINI UMBRIA GRECHETTO IGP 2015 Falesco UMBRIA GRECHETTO IGT 2015 Raìna 13% vol - € 5,00 14% vol - € 9,00 Di colore giallo paglierino luminoso, è subito disponibile e caratterizzato al naso nel fondere fiore e frutto: riconosciamo glicine, tiglio, ginestra che si alternano con pesca, pera, mela, melone, limone e kumquat, freschi e in gelatine, con una bella nota di nocciole e mandorle fresche e secche. In bocca è vivace e invitante nel confermare lo stile immediato e subito espressivo del naso, morbido, bilanciato, leggero, dotato di una tensione tannica progressiva che da grip e il frutto polposo del palato diventa sempre più agrumato, percorso da toni di salgemma. Giallo luminoso, è dolce e invitante al naso di fiori e frutto polposo e ricorda acacia, mimosa e ginestra che dialogano con pesca gialla, anche al vino, arancia bionda, banana, uva, ananas, melone, pera, mandarino, sfumati da toni di nocciole secche con nuance gentilmente tostate; ancora cenni di miele d’acacia e di confetti, con ricordi di torrone bianco che si confrontano con freschezze aromatiche di macchia mediterranea. La stessa sensazione di polpa si ha in bocca dove c’è freschezza e grande sapidità per un insieme di grande bilanciamento e progressione nella dialettica tra morbidezza e dinamica, col retrolfatto sulle tonalità del naso, appena più agrumate, sostenuto da toni salini. IL MOGGIO 2014 UMBRIA GRECHETTO IGT Goretti 13% vol - € 13,00 Di un bel giallo luminoso, è dolce e intenso al naso di fiori di acacia e del suo miele, con pesca, nocciola, pera, mela, arancia, cedro, kumquat, anche in gelatine, albicocca e melone mentre la dolcezza ricorda il torrone bianco e la pasticcera con glassa. In bocca è morbido, fresco, di buona tessitura e bilanciamento, percorso da un delicata pennellata tannica che da dinamica tensione all’assaggio. Il retrolfatto muove sullo spartito del naso in dolcezza e frutto, con una bella progressione agrumata. FIERO 2014 UMBRIA BIANCO IGT Margò 12,5% vol - € 13,80 Giallo dorato carico poco luminoso, esita leggermente appena versato, per poi aprirsi sul frutto maturo di mela, pera, pesca bianca, uva, fuso con toni di panificazione e tratti vinosi, e ancora mandorle, nocciole e noci brasiliane secche mentre la fragranza diventa mollica di pane. Fresco, sapido e di medio corpo, è bilanciato e percorso da una sottile tessitura tannica che da gradevole grip; il frutto è più espresso del naso, rivelando bene anche le note agrumate, mentre in progressione diventano protagonisti punti di pietra pomice e di pane. FIORDALISO 2015 UMBRIA GRECHETTO IGT Roccafiore 13% vol - € 10,00 Di un bel dorato chiaro luminoso, è fresco e intenso, invitante nel raccontare la polpa di pesca, arancia, pera, ananas, che dialogano con biancospino e mimosa, tutti percorsi da toni vegetali di fieno, salvia e timo e ancora mandorle e nocciole mentre la componente agrumata di cedro diventa protagonista. Bocca fresca, vitale, sapida, di trama leggera e invitante, percorsa da un delicato tannino per un insieme vibrante di frutto, leggermente salino, che conserva i floreali per dare spazio in progressione alle note vegetali. UMBRIA GRECHETTO IGP 2015 Saio 13% vol - € 5,50 Giallo paglierino, è gentile e nitido di rosa e glicine bianchi, con pesca bianca, mela, susina, kumquat, lime, arancia, uva spina, ananas e banana, sfumati da toni di nocciole e mandorle e da nuance di timo. In bocca è fresco, immediato, sapido, bilanciato, progressivo nell’invitare alla beva, dotato di una accennata presenza tannica per un insieme coerente e gradevole che riprende il naso, focalizzando poi sul frutto con finale di agrumi e minerali. Jutland meridionale 20 CUCINA&VINI FOOD & TRAVEL DI PATRIZIA CANTINI LE FOTO DEL SERVIZIO SONO DI STEFANO CELLAI N ello Jutland meridionale, i flussi turistici stanno registrando aumenti piuttosto significativi, nell’ordine del 7% in più solo nell’ultimo anno. L’interesse da parte di danesi, tedeschi e olandesi principalmente - ma non mancano turisti di nazionalità diverse, compresa l’italiana - è dovuto a vari fattori. Il mare e le spiagge rappresentano una delle principali attrattive di questa parte di Danimarca, che offre anche alcune isole bellissime e tranquille, che ben si adattano anche al turismo familiare e ai bambini piccoli. Ma mare, spiagge e natura selvaggia non sono le uniche ragioni del successo turistico dello Jutland del Sud perché la zona, la più vicina al confine con la Germania, è diventata una sorta di scrigno del tesoro per tutti gli chef del regno di Danimarca, alla costante ricerca di prodotti biologici di elevata qualità. Se Sealand, l’isola dove si trova Copenaghen, fornisce alcuni tra i migliori ortaggi, ricercatissimi dai ristoratori della capitale, è dallo Jutland meridionale che arriva la maggior parte dei formaggi e delle carni utilizzati dagli chef e commercializzati nei negozi di specialità danesi. Il turista che approda nello Jutland del Sud dunque può dedicarsi ai bagni di mare e agli sport acquatici, ma può anche regalarsi un percorso gastronomico attraverso alcune tra le migliori produzioni del regno, oltre che una lunga serie di soste gourmande nei tanti ristoranti che si incontrano nelle cittadine e nei villaggi, o anche isolati in mezzo alla campagna. La parte più spettacolare dello Jutland del Sud si trova tutta lungo la costa occidentale, dove si apre il Parco Nazionale del Wadden Sea, il parco più grande d’Europa che abbraccia tre nazioni: Olanda, Germania e Danimarca. Quello di Wadden è una sorta di mare interno che si estende da Den Helder in Olanda fino CUCINA&VINI 21 FOOD & TRAVEL In apertura, la spiaggia di Henne; sopra, le ostriche di Jesper Voss; sotto, la pesca alla ostriche a Rømø 22 CUCINA&VINI a Esbjerg in Danimarca, caratterizzato da bassi fondali fangosi simili a quelli della laguna di Venezia. Il parco è tutelato dall’Unesco per il patrimonio di flora e fauna che racchiude. Le maree infatti lasciano sui fondali cibo abbondante per gli uccelli migratori che vi sostano per sfamarsi. Un terzo di tutti gli uccelli migratori del mondo arrivano nel Wadden Sea in cerca di cibo, mentre si deve ai più piccoli storni il fenomeno del “sole nero”, visibile nei mesi di marzo-aprile e poi di settembre-ottobre, quando migliaia di uccellini danzano nel cielo oscurando il sole. Sembra che il paesaggio della parte danese del parco si sia formato grazie al fenomeno delle maree tra il decimo e il quattordicesimo secolo, con la nascita delle isole di Rømø, Mandø e Fanø, che si sono staccate dalle dune costiere. A Rømø si trova la sede del parco (www.nationalparkvadehavet.dk) dove si possono prendere tutte le informazioni per le numerose escursioni da fare. Una delle più attraenti, e anche più golose, è il safari delle ostriche. A Rømø, da settembre fino alla fine di aprile, è infatti possibile andare con una guida a caccia di ostriche lungo la costa orientale dell’isola quando la marea è bassa. Sui fondali fangosi le maree lasciano migliaia di ostriche che oggi possono essere prese liberamente senza li- mitazioni. In passato invece le ostriche appartenevano alla famiglia reale che ne faceva lucrosi commerci soprattutto con la Russia. Solo i pescatori autorizzati potevano prendere le ostriche, e alcuni documenti rivelano che nel Settecento i russi pagavano un chilo d’oro ogni tre chili di ostriche. Fino agli anni Cinquanta la specie di ostriche presente nel Wadden Sea era quella selvaggia europea dalla forma tonda, poi scomparsa forse a causa di una malattia. Per una ventina di anni Rømø è rimasta totalmente priva di ostriche, fino alla comparsa di quelle del Pacifico, probabilmente arrivate dagli allevamenti delle isole del nord della Germania. Queste ostriche si sono talmente moltiplicate a Rømø e nelle vicinanze da diventare una minaccia per altre specie come le cozze. Se ne possono trovare anche una tonnellata per ettaro e per questo il governo danese ha deciso di lasciare libera la loro pesca. L’unico limite è nella vendita: le ostriche di Rømø infatti non possono essere commercializzate in alcun modo e dunque non resta che prenotare un safari per andarle a prendere direttamente. È comunque importante sapere che avventurarsi da soli sui fondali di Rømø può essere molto pericoloso, non soltanto per l’alta marea che può cogliere impreparati, ma anche per il rapido e improvviso formarsi di nebbie che causano la perdita di orientamento, con il rischio di camminare verso il mare aperto invece che verso la spiaggia. Ma Rømø non è soltanto ostriche, perché la costa orientale dell’isola vanta una delle spiagge più grandi d’Europa, dove si arriva direttamente in macchina. Nel periodo estivo il parco organizza anche escursioni ai branchi di foche, molte numerose nello Jutland meridionale e l’isola, che d’inverno non arriva ai mille abitanti, si riempie di vacanzieri che animano gli alberghi e le tante case estive. Ci sono anche escursioni culturali come quelle al Castello di Schackenborg, che si trova sulla terraferma nel villaggio di FOOD & TRAVEL Tønder. Il secondogenito della regina Margrethe ha vissuto nel castello fino a due anni fa, e un’ala dell’edificio è rimasta di sua proprietà. Il principe Joachim ha donato la restante parte a una fondazione che sta progettando il futuro del castello. ˇ Attualmente sono visitabili i giardini e la parte non di proprietà del principe, e a fianco del castello si apre un piccolo albergo che fa parte dei Small Danish Hotels. Il Schackenborg Slotskro (www.slotskro.dk) offre un’ottima cucina locale, con lo chef Henning Kohl e il suo aiuto Rasmus Lodahl che selezionano prodotti locali, a partire da quelli che nascono all’interno della proprietà del castello. A nord di Tønder si trova Ribe, la più antica città della Danimarca, fondata dai Vichinghi lungo il canale che porta al mare aperto. Ribe ruota tutta intorno alla bella cattedrale del dodicesimo secolo intitolata alla Vergine, che rappresenta il più importante esempio di romanico in Danimarca. Dalla sommità della torre campanaria si gode un fantastico panorama sul Wadden Sea, e si domina l’isola di Fanø, la più grande del parco nazionale. All’interno della cattedrale, tra il 1983 e il 1987 l’artista Carl Henning Pedersen ha decorato l’abside con sette grandi mosaici che riproducono altrettanti episodi biblici e che sono ancora oggi al centro di varie interpretazioni. La cittadina è deliziosa, con le case in legno che si affacciano sui vicoli e sul canale. E proprio sul canale si apre anche il ristorante Kolvigs (www.kolvig.dk), che offre una perfetta introduzione ai tanti prodotti del mare e della terra. Nello Jutland meridionale, infatti, tutti i risto- Il ristorante del Schackenborg Slotskro Il Castello di Schackenborg CUCINA&VINI 23 FOOD & TRAVEL Dall’alto, un formaggio della Kristiansminde Dairy e il bakskuld; sullo sfondo, il canale di Ribe 24 CUCINA&VINI ranti di buon livello offrono un piatto con assaggi di prodotti locali, dal salmone affumicato di Fanø all’agnello di Rømø, dai gamberetti del Wadden Sea al salmone marinato nella bacca arancione dell’olivello spinoso, che si trova un po’ ovunque lungo le coste della Danimarca. Non mancano certo i formaggi, che sono tra i prodotti più interessanti di questa parte delle Jutland. Ottimi per esempio quelli biodinamici prodotti dalla Kristiansminde Dairy che si trova a Hodde, una cittadina dell’interno a nord di Esbjerg. Si tratta di una produzione familiare di formaggi a latte vaccino ben presenti nei ristoranti e nei negozi della regione. A Tistrup, a pochi chilometri di distanza da Hodde, si trova invece un’altra produzione di formaggi, che funziona anche da centro di affinaggio di Unika, un progetto nato nel 2002 con l’intento di dare ai ristoratori una selezione di formaggi di concezione moderna e di elevata qualità. La latteria fa parte del gruppo Arla, e la sua produzione alterna dunque formaggi destinati alla grande distribuzione - come il Dan- bo che rappresenta il 75% del consumo totale di formaggio in Danimarca - a prodotti di nicchia come il Kry, formaggio a latte crudo. In Danimarca è ancora molto difficile produrre formaggi a latte crudo ed è necessaria una particolare autorizzazione ministeriale. Il Kry dunque è uno dei pochi formaggi a latte crudo del regno, ed è naturalmente destinato alla ristorazione e ai negozi di specialità. A Esbjerg, la punta settentrionale del Parco Nazionale del Wadden Sea, si può invece assaggiare un altro prodotto tipico, il bakskuld, un pesce dalla forma che ricorda la sogliola e del quale le acque tra Esbjerg e Fanø sono particolarmente ricche. Il bakskuld ha per secoli rappresentato un caposaldo della dieta degli abitanti di Fanø, ma nel diciannovesimo secolo la sua produzione si è spostata a Esbjerg, e presso il porto si trova l’Havnens Fiskehus dove il bakskuld viene lavorato e venduto nel negozio. Il pesce viene prima lasciato due giorni in una soluzione salina per poi passare all’affumicatura lenta con legna di faggio. Il FOOD & TRAVEL bakskuld viene cucinato in maniera molto semplice: si frigge nel burro per qualche minuto fino a quando non ha acquistato un colore dorato. Il suo sapore forte e tipicamente nordico evoca la durezza della vita di questa gente che viveva isolata in piccole isole. Oggi invece rappresenta una specialità ambita e difficilmente reperibile altrove, a parte qualche ristorante top di Copenaghen. Nei ristoranti dello Jutland del Sud invece il bakskuld è abbastanza frequente nei menu. Ottimo quello dello chef Preben Madsen, il cui ristorante si trova nel bel Castello di Sønderskov Hovedgård, a Brørup. Il castello è visitabile e conserva arredi d’epoca, mentre il ristorante si apre al piano semi interrato ed è caratterizzato da un grande camino e dal pavimento in lastre di pietra. Preben Madsen si è specializzato in menu di territorio, e come ogni chef danese che si rispetti anche lui ha il suo orto personale che fornisce verdure ed erbe aromatiche (www.sonderskov.dk). Ma la costa di Esbjerg propone anche ricordi di anni felici, di quei primi del Novecento che anche in Danimarca vedevano le famiglie ricche passare l’estate al mare in quelli che erano chiamati Badehotel, ossia gli hotel dei bagni. E pro- prio a Esbjerg se ne trova uno molto bello che è tra la ventina degli alberghi dei bagni sopravvissuti in Danimarca. Lo Hjerting Badehotel si affaccia sul lungo mare e offre sia belle e ampie camere che mini appartamenti con cucina. Il ristorante, ambientato in un’invidiabile veranda panoramica, propone ottimi piatti di cucina marinara spesso accompagnati da romantici tramonti sul mare. L’albergo ha anche un bistrot, in modo che gli ospiti possano scegliere anche una formula più semplice (www.hjertingbadehotel.dk). Dal porto di Esbjerg partono i traghetti che portano a Fanø, l’isola più grande del Parco Nazionale del Wadden Sea. Fanø è Esbjerg Lo Sønderskov Hovedgård CUCINA&VINI 25 FOOD & TRAVEL ’ Scorcio di Nordby Scorcio di Sønderho 26 CUCINA&VINI un’isola deliziosa, divisa tra due comunità: quella di Nordby dove attraccano i traghetti e quella di Sønderho, cittadina più piccola e con ancora l’aspetto del villaggio isolano. Nordby, la capitale di Fanø, è un centro assai vivace, con negozi, locali e un piccolo museo dedicato alla civiltà locale (www.fanomuseum.dk). Nel museo si possono ammirare le foto delle donne in abiti tradizionali, gli stessi che ancora oggi le signore indossano per cerimonie e ricorrenze. Magnifici sono i copricapo, che in occasioni speciali come le nozze e le feste vengono ornati da fiori freschi. Le tradizioni sono ancora molto vive nell’isola, e una di que- ste è l’arte della maglia, per la quale è stato inventato un festival che si tiene ogni anno in settembre. Si tratta del più grande festival della maglia al mondo, che vede arrivare circa diecimila persone armate di ferri e di gomitoli che lavorano ovunque. A giugno invece si tiene il festival degli aquiloni, che vede il cielo di Fanø riempirsi di colori. L’isola è lunga quindici chilometri e larga al massimo cinque, e vi si trovano una settantina di camere d’albergo e altrettante in B&B. Anche qui, come a Rømø, i turisti preferiscono affittare case e godersi l’isola in totale libertà. La bicicletta è senza dubbio il mezzo migliore per muoversi a Fanø, e permette di scoprire ogni angolo dell’isola. Tra i negozi di Nordby vale la pena una lunga sosta da Christiansen, dove si può acquistare il famoso salmone di Fanø, prodotto sull’isola e di qualità eccellente. Ma ci sono anche i prosciutti di produzione propria, un misto tra il nostro Parma e la tradizione danese dell’affumicatura, e molte altre leccornie locali. Per un pranzo simpatico e informale invece l’indirizzo giusto è quello di Rudbecks Ost & Deli, poco fuori Nordby (www.rudbecks.dk). Si tratta di un piccolo locale con vendita di prodotti e alcuni tavoli per assaggiare le specialità. Edit e Niels Rudbeck sono degli ex agricoltori che nel 2011 hanno deciso di aprire questo negozio di delicatessen cercando di fare particolare attenzione alla sostenibilità dei prodotti. Notevoli le mostarde prodotte da Edit, ma forse la sua specialità più nota è il gelato fatto con crema di latte e acqua di mare concentrata. Poi ci sono i pani e le torte biologici per accompagnare una gustosa merenda o un’abbondante colazione; il tutto in ambiente semplice con mobili degli anni Cinquanta. Qui spesso arriva Jesper Voss, il vero animatore dell’isola, che porta i turisti a caccia di ostriche, e che si è inventato vari modi di cucinarle visto che i danesi non sono sempre propensi a mangiarle crude (www.fanosportevent.dk). Nelle vicinan- FOOD & TRAVEL ze del locale si trova l’unico birrificio dell’isola, la Fanø Bryghus (www.fanobryghus.dk). Si tratta di uno dei circa cinquanta birrifici artigianali del regno, ma è senza dubbio tra i più famosi e apprezzati, tanto da essere stato scelto dal celebre ristorante Noma di Copenaghen per la produzione di due birre in esclusiva. Il Fanø Bryghus produce sei diverse birre, tra le quali una scura studiata appositamente per l’abbinamento con le ostriche, e due birre stagionali, quella di primavera e quella di Natale. La birra di Natale è scura con caffè, cannella e vaniglia. Al birrificio si sta inoltre lavorando alla selezione di un lievito tutto danese, proveniente dalla fermentazione di mele. L’intenzione dei proprietari è infatti quella di utilizzare sempre più prodotti locali o al massimo nazionali, e offrire al pubblico delle vere e proprie “birre del Nord”. Per andare da Nordby a Sønderho si può prendere la strada oppure si può guidare direttamente sulla spiaggia, visto che in Danimarca non è proibito. Sønderho è un villaggio delizioso, con un piccolo museo che espone alcuni bei quadri dipinti sull’isola (www.fanoekunstmuseum.dk). Sønderho è sempre stato un luogo per artisti, per quella sua atmosfera appartata e per quegli splendidi paesaggi che lo circondano: la palude e il canale, il mare e - in lontananza - la cattedrale di Ribe. Una passeggiata tra le case del villaggio rivela i bei giardini, la chiesa con l’interno decorato e alcuni piccoli negozi tra i quali quello di Lis Brink Jensen che dalla lana delle sue pecore e con l’aiuto di alcune esperte signore dell’isola confeziona splendide coperte, cuscini e maglioni (www.uldsnedkeren.dk). A Sønderho si trova anche uno degli alberghi più graziosi dell’isola, la Sønder Ho Kro (www.sonderhokro.dk). Kro significa locanda, e veramente qui sembra di fare un tuffo nel passato; in quel passato fatto da case con soffitti bassi, pareti in legno colorato e il bric-à-brac tipico degli interni danesi. La cucina dell’albergo è un ottimo esempio di tradizione locale, con i coni- Sopra in senso orario, il ristorante della Sønder Ho Kro; Claus Winther della Fanø Bryghus; piatto di specialità di Rudbecks Ost & Deli; sotto, relax a Sønderho CUCINA&VINI 29 FOOD & TRAVEL Un cammeo in ambra al Museo di Varde Foche sull’isola di Mandø 30 CUCINA&VINI gli allevati sull’isola e le verdure dell’orto, le tartare d’agnello, i pesci e le immancabili ostriche. Se Fanø è l’isola più grande del parco, Mandø invece è la più piccola, e si raggiunge dalla terraferma attraverso una strada che passa direttamente nel mare. Naturalmente l’isola è raggiungibile solo quando la marea è bassa, e vi si può arrivare anche per mezzo di un bus turistico. A Mandø i visitatori approdano soprattutto per ammirare i branchi di foche che riposano al sole lungo quell’incredibile fascia di sabbia che occupa la parte orientale dell’isola. Qui il paesaggio è lunare, e lo si attraversa su dei carri trainati da un trattore. Le persone del posto conoscono la strada, e alcuni alberi secchi sono posti a segnare la pista fino al mare. Se esistono ancora posti incredibili al mondo, Mandø è senza dubbio uno di questi. Le foche bianche non possono essere disturbate, ma ci si può avvicinare abbastanza per vederle, per osservarle quando camminano goffe sulla spiaggia e per ammirarle quando invece si muovono armoniche e sinuose nell’acqua. Stiamo ormai per lasciare il regno del Wadden Sea, ma prima bisogna aggiungere che tra le tante meraviglie che questo parco riserva c’è anche l’ambra, alla quale nella cittadina di Varde è dedicato un museo con magnifici gioielli e suppel- lettili a partire dall’epoca vichinga (www.vardemuseum.dk). L’ambra si trova ancora frequentemente sulle ampie spiagge dello Jutland del Sud, soprattutto dopo le mareggiate che la depositano sulla spiaggia, e naturalmente fa parte dell’artigianato locale. A Nordby si trova un negozio di ambra e anche lo shop del museo offre alcuni gioielli, ma il mago dell’ambra è Bjarke Holtzmann (www.ravhuset.com) che nel retro del suo atelier di vendita compone gioielli con ambra spesso da lui stesso trovata sulle spiagge, e che ne garantisce l’autenticità. A nord di Esbjerg si apre un altro paesaggio meraviglioso, caratterizzato dalle alte dune lungo il litorale e che fa parte del Parco Nazionale del Mare del Nord. Il faro di Blåvand, che segna il punto più occidentale della Danimarca, offre una perfetta visione della zona. È sufficiente salire i centosettanta gradini per arrivare a un’altezza di trentanove metri e dominare terra e mare. Nella cittadina di Blåvand Henny e Claus Skov hanno aperto prima un negozio di delicatessen e poi un ristorante. In realtà, anche nel negozio si possono fare abbondanti spuntini a base di formaggi e salumi accompagnati da salse. Una delle specialità del locale è la carne grigliata delle mucche di razza Gallaway che vivono libere nei dintorni (è facile vederle brucare tranquillamente l’erba), che è partico- FOOD & TRAVEL larmente gustosa e morbida (www.hrskov.dk). Se si vuole provare l’incanto di queste dune, l’Henne Mølle Å Badehotel di Henne, cittadina poco più a nord sempre lungo la costa, offre una destinazione romantica e appartata. Le camere non sono particolarmente grandi, ma il paesaggio e l’atmosfera sono unici, con lunghi tramonti tra le dune (www.hennemoelleaa.dk). Leggermente spostata nell’interno si trova invece la sosta gourmande forse più interessante di questa parte dello Jutland, una sorta di enclave inglese nel regno di Danimarca. Siamo alla Henne Kirkeby Kro (www.hennekirkebykro.dk), ma stavolta il titolo di locanda non deve trarre in inganno, perché quella che un tempo in effetti era una locanda oggi è un hotel di charme di alto livello, suddiviso in vari edifici tutti intorno al corpo centrale dove oltre ad alcune camere si trova il ristorante. Il direttore della locanda è Garrey Dawson, un inglese approdato in Danimarca per amore, mentre lo chef si chiama Paul Cunningham, anche lui arrivato prima a Copenaghen e poi nello Jutland per questioni di cuore. Insomma, sembra che i maschi inglesi si innamorino spesso di femmine danesi. Passeggiare nell’orto-giardino con Garrey che ne illustra tutte le piante e il loro utilizzo in cucina è un’esperienza veramente “british”, mentre sedersi alla tavola di Paul supera qualunque aspettativa. Paul è un genio imprestato alla cucina, un essere libero da etichette e da conformismi. Si può entrare tranquillamente in cucina e trovarlo a ballare con Garrey e la sua brigata, senza che il servizio in tavola e la preparazione dei piat’ ti ne risentano minimamente. L’agnello è allevato da loro, il settanta per cento delle verdure utilizzate provengono dall’orto, i pesci sono acquistati direttamente dalle barche dei pescatori, una fattoria biologica della zona provvede alle carni: insomma, nella cucina di Paul approdano soltanto prodotti super selezionati. I menu sono composti da mol- te portate, e dunque non bisogna avere fretta. I prodotti del mare precedono le carni, in un tripudio ineguagliabile di sapori e impossibile da descrivere a parole. Forse potremmo semplicemente dire che quella di Paul è una “cucina di cuore”, perché con la sola tecnica non si potrebbe arrivare a concepire piatti così perfetti. Non possiamo nel suo caso parlare di cucina danese, ma neppure di cucina inglese: è la cucina di Paul e basta. Il solo tributo alla sua patria avviene ogni venerdì per pranzo, quando viene servito il più classico di Inghilterra: fish & chips. A volte conviene andare in Danimarca per mangiare pesce fritto e patatine. Paul Cunningham Il faro di Blåvand CUCINA&VINI 31 BERE BIRRA DI HENRY ROSS Brasserie 28 Caulier, LE FOTO DEL SERVIZIO SONO DI ROSSELLA GARGIULO il Belgio è sbarcato a Roma con birre sugar free La birra belga è un eden di gusti e aromi intensi e particolari. Finalmente a Roma la prima Brasserie 28 Caulier, birre super, attente al benessere, con proposte golose e selezionate in abbinamento B en McFarland, famoso giornalista inglese esperto di birra, definisce i belgi i “punk” delle birra, trasgressivi e curiosi, capaci di creare buonissime birre, innovative e singolari, considerate tra le migliori del mondo, sempre più originali e libere dai vincoli della tradizione. E visto che anche noi italiani quanto a birra brilliamo per fantasia, il feeling è immediato. Difficile resistere al fascino delle birre belghe, perché le sanno fare molto bene e perché, data l’abbondanza di stili e suggestioni, si trova sempre quella giusta. La buona notizia è che da pochi mesi il Belgio è sbarcato a Roma, più precisamente l’antica maison Caulier ha aperto da qualche mese Brasserie 28, in via Flaminia, un bel locale a corso Francia, (nei pressi di Ponte Milvio) che affianca a una ricca e ineccepibile proposta brassicola alla spina, in bottiglia e anche a portar via, una valida e irresistibile cucina. La ricetta segreta di Caulier Sugar Free L’interessante novità è che Caulier, antico marchio belga nato nel 1842, che da sempre si è distinto per una produzione dal gusto intenso e a basso contenuto di zuccheri - cosa di per sé originale -, dopo alti e bassi grazie all’entrata di nuove energie nell’azienda, dal 2008 ha rilanciato la produzione nella sede di Ghislenghien in provincia di Hainaut, spingendo proprio sulla ricerca e lo sviluppo della sua ricetta esclusiva naturalmente sugar free. Tanto per capirsi, la birra in genere contiene un’importante quantità di zuccheri, che ha il suo peso sul piano calorico (un grammo per sette kcal) e Caulier è l’unica birra senza zucchero naturale e senza zuccheri aggiunti dopo la fermentazione, perché tutti i carboidrati presenti nella birra vengono trasformati in alcol. Questo particolare metodo di lavorazione innovativo e brevettato porta a una percentuale di zucchero vicina allo zero (inferiore a 0,5 grammi per cento millilitri di prodotto), il che rende le birre della maison particolarmente allettanti soprattutto per chi ha necessità dietetiche particolari, ma anche per chi tiene al benessere e alla forma fisica senza per questo doversi privare di un buon bicchiere di birra. Il lungimirante birrificio così attento agli aspetti salutistici, (ovviamente non usa conservanti né coloranti) si è anche lanciato nella produzione di birre senza glutine e a basso contenuto di carboidrati (low carb), il che ha portato negli ultimi anni alla conquista di diversi premi e riconoscimenti internazionali. Le birre Caulier Sugar Free sono declinate in tre gamme: la 28, che fa riferimento a Perle 28 Caulier, che ricorda il dosaggio di un tempo, ventotto grammi di luppolo per litro, la Tradizione e l’Extra. Alla luce del volume di vendite in Italia, un trend in crescita che nel 2015 ha toccato circa i tremilacinquecento ettolitri di birra, Caulier Sugar Free ha deciso di aprire il primo punto vendita a Roma, capitale italiana della birra, con l’inaugurazione ufficiale il 14 gennaio scorso alla presenza dell’ambasciatore del Belgio in Italia, Patrick Vercauteren Drubbel. BERE BIRRA Caulier 28 Sugar Free nel bicchiere A cura di Henry Ross, Antonio Marcianò La grande lavagna sopra al bancone (diciassette spine e tre pompe) riporta nome e tipologia delle birre in mescita con una suddivisione volutamente semplificata in dolci e amare, bionde, ambrate e scure, che aiuta la scelta anche dei meno esperti. Pale Ale 5% vol Color ambra chiaro dai riflessi dorati, con schiuma abbondante, bianca, cremosa e persistente. Immediate sensazioni di agrumi e fieno, bocca piena, corposa, bella carbonica, grande equilibrio e bevibilità con retrogusto dolce e amaro e un gradevole finale di luppolo. White Oak Ipa 5,5% vol Giallo opalescente, bella spuma cremosa e tenace, naso fresco e agrumato con netti sentori vegetali e speziati, intenso e accattivante (arancia, cedro, kumquat, frutto della passione, pepe bianco). Bocca fresca, di carbonica vellutata, corpo adeguato e buona acidità integrata. Retrolfatto agrumato e speziato come il naso, con finale dolce e amaro molto persistente e invitante. Blonde 6,8% vol Colore giallo oro nel bicchiere con spuma bianca e olfattiva ampia e fine, dominata da sentori agrumati di zeste d’arancia, cedro, e note speziate di coriandolo. In bocca è morbida e di buon corpo, piacevole carbonica, bella freschezza e buona complessità. Decisamente scorrevole nella beva. 34 CUCINA&VINI Extra taste - extra fit anche a portar via Una location di design, in stile nord europeo, giocata su materiali e colori, grande e accogliente, articolata su due piani, con tavoli singoli e sociali, divanetti e tavoli bassi, secondo uno stile moderno e confortevole, con servizio giovane e affabile. La Brasserie 28 Caulier di via Flaminia offre tutta la gamma di birre di produzione propria, low carb e gluten free - dove la particolare lavorazione naturale nulla toglie alla rotondità e piacevolezza del gusto nei diversi stili e nelle diverse tipologie, tutte ben connotate invitanti più una rotazione di belghe e artigianali italiane, oltre alla felice collaborazione con l’ottimo birrificio Toccalmatto, ben affine quanto a fantasia e gustosa bevibi- lità. Tra le proposte beverage una vera rarità, 28 Spirit Eau de Vie de Bière, distillato di birra, progettato in collaborazione con la famosa distilleria vicentina Capovilla. Per chi volesse vino completano l’offerta due piccole e validissime cantine italiane Zanchi e Ca’ dei Maghi. Novità interessanti del locale una eccezionale e funzionale cella frigo al secondo piano, e lo speciale take away di tecnologia Growler filler, proprio all’entrata, che consente di imbottigliare e portare via tutta la gamma Caulier Sugar Free in bottiglie stilizzate, che permettono la conservazione della birra come appena spillata. Menu goloso attento alla qualità Anche la proposta gastronomica da accompagnare alle birre è attenta alla qualità delle materie prime e alle cotture, in uno stile di vita orientato al benessere e al gusto. La sintesi del progetto Brasserie 28 Caulier è infatti efficacemente espressa nello slogan extra taste - extra fit, alta qualità e benessere senza rinunciare al gusto nelle birre ma anche nel cibo. A tal fine è stata coinvolta nella selezione dei prodotti e nell’impostazione della cucina la collaborazione di Paolo Parisi. Tutto quello che produce e inventa nella sua cascina-officina in provincia di Pisa il famoso e creativo allevatore, cowboy nell’animo, è oltre che buono, sano e pieno di entusiasmo. La BERE BIRRA sua è una continua ricerca in simbiosi con la natura. Non è un caso se fior di chef utilizzano le sue uova, le sue carni, i suoi salumi nei loro prestigiosi menu. E a proposito di menu quello della Brasserie Caulier è davvero gustoso e invitante. Tra gli antipasti, polpette di bollito di scottona e salsa verde; baccalà croccante ai pistacchi, composta di pomodori verdi alla birra 28 Pale Ale Caulier; panelle e felafel con mayo vegana alla curcuma. Polpette di melanzana e mentuccia con crema di burrata. Poi si può optare per una perfetta tartara di manzo battuta al coltello in tre versioni naturale con olio sale Maldon e pepe Sechuan; classica con tuorlo d’uovo Parisi, erba cipollina, capperi, worchester e senape; romanesca con crudité di carciofi e citronette al Parmigiano (o puntarelle secondo stagione); arriviamo all’uovo di Parisi assoluto: olio, Parmigiano stravecchio trenta mesi vacche rosse, pepe e verdure al forno, servito nel suo speciale tegamino. Come far tanto con poco - dice Polo Parisi. Uova di galline livornesi, libere e ben nutrite con cereali e latte di capra. Risultato: uova bianchissime, con albume ricco, tuorli molli, grassi e leggeri, con un leggero sentore di mandorla. (Se te lo cucina lui è un piatto da re ma si può provare a cavarsela da soli. Si fa scaldare l’olio extravergine, si leva dal fuoco e si mette l’albume, prima che diventi bianco si aggiunge il Parmigiano Reggiano grattugiato, quindi si mette il tuorlo, pochi secondi a fuoco alto e poi il pepe. Niente posate, possibilmente, solo buon pane, magari bruscato). Tornando al menu, dal forno Parisi - Lu furnu - alimentato con carbonella di mangrovia indonesiana biologica, che regala aromi unici a carni, verdure ecc., si può scegliere tra tagliata di controfiletto e verdura alla brace; spolpato di agnello al rosmarino e carciofo alla romana; tiella di verdure al forno con humus. E ancora burger di manzo selezionato italiano, provola affumicata, cipolla agrodolce sfumata alla birra 28 brett Caulier e guanciale croccante con panino a lievitazione naturale ai semi dell’antico forno Roscioli e patate al forno; burger di baccalà e anche veggie, per arrivare all’Isola Belga: selezione di formaggi da caseifici belgi con composta e frutta secca; carbonade flamande (spezzatino di manzo) stufato alla triple Caulier e patate; per finire tra i dolci gaufre (speciali…) con sciroppo d’acero e frutti di bosco o cioccolato fuso e crema chantilly. Triple 9% vol Birra di colore dorato carico, velata, con schiuma beige, fine e persistente, profumo intenso di miele e frutti tropicali, con tostature e frutti rossi, lieve vegetale in sottofondo. Bocca con intenso sentore di malti, fresca ed equilibrata, di buon corpo con finale piacevole e pulito. Grande bevibilità nonostante la gradazione. Dove siamo Brasserie 28 Caulier Via Flaminia, 525 - 00191 Roma Tel. 06.99709481 Aperto tutti i giorni 12.30-24.00 In apertura, l’ingresso della brasserie; in queste pagine, vedute dell’interno; sotto, l’uovo assoluto di Parisi e il gaufre ai frutti di bosco CUCINA&VINI 37 Notizie dal mondo dell’olio extravergine di oliva 38 CUCINA&VINI EXTRAVERGINE DI ANTONIO MARCIANÒ La nuova annata, il caso dell’olio tunisino e quello dell’olio di palma FOTO DI ANTONIO MARCIANÒ L a campagna olearia 20152016, che in molti considerano quella del riscatto, produrrà un quantitativo di olio che non coprirà il fabbisogno nazionale. La produzione è sicuramente in netta ripresa, si parla di cifre fra le trecento e le trecentocinquantamila tonnellate, quindi circa il doppio di quanto fatto nel 2014 ma sempre troppo poco. Fonti del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, valutano nel 40% del fabbisogno italiano la quantità di olio extravergine prodotta dai nostri olivicoltori. Secondo le stesse fonti avremmo bisogno di un milione di tonnellate in più per coprire l’intero fabbisogno nazionale e averne una quantità discreta per l’export. Con il I Piano Olivicolo Nazionale si darà nuovo impulso al settore producendo di più, senza alterare però la nostra natura frutto di una cultura e una tradizione millenaria. Per tale ragione, dovranno essere aiutati i giovani che stanno investendo in nuove imprese, sostenendoli nell’acquisto della terra, nella produzione e nella logistica della rete di vendita. Quello che negli ultimi tempi ha colpito di più l’opinione pubblica sono stati altri due temi, l’olio di palma e l’olio tunisino. L’olio di palma così pesantemente attaccato da varie direzioni, è un olio vegetale (la pianta che lo produce rende moltissimo ed è il più usato al mondo) che ha un notevole vantaggio, rende gli alimenti cremosi senza alterarne il gusto. Non è tossico ed è migliore di altri grassi utilizzati dalCUCINA&VINI 39 EXTRAVERGINE In questa pagina, la raccolta; nella pagina a fianco, piantagione per l’olio di palma 40 CUCINA&VINI l’industria alimentare, come i grassi idrogenati. Il vero problema dell’olio di palma è che è ricchissimo di acidi grassi saturi (quasi il triplo di quelli contenuti nell’olio di oliva, ma un po’ meno di quelli del burro) e quindi il rischio per l’organismo, soprattutto per la circolazione del sangue e per il cuore, è del tutto evidente, ma solo se assunto in grandi quantità. Il pericolo è evidente perché gran parte degli alimenti confezionati contengono olio di palma e quindi bambini, anziani, obesi e persone con problemi cardiovascolari devono fare attenzione e seguire una dieta equilibrata e assumere calorie da olio di palma pari al massimo del 10% dell’apporto calorico giornaliero (fonte Organizzazione Mondiale della Sanità). Quindi attenzione a seguire una dieta equilibrata e non ci sarà alcun pericolo per la salute (ma questo vale sempre...). Passiamo all’altra questione, l’olio tunisino: dobbiamo subito dire che non si tratta di cattivo olio, tra l’altro quello che viene dal Nord del Paese africano è di ottima qualità, ma è chiaro che il consumatore deve sapere esattamente quale olio sta acquistando. D’altro canto l’importazione di oli dall’estero è cresciuta nel 2014 del 45% con olio proveniente dalla Spagna che ha addirittura quasi triplicato le quantità. Ma non solo, noi importiamo olio, oltre che dalla Spagna, anche da Tunisia, Grecia, Portogallo, Marocco, Cile, Turchia, Perù, Malta, Stati Uniti, Germania, ecc. E la quantità di olio tunisino che l’Ue ha liberalizzato (settantamila tonnellate in due anni) è pari solo al 3% dell’olio prodotto in Europa. Quindi, come diceva qualcuno prima di noi, la domanda sorge spontanea: ma è tutto olio italiano quello che acquistiamo, magari con diciture in etichetta tipo “Made in Italy” oppure “100% Olio Italiano”? È importante che l’Italia abbia ottenuto l’obbligo di tracciabilità dell’olio tunisino, il divieto di proroga oltre i due anni previsti e una valutazione a medio termi- EXTRAVERGINE ne dell’esecutivo Ue, per verificare eventuali danni ai produttori europei. E il ministro Martina ha affermato a tal proposito che “…se non avremo garanzie, continueremo a opporci all’adozione del regolamento da parte della Commissione” e comunque, nel frattempo “gli organismi di controllo del ministero, a partire da Capitanerie di porto, Corpo Forestale e Ispettorato Repressioni Frodi, intensificheranno le ispezioni ai porti sul prodotto in arrivo”. Dunque dicevamo tracciabilità e qualità e l’Italia è sicuramente il Paese europeo che più di tutti fa controlli di qualità e tracciabilità e allora non dovremmo spaventarci per l’olio tunisino, ma dobbiamo imbestialirci invece, per notizie come quelle dei primi di febbraio di quest’anno: “…a seguito di una complessa attività di analisi e a un minuzioso lavoro di ricostruzione documentale, gli investigatori dell’Icqrf (ex Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari) hanno accertato che, negli anni 2014 e 2015, oltre duemila tonnellate di olio extravergine di oliva proveniente da Spagna e Grecia sono state commercializzate come olio 100% Italiano...”; oppure come la truffa delle olive verniciate che ha portato alla ribalta la notizia che “il Corpo Forestale dello Stato ha sequestrato oltre ottantacinque tonnellate di olive colorate con solfato di rame... I presunti responsabili dovranno rispondere di… detenzione di sostanze destinate all’alimentazione pericolose per la salute pubblica, visto che il solfato di rame è bio-accumulabile dall’organismo e pertanto persiste negli organi e come tutti i metalli è difficilmente smaltibile… Il solfato di rame nei campioni prelevati è stato riscontrato in concentrazioni doppie rispetto a quanto previsto dalla normativa che fissa il Limite massimo di residuo (Lmr) in misura non superiore a trenta milligrammi per chilogrammo, quale risultanza sull’oliva del trattamento fatto sulla pianta per scopi fitosanitari come ad esempio per contrastare attacchi fungini, tra cui la peronospera”. Potrebbe non bastare e allora noi guardiamo con estremo interesse l’iniziativa di Slow Food con il Presidio Olio Extravergine Italiano che prevede un’etichetta narrante per raccontare tecniche di produzione, concimazione, raccolta e lavorazione usate, magari le cultivar utilizzate e quindi garantire così l’assoluta trasparenza del prodotto commercializzato. Molto va fatto da parte delle autorità e dai mezzi di comunicazione di massa per informare sempre di più e sempre meglio il consumatore che anche da parte sua deve però fare un piccolo sforzo e informarsi in maniera più completa su quello che sta acquistando. E con maggiore interesse al marchio Food Italy, una certificazione volontaria dedicata all’agroalimentare italiano che ne certifica la tracciabilità dal campo al confezionamento, garantendo il prodotto nato, cresciuto, manipolato e confezionato nel nostro Paese (www.fooditalycertification.it/). La degustazione In questi ultimi due mesi abbiamo assaggiato alcune produzioni di olio extravergine di oliva provenienti da varie regioni italiane e prodotte anche con cultivar rare e quindi poco utilizzate per produzioni di quantità apprezzabile. D’altronde è bene ricordare che in Italia, unica fra i Paesi del mondo, le cultivar superano le settecento specie, ma di queste solo centocentocinquanta vengono utilizzate per produrre olio da immettere sul mercato. Questa biodiversità, legata anche a microclimi e caratteristiche pedologiche diverse, riveste una grande importanza come arma concorrenziale rispetto agli altri produttori (in primis gli spagnoli). Ne deriva che anche per l’olio, come per il vino, il concetto di terroir si sta facendo strada e chi fa assaggi ripetuti se ne rende pienamente conto. Liguria Azienda Agricola Sommariva Via G. Mameli, 7 17031 Albenga (Sv) Tel. 0182.559222 www.oliosommariva.it [email protected] Fondata nel 1915 nella piana di Albenga, nel 1960 Nino Sommariva subentra direttamente nel frantoio e nel 1972 l’azienda si converte al biologico (Sommariva è uno dei fondatori dell’associazione Suolo e Salute). Nel 1978 c’è stato un ampliamento dell’azienda, compreso un nuovo laboratorio e nuovi magazzini. Nel 2004 un nuovo investimento in frantoio per la realizzazione di un prodotto qualitativamente elevato e con attenzione all’ecosistema e nel 2010 l’apertura del Museo Sommariva - La Civiltà dell’Olivo (dove si svolgono anche mostre ed eventi). OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA “CRU MAINA” Da sola cultivar taggiasca, e prodotto in quantità limitata, si presenta di un bel color giallo dorato con sentori medio - leggeri di vegetali (ortaggi, cicoria) accompagnati da note fruttate e di erbe aromatiche. In bocca è fine, ampio con ritorni delle note vegetali e aromatiche accompagnate da nuance di mandorla e pinolo. CUCINA&VINI 41 L’amaro e il piccante sono presenti e armonici. Ottimo per la preparazione della maionese o per accompagnare crostacei al vapore o su pesci crudi e cotti. Veneto Azienda Agricola Marchese Guidalberto di Canossa Corso Cavour, 44 37121 Verona www.marchesedicanossa.it [email protected] Discendenti dalla famosa famiglia dei Canossa, fin dagli inizi del nono secolo, rappresentano una delle più antiche e illustri famiglie nella storia italiana. Si ricorda fra tutti il famoso episodio dell’umiliazione di Canossa (1077 - Enrico IV di Franconia). Il Fondo Brè è un’azienda agricola di centosettanta ettari situata nei comuni di Garda e Torri del Benaco in provincia di Ve-rona. Qui vengono coltivati oltre quattromila olivi prevalentemente di varietà casaliva. Sono presenti anche altre varietà come fort, leccino, moraiolo e pendolino. L’azienda, oltre all’olio recensito, produce altri oli extravergine: il Garda Dop Brè, il Garda Dop Canossa 1077 e il Garda Dop Marchese di Canossa. MARCHESE DI CANOSSA GARDA ORIENTALE DOP Fruttato leggero da cultivar casaliva, leccino, pendolino, trepp si presenta giallo con riflessi verdolini, al naso è ampio e fine con aromi fruttati e sentori floreali arricchiti da toni vegetali di cardo, erba fresca e ortaggi di campo. In bocca è avvolgente ed elegante, con ritorni vegetali e fruttati e finale di mandorla. L’amaro e il piccante presenti e ben equilibrati. Ideale su zuppe di legumi, marinate di pesce e insalate di funghi. Molise Colonna Masseria Bosco Pontoni Marina Colonna Società Agricola srl 86046 San Martino in Pensilis (Cb) Tel. 0875.603009/06 www.marinacolonna.it [email protected] Azienda storica e punto di riferimento per i produttori di extravergine molisano 42 CUCINA&VINI e non solo. La famiglia Colonna è una famiglia storica italiana con origini presunte dalla Gens Julia e avrebbero preso il nome dalla Colonna Traiana (ricordiamo, fra gli altri, Marcantonio Colonna, grande condottiero, e Prospero Colonna, per tre volte sindaco di Roma). Si deve a Francesco Colonna la ristrutturazione e la modernizzazione dell’azienda agricola di famiglia, attualmente gestita con grande lungimiranza dalla figlia donna Marina. La filosofia produttiva è semplice: dare importanza a ogni fase del ciclo produttivo, dalla cura della pianta fino all’estrazione dell’olio per ottenere un prodotto di alta qualità che contenga tutte le caratteristiche olfattive, gustative e salutistiche. Vari sono dunque gli accorgimenti adottati, dalla raccolta nel periodo migliore (inizio ottobre) alla trasformazione entro le dodici ore e anche il controllo dei tempi di gramolatura e della temperatura dell’acqua (sotto i 27 °C). Il prodotto ottenuto è sicuramente di grandissima qualità e i sottoprodotti come la sansa e l’acqua di vegetazione vengono destinati rispettivamente alla formazione del compost e ai terreni aziendali. Le produzioni di olio ottenute dalle diverse cultivar sono conservate separatamente, fino alla creazione del blend finale, in cisterne in acciaio inox con l’ausilio dell’azoto. L’azienda produce anche oli agrumati (le olive appena raccolte vengono molite insieme alle scorze dei limoni biologici, mentre arance, mandarini e bergamotti sono invece frantumati e poi moliti con le olive. Lo stesso procedimento viene adottato per mirto, zenzero e cardamomo e anche con foglie di basilico biologico coltivato in azienda), oli a infusione (a base di peperoncino, senape, rosa e tartufo), olive (da varie cultivar in salamoia o condite), conserve, pâté e condimenti. COLONNA OLIVA MOLISE DOP Questo olio è considerato il “gran cru” aziendale. Prodotto da un blend di leccino all’80% e gentile di Larino, è un fruttato medio e si presenta di un bel colore giallo dorato intenso con riflessi verdolini. Al naso è fine e potente nei sentori vegetali e fruttati con toni floreali e balsamici e nuance di pomodoro verde. Alla gustativa è altrettanto fine e complesso con ritorni olfattivi che si arricchiscono di sentori fruttati esotici (banana) e note speziate. L’amaro è spiccato e il piccante piacevolmente equilibrato. Ideale con zuppe di legumi, pesci alla griglia, crudo di gamberi, carne bianca arrosto. COLONNA OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA MONOVARIETALE PERANZANA La peranzana è una cultivar importata dalla Provenza nel Settecento dal duca di Sangro. Alla vista è di un giallo dorato intenso con leggere tonalità verdoline. Al naso è fine, elegante, potente e complesso nell’evidenziare note verdi (erba, carciofo, ortaggi), fruttate e nuance di erbe aromatiche e leggero pomodoro. In bocca entra dolce e morbido diventando man mano sempre più complesso, ripercorrendo le note vegetali, fruttate e balsamiche giungendo fino a note di mandorla e spezie. Equilibrati l’amaro e il piccante. Decisamente strutturato e profumato, di grande armonia. Perfetto con insalata di carciofi, marinate di pesce, cous cous di verdure, pesci alla griglia e formaggi freschi a pasta filata. Oleificio Timperio Michele & Figli Corso Vittorio Emanuele, 19 86044 Colletorto (Cb) Tel. 0874.730191 www.otimperio.com [email protected] Azienda con una storia quasi centenaria, nei primi anni del nuovo secolo costruisce un nuovo stabilimento di produzione, completato da un modernissimo impianto Pieralisi a ciclo continuo a tre fasi che consente una lavorazione ottimale con olive molite nelle dodici ore successive alla raccolta. Dal 1995 l’azienda ha un rapporto di collaborazione con il Dipartimento di scienze animali, vegetali e dell’ambiente della facoltà di agraria dell’università del Molise. L’azienda produce due oli, sempre da cultivar gentile nera di Colletorto, raccolte all’invaiatura (nella prima-seconda decade di ottobre) o raccolte mature (prima-seconda decade di novembre) e inoltre produce oli al limone, al peperoncino e al tartufo. TIMPERIO OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA “NOBILE” Si presenta alla vista di un bel giallo dorato con sottili riflessi verdi. Al naso è fine, elegante e intenso con sentori vegetali (pra- to, carciofo, cicoria di campo), fruttati e floreali, il tutto accompagnato da piacevoli sensazioni balsamiche (menta, basilico, salvia). In bocca è avvolgente, di carattere e armonico, con ritorni vegetali, note di mandorla e sentori speziati e balsamici. Amaro e piccante ben presenti e armonici. Accompagniamolo a zuppe di legumi, primi piatti ai funghi, molluschi e crostacei in umido o anche alla piastra, coniglio e pollo al forno. vegetali di erba e ortaggi, accompagnati da note fruttate di oliva e mandorla fresca. Al gusto è armonico e fine con ingresso dolce e note di mandorla, ravvivato da una leggera piccantezza e una lieve percezione di amaro nel finale. Abbiniamolo a verdure crude o grigliate, crostacei, primi piatti a base di pomodoro fresco, carne bianca al forno. TIMPERIO OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA “CLASSICO” Si presenta di un giallo dorato con intense note verdi. Al naso è deciso nei sentori erbacei di carciofo, cicoria, verdure di campo e nuance speziate. Al gusto è deciso e avvolgente nelle sensazioni vegetali di ortaggi, carciofo, cicoria che si ammorbidiscono in toni dolci di mandorla. Amaro spiccato e piccante ben presente. Abbiniamolo a zuppe tradizionali (pancotto) o zuppe di legumi, carne rossa alla brace, verdure di campo alla griglia, carni bianche arrosto, formaggi caprini semistagionati. Sempre da monocultivar, ma con olive raccolte già mature. Tutto l’esame gusto-olfattivo è simile al precedente con le sensazioni parecchio smorzate, anche l’amaro e il piccante sono molto al di sotto dello standard. Comunque un buon olio che si può abbinare a piatti leggeri come insalate, ortaggi lessi, pesce al forno. Puglia Agricola Gramazio Raffaele Masseria Rodiano Km 153+900 S.S. 89 71043 Manfredonia (Fg) Cecilia Gramazio tel. 349.1282886 www.masseriarodiano.it [email protected] Azienda familiare attiva da oltre mezzo secolo nella tradizione di un’antica masseria. Gli oli sono prodotti esclusivamente da olive raccolte negli oliveti di proprietà di Rodiano e di Signoritto e lavorate entro le ventiquattro ore. A Rodiano ci sono olivi secolari di ogliarola garganica mentre a Signoritto c’è un uliveto più giovane, moderno e irriguo della cultivar coratina. OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA DA CULTIVAR OGLIAROLA GARGANICA Si presenta alla vista di un bel colore giallo dorato intenso con tenui riflessi verdi. Al naso si apre su sentori OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA DA CULTIVAR CORATINA Primolio di F. & S. Via Napoli, 304 70123 Bari Tel. 339.8210041 [email protected] Azienda giovanissima il cui progetto è nato tre anni fa quando Stefano Piatti lascia Bracciano per amore di Francesca Genchi e la raggiunge a Bari. Qui decidono di acquistare un fondo con circa trecento piante nel comune di Triggiano (Ba), proprietà pressoché abbandonata e riportata a nuova vita grazie anche all’aiuto di Nicola Nardulli che si occupa ancora oggi della cura delle piante. Attività costata fatica e risorse continue, visto che molti alberi nuovi appena messi a dimora, scomparivano durante la notte... Ma Stefano e Francesca non si sono persi d’animo visto l’amore per la natura e per il territorio e la ferma volontà di produrre un olio extravergine di qualità che fosse un prodotto genuino nel rispetto della zona. Tanta fatica, confronto con altri produttori, campagne informative, fiere, incontri con mercanti e affaristi fino alla consapevolezza che ciascuno avesse un’idea diversa, frutto di esperienza, tradizioni, obiettivi. Quindi decidono di seguire le loro idee e il loro istinto, confortati e consigliati da Salvatore Stellone del Frantoio Le Tre Colonne di Giovinazzo (Ba), adottando pratiche agricole a ridotto impatto ambientale. Il loro uliveto ha una sola cultivar, la ogliarola barese e, dopo la disastrosa campagna olearia dello scorso anno, ecco finalmente presentato il loro olio. La raccolta delle olive è avvenuta tra il 16 e il 23 ottobre 2015, il campione N. 1 è stato prodotto con olive raccolte all’inizio del periodo indicato (inizio della invaiatura) e il N. 3 alla fine (invaiatura completa). OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA CAMPIONE N. 1 Colore giallo dorato con riflessi verdi. Olfattiva di bella intensità, ampia su note ver- di (foglia e frut- to di olivo, ortaggi, erbe di campo), pomodoro ed erbe aromatiche. Coinvolgente la gustativa, elegante e armonica su note vegetali che richiamano quelle della via diretta. Giusto l’amaro e in buon equilibrio con il piccante anche se quest’ultimo è più deciso e lungo. OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA CAMPIONE N. 2 Colore giallo dorato con nuance verdi. Profumo intenso con note vegetali, pomodoro ed erbe aromatiche. Bocca dall’ingresso morbido, principalmente su note verdi, accompagnato da lievi tostature. Poco l’amaro, lungo il piccante. OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA CAMPIONE N. 3 Colore giallo dorato carico con riflessi verdi. Olfattiva delicata da fruttato leggero con bella nota di verde maturo, ortaggi, erbe di campo. Gustativa armonica con ritorno più intenso delle note di ortaggi (in primo piano sedano e carota). Corretto l’equilibrio tra amaro e piccante con bella chiusura. In definitiva oli ben fatti, armonici ed equilibrati che ben si accompagnano ai piatti tipici e comunque più delicati per il campione N. 3 (antipasti di crostacei, insalate di mare, verdure di campo al vapore, zuppe) e più intensi per il campione N. 1 (pancotto, radicchio alla griglia, pescespada alla piastra, cacciagione alla brace, formaggi a pasta dura stagionati). CUCINA&VINI 43 CRONACHE DI CUCINA Sformato di verdure su vellutata di cicerchie di Faeto con favette novelle, fagioli cannellini e pomodoro “prunill” di Lucera Ingredienti per 4 persone Per la vellutata: g 200 di cicerchie di Faeto, una cipolla rossa, origano, olio extravergine di olive nasuta, sale, pepe. Per lo sformato: 2 patate medie, g 200 di erbe spontanee di stagione, un uovo, olio extravergine di olive nasuta, sale, pepe. Per l’insalata di legumi e pomodori “prunill” di Lucera: 8 pomodori “prunill” di Lucera, g 100 di favette novelle sbollentate, g 100 di fagioli cannellini cotti, prezzemolo, olio extravergine di olive nasuta, sale, pepe. Per la guarnizione: 8 cialde di pane tostate, rucola, olio extravergine di olive nasuta. Tritare la cipolla e farla appassire leggermente in una padella con un filo di olio extravergine di oliva. Unire le cicerchie, pre- cedentemente tenute in ammollo per dodici ore, aggiustare di sale e profumare con un poco di origano. Cuocere per circa quarantacinque minuti a fuoco medio coprendo con un coperchio e aggiungendo, se necessario, un mestolo di acqua. A cottura ultimata frullare con un mixer a immersione ottenendo una vellutata; tenere da parte. Per lo sformato mondare e lavare accuratamente le erbe, sbollentarle per dieci minuti in abbondante acqua. Scolarle bene, lasciarle raffreddare poi tagliarle grossolanamente. Sbollentare le pa- Il Cortiletto Via De Nicastri, 26 71036 Lucera (Fg) Tel. 0881.542554 - 347.1503403 www.ristoranteilcortiletto.it [email protected] Orario di apertura: a pranzo e cena Giorno di chiusura: domenica a cena Prezzo medio a persona € 35 bevande escluse Ferie variabili Coperti: 36 interni oppure 36 esterni Siamo in Capitanata, a diciotto chilometri da Foggia. Lucera e il suo cuore antico, fatto di palazzi storici, di una cattedrale e della sua piazza emozionante e ancora strade, vicoli e piazze di una suggestione che dà 44 CUCINA&VINI tate per circa dieci minuti, sbucciarle e tagliarle a dadini. Versare un filo di olio extravergine di oliva sul fondo di una padella, versarvi le erbe e le patate; aggiustare di sale, pepe e cuocere a fuoco medio per dieci minuti, finché le patate non saranno completamente cotte. A questo punto togliere dal fuoco e unire l’uovo precedentemente sbattuto con sale e pepe. Amalgamare tutti gli ingredienti e trasferire il composto all’interno di quattro stampini monoporzione precedentemente unti con dell’olio. Cuocere in forno ventilato per otto minuti a 180 °C. Unire in una ciotola le favette, i fagioli cannellini e i pomodori tagliati a metà, condire con sale, pepe, il prezzemolo tritato e olio extravergine di oliva. Disporre in ogni fondina della vellutata di cicerchie, al centro adagiare lo sformato di verdure e di lato sistemare l’insalata di legumi e pomodori. Guarnire con delle foglie di rucola, due cialde di pane e terminare con un giro di olio extravergine di oliva. serenità a chi li scopre o li ripercorre dopo la scoperta. In una delle vie alle spalle della Cattedrale, in un palazzo nobiliare del Settecento, ha sede Il Cortiletto, dove ci accolgono Paolo Lascavj, chef e patron, con la moglie Rosanna addetta all’accoglienza in sala; un ambiente sobrio ed elegante, curato nell’arredamento e nel tovagliato, un raffinato e riservato luogo di incontro. “Non aggredire il tempo, ma vivilo intensamente e con rispetto. Guai a farlo fuggire! Da questo mio pensiero di vita - ci racconta Paolo - e dalla voglia di creare una nuova formula di ristorazione nel mio territorio, dopo aver lavorato per dodici anni in un’azienda agroalimentare e LE FOTO DEI PIATTI SONO DI WALTER DI GIOVINE ARDITO A CURA DI ENOFOLLIA CRONACHE DI CUCINA Ingredienti per 4 persone: 4 medaglioni di filetto di maiale, ml 800 di vino Cacc'e Mmitte di Lucera, una cipolla piccola, farina, g 40 di pinoli, g 10 di burro, olio extravergine di oliva di peranzana, sale, pepe. Per i fichi caramellati: 8 fichi piccoli, g 100 di zucchero di canna, il succo di mezzo limone, ml 20 di acqua. Per la guarnizione: g 40 di granella di pistacchi di Bronte. Tritare la cipolla finemente e farla appassire in una padella capiente con olio extravergine di oliva e burro. Infarinare i medaglioni e rosolarli nella padella per due minuti da ambo i lati. Unire i pinoli quindi versare il vino fino a coprire la carne, lasciarlo sfumare a fuoco vivace per cinque minuti. Continuare la cottura per altri sei minuti a fiamma bassa coprendo con un coperchio. un’esperienza all’estero dove ho conosciuto cucine diverse, il 30 aprile 2003 nasce il ristorante Il Cortiletto. Realizza una cucina raffinata, ricercata e riflessiva, dove l’equilibrio dei sapori e dei prodotti legati al territorio, abbinati in modo sapiente, rappresenta la filosofia del nostro lavoro. Non mancano i piatti vegetariani e quelli per le diverse esigenze dietetiche frutto di una grande varietà di ricette alcune delle quali rispecchiano la cultura di tanti popoli orientali e occidentali”. L’impressione che abbiamo avuto è di una piacevole cordialità unita a una ineccepibile professionalità. In effetti si rimane affascinati dal garbo di Rosanna in sala, dalla cura dei piatti, frutto di un’attenta ricerca della materia prima sempre fresca, che i tanti bravi produttori del territorio provvedono a fornire e dalla presenza affabile e discreta di Paolo, che gira tra i tavoli in un’atmosfera di bella convivialità. Il menu varia spesso, seguendo la stagionalità degli ingredienti e l’estro di Paolo. “Sono riuscito a realizzare il mio sogno, ricevendo un riconoscimento regionale già nel 2007 - continua Paolo -; coinvolgendo e stimolando altri imprenditori locali e i singoli cittadini abbiamo creato una cooperativa di produttori e un’associazione culturale per porre maggiore attenzione alla qualità del cibo e della vita”. Filetto di maiale al Cacc’e Mmitte di Lucera con pinoli, fichi caramellati e pistacchi di Bronte Aggiustare di sale e pepe. In una padella antiaderente versare lo zucchero e farlo sciogliere a fuoco basso aggiungendo l’acqua un poco alla volta. Unire il succo di limone e infine immergere nel caramello ottenuto i fichi precedentemente lavati e ben asciugati. Con l’aiuto di una pinza togliere i fichi dal caramello e lasciali asciugare su un foglio di carta forno. Nel centro di ogni piatto adagiare un medaglione di maiale, napparlo con il suo fondo di cottura e completare con i fichi caramellati. Guarnire con la granella di pistacchi e un giro di olio extravergine di oliva. CUCINA&VINI 45 CRONACHE DI CUCINA Spaghettone, pesto di fave e pistacchi tutto ottenendo un pesto cremoso e denso. Aggiustare di sale e mettere da parte. Cuocere la pasta in abbondante acqua salata, scolarla al dente e trasferirla in una padella. Aggiungere il pesto di fave e mantecare a fuoco medio, unire il pecorino grattugiato e un poco di acqua di cottura. Disporre un nido di pasta in ogni piatto e guarnire con granella di pistacchi, scaglie di pecorino di Farindola, fiori eduli e un filo di olio extravergine di oliva. LE FOTO SONO DI CORRADO DE SANTIS Ingredienti per 4 persone: g 400 di spaghettoni artigianali, g 30 di pecorino di Farindola, sale. Per il pesto di fave: kg 1,2 di fave, ml 70 di olio extravergine di oliva, g 70 di pecorino di Farindola, g 25 di pistacchi di Bronte, uno spicchio di aglio, menta, sale. Per la guarni- zione: scaglie di pecorino di Farindola, g 20 di granella di pistacchi di Bronte, fiori eduli, olio extravergine di oliva. Sgranare le fave, sbollentarle poi immergerle in acqua e ghiaccio. Lasciarle in ammollo cinque minuti, quindi scolare e sbucciarle. Trasferire le fave nel bicchiere di un mixer a immersione, aggiungere il pecorino grattugiato, i pistacchi, la menta, l’olio extravergine di oliva e due cucchiai di acqua ghiacciata. Frullare Fonte La Tavola Moderna trattoria Via Fonte La Tavola, 4 67063 Oricola (Aq) Tel. 0863.900094 - 347.5454895 www.fontelatavola.it [email protected] www.facebook.com/fontelatavola/ Chiuso domenica a cena e lunedì tutto il giorno Prezzo medio a persona € 30 bevande escluse Facile da raggiungere, è a un chilometro e mezzo dal casello di Carsoli-Oricola sull’autostrada Roma-L’Aquila. Pagato il pedaggio si prosegue in direzione Roma; qui la ristorazione tradizionale, qualche volta giocata sull’abbondanza, 46 CUCINA&VINI ha sempre funzionato e sono numerosi i locali che si incontrano. Giunti alla rotatoria prima di Oricola si vede l’insegna del ristorante, dotato di parcheggio. Onestamente entrando si percepisce subito un’atmosfera riservata, accogliente e molto curata, diversa dalla gran parte degli indirizzi del territorio: arredi molto originali, tovaglie di fiandra, apparecchiatura minuziosa. Menu e carta dei vini manifestano attenzione per il territorio, ricerca di materia prima e un’adeguata miscela di tradizione e creatività. Chef proprietaria è Carola De Santis coadiuvata dal marito Luca De Luca, specializzato nella pasticceria; insieme gestiscono e sono l’anima di questo ristorante che amano definire una CRONACHE DI CUCINA Ingredienti per 4 persone : 4 uova fresche, g 50 di aceto di vino bianco, sale. Per la crema di patate: g 300 di patate, g 50 di cipolla, ml 50 di brodo vegetale, g 2 di zafferano di Navelli in pistilli, olio extravergine di oliva, sale. Per gli asparagi: 20 asparagi selvatici, burro, sale. Per la guarnizione : g 50 di tartufo nero pregiato, fior di sale. Mondare e tritare la cipolla quindi soffriggerla in un pentolino con un filo di olio extravergine di oliva. Aggiungere le patate, precedentemente lavate, sbucciate e tagliate grossolanamente e rosolare molto brevemente poi allungare con acqua fino a coprire. Aggiungere i pistilli di zafferano e mescolare facendoli sciogliere. Unire il brodo vegetale e lasciar cuocere a fuoco medio finché le patate non si sfalderanno. Aggiustare di sale e frullare tutto con il mixer a immersione ottenendo una crema liscia e vellutata. Lavare e mondare gli asparagi recuperando solo le punte, quindi sbollentarle per pochi minuti in acqua “moderna trattoria”. Definizione perfetta per sintetizzare la loro filosofia rispettosa del passato e attenta alla nuova concezione di cucina che finalmente si sta diffondendo. A tavola non si resta delusi, i sapori sono definiti, la creatività ben dosata, tutto è molto invitante e ci si alza leggeri e soddisfatti. Un risultato non casuale ma fondato sulla grande passione per la cucina e per l’accoglienza che anima la coppia; la loro storia infatti li ha portati nel 2006 a lasciare il loro impegno lavorativo nella post produzione cinematografica a Roma per assecondare la vocazione per la gastronomia. Non solo, la sfida era quella di proporre una cucina più raffinata di quella più diffusa nel territorio col rischio di non essere capiti: amore e caparbietà hanno fatto sì che avessero ragione e oggi Fonte La Tavola è uno degli indirizzi più interessanti della zona. Carola fa esperienze in varie realtà, fra tutte L’Angolo d’Abruzzo, affina la propria tecnica presso la scuola Coquis di Roma e si diploma anche sommelier Fisar. Notizia dell’ultima ora, chef e ristorante si sono classificati secondi nel concorso gastronomico regionale Lu Carrature d’Ore, istituito nel 1988 dall’Associazione Provinciale Cuochi di Pescara con l’obiettivo di premiare chi riscopre i piatti e le tipicità della tradizione abruzzese, valorizzandoli grazie alla propria creatività e professionalità. Uovo in camicia su crema di patate allo zafferano, punte di asparagi selvatici e tartufo nero pregiato bollente, scolarle e immergerle in acqua e ghiaccio. Scolare e saltare in padella con una noce di burro e aggiustare di sale. In un pentolino far bollire dell’acqua salata, aggiungere l’aceto di vino bianco, creare un vortice girando con una frusta e in quel momento rompere l’uovo facendolo cadere proprio nel centro del vortice. Lasciar cuocere tre minuti poi scolare. Disporre la crema di patate precedentemente scaldata all’interno di ogni fondina, al centro adagiare molto delicatamente l’uovo in camicia e insaporirlo con del fior di sale. Guarnire con le punte di asparago e delle lamelle di tartufo nero. CUCINA&VINI 47 CRONACHE DI CUCINA Spaghetti con colatura di peperoni Versare la pasta in una padella, aggiungere un filo di olio extravergine di oliva e la colatura di peperoni quindi continuare la cottura a fuoco medio per altri quattro minuti aggiungendo, se necessario, dell’acqua di cottura. In ultimo insaporire con un cucchiaino di salsa di soia. Disporre gli spaghetti nei piatti e cospargervi sopra le bucce grattugiate degli agrumi, il finocchietto fresco, pepe nero e un battuto di olive e capperi. LE FOTO SONO DI CARLOTTA BENVENUTI Ingredienti per 4 persone: g 320 di spaghetti, 3 peperoni rossi, salsa di soia, un’arancia, un limone, 5 olive nere denocciolate, g 5 di capperi dissalati, finocchietto fresco, olio extravergine di oliva, sale, pepe. Lavare i peperoni e arrostirli in forno a 180 °C per venti minuti. Al termine del- la cottura riporli in un barattolo a chiusura ermetica e lasciarli riposare per una notte. Il giorno seguente, togliere i peperoni dal barattolo, recuperare il liquido e trasferirli in un colapasta appoggiato sopra una fondina così da recuperare quanta più colatura possibile. Filtrare e unire quanto ricavato al liquido precedente; tenere da parte. Cuocere gli spaghetti in abbondante acqua salata, scolarli al dente e tenere da parte due mestoli di acqua di cottura. Retrobbottega Via della Stelletta, 4 - 00186 Roma Tel. 06.68136310 www.retro-bottega.com [email protected] Aperto dal martedì alla domenica dalle 12.00 alle 00.00 Chiuso il lunedì Prezzo medio a persona € 25 bevande escluse Divertente e informale, Retrobbottega offre una bella cucina di gran gusto. La mano è felice, i piatti sono intriganti e la location piccola ma accogliente. Siamo a via della Stelletta a un passo dal Pantheon e da piazza Navona, in pieno centro di Roma. Il locale si 48 CUCINA&VINI sviluppa in lunghezza e entrando si respira una bell’aria stimolante e creativa, da laboratorio gastronomico. Il bancone è vista cucina, quasi si partecipa alla preparazione dei piatti, tanto si è vicini allo chef che lavora. I tavoli contengono nei cassetti tutto il necessario per apparecchiarsi da soli, posate e bicchieri non vengono preparati dai bottegai, come amano chiamarsi loro, ma dai singoli clienti. Una formula che risulta simpatica, giovane, inusuale e non pesa affatto. Stagionalità e recupero sono le parole d’ordine! Il riutilizzo degli scarti è il principio applicato non solo nell’arredamento ma anche nei CRONACHE DI CUCINA Piccione intero Ingredienti per 4 persone : 2 piccioni, una cipolla bianca, 2 carote, un gambo di sedano, soia, melassa, zucchero, burro, olio extravergine di oliva, sale. Per il purè di patate dolci: 2 patate dolci, ml 30 di latte, g 25 di burro, sale, pepe. Per la guarnizione: 4 foglie di bieta, 4 foglie di rapa rossa, 5 mandorle grattugiate, erbe di campo, margherite di campo, olio extravergine di oliva, sale, pepe. Disossare i piccioni ricavando da ognuno due petti e due coscette; condire queste ultime con un cucchiaino di soia, uno di zucchero, uno di melassa, sale e pepe e trasferirle in un sacchetto per il sottovuoto, eliminare l’aria con l’apposito strumento e cuocere nel forno a vapore per tre ore a 65 °C. Rompere le carcasse e rosolarle a fuoco alto in padella con un filo di olio piatti proposti, si tratta dell’antico fondamento della civiltà contadina dove lo spreco era bandito! Il background d’autore si percepisce subito assaggiando i piatti elencati sulla lavagna. Giuseppe Lo Iudice proviene da importanti e formative esperienze al ristorante Bulgari di Milano e al Pagliaccio di Roma. Alessandro Miocchi invece ha mosso i suoi primi passi nelle cucine di Enrico Crippa, Antonio Guida e Anthony Genovese. Gabriele Di Lecce, ha uno sguardo privilegiato verso la pasticceria ma anche lui ha un passato, seppur breve, presso chef stellati. Matteo Magagnini che ha iniziato il suo percorso con Antonello Migliore per proseguire extravergine di oliva, sedano, cipolla e carote tritati grossolanamente. Quando saranno ben rosolate eliminare il grasso in eccesso, bagnare con acqua fino a coprire e aggiungere una decina di cubetti di ghiaccio. Far cuocere per un paio di ore poi filtrare, trasferire in un pentolino e ridurre a fuoco medio sino a ottenere una consistenza sciropposa. Tenere da parte. Bollire le patate, scolarle, sbucciarle e schiacciarle con lo schiacciapatate. Aggiungere il latte caldo, il burro, sale e pepe quindi amalgamare tutto ottenendo il purè; tenere da parte. Rosolare in una padella i pet- ti dalla parte della pelle, con un filo di olio extravergine di oliva. Continuare la cottura in forno per due minuti a 180 °C e, una volta sfornati, farli freddare su una griglia. In un’altra padella rosolare velocemente le cosce con un filo di olio extravergine di oliva, una noce di burro e sale. Spalmare del purè di patate dolci nel centro di ogni piatto e sopra sistemarvi un petto di piccione e accanto una coscia; laccare entrambi con il fondo di cottura delle carcasse poi cospargere la coscia con le mandorle grattugiate e il petto con le erbe di campo. Completare con una quenelle di purè guarnita con delle margherite di campo e una foglia di bieta e una di rapa rossa condite con olio extravergine di oliva, sale e pepe. con Daniele Usai e Roy Caceres. Che dire, il risultato complessivo è felice, il locale infatti è pieno sempre sia a pranzo che a cena, offrendo un eccezionale rapporto qualità-prezzo. Delle due ricette che ci presentano i bottegai una si ispira al riuso: gli spaghetti con colatura di peperoni consente di non buttar via la colatura che solitamente invece non viene utilizzata per altre preparazioni. Due preparazioni non complesse ma estremamente piacevoli e intriganti. Il locale convince... i piatti parlano da soli e il passaparola è più efficace di qualsiasi altra comunicazione! CUCINA&VINI 49 Rossese di Dolceacqua 50 CUCINA&VINI VINI E TERRE DI ALESSANDRA PIUBELLO “La bontà del Rossese, come mi fece provare mescendo dall’una e dall’altra bottiglia, è subito conclusa, cosicché questo raro vino (che ha un bel colore rubino, un lieve profumo di fragola e un grandissimo gusto che quando il liquido passa sotto l’ugola si lascia addietro un che di amariccio) ha le piacevolezze del vino giovane, e tutte le severe virtù di quello invecchiato”. da O.P. ossia Il vero Bevitore, di Paolo Monelli FOTO DI ANDREA FEDERICI P iedi a mollo nell’onda argentea del mar Ligure, testa nella fine aria alpina: piglio nordico nell’abbraccio caldo del sole e del riverbero mediterraneo. Solcato da fiumi, torrenti e rivi, punteggiato da fresche sorgenti e fontanelle, il Rossese di Dolceacqua è puro vino di confine, pathos di frontiera. Alla sua destra, il limite orientale dell’Occitania (siamo a quindici chilometri dalla Francia), alla sua sinistra quello occidentale dello Stivale, sotto tocca il margine settentrionale del Mediterraneo, in alto quello meridionale delle Alpi. CUCINA&VINI 51 VINI E TERRE L’inquadramento della Doc è previsto su quattordici comuni (tutti in provincia di Imperia) con diverse frazioni, ma in realtà il vigneto risulta essere concentrato soprattutto in quattro comuni. Dolceacqua si dimostra il più vitato con il trentasette per cento delle vigne, seguito da Soldano (ventuno per cento), Camporosso (quindici per cento), San Biagio alla Cima (tredici per cento) e gli altri comuni di Apricale, Baiardo, Castelvittorio, Isolabona, Perinaldo, Pigna, Rocchetta Nervina, Vallecrosia Alta, Vallebona (solo la parte sulla riva destra del torrente Borghetto) insieme per la restante parte, unitamente ad alcune frazioni del comune di Ventimiglia. Un allegato alla Doc comprende trentotto Menzioni Geografiche Aggiuntive, a testimonianza della storicità e dell’importanza dei cru nell’areale, espressione di una vocazione pluricentenaria. Ecco allora alcune tra le vigne più rinomate: Pian del Vescovo, Arcagna, Morghe, Luvaira, Armetta (tutte in val di Nervia), Galeae, Beragna, Pini, Fulavin, Posaù, Curli (in val Verbone). La struttura geologica del territorio è molto varia, anche se prevale il “flysch”, il complesso degli arenoscisti prealpini. Il flysch di Ventimiglia, il più diffuso componente delle vigne più importanti, è costituito da un’alternanza di arenarie grossolane e fini, intercalate da argille, marne, calcari e peliti di colore grigio marrone (il tutto risalente al priaboniano inferiore). Il meno diffuso flysch di Baiardo (presente per esempio nel cru Alpicella), giace sovrapposto al flysch di Ventimiglia, spesso in contatto tettonico, ed è costituito prevalentemente da arenarie fini e medie con intercalazioni siltoso-argillose. Altra matrice geologica, poco frequente ma presente per esempio a Pian del Vescovo, sono i conglomerati di Monte Villa, che formano pareti verticali alte fino a centinaia di metri, composti da arenaria grossolana, argille, silt, sabbia e marne. Le argille di Ortovero invece, presenti per esempio, insieme al 52 CUCINA&VINI FOTO DI ANDREA FEDERICI Rossese di Dolceaqua, la denominazione Madre vite qui si aggrappa ad alberello, spesso più che centenaria, su terre verticali (l’acclività media oscilla tra il trentacinque e il cinquanta per cento, ma ci sono picchi di settanta). Gli alberelli, con un’età media di quarantacinque anni, custodiscono uve dall’antica storia. Danno vita a vini fatti di pietra, di sole, di montagna, di macchia mediterranea e dal respiro del mare. “Dant animos vina” scriveva Orazio nelle sue Metamorfosi, i vini danno coraggio: ce n’è voluto nell’azzurro ventoso per alzare tutti questi muri, pietre su pietre. L’eroismo di chi ama la propria terra, difficile, rude, scoscesa, e il suo sangue. L’attenzione continua al riposizionare le pietre che si sfilano, formando falle da cui si innescano smottamenti. Il vino della fatica di chi l’ha strappato alle rocce. Non a caso rossese plausibilmente deriva da “rocense” o “roccese”: succo di roccia, figlio di questo territorio cismontano; non trae dunque origine dal colore. Oasi meteorolo- gica, questa zona è l’unica che comprende ben cinque fasce climatiche in appena venti chilometri di asse sud nord (tra il mare e il monte Toraggio). In questo esclusivo climat, protetto a nord dagli alti rilievi delle Alpi, le temperature sono miti, le precipitazioni scarse (con un picco nel mese di febbraio) e le escursioni termiche elevate (fra giorno e notte, in settembre, attorno agli undici gradi di differenza). Un mondo a parte, sospeso tra terra e mare, tra passato e presente. Sorprendente come questa ristretta zona sia scandita da microclimi e da suoli geologicamente tanto diversi quanto vicini. Il rossese è una lente magnificatrice di questo microcosmo, capace di leggere le differenze dei terreni anche all’interno della stessa vigna. Il cuore della denominazione batte nelle due vallate principali (ma non esclusive), attraversate dal Nervia e dal Verbone. La val Nervia che sale da Camporosso in direzione di Pigna, è più aperta e più ventilata, mentre la VINI E TERRE di circa trecentomila bottiglie. Una nicchia nella nicchia. Un tempo noto come rossese di Ventimiglia, dovuto al fatto che le prime testimonianze di rossese nero (esiste pure un rossese bianco, ormai scomparso, salvo tra qualche filare, anche se ancora potete assaggiare questa rarità da Tenuta Anfosso, l’unico che lo imbottiglia) risalenti al Settecento negli scritti di Giorgio Gallesio, si riferiscono alle zone di Ventimiglia. A fine Ottocento è invece ben delineata la maggior rilevanza qualitativa del comune di Dolceacqua rispetto a tutti gli altri comuni vitati del comprensorio intemelio. A risalire la storia del rossese lo si ritrova citato nel 1372 ma non v’è certezza che si stia parlando della stessa uva giunta a noi. La Doc Rossese di flysch di Ventimiglia, a Terrabianca, sono marne blu, intercalate da arenaria fine e sedimenti clastici finissimi, di origine marina, che affiorano con il caratteristico paesaggio calanchivo. A detta dei vignaioli anziani, il substrato derivante dalla polverizzazione delle rocce marnose, argillose e calcareomarnose, chiamato in dialetto “sgruttu” è considerato il migliore per il rossese: presenta il vantaggio di essere drenante mantenendo però sufficiente il livello di umidità nel suolo anche in stagioni calde e aride. In apertura, una veduta del borgo medievale di Apricale e un particolare della roccia di arenaria, matrice flysch di Ventimiglia; nella pagina a fianco, vigna in zona Galeae, comune di Soldano, dell’azienda Foresti Marco; in questa pagina, località di Terre Bianche, comune di Camporosso FOTO DI ANDREA FEDERICI val Verbone, da Vallecrosia, San Biagio alla Cima, Soldano è piuttosto stretta e più mite, sia per l’influsso marino sia per la presenza a nord del crinale di Perinaldo, che si erge a barriera contro l’aria fresca proveniente dall’interno. Le vigne partono da un chilometro dal bagnasciuga per arrivare ai seicento metri d’altitudine (la maggior parte si arrocca fra i duecento e i cinquecento metri), toccanti nella loro incontestabile bellezza testimonianze preziose resistite alle dimenticanze, al disincanto e agli abbandoni. Nell’Ottocento si contavano tremila ettari (l’incubo fillosserico arrivò abbastanza presto, nel 1880), oggi ne sopravvivono ottantadue, estremamente parcellizzati, suddivisi fra una trentina di produttori per un totale CUCINA&VINI 53 FOTO DI ANDREA FEDERICI VINI E TERRE FOTO DI ANDREA FEDERICI Sopra, una delle versioni del conglomerato di Monte Villa; sotto, Giovanna Maccario Dringenberg in vigna Dolceacqua o, forse più appropriatamente Dolceacqua, (così non si andrebbe a confondere con il Rossese di Campochiesa, sotto la Doc Riviera di Ponente, diffuso soprattutto nel Savonese, con esiti secondari) è la prima della Liguria, nel 1972. Questo primato aiuta a capire l’importanza culturale di questo vitigno autoctono, di fatto il più diffuso, nella viticoltura ligure. “Qui tutti si occupano di vino - scrive Mario Soldati nel suo Vino al vino ed esiste, da sempre, tra gli abitanti del paese, un’insanabile controversia: è meglio il Rossese delle vigne sulla sinistra del Nervia, quelle che da Perinaldo raggiungono l’Addolorata, oppure il Rossese delle vigne sulla destra? Le prime prendono soprattutto il sole del pomeriggio, le seconde quello del mattino... Ma la questione, secondo me, si risolve facilmente in favore delle vigne sulla destra: perché, mentre le montagne di sinistra formano una cresta sottile che concede poco o nessuno spazio alle vigne, le montagne di destra in cima si espandono e tondeggiano con l’altipiano, prendendo così il sole mattino e sera, dal primo all’ultimo raggio della giornata”. Soldati assaggiò da uno dei padri sacri, Giobatta Mandino Cane, ritiratosi nel 2009. Altri sono stati Emilio Croesi, sindaco di Perinaldo e produttore in un cru simbolo, Curli, definito 54 CUCINA&VINI VINI E TERRE vanta quintali, anche se in pratica si arriva a settanta; stabilisce un novantacinque per cento di uve rossese, con un cinque per cento di uve rosse non aromatiche, anche se in realtà quasi tutti lo imbottigliano in purezza. Non impone l’uso del legno né per la versione base (che i produttori preferiscono chiamare classico) né per quella superiore, che per legge può essere venduta solo a partire dal primo novembre dell’anno successivo alla vendemmia. Il rossese fu anche protagonista di leggende. Si narra che i Doria, signori del castello di Dolceacqua, lo usassero in guerra per trarne l’ardore necessario. Si racconta anche che Napoleone, ospite dei marchesi Doria, lo apprezzò talmente tanto che provvide a rifornire le proprie cantine parigine. Persino papa Paolo III sembra esserne stato un grande estimatore. Sicuramente ispirò Monelli, Soldati, Veronelli (che scrisse, tra l’altro: “Da anni FOTO DI ANDREA FEDERICI da Veronelli come la Romanée-Conti d’Italia (abbandonato per anni, è stato ripreso nel 2012 da Maccario Dringenberg), Enzo Guglielmi, Nino Tornatore e l’attuale perno storico, ancora in attività, Antonio Perrino, detto Nino Testalonga. Una denominazione che resta fondamentalmente terra di vignaioli, lontani dal jet set enologico, fautori di un vino artigiano. Qui il legno per tradizione è sempre stato usato, probabilmente di castagno, sicuramente di piccolo formato, viste le anguste dimensioni dei carruggi e delle cantine familiari. Attualmente è ancora impiegato da alcuni produttori, ma la maggior parte usa i serbatoi di acciaio inox. Chissà, nel futuro sarebbe utile sperimentare il cemento, vedremo. Storicamente si vinificavano i grappoli interi, senza diraspare. Molti produttori non diraspano tuttora, mantenendo una consuetudine che è sempre esistita. Il disciplinare prevede una resa di no- CUCINA&VINI 55 VINI E TERRE delli dell’azienda Terre Bianche il punto di riferimento essenziale. Nel 2015, insieme allo storico Alessandro Giacobbe, dopo tre anni di ricerche, stila una lista di nomeranze, che in dialetto significa soprannome. Un lavoro di zonazione sul dato storico, che ha evidenziato un’enorme quantità di parcelle vocate in una denominazione così poco estesa. Filippo si dedica con amore infinito al rossese e va ringraziato a chiare lettere per la sua opera continua, altruistica e onesta per il bene del suo territorio. Rossese Il vitigno, sensibile al marciume, all’odio, al mal dell’esca, alla colatura e acinellatura ma non alla peronospora, è piuttosto delicato e dalla resa incostante. La sua uva, dalla buccia sottile, viene raccolta normalmente a me- FOTO DI AZIENDA ALTAVIA Vigneti dell’azienda Altavia sostengo che il rossese bene vinificato possa diventare il miglior vino d’Italia”), Calvino. Un vino letterario, ma anche estremamente intimo, con una forte tensione nostalgica (forse la macaia arriva anche qui?). I suoi luoghi furono celebrati da Francesco Biamonti, nato a San Biagio alla Cima, dal dolceacquino Elio Lanteri. Dipinti da Claude Monet, dal dolceacquino Barbadirame, discepolo di Picasso. Persino un film, Io sono l’amore diretto da Luca Guadagnino, con Tilda Swinton, cerca di catturarne l’anima. Un vino che parla molte lingue, ma soprattutto quella della dignità. E dell’orgoglio ritrovato, in quella pattuglia di quattordici produttori che fanno parte dell’Associazione Vigne Storiche del Rossese. Un gruppo compatto, nato nel 2009 per promuovere questo vino antico, che trova in Filippo Ron- 56 CUCINA&VINI FOTO DI AZIENDA MACCARIO DRINGENBERG Sopra, quarzo in pietra matrice flysch di Ventimiglia e un alberello di vite centenaria; sotto, vigneti dell’azienda Altavia FOTO DI AZIENDA ALTAVIA va coinvolgente. Olfattivamente c’è da divertirsi: rosa, iris, glicine, fragolina di bosco, ribes, lampone, ciliegia, profumi di sottobosco, terra umida, muschio, macchia mediterranea, con richiami marini, balsamici e speziati. È un vino versatile e gourmand, che ben si abbina alla tavola, capace com’è di valorizzarla senza imporsi. Da provare con un semplice cibo da marinai, pane, burro e acciughe (che richiama le note di acciuga che ritroviamo nel vino) e con le ricette tipiche del territorio, come l’erbun (una torta salata a base di zucca), il fugasun (un’altra torta salata fatta con le erbe), i barbagiuai (fagottini fritti nell’olio in padella), il brodu verdu, (un passato di verdura), trofie al pesto, il branda-cujun (stoccafisso cotto ed emulsionato con noci, patate, olio), capra e fagioli di Pigna o di Badalucco o di Conio, il coniglio alla ligure, il carteletu (carne di capretto riempita con bietole, uova e formaggio), le tipiche michette dolceacquine e tanto altro. I prezzi? Variano dai nove ai ventidue euro. Insomma, vale il viaggio terra-mare-incanto. FOTO DI AZIENDA MACCARIO DRINGENBERG VINI E TERRE tà settembre. Essendo soggetto a riduzioni (quelle puzzette che si credevano tipiche non esistono praticamente più), i produttori hanno imparato a gestire bene i travasi. I cloni più diffusi, dei sei individuati dallo studio di Schneider/Gerbi del Cnr di Torino, attualmente sono il cvt 37 e in minor parte il cvt 1. Nella scelta dei portainnesti, ci si indirizza opportunamente e spesso verso il Rupestris Du Lot (chiamato anche in zona “Monticolo”) e il 1103 Paulsen. Recenti studi del Cnr di Torino, da parte della nota ampelografa Maria Schneider, hanno dimostrato che il rossese e la francese tibouren (usata in Provenza in blend per i rosati) sono identici dal punto di vista genetico. La forma della foglia del rossese e i suoi lobi profondamente incisi fanno pensare a un’origine mediorientale, se non esattamente greca. Vino atavico dunque, ma più che mai moderno. In sintesi, possiamo affermare che è tornato il tempo del rossese. Di un vino ellittico, né tondo né dritto, che colpisce per le sue sfumature delicate, per il suo equilibrio fra acidità (cinque grammi per litro) e alcol (negli ultimi tre anni si attesta più sui 13,5 ma precedentemente si caratterizzava per i 14 gradi stabili). Fino a poco tempo fa sconosciuto fuori dalla Liguria, da qualche anno riscuote successi crescenti nel resto d’Italia e soprattutto all’estero. Andrebbe bevuto fresco, minimo sui quindici gradi. Le sue caratteristiche principali? Si gode da subito ma possiede anche capacità di invecchiamento, come dimostrano gli assaggi di vecchie annate di Nino Testalonga. Colore poco carico, tannicità delicata e soffusa. Presenta una morbidezza, un’ampiezza setosa e una spiccata sapidità. Snello, agile, leggiadro, colpisce per la sua finezza sussurrata, per il gioco sapido-amaricante del finale, per la trama succosa, per la be- CUCINA&VINI 57 La degustazione POSAÙ 2014 ROSSESE DI DOLCEACQUA SUPERIORE DOC Maccario Dringenberg 13,5% vol - € 16,00 Giovanna Maccario, che prende le redini dell’azienda con origini ottocentesche ventiquattro anni fa, gestisce quattro ettari e mezzo su tredici vigneti. Appassionata, caparbia, preparata, Giovanna fu la prima della denominazione a conquistarsi i Tre Bicchieri nel 2010. Fa filotto con una serie di vini identitari, caratteriali, intensi. Difficile optare per un’etichetta (tutte 2014), fra il dinamismo di Posaù Biamonti, la fresca complessità del Curli, la sottile finezza del Brae, l’eleganza del Luvaira... ma dobbiamo, e puntiamo sulla profondità del Posaù, lirico e carismatico. GALEAE 2014 ROSSESE DI DOLCEACQUA DOC Ka Manciné 13,5% vol - € 15,00 Maurizio Anfosso, dopo aver lavorato per Altavia e durante una collaborazione in essere con Terre Bianche, inizia a imbottigliare le sue prime etichette nel 2006. Dal 2011 segue solo la sua azienda, su tre ettari e con due cru importanti, Galeae e Beragna, che gli sta dando grandi e meritate soddisfazioni, anche internazionali. Batteria di razza, fra Angé 2013, Beragna 2014 e Galeae 2014. Scegliamo la sapida succosità, la croccante carnosità del frutto, la luminosa energia e l’avvolgenza del solare, marino e speziato Galeae. 58 CUCINA&VINI TERRABIANCA 2014 DOLCEACQUA DOC Terre Bianche 13% vol - € 20,00 L’azienda nasce nel 1870 con Tommaso Rondelli: ora a guidarla ci sono Filippo Rondelli e Franco Laconi. Filippo, profondo conoscitore del territorio di cui è saggio ambasciatore di rara abnegazione, possiede vigne di rossese ad Arcagna e Terrabianca, due cru vocati. Bricco Arcagna 2014 si presenta comme il faut: austero, strutturato, complesso, dotato di notevole personalità. Il Terrabianca 2014, al suo primo anno di produzione in cru, ci colpisce per la sua immediata naturalezza, per la sua polpa, la tensione gustativa, la vibrazione sapido-acida, la beva coinvolgente. DOLCEACQUA SUPERIORE DOC 2009 Altavia 13% vol - € 15,00 Altavia è il nome dello splendido sentiero che attraversa tutte le Alpi Liguri, da Ventimiglia a La Spezia, offrendo dei paesaggi mozzafiato. Fondata dalla famiglia Formentini nel 2003 in società con Gianni Arlotti, Altavia possiede cinque ettari vitati in località Arcagna. A coordinare i lavori in vigna e in cantina è stato chiamato un professionista ben noto nel mondo enologico, Federico Curtaz. Nell’interessante verticale, che ci ha permesso di capire la visione enologica e l’ottima evoluzione di questi Rossese sui generis, strutturati ma dai tannini finissimi, ci ha colpito la 2009. Curtaz ha interpretato il territorio arricchendolo con la propria esperienza. Al naso si apre profondo e complesso, con note di macchia mediterranea. La trama tannica è soffice e armoniosamente fusa. La forza espressiva emerge pur nel sorso vellutato, richiamando memorie sottili e vibrazioni intense. Beva piena, sensuale e appagante. PINI 2014 ROSSESE DI DOLCEACQUA SUPERIORE DOC Poggi dell’Elmo 14% vol - € 15,00 I Gugliemi, come tutti in zona, coltivano le vigne sin dall’Ottocento, poi, alla fine degli anni Settanta, con la crisi del comparto, la famiglia si dedica alla floricoltura. Nel 2000 fondano l’azienda, dedicandola a Elmo, padre di Gianni, attuale referente. Producono quindicimila bottiglie, fra le quali abbiamo assaggiato due annate 2014, un Rossese di Dolceacqua speziato e schietto, e un Superiore Pini (storico cru, con vigne vecchie su diverse parcelle) dalle note calde di macchia mediterranea, con una trascinante succulenza balsamica. DOLCEACQUA DOC 2014 Antonio Perrino 13,5% vol - € 16,00 Signor Nino è la memoria storica del Rossese, anche se la prima etichetta risale al 1982. Cinquantaquattro anni di vendemmie alle spalle, portati con la saggezza di un grande vecchio del vino. Il suo è un Rossese artigiano, diverso a ogni bottiglia, fatto con i lieviti indigeni, i raspi, pigiato con i piedi, accolto da vecchie botti di rovere. Tradizionale e fiero di esserlo. Sorprendente la capacità di invecchiamento dei suoi vini. Integro, vivo, dinamico e cangiante, questo Rossese gode di una titillante sapidità che spinge alla beva. ROSSESE DI DOLCEACQUA DOC 2014 Rondelli 13,5% vol - € 14,00 ROSSESE DI DOLCEACQUA SUPERIORE DOC 2014 Foresti 14% vol - € 15,00 14% vol - € 14,00 I Rondelli, chiusa la parentesi florovivaistica durata più di un decennio, tornano a occuparsi di vino e con Roberto, nel 2008, comincia la produzione. Due ettari abbondanti in due cru, Migliarina (unico produttore) e Tramontina, ventimila bottiglie in totale. Bella prova per il Rossese fine e garbato, slanciato e fresco che si esprime con succosa piacevolezza. I due Migliarina, 2013 e 2012, pur in modo diverso, sono segnati da un legno un po’ ingombrante. Da azienda imbottigliatrice nata nel 1979, nel corso degli anni e grazie a Marco Foresti, a produttrice di vini derivanti almeno in parte da vigneti di proprietà. I numeri (undici ettari per settantacinquemila bottiglie) sono considerevoli per l’areale. Note mediterranee e di sottobosco, in bocca si esprime immediato, dotato di freschezza e succosità nella trama elegante ed equilibrata. Dopo una vita trascorsa come chef de cuisine all’hotel de Paris di Monte Carlo, Mario da pensionato si dedica a quella che in zona è sempre stata la passione dominante. Nel 2004, con il suo ettaro scarso in zona Colla a seicento metri d’altitudine, fonda un’azienda piccina e autentica, che attualmente produce tremila bottiglie. Con la supervisione dell’enologo Walter Bonetti, Mario produce Rossesi schietti, sottili, spontanei anche nelle note chiaroscurali. ROSSESE DI DOLCEACQUA DOC 2014 Tornatore Giuseppina ROSSESE DI DOLCEACQUA DOC 2014 Gajaudo - Cantina del Rossese FULAVIN 2014 ROSSESE DI DOLCEACQUA SUPERIORE Tenuta Anfosso 13,5% vol - € 16,00 Veder in quel di Poggio Pini gli alberelli ultracentenari (quasi centotrent’anni) e le pendenze dove Alessandro Anfosso sfacchina quotidianamente, custode attento di quei muretti che provvede a riassestare non appena si sfila qualche pietra, è p rofo nda me nt e toccante. Gli altri campi sono a Luvaira, per un totale di quattro ettari e mezzo di proprietà. Dal 2002 Alessandro si dedica completamente alla sua passione di sempre. Con Fulavin restiamo impressionati da un naso complesso, profondo, stratificato. Generoso, ampio, il liquido è sollecito e fine, imprevedibile nella sua ritmicità, rimarchevole nella spinta acida. ROSSESE DI DOLCEACQUA DOC 2014 Mario Muratore 14% vol - € 12,00 12,5% vol - € 11,50 Realtà familiare, guidata da Nuccio Tornatore su un ettaro di vigne diviso fra la zona di Armetta e Tramontina. La prima etichetta è del 1987, a oggi non producono più di duemilacinquecento bottiglie. Un Rossese che ha tratti di spontanea rustica artigianalità, rugoso e ruspante, ma fragrante nelle note fruttate e speziate e sostenuto da una rinfrescante acidità. È una delle realtà più produttive, con centocinquantamila bottiglie. Giulio e Fulvio son persone concrete, affabili, con mente imprenditoriale. Ricchi d’entusiasmo, vinificano sia uve di vignaioli conferenti sia di vigneti gestiti (due e mezzo di proprietà, tre in conduzione). Il loro Dolceacqua ha note di rosa canina e fragoline di bosco, in bocca è bilanciato e slanciato, sapido e beverino. CUCINA&VINI 59 Verdicchio di Matelica Collestefano Un sogno curato con precisione Attraversando l’Alta Valle del fiume Esino, tra campi di grano e girasoli, vigne, grandi querce e sullo sfondo gli Appennini azzurri, giungiamo a Collestefano, nel comune di Matelica. Non c’è nulla intorno, solo una grande vallata, l’unica delle Marche che non segua la direzione ovest est verso il mare, ma corra invece da nord a sud, chiusa alle brezze marine e protetta dai venti freschi del nord dagli Appennini. I Marchionni giungono qui, a Rustano di Castelraimondo, in provincia di Macerata, intorno al 1960, riuscendo, dopo tante fatiche, ad acquistare nel 1978 questo piccolo borgo a circa quattrocentocinquanta metri di altitudine, chiamato Collestefano. Ma sarà solo nel 1998 che Fabio, reduce da un’esperienza lavorativa in una enoteca in Germania, imbottiglierà la prima annata di Verdicchio di Matelica, sempre affiancato dai genitori e dalla moglie Silvia, che si divide tra la campagna e le figlie Elena e Serena. La storia di Fabio Marchionni sembra una favola: la scuola, l’università, l’incontro con sua moglie Silvia, l’impresa agricola, i figli. Tanti piccoli passi, mai avventati, come l’esperienza contadina insegna, e con le idee sempre chiare. Una storia abbastanza recente in un piccolo podere delle Marche, un sogno, una piccola fattoria familiare in stile Alto Adige che oggi ha raggiunto una produzione di centomila bottiglie di Verdicchio di Matelica a cui possiamo aggiungere due particolarità: un Marche Rosato Igt, in produzione dal 2009, ottenuto dalla vinificazione in bianco di sangiovese (in prevalenza) e cabernet sauvignon, vino immediato che esprime tutta la freschezza del luogo, e una produzione lilliput di spumante metodo classico (da uve verdicchio provenienti dai vigneti più freddi e raccolte in anticipo di maturazione), un vino teso e croccante. PROFILI DIVINI Il Verdicchio di Matelica Collestefano, prodotto in conduzione biologica, con fermentazione sempre e solo in acciaio, è tenuto ai rigori invernali e, pur mantenendo la sua grande acidità (da sette a nove grammi per litro), è stabilizzato dalle escursioni termiche. La vinificazione in vasche piccole, di dieci-venti ettolitri, nata per necessità poiché la cantina era molto piccola, è stata poi conservata nei nuovi spazi per scelta. In ogni vasca va l’uva di ogni singolo appezzamento che viene vinificata separatamente. Non viene svolta la fermentazione malolattica e i vini così ottenuti vengono assemblati per un taglio finale unico. Un blend dove finiscono solo i vini migliori, come il nostro Verdicchio di Matelica Collestefano Doc 2015. (L.N.) A CURA DI ENOFOLLIA VERDICCHIO DI MATELICA DOC 2015 12,5 % vol - €9,50 Uve: verdicchio Bottiglie prodotte: 100.000 www.collestefano.com Il colore è giallo dorato brillante. Il naso mette in risalto le sue grandi doti fruttate e floreali con una rinfrescante e trasversale vena minerale e vegetale. Mela, a tratti anche matura, pesca gialla, susina, arancia, cedro, ginestra, gelsomino, timo serpillo, fieno, note minerali calcaree e mandorla anche in confetto. In bocca è molto fresco, morbido e sapido, dotato di tessitura ricca che conduce l’assaggio verso l’equilibrio, ferma restando la verve acida che si mantiene sempre alta; il retrolfatto è coerente col naso e ritroviamo in grande spolvero il frutto già declinato, con l’agrume nel finale sulla scia fresca. Vivace e strutturato, è molto versatile, noi lo abbiamo gustato insieme a coniglio con olive, pomodorini e finocchietto selvatico. CUCINA&VINI 61 PROFILI DIVINI Delico Sorelle Bronca La mano gentile di chi fa bollicine Ci troviamo in Veneto nella provincia di Treviso, nella zona Docg Colli di Conegliano, a cavallo tra le Dolomiti e il mare Adriatico. È qui che incontriamo l’azienda Sorelle Bronca, con vigneti dominanti le alte e ripide colline. Da queste campagne di proprietà e dalla cura attentissima che deriva dalla passione si ottengono vini di grande pregio. C’è veramente da essere orgogliosi se Antonella ed Ersiliana hanno saputo realizzare ciò che loro padre Livio aveva iniziato, riuscendo anche ad andare oltre le sue più rosee aspettative, basandosi solamente sull’esempio, lo spirito e la dedizione che egli aveva saputo trasmettere, creando in loro l’aspirazione a trasformare questo profondo sentimento familiare in progetto di vita. Una realtà che si è concretizzata con un percorso tutto in salita, come si conviene a vere donne di collina. In seguito si aggiunge alla squadra il marito di Antonella, Piero, che mettendo in campo la sua profonda conoscenza e innata passione per la coltura della vite, apporta grande qualità al lavoro fin li svolto. Ma è in questi ultimi anni che il team raggiunge il suo apice con l’ingresso in azienda di Elisa, figlia di Ersiliana, giovane e appassionata enologa che si è unita con entusiasmo a questo cammino di donne condiviso da impareggiabili uomini. Tra i vari cru, affascinante è il “particella 68”, dove abbiamo avuto la fortuna di trascorre qualche ora di riposo tra una degustazione e l’altra. Un vigneto che guarda verso sud, in forte pendenza e con un’ottima ventilazione, sempre soleggiato e con un substrato roccioso che conferisce all’omonimo vino una qualità particolare e percepibile, un Prosecco Superiore diverso di anno in anno. 62 CUCINA&VINI Ci fa sorridere ricordare alcuni aneddoti dei primordi, quando il nome “Sorelle Bronca” aveva creato all’estero qualche malinteso. In Germania, ad esempio, un cliente pensava che derivasse da una congregazione di suore vignaiole, mentre negli Stati Uniti si aspettavano di ricevere anziane signore contadine. Siamo in terra di bollcine ma anche di importanti vini fermi, come il Delico, vino bianco molto interessante e di grande finezza. È figlio di vigne esposte a sud a un’altitudine di oltre duecento metri, che ospitano cinquemilacinquecento piante per ettaro potate a guyot, che danno settantamila quintali d’uva per unità di superficie. Le vigne sono in conversione biologica. La vinificazione avviene in acciaio termo controllato mentre la maturazione di un anno per il 30% della massa in barrique, il resto in acciaio. (L.N.) DELICO 2014 COLLI DI CONEGLIANO DOCG 13,5% vol - €10,00 Uve: incrocio Manzoni 6.0.13, pinot bianco e riesling renano Bottiglie prodotte: 5.000 www.sorellebronca.com Fine e delicato, avvolge inizialmente con note fruttate e floreali. Troviamo pera, mela Granny Smith, note di mandarino, tracce esotiche di licci, rosa e petali di camomilla che vanno a intrecciarsi a freschi toni vegetali di salvia e ortica. In bocca conferma la sua raffinatezza, fresco e morbido, di buona sapidità, con tessuto setoso ed equilibrato, dotato di buon carattere, grazie anche alla componente alcolica importante che in finale di assaggio rende più carnose le percezioni di frutta e fiori tracciate nella fase primaria, accompagnate da leggerissime note di vaniglia e mandorla. Bello insieme a risotto Carnaroli all’ortica, mantecato al Parmigiano Reggiano stravecchio. PROFILI DIVINI Ottobre Rosso Tenuta i Fauri Nervosismo e piacevolezza Che atmosfera si vive sulle colline vitate teatine quando lo skyline è disegnato dalla Majella interamente visibile! Siamo tra la montagna e l’Adriatico, poco a sud di Chieti, una zona dove la viticoltura è vita quotidiana, dove la vigna e l’olivo occupano gran parte della superficie collinare, creando uno spettacolo tutto italiano. Tenuta i Fauri è una realtà familiare che nasce nel 1978 quando Domenico Di Camillo decide di cambiare vita e di occuparsi delle terre di famiglia, ma evidentemente ha radici agricole più lontane. Oggi Domenico e Tiziana con i figli Valentina e Luigi gestiscono in ogni aspetto l’azienda avendo fatto tutti la scelta della terra a scapito di un’altra attività, supportandola affrontando ulteriori studi adeguati, con la leggerezza di chi segue l’amore e la passione e, perché no, a suon di musica visto che Domenico è un tenore e i figli sono entrambi diplomati in pianoforte al conservatorio. Vino quindi come cultura e stile di vita che li ha portati a non seguire mode e tendenza, ma a dare spazio al proprio spirito “rivoluzionario”. Ottobre Rosso incarna questo rispetto per sé stessi e la terra e vuole portare allo scoperto l’anima dell’uva montepulciano, facendo ritrovare nel calice il territorio di provenienza: “è un Montepulciano normale - afferma Valentina Di Camillo -, fatto non per stupire o ingentilito da legni e dolcezze, ma che non teme l’irruenza varietale donata dal pedoclima e territorio teatino, un Montepulciano tutto nervosismo e piacevolezza”. Il risultato è stato ottenuto con un ritorno alle origini studiato e gestito, ovvero l’utilizzo in vinificazione del cemento, oggi tornato all’attenzione di tutti per la sua capacità di isolare il vino termicamente ed elet- tricamente. “Ai tempi dei nostri esordi il cemento sapeva di povero, al contrario delle lunghe e costose barricaie messe in mostra dalle cantine più prestigiose. Avevamo quasi vergogna a mostrare quei serbatoi grigi che invece oggi fanno tanto tradizione e territorio. Nessuna retorica del legno, un vino di grande struttura ma fresco e fruttato, che macchia i denti e le tovaglie”. È frutto di vigne poste su terreni di medio impasto e potate a cortina semplice, con una densità d’impianto di tremila piedi per ettaro e centodieci quintali di uva. La macerazione dura fino a dieci giorni e, dopo la svinatura, il vino matura per dodici mesi prima dell’imbottigliamento. (F.D’A.) OTTOBRE ROSSO 2014 MONTEPULCIAMO D’ABRUZZO DOC 13,5% vol - €14,00 Uve: montepulciano Bottiglie prodotte: 40.000 www.tenutaifauri.it Vino aitante ed energico, da vivere a tavola. Rubino violaceo molto intenso e vivace, impenetrabile, deciso al naso nel fondere frutto e spezie, con gentili accenni tostati: ciliegia, amarena, mora, mirto, anche in foglia, lampone, mirtillo dialogano con sentori di liquirizia, pepe, grafite, ardesia, vaniglia, tabacco e noce moscata in un gioco di chiaro scuri che invita. Bocca di impatto polposo, morbido, vellutato, di grande verve dinamica, con una componente tannica imponente che manifesta la sua esuberanza giovanile nel finale. Il frutto denso si avverte subito, poi la speziatura si fonde e nel finale cresce la liquirizia e la grafite sulla scia tannica, mentre in persistenza torna una nota di mora graffiante. Bene in compagnia di un piccione ai fegatini di pollo. CUCINA&VINI 63 PROFILI DIVINI Collepazzo Piero Riccardi Lorella Reale Autori e vignaioli La nostra maggiore occupazione è quella di andare a scovare i talenti laddove se ne possano trovare. Così ci è capitato, quasi per caso un vero e proprio colpo di fulmine. La “Piero Riccardi Lorella Reale” è un’azienda di cinque ettari che abbraccia i due comuni limitrofi di Bellegra e Olevano Romano, nata nel 2010 dal desiderio di conservare a Bellegra una terra di famiglia, dei nonni prima e dei genitori di Piero poi, di salvaguardarne la sua straordinaria biodiversità, oltre al sogno di produrre, nella campagna di Olevano Romano, il Cesanese, il vino rosso autoctono più rappresentativo del Lazio. In campagna vengono seguiti i metodi dell’agricoltura biodinamica, con lo scopo di lasciare esprimere le piante nella loro peculiarità e nella convinzione di poter ottenere, così, vini non soltanto radicati nel loro territorio ma anche godibili e sani. Lei siciliana, sommelier e laureata in filosofia applicata, svolge principalmente la sua attività nel campo della letteratura e della televisione (suo è il documentario Storia del movimento femminista in Italia) e lui, da sempre studioso di agricoltura, da trenta autore e regista televisivo per la Rai (Mixer, La storia siamo noi, Report), condividono sia la passione per il vino che l’attività professionale. A Olevano Romano, esattamente nella zona di Colle Pazzo, a trecento metri di altitudine, sono stati realizzati due vigneti della varietà cesanese di Affile. All’interno dei vigneti esistono due tipologie di terreno, uno di natura vulcanica rossastro, l’altro invece composto da arenarie emerse nel cretaceo. Le uve vengono raccolte per zone e al termine di ogni affinamento si ottengono tre diversi tipi di Cesanese, 64 CUCINA&VINI due che sono il risultato di ciascun terreno e uno che rappresenta il frutto dell’unione delle uve prodotte sulle due superfici. La raccolta manuale in più passaggi in vigna, per portare in cantina solo uve alla giusta maturazione, ha dato vita nel 2013 a due vini, il Collepazzo e il Càlitro. Dopo una pigiatura soffice, la fermentazione e la macerazione avvengono in vasche di cemento in circa due, tre settimane, senza controllo della temperatura e con rimontaggi giornalieri. Successivamente, in base a una valutazione dell’annata, gli affinamenti avvengono in cemento, in acciaio oppure in legni grandi e piccoli di rovere e di castagno. Nasce così il Cesanese. Altre sperimentazioni, in particolare su vitigni a bacca bianca come semillon, riesling renano, chenin blanc e rosciola, stanno dando i loro frutti. (L.N.) COLLEPAZZO 2013 OLEVANO ROMANO CESANESE DOC 14,5% vol - €15,00 Uve: cesanese di Affile Bottiglie prodotte: 3.700 www.cantinericcardireale.it Di colore rosso rubino tendente al porpora, al naso è intenso e ricco di frutti rossi con interessanti note speziate che si fanno sempre più evidenti nel corso della degustazione. Troviamo marasca, prugna, mora e note di sottobosco. Pepe nero, noce moscata, cardamomo, bacche di mirto e sentori di minerali lavici, toni dolci di cacao e una curiosa nota fumé di bella persistenza. Al palato è di discreto spessore e di beva invitante, a tratti si fa caldo per il buon tenore alcolico. È di bella dinamica, bilanciato, con un tannino presente e levigato che dona lunghezza ai ritorni fruttati che si fondono con le percezioni minerali e speziate trovate lungo il percorso. Bene insieme a un bel pollo S. Bartolomeo con peperoni. PROFILI DIVINI Diciassettesalme Cottanera I linguaggi di Mongibello Chi si trova a percorre la Sicilia etnea in auto tradizionalmente, ovvero utilizzando mappe cartacee per scoprire il territorio non può non aver notato che accanto al toponimo “Etna”, tra parentesi trovate Mongibello. Senza andare a scomodare le radici di questo nome che si muovono tra storia, mitologia, cultura classica e tradizione volgare, il nome è ancora usato dagli anziani per identificare il grande vulcano: è certamente maestoso e bello, ma per la popolazione agricola delle sue pendici quel bello significa anche buono, tanta è la sua generosità nei confronti delle colture tradizionali su quelle terre. Non è una questione di quantità, ma realmente di qualità del prodotto che qui ha carattere e personalità. L’uva è sempre stata favolosa e il vino un po’ meno, salvo eccezioni, ma è un prodotto di trasformazione e la diffusione della competenza enologica è un fatto recente. Oggi Etna anche nel mondo del vino è sinonimo di qualità, carattere e personalità e Guglielmo Cambria ci credette già negli anni Novanta quando col fratello Enzo estirpò un noccioleto per impiantare vigna (subito vitigni internazionali e nel tempo gli autoctoni) nella tenuta Cottanera, toponimo nei pressi di Castiglione di Sicilia, sulla costa nord del vulcano. Corpo unico di cento ettari, sessantacinque a vite, è poggiato su quella superficie lavica che tanto dà alle piante, amplificando inoltre i caratteri del sottosuolo. I Cambria insieme a gli altri produttori dell’Etna se ne sono accorti e da qui la strategia di realizzare etichette dedicate a ciascun appezzamento uniforme da un punto di vista pedologico: aspetto non casuale, queste Contrade hanno tutte un nome tradizionale, legato al territorio da tempo immemore; è proprio dell’uomo quello di dare un nome a ogni zona, ma qui sembra non trattarsi solo di questioni amministrative ma anche di in- dicazioni legate all’uniformità di comportamento colturale delle diverse aree. Dal 2011 il nome della Contrada è diventato una menzione geografica aggiuntiva per la Doc Etna, in ognuno dei comuni etnei ce ne sono molte. E il nerello mascalese, l’uva nera etnea per antonomasia, è un grande interprete di ogni area. Siamo in Contrada Diciassette Salme (la salma è un’antica unità di misura agricola di territorio che equivale a poco più di 1,7 ettari) a settecentocinquanta metri di altitudine, in vigne di età media pari a dodici anni, dotate di cinquemilasettecento piante per ettaro, potate a cordone speronato. Dopo la fermentazione a temperatura controllata, il vino effettua la malolattica in botte di rovere francese, dove matura per otto mesi. (F.D’A.) DICIASSETTESALME 2014 ETNA ROSSO DOC 13,5% vol - €18,00 Uve: nerello mascalese Bottiglie prodotte: 6.000 www.cottanera.it Elegante e avvolgente. Di un bel rubino carico, è intenso e gentile al naso nel porgere la sua ampia gamma di aromi che accoglie con viola e peonia, con cenni di fiori bianchi di artemisia, mentre il frutto va dalla visciola ad arancia rossa e chinotto, passando per mora, gelso nero, ciliegia, declinati anche in confettura, e ancora vaniglia, pepe, cardamomo, nocciole secche e leggermente tostate molto definite, pasticceria soffice al cacao con tratti minerali scuri che non possono non ricordare il suolo d’origine. Bocca di grande bilanciamento ed eleganza, dinamica, morbida, dall’alcol perfettamente integrato e i tannini importanti e fusi nella tessitura media. Ritorna sui percorsi del naso allargandosi a cenni di polvere di caffè. Eccellente con agnello arrosto e per chi ama osare, insieme a tonno in umido alla siciliana. CUCINA&VINI 65 Buone&nuove RONCADIN DÀ IL VIA ALLA NUOVA LINEA PER LE PIZZE SENZA GLUTINE È cominciata la produzione delle pizze senza glutine di Roncadin, realizzate grazie alla nuova linea dedicata nello stabilimento di Genova. L’azienda di Meduno (Pn), diventata negli anni un punto di riferimento nel settore delle pizze e degli snack surgelati di alta qualità, aveva annunciato a ottobre il progetto per la nuova sede produttiva di Genova, che ora è operativa. Roncadin corona quindi un anno di crescita che ha visto tra l’altro l’inaugurazione di un’altra nuova linea di produzione, la quinta, nello stabilimento principale in Friuli, l’estate scorsa. Roncadin attualmente produce trecentonovantamila pizze al giorno e ha l’obiettivo di arrivare a ottanta milioni di pezzi prodotti in un anno, per un totale di novanta milioni di fatturato. A questi si aggiungeranno i dieci milioni di pezzi l’anno che Roncadin prevede di produrre nel nuovo stabilimento ligure. “Abbiamo deciso di realizzare una linea gluten free per soddisfare le esigenze di una nicchia del mercato, venendo incontro a chi non può o non vuole consumare prodotti contenenti glutine”, afferma l’amministratore delegato Dario Roncadin. GUSTO DI BARBECUE CON LA Il trend salutista non accenna a 66 CUCINA&VINI promotion fermarsi e così anche al ristorante sono sempre di più le persone che preferisco cotture leggere e sane come certamente è quella alla griglia. Rational, che è sempre attenta alle tendenze alimentari, ha lanciato sul mercato professionale CombiGrill®, la griglia antiaderente rivestita in Trilax brevettata dall’azienda. La nuova griglia di carico è una graticola in acciaio che permette di disporre i prodotti fuori dal forno e inserirli a contatto con la CombiGrill® in un solo gesto per ottimizzare la grigliatura, in particolare di quelle pietanze che richiedono un tempo breve di cottura, come ad esempio le bistecche o le verdure. di Polli, salse per bruschette e sughi vegan pronti da mangiare, capaci di portare in cucina tutto il gusto genuino delle verdure italiane. Polli infatti, oltre a proporre le nuove “Vaschette per... fette” per preparare gustose bruschette classiche al pomodoro, ai funghi, ai carciofi e alla siciliana con tutto il sapore delle verdure italiane, lancia sul mercato i primi sughi tipici in chiave vegan pensati per la grande distribuzione: il pesto alla genovese e il pesto rosso, entrambi resi più leggeri dal tofu, e l’immancabile ragù alla bolognese, che viene reinterpretato grazie a una ricetta basata sui germogli di soia. IL TRONCHETTO DI CAPRA MERCI CHEF, ARRIVA IN ITALIA FONTANELLA ROSSO, IL NUOVO UMBRIA IGT DI GORETTI Il brand francese Soignon, cambia rotta. Nasce così Merci Chef la nuova costola dell’azienda francesce che lancia e distribuisce nella Gdo la referenza più rappresentativa del brand: il tronchetto di formaggio di capra. Morbido e gustoso, il tronchetto è ideale accompagnato a una fresca insalata oppure mangiato insieme a del miele o delle composte di frutta. È disponibile nei migliori supermercati al costo di € 3,20. 4 E 4 ORTO! LE NUOVE SALSE PER BRUSCHETTA DI POLLI NUOVA GRIGLIA RATIONAL CUCINA&VINI I sapori e i profumi dell’orto di casa arrivano direttamente sulla tavola con le nuovissime vaschette “4 e 4 Orto” Novità dell’azienda della campagna perugina. Alla quarta generazione familiare coinvolta nella viticoltura, Goretti presenta la linea di vini Fontanella, un bianco, un rosato e un rosso, tutti certificati Umbria Igt. Restando nel solco della tradizione, vero caposaldo familiare su cui l’azienda ha costruito il suo successo, la nuova linea ha uno stile più immediato e disinvolto, dedicato a tutti, ma anche ai giovani troppo spesso catturati da un bere non di qualità e senza anima. Il Rosso, a base di sangiovese e merlot in pari quantità, è figlio di vigne di quattromila piante per ettaro potate a cordone speronato, con una resa media di soli settantacinque quintali per unità di superficie. La vinificazione è classica in acciaio a temperatura controllata, poi il vino matura in vetro per cinque mesi prima della commercializzazione. L’assaggio in anteprima è stato molto interessante, come invitante è annunciato il prezzo. ...dalle aziende Buone&nuove CUCINA&VINI promotion Tenuta Moreno Masseria & Spa, un’antica masseria del Settecento, è un complesso architettonico che si inserisce armoniosamente nella tipica campagna pugliese, immerso nei dodici ettari di un vasto uliveto. È un luogo magico dove profumi e colori tipicamente mediterranei fanno da cornice a un comfort d’eccellenza quale quello offerto da una realtà alberghiera di prim’ordine. A pochi chilometri dal mare, a Mesagne, con le sue ottantasei camere circondate dalle suggestioni di giardini fioriti e di un romantico uliveto, contraddistinte da uno stile chic ma che non tralascia i dettagli della tradizione locale - come le splendide ceramiche di Grottaglie -, costituisce la location ideale per trascorrere esclusivi momenti di relax. La filosofia che anima l’incanto della Tenuta è il rispetto per la natura che si manifesta in tutti i suoi ambiti: il consumo dell’acqua, la riduzione 68 CUCINA&VINI TENUTA MORENO MASSERIA & SPA: CHARME ECO-FRIENDLY NELL’ALTO SALENTO dolce di Carovigno ottimo con il purè di fave, che potranno essere assaporati dopo la trasformazione delle sapienti mani dello chef. Ulteriore peculiarità di Tenuta Moreno Masseria & Spa è che vanta il più ampio campo di fichi della Puglia: raccoglie ben settanta varietà di alberi provenienti da tutta la zona mediterranea, dalla Francia al Nord Africa. I frutti delle varietà locali entrano anche nel ciclo produttivo del presidio Slow Food del fico mandorlato di S. Michele Salentino: i fichi, essiccati al sole, vengono aromatizzati con scorza di limone e semi di finocchietto selvatico e arricchiti con mandorle di coltivazioni locali. Tenuta Moreno Masseria & Spa dispone inoltre di una splendida piscina con annesso ristorante per piacevoli light lunch a completare momenti di autentica piacevolezza davanti a un bicchiere di Negroamaro, il tipico vino dell’ospitalità. A bordo piscina, tra palme e olivi secolari, è possibile anche fruire di rilassanti trattamenti di bellezza all’ombra dei bianchi gazebo o seguire sessioni di yoga, tai chi e pilates. Imperdibile infine la Spa realizzata con materiali naturali e contraddistinta da ampie vetrate, con vista panoramica sull’aranceto e sulla piscina scavata nella roccia: utilizza l’olio extravergine di oliva proveniente dalla vicina riserva marina di Torre Guaceto, lavanda e rosmarino. Da provare, tra gli altri, il massaggio con gli “shcantareddi” piccoli sassi arrotondati opportunamente raffreddati - per rigenerare il corpo e lo spirito. Tenuta Moreno Masseria & Spa Contrada Moreno 72023 Mesagne (Br) Tel. 0831.774960 Fax 0831.721487 [email protected] LE FOTO DEL SERVIZIO SONO DI ALESSANDRO CASTIGLIONI dell’utilizzo di anidride carbonica, la raccolta differenziata, la limitazione degli ingombri, tutto all’insegna di uno stile di vita sostenibile. Green è anche la cucina capitanata dallo chef Vincenzo Elia che trasforma i prodotti a chilometro zero dell’eccellenza del territorio (come i pesci che sono forniti dalla Cooperativa dei Pescatori di Torre Guaceto che è un presidio Slow Food) in emozionanti combinazioni e creazioni per un’esperienza unica di tradizione e originalità. Le proposte e gli abbinamenti dei due ristoranti, Aranceto e Sallentia, variano in funzione della stagionalità e dell’offerta dei produttori locali riservando, di volta in volta, sapori diversi. Gli ospiti hanno la possibilità di raccogliere ortaggi e verdure ottenute dalle antiche sementi autoctone dell’orto biodinamico della masseria, come quelle del pomodoro fiaschetto e regina o il peperoncino CUCINA&VINI 69 Buone&nuove Le Terme della Versilia, inaugurate nel 1998, rappresentano uno dei pochi esempi di termalismo sul mare in Italia. Immerse nel meraviglioso scenario della Versilia, offrono una vasta selezione di trattamenti termali, benessere ed estetici. Le terme, collegate all’Hotel Villa Undulna, sono inserite in un giardino di oltre trentamila metri quadrati e si trovano a soli tre chilometri da Forte dei Marmi, cuore della Versilia. A pochi metri si può inoltre godere di un’attrezzatissima spiaggia. Le Terme della Versilia utilizzano le virtù terapeutiche dell’acqua salsobromoiodica e della torba, preziosi elementi prodotti dalla generosità della natura del territorio circostante. L’acqua salsobromoiodica ricchissima di sali minerali, in particolare di iodio (con una concentrazione dieci volte 70 CUCINA&VINI superiore a quella dell’acqua di mare), sodio, bromo, ferro, manganese, nichel e zinco, viene impiegata nelle vasche idromassaggio e nel percorso vascolare Kneipp per le sue proprietà miorilassanti, antinfiammatorie, drenanti e stimolanti sulla circolazione periferica. La torba termale estratta dal bacino del lago di Massaciuccoli è una sostanza organica, risultato della trasformazione millenaria di particolari specie vegetali. Idratante, antisettica e dermo-purificante la torba è ricchissima di sostanze quali enzimi e vitamine dalle incredibili virtù mineralizzanti, restitutive e lenitive; è benefica per la pelle e coadiuvante nella cura di molti problemi infiammatori e reumatici. Viene applicata a temperatura corporea mediante stesura sul corpo o sul viso tramite spalmatura, illumina CUCINA&VINI promotion l’epidermide esercitando l’azione di un peeling naturale e apportando preziosi sali minerali. Studi universitari recenti hanno dimostrato anche la sua utilità nel prevenire l’osteoporosi e nel combattere la cellulite. Questa torba preziosissima è disponibile esclusivamente alle Terme della Versilia. Tutti i percorsi termali sono seguiti da una qualificata équipe medica composta da specialisti in idrologia medica, dermatologia, endocrinologia e osteopatia. Inoltre, una linea cosmetica personalizzata consente di proporre esclusivi trattamenti atti a infondere profondo benessere. Terme della Versilia arricchisce la propria offerta e riapre totalmente rinnovata: come fil rouge il rispetto dell’ambiente e la sostenibilità. A partire dai materiali utilizzati - solo naturali come pietra, marmo bianco di UN’OASI DI BENESSERE NEL CUORE DELLA VERSILIA Carrara e legno - per proseguire con la “tecnologia pulita” come il sistema di adduzione dell’acqua termale, sanificato senza solventi chimici ma solo con vapore ad altissima pressione e temperatura. Una nuova sauna, un bagno turco con cromoterapia e aromaterapia caratterizzano la nuova Area benessere Undulna, la doccia emozionale e quella a cascata completano il percorso, per poi potersi rilassare nell’ampliata area relax su lettini riscaldati ad acqua. Per arricchire le possibili modalità di applicazione della torba, la sezione termale è stata rinnovata con la creazione della cabina per il bagno torboso, ossia un bagno in acqua termale salsobromoiodica della durata di quindici-venti minuti, in una vasca nella quale precedentemente sono stati aggiunti circa due chilogrammi di torba. Al bagno terapeutico segue la cosiddetta fase di reazione con riposo sul lettino della durata di venti minuti, fase in cui il paziente viene avvolto in una morbida coperta. L’offerta termale si declina in tre forme: beauty, benessere e termale, su una base di servizi che possono essere personalizzati dai clienti secondo le proprie esigenze. Terme della Versilia comprende anche l’omonimo ristorante, dove la fantasia e la maestria dello chef, Giuseppe Fulco, deliziano tutti gli amanti del bien vivre e del mangiar sano con una varietà di piatti tipici regionali e delicatezze italiane nonché internazionali che privilegiano i prodotti del territorio diviso tra mare e monti. Terme della Versilia rappresentano, in sintesi, un’oasi dove convivono in perfetto equilibrio eleganza, qualità e contenuti. Terme della Versilia Viale Marina, 191 54030 Cinquale (Ms) Tel. 0585.807788 Fax 0585.807791 CUCINA&VINI 71 Rocco De Santis, LE FOTO DEL SERVIZIO SONO DI LUCIANO FURIA il vento nuovo dell’Agro Pontino 72 CUCINA&VINI S iamo a Latina, cuore pulsante dell’Agro Pontino a sud del Lazio. La città, che negli anni ha addolcito la sua architettura “ammorbidendo” le linee di futurista memoria, si abbandona alle acque marine da un lato e alla catena dei monti Lepini dall’altro offrendo alla vista un panorama unico nel suo genere. Suggestiva ed emozionante è la fusione del rumore del mare con quello delle foglie e che bello sarebbe unire a questo appagamento dell’anima e della vista anche quello del palato concedendosi una grande esperienza gastronomica. Ma togliamo il condizionale e usiamo il presente, perché da un anno a questa parte Latina è entrata di diritto nell’elenco delle mete gourmet italiane grazie al ristorante Vistamare dell’hotel Il Fogliano. Lo chef A capo della cucina del ristorante Vistamare c’è Rocco De Santis, uno chef tanto brillante quanto umile. Nel corso di tutta l’intervista, raccontando l’impegno al Vistamare non ha mai coniugato i verbi alla prima persona singolare, sottolineando più e più volte che tutti i traguardi raggiunti in questo anno sono il frutto di un lavoro di squadra, una grande squadra. Ma noi con piacere accendiamo i riflettori su questo chef che ha molto da dire attraverso i suoi piatti e non solo. Rocco De Santis è un fiume in piena, si racconta con entusiasmo partendo ovviamente dalle sue origini, dalle radici che affondano in terra campana, salernitana esattamente. “Sono nato in un paesino di duemila anime, Penta di Fisciano a due passi da Salerno. A casa mia la cucina, il rito della preparazione del pasto è sempre stato sacro - racconta lo chef -, mia madre era ed è una donna di casa, nei miei ricordi d’infanzia ci sono i profumi del ragù in preparazione già dalle prime ore della domenica mattina, i pomeriggi invernali trascorsi a casa a impastare pizza o pane perché fuori era troppo freddo e al parco non si poteva andare”. Considerate le premesse, la scelta di frequentare l’alber- CONVERSANDO CON LO CHEF ghiero è stata automatica, quasi naturale. Ha studiato sodo e lavorato con costanza Rocco e così, per tutta la durata della scuola alberghiera, si sbrigava a sostenere prove e interrogazioni entro maggio così da poter partire immediatamente per la stagione estiva. Si è fatto le ossa nelle grandi cucine d’albergo quelle in cui i coperti da servire non sono mai meno di mille e la palestra è di quelle intensive, dove si fatica e si suda parecchio. Nel 1999 arriva l’esperienza importante quella che per Rocco rappresenta il passaggio da una cucina di quantità a una di qualità, in cui sono i dettagli a fare la differenza. Dunque, appena ventenne, arriva nella cucina di Gennaro Esposito a La Torre del Saracino in quel di Vico Equense e si avvicina alla cucina gourmet appassionandosene. Da questo momento in poi la scelta dei luoghi in cui continuare la sua formazione si è sempre concentrata su posti in cui la grande cucina abbracciava l’hotellerie di lusso. Approda nella cucina dell’Eden di Roma ai tempi di Enrico Derflingher, segue poi una immancabile tappa francese che nel caso di Rocco De Santis sarà da George Blanc nel suo Village Blanc. Rientra in Italia, a Palazzo Sasso da Pino Lavarra a Ravello, per poi ritornare da Gennaro come secondo. Ma voleva a tutti i costi mettersi in gioco in prima persona e così, quasi per caso, due anni fa arriva la telefonata di un suo amico che gli parla di questo posto di Latina che ha bisogno di una sferzata di energia in cucina. Rocco s’incuriosisce e senza pensarci due volte si mette in macchina verso Il Fogliano scoprendo un posto di rara eleganza, una perla del litorale laziale. Parla con i coniugi Gargiulo - la proprietà - che hanno le idee chiarissime: vogliono affidare il ristorante a uno chef preparato, che sappia rinnovare la proposta gastronomica non banalizzandola. Quindi niente spaghetti con le vongole, niente frittura ma creatività, novità, sperimentazione. Rocco accetta e a marzo del 2015 intraprende con entusiasmo questa nuova esperienza. DI VALENTINA VENTURATO Estro e rigore i punti cardini della proposta gastronomica del Vistamare Chef: Rocco De Santis Vistamare Piazzale G. Loffredo - Strada Lungomare Latina - Sabaudia - 04100 Latina Tel. 0773.273418 www.ilfoglianohotel.it [email protected] Martedì chiuso tutto il giorno CUCINA&VINI 73 CONVERSANDO CON LO CHEF Carmine Robibaro, restaurant manager Lo chef con la sua squadra 74 CUCINA&VINI Il ristorante Vistamare, la sala e la filosofia gastronomica Non esiste nome migliore per questo ristorante la cui sala è completamente avvolta dal colore del mare e dalla luce del sole, grazie alle ampie e continue vetrate che la circondano. L’arredamento è lineare di una eleganza essenziale che non presta il fianco a inutili orpelli. L’accoglienza così come la carta dei vini e la direzione del servizio in sala sono nelle mani sapienti di Carmine Robibaro, sommelier professionista nonché memoria storica del ristorante e della struttura tutta dove presta servizio dal 2011, anno dell’apertura dopo una lunga e corposa ristrutturazione. Carmine - supportato dalla validissima Erica - rappresenta la concreta sintesi di ciò che dovrebbe essere il servizio in sala. Attento ma non invadente, professionale ma mai supponente, disponibile e discreto. La carta dei vini, aggiornata costantemente, guarda con attenzione alle proposte locali e nazionali appartenenti a piccole realtà di pregio. La cucina di Rocco De Santis esprime nitidamente in ogni sua creazione le tappe più significative del suo percorso formativo che è riuscito a interiorizzare creando un personalissimo stile culinario. La competenza nella lavorazione della materia prima, si presenta immediatamente con l’arrivo del cestino del pane: focaccia, grissini, sfoglie croccanti, casareccio. Tutte lavorazioni differenti perfettamente eseguite. Il percorso gastronomico che propone lo chef si compone di molti piatti nuovi - li vedrete poi in “Mani in Pasta” - intervallati da alcuni suoi “classici” primo tra tutti la triglia. Un piatto caratterizzato da un forte rigore estetico (proveniente forse dai trascorsi francesi) che certamente non sbiadisce l’esperienza gustativa, offrendo una preparazione equilibrata in cui si accavallano diverse consistenze e differenti sapori. Ben fatta anche la seppia all’arrabbiata, un piatto che si presenta morbido al palato grazie alla julienne finissima in cui viene tagliato il mollusco accompagnato da una salsa all’arrabbiata, concentrata e decisa. Se è vero che per uno chef campano doc la lavorazione della pasta non deve avere segreti, Rocco De Santis non delude le aspettative proponendo delle fettuccelle condite con un pesto al basilico che le avvolge CONVERSANDO CON LO CHEF completamente. Le briciole di biscotto di arachidi e le vongole completano il piatto giocando intelligentemente con le diverse consistenze. Senza dubbio la mano sicura di Rocco De Santis vede la massima espressione nei secondi piatti sia di pesce che di carne. Lo sgombro 9.846 km (dove il numero sta a indicare la distanza tra Roma e Tokyo. Un omaggio al Giappone ma anche alla bravura dei due chef nipponici che fanno parte della brigata) a prima vista sembra un piatto fin troppo essenziale. Ma basterà gustare anche un solo boccone per percepire che la morbidezza e la succosità del pesce è dovuta a una cottura mirata e capillare, che in questo caso avviene su una piastra di sale capace di mantenere intatti sapore e consistenza. Ancora conferme, semmai ce ne fosse il bisogno, arrivano con l’agnello con salsa di fichi secchi. Due lombi morbidissimi, un pezzo di coscia rigorosamente con la pelle a fare una crosticina succulenta, da mangiare entrambi con la salsa di fichi. Golosi e generosi - forse anche troppo arrivano i dessert a chiudere il sipario su questo percorso gastronomico che non delude in nessuna delle sue tappe. piacevoli ore all’insegna del relax o, perché no, gustare una ottima colazione in camera preparata ovviamente dalla brigata di cucina del ristorante, utilizzando tutti prodotti locali, dai latticini, ai salumi, alla frutta. A rendere ancora più completa l’offerta di questo esclusivo hotel ci pensa la terrazza posta al terzo piano dell’edificio, in cui primeggia una Jacuzzi a disposizione degli ospiti che al mare preferiscono la tranquillità di un bagno rilassante. In questa pagina, due immagini della sala con la suggestiva vista L’hotel Il Fogliano Dicevamo prima “perla rara”, parlando dell’hotel Il Fogliano. Certamente è una struttura molto diversa da quelle che riempiono questo lembo di costa laziale. Non si può non notare l’eleganza di questo edificio, grande, forse imponente, ma che grazie alle rifiniture esterne, fatte di legno e vetro, diventa un tutt’uno con l’ambiente circostante. L’hotel, di proprietà della famiglia Gargiulo, ha aperto i battenti nel 2011 dopo una consistente ristrutturazione che lo ha trasformato completamente, affidando agli ospiti una dimora intima, elegante e di grande charme. Le diciannove camere sono dotate tutte dei migliori confort, primo tra tutti la vista mare. Ogni stanza dispone di un comodo terrazzo proprio di fronte al mare, dove poter trascorre CUCINA&VINI 75 MANI IN PASTA A CURA DI VALENTINA VENTURATO Ingredienti per 4 persone 4 seppie medie Maggiorana Olio extravergine di oliva Sale, pepe Per le meringhe al peperoncino g 200 di zucchero a velo g 100 di albumi di uova Peperoncino in polvere Per la salsa all’arrabbiata Un chilogrammo di pomodori San Marzano Olio al peperoncino Per la mousse di pecorino g 300 di pecorino g 200 di panna g 200 di latte Per la polvere di brace 4 cipolle 4 carote g 100 di pinoli tostati g 30 di bucce di agrumi essiccate Timo Per la guarnizione 2 peperoncini freschi 4 fiori eduli Germogli di insalata Olio al prezzemolo il vino Trento Siris prod.: Gaierhof regione: Trentino prezzo: € 15,80 76 CUCINA&VINI Montare gli albumi, lo zucchero a velo e il peperoncino in polvere; disporre il composto in un sac à poche e distribuirne delle piccole gocce su un foglio di silpat. Cuocere le meringhe in forno a 80 °C per tre ore. Tagliare le seppie già pulite a julienne finissima, condire con olio extravergine di oliva, sale, pepe e maggiorana. Tenere da parte. Per la salsa all’arrabbiata sbucciare i pomodori, tritarli grossolanamente e metterli in una padella con abbondante olio al peperoncino. Cuocere a fuoco medio finché i pomodori non saranno ben asciutti. Tritare tutto con un mixer a immersione, trasferire la crema di pomodoro su un foglio di silpat quindi lasciar disidratare in forno a 90 °C per novanta minuti. Per la mousse di pecorino unire panna e latte e farli ridurre della metà su fuoco medio. Quando il composto raggiungerà 70 °C unire il pecorino grattugiato e amalgamare lentamente sul fuoco fino a ottenere una crema liscia e omogenea. Mettere da parte. Cuocere su una brace ardente le cipolle e le carote sbucciate; lasciarle asciugare bene poi trasferirle nel bicchiere di un frullatore. Aggiungere i pinoli tostati, per intensificare l’aroma di tostatura, del timo e le bucce di agrumi essiccate; frullare il tutto ottenendo una polvere sottile. Posizionare al centro di ogni piatto un coppapasta tondo di medie dimensioni, mettere al suo interno la julienne di seppia premendo leggermente poi sfilarlo. Adagiare sulle seppie due quenelle di salsa all’arrabbiata, qualche meringa al peperoncino e gocce di mousse di pecorino. Completare con una striscia di polvere di brace, con gocce di olio al prezzemolo, mezzo peperoncino fresco, germogli di insalata e fiori eduli. LE FOTO DEL SERVIZIO SONO DI LUCIANO FURIA Seppia all’arrabbiata (brace/non brace) CUCINA&VINI 77 MANI IN PASTA Triglia in crosta di pane, salsa all’aglio di Nubia e pesto di uvetta e pinoli Ingredienti per 4 persone 8 triglie Limone Finocchietto Olio extravergine di oliva Sale, pepe Per la composta di Cipolla Rossa di Tropea Un chilogrammo di cipolle g 100 di zucchero g 100 di glucosio g 50 di aceto di Sherry Per il pane allo zafferano g 600 di farina g 250 di acqua g 15 di pistilli di zafferano g 15 di lievito di birra g 10 di sale g 10 di zucchero semolato Olio extravergine di oliva Per il pesto di menta g 200 di foglie di menta g 60 di olio extravergine di oliva g 40 di mandorle tritate g 40 di olio di semi g 20 di basilico Uno spicchio di aglio sbianchito Per il pesto di uvetta e pinoli g 150 di uvetta g 140 di olio extravergine di oliva g 50 di pinoli g 50 di aceto di uva g 50 di pane raffermo g 30 di capperi finissimi dissalati Un’acciuga dissalata Menta 78 CUCINA&VINI Per la salsa all’aglio rosso di Nubia g 100 di spicchi di aglio sbucciati e privati dell’anima ml 50 di panna ml 50 di latte Per la guarnizione 4 ciuffi di menta 4 fiori di aglio 4 steli di erba cipollina Sbucciare le cipolle, lavarle e tagliarle a fette sottili con l’aiuto di una mandolina, far bollire venti millilitri di acqua e l’aceto poi sbianchirvi le cipolle per pochi minuti. Versare gli altri ingredienti in una ciotola, unire le cipolle scolate, coprire con della pellicola e lasciare macerare per sei ore. Conclusa la macerazione, trasferire tutto in un tegame e far bollire a fuoco basso finché non avranno assunto la consistenza tipica della composta. Per il pane allo zafferano versare la farina nel cestello di un’impastatrice, aggiungere il lievito sciolto in poca acqua calda e lo zucchero. Iniziare a impastare a velocità moderata quindi unire lo zafferano, diluito in un cucchiaio di acqua, e il resto degli ingredienti; lavorare fino a ottenere una massa morbida. Trasferire l’impasto su un tavolo da lavoro in legno spolverizzato con un poco di farina e lavorarlo a mano giusto il tempo di renderlo ancora più omogeneo, poi metterlo in uno stampo da plum-cake unto con dell’olio extravergine di oliva. Lasciar lievitare per circa due ore poi cuocere in forno a 180 °C per quarantacinque minuti. Una volta cotto, sformarlo, lasciarlo raffreddare quindi con un’affettatrice tagliarlo in fette spesse poco meno di tre millimetri. Sbianchire le foglie di menta e di basilico, raffreddarle in acqua e ghiaccio, strizzarle bene e amalgamarle al resto degli ingredienti. Frullare tutto con un mixer a immersione e riporre in freezer per circa due ore. Mantecare energicamente rompendo i cristalli di ghiaccio fino a ottenere un pesto cremoso. Lasciare ammorbidire l’uvetta in acqua tiepida per circa venti minuti e mettere in ammollo nell’aceto il pane raffermo; nel frattempo tostare i pinoli in una padella antiaderente. Quando l’uvetta sarà ben idratata, strizzarla e versarla nel bicchiere di un mixer a immersione con il resto degli ingredienti, frullare per pochi minuti ottenendo un composto omogeneo. Far sbianchire per tre volte l’aglio partendo sempre da acqua fredda; versare la panna e il latte in un pentolino, unire l’aglio sbianchito e lasciare cuocere a fuoco basso in infusione per circa venti minuti. Frullare e tenere da parte. Sfilettare le triglie eliminando la lisca centrale ma avendo cura di lasciare le due metà unite alla coda. Condire con sale, pepe, la buccia del limone grattugiata e il finocchietto tritato. Spennellare la pelle con un filo di olio extravergine di oliva quindi adagiare un lato su una fetta di pane allo zafferano e, con la punta di un coltello, ritagliare il pane seguendo la lunghezza del pesce arrivando all’attaccatura della coda. Procedere nella stessa maniera per l’altro lato. Versare un filo di olio extravergine di oliva sul fondo di una padella, farlo scaldare e rosolare le triglie da entrambi i lati facendo dorare leggermente il pane in modo che aderisca perfettamente alla pelle e risulti croccante. Stendere con una spatola il pesto di menta sul fondo di ogni piatto, sopra disporre un cucchiaio di quello di uvetta e pinoli e su questo adagiarvi una triglia. Rifinire con alcune gocce di salsa all’aglio, un poco di composta di cipolla rossa, ciuffi di menta, erba cipollina e fiori di aglio. il vino Alarosa Rosé Brut prod.: Vigne del Patrimonio regione: Lazio prezzo: € 19,50 CUCINA&VINI 79 MANI IN PASTA Polpo (c)³ croccante, caprino e carota Ingredienti per 4 persone Un polpo da kg 1,5 Aneto Uno spicchio di aglio Olio extravergine di oliva Sale Per il purè di carote kg 1,5 di carote Uno scalogno Uno spicchio di aglio Aceto di mele Salsa di soia Olio extravergine di oliva Sale, pepe Per il caramello al rosmarino salato g 200 di acqua g 100 di aceto di vino bianco g 100 di zucchero Rosmarino Sale Per il soffice di caprino g 100 di formaggio caprino g 100 di robiola di capra langarola Un limone Sale, pepe Per la guarnizione Puntarelle Buccia di limone Colatura di alici Aghi di rosmarino Fiori eduli Germogli Olio extravergine di oliva 80 CUCINA&VINI Pulire il polpo privandolo della testa e facendo attenzione a eliminare tutta la sabbia dai tentacoli, abbatterlo di temperatura portandolo a -18 °C per cinque-sei ore cosicché i microcristalli che si formeranno all’interno della carne la sfibrino. Questa tecnica renderà tenerissimo il polpo in cottura. Tagliare i tentacoli scegliendone quattro grandi, condirli con olio extravergine di oliva, sale, lo spicchio di aglio schiacciato e aneto. Riservare il resto del polpo per un’altra preparazione. Inserire i tentacoli in una busta per il sottovuoto, aspirare l’aria con l’apposito attrezzo, sigillare e cuocere a 72 °C per sei ore. Per il purè lavare e sbucciare le carote, tagliarle metà a dadini e il resto passarlo in una centrifuga ricavando il succo. Fare appassire in un poco di olio lo scalogno tritato insieme allo spicchio di aglio, poi unire le carote a dadini aggiustare di sale e pepe quindi bagnare con il succo di carote. Coprire e cuocere lentamente a fuoco basso finché le carote non saranno morbide e, a quel punto, frullare tutto ottenendo una crema liquida. Stenderla su un foglio di silpat e lasciare la crema a essiccare in forno a 90 °C per circa un’ora. Trascorso il tempo trasferire la crema essiccata in un bicchiere da mixer a immersione e frullare fino a ottenere una polvere sottile poi montarla aggiungendo a filo dell’olio extravergine, un goccio di aceto di mele e uno di salsa di soia. Trasferire in un sac à poche con becco medio la crema vellutata così ricavata e tenerla da parte. Far caramellare in un pentolino lo zucchero, bagnarlo con l’acqua e l’aceto, aggiungere un pizzico di sale e una decina di aghi di rosmarino. Continuare la cottura a fuoco medio ottenendo un caramello liquido. Per il soffice di caprino, setacciare il formaggio e lavorarlo con una frusta per renderlo spumoso. Aggiustare di sale e pepe, aggiungere qualche goccia di succo di limone e la buccia grattugiata del limone. Amalgamare bene e trasferire la crema in un sac à poche con becco medio. Togliere i tentacoli dal sacchetto del sottovuoto e rosolarli in una padella di ghisa rovente in modo da renderli croccanti da tutti i lati. Togliere dal fuoco e bagnare con il caramello al rosma- rino caramellandoli in modo omogeneo. Colorare i piatti con la crema di carote e quella di caprino alternandole in strisce parallele, sistemare in ognuno un tentacolo di polpo e accompagnare con una julienne di puntarelle romane, condite con olio extravergine di oliva e colatura di alici. Rifinire con aghi di rosmarino, buccia di limone grattugiata, fiori eduli e germogli. il vino Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Casal di Serra prod.: Umani Ronchi regione: Marche prezzo: € 10,50 CUCINA&VINI 81 MANI IN PASTA Bottoni capresi con cavolo cimoso, calamaretti alla provola, emulsione di piselli Ingredienti per 4 persone g 450 di farina g 250 di acqua g 250 di latte 3 tuorli di uova g 50 di parmigiano g 25 di burro Sale Per la farcia di cavolo cimoso Un cavolo cimoso (broccolo romanesco) Un broccolo barese ml 200 di brodo vegetale Peperoncino Uno spicchio di aglio Olio extravergine di oliva Sale Per l’emulsione g 500 di piselli freschi ml 200 di brodo vegetale Un cipollotto Mentuccia Olio extravergine di oliva Sale Per i calameretti 8 calamaretti spillo puliti g 200 di latte g 100 di provola affumicata g 25 di farina g 25 di burro La buccia grattugiata di un limone Sale, pepe 82 CUCINA&VINI Per la guarnizione g 100 di lumachine di mare g 100 di vongole Germogli di piselli Mentuccia Fiori eduli Olio extravergine di oliva Versare in una pentola capiente acqua, latte, burro, quindici grammi di sale e portare a ebollizione. Abbassare il fuoco e unire a pioggia la farina poco per volta mescolando energicamente. Quando l’impasto si staccherà dalla pentola sarà pronto quindi spengere il fuoco e lasciarlo raffreddare. In seguito, trasferirlo in una planetaria, incorporare i tuorli e il parmigiano grattugiato e, azionando il macchinario a velocità media, impastare fino a ottenere un composto liscio e omogeneo. A questo punto avvolgerlo con della pellicola e lasciare riposare trenta minuti. Per la farcia lavare e mondare le due varietà di broccoli, tagliarli a pezzi e sbollentarli in acqua salata. Scolare e rosolare in padella con olio extravergine di oliva, peperoncino e aglio. Aggiustare di sale, bagnare con il brodo vegetale e cuocere a fuoco medio finché i broccoli non saranno morbidi ma non stracotti. Frullare tutto con un mixer a immersione e trasferire la crema ottenuta in un sac à poche. Riporre in frigorifero. Liberare i piselli dal baccello, tenerne da parte ottanta grammi circa che serviranno per la decorazione e sbollentare il resto per cinque minuti in acqua bollente. Scolare e privarli della buccia. Tritare finemente il cipollotto e farlo appassire in una padella con un filo di olio extravergine di oliva fino a caramellarlo. Unire i piselli, bagnare con il brodo vegetale e cuocere un paio di minuti a fuoco medio. Togliere dal fuoco, frullare tutto con un mixer a immersione e stendere la crema ottenuta su un foglio di silpat. Lasciare asciugare in forno a 90 °C per trenta minuti. Trascorso il tempo trasferire la crema di piselli in una ciotola e montare con olio extravergine di oliva a filo, ottenendo un’emulsione cremosa e non troppo liquida. Realizzare un roux amalgamando su fuoco medio la farina e il burro; stemperare con il latte e lavorare energicamente con una paletta di legno. Aggiungere la provola tagliata a cubetti e mescolare continua- mente finché il formaggio non si sarà completamente sciolto. Profumare con la buccia di limone e aggiustare di sale e pepe. Disporre i calamaretti spillo sul fondo di un tegame di coccio irrorato con un filo di olio extravergine di oliva e cuocerli coperti a fuoco dolce per circa otto minuti. In una padella aprire al naturale le vongole e le lumachine di mare, quando saranno tutte aperte, recuperare il liquido di cottura, sgusciarle e mettere tutto da parte. Stendere la pasta in due sfoglie spesse circa due millimetri, su una distribuire dodici mucchietti di farcia poi sovrapporre l’altra e, con l’aiuto di un coppapasta circolare di piccole dimensioni, ottenere i bottoni. Cuocerli in abbondante acqua salata, scolarli e saltarli in padella con un mestolo di acqua di cottura delle vongole e delle lumachine. Aiutandosi con una spatola dentellata colorare il fondo di ogni piatto con l’emulsione di piselli. Adagiare i bottoni, decorare con i piselli freschi precedentemente messi da parte, conditi con olio extravergine di oliva e mentuccia. Aggiungere le lumachine di mare, le vongole e due calamaretti spillo farciti con la mousse di provola. Completare con fiori eduli e germogli di piselli. il vino Collio Bianco Selezione 50° Anniversario prod.: Livon regione: Friuli Venezia Giulia prezzo: € 55,00 CUCINA&VINI 83 MANI IN PASTA Fettuccia al pesto di basilico, vongole, carpaccio di gamberi rossi e briciole di arachidi Ingredienti per 4 persone 4 gamberi rossi medi g 320 di fettucce g 300 di vongole Uno spicchio di aglio Peperoncino Olio extravergine di oliva Sale Per il pesto Un chilogrammo di basilico g 100 di pinoli tostati g 100 di parmigiano g 50 di pecorino romano ml 20 di latte Uno spicchio di aglio sbianchito Olio extravergine di oliva Sale, pepe Per il biscotto g 500 di farina 00 g 275 di burro g 175 di farina di arachidi salati g 110 di uova g 75 di zucchero a velo Per la guarnizione Fiori eduli Germogli di insalata il vino Trebbiano d’Abruzzo Altare prod.: Marramiero regione: Abruzzo prezzo: € 15,00 84 CUCINA&VINI Sbollentare le foglie di basilico in acqua salata per sei minuti, raffreddarle con acqua e ghiaccio quindi scolare, strizzarle e asciugarle bene. Unire tutti gli ingredienti e frullare con un mixer a immersione aggiungendo l’olio extravergine a filo in modo da emulsionare bene e ottenere un composto cremoso. Pulire i gamberi eliminando il carapace, la testa e l’intestino, tagliarli in due e disporli tra due fogli di carta acetata. Con un batticarne esercitare una lieve pressione ottenendo uno strato spesso circa un millimetro e mezzo. Abbattere di temperatura raggiungendo -18 °C . Mescolare in una planetaria il burro a pomata con lo zucchero a velo e le uova, unire le farine e lavorare a media velocità fino a che il composto risulterà omogeneo. Lasciar riposare per trenta minuti poi stendere e cuocere in forno a 170 °C per dieci minuti. Far aprire le vongole in una padella con olio extravergine di oliva, aglio e peperoncino. Nel frattempo cuocere la pasta in abbondante acqua salata. Togliere le vongole, lasciando l’acqua di cottura nella padella; scolare la pasta al dente e completare la cottura nella padella. Togliere dal fuoco, aggiungere il pesto di basilico e amalgamare. Su ogni piatto sistemare un nido di fettucce, adagiarvi sopra le vongole sgusciate e spolverare con il biscotto di arachidi sbriciolato. Completare disponendo a lato una striscia di carpaccio di gamberi, altre vongole e guarnire con fiori eduli e germogli di insalata. CUCINA&VINI 85 MANI IN PASTA Palamita cotta e cruda, asparagi, salsa tonnata, panna all’agro e confettura di albicocche Ingredienti per 4 persone Una palamita media Olio extravergine di oliva Fior di sale Per la confettura g 200 di albicocche secche g 100 di aceto g 100 di acqua Una cipolla rossa g 70 di zucchero Per la panna all’agro g 100 di panna Un limone non trattato g 40 di yogurt magro Per la salsa g 300 di maionese g 130 di tonno sott’olio Una cipolla rossa piccola g 25 di aceto g 20 di capperi Uno spicchio di aglio Un chicco di caffè tostato Olio extravergine di oliva Sale Per la guarnizione 4 asparagi cotti al vapore 2 asparagi crudi Germogli di insalata fiori eduli Versare in una ciotola di medie dimensioni l’aceto, l’acqua, lo zucchero, la cipolla rossa tagliata grossolanamente e in ultimo le albicocche disponendo queste ultime in modo tale che siano completamente ricoperte dal liquido. Lasciare macerare per tre ore poi trasferire tutto, senza scolare, all’interno di una pentola capiente con i bordi alti e cuocere a fuoco medio per novanta minuti e comunque finché le albicocche non saranno completamente morbide e tutto avrà assunto la consistenza tipica della confettura. Spellare ed eviscerare con cura la palamita, sfilettarla ottenendo due filetti e da questi ricavare dodici cubi. Tenere da parte. Per la panna all’agro, lavare accuratamente il limone e grattugiarne la buccia sulla metà della superficie e metterla da parte. Spremerlo e mettere da parte il succo. Versare la panna in una ciotola, aggiungere la buccia grattugiata del limone, il succo e lo yogurt magro. Montare utilizzando delle fruste elettriche e conservare in frigorifero. Tritare finemente la cipolla e rosolarla in una padella con un filo di olio extravergine di oliva e i capperi interi; aggiungere il tonno sgocciolato, l’aceto, aggiustare di sale e continuare a cuocere per dieci minuti. Togliere dal fuoco, lasciar raffreddare quindi aggiungere la maionese, lo spicchio di aglio sbianchito tre volte, e il chicco di caffe. Frullare tutto con un mixer a immersione sino a ottenere una salsa liscia. Cuocere otto cubi di palamita secondo la tecnica di cottura giapponese tataki, vale a dire cuocendo il pesce su una piastra rovente per circa dieci secondi per lato: i cubi di palamita dovranno essere leggermente arrostiti all’esterno e totalmente rosa all’interno. In ciascun piatto adagiare su un letto di panna all’agro due cubi di palamita cotti e uno crudo, condire i primi con dei ciuffi di salsa tonnata e quelli crudi con un filo di olio extravergine di oliva e granelli di fior di sale. Completare con la confettura di albicocche, punte di asparagi cotti al vapore e lamelle di asparagi crudi, fiori eduli e germogli di insalata. il vino Gavi dei Gavi D’Antan prod.: La Scolca regione: Piemonte prezzo: € 55,00 86 CUCINA&VINI CUCINA&VINI 87 MANI IN PASTA Sgombro 9.846 km Ingredienti per 4 persone Un chilogrammo di sale grosso 2 sgombri medi g 100 di provola di Agerola Zucchero di canna Per la salsa ai friarielli g 800 di friarielli Uno spicchio di aglio Peperoncino Olio extravergine di oliva Sale Per la maionese di miso g 100 di maionese g 80 di miso ml 50 di vino bianco g 20 di senape di Dijon Per l’alga kombu candita Un litro di dashi g 50 di alga kombu Per la guarnizione 2 funghi champignon Fiori eduli Foglie di friarielli fresche Fior di sale il vino Colli di Conegliano Rizzardo prod.: Masottina regione: Veneto prezzo: € 23,00 88 CUCINA&VINI Eviscerare i pesci, eliminare la testa, la coda, le squame e lavarli sotto acqua corrente; tagliarli a metà ottenendo quattro filetti. Distribuire su una piastra rovente il sale grosso formando una base rettangolare alta circa tre centimetri, lasciarla scaldare bene poi sovrapporvi una griglia sottile a maglia fine. Quando si sarà scaldata anch’essa posizionarvi sopra i filetti di sgombro, irrorare con dell’acqua per generare il vapore che cuocerà il pesce. Cuocere il pesce in questo modo per circa quattro minuti per lato. Per la salsa lavare e mondare i friarielli eliminando i gambi più duri. Sbollentare le foglie e i gambi teneri in abbondante acqua, scolare e strizzare bene, dopodiché saltarli in padella con olio extravergine di oliva, aglio, peperoncino e sale. Quando saranno ben insaporiti frullare con un mixer a immersione e mettere da parte. Cuocere il miso con il vino bianco giusto il tempo per far evaporare completamente quest’ultimo poi togliere dal fuoco, aggiungere la maionese, la senape e montare con una frusta elettrica. Tenere da parte. Cuocere l’alga kombu nel dashi finché il brodo non si sarà ridotto di tre quarti, quindi prendere l’alga, tagliarla a listarelle sottili e metterle da parte. Tagliare la provola in cubi di circa due centimetri per lato, spolverizzare una superficie con lo zucchero di canna e bruciarlo con un cannello. Da un lato di ogni piatto disegnare una striscia con la salsa di friarielli poi disporre un filetto di sgombro tagliato a metà insaporiti con fior di sale; nappare i piatti e il pesce stesso con delle gocce di maionese al miso. Decorare con striscioline di alga kombu, fiori eduli, foglie di friarielli fresche e lamelle di funghi champignon. CUCINA&VINI 89 MANI IN PASTA Agnello salsa di fichi secchi del Cilento, patata affumicata e lampone Ingredienti per 4 persone Kg 1,5 di coscia di agnello g 500 di lombo di agnello ml 200 di fondo di cottura di agnello Uno spicchio di aglio Timo Sale, pepe Per la salsa di fichi secchi g 500 di fichi secchi del Cilento ml 200 di brodo di carne Una cipolla Una carota Mezza costa di sedano g 50 di pane grattugiato Olio extravergine di oliva Per l’agretto di lamponi g 250 di lamponi freschi g 100 di glucosio g 15 di pectina Per le patate g 500 di patate di Avezzano Trucioli di faggio Sale, pepe Per la guarnizione 4 cipollotti grigliati 4 lamponi Bucce di patata fritte Erbette Fiori eduli Fior di sale 90 CUCINA&VINI Pulire la coscia di agnello, eliminare la cartilagine presente e disossarla accuratamente ottenendo solo la polpa. Condire con sale e pepe, massaggiare la carne poi metterla in un sacchetto adatto al sottovuoto, unire l’aglio sbucciato e schiacciato e un rametto di timo. Eliminare l’aria e sigillare con l’apposito strumento. Cuocere in forno a vapore a 62 °C per trentasei ore. Pulire le verdure e tagliarle a mirepoix finissima. Rosolarle in una padella con un poco olio extravergine di oliva finchè non saranno ben dorate. Unire i fichi secchi tagliati a cubetti, il pane grattugiato e bagnare con il brodo di carne. Far cuocere a fuoco medio fino a che i fichi e le verdure non saranno morbidi, dopodiché frullare con un mixer a immersione ottenendo una crema omogenea. Per l’agretto centrifugare i lamponi ed estrarne il succo, versarlo in un pentolino e aggiungere la pectina e il glucosio. Amalgamare bene e cuocere a fuoco medio fino a farlo addensare. Conservare in frigo. Lavare accuratamente le patate e cuocerle al vapore con tutta la buccia. Tagliarle a metà, sistemarle all’interno di un affumicatore insieme a dei trucioli di faggio e avviare il macchinario. Quando le patate saranno affumicate, passarle allo schiacciapatate e condire con sale e pepe. Estrarre la coscia dal sacchetto per il sottovuoto, porzionare la carne ottenendo quattro cubi di quattro centimetri per lato, rosolarli in una padella antiaderente cuocendo leggermente di più la parte della pelle così da ottenere una crosticina croccante. Ottenere dal lombo otto cilindri alti circa quattro centimetri, scottarli in una padella ben calda per circa due minuti per lato e completare la cottura in forno a 180 °C per due minuti. Sfornare e lasciare riposare. Disporre su ciascun piatto un cubo di coscio di agnello glassato con il fondo, due lombi conditi con del fior di sale e su uno di questi adagiare una quenelle di agretto di lamponi. Di fianco sistemare una quenelle di patate affumicate guarnita con una buccia fritta, e un poco di salsa di fichi. Completare colorando i piatti con una goccia di fondo di cottura di agnello, un lampone, fiori eduli, erbette e un cipollotto grigliato. il vino Chianti Classico prod.: Le Cinciole regione: Toscana prezzo: € 18,00 CUCINA&VINI 91 MANI IN PASTA Cremino al cioccolato, burro salato e sorbetto all’arancia e pepi Ingredienti per 4 persone g 300 di cioccolato fondente ml 100 di crema pasticciera g 100 di burro salato Per il sorbetto 5 arance g 500 di acqua g 250 di zucchero g 10 di pepe bianco g 10 di pepe nero g 10 di pepe di Sichuan Per la mousse al cioccolato g 250 di panna g 150 di cioccolato fondente g 125 di latte g 50 di tuorli di uova g 50 di zucchero g 30 di burro Per i riccioli di lingue di gatto g 100 di zucchero a velo g 100 di albumi di uova g 100 di burro g 80 di farina g 20 di cacao Per la guarnizione Buccia di arancia Fiori eduli il vino Breganze Torcolato prod.: Maculan regione: Veneto prezzo: € 15,50 (0,375 l) 92 CUCINA&VINI Spremere le arance e ottenerne il succo, versarlo in una pentola, aggiungere l’acqua, lo zucchero e i tre pepi. Portare a ebollizione, filtrare e riporre in freezer per due ore; di tanto in tanto toglierlo dal freezer, mescolare per rompere i cristalli di ghiaccio e riporre in freezer. Per la mousse amalgamare i tuorli con lo zucchero ottenendo un composto spumoso, aggiungere il latte a 60 °C e portare il composto a 82 °C. Unire il cioccolato tritato finemente, amalgamare fino a che non si sarà sciolto completamente e infine aggiungere il burro; far raffreddare. Legare infine la panna semi-montata e conservare in frigorifero. Lavorare il burro salato a pomata, quindi unire la crema pasticcera e trasferire il composto ben amalgamato in un sac à poche; conservare in frigorifero. Preparare le lingue di gatto versando tutti gli ingredienti in una planetaria, azionarla a velocità media e amalgamare bene. Stendere il composto su un foglio di silpat in uno strato di circa un centimetro e mezzo. Cuocere in forno a 200 °C per venti minuti quindi sfornare e, con la cialda ancora calda, ricavare delle striscioline larghe mezzo centimetro e lunghe dieci. Arrotolarle intorno a dei coni e lasciarle raffreddare cosicché ne prendano la forma. Fondere il cioccolato fondente a bagnomaria portandolo a 50 °C, trasferirlo su un piano di marmo e iniziare il temperaggio ossia, con una spatola di acciaio mescolare il cioccolato fuso da sinistra verso destra facendo scendere la temperatura. Il temperaggio sarà concluso quando il cioccolato avrà raggiunto i 27-28 °C. Trasferire il cioccolato temperato su un foglio di silpat, lasciarlo solidificare poi con la punta di un coltello ricavare otto quadrati da otto centimetri per lato. Farcire con la mousse due quadrati di cioccolato, livellare i bordi e sistemarne uno al centro di ogni piatto. Stendere al centro del cremino tre strisce di crema al burro salato e adagiarvi sopra una quenelle di sorbetto all’arancia guarnita con un ricciolo di lingua di gatto al cioccolato. Decorare con fiori eduli e bucce di arancia tagliate a julienne finissima. CUCINA&VINI 93 Agenda golosa LAGO DI GARDA Dal 21 al 27 aprile ROMA 24 e 25 aprile FISH & CHEF COUNTRY FOOD Cene stellate in alcuni dei più esclusivi hotel e ristoranti del Garda ma anche street food, street art e street music. Tutto questo e molto altro per l’edizione 2016 di Fish & Chef, la manifestazione in programma dal 21 al 27 aprile in alcune delle più belle località del Garda. Sono sei le cene gourmet. A fare da cornice panorami mozzafiato come quelli di Malcesine, Gardone Riviera, Garda, Bardolino e Costermano. Tra i protagonisti alcuni dei più importanti chef internazionali come Luca Marchini (1 stella Michelin) dell’Erba del Re di Modena, Peter Brunel (1 stella Michelin) del ristorante Borgo San Jacopo di Firenze, Andrea Berton (1 stella Michelin) del ristorante Berton di Milano, Andrea Aprea (1 stella Michelin) del ristorante Vun di Milano, Valentino Palmisano e Kido Toshimizu del Ritz-Carlton di Kyoto, in Giappone. La conclusione dell’edizione 2016 sarà invece affidata al Dream Team Lake Garda composto dai top chef del Garda che giocheranno in casa per interpretare i prodotti del loro territorio. INFO: www.fishandchef.it È alla sua seconda edizione l’evento voluto ed organizzato da Sarti del Gusto, che si propone di spiegare e raccontare l’agricoltura sociale, soprattutto ai più giovani. L’evento si svolgerà a Roma nel Parco della Mistica dove, domenica 24 e lunedì 25 aprile, si daranno appuntamento 15 espositori di food & beverage che proporranno oltre cento sfiziosità da gustare. Tanti i A CURA DI VALENTINA VENTURATO nomi di rilievo della realtà gastronomica capitolina, come La Gatta Mangiona, Bottega Liberati, Pastificio Secondi, Birrificio Pontino, Rec 23, Sapori di Gaeta e molti altri. Il programma di questa due giorni romana è ricco di tante attività ludico ricreative, che terranno impegnati grandi e piccoli. L’ingresso è gratuito e per il pagamento delle consumazioni basterà recarsi alle casse per l’acquisto dei gettoni. INFO: www.countryfoodmistica.it NAPOLI Dal 6 al 25 maggio WINE&THECITY “Coltiviamo ebbrezza creativa”, è questo il claim della nona edizione di Wine&Thecity®, la rassegna in movimento che dal 6 al 25 maggio invaderà la città di Napoli in una staffetta di appuntamenti che combinano cultura del vino e creatività diffusa. Venti giorni, circa cento location coinvolte e più di cento vini da degustare provenienti da tutta Italia. Una grande festa mobile che si reinventa ogni anno nei luoghi e nei contenuti, che sono performance e installazioni sul tessuto urbano. L’edizione 2016 si apre ufficialmente il 6 maggio con la performance di Dj DonPasta, che si esibirà, per la prima volta a Napoli, in un singolare cooking Dj set nel 94 CUCINA&VINI monumentale cortile dell’hotel Palazzo Caracciolo: vinili e padelle, mixer e farina, sonorità speziate dal mondo intero per seicento ospiti. E ancora poesia, arte, musica, alta cucina e street food, danza e performance teatrali sono gli ingredienti di questa nona edizione. Ma è il buon vino italiano il motore di tutto, il filo che lega in una trama gioiosa tutti gli appuntamenti della rassegna che toccano musei e palazzi storici, boutique e giardini, case private, gallerie d’arte e design, gli spazi di transito dell’aeroporto internazionale di Napoli e delle metropolitane dell’arte, le barche a vela nel golfo. INFO: www.wineandthecity.it TREVISO Dal 14 al 16 maggio LIDO DI CAMAIORE (LU) 15 e 16 maggio GOURMANDIA VINI D’AUTORE - TERRE D’ITALIA Si svolgerà negli gli spazi dell’ex Filanda di Santa Lucia Piave, dal 14 al 16 maggio, la prima edizione di Gourmandia la nuova tre giorni dedicata al cibo organizzata da Davide Paolini. La scelta della ex filanda come luogo di svolgimento dell’evento non è certamente casuale, infatti sottolinea un aspetto spesso dimenticato del mondo gastronomico, quello appunto artigianale. Ci saranno tanti artigiani del gusto: panettieri, pasticceri, salumai, casari, cioccolatieri, vignaioli provenienti da tutta Italia. Un racconto artigiano che sarà anche occasione di dialogo alla presenza dei maestri della più alta gastronomia del Paese tra cui Gualtiero Marchesi, Iginio Massari, Renato Bosco, Davide Oldani. E sarà proprio Oldani, il sabato, a dare il via alla manifestazione con la sua presenza all’apertura. La domenica si continua con Massari che si farà portavoce dell’arte della pasticceria, mentre il lunedì sarà la volta di Marchesi per il mondo dell’alta ristorazione, e di Bosco, a cui si aggiungeranno altri nomi prestigiosi. INFO: www.gourmandia.gastronauta.it È nel prestigioso Una Hotel del Lido di Camaiore che si svolgerà questa quarta edizione di Vini d’Autore. Domenica 15 e lunedì 16 maggio, si daranno appuntamento in questa parte della Versilia un’ottantina di aziende vinicole italiane che porteranno nel bicchiere il meglio della produzione nazionale, proponendo al pubblico presente oltre quattrocento etichette in assaggio. La manifestazione, sin dalla sua prima edizione, è frutto dell’idea e del lavoro della squadra di professionisti che nel 1999 ha dato vita ad Acquabuona, la testata online specializzata nell’informazione e nell’approfondimento di temi riguardanti il mondo dell’enogastronomia. Ingresso a pagamento: € 25,00 (€ 20,00 ridotto) INFO: [email protected] ROMA 28 e 29 maggio THIS IS FOOD Torna anche quest’anno This is Food la manifestazione dedicata alla cucina “pop” di qualità. L’evento si svolgerà come di consueto negli ampi spazi delle Officine Farneto sabato 28 e domenica 29 dando voce e visibilità alle nuove star- up legate al mondo del food capitolino e non solo. Un grande palcoscenico del cibo, dove si esibiranno le realtà di successo come pure le piccole matricole emergenti in cui cibo, design, cultura e comunicazione si fondono creando un unico progetto. INFO: www.thisisfood.it CUCINA&VINI 95 E N O G A S T R O N O M I A • A T T U A L I T À Solo per veri appassionati! • C U L T U R A DIRETTORE RESPONSABILE: Francesco D’Agostino [email protected] CAPOREDATTORE: Alessandra Marzolini [email protected] IN REDAZIONE: Rosa Capece - [email protected] Fabio De Raffaele - [email protected] Rossella Gargiulo - [email protected] Antonio Marcianò - [email protected] Luciano Nebbia - [email protected] Simone Nebbia - [email protected] Antonio Pellegrino - [email protected] Enrico Pozza - [email protected] Annelise Schmidt - [email protected] Susanna Varano - [email protected] Valentina Venturato - [email protected] CORREZIONE DI BOZZE: Raffaella Pisacane - [email protected] IMPAGINAZIONE: Progetti Visivi Abbonati! Annuale - sei numeri a 20 € (sconto 32%) Biennale - dodici numeri a 35 € FOTO DI COPERTINA: Luciano Furia HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: Ludovico Alfani, Patrizia Cantini, Violante Di Palma, Nicola Grassi, Henry Ross, Alessandra Piubello FOTOGRAFIE: Azienda Altavia, Carlotta Benvenuti, Buffy 1982 , Stefano Cellai, Corrado De Santis, Walter Di Giovine Ardito, Andrea Federici, Luciano Furia, Hal_Pand_108 - Fotolia.com, Azienda Maccario Dringenberg, Mi.Ti. - Fotolia.com, Elena Shchipkova, Vivai Cooperativi Rauscedo (sconto 40%) info: 06.98872584 [email protected] Cucina & Vini: Aprile - Maggio 2016 - Numero 150 Bimestrale edito da: DAMAR 2010 s.r.l. 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