Beltel SETTEMBRE 2002

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Beltel SETTEMBRE 2002
dal 1995
èBeltel
rapporto mensile indipendente sulle comunicazioni promosso da Gianni Di Quattro
Comitato d’Onore
Enzo Cheli
Antonio Maccanico
Comitato
Tecnico-Scientifico
Giampio Bracchi
Maurizio Decina
Sandro Frova
Gustavo Ghidini
Claudio Leporelli
Sergio Mariotti
Franco Morganti
Elserino Piol
Enzo Pontarollo
bundling people
e-delusioni, Franco Carlini
controluce, Franco Morganti
mercato
primopiano
vita spericolata dei campioni nazionali, Antonio Pilati
lo scenario futuro delle tlc, Franco Bernabè
proiezioni: la tecnologia Ultra-Wideband, Maurizio Decina
analisi
banda larga contro telefonia mobile? Sandro Frova
che cosa fare per le nuove imprese high tech? M. Colombo e L. Grilli
scandali finanziari e legge di Moore, Giorgio Meletti
e se imparassimo a vendere? Massimo Biondi
Comitato di redazione
Franco Carlini
Annalisa D’Orazio
Marina Mascazzini
Antonio Pilati
Luigi Prosperetti
Giuseppe Richeri
inchieste
danaro, mercato, regole, persone: cosa manca di più? a cura di Grazia Longoni
responsabile
Marina Mascazzini
attualità
Caspa srl
via Cassolo, 6
20122 Milano
tel. 02.58325500
fax 02.58325555
e.mail [email protected]
[email protected]
opinioni di Francesco Caio, Elserino Piol
xDsl, l’ammazzacavi? a cura di Andrea Lawendel
opinioni di Emanuele Angelidis, Mauro Dezi, Alberto Lotti, Roberto Zuccolin
cosa ci aspettiamo dalla telefonia mobile? a cura di Marinella Zetti
opinioni di SimonPietro Felice, Alessandro Foti, Paolo Manzoni
notizie
da New York, Sandro Malavasi
tv senza frontiere, Eugenio Prosperetti
oltre il mercato
regole
accanimento terapeutico, Luigi Prosperetti
tecnologia
bollettino, Vittorio Trecordi
i paradigmi nelle telecomunicazioni, Roberto Saracco
forum
abbonamento telefonico e costo del traffico, Sergio Fogli
il dibattito sull’offerta Cdn wholesale, Antonello Conte e Fabrizio Giusti
in nome del marketing, torturiamo i nostri dati! Massimo Messina
pagine utili Beltel
settembre 2002 n. 8
Beltel
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e-delusioni
Franco Carlini
www.totem.to
La storia recente delle tecnologie di rete è piena di “e” con il trattino, la gran parte delle quali
corrispondono a delle grandi delusioni: l’unico vero e grande successo è stata l’applicazione più
modesta di tutte, l’e-mail, mentre quella che doveva sconvolgere il mondo, l’e-commerce è stato
finora un grande (e prevedibile) fallimento. Tuttavia, tutti coloro che pensano che lo sviluppo sia
trainato dalla tecnologia continua nella indefessa produzione di e-trattino e due termini, in questi
mesi, si sono imposti come le nuove grande speranze di affari: l’e-government e l’e-learning.
La buona fame dell’e-Gov deriva da un motivo sano e da uno più congiunturale. E’ sano pensare
che finalmente anche i governi si attrezzino a fornire ai cittadini dei servizi online analoghi e
paragonabili a quelli che trovano su eBay o su Amazon.com. In qualche modo è successo che la
presenza della rete ha dimostrato a tutti che certe cose possono funzionare e risultare comode ed
efficienti e che, di conseguenza, sia giusto pretenderle dalla propria agenzia di viaggi così come
dall’ufficio anagrafe. E’ un tipico effetto a cascata il cui esito è stato un consumatore e un cittadino
con maggiori (e giuste) pretese.
Nello stesso tempo è anche evidente che le tecnologie elettroniche possono costituire un elemento
di efficienza: vale per le banche così come per la pubblica amministrazione, la quale ha anch’essa,
di questi tempi, i suoi gravosi problemi di bilancio, in tutto il mondo.
C’è infine un dato congiunturale: i grandi progetti di e-Gov, su cui tutti i governi si sono impegnati,
compreso quello italiano, sono anche un meccanismo keynesiano di sostegno alle industrie, in un
momento in cui le altre speranze di affari si sono rivelate deludenti. In pratica i massicci investimenti in informatica e comunicazioni elettroniche possono fare da volano nei confronti di industrie
nazionali che hanno visto cadere paurosamente gli ordini. Si tratta certo di un intervento statalista,
ma nessuno degli ultraliberisti sembra obbiettare e del resto con un colpo solo si otterrebbero due
risultati: uno relativo al bene comune (una pubblica amministrazione più efficiente) e uno di tipo
provatistico ma legittimo (il sostegno di stato a industrie decisive per lo sviluppo).
Analoghe aspettative suscita l’insegnamento-apprendimento-formazione per via elettronica, online
(in rete), off line (su Cd rom) o misto, e così l’e-learning emerge come nuova magica parola,
reinventando i fasti dell’insegnamento mediato dal computer che già negli anni 80 veniva annunciato come una grande promessa.
Sarà anch’essa una nuova illusione-delusione? E che cosa c’è di nuovo?
Per capirlo serve fare un po’ d’ordine, anche nei termini. Intanto osservando che due sono le spinte
sotterranee di questa tendenza. L’una, di tipo epocale, ha a che fare con la società della conoscenza, dove la gran parte delle professioni richiede abilità di tipo simbolico; perciò l’istruzione è un
fattore decisivo per ogni paese e per ogni individuo e non finisce mai, nel senso che il cambiamento
delle conoscenze e l’evoluzione delle tecniche obbligano già oggi a una vita metà studio e metà
lavoro o quantomeno a frequenti aggiornamenti. Il caso dell’informatica è esemplare: ogni programmatore è in continuazione chiamato a conoscere e praticare nuovi ambienti di sviluppo software.
Perciò ha bisogno sia di solide basi culturali e logiche e insieme di aggiornamento continui. Entrambi gli elementi sono necessari ed è per questo che i patentini del software o i corsi troppo stretta-
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mente professionalizzanti risultano alla fine troppo limitati e persino dannosi. La seconda spinta
viene dalla disponibilità di tecnologie di rete a basso costo che rendono possibile oggi (e non ieri)
un insegnamento a distanza ben più efficace dei vecchi corsi per corrispondenza. Qui dunque entra
in gioco un fattore economico: per il sistema scolastico, ma anche per le aziende, sembra possibile
recuperare i ritardi e fornire istruzione a costi limitati, risparmiando in infrastrutture pesanti (aule)
e investendo invece in software (contenuti educativi).
Sia lecito esprimere molti dubbi al riguardo: il costo di un corso di insegnamento a distanza, sia
esso su Cd Rom sia online, può essere molto più elevato – se si tratta di una cosa di qualità –
dell’insegnamento faccia a faccia (in presenza come dicono i burocrati dell’istruzione) e la sua
superiorità è largamente da dimostrare.
Un conto infatti è insegnare per via elettronica come si fa la manutenzione di una fotocopiatrice,
altro è formare ingegneri o filosofi. Nel primo caso si tratta di rendere disponibili delle informazioni
strutturate, mentre nel secondo si tratta di aggregare le informazioni (le famose nozioni) in cultura
e questo è un processo molto più complicato, meno formalizzabile in cui l’insieme delle relazioni ha
un ruolo persino più importante delle dispense. Ricrearlo online non solo è difficile, ma forse
nemmeno auspicabile.
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controluce
Franco Morganti
Telecomunicazioni e Johannesburg
Il 26 agosto si è aperto il Summit di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile, cui partecipano 100 capi
di governo e più di 12.000 delegati accreditati all’ONU come rappresentanti dei governi delle organizzazioni non governative (ONG) e dei media.
I temi saranno la povertà, l’istruzione, la sanità, l’acqua, l’energia, l’ambiente, l’agricoltura, la biodiversità
e la gestione dell’ecosistema. Non ci sono le comunicazioni, né l’informazione. Eppure l’ex-presidente
Mandela era intervenuto anni fa all’apertura di una Conference quadriennale dell’ITU a Ginevra esponendo le disastrose condizioni africane nelle telecomunicazioni e nell’informazione e chiedendo a
gran voce un maggiore intervento della nazioni sviluppate: gli era stato risposto con qualche dimostrazione di eccellenza, per esempio le diagnosi fatte a distanza, con l’uso di larga banda, in centri
ospedalieri americani su pazienti ricoverati in un pronto soccorso in Africa. Questo solo esempio può
far capire quanto si potrebbe fare, a distanza, in temi come la sanità, l’istruzione, l’ambiente, ma
anche in tutti gli altri temi citati, se solo questi paesi, e l’Africa in particolare, disponessero di comunicazioni efficaci col resto del mondo.
Eppure il presidente del Sud Africa, Thabo Mbeki, ha aperto il Summit con “un appello ai governi
perché si mettano d’accordo su un set di misure pratiche che aiutino l’umanità a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni su tutta le terra”. Ci riserviamo di vedere lo sviluppo del Summit e le sue
conclusioni. A fine settembre l’IIC (International Institute of Communications) terrà, non casualmente, proprio a Johannesburg la sua Conference annuale e potrà registrare, a un mese di distanza,
l’effetto del Summit.
Ci auguriamo che tutti si rendano conto che uno dei modi per ridurre il gap è… ridurre la distanza,
senza spostare continenti o popolazioni ma semplicemente spostando bit.
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primopiano
vita spericolata dei campioni nazionali
Antonio Pilati
France Télécom e Deutsche Telekom sono i primi due operatori europei di telecomunicazioni, hanno
ancora lo Stato come azionista di maggioranza e insieme assommano debiti per 130 miliardi di euro,
circa il 45% della esposizione accumulata dalle 27 principali società telefoniche del continente. Dai
massimi dell’inverno 2000 la loro capitalizzazione è scesa di oltre il 90%. Ora France Télécom vale 10
miliardi di euro, ovvero i 3/5 della quota che detiene in Orange, il secondo gestore mobile d’Europa,
e Moody’s le assegna un rating appena superiore a quello dei junk bond. Deutsche Telekom capitalizza
invece poco più di 35 miliardi di euro con il titolo che naviga intorno ai 10 euro, un terzo meno del
prezzo di emissione (28 marchi) della prima tranche nel 1996: dal gennaio 2000, quando arrivò al
picco di 104 euro, Dt ha bruciato i risparmi di milioni di tedeschi e oggi Schröder ne ha licenziato il
presidente Ron Sommer come mossa propiziatoria in vista delle elezioni.
Vivendi e Kirch erano diventati a fine 2001, dopo anni di spericolata espansione, il primo e il terzo
gruppo nel settore dei media in Europa: oggi uno è sull’orlo dell’insolvenza e della spartizione, l’altro
è già fallito. A una proprietà formalmente privata ha corrisposto per entrambi una estesa influenza
pubblica espressa sia nella concessione del credito sia nella definizione delle strategie. In questi
variegati disastri franco-tedeschi, che con la loro dimensione condizionano pesantemente lo stato
finanziario e industriale del settore Tmt in Europa, esistono molti elementi comuni che, invece di
alcuni casi sparsi di cattiva gestione, configurano un tema strategico di ordine generale.
1. Le quattro società in crisi si collocano fuori delle tipologie d’impresa in cui, a parte le dot.com e le
truffe contabili (Worldcom, Adelphia), si concentra la gran parte dei fallimenti finora emersi nel
settore Tmt: nuovi entranti delle telecomunicazioni che hanno fatto troppi investimenti per costruire reti (da Global Crossing a Kpn-Qwest) e challenger che hanno sovrastimato le chance di ricavi
nella pay-tv europea (Ntl, Upc, Itv Digital, Quiero). Al contrario sia gli omologhi di France Télécom
e Deutsche Telekom, ovvero le Baby Bells Usa e gli ex monopolisti telefonici europei, sia gli omologhi di Vivendi e Kirch, ovvero le major di Hollywood e le grandi emittenti tv del Vecchio Continente, sono tra i gruppi che meglio resistono alla crisi. I disastri franco-tedeschi formano una categoria a sé stante.
2. I loro conti sono andati fuori controllo a causa di forsennate campagne acquisti in patria e all’estero di cui alla fine non si è più riusciti a scorgere la ragione industriale: i vari pezzi collezionati non
risarcivano l’alto prezzo pagato né con benefici da integrazione né con un maggior potere di
mercato né con incrementi derivati dall’appropriazione di tecnologie vincenti.
3. L’accesso al credito è stato molto facile e ampio grazie o alla maggioranza pubblica del capitale o a
posizioni privilegiate (si pensi solo ai prestiti elargiti a Kirch per l’acquisto delle quote di controllo
della Formula 1 tra fine 2000 e ottobre 2001 quando la situazione finanziaria era già molto difficile).
4. L’espansione intensiva e il credito facile non dipendono da errate valutazioni o da megalomania
dei singoli ma rientrano in una strategia di competizione a largo raggio dove l’interesse nazionale
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(o regionale) si identifica con la crescita esterna dell’impresa-campione per la quale si mobilita un
ampio sistema di forze. Dai tempi del Crédit Lyonnais l’ingresso nell’industria americana dell’audiovisivo è una priorità francese, quasi la replica in chiave offensiva dell’exception culturelle, così
come oggi sembra un tema chiave l’egemonia su scala europea in settori sensibili (Edf). Le
campagne di Sommer su più fronti privi di coerenza (dal mobile Usa all’incumbent italiano fino
all’Est europeo), al pari del catenaccio a favore degli acquirenti tedeschi degli asset rimasti di
Kirch, sembrano collocarsi nella medesima prospettiva.
L’avidità sganciata dalla cautela non è prerogativa solo di Gekko o del singolo capitalista; fa parte
anche della ratio genetica degli Stati e porta pericoli maggiori perché i controlli in grado di frenarla
sono assai meno facili da organizzare. Astenersi dai campioni nazionali e limitarsi alla creazione del
campo di gioco (definizione delle regole, assegnazione delle licenze e, in casi speciali, accelerazione
dei tempi di ingresso delle tecnologie innovative): questa sembra la migliore policy in settori come
quelli investiti dalla rivoluzione digitale dove la competizione è turbolenta e l’evoluzione dei consumi
incerta, data la molteplicità dei fattori di influenza. Un esempio positivo viene dalla Gran Bretagna
dove il fallimento di Itv Digital, la pay-tv diffusa in tecnologia digitale terrestre che puntava a far
concorrenza a BSkyB di Murdoch, non ha scatenato tentativi di salvataggio e interventi pubblici: il
governo mantiene il suo orizzonte industriale (completare il passaggio dall’analogico al digitale tra il
2006 e il 2010) e il regolatore rialloca le licenze preferendo soggetti (Bbc, Crown Castle) che per le
frequenze terrestri in tecnica digitale immaginano un uso forse più efficace: programmi in chiaro
invece che a pagamento. Il salto tecnologico è affidato al modello televisivo che esprime un potenziale universalista e i pionieri che hanno sbagliato strategia passano la mano.
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primopiano
lo scenario futuro delle tlc
risponde Franco Bernabé
a cura di Gianfranco Valleriani
Concentrazione e nuova concorrenza
Come si riconfigura il mercato della nuova comunicazione dopo il crollo dei nuovi mercati?
Nella seconda metà degli anni 90 abbiamo assistito ad una moltiplicazione dei soggetti nei settori
delle telecomunicazioni, dei media e delle tecnologie. Questa situazione era determinata in parte
dallo sviluppo delle tecnologie, ma in buona parte era la conseguenza di una bolla speculativa. Molti
soggetti erano deboli e possedevano una scarsa visione del mercato.
Negli ultimi tempi si è così avviato un processo di rapida e spesso traumatica fuoriuscita dal mercato
di coloro che si erano improvvisati operatori in questo settore e si è assistito ad un fortissimo ridimensionamento delle iniziative. Questo fenomeno sta portando ad una maggiore concentrazione
sugli operatori dominanti, che hanno affrontato con successo le vicende degli anni passati e sono
oggi in condizione di reggere un mercato difficile, avendo una situazione finanziaria e patrimoniale
relativamente solida.
Teniamo comunque presente che anche per gli operatori dominanti la situazione non è del tutto
rosea essendo oberati dai debiti contratti per fare acquisizioni ma perlomeno continuano a beneficiare
di una notevole capacità di generare cassa.
Quale sarà il futuro per le aziende specializzate nate nel nuovo mercato?
Gli operatori specializzati hanno costruito una valida presenza in questo mercato e alcuni di loro
hanno dimostrato fin dall’inizio di avere una visione di business solida e la capacità di mantenerla
coerente nel tempo.
Ma anche in questi comparti si era registrata una proliferazione eccessiva di soggetti, spesso non
adeguati, e dunque anche qui si è avviata una dinamica di concentrazione su quei soggetti più strutturati e solidi, con una visione chiara del business.
Anche nei mercati specialistici, dunque, la tendenza sarà quella di avere pochi leader dominanti a livello
internazionale, così come il mercato dei generalisti si concentrerà su pochissimi operatori globali.
Credo che la tendenza alla “pulizia” proseguirà per tutto il decennio favorendo una sorta di stabilizzazione
del mercato e, in prospettiva,l’instaurarsi di dinamiche imprenditoriali e produttive più chiare.
Esisterà un problema di pluralismo in questo scenario di forte concentrazione?
Il tentativo di aprire il mercato delle telecomunicazioni stimolando la concorrenza ai soggetti fortemente consolidati e di grandi dimensioni da parte di soggetti piccoli alimentati dal mercato finanziario
ha dimostrato di essere un’illusione e dunque una strada non percorribile. La concorrenza può esserci solo tra soggetti di dimensioni analoghe. I regolatori dovranno quindi sorvegliare affinché il processo di consolidamento in atto non porti alla concentrazione su un solo soggetto ma favorisca la presenza di più soggetti.
Industria e finanza: la corporate governance
Come è mutato il rapporto tra industria, in particolare quella delle Tlc, e finanza?
Negli ultimi cinque anni gli aspetti finanziari sono stati dominanti nella creazione delle nuove attività
e all’origine della bolla speculativa che ha caratterizzato lo sviluppo del settore ICT in generale.
Nei prossimi anni vedremo una separazione molto netta tra industria e finanza. Andranno avanti solo
le imprese in grado di autofinanziarsi, quelle con modelli di business solidi e con un cash flow generato dal proprio fatturato. Non ci sarà più spazio per imprese sostenute da iniezioni di capitali provenienti dalle borse. Si affermerà un modello di sviluppo delle imprese molto più sano di quello che
abbiamo visto negli anni scorsi.
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Beltel
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La finanza non sarà più una leva di sviluppo?
Diciamo che farà un altro mestiere. Probabilmente aiuterà i processi di riorganizzazione delle imprese e dei mercati. La finanza riesce a trovare sempre un proprio ruolo, sia nei periodi di crescita che
in quelli di consolidamento. Non avrà però il carattere pervasivo che ha avuto nella seconda metà
degli anni 90.
In quegli anni molte imprese sono nate non perché ci fosse una reale domanda da parte del consumatore, ma perché c’era una forte domanda di azioni da parte del mercato finanziario. Quindi erano
imprese fittizie, che vivevano per alimentare il mercato finanziario e non il mercato dei beni e dei
servizi che è pur sempre il mercato principale, se non esclusivo, per le imprese.
Corporate governance: quali sono le questioni aperte e quali le prospettive?
I fenomeni degli ultimi anni erano già visibili quando erano in corso. C’era una gara perversa nell’esaltare i comportamenti più difformi dal buon senso. Qualcuno aveva scoperto regole di un’economia che non è mai esistita, spacciando per buone delle leggi che non avevano mai avuto cittadinanza
nell’economia e nell’impresa sana.
Direi, quindi, che anche sul piano della corporate governance si tornerà di nuovo al buon senso e al
comportamento corretto. Questo avverrà dopo che il mercato avrà fatto il suo corso nella ripulitura
del sistema e che la magistratura nei vari paesi avrà colpito le frodi e i comportamenti scorretti che
si sono accumulati.
La stagione “nuova” della new economy?
New economy: si riparte da zero?
Io credo che siamo appena all’inizio della new economy. Le profonde trasformazioni e la riorganizzazione
del modo di fare impresa richiedono tempi lunghi perché implicano la modifica degli atteggiamenti e
della cultura della gente. Quello che si è visto fino ad oggi era semplicemente l’impatto sul mercato
finanziario dell’idea che ci fosse qualcosa di importante da cambiare. Ma non sono stati ancora
trovati i modelli giusti, né soluzioni adeguate. Bisogna cambiare nel profondo: penso alla cultura, ai
comportamenti, e questo richiederà molto tempo per sviluppare i suoi effetti sull’economia.
Nei prossimi anni la new economy ripartirà in modo meno eclatante, ma certamente più solido e continuativo.
La finanza tornerà ad occuparsi del nuovo mercato? In che modo?
La finanza innovativa punterà a nuove operazioni: ad esempio le ristrutturazioni dei cespiti fallimentari – che sono numerosissimi – e la conseguente riorganizzazione dei beni dispersi in seguito all’esplosione della bolla.
Verso l’autogenerazione dei contenuti
In che modo la nuova comunicazione modificherà la produzione di contenuto?
La telefonia mobile ha registrato nell’ultimo decennio la più forte crescita della domanda. Prima con la
voce, poi con i dati,in particolare gli SMS. Oggi siamo a un punto cruciale di sviluppo che prevede lo
sviluppo dei servizi multimediali. L’evoluzione verso la messaggistica multimediale porterà ad un arricchimento di contenuto prodotto principalmente dagli stessi utenti finali. I contenuti tenderanno ad essere ad
essere autoprodotti dai singoli utenti. E’ questa, a mio avviso, la tendenza di fondo più significativa.
Da questo punto di vista, possiamo dire che le nuove tecnologie aiuteranno lo sviluppo di forme
“individuali” di espressione, favorendo l’utilizzo dei mezzi da parte di tutti e la diffusione di prodotti
visibili: dalla fotografia ai video, e oltre. Quindi, l’utilizzatore sarà al contempo il creatore del proprio
messaggio, nei contenuti e nelle forme. La produzione multimediale diventerà così un vero fenomeno
di massa che coinvolgerà una quota importante della popolazione, anche se non assumerà necessariamente dignità artistica o finalità commerciali. Le potenzialità espressive delle nuove tecnologie daranno
la spinta verso un nuovo modo culturale di intendere la comunicazione e il rapporto con gli altri.
Il consumo è dunque legato più alla relazione fra persone, che a un mero intrattenimento…
Esatto. Il supporto tecnologico non può essere cambiato nelle sue finalità. Il telefono nasce per
raggiungere qualcuno e comunicare qualcosa. Certo negli anni si è arricchito di nuove funzionalità.
Ma le dimensioni fisiche del mezzo e le caratteristiche funzionali non possono mutarne la natura. Per
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fare qualcosa di diverso dalla comunicazione occorre un altro supporto fisico, con altra piattaforma e,
ad esempio, uno schermo di dimensioni molto maggiori, cioè un altro mezzo. Non escluso, comunque,
che si possa usare il cellulare anche per forme di intrattenimento, ma solo in termini molto semplici.
La grande capacità del mezzo, per la quale devono essere utilizzate le interfacce e progettata la sua
evoluzione, rimane la comunicazione.
Come entrano nel mercato i produttori di contenuto?
Sottolineata la tendenza di fondo all’autogenerazione, devo dire che il business dei contenuti, quando
il processo di produzione si industrializza, è molto complesso e non è semplice fare delle previsioni.
Sicuramente anche questo mercato sarà sottoposto ad un forte processo di concentrazione, come
già accade nei settori del cinema e della televisione. I giganti delle telecomunicazioni evolveranno e
si imporranno; con molta probabilità sceglieranno di mantenere uno spazio al proprio interno per la
formattazione dei contenuti destinati alle diverse piattaforme tecnologiche.
Concentrazione, dunque, ma anche specializzazione: si affermeranno operatori di nicchia, capaci di
sviluppare servizi specifici, come accade oggi in ambito televisivo quando l’azienda decide di realizzare in outsourcing la produzione dei format.
Ma la variabile che giocherà un ruolo decisivo nello scenario dello sviluppo dei contenuti sarà quella
dei comportamenti sociali. Credo, cioè che nello sviluppo del mercato dei contenuti molto dipenderà
dai comportamenti specifici degli abitanti dei singoli paesi. Il fenomeno dell’i-mode in Giappone, per
esempio, ha favorito la proliferazione di produttori di contenuti. Ma è un fenomeno tipicamente
giapponese che nasce dalle caratteristiche di comportamento di quella popolazione, dal loro modo di
affrontare e vivere il lavoro e il viaggio, ed è forse difficile da replicare in Europa. Sicuramente nel vecchio
continente ed in Italia ci saranno delle diverse modalità di generazione di contenuto, ugualmente innovative
per altri aspetti. I grandi operatori dovranno seguire con attenzione i comportanti dei consumatori, per
decifrarli e rispondere con creatività e tempestività alla domanda di consumo emergente.
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primopiano
l’impulso del futuro: la tecnologia Ultra-Wideband
Maurizio Decina
Direttore Scientifico Cefriel, Politecnico di Milano
dBm / MHz eirp
Nel febbraio del 2002 la Federal Communications Commission degli Stati Uniti ha autorizzato l’uso
commerciale di dispositivi radio basati su una nuova tecnologia di comunicazione chiamata “ultrawideband” (Uwb). Per ora l’uso è sperimentale ed è consentito soltanto ad agenzie governative.
Questa tecnologia impiega sequenze di impulsi elettrici di brevissima durata temporale che tendono
a occupare bande di segnale molto ampie: fino ad alcune decine di GHz. La tecnica Uwb interferisce
con tutte le altre applicazioni di radiocomunicazione che impiegano le stesse porzioni dello spettro
radio. Pertanto la Fcc ha definito alcuni standard preliminari per limitare la massima potenza emessa
dai dispositivi Uwb alle varie frequenze spettrali, al fine di minimizzare le interferenze con i servizi
commerciali e militari di comunicazione radio pre-esistenti.
-40
-45
-50
-55
-60
-65
-70
-75
-80
Outdoor UWB emission limit
- - - Example of UWB spectrum
0
1
2
3
4
5 6 7
8
Frequency, GHz
9
10 11 12
Figura 1 - Maschera dello spettro di densità di potenza emessa “out-door” da dispositivi di comunicazione UWB secondo l’FCC, Febbraio 2002
La figura 1 mostra un esempio di tali limiti che fino a 3,1 GHz sono particolarmente stringenti, vista
l’estrema importanza degli altri servizi di comunicazione pre-esistenti in queste bande (Gsm, Umts,
Bluetooth, Wi-Fi, Dvb, Gps, ecc.).
Le applicazioni della tecnologia Uwb sono svariate e tutte molto promettenti. Si tratta sostanzialmente di applicazioni radar, di telecomunicazioni e di telemisure:
• Sistemi radar per prospezioni del terreno (Ground Penetrating Radar Systems),
• Sistemi radar di prospezione attraverso i muri (Through-wall Imaging Systems),
• Sistemi radar per applicazioni medicali (Medical Imaging Systems),
• Sensori radar per gli autoveicoli (Vehicular Radar Systems),
• Sistemi di comunicazione e di misura (Communications and Measurement Systems).
La figura 2 mostra una stima dell’European Radiocommunications Office (Ero) sulla ripartizione delle
applicazioni Uwb per le frequenze fino a 10 GHz nei prossimi 3-5 anni.
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Outdoor communication &
measurements systems
~10% of all units
Imaging systems
< ~2% of all units
Centret above 3 GHz
Centret below 1- 3 GHz
Indoor communication
& measurements systems
> ~88% of all units
Centret above 3 GHz
Source: European Radiocommunications Office, 2002
Figura 2 - Principali applicazioni dell’UWB tra 1 e 10 GHz: stima dell’European Radiocommunications
Office della CEPT, Aprile 2002
La figura 3 mostra invece schematicamente l’applicazione Uwb per sensori di autoveicoli che richiedono invece l’occupazione di bande sui 24 GHz.
Figura 3 - Applicazioni UWB per sensori radar di autoveicoli, nelle bande fino a 24 GHz
Non c’è dubbio che la prima applicazione dei dispositivi Uwb è quella di telecomunicazioni “in-door”:
in questo caso Uwb è concorrente nell’ambito dell’Home Networking delle altre tecniche radio di cui
abbiamo parlato in Beltel: le WLan (Wi-Fi), Bluetooth, HomeRF. I primi dispositivi Uwb sono disponibili
per sperimentazioni quest’anno e permettono velocità di trasmissione dei dati di 100 Mbit/s su distanze dell’ordine dei 10 metri. Negli Stati Uniti varie aziende hanno annunciato prodotti Uwb commerciali per il 2003: XtremeSpectrum, PulseLink, Time Domain, General Atomics, ecc.
Bruce Watkins della PulseLink prevede che i dispositivi di comunicazione Uwb potranno trasmettere
fino a un Gbit/s su distanze di centinaia di metri.
Le atre applicazioni UWB di radar imaging saranno molto utili per i sistemi di pubblica sicurezza, dai
sistemi di sorveglianza alla ricerca di oggetti/persone interrati o nascosti da muri. E grandi sono le
aspettive per le applicazioni dei sistemi Uwb radar veicolari.
La figura 4 mostra infine una stima preliminare dell’Ero per il mercato mondiale della tecnologia Uwb
in termini di unità vendute all’anno tra il 2003 (anno del debutto commerciale) e il 2010.
8
6
million units per year, world-wide (Preliminary)
61% / year
4
2
0
2003
Year
2010
Source: European Radiocommunications Office, 2002
Figura 4 - Mercato mondiale dell’UWB: stima preliminare dell’European Radiocommunications Office
della CEPT, Aprile 2002
settembre 2002
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analisi
banda larga contro telefonia mobile?
Sandro Frova
Università Luigi Bocconi Milano
Nel recente dibattito sulla banda larga sembra insinuarsi un principio concettualmente errato, economicamente scorretto, finanziariamente dannoso: si tratta dell’idea che telefonia fissa ed internet
siano in qualche modo penalizzati, a tutto vantaggio della telefonia mobile, sotto sotto accusata di
guadagnare “troppo”; quella dei profitti “eccessivi” non è una novità e, nonostante numerosi analisti
e osservatori abbiano ampiamente dimostrato che a fronte dell’ampiezza dei margini si trova una
entità di investimenti ancora più impressionante, si tratta di un argomento che viene risollevato con
una certa frequenza. In tale linea di pensiero, poiché gli operatori fissi non disporrebbero delle
risorse finanziarie necessarie a sostenere il gravoso investimento infrastrutturale della banda larga,
né la Pubblica Amministrazione/Stato potrebbe mettere a disposizione ulteriori incentivazioni a tali
investimenti, si inserisce un curioso corollario: gli investimenti in banda larga potrebbero essere in
qualche modo “spinti” comprimendo i ricavi/profitti della telefonia mobile derivanti dalle tariffe di
terminazione, a tutto vantaggio della cosiddetta retention degli operatori “fissi”. In altri termini, poiché almeno sino ad ora i bilanci dei due primi operatori mobili Tim e Omnitel (non certamente quelli
di Wind, di H3G e di Ipse) evidenzierebbero una performance assolutamente eccellente, secondo
alcuni sarebbe possibile agire sulle tariffe di terminazione fisso/mobile per trasferire ricavi - e
dunque profitti - dal mobile al fisso*; ne seguirebbe un maggiore autofinanziamento di quest’ultimo,
disponibile appunto per gli investimenti in broadband.
a) L’errore concettuale. Sta nel ritenere che si possa banalmente spostare un flusso di redditi
dagli operatori mobili a quelli fissi, immaginando che i secondi siano, nella specifica area di
business delle chiamate fisso/mobile, in perdita. Credo proprio che non sia così, tanto che le
ipotesi di revisione della terminazione di cui si sta discutendo - in Europa come in Italia sono ben lontane da tale idea, proponendo semmai una contemporanea riduzione sia della
termination sia della retention.
b) La scorrettezza economica. Se si ritiene che la quota di terminazione delle chiamate da fisso
a mobile spettante ai mobili sia troppo elevata, si può immaginare di ridurla (progressivamente o in altre maniere: è il dibattito in corso in vari Paesi, e tocca sostanzialmente la
questione del price-cap e del suo valore di partenza), non certo di spostare la differenza a
favore dei fissi! Se così si facesse, si compirebbero contemporaneamente due scorrettezze
economiche: l’una “competitiva”, poiché si spostebbero d’imperio - contro ogni logica di
mercato - fette di ricavi e di profitti da un gruppo di imprese a un altro, e all’interno del
gruppo delle imprese penalizzate si punirebbero maggiormente gli ultimi arrivati che certo
non hanno bisogno di vedersi tagliati i business-plan; l’altra “distributiva-sociale”, giacché,
se la terminazione fosse davvero troppo elevata, una sua eventuale riduzione dovrebbe
beneficiare i consumatori e non i “concorrenti” della telefonia fissa.
* E’ bene ricordare che al momento in cui questo articolo viene scritto (fine luglio) il tema non ha ancora una
soluzione: probabilmente si andrà verso un meccanismo di cap, con una percentuale di riduzione annua che
potrebbe essere vicina al 9% adottato in Gran Bretagna. Se così sarà, le preoccupazioni specifiche qui manifestate
verranno in ampia parte superate, mentre rimarrà intatta la critica di fondo a un modo di pensare poco aperto alla
cultura del mercato e troppo aperto alle tentazioni di interventi dirigistici.
settembre 2002
Beltel
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c) Il danno finanziario. Dal punto di vista finanziario, il solo risultato sarebbe quello: da un lato
di rendere più precarie le situazioni finanziarie nel business della telefonia mobile, proprio in
un momento in cui il peso degli investimenti già attuati, l’esposizione incrementale per le
aste Umts nonché gli investimenti per il lancio stanno fortemente innalzando la tensione
finanziaria del settore; dall’altro di dare una semplice boccata di ossigeno ai “fissi”, senza
che peraltro muti il contesto economico/strategico di sviluppo della banda larga; potrebbe
un semplice trasferimento di risorse dal mobile al fisso mutare l’atteggiamento dei mercati
finanziari, oggi restii - uso un eufemismo- a finanziare investimenti in larga banda?
Insomma, se l’ipotesi azzardata di sostenere gli investimenti in larga banda dei fissi “prelevando”
ricavi e profitti dai mobili si dovesse mai avverare, si otterrebbero due risultati certi:
1) un apprezzamento negativo da parte dei mercati finanziari, che difficilmente applaudirebbero a una operazione che - almeno per l’Italia - vedrebbe risultati incerti in casa Tim/TI e
Wind, negativi in casa Omnitel e - per il futuro- anche per Ipse e H3G;
2) un ritorno a un dirigismo economico che dovrebbe ormai essere definitivamente seppellito,
incompatibile con la liberalizzazione dei mercati e incoerente con le scelte dei consumatori:
i quali, se hanno liberamente optato di “pagare” per la mobilità lo avranno pur fatto per
qualche motivo e attuando le proprie scelte di natura economica.
D’altronde, cosa altro si potrebbe dire di un progetto che si propone di sviluppare (sussidiare?)
un’area di affari attraverso il “sottosviluppo” del solo business che il mercato ha promosso con l’unico
giudizio che conta davvero: la disponibilità di un numero crescente di clienti a pagare volentieri per
un numero crescente di servizi offerti?
Infine, neppure l’erario potrebbe restare indifferente: non solo per i ricchissimi raccolti che miete a
vario titolo dalla telefonia mobile (tema su cui varrebbe la pena di riflettere), ma anche per una ovvia
considerazione di equità: dopo aver ottenuto 13 miliardi di Euro dall’asta Umts, con quale coraggio
togliere l’ossigeno (profitti) indispensabile agli investimenti “reali” ora necessari? Non si dimentichi
poi la lezione di Blu: quando un’impresa muore, non ne soffrono solo gli stakeholders; anche lo Stato
può subire un danno finanziario grave.
settembre 2002
Beltel
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analisi
che cosa fare per le nuove imprese high tech?
Massimo Colombo e Luca Grilli
Ciret, Politecnico di MIlano
Negli ultimi anni, in tutti i principali paesi dell’Unione Europea sono stati emanati articolati provvedimenti legislativi a favore del settore delle nuove imprese ad alta tecnologia. Tali interventi hanno
perseguito essenzialmente due obiettivi. Da un lato, essi hanno mirato a incentivare la scelta imprenditoriale da parte di individui a elevata dotazione di “capitale umano”. Infatti, gli studi scientifici
concordano nel mostrare che le imprese fondate da tali individui mediamente hanno maggiori probabilità di successo; tuttavia, al contrario di quanto avviene negli Stati Uniti, in Europa essi presentano
un’elevata avversione al rischio e dunque raramente tentano l’avventura imprenditoriale. Dall’altro, il
legislatore si è preoccupato di far fronte alle imperfezioni dei mercati finanziari che rendono arduo
per le nuove aziende high-tech l’ottenimento delle risorse finanziarie di cui necessitano, soprattutto
nei primissimi anni di vita. In questo caso sono stati privilegiati interventi indiretti a sostegno di quelle
istituzioni finanziarie, quali i fondi di venture capital, che strutturalmente sono meglio attrezzate a far
fronte a tali imperfezioni. Un segnale di grande rilevanza in questa direzione è stato lanciato dall’Unione Europea con la creazione da parte della BEI dell’European Investment Fund.
Nel campo del sostegno alle nuove imprese high-tech il nostro paese ha mostrato sinora scarsa
sensibilità. In Italia mancano infatti interventi legislativi organici che riconoscano tale settore come
uno dei target primari della politica tecnologica. Questo non significa tuttavia che le giovani imprese
italiane dell’high-tech non abbiano fatto ricorso a misure pubbliche di sostegno. Il rapporto RITA,
realizzato dal Ciret-Politecnico di Milano, mostra che, all’interno di un campione di 401 giovani imprese italiane high-tech, la maggior parte delle quali opera nei settori Ict del manifatturiero o dei servizi,
il 38% ha ottenuto finanziamenti pubblici, erogati dall’ Amministrazione centrale (23%) o dalle
istituzioni locali (27%); inoltre, le imprese che hanno beneficiato del sostegno pubblico hanno tassi di
crescita di lungo periodo decisamente superiori alla media. Fra gli interventi legislativi, i più gettonati
sono stati la legge 46/1982, la 140/1997 e la 488/1992. Nei primi due casi si tratta di interventi a
sostegno della ricerca e dell’innovazione tecnologica, mentre la 488 si pone obiettivi di riequilibrio
territoriale, disciplinando l’intervento nelle aree depresse del paese.
Ma quali sono le caratteristiche distintive delle giovani imprese italiane che hanno inciso positivamente sulla probabilità di avere accesso a fondi pubblici? Il rapporto RITA indica che i fattori fondamentali
a questo riguardo sono:
• la localizzazione dell’azienda in un incubatore tecnologico all’interno di un parco scientifico o di un
business innovation centre;
• la presenza di un’impresa “madre” che ha favorito lo start up attraverso l’apporto di risorse e di
competenze;
• la localizzazione dell’impresa nel Mezzogiorno;
• l’età dell’azienda: molto raramente le imprese italiane riescono a ottenere fondi pubblici nei primissimi anni di vita;
• la partecipazioni a progetti internazionali di ricerca finanziati dall’Unione Europea.
Al contrario, con la parziale eccezione del livello di istruzione, la dotazione di capitale umano dei soci
fondatori pur rappresentando una fonte importante di vantaggi competitivi per la nuova impresa, non
aumenta la probabilità di ottenere sussidi pubblici.
Nel complesso, tale evidenza documenta l’esistenza di un gap informativo e organizzativo da parte
degli imprenditori high-tech che contribuisce ad accentuare le distorsioni nell’allocazione dei fondi
pubblici derivanti dall’assenza di provvedimenti mirati. Emerge dunque la necessità di un ampio
ripensamento da parte del governo della politica tecnologica in materia, al fine di sostenere in maniera più adeguata di quanto successo nel passato lo sviluppo di tale fondamentale componente del
sistema innovativo nazionale.
settembre 2002
CIRET
Politecnico di Milano
Le nuove imprese italiane ad alta tecnologia
1° RAPPORTO RITA
Edizione 2002
BUONO D’ORDINE
• Le NTBF (nuove imprese ad alta tecnologia) italiane nei
settori:
> aerospazio
> apparati di tlc
> biotecnologie
> componenti elettronici
> e-commerce
> editoria elettronica
> farmaceutica
> informatica
> isp
> servizi di tlc
> servizi multimediali
> software
> strumentazione elettronica
• Una rassegna dallo start-up al 2002
• Una descrizione di benchmarking delle caratteristiche
delle imprese e dei fondatori nei vari settori.
• Un’analisi dettagliata di:
> attività innovativa
> finanziamento
> sussidi pubblici
• I fattori chiave della performance post-entrata:
> mortalità
> crescita
• Fusioni, acquisizioni e alleanze.
Include una lista di imprese per settore con:
> indirizzo
> classe di fatturato
> classe di addetti
> attività brevettuale
> progetti di ricerca dell’Unione Europea
> private equity
> finanziamento pubblico
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Prezzo intero: 2999,00 euro esclusa IVA
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Dott. Luca Grilli, CIRET-Politecnico di Milano, Dipartimento di Ingegneria Gestionale, Piazza Leonardo da Vinci, 32 - 20133 Milano, Italia
tel: +39 02 2399 3955 fax: +39 02 2399 2710 - e-mail: [email protected]
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Le analisi contenute nel 1°rapporto RITA sono basate sulle informazioni estratte dal database RITA. Le informazioni incluse nel
database RITA sono in vendita presso il CIRET – Politecnico di Milano. Per ulteriori dettagli, si prega di contattare il Dott. Luca Grilli
- Dipartimento di Ingegneria Gestionale - tel: +39 02 2399 3955 fax: +39 02 2399 2710 e-mail: [email protected]
Beltel
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analisi
scandali finanziari e legge di Moore
Giorgio Meletti
Adesso che sono finite le vacanze e il capitalismo mondiale si prepara ad affrontare il campionato 20022003 sarebbe bene concedersi un momento di riflessione per rifiutare un’idea tanto popolare quanto
sbagliata: che gli scandali finanziari americani (Worldcom e compagnia) possano essere pigramente
archiviati come puri episodi di delinquenza, delinquenza finanziaria, roba da colletti non bianchi ma
bianchissimi, ma pur sempre delinquenza. L’idea delle mele marce, o se preferite del mostro, è tanto
consolatoria quanto inutile a capire la vera natura del problema. Azzardo un’ipotesi: che gli scandali
finanziari con bancarotta incorporata, insieme a tanti altri deprecabili avvenimenti legati in qualche
modo alla cosiddetta bolla di Internet, nascano da un’estensione all’economia della legge di Moore.
Parto da una modesta osservazione matematica. Il fenomeno descritto dalla legge di Moore (il
raddoppio delle prestazioni del microchip ogni diciotto mesi), alludendo a un’inesorabile crescita
esponenziale, contiene la stessa logica delle piramidi finanziarie, quelle che qualche anno fa hanno
rovinato gli albanesi e più recentemente i seguaci di Virgilio Degiovanni. E se è vero, o quantomeno
sospettabile, che il motore delle piramidi finanziarie – e di tutte le forme antiche e moderne della
catena di Sant’Antonio – è alimentato dalla malafede, la bolla della new economy sembra aver
risposto a una logica più complessa. L’idea della crescita esponenziale della tecnologia, e con essa
dei mercati, delle occasioni di business, del giro d’affari e in ultima istanza dei profitti si è fatta
strada grazie a una massiccia dose di sincera convinzione. Quella secondo cui tanto ben di Dio
tecnologico non poteva non trasformarsi, prima o poi, in ricchezza effettiva, in moneta sonante.
Era solo questione di tempo, tutt’al più bisognava aspettare che qualcuno, tra tanti tentativi, azzeccasse
la mossa giusta per scatenare la pioggia di denaro. Si è così dimenticata la complessità dei fenomeni economici - grazie alla quale abbiamo assistito al trionfo del sistema operativo Ms-Dos quantunque fosse giudicato da tutti gli esperti un prodotto pessimo. L’ottimismo si è trasformato insomma in ideologia, e l’ideologia si è rivelata particolarmente contagiosa, anche perché non tutti – anzi
pochissimi – si sono ricordati la seconda parte della filosofia di Moore. Quella secondo cui la
crescita esponenziale raggiunge prima o poi, inevitabilmente, il suo limite. E, come ha sottolineato
lo stesso Gordon Moore, “nessun andamento esponenziale continua all’infinito senza che succeda
qualche disastro”. Prima ancora che si fermasse la crescita esponenziale della potenza dei chip è
toccato al sistema finanziario conoscere il disastro.
Il punto è che non abbiamo ancora finito di imparare la lezione. Alessandro Penati ha scritto sul Corriere
della sera che “la colpa di analisti, manager e investitori è di aver sovrastimato l’impatto del progresso
tecnologico sugli utili aziendali”. Vero. Ma sarebbe un errore limitarsi a pensare che è solo un problema di
esagerazione, e che l’impatto delle nuove tecnologie sul business sarà per questo più limitato e più lento.
Non è solo una questione di velocità. Bisogna prendere in considerazione anche ipotesi più estreme.
Intanto è noto che sbagliare le previsioni sui tempi non fa solo rallentare il successo di un’impresa,
settembre 2002
Beltel
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ma può farla semplicemente fallire. E questa è una verità che molti pionieri della new economy
hanno già toccato con mano. Quanto a quelli che stanno ancora ballando, e a quelli che si chiedono
se è il caso di crederci ancora, la tendenza più insidiosa è quella che porta a intensificare la discussione sul modello di business. E’ un modo di ragionare che ancora in qualche modo sottintende la
fiducia di avere in mano un prodotto comunque valido e prima o poi vincente. Ecco, potrebbe non
essere vero. E’ come se qualcuno inventasse una tecnologia in grado di produrre letti di chiodi di
qualità straordinaria, in grandi volumi e a costi stracciati, e pensasse di avere per questo il diritto di
attendersi un boom del suo acuminato prodotto ben al di là del tradizionale mercato dei fachiri.
Essersi a lungo convinti che la new economy fosse un fenomeno qualitativamente nuovo in grado di
riprodurre la legge di Moore dentro i meccanismi di mercato ha portato a credere che a gioco lungo
ci fosse spazio per tutti, e si trattava solo di vedere chi sarebbe arrivato prima, giusto per la statistica.
Per questo l’accanimento terapeutico sul modello di business dovrebbe creare qualche apprensione. Il
boom dei telefonini è nato da un azzeccato modello di business o semplicemente dal fatto che quel
prodotto si è imposto per l’intrinseca utilità? Non giurerei che i dubbi sul futuro dell’Umts saranno sciolti
grazie a una messa a punto del modello di business. Piuttosto troverei ragionevole ammettere che la
grandi aspettative sul 3G sono state generate dal clima dell’ottimismo esponenziale, e che adesso la
giusta riflessione da fare dovrebbe avere per titolo: a che cosa serve?
settembre 2002
Beltel
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analisi
e se imparassimo a vendere?
Massimo Biondi
[email protected]
Il mercato delle tlc è cresciuto tra gli agi, un po’ come un figlio di papà che non dà peso ai soldi e
rimanda a quando sarà più grande il momento di affrontare i problemi. Succede però anche ai figli di
papà prima o poi di ricevere pressioni, di sentirsi chiedere cosa intendono fare nella vita, per esempio lavorare seriamente e farsi una famiglia.
Nelle telecom i genitori sono gli investitori: prodighi per anni, un po’ ciecamente, adesso sono stufi di
cacciar soldi e pretendono che i figli si mantengano da soli. Nel caso facendo profitti.
Ho sentito manager adombrati per la richiesta. “Noi siamo valutabili sulla ricchezza attesa in futuro,
non sul tornaconto a breve”.
Così la pensano, alcuni. E procedono finché la cassa lo consente tra investimenti pubblicitari crescenti
e previsioni di EBITDA positivo a breve, ma non subito.
Molte imprese si sono mosse come in una specie di porto franco delle regole micro-economiche.
Questo è stato possibile in un clima euforico generalizzato che ha coinvolto i soliti investitori; i dirigenti e lavoratori in genere; i giornalisti; i consulenti e altri osservatori. Però, siamo al quinto anno
dalla liberalizzazione e i numeri danno torto a quasi tutti.
Che il processo di liberalizzazione avesse in sè qualche grinza logica, può essere. Tutti, chi più, chi
meno, hanno motivi di recriminazione. Però, che la situazione di difficoltà di gran parte degli operatori sia solo imputabile a motivi esterni (l’Authority… Telecom Italia…. l’11 settembre… la situazione
finanziaria mondiale… i clienti un po’ retrogradi… Trapattoni…) suona un po’ troppo a discolpa di un
management che non sempre, e nemmeno spesso, merita di essere assolto.
In modo particolare a me sembra che in questi anni nelle tlc si sia sottovalutato un fattore che in altri
comparti è primario: la vendita. Non mi riferisco ai clienti che comprano da soli, stimolati dalla pubblicità. Penso a quelli che invece devono essere convinti dei benefici dell’acquisto, penso al B2B.
Quanti operatori hanno successo nel mercato business? Qualche nome c’è, ma per successo non
intendo un po’ di contratti, con un po’ di clienti, magari a prezzi particolarmente competitivi. Intendo
l’instaurazione di stabili e profittevoli relazioni commerciali in una prospettiva di medio o lungo termine.
Relazioni che vanno ben oltre il prezzo, per intenderci, e diventano collaborazioni strategiche o quasi.
Conquistare un cliente, si sa, è estremamente costoso. Difenderlo lo è meno, ma la difesa meno
costosa è la continuazione dell’attenzione commerciale anche dopo la conquista. Come continuare a
far la corte al proprio consorte.
Questo, in altri settori, è l’obiettivo dell’attività commerciale.
Questo, nell’ICT, è l’obiettivo dell’account management.
Questo, nelle tlc, accade raramente.
Perché?
settembre 2002
Beltel
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Non ho risposte certe. Solo ipotesi:
– perché la cultura prevalente rimane quella della commodity?
– perché i driver maggiori del settore sono stati finora quelli tecnologico e finanziario?
– perché quasi tutti gli sforzi di marketing, anche operativo, sono stati nel B2C e il B2B è rimasto un
po’ indietro?
– perché la cultura dell’ex monopolista, certamente non sales oriented, è stata esportata presso i
nuovi competitori?
Fatto è che, soprattutto, le medie e piccole imprese non sono servite commercialmente come meriterebbero. Sembra che ci sia un gap culturale fra domanda e offerta. Lo stesso gap imputato già alla
Sip che poco meno di vent’anni fa ha provato a colmarlo proprio assumendo un numero ridotto ma
significativo di account manager. I primi nella storia del monopolio, allora ancora vigente.
In ogni comparto economico ci sono aziende che “fanno” buoni venditori (mentre è molto difficile il
contrario, cioè che un buon venditore faccia una buona azienda). Evidentemente hanno scuola, tradizione e organizzazione adeguate. Nelle tlc non mi sembra che si sia ancora manifestata l’eccellenza, almeno nel B2B. Poca sensibilità? Poca formazione?
Nella discesa dalle nuvole fra i fondamentali che le tlc devono recuperare c’è anche, e soprattutto,
questo: se i prodotti e i servizi sono indifferenziati, la differenza la fa la vendita e la vendita è un
processo strutturato, un’attività altamente professionale, non un’arte.
settembre 2002
Beltel
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inchieste
denaro, mercato, regole, persone: cosa manca di più?
rispondono Francesco Caio, Elserino Piol
a cura di Grazia Longoni
Denaro, mercato, regole, persone: che cosa manca oggi alle tlc? Su questa domanda ruotano una
serie di interviste di cui Beltel inizia con questo numero la pubblicazione. Perché, a ben guardare,
rispondere a questo semplice quesito significa tratteggiare le linee essenziali dello scenario delle tlc.
E mentre non solo gli addetti ai lavori sono scossi dalla catena di crolli e fallimenti, con vicende come
quelle di Worldcom e Vivendi che sembrano emblematiche di processi che minano le fondamenta
stesse del business, è giusto ripartire dai dati di base. Gli investimenti, la domanda, il quadro normativo,
le competenze sono gli elementi da cui può scaturire una valutazione più realistica del settore, dei
suoi protagonisti e delle sue chance di ripresa.
Il primo interlocutore è Francesco Caio, Ceo e fondatore (nell’aprile del 2000) di Netscalibur, la
società nata da un’operazione di private equity con l’obiettivo di creare un Internet Service Provider
capace di fornire alle imprese europee un ampio ventaglio di servizi IP.
Dunque, che cosa manca di più oggi alle tlc?
“Partirei da un quinto parametro, la conoscenza e il buon senso. Quello che è successo negli ultimi
tempi, con i disastri che si sono materializzati anche in Europa, nasce da un fenomeno semplice: sono
stati messi troppi soldi in cose che non servono. Gli investimenti sono stati guidati da un vecchio paradigma
secondo cui per fare tlc ci vuole un’infrastruttura. Questo assioma si è disintegrato verticalmente,
perché c’è una separazione netta tra chi fa rete e chi fa servizi. Di conseguenza, le dinamiche di
crescita, di mercato, di acquisizione dei clienti sono diverse nei diversi segmenti dell’industria. Oggi per
gestire con profitto reti in fibra servono tanti investimenti e poche persone. Si tratta di un business che
ha avuto momenti di gloria ma oggi è saturo. Le infrastrutture ci sono e non si può fare business
creandone di nuove. La quantità di informazioni che può passare sulle esistenti è enorme”.
Che cosa significa questo, per esempio in termini di investimenti?
“Significa che gli investimenti devono spostarsi sui servizi, cioè sulle persone e sulle competenze. E’
questo oggi, non l’infrastruttura, che determina la qualità dell’offerta. Bisogna investire per risolvere
i problemi veri dei clienti”.
Secondo lei il mercato c’è? E dov’è?
“Noi vediamo crescere soprattutto il mercato del Data Communication, in sviluppo in Europa e nel
mondo. Ho visto dei dati della Morgan Stanley del mese di luglio. Nella telefonia fissa, il mercato della
voce a livello locale è stabile, non cresce. La voce sulla long distance cresce dell’1-2%. La telefonia
mobile del 3%. Mentre il settore dei dati è l’unico che cresce veramente con un +10%. Sono dati
riferiti al mercato americano, ma in Europa non è molto diverso. Dunque il settore che cresce è quello
che ruota intorno alla banda larga e all’Ip”.
E’ una svolta epocale o un fatto congiunturale?
“Anche qui bisogna leggere diversi fenomeni. Il mercato della voce nella telefonia fissa chiude un
ciclo durato un secolo. La crescita è finita, non ci sarà più. Ma anche il mercato del mobile chiude una
fase, un primo ciclo durato dieci anni. E’ un mercato saturo anche se non immobile. Ma la prospettiva
è quella di una crescita molto diversa da quella che si basava sui dieci milioni di nuovi abbonati
all’anno, più frammentata, più legata alla trasformazione dei processi, alla capacità di segmentare e
discernere diversi segmenti. Sono cose più complicate”.
settembre 2002
Beltel
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Veniamo a quel settore dati che invece cresce. Come cresce?
“Anche qui si chiude un ciclo di tre anni che possiamo definire di pionierismo su internet. Come in
tutte le cose agli inizi, si impara dagli errori. Ma le prospettive di lungo periodo sono le più interessanti
di tutti gli altri segmenti. La crescita sarà guidata da un paradigma di conoscenze, servizi innovativi
e forti competenze professionali”.
Le persone, le risorse umane, ci sono o mancano?
“Sono scarse, vanno ancora costruite. Alla base c’è il fatto che oggi con le tecnologie informatiche si
possono realizzare servizi di tlc e questo passaggio sta mettendo in crisi entrambi i settori. Per
esempio si vendono servizi di gestione rete dati a imprese, anche grandi, mettendoci solo software e
processi. Un esempio? Noi di Netscalibur vendiamo reti private virtuali. Il cliente gestisce il suo traffico
dati su reti pubbliche, cioè su internet. Quello che noi gli garantiamo sono livelli di sicurezza e di
performance pari a quelli delle reti private, a costi dimezzati. In questo caso il fornitore è un informatico
competente di tlc. Cioè capace di garantire i flussi di traffico, servizi, affidabilità tipiche della gestione
di reti tlc ma insieme con una forte propensione a giocare con l’informatica.”.
E’ un ritorno dell’informatica che sembrava essere messa in un angolo dalle Tlc?
“In crisi è il mondo dell’informatica classica, quello che pensa in termini di system integration. A cui
manca una dimensione oggi indispensabile, quella dell’utility, di chi eroga un servizio continuativo e
affidabile, che supporta applicazioni gestite in totale autonomia dal cliente. All’opposto, nel mondo
delle Tlc manca la dimensione del software, dei processi da costruire senza dover realizzare anche
l’infrastruttura. Insomma, vediamo emergere modelli di business diversi da quelli del passato”.
Veniamo alle persone. Come si possono formare perché facciano fronte a queste nuove esigenze?
“La formazione è sempre un po’ on the job. Anche se vedo segnali interessanti nel mondo accademico
che da uno-due anni mostra una maggior attenzione alle applicazioni di Ip. Oggi tra l’altro sono di
nuovo disponibili risorse che erano finite nelle start up che poi non sono decollate o nelle divisioni
servizi dei colossi falliti come Worldcom. C’è l’opportunità di riconvertire queste professionalità. E ci
sono spazi anche negli ex incumbent: ancheTelecom Italia, Bt, Dt e Ft devono innovare il portafoglio
servizi per poter mantenere la base dei clienti di impresa. Le risorse ci sono anche se spesso non
stanno dentro le tlc. Penso agli ingegneri della Cisco che sono finiti nei portali, nei servizi di Internet
exchange, in aziende che oggi non ci sono più. Bisogna riconvertirli in aziende sane, con un conto
economico degno di questo nome”.
E sono molte?
“Io sono fiducioso, perché vedo crescere la domanda di nuovi servizi, ci sono le basi per costruire un
business sano”.
Veniamo alle regole. Qui che cosa manca?
“In Europa siamo a un passaggio critico. L’apertura del mercato dai vecchi monopoli non si è
completamente realizzata, si sono investiti molti soldi in reti di lunga distanza senza riuscire a creare
una reale alternativa agli incumbent nell’accesso. Però questo non è per me oggi il primo nodo da
sciogliere per sviluppare il mercato”.
Quali sono invece i nodi da sciogliere?
“Uno è quello della trasparenza e del livello dei prezzi dei circuiti dedicati da parte degli ex monopolisti.
C’è la tentazione di fare sconti nascosti ai clienti finali per tenerli legati. E’ una strategia che alla lunga
non paga se non c’è anche un’offerta di servizi qualificati per le imprese (e questa capacità gli
incumbent non ce l’hanno al momento). Ma va tenuta sotto controllo e mi pare la Commissione
europea lo stia facendo. Un secondo nodo è quello della tariffe di interconnessione fisso-fisso (lo ha
sollevato Renato Soru riferendosi all’Adsl) e fisso-mobile. Ci sono prezzi che non riflettono i costi. In
realtà, il tema delle regole è stato un po’ messo in ombra da altri drammatici fenomeni esplosi nel
settore. Ma va tenuto aperto”.
settembre 2002
Beltel
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Il secondo interlocutore che risponde è Elserino Piol, guru delle tlc e protagonista, attraverso la sua
società Pino Ventures, della valutazione e del finanziamento di nuove imprese nel settore.
Allora dottor Piol, che cosa manca per avviare con successo nuove imprese nel settore delle
comunicazioni?
“Credo che il mercato per nuove iniziative ci sia, nonostante i venti di crisi che anche questa estate
hanno soffiato sul settore. O meglio, ci sono opportunità se si propongono soluzioni veramente
innovative. Comunque, le carenze principali sono, da un lato, gli uomini – è difficile soprattutto
trovare i professionisti per lanciare nuove soluzioni – e, dall’altro, i soldi, da tempo diciamo che il
mercato finanziario è sostanzialmente chiuso, non si riescono a fare operazione di Ipo e a trovare
significative aperture al credito. Sulle regole invece ci sono alcune cosa da dire”.
Cominciamo da questo punto, allora.
“Per qualsiasi indirizzo a lungo termine, la regolamentazione è fondamentale, però non si possono
cambiare le regole ogni giorno. Per esempio sulla questione dell’ultimo miglio si discute dell’ipotesi di
separare da Telecom Italia la connettività con l’utente finale. E’ un’idea come altre per ampliare la
concorrenza. Ma chi la gestirebbe? E come potrebbe essere imposto a Telecom Italia un cambiamento
di questo genere? E quanto tempo richiederebbe? D’altra parte, è chiaro che abbiamo bisogno di
stimolare la creazione di una vera concorrenza sulla telefonia fissa”.
Quali regole potrebbero aiutare a crearla?
“Più che di nuove regole abbiamo bisogno di idee di sviluppo chiare e di un fine tuning, di una
microregolamentazione che controlli che le pratiche siano coerenti e rispettose delle regole e delle
linee stabilite. Nel caso specifico serve un controllo delle tariffe, dei prezzi che Telecom Italia pratica
agli altri operatori e che devono consentire dei margini. Poi c’è la questione delle nuove tecnologie
che le regole dovrebbero anticipare, non seguire”.
Per esempio?
“La questione del Wi-Fi. C’è chi sta già partendo e del resto sono due anni che si sa che arrivierà ma
le regole non sono ancora chiare”.
Veniamo a un’altra carenza, gli uomini.
“Qui abbiamo una carenza per così dire storica. Infatti, mentre nel settore dell’It si partiva da grandi
scuole che negli anni 70 e 80 erano Ibm, Olivetti, le grandi software house, nelle tlc l’unico bacino in
grado di mettere a disposizione le competenze è stato, e in parte ancora, Telecom Italia. Naturalmente
si tratta di competenze che si sono formate all’ombra di un’impostazione monopolistica. Invece, oggi
il mondo degli operatori deve essere diverso, fortemente marketing oriented. L’eredità migliore è
quella relativa alle tecnologie di rete: tra Telecom Italia e i costruttori di infrastrutture, il know how è
stato consistente, infatti oggi non ci sono problemi a trovare personale in grado di gestire le reti e la
tecnologia delle tlc. Le carenze sono nelle invenzioni di marketing, nella capacità di trovare soluzioni
innovative per i bisogni del mercato e dei clienti. Oggi nelle tlc si utilizzano molte persone che provengono
dall’It ma questo non basta. Quello di cui si sente la mancanza è la formazione che prima veniva
garantita dalle grandi aziende, soprattutto sul piano applicativo. Ed è lì, oggi, la carenza”.
Negli ultimi mesi molte aziende hanno chiuso o sono abortite: che ne è del loro personale?
“Molti sono certamente da recuperare. Bisogna però anche scontare il fatto che aveva preso piede un
modo non corretto di fare business. Persone che sono entrate nel settore illudendosi di diventare
ricche e famose in poco tempo e che hanno una sorta di deviazione mentale che rende difficile
reinserirsi. Poi ci sono molte persone che da una formazione tecnica sono passate a iniziative internet
based ma senza la capacità di portare poi le soluzioni ai clienti”.
Lei resta convinto che il mercato ci sia, che ci sia spazio per crescere e fare nascere nuove aziende?
“Che il mercato ci sia e che cresca lo dicono i dati. E ci sono ancora quote che nella telefonia fissa
potrebbero essere sottratte a Telecom Italia. Certo, non c’è spazio per le cento licenze di telefonia
settembre 2002
Beltel
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fissa concesse, diciamo che c’è n’è per 5, 6, 7 aziende sul piano nazionale e per alcune in nicchie
geografiche o tecnologiche. La crescita sarà soprattutto nei dati e nelle applicazioni nuove, come
appunto il Wi-Fi. Non dimentichiamo il ruolo dell’innovazione per fare crescere il mercato: la telefonia
mobile non ha sottratto spazi di crescita a quella fissa, si è aggiunta”.
Oggi quali applicazioni potrebbero fare crescere il mercato?
“La trasmissione wireless di immagini, il controllo delle macchine domestiche… L’importante perché
una applicazione decolli è che ci siano capacità di trasmissione e di banda, idee di marketing e uomini
per vendere e gestire i nuovi servizi”.
Veniamo al punto dolente, i capitali…
“Dobbiamo sperare che torni la fiducia. Nessuno mette in discussione l’importanza strategica delle tlc
nell’innovazione e nel progresso, però, c’è ancora un gap tra questa convinzione generale e la
disponibilità concreta a investire. Potrebbe essere colmato con la ventata di ottimismo che deriverebbe
da alcune iniziative di successo. Oggi, si parla più che altro di vicende clamorose come il fallimento di
alcuni grandi protagonisti. Tendiamo a importare pessimismo. Forse dobbiamo imparare a distinguere
tra buoni e cattivi, tra impostazioni corrette del business ed errori di strategia o di mancanza di etica
professionale”.
settembre 2002
Beltel
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inchieste
xDsl, l’ammazzacavi?
opinioni di Emanuele Angelidis, Mauro Dezi, Alberto Lotti, Roberto Zuccolin
a cura di Andrea Lawendel
I fragorosi fallimenti di questi ultimi mesi, da Global Crossing a KpnQwest, hanno messo la fibra ottica
sul banco degli imputati. Non solo sul versante del trasporto, con dorsali in fibra che appaiono sempre più sovradimensionate e “buie” in termini di applicazioni e di traffico che semplicemente non ci
sono. Molti dubbi cominciano ad attanagliare gli operatori sulla fibra ottica utilizzata per l’accesso, sul
fatidico ultimo miglio urbano. Molti progetti di cablatura procedono a rilento, il modello delle multiutility
municipalizzate solleva parecchie perplessità (Beltel ne ha parlato recentemente). Se in campo
radiomobile il brillante futuro della terza generazione comincia a essere oscurato un po’ dalla generale mancanza di soldi, un po’ dal momentaneo successo del WiFi, nel campo delle reti fisse la fibra
ottica è molto meno sexy di un tempo e il modesto rame guadagna punti.
La fibra nelle case, oltre che nelle grandi aziende, continua ad avere senso, ma solo se lo si guarda
dal punto di vista del potenziale futuro. Su scale di tempo meno futuristiche, soprattutto in un contesto
finanziario di aperta crisi e di manifesta carenza applicativa, la larga banda universale passa per il rame.
Almeno questa è l’impressione che si ricava sentendo parlare due personaggi schierati in prima fila
come Riccardo Ruggiero di Telecom Italia e il suo responsabile di rete Stefano Pileri, presenti in
occasione del Technology Day organizzato da Telecom il 18 luglio scorso, a beneficio di una esclusiva
platea di analisti finanziari e giornalisti internazionali. Telecom crede nel rame al punto da “relegare”
in modo piuttosto evidente l’accesso in fibra (peraltro ben presente nei piani di cablatura in 16 Man
cittadine che secondo Pileri accumuleranno 8.500 km di cavi ottici per 420.000 km fibra equivalente)
alla grande clientela business. Tutto quel che riguarda il residenziale, il Soho e la media impresa,
verrà raggiunto prioritariamente dal rame, con l’xDsl. Una tecnologia su cui Telecom investirà 800
milioni di euro nel triennio 2002-2004.
Dalla fine del 2001 Telecom ha raggiunto con aDsl la copertura di 800 città (erano 400 a fine 2000).
La previsione è di arrivare a quota 2.000 centri, pari all’85% della popolazione Internet nazionale,
alla conclusione del piano industriale, con 1,4 milioni di clienti residenziali e mezzo milione business,
contro l’attuale mezzo milione di clienti complessivi. Entro il 2002, ha specificato Ruggiero, il 20% del
traffico online andrà su aDsl, una tecnologia partita dai 200 milioni di minuti/mese e oggi attestata sui
2 miliardi di minuti/mese. Sulla rete di 100 milioni di chilometri di doppino verranno presto veicolati
i servizi aDsl a 1,2 megabit al secondo (il doppio degli attuali 640 kilobit previsti per gli abbonamenti
business), ma la vera sfida sarà rappresentata dagli accessi avanzati (video streaming in particolare)
a tecnologia vDsl, a svariati megabit al secondo (fino a 14 su lunghezze del rame non superiori ai
1.300 metri. Attivati, conclude Ruggiero - ricordando tra l’altro che proprio un operatore come eBiscom
è attualmente uno dei migliori clienti Telecom per l’unbundling del rame in modalità shared access già a partire da fine 2002.
Non meno interessante è il doppino in rame nel contesto dell’evoluzione degli accessi a larga banda.
Nella sua lunghissima presentazione Stefano Pileri sottolinea lo stato privilegiato della rete di accesso
in rame in Italia, qualitativamente avvantaggiata rispetto a Regno Unito, Giappone, Francia, Germania e Stati Uniti. I grafici utilizzati da Pileri a supporto del suo intervento indicano una disponibilità di
collegamenti di ultimo miglio inferiori ai 2 chilometri nell’80% dei casi. Pileri conta su questo - a suo
dire formidabile - potenziale per innalzare in futuro il livello di servizio del rame, un medium che
verrà sempre più utilizzato per accessi “Long Reach Ethernet” a 10 megabit al secondo. Con questo
tipo di accesso il rame, grazie al vDsl, viene utilizzato per interconnettere il cliente aziendale, direttamente alle centrali raggiunte dalla fibra ottica.
settembre 2002
Beltel
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Sullo “scontro” tra il fulvo metallo e il sottile silice trasparente, Beltel ha chiesto un parere a Emanuele Angelidis, direttore generale di Fastweb, a Mauro Dezi, amministratore delegato di Equant
in Italia, ad Alberto Lotti, responsabile soluzioni di rete di Alcatel Italia, e a Roberto Zuccolin
direttore strategie e sviluppo di Albacom.
Emanuele Angelidis
«FastWeb sta realizzando nelle principali città italiane una rete in fibra ottica basata su protocollo Ip,
che consente la gestione integrata di elevatissimi volumi di traffico voce, dati e video attraverso la
commutazione a pacchetto. La disponibilità di una simile piattaforma di rete ha permesso di riunire
funzioni finora distinte e separate e ha offerto la possibilità di sviluppare servizi innovativi ad alto
valore aggiunto, fruibili contemporaneamente con un solo collegamento. La flessibilità del protocollo
IP si presta anche a rendere facilmente integrabili tecnologie di accesso alternative alla fibra ottica.
In particolare, l’impiego di connessioni xDsl, benché di potenzialità ridotte rispetto alla fibra, ci ha
consentito di cogliere le interessanti opportunità derivanti dalla liberalizzazione dell’ultimo miglio».
«Per FastWeb, l’impiego di connessioni Dsl è però di natura puramente tattica: per accelerare la
disponibilità dei servizi nelle aree non ancora raggiunte dalla rete, realizziamo l’unbundling fisico
utilizzando solo l’ultima porzione di cavo in rame, mentre i collegamenti con le centrali Telecom li
effettuiamo direttamente in fibra. Questo ci consente di raggiungere velocità trasmissive decisamente superiori a quelle presenti sul mercato (connessione a Internet fino a 1,28 Mbit/s) e di offrire al
cliente un servizio migliore e più efficiente».
«Sul fronte del mercato, le nostre connessioni Dsl stanno andando molto bene: cresce il numero dei
clienti serviti in unbundling, ma non per questo abbiamo intenzione di cambiare programma. Il Dsl
rimane comunque per noi una soluzione provvisoria, una tappa intermedia perchè l’obiettivo principale di FastWeb è quello di portare la fibra ottica nelle case dei clienti. Noi vogliamo offrire la gamma
più ampia di servizi a partire dallo streaming video, e per questo è necessaria la fibra, che garantisce
una velocità di 10 Mbit/s. E quando la rete sarà completata i nostri clienti potranno passare tranquillamente dal rame alla fibra. Lo svantaggio del “doppino” è infatti quello di essere soggetto a un
peggiornamento della qualità della trasmissione con l’aumento del numero dei cavi e quindi dei
clienti. Non perchè ci sia una condivisione delle stessa banda, ma perchè i cavi si disturbano l’un
l’altro.Un problema che con la fibra ottica non esiste».
Mauro Dezi
«Adsl viene promosso dagli operatori istituzionali perché ottimizza molti tipi di collegamento. Commercialmente parlando non so se sia un bene per loro perché ormai svendono gli stessi collegamenti
che prima costavano molto di più agli abbonati. Per il cliente è comunque un grande vantaggio e
credo che il successo proseguirà. Sul fatto che sia la risoluzione di tutti i problemi nutro tuttavia
qualche dubbio. Infatti, man mano che si sale nei volumi di throughput e nei livelli di servizio garantiti,
c’è meno convenienza. L’ultimo miglio rimane comunque tra le voci di costo più onerose e il local loop
equivale ormai al 40-50% dei costi di rete nella per un cliente. Tenderei quindi a dividere il mercato
tra Adsl come “ammazzacavi” per la clientela residenziale, per la quale funziona benissimo. Per altri
tipi di cliente la linea dedicata tradizionale rimane nella maggior parte dei casi più affidabile».
«E’ una tecnologia in continuo miglioramento anche se la lunghezza del doppino rimane determinante. Il
rame è percentualmente molte migliaia di chilometri più presente della fibra e raggiunge sempre il cliente
finale. Aiuta a risolvere un nodo importante come Internet, non solo per gli usi hobbystici ma anche per le
applicazioni semiprofessionali. Per le aziende che hanno la necessità di una banda un po’ più elevata è una
vera panacea in questo momento, mentre la fibra - che per il consumer è proponibile solo quando esiste
un valore aggiunto effettivamente percepito, come la multimedialità e il video - rimane valida per dare
connettività alle banche o ai grandissimi clienti. Bisogna anche considerare che l’Italia non è la Germania
e che posare la fibra in realtà urbane come Venezia è tutt’altro che facile. Il mercato residenziale comunque non è al momento del tutto pronto. Tanto che le soluzioni basate sugli anelli in fibra locali fornite da
operatori come le municipalizzate non hanno livelli di penetrazione molto alti».
settembre 2002
Beltel
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«Se guardiamo ai collegamenti per Internet il vero collo di bottiglia non è quello che connette il cliente
al primo Pop ma quello che c’è a monte del server di accesso. Le spinte favorevoli verso Adsl saranno
comunque notevoli sul mercato consumer, basta guardare ai videogiochi e alla prossima battaglia tra
Sony, Microsoft e Ninentendo sulle applicazioni interattive, eseguite su console direttamente collegate in rete. L’Adsl agevolerebbe moltissimo questo utilizzo. Come Equant abbiamo già aperto diversi
gateway per offrire Adsl ai nostri clienti. Per esempio, noi serviamo tradizionalmente le agenzie di
viaggio e sono clienti che se non possono disporre di connessioni economiche e veloci devono aspettare ore su lenti collegamenti via modem. Insomma per certe tipologie di clientela è l’ideale e proprio
per questo Adsl può rappresentare un vantaggio competitivo anche per i carrier internazionali che
devono raggiungere un certo numero di piccoli clienti».
«Il ruolo di Telecom? Un operatore dominante tende sempre a fare il proprio interesse, ma a volte chi
deve passare da Telecom si trova davanti a condizioni commerciali non sempre vantaggiose. Spesso
gli alternativi sono costretti ad acquistare lotti di connettività Adsl che rappresentano un investimento. Del resto l’ultimo miglio rimane ancora un problema.
Come sempre è il mercato a dettare legge: se ha bisogno di velocità, la chiede. Se questa richiesta
non c’è, gli operatori non si muovono. Non si può erogare larga banda senza servizi utili da dare alle
aziende o ai privati. Chi fornisce fibra deve anche fornire servizi a valore aggiunto su queste infrastrutture. Dovrà quindi stringere accordi con televisioni, con i fornitori di servizi finanziari…»
Alberto Lotti
«Sicuramente si tratta di una tecnologia ancora fortissima che è cresciuta in pochissimo tempo se si
considerano i 2 o 3 anni di maturità commerciale di questo tipo di connessioni. Permette di sfruttare
l’infrastruttura attuale in un modo che sarà ben difficile superare, se non accorciando molto le distanze da coprire. Nella versione aDsl è già arrivata al limite della capacità del doppino. In Italia siamo
comunque avvantaggiati perché la rete di accesso è “corta” e di buona qualità, anche come diametro
dei fili di rame. La topologia della nostra rete di accesso è anche il frutto di una cultura cattolica che
costruisce le città intorno ai campanili delle chiese e determina una distanza dal centro inferiore a
quella di altre realtà urbane».
«Parlare di lunghezza è importante perché con l’ aDsl le prestazioni in termini di capacità di banda
trasmessa sono migliori quanto più breve è la distanza da percorrere sul cavo in rame. Come posizionare quest’ultimo rispetto alla fibra? Per giustificare il costo del collegamento in fibra dell’utenza
residenziale occorrono particolari servizi. Tanto per citare qualche cifra a memoria, direi che con il
rame in Italia è possibile erogare almeno 3 megabit al secondo al 90% della popolazione. Difficile
oggi pensare a qualcuno che si possa davvero permettere la differenza di prezzo tra rame e fibra per
servizi che giustrifichino tale spesa. La fibra rimane una alternativa sicuramente interessante per la
aziende che hanno specifiche esigenze di banda e che prevedono di doverle incrementare nel corso
del tempo. Solo la fibra può garantire tutto questo».
«Il costo per l’operatore che deve scegliere tra i due collegamenti dipende da vari fattori. Dove
l’operatore ha già una propria infrastruttura capillare in fibra, anche se il rame continua a costare un
po’ meno forse è più opportuno spendere qualcosa di più e optare per la fibra. Se l’operatore non ha
una propria infrastruttura capillare di accesso ci sono molti più problemi. La stessa Fastweb, paradossalmente, sembra essere quella che più di tutti ha creduto all’unbundling del doppino. Mi sembra
che si parli di 22.000 linee unbundlizzate contro le 6.000 del secondo classificato. Più che una “preferenza” espressa nei confronti del rame parlerei di pragmatismo: di fronte a certi costi non bisogna
fare del massimalismo».
«Per quanto concerne la telefonia vocale, la voce su Adsl si è evoluta al punto da offrire all’operatore
diverse possibilità. La strada tradizionale, il cosiddetto “approccio morbido”, prevede l’uso dello stesso doppino per due diversi servizi (dati e voce) tramite un opportuno splitter di banda. La seconda
possibilità consiste nell’eliminare lo splitter veicolando le telefonate con il Voice over Adsl, attestando
però il traffico su centrali telefoniche di tipo tradizionale. Infine la voce su Ip sarà la tecnologia del
settembre 2002
Beltel
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futuro ma implica la massima attenzione nei confronti di tutte le problematiche in gioco, compresi il
numero e la qualità dei servizi erogati. Insomma, con aDsl l’operatore ha tutte le possibilità, dall’approccio tradizionale al misto (un solo doppino per il traffico dati e una o più linee telefoniche con il
Voice over aDsl), fino all’integrazione completa del voice over Ip.»
E’ possibile per esempio ipotizzare l’uso di nuove infrastrutture in rame, al posto della fibra, anche
come alternativa alle attuali modalità di co-location (con le apparecchiature di accesso del nuovo
entrante ospitate presso le centrali del dominante)?
«Un’altra direzione rispetto a questo approccio basato su centrali di proprietà alternative agli impianti
in co-location è piuttosto l’uso di apparati remoti posti a metà strada tra la centrale dell’operatore e
il cliente, collegati con due o trecento metri di nuovo rame fino all’edificio del cliente stesso, mentre
la connessione tra apparato remotizzato e centrale avverrebbe in fibra.»
Roberto Zuccolin
«Più che di aDsl, è necessario parlare di tecnologie xDsl (aDsl, shDsl, vDsl etc): in funzione delle
richieste di banda dei diversi segmenti di mercato e dei servizi offerti è opportuno utilizzare una
tecnologia xDsl o l’altra. Le tecnologie xDsl consentono di trasferire i segnali a larga banda dalla sede
del cliente fino al primo nodo dell’operatore, utilizzando la rete in rame già esistente.»
«Le tecnologie xDsl sono in grado di soddisfare efficacemente le esigenze sia delle aziende del
segmento Small Business sia delle PMI, in virtù della possibilità di ottenere dal doppino in rame
elevate prestazioni utilizzando risorse già presenti, ma senza impatti strutturali o forti investimenti
iniziali. Per contro, l’utilizzo della fibra ottica fino alla sede del cliente permette di trasferire elevate
quantità di informazioni a velocità elevatissime, ma prevede costi di realizzazione molto elevati e
considerevoli investimenti in infrastrutture, giustificabili unicamente nel caso di clienti top con sedi di
grandi dimensioni alle quali comunque Albacom è in grado di proporre soluzioni personalizzate basate sulle diverse tecnologie di accesso concordate in base alle specifiche esigenze del cliente.»
«L’utilizzo della fibra ottica rimane invece fondamentale per collegare il nodo dell’operatore (situato
tipicamente in ambito metropolitano) al resto della rete. La soluzione ottimale sembra quindi essere
una soluzione mista che prevede la realizzazione di infrastrutture in fibra in ambito metropolitano per
il trasporto dei segnali a larga banda, raccolti attraverso le tecnologie xDsl per i segmenti Small
Business e PMI e attraverso collegamento diretto in fibra per le sedi principali dei clienti top.»
settembre 2002
Beltel
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inchieste
cosa ci aspettiamo dalla telefonia mobile?
parlano gli utenti
a cura di Marinella Zetti
In Italia la diffusione di apparecchiature di telefonia mobile ha avuto una diffusione impressionante e il mobile business è oggi una realtà, soprattutto nel B2B nel B2E (business-to-employes),
come ha evidenziato una recente ricerca sul Mobile Business realizzata da Sda Bocconi-Smau
illustrando casi reali.
Il Rapporto pone l’accento anche sull’estrema variabilità delle valutazioni aggregate del valore del
mercato mobile e delle previsioni per i prossimi anni: nel 2000 i ricavi da mobile commerce per il
2001 sono stati stimati in 1,5 miliardi di dollari da Jupiter Research e in 15,1 miliardi da Ovum.
Mentre, negli Stati nel 2004 i ricavi da mobile commerce potrebbero ammontare a 0,7 miliardi di
dollari secondo Herschel Shosteck Associates o a 20 miliardi secondo Merril Lynch. La stessa
variabilità dei dati si riscontra nelle previsione per in Mobile Internet: gli utenti negli Stati Uniti nel
2005 sono stimati in 84 milioni da Idc, 96 milioni da Jupiter Research e in 57 milioni da Yankee
Group.
Ma torniamo in Italia, cosa accadrà con l’Umts? Cosa si aspettano le aziende dagli operatori:
applicazioni, servizi, un buon rapporto prezzo/prestazioni?
Per rispondere alla domanda, Beltel ha chiamato in causa, in un Forum virtuale, Alessandro Foti
(amministratore delegato Banca Fineco), SimonPietro Felice (amministratore delegato di
Volendo.com) e Paolo Manzoni (responsabile Sistemi Informativi di Edison).
Telefonia mobile: cosa si aspetta dagli operatori e dalla tecnologia attuale per poter migliorare i
servizi offerti dalla sua azienda? E dalla terza generazione, ovvero l’Umts: applicazioni, servizi, un
buon rapporto prezzo/prestazioni o....?
SimonPietro Felice
In Volendo.com abbiamo spesso analizzato la possibilità di offrire servizi ai nostri clienti tramite
l’utilizzo di tecnologia wireless: dagli aspetti più semplici (es. l’invio d’informazioni commerciali tramite Sms), a quelli più evoluti (es. la conferma della ricezione di un ordine attraverso uno scambio di
dati), fino a quelli più sofisticati, come la raccolta di ordini tramite
palmari o cellulari Wap e Gprs. Ad oggi però non abbiamo rea- Volendo.com nasce come soluzione
innovativa per le esigenze di tutti coloro che
lizzato alcuno dei nostri progetti, decidendo di attendere l’ar- vivono in una realtà urbana: è un sito di erivo dell’Umts, per due motivi: l’analisi cost-benefit e l’analisi commerce pensato e costruito per effettuare acquisti attraverso internet e ricevere i prodei bisogni dei cienti. L’analisi cost-benefit (comparazione dei dotti acquistati dove e quando si preferisce.
costi più investimenti necessari, rispetto ai benefici sui ricavi Volendo.com punta a garantire la massima
qualità nelle diverse fasi del processo, dalla
e sui margini) si rivela svantaggiosa e poiché la società - come semplicità e funzionalità del sito all’organizla maggior parte delle aziende di e-commerce - sta seguendo zazione logistica e delle consegne. Oggi è
attivo a Milano, Monza, Torino, Bergamo,
un piano rigoroso che la porti in poco tempo alla profittabilità, Brescia e molti comuni limitrofi ma l’obiettiabbiamo deciso di investire le risorse economiche attuali su vo è fornire il servizio nelle principali città
italiane. Tra i partner Volendo.com annovecanali e tecnologie maggiormente stabili ed efficaci. L’analisi ra il Gruppo Lombardini, l’Enoteca Ronchi,
dei bisogni dei clienti, esistenti e potenziali, ha evidenziato MAV Arreda (Mobili alla Vittoria), Naturabella
(società del settore del commercio di proche un’attività complessa come quella di fare la spesa da re- dotti alimentari biologici), Triaton (network
moto, per essere migliorativa rispetto alla spesa tradizionale company nel campo dell’Information &
Communication Technology), Asset (socieha bisogno di uno scambio massivo d’informazioni: scelta e tà di Consulenza Direzionale) e Zenzero (fioinformazioni sul prodotto, invio di dati personali e sulle mo- ri e piante).
settembre 2002
Beltel
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dalità di pagamento, scelta del luogo e della data di consegna, creazione e scelta di liste personali,
ecc. Per questo motivo la tecnologia Gsm, Wap e Gprs non è adatta, in quanto non permette lo
scambio di queste quantità di dati in maniera veloce e facilmente fruibile. La mission di Volendo.com
è quella di rappresentare una soluzione semplice ed efficace al problema quotidiano della spesa,
utilizzando quindi non solo internet, ma tutti i canali telematici. Ad oggi però le tecnologie di canali
telematici alternativi, in particolare wireless, non offrono delle valide soluzioni al canale Internet, per
lo meno per attività complesse come quelle della spesa online. Ci auguriamo che l’avvento della
tecnologia Umts, con le sue caratteristiche di banda larga e di basso costo variabile, rappresenti
invece un valido canale di scambio interattivo per i nostri clienti telematici.
Alessandro Foti
I servizi basati su network - di persone e di tecnologie o su entrambi - hanno successo quando si
crea effettivamente una rete di utilizzatori. Nel caso dei servizi mobili di terza generazione, manca
ancora un motivo vero, valido perché l’uso diventi “di massa”. Anche se gli Sms sono uno strumento formidabile e accattivante, tanto da essere già diventati l’enel gennaio del 1999, Banca Fineco
mail della telefonia, manca ancora la vera killer application. L’e- Nata
introduce per prima in Italia un nuovo momail telefonica non basta.
dello di business che propone, attraverso
telefonino e financial planner,
Crediamo che il punto cruciale siano i terminali (devices): Internet,
un’ampia ed equilibrata offerta di servizi di
bisogna trovare il modo di renderli funzionali a un uso di- banking, di trading e di financial planning,
a metà tra i puri operatori
verso da quello prettamente telefonico. Però, non è ancora posizionandosi
online (banche e broker) e le banche/reti di
chiara una strada “uguale per tutti”. Altrettanto importanti sono distribuzione tradizionali. Il successo di queformula è presto dimostrato: oggi Banca
i contenuti, cioè i motivi per cui un cliente si collega al network: sta
Fineco ha più di 330 mila clienti, intermedia
quanti più sono, tanto maggiore è l’effetto “massa” in tutti i quotidianamente circa il 16% degli ordini esesulla Borsa Italiana, assiste i clienti nelsensi. Lo sviluppo di Internet è un buon esempio: non è legato guiti
le attività di asset allocation attraverso una
solo alla banda ma piuttosto alla disponibilità di informazioni. rete di 1.363 financial planner attivi su tutto il
ha reso operativi 80 Fineco Point
Tutto è partito da una killer application, l’e-mail, e si è territorio,
in tutte le principali province italiane. A seevoluto sulla base dei servizi e dei contenuti. Gli operatori guito dell’integrazione tra il Gruppo Bipop(ora Fineco) e il Gruppo Capitalia,
devono forse guardare più all’evoluzione di Internet che a Carire
Banca Fineco (prima parte di Bipop-Carire),
quella telefonica. Fineco è naturalmente pronta a collabo- farà parte di Fineco Spa (sub holding di
Capitalia).
rare con i carriers fornendo i propri servizi e contenuti.
Paolo Manzoni
Edison, a supporto del proprio core business (ovvero energia elettrica e gas), segue da sempre
con grande attenzione e interesse le nuove tecnologie e il loro
possibile utilizzo nell’ottica di migliorare i servizi agli utenti Edison è la società di energia più antica d’Italia e una delle più antiche del mondo. Già nel
interni, ai clienti e più in generale ai partner. La telefonia 1883 Edison costruì a Milano Santa
mobile, e più in generale la trasmissione dati wireless, può Radegonda, la prima centrale termoelettrica
d’Europa per la distribuzione continua di eletconsentire oggi a ogni individuo di inviare dati e immagini con tricità. Ma anche nel gas, Edison riforniva le
grande facilità, esempio utilizzando un telefono cellulare con case dei milanesi già nel 1931. Oggi Edison
è tra i protagonisti nel settore italiano delincorporata una fotocamera. L’aumento della banda l’energia e l’unico attivo contemporaneamentrasmissiva, previsto nel prossimo futuro anche grazie all’Umts, te nella produzione e nella vendita sia di energia elettrica sia di gas naturale. Edison diconsentirà potenzialmente a ognuno di noi di essere collega- spone in Italia di una potenza installata di olto in modo permanente a una o più reti, dotandosi di un di- tre 6.000 megawatt, con 45 centrali idroelettriche, campi eolici in esercizio per circa 200
spositivo portatile sempre più piccolo e leggero, un’integra- megawatt e 30 centrali termoelettriche quasi
zione fra telefono cellulare, computer, foto-video camera e tutte a ciclo combinato cogenerativo alimentato con gas naturale. Inoltre, con
forse altro ancora. Analoghi strumenti potranno arricchire e l’acquisizione di Eurogen da parte di
completare apparati e strumenti di lavoro, automezzi e com- Edipower, cui Edison partecipa al 40%, il
Gruppo può contare su di una disponibilità
ponenti industriali.
complessiva di circa 10mila megawatt.
Tuttavia, se la novità tecnologica e la possibilità di una più Edison Gas nel 2001 ha venduto quasi 4 miliardi di metri cubi di gas,ad aziende industriasemplice e completa modalità di comunicazione possono es- li, consorzi, società distributrici e a impianti
sere motivo per giustificare l’acquisto e l’utilizzo di tali stru- termoelettrici, compresi molti di quelli del
Gruppo. Inoltre, Edison Gas opera anche
menti da parte del “consumatore”, più impegnativa, dovendo- nella distribuzione al cliente finale e conta
ne giustificare l’investimento, è la scelta di certe applicazioni circa 150 mila clienti nel Lazio e nel NordEst. Edison, infine, è presente anche nelle
evolute in campo industriale. In Edison, si sta sperimentando telecomunicazioni attraverso EdisonTel.
settembre 2002
Beltel
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l’utilizzo di connessioni wireless in alcune aree: per la raccolta dei dati di consumo energetico
o di controllo degli impianti di trasporto del gas per uso industriale, per esempio, viene utilizzato un telefono cellulare che, collegato a ogni dispositivo, trasmette i dati in caso di assenza
di connessione fissa. Per l’accesso alla posta elettronica di tutti coloro che sono frequentemente fuori sede, si sta valutando inoltre di dotare i computer portatili di telefoni cellulari che
permettano la connessione al servizio centrale di mail. La banda oggi disponibile limita l’utilizzo delle applicazioni, limite che dovrebbe essere superato dall’avvio dell’Umts. Ciò offrirà la possibilità di accedere alla propria postazione di lavoro - ovunque ci si trovi – tramite un dispositivo
portatile (Personal Computer o Palmtop) realizzando così una sorta di “ufficio virtuale”. Credo che
nei prossimi anni l’offerta di soluzioni e servizi in questo settore crescerà velocemente, anche se
sarà probabilmente più sensibile nel mercato consumer rispetto al mercato industriale.
settembre 2002
Beltel
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notizie
a cura della redazione
Accordo tra ePlanet e Noicom. Quest’ultimo potrà utilizzare la rete MAN di ePlanet di Torino e raggiungere sedi
remote dei suoi clienti del Nord Ovest.
Netscalibur, l’ISP europeo finanziato da Morgan Stanley e
fondato da Francesco Caio, e Infonet hanno deciso di accordarsi per il mercato italiano. Offrono alla clientela business
soluzioni di VPN, connettività e managed Ip services a livello
nazionale e internazionale.
Unisys Italia si focalizza sempre più verso applicazioni
di e-government ed e-learning.
Bull Italia ha come mercato prioritario quello della
Pubblica Amministrazione Centrale.
Gartner prevede che i ricavi Gprs saranno dimezzati
rispetto alle previsioni: è forse il destino di tutte le tecnologie intermedie?
Falsi contabili alla Worldcom per 3,8 miliardi di dollari e forse più. La falsificazione è stata denunciata da Kpmg
che a maggio aveva sostituito la nota (ed è il caso di
dirlo) Arthur Andersen. Così finisce un potenziale grande
protagonista del mondo delle tlc.
Getronics compra Caridata? Anche perchè i rapporti tra
Getronics e Intesa BCI non sono idilliaci.
Alessandro Luciano commissario dell’Authority: nella larga banda Telecom Italia non è un operatore notificato.
Dunque, poche possibilità di imporre regole.
Al posto di Pierluigi Celli, passato a Unicredito, come
Presidente di IPSE è stato nominato Vittorio Ripa di Meana!
L’interoperabilità tra reti dei diversi gestori e, soprattutto, tra Umts e Gsm deve ancora essere messa a punto.
Lo dice Massimo Gentili di Ericsson. Vuol dire che per un pò
i telefonini Umts funzioneranno a singhiozzo.
SOGEI torna allo Stato. Se ne parlava da dieci anni! E’
una bella boccata di ossigeno per Telecom Italia.
ItTelecom, 100% Telecom Italia, ha rilevato da Olivetti il
50% di Webegg. Il prezzo: 57,5 milioni di euro.
Dopo gli sms, la battaglia di Omnitel, Wind e Tim si
sposta sugli mms.
Anche il commissario Monti è preoccupato per le
tlc: la liberalizzazione si è fermata ed il rischio del ritorno dai monopoli è alto.
Vista la crisi del mercato dei semiconduttori destinati
ai Pc, Intel punta sul settore emergente della mobile
communication e su quello delle soluzioni wireless.
Il fabbisogno minimo per creare la società dell’informazione, secondo il Ministro Lucio Stanca: 500 milioni all’anno
per l’informatizzazione dell’amministrazione centrale, per le
amministrazioni locali 500 milioni complessivamente in aggiunta ai fondi Umts (250 milioni) ed a quelli strutturali comunitari (700 milioni). Per la scuola 900 milioni di euro.
L’impressione è che l’informatica nel 2002 non rispetterà
i tassi di crescita previsti e che anche i grandi colossi
potranno entrare in crisi.
Finsiel gestirà il software dell’Istat, come mandataria di
un gruppo di imprese.
I debiti di France Telecom oggi: 60 miliardi di euro. Le
previsioni a fine anno: 75 miliardi di euro.
Calano le fusioni e le acquisizioni in Europa nel primo
semestre. L’anno scorso erano 7.354, quest’anno 4.621.
Il W i-F i in Italia
(num ero di ho tspo t)
2500
2045
2000
1500
1210
1000
615
500
250
0
5
0
2000
2001
2002
2003
settembre 2002
2004
2005
Beltel
..............................................................................................................
I servizi a banda larga in Italia e in Europa
(in milioni di euro)
2001
2002
2003
2004
2005
1.540
Mercato Europa
110
Mercato Italia
3.633
351
6.408
803
10.131
1.458
2.323
14.748
Fonte: IDC.
Ericsson è controllata da due azionisti di riferimento: la famiglia Wallenberg (gli Agnelli della Svezia) e la banca
Handelsbanken. Controllano oltre l’80% dei diritti di voto
con il 9% del capitale. Ericsson oggi potrebbe valere oltre 10 miliardi di euro.
Il gruppo Mediaset si riorganizza per prepararsi al
digitale terrestre: si vede che ci crede molto! La licenza
come operatore di rete sarà comunque richiesta da Elettronica Industriale controllata al 100%.
La svolta digitale: le trasformazioni del mercato televisivo e le opportunità legate all’interattività, analizza
l’impatto del digitale nell’evoluzione del mercato tv in
Europa Occidentale. I dati sono frutto delle informazioni raccolte da “Italmedia Consulting” nel corso degli ultimi dieci anni, organizzati e rielaborati
utilizzando principalmente il proprio database. I paesi
considerati sono i 15 dell’Unione Europea ed i dati sono
aggiornati al 31 dicembre 2001. Il rapporto può essere
richiesto a “Italmedia Consulting” a Roma, telefono
0642027112, via Collina 24.
La missione dell’ENEL: elettricità e gas, multiutility solo a
piccole dosi. Lo ha scritto sul Sole 24 Ore Gianfilippo Cuneo.
Maurizio Gasparri insieme a Letizia Moratti ed al suo consulente Nicholas Negroponte ha dato il via ad una
sperimentazione operativa delle wireless lan in una
trentina di complessi scolastici italiani. Perchè il Ministro
ci crede e lo continua a dire in tutte le occasioni.
Il TAR della Lombardia ha condannato il Comune di Milano che aveva aumentato le imposte per coloro che cablano
il sottosuolo con la scusa dei costi di manutenzione che
deve sostenere a fronte dei lavori di scavo. Il ricorso era
stato presentato da Metroweb (67% AEM e 33% e.Biscom).
E’ la prima volta che succede ed è una buona notizia!
H3G cambia nome: si chiamerà 3, in Italia e in tutto il mondo. Per l’Italia e la Gran Bretagna, secondo dati recentemente
diffusi da Hutchison, le attese sono di arrivare a 1,5 milioni di
utenti a fine 2003, per ciascun paese evidentemente.
Galileo International ha comprato Sigma da Alitalia,
per 90 milioni di euro. Galileo gestisce un sistema di prenotazione computerizzata per le agenzie di viaggio e per
gli aeroporti e fornisce anche soluzioni tecnologiche diversificate. Nel passato Tommaso Pompei è stato amministratore delegato di Sigma.
Colt Telecom ha promosso la ricerca “I manager italiani e internet”, realizzata da un gruppo di ricerca diretto
da Roberto Nelli dell’Università Cattolica di Piacenza. Alla
ricerca hanno partecipato 864 manager, prevalentemente di sesso maschile (83%) e per circa il 60% di età
compresa tra 35 e 54 anni. Per il 45% amministratori
delegati e/o direttori generali, per il 16% marketing e/o
comunicazione e per il 13% it/tlc. I manager italiani risultano aver ormai acquisito una discreta familiarità nei
confronti di internet: sostengono, infatti, di aver cominciato ad avvicinarsi alla rete da oltre due anni nell’80%
dei casi (in USA l’84%). Inoltre, ben l’83% dei rispondenti ritiene internet indispensabile per il proprio lavoro
per la riduzione di documenti cartacei (56%), gli
spostamenti fisici (44%) e risparmio di tempo (45%). In
pratica, il ricorso ad internet si attua in tre modi prevalenti: lo scambio di posta elettronica (attività svolta una
o più volte al giorno nel 93% dei casi), la lettura di giornali e riviste online (51%), l’accesso a banche dati (38%).
I siti più visitati sono i motori di ricerca (84%) e i portali
(60%), i siti di informazione (78%), di economia e finanza (61%). A fronte di questo discreto grado di familiarità
acquisito nei confronti di internet, i manager italiani dimostrano, tuttavia, un tipo di fruizione quantitativamente
ancora poco intensa con riferimento sia al numero di email ricevute e inviate che nella metà dei casi non supera
le dieci unità al giorno, sia al tempo trascorso nella navigazione che solo nel 31% dei casi supera le dieci ore
settimanali. D’altra parte sono manager che dedicano il
resto del tempo al lavoro di direzione.
Albacom ha aumentato il capitale di 125 milioni di euro. In
attesa della Borsa.
HP-Compaq come conseguenza della fusione, licenzia
15.000 persone, di cui 6.000 in Europa.
settembre 2002
Beltel
..............................................................................................................
Si è svolto a Milano un convegno su “la banca multicanale
in Europa, soluzioni, servizi e costi” per presentare una
ricerca del Politecnico di Milano in collaborazione
con Nortel Networks. Introdotta da Giampio Bracchi,
prorettore del Politecnico e Vice Presidente di IntesaBCI
e, da Tommaso Quattrin, Presidente di Nortel Networks,
la ricerca analizza 50 istituti finanziari mediamente rappresentativi dell’85% del mercato potenziale. In generale risulta che le banche italiane sono allineate alla media
europea nella copertura tramite canali virtuali dei diversi
servizi. Non ci sono studi tuttavia sulla qualità totale dei
servizi indipendentemente dal livello di informatizzazione
e dall’uso di appropriati canali tematici.
ANFoV ha organizzato un incontro del suo Comitato
multimedia e servizi online in luglio a Milano sul tema: “larga
banda al palo: 1,8 miliardi di euro, ma quando? ”Tra l’altro
molto interessante la tavola rotonda con la partecipazione di
ANIE (Salvatore Randi) e di Assinform (Federico Barilli). Si è
messo in risalto la politica non favorevole alla domanda da
parte dell’attuale Governo, proiettato prevalentemente
all’Informatizzazione della P.A. ed alla sburocratizzazione
(come ha riferito il rappresentante della Regione Lombardia). Ma anche la mancanza di comunicazione, da parte delle
aziende fornitrici con la clientela potenziale, che è soprattutto la piccola e media impresa. La mancanza di organizzazioni
commerciali adeguate, gli scarsi investimenti in marketing e
formazione sono i problemi della banda larga e di tutto il
settore tlc. In questo senso al convegno anche un interessante intervento di Massimo Biondi su strategie e investimenti sulla larga banda, uno sguardo all’europa.
Mastercard International ed Europay International
si fondono integrando tutto: mobile commerce, le smart
card e le carte di debito per Europay, l’infrastruttura tecnologica, il CRM e la struttura di marketing. Un colosso da 1,7
miliardi di carte. Il mondo dei sistemi di pagamento è uno
dei più promettenti.
Secondo Elio Catania, Presidente di IBM Italia, la crisi della new economy è passata. “Inizia ora la riscossa della
net economy e a goderne saranno soprattutto le piccole e
medie imprese”. Lo ha detto nel corso di un convegno a
Verona e fa piacere osservare questa fiducia fantastica!
L’indebitamento previsto di Telecom Italia a fine anno?
34 miliardi di euro. Al 30 giugno 2001, 42 miliardi di euro.
Olivetti inclusa.
Le previsioni di fatturato 2002 di Edisontel? 170 milioni di euro.
A proposito, la fusione con Atlanet potrebbe subire dei
ritardi? La Fiat forse ha poco tempo per occuparsi del problema in questo periodo.
Lo scorporo della rete Telecom Italia si poteva, anzi, si
doveva fare. E’ la tesi dell’Antitrust.
Si dice che all’Authority rimangano le funzioni relative
alla tutela di trasparenza e al pluralismo e che le competenze tecniche ed autorizzative andrebbero al Ministero delle
Comunicazioni. L’ipotesi è molto probabile!
Tommsao Pompei è stato confermato non solo amministratore delegato di Wind ma anche capoarea Enel per il settore
tlc. Quindi si rafforza. Certo se Wind dovesse essere gestita direttamente dal Ministero dell’Economia potrebbe cambiare tutto.
Con tutti questi buchi nel mondo delle tlc e delle comunicazioni, vedi MCI Worldcom e Vivendi ad esempio, le banche
avranno molti problemi. Sempre ad esempio, in Italia IntesaBCI
era significativamente presente in queste iniziative.
Accordo tra Bull e Telcordia per effettuare azioni di
marketing congiunte sul mercato mondiale delle tlc.
Telcordia technologies è uno dei leader mondiali nei sistemi di gestione di reti e servizi di tlc. I principali campi di azione? Sistemi prepagati e di billing. Gestione di
network Ip, servizi xdsl.
Va meglio Level 3, almeno per la Borsa. Level 3 è titolare
di una rete a fibre ottiche di 18.500 miglia. L’anno scorso ha
fatturato 1,53 miliardi di dollari ed ha un debito di 6,5 miliardi. Il Presidente è Walter Scott.
Accenture comincia a tagliare mille posti di lavoro, principalmente in USA, Regno Unito e Australia. Complessivamente nel mondo l’azienda, ex Andersen Consulting, ha
75.000 dipendenti. La crisi c’è anche per i big.
Telia ha comprato gli asset francesi e italiani del
fallito Kpnqwest.
Pagine Utili forse verrà comprata da Seat che fa le Pagine Gialle. Così si concentra tutto in una sola mano e si facilita la gestione. Pagine Utili ha i conti in rosso dalla nascita.
Il business degli annuari telefonici è sempre più difficile e
non basta fare della buona pubblicità in tv.
Vivendi deve vendere per rientrare dai debiti.
Cegetel interessa Vodafone che ne è già azionista insieme a BT (26%) ed a Sbc (15%). Cegetel controlla
l’operatore Sfr (80% Cegetel e 20% Vodafone), numero due francese nella telefonia mobile.
Da fine anno Omnitel Vodafone si chiamerà Vodafone
Omnitel. La cosa più significativa è che la sede legale si è
trasferita in Olanda.
E’ pronto il piano per la liberalizzazione dell’energia.
Prevede, tra l’altro, una accelerazione della separazione tra
operatori dell’energia e proprietà della rete. E’ lo stesso tema
delle tlc che dovrà essere risolto entro il 2003. Se si vuole
una vera liberalizzazione, ovviamente.
Sempre per l’energia verranno limitati i poteri
dell’Authority. Presto anche nelle tlc?
Oracle punta su Linux e sui server con processori Intel.
Si chiama Lintel. Così si trova più vicino all’HP e più lontano
da IBM e da Microsoft, naturalmente.
Per internet, secondo l’Authority, Telecom Italia e Wind
sono operatori aventi notevole forza di mercato. E allora?
Un telefonino Motorola Gprs gratuito è il premio di TIM ai
clienti Tacs che vogliono utilizzare la number portability
sul Gsm. I clienti Tacs di Tim in Italia sono ancora un milione e mezzo.
ATT vuole Voice Stream oggi di Deutsche Telekom.
La valutazione? 10 miliardi di dollari. Sarebbe il secondo gruppo di tlc cellulari Usa con tecnologia Gsm.
Il leader è Verizon.
settembre 2002
Beltel
..............................................................................................................
La crescita degli mms
(in % sul to tale utenti)
25
20
15
10
5
0
G iu.'02
Sett.
D ic.
M ar.'03
Nel Dpef del Governo alla voce privatizzazioni non ci sono
più le Poste e Wind insieme ad altri. Ma, insieme a Telecom
Italia, Seat, ecc., c’è Enel. Vorrà dire qualchecosa?
Avviso di garanzia all Qwest da parte della procura di
Denver che ipotizza il reato di truffa finanziaria.
Altra notizia del tipo di quelle di moda in questo periodo:
l’Irs, l’amministrazione fiscale Usa, ha denunciato Kpmg
e Bdo Seidman per aver organizzato in modo sistematico
delle bare fiscali in cui sono stati fatti sparire illegalmente i
redditi delle imprese clienti.
OK della Commissione Europea alla fusione Telia-Sonera.
Però Telia deve vendere il settore della telefonia mobile in
Finlandia e la rete tv via cavo in Svezia. Le due società dovranno inoltre attuare la separazione giuridica delle loro
reti e dei servizi mobili e fissi in Finlandia e Svezia.
Albacom prevede di raggiungere il pareggio sul risultato
netto del 2003.
Accordo industriale tra My-tv e Microweb. Le due aziende si
sono integrate. My-tv è la società multimediale che ha creato
la prima net tv italiana, Microweb produce contenuti per la tv.
Finsiel ha ceduto la sua quota di partecipazione del 40,11%
di Informatica Trentina a Deltadator (gruppo Sequenza). Il prezzo è di 8,7 milioni di euro, con plusvalenza per
Telecom Italia di 4 milioni di euro.
Il marketing online in pratica non c’è. E’ quanto emerge
da una ricerca Sirmi presentata da Enrico Acquati al Convegno “Comunicazione e marketing online” organizzato da
Assintel e Fed.
G iu.
Sett.
D ic.
M ar.'04
Alla fine di luglio Beltel ha organizzato una tavola rotonda
alla quale hanno partecipato prestigiose banche e società
finanziarie sul tema: “cosa si aspetta il mondo finanziario dalla telefonia cellulare e, in particolare, da
quella di terza generazione?”.
In Unicredit si dice che qualche screzio tra Alessandro Profumo (a.d.) e Carlo Salvatori (presidente) comincia ad esserci. Situazione ideale per il nuovo direttore della corporate identity Pier Luigi Celli: potrebbe, infatti, mediare.
Maria Grazia Gasparoni è il nuovo direttore commerciale
di Centax, società attiva nella garanzia degli assegni, e che
ha 35.000 negozi convenzionati.
Nella relazione annuale il Presidente
dell’Authority, Enzo Cheli, ha detto che vuole una
nuova legge sulle tv, ma la liberalizzazione delle tlc va
bene. Di fronte alle prese di posizione dell’Antitrust,
che considera indispensabile la separazione giuridica
della rete per garantire una vera liberalizzazione,
l’Authority dice che la separazione amministrativa e
contabile è più che sufficiente.
E dopo mesi di conferme e smentite, Ron Sommer lascia
Deutsche Telekom!.
Al suo posto Helmut Sihler e Gerd Tenzer come vice presidente. Devono trovare una soluzione per il futuro di DT. Con
67 miliardi di euro di debiti ed un mercato che è cambiato,
le dismissioni non basteranno.
E’ David Dorman il nuovo presidente e amminisratore
delegato di ATT.
settembre 2002
Beltel
..............................................................................................................
Edisontel non sarà più nel consolidato Edison, che abbandona anche sul piano formale la politica mulitutility. I
debiti sono circa 200 milioni di euro.
il Ministero delle Comunicazioni ha costituito la Commissione per mettere a punto la revisione delle leggi
Mammì e Maccanico. Il Presidente della Commissione è Guido Alpa, ordinario di diritto privato alla Sapienza di Roma.
I l 7 5 % d i C e r v e d è s t a t o c e d u t o d a Te c n o
H o l d i n g ( C a m e ra d i C o m m e rc i o ) a l l a C e n t ra l e d e i
Bilanci, società partecipata da Banca d’Italia, e
da al tre 50 banche.
Telecom Italia ha ceduto il suo pacchetto azionario del
26,9% della spagnola Aura uscendo così dal mercato
spagnolo. Per 1.805 milioni di euro.
Quanto alla partecipazione del 29,8% in Telekom Austria, Telecom Italia potrà collocarne in Borsa fino alla metà,
per il momento.
Riprende anche la trattativa con Finmeccanica per la cessione di Telespazio.
Nella fusione Telepiù e Stream, Telecom Italia per legge, non potrà superare il 19% e comunque non intende
destinare nuove risorse finanziarie a questo settore.
Comverse Technology taglia il 21% degli organici. 1.200
su 5.700.
Nel 2002, secondo le previsioni Idc, il mercato delle tlc e internet raggiungerà quasi 44 miliardi di
euro, di cui 33 generati da servizi ed il rimanente da
apparati di comunicazione e da sistemi e reti. Cala
ancora la telefonia fissa ed aumenta quella mobile.
Quest’ultima nel 2001 è aumentata del 16,1% rispetto al 2,6% della telefonia fissa.
Secondo Bruxelles la redistribuzione degli asset di Blu
va usata in senso proconcorrenziale. Ad esempio: le frequenze Gsm (15 megahertz nella banda 1800) da spartire
tra Tim, Wind e Omnitel dovranno essere mantenute “aperte” per una loro eventuale successiva ricollocazione. Il potere è potere!
L’intero pacchetto azionario di Blu, salvi alcuni asset a
Wind, Omnitel ed H3G, a Tim. Potrà, infatti, usare il passivo
accumulato per ottenere benefici fiscali. No comment.
Colt Telecom riduce il rosso, va meglio e cambia amministratore delegato: Steve Akin al posto di Peter Manning.
Steve Akin è presidente di Fidelity capital, divisione di
Fidelity Investiments che rappresenta con il suo 54% il
maggiore azionista.
Le licenze telefoniche sono state allungate: hanno validità 20 anni e non più 15, allo stesso prezzo.
Anche AOL Time Warner ha truccato i bilanci? In America ci sono molti sospetti.
MC-link supera le 3000 connessioni adsl aziendali
attive e amplia il numero di città da cui è possibile connettersi ad internet in modo permanente: sono già 800 i
comuni italiani dai quali si potrà navigare ad alta velocità
con l’adsl di Mc-link.
France Telecom ha ceduto una quota della sua partecipazione della Tdf (televisione).
Alcatel ha ceduto il 3,6% che deteneva di Thomson
Multimedia.
BT ha difficoltà nei ricavi.
Corrado Passera entra nel cda di Olimpia.
Microsoft ha fatto sapere di voler assumere nella ricerca 5 mila dipendenti.
I clienti della telefonia fissa: 27 milioni Telecom Italia,
7,2 Wind-Infostrada (erano sei quelli portati in dote da
Nel secondo trimestre di quest’anno Netscalibur, guidata da
Infostrada), 1,5 Tele2. Fastweb ne ha 100 mila perlopiù
Francesco Caio, ha fatto registrare un ebitda positivo.
residenziali, Noicom 220 mila per la maggior parte
aziende ed Elitel 260 mila.
Capitalizzazione di Borsa (in milardi di euro)
Nella telefonia mobile le carte prepagate ormai rappresentano l’84% dei numeri attivi.
In un intervento sul Sole 24 Ore, Elserino Piol sostiene che non è realistico scorporare la rete di
accesso da Telecom. Per creare mercato e vera
competitività. Perchè? Ci sono due obiezioni: con
quali criteri e con quali basi economiche scorporare
ed in che tempi. Allora Piol dice: “si deve auspicare
che crescano operatori capaci di offrire all’ingrosso gli accessi agli operatori alternativi, in concorrenza a Telecom Italia”. Inoltre, gli operatori alternativi devono focalizzare la loro strategia: non
possono competere in tutti i segmenti del mercato. Il problema è che sino a questo momento non
ha funzionato, che bisogna prendere atto della
necessità di modificare il modello di business. E
poi ci vogliono uomini diversi, perchè l’attuale classe manageriale del settore (parlando in generale)
qualche problema lo ha accusato”.
Telecom Italia
49,9
43,2
Deutsche Telekom
41,1
Telefonica
BT
France Telecom 15,1
settembre 2002
29
Beltel
..............................................................................................................
Lutech, capofila di un gruppo attivo nelle infrastrutture di
rete e nel software, la comprerà De Agostini? Se ne parla molto. Lutech al 70% è di Lucchini, e dovrebbe, a budget,
fatturare 80 milioni nel 2002.
De Agostini ha già comprato Lottomatica, Utet e Mikado
ed anche Elea attiva nella formazione del personale, già del
gruppo Olivetti.
Aethra, leader italiano nella videoconferenza, si allea con l’americana Fvc. Il capo della filiale italiana di Fvc è Fabio Tessera.
Aethra è di Giulio Viezzoli di Ancona, ex Sip e amante del mare.
Le società di executive search sono destinate a rimanere in poche. Ma possono nascere iniziative che propongono questa attività insieme ad altre prestazioni. E’ il caso
del nuovo gruppo della At Kearny chiamato Human Capital
che offrirà ricerca di risorse ed anche valutazione delle competenze, compensation cioè definizione delle retribuzioni.
Denuncia all’Authority contro Telecom Italia per la
Carrier Preselection, da parte di Wind, Albacom, Tele2,
Edisontel e Atlanet.
Wind ha annunciato l’apertura del primo pop a Londra.
Riccardo Ruggiero ha confermato che Telecom Italia per
l’adsl introdurrà una tariffa a consumo che ridurrà del 70%
i listini all’ingrosso, destinati ad operatori alternativi e
provider.
Nel settore ict le donne costituiscono più del 5% del
totale degli alti dirigenti. Sembra sia un record!
La domanda di cavi per tlc nel mondo è calata di circa
due terzi ed i prezzi sono pure in flessione.
Nell’eventuale fusione tra BNL e Monte Paschi ci sarà anche uno scontro di tecnologie. Molte impostazioni del
sistema informativo sono storicamente differenti e proprio
in questi mesi BNL sta installando i nuovi apparati.
Il mercato della connettività internazionale a
internet dovrebbe avere tassi di crescita di circa il 60%
all’anno almeno sino al 2007. Inoltre il fallimento di Kpn
Qwest e, soprattutto, la bancarotta di Worldcom lasciano
enormi spazi su questo mercato. Per questo Telecom Italia
ha deciso di entrarci pesantemente. L’offerta è rivolta agli
altri operatori, agli internet service provider ed anche agli
operatori mobili, comunque su questo mercato ci sarà più
spazio anche per aziende come Colt Telecom ad esempio.
France Telecom esce definitivamente da ST
Microelectronics di Pasquale Pistorio. Vende il 2,7% per circa 500 milioni di euro.
IBM ha comprato Pricewaterhouse Coopers per 3,5
miliardi di dollari tra contanti e azioni proprie. E’ la prima
volta che una società di consulenza passa direttamente ad
un fornitore storico dell’ict!
La cessione di Telespazio a Finmeccanica vuol dire per
Telecom Italia 250 milioni di euro.
A fine anno delle 50 mila aziende più significative del paese,
oltre il 70% avrà la banda larga. Per fare cosa? Questo
è un problema!
Ma allora il vero problema non è incentivare le aziende a comprare banda larga, ma spiegare loro cosa farsene. E chi lo
deve fare?
La diffusione della banda larga è comunque un’occasione
per Telecom Italia per bloccare il proprio mercato verso
la concorrenza. In molti casi per riprenderselo.
Il “digital divide” nelle famiglie italiane. Dalle indagini annuali di Databank Consulting sulla diffusione di Internet
nelle famiglie italiane emerge in modo evidente il “digital
divide” tra quelle composte da persone con meno di 44
anni con reddito più elevato e quelle con reddito mediobasso formate da persone più anziane. Dal 1999 al 2001,
anche in seguito all’offerta dei servizi Free Access, la diffusione di Internet nelle famiglie era aumentata passando dal
30% al 66%, coinvolgendo in modo piuttosto uniforme quote
abbastanza omogenee di utenti appartenenti alle diverse
classi di età e di reddito. A partire dal 2002 invece sembra
che stiano emergendo differenze molto spiccate tra le diverse tipologie di utenza che fanno prevedere una tendenza “a forbice” dove il bacino degli utenti effettivamente attivi sarà di certo inferiore al totale delle famiglie collegate.
– I collegamenti ad Internet crescono soltanto tra le famiglie con capofamiglia di età inferiore ai 50 anni, con picchi
massimi nelle famiglie con conduttori di età compresa tra i
35 e 44 anni, dove è rilevante la presenza di 1 o 2 figli in
età scolare (5-15 anni), mentre sono quasi ferme ai livelli
di penetrazione del 2001 le famiglie composte da 1-2 persone di età più avanzata.
– Sta crescendo il divario tra le famiglie dei laureati e
imprenditori/dirigenti, e le famiglie dei capofamiglia
con basso livello di scolarizzazione, operai, artigiani e
pensionati. E’ evidente che avere Internet in casa è
spesso correlabile a un lavoro che implica la necessità di gestire agilmente comunicazioni e informazioni
da remoto o a un certo interesse verso attività di ricerca intellettuale, ma negli ultimi mesi sembra addirittura che stiano diminuendo in percentuale le famiglie online dei conduttori con titolo di studio inferiore.
– Gli abbonamenti a pagamento sono aumentati e, in particolare, quelli a banda larga sono arrivati soprattutto tra
le famiglie di 4 componenti e con capofamiglia laureato:
inoltre sono praticamente solo queste le famiglie che più
spesso negli ultimi 6 mesi hanno utilizzato la Rete anche
per fare acquisti e per accedere a servizi a pagamento.
– Infine sembra che stia aumentando anche la differenza
tra le famiglie collegate nelle diverse aree geografiche:
mentre l’anno scorso le percentuali delle famiglie collegate
nelle regioni del Centro/Nord e quelle del Sud e Isole
spaziavano dal 31 al 17%, ora si distribuiscono su valori
compresi tra il 42 e il 18%, con i picchi di valori massimi
saldamente attestati sempre nelle regioni del Nord.
(Daniela Rao Senior Consultant, Databank Consulting)
Il Ministero dell’Economia ha comprato da Telecom Italia
Sogei per 36 milioni di euro, assorbendo l’indebitamento
di 140 milioni di euro e i 1450 dipendenti. Un buon sollievo!
France Telecom per il momento non esce da Wind. Perchè?
Data la situazione il valore della partecipazione è troppo
basso, conviene aspettare l’inizio del 2003 e poi decidere.
Gemplus è uno dei più grandi produttori mondiali di
smart card. I risultati non sono positivi e l’azienda vive un
momento di turbolenza. Tra l’altro in agosto si è anche dimesso l’amministratore delegato del gruppo.
settembre 2002
Beltel
..............................................................................................................
Nella Servizi Interbancari, Gianni Manfredini non segue
più l’ict ma la pianificazione strategica alle dirette dipendenze del Presidente Maurizio Cartocci.
Tiscali potrebbe comprare le attività internet del gruppo Vodafone in Spagna.
Finmeccanica non solo compra Telespazio ma anche
Marconi Mobile, per 610 milioni di euro. Invece Telespazio
viene pagata 130 milioni ma vengono anche assorbiti 120
milioni di debiti. Altro sollievo per Telecom Italia!
Colt Telecom indaga: tramite Lexis un campione di 300
manager e impiegati dichiara per il 4% di visitare siti finanziari abitualmente contro il 20% che visita siti calcistici. Però
la statistica potrebbe avere poco valore perchè i manager
intendevano dall’ufficio e non in assoluto. (almeno è possibile questa intepretazione!)
Engineering ha comprato anche il 50% di Engisanità
in mano a Gfi Informatique. Il primo 50% lo aveva comprato in luglio 2001. Engisanità è la ex divisione sanità
della Olivetti, fattura circa 23 milioni di euro, è presente
nel 70% delle aziende ospedaliere nazionali, fornisce
servizi it alla sanità pubblica e privata e studia anche
soluzioni per la telemedicina, l’assistenza domiciliare, le
prenotazioni a distanza. era stata venduta dal management Olivetti (quello dopo Carlo De Benedetti) ai francesi per debiti e, forse, per incomprensione del settore.
E’ un ottimo affare per Engineering che si rafforza nei
settori di maggiore prospettiva.
Il numero unico nazionale del call center di Trenitalia
per due anni sarà gestito da Albacom.
Tim rileva, per 108 milioni di euro, il 17,45% di Stat
Hellas. Ora ha l’81,4%.
A capo di Stream, l’editore Rupert Murdoch nomina il neozelandese Tom Mockridge. Sostituisce Martin Pompadur.
Presto un italiano?
I progressi della tecnologia, quando è in gioco il benessere di chi ne usufruisce, sono spesso lenti e misteriosi. Lo
ha scritto Giuseppe Pontiggia.
In USA delle 862 aziende dot.com fallite tra il gennaio 2000
e il giugno 2002, il 43% è costituito da società di e-commerce.
Comunque i fallimenti sono crollati nella prima metà
del 2002 rispetto al primo semestre 2001: solo 93 società
contro 345. Sempre negli USA.
Sullo sviluppo di internet in Italia: le infrastrutture
per le tlc fisse devono essere ancora rinnovate a fondo, le
infrastrutture e servizi per le comunicazioni mobili non sono
ancora internet ready, nei processi organizzativi delle imprese l’adozione di soluzioni basate sulle tecnologie internet
è ancora lenta e difficoltosa.
Per fine agosto Microsoft avrebbe dovuto rivelare “parte” dei codici base di Windows. Vedremo!
France Telecom ha concluso la vendita a Liberty
Media del cablo-operatore olandese Casema per 750
milioni di euro. Le vendite, e non solo quelle di France
Telecom, proseguono.
Allora il commissario Monti ha aderito allo “spezzatino” di
Blu. Forse, dicono in molti, poteva farlo prima. In conclusione: a
Wind vanno i clienti, il marchio Blu e parte della rete, H3G avrà
una parte dei siti ed Omnitel una parte delle stazioni radio. A
Tim 870 siti, 1200 stazioni radio e il call center di Firenze.
Sarebbero varie le cordate disposte a rilevare il gruppo
Kirch Media che ha presentato istanza di fallimento. Il
costo dovrebbe aggirarsi intorno ai 2,5 miliardi di euro.
L’Authority studia il taglio delle tariffe di un 7% circa per
le chiamate da telefono fisso a mobile nel 2003. E’ troppo
poco e comunque troppo tardi!
Atlanet e Edisontel quando si fonderanno perderanno la
rete in fibra ottica di oltre 300 Km di Roma. La rivuole
l’Acea che l’aveva conferita ad Atlanet.
France Telecom ha ceduto a Eutelsat la propria
partecipazione nell’operatore satellitare Stellat. Per
180 milioni di euro.
Franco Reviglio, ex Ministro e Presidente dell’AEM di Torino,
è diventato senior advisor di Lehman Brothers prendendo la responsabilità di investiment banking, corporate
finance, reddito fisso ed equity.
Aol rileva da ATT il 27,6% di Time Warner Entertainment.
TWE controlla Warner Bros e il canale HBO.
Il gruppo Metis è operativo nel lavoro temporaneo, ha 53
filiali ed un giro d’affari di circa 33 milioni. Gli azionisti:
Unicredito, Pam, Generali ed Etnoteam. Adesso ha un nuovo vicepresidente: Roberto Galimberti.
Deutsche Telekom ha perso nel semestre 3.89 miliardi
di euro. Un record!
Hutchinson, quella che in Italia si chiama H3G, ha comprato Global Crossing. Il 61,5% per 250 milioni di dollari. 200 volte meno di quello che valeva un anno fa. Era
praticamente fallita.
Più facile realizzare la rete per l’umts. Il Governo ha
semplificato le modalità per il rilascio delle autorizzazioni
per l’installazione di reti e antenne.
Orange, controllata da France Telecom, ha vinto una licenza
umts in Svezia. Però rinvia al 2006 la partenza del servizio.
Recepite le norme europee sulla firma digitale. L’attività di certificazione delle firme digitali è stata liberalizzata.
E’ Jon Miller il sostituto di Robert Pittmann come capo della divisione internet America on Line.
settembre 2002
Beltel
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Notizie dal mondo bancario
Al via il Gruppo Bancario Capitalia
Dall’inizio di luglio è divenuto operativo il Gruppo Bancario
Capitalia, di cui fanno parte Banca di Roma, Banco di Sicilia,
Bipop Carire, Mcc, Fineco ed altre importanti società del
panorama creditizio e finanziario nazionale ed internazionale. Ad oggi, il Gruppo Bancario Capitalia dispone di una rete
di sportelli sul territorio nazionale composta da circa 2.100
filiali e 300 negozi finanziari, mentre all’estero può contare
su una consolidata presenza di filiali e uffici di rappresentanza. Il neoGruppo può inoltre fare affidamento su un patrimonio di risorse umane costituito da oltre 32.000 professionisti, con 2.900 promotori finanziari, che salgono a circa
4.000 includendo i promotori delle singole filiali.
Nasce UniCredit Banca
Si è conclusa nei primi giorni di luglio la fase iniziale del
progetto di riorganizzazione di UniCredito Italiano che porterà, nel gennaio 2003, alla nascita di tre banche specializzate per segmenti di clientela: retail, corporate e private
banking. Con il termine di tale fase si rende operativa
UniCredit Banca, ex-Credito Italiano, posseduta al 100%
dalla capogruppo UniCredito Italiano e frutto del
conferimento delle attività e passività delle ex banche
federate, Banca CRT, Cariverona, Rolo Banca 1473,
Cassamarca, Caritro e CR Trieste, precedentemente fuse in
UniCredito Italiano.
Presidente di UniCredit Banca è Aristide Canosani, affiancato da due vice presidenti: Sergio Pininfarina e Mario
Fertonani. Amministratore Delegato e Direttore Generale
sono rispettivamente Alessandro Profumo e Luca Majocchi.
Gruppo Bipielle: accentrato il recupero crediti presso
la Società di Gestione del Credito
Il Gruppo Bipielle ha compiuto un significativo passo verso
il perfezionamento del progetto “bad bank”, già autorizzato
da Banca d’Italia e finalizzato a promuovere l’accentramento delle attività di recupero crediti e di gestione delle partite
anomale presso Bipielle Società di Gestione del Credito (SGC),
intermediario finanziario controllato dalla Banca Popolare di
Lodi attraverso ICCRI - Banca Federale Europea.
Banca Popolare di Lodi ha, infatti, trasferito alla SGC la propria Divisione Legale, con un organico di 21 persone (che
amministrativamente passeranno sotto la SGC dal 1° Gennaio 2003), ed i crediti dalla stessa amministrati, per un
importo complessivo di circa 200 milioni di Euro.
Sono state altresì trasferite le passività relative al ramo
d’azienda rappresentato dalla Divisione Legale.L’iniziativa
che sarà completata da iniziative analoghe riguardanti le
attività di recupero crediti delle banche retail del Gruppo
Bipielle, permetterà una più incisiva gestione delle sofferenze e del recupero crediti a livello di Gruppo.
Al via NetDynamic, la nuova piattaforma di Content
Management in modalità ASP
NetBureau (gruppo CAD IT), Macromedia, I.NET e IBM presentano al mondo bancario la piattaforma NetDynamic per
la gestione di servizi on line grazie ad un servizio di Content
Management erogato in modalità ASP. Tramite NetDynamic
i gestori dei contenuti di siti Web usufruiscono di un potente
strumento per l’inserimento e l’aggiornamento delle informazioni on line senza dover intervenire direttamente sul
codice sorgente e senza appoggiarsi ad un altro servizio di
hosting. La piattaforma, grazie all’adozione di soluzioni di
Content Management integrabili ed implementabili dagli
utenti, è in grado di offrire una ricca gamma di tool facilmente utilizzabili e che non comportano costi di
implementazione.
MPSnet va oltre l’e-business
MPSnet (Gruppo Monte dei Paschi di Siena), costituita oltre
un anno fa per realizzare e fornire soluzioni di e-business
alle imprese, alla pubblica amministrazione e alle famiglie,
ha lanciato un nuovo pacchetto di servizi mirato alle piccole
medie imprese, gli Opifici digitali, attraverso il quale verranno fornite direttamente on line soluzioni e strumenti di lavoro per snellire e rafforzare le differenti componenti aziendali
con modalità di pagamento a noleggio o “pay per use”. Inclusi nell’offerta anche programmi di formazione, sistemi di
gestione delle relazioni con i clienti, soluzioni di supporto al
marketing aziendale e programmi di rafforzamento dei processi di acquisto di beni e servizi.
Tra le altre iniziative lanciate da MPSnet nell’ambito dell’
offerta di servizi digitali per le aziende, oltre alla gestione di
Medicoland.it, portale dedicato alla fornitura di servizi di elearning ai professionisti del settore sanitario, figurano HiKnow nel campo del Crm analitico e MedicalPlaza, nel settore
dei sistemi e servizi integrati.
IntesaBci Formazione sceglie l’e-learning
IntesaBci Formazione, la società del Gruppo IntesaBci cui è
stata affidata la formazione del personale del Gruppo (circa
65mila addetti), che nel 2001 ha erogato corsi di formazione per oltre 200mila ore/uomo, di cui più del 50% in modalità e-learning, ha recentemente annunciato New tech license
(Ntl), il progetto per la formazione tecnologica dei cittadini
europei lanciato insieme a Telekom Austria, il più grande
gruppo di telecomunicazioni austriaco, e M-Tech, società
appositamente costituita per lo sviluppo del progetto. L’iniziativa, il cui scopo è fornire alle persone di ogni età e differenti retroterra culturali le conoscenze di base per l’utilizzo
delle moderne tecnologie (Internet, telefonia cellulare, dvd,
cd-rom e altri device digitali), prevede un’offerta formativa
erogata prevalentemente attraverso pacchetti on line, cdrom e videocassette per una formazione individuale o attraverso classi virtuali basate sul web. I moduli formativi di Ntl,
già commercializzati dal mese di aprile in Austria, verranno
a breve diffusi anche in Italia e nel resto dell’Europa.
SicavWeb, il portale per le Sicav
Nasce SicavWeb, una soluzione per l’automatizzazione della
rete distributiva delle Sicav, frutto della collaborazione tra
Netbureau (Gruppo CAD.IT) e il Gruppo Raiffeisen. La piattaforma SicavWeb, attraverso un portale personalizzabile in base
all’immagine istituzionale delle Sicav e completamente gestibile
via Web, permette ai collocatori delle Sicav l’acquisto di fondi/quote e la gestione on-line del proprio portafoglio clienti. Il
progetto, pensato per le Sicav che intendono proporre i propri fondi sul mercato italiano servendosi di una o più banche
corrispondenti e un vasta rete di collocatori e promotori, consente alla banca collocatrice di gestire più Sicav contemporaneamente attraverso un unico sistema e un’unica interfaccia,
garantendo una netta riduzione delle attività manuali e un
monitoraggio costante del processo distributivo.
Bonifico via e-mail
Le banche canadesi Cibc, Scotiabank, Bank of Montreal e
Td Canada Trust hanno lanciato un nuovo servizio per effettuare bonifici da persona a persona, usando l’e-mail per la
notifica. Un utente che intenda inviare denaro via e-mail,
può infatti accedere al proprio conto bancario on line e specificare il destinatario del bonifico inserendone l’indirizzo di
posta elettronica, insieme ad altre informazioni richieste.
Il destinatario riceverà un messaggio di posta elettronica con la
notifica dell’avvenuto trasferimento di denaro e un collegamento ipertestuale alla banca da lui scelta per depositare i fondi.
(Vanessa Gemmo CeTIF – Università Cattolica Milano)
settembre 2002
Beltel
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attualità
da New York
Sandro Malavasi
Starbucks: nei caffè il più grande network cellulare Wi-Fi
Howard Schultz, che ha inventato la catena di caffè Starbucks dopo aver cominciato con una serie di
coffee shops chiamati “Il giornale” a Seattle e dopo aver preso a prestito il modello italiano dell’espresso al banco, non è nuovo a sorprese. E’ l’uomo che ha canonizzato la “cannibalizzazione” dei
suoi negozi aprendone spesso uno vicino all’altro cosciente dell’iniziale calo di attività del primo
negozio ma del sostanziale vantaggio che entrambi hanno a lungo termine, e con loro l’immagine
complessiva del gruppo. Starbucks ha attualmente quasi 4500 negozi negli Usa e oltre 1250 nel resto
del mondo e cresce al ritmo di 3-4 negozi al giorno. Ora si è alleato con T-Mobile International (la
divisione cellulare di Deutsche Telekom chiamata finora negli Usa Voicestream) e con Hewlett-Packard
per dotare una grossa fetta dei suoi negozi di un collegamento cellulare ad alta velocità usando la
tecnologia Wi-Fi. Inizialmente il servizio è disponibile gratuitamente in 1200 negozi del gruppo negli
Usa, con altri 800 che seguiranno entro la fine dell’anno. In Europa si parte in via sperimentale e per
sei mesi a Londra e Berlino.
“Questo servizio” ha spiegato lo stesso Schultz, chairman e chief international strategist del suo
gruppo, “è una naturale estensione dell’esperienza di Starbucks, che e’ sempre stata quella di collegare fra di loro persone e informazioni attorno a una tazza di caffè. Molti aspettavano proprio un’offerta come questa: accesso a internet cellulare e ad alta velocità, in un ambiente famigliare e molto
diffuso che permette di essere collegati quando si è in viaggio o fra casa e l’ufficio. E’ il servizio giusto
offerto nel posto giusto”.
HP, che offre tecnologia anche al quartiere generale di Starbucks a Seattle e al network dei suoi
negozi, offre anche un software gratuito che permette di orientare i propri palmari e pc fra i vari
sistemi cellulari ad alta velocità.
Starbucks2 – Le classifiche (e il futuro) del Wi-Fi
T-Mobile, con l’operazione Starbucks, balza in testa alle classifiche mondiali per i network cellulari
Wi-Fi seguita negli Usa da Boingo Wireless che vanta 700 diversi postazioni che dovrebbero salire a
5000 entro il prossimo gennaio e da Wayport con 470. Sprint Pcs, che è fra gli investitori in Boingo,
dovrebbe cominciare nei prossimi mesi a offrire l’accesso ad alcune di queste postazioni ai suoi
abbonati ed è quindi su questo fronte che si sposta la sfida per i servizi cellulari ad alta velocità. Un
rapporto della Strategy Analytics di Boston segnala che quest’anno le vendite di Pda cresceranno solo
del 9%, ma subiranno una forte contrazione del 20% i profitti per l’offerta sempre crescente di nuovi
prodotti a prezzo ridotto. Nel 2007, invece, il 60% dei Pda venduti saranno comprati dai consumatori
e non dalle aziende ma soprattutto il 59% avrà una connessione cellulare con una netta prevalenza
di soluzioni Wi-Fi rispetto a solo un terzo di connessioni secondo il sistema Bluetooth.
Roll-over: Cingular punta sul passaggio da un mese all’altro
Negli Usa la forma più diffusa di abbonamento ai servizi di telefonia cellulare è quella che fissa un
costo mensile per l’utente in cambio di un numero prestabilito di minuti di conversazione da usare
durante il giorno, un numero molto più alto di minuti per conversazioni serali e nel fine settimana e
una tariffa unica su tutto il territorio nazionale. Quello che mancava era la possibilità di usare i minuti
di conversazione concessi in un determinato mese anche in quello successivo e via via fino a un
massimo di 12 mesi. E a questo ci ha pensato recentemente Cingular, la joint venture fra BellSouth e
SBC Communications. E’ probabile che la sua offerta verrà presto copiata da altri concorrenti, anche
se in una fase di crescita lenta del mercato e con le compagnie pronte soprattutto a sottrarre clienti
ai rivali. Cingular potrebbe guadagnare con questa iniziativa nuove quote di mercato.
settembre 2002
Beltel
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Numero portatile? Se ne riparla fra un anno
L’estate ha portato una sconfitta ai tanti sostenitori della mobilità dei numeri telefonici del cellulare,
secondo un principio ormai accettato anche in Italia. Invece nelle scorse settimane la Fcc ha deciso di
estendere per la terza volta l’entrata in vigore di un provvedimento in tal senso. Ora la prossima
scadenza è quella del 24 novembre del 2003, mentre fino ai mesi estivi si dava per scontato che la
decisione sarebbe stata presa entro la fine dell’anno e che dal 1° gennaio 2003 anche in America
sarebbe stata concessa la portabilità dei numeri telefonici. L’opposizione viene dai gruppi del settore
che hanno calcolato un costo iniziale di 1 miliardo di dollari all’entrata in vigore del provvedimento e
di 500 milioni di dollari all’anno in seguito. Secondo loro l’assenza della portabilità non ha danneggiato un’utenza come quella americana che nel 30% dei casi cambia annualmente il numero del proprio
cellulare. Per questo gruppi come Verizon avevano chiesto di annullare ogni iniziativa per la portabilità
dei numeri telefonici ma hanno ottenuto solo un altro anno di tempo. Un mezza vittoria, quindi.
Sugli aerei Usa si ai palmari e no ai cellulari
Sugli aerei americani non è concesso l’uso dei cellulari e per le telefonate esiste solo l’alternativa dei
costosi telefoni di bordo. Per i palmari, invece, non ci sono divieti da parte della Faa (Federal Aviation
Administration che regola i voli domestici negli Usa), quindi le agendine come Palm possono essere
collegate a internet tramite un network cellulare anche nel corso di un volo. Diversi utenti segnalano
che il servizio funziona soprattutto quando si sorvolano centri abitati, quindi aree dotate di trasmettitori. La sorpresa sta però nel fatto che il divieto sull’uso dei cellulari non si estende anche ai palmari,
quando dal punto di vista tecnico il collegamento cellulare è sostanzialmente identico e forse l’unica
differenza sta nel fatto che i palmari utilizzano una banda più ristretta. Un problema crescente è
anche quello dell’avvicinamento anche pratico fra telefoni e palmari, quindi della convergenza che
rende difficile capire se un modello che offre entrambi i servizi deve essere considerato l’uno o l’altro,
cioè palmare o cellulare. La Faa, con tutta probabilità dovà ridefinire presto le regole in materia.
Sprint PCS punta sulla nuova generazione: ma è vero 3G?
Il nome ufficiale è quello di Sprint PCS Vision e il lancio è avvenuto in agosto. Si tratta di un nuovo
network cellulare ad alta velocità, il primo del genere negli Usa a essere offerto su base nazionale e
il primo ad avvicinarsi ai livelli della terza generazione cellulare anche se non si arriva ai 2 megabyte
per secondo che sono il livello medio per la 3G ma solo a un massimo di 144 kbps per una velocità
media di trasmissione compresa in realtà fra 50 e 70 kbps. Verizon ha lanciato un network simile ma
solo in 300 città, l’Express Network, nello scorso gennaio. PCS Vision è stato accompagnato dal lancio
di una serie di cellulari e di altri palmari specifici in grado di utilizzare il potenziale di trasmissione.
Quello che ha sorpreso, invece, è la scelta della stessa Sprint di offrire abbonamenti mensili al nuovo
network sulla base del volume di dati che l’utente intende utilizzare nel corso del mese. Walter
Mossberg del Wall Street Journal, il guru dei nuovi prodotti tecnologici, ha commentato il nuovo
sistema sostenendo che non è veramente “ad alta velocità, ma in realtà solo ai livelli di un collegamento domestico per via telefonica di un modem. Questo però è 3-4 volte più veloce dei precedenti
collegamenti a internet possibili tramite un apparecchio cellulare”.
Earthlink diventa un provider contro la pubblicità online
La lotta contro i pop-up, cioè la pubblicità che scatta quando si visitano determinati siti online e
riempie gli schermi, ha trovato nuovi paladini. Il gruppo di Atlanta, uno dei primi cinque provider
americani, ha deciso infatti di offrire ai suoi abbonati uno speciale software che verrà incorporato nel
futuro anche nel software complessivo offerto agli abbonati. Earthlink, che offre a questo fine un
prodotto del gruppo Failsafe, deriva solo l’1% delle sue entrate dalla pubblicità e quindi può permettersi la linea dura a differenza di altri gruppi come United Online, frutto della fusione fra NetZero e
Juno Online Services, che trae dalla pubblicità il 15% del fatturato. Ma la scelta del gruppo Earthlink
ha anche una motivazione strategica: quella di aumentare gli abbonati a danno di provider rivali in
una fase di crescita quasi zero degli abbonamenti nel settore. Secondo le classifiche della società di
ricerca J.D.Power Earthlink è già oggi in testa o ai primi posti delle classifiche sulla soddisfazione
degli utenti sia per i servizi tradizionali sia per quelli ad alta velocità. Aol è di gran lunga il maggior
provider americano ma è alle ultime posizioni nelle stesse classifiche.
settembre 2002
Beltel
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La Fcc blocca gli scambi di frequenze
L’authority Usa per le telecomunicazioni ha preso posizione ufficiale e netta nei confronti degli scambi
di frequenze fra società nel settore delle telecomunicazioni. Inizialmente la Fcc aveva inviato un
memorandum all’associazione americana dei revisori contabili per segnalare che le società che avevano fatto scambi di frequenze fra loro dovevano ripresentare e quindi riscrivere i loro bilanci. Gli
scambi, molto criticati nei mesi scorsi, non sono in realtà vietati ma lo è la prassi diffusa di riportare
a bilancio come entrata quello è stato in realtà solo uno scambio di frequenze come è successo nel
caso di Global Crossing e Qwest o della stessa WorldCom. La pratica ormai ventennale permette a un
network di cedere per un periodo compreso fra 1 e 20 anni l’uso di determinate frequenze a un
gruppo rivale o comunque a un’altra società del settore. I problemi sono nati dal fatto che spesso le
società in questione scambiavano frequenze senza alcun pagamento in denaro, ma utilizzavano le
operazioni per gonfiare i loro bilanci.
I messaggi politici sui cellulari possono essere anche anonimi
La commissione elettorale federale (Fec) ha deciso che i messaggi di propaganda elettorale trasmessi via sms non devono rivelare da chi sono stati finanziati. La Fec ha suggerito che i messaggi
includano un indirizzo online o un numero di telefono perché il ricevente possa capirne o stabilirne la
fonte, tuttavia non esiste un obbligo in tal senso. La decisione è particolarmente significativa perché
gli sms politici saranno gli unici ad avere questo genere di esenzioni, concesse finora solo per gli
adesivi e i distintivi elettorali. Secondo gli esperti questo favorirà il loro utilizzo nelle prossime campagne. La Fec ha preso posizione su precisa richiesta di una società del New Jersey, Target Wireless,
specializzata in questo genere di messaggi.
Nextwave, ora tocca alla corte suprema esprimersi
La saga di Nextwave continua. La piccola società aveva vinto nel ’97 una serie di aste su frequenze
radio per uso cellulare, però successivamente non era stata in grado di pagare la cifra fissata di 4,8
miliardi di dollari, al punto che la Fcc le aveva rimesse all’asta nonostante l’opinione contraria e una
specifica azione legale della stessa Nextwave. Quest’ultima vinse la causa quando la stessa Fcc
aveva però già incassato 16 miliardi di dollari dalla seconda asta. Nel frattempo, prima che si pronunci la corte suprema, è venuto alla luce che la Fcc si è tenuta parte dei soldi versati dai nuovi acquirenti
nonostante non abbia potuto consegnare le frequenze. Nel caso di Verizon, ad esempio, la Fcc ha
incassato un deposito di 1,7 miliardi di dollari che ha reso senza interessi dopo 14 mesi e dopo aver
dedotto 261 milioni di dollari per “spese”. Adesso la stessa Verizon rischia una riduzione del suo
rating, e quindi un aumento dei costi di finanziamento, proprio perché non è ancora chiaro se e
quando dovrà pagare 8,7 miliardi di dollari per frequenze che oggi comunque varrebbero molto
meno, almeno il 40%, dei valori fissati qualche anno fa.
settembre 2002
Beltel
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attualità
tv senza frontiere
Eugenio Prosperetti
Studio Prosperetti, Roma
E’ assai interessante esaminare quanto stia avvenendo nel settore telecomunicazioni in Gran Bretagna
dal punto di vista legislativo.
E’ infatti in avanzato stato di discussione e consultazione “pubblica” (cfr. http://
www.communicationsbill.gov.uk) una riforma a 360° del settore telecomunicazioni britannico che,
una volta attuata, abbraccerà televisione, radio, telefonia, dati e radiofrequenze sotto tutti i possibili
punti di vista.
Tale è la portata di questa riforma, basata sulle norme del futuro Communications’ Bill, che le
competenze dei cinque attuali regolatori del settore verranno integrate tra loro e trasferite a un
nuovo super-regolatore denominato Office of Communications (Ofcom).
Oltre a segnalare tale centralizzazione delle competenze, nella speranza che tale approccio venga
presto imitato attraverso una più spinta integrazione tra le competenze del Ministero delle Comunicazioni e quelle dell’Agcom, preme in questa sede segnalare una ulteriore rilevante novità nei principi
alla base della futura normativa britannica.
Si tratta dei principi concernenti i requisiti per poter avere la proprietà di mezzi di comunicazione di
massa britannici.
Ebbene, nel documento che delinea la policy del Communications’ Bill in tema di “Media Ownership”1,
viene dichiarato che “there needs to be a safeguard against the joint ownership of significant
newspaper assets and mass audience, universal access public service television services, and that
this is where specific rules must be retained”2 ma anche che “within individual media markets (Tv,
radio and newspapers) deregulation can promote healthy competition, as long as minimum guarantees
of plurality remain”3 e soprattutto che “there should be no disqualification on any particular group
being able to hold a broadcasting licence, unless there are compelling reasons to expect serious
adverse effects”4.
Inoltre, quasi a chiarimento degli eventuali dubbi che la formulazione sopra riportata potrebbe
ingenerare, si afferma espressamente che verranno rimossi gli esistenti limiti alla titolarità di concessioni radiotelevisive da parte di soggetti non appartenenti allo Spazio Economico Europeo.
1
2
3
4
Reperibile all’URL http://www.communicationsbill.gov.uk/policy_narrative/550810.html
[Nel futuro Communications’ Bill] ci dovrà essere una salvaguardia dalla possibilità di una proprietà congiunta di
significative parti della stampa quotidiana e di servizi pubblici radiotelevisivi rivolti al pubblico di massa e ad accesso
universale; in tali settori dovranno continuare a vigere regolamentazioni specifiche [nel senso che non dovranno
essere deregolati NdT].
Entro i singoli mercati dei media (TV, radio, giornali) la deregolamentazione può promuovere un salutare processo
concorrenziale purché permangano garanzie di pluralismo.
Non dovrà essere stabilita alcuna preclusione a che particolari gruppi possano avere la titolarità di una concessione
per il broadcasting [radio e televisivo NdT] a meno che non vi siano gravi motivi per supporre che ciò avrà seri effetti
deleteri.
settembre 2002
Beltel
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I sopra descritti cambiamenti che stanno per rivoluzionare la legislazione britannica sui media, avranno
presumibilmente influenza diretta su tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea, per vari motivi:
– la Gran Bretagna si candida a diventare la testa di ponte della penetrazione nell’UE dell’emittenza
extraeuropea, rappresentata dai grandi gruppi mediatici statunitensi (e non), sinora frenati dal
compatto muro di normative che vietavano a soggetti non appartenenti al SEE, di operare nell’Unione: a essi, una volta acquisita legittimazione quali broadcasters britannici, difficilmente si
potrà negare l’accesso all’etere degli altri Stati Membri;
– il processo sopra descritto porterà presumibilmente a un enorme rafforzamento dell’indotto britannico del settore, derivante dai grandi investimenti che tali gruppi riterranno di effettuare, la
prospettiva di assimilare tale indotto può sicuramente essere allettante per le altre economie UE;
– è lecito (e forse anche auspicabile) allora supporre che altri Stati Membri non vogliano farsi
trovare impreparati ponendo in essere rapidamente politiche mediatiche concorrenziali rispetto a
quelle britanniche: lo Stato Membro che riuscirà a offrire ai gruppi mediatici interessati al mercato
europeo le migliori condizioni sarà quello la cui economia beneficerà degli ingenti investimenti di
cui sopra; gli altri, passata la fase iniziale di entrata nel mercato UE dei “nuovi” players, dovranno
rassegnarsi a essere “colonizzati”, in senso economico, dalle operazioni che questi porteranno
avanti dalle loro basi site negli Stati Membri che siano stati più rapidi a deregolare.
La manovra britannica è chiarissima: tenere sotto controllo la stampa quotidiana e, in generale, il
settore editoriale e, se del caso, rafforzarne la tutela contro ingerenze esterne e, quale contropartita,
aprire del tutto il mercato televisivo, il tutto proprio all’alba dell’introduzione del digitale terrestre.
Si comprende allora come, in questo scenario, l’Italia, di fronte al cambiamento di politica effettuato
oltremanica, di fatto non abbia scelta: o agire proattivamente, come ha fatto in tema di televisione
digitale, adottando una visione “britannica” del mercato o attendere l’inevitabile riassetto verso la
Gran Bretagna del mercato radiotelevisivo.
E’ comunque evidente la necessità di un totale ripensamento delle politiche nazionali e comunitarie
concernenti la tipologia e la qualità dei contenuti trasmessi: si auspica che la futura Direttiva “Tv senza
frontiere” sia già in grado di porre le basi di tale sistema in ambito comunitario e che, comunque,
porterà grandi cambiamenti nelle tradizionali categorie concettuali dell’industria europea dei media.
settembre 2002
Beltel
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regole
accanimento terapeutico
Luigi Prosperetti
Università di Milano Bicocca
L’accanimento terapeutico che Bruxelles sta infliggendo a Blu ed ai suoi azionisti merita qualche
riflessione più generale, in ordine alla politica della concorrenza in Europa. Semplificando, con
qualche brutalità, possiamo dire che la politica della concorrenza confronta un problema principale, ovvero quello di conciliare la difesa dei consumatori con l’esigenza che le imprese europee
hanno di prepararsi ad un mercato integrato di quasi 300 milioni di consumatori.
Ci sono due modi principali per le imprese di prepararsi a questo mercato: concentrarsi e realizzare
accordi con altre imprese. Aspettare i tempi lenti di una crescita organica dell’azienda è infatti
scarsamente realistico, visto che i tempi di completamento del mercato unico sono stati significativamente accelerati dall’unione monetaria.
Ambedue queste strategie suscitano però perplessità da un punto di vista antitrust. Fusioni e acquisizioni
(o concentrazioni, come si chiamano nel diritto antitrust) possono rafforzare o creare posizioni dominanti in grado di danneggiare la concorrenza, il mercato e in ultima analisi i consumatori. Anche le
intese possono portare, quando configurino accordi di cartello, a risultati negativi assai simili.
Se la valutazione di concentrazioni e accordi è il pane quotidiano dell’antitrust, questa attività
incontra tuttavia in questi anni in Europa difficoltà crescenti, che possiamo compendiare in un
interrogativo: qual è l’estensione geografica del mercato rilevante con riferimento al quale valutare
un’operazione di concentrazione o un’intesa? In passato, rispondere questa domanda era relativamente agevole, poiché in una Comunità Europea ancora largamente segmentata lungo linee nazionali il mercato geografico rilevante coincideva, tranne che in una piccola minoranza di casi, con
il territorio di ciascun paese membro.
Oggi però non è più così, dato che concentrazioni e intese sono messe in opera - in moltissimi casi - da
imprese che cercano di aumentare direttamente o indirettamente la propria dimensione per far fronte
al passaggio da una dimensione essenzialmente nazionale del mercato a una dimensione tendenzialmente continentale. Ma questa prospettiva strategica, entro la quale le imprese iscrivono le loro decisioni di concentrazione, fa fatica ad essere adottata dalle autorità antitrust, che tipicamente sono
preoccupate dai possibili effetti anticompetitivi che si possono materializzare su un orizzonte temporale
più breve. Per questo, incidentalmente, è sostanzialmente giusta la regola del pollice degli avvocati
americani, secondo la quale una data concentrazione ha una probabilità bassa di essere vietata in
America ma una probabilità alta di essere vietata (o sottoposta a gravose condizioni) in Europa.
Autorità antitrust che prevedono la necessità imprenditoriale di una operazione di concentrazione,
ma sono molto preoccupate dai possibili effetti anticompetitivi di questa, tipicamente cercano una
soluzione in grado di aumentare la probabilità che, oggi o in futuro, nuovi concorrenti entrino sul
mercato. Ciò può portare talvolta ad inseguire ipotesi irrealistiche, attribuendo - come pare essersi
verificato appunto nel caso di Blu – doti messianiche a cordate alquanto improbabili, facendo
pagare ad azionisti e dipendenti i costi elevati di una lunga agonia, francamente evitabili.
Ma lo stesso diritto antitrust offre una strada diversa, che forse le autorità dovrebbero percorrere
con minore timidezza, e cioè il riconoscimento che - in taluni casi - un’impresa non è più per motivi
oggettivi in grado di sopravvivere, e che la sua acquisizione da parte di un’impresa rivale rappresenta comunque il minor danno possibile agli interessi della collettività.
Questa fattispecie – detta della failing company - dovrebbe essere forse più spesso considerata, e
probabilmente - con il senno di poi - avrebbe dovuto certamente esserlo nel caso di Blu, il cui
futuro - lo riconosceva del restoBlu stessa - non c’era.
settembre 2002
Beltel
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tecnologia
identità digitale
Vittorio Trecordi
Cefriel - Politecnico di Milano e Direttore Generale Ict Consulting
Il tema dell’identità digitale occupa un ruolo di primissimo piano tra gli argomenti di maggior rilievo
all’ordine del giorno della comunità che opera per il disegno e lo sviluppo delle nuove piattaforme
telematiche. La rilevanza del tema è legata ai numerosissimi risvolti di natura economica, politica e
sociale legati all’adozione delle possibili soluzioni tecnologiche e architetturali.
Ogni entità che popola il mondo virtuale realizzato con l’impiego delle piattaforme telematiche è
caratterizzata da una propria identità virtuale, ossia di un’identità che qualifica in modo opportuno la
cittadinanza nel mondo virtuale. All’identità digitale si legano i comportamenti ammissibili nel mondo
virtuale e la possibilità di identificare le parti che interagiscono, nonché di tracciare le azioni svolte.
Le accezioni dell’identità digitale sono molteplici: dalla semplice assegnazione di un identificativo che
univocamente corrisponda all’identità di ogni utente del cyberspazio, ai profili d’utente in cui si caratterizzano in modo dettagliato gli attributi dell’identità di un utente. Con l’avvento dei Web Services si
istituzionalizza, alla luce di un disegno organico, l’uso delle piattaforme Web per lo sviluppo e l’esecuzione delle applicazioni distribuite: pertanto il tema dell’identità digitale si applica non solo a utenti
o a elaboratori ma a tutte le risorse che popolano il Web (documenti e oggetti software inclusi).
I requisiti di impiego dell’identità digitale variano in relazione al contesto e hanno ambiti di applicazione di dimensioni e con caratteristiche completamente differenti. Dalla dimensione della rete locale di
appartenenza si passa alla Intrenet, alla Extranet e quindi a Intenet, ampliando il contesto. Se si
attribuisce al contesto una connotazione funzionale si introducono le specificità delle relazioni tra
individui (Person-to-Person o P2P), tra individuo e azienda (Business-to-Consumer o B2C), tra cittadino e pubblica amministrazione (Citizen-to-Government o C2G), tra azienda a pubblica amministrazione (Business-to-Government o B2G) e tra aziende (Business-to-Business o B2B).Tra gli obiettivi
della gestione evoluta dell’identità digitale citiamo: la capacità di asserire, certificare e gestire identità e profili digitali; la possibilità di disporre di meccanismi di autenticazione e autorizzazione efficaci; la disponibilità di funzioni di tracciamento delle transazioni e la fornitura di servizi personalizzati.
Tutti questi obiettivi vanno perseguiti senza perdere di vista l’esigenza della salvaguardia della privacy degli utenti. Inoltre, nell’analisi del tema dell’identità digitale non va dimenticato che il medesimo soggetto normalmente opera con ruoli differenti all’interno del mondo virtuale. La considerazione
è evidente se si considera che ciascun individuo può decidere di accedere al mondo virtuale con
esigenze differenti legate all’attività professionale, alla sfera personale o a quella privata. Non solo,
ma all’interno di ciascun contesto, lo stesso soggetto potrebbe ricoprire ruoli differenti e pertanto è
possibile che a uno stesso soggetto siano associate più identità virtuali o che la medesima identità
virtuale possa presentare diverse sfaccettature.
Il tema dell’identità digitale e delle garanzie a essa associate si sviluppa con peculiarità specifiche di
sistemi verticali: per esempio nel settore finanziario, a supporto delle iniziative di E-business, è
particolarmente significativa l’iniziativa Identrus, nata nel 1999 per iniziativa di alcune grandi banche,
per fare leva sulla tecnologia PKI e sviluppare la rete di fiducia necessaria allo sviluppo delle relazioni
B2B e FI2B (in questo caso la verifica si estende all’accertamento della solvibilità).
In ogni caso è evidente che l’identità digitale rappresenterà un perno attorno al quale verranno
disegnate non solo le soluzioni tecniche ma anche i modelli di business del futuro e, per questa
ragione riteniamo opportuno elaborare una trattazione introduttiva al tema.
Le prospettive dell’identità digitale
Considerando le prospettive di utilizzo dell’identità virtuale che riteniamo di distinguere in categorie
caratterizzate da esigenze ben definite e tutte di notevole rilievo.
Innanzitutto (Prospettiva 1), si consideri la prospettiva delle relazioni in Internet tra soggetti che non
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hanno rapporti istituzionali diretti per scopi di commercio elettronico primariamente indirizzati all’utenza
consumer (es. transazioni di commercio elettronico Business-to-Consumer).
In secondo luogo (Prospettiva 2), si consideri la prospettiva delle relazioni tra soggetti che appartengono alla medesima organizzazione (es. utilizzo dei servizi di una Intranet multiservizio da parte delle
diverse compagini aziendali).
Inoltre (Prospettiva 3), si consideri la prospettiva delle relazioni tra soggetti che sviluppano business
in collaborazione (es. utilizzo dei servizi di intermediazione di un broker, come ad esempio un portale,
per attuare transazioni B2C o la realizzazione di un sistema di supply-chain, basato sullo sviluppo di
interazioni di tipo B2B).
Infine (Prospettiva 4), si prenda in esame la prospettiva delle relazioni tra pubblica amministrazione,
cittadini ed imprese (es. interazione per richiesta di certificati o pagamento dei tributi on-line).
Indentità in Internet
In relazione al tema dell’identità digitale, la situazione di riferimento indicata dalla Prospettiva 1 si
chiarisce facilmente se si considera la rilevanza delle relazioni di “trust”, ossia di fiducia, tra i soggetti
che sviluppano attività di commercio elettronico in rete Internet. L’identità digitale in questa prospettiva è anche trattata in letteratura con le diciture “identità pubblica” o “identità di rete”.
Un commerciante virtuale per cautelarsi dalle frodi ha necessità di identificare l’acquirente; pertanto
deve poter conoscerne l’identità e deve disporre degli strumenti atti ad accertare che l’identità presentata corrisponda all’identità effettiva, smascherando tentativi di presentazione di false generalità
a scopo di truffare il commerciante. L’operazione di verifica della corrispondenza tra l’identità presentata e l’identità effettiva viene denominata “autenticazione dell’identità”. La verifica diretta dell’identità viene generalmente effettuata valutando le credenziali presentate dall’utente. La verifica
indiretta si attua nei casi in cui interviene un fornitore di servizi di identità che intermedia la verifica,
assumendosi l’onere di garantire la validità dell’identità e trasferendone gli effetti ai propri clienti.
Un acquirente virtuale ha diverse esigenze. Innanzitutto, è preoccupato dei rischi legati alla sottrazione degli elementi necessari all’esecuzione di transazioni in nome e per conto proprio e a beneficio di
terzi o contro la propria volontà (es. il furto dei dati relativi alla carta di credito, utili al pagamento
online, oppure l’abuso della propria identità digitale per l’esecuzione sotto mentite spoglie di azioni
illegittime). In secondo luogo è preoccupato della violazione della propria privacy, ossia dell’utilizzo
dei dati personali al di fuori degli scopi per cui se ne è autorizzato esplicitamente l’uso. Inoltre,
l’acquirente è preoccupato dai rischi associati all’assenza di un contatto fisico, quali la non rispondenza dell’oggetto dell’acquisto alle caratteristiche dichiarate e il rispetto delle norme contrattuali, ivi
incluse le modalità di gestione dei reclami.
Lo sviluppo dell’E-commerce in rete Internet è fortemente condizionato dalla diffusione tra gli utenti
della confidenza che vengano rispettati alcuni requisiti fondamentali: lo scambio elettronico deve
attuarsi nel rispetto della privacy, i dati prodotti dalle parti devono essere veritieri e devono essere
garantiti la gestione della sicurezza, il rispetto delle regole contrattuali e l’applicazione delle procedure per la gestione dei reclami. Allo scopo di sviluppare la confidenza degli utenti, le associazioni di
categoria hanno sviluppato programmi di certificazione che si prefiggono la validazione dei siti che
praticano il commercio elettronico. Citiamo ad esempio il “Progetto fiducia” di Federcomin e Webtrust
dell’American Institute of Certified Public Accountants -AICPA). Le imprese che aderiscono al “Progetto Fiducia “ sottoscrivono il Codice di Comportamento ed espongono il Marchio Fiducia Federcomin
nelle loro pagine Web dedicate alle attività di E-commerce. Non si dimentichi inoltre che un elemento
che esalta la diffidenza nei riguardi dell’acquisto online è la dimensione geografica del mondo virtuale
che tipicamente trascende le frontiere delle nazioni, o delle comunità di nazioni, ampliando o sfumando l’orizzonte all’interno del quale si applicano le leggi e le norme che regolano lo sviluppo di
eventuali contenziosi.
L’identità digitale secondo la Prospettiva 1 ha anche un risvolto più sfumato rispetto a quello del trust
nel momento dell’esecuzione di una transazione: ci si riferisce alle interazioni via Internet nelle fasi
che generalmente precedono l’esecuzione di una transazione (raccolta informazioni, richiesta di
documentazione , …). Queste fasi propedeutiche alla transazione hanno, dal punto di vista dell’identità digitale, un rilievo notevolissimo dal punto di vista del marketing. Le aziende che rivolgono la loro
azione commerciale ad un enorme bacino di potenziali clienti accessibile grazie alla rete Internet,
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hanno tra gli obiettivi primari la profilatura dei potenziali clienti (identificazione dei soggetti verosimilmente interessati e loro preferenze). L’interattività dell’utente della rete Internet consente di sviluppare azioni pubblicitarie più mirate rispetto al caso dei media puramente diffusivi come la televisione.
Gli eccessi di queste pratiche sono le azioni di “email spamming”, ossia l’invio di messaggi pubblicitari
a una vasta popolazione di utenti Internet via posta elettronica, sviluppato spesso abusando della
conoscenza degli indirizzi di posta elettronica, carpiti con finalità diverse.
Moltissimi siti Web richiedono al visitatore una registrazione, normalmente legata all’assunzione di
privilegi limitati (come lo scaricamento di whitepaper o l’attivazione della notifica automatica di eventi
che riguardano l’azienda proprietaria del sito). Tale registrazione avviene tipicamente compilando
form proposte nella pagina web apposita con informazioni che riguardano l’identità e le coordinate
cibernetiche (indirizzo email) e reali dell’utente, spesso corredate da informazioni che inquadrano
l’attività dell’utente e i suoi interessi. Generalmente dalla compilazione della form, che in qualche
caso porta alla generazione di un vero e proprio account da usare per gli accessi successivi a sezioni
protette del sito, segue la creazione di un record con l’identità digitale dell’utente registrato nell’archivio del Web server. Quindi un utente della rete Internet tipicamente dissemina in rete decine di
account e profili, senza tra l’altro che vi sia alcuna verifica di autenticità delle informazioni fornite.
Identità cibernetica in azienda
Nella ottica della Prospettiva 2 il tema dell’identità digitale acquista sempre più valore in relazione allo
sviluppo delle piattaforme telematiche aziendali ed alla crescita del loro impiego, con complessità
crescenti nella gestione dei profili degli utenti dei numerosi sistemi usati, ciascuno dotato di forme di
identificazione e di autenticazione. Il problema che si trovano ad affrontare gli amministratori delle
piattaforme telematiche della grandi aziende, altamente automatizzate è quello dell’amministrazione
di una numerosità di profili e privilegi utente, relativi ai molti sistemi in uso. Alla complessità nell’amministrazione degli “account” degli utenti si unisce la necessità per gli utenti di identificarsi e autenticarsi presso i diversi sistemi in uso, utilizzando una moltitudine di “account”, ribadendo la propria
identità digitale nel dialetto del singolo sistema e abilitando l’esecuzione delle azioni autorizzate per
il proprio profilo. Per renderne più robusta e meno costosa la gestione degli “account”, migliorando la
qualità e riducendo i rischi di sicurezza, sono state sviluppate le soluzioni che in termini tecnologici
sono indicate con la dicitura “Single Sign On” (SSO), mentre in termini di business sono proposti
come sistemi di gestione dell’identità digitale. Un sistema di SSO dispone di una piattaforma in grado
di ospitare il profilo telematico di ogni utente, rappresentato dall’identità digitale dell’utente nel dominio di una data organizzazione e l’insieme delle autorizzazioni che corrispondono a quell’utente,
unitamente alle credenziali necessarie all’autenticazione ai diversi sottosistemi in uso.
Alla base della realizzazione e del funzionamento dei sistemi di SSO vi è l’uso dei sistemi di Directory,
basati sullo standard LDAP (Lightweight Directory Access Protocol) per l’accesso alle informazioni,
e l’uso delle meta-Directory, come soluzione atta ad integrare sistemi di Directory specifici in una
vista unitaria ed integrata. Un sistema di Directory offre un archivio per le identità degli utenti e le
risorse cui hanno accesso (persone, organizzazioni, gruppi, ruoli e risorse).
L’uso di un sistema di SSO consente agli amministratori degli account di intervenire in modo organico sul profilo dell’utente agendo su un sistema centrale di amministrazione e rende possibile per
gli utenti l’accesso trasparente a numerosi sistemi, all’ombra di un’unica autenticazione (il sistema
SSO si prende carico di eseguire le autenticazioni specifiche per conto dell’utente, opponendo le
credenziali contenute nel proprio archivio). Si sottolinea che in realtà sarebbe opportuno conservare una separazione tra forme di autenticazione che rispondano ad esigenze che hanno diverso
grado di criticità, evitando di appiattirle su un unico sistema che, qualora venisse violato, consentirebbe indistintamente l’accesso indebito a risorse e sistemi indipendentemente dal grado di criticità.
Questo induce a ipotizzare che il sistema SSO non venga impiegato per i sistemi critici, per i quali
si ipotizza di usare forme di autenticazione forte.
Identità digitale applicabile a diversi contesti
La Prospettiva 3 riprende le accezioni dell’identità digitale nelle Prospettive 1 e 2 (in Internet e
all’interno di un’azienda), aggiungendo forme di trasferimento delle relazioni di fiducia, stabilite
introno all’identificazione digitale degli attori, tra le organizzazioni che le hanno stabilite. In sostan-
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za, la Prospettiva 3 arricchisce la visione del tema dell’identità digitale della dimensione collaborativa
necessaria a costruire una catena di trust in grado di essere applicata a contesti di dimensione
ampia. La catena di trust può essere realizzata con un modello completamente centralizzato o con
un modello di tipo distribuito e federativo. Nel primo caso viene accettato uno standard imposto
dall’ente centralizzato per la gestione dell’identità digitale, mentre nel secondo caso si definisce
uno standard per garantire l’interoperabilità fra i sistemi di gestione dell’identità sviluppati dai
diversi soggetti che partecipano alla catena del trust. Questi due modelli sono proposti dalle due
iniziative di business più importanti in tema di gestione dell’identità digitale con l’obiettivo di indirizzare sia la prospettiva delle relazioni commerciali tra attori che partecipano ad una medesima rete
del valore, sia nell’ottica delle relazioni di commercio elettronico su Internet (Prospettiva 1). Le due
proposte sono quella di Microsoft, denominata Passport, e quella disegnata da un consorzio di
aziende, guidato da SUN Microsystems, denominato Liberty Alliance.
Identità digitale per la pubblica amministrazione
Nella Prospettiva 4 assumono particolare rilievo le iniziative delle organizzazioni governative atte
ad estendere il tema dell’identità dei cittadini e dei soggetti giuridici al settore virtuale. In Italia si
lavora da tempo a progetti che riguardano l’impiego delle carte d’identità digitali, basate sull’uso di
smart card, e allo sviluppo di progetti che propongono l’uso di smart card multiservizio (come ad
esempio la carta sanitaria sviluppata e sperimentata dalla Regione Lombardia). L’argomento dell’identità digitale è tra le priorità dello sviluppo dell’assetto della Pubblica Amministrazione, posto
che oltre agli aspetti tecnologici vengano sviscerati gli aspetti legislativi associati.
Recentemente ha suscitato clamore la notizia che il Giappone abbia deciso di procedere con il
progetto di assegnazione di un Identificativo Digitale a tutti i 125 milioni di residenti nel paese
asiatico. Il progetto prevede la creazione di una banca dati degli identificativi personali e l’assegnazione di smart card (disponibili dal 2003 in tecnologia a 32 bit con interfacciamento radio) e con
funzione di documento di identità, nel quale alla fotografia sono aggiunte le credenziali di sicurezza
dell’individuo (il certificato standard della crittografia a chiave pubblica). L’iniziativa giapponese non
ha ancora sviscerato le norme per la privacy legate all’introduzione di questa nuova piattaforma.
Passport di Microsoft
Microsoft è entrata dal 1999 con grande enfasi nel settore dell’identità digitale grazie al progetto
Passport, parte integrante dell’approccio .NET, nato con la finalità di risolvere il tema
dell’autenticazione degli utenti ai siti Internet. Il progetto Passport si esplica attraverso l’erogazione
di un servizio di gestione dell’identità digitale, fornito in modo centralizzato, con tecnologie di tipo
proprietario da Microsoft. L’adesione al programma di Microsoft è rilevante: siti con milioni di
utenti come Hotmail ed e-buy hanno adottato Passport come forma di autenticazione dei propri
utenti e come loro decine di altri siti. Questi eventi hanno condotto alla creazione di decine di
milioni di utenti del sistema Passport.
Il progetto Passport ha l’ambizione di offrire una soluzione anche per i sistemi di pagamento,
infatti ha incluso una sorta di borsellino elettronico in cui sono ospitate le informazioni sulla
carta di credito e sugli indirizzi presso cui consegnare la merce acquistata.
Le informazioni contenute nei record di Passport comprendono: nome, nazione/regione, codice postale, fuso orario, genere, data di nascita, occupazione, informazioni sulla carta di credito (contenuta nella sezione del borsellino elettronico). Grazie all’autenticazione Passport un
utente si autenticherà con le medesime credenziali presso tutti i siti che usano Passport. Il
progetto Passport rappresenta anche un cardine dello sviluppo dei Web Services come piattaforma per lo sviluppo e l’esecuzione di servizi in rete Internet, sfruttando le caratteristiche di
interoperabilità dell’XML.
L’autenticazione ai server che aderiscono al progetto Passport avviene attualmente attravreso
l’impiego di una Passport Domain Authority, realizzata con una serie di server farm Internet
Information Server (IIS) distribuite nel mondo ed in grado di processare 3.5 miliardi di transazioni al mese su oltre 200 milioni di account. L’informazione memorizzata negli archivi Passport
ha generato controversie e sollevato questioni sul rispetto della privacy e sulla robustezza
della tecnica. Il clima è reso ancor più rovente per l’attenzione verso Microsoft per le sue
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pratiche monopolistiche e per le sue debolezze in tema di sicurezza. L’architettura nel suo
complesso solleva dubbi in relazione alle prestazioni, alla disponibilità e all’integrazione allorchè
il sistema dovesse assumere dimensioni più estese e si dovessero soddisfare esigenze di
autenticazione più robuste.
Microsoft ha annunciato una serie di iniziative che indirizzano il superamento dei limiti attualmente evidenziati. Innanzitutto Microsoft ha annunciato di voler estendere la piattaforma Passport
introducendo componenti che la irrobustiscono dal punto di vista della sicurezza e che ne
rendono possibili l’integrazione con altri sistemi, con l’adozione del sistema Kerberos versione
5, che ammette la realizzazione di sistemi di autenticazione di tipo federato, e la compatibilità
con i certificati digitali emessi da enti certificatori riconosciuti ed indipendenti.
Gli sviluppi del tema della robustezza delle soluzioni per l’identità digitale dal punto di vista della
sicurezza si intrecciano inoltre con le vicende dello sviluppo nuovo sistema operativo di Microsoft,
denominato Palladium, la cui prerogativa principale è legata alle garanzie dei requisiti di sicurezza
ottenuta in combinazione con l’immancabile evoluzione dei circuiti integrati della Intel, all’ombra
delle norme sancite dalla Trusted Computing Platform Alliance (TCPA).
Il progetto Liberty Alliance
Il progetto Liberty Alliance è nato sulla scia del progetto Passport di Microsoft, indirizzando
lo sviluppo di una piattaforma per l’autenticazione unificata e la gestione dell’identità digitale, destinato all’utenza residenziale ed affari operante in Internet. Liberty Alliance è stato
varato da SUN e da un consorzio di aziende e organizzazioni (attualmente oltre 80), tra cui:
le aziende leader del settore delle carte di credito American Express, Mastercard e VISA;
operatori del calibro di NTT DoCoMo, France Telecom e AOL1 ; attori del settore finanziario
come Citigroup, Bank of America e automobilistico, .come General Motors; vendor di tecnologia come Sony, HP, Nokia, Ericsson, Cisco, SAP, Slumberger, Gemplus, RSA ed Entrust;
società di consulenza come PWC e Deloitte. Il consorzio ha pubblicato la versione 1.0 delle
proprie specifiche a luglio del 2002. I documenti emessi contengono la descrizione dell’architettura, le linee guida implementative, la specifica del contesto di autenticazione, i profili e le
associazioni con gli attributi autorizzativi e i protocolli e gli schemi di comunicazione. Lo
schema di riferimento prevede un approccio di tipo federativo in cui numerosi fornitori di
servizi di gestione dell’identità digitale, ruolo ricoperto da terze parti fidate, gestiscono sistemi interconnessi ed interoperanti per il trattamento dell’identificazione e l’autenticazione
degli utenti che accedono, attraverso un profilo unico e credenziali uniche, ai siti di commercio elettronico.
Le specifiche si basano sullo standard introdotto dall’OASIS (Organization for the Advancement of
Structured Information Standards) allo scopo di agevolare lo scambio di informazioni di autenticazione,
autorizzazione e non-ripudio, basato su XML: Security Assertion Markup Language (SAML). SAML è
uno tra i numerosi standard XML sviluppati per la sicurezza. Tra gli altri standard ricordiamo l’XACML
(Extensible Access Control Markup Language) per il controllo degli accessi, XCBF (XML Common
Biometric Format) per la descrizione dei dati biometrici, SPML (Service Provisioning Markup Language)
per lo scambio di informazioni di approvvigionamento, e XrML (Extensible Rights Markup Language)
per la gestione dei diritti.
Altre iniziative di rilievo
Accanto alla contrapposizione tra Passport di Microsoft e il progetto del consorzio Liberty Alliance si
sviluppano altre iniziative importanti. AOL, pur membro al consorzio Liberty Alliance, ha lanciato nel
gennaio 2002 un proprio sistema di identificazione/autenticazione dei propri utenti, denominato Magic
Carpet o “Screen Name Service”, partendo dall’esigenza di sviluppare un sistema SSO per i diversi
ambienti/servizi: America Online, CompuServe 2000, AOL Instant Messenger, Netscape e NetBusiness.
Nell’ambito degli sviluppi Open Source si colloca l’iniziativa “PingID Open Digital Identity Infrastructure”,
la cui enfasi è posta sul versante dei diritti del possessore dell’identità alla privacy, al controllo e alla
libertà di scelta e su scenari di tipo Peer-to-Peer. La proposta, a cui contribuiscono una nutrita serie
di sviluppatori e di architetti delle piattaforme software, si inserisce nel contesto delle nuove tecnologie Internet, imperniate sull’uso di XML e dei Web Services. La costruzione di una rete completamen-
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te decentralizzata della fiducia si fonda sul concetto di reputazione digitale di un utente, asserita dal
concorso delle garanzie offerte da agenti autorevoli e dalla propagazione di queste garanzie ad altri
utenti. La piattaforma è in via di sviluppo, con specifiche ancora relativamente instabili. L’uso della
piattaforma è governato da una politica di licensing che distingue l’uso personale dalle diverse forme
di impiego a fini di business, prevedendo per queste forme di diritti d’uso gestita dall’azienda PingID.
Un’altra iniziativa rilevante è la eXtensible Name Service (XNS), la cui origine è riconducibile all’idea
del 1999 di sviluppare per le identità digitali un sistema analogo al DNS per i nomi, elevando il livello
di astrazione alle architetture Web. La XNS Public Trust Organization (XNSORG) è un’organizzazione
sostenuta da un numero limitato di sponsor (Visa, Gemplus, Nomura Research Institute, OneName,
Wave Systems) che lavora per definire e sviluppare il protocollo eXtensible Name Service (XNS).
XNS è un protocollo peer-to-peer aperto, basato su XML ed espressamente disegnato per la gestione
delle identità di ogni risorsa che partecipa ad una transazione digitale, con la granularità dei Web
Services (non solo esseri umani o client e server, ma oggetti software e documenti XML). XNS
associa una identità a tutto ciò che può essere associato ad un identificativo URN (Uniform Resource
Name), che stabilisce un ulteriore livello di in direzione tra il nome di una risorsa nel Web ed il suo
indirizzo. Le specifiche del protocollo offrono gli elementi per stabilire le identità digitali e sviluppare
le relazioni tra queste, utilizzando le tecnologie sviluppate per la sicurezza in contesto XML, inclusa la
firma digitale XML. Lo strato protocollare XNS si colloca tra lo strato SOAP (Simple Object Access
Protocol) e lo strato WDSL (Web Services Description Language) nell’architettura dei Web Services.
XNS gestisce i diversi aspetti del problema della gestione dell’identità digitale nell’accezione esposta:
la rappresentazione, la gestione degli attributi, la delega e l’attribuzione del controllo con forme
federative, la propagazione e la sincronizzazione dei dati sull’identità e la garanzia dei requisiti di
sicurezza e privacy.
Strumenti tecnologici atti a realizzare l’autenticazione
La verifica della correttezza dell’asserzione di un’identità digitale, o autenticazione, può essere realizzata in molte modalità, con gradi di robustezza differenti. La forma più semplice di autenticazione
è legata alle parole d’ordine segrete (password) che vengono associate all’account di un utente.
L’autenticazione può essere rafforzata dal possesso di oggetti che sono affidati agli utenti (token e
carte intelligenti) e dall’uso di dati derivati dai caratteri fisici di un utente (dati biometrici: impronta
digitale, caratteristiche dell’iride dell’occhio, …). Tra le soluzioni tecnologiche proposte per le operazioni di autenticazione vi sono i sistemi che si basano sull’uso delle tecniche crittografiche: le infrastrutture a chiave pubblica (Public Key Infrastructure - PKI) e il sistema Kerberos.
La crittografia a chiave pubblica è usata per realizzare sistemi in grado di garantire i requisiti di
integrità, confidenzialità, non ripudio e autenticità dei dati e delle transazioni. La crittografia a chiave
pubblica o asimmetrica usa una coppia di chiavi, una pubblica, in quanto è nota a tutti gli utenti e una
chiave privata o segreta, custodita in modo riservato dall’utente a cui è associata la coppia di chiavi.
Dati cifrati con la chiave pubblica di un dato utente sono accessibili solo a quell’utente in quanto è il
solo a disporre della corrispondente chiave privata. Dualmente, dati decifrabili con la chiave pubblica
di un dato utente, sono stati cifrati da quell’utente con la chiave privata corrispondente (principio di
base della firma digitale). Il funzionamento della tecnica è legato alla affidabilità del legame tra
identità di un utente e chiave pubblica. La PKI ha la finalità di ottenere l’affidabilità desiderata legando
in modo robusto i dati che identificano l’utente, alla sua chiave pubblica, sigillandoli all’interno di un
documento particolare, detto certificato digitale (standard ISO X.509. Una PKI comprende tutte le
componenti atte gestire il ciclo di vita dei certificati digitali: l’accertamento dell’identità dell’utente,
all’atto del rilascio del certificato, è demandata alle Autorità di registrazione, mentre è l’Autorità di
certificazione (Certification Authority) a suggellare con l’apposizione di un marchio difficilmente
manomettibile l’associazione tra identità e chiave pubblica, nel certificato. La PKI comprende anche le
componenti atte a consentire la distribuzione dei certificati degli utenti e ad accertarne la validità. La
diffusione delle PKI è ancora limitata principalmente per gli alti costi di esercizio e per problematiche
di interoperabilità derivanti da diverse interpretazioni delle sezioni dello standard in cui vi sono gradi
di libertà. Le PKI sono alla base delle soluzioni per la firma digitale a valore legale ed attorno al
documento informatico a valore legale si sono sviluppate diverse iniziative di business, per altro ad
oggi decollate solo in parte.
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Il sistema Kerberos è un sistema di autenticazione ed autorizzazione in uso da 20 anni. Sviluppato
originariamente al MIT, è successivamente divenuto standard IETF (RFC1510) ed è stato adottato da
molte aziende, tra cui Microsoft. Per la protezione dei dati, Kerberos impiega tecniche di cifratura a
chiave simmetrica (stessa chiave per cifrare e decifrare). Nella versione più recente, la 5, Kerberos
usa algoritmi crittografici robusti come 3DES e IDEA. Il cuore di Kerberos è il Key Distribution Center
(KDC), scomposto in una funzione di autenticazione, basato sull’uso di password ma aperto all’uso di
PKI, ed una funzione di concessione dei buoni di accesso ai servizi (ticket granting service) usati per
gestire l’autorizzazione. IL KDC è il centro delle autenticazioni degli utenti ed il garante del trasferimento degli effetti dell’autenticazione tra utenti. I principali limiti di Kerberos sono: la necessità che
il KDC sia un elemento fidato e protetto, la necessità che client, server e KDC appartengano al
medesimo dominio e la vulnerabilità ad attacchi che mirano a violare le password (decifrandole,
dopo averle intercettate, con attacchi basati su prove esaustive). I limiti evidenziati possono essere
superati combinando l’uso di Kerberos con le PKI, ed esistono proposte in questo senso.
L’impiego di strumenti atti a accrescere le garanzie necessarie alla sicurezza nell’attuazione delle
relazione di business deve essere oggetto di interventi regolatori che impediscano l’abuso degli
strumenti a scopi illeciti (ad esempio l’uso della crittografia per la comunicazione tra terroristi o
soggetti malavitosi) o consentano la salvaguardia della privacy degli utenti. Queste esigenze conflittuali costringono a ricercare delicati equilibri che si risolvono in pratica in scelte compromissorie più
o meno soddisfacenti per le diverse esigenze in gioco. Tra gli aspetti in maggiore evidenza, sollevati
soprattutto negli USA, ricordiamo il principio del “key escrow”, ossia la prerogativa degli enti governativi di disporre degli strumenti per decifrare comunicazioni crittografate a scopi investigativi di
natura preventiva o reattiva, oppure il progetto “Carnivore” della FBI, finalizzato all’intercettazione
delle comunicazioni in rete Internet da parte degli organismi deputati alla tutela della sicurezza
nazionale americana. Il tema della sicurezza propone il dilemma della conciliazione di requisiti
diametralmente opposti, anche se importanti per gli stessi utenti: la tutela nei riguardi dei crimini
informatici impone l’uso di soluzioni finalizzate alla tracciabilità delle azioni cibernetiche, anche se ciò
inevitabilmente minaccia la tutela del diritto alla privacy ed all’anonimato. E’ essenziale che il tema
dell’identificazione digitale degli utenti sia fin dall’inizio affrontato cercando di dare una risposta
equilibrata anche a questo tipo di esigenze.
Considerazioni conclusive
La compenetrazione del mondo reale e del mondo virtuale, resa possibile con lo sviluppo estensivo
della ICT, impone la sfida di gestire l’identificazione dei cittadini della realtà risultante nel suo complesso. Il tema dell’identità digitale appare come centrale nello sviluppo, puntando a salvaguardare i
diritti e i requisiti degli utilizzatori delle piattaforme tecnologiche. Il tema è al centro del dibattito dei
progettisti delle nuove piattaforme telematiche: nel lavoro si è presentato prevalentemente il tema
come viene riportato nell’agenda degli sviluppatori della componente di stampo più informatico,
legata ad Internet. Ovviamente anche nel fronte delle telecomunicazioni in senso stretto l’identità
digitale è un elemento centrale: basti pensare alla SIM (Subscriber Identity Module) ed alla
sua straordinaria valenza nel mondo del mobile ed alle sue linee di sviluppo in ottica 3G
(Universal SIM o USIM) e della convergenza fisso-mobile.
E’ evidente che le soluzioni che prevarranno in tema di identità digitale stabiliranno un perno
attorno al quale si svilupperanno piattaforme tecnologiche e modelli di business della futura
società dell’informazione.
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Link di riferimento per approfondimenti
http://www.digitalidworld.com/
http://www.progettofiducia.it/
http://www.webtrust.org/homepage.htm
http://www.identrus.com/index.xml
http://www.passport.com/
http://www.microsoft.com/netservices/passport/
http://www.microsoft.com/presspass/legal/aug02/08-08passportagreement.pdf
http://msdn.microsoft.com/library/en-us/dnwebsrv/html/wsfederate.asp
http://www.microsoft.com/presspass/features/2002/jul02/0724palladiumwp.asp
http://www.oasis-open.org/committees/security/
http://www.projectliberty.org/
http://www.pingid.org/pingid-project/index.jsp,
http://www.pingid.com/
http://www.xns.org/
http://www.ietf.org/html.charters/pkix-charter.html
http://www.pki-page.org/
http://www.pkiforum.org
http://web.mit.edu/kerberos/www/
ftp://ftp.isi.edu/in-notes/rfc1510.txt, John Kohl e B. Clifford Neuman. “The Kerberos Network Authentication
Service (Version 5)”. RFC-1510. Settembre 1993.
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tecnologia
i paradigmi nelle telecomunicazioni
Roberto Saracco
Direttore Future Centre TILAB
L’avvento di Internet ha in qualche misura posto a confronto il mondo delle telecomunicazioni e quello
delle reti di calcolatori sotto diversi punti di vista. Uno è quello dei paradigmi ed è su questo che vorrei
fare alcune riflessioni in questo articolo. Come cercherò di evidenziare questa non è una discussione
oziosa e irrilevante dal punto di vista tecnico e soprattutto del business.
Che cosa significa la parola paradigma, perché dovrebbe essere di interesse a chi si occupa di
telecomunicazioni?
Un paradigma può essere definito come un modo concettuale di pensare a qualche cosa in termini di
qualcosa d’altro, meglio conosciuto. A differenza di un modello, il paradigma non ci permette di
operare simulazioni, la corrispondenza è solo a livello concettuale. Peraltro, proprio questa sua
caratteristica di astrazione ci permette di derivare molte considerazioni.
Un paradigma, ad esempio, è la rappresentazione di elementi su di uno schermo di un computer
come se questo in realtà fosse una scrivania. Abbiamo cartelle, icone che possiamo assimilare a
fogli, un cestino della spazzatura. Come su di una scrivania possiamo spostare i fogli da un punto
all’altro dello schermo, metterli in cartelle (folder), buttarli nel cestino.
Prendiamo Internet. Questa era nata sulla base di un paradigma di “load sharing”. Gli ideatori di
internet, infatti, volevano risolvere il problema del costo dei calcolatori, a quell’epoca molto elevato,
condividendo le risorse elaborative consentendo l’accesso da remoto a calcolatori non utilizzati. Ripartizione di carico quindi. La costante diminuzione di costo delle strutture elaborative e la contemporanea crescita del numero di informazioni ha causato un cambiamento del paradigma, da load sharing
a data sharing, cioè condivisione dei dati. Notiamo come a questo cambiamento corrispondano nuove
architetture (ad esempio la duplicazione dei dati, il mirroring, il cashing) ed anche nuovi tipi di servizi
e problemi (la proprietà dei dati…).
Internet, inoltre, ha dato origine alla comunicazione asincrona tra persone, il paradigma della posta,
l’e-mail. Incredibile per noi oggi, ma nei primi tempi di internet nessuno pensava che l’e-mail potesse
avere una qualche utilità, meglio il telefono!
Napster, ci dicono i guru dei computer, ha portato una novità nel mondo dei paradigmi, il peer to
peer. Dal paradigma del client server in cui si ha una relazione stretta tra chi fruisce di un servizio ed
il suo erogatore (server) si passa ad un meccanismo tramite cui il client, eventualmente tramite un
intermediario, riesce a mettersi in contatto direttamente con un altro client stabilendo quindi una
relazione paritaria, peer to peer appunto.
Fermi tutti! Il peer to peer è proprio una novità? Nel campo delle reti di calcolatori senz’altro lo è ma
nel settore delle telecomunicazioni direi proprio di no!
Già cento anni fa la comunicazione telefonica era di tipo peer to peer. Il chiamato ed il chiamante
sono esattamente uguali e simmetrici. L’intermediazione una volta era fatta da una signorina (l’operatrice) che provvedeva a connettere i due peer.
Negli anni 80 abbiamo un parallelo ancora più forte con Napster: la rete intelligente. Come con
Napster il nodo della rete intelligente mette in comunicazione i due peer e lascia a loro la gestione
della conversazione (e dei servizi associati).
Napster ha portato degli sconvolgimenti sul fronte del business cambiando regole consolidate (e
generando anche tutta una serie di azioni legali i cui effetti a mio parere saranno solo transitori,
bloccato Napster c’è Gnutella, poi….).
Questo succede in quanto il peer to peer passa la palla del controllo da un punto centralizzato ai client
e questi, potenzialmente, fanno ciò che vogliono.
Non pensiamo che questo problema sia solo per le reti di computer che utilizzano il peer to peer. In
settembre 2002
Beltel
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telecomunicazioni il fatto di avere un paradigma peer to peer crea enormi problemi architetturali, di
servizio e di business, esattamente come ci si aspetta nel momento in cui il paradigma è peer to peer.
Ad esempio tutto il discorso sulla qualità del servizio variabile a seconda delle esigenze della comunicazione è in genere risolta tramite una dichiarazione che preceda la comunicazione vera e propria
in cui il cliente dichiara quale è la qualità che vuole avere. Il fornire una risposta dinamica e variabile
nel corso della comunicazione è molto complicato in quanto nel peer to peer il gestore della rete non
sa cosa sta capitando. La soluzione che va per la maggiore è quella di garantire comunque una banda
maggiore di quella richiesta e parametri di trasporto analogamente maggiori della richiesta. Si misura poi quello che viene effettivamente utilizzato e lo si fa pagare. Questa non è ovviamente una
soluzione ottimale visto che si pre-impegnano risorse che potrebbero non essere mai utilizzate.
Una soluzione completa al problema richiede un diverso paradigma di comunicazione (e relative
architetture realizzative), al momento ancora non disponibile.
A livello di business il peer to peer in telecomunicazioni, ad esempio, impedisce una tariffazione
diversa tra una conversazione vocale ed una dati effettuata tramite modem. Non sappiamo infatti se
il cliente sta fischiando al telefono o se sia un modem a fischiettare…Ovvie le implicazioni dal punto
di vista tariffario. Le soluzioni ad oggi proposte, e vantaggio del cliente, sono quelle di mettere a
disposizione certi numeri telefonici (Pop) su cui effettuare una tariffazione ridotta. Non siamo però in
grado di tariffare sulla base del valore derivato dal cliente. Ad esempio un servizio di accensione del
riscaldamento probabilmente potrebbe generare un euro per ogni messaggio mentre oggi si tariffa a
tempo probabilmente con un ritorno di qualche centesimo di euro…
Nel prossimo futuro credo emergeranno diversi altri paradigmi di comunicazione in parte come risposta a problemi che oggi abbiamo in parte come elemento di offerta di nuovi servizi nell’ambito di una
evoluzione delle tecnologie e dell’ambiente stesso di comunicazione.
Tra questi vorrei citarne due, il cluster to cluster e lo sticker.
Nel peer to peer abbiamo due entità che comunicano tra di loro. Sempre più spesso, tuttavia, assisteremo ad interi ambienti che comunicheranno al loro interno e tra di loro.
Pensiamo al Gprs e a Bluetooth. Una persona ha in tasca il telefonino, sempre collegato tramite Gprs
e ogni tanto consulta informazioni sul suo palmare. Questo a volte dovrà collegarsi a banche dati
esterne, magari ad internet o al sito aziendale e lo farà in modo completamente trasparente all’utente inviando le sue richieste tramite Bluetooth al telefonino che poi le canalizzerà tramite Gprs.
Al crescere del numero di oggetti che comunicano tra di loro avremo ambienti locali con una crescente complessità. Ciascun oggetto di quando in quanto dovrà comunicare all’esterno dell’ambiente in
cui si trova e lo farà cercando l’appoggio dall’ambiente stesso. Non solo. La comunicazione, quando
sarà uscita dall’ambiente (sfruttando un gateway o un oggetto che funga da gateway), arriverà ad un
altro ambiente e dovrà trovare una strada per raggiungere un oggetto adatto alla gestione di quella
particolare comunicazione/servizio. Se mi arriva una chiamata mentre sono in un ufficio in cui è
disponibile una stampante probabilmente vorrei che il testo in arrivo sia dirottato sulla stampante…
La comunicazione diventa quindi tra ambienti, piuttosto che tra entità singole: questo è ciò che
intendo con cluster to cluster. La capacità di rendere semplice la comunicazione sarà un elemento
importantissimo per il successo dei servizi e per la loro redditività.
Il secondo paradigma è quello dello sticker. L’idea è quella di avere informazioni che galleggiano
attorno a noi, come dei bigliettini “post it” che appiccichiamo un po’ ovunque. Il paradigma di per sé
non è nuovo. Oggi mentre camminiamo in città o viaggiamo in auto vediamo un mucchio di questi
sticker attorno a noi: i cartelloni pubblicitari…Quando facciamo certe cose, ad esempio saliamo in
auto, una voce ci suggerisce di fare qualcosa, ad esempio ci ricorda di allacciare le cinture…
Sono tutti esempi di comunicazioni non richieste che semplicemente accadono e quanto più riescono
a “centrare” il tempo esatto e le nostre necessità tanto più sono efficaci.
Wireless Graffiti una nuova azienda ha attivato a New York un servizio che consente di lasciare
appesi dei messaggi nell’aria. Con il telefonino scrivo il messaggio e questo anziché essere diretto ad
un particolare telefono rimane sospeso nel punto in cui mi trovo al momento dell’invio. Quando in
quel punto passerà una persona con un telefonino abilitato a questo servizio riceverà il messaggio
che avevo “appiccicato”.
Il servizio può essere sofisticato a piacere. Posso richiedere che il messaggio sia consumato dal
primo telefonino che lo “acchiappa” oppure che ne vengano distribuite 100 copie o che duri 20 minuti
o un giorno…Posso chiedere che sia consegnato solo a telefonini che hanno un certo profilo (quelli
settembre 2002
Beltel
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interessati ai ristoranti) oppure che appartengano ad un certo gruppo (telefonini di colleghi o di amici…).
Lo sticking di informazioni può fornire servizi molto interessanti per gli uomini di affari o anche per
i vostri bambini…
Siete di corsa perché dovete prendere l’aereo? Chiamate la segretaria e fatevi appiccicare le informazioni che vi servono, quelle disponibili ora ma anche quelle che si renderanno disponibili nelle
prossime ore o giorni, sul vostro ambiente. Quando salirete sull’aereo la rete vi avrà riconosciuto e
avrà fatto in modo di farvi arrivare le informazioni sulla WLan dell’aereo (la Lufthansa ha in
sperimentazione le WLan sui suoi Jumbo) per cui dal vostro sedile potrete accedere a tutto quanto vi
serve come se foste in ufficio…senza dovervi collegare; all’arrivo troverete informazioni aggiornate
all’interno della macchina a noleggio, facilmente consultabili sullo schermo del navigatore satellitare…
Anche i vostri figli saranno interessati e non sarà inusuale sentire la mamma chiedere mentre si sta per
partire: “Hai preso la racchetta da tennis? Hai girato le informazioni e i giochi sulla macchina di papà?”
Perché immaginare questo sistema di avere le informazioni in locale piuttosto che mantenere dei
canali di comunicazione sempre attivi? Tanto la banda sarà sempre maggiore…
Il fatto è che la banda sarà sempre più grande ma il costo per fornire la banda con un certo livello di
servizio si manterrà alto. Conviene quindi sfruttare la larghezza di banda con una bassa qualità
(ipotetica) di servizio e anziché effettuare comunicazioni in streaming (costose) farle in burst (a
blocchi) sfruttando capacità locale di memorizzazione abbattendo i costi.
I paradigmi sono importanti in quanto ci mostrano come i clienti tendono ad utilizzare applicazioni ed
informazioni in certi modi.
I tecnici troppo spesso danno per scontato che una nuova tecnologia rendendo possibile un nuovo
paradigma fornirà una alternativa di uso per uno stesso contenuto o applicazione.
Il contenuto del web è basato a livello comunicativo sul paradigma del client server. Ma a livello di uso noi
“navighiamo”. Il nome è ben scelto. Entriamo in Internet come quando prendiamo un libro da leggere ma
ne usciamo come se fossimo al televisore, dopo avere fatto un po’ di zapping ed esserci stufati.
Sostituite uno schermo video ad un telefono, gli occhi alle orecchie e ottenete un paradigma completamente
diverso. Non è possibile trasporre l’uno nell’altro, potrebbe non funzionare e in effetti, non funziona.
Quando siamo in movimento la comunicazione si basa sostanzialmente su domande e risposte, non
si naviga con le “orecchie”.
La televisione ed internet sono molto diverse. La televisione tipicamente è una comunicazione di
massa. Internet è personale. Non è rilevante che lo stesso contenuto possa essere visto, anche nel
caso di internet, da milioni di persone. Ciascuna lo vedrà al suo ritmo, è una relazione uno ad uno,
client server verso broadcast a livello di paradigma di comunicazione.
Quando la comunicazione avviene tramite televisione noi “guardiamo”, quando è tramite internet
partecipiamo, spesso interagiamo, se non altro con un click. Anche il posto in cui effettuiamo la
comunicazione è differente, la televisione è in salotto (o cucina) Internet in studio.
A causa di queste differenze di paradigma non ha molto senso spingere affinché internet sostituisca
il televisore. La difficoltà non è a livello tecnologico di codifica del segnale televisivo in modo tale da
renderlo fruibile da internet su di un PC, la difficoltà è nello spostare il PC dallo studio al salotto!
Vi sono diversi tentativi ed esperimenti per sposare televisione ed internet portando interattività sul
televisore. Questa è sicuramente un’area di forte interesse per gli operatori di telecomunicazione.
Apre le porte a catturare parte del tempo passato davanti al televisore.
È anche interessante notare che quando siamo seduti sul divano a guardare la televisione non siamo
particolarmente predisposti a utilizzare una tastiera, piuttosto potremmo essere inclini a parlare. È
un’area, questa, dove credo che agenti intelligenti e sintesi/riconoscimento della voce potranno trovare spazi interessanti.
Il presentatore sta chiedendo qualcosa ad un ospite nello show? È molto naturale entrare anche voi
“nella trasmissione” tramite un’interazione vocale che sarà intercettata dal set top box e tradotta in
una opportuna stringa di caratteri da inviare in rete per essere poi analizzata da degli agenti intelligenti che gestiscono le interazioni con quello spettacolo. Diventiamo parte attiva dell’intrattenimento
nello stesso modo con cui lo facciamo con gli amici seduti sulle poltrone nel salotto: chiacchierando.
Con questa ultima riflessione ho voluto sottolineare come nel prossimo futuro non solo vedremo
nuovi paradigmi affermarsi nel mondo delle telecomunicazioni ma anche avremo bisogno di gestire
paradigmi che tengano conto dell’utilizzo dei servizi da parte dei clienti, non solo del trasporto di
informazioni.
settembre 2002
Beltel
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forum
abbonamento telefonico e costo del traffico
Sergio Fogli
Direttore Affari Regolamentari Telecom Italia Wireline
A) Contesto regolamentare
Il comparto della telefonia è stato caratterizzato fin dalle origini da una rilevante mutualità fra i
diversi servizi componenti, con la presenza di prezzi bassi per l’accesso ed il traffico urbano, ed
invece prezzi elevati per il traffico interurbano ed internazionale. Infatti la scelta di sistema Paese
nel regime di monopolio fu quella di assicurare la diffusione del servizio ovunque e conseguire la
pressoché completa telefonizzazione della popolazione, caratterizzando quindi il servizio telefonico
come un elemento basico dei servizi sociali di comunicazione disponibili per il cittadino.
Con questa connotazione di servizio si è creato negli anni un meccanismo dove i “pochi” utilizzatori
dei servizi a traffico di lunga distanza (tipicamente le imprese) assicuravano all’intero sistema
telefonico una remunerazione in grado di compensare i deficit strutturali dei servizi di accesso e
traffico urbano.
Il canone mensile delle famiglie era 8 anni fa di 8.300 lire (contro le attuali 23.500) e il traffico urbano
veniva pagato con un solo scatto di 127 lire, indipendentemente dalla durata della conversazione
(l’estensione della Tariffa Urbana a Tempo su tutto il territorio nazionale fu completata solo nel 1997).
Le direttive comunitarie di liberalizzazione del mercato delle comunicazioni furono recepite dall’Italia con ritardo rispetto ad altri paesi europei, ed inoltre anche le necessità di riequilibrio evidenziate
dalla direttiva nazionale (D.P.R. 318/97) non si tradussero in provvedimenti tariffari immediati per
conseguire il ribilanciamento dei servizi.
Per fornire una misura dello squilibrio esistente si consideri che per il ’97 il deficit sul servizio di
accesso è stato di circa 5.500 M.di, in quanto gli introiti da canoni e contributi coprivano la metà
circa dei relativi costi.
La Commissione Europea, in particolare la Direzione per la concorrenza, dapprima con l’apertura di
un procedimento a fine ’98 (messa in mora dell’Italia), successivamente con ulteriori interlocuzioni
con l’Autorità (adozione Delibera 171/99 sul Price Cap) ed infine con l’”imposizione” di un puntuale
provvedimento il 1/9/2000 (parere motivato in relazione al ribilanciamento tariffario) ha definito
l’entità e le tempistiche dei provvedimenti di riequilibrio per il servizio di accesso.
In relazione a ciò, in data 11 dicembre 2000, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni emetteva la delibera n. 847/00/CONS che sancisce, per il sub cap relativo ai contributi di attivazione ed
ai canoni, l’innalzamento del vincolo dal precedente valore di IPC (indice prezzi al consumo)+1%
a quello di IPC + 6%.
Nel rispetto dei vincoli stabiliti, nel corso del triennio 2000-2002, Telecom Italia ha progressivamente aumentato i prezzi dei canoni mensili di abbonamento (entro il tetto massimo annuale
fissato dal meccanismo del Price Cap) e diminuito i prezzi del traffico locale, interdistrettuale e
internazionale.
In dettaglio si è registrata la seguente situazione:
Price Cap 2000 - 2002
V ariazioni%
A nno 2000
A nno 2001
A nno 2002
A ccesso
+ 2,70%
+ 8,47%
+ 8,82%
Traffico
- 6,21%
- 9,80%
- 11,33%
settembre 2002
Beltel
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Tali interventi hanno consentito di ridistribuire i proventi in funzione dei costi, riducendo progressivamente i margini sul traffico e rendendo meno negativo il deficit sull’accesso.
Tutti questi provvedimenti che Telecom Italia ha individuato, avvalendosi per il 2001 e 2002 degli
spazi previsti dalla regolamentazione, hanno consentito di allineare il livello del canone italiano a
quello dei principali paesi europei senza provocare particolari tensioni sul fronte dei prezzi, dell’inflazione e della diffusione del servizio. Questo traguardo assume maggior valore se lo si abbina al
conseguimento di obiettivi sul versante della disponibilità dell’Unbundling Local Loop per gli operatori; ad oggi Telecom Italia assicura la disponibilità dell’ULL agli operatori per circa metà della
clientela nazionale (quella situata nei siti con maggior numero di linee e di miglior remunerazione
per gli operatori), ad un prezzo che è inferiore al prezzo del canone per i propri clienti. La situazione, riepilogata nella tabella che segue, assume maggior risalto se si considera che per alcuni Paesi
(vedi Germania) sono in corso interventi sanzionatori e/o di “messa in mora” da parte della Commissione UE.
Euro/m ese
BT
FT
DT
Telefonica
Telecom Italia
Canone residenziale
13,20
10,49
11,49
11,67
12,14
Canone ULL
16,53
10,50
12,48
12,62
10,79
B) Manovre di Price Cap 2002
Volendo esaminare in dettaglio le manovre sui prezzi recentemente attuate, occorre considerare che:
· l’aumento del canone, indispensabile per conseguire il ribilanciamento ed il rispetto del vincolo
del Price Cap, comporta la necessità di realizzare interventi in riduzione sul traffico per un’entità
di circa 490 milioni di euro su base annua;
· il prezzo dell’urbano è fra i più bassi d’Europa e solo di recente i ricavi del servizio hanno
superato i relativi costi. Un eventuale intervento sul prezzo dell’urbano avrebbe ridotto i già
esigui spazi concorrenziali.
· il prezzo dell’interurbano è stato ridotto con le manovre degli anni precedenti e, per quanto
possibile, anche con le manovre del 2002. Eventuali ulteriori riduzioni dell’interurbano avrebbero portato il prezzo ad un livello insostenibile sia per Telecom Italia che per i competitors. Il
prezzo si sarebbe posizionato al di sotto dei costi, cosa vietata a Telecom Italia, trascurando il
fatto che anche arrivando ad azzerare la tariffa off-peak dell’interurbano, non si sarebbero
rispettati a pieno i vincoli del Price Cap.
Pertanto, i provvedimenti adottati, che prevedono l’ora gratis a bimestre sul traffico urbano e la
mezz’ora gratis a bimestre per i Residenziali sull’interurbano, risultano decisamente procompetitivi
rispetto a riduzioni generalizzate dei prezzi, perché consentono ai competitors di continuare a
disporre di sufficienti spazi tra prezzi e costi.
Inoltre, gli operatori concorrenti possono replicare le forme di gratuità sul traffico, come peraltro
taluni operatori hanno già iniziato a fare fin dallo scorso anno.
Le opinioni espresse dall’autore sono personali e possono non coincidere con quelle della società.
settembre 2002
Beltel
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forum
il dibattito sull’offerta Cdn wholesale
Antonello Conte Responsabile Interconnessione e Affari Regolamentari
Fabrizio Giusti Regulatory Affairs Manager
Edisontel
L’esito finale, speriamo non definitivo, del lungo iter istruttorio riguardante la predisposizione di
un’offerta di linee affittate wholesale (o all’ingrosso) da parte di Telecom Italia, rappresenta un
esempio purtroppo emblematico di una applicazione inefficiente della regolamentazione.
Il punto di partenza di tale iter era rappresentato dalla delibera 4/01/CIR sull’offerta wholesale per
servizi a banda larga di Telecom Italia, nella quale il regolatore ravvisava una evidente criticità
nell’assenza di un’offerta wholesale per le linee affittate di interconnessione che rappresentano un
elemento intermedio essenziale per la fornitura di tali servizi da parte di altri Operatori e Isp.
Tale assenza annulla il principale vantaggio introdotto dalla stessa delibera che consiste nell’applicazione di uno sconto (-30%) sui prezzi all’ingrosso degli accessi a larga banda applicati ai concorrenti.
Operatori e Isp si possono d’altronde considerare a buon diritto compratori all’ingrosso di linee
affittate da Telecom Italia e dovrebbero quindi godere di condizioni agevolate, ovvero di uno sconto
che rifletta quantomeno i minori costi di commercializzazione del servizio da parte di Telecom Italia.
Sarebbe forse stato ottimistico ipotizzare uno sconto all’ingrosso tipo “prendi tre e paghi due” al
supermercato di Telecom Italia, ma sicuramente nemmeno il più pessimista dei concorrenti avrebbe pensato allo sconto “paghi nove e prendi dieci” (-10%) che si è poi concretizzato.
Operatori e Isp hanno poi trovato un’altra sorpresa quando si sono recati nel supermercato ad
acquistare il nuovo prodotto nello scaffale a loro riservato.
Il prezzo dei CDN wholesale era sì scontato del 10%, ma non godeva dello sconto del 65% sulla
coda “lato Telecom Italia” che invece si ottiene continuando ad acquistare le linee affittate dallo
scaffale attiguo - quello “retail” riservato ai normali clienti - che continua quindi a contenere un
prodotto esattamente uguale e più conveniente rispetto a quello disponibile per gli acquirenti
all’ingrosso per l’interconnessione a larga banda.
Per i restanti circuiti (con coda non co-locata presso impianti di Telecom Italia) aderire all’offerta
wholesale comporterebbe comunque una riduzione del monte circuiti sul quale viene calcolata la
classe di sconto a volume ex Delibera 711/00/CONS.
In definitiva se prima lo scaffale relativo all’offerta CDN Wholesale non esisteva, adesso esiste ma
si può tranquillamente ignorare, è come se fosse vuoto.
Il punto di arrivo del lungo iter regolamentare sembra quindi coincidere col punto di partenza, in
realtà non è così.
La larga banda nel frattempo è partita e l’assenza di un’offerta CDN Wholesale nello scaffale dei
prodotti all’ingrosso ha determinato esattamente gli effetti previsti un anno e mezzo fa dal regolatore
e più recentemente confermati dalla Commissione Europea.
La larga banda è venduta solo dagli incumbent.
Nel frattempo l’unbundling, che rappresenta il veicolo per eccellenza dello sviluppo concorrenziale
della larga banda in alternativa alla rivendita dell’offerta wholesale di Telecom Italia, procede col
freno a mano tirato.
settembre 2002
Beltel
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Fra le tante diagnosi che si sentono in giro sui motivi di questa debacle, se ne dimentica spesso
una. Un’offerta vantaggiosa di linee affittate in quello scaffale era essenziale anche per lo sviluppo
dell’unbundling che richiede agli Operatori l’acquisto di elevata capacità trasmissiva per rilegare gli
stadi di linea di Telecom Italia ai propri nodi.
Nella relazione annuale dell’attività dell’Autorità al Parlamento si evince che gli operatori concorrenti sono arrivati nel 2001 ad erodere fino al 30% della quota di mercato di Telecom Italia sulla
telefonia fissa.
La quota di mercato dei concorrenti sugli accessi a banda larga è invece tuttora irrisoria e sicuramente non è destinata ad aumentare se, come recentemente riferito dalla Commissione Europea,
gli incumbent europei attivano linee a larga banda ad un ritmo superiore a 10 volte rispetto alle
attivazioni di linee in unbundling.
Anche in questo caso gli scaffali dell’offerta di linee affittate nel supermercato di Telecom Italia
giocano un ruolo determinante.
E’ ben noto infatti che le linee affittate utilizzate per l’interconnessione per servizi di fonia si
acquistano in un terzo scaffale separato con prezzi di gran lunga inferiori – in quanto orientati ai
costi effettivi – rispetto a quelli degli altri due scaffali cui gli Operatori devono forzatamente attingere per i servizi a banda larga.
Tutti i principali concorrenti hanno riportato all’Autorità queste considerazioni nel corso di una
recente audizione pubblica, nonché nell’ambito di numerosi interventi e position paper.
Nonostante questo la delibera “CDN Wholesale” è annoverata nella recente relazione annuale
dell’Autorità come una “milestone” della recente regolamentazione al pari di altre delibere che
hanno prodotto effetti di gran lunga più incisivi sullo sviluppo della concorrenza in Italia.
Sembra francamente eccessivo considerando che finora ha creato solo uno scaffale rimasto
desolatamente vuoto.
settembre 2002
Beltel
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forum
in nome del marketing, torturiamo i nostri dati!
Massimo Messina
Direttore Sistemi Informativi Albacom
La situazione caratterizzata da un eccesso di offerta, che si contende la preferenza di un numero limitato
di possibili acquirenti, sta forzando sia la ricerca di settori di mercato più interessanti sia la trasformazione
della proposta commerciale per meglio rispondervi. Il mercato Tlc sembra in questo seguire le orme di
quello It, dove la capacità produttiva in molti settori è largamente superiore alla domanda effettiva, dove
si diffondono forme di competizione basate sulla guerra dei prezzi, dove pur cercando di espandere il
mercato la gran parte degli attori punta ad accrescere la quota di mercato esistente.
Il marketing, diventa ovviamente strumento di vittoria in questo contesto, aiutando le aziende ad
analizzare accuratamente i bisogni e a identificare le opportunità; un tipo di marketing sicuramente polarizzato verso alcuni punti di attrazione.
Un primo, quello più classico, pone l’enfasi sulla definizione di quello che occorre proporre come
offerta, anziché capire come vendere quello che si ha nel proprio portafoglio; in altre parole la
trasformazione del marketing da funzione relegata alla gestione delle vendite e a quella
dell’advertising a una vera funzione manageriale che decide come le risorse aziendali dovrebbero
essere organizzate per raggiungere determinati obiettivi di customer satisfaction e, ancor più
importante, di profitto. Per dirla alla Peter Drucker, un marketing che non sia una funzione separata
ma al contrario che sia l’intero processo aziendale, sociale e manageriale che porta alla soddisfazione della clientela. Un secondo è quello della comparazione tra il posizionamento della propria
azienda e quello che fa un altro attore economico nello stesso mercato. Un terzo è quello della
ricerca e della selezione dei mercati obiettivo, che include la segmentazione dei comparti e la loro
valorizzazione economica. L’ultimo aspetto è quello legato al marketing propriamente operativo.
Il market plan, che deriva dalle influenze dei vari aspetti, diventa il punto centrale di due flussi
informativi convergenti: uno di tipo top-down e uno bottom-up. Il top-down, partendo dalla
Corporate Mission Statement e dal Business Plan imposta gli obiettivi e le strategie; quello bottomup media il piano in base agli input dei vari settori e dei vari prodotti attraverso le informazioni che
provengono dal mercato, dai consumatori, dalle performance dei prodotti e dai concorrenti.
L’iterazione che ne deriva è soggetta a diverse modalità di decisione sulle scelte di marketing
che possono essere prese:
– seguendo l’esperienza dei manager coinvolti,
– usando dati trasformati o adattati ad uso marketing, sia primari sia secondari; mettendo spesso
in relazione le situazioni di uso e la loro intensità, senza per questo evidenziare il comportamento e il trend che vi può essere nascosto,
– usando tecniche avanzate di modellazione.
Pur trovandosi di fronte a queste decisioni quotidianamente, non tutte le imprese si sono ancora
abituate all’intensificato fabbisogno del feedback informativo; ancora meno quelle che si
sono dotate di specifici sistemi informativi di marketing continuando ad affrontare queste tematiche
in modo poco sistematico e progettuale. Un esempio dell’aiuto che può provenire dai sistemi informativi
di marketing è quello delle tecniche avanzate di modellazione che sono state tenute a lungo lontano
dalla massa dagli operatori di marketing sia per la difficoltà della parametrizzazione delle variabili sia
per la complessità matematica e tecnologica che i modelli richiedevano. Dalla loro i modelli molte volte
non erano ben definiti e richiedevano dati di input estremamente difficili da ottenere. E’ un fatto che i
sistemi informativi di marketing, incorporando modelli anche complessi e costruiti secondo tecniche di
ricerca operativa, stanno abbassando la soglia di fruibilità di questi strumenti e ne consentono un uso
più diffuso. Modelli conosciuti e usati in ambito ristretto sin dagli anni 60-70, come quello
microcomportamentale del consumatore costruito da Amstutz, o i modelli markoviani sono sempre più
incapsulati in applicazioni ready to use che ne consentono un utilizzo più allargato.
settembre 2002
Beltel
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Tra l’altro, l’abbassarsi dei costi di acquisto e di quelli elaborativi di questo tipo di soluzioni ne
stanno democratizzando l’utilizzo, aumentando ulteriormente il gap tra chi se ne attrezza e chi no.
Attenzione però a non scambiare un sistema informativo di marketing con altri strumenti presenti
nei sistemi informativi aziendali come ad esempio il Crm; un sistema informativo di marketing è
una sovra-struttura integrata e interagente che fa uso dei sistemi operazionali (come il Crm) ma
che è finalizzata a raccogliere, classificare, analizzare e presentare informazioni atte a prendere
decisioni di marketing. Comunque, al di là di questo ruolo, è innegabile che la sovra-struttura
consente di migliorare anche l’utilizzo delle operazioni e dei sistemi ad esse afferenti; esempio un
buon utilizzo del Crm dipende dall’esatta conoscenza del proprio portafoglio clienti e di quelle che
sono le loro preferenze e attitudini al consumo, riuscendo ad anticipare i loro desideri e capendo in
anticipo la possibilità di scontento.
Nel sistema informativo di marketing, la risposta alla difficoltà di coerenza e disponibilità dei dati
riguardo al cliente e all’implementazione dei verbi “raccogliere”, “classificare” e “analizzare” si
identifica nelle tecniche di data mining. Berry e Linoff definiscono il Data Mining come il processo
di esplorazione e di analisi, automatico o semiautomatico, di un’ampia mole di dati al fine di
scoprire modelli e regole significativi.
Attraverso queste tecniche, si può classificare, stimare, prevedere, raggruppare per affinità, e
segmentare gruppi eterogenei in sottogruppi più omogenei (Clustering). Il Data Mining è riconducibile dal punto di vista accademico sia alla statistica sia al “machine learning”; la combinazione del
rigore matematico della statistica con la disponibilità di algoritmi di individuazione di dati provenienti dall’apprendimento automatico (es. le reti neurali) hanno posto il contesto applicativo del
Data Mining veramente vicino a quello del supporto alle decisioni d in un ruolo centrale rispetto alle
esigenze del sistema informativo di marketing. Sfortunatamente proprio questa centralità rispetto
ai dati, al modeling, al DSS ha facilitato un uso scambievole e improprio di termini quali Data
Warehouse, Datamart, OLTP, OLAP, slicing and dicing arrivando anche a sfocare lo stesso concetto
di sistema informativo di marketing. Così come non aiuta la percezione di alcuni che qualunque
database contenente dei dati aziendali sia simile; nella realtà esiste una notevole differenza tra le
geometrie dei vari database a secondo che questi vengano usati per attività transazionali online
(OLTP, On-line Transaction Processing) o per sistemi a supporto alle decisioni (DSS, Decision Support
System). I primi privilegiano l’accesso alla singola informazione accompagnata da un’elevata
affidabilità negli aggiornamenti e ad una grande velocità. I secondi raramente accedono alle singole informazioni, ma piuttosto utilizzano richieste di dati insistenti su archi temporali molto elevati,
accedendo per una singola operazione a centinaia di migliaia e a volte milioni di record per volta.
Questa differenza oltre a implicare tecniche di progettazione dei database diversi, costringe a
un’ingegneria di informazione altrettanto diversa che, a volte, porta anche alla duplicazione del
dato memorizzato negli OLTP. I DataWarehouse posso essere inclusi nella categoria dei DSS,
anche se la loro genesi è leggermente diversa, tentando di rispondere alla necessità di fornire una
visione comprensiva e coerente, si potrebbe dire olistica, dell’azienda a partire dai sistemi operazionali
che la supportano. Ovviamente i dati devono essere normalizzati sia dal punto di vista semantico
che temporale in modo da poter essere utilizzati a prescindere dal sistema operazionale che li ha
generati. Gli On-line Analytical Processing, OLAP, sono la risposta alla necessità di dover progettare
rapidamente dei data mart rispetto a delle entità delimitate. Tramite gli OLAP, si definiscono delle
strutture multidimensionali, dette cubi, le cui dimensioni sono livelli di aggregazioni complessi
rispetto a entità quali tempo, unità, prodotti, distribuzione geografica etc. Il vantaggio è quello di
poter operare incroci sui dati (detti anche slicing and dicing) e di poter navigare nel cubo attraverso
i vari livelli di aggregazione delle dimensioni per produrre nuove analisi.
Una volta rese disponibili le informazioni vanno classificate per essere analizzate. Il modo tradizionale è quello delle segmentazioni che sono tipicamente organizzate intorno a variabili geografiche,
demografiche, psicografiche-sociologiche, e comportamentali; esse consentono la definizione di
segmenti obiettivo che possono essere utilizzati per analizzare l’attrattiva di quel mercato, la minaccia di competizione, la minaccia di prodotti sostitutivi, la forza degli acquirenti, quella dei fornitori,
la differenziazione dell’impiego delle risorse d’impresa, eccetera. L’approccio della segmentazione,
tipicamente statistico, deterministico e statico, dovrebbe sempre essere affiancato da quello della
profilazione che, al contrario, si basa su modelli stocastici, euristici e a forte orientamento
settembre 2002
Beltel
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comportamentale. La componente stocastica ed euristica rende la profilazione più efficace
nell’individuazione di trend, di comportamenti non evidenti e/o trasversali rispetto alle categorie.
Queste tecniche si prestano molto alla simulazione e possono essere utilizzate anche come strumento di formazione. Esempio il prodotto STRATEGY! utilizza il modello “Five Forces” del professor
M. E. Porter della Harvard Business School, e consente di simulare nelle aule universitarie l’andamento di una competizione di mercato, illustrando agli studenti come modificando i dati contestuali
si influenzano le risposte a domande quali: chi nella vostra industria compete con voi per lo stesso
cliente? Quali sono i loro skill, capabilities, punti di forza e debolezza, strategie e cosi via? Quale è
il loro prossimo mercato? Come si comparano a voi? Come si possono vincere? eccetera.
Altre applicazioni come Market Profiler di Intrasoft, usano un approccio simile, ma non in versione
simulata. Essendo capace di monitorare i contenuti informativi da Internet, di operare un’analisi
semantica e statistica e di restituire una sintesi con la categorizzazione del proprio mercato, si può
effettuare una market intelligence veloce per poi rifinirla con tecniche diverse. Anche Market Profiler
usa il Five Forces model del Prof. Porter, in questo caso per ottenere informazioni classificate dei
propri concorrenti principali, di quali prodotti possono essere correlati alla loro offerta, delle liste di
possibili clienti e fornitori in base alla similitudine con quelli esistenti.
Per concludere è importante distinguere i confini del proprio sistema informativo di marketing,
identificando chiaramente le decisioni che su di esso possono essere prese, i legami con il proprio
market plan, e i dati che a esso afferiscono, dati che devono essere sempre più sfruttati come un
valore aziendale. Come diceva qualcuno, prendete un dato, torturatelo abbastanza e vi confesserà
qualunque cosa...in nome del marketing.
Le opinioni espresse dall’autore sono personali e possono non coincidere con quelle della società.
settembre 2002
TeleAp S.p.A.
Via Patroclo, 21 – 20151 Milano
tel. 02-409551 fax 02-40955853 [email protected] www.teleap.it
TeleAp: consulenza e tecnologia
TeleAp è un system integrator con un’offerta completa di consulenza e soluzioni CRM ed Enterprise Interaction Management.
Fattore differenziante di TeleAp riguarda la qualità delle risorse in termini di competenze professionali e sulle tecnologie di riferimento: TeleAp è Premier Consulting Partner di Siebel Systems, leader vendor della soluzione più evoluta e
completa oggi disponibile sul mercato nell’ambito del CRM. Sono solo 12 nel mondo i System Integrator invitati dalla
Siebel Systems ad aderire al programma Premier Consulting Partner.
In qualità di Strategic Partner di Genesys - leader nel campo delle soluzioni di Enterprise Interaction Management, il
cui primo progetto in Italia, nel 1995, fu realizzato proprio da TeleAp - e VAR delle soluzioni ICM di Cisco, TeleAp ha
di fatto realizzato i più complessi progetti di Contact Center multimediali in Italia per dimensione, importanza e per
strategicità del business. TeleAp con Exigen supporta le imprese nella progettazione e realizzazione di soluzioni
complesse di Workflow/Document management e con Mobileum fornisce servizi di enhanced Roaming e Wireless
Enterprise Data.
TeleAp è quindi l’unica azienda italiana che può vantare competenze specifiche nella realizzazione di sistemi di gestione delle relazioni con la clientela ed è anche una delle poche realtà presenti nel nostro Paese ad avere le competenze
e le risorse per affrontare progetti grandi e complessi, indipendentemente dalle dimensioni della società committente.
Inoltre, la società si distingue dagli altri system integrator per la sua riconosciuta specializzazione nelle attività relative
alla realizzazione di Customer Services, di Sales Force Automation, Business Intelligence, soluzioni complete del
ciclo di CRM analitico e operazionale.
La metodologia adottata da TeleAp nei suoi progetti pone un accento particolare sugli aspetti consulenziali e garantisce tempi di realizzazione ottimizzati nonché l’aderenza delle aspettative, garantendo tempi ottimizzati sui ritorni degli
investimenti. Approccio consulenziale approfondito e piattaforme tecnologiche di indiscutibile valore consentono a
TeleAp di mantenere sempre gli impegni presi, sia in termini di qualità del progetto che di tempi di delivery. Questa
estrema attenzione al rispetto degli accordi con i clienti, indispensabile nel mondo delle Telecomunicazioni, è stata poi
applicata anche agli altri settori nei quali TeleAp ha le maggiori esperienze, in particolare nei settori Finanza ed Utilities,
con grande soddisfazione dei clienti, abituati da precedenti esperienze a continue dilazioni nel rilascio dei progetti.
Il primo cliente di TeleAp è stato Omnitel, vincendo un bando di gara europeo, seguito da nomi importanti come TIM,
Infostrada e Tiscali. Ecco perché TeleAp ha un’esperienza consolidata nel settore delle telecomunicazioni, settore nel
quale si è ormai affermata come leader in Italia, grazie alle sua specifiche competenze e al numero di progetti
realizzati con successo. Sono clienti di TeleAp in questo settore aziende come Tim, Telecom Italia, Omnitel, Infostrada,
Tin.it, Italia on Line e Tiscali.
Un altro settore di punta per TeleAp è quello che comprende Banche e Assicurazioni. TeleAp ha collaborato con
importanti banche alla realizzazione di progetti complessi di customer relationship management. Grazie al nuovo
approccio customer-oriented e l’apertura di nuovi canali d’accesso ai servizi finanziari i nostri clienti hanno potuto
erogare servizi di alta qualità che hanno incrementato la soddisfazione e la fedeltà degli utenti finali; contemporaneamente sono state introdotte finalmente quelle riduzioni di costi interni di tali servizi, che notoriamente che rendeva
assolutamente poco competitivo e appetibile il prodotto del sistema bancario italiano. Tra i clienti attivi in questo
settore ci sono Monte dei Paschi di Siena e Banca di Roma, solo per citarne alcune.
TeleAp è tra le prime aziende in Italia ad essere certificata (Novembre 2001) secondo la norma UNI EN ISO 9001:2000
(Vision 2000). La certificazione attesta il rispetto dei requisiti necessari per soddisfare le esigenze espresse ed implicite dei Clienti: i processi chiave dell’azienda sono stati portati al centro dell’attenzione ed assunti a linee guida per
tutte le componenti aziendali che devono assicurare qualità nell’erogazione di servizio attraverso la propria organizzazione e le proprie attività gestionali e tecniche.
we make business straight.forward
COLT Telecom SPA
Sede legale Viale Jenner, 56 - 20159 Milano
Tel: 02/30333 1 Fax: 02/30333 700 Numero Verde: 800-909319 [email protected] www.colt-telecom.it
COLT è il leader europeo nei servizi di telecomunicazione e Internet a banda larga per aziende. Il gruppo gestisce una
rete europea in fibra ottica di 20.000 chilometri, che collega 32 grandi città cablate, fra le quali Milano, Roma e Torino.
Attraverso la rete in fibra ottica, ADSL e SHDSL, COLT offre una vasta gamma di servizi integrati di telecomunicazione
e Internet per le aziende, per trasmissione dati e video, la telefonia e l’accesso al web.
Servizi Dati
• Circuiti cittadini, nazionali e internazionali, da 64 kbps fino a 10 Gigabit/s
• Interconnessione “native LAN” a banda larghissima, fino a 1 Gigabit/s
• Reti private virtuali
• Trasporto nazionale ed internazionale di segnali video a banda larga
Servizi Internet
• Accesso a larga banda illimitata, 24 ore su 24, always on
• Hosting su piattaforme Unix, NT e Windows 2000 con connettività dedicata
• Housing con rack o aree dedicati
• Servizi a valore aggiunto: gestione mail, soluzioni di sicurezza, back up, storage e monitoraggio, streaming
• Consulenza e progettazione
• Assistenza 24 ore su 24
Le web farm di COLT offrono ad aziende e Internet Service Provider (ISP) le più evolute soluzioni di hosting e housing
per l’e-business e servizi di accesso a Internet, utilizzando la rete IP in fibra ottica di COLT, con collegamento diretto ai
principali peering point europei e di New York. COLT è il partner ideale per l’e-business: oltre 6.000 server disponibili
per l’Italia nelle web farm di Milano, Torino e Roma.
Servizi Voce
• Connessione diretta e portabilità del numero
• Accesso con preselezione del codice
• Portale vocale con informazioni su 500 milioni di abbonati in Italia e nel mondo
Numeri verdi, ad addebito ripartito e a tariffa premio
Servizi ‘ultimo miglio’
COLT offre Accelerator, un pacchetto integrato che potenzia di 30 volte la tradizionale linea telefonica: fino a 2 Mbit/s
per accedere rapidamente ad Internet, parlare, inviare e ricevere dati e fax. L’offerta comprende: accesso a banda
larga sempre disponibile e senza limiti di navigazione, router in comodato d’uso installato e gestito da COLT, dominio,
caselle e-mail personalizzate, web mail, indirizzi IP statici, spazio web per la creazione di siti, servizi voce con connessione diretta, portabilità del numero, numeri verdi e ad addebito ripartito.
Via Tucidide, 56 Torre 2 - 20134 Milano Tel. +39 02 75289.1 Fax +39 02 75289.319
Via Tagliamento, 20 - 00198 Roma Tel. +39 06 8541999 Fax +39 06 8541846
www.equant.com [email protected]
ecco perché le aziende scelgono Equant
Colloquio con Francesco Sciannamea, direttore Marketing
Come opera il marketing di Equant Italia?
Abbiamo suddiviso i nostri progetti i due grandi aree: quelli dedicati ai clienti già acquisiti e quelli dedicati ai clienti da
acquisire. Nel primo caso abbiamo definito strumenti di marketing mirati: dalle mailing al direct marketing, per fare qualche
esempio; nel secondo abbiamo approntato attività più mirate: studiamo le tendenze, realizziamo ricerche, vediamo cosa
offre il mercato, studiamo processi particolari atti a far si che le tlc siano uno strumento di crescita del business delle aziende.
Come pianificate l’offerta nei confronto di un’azienda potenziale cliente?
Di ogni azienda analizziamo la catena del valore, dalla gestione dei flussi informativi ai fornitori ai clienti. Cerchiamo quindi
di analizzare il possibile improvement di ciascuno di questi processi e offriamo il prodotto e il servizio di telecomunicazioni
che meglio soddisfino tale esigenza.
Cosa fate in termini di comunicazione?
Vi dedichiamo grande spazio, dalle news alle informazioni, dagli studi di mercato a eventi e a seminari. Vorrei qui segnalare
alcune interviste tematiche su temi finanziari o strategici di settore realizzate col nostro amministratore Mauro Dezi comparsi
sulla stampa economica nazionale. Poi dobbiamo continuamente svolgere un’azione sensibile nei confronti della forze commerciali che devono essere supportate day by day.
Come operano le tre aree – branding, product e analisi di mercato - che le fanno capo?
Fondamentale e trasversale a tutte e tre le aree è il raggiungere il principio del time to market e della valutazione del ciclo di
vita dei prodotti in relazione alla variazione della domanda. Nel dettaglio, per supportare la politica di branding ci rivolgiamo
a società esterne. Riguardo al product management, disponiamo di un server interno dove mettiamo a disposizione i feedback
provenienti dalle vendite per riadattare prodotti esistenti oppure lanciarne di nuovi. Circa le analisi di mercato, facciamo
riferimento a esperti esterni che ci forniscono il quadro ogniqualvolta necessario.
Un uomo di marketing conosce bene il valore della comunicazione. Che slogan lancerebbe?
A seguito della fusione con Global One, e disponendo di un asset fondamentale quale quello della rete più estesa a livello
mondiale (220 paesi), ecco lo slogan: “possiamo essere l’unico vero punto di riferimento nel mercato business delle tlc”.
Colloquio con Bernardo Centrone, direttore Direct Sales
A lei fa capo il canale diretto delle vendite. A che tipo di aziende vi rivolgete?
In primo luogo alle global company. Sono aziende che operano molto sui mercati internazionali, a cui forniamo servizi di
comunicazione ad alto valore aggiunto, gestiti e con soluzioni applicative complesse.
Quali sono le principali imprese che utilizzano Equant?
Tra le grandi, citerei: Dalmine, Esa, Gruppo Eni, Italcementi, Pirelli. Tra le imprese inferiori per dimensioni ma altrettanto
prestigiose: Aprilia, Banca Sella, Brembo, La Perla, Zambon, anche qui solo alcune.
Come avviene il contatto con il cliente?
Agiamo direttamente sul canale diretto, quindi sui fabbisogni e sugli esigenze di business dei clienti, cercando di fare una
proposta a misura.
Parliamo di prezzo, alcuni dicono che Equnat faccia ben pagare la sua qualità…
Noi facciamo la politica del premiun price. Garantiamo dei costi certi, e, che il progetto non sia ridisegnato. Soprattutto
garantiamo prodotti e servizi chiavi in mano, offriamo tutto il pacchetto, con livelli di servizio che vanno dall’infrastruttura di
rete di proprietà fino alle componenti di uffici a livello di Lan, di server e di pc.
Quali sono le sue previsioni circa il risultato di Equant nella seconda metà del 2002?
Siamo piuttosto ottimisti. Abbiamo lavorato bene nell’ultimo anno e nella prima parte di questo. Inoltre la fusione con Global
One sotto l’egida di France Telecom ha compiuto un anno di vita ed è quindi stata ormai metabolizzata. Non dimentichiamo
che Equant è una società del tutto priva di esposizione con le banche.
Come è costituita la sua squadra?
La nostra è una squadra selezionatissima, fatta di 10 account, dei veri e propri ingegneri dell’offerta. Abbiamo bisogno di
grandi esperti, in grado di conoscere e parlare il linguaggio dei loro referenti.
Per concludere, perché un’azienda dovrebbe scegliere Equant?
Innanzitutto per la copertura: Equant offre la rete più estesa al mondo. In secondo luogo dà qualità misurabile: prestazioni
e livello di servizio sono garantiti. In due parole lo slogan potrebbe essere “value for money”.