le voci che hanno raccontato l`11 settembre

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le voci che hanno raccontato l`11 settembre
Università degli Studi di Padova
Facoltà di Lettere e Filosofia
Corso di laurea in Scienze della Comunicazione
LE VOCI CHE
HANNO RACCONTATO
L’11 SETTEMBRE
La copertura radiofonica degli
attacchi terroristici alle Twin Towers
Tesina di Angela Pederiva
(matricola n°421325/SC – [email protected])
per il corso di Teorie e tecniche del linguaggio giornalistico
tenuto dal prof. Raffaele Fiengo nell’A.A. 2001/2002
Indice
Premessa
I. Introduzione
II. Tempestività
III. Freschezza
IV. Autorevolezza
V. Contaminazioni mediali
VI. Completezza e precisione
VII. Diretta
VIII. Voce
IX. Conclusioni
Bibliografia
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Premessa
Alle 14.55 di quel pomeriggio di fine estate stavo per entrare nella sala della diretta di
Radio Conegliano, l’emittente radiofonica in cui lavoro come giornalista praticante. Andavo a
condurre la mia prima edizione pomeridiana del notiziario. Sono passata davanti alla stanza delle
interviste, dove per problemi di spazio si trova anche il monitor sintonizzato su Televideo, e ho
buttato l’occhio sullo schermo: solo poche righe bianche sul fondo nero, al posto della consueta
videata a piena pagina. Incuriosita mi sono avvicinata e ho letto la notizia: un piccolo aereo da
turismo si era da poco scontrato contro una delle Torri Gemelle di New York, le cause
dell’incidente erano ancora sconosciute. Ho azionato il comando di stampa e col foglio in mano
sono entrata nell’ufficio del mio capo. «Guarda – gli ho detto – un incidente aereo contro una delle
Torri Gemelle, è mezza distrutta». Lui, che era chino sulla sua scrivania intento a scrivere, ha
appena alzato gli occhi: «Come ha fatto il pilota a non vederla? – ha chiesto. – Beh, visto che manca
poco all’edizione, intanto dalla così. Poi cerca subito aggiornamenti».
Non ho dovuto attendere molto: uscita dalla diretta, verso le 15.15 di nuovo Televideo
scriveva che anche la seconda Twin Tower era stata centrata da un aereo. Poco più di mezz’ora
dopo, un’altra pagina sosteneva che pure il Pentagono a Washington era in fiamme. Era l’11
settembre 2001 e anche la mia piccola radio, così come ogni altro mezzo d’informazione al mondo,
si preparava a coprire una delle più tragiche ed eclatanti breaking news dell’èra mediatica moderna.
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I. Introduzione
Ho premesso a questa tesina il mio personale ricordo dei primi istanti (informativamente
rilevanti) dell’11 settembre perché sono due i piani di analisi su cui cercherò di sviluppare la mia
tesi. E cioè che gli attacchi terroristici di New York e Washington sono stati non soltanto la tipica
breaking news, peraltro una fra le più drammatiche e straordinarie della storia come ho già
accennato, ma anche la notizia radiofonicamente “perfetta”. Ritengo infatti si sia trattato di un fatto
che, per le modalità con cui è avvenuto, abbia saputo sfruttare al massimo le capacità informative
della radio. Non solo perché «la radio dà le notizie, la televisione le illustra, i quotidiani le
approfondiscono» (e questa era una notizia che la radio ha dato molto prima che tv e giornali
potessero mostrarla e spiegarla), ma anche in quanto tale avvenimento aveva le caratteristiche che
meglio esaltano le potenzialità del mezzo radiofonico: tempestività di resoconto, dunque, ma anche
freschezza, autorevolezza, fattualità, colloquialità, immediatezza, completezza e precisione, solo per
citarne alcune.
Dicevo dei due livelli d’indagine: approfittando della mia esperienza sul campo, ho voluto
confrontare la copertura dell’11 settembre data dalla mia emittente locale, con quella fornita da una
radio nazionale. Perché le differenze fra gli stili giornalistici e l’organizzazione del lavoro fra le due
sono evidenti, ma credo valesse comunque la pena dare spazio a due facce (ugualmente dignitose,
credo) della professione.
Ho sottoposto ad una decina di radio nazionali, spaziando da quelle che prediligono un
formato music & news ad altre invece orientate all’all-news, alcune mie domande. L’unica a
rispondermi, fra l’altro con una rapidità ed una disponibilità sorprendenti, è stata Radio 24-Il Sole
24 Ore, di cui ringrazio pubblicamente il direttore Elia Zamboni, che mi ha rilasciato un’esauriente
intervista. L’altra emittente, la “mia”, è Radio Conegliano.
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II. Tempestività
Per la sua gravità, la sua rilevanza sociale e le sue conseguenze politiche, economiche e
diplomatiche, l’11 settembre si è imposto con un’immediatezza tale da rompere la normalità: in
altre parole questo straordinario accadimento ha avuto il diritto di interrompere l’abituale
programmazione radiofonica.
Il palinsesto di Radio Conegliano (che ogni giorno dedica all’informazione dieci gr – uno ad
ogni cambio dell’ora - , una rassegna stampa, tre notiziari sportivi, cinque bollettini meteo, un
rotocalco dedicato alle notizie del passato e uno spazio destinato alle buone nuove, dalle 7.35 alle
20.30) è stato completamente stravolto. Come detto, al momento dell’attacco alla prima Torre stavo
per iniziare il notiziario delle 15, che ho concluso ridando la linea al deejay del pomeriggio. Ma non
appena in redazione ci siamo resi conto che non si era trattato di un banale incidente, bensì
dell’inizio di una poderosa azione terroristica, non abbiamo esitato a sospendere il flusso musicale
pomeridiano per dare conto in diretta di quanto stava avvenendo al di là dell’Oceano. Penso che alle
15.15 i nostri ascoltatori abbiano cominciato ad essere informati dei fatti.
Ancora più tempestiva di noi, per ovvie ragioni di superiorità professionale, è stata Radio
24: trenta giornalisti, con una spiccata vocazione all’informazione che dura tutto il giorno e che dà
vita a un giornale radio ogni mezz’ora, a una serie di approfondimenti nel corso della giornata e a
varie trasmissioni che hanno il compito di indagare l’attualità (in generale ma anche nello specifico
dell’economia, del lavoro dello sport, della salute, del tempo libero, della scuola e così via). «La
Torre Nord del World Trade Center – ricorda Elia Zamboni - è stata colpita dal primo attacco
terroristico alle 8,45 (ora locale, in Italia erano le 14,45) dell’11 settembre. Tre minuti dopo Radio
24-Il Sole 24 Ore ha interrotto la trasmissione in onda per darne notizia: la tempestività – la notizia
è stata trasmessa prima delle agenzie – è dovuta alla presenza nell’area del Wtc di un nostro
corrispondente che si stava recando a Wall Street per un servizio finanziario. Alessandro Plateroti è
stato, quindi, un testimone diretto e le sue cronache sono state il primo, lungo filo conduttore delle
prime cronache, al telefono, degli attentati terroristici a New York.».
Del resto attivare uno studio radiofonico è un’operazione piuttosto semplice: in quel
pomeriggio, pur nella concitazione del momento, per essere già in onda mi è bastato accendere il
microfono ed avere la linea per trasmettere. Come ha osservato giustamente Zamboni, inoltre, un
eventuale inviato o corrispondente dal luogo dei fatti ha avuto bisogno solo di un telefono (cellulare
o satellitare, è presumibile nel caso di Plateroti, ma sarebbe bastato anche un fisso) per comporre il
numero del suo studio di trasmissione e chiedere di andare in onda subito.
Avendo sconvolto la propria consueta programmazione, in quell’occasione la radio si è
rivelata un mezzo invadente, ma in maniera un po’ meno discreta del solito. In una simile
circostanza di emergenza, anche informativa, probabilmente sono stati gli stessi ascoltatori a
chiedere (e forse anche a pretendere) un’invadenza superiore al normale. In condizioni ordinarie,
infatti, si cerca di costruire un messaggio radiofonico che sia compatibile con la contemporaneità
con altre azioni, in modo che non sia così intricato o macchinoso da richiedere un’attenzione
esclusiva. Al punto che spesso, nella pratica quotidiana, il contenuto giornalistico trasmesso via
etere punta a toccare le corde giuste, ad agire cioè a livello quasi subliminale, per potersi fare largo
nella mente degli ascoltatori senza dare disturbo. Ma non l’11 settembre 2001: era il fatto stesso ad
imporre la massima attenzione. Un aspetto che, se da un lato ha risolto a noi giornalisti radiofonici
il problema della cosiddetta “curva dell’attenzione” (che quel giorno si è trasformata piuttosto in
una retta in tensione verso l’alto), dall’altro ci ha posto delle inderogabili istanze di elevata
professionalità. In questo contesto ha così giocato un ruolo di prim’ordine la qualità dell’offerta
formativa, misurabile innanzi tutto dalla sua freschezza.
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III. Freschezza
A differenza dei giornali stampati, che hanno una sola edizione al giorno, i gr hanno più
edizioni: normalmente queste si susseguono con un ritmo cadenzato dallo scandire delle ore o delle
mezz’ore, ma l’11 settembre si sono trasformate in un flusso senza soluzione di continuità. A Radio
Conegliano per l’intero pomeriggio fino alle 20, a Radio 24 addirittura per quarantott’ore. «Per due
giorni – rammenta Zamboni - è andata in onda ininterrottamente una “non-stop”, che ha travolto
l’ordinaria programmazione. Ma anche successivamente la programmazione è stata modificata: più
lunghi e articolati i “giornali radio” del mattino, molto spazio nelle trasmissioni di attualità (in
particolare “Viva voce” dalle 9 alle 10 e “Linea 24” dalle 12 alle 14); inoltre sono stati introdotti
appuntamenti di approfondimento (alle 18.30 e alle 21) che sono proseguiti anche dopo, nel corso
della guerra al terrorismo sul territorio afghano».
La sostituzione della scansione oraria con una non-stop non ha comunque cambiato i termini
dell’esigenza fondamentale del giornalismo radiofonico: aggiornare continuamente le notizie, per
evitare che, mentre i fatti cambiano, i resoconti rimangano gli stessi. Ecco spiegata la freschezza
della notizia radiofonica e la nostra preoccupazione di quel giorno di seguire fino all’ultimo
secondo le fonti delle notizie (nel caso della mia emittente locale, agenzie, Cnn e radio satellitari)
per poter scrivere testi che non fossero già superati mentre venivano trasmessi.
Ma in una situazione tanto frenetica ed in continua quanto inusitatamente repentina
evoluzione, ad un certo punto la scrittura è venuta a mancare. Non certo a Radio 24, dove la
quantità di risorse umane ha consentito una gestione relativamente comoda del desk e della
conduzione. «All’ora del primo attacco – riferisce il direttore - era presente in redazione una
quindicina di giornalisti (su un totale di trenta): anche gli assenti si sono presentati spontaneamente
e sono stati organizzati per garantire la lunga “non-stop”. Tutti si sono occupati della diretta: turni al
microfono per la conduzione, interviste al telefono, lavoro di desk per garantire un’informazione
sempre aggiornata».
Ma a Radio Conegliano, dove i redattori siamo due (e ad un certo momento del pomeriggio
sono rimasta sola) e non disponevamo certo di inviati o corrispondenti in diretta, abbiamo scelto di
derogare alla stesura dei testi in favore di un racconto in presa diretta. Mentre il mio capo si
occupava del reperimento dei dispacci d’agenzia e della registrazione di brani dell’emittente
internazionale con cui siamo gemellati (Radio Svizzera Swiss Info), ho portato il mio computer
portatile nella sala della diretta e l’ho collegato (pur con le difficoltà tecniche che vedremo in
seguito) ad Internet. In questo modo ho avuto la possibilità di avere in studio, in tempo reale, una
grande quantità e varietà di fonti d’informazione, fra cui i siti della Cnn e di Repubblica.it per i
riflessi italiani. Parlando in diretta, ho così potuto avere un occhio sulle ultime novità e riferirle
nello stesso momento in cui le apprendevo. Ciò evidentemente ha comportato un’abilità particolare
nella composizione di un testo verbale continuamente in fieri: dopo le pur rare pause pubblicitarie
di quel pomeriggio, di cui una radio commerciale che vuole fare informazione di un certo livello ha
comunque bisogno, dovevo saper partire dalle ultime novità. Allo stesso tempo, tuttavia, dovevo
ugualmente dare conto in rapida sintesi di ciò che era stato detto precedentemente e che era
indispensabile sapessero pure gli ascoltatori che si fossero appena sintonizzati.
In questo modo abbiamo evitato che la notizia invecchiasse presto o diventasse ripetitiva,
anche se è chiaro che i tanti e continui spunti di cronaca offerti dall’avvenimento erano un ottimo
argine all’invecchiamento precoce dei resoconti. Ma dovevamo pur sempre preservare la nostra
autorevolezza.
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IV. Autorevolezza
La radio non è più l’unico mezzo di informazione, è superata numericamente nell’ascolto
dalla televisione e di emittenti radiofoniche ce ne sono peraltro tante. Ne consegue che la radio
come medium, e le singole emittenti nel loro specifico, devono condividere con gli altri media il
principio di autorità. Ma questo non significa che la notizia radiofonica abbia perso la sua naturale
autorevolezza. Una caratteristica che, proprio perché la radio non ha il supporto di immagini che
possano comprovare la veridicità delle parole, le deriva dalla serietà professionale di chi ci lavora e
dalla credibilità della tradizione di un giornale radio. Credere alla notizia dell’attacco alle Twin
Towers – visivamente di grande impatto, non c’è dubbio - senza vederne le immagini, in altre
parole, l’11 settembre scorso ha significato attribuire alla radio che la trasmetteva un’autorevolezza
tanto forte che non aveva bisogno di essere suffragata da prove oculari.
Seppure naturale, tuttavia, questa peculiarità della notizia radiofonica non è automatica.
L’autorevolezza, infatti, va conquistata sapendo che l’ascoltatore si aspetta che la radio ce l’abbia.
Ma chi si sintonizza su una stazione fa presto ad accorgersi se questa è o non è autorevole. In quei
giorni di settembre, la speaker (si badi bene, non una giornalista ma una deejay che, nell’ignobile
adeguamento alle prescrizioni della legge Mammì di talune emittenti di provincia, si è improvvisata
operatrice dell’informazione) di un’emittente privata trevigiana ha citato più volte l’ineffabile
miliardario saudita, indicato come il responsabile della strage, come “Bill Landen” (sic!). Solo un
errore di pronuncia? Che dire allora della radio padovana, diffusa tuttavia sull’intero territorio
nazionale, che sistematicamente spaccia per corrispondenze da ogni angolo d’Italia e pure
dall’estero la lettura integrale di schermate di Televideo da parte di sedicenti inviati, che oltretutto si
permettono pure di firmare a voce i loro “servizi”?
Certo, per una radio all-news come Radio 24 la credibilità è garantita già dalle forze che è in
grado di mettere in campo. Spiega ancora Elia Zamboni: «Le cronache dagli Stati Uniti hanno
portato la firma dei nostri corrispondenti che, occorre ricordarlo, sono i corrispondenti del
quotidiano Il Sole 24 Ore e che quindi si sono trasformati in giornalisti multimediali (il giornale, la
radio e la nostra televisione 24 Ore Tv). I corrispondenti da New York sono tre (Mario Platero,
Alessandro Plateroti e Marco Valsania) mentre la corrispondente da Washington è Elisa Fazzyno.
Il loro è stato un contributo essenziale. Nelle prime ore hanno seguito in diretta la cronaca, hanno
raccontato in diretta gli attacchi e il crollo delle Torri Gemelle, hanno raccontato le testimonianze in
mezzo alla gente. Poi, nei giorni successivi, ci hanno raccontato il dolore di un Paese e la voglia di
reagire, la sua volontà di contrattaccare il terrorismo. Quando è stato possibile, a tre giorni di
distanza dall’attacco, i nostri corrispondenti a New York sono stati raggiunti da un inviato della
radio (Gigi Donelli) che per tre settimane si è fermato negli Stati Uniti. Il suo compito è stato
duplice: coordinare “in loco” tutti i contributi dagli Stati Uniti e lavorare sulle “storie umane” di
questa tragedia, mentre i corrispondenti continuavano il loro lavoro di analisi sulle reazioni e sui
preparativi di risposta militare». Fondamentale a questo proposito è stato anche il reperimento di
adeguate fonti d’informazione: «Le fonti sono state dirette – prosegue il direttore di Radio 24 - sia
per gli attacchi terroristici sia per la reazione militare in Afghanistan, dove la radio ha potuto
contare su due inviati (Alberto Negri, giornalista del Sole 24 Ore e Fausto Biloslavo, free lance).
Molto importanti le conferenze-stampa della Casa Bianca, disponibili sui circuiti internazionali e
che sono state accompagnate da traduzioni in diretta realizzate in tempo reale dalla nostra
emittente».
Ma come può una piccola emittente affrontare un compito del genere? Credo, senza
presunzione, che possa riuscirvi benissimo: l’importante è non strafare. Pur essendo a diffusione
limitata, Radio Conegliano ha intrapreso una linea editoriale che punta moltissimo
sull’informazione locale, non disdegnando tuttavia di tenere d’occhio interni ed esteri. In un caso
come le Torri Gemelle, del resto, quanto deontologico sarebbe stato insistere a dare notizie di
spicciola cronaca cittadina, soffermarsi sugli spettacoli teatrali della settimana, attardarsi sulle
condizioni meteorologiche del comprensorio, quando in quegli stessi minuti la Storia – senza
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retorica, per carità – stava cambiando la fisionomia del mondo? Ignorare un evento del genere
avrebbe voluto dire sfidare l’intelligenza e la sensibilità del pubblico radiofonico. Oltre che
dimostrarsi ridicoli, s’intende. Da qui, come ho già accennato sopra, era nata ed è proseguita a
maggior ragione in quell’occasione la sinergia con Radio Svizzera Swiss Info: perché non basta
leggere delle notizie di seconda o terza mano per fare informazione, anzi, per fare buona
informazione serve qualcosa di più, come dei corrispondenti sulla scena dei fatti.
A questo punto potrebbe però sorgere un dubbio: perché un ascoltatore di Conegliano, pur
con i suoi collegamenti con gli inviati dell’attrezzata emittente di Berna con cui è gemellata,
dovrebbe sintonizzarsi proprio su Radio Conegliano per sapere cosa sta accadendo a New York, se
c’è una “qualsiasi” Radio 24 che in quegli stessi istanti può vantare un apparato informativo
sicuramente più competitivo? Semplice ma insieme non banale: perché Radio Conegliano, “la radio
della tua città” come recita il suo venticinquennale jingle, dà ai suoi ascoltatori qualcosa di più e
soprattutto di diverso. Come le interviste, effettuate non appena le linee telefoniche sono state
ristabilite, con i coneglianesi che si trovavano per lavoro o in vacanza a New York e Washington
proprio in quei giorni. Come il nostro sito Internet, inondato di messaggi e-mail di emigranti in
America, che volevano rassicurare i propri congiunti rimasti a Conegliano sul fatto che stavano
bene. Una radio nazionale all-news non avrebbe mai potuto farlo, perché è altro quello che le si
chiede. Solo una radio locale, percepita dai suoi ascoltatori via etere e in real audio come parte
della propria originaria comunità, poteva trasformarsi nell’emergenza del momento in un orecchio
globale dalla forte connotazione di servizio: una glocal radio, se mi si passa il neologismo.
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V. Contaminazioni mediali
Un esempio come quello appena citato rende l’idea di come lo scenario della convergenza
mediale accentui la contaminazione della radio con gli altri mezzi e, in particolare, con Internet. Va
detto che, in una giornata eccezionale com’è stato l’11 settembre 2001, la Rete è giunta presto al
collasso e ci ha permesso di navigare fra i siti d’informazione solo a partire dal tardo pomeriggio.
Tuttavia è innegabile che, pur con questi limiti tecnici, la sinergia fra i due media sia stata proficua,
sia per il reperimento e la verifica delle fonti per l’informazione primaria, che per gli
approfondimenti.
Lo stesso, fatte le debite proporzioni, è valso anche per Radio 24. «La radio – osserva il
direttore Zamboni - ha un suo sito (www.radio24.it) che ha lo scopo di approfondire le tematiche
affrontate dall’emittente, di consentire l’ascolto in diretta o il riascolto della radio, di aumentare
l’interattività del rapporto tra l’emittente e i suoi ascoltatori. Era inevitabile dedicare ai tragici fatti
dell’11 settembre anche tutto lo spazio informativo del sito Internet; da quel giorno e per due
settimane la media dei visitatori giornalieri è stata di 50-60mila mentre le pagine viste, sempre
come media giornaliera, sono state 600mila».
Una prova che la completezza, e la sua caratteristica complementare che è la precisione,
andava cercata anche nella sinergia con gli altri mezzi.
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VI. Completezza e precisione
I limiti temporali del prodotto radiofonico impongono all’aspirazione alla completezza,
tipica dell’informazione, vincoli forse ancora più stringenti degli altri media. Lungi dal trasformarsi
in pretesa di dire tutto e di esporre tutti gli elementi della notizia, così, questo valore naturalmente
giornalistico in radio deve piuttosto accontentarsi di concretizzarsi nell’obiettivo di fornire il
maggior numero di dati possibili e utili per la comprensione dei fatti. Nel caso delle Twin Towers,
tuttavia, questa ambizione ha potuto sì contare su un avvenimento di straordinaria “plasticità”, ma
ha anche dovuto fare i conti con le scarse certezze sull’avvenimento. Per questo l’aureo precetto di
rispondere a tutte le 5 W nei primi 15-20 secondi del servizio è inesorabilmente franato contro
alcuni pesanti quanto irrisolvibili (almeno in un primo tempo) interrogativi: chi aveva scagliato gli
aerei contro il World Trade Center? E per quale motivo?
Nell’incertezza, dunque in una condizione di incompletezza che si dava già alla partenza, è
stato allora fondamentale lavorare sulla precisione. Perché, pur non potendo dire chi e perché aveva
ordito l’attentato, rispondere al cosa, al dove e al quando con vaghezza sarebbe stato comunque
inopportuno. Dice tuttavia il direttore Zamboni: «Un po’ di confusione era inevitabile. Nei
primissimi minuti sembrava trattarsi di un incidente, provocato tra l’altro da un piccolo aereo da
turismo; ma è bastato poco per comprendere che in realtà ci trovavamo di fronte al più grave
attentato mai realizzato. L’attacco alla Torre Sud, che dagli studi radiofonici abbiamo seguito in
diretta attraverso le immagini della Cnn, ha tolto qualsiasi dubbio. La diretta si è trasformata allora
in una lunghissima “non-stop”, in pratica dalle 14,48 dell’11 settembre alle 17 del 13 settembre:
collegamenti in diretta con i nostri corrispondenti dagli Stati Uniti, interviste a studiosi del
terrorismo, a uomini politici e della cultura; telefonate degli ascoltatori che in quei giorni hanno
trovato ancora più aperti i microfoni di Radio 24-Il Sole 24 Ore».
Di una cronaca (com’è stata quella radiofonica) caratterizzata dalla grande tempestività, e
per questo iniziata pochissimi minuti dopo che l’evento si era verificato, era dunque giustificata la
mancanza iniziale di completezza e precisione. Uno sconto alla diretta, insomma, anche se limitato
alla fase iniziale del resoconto.
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VII. Diretta
Nel pomeriggio dell’11 settembre la diretta ha consentito la massima espressione della
mutabilità del prodotto giornalistico radiofonico, che proprio grazie a questo stile di trasmissione ha
potuto essere modificato e aggiornato in tempo reale. Come già ho cercato di sottolineare a
proposito della freschezza del gr, mandare in onda due edizioni identiche in orari diversi avrebbe
significato proporre prodotti vecchi. Tuttavia anche trasmettere due edizioni diverse, ma in differita
ancorché minima, in una simile situazione di dramma e concitazione avrebbe rischiato di ledere il
rapporto di fiducia con gli ascoltatori e di ferire la loro sensibilità.
Certo, quel giorno non è stato facile andare in diretta, perché la deadline si è abbattuta come
una mannaia su ogni edizione del giornale radio e ogni volta ha corso il pericolo di lasciare “morte”
notizie ancora in corso di definizione. Tuttavia è stato proprio attingendo al nostro senso della
narrazione “che si faceva” in quel momento che abbiamo potuto attirare a noi e trattenere su di noi
l’attenzione della gente. In questo modo abbiamo potuto raccontare quello che succedeva (le
fiamme che divampano al Pentagono, piuttosto che il progressivo crollo dei grattacieli) nel
momento stesso in cui ciò stava succedendo, riuscendo fra l’altro (ed è questo lo specifico della
diretta radiofonica) a far immergere i nostri ascoltatori nella realtà che noi magari vedevamo alla
Cnn e che facevamo vedere loro anche solo con le nostre parole. Senza limiti di spazio e con la
contemporaneità del tempo, eravamo tutti lì dove accadeva il fatto che costituiva la nostra notizia.
Noi giornalisti radiofonici siamo abituati a lavorare sempre con la certezza che in qualunque
momento potremmo essere costretti a cambiare i nostri testi, anche mentre stiamo andando in onda.
Questo comporta l’acquisizione di un’abitudine mentale ad accettare la precarietà di ciò che
scriviamo o ci è stato scritto e a tenere sempre desta la tensione verso l’aggiornamento della notizia.
Figuriamoci in quelle ore, quando - come ho già accennato – ad un certo punto la scrittura ha
doverosamente lasciato il posto all’oralità della diretta. Un elemento che probabilmente non ci ha
dato grande tregua, ma al tempo stesso ci ha indubbiamente conferito una sensazione di maggior
dominio della realtà che raccontavamo.
Alla resa della lunga diretta dell’11 settembre hanno contribuito inoltre valori della notizia
come la sua colloquialità (uno stile pensato per la media degli ascoltatori e lontano
dall’autoreferenzialità), l’immediatezza (lead chiari, pieni di contenuto e accattivanti), la
“digeribilità mentale” (giusto dosaggio degli elementi informativi senza sovraccaricare inutilmente
l’ascoltatore), la concretezza (l’ancoraggio degli elementi della notizia a riferimenti concreti alla
realtà), una sorta di cortesia “didascalica” (le ripetizioni senza paura di ripetersi) e la fluidità del
parlato (sia dal punto di vista fonetico che sintattico). Tutte caratteristiche che, combinate insieme,
quel pomeriggio hanno fatto della radio il tipico mezzo “sushi” da consumare crudo, dove
produzione e trasmissione coincidono, nonostante l’apparente penuria di strumenti: un microfono e,
soprattutto, la pura voce.
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VIII. Voce
Non capita spesso, nella quotidiana cronaca radiofonica, di imbattersi in accadimenti tanto
“visivi” come sono stati gli attacchi terroristici di New York e Washington. La traiettoria degli aerei
che centrano prima una Torre e poi l’altra, gli inquilini del World Trade Center che si gettano dalle
finestre tenendosi per mano, il fazzoletto bianco agitato da un balcone per allertare i soccorsi: sono
scene che nessuno potrà mai dimenticare e che, nell’immaginario collettivo, richiameranno alla
memoria probabilmente per sempre l’11 settembre 2001. Ma una radio, che per definizione esclude
il senso della vista privilegiando totalmente l’udito, come ha potuto sopperire ad un così grande
limite?
La domanda, all’apparenza scontata, in realtà è mal posta: la mancanza delle immagini per
un’emittente radiofonica è un falso problema. Dice a questo proposito Elia Zamboni: «È opportuno
ricordare che la radio è il sistema di comunicazione più diretto e tempestivo, un ruolo oltretutto ora
facilitato dal telefonino, che supera i problemi della distanza fisica. Quell’11 settembre la maggior
parte degli italiani ha visto le agghiaccianti immagini degli attacchi alle Torri Gemelle solo nel
tardo pomeriggio, sul televisore di casa al rientro dopo il lavoro. Fino ad allora l’unico mezzo per
conoscere era la radio; anche dopo, per comprendere, la radio si è confermata un mezzo importante
perché consente maggiore elasticità nella programmazione e maggiore adattabilità all’importanza e
alla gravità dei fatti. Le immagini erano diventate, a quel punto, patrimonio comune a tutte le
emittenti televisive; la radio è andata oltre, perché dopo aver lavorato sulla cronaca (nelle prime
ore), ha lavorato sulle cause, sulla comprensione delle responsabilità, sulle storie umane e, perché
no, sui sentimenti. I sentimenti ci appartengono e non hanno bisogno di immagini…».
Se dovessi concludere questa tesina ora, a questo punto non potrei che affidarmi alle parole
con cui Giuseppe Mazzei termina il suo Notizie radioattive, a proposito del destino dell’emittenza
radiofonica stretta fra l’all-news e l’infotainment: «Nel futuro della radio c’è la notizia, con il
fascino che essa può avere solo quando arriva con lo strumento più bello che l’uomo ha per
comunicare: la voce». Ma non ho ancora finito.
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IX. Conclusioni
Prima di concludere, infatti, vorrei innanzi tutto riprendere il filo da dove ho cominciato a
lasciarlo. Così dirò che, al termine di questa riflessione, posso tranquillamente affermare che a mio
parere le Twin Towers sono effettivamente state la notizia radiofonicamente perfetta. Non starò qui
a ripetere tutti gli elementi che mi hanno portata a dimostrare questa tesi: li si possono facilmente
(almeno spero) ritrovare lungo tutta la mia analisi. Per questo mi limiterò a qualche considerazione,
sulla base dell’esperienza che ho vissuto l’11 settembre (e nei giorni a venire) a Radio Conegliano e
del confronto con Radio 24.
Un fatto tanto tragico e insieme eccezionale ha dimostrato, se ancora ce ne fosse bisogno
(ma probabilmente, in questa categoria purtroppo danneggiata da irresponsabili cialtroni che non
saprei definire altrimenti, è ancora così), l’alto valore professionale e deontologico della notizia e la
responsabilità sociale di chi la diffonde. Quel giorno sono morte migliaia di persone e si è di fatto
sancita una guerra che ne ha portato al decesso tante altre. Ma, più in generale e anche questa volta
senza alcuna volontà retorica, l’11 settembre 2001 l’Occidente si è pure scoperto molto più
vulnerabile di quanto avesse sempre pensato fino ad allora.
A chi come noi è toccato il compito di raccontare un fatto tanto carico di significati,
lasciando tuttavia agli ascoltatori (e ai telespettatori e ai lettori) la libertà di trovare la propria strada
nella ricerca del senso, è stato chiesto un supplemento di moralità che ha avuto sì delle
gratificazioni, ma anche dei costi. E, almeno per quanto mi riguarda, ce l’abbiamo messa davvero
tutta, perché questi costi non si trasformassero in un debito di coscienza con il nostro pubblico.
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Bibliografia
Mazzei, Giuseppe, Notizie radioattive. Manuale di giornalismo radiofonico, Roma, RAI-ERI, 2001.
Menduni, Enrico, Il mondo della radio. Dal transistor a Internet, Bologna, Il Mulino, 2001.
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