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Riflessioni sulla regolamentazione strutturale delle imprese a rete
Alfredo Del Monte
Università di Napoli Federico II
Sommario
1. La promozione della concorrenza nei settori a rete
2. Regolazione della condotta e regolazione strutturale: il ruolo delle Autorità
3. Separazione strutturale e teoria dell’integrazione verticale
4. Regolamentazione della condotta e della struttura nell’industria delle telecomunicazioni
5. La separazione della rete nel Regno Unito: i motivi di una scelta
6. Concorrenza e regolamentazione nel settore dell’energia
6.1 Caratteristiche del settore dell’energia elettrica
6.2 I benefici dell’integrazione verticale fra generazione e trasmissione
6.3 Separazione verticale e concorrenza
6.4 Concorrenza in assenza di contratti
6.5 La concorrenza in presenza di contratti
6.6 I problemi posti da una struttura elettrica verticalmente disintegrata
6.7 La regolamentazione in una industria elettrica verticalmente disintegrata
7. Vantaggi e svantaggi della separazione strutturale nell’industria ferroviaria
8. Conclusioni
Riflessioni sulla regolamentazione strutturale delle imprese a rete
1. La promozione della concorrenza nei settori a rete
Uno dei principali problemi che deve affrontare un regolatore che voglia promuovere la
concorrenza nei settori a rete è l’organizzazione dei mercati verticalmente integrati.
L’introduzione della concorrenza in un settore ove fino a quel momento aveva dominato un unico
gestore (spesso di natura pubblica) può avvenire in due modi: il primo è quello di regolamentare i
comportamenti delle imprese “conduct regulation” permettendo la presenza di una o più imprese
sia nella fase a monte che a valle, il secondo è quello di intervenire sulla struttura del settore,
separando di fatto le fasi a monte e a valle e permettendo alle imprese di essere presenti nell’una
o nell’altra fase, “structure regulation” .1
La difficolotà della regolamentazione è che le infrastrutture che costituiscono la rete sono molto
complesse. Alcune parti di queste infrastrutture sono potenzialmente competitive mentre in altre
prevalgono situazioni di monopolio naturale. Lo sviluppo della concorrenza implica che le
imprese devono duplicare parti di questa infrastruttura. Tuttora, in molti settori, il costo della
duplicazione dell’intera infrastruttura è così elevato che le nuove imprese saranno inclini a
sviluppare la propria attività utilizzando parti della rete del precedente monopolista. La concreta
possibilità per una nuova impresa di utilizzare la totalità o parti dell’infrastruttura del precedente
monopolista dipende dalle regole che governano il modo con cui il proprietario della rete mette a
disposizione dei concorrenti nel mercato a valle parti della propria infrastruttura (unbundling).
Queste regole influiscono sull’ampiezza, la localizzazione e il grado di disaggregazione dei
servizi di interconnessione. La scelta dell’intensità di unbundling insieme al prezzo di accesso è
di grande importanza per la determinazione del grado di concorrenza del breve e del lungo
periodo. Un elevato livello di unbundling accompagnato da bassi prezzi di interconnessione può
stimolare nel breve periodo la concorrenza sul servizio finale. Queste politiche però, nel lungo
periodo, possono fornire bassi incentivi per gli investimenti in infrastrutture sia per le nuove
imprese, che preferiscono utilizzare la rete del precedente monopolista piuttosto che costruirne
una nuova, sia per il proprietario che non vedendo remunerati i propri investimenti non effettuerà
spese per migliorare e allargare l’infrastruttura.
1
L’autorità di regolamentazione può richiedere, come pre-condizione per la concessione della licenza, che le imprese
siano già presenti in una serie di fasi, a monte o a valle, relative alla produzione del servizio (ad esempio si può
concedere la licenza ad un’impresa che già operi con una propria rete a fini interni nel settore delle
telecomunicazioni, ma non ad un’impresa che non abbia alcuna esperienza nel settore). Un diverso prerequisito
riguarda l’ammontare di attività che l’impresa licenziataria può commissionare all’esterno o il tipo e le caratteristiche
di eventuali partner (ad esempio si può vietare ad imprese straniere la presenza in particolari fasi relative alla
produzione del servizio). Il terzo punto, infine, riguarda le modalità cui devono sottostare i proprietari di reti
preesistenti per permettere l’interconnessione ai nuovi entranti e il sistema dei prezzi relativi a tali interconnessioni.
2
Vi è inoltre da notare che numerosi sono i comportamenti che un monopolista nel mercato
dell’accesso può attuare per impedire la concorrenza nel mercato a valle.
Il primo comportamento è quello noto sotto il nome di politica di “schiacciamento dei profitti”. In
tal caso un monopolista pone un prezzo per l’accesso più alto per i concorrenti a valle che per
quanto riguarda la propria produzione. Questo comportamento è volto a ridurre i profitti dei
concorrenti così da espellerli dal mercato e rimanere l’unica impresa (Perry, 1989). In questo
caso la risposta del regolamentatore è quella di:
a) imporre un obbligo di accesso;
b) fissare un prezzo di accesso allo stesso livello per proprietario della rete e concorrenti.
Il secondo comportamento è quello della discriminazione o del sabotaggio. Esso si verifica
allorché l’impresa proprietaria dell’accesso intenzionalmente peggiora la qualità del servizio di
accesso per i concorrenti con l’effetto di aumentare i costi (Krattennoher e Solop, 1986; Solop e
Scheffman, 1983). Questo comportamento può essere messo in atto anche se vi è obbligo di
accesso e se il prezzo di accesso è regolamentato. Esso è più insidioso del precedente in quanto è
meno evidente e più difficile sia da impedire ex ante che da verificare ex post.
L’opinione di alcuni studiosi e di alcune istituzioni è che nonostante la regolamentazione
dell’accesso sia presente in molti settori a rete da vari anni, il grado di concorrenza in molte
industrie a rete è ancora inadeguato. Viene quindi proposto come rimedio la separazione
strutturale (in genere proprietaria) fra la rete ed i servizi che utilizzano la rete. Nel 2001 un
rapporto dell’OECD si è pronunciato a favore della separazione strutturale come possibile
rimedio nelle industre a rete regolamentate. Il rapporto individua i vantaggi della separazione
proprietaria nel fatto che viene eliminato l’incentivo alla discriminazione da parte dell’operatore
dominante. Inoltre la separazione, secondo il rapporto OECD, permette di mantenere una
regolamentazione leggera per gli operatori a valle. Fra gli svantaggi si ravvisa la possibile perdita
di economie di scopo e l’elevato costo e l’arbitrarietà dell’individuazione di dove separare la rete,
Concludeva il rapporto dell’OECD del 2001, ribadito poi nel rapporto del 2006, che i benefici ed
i costi della separazione sono diversi a seconda dei settori, per cui ogni decisione deve essere
presa dopo uno studio caso per caso (Tabella 1).
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Tabella 1 - Confronto fra costi o benefici della concorrenza sulla rete (unbundling della rete)
Elettricità
Gas naturale
Acqua
Fattori che
influenzano i
benefici
Quota delle
attività
potenzialmente
concorrenziali
sul totale dei
costi
Opportunità di
innovare nelle
attività
concorrenziali
Benefici totali
Fattori che
influiscono sui
conti
Peso delle
infrastrutture
che
rappresentano
un “collo di
bottiglia” sui
costi totali
Eterogeneità
dei prodotti
Interdipendenza
della rete
Funzioni ed
attività comuni
Costi totali
Vantaggi totali
Ferrovie
Telecom
Piccolo
consumatore
Grande
consumatore
Piccolo
consumatore
Grande
consumatore
Piccolo
consumatore
Grande
consumatore
Merci
Passeggeri
o misto
passeggerimerci
20-40%
80-90%
20-40%
60-80%
Variabile
ma basso
Variabile
ma alto
60-80%
50-60%
50-60%
Moderata
Moderata
Moderata
Moderata
Moderata
Moderata
Moderata
Moderata
Alta
Bassi
Alti
Bassi
Alti
Bassi
Alti
Alti
Moderati
Alti
5-10%
10-20%
20-30%
20-30%
Variabile
Variabile
20-40%
40-60%
40-50%
Bassa
Bassa
Bassa
Moderata
Bassa
Moderata
Moderata
Alta
Moderata
Alta
Alta
Bassa
Bassa
Moderata
Moderata
Moderata
Moderata
Moderata
Basse
Basse
Basse
Basse
Basse
Basse
Basse
Moderate
Moderate
Bassi
Bassi
Bassi
Alti
Bassi
Bassi
Moderati
Alti
Moderati
Bassi
Moderati
Alti
Moderati
Basso/Mod.
Alti
Bassi
Bassi
Alti
Fonte: Gomez-Ibanez (2003) p.328.
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2. Regolazione della condotta e regolazione strutturale :il ruolo delle Autorità
Le ragioni a favore della creazione di una società separata per la gestione dell’infrastruttura in
situazione di monopolio naturale sono legate al fatto che esiste un incentivo da parte del
proprietario della rete che opera sia all’ingrosso che nel mercato al dettaglio ad adottare
comportamenti, nella fornitura del servizio all’ingrosso, che danneggiano i concorrenti nel
mercato al dettaglio.
La separazione strutturale, ma non proprietaria, ha il vantaggio di permettere un più accurato
monitoraggio sia dei costi sia delle condizioni di vendita del servizio all’ingrosso da parte
dell’Autorità di Regolamentazione. D’altro canto questa separazione amministrativa rende
ancora possibile il coordinamento delle attività al dettaglio ed all’ingrosso e quindi limita la
perdita delle economie di scopo che sono ritenute molto elevate allorché si gestisce una rete in
modo unitario.
Ovviamente nel caso di separazione proprietaria non vi è alcuno incentivo da parte
dell’operatore nel mercato all’ingrosso a danneggiare gli operatori a valle in quanto riducendo
la qualità dei fattori offerti si riduce la domanda del servizio all’ingrosso e quindi i ricavi. Il
problema è che la separazione proprietaria molto più di quella amministrativa può sacrificare
sostanziali economie di scopo ed economie associate alla pianificazione delle operazioni
all’ingrosso ed al dettaglio,aumentando i costi per gli operatori.
Vi è poi da notare che la preclusione all’operatore all’ingrosso ad essere presente anche nel
mercato al dettaglio può escludere un concorrente che, anche per motivi storici è
particolarmente efficiente, e quindi aumentare i costi dell’industria ed i prezzi al dettaglio.
Risulta quindi che vi è un trade-off (Vickers, 1995; Weisman, 2003) tra i maggiori costi che
comporta la separazione proprietaria per la perdita di economie di scopo e di coordinamento,
oltre alle spese connesse al fatto che l’operatore storico deve effettuare una serie di attività di
disinvestimento, ed i vantaggi connessi alla possibilità di una concorrenza più intensa nel
mercato al dettaglio. Crew e altri (2005) analizzano, nel caso di concorrenza alla Cournot nel
mercato al dettaglio il trade-off fra economie di scopo e livello di sabotaggio da parte
dell’operatore storico e concludono che, se la separazione verticale fa perdere economie di
scopo in misura limitata ma elimina un ammontare sostanziale di sabotaggio, la separazione
verticale è superiore all’integrazione verticale. Questo risultato è precisato e rafforzato da
Sappington (2006) che mostra che la separazione verticale determina un livello atteso del
surplus del consumatore più elevato che nel caso dell’integrazione verticale se le imprese che
operano nel mercato al dettaglio competono alla Bertrand ed i costi delle imprese non integrate
sono sostanzialmente simili. Questo risultato vale anche nel caso vi siano elevate economie di
scopo ed il rischio del sabotaggio è limitato con l’integrazione verticale. Un punto importante
dell’analisi di Sappington (op. cit.) è che i vantaggi della separazione sono tanto maggiori
quanto più intensa è la concorrenza nel mercato al dettaglio.
Un altro aspetto che può incidere sulla convenienza o meno alla separazione della rete è
l’efficienza del regolatore. Armstrong e Sappington (2006) sostengono che, nel caso di un
regolatore efficiente, (ampie risorse, esperienza notevole e capacità di ottenere le informazioni
necessarie ad impedire all’operatore verticalmente integrato di agire in modo scorretto nei
confronti dei rivali), i vantaggi del processo di smembramento sono inferiori agli svantaggi.
5
L’opposto accade allorché il regolatore è relativamente debole, ha risorse limitate, limitata
esperienza e informazione limitata .
La scelta della separazione può quindi essere opportuna nel caso la concorrenza nel settore
finale sia notevolmente intensa ,ed il regolatore, sia perchè il meccanismo delle sanzioni non è
particolarmente efficace, sia perchè non ha adeguate capacità di monitoraggio non riesce ad
impedire all’operatore verticalmente integrato di agire in modo scorretto. In ogni caso anche se
si sceglie l’ipotesi di regolamentazione strutturale non si può evitare di regolamentare il
mercato a monte fissando il prezzo di accesso, Weisman (2003).
3. Separazione strutturale e teoria dell’integrazione verticale
La separazione strutturale, d’altronde, necessita accordi contrattuali estremamente elaborati e
non sempre, come sappiamo dalla teoria dei costi di transazione, ciò è possibile. Sappiamo
infatti che, nel caso le parti di un contratto si possano comportare in maniera opportunistica,
l’integrazione verticale può convenire anche se essa non è tecnicamente più efficiente di altre
strutture organizzative.
Assumiamo che l’impresa abbia la possibilità di realizzare la propria attività, utilizzando tre
principali forme organizzative:
• integrazione verticale
• contratti a lungo termine
• contratti a breve termine (mercato)
Vediamo come specificità delle attività e livelli d’incertezza influiscono sulla scelta delle varie
forme organizzative. Nel caso di integrazione verticale le transazioni sono realizzate
all’interno dell’impresa. Nei contratti a lungo termine le due parti sono indipendenti ma si
impegnano a dar vita ad una transazione che si realizzerà in un tempo distante rispetto alla
stipula del contratto stesso. In molti casi la realizzazione della transazione implica che una
delle parti deve effettuare investimenti in un’attività specifica. Nei casi di contratti a breve
termine, le transazioni avvengono sul mercato e riguardano beni standardizzati che non
comportano investimenti in attività specifiche. Chiamando VI, CLT, CB, rispettivamente
integrazione verticale, contratti a lungo termine, contratti a breve termine, possiamo costruire
la Tabella 2 ove il tipo di forma organizzativa è il risultato del livello di incertezza e di
complessità delle attività.
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Tabella 2 - Forme organizzative, livello di specificità e livello di incertezza
Incertezza
Alta
Bassa
?
VI
VI
CBT
CLT
VI
Bassa
per entrambi
Alta
per entrambi
Alta per una parte
bassa per l’altra
Specificità delle
attività
Abbiamo indicato due livelli di incertezza, alta e bassa, e tre livelli per la specificità delle
attività a seconda che sia bassa per entrambi, alta per entrambi, alta per una parte e bassa per
entrambi.
La Tabella 2 mostra come la combinazione di queste due variabili, incertezza e specificità
delle attività, influisca sulle forme organizzative scelte dalle parti. Allorché l’incertezza è alta
e la specificità alta, la forma organizzativa sarà l’integrazione verticale.
Nel caso in cui l’incertezza è alta ma la specificità è bassa non vi è certezza della forma
organizzativa. Nel caso che la transazione è ripetuta frequentemente, la presenza di elevata
incertezza aumenta le occasioni per comportamenti opportunistici e cioè potrebbe indurre
l’integrazione verticale. D’altro canto, se le relazioni sono frequenti e ripetute le parti sono
interessate a comportamenti corretti per evitare che, come effetto di comportamenti
opportunistici, una parte interrompa le transazioni in futuro. Ciò potrebbe favorire la stipula di
contratti a lungo termine. In modo analogo una transazione che non si ripete frequentemente,
potrebbe indurre una parte ad un comportamento opportunistico dal momento che non vi è il
rischio che l’altra parte possa vendicarsi in futuro interrompendo le transazioni. Ciò
indurrebbe a preferire una forma verticalmente integrata. Nel caso di incertezza bassa, pur in
presenza di elevata specificità delle attività, le parti preferiscono un contratto a lungo termine
in quanto è possibile prevedere i vari stati del mondo ed evitare in tal modo comportamenti
opportunistici. D’altronde giacché entrambe le parti hanno investito in attività specifiche è
interesse comune portare a termine le transazioni. Nel caso in cui solo per una parte l’attività è
specifica l’altra parte può essere indotta ad avere comportamenti opportunistici e sarà preferita
l’integrazione verticale. Allorché l’attività specifica e l’incertezza sono basse, converrà
ricorrere al mercato, in quanto i costi di transazione sono bassi ed i costi di produzione
inferiori, per la presenza di economie di specializzazione, rispetto a forme organizzative più
integrate. Nel caso in cui la separazione strutturale intervenga in una situazione in cui,
prescindendo dalla presenza di economie di scala e di scopo, vi è convenienza all’integrazione
verticale la regolamentazione dovrà intervenire per impedire tali comportamenti
opportunistici. Tale problema si presenta particolarmente complesso allorché, come nelle
industrie a rete, le parti devono realizzare ingenti investimenti.
7
Un problema sollevato nel rapporto dell’OECD è che la separazione, privando l’operatore dal
godere dei ricavi e dagli incentivi derivanti dall’integrazione verticale, potrebbe non assicurare
un incentivo ad investire adeguatamente nella rete.. Questo problema degli effetti della
regolamentazione della rete sul livello degli investimenti è stato ripreso in un recente lavoro
apparso sul JEL(2006)2 che mostra come, a causa della perdita di clienti nel settore a valle
dovuto alla regolamentazione, l’operatore dominante può ridurre il proprio livello di
investimenti. Se i concorrenti non possono spiazzare l’operatore dominante con i propri
investimenti, quest’ultimo ridurrà la sua attività di investimento, in caso contrario esso la
accentuerà. Il risultato può cambiare da settore e settore. D’altra parte dalla teoria dei costi di
transazione di Williamson (1985) sappiamo che, nel caso di incertezza sulle potenzialità di un
dato investimento effettuato a monte sui servizi realizzati a valle, il benessere della società ed
il livello di investimento saranno maggiori, a parità di efficienza, nel caso di un’impresa
verticalmente integrata rispetto al caso in cui l’impresa a monte e quella valle entrano in un
rapporto contrattuale (Tirole, 1988) Ma anche se l’impresa verticalmente integrata è meno
efficiente dell’operatore a valle l’integrazione verticale può determinare un benessere
maggiore (Del Monte, 1994) per la società .
Dall’insieme del dibattito emerge che
•
•
•
•
La separazione ha un beneficio evidente, l’eliminazione di un potenziale
comportamento anticompetitivo.
Essa può avere un costo (perdita di economie di scopo e di coordinamento).
Essa può comportare un livello di investimento inferiore a quello ottimale.
I costi ed i benefici della separazione sono diversi a seconda del settore.
La regolamentazione quindi ,nel caso di separazione strutturale,ha l’ulteriore ruolo di favorire
contratti fra le parti che escludano comportamenti opportunistici che possano portare a livelli
di investimento inferiori a quelli ottimali.
4. Regolamentazione
telecomunicazioni
della
condotta
e
della
struttura
nell’industria
delle
Il processo di liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni con il superamento del
monopolio (pubblico o privato) nell’offerta dei servizi di telecomunicazioni ha inizio negli
Stati Uniti nel 1984 con lo smembramento dell’ATT in 7 imprese che gestivano la rete locale
(Bell Companies) ed una, l’ATT, che gestiva la lunga distanza. Da quel momento inizia il
processo di liberalizzazione in numerosi mercati mondiali ed una sempre più massiccia dose di
concorrenza in tali mercati.
Prima della liberalizzazione le imprese erano fortemente integrate verticalmente dall’attività
manifatturiera delle attrezzature alla produzione di servizi. Nei laboratori pubblici o in
laboratori dell’operatore monopolista dei servizi di rete, come i Bell Laboratories di ATT, BT
2
G. Guthire, 2006, pp.925-972
8
Martlesham, il CNET di France Telecom, e gli Electrical Communications Laboratories di
NTT, e in Italia lo CSELT di Telecom3 si svilupparono i sistemi di commutazione, di
trasmissione, e le altre attrezzature per le reti di telecomunicazioni. Il laser, il transistor, i
sistemi di telefonia mobile ed in particolare i linguaggi di software, furono inventati in tali
laboratori. Il controllo della tecnologia della rete da parte dell’impresa verticalmente integrata
era senza dubbio una barriera invalicabile per ogni processo competitivo nei servizi di
telecomunicazione. Il controllo della tecnologia della rete era d’altronde rafforzata dalle
politiche regolamentari. I terminali, ad esempio, dovevano essere forniti dal monopolista;
solamente nel 1978 la FCC concesse al consumatore il diritto di interconnettere alla rete
pubblica ogni tipo di terminale che soddisfacesse gli standard previsti dalla FCC e che fosse
compatibile con gli standard delle interfacce. In Europa questo diritto fu concesso più tardi.
Con la possibilità data al consumatore di scegliere il proprio terminale, iniziò un mercato
concorrenziale per quanto riguardava la produzione di terminali e ciò favorì l’innovazione.
L’esistenza di concorrenza nel mercato delle attrezzature ha due effetti positivi: il primo è che
abbassa le barriere all’entrata in quanto il nuovo entrante non deve aver sviluppato al proprio
interno conoscenze relative alla produzione delle attrezzature. Il secondo è che il nuovo
entrante non deve dipendere per l’offerta dei propri servizi dalle attrezzature fornite dall’ex
monopolista.
I nuovi produttori hanno mostrato un’elevata capacità di innovazione e si sono mostrati
estremamente competitivi rispetto ai produttori verticalmente integrati, per cui a metà degli
anni ’90 era completato il processo di deverticalizzazione. Gli ex monopolisti ormai avevano
decentrato a produttori specializzati buona parte della propria attività di ricerca e
manifatturiera. La produzione di attrezzature di telecomunicazioni si è spostata al di fuori
degli operatori, ed anche il processo di apprendimento ha riguardato l’uso della tecnologia e
non la produzione della stessa. Nuovi operatori di telecomunicazione sono entrati nella
produzione dei servizi di telecomunicazioni senza avere la necessità di conoscere la tecnologia
di produzione delle attrezzature di telecomunicazioni, divenendo egualmente operatori di
grande successo. La concorrenza fra gli operatori riguarda ormai la capacità di usare la nuova
tecnologia per individuare nuovi prodotti e nuovi mercati e non una concorrenza basata sulla
capacità di utilizzare nuova tecnologia.
Nel settore delle TLC è quindi molto aumentato il numero di servizi che gli operatori nella
nuova industria delle telecomunicazioni possono offrire (voce, dati, servizi ad alto valore
aggiunto nei settori dell’informazione e dell’intrattenimento, ecc.). Inoltre si sono moltiplicate
le tecnologie per l’offerta di vari servizi (ad esempio, per i servizi voce, le tecnologie fisse e
radio-mobili, e per i servizi dati, le tecnologie fisse, in rame, cavo, fibre ottiche, satellitari, via
cavo, via linee elettriche, ecc.). Egualmente vi è un’ampia gamma di produttori ai quali
possono ricorrere gli operatori dei servizi di comunicazione.
Questo non significa che siano state eliminate le barriere all’entrata nei vari mercati delle
telecomunicazioni per cui questi sono divenuti tutti contendibili. Continuano a sussistere
posizioni dominanti in molti mercati dei servizi di telecomunicazione in rete fissa, in
3
Fino al 1996 ATT ha mantenuto la proprietà della Western Elettrica per la produzione di attrezzature e i Bells Lab., la sua
unità di ricerca. Poi ATT ha scorporato le due unità di cui sopra, dando vita ad una nuova impresa indipendente chiamata
Lucent Technologies che da tempo non è più leader nemmeno sul mercato statunitense degli apparati per telecomunicazione,
preceduta da Cisco System e Motorola.
9
particolare nel mercato del traffico locale e della larga banda ove i vari operatori sfruttano la
rete di accesso di proprietà dell’incumbent.4 Vi è poi un trend nell’industria delle
telecomunicazioni verso la riduzione nel numero degli attori e un aumento dell’integrazione
verticale (Weisman, 2003).
Le tattiche dilatorie messe in atto dagli ex monopolisti, (ad esempio per quanto riguarda la
possibilità di collocazione delle centraline dei nuovi entranti), hanno fatto sì che il mercato
della larga banda sia dominato in Europa dall'operatore locale. Infatti, per quanto riguarda la
larga banda negli stati europei, dove la TV via cavo non è così sviluppata come negli USA5 e
dove le difficoltà finanziarie rendono difficile alle TV via cavo esistenti la realizzazione degli
investimenti necessari a trasformare la rete per offrire servizi a larga banda, l'offerta di questi
ultimi dipende largamente dall'infrastruttura dell'ex monopolista.
Analisi econometriche più approfondite hanno permesso di verificare che, a differenza di
quanto ipotizzato in un recente rapporto dell’ERG (European Regulatory Group) del 25
maggio 2005, il grado di penetrazione dei servizi di larga banda è maggiormente influenzato
dalla concorrenza fra le piattaforme che dalla regolamentazione dell’accesso. In un recente
lavoro (A. Del Monte, Economia industriale, 2006) è stata effettuata un’analisi cross section,
con riferimento ai paesi dell’OECD, che mostra che la variabile rilevante dell’intensità di
concorrenza sul grado di penetrazione non è tanto quella determinata dalla regolazione
dell’accesso alla rete dell’operatore storico (concorrenza all’interno della piattaforma) quanto
quella relativa alla concorrenza fra piattaforme. Risultati analoghi sono stati ottenuti da Denni
(2007) che, con riferimento agli stati degli USA, ha effettuato una stima panel dei fattori che
determinano la diffusione della larga banda. I due principali risultati del lavoro sono che, a) la
concorrenza fra piattaforme, ha una maggiore efficacia nel diffondere internet a larga banda
della concorrenza all’interno di una piattaforma; b) un numero eccessivo di nuovi entranti in
una stessa piattaforma può influire negativamente sulla diffusione del servizio di larga banda.
Questi risultati sembrano confermare anche quanto sostenuto da,Hausman e Sidak (2005) che
sostengono che la conduct regulation non è adeguata a sviluppare un’efficace concorrenza nel
settore delle telecomunicazioni e che anche la separazione della rete rischia di non avere effetti
rilevanti se il regolatore continua a sostenere prezzi per l’accesso troppo bassi per incentivare i
concorrenti a costruire proprie reti. Secondo questi autori lo sviluppo della concorrenza fra reti
è l’elemento decisivo per promuovere l’innovazione e l’introduzione di nuovi servizi.
5. La separazione della rete nel Regno Unito:i motivi di una scelta
Il caso del Regno Unito è interessante per discutere le varie teorie. Fino al 1998 non vi era
obbligo di accesso alla rete della British Telecom (BT ). Ancora nel 1996 OFTEL ribadiva la
convinzione che la condizione necessaria per un mercato concorrenziale nei servizi di
telecomunicazione è la promozione di una corretta, efficiente e sostenibile concorrenza fra
4
Il notevole aumento della concorrenza nel settore delle telecomunicazioni è stato riconosciuto dalla Direzione
Information Society and Media DG che nell’ottobre del 2007 ha proposto la riduzione dei mercati rilevanti dove
era potenzialmente necessaria una regolamentazione ex ante da 18 a 7.
5
Nel 2003 negli USA gli operatori via cavo avevano i due terzi dei 18 milioni di abbonati alla larga banda.
10
reti6. Solo nel Dicembre del 1998, a seguito delle direttive UE, che incoraggiavano il regolatore
a non discriminare fra imprese che costruivano la propria rete ed imprese prive di rete, OFTEL
proclamò che l’obbligo di accesso alla rete di BT era condizione necessaria per diffondere l’uso
della larga banda fra i consumatori.. Nonostante nei principali mercati geografici della Gran
Bretagna nel 2004 vi fossero almeno tre imprese oltre BT che avevano proprie reti il grado di
penetrazione non era particolarmente elevato e ciò spiega il cambio di strategia di OFCOM(ex
OFTEL)7.
Nel luglio del 2001 OFTEL aveva imposto a BT l’unbundling e la co-locazione nell’ambito
della propria rete. OFTEL aveva maturato la convinzione che anche se la politica fin ad allora
seguita aveva favorito lo sviluppo della concorrenza fra reti, l’obbligo di accesso era divenuta
una condizione per la diffusione della larga banda fra i consumatori. Fino al 2004, però, il
livello delle tariffe in unbundling era rimasto relativamente alto e superiore alla media UE.
A metà del 2005 OFCOM dichiarò8 che era necessario un più elevato livello di
regolamentazione per rendere l’unbundling effettivamente efficace. Secondo OFCOM non si
erano create le condizioni per una concorrenza che beneficiasse nel lungo periodo il
consumatore. BT quindi è stata divisa in due di cui la società; Openreach che possiede la rete
ultimo miglio di BT e BT che possiede e gestisce le altre attività. Openreach ha il compito di
assicurare a ISP alternativi di ricevere lo stesso trattamento di BT per quanto riguarda l’uso
dell’ultimo miglio. In ogni caso la separazione non è proprietaria, ma è gestionale in quanto la
società è di proprietà di BT ed è gestita da un Consiglio di Amministrazione indipendente
formato da 5 membri di cui tre nominati dietro consiglio e accettazione dell’OFCOM. In tal
modo si ha una partecipazione indiretta del regolatore nella gestione che dovrebbe sopperire la
necessità di una meticolosa regolamentazione ex ante del servizio all’ingrosso.9 Specialmente
nella forma di un Consiglio di Amministrazione nominato dall’esterno il rischio di
comportamenti scorretti nei confronti degli altri operatori al dettaglio si riduce. D’altronde la
situazione appare anomala dal momento che restando Openreach di proprietà di BT i suoi
azionisti corrono i rischi finanziari senza necessariamente poter influire su scelte strategiche.
Un problema che si può porre è che il Board scelga prezzi di accesso troppo bassi inadeguati
per il necessario ammodernamento della rete.
Il cambiamento della strategia della OFCOM a partire dal 2004, da una strategia che di fatto
puntava sulla concorrenza fra reti, ad una che rafforza la regolamentazione della condotta, va in
direzione opposta a quanto indicherebbero le analisi empiriche in precedenza citate. Vi è da
dire però che questa strategia è stata messa in atto dopo che, come abbiamo visto, si era creata
un discreto livello di concorrenza fra reti. In altri paesi ove la concorrenza fra reti era nulla o
limitata la strategia basata solo sull’unbundling non ha avuto eguale successo.
6
OFTEL “Promoting Competition in Services Over Telecommunication Networks “ June 1996
Questo era in parte dovuto al fatto che gli operatori via cavo coprivano solo il 50% delle abitazioni e quindi essi
potevano operare solo il alcuni mercati.
8
OFCOM Telecommunication Statement, June 23, 2005 (http.www.ofcom.org.ok/consul/condoes/telecoms –
p2/statement/main:pdf)
9
Questo aspetto può far pensare che sia in atto una nazionalizzazione nascosta della rete (Hausmann e Sidak,
2005).
7
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6. Concorrenza e regolamentazione nel settore dell’energia
6.1 Caratteristiche del settore dell’energia elettrica
La filiera dell’energia elettrica si articola nelle seguenti fasi:
1. generazione
2. trasmissione
3. distribuzione
1. Generazione
La generazione dell’energia elettrica – vale a dire la sua produzione – ha luogo in impianti che
trasformano in elettricità altre forme di energia e la immettono nella rete di trasporto che la
conduce poi fino al cliente finale. La produzione di energia elettrica è ad alta intensità di
capitale. Ma essa varia a seconda degli impianti.
Un sistema elettrico è caratterizzato da un misto di impianti così da offrire al minimo costo la
domanda elettrica richiesta. Vengono prima usati gli impianti con elevati costi fissi e bassi
costi variabili, che devono essere utilizzati il maggior numero di ore possibili (gli impianti
nucleari, poi gli impianti ad olio combustibile, infine gli impianti a turbina).
2.
Trasmissione
Il trasporto dell’energia elettrica prodotta nelle centrali fino alla rete di distribuzione (quella
cui sono collegati gli utenti finali) avviene tramite la rete di trasmissione.
Si tratta di linee elettriche che collegano punti distanti fra loro centinaia di chilometri,
costituite da conduttori lineari isolati. Per ridurre al minimo le perdite di energia lungo le linee
di trasmissione, derivanti dalla resistenza dei cavi di conduzione al passaggio di elettricità, si
innalza la tensione dell’energia elettrica trasportata: dai 30 kV massimi di produzione, la
tensione viene portata a valori compresi fra i 120 e i 380 kV.
3.
Distribuzione
Le reti di distribuzione rappresentano l’estensione capillare sul territorio delle linee di
trasmissione: trasportano l’energia elettrica a tutti i clienti finali.
L’energia viene prelevata dalla rete ad alta tensione e trasformata in energia a livelli di
tensione adeguata per gli usi industriali e domestici.
La distribuzione, come la trasmissione, è caratterizzata da elevata intensità di capitale, costi
irreversibili e condizioni di costo da monopolio naturale in una data area: la duplicazione della
rete e inefficiente.
12
La distribuzione al dettaglio dell’energia elettrica è stata generalmente affidata alla società che
nell’area in oggetto è proprietaria della rete di distribuzione. L’acquisizione dell’energia
elettrica, il marketing, la fatturazione e la lettura dei contatori, il collocamento dei contatori,
ecc., possono, in linea di principio, essere effettuati da operatori indipendenti. In realtà la
spesa di installazione di un nuovo contatore è un costo che non facilita la concorrenza fra
operatori(grafico 1 ).
D’altronde la distribuzione al dettaglio non è un monopolio naturale, anche se utilizza una
infrastruttura che ha le caratteristiche dell’essential facuilities. Il passaggio dalla fase della
generazione alla fase della trasmissione è regolato da un’attività specifica del sistema elettrico,
il dispacciamento. Il dispacciamento è l’attività di regolazione del sistema elettrico e di
gestione della rete di trasmissione e distribuzione, in modo da garantire l’adeguata fornitura a
tutti i clienti finali e in modo da ridurre al minimo le dispersioni. Si tratta di un’attività resa
necessaria dalle particolari caratteristiche dell’energia elettrica e dalle sue modalità di
consumo e distribuzione.
L’elettricità, infatti, è: a) un bene immagazzinabile solo in minima parte; b) un bene la cui
domanda varia nel tempo (ad esempio in funzione della stagione e della fascia oraria); c) un
bene soggetto a vincoli fisici ben precisi.
Il dispacciamento pertanto è l’insieme di attività, basate sulle analisi storiche e sulle previsioni
di consumo di energia elettrica, volto a coordinare la produzione e il trasporto dell’elettricità:
la sua funzione è garantire che l’energia prodotta venga consegnata “istantaneamente“ agli
utilizzatori finali.
13
Grafico 1-Possibilità di concorrenza nelle varie fasi che compongono il settore
dell’energia elettrica
Generatore 1
Generatore 2
Generatore 3
Generatore 4
Potenzialmente concorrenziale
Dispacciamento
Monopolio naturale
Trasmissione e distribuzione
Distribuzione al dettaglio
Potenzialmente concorrenziale
Consumatore
Consumatore
Consumatore
14
6.2 I benefici dell’integrazione verticale fra generazione e trasmissione
L’elettricità non è trasmessa nel senso che l’elettricità prodotta dal generatore G e venduta
all’utilizzatore B, va fisicamente da G a B. In realtà G immette energia in un punto del
sistema (nodo), e B prende l’energia da un altro punto (nodo). Quindi in ogni istante vi
sono produttori che immettono energia in numerosi nodi, e i consumatori la prendono da
altri nodi.
E’ essenziale che venga sempre mantenuto un equilibrio fra domanda e offerta di elettricità
nel sistema, altrimenti vi sono i black-out in particolari punti del sistema.
Affinché ciò avvenga occorre un coordinamento minuto per minuto fra generazione e
trasmissione. Questa è la principale ragione per cui vi è convenienza a che le due attività
siano verticalmente integrate. Se le economie di scopo sono elevate, generazione e
trasmissione possono avere una situazione di costi da monopolio naturale, anche se di per
sé la generazione non comporti il monopolio naturale.
Una questione centrale allorché si decide di abbandonare il modello della
regolamentazione dell’impresa verticalmente integrata è verificare se gli svantaggi
derivanti dall’assenza della concorrenza nella generazione superano i vantaggi inerenti al
coordinamento fra generazione e trasmissione.
Il vantaggio del modello basato sulla regolamentazione del monopolista integrato risiedeva
proprio in questa capacità di coordinamento, a fronte di una minor efficienza della
produzione di energia elettrica, che Newbery e Pollit (1997) hanno calcolato nell’ordine
del 5%.
L’integrazione verticale permette inoltre di rendere disponibile una capacità produttiva
adeguata a soddisfare gli obblighi del servizio. Eventualmente nel caso di integrazione
verticale vi è una tendenza al sovrainvestimento, i cui costi eccessivi possono essere
recuperati utilizzando i prezzi Ramsey. I grandi consumatori industriali che operano sul
mercato mondiale pagheranno prezzi eguali al costo marginale di breve periodo, il minor
reddito viene recuperato con prezzi elevati per consumatori commerciali e domestici. Nella
maggior parte dei paesi industriali ove ha operato tale modello vi è stata una capacità
industriale in eccesso dopo lo shock petrolifero del 1974, senza effetti negativi dal punto di
vista della struttura finanziaria.
6.3 Separazione verticale e concorrenza
Per stimolare la concorrenza in numerosi paesi è stato decisa la separazione verticale fra
produzione e trasmissione. Ciò implica che l’approvvigionamento di energia venga
strutturato tramite un sistema di contrattazione. Il sistema di approvvigionamento può
utilizzare
•
•
contratti bilaterali di subfornitura
contratti spot sul mercato libero dell’energia
Nel primo caso i produttori possono offrire energia al gestore di rete in base a contratti a
lungo termine. Ciò può offrire ai produttori ed al gestore della rete una notevole
assicurazione contro il rischio. Questa possibilità tende ad essere inefficiente ex post in
quanto eventi inattesi possono determinare che i produttori con cui si è fatto il contratto
non sono i più efficienti. In ogni caso il gestore della rete sia privato che pubblico, deve
15
avere una autorità sufficiente nei riguardi dei produttori per affrontare contingenze di
breve periodo.
Una seconda possibilità è quello di un mercato “spot” dell’elettricità e concorrenza sui
prezzi ogni mezzora. Dal lato della domanda i grandi clienti (acquirente unico, clienti
grossisti e grandi clienti finali ammessi (non vincolati)) concorrono tra loro nell’attività di
approvvigionamento di fonti primarie di energia elettrica tramite sottoscrizioni o acquisti
sul mercato a breve termine.
Dal lato dell’offerta, i produttori nazionali ed esteri e i grossisti nazionali ed esteri
concorrono fra loro tenendo in considerazione il prezzo all’ingrosso dell’energia che
potrebbero ottenere se vendessero quei volumi di energia sul mercato “spot”. Ciò riduce i
problemi dei contratti a lungo termine ma comporta grossi rischi in quanto il mercato spot
dell’elettricità presenta la caratteristica di alta volatilità.
La terza possibilità è combinare contratti a lungo termine con un mercato a breve termine.
Questo sistema permette di usare i due mercati per ridurre i rischi. Questo è il sistema
attualmente usato nel Regno Unito e in Italia.
6.4 Concorrenza in assenza di contratti
Una struttura industriale del settore della energia elettrica, ove quest’ultima è scambiata
solo sul mercato “spot”, presenta molti problemi. In una situazione di assenza di contratti a
lungo termine o contratti “forward” che permettono di ridurre il rischio della volatilità dei
prezzi e in assenza di minaccia di entrata, la curva di offerta di elettricità dipende dalle
scelte strategiche degli operatori. Green e Newbery (1992) hanno mostrato che, nelle
condizioni sopra indicate, vi è un elevato numero di funzioni di offerta di equilibrio,
comprese fra quella corrispondente alla curva dei costi marginali e quella che massimizza i
profitti di breve periodo. Si determinano in tal modo una serie di possibili equilibri (di
Nash). Al crescere del numero dei produttori si riduce il numero di tali equilibri.
Nel Grafico 2 è rappresentata la curva dei costi marginali dei produttori AB. AD invece
rappresenta la curva di offerta più elevata, nel caso di un duopolio simmetrico (ogni
impresa offre la metà dell’ammontare totale a ciascun prezzo). Tale curva di offerta
incontra la curva di domanda, ed è eguale al costo marginale in A allorché l’output totale è
zero. La curva di offerta più bassa dell’equilibrio di duopolio AA’B incontra in B la curva
del costo marginale. Essa permette di definire l’insieme delle possibili funzioni di offerta
di duopolio, indicate dall’area ABD. Nel caso in cui la capacità produttiva è divisa tra
cinque imprese, allora la più elevata funzione di equilibrio sarà AC e la più bassa AA’B
definendo l’area ABC dei possibili equilibri. In tal caso ogni produttore offre un quinto del
totale.
AC incontra il livello della domanda massima verticalmente e AA’B incontra la curva del
costo marginale orizzontalmente e questi due punti determinano le curve di offerta
possibili. Ogni altra curva al di fuori di tale intervallo non è possibile.
Il grafico 2 mostra come al crescere del numero dei produttori di elettricità si riduce
l’intervallo entro il quale possono muoversi le funzioni di offerta di equilibrio.
Date le caratteristiche del settore dell’energia elettrica è plausibile, come insegna
l’esperienza della California, che i mercati elettrici in tensione, qualora le riserve di
capacità cadano in modo eccessivo ( ad esempio al disotto del 10%), determinano elevata
volatilità e ad alti prezzi anche se il mercato della produzione di energia (generazione) è
altamente competitivo (almeno quattro imprese di produzione di energia che sono in
16
concorrenza fra loro). Come la domanda cresce relativamente all’offerta, una domanda
anelastica implica che elevati livelli di prezzo hanno poco effetto sulla domanda, ma ogni
produttore ha un crescente ed elevato potere di mercato.
L’aumento di prezzo determinato da una singola impresa che riduce la capacità anche di
poco, è più che sufficiente a compensare la perdita di profitto dovuta ad una diminuzione
delle vendite, rendendo tali riduzioni altamente profittevoli in mercati tesi dal lato della
domanda.
17
Grafico 2 Possibili funzioni di offerta in oligopolio
L/MWh
D
100
curva di offerta
minima in duopolio
domanda
massima
80
domanda
minima
C
curva di offerta
minima con cinque
imprese
60
B
40
A
20
0
A’
costo
marginale
curva di
offerta
massima in
duopolio
GW
Fonte: R. Green,-D. Newbery, 1998, The Electricity Industry in England and Wales, In D. Helm, T. Jenkinson (a cura di)
”Competition in Regulated Industry”, Oxford University Press
18
6.5 La concorrenza in presenza di contratti
Il prezzo nel mercato a breve (Borsa elettrica) è altamente variabile. Quindi si redigono dei
contratti per fronteggiare tale rischio.
In un contratto a lungo termine un compratore ed un venditore si accordano per eliminare il rischio
causato dalle variazioni del contratto a breve fissando un prezzo CP al quale avrà luogo il contratto
al tempo t. Contratti bilaterali fra i produttori e i grandi consumatori nel mercato all’ingrosso
spesso prendono la forma di contratti sulle differenze (CfD). Nei più semplici casi di CfD oggetto
del contratto è una quantità costante.
1. se SP>CP il venditore paga q x (SP-CP) all’acquirente
2. se SP<CP il venditore paga q x (CP-SP) al venditore
3. se SP=CP non vi è scambio di denaro
4.
Se entrambe le parti comprano l’ammontare q nel mercato “spot”i flussi finanziari nel contratto
esattamente bilanciano la variazione nel mercato a breve ed essenzialmente fissano il prezzo a
termine al quale il contratto è concluso.
La possibilità di stipulare contratti a lungo termine, volti a ridurre il rischio, e la possibilità
di entrata possono ridurre il potere di mercato dei produttori, in situazioni di tensione tra
domanda e offerta.
Se il produttore ha venduto CfD per un ammontare eguale alla capacità disponibile in un
dato periodo, il suo reddito è determinato solo dal prezzo fissato nel contratto e non vi è
alcun incentivo a manipolare il prezzo “spot”. D’altronde se offre sul mercato “spot” un
prezzo al di sopra del suo costo marginale, il produttore corre il rischio che non gli sarà
chiesto di utilizzare la capacità offerta e perderà la differenza fra SMP ed il costo
marginale, mentre se il prezzo di offerta è al di sotto del costo marginale, egli sopporterà
una perdita. Il produttore avrà convenienza quindi a comportarsi come un “price taker” e
ad offrire al costo marginale. Si può dire che l’incentivo a far crescere i prezzi sul mercato
“spot” sarà tanto maggiore quanto tanto minore è l’ammontare di produzione coperta da
contratti CfD.
La minaccia di entrata sul mercato spinge i produttori a fissare un prezzo non superiore al
costo degli entranti. Se non lo facesse nuove imprese entrerebbero sul mercato ed il
produttore perderebbe quote di mercato.
Nel settore della produzione di elettricità, la minaccia di possibilità di entrata, è ridotta dal
fatto che esistono barriere all’entrata, dovute agli elevati costi irreversibili. In presenza di
incertezza il lungo periodo di vita degli impianti di produzione può ridurre l’incentivo
all’entrata. Solo l’impresa dominante o un’impresa appartenente ad un gruppo di rilevanti
dimensioni accetta il rischio di costruire un impianto la cui redditività è legata alla
variazione dei prezzi.
Il mercato dei contratti d’altro canto permette anche ad un’impresa non particolarmente
grande di stipulare contratti a lungo termine per la vendita di elettricità ed acquisto di
materia prima, facilitando l’entrata. Fino a che vi sono società di distribuzione di elettricità
che acquistano i contratti dell’entrante anche l’impresa dominante dovrà fare un’offerta
agli stessi prezzi.
I contratti a lungo hanno un ruolo essenziale per la concorrenza, in quanto riducono il
potere di mercato dell’impresa dominante nel mercato “spot” e favoriscono la
contendibilità del mercato.
19
Green e Newbery (op. cit.) hanno mostrato che in presenza di possibilità di contratti e di un
numero limitato di produttori, i produttori sceglieranno una strategia tale che il prezzo sia
maggiore del costo marginale ma minore del prezzo di entrata.
6.6 I problemi posti da una struttura elettrica verticalmente disintegrata
La domanda che ci si pone è se una struttura verticalmente disintegrata è in grado di
soddisfare un equilibrio efficiente.
In particolare, le borse elettriche sono in grado di fornire agli operatori segnali di prezzo
che permettano di effettuare adeguati investimenti nell’attività di produzione, trasmissione
e distribuzione così da permettere il continuo equilibrio fra le immissioni ed i prelievi di
energia dalla rete di trasmissione. I black out che si sono verificati negli Stati Uniti ed in
altri paesi dopo la liberalizzazione hanno fatto sorgere dubbi su tale capacità. Nel mercato
elettrico è impossibile effettuare previsioni affidabili circa i volumi di immissioni e prelievi
della rete in anticipo.
Per quanto riguarda la domanda essa non solo varia lungo l’arco della giornata, nel corso
dell’anno ma è particolarmente sensibile a imprevisti cambiamenti climatici (un’estate
molto calda, un inverno molto freddo) e modifiche impreviste del ciclo economico. Queste
modifiche esogene determinano spostamenti della curva di domanda. Giacché la domanda
di elettricità è poco elastica rispetto al prezzo nel breve periodo (valori di -0,2), in presenza
di eventi sfavorevoli ciò può determinare sbalzi di prezzo, che possono avere effetti
negativi sui profitti delle imprese di distribuzione non verticalmente integrate.
Analogamente l’offerta può anch’essa essere sensibile sia a variazioni climatiche (per
quanto riguarda l’offerta di impianti idroelettrici, eolici) sia a guasti. Questi ultimi a loro
volta, in assenza di una adeguata capacità di immissione di riserva, possono determinare
sovraccarichi delle reti che a cascata si estendono a tutto il territorio nazionale,
determinando black-out.
La transizione ad un sistema disintegrato introduce rischi di prezzo fra produttori e società
di distribuzione che erano in precedenza assenti. Elevati prezzi nel mercato all’ingrosso da
parte dei produttori di energia sono compensati dalle elevate perdite dei distributori a valle
che acquistano a prezzi elevati, a meno che tali acquisti non siano compensati con
opportuni contratti a lungo termine. La transizione ad una industria disaggregata necessita
quindi di contratti e strumenti di hedging per assicurare contro eventi imprevisti che
possono avere effetti drammatici sul mercato a pronti in particolare allorchè le imprese di
distribuzione vendono a prezzi fissi, sul mercato finale. La possibilità, come si è visto, di
comportamenti strategici da parte dei produttori di energia, ha portato il regolatore inglese
OFGEM a proporre di introdurre un più ampio concetto di abuso di potere di mercato che
comprende il c.d. abuse of substantial market power senza la necessità di dover stabilire il
test della “dominanza” nel mercato secondo quanto previsto nel diritto antitrust
comunitario:
L’abuse of substantial market power è definito dall’OFGM come la capacità del titolare
della licenza di generazione di determinare uno scostamento sostanziale sul prezzo
all’ingrosso dell’elettricità, indipendentemente da qualsivoglia cambiamento nelle
domande e nelle condizioni di costo.
Substantial si riferisce, ugualmente, sia ad una serie di effetti di notevole dimensione sul
prezzo a breve o a brevissimo termine, sia ad una serie di effetti di minore portata sul lungo
periodo. Inoltre, il comportamento abusivo non si dovrà svolgere necessariamente solo
20
durante un periodo continuo, ma potrà, altresì, concentrarsi su frazioni temporali di metà
ore selezionate su un determinato periodo di tempo.
Le possibili manifestazioni di abuso di substantial market power possono, secondo
l’OFGEM, comprendere fra le altre: 1) il prevenire un efficiente ed economico equilibrio
del sistema di trasmissione; 2) il limitare, senza fondati motivi, la produzione o la capacità
disponibile; 3) il perseguimento di politiche di prezzo discriminatorie.
E’ da notare che l’approccio standard antitrust a livello comunitario circa la definizione del
mercato rilevante ed il potere di mercato non ha mai contemplato la possibilità che una
fattispecie di abuso di posizione dominante possa avvenire temporally transitory and
irregularly intermittent, ossia avere una dimensione temporale transitoria e con irregolare
intermittenza10.
6.7 La regolamentazione in una industria elettrica verticalmente disintegrata
In un sistema elettrico, la capacità di riserva è un bene pubblico che può non essere offerto
in quantità adeguata a meno che qualche istituzione provveda a che sia sufficientemente
remunerato. La capacità nella trasmissione e generazione ha le caratteristiche di bene
pubblico in quanto aumenta la sicurezza, l’affidabilità e la concorrenza e di ciò ne
beneficiano tutti i consumatori connessi al sistema. Il sistema di fissazione di un price cap
per la trasmissione e rigidi criteri di efficienza rischiano di determinare un livello di
investimenti inferiore all’ottimale, a meno che alla sicurezza non sia dato un giusto valore
dal Regolamentatore.
In particolare è molto difficile, si veda il caso della California, per un mercato
decentralizzato sotto varie giurisdizioni di assicurare una adeguata capacità di riserva con
un sistema idroelettrico produttore di energia, lì dove la capacità dei bacini è limitata e le
variazioni nei volumi di acqua elevate. Nell’industria elettrica l’incertezza della crescita
della domanda, la durata degli impianti e la irreversibilità delle decisioni aumentano il
prezzo di entrata tanto più quanto maggiore è la concorrenza.
Infatti maggiore è la concorrenza, minori i prezzi se la domanda è stata sovrastimata e i
prezzi saranno più vicini ai costi. I mercati meno competitivi sosterranno margini prezzicosti più alti anche in presenza di capacità in eccesso e ciò ridurrà i rischi di una
sovrastima della domanda. In mercati competitivi, quindi, gli investimenti saranno rinviati
fino a quando non si realizzerà una carenza di capacità ed i prezzi saliranno fino a che
non sarà diventato conveniente realizzare nuovi investimenti; nuova capacità sarà
installata determinando una caduta dei prezzi. Un mercato elettrico all’ingrosso
veramente competitivo e contendibile aumenta il rischio di una eccessiva volatilità dei
prezzi non solo nel breve periodo, allorché i contratti a lungo possono eliminare tale
impatto, ma per lunghi periodi fino a che non si manifesti nuova capacità. Il caso della
California dove la liberalizzazione del mercato all’ingrosso si è accompagnata ad una
regolamentazione dei prezzi finali, evidenzia il tipo di problemi che possono derivare da
una non regolamentazione del mercato del mercato finale.
L’alternativa è quella di un intervento di regolamentazione che sostenga i mercati
competitivi, riducendo gli effetti negativi collaterali. Se la concorrenza e l’incertezza sulla
domanda futura aumentano il rischio relativo alla dinamica dei prezzi, avremo che
10
Inoltre l’analisi econometrica e modelli teorici indicano che operatori con modeste
quote di mercato sono in grado di esercitare elevato potere di mercato nella generazione.
21
verranno rimandati gli investimenti in capacità produttiva e quindi avremo prezzi più alti di
quelli efficienti. I prezzi medi finali per l’elettricità in periodi di scarsità potranno anche
essere due o tre volte i prezzi normali. Dati gli elevati prezzi e la bassa elasticità della
domanda di elettricità rispetto al reddito (oltre che al prezzo) molti consumatori saranno
fortemente avversi al rischio relativamente ad una volatilità dei prezzi nel lungo periodo.
Giacchè i politici riconoscono il servizio universale come un obbligo, i produttori di
energia non si aspetteranno che sarà permesso ai prezzi di equilibrio di raggiungere livelli
elevati eccetto che per limitati periodi di tempo, nel quale il problema dei prezzi elevati
verrà affrontato con contratti nazionali. Ciò fa sì che gli entranti abbasseranno la loro stima
sui ricavi futuri in periodi di scarsità di capacità, e si aspetteranno rendimenti più bassi nei
periodi normali. Essi ritarderanno l’entrata e investiranno meno rispetto a livelli efficienti
di capacità, aumentando i prezzi medi.
Per poter compensare la tendenza ad investire troppo poco nella produzione di energia
elettrica, si può utilizzare una tariffa a due parti, con un elemento per la capacità ed uno per
l’energia. La possibilità di una tariffa a due parti è facile con il modello Acquirente Unico
ma è più difficile se tutti i consumatori sono liberi di scegliere il proprio fornitore in quanto
ciò scoraggia i distributori a dar vita a contratti di lungo periodo. Il problema è capire se i
vantaggi della concorrenza nella distribuzione per gli utenti domestici giustifica gli extra
costi ed i rischi necessari ad evitare tale problema.
7. Vantaggi e svantaggi della separazione strutturale nell’industria ferroviaria
L’industria dei trasporti ferroviari presenta quattro principali fasi di produzione: gestione e
manutenzione della rete, gestione e manutenzione del materiale rotabile, servizi trasporto
passeggeri, servizio trasporto merci.
Le varie fasi possono essere gestite sia in modo verticalmente integrato, sia attraverso fasi
separate.
Le varie fasi a loro volta presentano diversi livelli di concorrenza potenziale. In particolare
mentre la fase relativa alla infrastruttura di rete può essere vista come un monopolio
naturale, le altre fasi sono potenzialmente concorrenziali anche se con differenti gradi di
intensità.
La scelta del modello organizzativo dipende da vari fattori fra i quali un ruolo principale è
svolto dalle caratteristiche ed economiche del settore. Sia l’infrastruttura che il materiale
rotabile sono asset a lunga durata, che rientrano nella categoria del c.d. “beni affondati”
(investimenti irrecuperabili o sunk cost) viste le loro caratteristiche di scarsa flessibilità.
Il peso di questi costi irreversibili è più elevato nel settore ferroviario che in altri settori.
Thompson, 2003, stima che le infrastruttura rappresentino il 25% dei costi dei servizi
ferroviari mentre Gomez-Ibanez, 2003, stimano che la quota di costo delle infrastrutture
nel settore ferroviario è circa due volte quella del gas naturale e dell’elettricità.
L’elevato peso dei costi irreversibili pone notevoli problemi per l’introduzione della
concorrenza nel settore ed in particolare per l’attuazione di una politica di separazione
(Tabella 3).
Il primo problema riguarda il peso delle fasi in situazione di monopolio naturale rispetto a
quelle concorrenziali. Tale peso appare più rilevante che in altri settori. Il secondo
problema riguarda l’importanza di strutturare un opportuno sistema di incentivi per la
manutenzione, miglioramenti ed altri investimenti nella rete. Questa è forse una delle
maggiori debolezze del sistema di separazione e l’esperienza inglese lo dimostra .
22
Il livello elevato dei costi fissi pone un problema rilevante nella scelta di un sistema di
prezzi che da un lato favorisca l’efficienza e dall’altro permetta all’operatore di rete di
recuperare i costi. Un altro punto che rende particolarmente complessa la separazione
verticale nel settore ferroviario è l’elevato grado di interdipendenza fra le varie parti del
sistema che generano a) esternalità, come accade per quanto riguarda ritardi e problemi di
congestione della rete e b) complementarietà tecniche (ad esempio interdipendenza tra
infrastruttura e materiale rotabile).
Un aspetto sottolineato nella letteratura tecnica (Zaremboki e Blase, 2003) è che
l’introduzione del progresso tecnico così da offrire la massima performance e la
minimizzazione dei costi di manutenzione della rete e del materia rotabile necessita una
perfetta compatibilità fra le varie parti del sistema ferroviario. Tali aspetti possono essere
gestiti in modo centralizzato in un sistema verticalmente integrato mentre la soluzione è
più complessa laddove il sistema sia verticalmente disintegrato. Tanto più che le economie
di scala e di scopo, in particolare economie di densità, sono tra le caratteristiche principali
del sistema.
L’analisi dei fattori che causano incidenti ferroviari mette l’accento su questa compatibilità
fra materiale rotabile e infrastruttura. L’esempio più noto è l’incidente di Hartfield in UK.
Molti critici nello spiegare l’incidente, hanno messo l’accento sul fatto che la Rail Track
avrebbe dato priorità ai propri profitti rispetto alla sicurezza del sistema. Ma GomezIbanez (2003) evidenziano, come molti osservatori sospettano, che il binario sia stato
danneggiato dalle ruote del treno che presentavano particolare debolezza, dovuta alla
cattiva manutenzione da parte delle società di gestione.
La separazione strutturale necessita accordi contrattuali estremamente elaborati per far sì
che da un lato le esternalità vengano internalizzate, e dall’altro che gli incentivi per il buon
funzionamento del sistema non siano distorti. Tutto ciò comporta elevati costi di
transazione, che possono annullare i vantaggi della separazione strutturale.
E’ probabile che la sottovalutazione di tali aspetti abbia determinato il fallimento
dell’esperimento di separazione strutturale in Inghilterra
Nel 1994 viene privatizzato British Rail (BR) monopolista verticalmente integrato nei
servizi ferroviari in Gran Bretagna. Uno degli obiettivi della privatizzazione era quello di
ridurre il peso del settore sulle finanze pubbliche e migliore l’efficienza del sistema. Il
Governo inglese nel 1996 operò una separazione del sistema ferroviario britannico in
quattro parti. Un operatore regolamentato, in mano ai privati, proprietario della rete e delle
stazioni ferroviarie (Railtrack). Un elevato numero di operatori del servizio trasporti
passeggeri (Train Operating Companies, TOCS) che espletano il servizio in aree delimitate
dal contratto di franchising. Le TOCCS non posseggono materiale rotabile ma lo ottengono
in leasing dalle “Rolling Stock Companies (ROSCOS). Le ROSCOS sono in concorrenza
tra loro per la fornitura del materiale rotabile alle TOCS per tutta la durata del franchising;
vi sono poi imprese di manutenzione della rete ferroviaria. L’industria per il trasporto di
merci opera anche in modo separato e concorrenziale.
Nel 2002 Railtrack fallisce ed è sostituita da Network Rail. D’altronde, a causa della
drastica caduta degli investimenti nella rete ferroviaria, tali decisioni vengono sottratte a
Railtrack ed all’impresa ad essa succeduta. Nel luglio del 2007 viene lanciato un piano
trentennale delle ferrovie, il cui costo è in gran parte finanziato, garantito e determinato dal
Governo. Gomez-Ibanez (2003, pag. 297) conclude che alla luce dell’abbandono dei piani
per incoraggiare la concorrenza fra operatori e della crescita dei sussidi, sarebbe stato
meglio avere mantenuto o tornare ad una struttura integrata.
23
Tabella 3 - Possibilità di concorrenza nelle varie fasi che compongono il settore del
trasporto ferroviario
Gestione e
manutenzione
infrastruttura
Monopolio naturale
Gestione e
manutenzione
materiale
Potenzialmente
concorrenziale
Servizi trasporto merci
Potenzialmente
concorrenziale
Servizi trasporto
passeggeri
Potenzialmente
concorrenziale
24
8. Conclusioni
Le conclusioni che si possono trarre dal confronto fra l’industria delle telecomunicazioni,
energia e dei trasporti ferroviari per quanto riguarda l’efficacia della separazione
proprietaria come strumento di regolamentazione non fanno propendere per quest’ultima
soluzione. Il maggior successo per quanto riguarda la politica della concorrenza si è avuto
nel settore delle TLC, ove non è stata applicata,anche se è oggetto di studio, la separazione
della rete come misura di regolamentazione. Attualmente in Europa si vuole introdurre
anche nelle TLC questo rimedio ma vi sono molti dubbi, anche a livello della
Commissione Europea che questa misura non abbia effetti negativi sul livello degli
investimenti nelle nuove tecnologie. L’analisi empirica sia con riferimento all’Europa che
agli Stati Uniti mostra che ove vi sono più operatori che, con tecnologie diverse, offrono
servizi in larga banda (operatori TV via cavo e operatori che operano su rete pubblica
commutata) il grado di penetrazione della larga banda è maggiore che allorché la
concorrenza è limitata a più operatori che utilizzano la rete pubblica commutata.
D’altronde, nei settori dell’energia e delle ferrovie, entrambi caratterizzati da problemi di
coordinamento molto maggiori che nelle TLC, ed ove la separazione della rete è stata
attuata, il meccanismo dei contratti fra privati è stato insufficiente nell’evitare gravi
problemi. In realtà i problemi sono sorti proprio perchè la separazione della rete è avvenuta
in settori dove i problemi di coordinamento fra le varie fasi sono molto rilevanti.
Nel settore dei trasporti operano sia nel settore dei passeggeri che delle merci, modalità
molto differenti che spesso sono in concorrenza tra loro su tratte similari, e quindi potrebbe
essere più opportuna una regolamentazione della condotta accompagnata da una politica
per sviluppare la concorrenza tra modalità alternative piuttosto che adottare un rimedio
come la separazione.
Alla luce della nostra analisi possiamo concludere che:
1.
Maggiori i problemi del coordinamento fra le varie fasi, minori i vantaggi
della regolamentazione strutturale (separazione proprietaria o funzionale);
2.
Maggiore è la concorrenza fra reti, minore è la convenienza della
separazione strutturale;
3.
Maggiore è l’efficienza delle Autorità di Regolamentazione minore la
necessità della regolamentazione strutturale;
4.
Maggiore è il livello e l’incertezza relativamente agli effetti degli
investimenti nella rete sulla domanda del servizio finale, minore la
convenienza della regolamentazione strutturale.
Alla luce di queste considerazioni non si può dire che sia sempre efficiente passare da una
regolamentazione della condotta ad una strutturale. Occorre esaminare caso per caso la
situazione nel settore e nel paese considerato
Per quanto riguarda i settori da noi considerati, la regolamentazione strutturale dovrebbe
essere applicata con estrema cautela, in quanto essi presentano alcune caratteristiche che la
farebbero sconsigliare.
Nelle TLC vi è elevata incertezza sulla domanda finale collegata agli investimenti, e vi
sono elevate potenzialità per la concorrenza fra reti. Il settore energetico presenta problemi
di coordinamento estremamente elevati, che rischiano di abbassare il livello degli
investimenti e provocare carenza di capacità produttiva. D’altronde, a differenza di altri
25
settori, minori sono le possibilità di concorrenza fra reti, maggiori sono nel settore le
opportunità per la regolamentazione strutturale.
Il settore delle ferrovie, per gli elevati problemi di coordinamento e l’esistenza di
concorrenza fra reti, è quello che meno si presta ad una regolamentazione strutturale.
26
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