il giusnaturalismo cristiano

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il giusnaturalismo cristiano
INSEGNAMENTO DI:
FILOSOFIA DEL DIRITTO
“IL GIUSNATURALISMO CRISTIANO”
PROF. FRANCESCO PETRILLO
Università Telematica Pegaso
Il giusnaturalismo cristiano
Indice
1
IL GIUSNATURALISMO CRISTIANO ---------------------------------------------------------------------------------- 3
2
IL GIUSRAZIONALISMO CRISTIANO --------------------------------------------------------------------------------- 5
BIBLIOGRAFIA MINIMA: -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Il giusnaturalismo cristiano
La vera epoca giusnaturalista comincia con l’avvento del cristianesimo. Infatti, per i primi
cristiani il rapporto tra legge positiva e diritto naturale diventa una questione peculiare, tanto da
influenzare la filosofia occidentale, dato il sincretismo tra teologia ebraica e filosofia greca.
Nell’epoca cristiana si sbilancia quella chiarezza platonica nel definire il rapporto tra
l’universale ideale del cosmo e la volontà umana, perché si cambia la prospettiva del concetto di
giustizia materiale e di diritto universale astratto.
Questo rapporto venne concettualizzato secondo una nuova prospettiva verticalistica, dove
l’universale non è più considerato come un ordine posto dalla natura stessa; piuttosto è la volontà
di Dio che detta le regole universali.
Quando il cristianesimo precipitò nella storia con la famosa frase del Cristo: “Dai a Cesare
ciò che è di Cesare”, la volontà umana venne contrapposta a quella Divina e si caratterizzò
fortemente quel rapporto tra idealità astratta universale del diritto posto da Dio e realtà umana,
dove non era più la volontà razionale universale da contrappore alla volontà del sovrano, ma una
volontà divina da contrapporre alle leggi umane.
Il cristianesimo propose un forma di cesura con la concezione antica del diritto naturale.
Infatti, S. Agostino d’Ippona, filosofo medioevale vissuto tra il 354-430 D.C., ci insegnò che
ci sono due città quella di Dio e quella degli uomini e l’uomo non si dovrà confrontare con il diritto
posto dalla natura, ma dovrà confrontarsi sempre e soltanto con la volontà di Dio.
Il giusnaturalismo diventò un momento di confronto sul piano della giustizia materiale tra la
legge di Dio e quella umana ed anche il giudice doveva scegliere se applicare la legge divina o
quella dell’uomo, senza preoccuparsi di verificare se le leggi umane del sovrano fossero ispirate alle
regole platoniche naturali del cosmo.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Il giunaturalismo cristiano volontaristico esasperò questo conflitto, infatti, Sant’Agostino,
riteneva che la società umana e lo stesso Stato è considerata una società giusta solo se rispetta la
volontà di Dio.
Sant’Agostino può essere considerato il padre del giusnaturalismo cristiano volontaristico.
Egli crede che le idee platoniche siano concetti delle cose, eterni, immutabili e sempre uguali a se
stessi e quindi che Dio forma il mondo secondo queste idee. Tutti i modelli mentali sono contenuti
nello spirito divino, e poiché tutto ciò che sta nello spirito divino è eterno ed immutabile, anche le
idee, essendo appartenenti allo spirito divino, sono vere, eterne ed immutabili.
Soltanto la legge di Dio è perciò quella giusta ed il giudice cristiano dovrà applicare la legge
divina rispetto a quella umana. Agostino prende dallo stoicismo la distinzione fondamentale del
diritto in legge eterna (intesa come legge divina), legge naturale (coincidente con il diritto posto
dalla natura) e legge temporale (inerente alla legge dell’uomo), ma lui è fermamente convinto che
tra le tre leggi quella da applicare è la legge eterna. In conclusione Sant’Agostino afferma la totale
sottomissione dell’uomo alla volontà di Dio.
Con i filosofi occidentali cristiani come, ad esempio, S. Paolo ci fu l’intento di creare una
costruzione giuridica del cristianesimo per poter contrapporre la legge universale divina a quella
umana.
Questa concezione della giuridicità cristiana andava contro i principi dell’ordinamento
giuridico romano. Il giudice cristiano doveva sempre andare a scegliere la legge divina, venendo
meno, quindi, l’idea dell’avalutatività della legge, perché la legge da applicare era valida solo se
avesse rispecchiato contenutisticamente la volontà divina.
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2 Il giusrazionalismo cristiano
Circa 400 anni dopo Sant’Agostino ci fu un altro filosofo, S. Tommaso D’Aquino (12251274), che cercò di affievolire questo forte momento di contrasto tra la legge di Dio e quella umana,
ritenendo che il diritto, per avere una maggiore certezza, dovesse in qualche modo tenere in
considerazione anche la società umana e le sue leggi.
La forza del tomismo, corrente filosofica elaborata da S. Tommaso D’Aquino, è proprio
quella di cercare un contemperamento tra la società umana e Dio per garantire una giustizia terrena
senza che il giudice debba continuamente preferire ex abrupto la legge divina a quella umana.
Mentre Sant’Agostino aveva collocato le idee universali platoniche nell’intelletto di Dio
sotto forma di volontà, andandosi a creare una prospettiva volitiva divina che era la sola a poter
emanare la
legge giusta da applicare, San Tommaso D’Aquino collocava le idee platoniche
nell’intelletto di Dio sotto forma di ragione, creando un’osmosi perfetta tra l’ordine naturale del
mondo e l’intelletto di Dio. Il mondo sarà giusto perché è ordinato come lo è la mente di Dio e non
perché lo vuole o lo impone Dio. Quindi Dio non potrà mai volere qualcosa di ingiusto ed il mondo
sarà giusto per il solo fatto che è ordinato come l’intelletto di Dio, creandosi una coincidenza tra
uomo, mondo e Dio.
L’uomo può costruire una società giusta senza dover necessariamente rispettare l’atto di
volontà di Dio.
Il giusrazionalismo, difatti, va ad accomunare Dio, uomo e mondo; la razionalità non è solo
di Dio e del mondo, ma anche dell’uomo, creando una perfetta partecipazione reciproca al cosmo
ordinato tra Dio, uomo e mondo che viene denominata da Tommaso: sinderesis.
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Il giusvolontarismo ci propone una giustizia solo come atto voluto da Dio, necessitando
sempre un confronto tra la legge divina con quella umana, le quali però possono non coincidere,
lasciando comunque valida solo la legge di Dio.
Con il giusrazionalismo di S. Tommaso vi è una giustizia universale a prescindere dalla
volontà divina e di quella di un sovrano, cosicché lo stesso Dio non potrà mai condannare un
innocente tramite un suo atto di volontà.
S. Tommaso, quindi, ci insegna l’idea di una giustizia più ampia che ci serve a comprendere,
ad esempio, il perché abbiamo dei diritti, i quali non provengono né dalla giustizia di Dio, né dalla
sola giustizia di uno Stato, ma appartengono ad un ordine di giustizia universale razionale.
Per S. Tommaso le tre entità Dio, mondo ed uomo partecipano alla medesima sostanza e non
è possibile che ci sia una contrasto tra la legge divina, la legge del mondo e la legge umana.
Abbiamo visto che anche Sant’Agostino aveva enucleato la medesima tripartizione, ma il
suo problema principale era quello di confrontare le tre leggi e far prevalere la legge divina.
Per San Tommaso, invece, il problema verte sul quel sistema razionale che permette al
giudice di recepire la legge giusta da applicare sempre tramite la sinderesis, ossia il rapporto
osmotico tra Dio, mondo e uomo e di conseguenza tra legge divina, legge naturale e legge umana.
Le due procedure utilizzate da S. Tommaso per relazionare le tre leggi diventano la
conclusio e la determinatio. La prima è un’argomentazione che considera ogni decisione particolare
all’interno di un universale, mentre la seconda è un’argomentazione che ricerca continuamente il
particolare nell’universale, arrivando alla decisione particolare partendo dalla decisione universale.
Usate correttamente la conclusio e la determinatio non si possono, nella pratica, avere
contrasti e contraddizioni tra le tre leggi.
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Tommaso pensa anche ad una quarta legge, denominata “eterna”, la quale si pone come
legge già in sé “sinderesica”, poiché vede possibile la compartecipazione tra legge divina, legge
del mondo e legge umana.
Per capire bene l’utilizzo della conclusio e della determinatio è utile fare riferimento al caso
dell’errore scusabile introdotto proprio
da S. Tommaso. Egli si chiese se all’interno di un
ordinamento particolare, il delitto potesse essere imputato ad un soggetto minore o ad un soggetto
non ebraico ossia un Gentile. Si chiese, inoltre, se la violazione di legge di un minore incapace di
intendere fosse da considerarsi un reato. Ed ancora, se un Gentile che non si lavava i piedi fosse
perseguibile di un reato omissivo.
Portando la violazione in sede di determinatio non si può escludere che sia un reato, cioè un
minorenne che uccide compie un reato nell’ordinamento particolare, così come lo compie il gentile
all’interno dell’ordinamento ebraico. Tuttavia, in sede di conclusio, entrambi i soggetti agenti non
sono punibili se si considera la violazione da un ambito particolare ad un ambito universale, in
quanto mancherà la partecipazione razionale e soggettiva del soggetto che ha commesso l’atto
illecito alla razionalità universale di quell’agire.
Pure se il Gentile ha commesso l’errore dinanzi agli ebrei, questi ultimi non possono punirlo
in quanto è assente l’elemento soggettivo del reato e, dunque, nella conclusio mancherà un
principio fondamentale e attuale del reato, ossia la colpevolezza, la responsabilità, nel cosmo
ordinato della lex aeterna.
Il fatto commesso può essere antigiuridico, ma se non sussiste la colpevolezza ossia se il
fatto è stato commesso senza la capacità di intendere e di volere, allora non si potrà essere puniti,
perché l’ordinamento giuridico relazionandosi con l’ordine universale non può muovere alcun
rimprovero a chi ha commesso il fatto.
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S. Tommaso individua la composizione duale della violazione, sia oggettiva, intesa come
realizzazione del fatto illecito, e sia soggettiva, inerente alla partecipazione del soggetto agente al
fatto illecito, tramite la sua capacità d’intendere e di volere. I suoi rilievi avranno grande utilizzo
nella futura e tarda scienza del diritto penale (XVIII secolo D.C.).
Perché scatti la sanzione non basta la violazione oggettiva nell’ordinamento particolare in
sede di determinatio, ma sarà necessaria anche la violazione soggettiva, non avendosi altrimenti la
partecipazione del soggetto all’universale in sede di conclusio.
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Bibliografia minima:
• AA.VV. , Filosofia del diritto. Concetti fondamentali, a cura di POMARICI ULDERICO,
Giappichelli, Torino, 2007.
• BARBERIS, MAURO, Giuristi e filosofi. Una storia della filosofia del diritto, il Mulino,
Bologna, 2011.
• D’AGOSTINO, FRANCESCO, Lezioni di filosofia del diritto, Giappichelli, Torino, 2006.
• FASSO’, GUIDO, Storia della filosofia del diritto, voll. I -II, Laterza, Roma-Bari, 20032005.
• PASSERIN D’ENTRÈVES, ALESSANDRO, La dottrina dello stato, Giappichelli, Torino,
1970. Ristampa Giappichelli, Torino, 2009;
• PIOVANI, PIETRO, Giusnaturalismo e etica moderna, Laterza, Bari, 1961, rist. Liguori,
Napoli, 2000:
• WELZEL, HANS, Diritto naturale e giustizia materiale, Giuffrè, Milano, 1965;
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