Curaçao - Bruno Pistoni
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Bruno Pistoni consulente enogastronomico CURAÇAO Il Curaçao (pronuncia kurasò), liquore dolce molto noto, trae il suo nome dall’omonima e maggiore isola dell’arcipelago delle Antille olandesi, nel Mar dei Caraibi, proprio di fronte al Venezuela. Fu scoperta nel 1499 dallo spagnolo Antonio de Ojeda, ma la colonizzazione iniziò solo nel 1526. Gli Spagnoli ressero le Antille fino al 1634, anno in cui, sconfitti dagli Olandesi, dovettero cedere a questi ultimi e all’allora onnipotente Compagnia delle Indie Occidentali il possesso e il dominio dell’arcipelago. Governo che, nonostante fasi alterne, dura tuttora, visto che l’isola fa ancora parte del regno d’Olanda, pur godendo di ampia autonomia. Fu proprio con la conquista olandese che il Curaçao ebbe i suoi primi vagiti. Da bravi nordici, gli Olandesi rimasero profondamente impressionati dalla ricchezza aromatica che si sprigionava dalla buccia (laraha) delle arance amare (Citrus bigaradia) che crescevano nelle isole in grande abbondanza. Secondo alcune cronache, le sposarono subito al rum, altro prodotto locale. Non ebbero difficoltà a godere i frutti dello splendido matrimonio e, da bravi mercanti, intuirono subito il valore economico di quelle bucce e diedero il via a una corrente d’esportazione tutt’oggi vivissima. Scoprirono, inoltre, che quelle piccole arance si prestavano in modo eccellente a essere gustate candite e sotto spirito. E fu proprio da questa serie di piccole scoperte che, in quel lontano XVII secolo, il Curaçao ebbe, appunto, meritatissimi natali. Il suo aroma pieno eppur delicato e fragrante ebbe immediato successo in Europa, molto curiosa allora di quanto giungeva d’oltremare. Gradatamente, si sviluppò una florida famiglia di liquori, ancora oggi ampiamente conosciuti e usati. All’origine il prodotto era piuttosto rudimentale. Si facevano essiccare le bucce, cioè la parte dove si concentrano le sostanze aromatiche. Una volta secche, queste venivano messe in infusione nell’alcol per un periodo che variava dalle dodici alle trentasei ore, a seconda della forza che si voleva ottenere. Il tutto veniva distillato e questo alcolato si diluiva con acqua e si addolciva con zucchero. Di solito era di colore bianco, ma poteva presentarsi anche leggermente ambrato o in altri toni sempre caldi. Nel suo colore classico il blu, un blu così caratteristico che venne definito Blu Curaçao, inizialmente era un segreto di fabbrica, ma poiché non era altro che Blu di Metilene, poi risultato tossico, fu cambiato con un colorante simile, il Mansion Chobolobo. Nei decenni che seguirono l’ingresso nei salotti europei non vi fu liquorista degno di tal nome che non si applicasse alla scoperta delle possibilità offerte dal Curaçao des iles o Per informazioni contatta: [email protected] - www.bruno-pistoni.it Bruno Pistoni consulente enogastronomico Curaçao de Hollande, come allora si diceva. Nacquero così due tipologie fondamentali: il Triple sec, completamente incolore e con gradazione intorno ai 40° alcolici, e il Curaçao orange, colorato, invece, e solitamente di forza oscillante intorno ai 35° alcolici. Vi fu anche chi volle distaccarsi da questa terminologia generica e affermare i propri Curaçao con un nome di marca, a garanzia di qualità. Dapprima i Francesi, poi il resto del mondo, cominciarono a udire i nomi di Cointreau e di Grand Marnier, termini che oggi sono entrati nel linguaggio corrente come se fossero liquori a sé stanti e non, appunto, due versioni di Curaçao. Il Cointreau fu creato nel nord-ovest della Francia dai fratelli Cointreau, proprietari della distilleria omonima, attiva nella zona di Angers; approfittando della vicinanza con il grande porto di Nantes (uno dei principali scali per il commercio delle arance provenienti dalle Antille). Il Grand Marnier ha una storia che racconta come dal 1827, attraverso 6 generazioni, la famiglia Marnier-Lapostolle ha ininterrottamente guidato e sviluppato l’azienda fondata a Neauphle-le-Château, nei pressi di Parigi, dal patriarca Jean-Baptiste. Dopo di lui, Eugène iniziò a “importare” dalla regione del Cognac l’allora quasi sconosciuta acquavite locale invecchiata, che conquistò subito il pubblico. Fu però il figliastro di Eugène, LouisAlexandre, ad avere nel 1880 la straordinaria intuizione di arricchire la loro pregiata acquavite con l’aroma di un frutto esotico all’epoca rarissimo: l’arancia amara Citrus bigaradia, coltivata nell’area caraibica. A questi si aggiunse poi l’olandese Bols che è oggi quella che offre la maggior varietà di Curaçao, tanto per l’uso casalingo quanto, se non soprattutto, per la preparazione di bevande miscelate in ogni bar nel quale ci sia qualcuno capace di preparare un cocktail o un long drink con questo importante ingrediente. Fu proprio la Bols ad affiancare al tradizionale Orange Curaçao, dal colore ambrato scuro, prima il Blue Curaçao, di squillanti tonalità azzurrine, e poi il Green Curaçao, di un caldo verde-gioia o verde-speranza. Colori davvero inconfondibili, che furono immediatamente adottati da ogni altro produttore di questo liquore. Qualcuno si chiederà se a questa rutilante gamma di colori, dal cristallino Triple sec alle diverse tonalità degli Orange, ai verdi intensi e ai blu quasi elettrici corrisponde una diversità di sapore. In effetti, ci sono differenti gusti, ma non così definiti come i colori. Può variare la forza alcolica, l’intensità del profumo, il grado di dolcezza, il livello di eleganza, ma su tutto è sempre l’arancia di Curaçao a dare il tono di fondo con il suo bouquet di arancia selvatica. Questo porta a un consumo piuttosto variegato. Come liquore il Curaçao Per informazioni contatta: [email protected] - www.bruno-pistoni.it Bruno Pistoni consulente enogastronomico trova la sua migliore collocazione a fine pasto. Si serve sia liscio, a temperatura ambiente nel classico calice da liquori, sia con ghiaccio (in tal caso in bicchiere tumbler grande), ma da molti è considerata una profanazione. Come ingrediente ha due grandi settori d’impiego: le bevande miscelate e la cucina. Nelle bevande miscelate è ricercato sia per i toni di colore sia per l’aroma. Tra i toni di colore si possono ricordare i blu Dagmar o Finlandia, i verdi Wendy o Caleb o Bolivia. Tra le fragranze aromatiche ben figurano l’East India, l’Oriental, il Sidecar e lo Sweet Memories. Ma altre decine potrebbero essere ricordate. In cucina, arricchisce innanzitutto le crêpes (e vengono alla mente le classiche crêpes Suzettes), poi i soufflé, i pan di Spagna, i biscotti e le torte di vario genere oppure le preparazioni fredde come sorbetti e gelati. Si sposa stupendamente con la frutta, specie preparata alla fiamma come nel caso della banana flambé. Entra, infine, in alcune preparazioni classiche, tra le quali eccelle l’anatra all’arancia, per non parlare di arrosti di selvaggina o di alcuni risotti ove basta una goccia a dare toni di grande raffinatezza. Per informazioni contatta: [email protected] - www.bruno-pistoni.it
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