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Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR | numero 31-32-33 | 20 agosto 2014 | 2,00 settimanale diretto da luigi amicone numero 31-32-33 | 20 agosto 2014 | 2,00 EDITORIALE Missione Tempi Cari lettori, ecco perché vi chiediamo fiducia e il doppio degli abbonamenti V ent’anni fa, quando Tempi si presentò per la prima volta sul palcoscenico del Meeting di Rimini, Vittorio Feltri ci benedì, Gad Lerner scommise che non avremmo mangiato il panettone di Natale. Era l’agosto del 1995. E si capisce, Gad perse la scommessa. Entrando nel nostro ventesimo anno di azione in un contesto economico e sociale difficilissimo siamo quasi obbligati a rendere incandescenti le ragioni della nostra avventura. Ed ecco l’incandescenza: dentro la notizia di una clamorosa svolta giudiziaria su un fatto atroce di 27 anni fa – l’assassinio di una nostra amica, Lidia Macchi (vedi a pagina 48) – una strana provvidenza ci ha condotto a ricordarci che tutte le ragioni di questo giornale affondano in un incontro. L’Incontro. Se abbiamo fatto Tempi è per portare dentro la nostra professione l’entusiasmo per Gesù Cristo come «chiave di volta della storia e dell’universo», direbbe Giovanni Paolo II. Per portare un rivolo di «invincibile compagnia» (e questo è don Giussani). Le circostanze ci hanno condotto a fare gli imbrattacarte piuttosto che gli imbianchini? Bene, da imbrattacarte cerchiamo di giudicare tutto e trattenere la bellezza; di raccontare la vita fino al punto di documentare la speranza che è in essa. Speranza. Per fare e rifare popolo. Per- Tempi è una piccola Missione ché solo nella speranza un popolo si fa nella grande terra del diavolo. Che non sono “quelli e parte, dentro ogni situazione, positiche stanno dall’altra parte”. va o avversa che sia. Ma chi predica contro l’uomo Vogliamo dire una parola straziata ma esatta? Missione. Questo giornale è una piccola missione nella grande terra del diavolo. Che non sono i non credenti e tutto ciò che non è dalla “nostra parte”. Terra del diavolo è il mondo là dove insegna che l’uomo, l’essere che dice “io”, che cerca ragioni e che porta scolpita dentro un’ansia di felicità che non lo fa rassegnare a finire ai vermi, è una passione inutile. Tempi esiste per questo, per incontrare uomini e per difendere la passione per l’uomo. Perciò, non ci sorprende il coraggio con cui certi illustri amici e lettori (alcuni li vedete già in tempi.it, i vescovi Negri e Cavina, l’ebrea Angelica e la cattolica Costanza) hanno esposto la faccia per dire che la voce di Tempi ha un valore. Perciò, rilanciamo la palla. “Missione Tempi. Raddoppiamo gli abbonamenti”. Che significa proprio questo: regalate un abbonamento a un amico. Oppure segnalate all’ufficio abbonamenti persone alle quali ritenete che Tempi potrebbe interessare e noi provvederemo a contattarle. O ancora, dateci dei nomi di amici, conoscenti, parenti, da abbonare con formule promozionali. Insomma, cari abbonati e lettori della prima e dell’ultima ora, fatevi venire delle idee e non mollate, non ci mollate proprio adesso. Adesso che tenere piantata questa bandiera sotto il vento sferzante della Avviso ai lettori miseria economica e della ricca “distrazione di massa” diventa un’impreQuesto numero di Tempi resterà in edicola tre settimane. Il prossimo sa ardimentosa e, perciò, necesnumero uscirà dunque il 21 agosto. saria. Grazie dell’amicizia. MINUTI Un brutto incubo eppure vero Ho fatto un sogno. Mi trovavo in un paese mediorientale dalle strade polverose, sotto a un cielo color piombo. Sulla porta della mia casa qualcuno nella notte aveva tracciato un segno con il gesso. Quel segno significava che dovevamo andarcene. Partire, scappare anzi, subito, o morire. Nel sogno avevo una grande famiglia, genitori anziani, fratelli e sorelle, e una nidiata di bambini. Era mattina, e l’ordine era di partire entro la notte. Recuperavamo un vecchio camion scalcinato. Ma non ci saremmo stati insieme, tutti quanti, a bordo. Qualcuno avremmo dovuto lasciarlo lì. Il vecchio padre del sogno era immobile in un letto: lui stesso ci chiedeva di lasciarlo morire in casa sua. Poi c’era un fratello in carrozzella, e la carrozzella proprio sul camion non ci stava. Anche lui, sarebbe rimasto. Il cielo sopra di noi si faceva sempre più basso e più livido. All’ora della partenza uno dei bambini piccoli non si trovava: sparito – era forse andato a cercare il suo gatto? – e l’ora dell’ultimatum stava per scattare. Infine eravamo sul camion, che ansimando si metteva in moto. Ma io avevo il cuore tagliato a metà, per quelli che avremmo dovuto lasciare. Degli uomini armati, minacciosi, gridando ci facevano fretta. Partivamo. Il camion sulle buche della strada sobbalzava, e a un urto più forte mi sono svegliata. Un incubo, naturalmente. E però quanto vero. Come se avessi visto con i miei occhi un giorno di questi, in una casa cristiana, a Mosul. Marina Corradi | | 20 agosto 2014 | 3 SOMMARIO NUMERO 31/32/33 08 PRIMALINEA LA FUGA DEI CRISTIANI IN KURDISTAN | CASADEI numero 31-32-33 | 20 agosto 2014 | 2,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr | numero 31-32-33 | 20 agosto 2014 | 2,00 settimanale diretto da luigi amicone L’odissea di due milioni di profughi iracheni. Con loro gli ultimi cristiani vittime della persecuzione jihadista E l’Occidente dov’è? LA SETTIMANA 20 CULTURA L’INDOMABILE PREVOST | SCHIRLE Minuti Marina Corradi............................3 Foglietto Alfredo Mantovano...........7 Mamma Oca Annalena Valenti............... 39 Ricorrenze Carla Vites.......................................42 Sport über alles Fred Perri.......................................... 44 Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano..................45 14 ESTERI ISRAELE E PALESTINA. UN CONFLITTO INFINITO Lettere dalla fine del mondo Aldo Trento...................................45 Mischia ordinata Annalisa Teggi........................50 RUBRICHE 26 SOCIETà PERIFERIE. CRISTO IN SIBERIA | Turnaev 48 TESTIMONI LA LETTERA DI LIDIA MACCHI L’Italia che lavora............... 34 Stili di vita........................................... 38 Motorpedia....................................... 40 Lettere al direttore.......... 44 Foto: Getty; Sintesi/Photoshot Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 20 – N. 31/32/33 dal 31 luglio al 20 agosto 2014 DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Laura Borselli, Rodolfo Casadei (inviato speciale), Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Pietro Piccinini IN COPERTINA: Foto Getty Images PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò FOTOLITO E STAMPA: Elcograf Via Mondadori 15 – 37131 Verona DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, Milano, tel. 02/31923727, fax 02/34538074, [email protected], www.tempi.it EDITORE: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione 4, Milano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale Tempi Duri Srl tel. 02/3192371, fax 02/31923799 GESTIONE ABBONAMENTI: Tempi, Corso Sempione 4 • 20154 Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/31923730, fax 02/34538074 [email protected] Abbonamento annuale cartaceo + digitale 60 euro. 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Le parole di Gesù rivolte ai farisei e agli scribi vengono in mente, con un significato tragicamente attuale, davanti al video della distruzione di uno dei simboli dell’islam sciita, la moschea di Giona, sulla collina di Al Tauba, a Mosul, costruita attorno a quella che secondo la tradizione era la tomba del profeta. Ricordando la storia di Giona, Gesù racconta la grandezza della misericordia di Dio a chi non ha alcuna voglia di sentirlo: Ninive aveva ascoltato, si era convertita e non era stata distrutta grazie alla predicazione del profeta, In Iran, Libano E Somalia i terroristi inizialmente riottoso ad avevaNO saggiato il “nemico” adempiere il mandato riE TESTATO LA SUA REAZIONE. COSì l’11 cevuto; i farisei e gli scribi settembre lo haNNO colpito A CASA sono comparati ai pagani di Ninive e ne escono maSUA, a coronamento di una strategia le, dal momento che rifiutano la predicazione del più grande dei berati” dall’Isil, in Iraq come in Siria, e poi profeti, e pretendono da lui dimostrazioni dall’Egitto e dalla Nigeria. In uno studio del settembre 2004 pubtangibili di potenza terrena. Duemila anni dopo, al profeta Giona è blicato sulla rivista americana Commentaassociato un segno altrettanto esplicito e ry – tradotto e comparso sul Foglio – Norterribile. Ancora una volta è un segno di di- man Podhoretz, esponente di punta dei struzione – non evitata, come a Ninive, ma neocon dopo esserlo stato della sinistra realizzata –, che colpisce un simbolo del- newyorkese, elencava puntigliosamente – la fede cristiana, ricordato al tempo stesso a partire dal 1979, da quei 52 diplomatici dal Corano. Un “segno” che ha conosciuto presi in ostaggio nell’ambasciata americauno spazio mediatico e di riflessione pari a na di Teheran da alcuni “studenti” iraniaqualche ora sui tg e a qualche colonna per ni – la serie incredibile di attentanti contro ogni testata giornalistica il giorno succes- cittadini americani, rimasti senza alcun tisivo l’esplosione; poi più nulla. Come poco po di reazione da parte del governo fedepiù di nulla sono l’informazione e la sensi- rale. E ha ricordato, in particolare, che la bilità relative all’esodo forzato e sanguino- convinzione di Osama Bin Laden di poter so dei cristiani da Mosul, dai territori “li- aggredire in modo devastante il territorio Giovedì 24 luglio lo Stato islamico ha raso al suolo uno dei simboli di Mosul, la grandiosa moschea del profeta Giona sulla collina di Al Tauba americano l’11 settembre 2001 è maturata avendo osservato l’atteggiamento che le varie amministrazioni di Washington avevano tenuto dopo le aggressioni subite da militari o civili statunitensi all’estero: in Libano, nel 1983, quando centinaia di marine perirono sotto le macerie di una caserma per mano degli hezbollah; in Somalia, nel 1993, dopo l’uccisione di alcuni ranger in missione di pace. In Iran, in Libano, in Somalia, il terrorismo islamico aveva saggiato il “nemico”; l’11 settembre 2001 lo ha colpito, convinto di poterlo fare, a coronamento di una strategia che ha una sua logica, pur se criminale. Cambiando ciò che va cambiato, discorso identico vale per le comunità cristiane oggi violentate e messe in fuga dalle loro terre. Disinteressarsene, da parte dell’Europa e dell’Occidente, equivale a moltiplicare gli attacchi nei loro confronti. È una indifferenza che provoca morte: anche per questo la “generazione” di un secolo aperto dall’abbattimento delle Twin Towers merita la qualifica di “perversa e adultera”. Ancora una volta il “segno di Giona” – in questo caso le rovine della sua tomba – ammonisce che girarsi dall’altra parte equivale a radere al suolo le radici di fedi, popoli e civiltà; mentre l’esperienza di chi ha ascoltato, anche all’ultimo momento utile, rassicura che cogliere quel “segno” non è mai vano. | | 20 agosto 2014 | 7 Nella foto, uno dei cristiani iracheni rifugiati in Kurdistan. «Mi sono venuti in mente i giorni delle rappresaglie di Saddam Hussein, quando vennero confiscate le dimore dei curdi che si opponevano al suo regime, e io dovetti abbandonare casa insieme alla mia famiglia sotto lo sguardo di uomini armati. In ogni profugo noi curdi rivediamo la nostra stessa storia, per questo li ospitiamo» COPERTINA | DI rodolfo Casadei Foto: Getty Protetti solo dal Cielo Due milioni di profughi che lasciano l’Iraq. Ecco cosa ha provocato la pulizia etno-religiosa della follia jihadista. Gli ultimi cristiani di Mosul hanno trovato riparo nella regione musulmana del Kurdistan. «Ma perché i paesi europei non aiutano queste persone? Cosa aspettano?» | | 20 agosto 2014 | 9 10 | 20 agosto 2014 | | nità, a tutti i paesi di tradizione cristiana e non solo, affinché le famiglie di Mosul, Ninawa e Qaraqosh non vengano sradicate dalla loro terra e non siano costrette a fuggire dalle loro case, come successe in passato al popolo curdo». A parlare è la signora Rezan Kader, Alto rappresentante del Governo regionale del Kurdistan iracheno (Krg) in Italia. E sarebbe bello che i suoi interrogativi aiutassero a concentrare i riflettori su quest’ultima infornata di vittime del fanatismo: i cristiani iracheni del nord del paese spogliati di tutti i loro beni, dalle case agli effetti personali, con modalità che, come ha ricordato il patriarca caldeo Louis Sako, nemmeno Gengis Khan arrivò a concepire e praticare quando otto secoli fa invase i territori che corrispondono all’Iraq di oggi; le altre minoranze etniche e religiose che l’Isil ha deciso di cacciare dai territori che ora controlla con un’operazione di pulizia etno-religiosa che non risparmia gli edifici sacri dei vari culti: sciiti, yazidi, shabak. Il Kurdistan che ospita profughi di etnia e/o religione diverse da quelle della sua maggioranza merita gli applausi, ma avrebbe bisogno anche di tanto aiuto perché da solo non ce la può fare. Si calcola che l’avanzata dell’Isil fra giugno e oggi abbia causato 500 mila sfollati, 300 mila dei quali si sono diretti nel Kurdistan, dove nella prima metà di quest’anno sono arrivati anche 250 mila profughi dalla Siria. In totale, calcolando sfollati interni iracheni e profughi, nell’attuale Kurdistan iracheno si stima la presenza di 1,2 milioni di persone fuggite da situazioni di pericolo, molte delle quali sono installate in 1.600 campi profughi e centri di accoglienza che sono stati nel corso del tempo attrezzati. Tutte le altre si sono ricongiunte a parenti o altri affini già insediati da molto tempo in territorio curdo. In tutto l’Iraq, profughi e sfollati sono arrivati a 2 milioni. A parte gli ovvi problemi logistici creati da un esodo di massa in piena stagione estiva (con temperature diurne normalmente superiori ai 40 gradi), c’è un grosso problema politico che incombe come un macigno pericolante sulle teste dei profughi e non solo sulle loro: dall’inizio di Foto: AP/LaPresse «M i sono comm o s s a quando ho visto sulle nostre tv le immagini degli sfollati cristiani che arrivavano nei centri di raccolta del Kurdistan spogliati di tutto, derubati fino all’ultimo orecchino delle loro bambine. Mi sono venuti in mente i giorni delle rappresaglie di Saddam Hussein e successivamente dell’operazione Anfal, quando vennero confiscate le dimore dei curdi che si opponevano al suo regime, e io dovetti abbandonare casa mia insieme alla mia famiglia sotto lo sguardo di uomini armati. In ogni profugo noi curdi rivediamo la nostra stessa storia, per questo ospitiamo i cristiani di Mosul e Qaraqosh e i fuggitivi di tutte le etnie e religioni sul nostro territorio. Ma perché i paesi europei, di tradizione cristiana, non corrono in aiuto di queste persone? Perché non si impegnano massicciamente sul fronte umanitario? Questo mi scandalizza. Mi sento di fare un appello all’uma- LA LETTERA Foto: AP/LaPresse NAZARA «Anche io sono seguace del Nazareno» La pittrice Letizia Fornasieri ha scritto una lettera ad Avvenire che riportiamo qui di seguito. «Gentile direttore, ho letto il suo editoriale ed altri articoli sui cristiani di Mosul. Le loro case segnate dalla lettera N in arabo, che significa “nazara” cioè seguaci del Nazareno. Qualcosa per loro si deve fare! Anche un segno visibile della nostra vicinanza! Mi sono messa una fascia bianca al braccio su cui ho riprodotto la lettera N in arabo. Per essere “segnata” anch’io, perché anch’io sono seguace di Cristo. Spero che altri ci pensino». quest’anno il governo centrale di Baghdad non versa più al Krg quel 17 per cento del bilancio dello Stato che a norma di costituzione gli toccherebbe. A causa di una controversia che riguarda l’estrazione e la vendita del petrolio dai nuovi pozzi petroliferi della regione. Per colmare il buco nei conti, il Krg ha cominciato a vendere direttamente all’estero il petrolio estratto dai suoi pozzi, sfruttando l’oleodotto che collega il suo territorio al porto turco di Ceyhan (i rapporti fra la Turchia di Erdogan e il governo del Kurdistan iracheno sono molto buoni da tempo), e questo ha acuito la tensione fra le due parti, perché Baghdad considera illegali tali vendite. Gesti di rottura e riavvicinamenti si susseguono da settimane: il premier uscente al Maliki è arrivato ad accusare i curdi di dare ospitalità ai leader dell’Isil sul loro territorio, mentre il presidente del Kurdistan Massoud Barzani ha dichiarato che un referendum di autodeterminazione per la secessione della regione dall’Iraq è imminente; nello stesso tempo le due parti hanno concorso all’elezione di due delle tre principa- li cariche istituzionali nazionali, da rinnovare dopo le elezioni politiche dell’aprile scorso: la presidenza del Parlamento, andata al sunnita Salim al Juburi e la presidenza della repubblica dell’Iraq, per la quale è stato scelto il curdo Fuad Masum. Ma il nodo dei mancati trasferimenti finanziari resta immutato e grave, al punto che da mesi il Krg ha grosse difficoltà a pagare gli stipendi della funzione pubblica e le pensioni di guerra, che da sole portano via il 70 per cento del suo bilancio. Il Kurdistan iracheno è una regione abitata da 5 milioni di persone (sfollati e profughi rappresentano più di un quinto dei residenti) senza sbocchi sul mare, che importa l’80 per cento delle merci di cui ha bisogno dalla Turchia. Lo sforzo che il suo governo e i suoi abitanti, in particolare le sue minoranze religiose, stanno facendo per aiutare gli sfollati è eroico, ma difficilmente potrà protrarsi ancora a lungo. In una dichiarazione ad Afp del 4 luglio scorso il vice capo del dipartimento per le relazioni con l’Estero del Krg Dindar Zebari aveva detto: «Tante organizzazioni par- COPERTINA PRIMALINEA tecipano agli aiuti, ma la situazione per il governo regionale è difficile e i consigli provinciali non hanno abbastanza denaro per assistere gli sfollati». Aveva aggiunto che il governo centrale di Baghdad normalmente fornisce un aiuto una tantum equivalente a 250 dollari per famiglia agli sfollati, ma era necessario registrarsi per riceverlo, cosa non facile per molti nuclei familiari nella situazione attuale. L’intervento degli Emirati Arabi Due settimane dopo il primo ministro del Krg Nechirvan Barzani, in una dichiarazione diffusa dall’agenzia di stampa del suo governo che è un appello perché sia fornita assistenza ai cristiani sfollati in territorio curdo ma anche un atto di accusa contro Baghdad, ha fatto il punto sulle difficoltà finanziarie: «Il governo regionale del Kurdistan, in coordinamento con l’ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), ha fornito assistenza a centinaia di migliaia di profughi e sfollati che hanno trovato rifugio nella regione del Kurdistan. Tuttavia il numero di rifugiati e sfollati aumenta di giorno in giorno. Il governo iracheno, che ha sospeso i trasferimenti dal bilancio nazionale a quello del Krg, ha nello stesso tempo rifiutato di assumersi qualunque responsabilità per gli sfollati interni che attualmente hanno trovato rifugio nella nostra regione. A causa di tali circostanze e della difficile situazione economica che il governo iracheno ha causato in Kurdistan, facciamo appello a tutti i paesi, alle organizzazioni caritative e alla comunità internazionale perché forniscano assistenza ai profughi e agli sfollati nella nostra regione». Il Barzani primo ministro ha ricevuto e ringraziato il console degli Emirati Arabi Uniti a Erbil, unico paese che ha messo mano al portafoglio per questi profughi. Antonio Guterres, l’Alto commissario Onu per i Rifugiati che ha visitato il Kurdistan, ha annunciato il suo sollievo per l’immi| | 20 agosto 2014 | 11 PRIMALINEA COPERTINA nente versamento di 500 milioni di dollari da parte dell’Arabia Saudita destinati a questa nuova crisi umanitaria, e ha lodato esplicitamente il governo e la popolazione della regione: «Sono edificato dalla generosità e dalla solidarietà del governo e del popolo del Kurdistan in questo difficile momento. Va apprezzata questa politica di mantenere le porte e i confini aperti alle persone in cerca di aiuto a prescindere dall’etnia o dalla religione. Questo atteggiamento di tolleranza e apertura ha un importante significato simbolico in un momento in cui dobbiamo evitare a tutti i costi una guerra di religione in Iraq». Come s’è detto all’inizio, l’Isil si è accanito su tutte le minoranze religiose, non ro uno, nessuno la numero due per il semplice motivo che già da anni i cristiani di Mosul erano taglieggiati dall’Isil e da altre bande islamiste che riscuotevano il “pizzo” sulle loro attività commerciali. Fra l’altro l’importo dell’imposta fissata dallo Stato islamico è di 550 mila dinari, una cifra insostenibile per la maggior parte degli iracheni: equivale a 450 dollari americani, che è l’ammontare del salario mensile di un insegnante di prima nomina. Nel “Vaticano” dei caldei Quel che è successo ai cristiani in fuga da Mosul il 19 luglio (data di scadenza dell’ultimatum) è stato raccontato da molti testimoni. «Abbiamo ficcato tutte le nostre CENTINAIA DI CRISTIANI HANNO CAMMINATO PER OLTRE 70 CHILOMETRI PORTANDO I BIMBI IN SPALLE. L’ISIL AVEVA TOLTO LORO TUTTO. ANCHE L’ACQUA E IL LATTE PER I NEONATI solo sui cristiani. Anche molti musulmani sunniti si sono sentiti in pericolo al punto di fuggire. Quasi solo ai cristiani, però, è capitato di essere completamente spogliati dei loro beni, dopo essersi illusi che niente di male sarebbe loro capitato. Per tre settimane, infatti, la vita si è svolta serenamente dopo la presa di Mosul da parte dell’Isil, a parte le croci sulle chiese sostituite dalla bandiera nera dei jihadisti e una statua della Vergine Maria distrutta. L’unica accortezza consisteva nell’adozione da parte delle donne cristiane dell’abbigliamento femminile islamico di stretta osservanza. Poi nel giro di tre giorni sono arrivate le “n” di “nazareni” dipinte sulle pareti esterne delle case dei cristiani, la scritta “proprietà dello Stato islamico” apposta il giorno successivo e infine l’editto che imponeva ai cristiani di scegliere fra quattro possibilità: convertirsi all’islam; pagare la tassa speciale di sottomissione (la jizya); andarsene per sempre dalla città; essere uccisi. Pochissimi hanno scelto l’opzione nume12 | 20 agosto 2014 | | cose dentro a due auto. Sono partita con mio marito e due figli», ha raccontato una donna. «Contrariamente a quanto accaduto ad altri che sono passati dopo di noi, non ci hanno preso la macchina, ma hanno rubato tutto il denaro e i bagagli. Hanno perfino voluto il biberon del mio bambino più piccolo», ha raccontato una donna cristiana profuga a Erbil all’inviato di Le Monde. La Aina, Assyrian International News Agency, chiarisce che il fato dei cristiani di Mosul è stato condiviso anche dai cristiani di altre località della zona: «L’Isil ha creato due posti di blocco all’uscita da Mosul nei quartieri di al Sada e Biawaizah e ha derubato e spogliato tutti i cristiani che abbandonavano la città. È stato sottratto loro denaro, automobili, cellulari, alimenti, oro e bigiotteria indistintamente, apparecchiature elettroniche e perfino medicinali. Più di 85 famiglie che hanno abbandonato Qaraqosh hanno comunicato di essere state derubate di tutte le loro proprietà. Centinaia di cristiani sono sati costretti a camminare di notte per 70 chilometri, fino a Tal Afar, dopo che l’Isil aveva confiscato le loro automobili. Trasportavano i loro bambini sulle spalle e sono arrivati esausti e disidratati». Un’altra cristiana fuggitiva ha raccontato a Radio Free Europe: «Hanno aperto il barattolo del latte in polvere del neonato e hanno versato il contenuto sulla strada. Li abbiamo implorati di lasciarci le bottiglie con l’acqua, per tenere buoni i bambini durante il viaggio, ma le hanno aperte tutte e versato l’acqua di fronte a noi». A Erbil i cristiani profughi che non hanno parenti in grado di accoglierli nel quartiere a maggioranza cristiana di Ankawa trovano ospitalità in palestre, parrocchie e cortili di strutture imprenditoriali. Per esempio il cortile della Babylon Media Company, che gestisce una radio e una tv locali, fin da giugno ha ospitato una grande tenda suddivisa in spazi più piccoli con alcune decine di famiglie. Finché non c’è stato più spazio per nessuno: «Ho respinto la sesta auto oggi. Piangevano tutti», ha raccontato il manager della compagnia Noor Matti. «Siamo pieni, non possiamo accettare più nessuno. Non abbiamo aiuti da nessuno. Abbiamo bisogno che arrivino le Ong!». Non si creda però che i cristiani pensino solo ad aiutarsi fra di loro. Nella cittadina di Alqosh, il “Vaticano” dei caldei (sede del monastero dove fu decisa la ricongiunzione con la Chiesa di Roma), migliaia di musulmani, sciiti e sunniti, hanno trovato rifugio sin dai giorni della caduta di Mosul. «Abbiamo accolto 2 mila fuggitivi, e di questi solo 40 famiglie sono cristiane, tutti gli altri sono musulmani sciiti o sunniti, turcomanni o arabi», dice padre Gabriel Waheed, superiore del convento dei monaci antoniani di Alqosh. È evidente che l’Isil vuol mandare in pezzi l’irripetibile mosaico iracheno, così come si dice abbia distrutto i mosaici e la maioliche del monastero di san Giorgio a Mosul. n ESTERI SULLA STRISCIA DI GAZA La vendetta porta solo la morte «La sofferenza non dà diritto alla vittima di diventare carnefice. Il male trionfa quando le persone buone non fanno nulla». Parla Abuelaish, il medico palestinese che nel 2009 perse tre figlie. Uccise da una bomba israeliana | DI RODOLFO CASADEI E Abuelaish è il medico palestinese di Gaza trapiantato in Canada che a commento di quello che sta avvenendo nella sua terra natale ha scritto sul Guardian: «La follia, come diceva Einstein, è continuare a rifare la stessa cosa aspettandosi un risultato diverso». Ma soprattutto è l’autore del libro Io non odierò, dedicato alle sue tre figlie Bessan, Mayar e Aya e alla nipote Noor uccise da una bomba israeliana durante l’Operazione Piombo Fuso nel 2009. Per onorare la loro memoria ha creato un’opera di pace: la fondazione Daughters for Life che finanzia gli studi di ragazze arabe in tutto il mondo. Da Toronto, al telefono, spiega a Tempi il suo punto di vista su quello che sta succedendo. zzeldin Dottor Abuelaish, cosa prova quando vede in tv le immagini dei combattimenti a Gaza oggi, cinque anni dopo l’Operazione Piombo Fuso nella quale perse tre delle sue figlie? Provo rabbia, frustrazione e avvilimento. Al conflitto israelo-palestinese non si metterà fine con azioni militari e facendo morire più gente. Con la forza non si arriverà mai alla pace e alla sicurezza a lungo termine, ma solo nel breve termine. Dopo sessant’anni di guerre, il problema palestinese è ancora lì. Voglio dire alla leadership israeliana che questa guerra servirà solo ad aumentare l’animosità e l’odio, ad allargare il fossato fra israeliani e palestinesi, a distruggere le nostre anime e i nostri cuori. Io condanno le violenze da ogni parte, ma l’alternativa a tutto questo è riconoscere i diritti degli uni e degli altri a vivere liberi e senza paura, è porre fine alla coazione del rapporto occupanti-occupati. Per fare questo abbiamo bisogno di gesti coraggiosi da parte della leadership israeliana. Foto: Sintesi/Photoshot Lei è un uomo che ha saputo strappare l’odio dal proprio cuore. Dopo la morte violenta delle sue figlie, non ha cercato la vendetta, ma di fare il bene. Però molti protagonisti del conflitto israelo-palestinese sembrano vivere l’odio come un sentimento naturale, conseguenza di ingiustizie e ferite subìte. L’odio non è un sentimento naturale. È una malattia che colpisce il cuore, l’anima e la mente dell’uomo, estremamente distruttiva per il soggetto portatore. Per prenderla bisogna essere stati esposti ad agenti patogeni. Quali? L’intimidazione, l’umiliazione, la sofferenza. Bisogna evitare l’esposizione. Per questo dico che i bombardamenti su Gaza e gli scontri militari fra le due parti non portano a nient’altro che alla crescita dell’odio. Come si vede dai discorsi di certi espo| | 20 agosto 2014 | 15 ESTERI SULLA STRISCIA DI GAZA nenti israeliani. Il rabbino vice ministro per gli Affari religiosi Eli Ben Dahan ha detto: «I palestinesi non sono esseri umani, non meritano di vivere, non sono altro che animali». E la deputata della Knesset Ayelet Shaked ha detto: «Dobbiamo uccidere tutte le madri palestinesi, perché mettono al mondo quelli che ci combattono». Se vogliamo convivere, dobbiamo rinunciare a questo linguaggio, le parole possono fare molto male. Dobbiamo imparare a comprendere quello che provano le vittime dell’altra parte: nessuno può celebrare la morte di altri esseri umani. Ogni vita umana è preziosa allo stesso modo. Quando sanguiniamo, il sangue ha lo stesso colore per tutti. Nessun fine, per quanto elevato, giustifica l’uccisione di esseri umani. Non si possono uccidere donne e bambini per ragioni di autodifesa. C’è un altro modo di difendersi: mettere fine all’occupazione e permettere ai palestinesi di essere liberi. L’occupazione è la questione nevralgica di tutte le violenze e le ingiustizie del conflitto? Sì. Entrambi i popoli soffrono a causa del conflitto, ma i palestinesi soffrono più degli israeliani. I palestinesi sono gli occupati e oppressi, e gli israeliani sono gli occupanti e oppressori. Se si distrugge l’autostima e il rispetto di sé di qualcuno, ne risulterà per reazione un conflitto. Capisco perfettamente che questa situazione è anche una conseguenza della storia delle sofferenze del popolo ebraico, è una conseguenza dell’Olocausto. Ma i palestinesi non sono parte di quella storia, non sono stati loro a infliggere agli ebrei quel male. Gli ebrei sono stati vittime e provo compassione per la loro sofferenza, ma la sofferenza non dà diritto alla vittima di diventare carnefice. Noi palestinesi siamo diventati vittime di vittime diventate carnefici. Vittime che hanno lottato strenuamente e giustamente per la loro libertà. Ma anche noi palestinesi vogliamo la stessa libertà. È tempo che gli israeliani riconoscano che c’è un’occupazione e un’oppressione che riguarda i palestinesi, e dicano: «Non accettiamo più questo, perché amiamo la libertà e ci sta a cuore ogni vita umana». È tempo che riconoscano queste realtà e non si nascondano più dietro alle loro paure. La logica di Hamas, tuttavia, non è quel- la di chi abbia a cuore la vita umana. Il conflitto non è fra Hamas e gli israeliani, ma fra i palestinesi e gli israeliani. Hamas è solo una fazione, conseguenza delle dinamiche del conflitto. Il giorno che l’occupazione sarà consegnata alla storia, finiranno anche le fazioni palestinesi, il popolo palestinese vorrà vivere una vita pacifica e libera. I tentativi di fare avanzare i negoziati fra palestinesi e israeliani continuano a fallire, ultimo in ordine di tempo quello del segretario di Stato americano John Kerry. È possibile un nuovo inizio per i negoziati? Il negoziato ha senso quando è mirato a un obiettivo. Non si negozia per il gusto di negoziare, per passare il tempo. I palestinesi hanno negoziato per anni, e cosa hanno ottenuto? Niente. Anzi, un peggioramento della situazione: un numero crescente di insediamenti ebraici nei loro territori e nuove sofferenze. Perciò i palestinesi sono stanchi di negoziati che non concludono nulla e sono solo una perdita di tempo. Sì, i negoziati sono indispensabili, ma devono avere per obiettivo la fine dell’occupazione e tradursi in attività concrete sul terreno. Lei ha perso tre figlie innocenti cinque anni fa a causa della guerra. Che cosa significano, oggi, loro per lei? Cosa deve sapere e capire di loro il mondo? Oggi nelle mie figlie vedo tutti i bambini innocenti di Gaza che perdono la vita a causa di questo intervento armato. Questa cosa mi riempie di rabbia, perché è come versare sale su di una ferita. Ma mi rende più determinato nel mio proposito: non rinuncio, non mi arrendo; lavorerò sempre di più per fare sì che le mie figlie continuino a vivere attraverso le buone opere, attraverso azioni coraggiose, e non accetterò mai che ad altri figli accada ciò che è successo a loro. Nel libro Io non odierò ho scritto che se avessi saputo che quello delle mie figlie era l’ultimo sacrificio sulla strada per raggiungere la pace fra palestinesi e israeliani, avrei accettato la loro perdita. Purtroppo non è stato così, e la cosa mi riempie di rabbia, ma soprattutto sono deciso a fare di più perché la morte delle mie figlie e di mia nipote non sia stata vana. La settimana scorsa mia figlia Rafah, che ha da poco compiuto 15 anni, veden- «Dopo sessant’anni di guerre, il problema palestinese è ancora lì. Quando sanguiniamo il sangue ha lo stesso colore per tutti. NULLA GIUSTIFICA L’UCCISIONE DI ALTRE PERSONE» 16 | 20 agosto 2014 | | Dopo tre settimane dall’inizio del conflitto militare, la sanguinosa guerra a Gaza non sembra rallentare e le vittime da una parte e dall’altra continuano a crescere. Sotto, il medico palestinese Ezzeldin Abuelaish con le tre figlie uccise da una bomba israeliana nel 2009 do quello che sta succedendo ha detto: «Ho 15 anni, la stessa età che avevano le mie sorelle Mayar e Aya quando sono state uccise; io invece sono viva e mi sento colpevole di questo nei loro confronti». Cosa posso rispondere a mia figlia? Altri bambini vengono uccisi, altri ancora lottano per sopravvivere e alla fine si sentiranno colpevoli per quelli che sono morti. Allora dico alla gente: «Cosa possiamo fare per salvare le loro vite?». Voglio che il mondo agisca. Ciò che permette al male di trionfare è il fatto che le persone buone non facciano nulla. Dobbiamo alzare la voce: il mondo è il nostro mondo, è il mondo di tutti, nessuno ci è estraneo, nessuno è troppo lontano. È tempo di parlare a una sola voce e di agire come un solo uomo, e di affermare il valore di ogni vita indipendentemente dalla religione, dall’origine e dalla collocazione geografica di ciascuno. Quelli che stanno soffrendo sono esseri umani e appartengono alla famiglia umana, e tutti noi dobbiamo essere avvocati irriducibili dei nostri fratelli in umanità. n FIAMMA NIRENSTEIN, CORRISPONDENTE DEL GIORNALE Hamas è il vero nemico della pace «Mettetevi in testa che il problema non è Abu Mazen ma il Movimento islamico di resistenza. Occorre disarmarli prima di intavolare qualsiasi trattativa» Foto: AP/LaPresse «I i palestinesi, il problema è Hamas. Loro non vogliono due popoli in due stati, vogliono la distruzione di Israele: c’è scritto nel loro statuto. Finché non verranno smilitarizzati, non ci potrà essere nessuna pace. Vogliono il califfato universale, sono degli estremisti, non c’entrano nulla con le ambizioni nazionaliste palestinesi». Fiamma Nirenstein, corrispondente de Il Giornale da Gerusaleml problema non sono me, si stupisce che molti in Europa non afferrino questo basilare concetto. Che in Israele, dice, tutti condividono, a destra e a sinistra. «Gaza è stata evacuata dagli israeliani nel 2005, non ci sono territori occupati da restituire. Mettere a tema adesso l’occupazione, i Territori occupati, è fuorviante rispetto ai motivi del conflitto presente». Prima di scrivere il suo pezzo per il quotidiano milanese risponde ad alcune domande di Tempi. Qual è il sentimento predominante fra gli israeliani, se ce n’è uno, riguardo a questo conflitto di Gaza? Il sentimento di non avere avuto neanche stavolta altra scelta che quella di fare una guerra. Un paese che nelle ultime due settimane è stato bersaglio di 2.500 lanci di razzi, che hanno paralizzato la vita in due terzi del territorio, non può non combattere. Il governo sta facendo solo il suo dovere, che è quello di proteggere la popolazione: cerca di bloccare i lanci dei razzi. Non è una guerra di conquista, né per fare delle vittime a Gaza, è una guerra per difendere il popolo israeliano. Le vittime fra i civili israeliani sono state poche perché Israele considera sacra la loro vita e fa di tutto per proteggerla: il sistema di difesa antimissilistico è costosissimo, come pure i rifugi antibomba, ma sono efficaci. Ricordate che per salvare la vita del soldato Shalit, Israele ha accettato di liberare migliaia di terroristi incarcerati. Invece i cittadini di Gaza sono usati come scudi umani da Hamas, che sistema i lanciarazzi dentro alle loro case, i depositi di armi den| | 20 agosto 2014 | 17 ESTERI SULLA STRISCIA DI GAZA «I cittadini di Gaza sono usati come scudi umani da Hamas», racconta Fiamma Nirenstein. Il Movimento islamico di resistenza sistema i lanciarazzi dentro le case dei civili e «Israele per difendersi deve colpirle» Dal 2009 i conflitti di Gaza ricorrono ogni due-tre anni. Perché il tempo fra una guerra e l’altra non è mai sufficiente a portare avanti un negoziato di pace efficace e costruttivo? Perché Hamas non è assimilabile al negoziato. Con Abu Mazen la trattativa sussiste, perché il suo partito Fatah e il suo governo hanno l’obiettivo di due stati con due popoli. Con Hamas non c’è nulla da discutere: gli israeliani hanno evacuato il territorio dove adesso governano loro. Molto tempo fa 10 mila coloni hanno abbandonato le loro fattorie e le serre che avevano costruito, rimossi a forza da Sharon. Hamas ha distrutto le infrastrutture lasciate dai coloni e oggi la gente nella Striscia fa la fame. Cosa pensano gli israeliani del loro premier Netanyahu? Su Haaretz ho letto commenti favorevoli e commenti molto critici. Yossi Sarid ha scritto che Netanyahu preferisce la guerra alla pace, perché se arrivasse la pace il suo governo cadrebbe. La grande maggioranza approva la linea del primo ministro, e non è vero che sia bellicista: non ha mai fatto una guerra, 18 | 20 agosto 2014 | | è un primo ministro di un equilibrio straordinario, disponibile alla tregua quando erano gli altri a rifiutarla. È vittima di pregiudizi perché non è di sinistra. Sarid parla a quel modo di Netanyahu perché lui è un esponente politico della sinistra, ex ministro, ma la moderazione dell’attuale primo ministro israeliano è evidente a tutti. L’attacco di terra a Gaza è stato ordinato solo quando Hamas ha cercato di usare i suoi tunnel per entrare in territorio israeliano e rapire i civili dei kibbutz. Hamas è un pericolo per tutta la regione, basta vedere la degenerazione dei suoi rapporti con l’Egitto. Hamas non c’entra nulla con gli insediamenti in Cisgiordania, coi coloni e tutto il resto per cui Israele viene criticato. Hamas governa un territorio abitato da 1,6 milioni di persone utilizzando tutte le risorse che arrivano, compresi gli aiuti internazionali, non per migliorare la vita della gente, ma per fare la guerra a Israele. La guerra di Gaza ha fatto dimenticare i due fatti atroci del mese scorso: i tre ragazzi israeliani rapiti e trucidati, il ragazzo arabo rapito e bruciato vivo. Cosa pensano gli israeliani dell’accaduto? Hanno vissuto tutto questo come una tragedia. Hanno sofferto per due settimane per il rapimento dei tre ragazzi, poi sono rimasti stravolti e stupefatti dalla notizia del ragazzo arabo ucciso. Gli assas- Abu Mazen è visto come un partner per la pace o come un nemico paludato con cui non si può trattare seriamente? Come un partner. Israele vorrebbe che Abu Mazen diventasse, insieme eventualmente agli americani e all’Onu, il garante del disarmo di Hamas nel contesto di un accordo per la fine delle operazioni militari. Per Israele la premessa a qualunque accordo coi palestinesi è il disarmo di Hamas: non per ragioni teoriche, ma per un motivo pratico. Se Hamas non viene disarmata e i suoi tunnel distrutti, il conflitto può ricominciare in qualunque momento e allora gli accordi non hanno più significato. Naturalmente il discorso presuppone che Abu Mazen regga politicamente, e questa cosa non è affatto sicura: proprio ora stanno cominciando grandi manifestazioni in Cisgiordania contro la sua linea politica. La solidarietà dell’opinione pubblica palestinese della West Bank nei confronti di Hamas sta crescendo, e questo potrebbe mettere in crisi il presidente palestinese. E ricordatevi che Hamas significa Fratelli Musulmani e significa califfato islamico. A loro non interessa nessuna soluzione condivisa, interessa solo una soluzione islamista. [rc] Foto: AP/LaPresse tro alle infrastrutture civili o nei pressi. Per proteggere le case dei civili israeliani, Israele deve colpire le case di civili di Gaza che ospitano le armi di Hamas, purtroppo. sini israeliani del palestinese sono rigettati dalla società israeliana, fanno schifo a tutti. Saranno processati e condannati all’ergastolo. Provengono dagli ultras di una squadra di calcio, appartengono a gruppi marginali della società. Nessuno nel paese ha espresso apertamente approvazione per quello che hanno fatto. Invece i responsabili del rapimento e della morte dei tre ragazzi israeliani sono celebrati come eroi nazionali in molti ambienti palestinesi e nei social network. Sono stati apprezzati come combattenti per la libertà. La tragedia delle madri che hanno avuto i figli uccisi è la stessa, il dolore per le sofferenze il medesimo, ma la reazione dei referenti politici palestinesi è stata totalmente diversa da quella israeliana. CULTURA L’ANNIVERSARIO Una vita in trincea Tre anni in guerra per raccontare vittorie e sconfitte dei soldati. Poi a Milano, nelle sue Officine, al servizio del grande cinema italiano. Si è inventato la moviola, lo strumento che ha rivoluzionato costume e linguaggio del paese. I primati dell’indomabile Attilio Prevost | DI RACHELE SCHIRLE 1915-1918 – Soldato italiano nel camminamento di Cima Campanaro 20 | 20 agosto 2014 | | | | 20 agosto 2014 | 21 CULTURA L’ANNIVERSARIO D i fronte alla Grigna e davanti alla chiesetta della Madonna del Ghisallo patrona dei ciclisti, in un paesaggio di grande bellezza nel comune di Magreglio, piccolo borgo della penisola lariana con meno di 700 abitanti, sorge dal 2006 il Museo del ciclismo. Qui è allestita per tutta l’estate una mostra davvero singolare. Non racconta di sport, ma di primati e narra con immagini del tutto inedite la storia dell’italiano Attilio Prevost (1890-1954) e della sua vita spesa sempre in prima linea. Magreglio lo ricorda a sessant’anni dalla morte perché fu il suo primo sindaco del Dopoguerra repubblicano (1951-1954); eletto ad acclamazione generale dagli abitanti del piccolo borgo prealpino che, fin dal 1936, aveva frequentato e imparato ad amare. L’incarico amministrativo giunse a coronare un’esistenza di grandi passioni: da ragazzo combatté durante la Prima Guerra Mondiale sul fronte austriaco (1915-1918), non imbracciò la baionetta ma la macchina fotografica; fu infatti un pioniere del fotoreportage di guerra e tra i primi cineoperatori a entrare in Gorizia (9-17 agosto 1916), Trento e Trieste (3 novembre 1918) liberate dagli occupanti austriaci. Da ingegnere dedicò la vita al lavoro e, in tempo di pace, divenne imprenditore, fondando nel 1913, con la moglie Elena Lanzoni, una società di apparecchiature cinematografiche. Dopo la guerra nacquero le Officine Prevost Milano (1920-1991), che divennero nel corso degli anni la prima industria del cinema italiano. Famose per la produzione di proiettori cinematografici e soprattutto per le moviole (ovvero i tavoli per la sincronizzazione e il montaggio dei film), furono azienda leader in Italia e tra le prime nel mondo, vivendo il boom economico degli anni Sessanta sotto la direzione tecnica del nipote Attilio Prevost jr (1918-2010). 22 | 20 agosto 2014 | | 1 2 3 Proprio quest’anno, dopo più di un secolo di dominio assoluto, la pellicola 35mm ha ceduto definitivamente il passo alle tecnologie digitali. Il modo di fare cinema è in parte cambiato, si è messa la parola fine a un’epoca di pionieri, di scienziati e di artisti indimenticabili, ma proprio per questo è il momento giusto per ricordare i fondatori di una delle più prestigiose aziende cinematografiche che ha attraversato il Novecento al servizio del pensiero di tanti autori della settima arte, permettendo prima il montaggio e poi la visione al pubblico dei loro capolavori. Sulle moviole Prevost montarono i loro film registi del calibro di Federico Fellini, Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Alberto Lattuada, Pier Paolo Pasolini e Orson Welles, per citarne alcuni. La moviola Prevost divenne popolare con La Domenica sportiva, trasmissione cult della tv italiana degli anni Settanta. Fino ad allora la moviola era stata usata soltanto nel cinema, ma dal pomeriggio del 22 ottobre 1967, quando il giornalista Carlo Sassi – rivedendo le immagini al rallentatore del derby Inter-Milan finito 1 a 1 – scoprì che la palla del pareggio di L’ESPOSIZIONE Oltre 200 scatti per ricordare il conflitto ’15-’18 4 1 e 2. Attilio Prevost nel 1910. Fu uno dei primi fotoreporter nella Grande Guerra. I suoi scatti raccontano della vita dei soldati in trincea. 3. Il vate Gabriele D’Annunzio con l’ufficiale Polli prima di un decollo. 4. Il maestro Arturo Toscanini, quasi 50enne, visita le truppe al fronte. 5. Autoveicolo militare bloccato sul bordo di un precipizio Gianni Rivera non era goal, la moviola fu impiegata ogni domenica per rivedere le azioni calcistiche e creò una rivoluzione del costume e persino del linguaggio: la parola moviola divenne metafora di qualcosa di rallentato e rivisto ripetutamente. Anche i Beatles e Herbert Von Karajan richiedevano le moviole Prevost per montare i loro filmati. Ed è sempre Prevost il proiettore immortalato da Giuseppe Tornatore nel film Nuovo Cinema Paradiso (Oscar nel 1989). Allestita sulle dieci vetrate esterne del museo, come una pellicola che si svolge La mostra “Attilio Prevost (1890-1954). Una vita in prima linea” è in corso fino al 7 settembre al Museo del ciclismo Madonna del Ghisallo (via Gino Bartali 4; www. museodelghisallo.it), a Magreglio (Como). Allestita con una soluzione grafica di forte impatto visivo, pensata dallo Studio Cree di F.G. Confalonieri, la mostra prosegue all’interno con la proiezione di un video di oltre 200 foto inedite della Prima Guerra Mondiale (alcune delle quali vedete in queste pagine), scattate da Prevost e con commento musicale curato da Marco Mojana. Il Museo del ciclismo sorge sul Passo del Ghisallo (754 metri), meta ogni anno di migliaia di sportivi che salgono fino al Santuario del XVII secolo, dove si conserva un dipinto della Beata Vergine Maria. La Madonna del Ghisallo, proclamata Patrona dei ciclisti nel 1949 da Pio XII, conserva al suo interno una grande fiaccola di bronzo, accesa e benedetta da papa Pacelli. Il museo è stato inaugurato nel 2006 e l’ultima pietra della costruzione benedetta in Vaticano da Benedetto XVI. 5 e riavvolge in un flashback dove la fine coincide con l’inizio, la mostra non passa inosservata e richiama l’attenzione su un uomo di genio e di umili origini, che si mette in gioco a 360 gradi, combatte nelle trincee e poi continua a combattere in un altro senso, mettendo cioè il suo talento in un’impresa la cui parabola arriva fino alla rivoluzione digitale, attraversando un mondo fuori controllo, quando piomba nel disordine più spaventoso con la fine degli imperi centrali, la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Era nato a Torino il 6 settembre 1890. Ultimo di sette fratelli era il “cit” (piccolino in piemontese) di sua mamma; allievo presso l’istituto religioso dei “Fratelli delle Scuole Cristiane” conobbe un certo clero classista e incline alle famiglie altolocate. Il risultato fu che Attilio Prevost divenne ateo e pur desiderandolo moltissimo, non incontrò mai un sacerdote in grado di riconciliarlo con la Chiesa. Forse vedeva nella natura un grande segno dell’esistenza di Dio, amava i fiori e le piante, ne conosceva tutti i nomi in latino e nelle notti d’estate osservava il cielo stellato col telescopio. Si diplomò alla | | 20 agosto 2014 | 23 CULTURA L’ANNIVERSARIO 6 école d’Ingénieurs di Parigi, con il rimpianto di non essersi laureato al Politecnico di Torino: la sua famiglia era povera e non poteva pagare quegli studi. Le battaglie dell’ingegnere Dal 1908 al 1910 lavorò alla Milano-Films di Luca Comerio come capo officina in meccanica di precisione. La sua passione era il cinema. Il suo mestiere era progettare apparecchi cinematografici. Gli piaceva vedere girare il mondo dietro la manovella della cinepresa. Quando, il 23 maggio 1915, l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria, partì per il fronte orientale come cineoperatore e fotografo per il Comando Supremo della grande III Armata, agli ordini di Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, lungo la linea che andava dal monte Sabotino all’Adriatico. Indossò la divisa da tenente per 72 mesi: volontario per un anno; alla scuola allievi Ufficiali per due (1912-1914), in guerra per tre (1915-1918). Durante gli anni al fronte scattò migliaia di fotografie, filmò campi di prigionia, le trincee sul Carso, i camminamenti a Cima Campanaro, le prime linee a Candelù, le cenge innevate dell’Adamello e del Tonale, l’attacco a Oslavia, l’ingresso trionfale in Gorizia, Trento e Trieste. Immortalò la visita alle truppe del maestro Arturo Toscanini e del vate Gabriele D’Annunzio. Le fotografie, per decenni a uso esclusivo del ministero della Guerra, sono state messe a disposizione dall’Archivio Lari Prevost per la mostra, curata dalla nipote Annamaria Mojana Lari Prevost con la figlia Marina. La seconda battaglia della sua vita lo vide industriale metalmeccanico, lottare in prima linea accanto ai suoi operai e dipendenti. Le Officine Prevost Milano, nate nel 1920, rimasero in attività durante la Seconda Guerra Mondiale, pur tra mille peripezie. La notte del 13 agosto 1943 andarono in fiamme sotto le bombe sganciate su Milano dalle forze anglo24 | 20 agosto 2014 | | 7 8 americane. Lo stabilimento, in via Desenzano 2, costruito appena cinque anni prima con la moglie Elena e il fratello Augusto, venne scoperchiato: rimasero in piedi soltanto i muri perimetrali, i macchinari erano anneriti e gli impianti cinematografici in costruzione sepolti dalle macerie e dai vetri dei lucernai. In frantumi erano andati anche i sogni dell’ingegner Attilio che, vedendo il disastro, con la testa tra le mani pianse amaramente. Poi accadde l’imprevedibile: uno ad uno gli operai, giunti alla spicciolata, lo consolarono e lo sostennero; si rimboccarono le maniche, ricostruirono il tetto e ripulirono gli ambienti: nel giro di un mese il lavoro in fabbrica potè ricominciare, nonostante i tempi bui e calamitosi. I guai non erano infatti finiti: il 18 settem- bre 1944, lo stabilimento venne occupato dal comando supremo della Wehrmacht e i proiettori spediti in Germania per la proiezione di film che tenessero alto il morale delle truppe tedesche. Ma anche la Prevost, a suo modo, fece la sua “resistenza”: gli operai sabotarono gli apparecchi in partenza per la Germania inserendo invisibili granelli di sabbia negli ingranaggi che, sul più bello della proiezione, si inceppavano, mandando all’aria la visione del film e facendo infuriare Heinrich Himmler, comandante delle SS. Al servizio della settima arte Finita la guerra Attilio Prevost tornò alla prima passione: il cinema. Sulle sue moviole (tavoli orizzontali per la sincronizzazione e il montaggio dei film) lavo- 6. Estate 1943. Poco prima di partire per la Russia, don Carlo Gnocchi (nella foto tra gli altri due sacerdoti) fa visita a un gruppo di amici in vacanza a Magreglio. Attilio è il primo a sinistra in piedi. I registi italiani Vittorio De Sica (7) Alberto Lattuada (8), Pier Paolo Pasolini (9, con Attilio centro) al lavoro sui tavoli di montaggio Prevost. Su queste moviole furono montati i più celebri film del Dopoguerra: Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), Miracolo a Milano (1950). 10. La Prevost va in tribunale per visionare il film La Ricotta di Pasolini, ritirato con l’accusa di vilipendio alla religione di Stato (1963) 10 9 rarono i più grandi registi del Novecento e vennero montati celebri film: Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), Miracolo a Milano (1950), La dolce vita (1960), e altri capolavori del Neorealismo; i suoi proiettori erano richiesti in tutto il mondo, dall’Oratorio di Magreglio ai cinema di Milano, dallo scià di Persia al re di Giordania. In India rappresentavano la Prevost i fratelli Shah; erano suoi clienti la S.P.E.S. di Roma e i produttori Carlo Ponti e Dino De Laurentiis. La seconda passione della sua vita fu Magreglio. L’ingegner Attilio Prevost adorava trascorrere il mese di agosto al fresco delle Prealpi, a pochi chilometri dalle sorgenti del Lambro, tra boschi di castagni e faggi; durante la guerra aveva voluto sfollare proprio lì la sua famiglia. Era un ospite gentile e autorevole, veniva dalla grande città e in lui la piccola comunità montana – dopo la stagione fascista e con la caduta della monarchia – trovò l’uomo giusto per la ricostruzione. Sindaco amato e temuto Nell’estate del 1951 venne eletto sindaco col consenso generale. In tre anni portò la linea telefonica in tutte le case, incanalò nell’acquedotto la sorgente Terbiga, diede una sede al Comune di Magreglio e nell’edificio del nuovo municipio – progettato dall’architetto Mario Cavallè, altro illustre villeggiante – incorporò poste, telegrafi, scuole elementari. Stimato e benvoluto dalla popolazione, incuteva molto rispetto perché era di poche parole. A lui i magregliesi ricorre- DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE anche la Prevost fece la sua “resistenza”: gli operai MISERO FUORI USO gli apparecchi IN MODO CHE DURANTE LE proiezionI si inceppaSSERO, facendo infuriare Himmler, comandante delle SS vano per risolvere anche questioni e liti familiari. La morte lo colse all’improvviso, il 3 maggio 1954, mentre lavorava alla copertura del Lambro. Nel 1955 vedova e nipote organizzarono due pullman per tutti i componenti delle Officine Prevost (oltre 100 tra operai e impiegati) in una specie di pellegrinaggio a Magreglio – a un anno dalla morte del suo sindaco – e donarono al Comune una targa ricordo del loro fondatore, posta nella sala consiliare sotto la fotografia del suo ritratto, dipinto da Augusto Colombo. Il neo sindaco Danilo Bianchi oggi gli rende omaggio, ricordando non soltanto una personalità di rilievo internazionale, ma anche un uomo generoso, che dedicò le sue ultime energie al bene comune. n | | 20 agosto 2014 | 25 società 26 | 20 agosto 2014 | periferie/9 | | DI Igor Turnaev Incontrare Cristo nella fredda steppa Ha resistito al freddo, alla fame, ai bolscevichi, a Stalin. Le sue chiese sono state distrutte, ma Lui non se n’è mai andato. È rimasto nei paesi più sperduti. Nel cuore degli anziani e poi in quello dei loro figli e nipoti. Fino a Igor. Ecco la sua storia Foto: Olga Saliy/Shutterstock.com H trattorista e fabbro, lei mungitrice e addeto trascorso la mia infanzia in un villaggio chiamato Suzdalka, nel ta ai vitelli. Il sovkoz era di proprietà stadistretto di Dovolenskyi (Novosi- tale e più che una fattoria era organizzabirsk), paese natale di mio padre. ta come una fabbrica. Fino alla RivoluzioIl paesaggio intorno al villaggio era un ne del 1917 nei villaggi i contadini potevamisto di boschi e steppa: grandi praterie no lavorare i propri appezzamenti, poi i aperte si alternavano a boschetti di betulle bolscevichi prima e la politica di Krusciov e pioppi, in mezzo ai quali erano dissemi- dopo, hanno confiscato ogni bene privato, nati centinaia di laghetti nei quali viveva persino il bestiame che le famiglie possedevano per i generi di prima un’incredibile quantità di necessità. Tutto doveva oche selvatiche e anatre. in viaggio essere acquistato nei negoA Suzdalka abitavaSeguendo l’invito zi di città. Ma Krusciov no circa 1.100 persone. A di papa Francesco aveva dovuto fare i conquell’epoca per arrivare a Continua il viaggio di ti con la tenace resistenNovosibirsk ci volevano 12 Tempi nelle periferie za dei contadini a queste ore di viaggio: due autoesistenziali. Le tappe precedenti: la tribù dei leggi. Vista la loro testarbus e poi un treno. D’estatupurì africani (Rodolfo daggine, il suo successore te noi bambini passavamo Casadei), la borgata di Breznev decise di lasciar l’intera giornata in mezRoma (Monica Mondo), loro delle piccole propriezo ai laghetti, tanto che la missione di padre Belcredi in Amazzonia tà, così che gli abitanti spesso mia madre doveva (Piero Gheddo), il ghetto delle campagne potessero ricacciare a casa me e i dei profughi a Tripoli mantenersi anche con i miei fratelli minori (nati (Gian Micalessin), Oxford prodotti dell’orto. Lo stia Suzdalka), servendosi di (Antonio Gurrado), il kibbutz Sasa in Israele pendio del sovkoz dipenrametti di ortica che bru(Angelica Calò Livné), le deva dai risultati produtciavano maledettamente! township del Sudafrica tivi. Nel distretto di DovoNel villaggio c’era un (Lorella Beretta) la camlenskyi c’erano una ventisovkoz (fattoria collettiva, pagna della Piana del Sele di Eboli (Peppe Rinaldi). na di sovkoz, di cui solo ndr) dove lavoravano mio 3 o 4 pagavano gli opepadre e mia madre: lui era | | 20 agosto 2014 | 27 8) per godimento di beni di terzi 134.342 151.307 9) per il personale: a) salari e stipendi 650.191 670.321 b) oneri sociali 185.227 193.763 c), d), e) trattamento di fine rapporto, trattamento di 40.863 48.835 quiescenza, altri costi del personale c) trattamento di fine rapporto 40.863 48.835 d) trattamento di quiescenza e simili e) altri costi Totale costi per il personale 876.281 912.919 10) ammortamenti e svalutazioni: a), b), c) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali 69.303 26.708 e materiali, altre svalutazioni delle immobilizzazioni a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali 42.386 21.446 b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali 26.917 5.262 c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni d) svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle disponibilità liquide Totale ammortamenti e svalutazioni 69.303 26.708 11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci 12) accantonamenti per rischi 13) altri accantonamenti 14) oneri diversi di gestione 37.884 152.733 Totale costi della produzione 2.873.220 2.810.256 Differenza tra valore e costi della produzione (A - B) 13.476 66.157 C) Proventi e oneri finanziari: 15) proventi da partecipazioni da imprese controllate da imprese collegate altri Totale proventi da partecipazioni 16) altri proventi finanziari: a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni da imprese controllate da imprese collegate da imprese controllanti altri TEMPI SOCIETA' COOPERATIVATotale proventi finanziari da crediti iscritti nelle immobilizzazioni b), c) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni e da titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni c) da titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni d) proventi diversi dai precedenti da imprese controllate Bilancio al 31/12/2013 Pag. 5 di 6da imprese collegate da imprese controllanti Generato automaticamente - Conforme alla tassonomia itcc-ci-2011-01-04 altri 2.478 420 Totale proventi diversi dai precedenti 2.478 420 Totale altri proventi finanziari 2.478 420 17) interessi e altri oneri finanziari a imprese controllate a imprese collegate a imprese controllanti altri 7.263 11.382 Totale interessi e altri oneri finanziari 7.263 11.382 17-bis) utili e perdite su cambi -44 Totale proventi e oneri finanziari (15 + 16 - 17 + - 17-bis) -4.785 -11.006 D) Rettifiche di valore di attività finanziarie: 18) rivalutazioni: a) di partecipazioni b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni c) di titoli iscritti all'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni Totale rivalutazioni 19) svalutazioni: a) di partecipazioni b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni c) di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni Totale svalutazioni Totale delle rettifiche di valore di attività finanziarie (18 - 19) E) Proventi e oneri straordinari: 20) proventi plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non sono iscrivibili al n5 Differenza da arrotondamento all'unità di Euro altri 50.288 12.236 Totale proventi 50.288 12.236 21) oneri minusvalenze da alienazioni i cui effetti contabili non sono iscrivibili al n 14 imposte relative ad esercizi precedenti Differenza da arrotondamento all'unità di Euro 2 2 altri 19.061 3.365 Totale oneri 19.063 3.367 Totale delle partite straordinarie (20 - 21) 31.225 8.869 Risultato prima delle imposte (A - B + - C + - D + - E) 39.916 64.020 22) Imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate imposte correnti 50.385 52.100 imposte differite imposte anticipate proventi (oneri) da adesione al regime di consolidato fiscale / trasparenza fiscale Totale delle imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, 50.385 52.100 differite e anticipate 23) Utile (perdita) dell'esercizio -10.469 11.920 PUBBLICAZIONE BILANCIO AL 31.12.2013 DI TEMPI SOCIETà COOPERATIVA Ai sensi dell’articolo 9 della delibera 129/02/Cons. dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni Capitale sociale euro 550= codice fiscale n° 03596310965 TEMPI SOCIETA' COOPERATIVA REA Milano n° 1687470, Iscr. albo Coop. n° A102419 Stato patrimoniale Attivo A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti Parte richiamata Parte da richiamare Totale crediti verso soci per versamenti ancora dovuti (A) B) Immobilizzazioni I - Immobilizzazioni immateriali Valore lordo Ammortamenti Svalutazioni Totale immobilizzazioni immateriali II - Immobilizzazioni materiali Valore lordo Ammortamenti Svalutazioni Totale immobilizzazioni materiali III - Immobilizzazioni finanziarie 2) crediti esigibili entro l'esercizio successivo esigibili oltre l'esercizio successivo Totale crediti Altre immobilizzazioni finanziarie Totale immobilizzazioni finanziarie Totale immobilizzazioni (B) C) Attivo circolante I - Rimanenze Totale rimanenze II - Crediti esigibili entro l'esercizio successivo esigibili oltre l'esercizio successivo Totale crediti III - Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni Totale attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni IV - Disponibilità liquide Totale disponibilità liquide Totale attivo circolante (C) D) Ratei e risconti Totale ratei e risconti (D) Totale attivo Passivo A) Patrimonio netto I - Capitale II - Riserva da soprapprezzo delle azioni III - Riserve di rivalutazione IV - Riserva legale V - Riserve statutarie VI - Riserva per azioni proprie in portafoglio VII - Altre riserve, distintamente indicate Differenza da arrotondamento all'unità di Euro Totale altre riserve VIII - Utili (perdite) portati a nuovo IX - Utile (perdita) dell'esercizio Utile (perdita) dell'esercizio. Copertura parziale perdita d'esercizio Utile (perdita) residua Totale patrimonio netto B) Fondi per rischi e oneri Totale fondi per rischi ed oneri C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato 2013-12-31 2012-12-31 - - 612.626 242.507 370.119 612.626 182.840 429.786 83.156 43.878 39.278 56.183 34.240 21.943 409.397 451.729 - - 2.729.676 26.838 2.756.514 2.605.995 27.606 2.633.601 - - 9.387 2.765.901 159.110 2.792.711 14.336 3.189.634 18.059 3.262.499 700 26.560 51.070 - 700 22.984 43.084 - -1 -1 - -1 -1 - -10.469 - 11.920 - 67.860 78.687 291.581 278.308 -10.469 11.920 TEMPI SOCIETA' COOPERATIVA D) Debiti esigibili entro l'esercizio successivo 2.300.042 2.348.524 esigibili oltre l'esercizio successivo 346.647 346.647 Bilancio al 31/12/2013 Pag. 2 di 6 Totale debiti 2.646.689 2.695.171 TEMPI SOCIETA' COOPERATIVA E) Ratei e risconti Totale ratei e risconti 183.504 210.333 Generato automaticamente - Conforme alla tassonomia itcc-ci-2011-01-04 Totale passivo 3.189.634 3.262.499 Conto economico A) Valore della produzione: 1) ricavi delle vendite e delle prestazioni 2), 3) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti e dei lavori in corso su ordinazione 2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti 3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione 4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni 5) altri ricavi e proventi contributi in conto esercizio altri Totale altri ricavi e proventi Totale valore della produzione B) Costi della produzione: 6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci 7) per servizi 8) per godimento di beni di terzi 9) per il personale: a) salari e stipendi b) oneri sociali c), d), e) trattamento di fine rapporto, trattamento di quiescenza, altri costi del personale c) trattamento di fine rapporto d) trattamento di quiescenza e simili e) altri costi Totale costi per il personale 10) ammortamenti e svalutazioni: a), b), c) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali e materiali, altre svalutazioni delle immobilizzazioni a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni d) svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle disponibilità liquide Totale ammortamenti e svalutazioni 11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci 12) accantonamenti per rischi 13) altri accantonamenti 14) oneri diversi di gestione Totale costi della produzione Differenza tra valore e costi della produzione (A - B) C) Proventi e oneri finanziari: 15) proventi da partecipazioni da imprese controllate 2013-12-31 2012-12-31 2.485.789 - 2.066.729 - - - - 389.394 350.000 50.907 400.907 2.886.696 350.000 70.290 420.290 2.876.413 656.309 1.099.101 134.342 262.622 1.303.967 151.307 650.191 185.227 40.863 670.321 193.763 48.835 40.863 876.281 48.835 912.919 69.303 26.708 42.386 26.917 - 21.446 5.262 - 69.303 - 26.708 - 37.884 2.873.220 13.476 152.733 2.810.256 66.157 - - Bilancio al 31/12/2013 Pag. 6 di 6 Generato automaticamente - Conforme alla tassonomia itcc-ci-2011-01-04 PERIFERIE/9 SOCIETÀ A Suzdalka, nel distretto di Dovolenskyi (Novosibirsk) c’era una fattoria collettiva dove lavoravano i genitori di Igor. Il padre come fabbro e trattorista, la madre (a destra) come mungitrice e addetta ai vitelli rai dignitosamente. In casa, grazie ai prodotti dell’orto riuscivamo a nutrirci molto bene, ma non avevamo quasi mai soldi per comprare altri beni. Ad esempio, il pane non era sempre in tavola. E le volte che riuscivamo a permettercelo occorreva fare una lunghissima fila per comprarlo. Domenica, giorno di festa Mi piaceva molto passare la notte dai nonni paterni. È uno dei ricordi d’infanzia più luminosi. Mi svegliavo al mattino, affondavo nel grosso pagliericcio di piume, i primi raggi del sole penetravano attraverso le persiane semichiuse. Amavo tantissimo quella casa: aveva un giardino, un orto con un pozzo da cui si traeva un’acqua buonissima e gelida che tagliava i denti. Mangiavo 3o 4 scodelle di zuppa di barbabietole (il borsch) oppure, quando c’era, il pane con la marmellata di lamponi. Spesso, la sera, dalla nonna si radunavano altri anziani, che bevevano un po’ di vodka o altri liquori casalinghi, giocavano a carte e poi cantavano le canzoni della tradizione popolare. Avevano un modo di cantare particolare. Non ho più sentito nessuno cantare così intensamente, nemmeno i migliori gruppi folcloristici. La chiesa del paese era stata distrutta durante la Rivoluzione, ma gli anziani erano riusciti a trasmettere ai loro figli qualcosa di speciale, quella sensibilità particolare a riconoscere la bellezza e la giustizia tipica della cultura ortodossa. La responsabilità dell’educazione morale nel villaggio era affidata agli anziani: erano loro a dire ai giovani cosa si doveva fare e come, dove stava il bene e dove il male. All’età di 15 anni, con tutta la famiglia ci siamo trasferiti in una cittadina molto più vicina a Novosibirsk. Mi accorsi subito che lì i costumi morali erano peggiori: le persone rubavano, si ubriacavano, scoppiavano risse, per molta gente c’era solo La chiesa del paese era stata distrutta, ma gli anziani avevano trasmesso ai loro figli qualcosa di speciale, quella sensibilità particolare a riconoscere la bellezza e la giustizia tipica della cultura ortodossa un pensiero, dove trovare da bere. In quei luoghi l’educazione non era affidata agli anziani. Per questo dalle città arrivava la peggior degradazione morale. Per fortuna, tutti i sabati tornavamo dai nonni per fare la sauna. Non certo per curare la nostra bellezza. Era una tradizione ben precisa, con un senso: la domenica era giorno di festa, si andava in chiesa con l’abito migliore. Quindi il sabato bisognava lavarsi bene per incontrare Cristo con anima e corpo purificati. La chiesa nel villaggio non c’era più da un pezzo, ma la tradizione e il credo cristiano erano rimasti. Il servizio militare Dopo la fine della scuola dell’obbligo, ho lavorato anch’io un paio d’anni nel sovkoz, e poi mi sono arruolato in Marina. Terminati i tre anni di leva obbligatoria sono tornato al villaggio, ho lavorato come fabbro per un anno, poi mi sono iscritto all’università di Novosibirsk, alla facoltà di Biologia. Di tutti gli abitanti dei due villaggi in cui sono cresciuto, sono stato l’unico a frequentare quella prestigiosa università. Ma il servizio militare aveva cambiato il mio sguardo sulla vita. Ancor prima di iscrivermi, per la prima volta mi ero imbattuto in modo chiaro nella religione. Al termine del servi| | 20 agosto 2014 | 29 SOCIETÀ PERIFERIE/9 Suzdalka era un villaggio abitato da circa 1.100 persone. Quando Igor era bambino per arrivare a Novosibirsk occorreva cambiare due autobus e poi un treno. In tutto 12 ore di viaggio zio militare avevo provato un profondo senso di solitudine, mi sentivo incompreso da chiunque. Fu allora che mio cugino, che stava a Novosibirsk, mi invitò a un incontro organizzato da una giovane comunità protestante, la “Chiesa di Cristo”. In quel gruppo tutti si chiamavano l’un l’altro “fratello e sorella”. Grazie a quelle persone ho cominciato a leggere la Bibbia, il Nuovo Testamento. E ne rimasi colpito. Ho pianto leggendo il Vangelo. Ma col tempo mi sono accorto che lo stare insieme di quelle persone era un po’ artificioso. Tante parole sull’amore, ma di amore vero non ce n’era. Così ho smesso di frequentarli. Ero rimasto deluso, ma non di tutto. La fede era rimasta, ma Cristo era semplicemente qualcosa che bisognava stimare, venerare da lontano. Ma sentivo che tutto ciò non poteva bastarmi. Quelle persone in università Studiare all’università è stato difficile, soprattutto all’inizio, perché nei cinque anni passati per il servizio militare e il lavoro nel sovkoz avevo dimenticato tutto quello che avevo imparato a scuola. Sono entrato all’università quando la perestroika era all’apice. Quando ho cominciato, il sussidio che gli studenti ricevevano era superiore allo stipendio di un operaio del nostro sovkoz, ma già dal mio secondo anno di corso tutto era cambiato e il sussidio era diventato miserevole. Come tutti gli altri studenti cominciai a lavorare: vendevo materiali di cancelleria agli uffici amministrativi del Distretto. Stavo via qualche giorno e coi soldi guadagnati riuscivo a mantenermi e a studiare per un mese. Mia mamma poteva aiutarmi solo con qualche genere alimentare, mio padre invece ignorava me e i miei fratelli. All’università conobbi una ragazza della facoltà di Lettere. Io avevo 25 anni, lei 17. Fra di noi ci fu una mezza storia, simile a tante altre. All’inizio non ero troppo convinto. Dopo 6 mesi, quando i miei sen30 | 20 agosto 2014 | | timenti erano cambiati e mi ero accorto di volerle davvero bene, era già troppo tardi. In quei primi anni di università avevo ancora i nervi scossi, probabilmente per quanto vissuto durante la leva militare: spesso avevo attacchi di panico, altre volte, al contrario, un coraggio temerario. Avevo cercato diverse terapie psicologiche per risolvere questo problema, ma nulla sembrava fatto per me. Cristo, quella figura che lentamente avevo imparato a conoscere quando partecipavo agli incontri della comunità protestante, era l’unica persona capace di combattere la paura, indipendentemente dai fattori esterni. Raccontai di questa mia convinzione a quella ragazza, con cui i rapporti si era- in tutta la mia vita avevo sempre avuto il presentimento che al mondo ci fosse un posto predestinato a me, e in tutte le mie esperienze passate lo avevo cercato senza successo. Ora l’avevo trovato. «Questo luogo è qui, tra voi». Lì è cominciato quell’incontro che seguo da ormai 19 anni. Non mi era ancora chiaro quello che mi stava accadendo. Solo ora, dopo 19 anni posso dire che quell’incontro mi ha cambiato la vita. Ho incontrato uno sguardo umano, persone concrete che mi hanno accolto nella mia totalità. Ci sono dei tratti della mia personalità per i quali uno può stimarmi. Ma ce ne sono altri che non interessano a nessuno o possono sembrare un ostaco- ALL’IMPROVVISO MI SONO SENTITO GUARDARE COME NESSUNO AVEVA MAI FATTO. QUEI NUOVI AMICI VEDEVANO IN ME CARATTERISTICHE CHE NEMMENO SAPEVO DI AVERE. HANNO RIBALTATO LA MIA VITA. E OGGI SONO ANCORA CON LORO no ormai quasi interrotti. Lei però rimase molto colpita dal fatto che io mi interessassi del cristianesimo (prima non ne avevamo mai parlato) e mi propose di incontrare certi suoi amici che vivevano un’esperienza cristiana. Si trattava di alcuni insegnanti di lingua italiana, appartenenti al movimento di Comunione e Liberazione. Iniziai ad andare ai loro incontri che chiamavano scuola di comunità. Si tenevano in università. La prima cosa che mi colpì era che da quella gente mi sentivo capito; era la prima volta nella vita che mi capitava. Non percepivo nessun distacco tra ciò che dicevano e quello che pensavo e dicevo io. Dopo un mese mi invitarono a una vacanza, alla fine della quale ci fu un’assemblea dove ciascuno disse quello che gli era successo in quei giorni passati insieme. Io dissi che lo. Invece, all’improvviso, mi sono imbattuto in uno sguardo che mi ha abbracciato completamente, e che di me non vuole eliminare nessun tratto distintivo. Che cosa posso desiderare più di tutto questo? È Cristo che mi ha guardato attraverso lo sguardo dei miei amici, come ha guardato Zaccheo seduto sull’albero, o Matteo che riscuoteva le tasse. Uno sguardo capace di vedere in me alcune caratteristiche che io stesso non avevo mai notato. Solo dopo aver incontrato queste persone ho cominciato a capire che anche io ho un valore infinito. E questo ha rovesciato totalmente la mia vita. È stato l’inizio di un cammino che prosegue ancora oggi. Quella ragazza che mi aveva fatto incontrare le persone del movimento di Comunione e Liberazione dopo un paio d’anni se ne è andata. Io sono rimasto. n società LA PARTITA IN ATTO | DI PAOLA D’ANTUONO Proibire non significa prevenire Scommettiamo che non è attraverso le norme restrittive che si risolvono i problemi legati alla ludopatia? Lo dimostrano i dati. Al sud i punti non autorizzati superano già le ricevitorie legali 32 | 20 agosto 2014 | | la dei punti regolari. Inoltre, la rete di gioco non autorizzata è talmente ampia che il cittadino non ha la giusta percezione della differenza con i punti autorizzati. In virtù di ciò risulta difficile, se non impossibile, per i concessionari che hanno assunto un impegno specifico a operare in un settore così delicato a garanzia dei cittadini e dei consumatori, continuare a svolgere il proprio ruolo». Gli fa eco Giovanni Emilio Maggi, direttore relazioni istituzionali di Sisal, storica azienda italiana – nata nel 1946 – che per prima ha operato nel settore del gioco come concessionario dello Stato: «Si è creato un problema di concorrenza sleale che non impatta soltanto sugli operatori autorizzati ma anche sulle entrate erariali. Quello dei Ctd è un mondo sommerso composto da migliaia di punti vendita ed è un “business” stimato in molti miliardi di euro, con un possibile mancato introito per lo Stato pari a 500 milioni di euro all’anno. L’attività dei Centri di trasmissione dati, libera da qualsiasi vincolo normativo e regolamentare imposto dallo Stato, non è soggetta ad alcuna tassazione, a differenza di quanto avviene per la rete legale, e non ha limiti né controlli sugli eventi su cui scommettere, con grave rischio anche per l’integrità dello sport. In ultimo va ricordato che i concessionari autorizzati sono garanzia di un modello d’intrattenimento sicuro, a tutela dei consumatori, che pone espressamente ai minori il divieto di accedere all’offerta di gioco». Niente tasse, quindi, e nessun costo fis- so, a differenza degli operatori di gioco legale che devono seguire regole molto ferree e sottoporsi a controlli severissimi. Per aprire un’agenzia di gioco legale, infatti, c’è bisogno di una concessione che si ottiene in forza di un bando di gara a evidenza pubblica effettuato dallo Stato. Successivamente bisogna rivolgersi all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (Aams) per ottenere il titolo abilitativo, operazione che richiede in media circa venti, trenta giorni. Infine, è necessario recarsi in questura per ottenere l’autorizzazione all’apertura da parte della polizia. Tutto questo iter termina in media dopo circa cinque mesi. Nel frattempo i Ctd spuntano come funghi. Il confronto con l’Europa A complicare il quadro c’è la pressione fiscale, tra le più alte all’interno dell’Unione Europea. Lo evidenzia lo studio dell’Istituto Bruno Leoni “La tassazione del settore dei giochi”. I dati non hanno bisogno di grandi commenti: in Italia la tassazio- Foto: Agf «D ichiariamo guerra al gioco illegale, individuando nuovi strumenti in grado di contrastare questa piaga sociale». Sono queste le parole del sottosegretario all’Economia con delega ai giochi Giovanni Legnini che, nel corso di una visita alla sede di Sogei, la società d’information technology del ministero di via XX Settembre, ha confermato che il contrasto al gioco illegale sarà uno dei principali capitoli della riforma dei giochi pubblici che il Governo si prepara a varare entro la fine dell’anno. Una dichiarazione che fa ben sperare i gestori del gioco legale, che da anni in Italia lottano contro pericolosissimi mulini a vento che vanno sotto il nome di Centri di trasmissione dati (Ctd). Non è facile definire i Ctd. Il loro ruolo, almeno sulla carta, sarebbe quello di trasmettere, attraverso una semplice connessione internet, le scommesse dei clienti italiani alle agenzie estere che operano in paesi come Irlanda e Malta. La realtà, però, è molto diversa e racconta d’un giro d’affari che sfiora i 2,5 miliardi di euro (rispetto ai 3,7 del circuito legale). Per Fabio Schiavolin, amministratore delegato di Cogetech, «sono sufficienti pochi numeri per avere evidenza di quale sia la situazione in cui i concessionari italiani si trovano a operare e quali effetti ne derivino: una rete “parallela” che (da stime attendibili e per difetto) ha superato i 5 mila punti vendita a fronte dei 7.400 regolarmente autorizzati, con concentrazione in alcune regioni dove la numerosità dei punti irregolari supera ampiamente quel- quote che variano dal 15 per cento della Gran Bretagna al 25 per cento della Spagna. Gli operatori italiani da diverso tempo premono per una revisione del sistema di tassazione che armonizzi l’offerta di tutti i prodotti di gioco in ragione soprattutto di alcuni fattori significativi che stanno cambiando il prodotto quali l’aumento della concorrenza (soprattutto proveniente da operatori non autorizzati) e un generale cambiamento della domanda intesa come preferenza verso tipologie di scommesse nuove ad elevato pay out». Foto: Agf I CENTRI DI TRASMISSIONE DATI SONO liberI da vincolI normativI e regolamentarI IMPOSTI DALLO STATO, a differenza di quanto avviene per la rete legale ne degli apparecchi da intrattenimento è, secondo i vari modelli, compresa fra il 46 e il 52 per cento, in Spagna è tra il 25 e il 38, in Germania tra il 10 e il 22 e in Gran Bretagna si attesta attorno al 15. E non finisce qui: tutti gli operatori sono obbligati al collegamento presso i totalizzatori nazionali, sistemi informatici composti da un insieme di processi e risorse che concorrono a ricezione, controllo e memorizzazione su supporti persistenti delle transazioni di gioco provenienti dai concessionari ippici e sportivi, provvedendo all’attribuzione di un identificativo univoco a ogni singola giocata, alla determinazione delle quote di vincita probabili e definitive, nonché alla determinazione di tutti i dati contabili che ne scaturiscono. Tutte le giocate sono inviate, trasmesse, accettate e duplicate presso Sogei, il braccio telematico di Aams. nemmeno un centesimo sfugge al controllo del monopolio; al contrario i Ctd non hanno alcun obbligo di trasferimento. «Le scommesse – prosegue Schiavolin – nascono in Italia con la formula della tassazione sulla raccolta ovvero l’applicazione di una aliquota di imposta fissa (in particolare per le scommesse sportive e non sportive). La tassazione sul margine, di recente introduzione, nasce dall’esigenza di offrire nuovi giochi che per le loro regole intrinseche sono incompatibili con un modello di tassazione sulla raccolta (giochi online, virtual games). Basta questo per capire che il sistema di tassazione delle scommesse in Italia ha delle anomalie rispetto a esperienze di paesi esteri, dove hanno regolamentato il settore scegliendo un modello unico di tassazione (sul margine) per tutte le tipologie di gioco, con ali- Come si contrasta il fenomeno Intanto il fenomeno non accenna a diminuire, anzi si allarga a macchia d’olio, con predilezione per regioni come la Puglia, dove i centri non autorizzati hanno superato i centri autorizzati, o la Campania. Le amministrazioni locali tentano di arginare il fenomeno attraverso norme restrittive sul gioco, ottenendo però l’effetto opposto e dando il via a un meccanismo che ricorda il proibizionismo americano: «Negli ultimi due anni – spiega Maggi – molti enti locali hanno inteso restringere le aree di commercializzazione fino a determinare l’espulsione del gioco legale dal territorio. Questo criterio non si appoggia su alcuna base scientifica e non appare per nulla adeguato a raggiungere l’obiettivo della protezione dei minori e delle persone potenzialmente vulnerabili, ma sembra solo influenzato dal crescente pregiudizio nei confronti del settore del gioco. È una situazione che danneggia l’industria legale del gioco e contribuisce all’incremento dell’illegalità». Imponendo orari di apertura e chiusura, offrendo incentivi per la chiusura delle postazioni di gioco e fornendo indicazioni sulla distanza dai punti sensibili, gli enti locali hanno dato di fatto il via all’espulsione del gioco legale. Come possono realtà che operano in questo settore contrastare il fenomeno? Sisal ha scelto di aderire a tutte le associazioni di categoria e alla federazione di Confindustria sistema gioco Italia: «La Federazione è nata con l’intento di favorire e promuovere il progresso del settore nel rispetto di legalità e sicurezza. Per affrontare il problema dell’illegalità – conclude Maggi – ritengo sia necessario rendere efficace e giuridicamente certo il principio che per poter esercitare l’attività di scommessa in Italia sia indispensabile la concessione rilasciata da Adm e l’autorizzazione di pubblica sicurezza, affiancando una maggiore severità, frequenza dei controlli e una definizione di sanzioni ben maggiori delle attuali per chi non rispetta le regole». | | 20 agosto 2014 | 33 L’ITALIA CHE LAVORA L’impresa dei MIRACOLI Vita, quasi morte e invenzioni portentose di una cooperativa che ha saputo rilanciarsi proprio quando era sul punto di chiudere. E adesso trasforma i rozzi bancali in prodotti di design e gli ex detenuti in artigiani intellettuali. Tutto «grazie alla Provvidenza» A pochi minuti dall’uscita Verona Sud, sull’autostrada che da Milano porta a Venezia, in piena Zai, acronimo di Zona agricola industriale, sorge un’opera un po’ particolare. Stiamo parlando di una cooperativa dove da più di vent’anni si smontano e rimontano, con operosità certosina, bancali. Quei tanto semplici quanto preziosi elementi in legno modulari che sono alla base della logistica di tutta Europa e, praticamente, di ogni attività produttiva. Qualunque merce che viaggi attraverso l’Italia e il Vecchio Continente, per poter essere trasportata su rotaia, su gomma, via mare o via cielo, deve poggiare su un bancale. Il “pallet” è un così importante tassello dell’economia globale che qualcuno l’ha addirittura paragonato al maiale. Anche del bancale, infatti, non si butta via niente. Lo sa bene Giuseppe Padovani, architetto cinquantenne, ritornato da Milano nella terra della sua famiglia d’origine per rilanciare il Maggiociondolo, così si chiama la cooperativa nella quale è subentrato in qualità di presidente e rappresentante legale nel 2011. In quell’anno il Maggiociondolo ha subìto una battuta d’arresto tanto dura da minacciarne la scomparsa. «L’azienda era piena di debiti, ma grazie alla Provvidenza è sopravvissuta», racconta a Tempi Padovani. Per la verità il merito è anche del suo personale impegno, perché Padovani ha modificato radicalmente l’impostazione e la tipologia del lavoro svolto al Maggiociondolo. Che adesso si occupa ancora di recupero e vendita del pallet, ma non lo fa più esclusivamente attraverso la canonica rigenerazione dell’usato, altrimenti destinato a diventare legna da ardere: ora il materiale ricava- 34 | 20 agosto 2014 | | Nella foto a sinistra, Giuseppe Padovani, presidente della cooperativa Maggiociondolo di Verona, che ricicla i pallet industriali e ne riadatta una parte ai più svariati utilizzi, dall’arredo al packaging to dallo smontaggio dei bancali viene riadattato ai più svariati utilizzi nell’arredo e nel packaging. Da un prodotto squisitamente industriale Padovani e la sua squadra ricavano ogni sorta di mensola, scaffale, rivestimento, sedia, sgabello, tavolino, libreria, scacchiera, gioco per bambini, confezione da vino, cornice e tutto ciò che l’immaginazione può inventare. Ottimizzando costi che altrimenti non sarebbero economicamente sostenibili. Questa scelta – che per dare un numero ha portato a differenziare la produzione in un 70 per cento di bancali e un 30 per cento di oggettistica e mobili da arredo – è frutto di un personale convincimento di Padovani. Il presidente di Maggiociondolo è infatti profondamente persuaso dell’importanza di restituire dignità a un mestiere che ormai sta scomparendo, quello dell’“artigiano intellettuale”, professionalmente attrezzato ma insieme capace di inventare soluzioni cariche di gusto e di bellezza. A suggerire a Padovani la svolta dell’azienda, però, è stata anche la peculiarità del “capitale umano” che ha a disposizione, i lavoratori della cooperativa. A parte un paio di dipendenti storici, infatti, al Maggiociondolo lavorano a turno circa una trentina di persone provenienti da situazioni critiche come disintossicazione da alcol o droghe e detenzione carceraria in pena alternativa. Persone segnalate per lo più da uffici come gli Uepe (ufficio esecuzione penale esterna) e i Sert (servizio tossicodipendenze) o dalle comunità di recupero locali. A questa gente Padovani offre una seconda chance, attraverso la possibilità concreta di imparare un mestiere, per agevolarne il reinserimento lavorativo, nonché la piena riabilitazione nella società civile. La dedizione dell’Anguilla C’è chi ce l’ha fatta, come Eriks, detto “l’Anguilla”, lettone di Riga, con un passato nel teatro, soprannominato così perché «appena ti giravi cercava di sgusciare via e abbandonare il lavoro». Ora è uno dei più fidati collaboratori di Padovani e quando la cooperativa era in difficoltà ha trascorso le ferie lavorando gratis. Ma ci sono tanti giovani che il Maggiociondolo prova a strappare a destini avversi. «Noi crediamo nei miracoli», dice Padovani senza scomporsi. «Qui l’unica regola è stare insieme, condividere, perché crediamo nel cuore e portiamo avanti valori cristiani». Come dimostra la scelta di colorare di bianco e nero, come l’abito dei domenicani, le pareti esterne della cooperativa. «L’importante – gli fa eco Beppe, un dipendente – è avere l’umiltà di imparare». E ce ne vuole, visto che smontare un pallet è un lavoro «estremamente duro», assicura Padovani. Fallimenti ce ne sono stati, ma non hanno scoraggiato Padovani. È successo per esempio con diversi ragazzi messi alla prova come autisti. «È vero – ammette – non sono stato particolarmente fortunato con gli autisti, così ho deciso di fare da me. E ne è valsa la pena, perché i fornitori e i clienti restano molto colpiti quando si vedono consegnare o ritirare un | | 20 agosto 2014 | 35 L’ITALIA CHE LAVORA Nel 2012 accanto a Maggiociondolo è nata Avanguardia, associazione di promozione sociale creata con lo scopo di comunicare i prodotti della cooperativa A parte un paio di dipendenti storici, Qui lavorano a turno circa una trentina di persone provenienti da situazioni DIFFICILI come penE alternativE AL CARCERE E disintossicazione bancale dal presidente in persona. Così tra l’altro si instaurano tanti rapporti che permettono di ottenere anche risultati migliori». Come quella volta che la Bauli dei panettoni decise di donare alla cooperativa veronese un bel numero di bancali, che si rivelarono indispensabili per la continuità della produzione. La svolta grazie agli architetti «Se la cooperativa si occupasse solo di rigenerare pallet – rivela Padovani – non andremmo da nessuna parte. Il numero “critico”, e cioè la produzione minima per rendere l’opera economicamente sostenibile, è di 150 bancali al giorno. E con le sole nostre forze non saremmo in grado di raggiungerlo». Per fortuna, però, al civico 104 sulla Strada della Genovesa, dove si trova la cooperativa, qualcosa è cambiato: decisivo è stato il contributo di uno sparuto gruppo di giovani architetti e designer, molti dei quali disoccupati, che hanno cominciato a progettare e realizzare insieme al Maggiociondolo quegli oggetti di design che pian piano si sono fatti spazio nei negozi di Verona – gastronomie, macellerie, prestinai, take away “bio” e bar – hanno superato i confini locali grazie a siti di e-commerce come il tedesco DaWanda e sono arrivati fino a Milano, dove hanno impreziosito gli interni della sede di Federlegno Arredo, a cui la cooperativa ora è associata. «Una volta che il ciclo virtuoso è entrato a pieno regime – prosegue Padovani – si è potuta incrementare la produzione di bancali rigenerati diminuendo l’acquisto dai fornitori; questo ha consentito di abbassare i prezzi di vendita ai nostri clienti, portando a rimessa diretta o al massimo a 36 | 20 agosto 2014 | | trenta giorni fine mese i pagamenti che tradizionalmente avvenivano a sessanta, novanta o centoventi giorni». Dal punto di vista economico in effetti è un mezzo miracolo, tanto che «attualmente lavoriamo senza anticipi di fattura della banca», gonfia il petto Padovani. E aggiunge: «Con i primi utili è stato preso in affitto il capannone adiacente, poiché nel tempo è divenuta sempre più evidente l’esigenza di condividere lo spazio produttivo e le idee con quelle persone che pian piano si sono coinvolte nella cooperativa, che oggi conta 160 soci e si è affiliata al circolo oratoriale Anspi». È a questo punto che è nata l’idea di Avanguardia, l’associazione di promozione sociale fondata nel 2012 con lo scopo di promuovere e comunicare le realizzazioni del Maggiociondolo, puntando su progetti multitematici e dialogando con privati e istituzioni. «Se il Maggiociondolo realizza prodotti, Avanguardia ha il compito di creare indotti», è lo slogan con cui Padovani descrive l’iniziativa. «Indotti», ovvero tutto ciò che può nascere dal bancale e dal suo riutilizzo. Sia che si tratti semplicemente di arredare un locale o un altro ambiente, sia che si debba invece creare veri e propri eventi culturali e conviviali, concerti, mostre d’arte, convegni… Non a caso la nascita di Avanguardia ha dato il la a importanti collaborazioni. Una per tutte, quella sugli orti didattici con Gianni Fontana, presidente di Verde Fontana. Una rivista e una scuola «L’auspicio è che si mettano in atto processi virtuosi che arricchiscano di valore il territorio, modelli e piattaforme capaci di rispondere ai nuovi bisogni sociali», spiega a Tempi Francesca, figlia di Giuseppe, presidente e anima operativa di Avanguardia. Due sono i principali strumenti che oggi Avanguardia ha a disposizione: una rivista semsestrale di arte e mestieri e una scuola di arti e mestieri per promuovere la cultura del fare. L’istituto offre la possibilità di fare esperienze pratiche, concrete, ed è rivolto a giovani che hanno finito o stanno finendo il percorso dell’obbligo. Ma anche a diplomati e laureati in cerca di lavoro e quindi di occasioni buone per arricchire il curriculum con quegli elementi ed esperienze che il settore del legno richiede sempre più insistentemente, ma fatica a trovare. Ed è solo l’inizio. Matteo Rigamonti Campagna Meeting 2014 MISSIONE TEMPI RADDOPPIAMO GLI ABBONAMENTI Sottoscrivi o rinnova un abbonamento dal 1 agosto al 15 settembre ne riceverai uno digitale in omaggio per un nuovo amico v e r s i one i www. .it www. .it le T e mp i in gita p l i caz i on r t abl et e di Cartaceo pe a r t phone Abbonamento annuale 30 sm Digitale Tutti gli abbonamenti comprendono: Ap Abbonamento annuale Ti aspettiamo al Meeting dal 24 al 30 agosto PADIGLIONE A3 STILI DI VITA CINEMA RISTORANTE MACELLERIA MOTTA, MILANO Un ritorno con divertenti novità IN BOCCA ALL’ESPERTO di Tommaso Farina M ilanesi, lombardi, italiani. A noi gli occhi. Vi ricordate Sergio Motta? Ma sì: il macellaio di Inzago (Milano), che nella vicina Bellinzago Lombardo ha aperto un ristorante in cui l’oggetto del desiderio è la sublime carne da lui macellata e frollata. Un successo strepitoso, e meritato. Ma Sergio non è tipo da sedersi sugli allori. Ecco così la novità: pochi mesi fa, si è assicurato la firma di Andrea Alfieri, cuoco milanese del 1974, uno dei più interessanti prodotti del vivaio culinario meneghino. Così, oggi in questo ristorante dall’ambiente moderno e dal bellissimo porticato esterno si mangia una cucina ancor più interessante di quella, ghiottissima, che vi abbiamo raccontato l’anno scorso. Si parte con i prosciutti stagionati da Sergio (grandioso quello di cinque anni) e con le sue bresaole, ottenute da ogni taglio del manzo. La creatività di Andrea prorompe nel crudo di manzo con uovo di quaglia, burrata e katsuobushi (tonno essiccato grattugiato), un piattarello di una freschezza inaspettata. Di gran tecnica i tortelli ai tre arrosti con spinacini, fondo ristretto all’acqua di Parmigiano Reggiano e fiori di camomilla, dai sapori nitidi e ben discernibili. La bravura di Alfieri si può poi esplicare in un risotto ai porcini estivi, mirtilli e scaloppa di foie gras da far ammutolire una tavolata loquace. Il divertimento maggiore arriva coi secondi. Dalla coscia del bue frollato a lungo, Sergio ricava il cosiddetto “Bisteccone”: una carne cotta con maestria al fuoco di braci, di una semplicità avvincente. Richiama l’asado argentino, viceversa, il costato di bue cotto a lungo e piacevolmente affumicato, che vi avevamo già descritto. E non è tutto: anche d’estate qui potrete mangiare un bollito misto di gran livello, con tutte le salse al loro posto. In alternativa, piatti intelligenti di Andrea. I dolci sono curati dalla brava Roberta Zulian, alter ego di Andrea. Da bere, una cantina vasta e molto articolata, comprensiva anche di birre. Spesa sui 60-70 euro, ma anche meno con opportune scelte. Amici miei LIBRI/1 Cartoline dal Paradiso firmate Corigliano Tre anni, 150 cartoline, attraverso cui l’autore commenta i fatti dell’attualità per invogliarci a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, nonostante la crisi, nonostante il governo, nonostante le alluvioni e i terremoti. Nonostante tutto. Cartoline dal Paradiso. La speranza oltre la crisi (Edizioni Ares, 208 pagine, | 20 agosto 2014 | Finalmente un buon sequel In un futuro dominato da un cupo regime, i cittadini danno libero sfogo ai propri istinti per una lunghissima e crudele notte. Sequel del film con protagonista Ethan Hawke e uscito l’anno scorso. È meglio del primo che aveva una buona idea ma poi si attorcigliava su se stesso. Qui la storia è praticamente la stessa: ci sono più soldi, visibili nella bella e curata confezione e nel cast azzeccato con un grande Frank HOME VIDEO The Wolf Of Wall Street, di Martin Scorsese Magnifico Scorsese Ascesa e declino di un broker milionario negli Stati Uniti tra gli anni Ottanta e Novanta. Tre ore di film in cui succede tutto e il contrario di tutto. Sesso, violenza verbale e non. È la solita storia di Scorsese, quella di un uomo che cerca una redenzione personale finendo per perdere tutto, più compatta e coesa dei film precedenti del regista italoamericano. Magnifico dal punto di vista della messinscena, scrittura e montaggio, il film è la conferma di due grandissimi attori: il solito DiCaprio e l’incredibile Jonah Hill. Per informazioni Macelleria Motta www.ristorante macelleriamotta.it Strada Padana Superiore, 90 Bellinzago Lombardo (Milano) Tel. 02 95784123 Chiuso la domenica 38 Anarchia – La notte del giudizio, di James DeMonaco | 13 euro) è l’ultimo libro di Pippo Corigliano che su Tempi cura la rubrica che trovate nelle pagine delle lettere e che compongono questo libro. Senza pretesa di insegnare nulla, l’autore sa fare breccia nei cuori e dona al lettore le ragioni profonde e per nulla scontate della sua speranza. La prefazione è firmata da Costanza Miriano che di Corigliano scrive: «Non è una persona come le altre, lui vive con i piedi per terra ma lo sguardo fisso verso il Cielo. D’altra parte lo ha detto: come san Filippo Neri, “preferisco il Paradiso”. A me succede di arrabbiarmi se le cose vanno storte, se qualcuno mi fa una prepotenza, se subisco un’ingiustizia. A Pippo no. Lui trova sempre qualcosa di cui gioire in tutto ciò che accade!». LIBRI/2 Papa Francesco in Corea del Sud Dal 14 al 18 agosto papa Francesco visiterà la Corea del Sud. Fra i propositi che spingono in Asia il Santo Padre vi è il desiderio di dialogare con i giovani di quel continente e rilanciare l’azione missionaria della Chiesa coreana, sostenuta dalla testimonianza dei martiri, vero motore dell’evangelizzazione mondiale. Giovani e martiri in Asia: la missione di papa Francesco in Corea (Cantagalli, 145 pagine, 12 euro) di Vincenzo Faccioli Pintozzi, vuole raccontare al lettore quali siano le sfide della Corea, paese “del calmo mattino” in bilico fra democrazia e dittatura, sviluppo economico e disparità sociali, impegno civile e guerra, tradizioni religiose e materialismo. Questo libro è uno sguardo all’interno di una delle società e delle Chiese più vive dell’Asia. ARRIVANO GLI INGLESI Grillo, efficace e tostissimo. Cruento e durissimo, è un film che mette insieme la tradizione del b movie degli anni Settanta e Ottanta, Il giustiziere della notte sopra tutti, assieme alle atmosfere dark e ai contenuti dissacranti di 1997: fuga da New York dove Jena Plissken sbeffeggiava il presidente degli Stati Uniti. Qui due chiavi di lettura: quello superficiale del solido thriller claustrofobico e, più in profondità, l’atto d’accusa contro il capitalismo sfrenato, l’ossessione della protezione e del nemico interno. visti da Simone Fortunato SPORTELLO INPS In collaborazione con DOMANDA & RISPOSTA Tutto quello che bisogna sapere Indennità di disoccupazione Tra pochi giorni compirò 67 anni. Per ottenere una pensione ci vogliono 20 anni di contributi, io ne ho solo 15. Che cosa posso fare? Maurizio W. Nel 2014 chi compirà sessantasette anni di età potrà conseguire la pensione di vecchia- invia il tuo quesito a [email protected] Se il meteo vale più degli occhi Il regista James DeMonaco ia nel caso abbia maturato 15 anni di anzianità assicurativa e contributiva al 31.12.1992, oppure se è in possesso dei requisiti per l’applicazione di una delle altre deroghe all’innalzamento del requisito contributivo a 20 anni, previste dall’articolo 2, comma 3, del decreto legislativo n. 503 del 1992. Io come privato, se avessi bisogno di un aiuto in casa o nel mio terreno – non avendo nessuna ditta – posso usare i buoni lavoro per regolarizzare chi mi aiuta? Grazie della risposta. Federico B. MAMMA OCA di Annalena Valenti S i accorge che Queen Elizabeth su twitter non è la regina d’Inghilterra ma un fake, solo quando la figlia sedicenne glielo fa notare, roba da incidente diplomatico il tweet di quel burlone: «It’s Prince George’s 1st Birthday today. William said not to get him anything expensive, so we’ve bought him Italy». E lei per una frase così, altro che falsa, avrebbe perlomeno raddoppiato il prezzo delle case che ’sti inglesi si stanno comprando ad Alghero. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso della distanza tra lei, la queen, e la tecnologia esasperatamente lontana dalla realtà è quel gestore del chiosco sulla spiaggia, Capo Caccia che si staglia all’orizzonte. Quando gli ho chiesto se potevo rimanere rilassata in spiaggia o temere i nuvoloni neri che si stavano avvicinando a velocità da maestrale sardo, invece di guardare all’insù il cielo minaccioso, magari col dito indice a sentire vento e umidità, ha guardato all’ingiù sul suo telefonino un qualche meteo punto qualcosa sentenziando, no alle undici su Alghero non dovrebbe piovere. Eppure, amico tecno, c’è un bel tronco spezzato davanti al tuo baretto che ti dovrebbe ricordare la tromba d’aria di qualche anno fa, quella che non “doveva passare di qui”, quella che il bar a dieci metri di distanza l’ha evitato e sul tuo tetto è piombato un eucalipto di tre piani. Ma gli inglesi, dice, si fidano più del meteo che dei miei occhi. mammaoca.com Certamente sì. Anche i privati o le famiglie rientrano tra i possibili committenti di lavoro accessorio retribuito attraverso i Buoni Lavoro. In tal caso, occorre ricordare che i compensi complessivamente percepiti dal prestatore non possono superare, per il 2014, 5.050 euro netti (che equivalgono a 6.740 euro lordi) nel corso di un anno solare, con riferimento alla totalità dei committenti. Vorrei maggiori informazioni in merito al bonus degli 80 euro attuato dal governo Renzi e nello specifico vorrei sapere se spetta anche per chi ha una pensione di reversibilità. Grazia S. Possono aver diritto al bonus degli 80 euro esclusivamente i pensionati titolari di pensione complementare o integrativa ai quali, in base alla legge, vengono riconosciute le detrazioni per lavoro dipendente e non da pensione. Si può verificare questa situazione dal Cud: il beneficio spetta se i giorni per i quali sono attribuite le detrazioni sono riportati nel campo 3 (Lavoro Dipendente) e non nel campo 4 (Pensioni). | | 20 agosto 2014 | 39 motorpedia WWW.RED-LIVE.IT A CURA DI UNA RUOTA IN MENO Yamaha Tricity Il mondo dei tre ruote trova un nuovo attore protagonista: si chiama Tricity ed è il primo “threewheeler” giapponese ad arrivare sul mercato. Yamaha propone una ricetta leggermente differente dai tre ruote attualmente in circolazione: il Tricity punta, infatti, sulla leggerezza assoluta (152 chilogrammi, appena più di uno scooter 125 tradizionale) e sulla facilità di guida. Qualità confermate dalla prova su strada, che ha rivelato tra le doti del tre ruote Yamaha un consumo dichiarato di 41 chilometri al litro (l’effettivo non è distante). Il prezzo d’acquisto di soli 3.490 euro potrebbe convincere molti automo[sc] bilisti a fare a meno di una ruota… 40 | 20 agosto 2014 | | I CONSUMI NON SONO CONTENUTI MA È IN GRADO DI AFFRONTARE I PERCORSI PIù DIFFICILI Panda 4x4, un piacere sulle stade sterrate I l primo “Pandino”, quello del 1983, vanta un primato di tutto rispetto: è stata la prima utilitaria a motore trasversale al mondo ad adottare la trazione integrale. Una vettura che a suo modo ha fatto la storia e che ancora oggi non è affatto improbabile trovare sulle strade di montagna, anche le più impervie. Ma la Panda 4x4 (soprattutto con la versione Sysley) è riuscita anche ad arrivare al cuore delle città grazie al suo aspetto spartano e, se vogliamo, un po’ snob. Oggi ha perso l’aria spartana ed essenziale che caratterizzava la prima versione ma, quanto a praticità, la Panda 4x4 my 2013 si può considerare degna erede di quella prima versione. La stessa praticità che si ritrova nell’abitacolo, oggi piuttosto raffinato nella sua ABITACOLO gradevole livrea bicolore, ma che RAFFINATO RISPETTO conserva alcune peculiarità che i AL PASSATO. DUE LE vari modelli si sono tramandati MOTORIZZAZIONI negli anni, come gli strumenti di DA 75 E 85 CAVALLI forma quadrata e il comodo vano ENTRAMBI CON portaoggetti aperto sulla plancia START&STOP E SEI lato passeggero. MARCE. A PARTIRE Due le motorizzazioni dispoDA 17.360 EURO nibili: Twin Air 900 cc da 85 cavalli (17.360 euro), oppure quattro cilindri Diesel 1.3 Multijet da 75 cavalli (18.110 euro), entrambi dotati di Start&Stop per contenere i consumi, che non sono particolarmente contenuti: se non si guida con particolare attenzione (la mappatura Eco può aiutare) sulla Twin Air tendono a sfiorare i 9 litri per percorrere 100 chilometri. Non sono previste le marce ridotte ma è possibile affrontare qualsiasi tipo di fondo, compresi sterrati di media difficoltà, grazie al sistema di trazione integrale definito “Torque on-demand”, con due differenziali e un giunto centrale gestito da una centralina elettronica, e alla prima molto corta del cambio a sei marce. Per le situazioni più “hard” c’è il pulsante ELD, posto di fianco alla leva del cambio: simula il blocco del differenziale, frenando singolarmente le ruote e migliorando di conseguenza la trazione. Un po’ rumoroso e afflitto da “turbo lag” (ritardo nella risposta all’acceleratore), il bicilindrico Twin Air vanta comunque prestazioni interessanti, anche se non è certo la velocità massima il dato più significativo per la Panda, un mezzo capace di affrontare situazioni difficili. Moderna e raffinata, la nuova Panda 4x4 resta pratica e in grado di suscitare immediata simpatia. Marco Sormani Tricity è il primo threewheeler giapponese. Più leggero e più facile da guidare rispetto agli altri. Prezzo bassissimo: 3.490 euro | | 20 agosto 2014 | 41 RICORRENZE 50ESIMO DALL’ECCLESIAM SUAM La Chiesa e la modernità Tra entusiasmo sacro e debolezza di giudizio DI CARLA VITES D velato di sommessa preoccupazione, anche se incrollabilmente fisso nella certezza che Cristo salva la sua Chiesa, che Montini sembra rivolgere alla Chiesa prossima alla conclusione del Concilio Vaticano II. Con Ecclesiam suam, primissima enciclica di Paolo VI, di cui ricorre in questi giorni il 50esimo dalla promulgazione (6 agosto 1964, mentre il 7 agosto è il bicentenario della riabilitazione dei gesuiti, e papa Francesco è un gesuita), il papa succeduto in corso d’opera all’ideatore del Concilio sembra quasi voler trattenere per il lembo delle loro casule i fratelli cardinali, riuniti nei palazzi vaticani a definire i pronunciamenti sui rapporti tra la Chiesa e il mondo moderno. Un trattenere che pesca lontano, su quel crinale che ancora non sembrava del tutto aver perso la vertiginosità rivelatasi «con il dissidio nato nelle lotte del Risorgimento e nella catastrofe di un mondo e di una mentalità nel 1870». Monsignor Del Luca, fondatore delle Edizioni di Storia e Letteratura, amico intimo di Giovanni Papini e di molti altri intellettuali, credenti e non, del secolo scorso, così commentava la percezione tragica che l’autocoscienza cattolica e romana aveva di sé. Ma concludeva altrettanto puntualmente: «Non si sa cosa ci ritenga dall’entrare nel vivo della vita italiana e perché si debba essere come in margine». L’essere in margine era esattamente la condizione di tutta una schie- 42 ifficile comprendere lo sguardo | 20 agosto 2014 | | ra di personaggi cresciuti all’ombra di un’istituzione, la Chiesa, che un tempo si poneva come una “garanzia” per una acquisizione di status o comunque di credibilità e che, dopo i fatti risorgimentali, facilmente primeggiava nel farsi riconoscere per la assenza di curiosità, limitazioni culturali e mancanza di spregiudicatezza censurabile dai laici in termini di sufficienza, pusillanimità, disprezzo. D’altro lato il mondo moderno, per De Luca, era sempre più il mondo delle endiadi secondo cui l’uomo, l’artista, il creatore, si sentiva semplicemente un «io più cristianesimo». «Il pullulare, agli inizi del XIX secolo, di correnti mistiche e sedicenti religiose frutto di un “entusiasmo sacro” alla Nietzsche, esempi di una secolarizzazione del sacro, altro non facevano che puntare sul primo elemento dell’endiadi: l’io». De Luca proclamava che «la ricomposizione della scissione non poteva essere affidata all’incerto rischio della mistica, del sentimento religioso o della “poesia”. Intesi come quei tentativi spontaneistici di “unione tra se stessi e Cristo direttamente”, tipico di gruppi e associazioni di cui ha pullulato il XX secolo, connotati dal non determinato ma reale rischio di voler superare il povero ma insostituibile compito affidato alla Chiesa. Quello cioè di serbare intatte quelle poche dottrine di Cristo, usare quei pochi canali ordinari della grazia (sacramenti) e di salvare in unità i credenti che, essendo essa fondata sulla il gesuita Robert Drinan al Congresso usa si spese a favore dell’aborto. come si pone questa scelta rispetto all’essere un sacerdote? «l’aborto era una questione del tutto differente da quella della mia moralità» Tradizione, a lei sola compete». E proprio questo punto, con affabilità ma decisamente, Montini sottolineerà nella sua Ecclesiam suam. L’aspetto “tragico” su cui, forse, il Concilio propriamente avrebbe dovuto esprimersi, stava tutto nella condanna della tendenza puramente “difensiva” di tanto “ecclesiasticismo”. Uno stile e una preoccupazione difensiva nata forse per il fatto «di essersi persi dietro le astrazioni Foto: Ansa/Farabola | cultura cristiana che in realtà non poteva non andare oltre il tema del confronto tra cattolicesimo e pensiero moderno. Ai cattolici mancava propriamente un “respiro lungo”, consapevole del suo passato, non identificabile tout court con quello di cui per troppi anni era stata depositaria una gerarchia impaurita. Se il pensiero cattolico doveva essere messo sullo stesso piano di quello cosiddetto “moderno”, cioè un pensiero alla stregua di altri, era forse una conseguenza la legittimazione della predica cristiana, tipico di tanto associazionismo, come una specie di propaganda ideologica e politica. Già allora emergeva la propensione degli uomini di Chiesa – come a suo modo negli anni Settanta sottolineerà Pasolini – a non saper promuovere una cultura. Cultura che non si irrigidisse a ragionare per “dilemmi” ma si ponesse invece dei problemi, ed evitasse così di ottenere come unico esito un «contorcimento in cui la “religiosità” non riusciva a tradursi in “religione”». Foto: Ansa/Farabola umanitarie di origine anticristiana e laica che hanno ingombrato da fine Settecento per tanto tempo uomini e nazioni». D’altro canto Montini, assistente nazionale della Fuci per 7 anni e grande sostenitore dell’Azione Cattolica nonché fondatore delle Acli, strumenti operativi pensati dalle organizzazioni del laicato cattolico e della stessa curia, nel 1964 stava amaramente rendendosi conto di come avessero finito per caratterizzarsi come una troppo evidente imitazione del modo di operare degli avversari e sembrassero esprimere più l’esigenza di occupare degli spazi che non una chiarezza di fini da proporsi. Un triste presagio In quel lontano 6 agosto 1964 – ma nella Chiesa tutto è sempre vicino – papa Paolo VI si rivolge ai confratelli radunati in Concilio esprimendo quasi l’ombra di un triste presagio: «Il fascino della vita profana oggi è potentissimo. Il conformismo sem- bra a molti fatale e sapiente. Chi non è ben radicato nella fede e nella pratica della legge ecclesiastica pensa facilmente essere venuto il momento di adattarsi alla concezione profana della vita, come se questa fosse la migliore, quella che un cristiano può e deve far propria. Questo fenomeno di adattamento si pronuncia tanto nel campo filosofico quanto nel campo pratico, dove diventa sempre più incerto e difficile segnare la linea della rettitudine morale, e della retta condotta pratica». La stessa vicenda per cui nemmeno vent’anni prima Montini aveva sostenuto la nascita della rivista Humanitas all’interno della sua amata editrice Morcelliana. Humanitas, scrive Montini, «rivista nata da un’appassionata aderenza alle inquietudini naturali, dalla dolorosa domanda di questo tempo» come «presa di contatto profonda del pensiero cattolico coi problemi del pensiero moderno e con le sue posizioni ideali», manifestava un disagio della Dalla forma alla formula Il compito di cogliere, subito dopo la guerra, l’opportunità per riempire il vuoto che il crollo del totalitarismo aveva prodotto, quasi provvidenzialmente, di una società atea e liberale la cui cultura era tutta imbevuta di idealismo, sfumò drammaticamente a causa del prevalere dell’attività organizzativa su quella culturale. Un’impostazione che impedì di riattirare a una sapienza umana profonda, quella della Chiesa, la cultura laica e, quindi, di riproporre la centralità della stessa nel mondo moderno. In questo noi cattolici in Italia ci siamo espressi con la legittimazione di un partito, la Dc, sottovalutando che era diventata soprattutto il referente nazionale di una borghesia irreligiosa e corrotta, trasformatrice di una forma in una formula, senza alcun guadagno dal punto di vista culturale. Emblema di questa sconfitta culturale fu la piccola ma sintomatica vicenda, dieci anni dopo l’Ecclesiam suam, del gesuita americano Robert Drinan. Che da eletto al Congresso americano si spese in pieno per la difesa della posizione filoabortista del partito democratico. Posto davanti alla questione di come questa sua scelta si ponesse rispetto alle sue responsabilità di sacerdote della Chiesa cattolica e alla sua netta rivendicazione in difesa della vita, Drinan risponderà che «la legalizzazione dell’aborto era una questione del tutto differente da quella della mia moralità». | | 20 agosto 2014 | 43 LETTERE AL DIRETTORE Per ristabilire una civiltà giuridica anche in Italia cosa occorre? Un Jihad? M i chiedevo che fine avesse fatto Marina Corradi, come mai non scrivesse più su Tempi le sue emozioni bellissime che ritagliavo ogni volta. Nell’ultimo numero della rivista l’ho ritrovata e come al solito mi ha ancora commosso. Grazie. E complimenti anche ad Annalisi Teggi per il suo “Mischia ordinata”. Franca Calenti via internet Non solo Marina, non solo Annalisa. Adesso, come avrete già notato, salutiamo anche il ritorno di padre Aldo Trento. Que viva el bellunes-paraguagio! 2 Un amico avvocato mi ha trasmesso questa testimonianza. Ve la giro volentieri. «Non posso sottrarmi alla responsabilità morale di rendere testimonianza su quello che vedo e su come è ridotto il mio paese: in Italia il carcere viene usato come ordinario strumento di tortura per estorcere dichiarazioni alle persone sottoposte a indagini. Uso scientemente la parola “dichiarazioni” e non “confessioni”, perché le confessioni implicano la verità di quello che viene detto, mentre le dichiarazioni ne prescindono, perché vengono rese solo per compiacere il torturatore e sottrarsi così al suo potere. Se poi voi preferite continuare a fingere di non vedere e di non sentire o, peggio ancora, pensare che vada bene così, non me ne curo, perché a me basta di sapere che sto mettendo in pratica quello che mi ha insegnato Giuseppe Bettiol. Caso mai siete voi che non lo state facendo. Caro papa Francesco, non basta dire che la tortura è un peccato mortale, se poi non puntiamo il dito verso un pubblico ministero o un Gip o un presidente del tribunale del riesame, anche di un paese che si vanta di essere democratico, e, guardandolo negli occhi, non abbiamo la forza e il coraggio di dirgli: “Tu stai torturando un essere umano”. Dario Meneguzzo – un avvocato cui è toccato in sorte di vivere in questo frammento dell’uni verso in questo tempo». Luca Frigerio Padova Caro Luca, di questi giorni, come già saprai, è la notizia del primo indagato serio per un omicidio occorso ben ventisette anni fa e che ci riguarda nel senso che ci portò via la nostra cara sorella di movimento Lidia Macchi. Aveva 21 anni. di Fred Perri QUANTO MI MANCA ARTEMIO FRANCHI P Artemio Franchi? A molti di voi, giovinastri degenerati, questo nome non dirà nulla. Artemio Franchi, a cui sono stati dedicati ben due stadi, quello di Firenze e quello di Siena, è stato il dirigente calcistico italiano di maggior successo e bravura. Alla sua morte in un incidente stradale il 12 agosto del 1983, era presi- 44 erché mi è tornato in mente | 20 agosto 2014 | | dente dell’Uefa e vice presidente della Fifa. Era anche presidente della commissione arbitri della federazione internazionale e al Mondiale spagnolo del 1982 si sussurrava che l’arcigna (eufemismo) marcatura di Gentile su Maradona e Zico venne tollerata grazie ai suoi uffici. Vero o no che fosse, la dice lunga sulla considerazione di cui godeva. E allora il calcio italia- Foto: AP/LaPresse Per un vero cambiamento serve coraggio. E nessuno ce l’ha, nemmeno Tavecchio [email protected] Ho ricordi vaghi di quei giorni, ma uno estremamente nitido: un certo clima di persecuzione nei confronti dei nostri amici di Varese perché il pm incaricato delle indagini, il dottor Agostino Abate, sembrò fissarsi sulla pista della cerchia delle amicizie di Lidia. Risultato: per ventisette anni – una vita! – un certo sacerdote ha vissuto all’ombra del tremendo sospetto di essere l’autore o comunque una persona informata del delitto. Veniamo ora a sapere che solo otto mesi dopo aver avocato a sé il caso, la Procura di Milano ha chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio per un altro presunto assassino. Non solo. La pm milanese Carmen Mafredda ha avuto l’intelligenza e il tatto di chiamare il sacerdote e chiedergli scusa per una tortura durata ventisette lunghissimi anni. Una vita. Basterebbe questa sola vicenda, questo solo uomo, questo solo torturato, per provare l’angoscia e l’oppressione del potere efferato che ha lo Stato quando da prudente sia pur terribile inquirente si trasforma in burocratico e tronfio inquisitore. Tanto più efferato, come succede da vent’anni a questa parte, quando viaggia in concorso con giornali che alla sola notizia di un avviso di garanzia sbattono le persone in prima pagina e plaudono alle manette come metodo per estorcere dichiarazioni agli indagati. Poi, se sono innocenti, si vedrà. Vite distrutte che, forse, troveranno notizia della loro assoluzione in un trafiletto a pagina 55. Ma cosa ci vuole per ristabilire un minimo di ECCO PERCHé VADO A RIMINI Vado al Meeting dove incontrerò i figli spirituali di don Giussani CARTOLINA DAL PARADISO di Pippo Corigliano G uardare in faccia una persona è il miglior modo per conoscerla. Andare al Meeting di Rimini vuol dire guardare in faccia i figli spirituali di don Giussani e avere il piacere di conoscerli meglio. Sono già stato tre volte al Meeting e ogni volta è stata un’emozione. Gli organizzatori sono di una simpatia straordinaria e i volontari sono altrettanto emozionanti testimoniando la carica spirituale che è stata loro trasmessa. Passare le proprie vacanze per mettersi al servizio degli ospiti del Meeting, facendo i lavori più diversi, dall’impiantista all’autista, significa aver imparato la logica di Gesù: quella del servire. Quest’anno vado per presentare la raccolta delle Cartoline dal Paradiso (Ares) con Luigi Amicone, il direttore di Tempi. Mai cognome fu più azzeccato. Luigi ti trasmette la gioia della fede che don Giussani gli ha suscitato. Conoscere Luigi è riconoscere don Giussani. È stata sua l’idea delle cartoline dopo un mio libro sul Paradiso (Mondadori): un manuale d’istruzioni su come arrivare alla vita eterna estratto direttamente dalla Bibbia. Anche il nome “cartoline” è stata un’idea sua. Il 27 agosto ne parleremo pubblicamente in un angolo del Meeting gestito da Tempi, il settimanale necessario, quasi indispensabile, per il laico cristiano. Ci lavorano persone intelligenti e simpatiche come Benedetta Frigerio, Pietro Piccinini e altri. Collaborano persone di gran calibro come Annalisa Teggi e Marina Corradi. Non resta che abbonarsi a Tempi e venire al Meeting. civiltà giuridica e giornali civili anche in Italia? Un Jihad? sti sventurati(?), perhé vivono in posti dove Cristo non regna. Che ne dice? Antonio Ascione via internet 2 Caro direttore, l’invasione di gente che viene dall’altra parte del Mediterraneo viene variamente letta da osservatori, esperti, “tecnici”. Si domandano in che modo leggere questa “fuga”, perché tanta gente lascia la propria terra. Io avrei trovato la “chiave di lettura” del fenomeno migrazione: scappano, que- Dove sono perseguitati i cristiani è perseguitato ogni essere umano. Tenetelo ben a mente. Non è una massima. È una prova del nove. Prendete una cartina del mondo e vedete quali sono i paesi in cui uomini, donne, vecchi e bambini sono degli sventurati in fuga. Foto: AP/LaPresse SPORT ÜBER ALLES no era il paese dei balocchi. Adesso, nel periodo di maggior crisi, nel momento più basso avremo Carlo Tavecchio. Il problema non è la sua infelice uscita sugli extracomunitari buttata subito in cagnara politica, ma che Tavecchio è il candidato che dovrà garantire meno scossoni possibili. È il candidato di Galliani e Lotito, di chi non è interessato a cambiare nulla. Il nostro povero calcio è ridotto ai minimi termini e avrebbe bisogno di un radicale cambiamento. Ma per cambiare ci vuole coraggio. Quindi scatta il punto uno: andatevi a leggere l’Über Alles di una settimana fa. I soldi potrebbero anche tornare, ma il coraggio, se uno non ce l’ha non se lo può dare. | | 20 agosto 2014 | 45 Totale valore della produzione 2.436.167 2.518.046 B) Costi della produzione: 6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci 265 375.087 7) per servizi 1.829.886 1.549.344 8) per godimento di beni di terzi 76.186 95.268 9) per il personale: a) salari e stipendi 224.768 227.457 b) oneri sociali 57.771 52.685 c), d), e) trattamento di fine rapporto, trattamento di 12.992 12.677 quiescenza, altri costi del personale c) trattamento di fine rapporto 12.992 12.677 d) trattamento di quiescenza e simili e) altri costi Totale costi per il personale 295.531 292.819 10) ammortamenti e svalutazioni: a), b), c) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali 29.392 49.350 e materiali, altre svalutazioni delle immobilizzazioni a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali 14.874 31.948 b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali 14.518 17.402 c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni d) svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e 21.036 delle disponibilità liquide Totale ammortamenti e svalutazioni 50.428 49.350 11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci 12) accantonamenti per rischi 13) altri accantonamenti 787 14) oneri diversi di gestione 20.013 22.613 Totale costi della produzione 2.272.309 2.385.268 Differenza tra valore e costi della produzione (A - B) 163.858 132.778 C) Proventi e oneri finanziari: 15) proventi da partecipazioni da imprese controllate da imprese collegate altri Totale proventi da partecipazioni 16) altri proventi finanziari: a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni da imprese controllate da imprese collegate da imprese controllanti altri EDITORIALE TEMPI DURI SRLTotale proventi finanziari da crediti iscritti nelle immobilizzazioni b), c) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni e da titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni c) da titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni d) proventi diversi dai precedenti da imprese controllate Bilancio al 31/12/2013 Pag. 5 di 6da imprese collegate da imprese controllanti Generato automaticamente - Conforme alla tassonomia itcc-ci-2011-01-04 altri 26 156 Totale proventi diversi dai precedenti 26 156 Totale altri proventi finanziari 26 156 17) interessi e altri oneri finanziari a imprese controllate a imprese collegate a imprese controllanti altri 101.108 102.053 Totale interessi e altri oneri finanziari 101.108 102.053 17-bis) utili e perdite su cambi Totale proventi e oneri finanziari (15 + 16 - 17 + - 17-bis) -101.082 -101.897 D) Rettifiche di valore di attività finanziarie: 18) rivalutazioni: a) di partecipazioni b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni c) di titoli iscritti all'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni Totale rivalutazioni 19) svalutazioni: a) di partecipazioni b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni c) di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni Totale svalutazioni Totale delle rettifiche di valore di attività finanziarie (18 - 19) E) Proventi e oneri straordinari: 20) proventi plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non sono iscrivibili al n5 Differenza da arrotondamento all'unità di Euro altri 9.357 Totale proventi 9.357 21) oneri minusvalenze da alienazioni i cui effetti contabili non sono iscrivibili al n 14 imposte relative ad esercizi precedenti Differenza da arrotondamento all'unità di Euro altri 42.940 15.097 Totale oneri 42.940 15.097 Totale delle partite straordinarie (20 - 21) -42.940 -5.740 Risultato prima delle imposte (A - B + - C + - D + - E) 19.836 25.141 22) Imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate imposte correnti 25.522 18.215 imposte differite imposte anticipate 11.762 3.044 proventi (oneri) da adesione al regime di consolidato fiscale / trasparenza fiscale Totale delle imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, 13.760 15.171 differite e anticipate 23) Utile (perdita) dell'esercizio 6.076 9.970 PUBBLICAZIONE BILANCIO AL 31.12.2013 DELLA CONCESSIONARIA PUBBLICITà EDITORIALE TEMPI DURI SRL EDITORIALE TEMPI DURI SRL Stato patrimoniale 2013-12-31 2012-12-31 Attivo A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti Parte richiamata Parte da richiamare 40.500 45.000 Totale crediti verso soci per versamenti ancora dovuti (A) 40.500 45.000 B) Immobilizzazioni I - Immobilizzazioni immateriali Valore lordo 171.403 257.308 Ammortamenti 158.931 229.844 Svalutazioni Totale immobilizzazioni immateriali 12.472 27.464 II - Immobilizzazioni materiali Valore lordo 149.723 147.783 Ammortamenti 120.196 105.679 Svalutazioni Totale immobilizzazioni materiali 29.527 42.104 III - Immobilizzazioni finanziarie 2) crediti esigibili entro l'esercizio successivo esigibili oltre l'esercizio successivo Totale crediti Altre immobilizzazioni finanziarie 10.500 500 Totale immobilizzazioni finanziarie 10.500 500 Totale immobilizzazioni (B) 52.499 70.068 C) Attivo circolante I - Rimanenze Totale rimanenze II - Crediti esigibili entro l'esercizio successivo 3.497.441 3.862.581 esigibili oltre l'esercizio successivo 22.032 22.032 Totale crediti 3.519.473 3.884.613 III - Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni Totale attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni IV - Disponibilità liquide Totale disponibilità liquide 17.624 18.765 Totale attivo circolante (C) 3.537.097 3.903.378 D) Ratei e risconti Totale ratei e risconti (D) 607 3.035 Totale attivo 3.630.703 4.021.481 Passivo A) Patrimonio netto I - Capitale 67.500 60.000 II - Riserva da soprapprezzo delle azioni III - Riserve di rivalutazione IV - Riserva legale 499 V - Riserve statutarie VI - Riserva per azioni proprie in portafoglio VII - Altre riserve, distintamente indicate Differenza da arrotondamento all'unità di Euro 1 Varie altre riserve 204.471 Totale altre riserve 204.472 VIII - Utili (perdite) portati a nuovo IX - Utile (perdita) dell'esercizio EDITORIALE TEMPI DURI SRL Utile (perdita) dell'esercizio. 6.076 9.970 Copertura parziale perdita d'esercizio Utile (perdita) residua 6.076 9.970 Totale patrimonio netto 278.547 69.970 B) Fondi per rischi e oneri Totale fondi per rischi ed oneri 629 C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato 85.903 46.484 D) Debiti esigibili entro l'esercizio successivo 3.251.831 3.892.779 esigibili oltre l'esercizio successivo Totale debiti 3.251.831 3.892.779 Bilancio al 31/12/2013 2 SRL di 6 EDITORIALE TEMPIPag. DURI E) Ratei e risconti Totale ratei e risconti 14.422 11.619 Generato automaticamente - Conforme alla tassonomia itcc-ci-2011-01-04 Totale passivo 3.630.703 4.021.481 Conto economico A) Valore della produzione: 1) ricavi delle vendite e delle prestazioni 2), 3) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti e dei lavori in corso su ordinazione 2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti 3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione 4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni 5) altri ricavi e proventi contributi in conto esercizio altri Totale altri ricavi e proventi Totale valore della produzione B) Costi della produzione: 6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci 7) per servizi 8) per godimento di beni di terzi 9) per il personale: a) salari e stipendi b) oneri sociali c), d), e) trattamento di fine rapporto, trattamento di quiescenza, altri costi del personale c) trattamento di fine rapporto d) trattamento di quiescenza e simili e) altri costi Totale costi per il personale 10) ammortamenti e svalutazioni: a), b), c) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali e materiali, altre svalutazioni delle immobilizzazioni a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni d) svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle disponibilità liquide Totale ammortamenti e svalutazioni 11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci 2013-12-31 2012-12-31 2.383.531 - 2.494.565 - - - - - 52.636 52.636 2.436.167 23.481 23.481 2.518.046 265 1.829.886 76.186 375.087 1.549.344 95.268 224.768 57.771 12.992 227.457 52.685 12.677 12.992 295.531 12.677 292.819 29.392 49.350 14.874 14.518 21.036 31.948 17.402 - 50.428 - 49.350 - Bilancio al 31/12/2013 Pag. 6 di 6 eLENCO TESTATE IN ESCLUSIVA: Generato automaticamente - Conforme alla tassonomia itcc-ci-2011-01-04 Pubblicazione ai sensi dell’articolo 12 della legge 5 agosto 1981 n.416 LETTERE DALLA FINE DEL MONDO ARRENDERSI ALL’EVIDENZA Così ho imparato che le mie sofferenze sono segno della preferenza di Dio | DI aldo trento O ggi, 28 luglio, esattamente 56 anni fa ho lasciato i miei genitori per andare al semina- rio della congregazione religiosa dei padri Canossiani. Avevo 11 anni. Già all’età di 7, dopo aver visto il film Molokai sulla vita di padre Damiano, oggi santo, ho sentito nel mio cuore un grande desiderio di consegnarmi completamente a Gesù. Imitando l’apostolo dei lebbrosi volevo entrare in seminario, ma per la mia giovane età non sono stato accettato. Durante i 4 anni successivi ho dimenticato questo potente desiderio che il Signore aveva acceso nel mio cuore. Ma Dio è fedele e quando sceglie una persona, anche la più piccola, la sceglie per sempre. Mia madre si sorprendeva ogni giorno vedendo con quanta passione vivevo la realtà. Mi chiedeva il perché di quell’improvviso cambiamento dopo 4 anni di silenzio. Un giorno le ho risposto: «Mamma, alla vigilia di san Giuseppe sono andato a confessarmi e il sacerdote mi ha chiesto se volevo essere un sacerdote missionario. Ho risposto di sì». Sono uscito da quella confessione con un enorme desiderio che si compisse ciò che avevo chiesto a 7 anni. Mia madre era molto scioccata ma silenziosamente ha accettato la mia risposta. Mio padre lavorava in Svizzera e per condividere con lui quello che mi stava succedendo gli ho scritto una lettera. La sua risposta è stata per me una grandissima sorpresa: «Figlio mio, mi sarebbe piaciuto che tu fossi un po’ più grande, anche perché tua madre ha tre bambini molto piccoli e hanno bisogno di te, ma se hai deciso, fai ciò che il tuo cuore desidera». Subito ho informato mia mamma: «Me ne vado». Ho preso uno zaisani, ha fatto in questo anHo voluto riprendere questo no con lo stretto necessario, sono andato giù golo alla fine del mondo, non dialogo con voi soprattutto per la strada e quando un trattore è passato, posso non commuovermi. Dio ho fatto segno di fermarsi chiedendo al condusceglie davvero i più ignoranper AIUTARVI A guardare cente di portarmi alla montagna dove erano in ti per compiere i suoi progetal viso tenero e sofferente vacanza i seminaristi dei padri Canossiani. Ho ti. Se questa cosa non fosguardato mia madre che mi stava osservanse vera, come si spiegherebbe DI CRISTO. AIUTATE ANCHE ME do dalla finestra della cucina piangendo e le che un poveretto riesca a faho chiesto: «Mamma, mi verrai a trovare?». E re un’opera così grande e belanche attraverso la sofferenza fisica, mentale da quella sera del 28 luglio 1958, non sono più la? Tutti i giorni visitandola percepisco la mia e morale. Non mi sono mai fermato in questo tornato a casa, se non una volta all’anno, per piccolezza e la grandezza della misericordia cammino anche quando la ribellione era forte un breve soggiorno estivo. divina, e sono anche convinto che senza tute non sopportavo il fatto di essere stato scelto Certamente in quel momento non potevo imto quello che ho sofferto queste opere potrebda Lui. Dopo tanti anni mi sono arreso riconomaginare il bene e il male che avrei vissuto per bero non esistere. Ho voluto riprendere questo scendo pienamente la sua infinita misericordia. i molti anni seguenti. Erano gli anni Settandialogo con voi soprattutto per fornire ai deUn’opera grande e bella ta e l’ubriacatura dell’ideologia aveva rovinato pressi e a coloro che soffrono come Gesù sulUna figura biblica che ho imparato ad amamolti cervelli, compreso il mio. Finché non ho la croce, un aiuto per guardare continuamenre in quegli anni è quella di Giobbe. La mia vita incontrato don Giussani. Quello che mi colpite al suo viso tenero e sofferente. Aiutiamoci assomiglia alla sua. Come è vero che, quando sce pensando a quegli anni è il modo in cui Dio, a non dimenticare mai che Dio ci ha scelti per Dio sceglie la tua libertà la educa attraverprendendo la mia mano, mi ha mostrato la sua l’eternità. Senza questa posizione tutto divenso migliaia di modi. Oggi è chiaro che la prefepreferenza. Molte volte mi si è rivelata queta un inferno e la vita è disperazione. Che belrenza che Dio aveva per me era per un grande sta preferenza inesorabile, anche quando come lo ricordarci ogni giorno ciò che ci dice la Scritcompito: essere segno concreto nel mondo delogni uomo peccavo. Ogni volta che ho provato tura: «Tutto posso in Colui che mi dà forza» e la sua misericordia. Guardando le buone opere a fuggire dalla Sua presenza mi reimbattevo in che mi ha scelto per l’eternità. [email protected] che Gesù, attraverso l’abbraccio di don GiusLui. Ovunque andassi, il mistero si manifestava, | | 20 agosto 2014 | 47 TESTIMONI Lidia Macchi e l’incontro con don Giussani Lidia Macchi, universitaria varesina attiva nei boy scout e militante di Comunione e Liberazione, venne ritrovata uccisa con 29 coltellate il 7 gennaio 1987 in una radura nei pressi dell’ospedale di Cittiglio, Varese. Aveva 21 anni. Lo scorso venerdì 25 luglio, dopo 27 anni che il caso giaceva insoluto presso la procura di Varese e avendolo avocato a sé soltanto 8 mesi orsono, il sostituto procuratore generale di Milano Carmen Manfredda ha depositato presso la Corte d’Appello del capoluogo lombardo l’avviso della conclusione delle indagini e una richiesta d’archiviazione della posizione di un sacerdote che il pm di Varese Agostino Abate non aveva mai espunto dall’albo degli indagati. Di seguito riportiamo la lettera in cui Lidia confida a un’amica la circostanza del suo primo incontro con don Giussani, fondatore di Cl. La lettera, risalente agli anni in cui Lidia frequenta l’Università statale di Milano, proviene dall’archivio personale del direttore di Tempi e all’epoca fu trascritta e fatta circolare dai ciellini in forma di ciclostilato. Carissima Mara, abbiamo appena appeso il telefono ed io mi sono con amarezza resa conto che in fondo ti ho raccontato solo le cose più banali della mia vita di adesso. A me sta capitando una cosa straordinaria e un po’ confusa ma veramente grande; è come se in me adesso ribollissero con chiarezza un sacco di domande e di desideri sulla vita. Il desiderio d’essere felice, d’essere libera, cioè di trattare con libertà, senza essere schiacciata od appesantita da tutte le circostanze della vita, il desiderio di amare con profondità le persone che mi sono care, gli amici; il desiderio di costruire anch’io un pezzetto di storia perché altrimenti la storia ce la fanno gli altri sulla nostra testa e noi viviamo la nostra vita completamente indifferenti a ciò che accade fuori dal nostro cantuccio, che per quanto comodo è pur sempre meschino e determinato da piccole stupidaggini ed angherie quotidiane. Ecco è come se la mia incoscienza, il fare sempre solo ciò che istintivamente mi salta in mente, mi avesse profondamente annoiato con la sua stupidità e superficialità. Mai come adesso la vita mi sembra profonda e grande e soprattutto misteriosa. 48 | 20 agosto 2014 | | sprechiamo il tempo afflitti da banalità, senza chiederci perché ABBIAMO GLI stessI desiderI. se questi desideri ci sono, Perché viviamo disperati? siamo noi che abbiamo rinunciato ad essere seri, ci fa comodo stare nel nostro brodo. Siamo solo dei mediocri È proprio un mistero grandissimo che io ci sia, esista, che sia un fragile puntolino su questo pianeta che ruota con leggi straordinariamente perfette intorno al sole, ed il sole non è che un microbo nell’immensità spaziale e temporale del cosmo. Ma cavoli, basta sollevare gli occhi al cielo di notte per intuire che la vita di tutto questo universo è un mistero grandioso e noi che siamo uomini e abbiamo e possiamo avere la coscienza di ciò, sprechiamo il nostro tempo afflitti da piccole banalità e da piccoli dolori, senza chiederci – perché ci fa troppa paura ascoltarci per un attimo, ascoltare quella voce che parla in noi, che grida che la vita non può non avere un senso – senza chiederci perché ci siamo, perché siamo fatti così uno diverso dall’altro, eppure al fondo, tutti con lo stesso desiderio. Dio mio, ma perché se queste domande e desideri ci sono noi ci rassegniamo, viviamo in fondo disperati cioè non attendendoci niente dal domani, chiudendoci in una gabbia che diventa la nostra tomba al limite concedendoci qualche ricordo nostalgico dei bei tempi? Ma quali tempi! È inutile piagnucolare, siamo noi che per primi abbiamo presuntuosamente rinunciato ad essere seri, a prendere in considerazione tutti i grandi desideri che si agitano in noi, perché ci fa comodo piagnucolare, stare nel nostro brodo, fare dei piccoli e miseri peccatucci per credere che se almeno non siamo santi, beh, un po’ cattivelli però lo siamo; invece i nostri peccati fanno ridere i polli, consi- stono al massimo nella sensualità, in trasgressioni che in realtà fanno tutti, sono alla portata di tutti, perché in fondo siamo solo dei mediocri. Magari si incontrasse qualche grande peccatore profondamente abbagliato dal male! E quand’anche io sappia tutto, come funziona l’universo intero, e come faccio a respirare, a camminare, a mangiare, chi si sogna per un attimo di ascoltarti quando ti chiedi chi sei, che cosa ci fai sulla faccia di questa terra? Di queste doman- per caso ho sentito uno che si chiama don Giussani. sembrava che parlasse di me. mi ha colpito il suo sguardo profondo, attento. è come se custodisse un segreto, una forza non sua. in qualche modo devo VEDERLO ancora de hanno tutti paura e nessuno ne parla… Ma perché oggi ci sei, domani muori, e buonanotte… Buonanotte un corno! Io ci sono, le domande ci sono e voglio sapere, fossi anche l’unica con questo desiderio, in questo mondo superficiale – perché vuole essere tale – urlerò a squarciagola, finché morirò, quello che io sento. Un mese fa mi è capitato, quasi per caso, di andare alla Cattolica con dei miei amici di Varese e di ascoltare uno che si chiama don Giussani, che faceva una lezione di teologia o morale, qualcosa del genere, perché questi esami lì sono obbligatori, e al posto di parlare dei santi e tutto il resto, parlava proprio di queste domande, con un entusiasmo ed una forza che mi hanno molto colpito e spiegava tutti i procedimenti tecnici e pratici che gli uomini escogitano per non starle ad ascoltare, per fare come se non ci fossero o non fossero importanti. Mi sembrava che parlasse proprio di me e ritrovavo tutti i nostri comportamenti abituali spiegati così chiaramente. Io ero andata lì quasi per caso perché queste persone di Varese e altre di Milano che lo conoscono, mi avevano invitato ed io sono andata lì pensando di ascoltare le solite cose, e invece no. È strano perché più delle sue parole, mi ha colpito lui, il suo sguardo profondo e attento, qualcosa di inafferrabile, un uomo libero, aperto, non arrabbiato o irato con la vita. Non so dirti niente di più preciso ma è come se custodisse un segreto, una forza non sua. Io sento che devo parlargli, che lui non ha calpestato le domande che si agitano dentro di me, avrei molte cose da chiedergli, in un modo o nell’altro devo incontrarlo ancora. Adesso non mi sembra più di essere sola alla ricerca disperata di qualcosa di cui tutti se ne fregano; è come se qualcuno, facendomi sobbalzare, perché è arrivato inaspettatamente, mi avesse detto: “Ehi, sono qui, non urlare e non disperarti, perché seguendo questa strada usciremo dalla foresta”. E io voglio uscire dalla foresta, perché la vita è mare, cielo, monti e pianure, case, alberi, volti umani, stelle, sole e vento e noi siamo fatti per questo Infinito che c’è; basta solo guardarsi in giro e per questo seguire questo “Qualcuno” che mi è venuto incontro nel groviglio della foresta e che mi dice: “Guarda lassù tra le foglie, vedi, c’è un pezzettino di cielo blu, blu, usciamo a vederlo”. Lidia Macchi | | 20 agosto 2014 | 49 MISCHIA ORDINATA L’INSEGNAMENTO DI EUGENIO CORTI Servono occhi e grinfie di falchi a custodirci e ad afferrarci di Annalisa Teggi «Nel nome di Maria finii, e quivi/ caddi, e rimase la mia carne sola./ Io dirò vero, e tu ‘l ridì tra i vivi:/ l’angel di Dio mi prese» (Purgatorio, canto V) «H o seguito il tuo consiglio, sono stato al Santuario. Grazie». Dopo questo sms a un amico, la voce di Giuseppe Turri si è inoltrata nel silenzio, ma in quel silenzio ricco di suggestioni che s’incontra in montagna. È il silenzio loquace e intenso che ha le forme, le immagini e i saliscendi della realtà, con cui Giuseppe amava da sempre dialogare: architetto intraprendente, fotografo per passione e sportivo, gli si sen- «Se il suo angelo custode non l’ha protetto tiva spesso dire: «Che spettaco- dall’incidente, significa che Giuseppe era pronto lo!». Ha continuato a inoltrarsi, e ha compiuto la sua vita». Ecco chi l’ha visto a guardare e a dialogare con lo spettacolo del creato anche quando per il re- di Eugenio Corti si ricorda senz’altro la scena sto del mondo, famiglia e amici, è risultato ir- finale in cui Alma è vittima di un incidente e raggiungibile e poi scomparso. Quell’ultimo di come l’autore racconta gli istanti della sua sms Giuseppe l’ha mandato martedì 15 luglio morte, anch’essa avvenuta in solitudine: «Ebdal Santuario mariano di Pietralba a Bolzano, be solo una lontana, lontanissima percezione dove si era recato per avere un po’ di risto- di freddo, e fu la sua ultima percezione quagro dall’intensa attività lavorativa, e poi di lui giù. Sulla sua anima, come due falchi, piomnon si è saputo più niente per vari giorni. Fin- barono ad ali chiuse i due angeli: il suo e quelché il suo cadavere è stato ritrovato, tramu- lo di Michele, pronti all’ultima difesa contro tando l’ansia dei familiari nel dolore di una eventuali insidie all’ingresso nel mondo degli perdita. Un incidente fatale, in cui per un’ul- spiriti. Ma non ci furono insidie». A quelli che tima volta e lontano dagli occhi di tutti il gio- sghignazzano quando si parla di angeli, vorvane 39enne è stato a tu per tu con la voce di rei mostrare gli occhi penetranti e serissimi Maria e con lo spettacolo dei monti. che vidi puntare da Eugenio Corti verso noi Potrebbe essere la storia perfetta da rac- studenti che sorridevamo, quando lui ci parcontare a Chi l’ha visto?, indugiando sui det- lava della presenza dell’angelo custode al suo tagli misteriosi della scomparsa, sulle ipotesi fianco quando fece la ritirata di Russia. No, di un incidente a cui nessuno ha assistito, su per lui non era un miraggio. Chi l’ha visto? – si chiede l’indagine umaaltre patetiche leve emotive. Già, e chi l’ha visto in quei giorni in cui il suo corpo spento è na. Chi ci guarda? Anzi: chi ci fa la guardia? rimasto solo tra le montagne? La sua mamma – è la speranza di chi sa che l’occhio umano, ha dato una risposta che lascia attoniti: «Se il per quanto premuroso, non basta. Ho parlato suo angelo custode non l’ha protetto dall’in- con la cognata di Giuseppe, la quale mi dicecidente, significa che Giuseppe era pronto e va che in questi giorni di lutto sono stati acha compiuto la sua vita». Ecco chi l’ha visto. compagnati e sostenuti da queste parole del E il suo angelo non lo ha perso di vista anche Libro della Sapienza: «Divenuto caro a Dio, fu quando lo ha lasciato andare. Perché lo ha la- amato da Lui e poiché viveva fra peccatori, fu sciato, per poi riacchiapparlo subito. trasferito. Fu rapito». Occorrono occhi e grinChi di noi ha letto e amato Il cavallo rosso fie di falchi, a custodirci e ad afferrarci. 50 | 20 agosto 2014 | |