Il Coniglio di Giada a caccia di risorse

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Il Coniglio di Giada a caccia di risorse
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Il Coniglio di Giada a caccia di risorse
Inviato da Il Manifesto
martedì 31 dicembre 2013
Ultimo aggiornamento martedì 31 dicembre 2013
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Il
«Coni-glio di Giada» (Yutu) è arri-vato sulla luna lo
scorso due dicem-bre; pesa circa 120 chi-lo-grammi e va
piano: 220 metri all’ora. Ma poco importa. I media cinesi hanno
anche ripro-po-sto la poe-sia di Mao, sulla dea della
Luna (Chang’e non a caso è il nome delle mis-sioni lunari di
Pechino) che allarga le brac-cia e si deve con-fron-tare
con le tigri. Poema ricor-dato pro-prio adesso, nei giorni in
cui il Dra-gone assa-pora la nuova spoc-chia del Sogno
Cinese, di grande potenza al pari degli Usa, o almeno così
vor-reb-bero i cinesi, e in grado di rap-pre-sen-tare
l’avanzata di un paese socia-li-sta sulla luna, quel luogo
che sem-bra ormai essere di poco inte-resse per gli Sta-tes,
alle prese con bud-get sem-pre più risi-cati — e
con-te-stati dal mondo scien-ti-fico — alla Nasa.
Sul Guar-dian, addi-rit-tura, si parla di capi-ta-li-smo
con-tro socia-li-smo inter-na-zio-nale; la
pigri-zia dell’imperialismo, para-go-nata alla
bril-lan-tezza di un paese emer-gente, per spie-gare
que-sta stramba neo supre-ma-zia cinese. Astro-nauti
lan-ciati in orbita, una base spa-ziale, Tian-gong, il
Palazzo Cele-ste, che si dice avve-ni-ri-stica e che
comin-cia a rien-trare anche nelle bus-sole
hol-ly-woo-diane (basti pen-sare che nel kolos-sal
Gra-vity diventa un poten-ziale luogo di sal-vezza dei
due astro-nauti a spasso per lo spa-zio). Il «Coni-glio
di Giada» (nella foto reu-ters) quindi pro-pone imma-gini
e rile-va-menti per cele-brare la Cina, o c’è anche
altro? Secondo i più esperti si tratta di qual-cosa di ben più
rile-vante: alla Cina la Terra non basta più. Si trat-te-rebbe
quindi di una corsa a quanto più impor-tante nell’odierna gara
alla supre-ma-zia mon-diale: le risorse. Non a caso sul
finire degli anni 70 e ini-zio degli anni 80, quando la guerra
fredda si gio-cava anche a colpi di mis-sioni spa-ziali,
con il corol-la-rio dei com-plotti e dubbi al riguardo, a
pochi pote-vano inte-res-sare le famose – oggi –
terre rare. Ma oggi, appunto, domi-nano i tablet, gli
smart-phone, i com-pu-ter e il sili-cio e tante altre
altre risorse pre-ziose, costi-tui-scono la nuova
fron-tiera da supe-rare — e acca-par-rarsi — per
essere «primi»; non a caso la guerra delle risorse è quello strato
silen-zioso e sot-to-co-perta, che guida le
prin-ci-pali stra-te-gie geo-po-lit-che
mon-diale. Ed ecco che il rin-no-vato inte-resse
della Cina per la luna ha una sua spie-ga-zione, non solo di
imma-gine, alla quale comun-que i cinesi sem-brano tenere
più di ogni altra cosa. L’Oriente, si diceva, è rosso. Anche in
rela-zione alla luna, oggi più che mai dell’avvenire: la Cina
«ha isti-tuito un suo primo punto d’appoggio nello spa-zio
nel 1970, quando un pic-colo e pri-mi-tivo satel-lite
salutò l’inno di Mao Zedong, l’Oriente è rosso».
Dal
1980, la dire-zione del Par-tito Comu-ni-sta ha
ini-ziato a svi-lup-pare piani ben più ambi-ziosi,
anche gra-zie al lavoro dello scien-ziato che è
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con-si-de-rato il padre di tutta l’ingegneria spa-ziale
cinese, Qian Xue-sen e nel 2003, la Cina ha com-ple-tato
un suo primo impor-tante suc-cesso: ha inviato il primo
astro-nauta nello spa-zio. Pechino ha suc-ces-si-va-mente
effet-tuato altri quat-tro mis-sioni con equi-pag-gio.
Il
pro-gramma di esplo-ra-zione lunare Chang’e, dal nome
di una dea della luna, ini-ziata nel 2007 e la mis-sione
Cheng’e — 2, lan-ciata nel 2010, ha inviato «le imma-gini
più det-ta-gliate della luna, com-presa la zona in cui
Chang’e — 3, con il suo Coni-glio di Giada, è atter-rato
a ini-zio dicem-bre». La mis-sione Chang’e –3 e
l’ormai noto rover lunare, un vei-colo a sei ruote ad ener-gia
solare simile a quelle che gli Stati Uniti hanno inviato su Marte e
che tra-scor-rerà tre mesi per l’esplorazione e la
rac-colta dei dati. «Una futura mis-sione – scri-vono
i media cinesi — che avverrà nei pros-simi anni sarebbe
desti-nata a ripor-tare det-ta-gli di rocce e altri
cam-pioni dalla luna».
Le
moti-va-zioni dell’attenzione cinese verso la luna è stata
spie-gata dal pro-fes-sore Ouyang Ziyuan del
Dipar-ti-mento per l’esplorazione lunare, alla Bbc in una
rara inter-vi-sta con un media stra-niero: «In primo
luogo, ha spie-gato, le mis-sioni ser-vono per
svi-lup-pare la nostra tec-no-lo-gia, per-ché
l’esplorazione lunare richiede sva-riati tipi di tec-no-lo-gie,
incluse quelle legate alle comu-ni-ca-zioni, ai
com-pu-ter, tutti i tipi di com-pe-tenze
infor-ma-ti-che e l’uso di diversi tipi di mate-riali».
Que-sta
è la ragione chiave. «In secondo luogo, in ter-mini di scienza,
oltre alla Terra abbiamo anche biso-gno di cono-scere la
Luna, la sua ori-gine e la sua evo-lu-zione». Infine ci
sarebbe un ambito sem-pre più impor-tante per la Cina, che
sta ten-tando di pro-ce-dere alla tra-sfor-ma-zione
del suo impianto eco-no-mico, da fab-brica del mondo a
società della cono-scenza: «c’è infatti la terza
spie-ga-zione, di natura intel-let-tuale. La Cina ha
biso-gno di un pro-prio team di talenti che sia in grado di
esplo-rare l’intero sistema lunare e solare; que-sto è il
nostro scopo prin-ci-pale». Non a caso da que-sta
con-si-de-ra-zione discende quella che secondo molti
osser-va-tori è la vera causa di que-sto slan-cio
lunare cinese: la luna è piena di risorse — prin-ci-pal-mente
di terre rare, tita-nio e ura-nio — «di cui la terra è a
corto e non solo: sono anche molto costose».
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