Lettera del Legale

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Lettera del Legale
ASSOCIAZIONE
DEI MIGRATORISTI ITALIANI
PER LA CONSERVAZIONE
DELL’AMBIENTE NATURALE
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LEX ★
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Presidenza Italiana
del Consiglio dell’Unione Europea
3 settembre 2003
Lettera del Legale
Lettera riservata ai dirigenti della Associazione, agli operatori del diritto e agli uffici istituzionali
IL FONDO
A domanda risponde:
quesiti in tema di armi da caccia
1) Un cacciatore, quante armi da caccia può portare per l’attività venatoria?
2) Quante armi si possono trasportare?
3) Si possono portare, ed usare, armi di calibro diverso?
4) Differenza tra porto e trasporto di un’arma da caccia?
5) Comodato (prestito) gratuito o temporaneo di un’arma per uso venatorio sul luogo di caccia, come funziona?
6) Misure necessarie per il controllo e la custodia delle armi.
7) C’è l’obbligo di portare con sé la denuncia delle armi da caccia?
A queste, e altre domande, l’Ufficio legislativo del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ha così risposto, dando finalmente un parere chiaro in materia, stabilendo oltretutto dei punti chiave
per l’esercizio dell’attività venatoria. (Numero di protocollo 8031 del
24 ottobre 2002).
• È necessario, inizialmente, porre chiarezza per quanto riguarda le
nozioni di “porto” e “trasporto”. Portare un’arma significa averla
con sé, pronta per essere usata, per la sua destinazione naturale
di recare offesa (in questo caso per l’attività venatoria), ossia se ne
deve avere l’immediata disponibilità (criterio con il quale la giurisprudenza ha inteso definire la differenza con il trasporto). Si ha il
trasporto quando l’arma è scarica, in custodia e, non necessariamente, smontata. Ossia non se ne può avere l’immediata disponibilità ma, necessariamente, debbono essere fatte una serie d’operazioni, non eseguibili in brevissimo tempo, per rendere l’arma attiva e pronta all’uso.
• Ai primi tre quesiti si può tranquillamente rispondere che, secondo
quanto disposto dall’articolo 13 (mezzi per l’esercizio dell’attività
N. 16
venatoria) della legge 11 febbraio 1992, n. 157, non vi sono limiti
al numero di armi che si possono usare per la caccia, gli unici limiti riguardano le caratteristiche delle munizioni che si possono
impiegare ed alcune tipologie di armi comuni da sparo che non si
possono usare. Lo stesso articolo 42 del T.U.L.P.S. (Licenza di porto
d’armi) non prescrive limiti al numero di armi portabili.
• Al quinto quesito si può rispondere che il prestito gratuito delle armi comuni da sparo per uso venatorio è disciplinato dall’articolo
22 (Locazione e comodato di armi) della legge 18 aprile 1945, n.
110 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi). L’articolo in questione
stabilisce che “Non è consentita la locazione o il comodato delle
armi di cui agli articoli 1 e 2, salvo che si tratti di armi per uso scenico, ovvero di armi destinate ad uso sportivo o di caccia ...”. Dalla lettura della norma si deve intendere che, scambi di armi comuni da sparo per uso venatorio sul terreno di caccia, non rientrano
nel concetto di comodato, ma in quello di affidamento temporaneo, atteso che le persone interessate dall’affidamento temporaneo
siano in possesso dei rispettivi titoli di polizia in corso di validità
(Licenza di porto di fucile anche per uso venatorio).
• Per il sesto quesito valgono le considerazioni espresse per i primi tre
quesiti, la norma in questione non pone vincoli di ordine numerico.
Deve in ogni caso essere chiaro il concetto che il cacciatore che si
rechi sul terreno di caccia deve adottare tutte le misure necessarie
per il controllo e la custodia delle armi che intende portare con sé.
Se, nel corso dello svolgimento di un’operazione di caccia, l’utilizzatore trascura di porre in essere tutte quelle precauzioni necessarie per il diretto controllo delle armi (nella fattispecie si può verificare il momentaneo abbandono dell’arma per andare a raccogliere
la preda abbattuta), può incorrere nel reato previsto dall’articolo
20 (Custodia delle armi e degli esplosivi. Denunzia di furto, smarri-
COMITATO DI REDAZIONE: A. MURANTE PERROTTA, P.L. CHIERICI, R. CORNALBA, M. MARRACCI, M. CASTELLANI
Aderente alla Federazione delle Associazioni Venatorie della Comunità Europea (F.A.C.E.), al Consiglio Internazionale della Caccia e della Salvaguardia della Fauna (C.I.C.),
all’Associazione Europea delle Cacce Tradizionali (A.E.C.T.) e all’Unione Nazionale Associazioni Venatorie Italiane (U.N.A.V.I.)
24122 Bergamo - Via Baschenis, 11c - Telefono 035.243.825 - Fax 035.236.925 - E-mail: [email protected] - Sito web: www.anuu.org
Legalmente riconosciuta (Gazz. Uff. 8 - 5 - 1968) - Art. 34.5 L. N. 157/92
mento o rinvenimento) della legge 110/75 che stabilisce “La custodia delle armi di cui ai precedenti articoli 1 e 2 e degli esplosivi deve essere assicurata con ogni diligenza nell’interesse della sicurezza pubblica”. Alla luce di quanto esposto in precedenza occorre
affermare anche che, ai sensi della Circolare Ministeriale del “MINISTERO DELL’INTERNO - CIRCOLARE 559/C - 3159 - 10100 (1)
(del 17 febbraio 1998, avente per oggetto: Trasporto di armi comuni da sparo.), si stabilisce quanto segue: “Qualunque sia il titolo
abilitativo, il numero di armi comuni trasportabili per singola movimentazione non può essere superiore a 6 (sei)”.
• Non vi è nessuna norma che impone l’obbligo di portare, o trasportare, un’arma comune da sparo per uso venatorio accompagnata dalla relativa denuncia di detenzione. La denuncia di detenzione è un documento presentato all’autorità di Pubblica Sicurezza, e da quest’ultima vidimata, contenente le generalità del dichiarante, il luogo dove è custodita l’arma, i dati identificativi dell’arma denunciata e l’eventuale riepilogo di armi già dichiarate. La
denuncia fa fede in caso di dover dimostrare la legittima detenzione di un’arma comune da sparo (vedasi al riguardo all’articolo 38
del T.U.L.P.S.).
Per maggior chiarezza si riepilogano le norme che disciplinano il settore:
* Legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio),
Articolo 13 (Mezzi per l’esercizio dell’attività venatoria);
* Legge 18 aprile 1975, n. 110 (Norme integrative della disciplina vigente per il
controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi),
Articolo 2 (Armi e munizioni comuni da sparo),
Articolo 4 ( Porto di armi od oggetti atti ad offendere),
Articolo 20 (Custodia delle armi e degli esplosivi. Denunzia di furto, smarrimento o rinvenimento),
Articolo 20-bis (Omessa custodia di armi),
Articolo 22 (Locazione e comodato di armi),
* MINISTERO DELL’INTERNO - CIRCOLARE 559/C-3159-10100 (1) del 17 febbraio 1998, avente per oggetto: Trasporto di armi comuni da sparo.
* Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza).
IL CASO
Fauna selvatica e di allevamento
All’esito della compiuta istruttoria dibattimentale appare pienamente provata la penale responsabilità in ordine al reato contestato
del solo P.G. per avere, ex art. 30 c. 1 lett. I) L. 157/92, posto in vendita, o comunque detenuto i seguenti uccelli, di specie appartenenti alla fauna selvatica protetta: 5 lucherini, 2 crocieri, 2 crocieri fasciati, 2
zigoli delle nevi, 6 beccofrusoni, 2 basettini, 4 ciuffolotti, 6 organetti.
L’imputata M.R. deve essere mandata assolta dall’imputazione ascrittale perché il fatto non costituisce reato. Emergeva dalle deposizioni testimoniali assunte, pienamente congruenti con le risultanze documentali
acquisite agli atti, che P.G. era titolare di un’attività di commercio ambulante di piccoli uccelli; il giorno 08.04.2001, gli agenti operanti in
forza al Corpo di Polizia provinciale di Milano, su segnalazione di un
privato cittadino, si portavano presso l’esercizio commerciale indicato
(consistente in un banco ambulante esposto alla locale fiera di viale
Monza in Milano) per eseguire un ordinario controllo; ispezionata la
merce esposta, consistente in numerosi uccellini divisi per gruppi ed allocati in gabbie a sbarre, rinvenivano: 5 lucherini, 2 crocieri e 2 crocieri fasciati, 2 zigoli delle nevi, 6 beccofrusoni, 2 basettini, 4 ciuffolotti, 6 organetti, esemplari appartenenti all’avifauna nazionale; gli operanti ponevano sotto sequestro i volatili, affidandoli in giudiziale custodia agli stessi imputati. Osserva il Tribunale, in composizione monocratica - Giudice L. Dorigo (n.15942/01 R.G. n.r.) che le descritte circostanze integrano il contestato reato di detenzione ai fini di vendita al
pubblico di piccoli uccelli appartenenti alla fauna selvatica nazionale.
In via preliminare non può che richiamarsi quanto affermato sul reato
in esame dalla Corte suprema a Sezioni Unite con sentenza
14.12.1994, Pres. Zucconi, imp. Bertolini: “La fauna selvatica oggetto
di tutela da parte della legge n. 157/1992 perché appartenente al
patrimonio dello Stato è costituita esclusivamente da quelle specie di
animali delle quali esistono popolazioni stabilmente o temporanea-
mente viventi sul territorio nazionale in condizioni di naturale libertà”,
con ciò escludendo la perseguibilità di condotte di detenzione di fauna
selvatica proveniente da Paesi esteri (sempre che la stessa non appartenga a specie in via di estinzione).
Da tale affermazione discende che per ancorare l’appartenenza
dell’animale al patrimonio nazionale non può essere sufficiente l’inserimento dello stesso in una specie sicuramente presente sul territorio,
ma va positivamente escluso che lo stesso appartenga a una sottospecie a esclusiva appartenenza al patrimonio faunistico specifico di un
territorio straniero, quindi non riscontrabile in natura sul territorio nazionale. Tanto premesso, osserva il Tribunale che l’istruttoria dibattimentale dimostrava l’appartenenza all’avifauna nazionale di tutte le
specie sequestrate, ad eccezione di due verdoni o lucherini dell’Himalaya e di tre beccofrusoni del Giappone. Gli operanti escussi nella persona del teste Cassinis individuavano puntualmente per ciascuna delle
specie sequestrate le caratteristiche fisiche in grado di ricondurre gli
stessi all’avifauna nazionale; rileva il Tribunale che le caratteristiche
proprie di ciascuna specie, idonee e sufficienti per ascrivere l’appartenenza del volatile all’avifauna nazionale, risultavano di immediata
percepibilità dal semplice esame dei rilievi fotografici, acquisiti agli atti, dei volatili in sequestro. Le uniche eccezioni, puntualmente rilevate a
verbale dallo stesso teste, afferivano i citati bombycilla japonica ed i
lucherini d’Himalaya, unici esemplari presentanti caratteristiche di piumaggio e colorazione differenti dalle specie autoctone (crf. pagg. 21 e
segg verbale di trascrizione ud. 23.05.2003). Da quanto esposto
emerge che gli esemplari in sequestro, ad eccezione dei pochi volatili
appartenenti alle sottospecie non autoctone sopra indicati, appartengono all’avifauna nazionale; altrettanto provato che gli stessi non fossero originari da allevamento, non avendo i prevenuti offerto alcuna
prova in tal senso e difettando i soggetti di cui sopra dei segni di riconoscimento in grado di identificarli quali esemplari nati in cattività.
(v. il dossier)
CORTE COSTITUZIONALE
Le competenze dello Stato
Le regole minime per i cacciatori le stabilisce lo Stato. Le Regioni e
le Province autonome possono prevedere esclusivamente un restringimento del periodo e delle specie faunistiche oggetto della stagione venatoria rispetto a quanto deciso dallo Stato. Una diversa disciplina andrebbe a “incidere sul nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, e dunque sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema che, secondo quanto prevede l’articolo 117 della Costituzione, rientra tra le
competenze in via esclusiva della potestà legislativa statale”. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con due sentenze analoghe, la n.226 e
227, depositate ieri. La prima riguarda il giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 38, comma 2, della legge della regione Puglia n.
7/2002, che individua le specie di uccelli “cacciabili dalla terza domenica di settembre all’ultimo giorno di febbraio”. La disposizione
censurata si pone in contrasto, secondo la Corte, con l’articolo 18 della legge n. 157/92, che, “recependo la normativa comunitaria in materia, determina i periodi di caccia, vietando l’attività venatoria oltre il
termine del 31 gennaio”. Secondo quanto lamentato dal ricorrente,
ossia la presidenza del Consiglio dei ministri, in questo modo sarebbe
stato violato” il principio primario e prevalente di protezione della fauna”, che risulta essere di competenza esclusiva dello Stato. Rientrerebbe infatti nell’ambito della tutela dell’ambiente, prevista come materia
di disciplina esclusiva statale dall’articolo 117, comma 2, della Costituzione. Secondo la regione Puglia, invece, la determinazione del periodo della caccia non necessita di un intervento uniforme dello Stato, al-
la luce di quanto stabilito proprio dall’articolo 117, così come modificato nella passata legislatura. Per il governo regionale, infatti, la materia oggi sarebbe di competenza regionale e il richiamo all’attuazione
della direttiva europea non servirebbe comunque a giustificare uno
standard minimo di tutela. La direttiva n. 79/409/CEE, infatti, si limiterebbe “a impedire la caccia durante determinati periodi di vita dell’animale (nidificazione, riproduzione, dipendenza, migrazione prenuziale) senza imporre alcun vincolo temporale in ordine al periodo di
caccia consentito”. La Corte costituzionale ha invece diversamente argomentato, rilevando che la Costituzione “esprime un’esigenza unitaria per ciò che concerne la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ponendo un limite agli interventi a livello regionale che possano pregiudicare gli equilibri ambientali”. La determinazione temporale del prelievo venatorio, e la sentenza n. 227 aggiunge anche l’individuazione
degli animali, “assicura la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili” e quindi corrisponde a un’esigenza nazionale di garanzia dell’ambiente. Eventuali deroghe agli standard minimi di tutela fissati dal legislatore statale possono essere introdotte solo per la salvaguardia degli interessi generali indicati dall’articolo 9 della direttiva
comunitaria. Ma non era il caso di specie. La sentenza n. 227 ha poi
sancito l’incostituzionalità dell’articolo 29 della legge n. 24/91 della
Provincia autonoma di Trento, nella parte in cui prevede specie cacciabili diverse e periodi venatori più ampi rispetto a quelli indicati dall’articolo 18 della legge n. 157/92 e in cui non prevede l’obbligatorietà
del parere dell’INFS (Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica), preliminare all’adozione di provvedimenti sulla regolazione della caccia.
G I U S T I Z I A A M M I N I S T R A T I VA
TAR Lombardia e pluralismo associativo
La ripartizione dei posti nei Comprensori Alpini di Sondrio
Il Tar Lombardia (Pres. C. Spadavecchia, rel. R. Cerioni, sez. I) con
l’ordinanza n.1122/2003 del 10.07.2003, ha ribadito il principio del
pluralismo associativo, respingendo l’istanza di sospensiva proposta
dalla F.I.d.C. di Sondrio contro i provvedimenti della Provincia di Sondrio che stabilivano la ripartizione tra associazioni venatorie dei componenti dei Comitati di Gestione dei Comprensori Alpini di Caccia.
Muovendo dai dati sui cacciatori iscritti nei diversi Comprensori,
l’Amministrazione provinciale aveva assegnato 12 posti, sui 25 complessivamente disponibili, alla Federcaccia, e aveva distribuito i restanti 13 tra le altre associazioni venatorie, tra cui l’Anuu - Migratoristi,
l’Enalcaccia e l’Anlc. Così facendo, la Provincia ha garantito all’associazione con il maggior numero di iscritti - la Fidc, appunto - la maggior rappresentanza in seno ai Comitati di gestione dei Comprensori,
in nome di un principio di pluralismo associativo e sindacale già da
tempo enunciato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale.
La Federazione Italiana della Caccia non ha accettato la ripartizione della Provincia di Sondrio, e non ha voluto neppure indicare i
nominativi dei propri rappresentanti per i seggi che le erano stati assegnati, preferendo la via del ricorso al Tar, con il patrocinio dell’avv. Enzo Bosio di Brescia.
Tuttavia il Giudice amministrativo, accogliendo l’impostazione difensiva della Provincia di Sondrio, difesa dall’avv. P. Pedroncelli di
Sondrio, e dell’Anuu Migratoristi, difesa dall’avv. M. Gorlani di Brescia, ha censurato l’atteggiamento della Federcaccia, invitandola di
fatto a indicare i propri rappresentanti nei Comitati di Gestione secondo la suddivisione proposta dalla Provincia, anziché percorrere la via
dell’impugnazione giurisdizionale. In altre parole - è questo il messaggio della pronuncia, sia pure cautelare, del Giudice amministrativo - la
Federcaccia rimane l’associazione con il maggior numero di iscritti,
ma deve tener conto della presenza di altre realtà associative e di altre
sensibilità, con cui concorrere a una più proficua programmazione e
gestione del mondo venatorio.
CORTE DI CASSAZIONE
Bellezze naturali e loro protezione
La contravvenzione di cui all’art. 1 sexies della l. 8 agosto 1985,
n. 431 ha natura di reato di pericolo ed esclude dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee,
pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio. L’interesse
protetto dalla norma incriminatrice, pur dovendosi individuare nella
tutela prodomica del paesaggio, non può peraltro logicamente prescindere da una sia pur minima possibilità di “vulnus” al bene tutelato.
Pertanto la messa in pericolo del paesaggio deve concretarsi pur sempre in un nocumento potenziale, da valutarsi ex ante, oggettivamente
insito nella minaccia a esso portata. Cass. Sez. III Pen. - 06.08.2001 Avitabile, pres.; Novarese, est.; P.M. (conf.) - imp. Taramella - n.
30505 (c.c.).
Fauna e danni
Sebbene la fauna selvatica rientri nel patrimonio indisponibile
dello Stato, la legge 11 febbraio 1992, n. 157 (recante “Norme per
la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”) attribuisce alle Regioni a statuto ordinario l’emanazione di
norme relative alla gestione e alla tutela di tutte le specie di fauna
selvatica (art. 1, comma terzo) e affida alle medesime (cui la legge
n. 142 del 1990, nel definire i rapporti tra Regioni, Province e Comuni, ha attribuito la qualifica di ente di programmazione e di coordinamento) i poteri di gestione, tutela e controllo, riservando invece
alle Province le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna a esse delegate ai sensi della legge n. 142 del
1990 (art. 9, comma primo).
Ne consegue che la Regione, in quanto obbligata ad adottare
tutte le misure idonee a evitare che la fauna selvatica arrechi danni
a terzi, è responsabile ex art. 2043 c.c. dei danni provocati da animali selvatici a persone o a cose, il cui risarcimento non sia previsto
da specifiche norme. Cass. Sez. III Civ. - 24.09.2002, n. 13907 Carbone, pres.; Di Nanni, est.; Russo, P.M. (diff.) - Reg. Toscana
(avv. Vacchi) c. Bartolucci ed altri (avv. Stanizzi e altro).
PA R L A M E N T O E U R O P E O
Deroghe: l’Europa dice sì
Alcuni mesi fa una cittadina italiana, a nome di un “coordinamento volontario privato eco-animalista”, ha presentato al Parlamento Europeo una petizione - sottoscritta da sole 500 persone! - contro l’allora
DDL sulle deroghe, poi divenuto legge n. 221/02, sostenendone l’incompatibilità con la Direttiva “Uccelli”: nello specifico, i firmatari di tale
petizione ritenevano che il summenzionato DDL (ricordiamo successivamente approvato dal Parlamento in data 18 settembre 2002), fosse
contrario alle normative comunitarie poiché intendeva demandare alle
Regioni l’applicazione delle deroghe di cui all’art. 9 della Direttiva.
Puntuale è ora giunta la risposta della Commissione UE, che invece ha
completamente “smontato” questo tentativo ostruzionistico in maniera
molto chiara e inequivocabile.
Infatti, come recita la motivazione “la Commissione ritiene che la
Direttiva non impedisca agli Stati membri di delegare alle Regioni la
facoltà di concedere deroghe ai sensi dell’art.9 della Direttiva
79/409/CE, a condizione che esse siano conformi alle motivazioni e
alle condizioni di cui ai paragrafi 1 e 2 dell’art. 9. In virtù dell’art. 249
del trattato (ex art. 189)” - prosegue la Commissione - “la Direttiva
vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda l’obiettivo
da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali
in merito alla forma e ai mezzi. La questione della facoltà delle Regioni
di concedere deroghe ai sensi della Direttiva 79/409/CE non è pertanto rilevante a livello comunitario”. Ma vi è di più in quanto, come
ancora afferma la Commissione “la summenzionata legge italiana ha
stabilito, correttamente, che le Regioni italiane sono obbligate a soddisfare le motivazioni e le condizioni riportate ai paragrafi 1 e 2 dell’art.
9. Alla luce delle considerazioni di cui sopra” - conclude la Commissione - “nel caso in ispecie non si ravvisa alcuna violazione del diritto
comunitario”. Encomiabile limpidezza di forma e di sostanza, che dimostra come le posizioni preconcette, oggi, non possano e non debbano trovare più alcun credito a livello giuridico. Possiamo solo auspicare che altrettanto laicismo si palesi rapidamente anche sul tema della
Direttiva medesima - così precisa l’ANUU Migratoristi che da anni segue specificamente questa materia sia a livello europeo che nazionale
- non più vista come un totem intoccabile bensì come strumento passibile di aggiornamenti che veramente consentano un utilizzo sostenibile
degli uccelli migratori da parte di tutti i cittadini interessati, compresi i
cacciatori.
COMMISSIONE
Stati membri lenti a recepire
Tutti, o quasi, in ritardo i Paesi dell’Unione nell’implementazione
della direttiva sull’ambiente. È quanto sostiene un rapporto della Commissione Europea che analizza l’applicazione del provvedimento comunitario negli ultimi cinque anni. Lo studio sottolinea che tutti gli Stati
membri non hanno ancora trasposto nel proprio ordinamento le modifiche alla direttiva stessa, sebbene avrebbero dovuto farlo più di quattro anni fa. Inoltre, il 30% circa delle procedure di infrazione ancora in
sospeso riguardano proprio il carente o assente recepimento delle regole. E comunque il 65% delle stesse infrazioni sono relative proprio a
un’errata applicazione della normativa.
STAMPA STUDIO LITO CLAP - BERGAMO
Consegnato per la spedizione il 3/9/2003