Dopo l`infortunio la vita continua
Transcript
Dopo l`infortunio la vita continua
6 giugno 2013 M ZIN A G A E RITORNO AL LAVORO Redazione: Piazza Cavour 17 - 00193 Roma • Poste Italiane spa – Spedizione in abbonamento postale 70% - Roma Dopo l’infortunio la vita continua ANDY HOLZER Sulle vette del mondo senza vederle DANIMARCA Giovani con autismo nel business dell’informatica EDITORIALE di Luigi Sorrentini Direttore Centrale Reggente Riabilitazione e Protesi, Inail Di nuovo al lavoro dopo l’infortunio. Storie, problemi e buone prassi S econdo uno studio dell’Ufficio per i diritti dei portatori di handicap delle Nazioni Unite, nei soli Paesi industrializzati sarebbero oltre la metà, con punte fino al 70%, le persone affette da qualche forma di disabilità, ma in grado di lavorare, a non riuscire a trovare un impiego. Ma il lavoro è un valore, un progetto di vita, è identità personale, sociale e relazionale. E, come spiega la psicologa Maria Grazia Giulianelli nell’inchiesta di questo numero, rientrare al lavoro là dove è avvenuto l’infortunio, oppure in un altro ambiente se la disabilità costringe a cambiare occupazione, significa comunque recuperare un’immagine positiva di se stessi e ritrovare quel quotidiano che si credeva perduto. Parlare di reinserimento lavorativo delle persone con disabilità appare oggi, in piena crisi economica internazionale, quasi un’utopia. Ma promuovere l’inserimento e l’integrazione nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato è l’obiettivo primario che lo Stato si è dato emanando la legge 68/99. Legge avanzata, solidale e innovativa ma che resta in parte inapplicata, perché non in tutte le realtà hanno funzionato quegli interventi “in rete” fra differenti soggetti territoriali preposti al cosiddetto “collocamento mirato”. L’Inail, nell’ambito di una progettualità condivisa a livello locale, sostiene il reinserimento lavorativo degli infortunati sia attraverso la concessione di protesi e ausili tecnologicamente avanzati – e che quindi facilitano la ripresa delle attività – sia supportando la realizzazione di interventi finalizzati all’incremento delle opportunità occupazionali, come nel caso dell’orientamento lavorativo, del counselling motivazionale, della definizione di un adeguato profilo professionale, del job coaching e della mediazione lavorativa, del raccordo con il sistema economico produttivo locale e con la rete dei servizi territoriali. È il caso del progetto della Sede di Vicenza con la cooperativa sociale Easy e con il Centro per l’impiego di Schio-Thiene e Silas, oppure quello delle tre Sedi di Torino e della Fondazione Adecco denominato “Sfida” o ancora il progetto “Ergon”, frutto della collaborazione tra l’Inail di Trento, la cooperativa sociale Archè e l’Azienda di promozione turistica della Valsugana. Il motore di questa progettualità è costituito dal servizio sociale dell’Istituto, fatto di forze giovani, la maggior parte donne che, con elevata professionalità e dedizione, cercano di fornire risposte adeguate ai bisogni individuali delle persone in difficoltà e alle storie di vita dei singoli. 3 La forza dell’impegno Rimettersi in gioco dopo un incidente, trovare un impiego adatto alle proprie caratteristiche individuali, continuare a impegnarsi alacremente per il proprio reinserimento socio-lavorativo. È il lavoro il filo conduttore del numero di giugno di SuperAbile Magazine, inteso non solo come dato occupazionale ma soprattutto come strumento di costruzione del proprio futuro e di quello degli altri. Perché questa è la storia che la nostra rivista va raccontando dall’inizio: quella di chi non accetta passivamente la situazione data, ma investe tutte le proprie energie nella realizzazione di una vita più vicina ai propri desideri. Come I meravigliati fotografati da Ilaria Scarpa, che combattono ogni giorno per superare i confini del proprio disagio psichico, in una continua ricerca di se stessi. O i tanti infortunati sul lavoro che decidono di rimettersi in gioco, tornando alla vecchia occupazione o inventandosi nuove professioni. NUMERO sei Giugno 2013 EDITORIALE 3 Di nuovo al lavoro dopo l’infortunio. Storie, problemi e buone prassi di Luigi Sorrentini ACCADE CHE... 5 Boom di iscritti all’università CRONACHE italiane il cartellino di Michela Trigari 11 Sì al supporto psicologico: il parere di una professionista di M.T. di figlio autistico di Antonella Patete 34 Nick, l’autismo supera il dolore. Con qualche ingenuità di A.S. 35 Io regista e vittima del Contergan di A.P. di Antonio Storto PORTFOLIO 26 Daniela che salta nel cerchio SPORT di Marta Rovagna RUBRICHE Tempo libero 36 Inail... per saperne di più 28 Sassi per tutti. Matera Direttore: Luigi Sorrentini Errata corrige: sul numero di maggio, a pag. 36, abbiamo erroneamente attribuito l’articolo sulle prestazioni protesiche e riabilitative a Simone Ramella, mentre l’autrice è Simona Amadesi. Ce ne scusiamo con gli interessati. In redazione: Antonella Patete, Laura Badaracchi e Diego Marsicano Direttore responsabile: Stefano Trasatti Hanno collaborato: Carla Chiaramoni, Giorgia Gay, Elisabetta Proietti, Marta Rovagna, Antonio Storto, Michela Trigari di Redattore Sociale; Franco Bomprezzi, Gian Piero Ventura Mazzuca; Erica Battaglia, Rosanna Giovèdi, Gabriela Maucci e Francesca Tulli del Consorzio sociale Coin Progetto grafico: Giulio Sansonetti 40 41 41 Abigal e il ritorno all’autonomia Dulcis in fundo 42 Strissie - I pupassi Pluriminorazioni. di Adriana Farina Le provvidenze cumulabili e Massimiliano Filadoro 38 Tempo libero Prenotare le vacanze? Sempre più on line 39 L’esperto risponde Lavoro, Formazione con altri occhi di Laura Badaracchi Anno II - numero sei, giugno 2013 40 Altro che di Carla Chiaramoni Anno europeo, dieci anni dopo di Gian Piero Ventura Mazzuca Una nuova dimora per Alcatraz di E.P. Le parole per dirlo Partecipazione di Franco Bomprezzi Quando la disabilità dimenticata sale sul piedistallo di M.T. 37 Previdenza INSUPERABILI Superabile Magazine PINZILLACCHERE 40 Il pranzo della domenica si rinnova di Giorgia Gay 16 Guardare le vette di L.B. 31 Cercasi uomo per madre single oltreconfine auto-aiuto per infortunati e familiari 8 Quelli che ritimbrano 20 Un lavoro da specialist people 22 Psichica mente L’INCHIESTA 30 Va in onda l’inchiesta morale di Elisabetta Proietti negli ultimi dieci anni 6 A Roma tornano i gruppi di CULTURA 18 Il Cem non deve morire Editore: Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro Redazione: Superabile Magazine c/o agenzia di stampa Redattore Sociale Piazza Cavour 17 - 00193 Roma E-mail: [email protected] Stampa: Tipografia Inail Via Boncompagni 41 - 20139 Milano Autorizzazione del Tribunale di Roma numero 45 del 13/2/2012 4 Un ringraziamento, per averci gentilmente concesso l’uso delle foto, a Eu-Osha (Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro) (pagg. 1, 3-4, 8-15), Anna Grazia Giulianelli (pag. 11), Martin Kopfsguter (pag. 16), Centro educazione motoria (pagg. 18-19), Specialist people (pag. 20), Michelangelo Gratton (pag. 26), SassieMurgia (pagg. 28-29), redazione di QuiBrescia.it (pag. 41). In copertina: Grow up (Crescere). Foto di Isa Kurt, Istanbul. Lo scatto ha vinto il secondo premio al concorso paneuropeo promosso nel 2011 dall’Eu-Osha. ACCADE CHE... UNIVERSITÀ tre atenei del Sud: l’Università Parthenope e l’Orientale (entrambe di Napoli) e l’Università del Salento. La valutazione è per il superamento degli esami stata fatta sulla base dei dati universitari. In base a questi Miur, Almalaurea, Stella e Istat. criteri, secondo una classifica A guidare la classifica, è quindi il Politecnico di Milano, dove è stato recentemente stilata dal Sole 24 Ore, le migliori università italiane costituito un gruppo di lavoro per studenti con disabilità sono il composto da professionisti capaci Politecnico di Milano, il Politecnico di intervenire in ogni momento del di Torino e l’Università di Modena percorso formativo, offrendo agli e Reggio Emilia. Agli ultimi posti, studenti con disabilità supporto personalizzato e servizi tecnici e didattici. Nelle graduatorie annuali per l’assegnazione di alloggi, viene inoltre riconosciuta una priorità agli studenti con invalidità non inferiore al 66%, i quali sono anche esonerati dalla tassa d’iscrizione e dai contributi universitari. Maglia nera invece per le università di Napoli e del Salento, dove i servizi di accoglienza e tutoraggio per gli studenti disabili faticano a decollare. Boom di iscritti: negli ultimi dieci anni 10mila matricole in più D a 4.816 a 14.171: è una vera e propria impennata la crescita del numero di studenti con disabilità iscritti negli atenei italiani dal 2000-2001 al 2010-2011. Negli ultimi dieci anni, dunque, a bussare alle porte delle università sono stati 10mila studenti in più. E il merito – almeno in parte – va attribuito alla legge 17/1999, che impone agli atenei di adottare un approccio di tipo sistematico in materia di integrazione e supporto agli studenti disabili, garantendo sussidi tecnici e didattici specifici, tutorato specializzato, un docente delegato dal rettore per funzioni di coordinamento, monitoraggio e supporto e trattamento individualizzato vacanze Arrivano bagnini e albergatori “autismo friendly” V acanze amiche dei ragazzi autistici e delle loro famiglie. È l’obiettivo di “Autismo friendly beach”, un progetto per formare bagnini e albergatori della Riviera promosso dall’associazione di genitori Rimini Autismo. «A casa c’è l’aiuto di amici, parenti ed educatori – spiega il presidente Enrico Maria Fantaguzzi –. Al mare, invece, è raro trovare un ambiente adatto ai propri figli». Grazie al logo sulle magliette degli operatori vacanzieri, le famiglie potranno riconoscere i luoghi che aderiscono all’iniziativa. Ma la onlus ha pensato anche di realizzare delle targhette per localizzare tramite Gps e smartphone i bambini che si sono persi in spiaggia e di promuovere un corso per ragazzi autistici che, la prossima estate, potranno aiutare i bagnini a mettere a posto lettini e ombrelloni. BELLUNO Il Centro del libro parlato a rischio chiusura G arantita solo fino al 2016 l’attività del Centro del libro parlato di Feltre, nel bellunese. Il motivo è legato al taglio del 50% dei finanziamenti pubblici subito nell’ultimo anno, che si concretizza in «140mila euro in meno a fronte di un bilancio di circa 500mila euro», spiegano il presidente Flavio Devetag e il vicedirettore Piero Reghin. E senza fondi questa “banca della voce” potrebbe chiudere. Inoltre «due dipendenti sono stati licenziati, mentre gli altri dieci si sono visti ridotti le ore e lo stipendio del 20%». Da 30 anni il centro offre i suoi servizi alle biblioteche e a oltre 1.300 persone con disturbi della vista, trasferendo in lettura registrata più di 15mila opere tra libri, periodici e spartiti musicali in braille. Infine è naufragata l’idea di portare nel veneto il secondo museo tattile d’Italia, dopo quello di Ancona. 5 “Freedom to move. L’accessibilità che vogliamo”. Una campagna per il turismo accessibile rivolta alle persone con disabilità motoria e alle loro famiglie. Voluta dal Centro clinico Nemo di Milano, in collaborazione con la Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare) e il servizio Hotel.info, sono state testate alcune strutture alberghiere in base alla presenza o meno di barriere. E la prospettiva è quella di allargare il raggio d’azione anche a ristoranti, cinema, e musei. Per informazioni: Freedomtomove.it. ACCADE CHE... Si è aperto il casting di “Modelle & rotelle”, la sfilata di moda organizzata dalla Fondazione Vertical di Roma per raccogliere fondi in favore della ricerca sulla lesione spinale e la cura della paralisi, rafforzare l’autostima delle persone mielolese, sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni. Ma la vera novità di questa terza edizione è che possono partecipare anche gli uomini. Cosa fare per iscriversi al concorso? Basta essere in sedia a ruote, compilare il modulo on line sul sito Modellerotelle.it e inviare tre foto. teatro “StupendaMente” in scena con Shakespeare S ul palco, venti persone con un disagio psichiatrico con sette attori professionisti. Per interpretare Insanamente Riccardo III, rilettura dell’opera di Vita non sempre Shakespeare proposta in un laboratorio teatrale facile per i bambini diretto dalla regista Roberta Torre. Il progetto disabili in Irlanda. è nato dalla collaborazione con l’associazione E neanche per i figli StupendaMente, che gestisce un centro diurno e ha degli immigrati coinvolto come interpreti i pazienti con disabilità (rispettivamente mentale tra i 25 e i 55 anni. L’opera teatrale è andata l’8,3% e il 5,8% degli in scena a fine aprile a Palermo. «Ci siamo rivolti a under 18). L’ultimo un pubblico ampio – ha riferito Marcello Alessandra, rapporto nazionale psichiatra e presidente di StupendaMente –. sull’infanzia rivela Vogliamo raccontare la psichiatria in maniera infatti l’esigenza di una diversa, facendo comprendere che è fatta non maggiore attenzione del governo verso questi solo di psicofarmaci, ma di socializzazione e riabilitazione». Il prossimo obiettivo è la creazione di minori vulnerabili. una compagnia teatrale stabile. [Serena Termini] Necessità che si manifesta soprattutto in tre aree: istruzione, relazioni con i coetanei, salute fisica ed emotiva che comincia all’interno della famiglia; il 79% dei bambini disabili, infatti, non parla facilmente con la propria madre. 6 MONDO INAIL A Roma tornano i gruppi di autoaiuto per infortunati e familiari Q uest’anno la novità è il counselling psicologico individuale o di coppia. È appena partita la seconda edizione dei gruppi di auto-mutuoaiuto per le persone infortunate sul lavoro e per i loro familiari organizzati dalla Sede Inail di Roma Nomentano, una serie di incontri finalizzati a sostenere dal punto di vista emotivo, sociale e relazionale chi deve fare i conti con una disabilità acquisita. Si va dall’affrontare il disagio di chi non ha ancora superato l’incidente all’esigenza di affermare i propri diritti, dal rapporto con il proprio corpo a quello con gli altri e con il partner, dal desiderio di genitorialità alle relazioni con i figli. Il gruppo di supporto è orientato sia all’ascolto sia all’azione: le persone, infatti, condividono il proprio malessere ma anche le strategie per far fronte ai propri problemi. Gli incontri guidati hanno cadenza quindicinale (il mercoledì alle ore 17) e si tengono in via Diego Fabbri 74. Per informazioni: 06/36437188, e-mail [email protected]. tecnologie Città senza barriere grazie a un’app per smartphone L Tappa finale degli Special Olympics Italia. Dal 21 al 26 giugno fa scalo a Viterbo l’ultima fase, quella dedicata al nuoto, della ventinovesima edizione dei Giochi nazionali estivi per atleti con disabilità intellettive e relazionali. Dopo Arezzo‚ Cagliari e Lodi – e dopo equitazione, bocce, pallavolo, calcio, pallacanestro, tennis, golf, atletica, bowling e ginnastica – ora tocca alla città dei Papi e all’acqua diventare scenario delle competizioni. e città italiane diventano senza barriere per le persone con disabilità. Almeno per le zone a traffico limitato. Ad abbatterle è un’applicazione per smartphone che permette di entrare in tutte e 140 le città con limitazioni di traffico con un semplice click. Henable Ztl, scaricabile dal sito Henable.me, dall’app store e anche da Google play, viaggia sulle piattaforme di Android e Iphone. Con un abbonamento annuale di 3,59 euro, ogni utente può avvi- sare che entrerà in un varco Ztl: l’applicazione contiene già in memo- ria tutti i documenti necessari, compreso numero di targa e contrassegno, prima caricati dallo stesso utente, e in seguito si mette in comunicazione con l’e-mail dell’amministrazione AMBIENTE Sentinelle speciali a protezione del verde A rrivano le “Sentinelle verdi”, una “squadra speciale” di ragazzi disabili per la tutela del verde pubblico. L’iniziativa è frutto della collaborazione tra l’amministrazione comunale di Gaeta, in provincia di Latina, e l’associazione Impronte verdi. L’idea è quella di coniugare politica ambientale e inclusione sociale, con il duplice obiettivo di proteggere le aree verdi e favorire il protagonismo dei ragazzi con disabilità. Concretamente, le “Sentinelle verdi” sono chiamate a far rispettare le regole per la tutela del paesaggio, a prevenire gli atti di vandalismo e a diffondere una cultura ambientale: vigilanza, sorveglianza e ricognizione di parchi e giardini pubblici sono gli incarichi da svolgere, con l’aiuto di uno psicologo e sotto la guida dell’associazione. 7 comunale dedicata agli ingressi dai varchi. L’inventore del programma è Ferdinando Acerbi: ex olimpionico di equitazione, nel 2004 è rimasto paralizzato dalla vita in giù per un incidente subacqueo, tentando di salvare la vita a un amico. «Invece di lamentarci siamo noi disabili a dover presentare le soluzioni ai problemi che solo noi possiamo percepire – ha affermato –. Le persone “normali” si occupano soprattutto del macro-problema, quello evidente». I disabili inglesi contro la nuova e contestata indennità di mobilità. Si tratta del Personal independence payment (Pip) per le persone con disabilità introdotto dal governo Cameron. A essere criticati sono soprattutto i nuovi limiti: ora solo chi non riesce a camminare per 20 metri ha diritto all’assegno di invalidità (prima erano 50). Si stima così che 51mila persone potrebbero non beneficiare più di questo aiuto economico. pari opportunitÀ Una ricerca su disabilità e omosessualità R icercatori in moto per conoscere la realtà sommersa delle persone disabili omobisessuali in Italia. A condurre l’indagine la psicoterapeuta Priscilla Berardi, l’educatrice Ambra Guarnieri e il sociologo Raffaele Lelleri. A distanza di cinque anni da “Abili di cuore”, il primo e unico studio su questo tema, «abbiamo voluto capire se la situazione è cambiata e se le persone gay, lesbiche e bisessuali con disabilità vivono tuttora una doppia discriminazione», dicono. Lo strumento utilizzato? Un questionario on line rivolto anche agli operatori socio-sanitari. I risultati saranno pubblicati su Priscillaberardi. it, Lelleri.it e sulla pagina Facebook “Omobisessualità e disabilità oggi in Italia”. Quelli che ritimbrano C’è chi, dopo un incidente professionale invalidante, riprende il proprio impiego e chi invece non ce la fa. Oppure cambia occupazione. Tra storie, buone prassi e difficoltà, ecco il volto del reinserimento lavorativo di chi si è fatto male compiendo il proprio dovere Michela Trigari S tefano ha ripreso il suo vecchio mestiere di tecnico: ripara sempre macchinari nella stessa azienda, ma lo fa affiancato da un tutor. Antonio, invece, da agente di commercio è diventato dipendente del Servizio sanitario locale. Infatti c’è chi riesce a tornare alla propria mansione e chi invece, per una ragione o per l’altra, decide di cambiare impiego, mettersi in proprio o non lavorare più. E spesso non si tratta di una scelta ma di una strada obbligata. Perché un infortunio invalidante, accaduto mentre si guadagna lo stipendio o mentre si torna a 8 casa dalla fabbrica o dall’ufficio, stravolge la vita. Stessa cosa dicasi per una malattia professionale. Ritrovarsi disabili non è facile, e nemmeno rientrare al lavoro. Si parte dal calcolo delle abilità residue, si passa eventualmente per corsi di orientamento, formazione e riqualificazione, per arrivare poi all’obiettivo finale: il reinserimento occupazionale. A volte serve l’aiuto di una protesi o di un ausilio, a volte occorre adattare i veicoli con cui si lavora – come per esempio un trattore o un furgoncino –, a volte è necessario che il datore abbatta le barriere architettoniche che ci sono in azienda. La sicurezza in mostra: dodici scatti sui rischi del mestiere P il cartellino Altre volte, invece, tutto questo non basta. Non è un percorso facile, non tutti ce la fanno (facendosi bastare l’assegno d’invalidità e la pensione d’inabilità dell’Inps o la rendita Inail), ma chi si è fatto male sul lavoro gode di un canale privilegiato. Perché sottostà a una disciplina normativa diversa rispetto a quella dell’invalidità civile e beneficia di prestazioni e diritti che lo Stato ha assegnato all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, «compresa una serie di servizi collaterali al reinserimento professionale dell’assistito», spiega Ilaria Cannella, assisten- te sociale della Direzione centrale Riabilitazione e protesi dell’Inail. Certo, si passa sempre dal collocamento mirato gestito dai Centri provinciali per l’impiego, da intese con gli enti locali, dai servizi di Comune e Asl, dalle Agenzie per il lavoro, dallo stanziamento di fondi pubblici o da convenzioni con le cooperative sociali, ma predisporre progetti individuali per agevolare il reinserimento lavorativo è uno degli obiettivi dell’Istituto. «Anche se la crisi si sta facendo sentire: già per una persona infortunata è difficile reintegrar- 9 revenire è meglio che curare. Ecco perché è così importante focalizzare l’attenzione sui pericoli che si nascondono nel posto di lavoro. In tutta Europa e anche attraverso le immagini. È questo l’obiettivo della mostra fotografica itinerante che – dopo Napoli, Roma, Potenza, Pinerolo, Chiari e Chieti – farà tappa anche in altre città italiane. Frutto di un’iniziativa promossa dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha) – di cui l’Inail è focal point per l’Italia –, la mostra rientra nell’ambito della campagna 20122013 “Lavoriamo insieme per la prevenzione dei rischi” nei cantieri così come in fabbrica, in ufficio, nei laboratori, nei campi o in strada. Queste le prossime date italiane: dall’11 giugno al 26 luglio presso la Sede Inail di Torino Nord, dal 5 al 27 settembre in quella di Ivrea e dall’1 al 25 ottobre a Biella. Il tour proseguirà nella Sede Inail dell’Aquila dal 29 ottobre al 30 novembre, e in quella di Venezia Terraferma dal 2 al 31 dicembre. I dodici scatti che compongono l’esposizione, e che raccontano la sicurezza nei luoghi di lavoro, sono stati selezionati da una giuria internazionale tra oltre 2.500 fotografie arrivate da tutto il continente, e non solo dagli Stati dell’Unione europea, per partecipare al concorso indetto dall’Eu-Osha. In copertina e nell’inchiesta, gli scatti vincitori. In queste due pagine, Gold panner, di Saša Kosanović (Croazia), che ha vinto il terzo premio; la foto è stata scattata sul fiume Drava. [M.T.] l’inchiesta Dopo l’infortunio Balancing over the waves di Jose Luis Morales Martin (Madrid) si, figuriamoci quando manca il lavoro», commenta Cannella. Altra particolarità le differenze tra Nord e Sud, «in linea però con quelle che contraddistinguono l’universo occupazionale nazionale», precisa l’assistente sociale. In Italia sono quasi 710mila le persone disabili titolari di rendita Inail: 610mila sono maschi, oltre 570mila vengono dal settore industria e servizi e circa la metà si ritrova con una disabilità motoria. Altro dato: sono 15.400 gli invalidi del lavoro iscritti negli elenchi provinciali del collocamento obbligatorio, la maggioranza nel Mezzogiorno; ma si tratta di un numero in difetto perché mancano all’appello 18 province. Tutti i dati sono riferiti al 2011. Non si sa però quanti siano gli infortunati che riprendono a lavorare. Tra questi c’è Stefano Piva, blemi nell’afferrare gli oggetti», 30 anni a novembre. Un inci- spiega il padre Alfredo. Un pro- dente in itinere (cioè nel tragitto casa-lavoro) avvenuto il 4 gennaio dell’anno scorso, in cui è morto uno dei titolari dell’azienda di Marano Vicentino in cui era addetto come riparatore di macchinari per la pulizia industriale, un grave trauma cranico, un mese di coma e poi la riabilitazione. «Ma la voglia di tornare come prima è tanta», dice, nonostante gli strascichi del rallentamento ideomotorio si facciano ancora sentire e dureranno per un altro anno. Ecco allora che «il recupero delle competenze professionali Stefano lo sta facendo nel suo vecchio posto di lavoro, ricoprendo la stessa mansione di prima ma affiancato da un terapista occupazionale che lo aiuta quando ha difficoltà di attenzione, di parola o pro- 10 getto targato Inail di Vicenza, cooperativa sociale Easy, Centro per l’impiego di Schio-Thiene e Silas (Servizio integrazione lavorativa area svantaggio) dell’Azienda Ulss n. 4 che «prevede un reinserimento lavorativo graduale, la presenza di un tutor le cui ore di affiancamento decrescono pian piano e a ottobre la riassunzione», conclude l’assistente sociale Inail Paola Bussolin. Ma dopo il trauma c’è anche chi cambia mestiere. Anzi più di uno. Come ha fatto Antonio Mecca, un ex agente di commercio di Potenza che nel 1987 ha perso l’avambraccio sinistro nella roto-pressa per imballare il fieno mentre stava dando una mano nell’azienda agricola di famiglia. «Per fortuna ero Sì al supporto psicologico: il parere di una professionista alla pari D assicurato», commenta. Da allora «sono stato responsabile della sede locale di un’azienda di latte e yogurt, poi l’iscrizione nelle liste delle categorie protette e infine l’impiego nella farmacia dell’ospedale di Melfi “San Giovanni di Dio” come dipendente dell’Asl». Ma Mecca è stato anche il presidente regionale dell’Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) della Basilicata e oggi, all’età di 53 anni, fa volontariato in un gruppo di auto mutuo aiuto di Potenza. Da febbraio dell’anno scorso, inoltre, è vicesindaco del Comune di Avigliano. «Per me l’invalidità è stata l’opportunità per diventare quello che sono; nella vita niente è impossibile: basta volerlo e non arrendersi mai», dice. Sposato e con due figli, Antonio è un inguaribile ottimista che continua ici reinserimento occupazionale, leggi riabilitazione. Parola di Anna Grazia Giulianelli (nella foto), che ha messo la sua professionalità al servizio del volontariato. Ex psicologa dell’Ausl di Cesena, nell’86 ha un incidente in itinere che le lascia una paraparesi da lesione spinale. Da allora, a causa soprattutto dei conseguenti problemi di salute e di complicazioni all’apparato renale, non è più tornata al suo impiego, vivendo sulla propria pelle la carenza di figure professionali come la sua nella presa in carico delle persone con disabilità acquisita. Ma quando, dopo anni, inizia a stare meglio, nessuno la ferma più: fa parte di un gruppo di colleghi con cui ha fondato la Società italiana di psicologia della lesione spinale, ha collaborato con l’Istituto di riabilitazione Montecatone di Imola, a quasi 60 anni ha imparato a sciare grazie al progetto “Sci-Abile” (nato dalla collaborazione tra Inail Emilia Romagna e Comitato italiano paralimpico) e per dodici mesi ha condotto, sempre a titolo volontario, il Punto di ascolto psicologico dell’Inail di Forlì-Cesena, presto attivo in pianta stabile. Perché è così importante ritornare ad avere un impiego? «Il lavoro è un valore, un progetto di vita, è identità personale, sociale e relazionale. E rientrare là dove è avvenuto l’infortunio, oppure in un altro ambiente se la disabilità 11 costringe a cambiare occupazione, significa comunque recuperare un’immagine positiva di se stessi e ritrovare quel quotidiano che si credeva perduto. Il lavoro è un incredibile strumento di riabilitazione, uno strumento importante per riscoprire un funzionamento possibile. Ma servono progetti di reinserimento che siano davvero individualizzati: è questo il punto cruciale». Cosa pensa del sostegno psicologico agli infortunati sul lavoro? «Penso che questo tipo di supporto sia sempre necessario quando si tratta di disabilità acquisita. Le strutture che se ne fanno carico devono essere deputate all’ascolto del proprio assistito anche per quanto riguarda gli aspetti affettivi e relazionali. Solo così si può avere un quadro completo della situazione per un adeguato reinserimento nella vita sociale. Proprio dall’esperienza dello sportello dell’Inail di Forlì-Cesena è emerso come, nelle équipe multidisciplinari, dovrebbe essere presente la figura di uno psicologo con formazione clinica ed esperienza nel campo delle disabilità acquisite, per favorire la comprensione di situazioni personali, familiari e sociali anche particolarmente complesse. Questo è tanto più necessario per un ente, come l’Inail, che riconosce l’importanza di attivare progetti individualizzati per i propri infortunati». [M.T.] l’inchiesta Dopo l’infortunio ancora a darsi da fare nell’azienda di famiglia, che nel frattempo si è convertita all’allevamento industriale dei polli. Poi c’è chi ha bisogno di riqualificarsi perché non più ri- Cold Sandwich di Paweł Ruda, scatto vincitore del premio per il miglior partecipante sotto i 21 anni collocabile nella mansione per cui era stato assunto oppure perché non raggiunge il grado utile per il collocamento mirato e per questo ha più difficoltà nel 12 trovare un nuovo impiego. Sono i 15 infortunati e tecnopatici disoccupati, in cassa integrazione o mobilità che hanno fatto parte di “Sfida” (Sinergie per la facilitazione all’inserimento dei disabili con Adecco): un progetto terminato da poco – nato dalla partnership tra le tre sedi Inail di Torino e la Fondazione Adecco per le pari opportunità – articolato in colloqui conoscitivi e di orientamento, interventi di recupero delle competenze, azioni di tutoring e monitoraggio, incontri di formazione professionale per sperimentare, sia pure in un contesto simulato, un ambiente di lavoro con ritmi, procedure, regole e tempi prestabiliti. Grazie al progetto “Ergon” invece – frutto della collaborazione tra l’Inail di Trento, la cooperativa sociale Arché e l’Azienda di promozione turistica della Valsugana – Loredana e Giulia (le chiameremo così per motivi di privacy) sono entrate a far parte di un percorso di formazione che le porterà ad acquisire tutte le competenze necessarie per diventare esperte organizzatrici di vacanze accessibili: le due donne, entrambe infortunate sul lavoro, si affacceranno così a un nuovo universo occupazionale dedito alla creazione di pacchetti turistici per le persone con disabilità motoria o sensoriale orientati tanto al relax quanto allo sport e al divertimento. Fondamentali sono anche la terapia occupazionale e il recupero del gesto lavorativo, secondo il modello bio-psico-sociale basato sull’Icf (International classification of functioning, disability and health) come indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità. «Da circa due anni, infatti, nella sede Inail di Bari è in sperimentazione il progetto “Work” (Work oriented rehabilitation and kinesis), incentrato sullo sviluppo e il mantenimento della capacità di agire della persona, per fornire all’infortunato una riabilitazione specifica che minimizzi il rischio di perdita dell’idoneità professionale simu- lando i gesti lavorativi in un ambiente protetto come una palestra o un laboratorio occupazionale», dice la dottoressa Maria Rosaria Matarrese della Sovrintendenza medica generale dell’Istituto. Un caso concreto è quello di Luigi (nome di fantasia per garantirgli l’anonimato), un giardiniere di 43 anni che si è rotto il femore destro sul lavoro. Per riuscire 13 Working with a view di Felipe Antonio Juarez Moreno (Madrid) l’inchiesta Dopo l’infortunio Qui sopra, Beginners di Miran Beškovnik (Slovenia). Nella pagina accanto, The Solution, di Riccardo Cigno (Luco Dei Marsi, L’Aquila): un contadino durante la preparazione per il trattamento antiparassitario dei pomodori. a riprendere il proprio impiego, tornando a fare tutto quello che faceva prima, ha effettuato esercizi di fisioterapia che simulavano «la salita e discesa dalla scala, la posizione inginocchiata e accovacciata, le attività su suoli sconnessi e terreni irregolari», spiega il dottor Vincenzo Castaldo della Direzione regionale Inail Puglia. E il recupero del gesto lavorativo può essere utile anche nei casi di disabilità acquisita. Altra buona prassi è il Servizio per l’integrazione socio lavorativa del Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio (Bologna), che ospita uno sportello di informazione e orientamento professionale, un supporto per la ricerca attiva del lavoro e un laboratorio di informatica assistita. Il servizio si rivolge agli utenti del Cen- tro (l’anno scorso sono state 200 persone), che però «provengono da tutta Italia – precisa Ilaria Giovanetti, responsabile del Processo socio educativo e progettualità della struttura –, e fornisce indicazioni utili sulla normativa, l’offerta formativa del territorio di residenza, i Centri provinciali per l’impiego, il collocamento mirato, le aziende con obbligo di assunzione e la ricerca autonoma del lavoro. Inoltre è possibile tanto avvicinarsi all’alfabetizzazione informatica di base quanto conseguire il patentino Ecdl (European computer driving licence) o la certificazione e-Citizen»: un’opportunità in più per ripensare la propria professione soprattutto quando non è più possibile riprendere la vecchia mansione. 14 Ma il Centro protesi Inail si occupa anche di adattare i veicoli al tipo di disabilità. E così Silvio, un agricoltore di 63 anni che lavora nella sua azienda di Faenza (Ravenna), è risalito di nuovo sul trattore dopo che tre anni fa un incidente nei campi, tra i suoi alberi da frutto, lo aveva fatto finire su una sedia a ruote. Come ha fatto? Sul mezzo è stata montata una seduta mobile esterna che lo trasporta, come una sorta di piccolo “ascensore”, all’altezza del sedile dell’abitacolo, per poi richiudersi all’interno della cabina di guida. Lì non ci sono pedali, ma solo comandi manuali. Ed è grazie a queste modifiche che Silvio è tornato a raccogliere pesche, albicocche e susine. Anmil e Italia Lavoro: quando il privato dà una mano al ricollocamento U n connubio tra servizio pubblico e privato accreditato. Spesso, infatti, il reinserimento occupazionale di chi ha avuto un incidente sul lavoro passa anche da cooperative sociali, associazioni di disabili e organismi di intermediazione. Come l’Agenzia per il lavoro dell’Anmil, con sedi operative a Milano, Bergamo, Bologna, Roma e Napoli, sorte per favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta d’impiego. O come Italia Lavoro, la società strumentale al ministero del Welfare per promuovere e gestire azioni nel campo delle politiche dell’occupazione e dell’inclusione sociale. Entrambe operano in collaborazione con gli enti locali e le Sedi territoriali Inail. Ma l’Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro «dispone anche di un proprio Istituto di riabilitazione e formazione deputato al bilancio delle competenze, ai corsi di riqualificazione professionale, al coaching e all’auto-imprenditorialità», spiega il presidente dell’Anmil Franco Bettoni. Italia Lavoro invece, precisa il responsabile dell’Area inclusione sociale e lavorativa Mario Conclave, svolge «attività di supporto, consulenza e formazione in Piemonte, Liguria, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, seguendo queste linee 15 d’intervento: diffusione della Classificazione internazionale di funzionamento, disabilità e salute, rafforzamento del collocamento mirato soprattutto in situazioni di crisi occupazionale e attraverso lo strumento della convenzione, valorizzazione del tele-lavoro e dell’impresa individuale o familiare». Qualche caso concreto? Negli ultimi quattro anni l’Agenzia milanese dell’Anmil «ha seguito una trentina di infortunati, di cui 22 hanno trovato impiego», riferisce il responsabile Claudio Messori. Spesso, per chi si è fatto male mentre svolgeva la propria mansione, «è difficile accettare concetti come ricollocazione professionale e tirocini formativi. Altri, invece, decidono di non lavorare più perché gli basta la rendita Inail». Ma c’è anche chi si vuole rimettere in gioco. Franco (il nome è inventato per motivi di privacy, come gli altri che seguono) «era un muratore e ora fa il receptionist, Massimo da magazziniere è diventato autotrasportatore su un veicolo adattato, Yon sta imparando l’italiano» perché le sue doti da perito meccanico non gli serviranno più. «Elena, invece, laureata in Giurisprudenza, non ha ancora trovato nessuno disposto ad assumerla: lavorava nell’ufficio legale di un’azienda, ma le sue difficoltà di memoria le stanno creando problemi», conclude Messori. [M.T.] INSUPERABILI Intervista ad Andy Holzer Guardare le vette con altri occhi Cieco dalla nascita, l’alpinista austriaco scala “al buio” le cime più alte del mondo. E ha deciso di raccontare la sua esperienza in un libro, best-seller in Germania, Austria e Svizzera. Per «aprire gli occhi ai vedenti» Laura Badaracchi I nserirlo nel Guiness dei primati sarebbe riduttivo: quello che fa somiglia a una “missione impossibile” degna dei più avventurosi film di successo. Ha scalato sei delle sette cime più alte del mondo, affrontando fra l’altro una delle pareti più insidiose delle Alpi e delle Dolomiti, come la parete nord della Cima Grande di Lavaredo o il lato sud della Marmolada. È appena tornato da una spedizione in Turchia sul monte Ararat, vicino all’Armenia e all’Iran. Un grande alpinista? Sì, e per di più non vedente dalla nascita. Fino a 20 anni Andy Holzer, austriaco, non aveva fatto pace con la sua disabilità. Sono passati altri 27 anni e ha scelto di raccontarsi in Gioco d’equilibrio. Cieco sulla cima del mondo, edito da Keller. Pagine in cui ripercorre diverse arrampicate, oltre alle escursioni – fin da bambino – con sci di fondo, mountain bike e surf. Un best-seller in Germania, 16 Austria e Svizzera, tradotto in italiano da Keller editore. Dall’infanzia vissuta a Lienz, paesino del Tirolo orientale, fino ai concerti del suo duo musicale, approdando a una passione “temeraria”: le vette. Non può vedere le montagne con gli occhi, ma gli altri suoi sensi – udito, olfatto, gusto e tatto – gli danno le coordinate necessarie per scalare le cime più alte della terra, come ha dimostrato nelle sue spedizioni. Senza guardare sentieri, pareti rocciose né il paesaggio che ricompensa le fatiche della salita, Andy coglie con un sesto senso le informazioni che gli sono necessarie per assemblare una precisa immagine del mondo. Superando gli ostacoli con una determinazione condita di ottimismo che affonda le radici nella fiducia: in se stesso, ma anche nei suoi affetti. La famiglia, gli amici: nel volume Holzer racconta la crescita con genitori per cui la sua cecità non è mai stato un limite invalicabile. La sfida più grande? «Aprire gli occhi ai vedenti». Una cima davvero ardua da scalare. Non le sembra di sfidare il limite, la sorte, attraverso l’alpinismo estremo? Per tanti ciò che faccio può sembrare folle ma per me è la normalità: quando qualcuno mi chiede se sono triste per il fatto che non posso vedere le montagne, chiedo se è triste di non poter essere in grado di volare. Il mio cervello non sa che sono cieco e si comporta come quello di tutti gli altri: sta a me inviargli i segnali giusti per arrivare in cima alla vetta. Ogni roccia ha il suo odore e le mie mani sono in grado di “leggerla” per capire cosa mi aspetta 20 metri più avanti. Anche l’udito è importantissimo. Come ha imparato ad arrampicare? Innanzitutto, ho dovuto memorizzare nella visualizzazione mentale la rappresentazione della parete che sto per scalare. Poi il feedback degli altri sensi mi dice se la realtà coincide davvero con l’immagine che ho in testa. Se è co- Classe 1966, da quando ha 15 anni Andy Holzer canta nel gruppo Dolomitenduo, suonando anche la chitarra e il basso. Dal 1984 lavora come fisioterapista e balneoterapista all’ospedale di Lienz; nel ’90 si sposa con Sabine. Quando ha 23 anni, Hans Bruckner, guida alpina del suo paese, gli insegna “il mestiere dell’arrampicata”. Sulla parete sud della Torre Preuß della Piccolissima (Ortles) si è avventurato in una cordata a tre con Hugh Herr, scalatore americano bi-amputato alle gambe, ed Erik Weihenmayer, un altro alpinista non vedente. Il suo sito è Andyholzer.com. (Nella pagina accanto, foto di Martin Kopfsguter) sì, posso proseguire con la scalata, altri- si gestiscono i propri deficit e come ci si menti sono costretto a sincronizzare di relaziona con gli altri. nuovo i due livelli con l’aiuto degli orgaLe vette la mettono in contatto con l’assoluto? ni di senso di cui dispongo. In montagna non contano le gerarNel libro scrive: «Dipendere l’uno dall’altro chie né i soldi in banca o le polizze assipuò essere una benedizione». Dipendere dagli altri non è un peso. curative. Lassù le uniche assicurazioni Raggiungere un obiettivo insieme è me- che contano sono il compagno di cordaraviglioso. Una volta che si è capito che ta, il buon Dio e se stessi. Penso pure che ciascuno di noi ha un’abilità con cui può a volte Dio si infili nei miei pensieri per contribuire alla riuscita di un’impresa, guidarmi nelle decisioni importanti. E si tratta solo di scoprirla. È da presun- ne sono ben contento. Ci sono situaziotuosi credere che a questo mondo ci sia ni, sia su una parete verticale che nella qualcuno davvero indipendente. Natu- vita quotidiana, in cui sono confuso. Siralmente io dipendo molto dagli altri: gnifica che è proprio ora che io ceda il potrei considerarlo uno svantaggio so- volante per un po’ e chieda a Lui di guistanziale o una grande ingiustizia ri- dare al mio posto. I miei sensori in quelservatami dal destino. Ma nella mia le circostanze sono tarati sulla massima “seconda” vita ho imparato a pensarla sensibilità, così riesco a capire in che didiversamente. rezione devo andare e quando è tempo Quindi com’è cambiata la sua prospettiva? che io riprenda il controllo. Il momenSi sprecano molte energie se si cer- to in cui percepisco che a guidarmi non ca di nascondere le proprie debolezze sono io, spesso dura solo pochi secondi. per mettersi in testa un falso senso di E in quella fase di solito succedono mesuperiorità. C’è tutto da guadagnare a no guai rispetto alle volte in cui cerco di riuscire a mettere da parte questo mo- cavarmela da solo. Scalare le montagne è una scuola di vita? dello comportamentale non costruttivo. A quota 6mila per un cieco e una perIl mondo della montagna ha contrisona priva di un braccio è infatti molto buito molto ai miei progressi, evidenti più semplice dichiararsi a vicenda cosa a dispetto del mio handicap: nel corso si è in grado di fare, anziché cercare di del tempo la fiducia in me stesso è aningannarsi reciprocamente. In quel mo- data aumentando e sono sempre in cerdo, le poche energie disponibili in situa- ca di nuove sfide. Perciò ogni giorno di zioni così estreme si possono impiegare più cerco di vivere una vita per quanper le cose essenziali. Una consapevo- to possibile dinamica ed emozionante, lezza che mi ha fatto capire che il punto perché so che ogni mattina è un evento non è ciò che si ha o non si ha, ma come unico e irripetibile. 17 cronache italiane Roma Gestito dalla Croce rossa, attivo dal 1956, il Centro rischiava di essere smobilitato per mancanza di fondi. Una chiusura scongiurata grazie alla determinazione dei genitori: per ora Il Cem non deve « Elisabetta Proietti S i chiude per gestione fallimentare. E trasferiamo i pazienti. Ma i nostri figli non sono una merce!». Così diceva appena un mese fa Maria Cidoni, mamma di Barbara, disabile gravissima che il 2 maggio ha compiuto 46 anni, 42 dei quali trascorsi al Cem di Roma, Centro educazione motoria gestito dal 1956 dalla Croce rossa italiana. Oggi «il rischio di chiusura non c’è più» – come ha dichiarato il governatore della Regione Lazio Nicola Zingaretti, a seguito di manifestazioni ed estenuanti trattative – ed è utile ripercorrere queste ultime settimane, in cui la tenacia dei familiari ha avuto un ruolo determinante. Barbara è cerebrolesa dalla nascita «per colpa dell’incuria» di un grande ospeda- 18 le: «Erano giorni di festa – racconta Maria – e non c’era nessuno, l’hanno presa che era già asfittica e hanno dovuto utilizzare il forcipe. Me l’hanno rovinata. Al Cem è riuscita a camminare e a muoversi. Qui ha trovato tutto». Una storia di eccellenza. Negli anni, il Centro di via Ramazzini ha sempre garantito «un sollievo» per i genitori. Standard elevati lo hanno reso un riferimento di eccellenza nel panorama dell’assistenza alle gravi disabilità psicofisiche in Italia. «Chi non è mai venuto al Cem non può capire», ripetono alcuni familiari. E aggiungono: «Nessuno qui ha mai avuto una piaga da decubito». Per gli utenti – 49 adulti disabili gravi che vivono assistiti e curati lì, per lo più ce- morire rebrolesi – il Cem è la loro casa. Nel senso più vero: lì sono i colori, gli odori, gli arredi, le voci, i volti e le mani, sempre le stesse, che li imboccano da una vita. «Staccarli dai loro punti di riferimento può portare a depressione e morte», avvisano i parenti. La struttura è anche centro diurno per 13 ragazzi disabili con laboratori di arte e mestieri. Inoltre ospita due ambulatori, uno per l’età evolutiva (35 bambini fanno riabilitazione del linguaggio e neuropsicomotoria) e uno per i malati di Parkinson. In tutti i casi sono impiegate équipe multiprofessionali. Le persone che lavorano al Cem sono 114, 78 gli operatori sociosanitari cui si affiancano altre professionalità. È datata 24 aprile la lettera inviata ai familiari dal presidente del Comitato provinciale di Roma della Croce rossa, Flavio Ronzi, già commissario straordinario per il Cem e con un passato di volontario presso la struttura. «Con grande dispiacere e sentito rammarico scrivo queste poche righe. La chiusura definitiva del Cem è prevista per il 1° giugno 2013». E questo malgrado «la spasmodica ricerca di collaborazione e attenzione da parte della Regione Lazio». La lettera, definitiva e senza speranza, è arrivata anche a casa del signor Franco (il nome è di fantasia), che nel leggerla ha avuto un malore: vedovo da poco, 79 anni, ha due figlie al Cem e 5 bypass al cuore. «Stanno giocando con la vita delle persone», commenta un conoscente. «Adesso si sta deteriorando tutto, ma prima pagavamo noi genitori e i figli andavano a cavallo, facevano tante attività. Da tre anni non vanno più nemmeno in vacanza: non ci sono i soldi, dicono». Maria Cidoni da un anno e mezzo instancabilmente racconta, spiega, va in ogni consesso in cui può essere utile portare la propria testimonianza. Scrive su Facebook, spedisce e-mail a istituzioni, politici, giornalisti; il 5 maggio era su Blob di Rai Tre. Come lei, «tutti uniti», i genitori dell’Agecem (Associazione genitori Cem) e del Comitato genitori ambulatori Cem. Per questi ultimi parla la portavoce Sonia Di Lenarda, mamma del piccolo Marco, in cura finora presso l’ambulatorio dell’età evolutiva: «Cosa faremo ora? Siamo in lista d’attesa nei centri convenzionati. Mio figlio ha una forma di epilessia di cui, per fortuna, abbiamo trovato il meccanismo scatenante. Abbiamo fatto la riabilitazione al Centro e ora resta un disturbo comportamentale su cui ci sarebbe da lavorare ancora per un anno, ma non siamo il caso più grave: una coppia di gemelli è in attesa da due o tre anni, e parliamo di Nella pagina accanto: i locali del Cem. Sopra: il compleanno di Barbara, 46 anni, ospite del Centro 19 percorsi riabilitativi che hanno bisogno di essere precoci, oltre che mirati». Una crisi che viene da lontano. Il 70% dei lavoratori del Cem è precario da 20 anni. Un anno fa il commissario Ronzi rassicurava: «Il Centro non cambierà destinazione d’uso», mentre spiegava che «da mesi pulizie, servizio lavanderia e mensa non vengono pagati». «Finché dura», si era lasciato sfuggire. Una situazione di cui la Regione Lazio è stata messa subito al corrente e «di cui dovrebbe farsi carico: la Asl prenda in gestione il servizio». Ronzi riferisce che «ogni anno il Cem crea un disavanzo di 4,5 milioni di euro: le entrate dalla Regione sono (fino al 31 dicembre scorso, ndr) di circa 2,3 milioni, a fronte di una spesa annua di 6 milioni». Il disavanzo si inserisce nella realtà critica del Comitato provinciale di Roma della Croce rossa, gestore del Cem, che ha progressivamente accumulato ben 27 milioni di euro di debito. La proposta della Regione Lazio di trasferire gli utenti a un padiglione del vicino Ospedale Forlanini non viene ben accolta dai familiari: «Tanto vale ucciderli». Alle manifestazioni si mescola la voce di qualche parlamentare. I genitori citano la Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili: «Niente su di noi senza di noi». Convinti più che mai a non lasciare il Centro, anche di fronte alla necessità impellente di ristrutturare la palazzina, percepita come un escamotage per liberare lo stabile: «Anche il Cem Campania aveva bisogno di una ristrutturazione, e i disabili non sono più rientrati». Il 7 maggio il presidente del Consiglio regionale del Lazio Daniele Leodori ascolta i familiari e i rappresentanti dei servizi Cem, concludendo: «Capisco da voi che quella del Forlanini non è una brillante idea». E il 16 la svolta, con il prefetto di Roma: «La Croce rossa prosegua i servizi e rimuova le carenze, la Regione sistemi autorizzazioni e accreditamenti». oltreconfine Galassia autismo Un lavoro da specialist people N Tutto comincia quando Thorkil Sonne ipoteca la casa di famiglia per fondare Speciliasterne, società informatica che impiega persone con disturbi dello spettro autistico. Oggi la fondazione è attiva in vari Paesi, per creare un milione di posti di lavoro in tutto il mondo Antonio Storto el film Rain man. L’uomo della pioggia Raymond Babbit riesce a sbancare, con il calcolo delle probabilità, i temibili tavoli da black jack di Las Vegas. Alla tenera età di sette anni, invece, il Fred Tate de Il mio piccolo genio studiava fisica quantistica all’università di Cincinnati. Il cinema abbonda di narrazioni sui talenti, quasi soprannaturali, degli individui affetti da autismo. Ma la vita, purtroppo, è più sfaccettata di come appare sul grande schermo. Non tutti gli autistici sono dotati di queste miracolose abilità. Ma è certo che molti di loro riescono a svolgere con disinvoltura mansioni che per il resto della popolazione possono risultare difficili, se non proprio alienanti. Per 20 Thorkil Sonne, questo tipo di inclinazione equivale a un «alto potenziale di business». Sonne è un informatico danese che ha scorto un’opportunità dove molte aziende continuano a vedere un limite. La sua fondazione si chiama Specialist people e si occupa di inserire nel mondo del lavoro persone affette da disturbi dello spettro autistico, nei settori della programmazione e della consulenza informatica. Il nome stesso dell’organizzazione sta a indicare l’alto livello di spe- cializzazione che gli autistici riescono a raggiungere in questo campo. È ormai dimostrato, per esempio, come nel collaudo del software gli individui con disturbi dello spettro autistico abbiano una percentuale di riuscita di dieci vol- te superiore rispetto ai cosiddetti neurotipici. E non è un caso se i 34 autistici impiegati all’interno di Specialisterne, la società di consulenza informatica che opera all’interno della fondazione, prestano abitualmente i loro servizi ad alcune tra le maggiori aziende del settore. Thorkil Sonne è entrato in contatto con questa realtà nel 2003, quando a suo figlio Lars, che aveva appena due anni, venne diagnosticata una forma di autismo infantile. Studiando il welfare nazionale, Sonne è giunto alla conclusione che il mondo del lavoro non avrebbe offerto a Lars le giuste opportunità. La sua risposta, quindi, è stata di ipotecare la casa di famiglia, utilizzando il denaro per dar vita a Speciliasterne, una piccola società di informatica che impiegasse persone con disturbi dello spettro autistico. Un posto dove «tratti caratteriali come l’attenzione maniacale ai dettagli e l’intolleranza agli errori, che generalmente isolano gli autistici dal mercato del lavoro, vengono valorizzati e ricercati», recita la presentazione web. Il modello di business si è dimostrato vincente e Sonne ha deciso di replicarlo su vasta scala. Oggi la fondazione Specialist people è attiva a livello internazionale e opera su più livelli, secondo uno schema chiamato “modello Dandelion”. Gli individui reclutati passano attraverso un periodo di formazione che va dai tre ai cinque mesi, allo scopo di farne emergere attitudini, punti di forza e di debolezza. Terminato il training, il 40% di loro viene assunto da Specialisterne, mentre gli altri sono guidati in un percorso di avviamento al lavoro. Ciò è possibile perché, oltre a formare le persone autistiche, Specialist people sta educando il mondo del lavoro a rapportarsi proficuamente con loro. Attualmente, infatti, l’organizzazione offre supporto e assistenza agli imprenditori che vogliano replicarne il modello di business. In questo modo, Thorkil e i suoi hanno creato un network di imprese che opera in tutto il mondo: tra i Paesi che hanno avviato una “Specialisterne operation”, figurano Scozia, Islanda e Stati Uniti, ai quali presto si aggiungerà la Spagna. Cambiando il modo in cui i soggetti autistici vengono percepiti dal mondo del lavoro, Specialist people ha finito per realizzare un modello di innovazione sociale. «Le persone affette da forme di autismo ad alto funzionamento – spiega Ilaria Minio Paluello, ricercatrice del Laboratorio di neuroscienze sociali e cognitive dell’Università La Sapienza di Roma – potrebbero essere una grande risorsa per l’ambiente di lavoro. Sono estremamente affidabili, meticolose, attente ai dettagli. Sono capaci di concentrarsi per ore su compiti ripetitivi, come l’immissione dati». Spesso queste capacità, fa notare la studiosa, «non vengono valorizzate per problemi di relazione: nel 2001 una ricerca ha mostrato che nel 90% dei casi le persone disabili perdono il lavoro per un deficit nella comunicazione sociale. Il che rappresenta proprio il primo e più grande limite delle persone autistiche». Progetti come quelli di Specialist people o dell’inglese National authistic society, quindi, «funzionano perché offrono a questi ultimi e alle aziende gli strumenti per aggirare tali difficoltà», conclude Minio Paluello. Oggi Specialist people si propone l’ambizioso obiettivo di creare un milione di posti di lavoro in tutto il mondo. Ma da qualche anno la fondazione si occupa anche di istruzione in senso lato. Nel settembre 2009, a Copenaghen, è partita la Specialisterne school, un istituto per ragazzi autistici dai 16 ai 24 anni che, oltre a fornir loro un’istruzione scolastica, li educa a interagire proficuamente con il mondo circostante, compensando il deficit nelle abilità sociali. 21 Talenti particolari. A volte nascosti J ohn e Michael, i gemelli autistici seguiti dal noto neuropsichiatra Oliver Sacks, riuscirono a contare con una sola occhiata i 111 fiammiferi caduti sul pavimento della loro stanza d’ospedale. Matt Savage, ragazzo prodigio del jazz, a nove anni scoprì di riuscire a leggere gli spartiti di piano senza averne alcuna nozione pregressa. Da un secolo e mezzo, la comunità scientifica si interroga sui prodigiosi talenti di individui affetti da ritardo cognitivo. Che costituiscono il focus del saggio Autismo e talento. Svelare il mistero delle abilità eccezionali, edito dal Centro studi Erickson. Il volume è curato da Francesca Happé, docente di neuroscienze cognitive all’Università di Oxford, e Uta Frith, tra i maggiori studiosi di autismo e dislessia. Nella maggioranza dei casi, riferiscono le studiose, la cosiddetta sindrome savant si riscontra in associazione a disturbi dello spettro autistico. E, di contro, è stimato che il 30% degli autistici sia dotato di queste capacità. Oltre a indagare la questione dal punto di vista strettamente scientifico, le autrici si interrogano su quale sia il modo migliore di promuovere gli individui dotati di questo tipo di talento, superando il deficit comunicativo che spesso li ostacola. [A.S.] portfolio Psichica mente Raccontare il disagio psichico attraverso il ritratto. Catturando l’unicità della persona: emozioni e sentimenti che trapelano da un volto, da uno sguardo, da un gesto, in un’espressività che diventa poesia. E alla fine viene raffigurato semplicemente l’essere: nessuno stereotipo o cliché tipico della salute mentale. Obiettivi raggiunti da I meravigliati, progetto fotografico nato soprattutto da uno scambio, una contaminazione, un incontro tra sensibilità diverse. Gli scatti, infatti, sono frutto della collaborazione con le persone che si sono lasciate immortalare. Individui che narrano storie e vissuti, che parlano di se stessi, e non modelli passivi davanti all’obiettivo. Solo così il corpo, qualora imperfetto, può rendere giustizia alla natura umana: grazie a un punto di vista lontano dalla morbosa curiosità di spiare un mondo “diverso” perché vicino alla volontà di coglierne l’essenza. 22 23 portfolio Psichica mente I protagonisti di questo reportage frequentano centri di riabilitazione, case famiglia e laboratori, come quello di teatro psicosociale condotto dalla compagnia Alcantara di Rimini. Alcune immagini, invece, sono state realizzate all’interno dell’Istituto di Nuova Olonio (Sondrio). Dove agli ospiti è stata posta la domanda: «Come ti senti quando sei fotografato o quando sei davanti alla macchina fotografica?». La risposta l’hanno messa per iscritto; e allora si leggono frasi tipo «Sto bene e mi emoziono», oppure «Sono contenta». E ancora «Mi rilasso perché stiamo in silenzio per posare», ma anche «Mi sento una foto model» (nella pagina accanto, in basso). 24 Ilaria Scarpa, l’autrice di questi scatti, è nata a Rimini nel 1989 e ha studiato fotografia all’Istituto europeo di design di Roma. Si occupa di teatro e reportage. Ha esposto, fra l’altro, anche a Milano e Parigi. Il suo ultimo lavoro, Senza via d’uscita. Viaggio negli opg, è stato realizzato negli ospedali psichiatrici giudiziari di Aversa (Caserta) e Montelupo Fiorentino. I suoi lavori sono visibili su Ilariascarpa. wordpress.com. 25 Appuntamento a Sofia SPORT Nuove leve Daniela che salta nel cerchio Ha quasi 21 anni, la sindrome di Down e una grande passione: la ginnastica ritmica, che pratica ormai da sei anni. Un allenamento costante, che ha reso la giovane romana campionessa italiana nella sua specialità Marta Rovagna H a i capelli biondo scuro, gli occhiali, un caschetto lungo e una postura perfetta mostrata durante l’allenamento di ginnastica ritmica, che pratica da sei anni. Daniela Cotogni, 21 anni da compiere il 6 settembre, è nata con la sindrome di Down e da cinque è campionessa italiana nella sua specialità. Si allena con costanza, salta nel cerchio con facilità, fa un tirocinio 26 in una mensa scolastica e il sabato e la domenica ama uscire con il suo ragazzo, Giacomo. La sua passione più grande è proprio la ginnastica ritmica. «Ho iniziato qui, come studentessa della scuola», dice mentre si allena nella palestra dell’Istituto tecnico commerciale “Cartesio-Rosa Luxemburg” di Roma, «e ho continuato anche dopo essermi diplomata: il mio sogno è A sinistra, Daniela Cotogni ritratta da Michelangelo Gratton. In questa pagina, l’atleta durante una gara disputata lo scorso anno a Leicester (Inghilterra) diventare brava come l’atleta canadese» che lo scorso anno ha potuto ammirare nel corso di una gara internazionale organizzata in Inghilterra poco dopo la fine delle Paralimpiadi di Londra 2012 a cui lei stessa ha partecipato come rappresentante per l’Italia. Lo sport e l’attività fisica l’accompagnano da sempre: «Dai 4 ai 14 anni – racconta la mamma, Maria Franceschini – ha fatto nuoto per fortificare il tono muscolare, poi è approdata alla ginnastica ritmica». Un percorso duro, che nei primi due anni l’ha vista acquisire le basi tecniche della disciplina e poi metterle a frutto, con grande sorpresa anche della madre: «La portavo agli allenamenti ma non mi fermavo a seguirli. Così, osservarla al primo saggio muoversi come se facesse la cosa più facile e normale del mondo è stata un’emozione fortissima. Anche perché, durante le gare, ci mette il triplo della fatica degli altri». La cosa più bella? «Vederla saltare nel cerchio: quello che ha imparato a fare nel corso del tempo, anche grazie alla sua allenatrice, è una cosa davvero sorprendente». Da quando ha incontrato la ginnastica ritmica, a seguire i passi di Daniela nella disciplina è sempre Luisa Vagliviello: «La mia società sportiva, la Asd Gymnasium Monte Mario – ricorda l’allenatrice – aveva proposto un progetto sperimentale alla scuola e la preside ci segnalò Daniela, allora quat- tordicenne». È iniziato così un cammino che dapprima sembrava impossibile: «All’inizio Daniela non riusciva ad alzarsi da terra né a tenere i piedi in modo corretto – spiega Vagliviello –, anche perché la base della ginnastica ritmica è la danza classica; da subito però si è appassionata, creando una buona comunicazione e un bel feeling». E così dopo il primo attrezzo, la palla, Daniela ha iniziato a usare il cerchio, e poi la fune, il nastro e, lo scorso anno, le clavette, crescendo anche nell’attenzione alla postura, alla concentrazione, allo studio degli errori più comuni e al modo di riparare allo sbaglio, alla memorizzazione dello spazio e della sequenza degli esercizi. Il tutto condito da tanta, tantissima musica che atleta e allenatrice scelgono insieme. I cinque titoli italiani vinti nei campionati nazionali Fisdir (Federazione italiana sport disabilità intellettiva relazionale), disputati ogni anno in diverse città italiane, testimoniano l’impegno e la bravura raggiunti. «Questo sport – sottolinea con orgoglio la madre di Daniela – l’ha aiutata nella capacità di ricordare i diversi esercizi, e la coordinazione motoria che ha acquisito con la danza ritmica si è riversata positivamente anche dal punto di vista intellettivo e della memoria». Forse è anche per questo che Daniela ha avuto un percorso scolastico lineare, è sempre stata promossa e ha concluso la 27 scuola a 19 anni. «Mia figlia – dice ancora – non ha avuto patologie gravi alla nascita; oggi è una ragazza serena, gioiosa e tranquilla». E con la sorella, che ha sei anni meno di lei, è «disponibile e affettuosa». Nella vita di tutti i giorni, quando non è impegnata con la ginnastica ritmica, Daniela si divide tra un tirocinio in una mensa scolastica iniziato a settembre 2012 e l’Agenzia del tempo libero (uno dei progetti di autonomia curati dall’Aipd, l’Associazione italiana persone down), dove si incontra con il suo fidanzato Giacomo e altri ragazzi con la sindrome di Down. E poi, come se non bastasse, c’è anche il bowling, di cui è campionessa europea Special Olympics. La sua capacità nello sport è sottolineata ancora dall’allenatrice: «Mi sono accorta presto delle sue doti perché ha diverse caratteristiche da atleta. Anzitutto la memoria, poi ha un grande senso ritmico e tanta disciplina, infine ha mobilità articolare e tonicità. Per me – confida – ha rappresentato lo sport nel vero senso del termine, come misura delle possibilità umane: siamo riusciti a tirare fuori da lei cose che probabilmente non sarebbero mai emerse». In gara Daniela dà il massimo: quando è il suo momento difficilmente sbaglia, è determinata e sicura. Con queste capacità si è mostrata nel settembre 2012 a Leicester, 150 chilometri a nord di Londra, in una gara internazionale di ginnastica ritmica promossa e organizzata dalla Dsigo (Down syndrome international gymnastic organization). «Ha voluto cimentarsi con un programma molto difficile – racconta l’allenatrice –, iniziando un periodo di allenamento molto duro già dal mese di giugno: ha portato tutti gli attrezzi e si è misurata finalmente con atlete preparatissime, che superavano il suo livello. Lassù, in Inghilterra, ha capito dove vuole arrivare». teMpO libero Città d’arte È una delle più affascinanti località del Sud, ma finora nessuno aveva pensato di renderla accessibile a tutti. Finché l’associazione SassieMurgia ha iniziato a proporre un percorso ad hoc per ciechi e sordi. Attirando in un anno oltre 500 turisti Sassi per tutti Matera si rinnova Giorgia Gay P oche città al mondo hanno il fascino di Matera. Unica nel suo genere, sa regalare panorami mozzafiato ed è scelta ogni anno da migliaia di turisti che rimangono a bocca aperta mentre passeggiano nel centro storico. Non a caso nel 1993 l’Unesco l’ha riconosciuta patrimonio dell’umanità. Oggi l’associazione SassieMurgia si propone di mettere questo patrimonio a disposizione di tutti, progettando itinerari per persone prive della vista e dell’udito e promuovendo una grande campagna di sensibilizzazione con le strutture ricettive del territorio. Il primo passo per iniziare questo percorso è conoscere lo stato dell’arte. «La verifica del livello di accessibilità di alberghi, agriturismi, bed & breakfast e residence, bar e ristoranti è propedeutica a qualsiasi progetto di turismo accessibile che voglia essere credibile e duraturo – sottolinea Luca Petruzzellis, presidente dell’associazione –. E serve a comprendere, se e in quale misura, il sistema ricettivo è pronto a soddisfare le esigenze dei turisti con bisogni speciali». Per questo l’associazione, grazie alla collaborazione del tour operator I Viaggi del sapere, si è lanciata in una campagna di monitoraggio di tutte le strutture della provincia: a ognuna è stato inviato un questionario in cui indicare il grado di accessibilità e la capacità di ospitare utenti ciechi o sordi, disabili su sedia a 28 ruote, famiglie con bimbi piccoli, persone che hanno allergie o problemi di tipo alimentare. Particolarmente significativo è che l’iniziativa coinvolga un’agenzia di viaggi: «Sono stati loro stessi a contattarmi, perché interessati ad avviare l’incoming per persone con esigenze speciali – ricorda Petruzzellis –. Non ho avuto alcuna remora ad accettare la proposta di collaborazione. Siamo ben consapevoli di non poter fare tutto da soli e che nessuno meglio di un’agenzia di viaggi può occuparsi della commercializzazione di pacchetti turistici accessibili». Per il territorio si tratta di un’esperienza pilota, perché «qui da noi tri disabili. La scorsa primavera, quindi, il lancio dei primi tre itinerari, che in un anno sono stati visitati da oltre 500 persone: turisti provenienti soprattutto dal Centro-Sud, per cui l’obiettivo è di allargare la platea di visitatori anche alle regioni del Nord. «Una volta formato il personale e definiti gli itinerari ci siamo chie- nessun ente o istituzione pubblica o privata, prima d’ora, ha avviato un’indagine di questo tipo. La collaborazione con il tour operator non è casuale. Vogliamo che il turismo accessibile a Matera sia considerato, oltre che nella sua innegabile valenza sociale, anche un’opportunità economica su cui lavorare con competenza e professionalità». In attesa che il monitoraggio sia concluso, l’associazione SassieMurgia si sta impegnando per offrire itinerari ad hoc. In un anno ne sono già stati realizzati tre: nei Sassi, nella Cripta del peccato originale e presso l’Oasi Wwf di San Giuliano. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con il centro di educazione ambientale Lega navale Matera-Castellaneta e finanziata dalla Regione Basilicata con i fondi del Programma Epos 2012 e di recente approvata da Unione italiana ciechi ed Ente nazionale sordi. «Il progetto nasce a fine 2010 – ri- Nella pagina precedente e in alto: spiegazione in Lis e passeggiata tra i sassi durante uno degli itinerari organizzati dall’associazione SassieMurgia corda Petruzzellis –, quando ci venne chiesto di organizzare una visita ai Sassi per le sezioni dell’Unione italiana ciechi di Matera e Potenza. A quell’epoca non avevamo idea di cosa volesse dire pensare a degli itinerari per disabili, ma abbiamo accettato la sfida». E da lì è iniziato tutto: prima l’attività di formazione del personale, poi la valutazione di percorsi adatti a persone non vedenti e non udenti, ma che fossero anche in grado di rispondere alle esigenze di al- 29 sti: quale servizio in più possiamo offrire? Presto detto: stiamo lavorando per far sì che lungo alcune tappe vengano posizionate tavolette in braille o videomonitor in Lis, con informazioni sulla chiesa rupestre, sulla civiltà e sulla collezione di opere del museo. Strada facendo abbiamo capito che accessibilità significa anche garantire alle persone disabili la medesima capacità di fruizione dei luoghi che hanno tutti gli altri, non obbligandole a pagare le guide per poter avere informazioni su un sito». Il progetto ora è nella delicata fase di ricerca fondi, necessari non solo per le istallazioni ma anche per l’attività di promozione. Quando è in vacanza, però, il turista cerca anche occasioni per divertirsi e rilassarsi. Così l’associazione si è inserita nel Parco Murgia film, cinema sotto le stelle con spettacoli sottotitolati. «A volte per rendere un evento accessibile basta veramente poco – riflette Petruzzellis –. In questo caso non abbiamo dovuto fare niente perché i sottotitoli sono già in dotazione nelle pellicole. Bastava solo pensarci. È proprio questo il nostro obiettivo: stiamo cercando di cambiare la forma mentis degli operatori turistici. Da qui l’iniziativa del censimento delle strutture ricettive: vogliamo smuovere un po’ le acque e dimostrare che il turismo accessibile ha anche una valenza economica. In questo senso stiamo lavorando affinché la tassa di soggiorno del Comune di Matera garantisca l’esenzione totale per i turisti disabili, che ora non è prevista». OS IBRIRAGAZZIM TRECINEMAFESTIVALFICTIO L O I D NFUMET RA TITELEVISIO NEPERSONAGGILIBRITEA televisione Va in onda l’inchiesta morale oinvolgente, delicato, inten- Accanto, sullo sfondo, Edda Fasciano e suo figlio Giulio in una puntata del programma I dieci comandamenti C so, senza sbavature. I dieci comandamenti, programma del giornalista Domenico Iannacone in onda il lunedì alle 22,50 su Rai Tre fino a metà luglio, vuole esplorare con inchieste e reportage l’etica laica del terzo millennio. Storie in cui entrare in punta di piedi, che abbracciano ovviamente anche la disabilità. Nella puntata Onora il padre e la madre «affrontiamo la vicenda di Edda Fasciano e di suo figlio Giulio, 16 anni, affetto da una grave forma di epilessia che gli ha compromesso lo sviluppo: non parla, risponde battendo le mani a terra senza rendersi conto di farsi male», riferisce l’autore, che lavora in squadra con altri colleghi e ottimi operatori, tecnici, montatori. Il risultato è una nitidezza dei ritratti sia corali che individuali, «minimi ma esemplari». E tanta qualità nei dettagli, con un equilibrio tra brevi commenti e silenzi da ascoltare, primi piani e campo lungo. Un nuovo modo di fare televisione? «Le telecamere non pos- Giovani oltre la sclerosi multipla: quando il web è un’idea vincente. Hanno tra i 20 e i 35 anni, sono in nove (cinque ragazze e quattro ragazzi) e il loro blog – all’ultima edizione del Festival internazionale del giornalismo di Perugia – ha vinto la sezione “new media” del Premio nazionale Comunicazione, nuovi media e informazione per la salute. Sono quelli di “Giovani oltre la SM”, un gruppo di ragazzi provenienti un po’ da tutta Italia che fanno parte del movimento di attivisti dell’Associazione italiana sclerosi sono essere un’ingerenza nella vita delle persone», puntualizza. «Con questa trasmissione cerco una strada per raccontare la morale senza essere moralisti: è necessario un paradigma etico in una società scomposta», sottolinea Iannacone, che ha provato a entrare nella vita di Edda, impegnata nell’Associazione nazionale famiglie di disabili intellettivi e relazionali (Anffas) di Campobasso: «Una donna forte come una roccia che si scioglie solo quando parla di musica: diplomata in contrabbasso, si è piegata alla disabilità del terzo figlio, per cui ha lasciato il lavoro». Uno dei fratelli di Giulio ha confidato che «non sarebbe la persona che è se non avesse avuto questa esperienza in famiglia: lo ha reso migliore». Il giornalista è interessato al pianeta disabilità «in tutte le sue sfaccettature: esplorandone la sfera affettiva e le pulsioni sessuali». La prima puntata, Non commettere atti impuri, è stata aperta dalla storia d’amore tra Max Ulivieri e sua moglie Enza; lui, distrofico, si batte perché l’assistenza sessuale sia legalizzata anche in Italia. Tutti i video su Idiecicomandamenti. rai.it e sulla pagina Facebook. Di taglio completamente diverso Can Have Sex Will Have Sex, in onda sulla popolare emittente britannica Channel 4. Tacciato di voyeurismo ma anche ben accolto, il reality racconta la vita sessuale di persone disabili. Come il 26enne John, che perde la verginità con una escort assunta da sua madre. Telecamere invadenti e morbose o spaccato di una realtà ancora tabù che non si vuole vedere? [L.B.] multipla (Aism). E che hanno scelto il social web per raccontarsi e dialogare con chi è colpito in maniera diretta o indiretta dalla malattia. Perché al bisogno di informazione da parte delle persone con sclerosi multipla si affianca anche il desiderio di confronto e scambio con chi sta affrontando una situazione simile, per condividere esperienze, stati d’animo ed emozioni. Ricevuto a fine aprile, il riconoscimento ottenuto da Giovanioltrelasm.it segue il Premio Aretè per la comunicazione responsabile, conquistato nel 2011. [M.T.] 30 GRAFIAVIDEOMUSICARADIOLIBRIRAGAZZ O T O F IMOSTRE NZA CINEMAFE A D O R AT STIVALFICTIONFU libri Cercasi uomo per madre single di figlio autistico er gli amanti del dramma in salsa dis- P sacrante Il bambino che cadde sulla Terra di Kathy Lette è il romanzo perfetto. Brillante come un’esplosione di fuochi artificiali in una notte artica, il volume appena edito da Baldini&Castoldi affronta un tema “difficile” come quello dell’autismo attraverso il registro dello humour: l’ironia disincantata e corrosiva della madre single di un figlio con sindrome di Asperger, che ha fatto di quel ragazzo il centro unico della sua vita e, giunta alla soglia dei 40, decide di lanciarsi nella difficile quanto esilarante ricerca di un nuovo compagno. Le tappe della storia sono quelle classiche: abbandonata da un marito ricco e rampante all’indomani della diagnosi, Lucy si dedica anima e corpo al piccolo Merlin, lanciandosi in un contorto viaggio della speranza attraverso un labirinto di assistenti sociali, terapisti occupazionali, psicologi e logopedisti. Fino a che, dieci anni dopo, non decide di cambiare obiettivo: rompere la corazza di solitudine e castità nella quale si è rinchiusa, alla ricerca di un uomo per sé e di un nuovo padre per Merlin. Della carrellata di uomini di ogni sorta che Lucy incontrerà sulla sua strada, alla fine soltanto l’improbabile Archie riuscirà a fare breccia nel suo cuore avvizzito con il calore di un eccentrico, ma confortante, menage familiare: perché sotto le maniere trasgres- sive e sessiste, questo chitarrista rock in prepensionamento nasconde in realtà l’affabilità del gentleman e la premura del buon padre di famiglia. Al di là di qualche eccesso nell’uso dei cliché, il romanzo può essere però autentico e coinvolgente. Soprattutto nei passaggi che raccontano la relazione madre-figlio o i rapporti con le istituzioni sociosanitarie con cui qualsiasi genitore di figli autistici è costretto a fare i conti. A cominciare dal difficile momento della diagnosi che trasforma il piccolo Merlin, di appena due anni, in una «busta senza indirizzo». «La parola “autismo” mi trafisse come la lama fredda e affilata di un coltello», confida una sconsolata madre che però non conosce rassegnazione: «Mio figlio fu sottoposto a così tanti esami che deve aver pensato di essere stato arruolato nel gruppo scelto di astronauti per una missione sulla Luna. Fui costretta a tenerlo fermo mentre veniva misurato, pesato, accecato da torce elettriche, punzecchiato, pizzicato, auscultato e siringato, nonostante il fatto che si contorcesse disperato piangendo in modo inconsolabile». Kathy Lette vive a Londra, è autrice di sit-com televisive e i suoi romanzi sono stati tradotti in 14 lingue. È madre di un figlio con sindrome di Asperger oggi ventunenne e della sua attività di scrittrice dice: «L’unica ragione che mi spinge a scrivere è che è costa meno delle sedute di psicanalisi». [Antonella Patete] 31 Kathy Lette Il bambino che cadde sulla Terra Baldini&Castoldi 2013 pagine 287, euro 15,90 AGGILIBRITEATRODANZAFOTOGRAFIAVID N O S EOMUSIC R NEPE ARADIOLIB O I S I V E RIRAG L FUMETTITE libri Dalla polio al mondo oliomielitico, su sedia a ruo- P Ancora una riflessione sui termini più appropriati (e quelli da evitare) per dire la disabilità. Il dibattito questa volta è su Parlare civile – Comunicare senza discriminare, la guida al linguaggio corretto pubblicata in queste settimane da Bruno Mondadori e curata dall’agenzia di stampa Redattore sociale (pagg. 178, euro 15). «Le parole possono essere muri o ponti. Possono creare distanza o aiutare la comprensione dei problemi. Le stesse parole usate in contesti diversi possono essere appropriate, confondere o addirittura offendere», scrive Stefano Trasatti nell’introduzione al volume. Tra i termini analizzati: disabili, diversamente abile o diversabile, handicappato. Ma anche Paralimpiadi, normodotato, falso invalido, svantaggiato. [A.P.] te, Massimo Toschi racconta la sua vera “abilità”: lottare per gli ultimi. Perché anche una persona disabile «può andare nei luoghi del mondo dove il conflitto è più grande e, proprio in forza della sua disabilità, acquistare autorità e autorevolezza che nessuna competenza, pur necessaria, può sostituire». S’intitola un po’ provocatoriamente Un “abile per la pace” il volume pubblicato da Jaca Book, in copertina un disegno di Sergio Staino, che dà voce alla testimonianza vibrante di un toscano verace. Gli effetti della polio, contratta nel 1945 – durante il primo anno di vita – non gli impediscono di mettersi in moto, anzi. «Mia madre non si è mai vergognata di me», afferma. La sua prima terapia? Pedalare su un triciclo, immaginandosi alla ruota di Bartali. Inizia a camminare a undici anni, per brevi tratti, appoggiandosi a un bastone; altrimenti usa la sedia a ruote. Si sposa con Piera e nasce Sara: «Mi hanno mostrato che è possibile, nella forza dell’amore, realizzare l’impossibile». Andando in pellegrinaggio a Lourdes per la prima volta – che sarà seguita da molte altre –, vive un miracolo interiore: si accorge di quante persone, molte, soffrano più di lui: «Mi hanno spinto a uscire dal mio dolore per incontrare il dolore degli altri», confida. Fino ad abbracciare Ranì, un ragazzo algerino di Medea che ha perso una gamba a causa di una mina e che una protesi rimette- 32 Massimo Toschi Un “abile per la pace” Jaca Book 2013 pagine 320, euro 22 rà in piedi. Poi Aram e Yussuph, i due primi bambini palestinesi curati grazie al progetto Saving Children, a cui sono devoluti i diritti d’autore (Peres-center.org/ saving_children). «La vera questione è non perdere mai il filo d’oro della verità e della coerenza, di una cultura capace di cambiare la storia, guardando a essa con gli occhi delle vittime», conclude Toschi. In un volume che ha il sapore di speranza [L.B.] libri Maternità (e paternità) a ostacoli a sua bambina... malattia « L Anne-Dauphine Julliand Due piccoli passi sulla sabbia bagnata Bompiani 2012 pagine 238, euro 16,50 genetica grave... leucodistrofia metacromatica... danno degenerativo... aspettativa di vita molto limitata». Notizie che nessuna madre vorrebbe sentire. Ancora più toccanti perché non si tratta di una finzione romanzesca: a raccontare la sua storia è chi l’ha vissuta in prima persona. Anne-Dauphine Julliand, giornalista parigina, ripercorre la sua dolorosa e luminosa vicenda familiare in Due piccoli passi sulla sabbia bagnata. Tradotto in Italia da Bompiani, in Francia il volume ha venduto oltre 200mila copie. Forse il segreto di questo successo sta nel linguaggio asciutto, quasi lapidario, con cui l’autrice sceglie di ricordare. Senza sentimentalismi mette a nudo il dolore di ricevere un annuncio di morte mentre è al quinto mese di gravidanza. Di fronte a una probabilità su quattro che anche il nascituro abbia la stessa FUMETTITELEVISIONEPERSONAGGILIBRI N O I T TEATROD C ANZAFO IVALFI T S E F A GAZZIMOSTRECINEM malattia rara di Thaïs, i genitori scelgono la vita. In modo consapevole, né eroico né ideologico: «Il responso si schianta come un fulmine. Ai nostri piedi, uno spaventoso buco nero. Il futuro si riduce a nulla. Eppure, in questo istante terribile, il nostro istinto di sopravvivenza riesce ad avere il sopravvento per alcuni secondi, brevi ma decisivi. No, non vogliamo una diagnosi prenatale. Vogliamo il bambino. È una vita! Una minuscola piccola luce in un orizzonte completamente buio». Ed è l’istinto materno che ha fatto percepire nella camminata della piccola di due anni qualcosa che non andava: «Mi piace guardare le impronte lasciate dai suoi piccoli piedi sulla sabbia bagnata. E lì, su una spiaggia tiepida della Bretagna, mi sono accorta della particolare maniera di camminare di Thaïs. Ha il piede che curva verso l’esterno». Di qui il titolo del libro, che non scivola nella tragedia. Nelle pagine, sofferenza e morte fanno parte dell’esistenza come il gioco e la felicità, i sorrisi e il lavoro: «E ogni giorno mi aggrappo ai semplici gesti del quotidiano come a una boa di salvataggio. Per non affondare», scrive Julliand. Con grande maturità – questa sì, straordinaria – lei e suo marito Loïc decidono di gestire gli ultimi mesi della figlia trattandola come sempre, non come una malata terminale. Gestendo la ferialità dei gesti, le abitudini, i piccoli riti di ogni giorno senza pensare che siano gli ultimi. Con loro, il primogenito Gaspard, quattro anni, che firma l’incipit del libro con questa frase: «La morte non è grave. È triste, ma non è grave». [L.B.] ragazzi L’amicizia vale unacconta tesoro le tappe di un ini- R Nadia Cerchi La principessa che stava sempre seduta illustrazioni di Marianna Sauro dai 9 anni Edizioni Il ciliegio 2013 pagine 96, euro 12 ziale rifiuto e di una progressiva accettazione della disabilità motoria la fiaba scritta da Nadia Cerchi, intitolata La principessa che stava sempre seduta, pubblicata dalle Edizioni Il ciliegio. La dinastia regale di Elisa è la prima particolarità: come dire ai piccoli lettori che la sofferenza non risparmia nessuno, neppure i più ricchi e potenti, come i re e le regine. Anche loro sperimentano un senso di impotenza di fronte al fatto che la loro figlia non possa camminare. E decidono di riempirla di beni materiali, forse tentando di colmare il loro vuoto e la sua infelicità, tanto che il trono d’oro di Elisa – incastonato di gioielli – ha due ruote per potersi spostare. Sommersa di giocattoli e privilegi, cresce come una bambina viziata e preferisce stare chiusa nelle sue stanze: sintomo di un disagio interiore che da sola non riesce proprio a superare. L’autrice, maestra elementare, evidenzia come il valore dell’amicizia riesce a scardinare le difese di Elisa. Facendole sentire il suo affetto, la domestica Dorotea (sua coetanea) riuscirà ad accrescere l’autostima della principessa. Peripezie e avventure, fino al lieto fine, sono metafore del viaggio esistenziale per diventare grandi, accettandosi fino in fondo con i propri limiti e risorse. Aprendosi alla fiducia, «perché ai sogni si possono dare le ali». I diritti d’autore vengono interamente devoluti ai Goodfellas, la squadra pavese di wheelchair hockey. [L.B.] 33 Quali sono le parole migliori per definire la disabilità? Se lo è chiesto l’Accademia della Crusca, ispirandosi all’inchiesta pubblicata da SuperAbile Magazine sul numero di febbraio, consultabile on line. A proposito degli interrogativi sollevati dalla nostra rivista, i rappresentanti dell’Istituto per la salvaguarda e lo studio della lingua italiana scrivono: «La risposta – come spesso accade quando si trattano argomenti che toccano non soltanto questioni terminologiche, ma anche (e soprattutto) sensibilità individuali e collettive – non è stata univoca. Né univoca è stata l’indicazione di un approccio o totalmente prescrittivo (questo si può dire, questo non si deve dire) o semplicemente descrittivo (questo è quanto)». Chiaro però «è stato il senso dell’approfondimento, che esula da facilonerie pro o contro il politicamente corretto (a cui spesso viene associato questo tipo di dibattito, soprattutto nel tentativo di liquidarlo velocemente): i termini vanno considerati nel loro insieme, valutando (anche in diacronia) le connotazioni associate a ciascuno, e verificando, di ciascuno, la funzionalità a seconda del contesto». [A.P.] GRAFIAVIDEOMUSICARADIOLIBRIRAGAZZ O T O F IMOSTRE NZA CINEMAFE A D O R STIVALFICTION RITEAT cinema Nick, l’autismo supera il dolore. Con qualche ingenuità i dice che le persone affet- S te da sindrome di Asperger vivano in una condizione di quasi impossibilità a comunicare con il resto del mondo. Ma se si riesce a guardare abbastanza a lungo, si può scorgere un intero universo all’interno di quel “quasi”. Su questo assunto si sviluppa White Frog, teen movie presentato in anteprima all’ultimo Lgbt film festival di Torino. Di certo è così che la pensa Chaz (intepretato da Harry Shum), un ragazzo della numerosa comunità cinese di San Francisco. Che, almeno in apparenza, conduce la vita del perfetto teenager americano: piace alle ragazze, fa volontariato in una struttura comunitaria e ha degli ottimi voti a scuola. E si prende amo- revolmente cura del suo fratello minore Nick (interpretato da Boo Boo Stewart, ovvero il Seth della saga Disney Twilight). Il quale è, per l’appunto, un ragazzo Asperger. Chaz è l’unico che riesca a metterlo a suo agio: riponendo una cieca fiducia nel metodo BeMod (che persegue la modifica dei comportamenti), cerca di nutrirne la psiche con degli stimoli positivi. Arrivando spesso a trascurare la sua vita e le sue amicizie per farlo. Così, quando Chaz muore in un banale incidente stradale, Nick finisce per sentirsi imprigionato dentro una bolla sottile ma indistruttibile. Ora più che mai i suoi genitori – che riponevano in Chaz tutte le loro speranze – sopportano a malapena i tic di quel figlio autistico, la cui condizione non hanno mai pienamente accettato. Ma alla fine sarà proprio lui, con la sua goffaggine e i suoi limiti, a ricomporre il puzzle di quella famiglia, il cui mondo sembra irrimediabilmente andato in frantumi con la morte del figlio maggiore. Nick 34 troverà conforto nella compagnia degli amici di Chaz che, trattandolo da pari – senza alcun tipo di filtro – si occuperanno della sua “educazione sentimentale”. Frequentandoli, Nick capirà chi era davvero suo fratello, arrivando a conoscerne i segreti più inconfessabili. Segreti che la sua mente di ragazzo Asperger saprà accettare meglio dei suoi genitori, almeno in un primo momento. È certamente un film piacevole. Ma proprio in questa gradevolezza sta il suo maggior limite. Nei 90 minuti della pellicola il regista Quentin Lee si addentra in un reticolo di tematiche spinose, come la religione, la famiglia, la sessualità (e l’omosessualità) degli adolescenti. Questioni importanti, certo. Ma decisamente troppe per risolversi in un lieto fine di stampo disneyano. Che fa sorridere finché si è seduti sulle poltrone del cinema ma, una volta usciti, può lasciare l’amaro in bocca. Perché nella vita reale, purtroppo, è molto raro che un simile groviglio si districhi così agevolmente. Senza drammi, lacrime e croniche incomunicabilità. [A.S.] Sopra e in basso, una scena di White Frog del regista Quentin Lee RITEATRODANZAFOTOGRA NAGGILIB FIAVIDEO O S R E MUSICAR P E N ADIOLIBRIRA O I S I V E L E T I NFUMETT buddhismo. Dopo due lungometraggi sulla disabilità, di cui uno sulle vittime del Contergan che gli è valso il successo internazionale e il premio Deutscher Filmpreis 2009 nel suo Paese, il tedesco Niko von combattere le nausee. Ospite del Goethe Institut di Roma nell’ambito della rassegna cinematografica “Diverso da chi?”, von Glasow ha parlato senza mezzi termini: «Le mie braccia sono corte a causa del Contergan. Quelli che mi incontrano per la prima volta rimangono impressionati. Anche se non dicono nulla, mi fissano o guardano da un’altra parte. Non si sentono sicuri della mia presenza. Quasi non riesco a biasimarli, io stesso mi sento molto insicuro. Per Glasow ha deciso di tornare a occuparsi d’altro. E di ricominciare a guardare altrove, come all’inizio della sua carriera, quando ambiva alla notorietà senza passare per l’etichetta di “regista disabile”. Nel frattempo però ha condotto la regia di Nobody’s perfect, il cui intento è fare luce sulle vite di quanti, come lui, alla fine degli anni Cinquanta sono nati con delle malformazioni per via del Contergan (o Talidomide), il farmaco assunto in gravidanza dalle loro madri per tutta la vita mi sono sentito a disagio pensando alla mia disabilità e ho tentato di ignorarla e di non affrontare la realtà. Per molti disabili è difficile sopportare lo sguardo fisso, disgustato, smarrito o compassionevole del prossimo in pubblico. La nostra società deve abituarsi alla nostra vista e smetterla di vederci come esseri provenienti da un altro pianeta». Quella di von Glasow, dunque, è stata una ricerca interiore durata per lo meno fino alla fine di RITRATTI Io regista e vittima del Contergan l prossimo film lo farà sul I 35 quel film-verità sulle vittime del Contergan che al principio non voleva neppure girare e che, alla fine, «non solo mi ha portato il successo, ma mi ha fatto sentire più leggero». Perché l’idea di fondo e il viaggio che ne è derivato hanno donato al regista una nuova tranquillità rispetto a se stesso e al proprio fisico. Nobody’s perfect racconta, infatti, la vicenda di dodici persone, tra cui lo stesso von Glasow, che accettano di posare nude per sensibilizzare l’opinione pubblica sugli effetti del Talidomide. Da questo progetto sono scaturiti, oltre al film, un libro, un calendario e una mostra fotografica di fronte al Duomo di Colonia. «La gente che passava di lì poteva guardare con tutta calma i figli del Talidomide. Vedendo l’handicap nelle foto, le persone si abituano a considerarlo normale. E l’intera operazione alla fine si è rivelata positiva per gli stessi protagonisti, che ne hanno tratto maggiore fiducia in se stessi», ha sottolineato il regista. L’intero progetto ha riscosso un grande successo, ma nessuna reazione da parte della famiglia Wirtz, proprietaria della Grünenthal, società farmaceutica che ha commercializzato il farmaco. E che in tutti questi anni non ha mai chiesto scusa alle vittime né ai loro familiari. [A.P.] Nella foto, Niko von Glasow in un’immagine di Nobody’s perfect (2008) RUBRICHE Inail... per saperne di più Rosanna Giovèdi Abigal e il ritorno all’autonomia A causa di un grave infortunio sul lavoro, la giovane lavoratrice di origine straniera si ritrova su sedia a ruote e con la necessità di eliminare barriere architettoniche nel suo appartamento. Un obiettivo raggiunto grazie al sostegno dell’Istituto I disegni di questa sezione del Magazine sono di Saul Steinberg A bigal è una ragazza straniera che vive nel nostro Paese da diversi anni; ha iniziato a lavorare molto giovane per mantenersi, conquistandosi autonomia e libertà. Parla bene l’italiano, ma scrive ancora con qualche incertezza, eppure riesce a sintetizzare con efficacia com’è cambiata la sua vita da quando ha subito un grave infortunio sul lavoro. Abigal racconta il suo turbamento quando ha scoperto di non poter più usare le gambe: vive su una sedia a ruote e può contare sull’aiuto della madre, arrivata nel nostro Paese. È passato un po’ di tempo dall’incidente: Abigal ha riacquistato fiducia, desidera tornare a lavorare e a vivere da sola: «Sono giovane e decisa a riacquistare la mia autonomia, ma prima devo risolvere alcuni problemi di barriere. Ho trovato un piccolo appartamento al secondo piano di un condominio con ascensore, ma per arrivarci ci sono quattro scalini che non posso salire, visto che sono su sedia a ruote. Anche l’appartamento necessita di alcuni interventi per renderlo accessibile. Vorrei sapere se è vero che l’Inail interviene con un rimborso economico sui lavori che devo fare, a chi mi devo rivolgere e cosa mi possono rimborsare». L’Inail interviene nei confronti degli assicurati penalizzati nella loro mobilità e gestione dell’ambiente domestico, a causa delle menomazioni previsti nel “Regolamento per l’erogazione agli invalidi del lavoro di dispositivi tecnici e di interventi di sostegno per il reinserimento nella vita di relazione”. Di fatto, per poter accedere a questo tipo di interventi è necessaria la valutazione di un’équipe multidisciplinare composta da professionalità presenti all’interno dell’Inail (dirigente medico, funzionario socio-educativo, professionista della consulenza tecnica per l’edilizia ecc.), che elabora a favore dell’assicurato un “progetto riabilitativo individualizzato”. subite in seguito a un evento lavorativo lesivo (infortunio sul lavoro o tecnopatia). Infatti, al fine di rendere accessibile e fruibile la loro abitazione e reintrodurli alla quotidianità, reDopo alcuni mesi Abigal decide stituendo loro l’autonomia, l’Istituto fornisce particolari dispositivi e rea- di chiamare direttamente il numero verde di SuperAbile, riferendo che si è lizza interventi edilizi e impiantirivolta alla Sede Inail competente per stici per il superamento la trattazione del suo caso; alcune e l’abbattimento delfigure professionali dell’Istituto le barriere architethanno effettuato un sopralluotoniche, con oneri a suo carico. I limiti go nel suo appartamento per e le condizioverificare la sussistenza di tutti i requisiti e le condizioni previste ni sono dalla vigente normativa in merito agli interventi per l’abbattimento e il superamento delle barriere. Questi professionisti fanno parte dell’équipe multidisciplinare di primo livello, che esprime valutazioni di competenza circa l’adeguatezza del dispositivo particolare o dell’intervento da erogare in relazione alla disabilità presente, con lo scopo di realizzare il miglioramento della qualità della vita e l’acquisizione di maggior autonomia da parte dell’assicurato. In seguito Abigal scrive nuovamente al servizio SuperAbile, ringraziando per essere stata assistita e consigliata nel percorso per riprendere la strada dell’autonomia, auspicando che anche nel suo Paese di origine, in un giorno non molto lontano, possa accadere lo stesso a chi ha bisogno di aiuto. 36 RUBRICHE Previdenza Gabriela Maucci Pluriminorazioni. Le provvidenze cumulabili Il diritto al cumulo delle provvidenze economiche è legato a più riconoscimenti di invalidità per patologie differenti. L’appartenenza a una determinata categoria non esclude, infatti, la possibilità di appartenere contemporaneamente anche a un’altra e l’utilizzo di nuove tecnologie N egli accertamenti per invalidità civile si distinguono tre diverse categorie: invalidi civili, ciechi civili e sordi civili che hanno diritto a benefici economici diversi. Qualora sussistano diverse patologie, ognuna relativa a differenti status (o categorie) di invalidità, è possibile ottenere un riconoscimento per ognuna di esse in quanto l’appartenenza a una determinata categoria non esclude la possibilità di appartenere contemporaneamente anche a un’altra. In questo caso si parla di pluriminorazioni, ovvero quella condizione sanitaria caratterizzata dalla compresenza di distinte minorazioni invalidanti e relativi riconoscimenti. Ne deriva il diritto al cumulo delle provvidenze economiche previste per ogni categoria. Sono fatte salve, comunque, le eccezioni espressamente previste dal legislatore, come nel caso dell’indennità di frequenza. Infatti, l’art. 3 della legge 289/90 preclude, anche in caso di pluriminorazioni, la concessione dell’indennità di frequenza per i titolari d’indennità di accompagnamento per gli invalidi civili, indennità di accompagnamento per ciechi civili (assoluti), indennità di comunicazione e indennità speciale per ciechi civili (parziali). In questo caso è possibile optare per il trattamento economico più favorevole. Più problematica, invece, è l’ipotesi in cui la persona disabile sof- fra di minorazioni che possano essere ripetutamente valutate ai fini dei diversi riconoscimenti di invalidità: l’esempio è in relazione alla cecità, le provvidenze economiche previste per i ciechi civili, nonché all’indennità di accompagnamento prevista per gli invalidi civili. Tale principio è stato espresso con la sentenza n. 346/1989: in quell’occasione la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, primo comma, della legge 11 febbraio 1980, n. 18 (Indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili) e 2, quarto comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118 (Nuove norme in favore di mutilati ed invalidi civili) nella parte in cui si esclude che a integrare lo stato di totale inabilita con diritto all’indennità di accompagnamento possa 37 concorrere, con altre minorazioni, la cecità parziale che dà titolo a un’autonoma prestazione assistenziale. Infatti, nel caso oggetto del giudizio, la congiunta valutazione della cecità parziale e delle altre affezioni riscontrate al ricorrente avrebbe dato luogo al riconoscimento di un’invalidità totale con incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita, e quindi all’attribuzione dell’indennità di accompagnamento; questo, però, avrebbe comportato la valutazione, nell’accertamento dell’invalidità civile, anche della cecità parziale per la quale egli fruiva già delle provvidenze economiche spettanti per questa categoria, incorrendo nel divieto posto dalle norme, di considerare una stessa patologia per due diversi accertamenti e conseguenti riconoscimenti. Tale regola, afferma la Corte, risulta priva di razionalità se applicata nei confronti dell’indennità di accompagnamento: la quale spetta, oltre che ai ciechi assoluti, ai soggetti totalmente inabili per affezioni fisiche o psichiche. Per esempio, nel caso di una persona affetta da problemi di deambulazione e cecità (assoluta o parziale), la patologia motoria (se valutata singolarmente) potrebbe non dar luogo all’indennità di accompagnamento; ma, in questo caso, il problema della cecità concorrerebbe ad aggravare il problema di deambulazione, quindi deve essere preso in considerazione ai fini della concessione dell’indennità come invalido civile. Questo non significa però che la patologia visiva possa avere una valutazione come invalido civile e, contemporaneamente, come cieco civile. Riassumendo, dunque: il diritto al cumulo delle provvidenze economiche deriva da diversi riconoscimenti di invalidità, ognuno per patologie differenti. RUBRICHE Tempo libero Francesca Tulli Prenotare le vacanze? Sempre più on line Sul web abbondano i portali dedicati al turismo senza barriere in Italia e all’estero: alberghi, campeggi, strutture per ogni gusto e ogni esigenza. Ma per evitare sorprese è sempre bene alzare il telefono È tempo di pensare alle vacanze e, per scegliere tra le proposte quella maggiormente adatta alle proprie esigenze specifiche, è opportuno darsi subito da fare. In aiuto c’è Internet, sempre più ricco di portali dedicati al turismo per tutti e al tempo libero senza barriere. Una panoramica aiuta a orientarci, ma consigliamo sempre di telefonare per assicurarsi che sia tutto come descritto. Il turista con disabilità non ama le sorprese. Tra i primi portali si segnala “Freedom to move. L’accessibilità che vogliamo”, che nasce da un’idea del Centro clinico Nemo dell’ospedale Niguarda di Milano e vede la collaborazione di Hotel.info, marchio internazionale tedesco di prenotazioni alberghiere, ed alcune sezioni territoriali della Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare). Obiettivo del portale è informare sulle condizioni di accessibilità, per ora solo alberghi, del nostro Paese. Nell’immediato futuro si auspica un’offerta anche su ristoran- 38 ti, cinema e musei. Navigando nel sito http://freedomtomove.it, si può scegliere la destinazione e visualizzare la scheda delle singole strutture monitorate. Mentre per un contatto diretto, è possibile chiamare subito la Fondazione Serena allo 02/9143371. Nella ricerca di campeggi e villaggi accessibili è, invece, il network “Village for all” a dare le giuste indicazioni. Il portale, operativo da diversi anni, è sempre più ricco di strutture affiliate. Interrogare la banca dati è piuttosto semplice: basta visualizzare la home page all’indirizzo Villageforall.net e selezionare i criteri di ricerca. Ogni complesso ricettivo offre un’ampia descrizione dell’accessibilità degli ambienti che lo compongono. Chi non avesse familiarità con il web può contattare il numero 0532/067120. Nel dettaglio, poi, il Comune di Pisa ha di recente ampliato la propria offerta informativa, dedicando una sezione del sito Internet istituzionale all’accessibilità urbana. Il link http://accessibilita.comune.pisa.it consente di consultare una banca dati, in cui è possibile effettuare ricerche per “nome struttura” oppure per tipologia di “attività”. Entrando quindi nell’apposita scheda si arriva a visualizzare la descrizione dell’ambiente censito e le foto dello stesso. Gli appassionati del turismo “fuori casa”, l’isola di Malta in particolare, possono infine contare sul sito Accessibletourismmalta.eu per pianificare un soggiorno nelle isole maltesi, oppure rivolgersi all’Autorità per il turismo a Malta (telefono: 00356/22915076). Se invece è la Repubblica di San Marino ad attirare la nostra curiosità, c’è lo specifico sito Sanmarinopertutti.com. Oppure ci si può rivolgere al Consorzio San Marino 2000, telefonando al numero 00378/0549.995031. l’ESPERTO RISPONDE a cura del Consorzio sociale Coin Lavoro Vorrei sapere, ai sensi della legge 104, come si deve comportare il lavoratore che assiste il familiare con grave disabilità residente a una distanza superiore ai 150 chilometri dal luogo di lavoro. L e disposizioni del decreto legislativo 119/2011, in attuazione dell’art. 23, comma 1, della legge 183 del 4 novembre 2010, hanno apportato modifiche all’art. 33 della legge 104/92. Secondo l’innovazione, il lavoratore che usufruisce dei permessi per assistere il familiare in condizione di grave disabilità, residente in un comune differente dal proprio e comunque a una distanza stradale superiore a 150 chilometri, deve attestare l’effettivo raggiungimento del familiare con disabilità al quale presta assistenza, quindi il suo luogo di residenza. Nel decreto legislativo 119/2011 si parla di idonea documentazione o titolo di viaggio. Nella circolare Inps n. 32 del 6 marzo 2012 (punto 4) e nella circolare del Dipartimento della Funzione pubblica n. 1 del 3 febbraio 2012 (punto 5) viene riporta- Formazione Ho intezione di frequentare un corso per addestratore cinofilo presso un istituto serio e riconosciuto nella città di Firenze o dintorni, meglio se con specializzazione nell’aiuto disabili. Se avete comunque scuole da raccomandarmi, ve ne sarei grato. P otrebbe mettersi in contatto con l’Istituto nazionale per lo studio del comportamento animale (Insca), raggiungibile anche via web all’indirizzo Insca.it. In Toscana, i corsi di suo interesse vengono organizzati a Signa (Fi) e a Tavarnuzze (Fi). A Signa il corso di ormai prossimo avvio è al completo, ma sono previsti altri corsi per addestratore cinofilo e pet teraphy a Tavarnuzze. Per informazioni può rivolgersi a Sara Preteni, e-mail: [email protected]. 39 to quanto disposto per legge. Il lavoratore, sostanzialmente, ha ora l’onere di provare di essersi effettivamente recato, nei giorni di fruizione del permesso legge 104/92, presso la residenza del familiare al quale presta assistenza. L’attestazione, come meglio chiarito nella circolare della Funzione pubblica n. 1/2012, sarà il pedaggio autostradale, il biglietto del mezzo utilizzato per lo spostamento, oppure la dichiarazione del medico o della struttura sanitaria presso cui la persona disabile è stata eventualmente accompagnata. L’adeguatezza della documentazione dovrà essere valutata dall’amministrazione di appartenenza. Entrambe le circolari citate avvertono che qualora il lavoratore non riesca a produrre idonea attestazione, l’assenza non potrà essere giustificata come permessi legge 104/92. Infine, la circolare del Dipartimento Funzione pubblica n. 1/2012 chiarisce che la disposizione fa riferimento al luogo di residenza del dipendente e della persona in situazione di handicap grave. Considerato che la finalità della norma è quella di assicurare l’assistenza alle persone disabili, in base alla legge occorre far riferimento alla residenza, che è la dimora abituale della persona, mentre non è possibile considerare il domicilio, che è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. pinzillacchere IL PRANZO DELLA DOMENICA di Carla Chiaramoni Altro che Via Pollio Salimbeni, 9 (angolo via C. Chamonin) 11100 Aosta Progettoaltroche.it Tel. 0165/61065 In cucina Salvatore ed Elena Chiusura lunedì a cena, sabato a pranzo, domenica Coperti 80 Locale accessibile Prezzo 9 euro (menù degustazione a pranzo). A cena menù alla carta D i recentissima apertura, il ristorante-pizzeria sociale Altro che è la prima esperienza del genere in Valle d’Aosta. L’inaugurazione il 20 marzo scorso, alla vigilia della Giornata delle persone down, è una dichiarazione di intenti: avviare un’impresa “vera”, in grado di competere sul mercato, dando allo stesso tempo un’opportunità di lavoro e strumenti del mestiere a persone disabili. Nato all’interno dell’omonimo progetto, il ristorante è gestito dalla cooperativa Enaip Valle d’Aosta e dall’associazione Girotondo, che hanno scelto di investire nel territorio dando vita a una filiera solidale. Le divise del personale sono realizzate dalla cooperativa sociale L180 di Trieste, mentre le tovaglie vengono inviate alla lavanderia del carcere, gestita dalla cooperativa Mont Fallère. Inoltre parte delle materie prime arriva dagli orti curati dalla cooperativa Les Relieurs. La cucina è “quella di casa”: prodotti e preparazioni semplici ma genuini. Per il pranzo un’offerta menù degustazione a scelta tra tre primi, tre secondi e il dolce, che varia settimanalmente. Per la cena, oltre alla scelta alla carta, ampia selezione di pizze: dalle più tradizionali (tutte in menù) a quella della casa (pomodoro e mozzarella con gorgonzola, spinaci e carciofi) o la “buggets” con ingredienti a scelta e prezzo in base alle richieste. Tre i pilastri del locale: qualità delle materie prime, attenzione alla stagionalità dei prodotti e cucina espressa dei cibi. Inclusi piatti della tradizione non esclusivamente locali, come le orecchiette ai broccoli, i fusilli alla lucana, la cotoletta alla milanese. IL FRANCOBOLLO DEL MESE fund raising di Gian Piero Ventura Mazzuca Una nuova dimora per Alcatraz Anno europeo, dieci anni dopo S ottoscrizione libera per raccogliere 450mila euro: a lanciare la sfida è il nuovo Comitato Nobel per i disabili, la onlus fondata da Dario Fo, Franca Rame e il loro figlio Jacopo. L’obiettivo della raccolta è la costruzione della “Casa delle diverse abilità”. Un progetto ambizioso ma concreto che punta a costruire – all’interno dell’ecovillaggio solare di Alcatraz, in Umbria, nelle vicinanze di Gubbio – una casa non solo atossica e ad alta efficienza energetica, ma dotata delle più avanzate tecnologie. La gestione dello spazio e la proprietà saranno del Comitato Nobel per i disabili. Le stanze verranno affittate a 25 euro a notte a persona, qualora gli ospiti E sattamente nel 2003 si celebrava l’Anno europeo delle persone con disabilità. L’intento? Sensibilizzare i cittadini sui temi legati alla non discriminazione e all’integrazione; diffondere un’immagine positiva delle persone con disabilità; intensificare la cooperazione tra tutti gli attori delle politiche a favore delle stesse; sostenere azioni concrete per favorire le pari opportunità e l’inclusione sociale; promuovere i diritti dei bambini e dei giovani con disabilità a un pari trattamento nell’insegnamento. Infine, informare sulle buone prassi a livello locale, nazionale ed europeo. A dicembre 2003 si svolse a Roma la Conferenza di chiusura dell’Anno, a cui parteciparono 500 delegati. Furono esaminati i risultati e lanciate le strategie future nel quadro dell’Europa allargata. In quell’occasione Poste italiane emise un francobollo che raffigura un puzzle, in cui due tessere si differenziano nel colore dalle altre. Un’immagine per non distrarsi, mai. 40 abbiano la possibilità di pagare. «Detratti i costi di gestione – spiegano gli organizzatori – tutto il ricavato verrà utilizzato per offrire soggiorni gratuiti o a tariffe ridotte a persone disabili e appartenenti a fasce sociali economicamente disagiate». Sul blog del Comitato tutte le informazioni per partecipare alla raccolta fondi. [E.P.] LE PAROLE PER DIRLO questioni di principio di Franco Bomprezzi Quando la disabilità dimenticata sale sul piedistallo è da Partecipazione Forse ripetere come un mantra, visto che questa splendida definizione, contenuta nel preambolo della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, è ancora poco presente nelle teste di chi governa, di chi amministra, di chi decide e persino di chi assiste o accudisce. Rileggiamola e, per favore, ricordiamola a memoria, come si faceva una volta a scuola: «La disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri». Ecco, l’obiettivo finale, il grimaldello per aprire la cassaforte della vita, è sintetizzato in quella parolina semplice e comprensibile a tutti: «Partecipazione». La Convenzione delle Nazioni Unite, dunque, non si pone come primo obiettivo la salute, le cure, una generica solidarietà o il soddisfacimento dei bisogni elementari. No, lo scopo è molto più importante: togliere gli impedimenti alla piena ed effettiva partecipazione alla società. «La libertà non è star sopra un albero... La libertà è partecipazione», cantava Giorgio Gaber e cantavamo tutti in coro. Star sopra un albero è assai rischioso, a dire il vero, per una persona con disabilità. Ma la partecipazione è ancora di fatto vanificata dalle «barriere comportamentali e ambientali» che interagiscono con le persone che presentano «menomazioni». Spostare il focus dalla menomazione alla partecipazione. Proviamo a ragionare su questo diverso accento nell’uso delle parole, e forse troveremo un nuovo obiettivo di lotta e di governo. Il silenzio che circonda le politiche sulla disabilità in questi mesi è assordante, e la partecipazione è ridotta al minimo. Il risultato è la perdita di senso dell’esistenza, la chiusura nel bozzolo della menomazione. U n manichino su una sedia a ruote al posto della statua del Bigio. È la singolare protesta di alcune associazioni di disabili bresciane (Anffas, Aia, Alleanza salute mentale, Diabete Brescia, Slow time, Uici e Uildm), riunite nel comitato “Cittadini come tutti”, che a metà aprile sono scese in piazza della Vittoria contro l’amministrazione comunale per contestare la decisione di restaurare il monumento. Il motivo? Soldi a un simbolo fascista e non al welfare. Ma il sindaco Adriano Paroli ha fatto sapere alla stampa locale che «il restauro rientra tra gli interventi urbanistici collegati alla costruzione della metropolitana – si legge sul Giornale di Brescia – e che il Comune, nel 2012, ha speso nei servizi sociali 42 milioni di euro: in Italia siamo l’amministrazione che ha dato di più». Il Bigio, elogiato da Benito Mussolini nel 1932 come raffigurazione dell’Era fascista (questo infatti il nome ufficiale della statua, simbolo di virilità maschile), è dal 1945 che se ne sta rinchiuso in un 41 magazzino comunale, rimosso in seguito alle contestazioni antifasciste dell’immediato dopoguerra. Dopo quasi 70 anni di oblio, presto il monumento sarà ricollocato nella sua posizione originaria. Al momento della protesta delle associazioni, insoddisfatte anche per un mancato confronto con Paroli richiesto a metà marzo, la città era in piena campagna elettorale. Si è votato l’ultimo weekend di maggio ma, nel momento in cui questo articolo è andato in stampa, il primo cittadino non era ancora stato eletto. [M.T.] dulcis in fundo 42 Tutto è... SuperAbile! Clicca su SuperAbile, il Contact center integrato dell’Inail, che dal 2000 si dedica alla disabilità. SuperAbile è il più completo sistema di comunicazione al servizio degli infortunati sul lavoro e delle persone disabili. Un’esperienza unica in Italia e in Europa, che fornisce informazione quotidiana e consulenza attraverso il suo sito web e il suo Call center. Con un unico obiettivo: favorire la piena integrazione sociale, culturale e lavorativa. Scopri sul sito le ultime novità: “SuperAbile Magazine”, mensile disponibile su carta e on line social network, con spazi su Facebook, Flikr, Youtube e Twitter contenuti multimediali applicazioni per il mobile banche dati interattive e molto altro... www.superabile.it