nel viavai degli echi - Provincia di Pesaro e Urbino

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nel viavai degli echi - Provincia di Pesaro e Urbino
NEL VIAVAI DEGLI ECHI
NEL VIAVAI DEGLI ECHI
- Dedicato a Claudia -
Compie gli anni
il mio compleanno di giugno
e mi sento luogo d’ogni immaginazione.
Chiusi nelle credenze, i lupi cattivi e le streghe.
Tutte le paure, come da bambina, confinate in mondi alieni e remoti.
Nei bauli delle soffitte maghi e fate hanno organizzato grandi festeggiamenti: arrivano re
e regine, Biancaneve, i sette nani, la piccola fiammiferaia, Cappuccetto rosso, mastro
Ciliegia e Geppetto che tengono per mano Pinocchio ancora di legno. E, preceduta dal
gatto con gli stivali, Cenerentola entra a braccetto del marchese di Carabà.
Padre nostro che sei nei Cieli, oggi non voglio il pane,
ma gli echi.
Sto qui,
fuori e dentro di me,
nel mio compleanno di giugno
che compie gli anni
fra i contrasti delle luci,
le minuscole, quiete penombre
e ascolto
i profondi sommovimenti della terra
che trova la sua vocalità e si espande
oltre tutti gli orizzonti.
Padre nostro che sei nei Cieli…
E da tutte le direzioni del tempo, ecco le voci. Non onde, non correnti d’aria e di luce ma
vicoli, giardini con le siepi, campi cintati, persone vere dentro i giorni, i notturni stellari
e gli occhi miei bambini dietro la luna nel suo girovagare lungo le pareti delle case. Poi,
il mio vestitino a fiori con le bretelle che scivola giù nei greppi, una due tre volte, con gli
arrivi in fondo, a tuffi, inzuppati di polvere.
La vita è un tutt’uno, senza steccati, separazioni, confini.
Buon compleanno dunque al mio primo vagito e a questo, e a tutti i vagiti che sono stati e
che saranno.
Grazie da lì a qui e al futuro.
Nei bauli delle soffitte si sono aperte le danze
e mi sento luogo d’ogni emozione.
Esco, vado, parto, m’inabisso, volo.
Non è poi così difficile mescolarsi nei tempi, confondersi nelle loro impronte, spalancarsi
al viavai delle voci, anche quelle piccole e sconnesse.
E con tutta la forza d’una preghiera, ecco quel nome che mia nonna chiama: “Pepìn!”.
Mio nonno Pepìn si ferma un attimo e la guarda muto coi suoi legni fra le braccia, stretti
come bambini.
“Pepìn!”, ripete lei quasi implorante, poi sparisce nel cucinotto e nonno, sempre coi suoi
legni stretti come bambini, riprende il suo andare e venire , dalla legnaia alla calda stanza
del caminetto.
Va e viene, da fuori a dentro, nello spolverio d’uno sbuffo gelido che lascia intorno pian
piano mentre passa, e poi deposita nel cestone i suoi legni cullati, quasi coccolati.
Da quei legni in caduta, le voci.
Il nonno ha negli occhi una luce e capisco che anche lui come mastro Ciliegia li sente, e
un giorno avrò anch’io un burattino vivo per girare il mondo.
Allungo i miei piedi piccini davanti alle scintille e seguo affascinata le abili mani di
nonno che le guidano.
“E’ un gran mago!”, penso, e mentre lo penso le sue scintille vanno docili nei percorsi
che lui decide muovendo i legni del fuoco; scintille magiche, innocui occhietti di fuoco
che piroettano in scoppiettii come tanti folletti.
Il passo, il vestito di morbide forme poi, ancora e più alta, la voce di nonna: “Pepìn, basta
sa sta legna! Lascia in pace el foc, Pepìn!”.
Parte una scintilla, e dentro io.
E sto di nuovo qui nel presente, nel mio compleanno di giugno che compie gli anni.
Pepìn sta per Giuseppe, come s’usa nelle nostre colline d’Urbino dove è il vento che
decide i nomi, li rimodella, li accenta; e loro prendono vita da casa a casa, da vicolo a
vicolo, da piazza a piazza e poi attraversano le misteriose linee dei tetti, degli orti, dei
campi fino ai campanili, fino agli affetti.
In quel “pìn” finale del nome di nonno una sonorità luminosa. E dentro, Gianìn, Pepìn
del noce, el pret de Palìn, i fiol de Magiulìn, la sia de Bernardìn , el fratel de Rumanìn,
Gigìn dla Francia, Chepasìn, Tugnìn de capot, Pitrìn Baroffa, la scorciatoia de Chiarabìn
sotto le mura, el can de Minestrìn, Cherusìn, Mignìn, Bigìn…
Pìn- nìn- lìn- dìn- gìn- sìn- rìn- bìn… campanellini che tintinnano, che
avanzano in suoni “quasilampi”, come incompiute poesie da soccorrere nei versi
mancanti.
Curve e rettilinei e curve, saliscendi di piogge e nevi, camminamenti di formiche e
umani.
Voci d’altri echi, a mulinelli, a folate, a sussurri.
E sono di nuovo dentro i miei piedi piccini davanti al fuoco delle scintille di nonno che
inizia a raccontare:
“ C’era una volta Chicchirivolta. C’era una volta un lupetto, un piccolo piccolo lupo, un
luparino…”, ma viene interrotto da un discreto bussare sui vetri dove nonna corre
vociando allegra:” Linda, si te?”, ed è subito un andirivieni di parole, cose e gentilezze
sulla finestra dell’inverno aperta sulla strada principale innevata, fitta d’impronte, e una
via piccola che porta dritto al vicolo della Giulia.
La nonna chiude la finestra,sparisce come un’ombra veloce la signora Linda, ma io sono
riuscita a intrufolarmi in uno spiraglio che m’accende la curiosità. Perché altre cose
vedo: il mistero di questa Giulia col suo vicolo in ripida salita, lo scorrimano di ferro
lungo la parete della sua casa, il vento e tutto quel che esce da persona a persona.
“ No, per il vicolo della Giulia oggi non si passa!”, “Un refolo di neve ha chiuso il
portone della casa della Giulia”, “ Prend el vicolo dla Giulia per fe prima” , “ E’
cadut Tonino tel vicolo dla Giulia!”, “ Tel vicolo dla Giulia el vent toi el respir!”,
“ Se passi dal vicolo della Giulia tieniti bene lungo lo scorrimano!”, “ Non se po corra
per el vicolo dla Giulia!”, “ La scuola , dice? E’ in cima al vicolo della Giulia.”…
“ C’era una volta…”, ricomincia nonno accarezzandomi sulla testa, ma non ho voglia
di ascoltarlo.
Penso alla Giulia che non ho mai visto ma c’è perché tutti ne parlano. Magari è una gran
vecchietta strana o una regina decaduta o una creatura del regno degli invisibili che per
esistere non devono, appunto, mai farsi vedere.
Muove il nonno, ancora, i legni del camino, riscintilla il fuoco e torna la voce di nonna:
“Pepìn, alora el fe aposta! Lascia in pace el foc, Pepìn! Me brusci la burdlina a forsa
de muscinè e muscinè!”.
Stavolta nonno brontola, mi solleva, mi mette stretta in quel suo brontolio e
all’improvviso il mio compleanno di giugno è un giorno intero di carezze.
Corre uno spiffero di vento
dentro un volo di passeri
con festosa
urgenza.
Forse da briciola o forse da mattone
suono contro suono
la vita.
E nel luogo più profondo di me, proprio in fondo, i bauli delle soffitte, i sotterranei
movimenti dei cieli, il giro dei pensieri, le verità dell’anima.
Pseudonimo:MICIA